let it rain di Cla_blueB (/viewuser.php?uid=207749)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** 1 ***
Capitolo 2: *** 2 ***
Capitolo 3: *** 3 ***
Capitolo 4: *** 4 ***
Capitolo 5: *** 5 ***
Capitolo 6: *** 6 ***
Capitolo 7: *** 7 ***
Capitolo 8: *** 8 ***
Capitolo 9: *** 9 ***
Capitolo 10: *** 10 ***
Capitolo 11: *** 11 ***
Capitolo 12: *** 12 ***
Capitolo 13: *** 13 ***
Capitolo 14: *** 14 ***
Capitolo 15: *** 15 ***
Capitolo 16: *** 16 ***
Capitolo 17: *** 17 ***
Capitolo 18: *** 18 ***
Capitolo 19: *** 19 ***
Capitolo 1 *** 1 ***
Il cielo estivo e limpido di Berwick si fece tutto d'un tratto scuro e nuvoloso.
Elisa si trovava nel negozio di oggetti antichi in cui lavorava e come ogni giorno della settimana, esclusi il sabato e la domenica, stava cercando di vendere un' inutile e mal ridotta Abat-jour risalente probabilmente al neolitico a una coppia di tardoni con la puzza sotto il naso.
Jack il propietario del negozio corse alla finestra e scorse le nuvole nere cariche di pioggia offuscare completamente il sole di giugno. Non che non fossero abituati alla pioggia anche d'estate lì, anzi, ma questa sembrava una tempesta tropicale più che un temporale inglese.
Le prime gocce caddero sul vetro, e si iniziarono a sentire i primi tuoni, l'intera cittadina guardava fuori dalla finestra o correva a ripararsi dall'imminente tempesta. A un certo punto la luce saltò.
“Vado a vedere io” disse scocciata Elisa lasciando i clienti assorti a guardare fuori dalla finestra come Jack.
Elisa recuperò la torcia e si stupì nel vedere le facce così sconcertate degli altri in negozio.
Per impressionarla ci voleva ben altro che un temporale estivo, pensò. Sbuffando scese le scale dietro al bancone e andò dal contatore, la luce però non sembrava voler ritornare neanche per tutto l'oro del mondo. Innervosita diede un cazzotto all'aggeggio inutile e indietreggiò di un passo urtando uno scatolone poggiato in bilico su una pila di altri oggetti inutili. Che strano, pensò, oggette inutili, in un negozio inutile, in cui ci va solo gente inutile e scosse la testa. Ma mentre si chinava dallo scatolone per raccogliere il contenuto rovesciato, un qualcosa attirò la sua attenzione. Rovistò fra riviste antiche, orologi da taschino e spazzole rotte fino a trovare un pezzo di tessuto che avvolgeva qualcosa. Lentamente iniziò a slacciare il pezzo di tessuto tutto sfilacciato, ma in quel momento sentì dei passi e poi un tonfo provenire dalle scale. Prontamente infilò il pacchetto ancora intatto nella tasca dei jeans vecchi e ripose tutte le altre cianfrusaglie nello scatolone. Lentamente salì le scale scricchiolanti.
“Auch” urlò quando il suo piede inciampò in qualcosa. O meglio in qualcuno. Illuminò la persona per terra con un brivido di paura.
Tirò un sospiro di solievo quando vide che era solo un orso impagliato caduto forse per il vento forte che ora soffiava dalle finestre. Jack era intento a mettere apposto delle vecchie stoviglie che ora erano ancora più ammaccate di prima.
“Jack” iniziò Elisa “la luce non da segno di vita” disse rabbrividendo, ok iniziava ad ammettere che si sentiva strana. Anche gli altri sembravano provare le stesse sensazioni.
“Si è un blackout di tutta la città” disse nervosamente Jack. “dobbiamo solo aspettare.”
proprio in quel momento il lampo più luminoso che l'intera Berwick avesse mai visto, illuminò tutti i visi estremamente nervosi e spaventati delle altre persone nel negozio. In quel momento qualcosa la preoccupò improvvisamente. “Harry” mormorò tra se e se. Harry, il suo ragazzo, si trovava sperso da qualche parte della città con la sua moto a fumarsi qualche canna in un qualche campo con quegl'idioti patentati dei suoi amici. Compose il numero velocemente, ma niente, non rispondeva.
“Maledetto idiota” imprecò ad alta voce Elisa. Rifece il numero nascondendosi dietro a uno scaffale.
“Non ho mai visto nulla del genere a giugno” stava commentando una signora del negozio verso suo marito.
“questo tempo non mi piace mamma” pignucolò il bambino accanto alla donna.
In quel momento dalla finestra scorse una moto famigliare. La sua. Sapeva chi la stava guidando ma in quel momento era l'ultimo dei suoi problemi il fatto che l'avesse presa di nuovo senza permesso. Per una volta era preoccupata più per Harry. fuori si stava scagliando il diluvio universale e lui era a zonzo in moto.
Corse fuori dal negozio.
“tu brutta idiota” ululò diretta al ragazzo che si stava togliendo il casco, e dovette usare tutta la sua voce per sovrastare il rumore dei tuoni e della pioggia che batteva sull'asfalto. Erano completamente bagnati fradici. Harry si limitò a guardarla spaventato, almeno è vivo e non è scivolato sull'asfalto, pensò Elisa con un moto di solievo.
“Vieni dentro” disse lei prendendolo per la giacca di pelle.
Appena furono entrati nel negozio lei gli mollò uno schiaffo ben assestato sulla guancia. Lui non disse nulla sapeva perfettamente di essereselo meritato ampiamente.
“Scusami” balbettò lui strofinandosi la guancia.
“Scusami?!” urlò lei facendo girare tutti i presenti. “sparisci all'una di notte, con la mia moto, senza dirmi nulla, prendi i miei soldi, non ti fai sentire, non lasci neanche un fottutissimo biglietto e mi chiami solo per dirmi che hai finito la benzina e credi che adesso vieni qui bello come il sole mi dici scusa e torniamo pace e amore? Sono stufa Styles, stufa marcia di te, dei tuoi capricci, del tuo egoismo, del fatto che mi prendi la moto senza chiedermela, lasciandomi a piedi, del fatto che non fai mai nulla a casa, iniviti i tuoi amici e mi lasci i piatti da pulire, passi tutto il giorno a fumare per strada, e torni a casa solo per dormire.” aveva urlato tutte queste cose senza prendere fiato un secondo. Le pensava da troppo tempo e non aveva mai esitato a dirgliele. Ma quando continuò la sua voce si era addolcita,ora invece, pensò, stava per dire quelle cose che non gli diceva mai, ma se doveva lasciarlo almeno gli avrebbe detto tutto ciò che voleva dirgli da tre anni buoni.
“Ti amavo sai Styles, da quando avevo diciassette anni ad adesso, tre lunghissimi anni, sono davvero tanto tempo, troppo, per due come noi.” e abbassò lo sguardo. Mentre nel monologo di prima Harry si era limitato a fare sempre le stesse cose: sbuffare e sistemarsi i ricci, ora si era completamente pietrificato. Odiava quel tono. Lo usava solo quando non voleva ferire qualcuno. E ora lo stava usando con lui. Lo stava forse lasciando?
“abbiamo vissuto una bellissima storia davvero” disse lei passandosi la mano tra i capelli. Aveva pensato molto a quando lo avrebbe lasciato, ma era sempre stata convinta che non ce l'avrebbe mai fatta. Amava ancora troppo Harry, era sicura che nonostante non ce la facesse più avrebbe continuato ad accettare tutto solo perchè lo amava. Ma ora? Da dove era sbucata tutta quella forza? Da dove?
Harry non moveva un musculo. Era troppo spaventato. Sapeva di essere uno stronzo a volte con lei. Ma sapeva anche che lei non lo avrebbe mai lasciato, così come sapeva che lui l'amava sempre anche quella volta che l'aveva tradita, lui sapeva che l'unica ragazza che avesse mai amato era lei.
La loro era stata una storia bellissima, quasi da film e da bravo romanticone qual'era si aspettava che si sarebbero sposati e avrebbero avuto tanti bellissimi bambini, amandosi fino alla vecchiaia, ma a quanto pare non era così.
Lei gli sorrise in modo dolce passandogli una mano tra i ricci, non sembrava neanche lei: i suoi occhi, benchè dispiaciuti, erano forti, non erano i suoi occhi stanchi e deboli che aveva da quando aveva lasciato casa di sua nonna e aveva iniziato a lavorare pagandosi tutto da sola e faticando per otto ore al giorno in quello stupido negozio che detestava.
Era ancora più bella pensò Harry alla fine. Rinata. Quella parola comparve magicamente nella testolina di Harry. La sua ragazza era rinata di punto in bianco. Forse perchè lo stava lasciando.
“ti vorrò sempre bene Harry, sei stato il mio grande amore, ma penso sia meglio chiudere.”
Elisa si rese conto che presa com'era dal parlare con Harry non si era accorta che il cielo si era aperto, e stava lasciando spazio al sole timido e a un appena accennato arcobaleno, e la gente iniziò a uscire dal negozio. Sorrise un'ultima volta a Harry che sembrava l'avessero surgelato e gli lasciò un leggero bacio sulla guancia. Questo contatto sembrò risvegliare il ragazzo.
