Carry me away from my pain

di Dark soul_
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Kyllä se kannatti! ***
Capitolo 2: *** Onnelliset yhdessä ***
Capitolo 3: *** Caffè ja ystävyys ***
Capitolo 4: *** raskaana oleville ***
Capitolo 5: *** Rakkaus ***
Capitolo 6: *** Kohtu. ***
Capitolo 7: *** Pahan Kukat ***
Capitolo 8: *** Was it worth it? ***
Capitolo 9: *** That's what it sound like when a nihilist cries ***
Capitolo 10: *** Hieno. ***
Capitolo 11: *** Ainoa varma on vain tämä hetki ***
Capitolo 12: *** Män som hatar kvinnor ***



Capitolo 1
*** Kyllä se kannatti! ***


Dedico questa fanfiction alle persone che mi vogliono male
perché quelle che mi vogliono bene sanno che a loro è dedicata
tutta la mia vita, ogni mia azione.
D.

Carry me away from my pain

Kyllä se kannatti!

Janne camminava lentamente fra le strade innevate di Helsinki, tutto quello che desiderava in quel momento era poter abbracciare qualcuno. Avrebbe stretto a se Alexi, gli avrebbe detto che gli voleva bene e che sarebbero stati amici per sempre, ma Alexi non c'era. Probabilmente stava scopando con un'ennesima fan arrapata che aveva trovato per strada ... a lui non succedeva mai. Le sue fan gli si avvicinavano timide e chiedevano sottovoce -tutte si preparavano la frase in finlandese- un autografo o una foto, la più coraggiosa gli aveva chiesto un abbraccio e lui era stato contentissimo di poter donare un po' del suo calore a quella ragazzetta che probabilmente si sarebbe ricordata quel giorno per tutta la vita. Ma, ehi, nonostante fosse passato più di un anno anche lui ricordava le sottili braccia della giovane che si stringevano affettuosamente intorno alla sua vita, proprio come avrebbe dovuto fare una buona fidanzata; Sorrise. Gran parte dei siti internet sui CoB dicevano che lui fosse gay. No, lui non era gay ... Alexi? Voleva un bene dell'anima a quel ragazzo, lo amava ... ma come fratello... sì era come se Alexi fosse il suo fratellino e lui dovesse proteggerlo dalle insidie del mondo. Certo, gli sarebbe piaciuto avere una fidanzata, una ragazza per cui valesse la pena vivere, ma .. chi? Ricordava che era stato per pochi mesi con Annette, prima che entrasse nei Nightwish e prima che si sposasse, ma tutto si era concluso con "ehi, rimaniamo amici" e, ovviamente, erano rimasti amici. Janne a volte si sentiva stupido ... era famoso, si considerava abbastanza apposto come ragazzo e non era neanche la classica rock star depravata e pervertita -come Alexi- eppure sembrava che le ragazze avessero paura di lui e facessero di tutto per stargli alla larga. Ma forse al giorno d'oggi le rock star depravate e pervertite vanno di moda.
Janne entrò nel solito bar e si sedette al solito tavolo in fondo alla sala e fece un cenno al barista che gli portò ... la solita birra? No, la solita cioccolata con panna montata. Forse se avesse iniziato a bere birra alle dieci di mattino le ragazze l'avrebbero trovato figo e avrebbe iniziato a uscire con tre o quattro ragazze per volta! Ma non sarebbe stato felice, forse meno nervoso, ma non felice. Prese il cucchiaino e lo immerse nella panna per poi infilarselo in bocca compiaciuto, perché deprimersi con quei pensieri? Alla fine la vita andava avanti e lui ne era abbastanza contento. Massì a lui andava bene così, sorrise cacciandosi in bocca il secondo cucchiaio di panna quando una ragazza entrò nel locale e si sedette frettolosamente al tavolo accanto al suo e ordinò un cappuccino, frugò nella tasca del cappotto poi esclamò sottovoce, ma non abbastanza perché il cameriere non la sentisse:
- Vittu! -
- Qualcosa non va signorina? -
Lei si scostò nervosamente una ciocca di capelli dal viso:
- Ho scordato i soldi a casa ... ma guardi è qui a due passi faccio una corsa fuori e glieli porto -
Il cameriere le sorrise, Janne sapeva che probabilmente quel sorriso indicava "non si preoccupi un euro e trenta non mi manderanno in rovina", tuttavia si avvicinò al tavolo e si sedette sulla sedia accanto alla ragazza:
- Offro io! -
Il barista sorrise e si allontanò dal tavolo compiaciuto, la ragazza lo ringraziò impacciatamente poi si girò a fissarlo, rimase qualche secondo come incantata:
- Io.. ti conosco ... ti ho già visto ma non so dove ... -
Janne incrociò le braccia:
- Boh, forse al centro commerciale o in qualche altro bar ... come ti chiami? -
La ragazza, perplessa, continuava a fissarlo:
- Mi chiamo Janika  .. tu? -
Lui sorrise prevedendo la sua reazione:
- Janne. -
- Santa Merda! Occazzo aspetta sarai mica Janne Wirman? -
- E chi se no -
Scoppiarono a ridere entrambi, non sapeva perché avesse offerto da bere a una ragazza, sembrava la scusa più demenziale per rimorchiare, ma ricordava le lezioni di Alexi a riguardo, gli diceva sempre "se ordina una birra offrigliela, vedrai che te la da ... se ordina qualcosa di analcolico lascia stare, è una brava ragazza" ma, dopotutto, erano le dieci di mattina ... chi ordina una birra a quell'ora?
Janika cercò di mantenere un certo contegno, era sempre stata una fan dei CoB ma ultimamente non aveva avuto tempo per seguirli ... Janne ultimamente era davvero dimagrito e aveva tagliato i capelli ... ma era sempre l'orso coccolone che si era immaginata, o forse era anche lui uno stronzo? Beh, a meno che quella non fosse una scusa per portarsela a letto, sembrava essere un ragazzo gentile:
- Ma vieni qui tutte le mattine? -
- Più o meno ... in genere sì, quando non dobbiamo fare prove o non sono in giro a far concerti. Quanti anni hai? -
La ragazza ingoiò un cucchiaino di cappuccino:
- Ventitré, esattamente dieci meno di te. -
Janne rise:
- Wow, ok, tu sai tutto di me e io di te non so niente ... -
- Chiedimi quello che vuoi ... sono qui apposta -
Risero di nuovo insieme:
- Oh certo, immagino che questa mattina tu ti sia svegliata con la precisa intenzione di incontrarmi in un bar e di conoscermi -
- Ovviamente! E' il sogno di tutte le fan! Però ora è tardi, dovrei andare a prendere mia sorella ... se vuoi possiamo vederci da qualche parte -
Lui annuì:
- Facciamo stasera all'Aussie bar? verso le nove? -
- Mi sembra un'ottima idea! Ci vediamo lì, scusa ma devo proprio scappare ora..-
Si salutarono e Janika si defilò frettolosamente. Janne finì la sua cioccolata ... era davvero una bella ragazza!

***

Che finale di merda. xD Scusate non sapevo come chiudere il capitolo. Ma passiamo alle cose serie, Eccomi con una ff sui CoB, spero che vi possa piacere anche se ho deciso di scriverla su Janne e non su Alexi - ci sono una valanga di fic su di lui - così ho deciso di prendere il tastierista e di manipolare un po' la sua vita sessuale :D ok dai, la pianto di fare la cretina xD... al prossimo capitolo e .. RECENSITE! :3 grazie a tutti quelli che decideranno di seguire questa storia.

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Capitolo 2
*** Onnelliset yhdessä ***



Carry me away from my pain

Onnelliset yhdessä

Janika mise a letto la sua sorellina e scese in cucina riportando la tazza di latte vuota che sua madre aveva preparato per la piccola Anja; la posò nel lavello, il silenzio venne interrotto da un sospiro di sua mamma:
- Come sta?-
La ragazza si morse un labbro, sapeva quanto questa situazione facesse stare male sua madre, sapeva che avere una figlia malata di leucemia non era affatto facile, ma anche per lei dover pensare a quel fagotto avvolto nelle coperte di nove anni che pesava meno di trenta chili era una tortura, e si era sentita una merda quando l'aveva lasciata sola in ospedale per andare a fare colazione e ora si sentiva ancora più una merda perché lei l'aveva pregata di stare ancora un po' con lei ... certo se avesse avuto il numero di Janne l'avrebbe chiamato dicendogli che si era presentato un imprevisto e che non si sarebbero potuti incontrare, ma sua madre le aveva ripetuto che la vita doveva continuare e che doveva uscire con gli amici e cercare di non pensarci troppo:
- Male, mamma... sta malissimo. Il latte l'ha tranquillizzata un po' ma oggi i dottori hanno detto che le possibilità che possa farcela stanno diminuendo giorno dopo giorno.-
Sputò fuori tutto, poi si sedette su una sedia e premette le mani contro al viso per cercare di scacciare le lacrime, la donna si sedette accanto a lei e le accarezzò la schiena:
- Dai, dobbiamo essere forti ... da quando papà se n'è andato siamo rimaste noi due e dobbiamo fare di tutto per dare forza a Anja, lo sai, su non piangere ... ora esci e divertiti, vai fuori con quel ragazzo e non pensare, almeno per una sera, che devi curare tua sorella. Le vogliamo bene e non smetteremo mai di farlo, ma devi vivere la tua vita. -
Janika annuì e si alzò, infilò le scarpe e il cappotto e uscì di casa. Il bar si trovava a pochi metri da casa sua e le piaceva l'idea di fare due passi a piedi per prendere una boccata d'aria.
Arrivò pochi minuti più tardi; Janne l'aspettava già sull'entrata e l'accolse con un caloroso sorriso che riuscì a malapena a contraccambiare:
- Ehi, hai pianto? -
Lei cercò di negare ma i suoi occhi sembravano volerla tradire, una lacrima le rigò il viso sferzato dal gelido vento invernale:
- Vuoi parlarne? A volte sfogarsi serve ... se vuoi ti porto a casa mia così non siamo proprio in pubblico -
Cercò un'altra volta di fare cenno di no con la testa, doveva calmarsi ma non ci riusciva, le lacrime si fecero più insistenti e non poté fare a meno di buttarsi sul corpo del ragazzo che l'accolse teneramente e che la strinse a se:
- Dai non fare così .. non piangere, andrà tutto bene vedrai -
- No.. n-non an-ndrà ben-ne... -
Janne la condusse sulla sua macchina e lasciò che si sfogasse sulla sua spalla, quando ebbe finito cercò di ricomporsi in fretta, ma Janne sembrava più preoccupato di lei:
- Ehi, dai, parlamene, ti aiuterà, vedrai! -
Janika sospirò e si asciugò le lacrime con un fazzoletto che aveva in tasca:
- Non ci conosciamo neanche, ho paura di scaricarti addosso un peso troppo grande-
Janne negò e le accarezzò la spalla:
- Tranquilla con me puoi parlare -
La ragazza singhiozzò cercando di riacquistare il controllo del suo corpo:
- E' la mia sorellina -
- Non sta bene? -
-N .. no, lei ...-
Le lacrime cominciarono di nuovo a rigarle violentemente le guance:
- Lei h..ha l la l euc..ce..mi..ah -
Janne la strinse a se, si sentiva sempre protettivo verso tutti. Sia che fosse Alexi sia che fosse una perfetta sconosciuta voleva consolarla:
- Vedrai che ce la farà e starete tutti bene -
- I medici l..le d..dan..no men..no di un mes..se d..di vit..a -
Il ragazzo non sapeva cosa dire, non gli era mai capitato di trovarsi in queste situazioni, era abituato alle sfuriate del suo cantante che era stato scaricato dall'ennesima ragazza, non a cose così grandi, non a questo tipo di problemi. Mise in moto l'auto e si diresse verso casa sua, lì avrebbe potuto darle un bicchiere d'acqua e magari farle fare una doccia o un bagno per farla rilassare.
Il viaggio fu immerso nel silenzio e rotto solo dalla voce dolce di Annette Olzon che alla radio cantava "Amaranth", a entrambi piaceva quella canzone perché, in un certo senso, li descriveva. In pochi minuti furono a casa di Janne e, dopo pochi scalini, furono in casa:
- Non è molto, ma è il necessario -
Il ragazzo la fece sedere sul divano e sparì per qualche secondo dopodiché ricomparve con un bicchiere d'acqua:
- Ecco, bevi dai, e rilassati -
Janke bevve lentamente a piccoli sorsi:
- Scusami, è che è la prima volta che ne parlo con qualcuno -
Janne sorrise:
- Non preoccuparti. Non ne hai parlato nemmeno hai tuoi amici? -
La ragazza scosse la testa:
- Non ho molti amici, quelli che ho lo sanno perché mi hanno accompagnata le prime volte in ospedale; Sto sempre con mia sorella perché ha solo me come punto di riferimento -
- Vostra madre e vostro padre? -
- Mio padre se n'è andato quando lei aveva quattro anni e mia madre è vecchia e stanca. Ma fa tutto per renderci la vita facile. -
- Se vuoi puoi farti una doccia o un bagno per rilassarti oppure boh, fai come se fossi a casa tua -
Janika sorrise dolcemente:
- Grazie mille, vuol dire molto per me, l'idea di fare un bagno mi alletta ma non vorrei disturbare -
- Figurati, se fosse stato un disturbo non te l'avrei chiesto, vieni il bagno è al piano di sopra -
Janne la condusse alla vasca e le diede un asciugamano e un accappatoio pulito:
- Hai mangiato? -
Lei scosse la testa:
- Ma non preoccuparti, mangio poi a casa -
- No no. Ordino una pizza? Ti piace la cucina italiana? -
- La adoro. Grazie mille ma davvero, se è un disturbo per te lascia stare -
- Insisto. -
Janika lo abbracciò:
- Va bene dai, però un giorno vieni tu da me -
- Come vuoi ... ti porto qualcosa di comodo da mettere -
Lei annuì e, dopo aver ricevuto una maglietta e un paio di pantaloni della tuta, si immerse nella vasca.
Janne tornò in salotto e si distese sul divano, pochi secondi dopo entrò dalla porta, sudato e con una cassa di birra, Alexi:
- Ehi, Janne, che hai? -
- Sono stanco ... dove sei stato? -
Alexi alzò le spalle:
- Mah, qua e là, posso farmi una doccia?-
Janne si sedette sul divano:
- No, il bagno è occupato -
L'altro alzò un sopracciglio:
- Beh, e da chi? -
- Una ragazza ... -
Alexi si avvicinò al tastierista e si sedette accanto a lui:
- Guarda che sono geloso! -
- Ma no, tu sei la mia troia -
Si abbracciarono e il cantante gli sussurrò in un orecchio:
- Sì, sfondami amore! -
Janne lo scaraventò via:
- Fottiti Laiho! -
Scoppiarono entrambi a ridere e il vocalist prese una birra per se e ne lanciò una all'amico, era questo che adoravano l'uno dell'altro, poter fare i cretini, rompere qualsiasi convenzione e poi scoppiare a ridere e affogare tutto in una birra e in un rutto sonoro:
- Allora, te la sei fatta? -
- L'ho conosciuta questa mattina!! -
- E allora? -
- E allora possiamo diventare amici ... -
Alexi sbuffò sonoramente:
- Fai come ti pare -
Proprio in quel momento entrò nel salotto Janika e si sedette sulla poltrona di fronte al divano:
- Ciao Alexi Laiho -
Il vocalist rimase qualche secondo a osservare la figura che si era seduta di fronte a loro: era magra, forse troppo,  e una cascata di capelli biondo chiarissimo le cadevano dolcemente sulle spalle incorniciandole il viso chiaro su cui risaltavano due occhi viola e delle labbra color ciliegia ... la classica ragazza finlandese. Fece una leggera smorfia:
- Chi ho il piacere di conoscere? -
- Janika, sono un'amica di Janne ... beh, in realtà ci siamo conosciuti questa mattina -
Sorrisero tutti e tre e Janne interruppe un silenzio imbarazzante che sapeva si sarebbe creato in poco tempo:
- Allora, pizza o cosa? -
Alexi si alzò in piedi:
- Pizza, ma la facciamo noi! -
Janne lo fissò perplesso:
- Tu.. sai fare la pizza..? -
- No, ma avrai un libro di ricette! Insomma Wirman ti devo dire sempre tutto .. -
- Che palle che sei Laiho! Certo che ho un ricettario, ma per me viene una cagata e sono già le nove e mezzo di sera, a che ore vuoi mangiare? -
Alexi sbuffò:
- Anche se mangiamo alle dieci ... -
- Poi ti rimane tutto sullo stomaco e ti lamenti per tutta la notte come un deportato! -
Janika si sedette sul terzo posto del divano fra Alexi e Janne:
- Ok, ragazzi, non litigate! Ordiniamola la pizza, così facciamo prima. Poi un giorno di questi ci troviamo e la facciamo noi -
Il vocalist incrociò le braccia e mise un finto broncio:
- Uffa! Ma io la voglio fare a d e s s o! -
La ragazza gli diede un bacio sulla guancia:
- Ti facciamo scegliere cosa metterci sopra -
Lui sbuffò:
- Se tu mi dessi un altro bacino potrebbe anche andarmi bene... -
Janke posò un'altra volta le labbra sulla guancia del vocalist e lo baciò, Janne fu scosso da un brivido di gelosia che gli fece gelare il sangue nelle vene. Odiava quando quel ragazzo si comportava così, sapeva di essere fisicamente il più figo della band e sfruttava questa qualità con TUTTE le fan e le ragazze in generale, ora anche con lei. No. Non andava affatto bene:
- Ehi, scusate se esisto -
Janika si voltò verso il tastierista:
- Ne vuoi uno anche tu? -
Janne rimase interdetto per qualche secondo vedendo la ragazza che si avvicinava a lui e gli posava le labbra sulla guancia ruvida, provò un altro brivido lungo la schiena, più piacevole, come se un cubetto di ghiaccio gli fosse scivolato dentro la maglia. Si riprese arrossendo violentemente:
- Allora, prendo il telefono, che pizza volete? -
Alexi rispose con tono svogliato:
- Pff.. prendine una formato famiglia con sopra tutto -
La ragazza appoggiò sulle gambe del tastierista che aveva afferrato il telefono sul tavolino adiacente:
- Io ci sto -
Lui arrossì di nuovo:
- E sia -
La pizzeria li avvisò che l'ordine sarebbe arrivato circa mezz'ora dopo facendo sbuffare pesantemente il vocalist:
- Che palle potevamo farcela noi! -
Janika si sollevo tornando a sedersi sulla "sua" poltrona e Janne lo rimproverò:
- Dai smettila, non fare sempre il bambino! -
La pizza arrivò puntuale rendendo i tre felici, fu consumata in meno di dieci minuti insieme alle dodici bottiglie di Heineken che aveva portato il cantante.
Alexi si mise a ripulire gettando le lattine e il cartone della pizza mentre Janne si avvicinava furtivamente alla ragazza:
- Vuoi dormire qua? -
Lei, che in genere non avrebbe retto più di mezza bottiglia di birra e che ne aveva consumate ben quattro, guardò il tastierista come se fosse un alieno:
- Certo ... dormo con voi!! -
Alexi, che oltre quelle birre si era tracannato mezza bottiglia di jack daniel's, alzò le braccia tutto contento:
- Shììììì!! Dormiamoooo tuuuuuutti neel lettooone di Janneeee!! -
I tre si misero ad applaudire e a saltellare come deficienti e se ne andarono al piano di sopra, entrarono in camera e si lanciarono sul letto. Dopo averci saltato sopra, aver lottato per le coperte e aver deciso che Janika avrebbe dormito in mezzo, si addormentarono come bambini lasciando la luce accesa.