“m..mi stai l..lasciando” disse sussurrando con gli occhi sbarrati.
“si” rispose semplicemente lei. “si Harry, ti sto lasciando, sta sera passo a prendere le mie cose da casa tua e torno da mia nonna.” disse lei alzando le spalle.
“non farlo ti prego” riuscì a sputare fuori quelle parole abbassando lo sguardo.
Lei rimase interdetta. La stava supplicando di non lasciarlo? Lui? Harry? E lei che aveva sempre pensato fosse lei ad amarlo di più, tanto da non poter rinunciare a lui, ma si sbagliava, forse era lei più forte di lui.
“mi dispiace Harry” disse lei senza guardarlo negl'occhi e fece per andare, ma lui prontamente le afferrò il polso e la costrinse a girarsi
“non farlo, ti scongiuro, lo sai che ti amo, anche se a volte sono un vero stronzo, se ti prendo la moto, se non lavo i piatti, se ti finisco i biscotti preferiti, e se non mi ricordo mai il nostro anniversario, se mi dimentico di dare da mangiare al gatto. Scusami,ma io ti amo, ti amo, anche se non te lo dimostro sempre” Elisa aveva iniziato a piangere subito ma si ritrovò a sorridere mentre Harry elencava tutti i motivi stupidi per cui litigavano ogni giorno. Per un momento si sentì di non poterlo fare davvero, di non poter pensare di stare senza Harry, i suoi abbracci, le sue carezze, quando la chiamava piccola o la lasciava sfogare quando si arrabbiava con Jack a lavoro, ma poi si ricordò di tutti i litigi, di tutte le urla, delle porte sbattute, dei piatti volanti e si disse che non sarebbe mai cambiato nulla. Così si limitò a sorridere lentamente e a dire le ultime parole famose “mi dispiace davvero finisca così” e lo lasciò così impalato nel negozio ormai vuoto. Ora che era solo Harry poteva anche piangere. Cazzo, pensò, e fu l'ultimo pensiero articolato che la sua mente produsse quella giornata.
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Capitolo 2 *** 2 ***
Tre mesi dopo. . .
Elisa si svegliò sussultando nel letto bagnato dal suo sudore. Si tirò su e bevve un lungo sorso di acqua dal bicchiere appoggiato sul comodino. Appoggiò la testa al muro. 'Il solito incubo', pensò asciugandosi la fronte madita di sudore.
Il giorno dopo si trovava in un bar con la sua amica Giselle.
“Ti rendi” stava dicendo mentre mangiava una brioche “faccio lo stesso incubo da esattamente tre mesi e due giorni e non mi ricordo mai cosa sogno, mai.” disse finendo in un morso la brioche.
“tre mesi..” disse curiosa l'amica.
“si so cosa stai pensando, dalla sera in cui ho lasciato Harry, ma no, sono sicura al trecento per cento che non abbia nulla a che vedere con Harry. È come se ci fosse un dettaglio di quel giorno che mi devo essere scordata.” disse guardando fuori dalla finestra.
“il temporale?” tirò ad indovinare Giselle finendo in un sorso il suo cappuccino.
“Non lo so, forse”rispose Elisa ancora assorta nei suoi pensieri. “vabbè è tardi” esclamò facendo sobbalzare l'amica “è meglio che vada o Jack mi licenzia” disse sorridendo “Oddio non che non mi dispiacerebbe smettere di lavorare in quel negozio pieno di polvere con quel maniaco” disse alzandosi.
“ma dove lo ritrovo un lavoro così comodo?” continuò infilandosi la giacca di pelle, ma Giselle ormai non la stava più ascoltando, era concentrata su un qualcosa fuori dal bar. Elisa seguì il suo sguardo fino ad incontrare quello di uno sconosciuto dall'altro lato della strada. Le stava fissando, anzi, per l'esattezza, stava fissando la sua amica che sembrava completamente incantata da quegl'occhi. Ma Elisa non fece in tempo a guardarlo per bene che lui voltò il suo sguardo sopra di lei incatenadogli occhi verdi della ragazza nei suoi scuri e poi dopo neanche un secondo il contatto visivo fu interrotto da un autobus che passò proprio lì davanti, ma quando passò oltre del ragazzo non c'era più traccia.
“e quello... chi... diavolo.. era?” disse ancora a bocca aperta e impalata l'amica.
“non ne ho idea” scosse la testa Elisa con ancora lo sguardo fisso sul punto dove fino a un secondo prima si trovava il ragazzo misterioso.
“bè una cosa è sicura, era un figo della madonna” aggiunse Giselle.
“io ho notato più il fatto che fosse un tantino inquietante” concluse Elisa.
Elisa toccò per l'ennesima volta l'anello che portava all' anulare sinistro quando fu interrotta da una voce che catturò la sua attenzione. Era angelica ma allo stesso tempo ammaliante come poche.
Quando alzò lo sguardo incontrò due occhi color ghiaccio che la fissavano.
“mi scusi” ripetè il ragazzo fissando la ragazza mora davanti a se.
Era alta, quanto lui, sul metro e settantacinque, mora, con i capelli fino alle spalle voluminosi lisci e gli occhi verde scuro.
Sembrava un modella, pensò tra se e se il ragazzo.
Lei si riprese un secondo. “mi dica” l'unica cosa che Elisa si ricordava del lavoro era che doveva dare del 'lei' ai clienti, per il resto improvvisava sempre, e il fatto di essere una brava attrice aiutava in quel lavoro. 'questa lampada era di Napoleone e questa cornice di Marie Antoinette' certo e questo scopettone del cesso era di Marilyn Monroe, ma tanto i clienti se le bevevano tutte e sborsavano soldi per delle schifezze complete, e questo solo per avere il brivido di possedere qualcosa che era stato di un personaggio famoso, fosse anche Hitler e un rotolo di carta igenica.
“eh si.. allora ecco..io starei cercando un divano per casa mia” disse il ragazzo diventando rosso come un peperone in viso.
“c-certo” anche lei iniziava ad imbarazzarsi senza sapere perchè, lo sguardo di lui non potè non cadere sull'anello che la ragazza indossava sulle dite lunghe e sottili e che non sembrava non voler lasciare in pace.
Mentre giravano nel negozio in cerca di qualcosa che potesse interessare il ragazzo, lui trovò il coraggio di presentarsi.
“Comunque io sono Niall, Niall Horan” disse tutto d'un fiato. Elisa sorrise.
“Elisa” disse lei porgendogli la mano che lui strinse debolmente.
“Allora Niall, che tipo di divano vorresti?” e battè le mani, forse troppo forte perchè Niall sobbalzò leggermente.
“Bè vedi, non so, dimmi tu, io mi sono tresferito qui solo un paio di settimane fa e ho preso questa casetta, solo che ecco il divano consiste più o meno in un materasso rotto quindi..” e scoppiò a ridere seguito da Elisa. “solo che ecco non posso spendere troppo diciamo...” finì la frase al quanto imbarazzato, chissà perchè, in fondo era normale che un ragazzo così giovane non avesse troppi soldi da spendere.
“allora da quello che ho capito puntiamo al risparmio giusto?” concluse sorridendo Elisa cercando di alleggerire la situazione di imbarazzo totale che fluttuava nella stanza.
“Esatto” annuì lui contento che lei non insistesse nel sapere perchè.
“Allora ti direi questo qui- e indicò un divano in pelle marrone- a occhio e croce ha visto tutte e due le guerre mondiali e forse pure le campagne napoleoniche ma ci hanno detto che è degli anni settanta, noi non abbiamo indagato, fatto sta che puzza come un cane morto, la pelle ce l'hanno fatta passare per sintetica e anti allergenica, secondo me è pelle umana ma vabbè... è scolorito da far schifo e se ci appoggi la faccia rimani intossicato dall'odore di dopobarba, liquore alla liquirizia e tabacco. Cigola più di una porta rotta ed è duro come una tavola da surf. Detto questo costa la bellezza di 15 sterline, prezzo con il quale a stento ci compreresti un cuscino, quindi dimmi tu.” finì Elisa sorridendo.
“Bene, mi hai convinto, soprattutto con la storia della pelle umana” disse Niall sorridendo.
“Non stavo scherzando comunque” disse improvvisamente seria fissando negl'occhi Niall, che tramutò il suo sorriso in una smorfia involontaria di paura, lei continuò a fissarlo con aria truce qualche altro secondo prima di scoppiare a ridere. Non ci poteva credere, c'era cascato in pieno ahaha, era davvero convincente, pensò che poteva benissimo vincere l'oscar uno di quei giorni.
“Stronza” commmentò lui passandosi una mano sul cuore.
“Come scusa?” chiese lei picata ritornando estremamente seria, stava iniziando a prenderci la mano in questo suo convincere le persone.
“Eh? Niente niente..” disse Niall davvero mortificato abbassando lo sguardo fino a fissarsi i lacci delle all stars che portava ai piedi.
“sbaglio o mi hai appena chiamato stronza?” disse lei incrociando le mani al petto e alzando un sopracciglio con aria di sfida.
“Io? No non mi sarei mai permesso!” rise in modo nervoso e imbarazzato Niall, 'perchè non stava mai zitto?' pensò tra se e se.
“Devi farti perdonare sai..” disse lei seria fissandolo negl'occhi.
“Che ne direbbe signorina di una serata sul mio nuovissimo e bellissimo divano.” e si inchinò un poco.
“Mmmh..non mi tentare” ghignò lei e anche lui rise sollevato. Poi lei in tutta sorpresa allungò la mano e afferrò il braccio del ragazzo e tirò fuori una penna dalla tasca posteriore del jeans e gli scrisse sul braccio una serie di numeri.
“Ora, mio caro, vado a servire quei clienti, se vuoi chiamami” e ammiccò al suo braccio poi si girò e sparì dietro a uno scaffale di vecchie macchine fotografiche.
Elisa sorrise tra se e se mentre si avvicinava alla coppia appena entrata nel negozio e si sentiva fottutamente bene, sicura di se stessa, erano più di tre anni che non flirtava con qualcuno che non fosse Harry.
“posso esservi utile?” sorrise ai due clienti, e mentre questi le rispondevano qualcosa che a Elisa non interessava minimamente, notò Niall uscire dal negozio con aria circospetta e entrare in una macchinona nera con i vetri oscurati che schizzò via subito. Ma Niall non era entrato dal lato del guidatore, pensò Elisa.
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Capitolo 3 *** 3 ***
Ma Niall non era entrato dal lato del guidatore, pensò Elisa.
Voleva dire che qualcuno lo stava aspettando fuori dal negozio, pronto a sfrecciare via, in un enorme fuoristrada nero con i vetri oscurati e che aveva tutto l'impressione di essere di qualcuno che non voleva farsi vedere troppo. Una macchina anche decisamente troppo costosa per uno che non può permettersi un divano da più di 15£.
Basta, di disse Elisa, cosa credi che sia Niall Bond in missione segreta in questa sfigatissima cittadina di si o no 15 mila abitanti con due cinema in croce e una sola piscina?
'Non essere ridicola, stai iniziando a essere paranoica', pensò, colpa di quegl'incubi idioti e senza senso.
Niall entrò nella macchina del moro che partì all'istante.
“Allora?” disse il moro guardando l'amico seduto di fianco massaggiarsi nervosamente le mani.
“Non mi piace questa faccenda Zayn” disse piano Niall tenendo la testa bassa, non voleva fare la parte del bimbo codardo.
“Cosa?” chiese sorpreso e innervosito l'amico.
“Non sappiamo a cosa stiamo giocando Zayn, è una cosa troppo più grande di noi. Sento che si metterà male, molto male.” disse Niall che alla fine ebbe il coraggio di guardare negl' occhi l'amico che per tutta risposta inchiodò la macchina al centro della strada, meno male che era deserta.
“Non dire queste stronzate Niall, ti scongiuro, ora che siamo così vicini a finire tutto. Non dire neanche per scherzo queste cose” disse serio.
“credi di essere vicino a finire questa storia? Oh no Zayn, no, io so solo una cosa, una sola, ed è che siamo solo all'inizio di questa storia, non capisci?”
Zayn appoggiò la testa stanca al sedile. Niall approfittò della momentanea debolezza dall'amico per continuare.
“so che anche tu sei stanco di tutta sta storia. Oggettivamente non sappiamo neanche cosa stiamo facendo” continuò Niall che aveva finalmente trovato il coraggio di dire tutto quello che pensava all'amico “non sappiamo cosa.. cosa..Lui- e abbassò lo sguardo colpevole- voglia fare con quelle cose e con l..” ma Zayn non gli fece finire il discorso.
“Dobbiamo rischiare,ok?” urlò lui “la posta in gioco è alta”
“Non c'è più posta in gioco Zayn” disse triste Niall. Zayn si rifiutava di credere ciò. E tirò un pugno al volante.
“Cazzo” urlò mentre ne sferrava un altro e un altro e un altro, le lacrime di rabbia scesero silenziose. “Cazzo” urlò un' ultima volta prendendosi la testa nelle mani. Anche Niall aveva le lacrime agl'occhi.
“Ok Zayn, noi ci proveremo ok. Non so come andrà a finire, ma hai ragione tu, in fondo scappare non avrebbe senso,no?” disse Niall guardando fuori dal finestrino mentre l'amico al suo fianco si calmava.
“La ragazza è carina” disse Zayn una volta che si fu calmato del tutto. Niall voltò la testa lentamente. “no Zayn è proprio gnocca” e rise insieme all'amico.
Elisa entrò nella lavanderia.
“Salve signora Reid” disse sorridendo alla donna al bancone, questa alzò lo sguardo e vide la ragazza.
“Elisa! Ciao” sorrise, Elisa ricambiò il sorriso.
“Salve sono pronti quei vestiti che ho portato due settimane fa?” chiese timida, non voleva metterle fretta ma le servivano alcune di quelle cose.
“si certo” sorrise gentile la signora Reid, tornò un secondo dopo con un pacco di vestiti in mano “allora tesoro” iniziò “questa maglia è tornata come nuova, ma ricordati du non lavare mai le cose colorate bianche insieme, sopratutto il blu con il rosso e il bianco!” Elisa si sentiva una stupida a sentirsi ripetere per la trecentesima volta quelle cose dalla signora Reid, “il cappotto è apposto, e questi jeans, so che sono i tuoi preferiti e ho fatto di tutto per togliere quelle brutte macchie dalle ginocchia” gli occhi di Elisa si illuminarono. Oh, finalmente i suoi jeans, pensò. Sorrise grata alla donna. “Non so come farei senza di lei signora Reid” esclamò abbracciandola da dietro al bancone.
“oh ma Elisa non ti preoccupare” Elisa allungò la banconota da venti sul tavolo. “ti prego tieni la mancia, per la tua pazienza a spiegarmi le stesse cose mille volte.”
“Sei un angelo tesoro, come sta tua nonna?” chiese preoccupata la signora Reid,
Elisa si rabbuiò un po' “oh è alla clinica St. John, almeno la trattano come si deve lì e ha un po' di compagnia” disse triste, si sentiva in colpa per aver lasciato la donna che si era presa cura di lei da sempre in una casa di riposo, ma sperava che stesse meglio lì che a casa.
La signora Reid si accorse dello stato d'animo della ragazza e si affrettò a consolarla “non te ne fare una colpa, sono sicura che tua nonna sta benissimo lì, è sempre stata una donna attiva, sono sicura avrà creato una squadra di calcio anche nella casa di riposo”
Elisa non potè non fare a meno di ridere “è vero” disse “mia nonna è una spece di coniglietto dell' Energizer pure a ottant'anni suonati” e sorrise.
“Bè in ogni caso porgile i miei saluti appena la vedi” concluse la signora Reid, “certo” rispose Elisa e si girò per andare “arrivederci” sorrise un'ultima volta, ma prima che potesse chiudersi la porta dietro la signora Reid la richiamò “aspetta, aspetta. Quasi dimenticavo, tieni- e le porse un sacchettino di tessuto- era nella tasca dei jeans, stavo per lavarlo” e sorrise. Elisa si rigirò il pacchetto tra le mani curiosa. “grazie” borbottò e uscì dal negozio.
'Dove aveva già visto quel pacchetto?' si chiese. Ah giusto! Le tornò alla memoria il temporale di giugno, lo aveva trovato nel magazzino, si battè una mano sulla fronte. Con tutto il trambusto della rottura con Harry e del trasloco si era completamente dimenticata di quel pacchetto. Tornata a casa lo avrebbe aperto si disse. Salì sulla moto e partì. Inizò a guidare nel buio della serata. Cominciava a fare freddino davvero pensò. Una volta a casa, spense la moto ed entrò in casa. Era vuota, buia, silenziosa senza la nonna che smanettava in cucina o puliva il giardino. Accese una luce del soggiorno, buttò la borsa per terra e si accese una sigaretta mentre si sedeva su una sedia del tavolo da pranzo. Tirò fuori il sacchettino, chissà perchè aveva paura di aprilo.
“Non essere sciocca” esclamò ad alta voce “è solo un pacchetto, di che hai paura?” eppure aveva davvero paura senza saperne il motivo, era più che altro una sensazione, pensò.
Si, stava diventando eccessivamente paranoica. Iniziò a scartare il pacchetto ma qualcosa la fece sobbalzare. La finestra si era improvvisamente aperta lasciando entrare un vento gelido di settembre. “cazzo” esclamò dalla paura e andò a chiuderla, in quel momento il cellulare iniziò a vibrare dalla borsa.
“Pronto” rispose in un soffio.
“Pr...pr..pron..” ok iniziava decisamente male questa conversazione.
“Pronto?? chi è?” disse quasi urlando, ok sembrava un film horror, pensò.
“Elisa, so..sono Niall, ti ricordi, l'altro ieri, il divano, mi ..mi devo fare perdonare” balbettava? seriamente..?