****

SHIIIII tuuuuutti ubriaaaachiii fradiciiiii
xDD dovevo farli ubriacare e poi non fargli fare nulla xD
Spero che anche questo capitolo vi possa piacere, grazie a tutti quelli che leggono!

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Capitolo 3
*** Caffè ja ystävyys ***


Carry me away from my pain

Caffè Ja Ystävyys


Janika fu svegliata dalla suoneria del suo cellulare che le proponeva "Are you dead yet" per la decima volta. Si districò dalle coperte e riuscì a non svegliare Janne e Alexi; uscì dalla stanza e avvertì un forte dolore alla testa e una nausea che le stringeva lo stomaco, scese lentamente le scale cercando di non cadere e arrivò vittoriosa in salotto dove riuscì ad individuare il telefono, ad afferrarlo e a rispondere:

- Pronto? -
La voce impastata dal sonno e dal malessere contrastava con quella squillante e affannata della madre che, alzando la voce, le fece girare la testa come se le avessero tirato un pugno in faccia:
- PRONTO?!? Mi hai fatto prendere un infarto! Dove sei finita? Sono le tre di notte! Vittu ... perché mi fai questo? -
Janika cercò il divano e si lasciò cadere su di esso appoggiando la testa fra le mani:
- Scusa mamma, non mi sono sentita bene e Janne mi ha portato a casa sua, mi sono addormentata -
La donna sospirò profondamente:
- Ok, se domani mattina non torni fammelo sapere, devo portare tua sorella in ospedale alle undici e se vuoi venire devi essere a casa. -
- Dipende da come starò domani .. -
- Stai male ora? -
- Un po' ... ma sto meglio di ieri sera -
- Ok, a domani allora, ciao -
- Ciao mamma -
Chiuse la chiamata e si distese sul divano, faceva freddo e il riscaldamento doveva essere spento, si alzò lentamente cercando di ignorare le continue fitte alla testa che le procuravano dei sudori freddi lungo la schiena, si diresse in bagno e si sciacquò il viso con l'acqua fredda.
Janne comparve sulla porta e le accarezzò la schiena:
- Ehi, tutto bene? -
Janika sussultò leggermente per lo spavento:
- Scusa non ti avevo visto ... mi fa un po' male la testa -
- Vuoi qualcosa? Un caffè o da mangiare ... -
- No grazie ... sto già meglio -
Il ragazzo si passò una mano fra i capelli arruffati per cercare di scostarli dal viso:
- Torni a letto? -
Lei sorrise:
- Sì, sai ho pensato che nostro figlio ne abbia bisogno -
- Alexi sarebbe nostro figlio? -
- Una cosa simile ... -
Scoppiarono entrambi a ridere, Janne aveva una risata calda e rassicurante che avrebbe fatto sentire chiunque a proprio agio, effettivamente era quello che Janika provava quando si trovava accanto a lui. Era il suo tastierista preferito e aveva sempre sognato di poterlo incontrare e ora era lì a ridere con lui, a bere e a mangiare ... aveva perfino dormito con lui. Quando sua madre aveva visto per la prima volta una foto di Janne aveva detto "Figurati, sarà uno stronzo". Janne era tutto meno che uno stronzo. Le aveva offerto da bere, l'aveva invitata a uscire e l'aveva rassicurata quando l'aveva vista piangere. Janika ricordava che il suo ex ragazzo l'aveva rimorchiata in un autogrill al confine con la Norvegia e l'aveva scaricata quando aveva saputo che sua sorella era malata. c'era stato un periodo in cui credeva di aspettare un bambino e lui si era allontanato con la scusa di dover tornare a Oslo per stare con sua madre. Janne era tutto il contrario ... erano stati insieme e non avevano fatto sesso, lui non ci aveva neanche provato, in lui vedeva quello che sarebbe potuto diventare un buon amico e sapeva che gli avrebbe voluto bene. Con Alexi era diverso. Quel ragazzo era una carica di ormoni che ti scaricava addosso appena ti vedeva. L'aveva conosciuta da meno di un minuto e si era già fatto baciare le guance, aveva passato tutta la notte a toccarle il sedere e, probabilmente, il giorno dopo avrebbe provato a scoparsela. E magari lei ci sarebbe anche stata perché nel vocalist lei non riusciva a individuare sentimenti, nessuna voglia di legarsi a qualcuno solo sesso, sesso e sesso.  Non sapeva perché ma provava attrazione verso le persone così. Aveva odiato a morte il suo ex quando l'aveva lasciata e lo odiava tutte le volte che pensava al fatto che per lui fosse solo sesso e che dopo tre mesi di relazione non le aveva mai detto "ti amo" eppure ora era di nuovo in quel turbine di sentimenti, come le onde che si infrangono inesorabilmente sulla spiaggia, lei aveva bisogno di una persona che la trattasse così. Ma Janne? Cosa pensava Janne? Lui in realtà non riusciva a pensare. Era sempre stato un ragazzo diffidente, raramente trovava qualcuno di cui fidarsi e, avendo conosciuto la ragazza da un solo giorno, non riusciva davvero a vedere oltre quello che stava succedendo. Le piaceva la sua presenza, sentiva che era una brava ragazza e non era una fan scatenata, probabilmente sarebbero diventati amici ... insomma, lei era carina anzi era decisamente bella, ma non era il suo tipo ... probabilmente era una di quelle ragazze che non vogliono una relazione seria e che cercano solo di divertirsi. Ma un po' gli dispiaceva, si era sentito geloso quando Alexi le aveva chiesto un bacio e quando le aveva appoggiato la testa sulle gambe si era sentito le guance avvampare, ora sentendo la sua risata così limpida e sincera sentiva dei brividi freddi salirgli lungo la schiena e aveva paura. Aveva paura di dire la cosa sbagliata o di parlare troppo, di sembrare scortese e di non farla sentire a casa. Voleva che si trovasse bene con lui ma non sapeva come fare.
****

Il profumo del cafè invase la stanza da letto e Janne si trovò a svegliarsi dolcemente sentendo il delicato aroma penetrare nelle narici, aprì lentamente gli occhi e si mise a sedere sistemandosi i lunghi capelli che gli ricadevano arruffati sul viso. Janika era di fronte a lui con un vassoio che conteneva una tazza della bevanda della quale adorava il profumo e pane di segale con salumi vari, una classica colazione finlandese che non vedeva dai tempi del liceo; La ragazza gli appoggiò il tutto sulle ginocchia:
- Avrai fame immagino -
Il tastierista sbadigliò:
- Sì, grazie mille, non dovevi ... che fine ha fatto il nano malefico? -
Avevano passato tutta la sera prima a chiamare Alexi con quel soprannome e a un certo punto lui si era stancato e aveva sbuffato pesantemente dicendo "Gesù dalle corna blu che palle che siete" provocando una risata generale che non sarebbe finita se non fosse stata interrotta dall'arrivo della pizza:
- E' andato via verso le otto, aveva un appuntamento -
- Ma tu hai mangiato? -
- Non faccio quasi mai colazione, tranquillo mangia, non sto cercando di avvelenarti per poi stuprarti, carbonizzarti e spargere le tue ceneri nel lago Bodom-
Il ragazzo annuì e sbadigliò di nuovo:
- Che ore sono? -
Janika guardò l'orologio sul display del cellulare:
- Sono le nove e un quarto -
Janne annuì ancora:
- Tanto non ho niente da fare oggi ... -
La ragazza attraversò la camera e si sedette sul letto accanto al tastierista:
- Hai la fidanzata? Oddio magari sei sposato e hai cinque figli -
Il ragazzo scoppiò a ridere cercando di non strozzarsi con il caffè :
- Assolutamente no! Non ho la ragazza e non sono sposato e no, a meno che io non lo sappia, non ho figli. Tu invece? Non hai il ragazzo? -
Lei scosse leggermente la testa:
- Era un norvegese .. ci siamo lasciati -
- Ah beh, capisco -
Si scambiarono un'occhiata divertita, entrambi sapevano che da secoli fra norvegesi e finlandesi non tirava una buon'aria, prima per motivi bellici e ora anche nel campo della musica; Nonostante in Finlandia ci fosse più Death-symphonic-power mentre la Norvegia era decisamente la patria del Black Metal. La ragazza riprese il discorso cercando di cambiare argomento:
- A parte suonare cosa fai nella vita? -
- Beh non ho molto tempo libero in realtà. Durante le pause per Natale e quella estiva mi piace leggere, ma in generale sono sempre molto impegnato con le mie band e sono sempre stanco morto. Tu suoni qualche strumento? -
Janika incrociò le gambe e si sistemò i capelli:
- Suonavo il pianoforte, una cosa come due o tre ore al giorno, poi quando mia sorella si è ammalata ho praticamente smesso; Suono ancora qualche volta quando me lo chiede -
Il tastierista annuì lentamente:
- Qual'è il tuo compositore preferito? -
- Adoro Chopin anche se Rachmaninov mi fa impazzire -
- Rachmaninov era pazzo di suo e suonarlo è una cosa psichedelica -
- Assolutamente sì! Invece a te chi piace suonare quando non suoni le tue canzoni? -
Janne si fermò a pensare per qualche secondo:
- Mozart e Beethoven, ma il mio preferito rimane Schumann. Perché hai iniziato a suonare proprio il pianoforte? Insomma non sembri proprio la classica ragazza che ama la musica classica -
- Beh oddio, ho iniziato a suonare quando avevo quattro anni. Allora non ascoltavo Death Metal. In ogni caso penso che sia sbagliato pensare che una ragazza o un ragazzo a cui piace il metal non possa ascoltare anche musica classica anche perché molte sonate vengono riprese dagli artisti che ascolto -
- Hai perfettamente ragione. Immagino che tu  non abbia una band -
Lei annuì:
- Facevo parte di una cover band ma ci siamo sciolti per incongruenza di pensieri, eravamo tutti completamente diversi -
- In che senso? -
- Nel senso che c'era il fattone, quello che voleva fare Hard Rock, quello che voleva fare Black Metal, la bassista ascoltava pop e io non avevo molto tempo per le prove, così ci siamo sciolti e ci siamo detti che ognuno sarebbe andato per la propria strada -
Janne spostò il vassoio vuoto sul comodino e si girò per vedere meglio la sua interlocutrice:
- E' una cosa triste, mi spiace -
Janika alzò le spalle indifferente:
- Non ci trovavamo bene insieme, è stato meglio così -
- Immagino di sì, se una band non condivide le stesse idee non è una band -
- Esatto -
Il telefono di Janika interruppe il silenzio e la ragazza si alzò per rispondere:
- Pronto, ciao mamma, ora arrivo così accompagno io Anja in ospedale -
- Va bene ti aspetto -
- A dopo, ciao -
- Ciao -
Chiuse la chiamata e si voltò verso il tastierista:
- Devo scappare, grazie di tutto, quando vuoi chiamami e vieni a casa mia, anche solo per un caffè -
Janne annuì:
- Però non ho il tuo numero -
- Oh, certo, che stupida, te lo scrivo -
Prese un foglio di carta e una penna che erano appoggiati sul tavolino e scrisse il numero dopodiché lo passò al ragazzo che le sorrise:
- Vuoi un passaggio? -
- No, tranquillo, mi vesto e vado -
- Ok -
Janika si rivestì in fretta e Janne l'accompagno alla porta:
- Allora chiamami quando vuoi  -
- Lo farò senz'altro -
La ragazza stava per andarsene quando l'altro le afferrò un braccio e le diede un bacio sulla guancia:
- Alla prossima -
Lei arrossì violentemente mentre lui lasciò la presa:
- Ok, ciao ... -
- Ciao -
Si allontanò e si diresse verso la strada principale che conduceva a casa sua.

*****

PERCHE' NON MI CAGA NESSUNO? Mi fa incazzare questa cosa. Io metto anima e corpo in quello che scrivo, a volte mi sveglio alle tre di notte per sviluppare le mie idee e nessuno le legge, nessuno fa anche solo una critica costruttiva. Lo so, probabilmente faccio schifo come scrittrice, forse se un vero scrittore dovesse leggere qualcosa di mio riderebbe e mi direbbe di darmi allo sport. Ma io amo scrivere. E continuerò a farlo anche se mi da fastidio vedere fanfiction con più di cento recensioni e con magari meno di dieci capitoli mentre io riesco ad averne una scarsa.
In ogni caso ringrazio tutte le persone che si fermano a leggere i miei deliri e che mi sostengono. Ho bisogno di voi. Grazie ai recensori.
D.

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Capitolo 4
*** raskaana oleville ***


Carry me away from my pain

Raskaana oleville



Janika era sdraiata sul letto del tastierista, i capelli leggermente arruffati ricadevano sui seni nudi, e con le dita giocava maliziosamente con l'elastico degli slip. Janne non poteva fare altro che guardarla, fissava la perfezione del diavolo mordendosi violentemente il labbro inferiore. Si avvicinò a lei e le posò le labbra sul collo iniziando a mordicchiarlo lentamente, la ragazza gli infilò le mani sotto la maglia leggera per sentire il calore della sua pelle, era dannatamente caldo nonostante in quella stanza che nessuno dei due conosceva ci dovevano essere meno di quindici gradi. Solo un letto trasandato, sul quale erano sdraiati i ragazzi, troneggiava al centro della camera, il resto era vuoto. I muri avevano la carta da parati rovinata e stracciata dall'umidità in molti punti e l'unica finestra sul lato destro del letto era ricoperta da un sacco della spazzatura nero. Non c'erano porte. Sembrava di essere in un film horror, il che rendeva tutto molto più eccitante. Non sapevano come si fossero trovati lì, ci si erano risvegliati e avevano iniziato a toccarsi e a stuzzicarsi a vicenda e ora Janne stava pregando la giovane di liberarlo dai pantaloni. Il suo desiderio fu esaudito e ben presto rimase completamente nudo; le sfilò in fretta gli slip e la penetrò con dolcezza e precisione, improvvisamente i colpi si fecero più veloci e più intensi facendo urlare Janika di piacere. Se lo sentiva, ancora poche spinte e sarebbe venuto, nascose il viso fra i capelli della ragazza e ... 