“Niall” esclamò estremamente sollevata. Sollevata per due motivi: 1)non era un pazzo stupratore killer da film stile scream che la chiamava prima di farla a pezzettini e metterla nel freezer. 2)in quei due giorni aveva seriamente pensato che a Niall potesse non piacere e che non l'avrebbe mai chiamata.
“Allora..?” Niall era un po' agitato, non sapeva da quanto tempo non chiamava qualcuna per un appuntamento e poi lei non era una così a caso.
“Si..si certo” disse lei dall'altra parte della cornetta.
“Quando saresti libera?” disse Niall un po' più rilassato.
“anche sta sera” disse Elisa forse un po' troppo di fretta, non voleva sembrare disperata in fondo.
“Oh” Niall era sorpreso, pensava fosse una ragazza super impegnata e che aveva mille ragazzi con cui uscire, ma magari era anche così e semplicemente adesso aveva un buco di mezz'ora per lui, ma qualcosa nella voce della ragazza gli fece credere che anche lei non è che avesse tutta questa esperienza in appuntamenti, un po' come lui.
“vengo io da te” soffiò lei preoccupata dal silenzio di lui.
“Si certo” disse Niall.
“ok arrivo” e stava per riattaccare.
“aspetta” disse lui prima che lei gli schiaffasse il telefono in faccia “non è che ti serve l'indirizzo magari?”
“oh si certo... che stupida... certo l'indirizzo.” si battè una mano sulla fronte. che figura da scema.
“Crohaven rd. 3” disse Niall.
“Ok peeeerfetto arrivo presto” disse lei e chiuse la conversazione con uno scatto. Elisa lentamente si girò verso il pacchetto ancora appoggiato sulla tavola. E con un solo gesto lo afferrò e lo infilò nella tasca della giacca di pelle. |
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Capitolo 4 *** 4 ***
Elisa era al 87% sicura
di aver bevuto troppo, ma la cosa la toccava molto, molto poco.
L'unico problema era tornare a casa in moto in quello stato, ma poco
le importava comunque.
“Allora fammi
riassumere” stava dicendo Niall, anche lui decisamente brillo
“sei stata prima con Chris tre anni poi ti ha lasciato e tu hai
sposato Billie?” disse muovendo il dito scandendo le fasi del
discorso, Elisa scoppiò a ridere “Nooo! Allora io sono
stata con Chris, e poi l'ho lasciato per Harry e sono stata tre anni
con Harry!” disse lei per l'ennesima volta.
“e Billie?”
chiese lui leggermente perplesso.
“Billie era il
gatto di Harry Niall!!” urlò Elisa alzando le mani al
cielo. Si versarono l'ennesimo bicchiere di vino.
“e tu Niall?”
disse Elisa appoggiando la schiena completamente allo schienale della
sedia.
“io cosa?”
rispose Niall
“Amori
adolescienziali?”
“Oh solo cose da
nulla”
“Oh andiamo a chi
vuoi darla a bere ci sarà stata qualche ragazza che ti ha
preso il cuore almeno una volta nella vita”
nonostante i litri di
Peignot Font che si era scolata in due ore, Elisa riuscì a
scogliere un bagliore negl'occhi del biondino per un secondo.
“Oh bè,
primi amori come Pamela Henderson e Carmen Elettra non li togli a
nessuno” commentò sorridendo, sembrava meno allegro
però, Elisa si sforzò di ridere per cercare di non far
scivolare la conversazione nel rimpianto di amori perduti e cuori
infranti. Fortunatamente Niall sembrava pensarla allo stesso modo.
“vieni” disse Niall alzandosi spaparanzandosi sul divano
di pelle comprato nel negozio.
“e questo quando
l'hai comprato?” chiese Elisa che stava in piedi a fatica su
quei tacconi che si era messa indicando l'orribile divano in pelle
che non centrava nulla col resto del soggiorno, non so perchè
ma il resto della casa sembrava anzi, ben arredata. Bah.
“sta mattina, ma
tu non c'eri” disse Niall alzando le spalle.
“si ho preso un
permesso” disse sedendosi con poca grazia sul divano accanto al
biondo.
“Come mai?”
chiese lui curioso.
“Avevo delle cose
da sbrigare” Niall lasciò cadere il discorso, si girò
ed accese lo stereo posizionato vicino al divano. La stazione radio
stava dando una canzone molto estiva di sean paul e qualcun'altro.
“Wine it up”
urlò Elisa scattando in piedi e nonstante i dodici centrimetri
di tacco iniziò a ballare la canzone come una pazza. Niall dal
divano si gustava le kilometriche gambe di Elisa e il suo
fondoschiena che muoveva come una pazza. Si stava divertendo un
mucchio, decisamente, e Niall era contento di questo. Poi Elisa si
girò, gli afferrò le mani e lo costrinse ad alzarsi e
si sfilò i tronchetti che le impedivano di saltare. Elisa
allacciò le mani dietro al collo di Niall. Erano alti quasi
uguali, anzi uguali, notò con un certo sconforto Niall. Elisa
sembrava non persarci, neanche al fatto che erano così vicini,
proprio in quel momento la canzone finì, e partì quella
che doveva essere l'ultima canzone dei Coldplay e Rihanna a giudicare
dalle voci. Niall e Elisa continuarono a dondolare a tempo sulla
tappeto. La testa girava ad entrambi e tutto d'un tratto Elisa iniziò
a cantare con gli occhi chiusi lasciando la testa indietro. Niall la
prese per i fianchi e poi le fece fare una piroette e per poco non
cascarono sul divano, scoppiarono a ridere, erano decisamente troppo
brilli per ballare. Niall cercò di riprenderla per la vita ma
proprio in quel momento Elisa si girò e finirono per far
scontrare i petti cadendo sul tappeto rovinosamente.
Dio grazie al Peignot
Rot, pensò Elisa. Era un cosa imbarazzante. E come se la cosa
non bastasse quegli stronzi della radio fecero partire Life for rent,
la canzone più romantica dopo my heart will go on. 'La
simpatia e il tempismo' pensò.
A Niall non dispiaceva
affatto essere stramazzato al suolo se sopra aveva una come Elisa.
Che fra l'altro non dava accenni a volersi muovere.
“so di essere
comodo” disse Niall in un sussurrò a un centrimetro
dalle labra di Elisa.
Dio di nuovo grazie per
il Peignot Rot, disse di nuovo Elisa a se stessa.
“Ma i tuoi occhi
sono così belli perchè sono sbronza o sono così
e basta?” chiese imbambolandosi facendo finta di non aver
sentito il commento di Niall.
“Credo che sia
per il Peignot Rot” disse lui sorridendo.
“già lo
sospettavo” disse Elisa “quindi adesso se ti bacio sarà
per il Peignot?” chiese fissando le labbra del ragazzo.
“Spero proprio di
no” rispose semplicemente lui prima di baciarla. Shiver,
Natalie Imbruglia. Qualcuno lassù o alla radio ce l'aveva con
loro, pensarono entrambi mentre Niall prendeva in braccio Elisa
portandola verso le scale. Si rivelò un' impresa tutt'altro
che facile, caddero quelle sei volte buone prima di raggiungere un
letto.
Elisa si sdraiò
sul letto, Niall si spalmò sopra appongiandosi con i gomiti al
materasso per non pesarla e mentre le baciava il collo in modo
dannatamente dolce lei alzò gli occhi e notò una foto
su una mensola, era Niall un pelo più giovane abbracciato a un
ragazzo con la carnagione scura e gli occhi scuri che aveva già
visto da qualche parte e nella foto c'era una terza persona che però
non poteva vedere per colpa di un libro poggiato proprio davanti alla
foto. Ma non aveva senso pensarci adesso quindi si lasciò
trasportare dai baci di Niall e chiuse gli occhi.
'Harry' pensò
un'ultima volta.
Zayn era fuori per
strada dentro la sua macchina. Era il secondo pacchetto che fumava in
un'ora. Che diavolo stava facendo Niall, la moto della ragazza era
ancora lì e lui era ancora dentro con lei. Sperava solo non
stessero facendo quello che lui pensava.
Aveva bisogno di
parlare con Niall. Doveva drigli che non ce l'aveva fatta, non
l'aveva trovato.
E ora erano nella
merda, e Niall pensava bene di passare la serata a fare sesso con
quella ragazzina.
Dio che rabbia, perchè
il suo amico non capiva. Perchè?
'Al diavolo' pensò.
Non sarebbe stato neanche un secondo di più lì. Erano
le due passate che diamine.
Entrò in casa e
notò due bottiglie di vino sulla tavola, Zayn ne prese una e
lesse “peignot rot”
e scosse la testa,
nonostante non volesse farlo salì le scale silenziosamente.
Giunto alla camera di Niall aprì lentamente la porta. Non
sentiva rumori sospetti, forse non erano lì.
Una volta che ebbe
aperto del tutto la porta la luce del corridoio investi le due figure
sdraiate sul letto.
Erano nudi, com'era
prevedibile, quello che non era prevedibile era la posizione. Stavano
dormendo. Niall stringeva Elisa che a sua volta lo abbracciava nel
sonno. Avevano un sorriso sulle labbra. Erano dolci pensò
Zayn. Se solo non fosse stato incazzato nero e spaventato allo stesso
tempo probabilmente avrebbe provato gelosia o tenerezza.
E mentre restava lì
impalato Niall disturbato dalla luce aprì lentamente un
occhio.
“Zayn?”
mormorò stupito con la voce ancora impastata dal sonno e dal
Peignot Rot.
Zayn alzò le
braccia al cielo infuriato.
“Cazzo”
mormorò in tutta risposta Niall, e ora cosa doveva fare?
Svegliarla e dirle di andare a casa? Non ne avrebbe avuto le palle.
Ma avrebbe dovuto, diavolo, fra pochissimo Lui sarebbe stato lì,
e doveva parlare bene con Zayn. Doveva sapere se ci era riuscito,
così avrebbe potuto finire quella maledetta storia e magari
riniziare una vita normale. Magari con lei. Ma non voleva illudersi.
“Allora..?!”
sussurrò impaziente Zayn indicando la ragazza sdraiata sul
letto.
A giudicare dal suo
viso non era andata bene. Ok pensò Niall. Sono una merda ma lo
devo fare.
“hey... hey”
Elisa sentiva qualcuno chiamarla e scuoterla appena. Per tutta
risposta lei affondò ancora di più la testa nel
cuscino. “Elisa” era un voce maschile. Maschile. Harry?
No non era la voce roca di Harry. Ma se non era Harry chi era? Era
una voce angelica e sensuale.
Niall. Ma che cazz...
una fitta improvvisa alla testa le fece ricordare tutto. Cazzo. Non
era stato un sogno. Aprì un occhio e vide solo buio. Che
diavolo di ore erano.
Niall era lì in
piedi vicino a lei in boxer. La stava scuotendo. Lei si tirò
sue lanciò un'occhiata truce all'orologio sul comodino. Le tre
meno un quarto. Ma che diavolo...? Perchè l'aveva svegliata?!
“Niall”
disse. Oddio che voce aveva? Sembrava una che si era scolata un litro
di vino, aveva cantato come una pazza e che ora veniva svegliata alle
tre del mattino dal ragazzo con cui era appena andata a letto.
Ops, ma era proprio
così.
“che diavolo vuoi
Niall” riprese. Lui sembrò prendere un respiro prima di
parlare “scusami baby” baby? Come l'aveva chiamata?
Chi credeva di essere Al Pacino? “scusa ma dovresti andare?”
ahaha. Molto divertente
Al. Stava per ridere in effetti, ma qualcosa la bloccò.
Per la precisione fu la
sensazione che quel maledetto biondino fosse serio a bloccare la
risata di Elisa.
“Bene”
disse lei fredda come un pezzo di ice berg dopo un secondo di
esitazione.
Uomini. Tutti stronzi.
Aveva ragione sua madre.
Senza farselo ripetere
due volte e senza guardarlo negl'occhi, si alzò dal letto e
iniziò a raccattare la sua roba sparsa sul pavimento della
camera.
Niall avrebbe voluto
dire qualcosa tipo 'davvero non vorrei, vorrei continuare a
stringerti tutta la notte, ma vedi ho un uomo che mi ricatta che deve
venire qui e probabilmente il motivo per cui mi ricatta sei tu,
quindi sai, non sarebbe bello se ti trovasse nuda nel mio letto' ; ma
pensò che probabilmente avrebbe peggiorato ulteriormente la
situazione, sempre se era possibile.
Era furiosa. E certo
che era fuoriosa. Era una ragazzina di vent'anni che dopo essere
stata chiamata alle nove si era presentata a casa sua alle dieci e
che a mezzanotte era finita a letto con uno che conosceva appena per
poi essere svegliata e cacciata di casa alle tre. Bè direi che
anche Niall si sarebbe sentito leggermente infastidito se fosse
successo a lui.
Con un ultimo gesto
secco si infilò i pantaloni. E al diavolo pensò Niall.
Ho appena cacciato la più bella ragazza che sia mai venuta a
letto con me, fottendomi completamente ogni probabilità di
rivederla senza che mi sputi in un occhio.
In men che non si dica
Elisa era perfettamente vestita ed era uscita da quella
maledettissima stanza, era uscita da quella maledettissima casa, era
salita su quella maledettissima moto e aveva iniziato a piangere come
un bambina.
“Spero tu abbia
un buon motivo per avermi fatto cacciare la più bella ragazza
che io fossi riuscito a portarmi a letto in meno di 48 ore”
disse Niall abbandonandosi sulla poltrona del salotto.
“Non c'era”
disse Zayn che intanto passeggiava nervoso per la stanza passandosi
una mano tra i capelli nero corvino.
“come no?”
disse Niall tirandosi su di scatto. Ora erano nella cacca davvero.
“no!” urlò
Zayn “non c'era nulla, ho cercato avunque. Sei sicuro ce
l'avesse lei?” disse Zayn
“Lo sai bene come
me quello che ci ha detto” esclamò Niall “è
qui, da qualche parte. Non sono sicuro ce l'abbia lei, ma di sicuro
lei è un buon punto da dove iniziare.”
“certo che se
sapessimo di più, diavolo!”
Niall stette in
silenzio quando all'improvviso il campanello suonò. I ragazzi
si guardarono. Poi Zayn prese un bel respiro e aprì la porta.
“Salve ragazzi”
disse una voce ben nota.
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Capitolo 5 *** 5 ***
capitolo
5°
“Salve
Louis”
disse Zayn, Niall si limitò ad accennare un movimento con la
testa restando seduto sulla poltrona.
“posso..?”
chiese Louis sempre educatamente.
“s-si
certo” disse Zayn facendosi da parte e lasciando che il ragazzo
entrasse guardandosi intorno. “Adorabile” commentò
Louis ammirando la stanza. Zayn non si era mai capacitato di come
potesse Louis con un viso così angelico, essere così
malefico. Tutto in lui sembrava urlare bellezza e simpatia.
Ecco
la sua arma più potente.
Louis
si avvicinò al tavolo prendendo in mano una delle bottiglie
vuote di Peignot Rot seminate sul tavolo.
“Qualcuno
si è divertito qui, eh” commentò sarcastico
“spero che queste bottiglie siano servite a festeggiare il
vostro successo nel piccolo incarico che vi ho dato da svolgere.”
Zayn
avrebbe voluto rispondere con qualcosa di diplomatico ma Niall lo
anticipò.
“No
Louis, ci abbiamo provato, ma non abbiamo trovato quello che cerchi,
perchè non sappiamo quello che cerchi e da chi lo cerchi. Come
pensi che avremmo potuto trovare qualcosa che non sappiamo cosa
diamine sia o dove diamine cercarlo?” disse Niall. Louis rimase
immobile per una decina di secondi prima di afferrare la bottiglia di
vino in una presa d' acciaio e mandandola in frantumi senza batter
ciglio.
Niall
si pentì di quello che aveva appena detto.
“Louis..”
incominciò bonario Zayn cercando di riparare il casino che
aveva appena combinato quello stupido dell'amico. Ma un improvvisa
raffica di vento lo interruppe, tutte le finestre si erano aperte e
un vento gelido aveva iniziato a soffiare per il salotto.
“dovevate
solo trovare un negozio di antiquariato e cerchare un pezzo di stoffa
contente una cosa preziosa” disse a denti stretti facendo
lampeggiare gli occhi verdiazzurri.
“L'hai
controllato con noi pochi giorni fa quel negozio Louis” disse
Zayn sovrastando il rumore del vento che ero stava facendo cadere gli
oggetti sparsi per il salotto.
“La
ragazza, ce l'ha lei..” ruggì Louis.
“Quale
ragazza!?” esclamò Niall levando le braccia in alto.
“Quante
ragazze lavorano in quel maledettissimo negozio?!” tuonò
Louis e il vento aumentò.
“Hai
ragione. hai ragione!” disse Zayn cercando di calmarlo “ma
ho cercato personalmente nella casa di quella ragazza sta notte e non
ho trovato nessun pacco!” urlò e il vento si placò
riducendosi a una leggera brezza fresca. “e non ho trovato
nessun pacco o pacchettino di stoffa, nessuno, neanche l'ombra!”
esclamò Zayn con il fiatone.
“Devi
dirci di più se vuoi che ti aiutiamo per bene Louis”
disse Niall ormai stremato, cercando di farlo ragionare.
Louis
si era calmato sì, ma bastava poco per farlo irritare di nuovo
e ora era lì in silenzio a scrutare le figure di quei due
ragazzi sciocchi in piedi davanti a lui.
Non
sapeva se fidarsi di quei due bambinoni ma di certo non poteva fare
tutto da solo. Gli avrebbe detto parte della verità, parte,
non poteva rischiare di dirgli tutto.
“sedetevi”
disse Louis e i ragazzi si sedettero. Louis invece si avvicino al
cammino e lo fissò, in quel momento un fuoco rosso scuro si
accese dal nulla riscaldando tutta la stanza.
Non
era la prima volta che Niall e Zayn lo vedevano usare i suoi poteri
ma continuavano a essere terribilmente sconcertati e affascinati
tutte le volte che Louis faceva qualche cosa del genere.