***
Janne si svegliò nel suo letto, era sudato e aveva una notevole erezione dolorante perché intrappolata dai boxer; Scostò i lunghi capelli arruffati dal viso e guardò l'orologio appoggiato sul comodino accanto al letto: erano le sei e trenta, poco male, non doveva sopportare i sensi di colpa per tutta la notte. 
Ormai dovevano essere due settimane che faceva sempre lo stesso sogno. Da quando aveva conosciuto Janika praticamente tutte le notti si ritrovava in un bagno di sudore e molto spesso con le mutande bagnate. Non che Janne e Janika avessero avuto rapporti più intimi di quelli fra semplici amici ed era proprio questo che lo faceva sentire in colpa, era come se fosse un depravato, un maniaco sessuale o una qualsiasi altra specie di pervertito.
Si alzò lentamente sbrogliandosi dalle coperte e si diresse, sempre a passo di lumaca, verso il bagno camminando a gambe larghe per le penose condizioni in cui si trovava: Non era davvero da lui! Raggiunse la porta di legno scuro e la spinse distrattamente con una mano, accese la luce che lo stordì per qualche secondo e lo costrinse a chiudere gli occhi un paio di volte e strofinarseli con foga. Arrivato al lavandino accese l'acqua fredda e se la buttò sul viso, si guardò allo specchio continuando a sentirsi un verme e a provare odio per il viso da cucciolo che in realtà nascondeva un pervertito.
Alexi irruppe insonnolito nella stanza e si fermò qualche secondo per osservare Janne, un sorriso malizioso si dipinse sul suo volto:
- Devi smetterla di guardare porno alle sei di mattina, tanto lo so che sei un segaiolo anche se ti nascondi -
Il tastierista si sentì avvampare le guance e arrossì, ma perché quel sadico nanetto non poteva farsi, letteralmente, i cazzi suoi una buona volta? Si girò verso il vocalist e lo squadrò velocemente, scosse la testa, dopotutto non era colpa sua; In realtà non era colpa di nessuno solo di una fantasia erotica molto nascosta che si faceva viva nei momenti più imbarazzanti e più impensabili:
- Ti devo parlare -
L'altro annuì distrattamente, in genere Janne aveva la mania di ingigantire le cose, probabilmente voleva solo dirgli che non si ammazzava di seghe e che era stufo di sentire stupide battutine sulla sua vita sessuale inesistente. Non dava troppo peso al tono preoccupato e leggermente spezzato del tastierista ma sapeva che quel ragazzo aveva bisogno di essere ascoltato e, anche se voleva dirgli la cazzata più grande del mondo, lui si sarebbe seduto e avrebbe fatto di tutto per non addormentarsi e seguire il filo del discorso per il semplice motivo che sapeva che Janne avrebbe fatto lo stesso per lui e era consapevole di dovergli la vita. Si sedette sul bordo della vasca e lasciò che l'altro gli raccontasse i dettagli meno spinti del sogno che, tuttavia, lasciavano ben poco spazio all'immaginazione. Non sapeva neanche lui se quella era una richiesta di aiuto o un semplice modo per confidarsi con qualcuno e per cercare di scacciare i brutti pensieri dalla sua testa. Quando ebbe finito cercò gli occhi color ghiaccio del vocalist ma non trovò ghiaccio, trovò una caldo mare tropicale di un celeste acceso che però lasciavano intuire il muro di imbarazzo che si era creato fra i due:
- E' arrivato il momento che io ti spieghi come nascono i bambini. -
Janne lo fulminò con lo sguardo ma si fece sfuggire un sorriso contraddittorio. Era questo che adorava del suo "compagno di merende", la spontaneità e la naturalezza con cui sparava cazzate che avrebbero resuscitato Kennedy dalle risate. Era palese che nessuno dei due sapesse cosa dire o cosa fare, e Alexi faceva sempre di tutto per buttarla sul ridere e per sdrammatizzare, sopratutto quando era imbarazzato e non sapeva cosa dire. Tuttavia era a conoscenza di ciò che serviva all'amico, a parte un po' di sesso selvaggio, e cerco di continuare, o meglio di iniziare, il discorso mettendoci meno ironia possibile:
- Cazzate a parte. Janne non sei un maniaco. E' perfettamente naturale! Insomma, lei è una bella ragazza e quando parliamo insieme facciamo una marea di doppi sensi, probabilmente è una reazione del tuo cervello che ti vuole far capire che hai bisogno di più di una semplice amicizia -
Ed ecco che i ruoli si erano invertiti. Come in uno struggente valzer sui carboni ardenti, nel loro rapporto si alternavano momenti in cui Janne faceva da mamma chioccia al piccolo pulcino sperduto chiamato Wildchild a momenti in cui il tastierista si sentiva sperduto e allora Alexi doveva dargli una mano a restare in pista. Ma a entrambi andava bene così. Non volevano un rapporto impari in cui c'era una figura dominante e una passiva, volevano essere amici e potersi aiutare reciprocamente indipendentemente dall'argomento o dalla situazione in cui si trovavano.
Il tastierista alzò le spalle poco convinto, sicuramente il vocalist ne sapeva di più in campo di donne, tuttavia non era sicuro di quello che gli veniva detto:
- Non lo so ... Non penso di volere più di un'amicizia da lei. Non è il mio tipo ... -
Alexi sbuffò nervosamente e protestò facendo notare al compagno che nessuna era il suo tipo e che se avesse continuato così sarebbe morto accarezzando un gatto spelacchiato. Ma dopotutto era la centesima volta che facevano quel discorso e in ogni caso il frontman cercava di dare una svegliata all'eterno ragazzino che si trovava di fronte:
- Fai una cosa... chiamala, invitala a cena fuori e provaci. Le cose sono due: o ti picchia o scopate. -
Janne si sistemò i capelli e sbadigliò, il sonno iniziava a farsi sentire di nuovo anche se sapeva che per quella notte non avrebbe più dormito:
- Lo faccio solo perché me lo dici tu. -
Il vocalist sorrise, certo che lo faceva per lui, Janne si era sempre fidato di lui e avrebbe continuato a farlo, si sarebbe gettato da una finestra se lui glielo avesse chiesto ... ovviamente Alexi non aveva nessuna intenzione di abusare della sua fiducia e tanto meno voleva essere coinvolto più di tanto nella sua vita sentimentale, così si alzò dalla vasca e dopo aver fatto un cenno ammiccante all'amico tornò nella sua camera dove aveva progettato di dormire per almeno altre due ore.
Il tastierista si diresse in salotto dove prese il telefono e compose il numero di Janika, nonostante non fossero neanche le sette di mattina sapeva che sarebbe stata sveglia, tuttavia il telefono suonò a vuoto una decina di volte prima che la voce registrata della segreteria annunciasse che "al momento l'utente chiamato non era disponibile"; Riattaccò. Probabilmente aveva fatto uno strappo alla regola e si era concessa un'altra ora di sonno. Poco male, avrebbe fatto  colazione con calma e avrebbe provato a richiamarla più tardi.  Entrò in cucina e posò il cellulare sul bancone, aprì il frigorifero e estrasse un cartone di latte e del formaggio che divorò senza neanche sedersi, il telefono lo informò che qualcuno gli aveva mandato un messaggio. Era Janika che si scusava dicendo che non era un buon momento e che avrebbe richiamato lei più tardi. Leggermente allarmato Janne rispose chiedendo se fosse tutto apposto tuttavia una volta tornato in salotto si sedette sul divano e si addormentò prima di poter leggere la risposta.
__

Lo svegliò Alexi picchiettandogli un dito contro il lobo dell'orecchio, il solito modo di quell'adorabile nanetto rompiscatole di fargli capire che era ora di muovere il culo. Aprì lentamente gli occhi impastati dal sonno e li strofinò dolcemente, la prima cosa che vide, oltre Alexi, fu Janika col viso segnato dal profonde occhiaie e gli occhi arrossati che minacciavano tempesta; Si mise a sedere e sbadigliò:
- Che succede? -
La ragazza si lasciò cadere sulla poltrona adiacente al divano e sbuffò:
- Janne sei un coglione. -
Il tastierista andò nel panico, cosa le aveva detto Alexi? E se aveva deciso di raccontarle tutto? No, non poteva averlo fatto, doveva essere successo qualcos'altro:
- Cosa ho fatto? -
Chiese con un filo di voce tremolante. Janika tirò su col naso e si sistemò i capelli:
- Ti ho chiamato una ventina di volte! Non mi hai mai risposto e mi sono preoccupata un casino, poi vengo qui e tu stai solo dormendo! -
L'altro, imbarazzato, cercò un modo per difendersi ma, non trovandolo, si limitò a scusarsi e a  chiedere perché quella mattina non aveva potuto rispondere; Janika sospirò e disse di essere stata in ospedale e che aveva brutte notizie, subito Janne credette che si trattasse della sorella, che stava peggiorando, ma Janika se ne uscì con un'affermazione peggiore:
- Sono incinta. -
Janne e Alexi spalancarono gli occhi e il vocalist squadrò Janne chiedendogli cosa diavolo avesse combinato tuttavia la ragazza ignorò gli sguardi e continuò il discorso:
- Tre mesi e mezzo. E' stato il mio ex ragazzo, ho pensato che non posso tenerlo ... penso che lo darò in adozione, ci sono tante coppie adulte che non possono avere figli e che sarebbero contentissime di accoglierne uno appena nato... -
Il tastierista non sapeva cosa rispondere, non poteva davvero voler dar via suo figlio! Si strofinò il viso con le mani cercando di mantenere la calma:
- Non puoi darlo via! -
L'altra cercò di non alzare la voce e rispose che era la soluzione migliore, perché lei era troppo giovane per crescere un bambino e doveva seguire sua sorella:
- Ti aiutiamo noi... potrei tenerlo per un po' io e ... -
- Ma per favore! -
Disse Janika alzando leggermente il tono:
- Sei una rockstar! Non hai tempo neanche per trovarti una ragazza non puoi avere il tempo per crescere il figlio di una sconosciuta e che non è nemmeno tuo. Lo voglio far adottare perché non so neanche gestire me stessa e poi non ho i soldi. Mia madre è un'impiegata in una banca e io lavoro sì e no come sarta... non ho i soldi per un figlio. -
Janne annuì, non poteva dargli torto. Lui non aveva tempo neanche per leggere un libro quando lavorava, era sempre in tour e fra una prova e l'altra era tanto se riusciva a andare in bagno. Un figlio era un impegno e comunque le disse che era una scelta che spettava a lei ma che se avesse voluto una mano per qualsiasi cosa lui ci sarebbe stato:
-Cambiando discorso. Perché mi hai chiamato stamattina? -
Il tastierista sbuffò e rispose che non era nulla di importante e la ragazza dopo aver annuito e aver bevuto un bicchiere d'acqua ringraziò per l'aiuto che le avevano offerto e se ne andò con la promessa che forse sarebbe tornata nel pomeriggio.
Alexi si sedette sul divano accanto all'amico che cercava di assimilare la notizia:
- Non gliel'hai detto ... -
Janne scosse la testa amareggiato:
- Mi ha detto che sta per avere un figlio, non penso che le importi uscire a cena o approfondire il nostro rapporto ... -
Il vocalist fece cenno di sì con la testa, non poteva dargli torto. Tuttavia gli disse che forse una ragazza che sta per avere un bambino ha bisogno di qualcuno che le stia vicino. L'altro disse che ci avrebbe pensato e si dileguò in camera sua.

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Capitolo 5
*** Rakkaus ***


COB 5
Carry me away from my pain

Rakkaus <3


Janne sentì il telefono squillare e si svegliò di colpo. Guardò l'orologio sul comodino accanto al letto: erano le tre di notte. Scese in soggiorno e prese il cordless che ripeteva una noiosa musichetta da qualche minuto, rispose. Janika aveva la voce rotta dal pianto e sembrava terrorizzata, gli chiese di raggiungerla a casa sua e lui, dopo aver chiuso la chiamata, si infilò in fretta un paio di jeans, prese la macchina e corse a casa della ragazza probabilmente bruciando due o tre semafori rossi. Arrivò pochi minuti dopo e parcheggiò a cazzo e probabilmente in divieto di sosta,  scese e corse fino al portone d'ingresso del palazzo, era aperto, lo spinse e si catapultò su per le scale ignorando il portinaio che poltriva dietro la guardiola,  corse per due piani e arrivò all'appartamento di Janika, aprì la porta e si ritrovò nel buio totale, sentì un singhiozzo proveniente dal fondo della casa, tastò il muro in cerca dell'interruttore, lo trovò e accese la luce. La ragazza era sdraiata in fondo alla stanza, in un bagno di sangue, il tastierista corse da lei e la prese in braccio, il primo pensiero fu l'aborto, ma poi notò che il sangue proveniva dai polsi, profondi graffi avevano ridotto le sue braccia a carne da macello, la posò sul divano e prese il telefono per chiamare un'ambulanza, intanto i paramedici gli dissero di cercare di disinfettare le ferite, chiuse il telefono e corse in  giro per casa per cercare un disinfettante, lo trovò ed eseguì gli ordini. Si fermò pochi secondi, aveva la vista leggermente offuscata e non sapeva perché, solo pochi secondi dopo si accorse delle lacrime che avevano iniziato a correre lungo le sue guance, guardò il viso della ragazza che gemeva per il dolore:

- Perché lo hai fatto? -
Non gli rispose. Semplicemente si fissarono negli occhi arrossati, Janika allungò un braccio verso il viso del tastierista e con un dito gli asciugò debolmente una lacrima, dopodiché gli accarezzò la guancia e chiuse gli occhi cercando di attirare il viso del ragazzo verso di se, si avvicinarono, le labbra erano a pochi centimetri di distanza, lui aveva un odore pungente di profumo al rabarbaro contrastava con l'odore dolce di borotalco di lei, ancora pochi millimetri e si sarebbero baciati ma furono interrotti dall'entrata dei paramedici che caricarono in fretta e furia la ragazza sulla barella e in pochi secondi furono pronti per andarsene:
- Non mi lasciare! -
Disse Janika con un filo di voce. Janne seguì l'ambulanza con la macchina e riuscì a intrufolarsi in ospedale passando inosservato tuttavia dovette aspettare in sala d'attesa mentre le mettevano i punti sui polsi. Un'infermiera sbucò dalla stanza in cui stavano operando Janika qualche minuto dopo:
- Lei è il marito? -
Janne scosse la testa leggermente cercando di non pensare al dolore che gli stava trapanando le tempie, la donna annuì:
- E' il padre del bambino o il fidanzato? -
Scosse la testa di nuovo e disse di essere un amico che lei aveva chiamato, chiese come stesse e gli venne risposto che il giorno dopo sarebbe stata dimessa e che ora poteva anche entrare per vederla. Così fece, si diresse lentamente verso la stanza e oltrepassò la porta quasi in punta di piedi per non disturbare la signora che dormiva di fianco a lei, si avvicinò al letto e si sedette sulla sedia di fianco alla ragazza, le accarezzò la guancia e lei fremette leggermente:
- Come stai? -
Janika si sforzò di dire che stava meglio anche se le ferite le pulsavano e iniziavano a brucarle tuttavia riuscì a girarsi piano su un fianco per vedere il viso del ragazzo che le aveva salvato la vita. "Perché lo hai fatto?" le aveva chiesto quando aveva iniziato a medicarla, lei non lo sapeva perché lo aveva fatto, sapeva solo che era un peso troppo grande da sopportare e che non riusciva a pensare di dover portare in pancia un bambino per nove mesi, che poi avrebbe dovuto abbandonarlo e che, sapeva, che non ci sarebbe riuscita, perché una volta dopo averlo visto avrebbe pensato a quanto siano carine le manine e a come sia stupido che una madre abbandoni suo figlio. Ed era quello a cui stava pensando quella sera. Una donna non può lasciare il sangue del suo sangue. Poi le venne in mente che avrebbe potuto avere i tratti del padre, e stupidamente aveva pensato che a Janne questa cosa non sarebbe piaciuta. Poi si era messa a ridere, cosa importava a Janne di lei? Non erano nulla di più che semplici amici. La verità era che lei era sola. Non aveva detto a sua madre della gravidanza anche se ora si iniziava a notare un leggero rigonfiamento sul ventre e avrebbe dovuto dirglielo ma a sua mamma non importava granché di lei, presa com'era dalla sorellina e, dopotutto, non era da biasimare. 
Ma ora? Adesso, stesa in quel letto fissando quegli occhi fantastici e quelle labbra tremolanti, forse aveva pianto, cosa doveva pensare? Si erano quasi baciati e lei l'aveva voluto, l'aveva voluto con tutta se stessa, incontrare la sua bocca e accarezzarla dolcemente per poi iniziare una maliziosa lotta fra lingue, sì l'aveva voluto. Quindi forse anche lui lo voleva, forse a lui importava di quella ragazza un po' sfortunata e cresciuta troppo in fretta e allora cosa avrebbe pensato di tutta questa situazione?
Come se Janne potesse leggerle nel pensiero le accarezzò di nuovo la guancia, lei prese la sua mano e gli baciò piano le dita; lui le sorrise e avvicinò il viso al suo ma lei gli premette un dito contro le labbra:
- No, non voglio ora. -
Lui le accarezzò il collo e le scostò i capelli dal viso chiedendole cosa ci fosse che non andava, Janika gli diede un bacio sul naso e rispose che non voleva che il loro primo bacio se lo dessero in una stanza d'ospedale che puzzava di disinfettante, voleva un posto speciale. Il tastierista le morsicò dolcemente il collo:
- Come vuoi, piccola -
__

Era mattina quando Janne passò a prendere Janika in ospedale, la lettera di dimissione fu firmata da un giovane dottore fresco di laurea che le aveva ricucito i polsi. Lui la prese per mano, come se fosse la cosa più naturale del mondo, e la condusse verso la sua macchina, mise in moto e partì senza sapere dove andare, si fermò qualche metro più avanti a un semaforo: a destra la città, a sinistra il lago Bodom. Ma Janne non la voleva portare sul lago, quello era il posto in cui lui e Alexi andavano per parlare, per stare da soli... quello era il loro posto e se il vocalist che aveva avuto almeno una quindicina di ragazze in più di lui non ne aveva mai portata una sulle sponde del Bodom, Janne non vedeva il motivo di portarci Janika. Decise di procedere dritto, verso le coste del sud, le voleva
 far vedere il mare, a lui piaceva il mare, infatti quando era piccolo credeva che fosse una sconfinata distesa blu ed era rimasto deluso, si era quasi sentito tradito, quando aveva scoperto che sulle loro coste il mare era grigio e burrascoso, senza lunghe spiagge calde e accoglienti, semplicemente con cinici porti grigi e navi senza nome che viaggiavano indisturbatamente sul mar Baltico. Ma c'era un posto lì, incastonato fra le rocce, scavato dalla furia del mare, che era speciale. Al mattino il sole filtrava dalle pareti bucherellate creando fantastici giochi di luce sull'acqua cristallina che arrivava a malapena alle caviglie, quando era bambino credeva che fosse un posto magico e ora, ne era sicuro, anche Janika sarebbe rimasta estasiata, meravigliata dalla bellezza di quel posto e anche lei si sarebbe convinta che il mare non tradisce nessuno, che per quanto possa sembrare minaccioso in realtà vuole solo accogliere tutti i suoi figli fra le braccia e cullarli per l'eternità.
Il viaggio fu silenzioso, lei non fece domande, sembrava assorta nel suo mondo, ogni tanto si accarezzava la pancia e sorrideva. Il tastierista avrebbe voluto essere nella sua testa per poter scoprire cosa la spingeva a ghignare dolcemente e quasi impercettibilmente, perché? A cosa pensava? Forse si era decisa a tenere il bambino o forse stava solo pensando che aveva preso una buona decisione a fare richiesta per l'adozione...
Arrivarono e parcheggiarono davanti al porto, davanti a loro c' era solo il trambusto dei marinai che caricavano e scaricavano merce sulle navi, solo in quel momento Janika sembrò risvegliarsi da un sonno profondo, da un mondo ovattato, si slacciò la cintura di sicurezza e guardò la figura di Janne:
- Ma dove siamo? -
Il tastierista le prese una mano, era così piccola e scheletrica, eppure così bella e aggraziata, le baciò le dita e le disse che lo avrebbe scoperto più tardi. Lei scese e respirò l'aria salmastra a pieni polmoni: adorava l'odore leggermente pungente dell'acqua salata. Si avvicinò al ragazzo, gli strinse la mano e gli diede un bacio sulla guancia. Così, mano nella mano, scesero sulla battigia e camminarono in quella stretta parte di sabbia che il mare aveva concesso ai giovani che volevano stare da soli. Arrivarono alla grotta che Janne ricordava perfettamente eppure, eppure avrebbe giurato che c'era qualcosa di diverso. Ignorò la sensazione pensando che dovevano essere vent'anni che non andava in quel posto. Entrarono. Anche i giochi di  luce erano come li ricordava, creati dal debole sole che cercava di riscaldare Helsinki in quella fredda giornata invernale. Si tolsero le scarpe, l'acqua che lambiva dolcemente i loro piedi era gelata e un brivido scosse la schiena dei ragazzi, Janne prese in braccio Janika:
- Non devi prendere freddo, non farà bene al bambino- 
Lei gli sorrise assente, come se la sua mente fosse altrove. Rispose che non si doveva preoccupare per lei e gli chiese di lasciarla giù; il tastierista la posò a terra, si scambiarono un'occhiata eloquente. Le loro labbra si avvicinarono di nuovo e, finalmente, riuscirono ad incontrarsi. Calde e passionali ma dolci e gentili. Come i fiori in primavera che cercano di trovare un posto nel mondo e che fanno fatica a sbocciare e a sopravvivere alle ultime intemperie, rigetto di un rigido inverno, ma che quando finalmente si affermano diventano splendidi esemplari che tutti ammirano e cercano di imitare. Le loro lingue si intrecciarono e si accarezzarono, entrambi con le mani infilate delicatamente fra i capelli dell'altro,  saldamente afferrati come per paura di perdersi. Il tempo sembrava essersi fermato e quel bacio sembrava non voler finire mai. Si scostarono leggermente l'uno dall'altra, Janne teneva ancora il viso della ragazza fra le mani, si fissarono negi occhi e sorrisero. Tornarono a baciarsi, dolcemente, senza troppe pretese.

***

Ho scritto questo  capitolo tempo fa. Ma il computer mi si era rotto e pensavo di averlo perso. Fra disperazione e lacrtime (?) Ho fatto riparare il pc e ho recuperato il capitolo che posso pubblicare solo ora.. chiedo scusa a tutti per avervi fatto attendere. Spero che ne sia valsa la pena :)
Grazie a tutti =)

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Capitolo 6
*** Kohtu. ***


COB 6
Carry Me Away From my Pain

Kohtu.


Janne strinse forte Janika a se; dopo essersi baciati la prima volta avevano deciso di passare la notte fuori. Avevano trovato un piccolo albergo senza troppe pretese, una semplice stanza in un semplice hotel frequentato da gente semplice; solo qualche turista e per lo più marinai. 

E ora si trovavano proprio in quella camera, sdraiati sul letto e abbracciati, senza il bisogno di dire qualcosa, perchè si stavano già dicendo tutto. Stavano ritrovano anni di affeto negato dai parenti, sapevano di volersi bene anzi erano consapevoli di amarsi, ma nessuno dei due sentiva la necessita di dirselo perchè, alla fine, è meglio dimostrarlo.
La ragazza infilò una mano sotto il maglione del tastierista, gi baciò il collo e alzò lo sguardo. Lui la fissava sorridendo, con uno di quei sorrisi capaci di sogliere la neve, lei si avvicinò alle sue labbra e le inumidì con la lingua, si strinse di più a lui e riprese a baciarlo mordendogli il labbro inferiore.Ma c'era qualcosa che non andava. Una terribile fitta alla pancia la costrinse a staccarsi dal ragazzo e a sedersi sul letto. Janne di sedette accanto a lei allarmato:
- Tutto apposto?? -
Janika annuì e stava per rispondere affermativamente quando un'altra fitta più forte la trafisse di nuovo:
- Mi... mi fa male la pancia.. -
Il ragazzo le cinse le spalle con un braccio e le diede un bacio sulla fronte:
- Vuoi qualcosa di caldo da bere? -
Lei annuì quasi impercetibilmente e il tastierista si alzò dal letto lentamente per poi uscire dalla porta e scendere le scale fino al bar. Janika cercò di alzarsi per raggiungere il bagno ma appena fu in piedi le girò la testa e dovette appogiarsi al comodino per non cadere, sentì un liquido caldo scorrerle sulla gamba destra e arrivare al pavimento, preoccupata volse lo sguardo alla zona interessata e vide il sangue colare sul pavimento, cercò di chiamare invano il tastierista, la sua voce era troppo debole e la vista iniziava ad annebbiarsi, le ginocchia cedettero e la ragazza cadde a terra. Janne entrò e la tazza di the che aveva in mano gli cadde a terra, per qualche secondo rimase in uno stato catatonico, senza sapere cosa fare a fissare la ragazza, vide il sangue che continuava a scorrere e si risvegliò dallo stato di trance in cui era caduto, si quardò intorno, sentì il cuore battergli e si diresse incerto verso la ragazza. Molto sepesso dicono che quando qualcuno si sente male bisogna lasciarlo dov'è caduto per non creare danni ulteriori, ma non sapendo cosa fare il tastierista prese Janika in bracio e la posò sul letto, prese freneticamente il telefono e chiamò il 112¹ balbettando le indicazioni al telefono. L'ambulaza arrivò in pochi secondi e un paramedico chiese a Janne di farsi da parte, non poteva fare altro, la ragazza aveva abortito. Il tastierista sentì una fitta trafiggergli lo stomaco:
- Cosa.. farete ora? -
Gli venne detto che lei stava bene, si sarebbe ripresa e non sarebbe dovuta andare in ospedale, aveva solo bisogno di un bagno tiepido e un sostegno morale. Se ne andarono in pochi secondi lasciando Janne e Janika, che intanto si era un po' ripresa, più confusi di prima.
La ragazza, che aveva perfettamente capito cos'era successo, si mise a sedere sul letto e si guardò intorno spaesata. Sarebbe dovuta cadere in depressione? Ma lei neanche lo voleva un bambino. Cosa doveva fare? Come doveva reagire? Gli aborti spontanei nei primi mesi di gravidanza capitano, fanno parte della vita. Una madre qualsiasi avrebbe pianto, a lei non veniva da piangere, si sentiva strana, una parte di lei se ne era andata e l'unico sentimento che riusciva a provare era il solievo. Perchè non doveva più stare attenta a tutto quello che faceva, perchè avrebbe avuto più tempo da dedicare a sua sorella e avrebbe evitato l'imbarazzo di rispondere "Il padre non c'è" a tutte le ecografie e visite mediche; E poi ... avrebbe avuto più tempo anche per Janne. Da quando lo aveva conosciuto aveva sempre avuto la sensazione di non vederlo abbastanza, gli voleva bene, e lo amava, ma soprattuto gli voleva bene.
Appoggiò il viso sul petto del ragazzo che si era seduto accanto a lei e gli diede un bacio sul collo, lui la strinse a se e posò le labbra sulla sua nuca, lasciando che si addormentasse così.
Si svegliò qualche ora dopo, Janne doveva aver ceduto al sonno e ora dormiva beato, sembrava un bimbo. Janika si guardò la maglietta, era intrisa di sangue, come la gonna e le calze che erano state gettate a terra dal paramedico, si diresse in bagno dove aprì l'acqua della vasca e iniziò a togliersi i vestiti; Dopo aver aggiunto un'ingente quantità di bagnoschiuma si immerse quasi del tutto e iniziò a pulirsi. Aveva lasciato la porta aperta, in modo che potesse sentire la vicinanza con il tastierista. Continuava a non capirci nulla, continuava a pensare che forse, era stato meglio così, perchè lei non sarebbe stata una buona madre e sapeva che Janne l'avrebbe costretta a tenerlo, lui così dolce e premuroso verso tutti, che era riuscito a provare pena per un figlio che non era neanche suo. Ma ce l'avrebbe davvero fatta a crescere un bastardo? O glielo avrebbe rinfacciato per il resto dei suoi giorni? No. Non ne sarebbe stato capace. Il bambino si sarebbe chiamato Wirman e sarebbe stato cresciuto come tale. Ma a lei sarebbe rimasto un grande vuoto dentro, avrebbe guartato quel bambino che probabilmente avrebbe imparato ad amare e si sarebbe sentita malissimo pensando che non lo aveva voluto. Quindi era senz'altro meglio così, un dolore in meno per tutti. Uscì dalla vasca dopo qualche minuto, si avvolse in un asciugamano bianco e tornò in camera dove Janne iniziava a rigirarsi fra le coperte, segno che si stava per svegliare, si sdraiò di nuovo accanto a lui noncurante del fatto che aveva i capelli bagnati, accarezzò il viso del ragazzo che aprì lentamente gli occhi e le sorrise, avvicinò le labbra alle sue e le baciò dolcemente, la strinse a se ma il telefono di Janika squillò e dovette districarsi dall'abbraccio e rispondere a sua madre:
- Ciao mamma... ascolta ti devo parlare -
Come faceva a dire a sua madre che aveva perso suo figlio? Inoltre lei sembrava già preoccupata per conto suo e se aveva chiamato ci doveva essere un motivo. La donna rispose affannata, incredula e stanca:
- Tua sorella... La terranno definitivamente in ospedale e... ha sì e no due settimane di vita, vieni appena puoi, ti prego. Oh, Ma ti è successo qualcosa, amore? Ti sento strana... come sta il bambino? E Janne? Anche lui è un caro ragazzo ... -
La giovane si sedette sul letto premendosi una mano contro la tempia spaesata, non sapeva cosa rispondere, non sapeva se doveva addolcire la pillola o lasciar perdere, la sua totale mancanza di tatto la portò a dirlo normalmente, senza troppi giri di parole:
- Ho perso il bambino. E ora sono lontano da Helsinki verrò in ospedale domani mattina, Janne sta bene -
L'altra ribattè semplicemente dicendo "Ok" e riattaccò lasciando Janika attonita. Si sdraiò e appoggiò la testa sulla pancia del tastierista che le chiase cosa fosse successo, dopo aver ascoltato i fatti le chiese se voleva tornare subito, lei disse che non era necessario e tornò a stringere il ragazzo a se.