Louis
si accomodò sul divano con una smorfia. “puzza”
decretò guardando l'osceno sofà in pelle. Niall rispose
con un'alzata di spalle.
“dicevamo-
riprese Louis mettendosi comodo- come voi sapete ho dei poteri.”
e lasciò un occhiata significativa ai ragazzi “molti
poteri: so dare fuoco ad oggetti solo guardandoli, posso scatenare
uragani, posso sollevare oggetti senza toccarli, posso controllare
gli uccelli e le fiamme. Ma non posso fare tutto, non ho ancora il
controllo di tutti e quattro gli elementi. Una volta che li avrò
tutti sarò immortale, e i miei poteri saranno illimitati. Per
me e per coloro che mi hanno aiutato”
A
questo punto i ragazzi si guardarono. Zayn annuì per dirgli di
andare avanti.
“Per
farvela breve, Il potere era un tempo racchiuso in un' unica pietra,
era una pietra su cui i druidi, o stregoni o come voi li vogliate
chiamare, avevano racchiuso tutta la magia. Sapete non è
facile risalire a cosa accadde circa tremila anni fa, quindi non so
molto su cosa successe esattamente col tempo. Ma le cose che so ora e
di cui sono certo sono due. Primo: il potere non è più
racchiuso in quella pietra, perchè quella non esiste
praticamente più, e qui scatta il punto secondo: di quella
pietra si sono salvati solo frammenti, e questi racchiudono i diversi
poteri e i diversi elementi anche se non completi. Il fuoco- e un
anello argento con una pietra scura incastonata, brillò sul
dito di Louis- e l'aria” Louis alzò il braccio facendo
ammirare ai due ragazzi un braccialetto con una pietra come ciondolo
uguale all'anello. Zayn ebbe l'impressione che però fossero i
riflessi a cambiare in quelle due pietre identiche.
Louis
finito il monologo si alzò e prese a passeggiare per la
stanza.
“E
qui entrate in gioco voi.” disse indicandoli.
Niall
e Zayn si guardarono. Non erano sicuri di quello che intendesse
Louis, non sapeva come poterlo aiutare. Louis notò i loro
sguardi e li anticipò.
“trentanni
fa mio padre trovò qui l'anello, ma lo perse come un idiota, e
ora io ho trovato nello stesso posto la collana. Peccato che io non
possa prenderli con la magia, e la questione è, ecco,
complicata, non è facile da spiegare”
“la
collana e l'anello sono dentro quel pacco, non è così?”
chiese Zayn.
“Spero
proprio di si” disse Louis lasciando trasparire per la prima
volta un po' di preoccupazione alzandosi dal divano .
“chi
potrebbe averlo oltre quella ragazza che lavora lì?”
chiese Niall.
“Non
lo so, chiunque immagino” disse Louis continuando a passeggiare
davanti al camino.
“Magari
l'uomo che lavora al negozio si ricorda a chi l'ha venduto”
tirò ad indovinare Zayn.
“Dubito
ma ci potreste provare” rispose semplicemente Louis prima di
avviarsi verso la porta.
“un'ultima
cosa Louis” disse Zayn “perchè non te ne occupi tu
stesso della questione?”
Louis
si girò lentamente e lo fissò. “Semplicemente
perchè non posso” e detto ciò uscì.
Niall
lo seguì fuori “e adesso cosa dobbiamo fare?”
chiese da dietro, Louis si girò lentamente e lo guardò
“tu stai lontano dalla ragazza, lo dico per il tuo bene- e
ammiccò a un sorriso- Zayn si occuperà di lei, tu
preoccupati del negozio” disse Louis
“Ma
come faccio a occuparmi del negozio se ci lavora la ragazza?”
disse Niall disperato.
“Semplice,
fai in modo di lavorarci tu al posto suo” e detto questo salì
in macchina e sfrecciò via. Zayn lo aveva raggiunto da dietro.
“devi rovinarle la vita Niall, quanto potrà essere
difficile?” disse ironico da appoggiato alla porta. “Non
sai neanche quanto” rispose Niall continuando a fissare la
strada.
Elisa
arrivò ancora scossa davanti alla porta di casa sua, stava per
infilare le chiavi nella serratura quando la porta si aprì
lentamente cigolando. 'strano' pensò, era sicura di averla
chiusa a chiave come sempre. Un brivido le percosse la schiena, 'e se
qualcuno fosse entrato in casa per rubare? O peggio ancora, fosse
ancora lì?' Era terrorizzata, ma non poteva passare il resto
della nottata fuori impalata, così si girò e afferrò
l'imbarazzante nano da giardino che sua nonna aveva voluto tanto
qualche anno prima, e piano entrò in casa. Teneva il nanoarma
ben in alto, pronta per scagliarlo sulla testa di qualche
malintenzionato. Si diresse in salotto ma non sembrava ci fosse
nessuno, così come in cucina; pian piano iniziò a
salire le scale, si sarebbe sentita molto Bond girl, se non fosse
stato per il fatto che si stava letteralmente facendo la cacca
addosso dalla paura, e se non fosse stato per il fatto che proprio
mentre raggiungeva l'ultimo gradino delle scale tirò una
craniata epica contro il soffitto, 'maledetti tacchi 12'.
Massaggiandosi
la testa come un'idiota e continuando a tenere un nano di ceramica in
alto stile coltello, si sentì profondamente stupida e
ridicola. Anche perchè in casa non c'era proprio nessuno.
Accese
le luci, pensando che, forse, non aveva semplicemente chiuso la
porta, ma qualcosa la fece ricredere: il mobile di legno nel
corridoio era completamente rovesciato a terra, così come il
mobile del bagno, la camera e la stanza degl'ospiti.
“cazzo”
mughugnò, si avventò verso il quadro in camera, dietro
il quale si nascondeva la cassaforte, l'aprì, ma niente. Era
tutto regolare, soldi e gioielli erano ancora lì, guardò
anche nei cassetti, ma anche lì tutti contanti e le cose
preziose erano al loro posto, solo incasinati, come se qualcuno
avesse frugato lì in mezzo, veloce come un lampo prese il
cellulare e compose in fretta il numero.
“pronto
polizia? Volevo denunciare un furto qui a casa mia, o sarebbe meglio
dire forse, un tentato furto.. no, non lo so, mi sembra non abbiano
portato via nulla di valore, ma la porta era aperta e tutti i
cassetti e mobili sono aperti e rovesciati” intanto scese le
scale a controllare il piano di sotto, ma niente, era esattamente
come al piano di sopra, tutto lì, solo incasinato.
“si,
Elizabeth Queen road 4... si.. stavano cercando qualcosa.. e spero
non l'abbiano trovata, qualsiasi cosa sia” concluse
significativamente prima di riaggangiare.
Si
lasciò cadere sul divano in modo pesante. “che serata di
merda” e nascose la faccia tra le mani che tremavano.
Ragazze
volevo ringraziare (si lo so sono scontata) tutte le mie lettrici!
È
la prima storia che faccio leggere a qualcuno quindi tutte le volte
che mi dite che vi piace questa fan fic mi si riempe il cuore di
gioia! (ahah) in ogni caso mi farebbe piacere sapere cosa ne pensate,
non per le recensioni in se perchè vorrei sapere come
migliorare! Vi amerò in ogni caso! No davvero, grazie!
Xx
Cla...
|
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Capitolo 6 *** 6 ***
Capitolo
6°
“Ei
nonnina” disse Elisa entrando nella stanza della casa di
risposo Sant John con un mazzo di fiori in mano. L'anziana signora
era seduta su una poltroncina vicino alla finestra con una catenina
tra le mani che tremavano leggermente.
“Ei
tesoro” rispose flebile mentre un enorme sorriso faceva largo
sul suo viso rugoso e dolce.
Elisa
si sedette nella poltrona di fonte a quella della nonna, adagiando i
fiori selvatici in un vaso lì vicino, prese tra le sue mani
quelle delicate e fragili della donna. “mi sei mancata nonna”
disse sorridendo.
“Anche
tu tesoro” rispose la donna. “come stai Elisa, novità?”
“Tutto
bene nonna, a parte il fatto che sono entrati i ladri in casa l'altro
ieri, cercavano qualcosa, ma a quanto pare non l' hanno trovato”
“Cosa?!?!”
esclamò la nonna preoccupata.
“Tranquilla
nonna non mi hanno rubato nulla, hanno solo rovistato, non ho nulla
di prezioso in casa da farmi rubare. La cosa più preziosa è
qui davanti a me, ma nessun ladro me la toglierà mai” e
sorrise con il suo sorriso più dolce cercando di calmarla, lei
si addolcì come una bimba a cui regalano la prima bambola per
natale.
“tu
piuttosto? Come va qui? Ti trattano bene?” chiese Elisa con una
punta di senso di colpa nella voce.
“Oh
benissimo a parte che mi trattano come una povera vecchietta
rimbambita” e rise di gusto, non la voleva far sentire in
colpa, Elisa ne era sicura, ma si sentì in ogni caso una merda
nel profondo dell'anima. La nonna percepì i sentimenti della
nipote e si affrettò a cambiare discorso.