****
¹= Numero unico di emergenza in Finlandia.

Allora. Come al solito non sapevo come chiudere il capitolo, lo so, è un secolo e mezzo che non aggiorno ma fra una versione di greco e l'altra c'è poco tempo per scrivere T^T. Ho fatto del mio meglio ... spero che possiate apprezzarlo. Un grazie a tutti e
Hyvaa joulua a tutti ;)

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Capitolo 7
*** Pahan Kukat ***


COB 7
Carry me away from my pain

Pahan Kukat


Janika arrivò in ospedale la mattina dopo, durante l'orario di visita, insieme a Janne. Trovò sua madre che dava la colazione alla sorellina, appena la vide entrare posò il vassoio sulle ginocchia della bambina e le andò in contro per abbracciarla e baciarle le guance, cose che inconsciamente fece anche col tastierista. Si sedettero accanto al letto e la giovane accarezzò il viso della sorellina sorridendole dolcemente:
- Come stai? -
L'altra si sistemò sul cuscino e fece una smorfia, che razza di domanda era? Pensava che non sapesse di avere poco più di una settimana? Cercò di sorridere per non essere scortese, sapeva che anche lei era preoccupata:
- Abbastanza bene ... anche se non è molto bella come situazione, ma non smetterò di combattere. Mai. -
Gli occhi di Janika si riempirono di lacrime, ma non voleva piangere, non ne aveva il diritto. Stava per perdere sua sorella, era scioccata e una tristezza enorme le stava divorando l'anima; Ma non aveva il diritto di mettersi a piangere, lei era così coraggiosa, non si stava auto commiserando, voleva vivere e lottare fino alla fine. Se qualcuno glielo avesse chiesto avrebbe detto che la piccola Anja era il suo eroe. Forse sarebbe stata considerata un eroe minimo, non aveva salvato il mondo ne combattuto grandi guerre se non quella della Vita. Perché alla fine questo è la vita, una guerra. Bisogna reagire, essere forti e non smettere mai di battersi per continuare a esistere. Alcuni cercano di essere i migliori, alcuni si accontentano del minimo indispensabile ma tutti, ognuno di noi, deve alzare la testa e mordere questo fottuto mondo. Anche se è difficile, anche se fa male, anche se a volte sembra impossibile.
La bionda appoggiò la schiena alla sedia e restò qualche secondo a fissare la ragazzina; era il venti di Dicembre, se le previsioni dei medici erano giuste avrebbe visto il suo ultimo Natale. La madre intervenne rompendo il silenzio assordante che si era formato nella stanza:
- Il dottore ha detto che ci sarebbe un'alternativa ... ma non è sicuro del risultato. Potrebbe essere mandata in una clinica in Svezia e noi potremmo vederla una volta a settimana, ma la terranno in vita e se tutto va bene entro un anno dovrebbe essere guarita. Ci sono sette risultati su dieci che confermano ... -
Anja e Janika guardarono la madre sconcertate e le dissero che avrebbero dovuto provarci, tanto non c'era più nulla da perdere, anche se sarebbe stato doloroso era pur sempre un modo. La donna ribatté dicendo che non sapeva cosa fare poiché il viaggio in Svezia era rischioso e faticoso per la piccola e lei avrebbe voluto starle accanto e affittare un appartamento vicino all'ospedale ma non se la sentiva di lasciare la figlia maggiore da sola, sopratutto ora che aveva perso il bambino. Tutti fecero si zittirono, la ragazza guardo Janne che era rimasto in silenzio per tutto il tempo e gli chiese cosa ne pensava. Lui sospirò e rifletté qualche secondo:
- Secondo me, bisogna provare. Tanto, come ha detto Anja, non ha più nulla da perdere. A Janika ci penserò io, mi prenderò cura di lei e in ogni caso lei ha ventitrè anni, sa badare a se stessa e non penso sia un problema per lei. In ogni caso, se tutto va bene è solo un anno, poi sarete di nuovo insieme.-
La madre annuì, aveva ragione lui. Sua figlia era grande ormai e si sentiva più sicura sapendo che ci sarebbe stato qualcuno al suo fianco. Si alzò e disse che andava ad avvisare il medico, sarebbero partite l'indomani.
Trascorsero il pomeriggio in ospedale, nella sala principale dove c'era un pianoforte a coda e i due ragazzi suonarono la sonata K381 di Mozart e la sorellina in via eccezionale poté stare accanto a loro su una poltrona con una coperta addosso e la solita flebo infilata nel braccio.
Il volo partì il mattino dopo alle sei, Anja fu trasportata in Svezia con l'eliambulanza per evitare che si stancasse troppo. Janika e il fidanzato erano andati a salutarla e ora attendevano nella sala d'aspetto che l'aereo partisse. Entrambi erano assonnati e sarebbero stati volentieri a letto a dormire, ma quella era l'ultima volta che la giovane avrebbe visto sua madre per un lungo periodo e, nonostante l'avrebbe chiamata tutte le sere, sapeva che le sarebbe mancato il suo modo ansioso di eseguire anche i più semplici lavori domestici, le sue preoccupazioni quotidiane per chi vedeva o frequentava la figlia e il suo ingenuo modo di fare che indicava il fatto che non volesse ammettere che sua figlia era ormai cresciuta.
Janne la abbracciò e le diede un bacio sulla fronte, era ora di andare a casa. Le chiese se avesse voluto trasferirsi da lui per poterle stare accanto, lei annuì e rispose che avrebbe mandato qualcuno a prendere la sua roba così andarono direttamente a casa del tastierista.
Furono arrivati dopo pochi minuti e, varcata la soglia di casa, Janika, dopo essersi tolta cappotto e scarpe, si sdraiò sul divano; Janne la raggiunse e si sedette a terra posando il viso sulla sua pancia e accarezzandole i capelli, lei si mise a sedere facendo accomodare accanto a se il ragazzo e gli appoggiò la testa sulla spalla iniziando a baciargli il collo, lui la sollevò e prendendola in braccio la portò in camera da letto. Non sapeva nemmeno lui cos'avesse in mente, sapeva solo che il divano era un posto stupido per fare qualsiasi cosa. La posò sul materasso e ci si sdraiò accanto; Janika si tirò su e si mise a cavalcioni sopra al ragazzo, voleva giocare. Janne arrossì violentemente e la giovane, accorgendosene, avvicinò le labbra alle sue e iniziò a baciarlo, in modo diverso da come aveva sempre fatto; Stavolta non era un bacio finalizzato solo a dimostrare quanto ci tenesse a lui, voleva di più. Il tastierista la attirò a se e, visibilmente eccitato,invertì i ruoli sovrastandola col suo corpo. Interruppero il bacio per qualche secondo guardandosi negli occhi, lei gli infilò le mani sotto il maglione nero e glielo sfilò lasciandolo a torso nudo e si avvicinò a lui per baciargli il petto. Janne fece un sorriso ammiccante e imitò la ragazza togliendogli la maglia, le fece alzare leggermente la schiena per armeggiare con l'allacciatura del reggiseno che gettò a terra per concentrarsi sul seno della ragazza. Iniziò a leccarle la pelle chiara per poi succhiarle i capezzoli turgidi mentre l'erezione continuava a crescere e a diventare leggermente dolorosa poiché intrappolata dai jeans, con la lingua salì verso il collo per poi morderle leggermente l'orecchio e ascoltare per qualche secondo il suo respiro che diventava sempre più affannato. Janika riprese in mano la situazione e si rimise a cavalcioni sopra di lui, tornò a fissarlo negli occhi mordendosi il labbro inferiore. Lo voleva, con tutta se stessa, ma aveva paura di sbagliare, di fare un'altra delle sue cazzate e di ritrovarsi di nuovo nella merda. Ma sentiva la sua eccitazione percepiva quanto anche lui la volesse e per quanto un uomo col testosterone a mille possa sembrare stronzo o troppo avventato, quello era sempre Janne, la amava e teneva tanto a lei, non l'avrebbe abbandonata. Non l'avrebbe mai fatto.
Si abbassò per slacciare i pantaloni del tastierista, lui la fermò prima che gli abbassasse anche i boxer e le chiese con un filo di voce se volesse davvero farlo, lei annuì e gettò le mutande a terra per poi concentrarsi sul membro del fidanzato che prese in bocca per poi dedicarvisi per una decina di minuti durante i quali l'altro cercava di soffocare i gemiti; Prese la ragazza e la mise sotto di lui, le tolse la gonna e le sfilò le collant che aveva ripulito il giorno prima dal sangue, accostò il viso al suo e riprese a baciarla mentre con la mano destra le stimolava l'inguine attraverso il pizzo nero delle mutande. Lei si staccò dalle sue labbra e si tolse gli slip per poi continuare a farsi masturbare dalle sue dita che la musica aveva reso incredibilmente veloci. Janne si scostò da lei per andare a leccarle la vagina, concentrandosi su tutte le sue pieghe e a iniziare a penetrarla irrigidendo la lingua e godendo dei suoi umori, dopo di che iniziò a succhiarle il clitoride mentre lei gemeva sempre più vistosamente. Improvvisamente si interruppe per prenderle le cosce e portarla al bordo del letto, si mise in piedi di fronte a lei e le afferrò la vita iniziando a penetrarla lentamente; Janika soffocò un urlo e si avvinghiò alle sue braccia mentre l'altro aumentava il ritmo fino a farla sdraiare sul letto praticamente inerme e a farla urlare senza alcun ritegno. Uscì da lei e la fece girare per metterla a novanta ed entrare da dietro, appoggiò il petto alla sua schiena mentre i colpi precisi toglievano il respiro alla ragazza, le strinse il seno e la sentì gemere sempre più forte, le baciò il collo e si rimise in piedi continuando a cercare di penetrarla sempre più velocemente finché la giovane decise di condurre il gioco e si scostò da lui trascinandolo sul letto e sedendosi sulla sua erezione; Iniziò a muovere il bacino tenendogli una mano appoggiata sul petto e ansimando. Si sentiva finalmente bene, era con il ragazzo che amava e non stava facendo solo del volgare sesso. Era tutto quello che voleva, tutto quello che aveva desiderato durante queste settimane. Pensò che nonostante la posizione si sentiva perfettamente a suo agio e che avrebbe voluto che quel momento non finisse mai, perché lui era così bravo, era dolce ma era anche deciso. A volte le faceva male ma le dimostrava anche che lo faceva solo per eccitarsi di più. Gli accarezzò il viso e si avvicinò a lui per baciarlo, l'altro la strinse a se; Janika si rimise in posizione e Janne le strinse i seni fra le mani continuando a entrare e uscire da lei seguendo i movimenti sinuosi del corpo della ragazza. La prese e la mise di nuovo sotto e dopo poco raggiunsero l'orgasmo contemporaneamente, stringendosi il più forte possibile. I due si avvolsero nelle coperte e si addormentarono, abbracciati.


****

Sì, mi ci sono messa di impegno e sto cercando di aggiornare più in fretta.
Allora, domani parto per la Finlandia e sono tipo in giro per casa che salto come un canguro. Ok, ho trovato cinque minuti per finire la fanfiction, ovvero il capitolo, e ora lo pubblico.
Grazie a tutti i miei puntualissimi "Seguaci" che nonostante tutto mi sostengono. <3

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Capitolo 8
*** Was it worth it? ***


COB8
Carry me away from my pain

Was it Worth it?



Alexi entrò in casa di Janne con la chiave di scorta che l'amico gli aveva affidato in caso avesse avuto voglia di stare con lui. Non trovandolo in soggiorno decise di salire le scale; Strano, saranno state le dieci di mattina e lui non era ancora sveglio? No, non poteva essere. Era sempre stato mattiniero, a meno che non si fosse ubriacato, ma se si fosse ubriacato l'avrebbe fatto con Alexi e, fino a prova contraria lui era più o meno sobrio; quindi, c'era qualcosa che non andava. Arrivato al secondo piano si guardò intorno in cerca di un qualche rumore che confermasse la presenza del tastierista, Nulla. Si diresse verso la camera da letto e aprì piano la porta, fece una smorfia, era arrivato tardi. Janika e il ragazzo erano abbracciati e avvolti sotto le coperte, i vestiti erano sparsi ovunque e le tende erano chiuse. Si avvicinò in punta di piedi al letto per non svegliare la biondina, scosse leggermente il tastierista che aprì un occhio e, vedendo Alexi, scostò dolcemente dal suo petto la giovane e si mise a sedere:
- Perchè sei qui? -
Chiese a bassa voce. L'altro gli rispose che c'era una cosa che doveva sapere e che era abbastanza urgente. Janne si infilò i boxer e scese insieme al compagno in sala, si sedettero sul divano. Il vocalist era nervoso, si era acceso una sigaretta che si rigirava fra le dita e che fumava irrequietamente, aprì la bocca per dire qualcosa ma le parole gli si bloccarono in gola, erano lacrime quelle che si stavano formando negli occhi color ghiaccio? Spense la sigaretta e si lasciò scivolare sulla fodera del divano, la casa di Janne aveva sempre avuto un buon odore, non di fiori o di qualche altro deodorante commerciale, semplicemente odore di casa. Con il profumo di cibo nelle ore in cui tutti mangiavano e odore di bucato il giovedì e il sabato; C'era una domestica, che doveva avere origini ispaniche, che andava da tre volte a settimana e che probabilmente usava un detersivo al limone che lasciava una sensazione di freschezza nell'aria. Tutto questo gli sarebbe mancato. Non voleva perdere il suo migliore amico e aveva paura di rovinare tutto con semplici frasi pesanti come macigni che ristagnavano infondo alla sua bocca lasciandogli un sapore amaro e la voglia di vomitare. Si sentiva un verme. Avrebbe voluto scavarsi una buca e sotterrarvisici per essere dimenticato da tutti. Ma voleva troppo bene al tastierista e non era capace di mentirgli, inoltre pochi mesi più tardi avrebbero iniziato un tour e l'avrebbe visto tutti i giorni, a ogni ora.
Il tastierista lo guardo perplesso in attesa della notizia urgente che lo aveva condotto attraverso una fredda mattinata del rigido inverno Finlandese fino a casa sua, lo incitò a parlare. Una lacrima gli rigò il viso, la asciugò irritato con la manica della felpa, si decise a parlare. I finlandesi parlano, in genere, a bassa voce e molto velocemente. Ma era raro che il chitarrista parlasse così:
- Io ecco ... non so come dirtelo, so che mi odierai e non ti chiedo di non farlo, ti chiedo solo di non ammazzarmi di botte...-
Janne sorrise. Probabilmente pensava che l'altro dovesse dirgli che aveva combinato qualche casino con le demo che avevano registrato o che aveva toccato la sua tastiera e aveva combinato qualcosa a cui non aveva trovato rimedio. Alexi di incupì vedendo i muscoli rilassati sul viso dell'amico e continuò il discorso, sputando fuori la frase successiva come fosse veleno:
- Io e Janika siamo stati a letto insieme -
Sul volto del tastierista si dipinse uno sguardo stupito e perplesso al tempo stesso, ma lei era incinta. Erano andati a letto insieme con il rischio che lei perdesse il bam... ma sì certo, lei non lo voleva quel bambino. Quindi probabilmente gliene sarebbe fregato ben poco. Ma perchè Alexi lo aveva fatto? Glielo chiese. Rispose che non lo sapeva, ma che si era sentito male ogni giorno dopo che era successo. Aveva davvero voglia di picchiarlo. Si limitò ad aggredirlo verbalmente:
- Ma, Vittu, Alexi! Quante ragazze ti scopi alla settimana? Sette? Otto? C'era bisogno di farti anche lei!?!? Ma sì dopotutto a te cosa te ne frega dei sentimenti degli altri? Vero? Perkele, sei solo un fottuto egoista, pensi solo a soddisfare te stesso! E dopo tutto quello che ho fatto per te! Credevo che fossi diverso, Alexi, credevo che tu fossi cambiato, pensavo che avresti fatto tutto per me, come io l'ho fatto per te. Ma mi sbagliavo ovviamente. A te non importa minimamente di quello che provano gli altri. Cosa ti importa se mi piace una ragazza? Cosa ti importa se lei mi corrisponde? NULLA. Che poi non mi sembrava di chiederti molto, no? Ti ho solo chiesto di non scoparti la mia fidanzata! Ah, no, hai ragione, non te l'ho chiesto. Ma pensavo fosse sottointeso. O devo mettertelo in carta bollata la prossima volta? No dimmelo, perchè se vuoi lo faccio! -
Il vocalist si alzò in piedi, era in preda al panico e aveva i nervi a fior di pelle, alzò la voce per ribattere, non voleva essere cattivo, ma non voleva neanche addossarsi tutta la colpa:
- Ti chiedo scusa! Vittu, Almeno  io te lo sto dicendo, non come quella puttantella che ti sei scopato!-
Janne lo interruppe per urlargli addosso di non mettere in mezzo Janika, avrebbe parlato anche con lei, ma non era questo il momento. Alexi gli disse che riguardava anche lei e che non era la santa che pensava, si era tranquillamente fatta fottere da entrambi senza dirgli nulla e che non era esattamente il modo corretto di comportarsi.
Si guardarono in cagnesco mentre Janika scese le scale, le urla la avevano svegliata. indossava la maglietta e un paio di slip, quando vide i due litigare le venne un tuffo al cuore e si sentì mancare. Il tastierista le rivolse uno sguardo che la mise in croce, raggiunse i ragazzi e si sedette sul divano, nascose il viso fra le mani e sospirò. Janne si sedette sulla poltrona davanti a lei:
- Scusa se mi intrometto nella tua vita privata, ma quando avevi intenzione di dirmelo? No, sai, non vorrei essere invadente.. -
Alexi era rimasto in piedi e fece una smorfia schifata sentendo Janika singhiozzare. Si sedette accanto a lei sul divano, le appoggiò una mano sulla schiena. Perchè lo stava facendo? La compativa? No. Sapeva di aver sbagliato e sapeva che aveva sbagliato anche lei. Si girò verso il compagno, li stava fissando attoniti:
- E' diverso, Janne... io non me la sono solo scopata. Dalla prima volta che l'ho vista mi ha colpito, i suoi occhi sono criptici, ma la sua anima è così uguale alla mia, no.. non parlo dell'Alexi che si scopa tutto quello che ha un'ombra. Parlo di Markku. Parlo del ragazzo, o uomo che dir si voglia, che non sa cosa fare della sua vita, che tutti penserebbero essere un re ma che è nella merda più totale. No, Janne, portarsi a letto decine di fan arrapate non significa essere felici; Ubricarsi tutte le sere è solo un modo per tenermi occupato, hai letto i miei testi? Quello sono io. Io la amo. Perchè lei è come me. Perchè, non so se ti ricordi, ma quando avevo la sua età mi tagliavo anche io, e se proprio lo vuoi sapere lo faccio anche ora. No, non sono un emo di merda. Sto solo cercando di non autodistruggermi. Mi hai insegnato che per essere felice bisogna volerlo. E io lo voglio. Janne, dico davvero. Non lo faccio solo per farti stare male, non lo farei mai. Lo dico perchè è giusto. Perchè è così. -
Janika era scoppiata in lacrime, non riusciva a fermarle, aveva appoggiato la testa sulla spalla del chitarrista e lo stava stringendo a se. Janne, invece, sembrò non aver sentito nulla di ciò che gli era stato detto o forse lo stava solo ignorando perchè faceva troppo male. Chiese quando fosse successo, con uno sguardo impenetrabile, impassibile. La ragazza rispose che era succeso prima che si baciassero. Il tastierista fece una smorfia affermando di non sapere se fosse meglio o peggio. Poi un lampo gli attraversò gli occhi:
- E tu, Janika.. tu provi qualcosa per lui o per me? Oppure stai giocando con entrambi? -
Lei cercò di calmare i singhiozzi, vide che entrambi la guardavano con un espressione interrogativa. La verità era che non sapeva come rispondere. Abbassò lo sguardo e sentì il vocalist stringerle la vita, la amava davvero? O era solo un modo per sembrare meno orribile? Ma come poteva lei giudicare orribili qualcun'altro quando lei stessa lo era? Sfiorò la mano del ragazzo che le stava accanto:
- Io lo amo ... No, Janne, non ti ho mai amato. Non credo di averlo mai fatto. Sei un ottimo amico e ti voglio bene, dal più profondo del cuore. Ma io amo Alexi. Perchè quando sono con lui non ho paura dei mei sentimenti, perchè lui mi fa sentire bene. Scusami, se sono una stronza colossale. Scusa se sono venuta a letto con te e se ti ho baciato. Non sapevo cosa stavo facendo, ero confusa e credevo che fosse la cosa giusta. No, Janne, non ti amo. -
Il tastierista annuì. Il volto serio di ghiaccio gravava sui due. Alexi era semplicemente stupito. Non se lo aspettava, pensava che sarebbe scoppiata a piangere e che avrebbe chiesto scusa dicendo all'altro di amarlo; Invece no, era successo il contrario.
Janne, disse semplicemente di prendere la loro roba e di uscire da casa sua, all'istante. Così fecero, Janika salì al piano superiore e si rivestì, scese e prese la mano del vocalist che la aspettava in salotto. Alexi posò la chiave sul tavolino all'ingresso e, insieme, uscirono.

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Capitolo 9
*** That's what it sound like when a nihilist cries ***


COB 9
Carry me away from my pain

That's what it sound like when a nihilist cries



Alexi accettò l'invito di Janika, avrebbe passato la serata a casa sua a patto che potesse stare da solo se ne avesse avuto voglia. La ragazza gli aveva detto che poteva stare nella stanza degli ospiti, lei sarebbe stata nella sua e per qualsiasi cosa gli sarebbe bastato chiamarla.
Il cantante si sedette sul letto dopo aver chiuso la porta; non sapeva perché aveva accettato quell'invito, sapeva soltanto che non voleva rimanere solo. Certo, non era la prima volta che stava male, ma insieme a lui c'era sempre stato Janne che lo consolava, che gli diceva che sarebbe andato tutto bene e che, in ogni caso, ci sarebbe stato.
Si premette le mani contro al volto per non piangere, non si sentiva così per se, ma per l'amico. Si era sempre fidato di lui e Alexi aveva tradito la sua fiducia. E a quale prezzo? Tutto per una donna... Ne è valsa la pena? Sì. Perché? Perché era fottutamente vero. La amava come non aveva mai amato una donna perché quando le aveva raccontato dei suoi genitori che non c'erano mai stati, di sua sorella che provava sempre a fare si che tutta la merda che li circondava fosse un posto migliore e poi dell'adolescenza, quando passava le giornate a tagliarsi e a bere tutto l'Alcool a sua disposizione e infine della sua situazione attuale, del fatto che fosse sempre ubriaco, di tutto il sesso che faceva solo per riempire un vuoto che aveva nell'anima e che, in genere, riempiva con la musica; Lei aveva annuito, gli aveva accarezzato la guancia e gli aveva sfiorato le labbra con le sue. Ed era stata la prima volta che aveva fatto l'amore. No, non sesso. Niente violenza o lussuria, semplicemente desiderio di sentire il corpo caldo della ragazza sotto il suo e di poter baciare le sue belle membra e la sua pelle candida. Sì, ne è valsa la pena.

Janika si era tolta i vestiti e si era fatta una doccia, era uscita dal bagno e aveva indossato la sua maglia dei Kiss e dei jeans neri. Si voltò e vide il suo poster dei Children of Bodom appeso alla parete, vide le facce serie dei membri e si sentì male. Una fitta le trapassò lo stomaco come una lama rovente che si rigirava nella carne. Cosa aveva fatto? Aveva rovinato tutto. Anni e anni di amicizia fra Janne e Alexi rovinati per una notte. Perché non riusciva a capire i suoi sentimenti, era solo una bambina nel corpo di una donna. Il chitarrista era nella stanza accanto alla sua, lo sentiva sospirare e piangere piano, chiedere aiuto al silenzio perché, probabilmente, neanche lui sapeva cosa fare. Prese tutti gli album dei Bodom che aveva in camera li dispose davanti a se dopo essersi seduta a terra. Iniziò a piangere tutte le lacrime che aveva in corpo. Perché era così stupida? Non riusciva a capire che stava rovinando tutto. Doveva trovare una soluzione, doveva andarsene, chiedere scusa a tutti e dire a Janne che non era stata colpa di Alexi ma solo colpa sua, poi sarebbe sparita dalla loro vita; Sarebbe andata in Svezia insieme alla madre e alla sorella e li avrebbe dimenticati come, dopotutto, avrebbe chiesto a loro di fare con lei.
Aprì la porta e uscì dalla stanza per andare in quella degli ospiti. Il vocalist era raggomitolato sul letto, piangeva piano, quasi impercettibilmente; Le aveva detto che aveva imparato a piangere in silenzio perché a nessuno importava se lui stava male. Si sdraiò accanto a lui e lo abbracciò, lui sembrò inizialmente irritato ma poi si girò e nascose il viso nell'incavo della spalla della ragazza stringendola a se, lei gli accarezzò la schiena:
- Allu ... io penso che me ne andrò. Parlerò con Janne e gli chiederò scusa, gli dirò che non è stata colpa tua ma che è stata tutta colpa mia. Gli dirò che io uscirò dalla vostra vita e che dovrete dimenticarmi -
Il ragazzo si irrigidì e smise di singhiozzare, non sapeva cosa risponderle. Sì, lo ammetteva, avrebbe preferito perdere lei che non Janne. Ma l'idea che se ne andasse, l'idea che non l'avrebbe più rivista gli fece venire un conato di vomito. Si allontanò da lei e si sedette sul materasso le disse che non poteva andarsene. Che se anche una sola cosa di quelle che aveva detto a Janne era vera lei doveva rimanere perché lui non sarebbe riuscito a dimenticarla.
Il cellulare di Alexi squillò, era Henkka. Rispose:
- Henkka, dimmi -
l'altro era in preda al panico più totale, balbettò qualcosa di incomprensibile prima di formulare una frase di senso compiuto:
- Janne lascia la band. Mi ha telefonato il nostro agente e mi ha detto che Janne vuole lasciare tutto. Domani passa a prendere la tastiera e il resto e parte per non so dove. MA CHE VITTU E' SUCCESSO?!-
Il telefono gli scivolò dalle dita e le ginocchia cedettero, cadde a terra e si raggomitolò. Riprese a piangere. Henkka dopo vari tentativi di rimettersi in comunicazione abbandonò l'impresa e riagganciò. Janika corse dal vocalist e lo fece alzare, sembrava un morto. Il viso gli era diventato di un pallore spettrale e gli occhi arrossati e colmi di lacrime vagavano nel vuoto. Gli chiese cosa fosse successo, l'altro le rispose con un filo di voce. Janne se ne sarebbe andato. Lo lasciò sul letto e corse a prendere il telefono, compose il numero del tastierista e attese. Non rispose. La segreteria telefonica la informò che al momento il cliente chiamato era occupato o irraggiungibile ma che avrebbe potuto lasciare un messaggio dopo il segnale acustico. Chiuse la chiamata e ci riprovò, ancora nulla. Al terzo tentativo sentì la voce stanca del ragazzo chiederle che altro voleva:
- Janne non puoi farlo! Perkele! NO! Tu vuoi bene ad Alexi, è stata tutta colpa mia, sono una sporca doppiogiochista, sono una puttana. Non devi prendertela con lui, lui non poteva sapere che ci saremmo messi assieme e poi io ti ho baciato, poi io sono venuta a letto con te... Non andartene, non lasciare la band.. ci sono milioni di fan che vi amano, che adorano il vostro lavoro. E non è giusto nei confronti di nessuno che una donna rovini tutto. Sono solo una delle tante! Se sono un problema me ne vado io, anzi me ne andrò in Svezia con mia madre... ma tu, ti prego, tu e Alexi dovete  riappacificarvi. Non è stata colpa sua.-
Janne per la prima volta pensò a tutto questo con una mentalità diversa, pensò che era vero. Era tutta colpa di quella puttana. Alexi era un fratello per lui e probabilmente ora stava malissimo e tutto per colpa di Janika. No. Non sarebbe stato lui ad andarsene:
- Janika, tu mi hai ferito. Ma hai ragione, è colpa tua non di Alexi. Sì, penso che dovresti andartene. Ma se vuoi resta, puoi metterti con lui, ma sappi che con te non voglio più avere nulla a che fare.Quindi, fai quello che vuoi ma stammi lontano. -
Detto ciò chiuse la chiamata. La ragazza posò il cellulare sul letto. Se lo aspettava e, sopratutto, se lo meritava.Riferì ad Alexi ciò che gli era stato detto. Lui disse che non voleva perderla. La biondina si sedette accanto a lui rispose che se ne sarebbe andata ma che potevano rimanere in contatto. Sarebbe partita il giorno stesso con il primo volo, gli diede un ultimo bacio sulle labbra rosee e tornò in camera sua.

Un bacio è  l'apostrofo rosa fra le
parole T'amo.

[Cyrano, Cyrano di Bergerac, Rostand]

***
Premesso che l'ispirazione mi è piovuta addosso tutta insieme e che quindi sto scrivendo un capitolo dopo l'altro, voglio ringraziare tutti quelli che mi seguono e che recensiscono :) E' bello avere qualcuno che ti sostiene... Grazie a tutti e al prossimo capitolo :D

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Capitolo 10
*** Hieno. ***


COB 10
 
Carry me away from my pain

Hieno.

The end.
the songwriter's dead.
The blead fell upon him
Taking him to the white lands
of Empathica
of Innocence
Empathica
Innocence.

Janne parcheggiò davanti a casa della ragazza. Non era andato a trovare lei ma era sicuro che Alexi si trovasse lì; Suonò il campanello. Nessuno rispose, si accostò alla finestra, era sparito tutto: i mobili, le lampade, i poster sui muri e tutto il resto. Le pareti buie e il pavimento freddo erano in balia della polvere che divorava ogni cosa.

Una settimana prima.
Alexi era sdraiato sul letto di Janika, la guardava preparare le valigie con le lacrime agli occhi. Le aveva ripetuto che poteva restare, che anche se Janne fosse stato contrario lui le sarebbe rimasto vicino ma lei si era limitata a sorridere forzatamente e a rispondere che era meglio così, per il bene suo, di Janne e della band. Non avrebbe permesso che i Children of Bodom si sciogliessero per causa sua. A Stoccolma si sarebbe trovata bene, poi avrebbero parlato al telefono e lui poteva passare a trovarla. Alexi aveva annuito e si era raggomitolato sul letto mordendosi l'orlo della manica della felpa nera.
In pochi minuti la giovane aveva finito di impacchettare la sua roba ed era pronta a partire, l'aereo sarebbe decollato due ore più tardi e il chitarrista si era offerto di accompagnarla in aeroporto. Janika si sdraiò accanto al vocalist e lo abbracciò, lui si strinse al suo petto e le baciò il collo:
- Mi mancherai, davvero tanto. Non so come farò senza di te. -
Lei sorrise e gli rispose che l'avrebbe dimenticata e sarebbe andato di nuovo tutto bene. Era giusto così, lui e Janne dovevano continuare a essere amici perché lo erano sempre stati e perché lei non contava nulla nella loro vita. Lui provò a ribattere ma riuscì solo a emettere un gemito e ad affondare il viso sulla spalla della biondina per ricominciare a piangere. Ma perché piangeva? Non lo aveva mai fatto e sicuramente non era nello stile del Wildchild ma era l'unica cosa che riusciva a fare. Perché sapeva che avrebbe perso la donna che amava e che non l'avrebbe più rivista, perché sapeva che con Janne sarebbe cambiato tutto, non si sarebbe più fidato di lui e per un po' di tempo non gli avrebbe rivolto la parola. Doveva prendersi le sue responsabilità, doveva affrontare i suoi problemi, l'avrebbe fatto perché era un uomo. Ma faceva male. Non vedere più il sorriso di Janne, e sopratutto non vedere più Janika sarebbe stato come autodistruggersi.
L'aereo decollò in orario e Alexi rimase a gironzolare in aeroporto per tutta la sera, si sedette al bar e ordinò una decina di birre che si scolava con velocità impressionante, il mattino dopo si  svegliò sulla panchina del parco pubblico.
Era ormai una settimana che Janika mancava dalla fredda e desolata Helsinki, il vocalist aveva visto Janne solo una volta; Il tastierista l'aveva abbracciato e gli aveva detto che sarebbe andato tutto bene, sarebbe tornato tutto come prima  e si sarebbe dimenticato di quello "spiacevole incidente". Ma a lui non importava, aveva saltato le prove e si limitava a gironzolare per casa in mutande con una birra o qualche superalcolico in mano; La sua chitarra era abbandonata ormai da giorni contro il muro e gli spartiti erano sparsi a terra senza un'ordine logico. Tutto questo gli ricordava Kimberly. Il divorzio era stato duro ma lo aveva superato. E ora, per la seconda volta, una donna che credeva il suo angelo l'aveva lasciato. Ma lo sapeva, sarebbe morto da solo. Uscì di casa e si mise a camminare per le vie deserte, era mattina presto e nessuno si sarebbe sognato di uscire con il freddo glaciale che attanagliava la città. Non sapeva dove stesse andando, non sapeva perché lo stava facendo ma i suoi piedi lo portarono davanti alla resa dei conti. Un ponte. Non ci pensò due volte, salì sul parapetto. L'acqua scrosciava impetuosamente infrangendosi sugli argini del fiume. Aveva sempre creduto di essere come quel fiume, l'acqua non si ghiaccia perché è in continuo movimento e così credeva di essere anche lui. C'era sempre stata la sua band che lo sosteneva, la musica era sempre stata un rifugio dal dolore ma ora, ora che la sua band gli era ostile, ora che le uniche due donne che pensava di aver amato l'avevano abbandonato aveva capito perché aveva scelto il nome Children of Bodom. No, non era stata una semplice concordanza geografica. Lui era come quel lago. Le sue acque profonde erano il suo cuore e lo strato di ghiaccio che si formava d'inverno, quando tutto era più difficile era la sua mente. Ma appena gli veniva mostrato un po' di calore il ghiaccio si scioglieva, e lui tornava ad avere le sue acque profonde, le sponde verdeggianti e l'aspetto ingannevole. Il lago sembra accogliente e sicuro ma ti trascina verso il fondo, è invidioso di te e vuole trascinarti giù insieme a lui e tu, inerme, lo farai. Affascinato dall'aspetto piacevole e dall'oscurità che sembra luminosa.
Invece quel fiume non si dava per vinto. Nonostante il gelo polare continuava a ferire le rocce con le possenti onde e d'estate il caldo non lo scalfiva, essendo solo afa moderata, continuava a scrosciare nel pieno delle sue forze. Ma alla fine cos'era quel fiume se non un affluente del lago?
Alexi si sporse leggermente, l'acqua rifletteva l'immagine confusa del cielo e solo in quel momento capì che, nonostante tutto, era la fine. Era la fine dei Children of Bodom, era la fine della sua carriera artistica, era la fine di Alexi Wildchild Laiho. Rifletté per qualche minuto. Janika non era stata che una conseguenza, non gli importava davvero di lei, era solo un modo per dare un nome al suo dolore. Ma la verità era che, invecchiando, aveva perso lo smalto che aveva all'inizio della sua carriera, i fan erano diminuiti e il loro ultimo disco aveva venduto meno della metà di quello precedente. Per non parlare delle date dei concerti, gli anni precedenti i loro biglietti finivano in meno di due settimane dall'annunciazione della data mentre, nonostante l'imminente concerto a Tampere, c'erano ancora dei biglietti invenduti. Quindi quella era la fine.
Se un uomo viene licenziato può trovarsi un altro lavoro. Può continuare la sua vita in un'altra azienda, ufficio o attività commerciale. Se un artista capisce che la sua carriera è giunta alla conclusione non sa cosa fare. Aveva sempre creduto che sarebbe stato facile tenere separati Alexi da Aleksi. Ma non era stato così. Fin dai primi anni i personaggi si erano fusi diventando un'unica maschera di tristezza e ora, il palco vuoto era riflesso nell'acqua, le luci erano spente e il volume al minimo. I sensi abbandonano il corpo debole, il salto, la luce e alla fine, più niente.