“Allora
con Harry come va?” Harry, un nome, un pugnalata dritta nello
stomaco.
“Ci
siamo lasciati mesi fa, nonna” disse lei ancora con gli occhi
bassi. La nonna si sentì davvero una vecchia rimbambita.
“Scusa tesoro, me lo avevi detto, ma sai questa- e indicò
la testa- inizia a perdere colpi” e sorrise. Era frustante
pensò Elisa, voleva aiutare la nonna per non sentirsi giù,
ma come faceva, se era lei la prima depressa in quella stanza.
“comunque
non ti preoccupare, anche io e Nonno ci siamo lasciati per un periodo
prima di sposarci, poi ci siamo sposati e siamo stati benissimo”
disse la nonna continuando ad accarezare la mano della nipote.
“Davvero?”
chiese Elisa, non ne sapeva nulla.
“Si,
credo che tuo nonno non riuscisse a starmi lontano” e rise.
suo
nonno era sempre stato innamorato della moglie fino all'ultimo
respiro, e in fondo tutti lo sarebbero stati di una donna come sua
nonna, pensò Elisa.
Donne
come lei ce n'erano poche al mondo, davvero poche.
La
nonna era una di quelle donne che si definiscono 'con le palle'.
Persino
ora a quasi novant'anni quella fragile signora era più
intelligente di qualsiasi altra donna o ragazza che Elisa avesse mai
conosciuto.
“Peccato
che Harry riesca a starmi lontano molto bene, visto che in questi
mesi non si è mai fatto sentire o vedere, è partito per
l'Australia e non è ancora tornato, a questo punto credo non
tornerà mai” rivelò Elisa.
“Probabilmente
ti ama ancora Elisa” disse la nonna “in fondo chi non ti
amerebbe?” concluse accarezzando il viso liscio e perfetto
della nipote.
Notò
che era stanca: aveva delle profonde occhiaia, era struccata,
indossava una tuta e i suoi capelli bruni erano raccolti in un concio
spettinato.
“Non
starai lavorando troppo Elisa?” chiese la nonna di nuovo
preoccupata.
“No
nonna, sono solo triste” ammise Elisa mentre le lacrime
offuscavano la sua vista.
“E
perchè sei triste bambina mia?”
'bambina
mia', erano secoli che non la chiamava così, da ragazza non le
piaceva, ma in quel momento fu come una cucchiaiata di miele dopo un
medicinale amaro.
“Perchè
non è vero che tutti mi amerebbero nonna, la prova sono Harry
e Niall, un ragazzo che ho conosciuto pochi giorni fa.”
“Perchè
dici così..?” chiese la nonna triste fissando gli occhi
verdi della nipote, così simili a quelli di sua madre e ai
suoi.
“Perchè
mi ha usato ecco perchè” disse Elisa alzandosi di scatto
“perchè io avevo bisogno di sentire qualcuno vicino, e
dico anche fisicamente, ma lui... lui mi ha solo usato per il sesso,
e mi sento così stupida, stupidissima, una completa idiota”
Elisa si gettò seduta sul letto, era una liberazione dire
quelle cose ad alta voce.
La
nonna dietro di lei si alzò e la raggiunse. Appoggiò il
suo viso sulla spalla della nipote che a sua volta appoggiò la
testa su quella della nonna. “pensavo di essere speciale sai
nonna?” sussurrò lei.
“Lo
sei piccola mia, più di quanto tu pensi” la nonna
continuò ad accarezzarle la mano. “non porti l'anello di
tua madre, come mai?” chiese la nonna tutto d'un tratto.
“cosa?
Ah l'anello... mmh non lo so.” disse la nipote stringendosi
nelle spalle. “non lo so, mi fa sentire di più la
mancanza di mamma a volte, mi ricorda di quando c'era ancora”
continuò.
“Lei
c'è Elisa, è qui” e le toccò il petto
all'altezza del cuore. “dentro il tuo cuore, sempre”
Elisa
sorrise grata alla nonna e in quell'istante tutta la magia di quel
momento fu spezzata dall'entrata di un'infermiera nella stanza.
“Signora
Craig le sue medicine. Signorina, l'orario delle visite è
scaduto mi dispiace” la ragazza sorrise all'infermiera poi si
chinò sulla nonna e l'abbracciò forte prima di
lasciarle un bacio sulla fronte.
“ciao
nonna, a presto” e le strinse la mano e uscì, la nonna
rimase alla finestra ad ammirare la sua bellissima e fragile nipote
scendere le scale dell'isituto e salire sulla sua moto. Era così
simile a sua madre.
Elisa
si abbandonò sul letto. Prese tra le mani il suo album di
fotografie sepolto sotto centinaia di libri letti e riletti mille
volte e ormai imparati a memoria. Accarezzò la copertina
dell'album ed aprì la prima pagina. La prima foto: il
matrimonio dei suoi genitori secoli fa; la seconda foto: suo fratello
vicino alla sua culla; poi la foto in cui la madre la stringe ancora
in fasce in ospedale; le foto dei suoi primi passi, di lei
abbracciata a suo padre, la foto di loro quattro al mare, la foto di
lei e suo fratello a carnevale vestiti da superman e catwoman e
infine l'ultima foto, quel natale di quattordici anni prima, tutti e
quattro insieme, l'ultima foto della sua famiglia unita, l'ultimo
natale della sua famiglia, prima che suo padre se ne andasse di casa
senza tornare mai più.
La
foto del suo settimo compleanno abbracciata alle sue amiche e a suo
fratello, altre foto con le amiche o con suo fratello, ma neanche una
di sua madre. Elisa ricordò con dolore quanto la madre fosse
stata male per l'abbandono del marito, fino ad ammalarsi di
depressione e trascinarsi fino alla fine dei suoi giorni come uno
scheletro. E poi la partenza di suo fratello a sedici anni, dopo la
morte della madre, mentre lei appena tredicenne era rimasta a vivere
con la nonna in quella casa. Il fratello era andato dal padre, senza
più far ritorno neanche lui. Le lacrime iniziarono a scivolare
sulle guance di Elisa, ormai dovevano aver scavato dei solchi per
tutte le volte che avevano rigato le sue guance, l'ultima foto fu il
colpo di grazia per Elisa. La foto di lei e Harry che si baciavano al
ballo della scuola. Bei vecchi tempi ormai passati. I tempi dei
ritardi a scuola, dei brutti voti, delle amicizie infrante, delle
prime sbornie, dei venerdì sera passati con gli amici in giro
per la città, le prime canne, il nascondere le sigarette dai
genitori, i primi amori e le prime delusioni, la prima volta a letto.
Tutte quelle cose vissute e condivise con Harry. Era proprio vero
quello che diceva la sua amica Giselle, 'i grandi amori non sono
grandi per sempre'.
Louis
era taciturno. Seduto in qualche stupido pub di Londra, restava lì
a sorseggiare uno stupido drink al gusto di nulla.
Ormai
doveva essere tardi, il locale era semivuoto, guardò
distrattamente il rolex che portava al polso che segnava le tre
passate. Finì con un ultimo sorso il drink e si alzò
dai divanetti, proprio in quel momento vide andargli incontro una
ragazzina bionda.
“Ehy
Louis!” esclamò la ragazzina con voce forse troppo
acuta, Louis si sentì parecchio infastidito.
“Ehy
Camille” rispose senza entusiasmo.
“Wow
ti ricordi come mi chiamo!” sembrava davvero sorpresa “sai
pensavo che l'altra sera per te, non fosse stato nulla, non mi hai
più richiamato” continuò.
“Si,
ecco, vedi sono stato molto impegnato” cercò di
inventarsi una scusa migliore ma proprio non ne aveva le forze.
“Oh
certo, ti volevo solo dire che per me è stato solo del buon
sesso e che mi stai simpatico, quindi, amici come prima?”
chissà perchè ma la voce che stava usando non sembrava
corrispondere perfettamente a quello che stava dicendo. Ma Louis non
volle indagare, si limitò a sorriderle e a dire “certo
amici come prima” e detto questo, sparì dall'uscita di
emergenza del locale.
Mentre
si avviava alla macchina sportiva parcheggiata nella stradina buia un
dolore atroce lo fece piegare in due, lasciandolo accasciato
sull'asfalto bagnato mentre urlava di dolore, nessuno lì però
poteva sentirlo.
A
parecchi kilometri di distanza Elisa si trovava nel bagno, aveva
appena fatto la doccia, e si era lentamente lasciata scivolare con la
schiena lungo le fredde mattonelle del bagno, senza accorgesene
iniziò a piangere e più piangeva meglio stava.
Abbracciò le ginocchia con le mani e appoggiò la nuca
contro la parete. Chiuse gli occhi cercando di calmarsi e respirò
profondamente, stava funzionando. Si alzò dal pavimento e si
avvicinò al mobiletto sopra il lavandino e lo aprì
guardando tutti flaconi arancioni dentro. Erano ansiolitici,
antidepressivi, sonniferi e altra robaccia che aveva distrutto la
madre anni prima. E ora, pensò, stava lentamente distruggendo
lei.