**
Nonostante il titolo non è l'ultimo capitolo, Don't u worry xD

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Capitolo 11
*** Ainoa varma on vain tämä hetki ***


COB 11
Carry me away from my pain

Ainoa varma on vain tämä hetki


Janne tornò in macchina e sospirò, doveva pensare. Lui e Alexi si erano riappacificati, ma non lo aveva più visto da nessuna parte e aveva saltato le prove, cosa che non avrebbe mai fatto. Aveva cercato in tutti i posti possibili, a casa sua, nei bar e pub che frequentava di solito e ora anche a casa di janika che, a quanto pareva aveva mantenuto la promessa ed era partita. Ma dov'era il chitarrista? Accese l'autoradio e si lasciò trasportare dalle note dell'ultimo album degli HIM, chiuse gli occhi e cerco di immaginare dove potesse essersi cacciato quel nanetto malefico. I suoi pensieri vennero interrotti dalla suoneria del suo cellulare, lo prese e rispose:
- Pronto? -
La voce del suo interlocutore era confusa e incerta e sembrava provenire dall'interno di un ospedale:
- Sì, mi scusi, ma abbiamo trovato un certo Markku Uula Aleksi Laiho e lo abbiamo portato in ospedale, nel suo portafoglio c'era questo numero di telefono. Lei è un parente? -
Janne si sentì mancare, un forte giramento di testa lo costrinse ad appoggiare una mano sulla fronte, gli si strinse lo stomaco e rispose che era un amico, sarebbe arrivato subito. Così fece, mise in moto l'auto e corse in ospedale bruciando due o tre semafori rossi, arrivò pochi minuti dopo e chiese all'accettazione dove poteva trovare il ragazzo. Un'infermiera al quanto allarmata rispose dicendogli che era in prognosi riservata e che avrebbe dovuto aspettare qualche minuto in sala d'attesa, i medici l'avrebbero chiamato e sarebbe potuto entrare. Raggiunse il luogo indicato e vi trovò l'uomo che, non sapeva come, aveva subito ricondotto alla voce spaesata del telefono. Gli disse senza troppi giri di parole che poteva andarsene, ci avrebbe pensato lui. Così fece, l'omuncolo prese per mano un bambino che doveva avere una decina di anni e uscì.
Il tastierista si sedette su una sedia e aspetto per una buona mezzora cercando di stare calmo. Si chiese cosa avrebbe dovuto fare, probabilmente lui avrebbe chiesto di vedere Janika, e sarebbe stata davvero una scocciatura doverla chiamare e chiederle se poteva tornare in Finlandia dato che era stato lui a mandarla via. Rifletta anche su questo, l'aveva cacciata, aveva scoperto di essere stato tradito, preso in giro e sfruttato e non aveva voluto ascoltare le sue ragioni, le aveva semplicemente chiesto di andarsene. Era giusto? Probabilmente no. Perché questo è schivare i problemi, non affrontarli. Fin da quando era piccolo era stato abituato a prendere il toro per le corna e a reagire mentre ora si stava comportando da codardo. Aveva perdonato Alexi, perché i fratelli litigano e si riappacificano senza un perché. Sì, Alexi non era un suo amico era solo il suo fottuto fratellino. Ma Janika... Chi era Janika? Aveva pensato di amarla, inizialmente l'aveva vista solo come un'amica; In ogni caso pensava che gli avrebbe voluto bene. Non era stato così. Ma, probabilmente, nessuno dei tre si era comportato in modo maturo. Quanti anni avevano? Una settantina tutti insieme. Ma nessuno aveva avuto le palle di affrontare seriamente la situazione. E ora lei era scappata, Janne era nel panico e Alexi aveva tentato il suicidio. Non era stata la prima volta, il Wildchild si era quasi ammazzato un paio di altre volte ma lui c'era sempre stato, per riportarlo a casa e per dirgli che andava tutto bene consolandolo con una tazza di sano the e biscotti.
Prese il cellulare, doveva chiamarla, doveva dirle di tornare perché dovevano parlare seriamente di quella situazione e, sopratutto, perché il chitarrista aveva bisogno di lei. Lei non rispose subito, sorrise pensando che probabilmente aveva lasciato il telefono in qualche angolo remoto della casa e che stava impazzendo correndo da una parte all'altra per cercarlo. Aveva quasi abbandonato le speranze, credendo che, visto il numero, avesse ignorato la chiamata, quando la voce leggermente stupita della giovane risuonò nelle sue orecchie e nella sua testa facendolo rabbrividire:
- Janne? Dimmi! -
Non aveva urlato, non gli aveva chiesto cosa cazzo volesse ancora da lei, con una specie di nodo alla gola e con le lacrime agli occhi gli aveva sussurrato quelle parole. Il tastierista rimase col fiato sospeso qualche secondo poi le disse che Alexi si era quasi ucciso e che ora era in ospedale, gli avrebbe fatto piacere vederla. Janika sospirò pesantemente e trattenne le lacrime:
- Perkele. io .. penso di poter prendere la macchina, non so quanto ci metterò, ma arrivo, siete all'ospedale di Helsinki, vero? -
Janne rispose affermativamente, lei era confusa, sembrava non sapere cosa fare, doveva prendere la macchina o aspettare un aereo? E cosa avrebbe detto una volta arrivata? Era partita da meno di una settimana e il ragazzo con il quale non era neanche stata insieme aveva tentato il suicidio, cosa doveva fare? Avrebbe avuto voglia di urlare, di piangere ma sapeva che doveva mantenere il sangue freddo, erano queste le situazioni in cui si dimostrava di avere i controcazzi. E se non fosse arrivata in tempo? E se la situazione del vocalist fosse stata davvero grave e lei fosse arrivata troppo tardi? Voleva baciarlo. Un ultima volta. Chiuse gli occhi e cercò di immaginare le sue labbra che si schiudevano dolcemente incontrando quelle rosee della biondina. No. Quello non era Alexi. Quello nella sua testa era un altro era... JANNE!? Perché lui? Non lo amava.. lei amava il chitarrista ma che cazzo succedeva alla sua testa? L'altro interruppe i suoi pensieri:
- Janika, ci sono circa dodici ore di macchina fra qui e Stoccolma e c'è un po' in mezzo il mare, quindi o ti fai il giro dalla Lapponia, e non mi sembra decisamente il caso, oppure prendi l'aereo -
L'altra si scosse, rispose che stava controllando su internet, il prossimo volo sarebbe partito fra un'ora, riattaccò e si fiondò in aeroporto.
Un uomo in camice bianco entrò nella sala d'attesa e, come tutti, sembrò individuare subito l'amico del ricoverato -i capelli lunghi dovevano essere una specie di garanzia- si avvicinò a lui e gli disse che si era svegliato, aveva qualche osso rotto e non poteva bere alcool per le prossime dodici ore, gli avevano fatto una lavanda gastrica avendogli trovato un sacco di schifezza nello stomaco. Poteva vederlo. Si alzò dalla sedia e si diresse lentamente verso la camera del compagno. Aprì la porta, stanza numero tredici. Non dovrebbero fare le stanze col numero tredici disse il tastierista fra se e se sorridendo. Il sorriso gli si spense vedendo Alexi inerme e con la testa fasciata accasciato su un letto e intubato. Era bendato anche al braccio sinistro e alla gamba destra senza contare gli ematomi che costellavano il suo corpo, si avvicinò al letto. Il vocalist lo cercò con lo sguardo e sembrò sorridere nel vederlo:
- Janne! Sei qui! Vedi, sto bene alla fine... solo qualche graffio -
Prese una sedia e si mise accanto a lui rispondendogli che oltre ai pochi graffi che si sentiva aveva anche parecchie ossa rotte e, probabilmente, il tour se lo scordavano. L'altro rise poi si fece serio:
- Janika non è venuta? -
Con la più totale naturalezza Janne rispose che sarebbe arrivata un paio d'ore dopo, aveva preso un volo da Stoccolma apposta per lui. Passarono le due ore a parlare del più e del meno, come se fossero normalmente seduti in salotto con una birra in mano, come se nulla di tutto questo fosse mai successo. No, non era la tazza di the e i biscotti, era Janne. Era di lui che aveva bisogno. Tutto il resto poteva andare a farsi fottere, tutti gli altri erano inutili, c'era solo lui, c'era solo il suo Janne che lo capiva davvero, che sapeva sempre quello di cui aveva bisogno e che, in ogni caso, ci sarebbe sempre stato. Perché? Perché lui era Janne, perché era suo fratello.

Janika arrivò dopo una corsa assurda in Taxi e dopo essersi girata mezzo ospedale alla ricerca della stanza del giovane che l'infermiera all'accettazione aveva indicato vagamente come la terza porta a sinistra. Finalmente arrivò alla stanza tredici. Ma perché proprio la tredici? Sembrava che i medici volessero giocare uno scherzo di cattivo gusto al vocalist. Bussò leggermente e sentì le voci che provenivano dall'interno interrompersi, come se si fosse tolta improvvisamente gli auricolari. Entrò e corse ad abbracciare... Janne. Gli corse in contro e lo strinse a se, l'altro rimase immobile, incerto sul da farsi e senza una spiegazione logica per i gesti della ragazza. Si staccò da lui e gli sorrise, poi si rivolse ad Alexi baciandogli le labbra accidentate, Il biondo gli disse che gli era mancata e poi, insolitamente, le chiese cos'avesse detto a sua madre. Lei cercò una sedia e la avvicinò al ragazzo:
- Nulla. Lei non sapeva che fossi a Stoccolma. Se avesse saputo che tipo il giorno dopo che lei se n'era andata io ero scappata da Helsinki mi avrebbe uccisa, quindi lei non sa nulla. Ho trasferito i mobili nell'appartamento che ho preso in affitto in Svezia -
Janne sorrise:
- Non hai preso i mobili all'Ikea? -
Tutti scoppiarono a ridere. Sì, gli svedesi erano conosciuti anche lì come il paese-Ikea nonostante fossero i più importanti della penisola Scandinava. Poi si accorsero che c'era qualcosa che non andava, un conto in sospeso da risolvere. Tutti lo sapevano e tutti sapevano che era arrivato il momento di affrontare la cosa. Janika, che per la prima volta riuscì a farsi coraggio, prese in mano la situazione dicendo che si scusava infinitamente con entrambi, sapeva che scusarsi era inutile e che lei era inutile, aveva rovinato la vita di tutti. Ma aveva bisogno di loro e non voleva perderli. Janne le era stato sempre vicino e lei ne aveva approfittato, lo riconosceva e sapeva che non avrebbe mai chiesto abbastanza scusa. Alexi, si era accorta di amare quel ragazzo dalla prima volta che lo aveva visto ma le era sembrato troppo uguale al suo ex e credeva di ricevere un'altra delusione. Ma si era accorta che era l'opposto del norvegese  e che il suo cuore batteva per lui, tuttavia non aveva mai avuto il coraggio di dirgli davvero quello che provava, perché Janne si era preso cura di lei e l'aveva fatta sentire a suo agio, ma lei lo vedeva come un fratello, come un amico e, per la prima volta senza piangere e guardandolo negli occhi, gli chiese scusa. Alexi prese la parola, come se in un taciturno accordo, Janika gli avesse passato lo skeptron:
- Janne, tu non sei mio amico. Tu sei mio fratello. Lo sai. Sai che non ti farei mai del male senza un motivo. Se me la sono portata a letto è perché la amo. Ma, tu hai tutte le ragioni del mondo per essere arrabbiato, io conoscevo i tuoi sentimenti, sapevo cosa provavi per lei e anche se non me l'avessi detto l'avrei intuito. Ti chiedo scusa, perché tu mi hai salvato la vita un sacco di volte, perché mi hai sempre tirato fuori dalla merda e io ti ho deluso. Mi sono innamorato della stessa ragazza della quale ti sei innamorato tu e ho combinato un casino perché non riesco a tenerlo nei pantaloni. -
Sorrise vedendo che Janne non riuscì a trattenere una risata, rilassò i muscoli e si lasciò cadere sulla sedia:
- Ragazzi, ci ho pensato, tanto anche. Non mi importa come mi stiate vicino, voglio bene a entrambi e, Janika, tu eri debole e io ho approfittato di te. Eri confusa e ho cercato di trattenerti. Ho sbagliato anche io. Quindi direi che siamo pari. E se volete stare insieme per me non c'è problema, non sarà il motivo per cui vi toglierò il saluto-
Detto ciò abbracciò prima Alexi e poi Janika. La giovane si avvicinò al chitarrista e gli sfiorò le labbra con un bacio lui, però, la trattenne a se con il braccio buono e la coinvolse in un appassionante scambio di saliva.

****
Sì *^* Perché io voglio bene ai miei personaggi e non riuscirei mai ad uccidere Alexi... Picchiarlo, ridurlo in fin di vita, umiliarlo sì ... ma ucciderlo mai xD
Ok, gente è 1:24 ed è l'ultima notte che passo in Finlandia, sono triste e depressa. Ma alla fine ci tornerò in questo cazzuto paese ò_ò Ovviamente, anche perché mio zio vive qui xD ook, nulla, un grazie a tutti - sì, ancora xD - quelli che seguono e sopratutto quelli che recensiscono :)
Alla prossima
D.

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Capitolo 12
*** Män som hatar kvinnor ***


COB 12
Carry me away from my pain

Män som hatar kvinnor¹


Janika aveva passato l'ultima settimana accanto al suo chittarrista insieme a Janne, gli erano stati vicino giorno e notte e si erano presi cura di lui. Le fratture alla gamba e al braccio sarebbero guarite entro le due settimane successive mentre la ferta alla testa, meno grave, dava già ingenti segni di miglioramento. La madre della giovane aveva telefonato alla ragazza informandola che sua sorella stava migliorando e che forse sarebbe davvero andato tutto bene; La bonda fece riportare i mobili e quant'altro in Finlandia per poterli risistemare in casa sua, nonostante stesse quasi sempre in ospedale.
Mancavano pochi giorni a Natale, tutta la Finlandia sembrava essersi scossa la neve di dosso per immergersi nell'atmosfera delle lunghe festività. Dopotutto quello era il periodo più bello da vivere nelle regioni scandinave: le vetrine illuminate dei piccoli negozi che vendevano giocattoli, le numerose cioccolate calde servite nei bar, i bambini che correvano per strada ignari del pericolo di caduta causato dalle strade perennemente ghiacciate, il profumo di legno bruciato nel camino che invadeva e inebriava i sensi delle persone e ovviamente le innumerevoli tradizioni che andavano dalla Sauna in famiglia il giorno della vigilia, veniva infatti sentito molto più profondamente il ventiquattro del mese e considerato questo come Natale, alla dichiarazione di Pace che veniva letta intorno a mezzogiorno e trasmessa in televisione in tutto il paese. Lo chiamavano il Paese del Natale, per le loro strane tradizioni e per la solennità con cui veniva celebrata questa festa. Tutti, da i più piccoli ai più anziani si attivavano per colorare un mondo grigo e monotono e rendere questo giorno Il Giorno Speciale. Con gli alberi di Natale, veri abeti scelti i primi di Novembre nelle foreste vicino casa e tagliati pochi giorni prima, addobbati senza un vero criterio logico ma semplicemente con tutte le decorazioni possibili e luci a più non posso che, a uno straniero, verrebbe da chiedersi se nelle case di questo Paese abbia per caso vomitato Joulupukki. Strana tradizione è anche quella dei "Babbi Natale in affitto" da qualche anno infatti andava di moda fra gli studenti raccimolare denaro portando nelle case caramelle e regali ai più piccini e togliendo alle famiglie quello che sembrava essere l'enorme fardello di trovare una persona disposta a indossare barba e cappello rosso.  Ma Janika pensava che quest'anno non avrebbe vissuto tutto questo. Cos'era il Natale nelle loro tradizioni? Era rimanere con i propri genitori e i fratelli e godersi quell'intimità rotta nelle frenetiche settimane di lavoro dell'anno. Ma lei non aveva più ufficialmente una famiglia. Sua madre era a Stoccolma ad assistere la sorellina che si trovava in un ospedale Svedese e lei era lì, in una Helsinki troppo bianca e monotona per poter resuscitare con le luci natalizie. Ma riusciva comunque a sorridere, perchè con lei c'erano Alexi e Janne e benchè anche loro avrebbero passato le feste con le rispettive famiglie, sarebbe stata bene.
Arrivò a casa verso le dieci di sera, lei e il tastierista aevano aspettato che il giovane si addormentasse dopodichè, essendo il turno dell'altro, Janika era tornata nella sua vecchia villetta e si era seduta sulla sua poltrona ammirando la stanza. Era vuota. Non materialmente, c'era il pianoforte che troneggiava in sala dando uno stile classico all'abitazione e i mobili antichi, sua madre amava lo stile vittoriano e aveva sempre fatto di tutto perchè l'alloggio fosse arredato con gusto. Ma c'era qualcosa che sfuggiva, che mancava e che rendeva tutto così anonimo. Ed era il fatto che non ci fosse la sua famiglia, era perchè casa è un rifugio in cui tutti i problemi non esistono, un posto in cui poter stare con i propri cari, nel quale condividere tutto. Ma lei non aveva mai avuto qualcosa di simile. Suo padre se ne era andato e ora anche sua madre e sua sorella erano lontane. Aveva sempre dato per scontato il loro amore e ora le mancavano. Prese gli spartiti che erano rimasti sparsi sul tavolo della cucina e si sedette al piano, accese le candele poste sul candelabbro accanto allo strumento e spense le luci. Suonò moonlight e fantaisie-Impromptu e si fermò solo quando sentì il campanello suonare. Accese le luci e si diresse verso la porta, la aprì.
Rimase dieci minuti buoni a squadrare la persona che si trovava di fronte, incredula e indecisa sul da farsi. La figura maschile, tuttavia, sembrava più sicura di lei e la guardo ammiccando:
- Mi fai entrare? -
Era il suo ex ragazzo. L'accento norvegese gravava ancora pesantemente sulla sua pronuncia cacofonica del finnico, ma c'era qualcosa di diverso in lui. Il modo di porsi e ... i suoi vestiti. Indossava un paio di pantaloni in velluto marrone abbinati a una giacca sotto la quale si intravedeva una camicia a righe azzurro chiaro e una cravatta rosa. Continuò a fissarlo indecisa e sentendosi fuori luigo, come se non fosse in casa sua. Era sempre stata una ragazza piuttosto elegante ma negli ultimi tempi non aveva avuto molto tempo per curare il suo aspetto e ora indossava una felpa dei Cradle of Filth e un paio di jeans strappati. Gli fece cenno di entrare, chiuse la porta e si sedette accanto a lui sul divano:
- Cosa ci fai qui? -
L'altro rise, quella risata gli ricordò quando si conobbero in quinta elementare e quando gli chiese il suo nome, lui rispose " Trygve" suscitando non poco la sua ilarità. Le rispose che era tornato in Finlandia per lavoro, aveva ereditato l'azienda di suo padre e viaggiava spesso. In realtà aveva sede in Lapponia ma, visto che c'era, aveva pensato di fare un giro per Helsinki e di passare a trovare la sua ex fidanzata. Sottolineando il fatto che non si erano ma lasciati davvero. Janika era decisamente in imbarazzo, aveva più volte maledetto il nome del giovane di fianco a lei perchè l'aveva abbandonata nei momenti più difficili e ora si ripresentava totalmente diverso - che fine avevano fatto i pantaloni di pelle e le catene? - a dirle che non si erano mai lasciati:
- Scusa ma sai, ti ho detto che ero incinta e sei scappato e ora torni sbucando fuori dal cilindro? Ho una vita io, non sono qui a correre dietro a te. -
Trygve si incupì lasciando che un'ombra cupa attraversasse i suoi occhi verdi, aveva toccato un tasto dolente, come una nota stonata in un'esecuzione del Trillo del Diavolo, si gratto nervosamente la testa sulla quale un tempo ricadevano lunghi capelli neri che erano stati tagliati dandogli l'aspetto di un militare. Alzò lo sgardo e trafisse Janika con un'occhiata glaciale:
- A proposito ... come sta il bambino? -
La biondina stabuzzò gli occhi e fece un'espressione disgustata, disse di averlo perso. Nei primi mesi e quando si provano forti emozioni può capitare.  Trygve si alzò in piedi e le diede uno schiaffo, lei gli bloccò la mano e si akzò a sua volta mettendosi sulla difensiva. Il ragazzo la guardò ripugnato e alzò il tono di voce:
- TROIA! Hai ucciso mio figlio! TU NON NE AVEVI IL DIRITTO! -
Lei si tastò l tasca per controllare di avere il cellulare a portata di mano, non sarebbe stata la prima volta che quell'uomo le metteva le mani addosso. Ma stavolta non voleva essere una vittima inerme soggiogata alla tirannia di uno dei tanti uomini che odiano le donne. Indietreggiò di un passo e rispose che era lui quello che non aveva nessun diritto di ripiombare nella sua vita e che se ci teneva tanto al suo cazzo di figlio sarebbe potuto rimanere con lei e aiutarla fin da subito invece di andarsene con una delle sue cagne. L'altro le allungò un'altra sberla che lei bloccò prontamente, era impressionante come i suoi riflessi si fossero accentuati dall'ultima volta. Sentendosi impotente davanti alla prontezza di  risposte della giovane si limitò a urlarle contro che quella sua "Cagna" non avrebbe mai abortito, perchè una vita è sempre una vita. Janika fece una risata ironica:
- Tu! Mi vieni a parlare di vita! Due cose, stupido bastardo; Primo, non ho abortito volontariamente, ma è stato un aborto spontaneo, se proprio ti interessa Secondo, sì, stronzo, mi hai quasi ammazzata di botte un sacco di volte e ora vuoi ripetere la scena, e vieni a parlarmi di diritto di vivere!? Ma fammi il favore! Non sei altro che un lurido verme, un bastardo e un fottuto stupratore. Sì, Vittu. Perchè nel caso non te lo ricordassi m hai fatta ubriacare e mi hai tolto la verginità contro il mio volere, mi hai messa incinta e qualche giorno dopo te ne sei andato! E ora sei qui, con la mano tesa a picchiarmi un'altra volta. Ma quanto siamo stati insieme noi? Un mese e mezzo, forse neanche. Mi hai quasi uccisa quattro volte. Esci da questa casa e sparisci dalla mia vita. -
Il ragazzo la guardò con disprezzo come se avesse sparato un sacco di cazzate e stesse facendo un colossale errore, ma soprattutto non sopportava che una donna, una puttanella, gli rinfacciasse le sue azioni. Istintivamente le sferrò un pugno in pancia che, stavolta, non riuscì a schivare. La bionda si piegò in avanti dolorante e sputò addosso all'aggressore che, incattivito dalla sua impudenza, le sferrò un'altro colpo facendola barcollare e cadere a terra. Le diede un calcio nello stomaco facendola gemere di dolore poi la guardò, vittorioso per aver un'altra volta soggiogato la sua inerme vittima. La toccò più leggermente con la punta del piede ma facendole ugualmente male poi si voltò e mise la mano sulla maniglia della porta ma sì girò un'ultima volta per guardare gli occhi viola colmi di lacrime della ragazza:
- Sì, ora me ne vado, esco dalla tua vita. Tu sei solo una troia e non mi meriti. Tu ti meriti solo un qualche barbone. Sei un'assassina, una puttana e soppratutto una grandissima testa di cazzo. Ero venuto a offrirti un'altra opportunità insieme a me e tu, come al solito, hai rovinato tutto. Secondo quello che dici questa è la quinta volta che cerco di ammazzarti, già mio padre ha ragione. Non porto mai a termine quello che inizio e mi dispiace. Ma ho un aereo da prendere e non ho tempo per ammazzarti di botte. -
Janika fece una risata inquietante che gli provocò un forte dolore allo stomaco e mentre l'altrò richiudeva la porta gli urlò contro che non era vero che non aveva tempo, semplicemente non ne aveva le palle.

***

Il mattino dopo Janika si svegliò ancora distesa sul pavimento della sala, cercò di alzarsi ma i dolori le impedivano qualsiasi movimento. Ormai ci aveva fatto l'abitudine. Cercò il telefono e non lo trovò, doveva esserle scivolato sotto il divano quando aveva ricevuto il primo pugno, si allungò distendendo la mano per tasttare il pavimento, trovò l'oggetto e lo attrasse a sè. Janne l'aveva chiamata una decina di volte, guardò l'orario, erano le dieci e lei doveva andare in ospedale alle nove per permettere all'altro di andare a farsi una doccia mentre lei si prendeva cura di Alexi. Lo richiamò e attese la sua risposta:
- Janika stai bene? Dove sei? E' un'ora che ti chiamo! -
Cercò di parlare ma dalla sua bocca uscì solo un rantolo soffocato, Janne le disse che sarebbe arrivato a casa sua in pochi minuti come intuendo che c'era decisamente qualcosa che non andava. La ragazza chiuse la chiamata e si raggomitolò di nuovo cercando una posizione nella quale i muscoli non le sembrassero sotto una pressa e pianse. Di odio, di disperazione ma anche per liberarsi della tensione accumulata la sera prima, era stata picchiata e in un primo tempo aveva tenuto testa al suo aggressore, era stata atterrata e insultata ma era comunque riuscita ad avere l'ultima parola. Si sentiva vittoriosa, come un generale che ha conquistato un territorio impossibile che, tuttavia, ha dovuto sacrificare il suo esercito. Piangeva anche di gioia, il sapore amaro della vittoria aveva il gusto ferroso del sangue.
Si sentì rincuorata sentendo la macchina del tastierista parcheggiare davanti casa sua e ancora più al sicuro quando lo vide varcare la soglia e correrle incontro per prenderla in braccio e farla sdraiare sul divano:
-Perkele! Ma cosa ti hanno fatto? Chi .. chi vittu è stato? -
Lei cercò nuovamente di parlare ma non ci riuscì, indicò la porta come cercando di dire che era qualcuno che conosceva, Janne non capì ma era sicuro che doveva portarla in ospedale. La prese in braccio di nuovo cercando di farle meno male possibile e non chiedendosi neanche se riuscisse a camminare o meno, le caricò in macchina e attraversò la città sfrecciando fra i quartieri bene di Helsinki fino all'ospedale. In quei giorni lo stava vedendo davvero troppe volte. Entrò nel pronto soccorso e aspettò che un'infermiera gli chiese cosa fosse successo:
- Non lo so, l'ho trovata stamattina a casa sua -
La biondina annuì come a confermare la sua tesi tuttavia l'altra sembrava già essersi fatta il suo filmino mentale sul perchè un uomo vestito da metallaro dovesse portare una ragazzina dall'aria pesta in ospedale. Indicò loro una stanza dove un medico li attendeva. L'uomo era basso e non troppo magro, con un naso aquilino e una forte stempiatura tuttavia aveva l'aria cordiale e non fece domande sull'accaduto cercando di essere il più gentile possibile e di non giudicare fatti che non conosceva. Fece sdraiare Janika sul lettino e le chiese di indicare la zona che le faceva male ma, accorgendosi del suo stato di shock la fece sedere e le diede un bicchiere d'acqua. Lei bevve avidamente e sembrò riacquistare parte del suo vigore e la capacità di parlare:
- Mi ha picchiata .. no, non lui - disse indicando Janne - il mio ex ... è arrivato ieri sera, me le ha date e se n'è andato. Non è la prima volta che lo fa. -
Il medico alzò un sopracciglio e le sorrise ancora, come se il fatto non gli interessasse, voleva solo sapere cos'avesse non il per4chè. La visitò rapidamente e le diede una pomata da mettere sugli ematomi dicendole che non era nulla di grave.
Janne la prese per mano e insieme uscirono per poi dirigersi verso il reparto in cui era ricoverato Alexi:
- Ma perchè lo ha fatto? -
Janika alzò le spalle e gli spiegò l'accaduto, cinicamente come se stesse raccontando una favoletta o un pettegolezzo di inutile importanza. Il tastierista cercò di interpretare questo comportamento dicendosi che forse voleva tenere lontano l'accaduto per difendersi dalla sua emotività o forse per lei era diventata una banale routine. Le chiese perchè non l'avesse mai denunciato e l'altra rispose che sarebbe stato inutile. Lui aveva un sacco di soldi e avrebbe preso gli avvocati migliori della scandinavia i quali le avrebbero ritorto contro di tutto e di più. Era una battaglia persa in partenza, insomma. Presero l'ascensore insieme a un vecchietto in sedia a rotelle e alla sua accompagnatrice, una punk più svestita che vestita che sembrava parecchio scazzata per la situazione ma che iniziò a rinvigorirsti vedendo Janne e a troieggiare apertamente flirtando con lui che, tuttavia, riusciva ad avere occhi solo per Janika. Provò una pena ingiustificata per l'anziano inerte con un espressione rassegnata sul viso e un respiratore collegato a una bombola d'ossigeno. Era lì. Non esisteva davvero. Passava i suoi giorni ad aspettare che la morte lo prendesse e che lo portasse via da una famiglia che non aveva tempo per lui. Scesero tutti allo stesso piano ma presero direzioni diverse. Janika e Janne arrivarono in camera di Alexi che, ignaro di qualsiasi cosa, si era riaddormentato con il vassoio della colazione ancora intatto appoggiato sul comodino.
La ragazza si avvicinò a lui e gli baciò le labbra, il vocalist si scosse leggermente dal sonno e, vedendo la ragazza, sorrise. Tuttavia il suo volto cambiò in fretta espressione vedendola sofferente le chiese cosa fosse successo e i fatti gli vennero spiegati da Janne che sembrò essere più capace di provare disgusto per l'accaduto. Alexi spalancò gli occhi e si mise a sedere, ormai non gli facevano pù male le ferite, le fece spazio sul letto e lei si sedette accanto a lui. La abbracciò e la baciò come non aveva mai fatto. Poi si staccò leggermente da lei:
- Devi denunciarlo. Quel bastardo deve pagare. -
La bionda gli sorrise come per placare l'animo selvaggio di un bambino che non può capire:
- Ha un sacco di soldi, non potrei mai vincere una causa contro la sua bellissima sfilza di avvocati, probabilmente i migliori avvocati scandinavi. -
Ma il Wildchild non voleva darsi per vinto e le disse che avrebbe pagato Dio in persona per difenderla, ma i tre la presero sul ridere e scherzarono per qualche minuto chiedendosi quanto un Dio che permette queste cose accetterebbe soldi per difendere una donnina di ventitrè anni appena e che stava passando tutte le pene dell'inferno. Janika doveva essere stata uno stupratore nella sua vita precedente. Uno stupratore o un infanticida.

***
Boom boom baby! xD Allora è una settimana di Merda questa e non so quando altro aggiornerò, se uscirò viva dalla 58497548 versioni e verifiche pubblicherò un altro capitolo il prima possibile.
Nulla ne approfitto per ringraziare ancora tutti... alla prossima :)

N.D.A.: ¹= è il titolo originale di "Uomini che odiano le donne" di Stieg Larsson, è svedese e non finlandese ma, in quanto citazione, ho preferito lasciare il titolo in lingua originale :)

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