Richiuse
l'armadietto vedendo la sua immagine riflesse nello specchio. Avvolta
in un'accappatoio blu notte, la sua pelle sembrava ancora più
bianca e da struccata le sue occhiaia erano ancora più
accentuate.
I
capelli sembravano neri, così bagnati, e le cadevano mosci
sulle spalle, spenti, privi di vita. Proprio come lei. Era inoltre
dimagrita ancora e le spalle stavano diventando pericolosamente
scheletriche.
Era
stata una settimana di merda, prima quel senso di angoscia, poi
quello stronzo di Niall e infine il primo ladro della storia che non
ruba.
Poteva
andare peggio? La sua risposta fu si.
Può
sempre andare peggio e quella sensazione le fece venire voglia di
ingoiare un'intero flacone di pillole.
Ma
non lo fece.
E
non lo avrebbe mai fatto. Non ne aveva le palle. Proprio come sua
madre.
Si
sarebbe lasciata morire lentamente, di fame e tristezza.
Appoggiò
la fronte allo specchio e poi ingoiò due pillole di valium.
Sarebbe
stata così rincoglionita che avrebbe pure potuto cascare il
mondo, che lei tanto avrebbe continuato a dormire tranquillamente
come una bambina. Meglio così.
Si
sdraiò come una mummia sul letto. Senza coprirsi, restando
così, bagnata e solo con l'accappatoio, chiuse gli occhi e una
lacrima timida scese dal suo occhio.
Ragazuole..
ecco
il sesto capitolo, si lo so, non si capisce ancora tutto, anzi quasi
nulla,
ma
tranquille ogni cosa a suo tempo! Xx cla_
|
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Capitolo 7 *** 7 ***
Capitolo
7°
“Allora
ecco come procederemo...” disse Zayn seduto al bar con Niall
davanti.
“Tu
non potrai rivedere la ragazza, ovviamente, come ha detto Louis”
iniziò a spiegare, ma Niall lo fermò subito, “Chissà
poi come diavolo faceva lui lì a sapere della ragazza”
commentò.
Zayn
gli lanciò un'occhiata significativa “Niall se lui non
fosse così com'è, noi ce la saremmo già date a
gambe” commentò, Niall annuì perchè aveva
assolutamente ragione.
“comunque”
continuò poi Zayn “come ha detto Louis tu potresti
occuparti del negozio” ma il biondo lo interruppe di nuovo.
“Ma
dovrei farla licenziare! e dovrei farmi assumere! Come diavolo
faccio?!” esclamò Niall alzando le mani al cielo.
“bella
domanda, ma non temere ho un piano geniale ma te lo spiegherò
a tempo debito” lo informò il moro “comunque una
volta che tu l'avrai fatta licenziare entrerò in gioco io...
avrà bisogno di una spalla su cui piangere, e ta dà!
Zayn l'orso abbraccia tutti entra in gioco, e in men che non si dica
scopro se ha o meno i gioielli” concluse Zayn strizzando
l'occhio.
“ok,
ma potrebbe anche essere che lei indossi i gioielli” ipotizzò
Niall. “in quel caso sarebbe facilissimo, potremmo inscenare
una rapina in un vicolo buio, le facciamo togliere i gioielli e ce la
filiamo!” spiegò come se fosse la cosa più logica
e ovvia di questo mondo.
“e
dimmi pure, mia piccola pantera rosa, se fosse davvero tutto così
facile, secondo te, perchè non lo fa direttamente Louis,
invece di scocciare noi?!” chiese Niall.
“l'hai
sentito! non può, o magari vuole metterci alla prova per
vedere se siamo in gamba, o magari non c'ha semplicemente voglia o
tempo”
“secondo
me c'è più di quanto ci ha spiegato!” disse Niall
preoccupato “inoltre ti sembra un caso che proprio i due
gioielli si trovino in questo paesino sfigato Inglese e che
nessun'altro li stia cercando oltre a noi?” finì con una
punta di terrore nella voce alla sola idea di imbattersi in altri
come Louis.
“sei
troppo paranoico Niall, pensa positivo che è meglio”
disse Zayn scocciato, bevendo l'ultima goccia del suo frappè
alla banana.
“e
comunque, Zayn, mi devi ancora spiegare come farla licenziare e
prendere il suo posto” disse Niall. Zayn invece di
rispondergli, sorrise con sguardo complice e furbo.
“Ricordami
perchè lo stiamo facendo?” disse Elisa da davanti allo
specchio di camera sua, ammirando i suoi 175 centrimetri di altezza
fasciati in un tubino nero con le spalle di pizzo e dei tacconi che
le davano almeno altri dieci centimetri in più.
“perchè
hai bisogno di divertirti un pochino, sei sempre chiusa qui o a
lavoro!” disse Giselle spuntando con solo la testa dal
corridoio. “e perchè hai bisogno di trovarti un
ragazzo” continuò riscomparendo dalla stanza.
“Non
ho alcun bisogno di un ragazzo! Tre anni di Harry e quello stronzo di
Niall mi bastano e mi avanzano, grazie!!” disse Elisa.
“Oh!
Mica ho detto che te lo devi sposare! Basta che ci vai a letto... si
chiama terapia d'urto” disse Giselle entrando nella stanza.
Elisa non potè fare a meno di notare che Giselle fosse
bellissima in quel vestitino rosso che le valorizzava la scollatura e
le gambe. Anche lei indossava i tacchi alti e anche lei sembrava una
modella, solo più vistosa diciamo. I suoi capelli biondo
platino erano sciolti fino al bacino e gli occhi azzurri erano
truccati con un pesante strato di eyeliner e matita nera e ombretto
brillantinato.
“in
ogni caso non ne vedo il motivo.” disse decisa Elisa
pettinandosi i capelli scuri all'indietro.
“un
motivo c'è, Elisa, ed è quello di divertirsi! Hai
ventanni, ne hai tutto il diritto... e il dovere” disse “ora,
parlando di cose serie, hai degli orecchini da prestarmi? me li sono
dimenticata a casa.” chiese facendo gli occhioni dolci.
“certo,
guarda in quella scatola” disse Eleonor, indicandole un punto
indefinito della scrivania piena di fogli e vestiti, mentre era alle
prese con l'eyeliner che non aveva ancora imparato a mettersi senza
sembrare joker pestato a sangue.
“ommiodio
ma è stupendo” esclamò Giselle qualche secondo
dopo, tirando fuori dalla scatola un anello semplice con una grossa
pietra ovale scura. Era bellissimo, certo.
“Era
di mia madre” disse Elisa girandosi, anche se non aveva bisogno
di vedere a cosa si riferisse Giselle, lo sapeva già che solo
una cosa in quella scatola piena di roba di bigiotteria da quattro
soldi, poteva attirare così l'attenzione delle persone:
quell'anello. Era forse per quello che non lo indossava quasi mai.
Aveva come paura di rovinarlo, di non essere all'altezza di
quell'anello. Ci era molto affezionata però.
“E'
bellissima la pietra, che cos'è? Onice?” chiese Giselle
rigirandoselo nelle mani.
“Non
ne ho la più pallida idea” era sincera, non sapeva cose
fosse, ne dove la madre l'avesse comprato, “è un
cimelio di famiglia credo” disse Elisa stringendo le spalle “ma
non lo so davvero, dovrei chiederlo alla nonna” in effetti non
ci aveva mai pensato.
“ha
un qualcosa di..di..magico questo anello” Giselle era assorta a
fissarlo.
“Si
è davvero particolare” disse Elisa avvicinandosi curiosa
per la reazione dell'amica, glielo tolse gentilmente dalle mani, “poi
era di mia mamma, quindi mi da forza quando lo indosso”
sorrise.
“Perchè
non lo metti sempre allora?” chiese Giselle che si era un po'
ripresa dal momento di rimbambimento.
“Non
lo so, è troppo vistoso per me” disse Elisa stringendosi
nelle spalle.
“stasera
dovresti indossarlo però.” concluse l'amica “Io
invece, ti prendo in prestito questi.” e prese degl'orecchini
che Elisa non aveva mai neanche indossato, dalla scatola.
“certo
certo” disse sorridendo all'amica prima di infilarsi l'anello
all'anulare sinistro.
Un
sorriso e un senso di sicurezza fecero largo nel corpo della ragazza.
Forse avrebbe dovuto indossarlo di più.
“siamo
proprio uno schianto sta sera eh?” disse Giselle abbracciandola
da dietro ammirandosi nello specchio accanto all'amica.
“come
sempre” sorrise Elisa prima di scoccarle un bacio sulla
guancia, era davvero grata all'amica per averla convinta a uscire.
Harry
entrò nell'unico locale decente che esistesse a Berwick.
Notò
però con un certo disappunto che l'età media della
gente che lo frequentava si era abbassato ulteriormente. C'erano
ragazzine di neanche quindici anni in ogni angolo, tutte brille e
mezze nude che sculettavano a pseudo-ritmo di musica, e poi c'erano i
classici bulletti di sedici anni vestiti come teppistelli, che
ballavano in pista come un branco di scimpanzè in calore.
Quel
posto stava peggiorando, constatò rattristito.
E
pensare che anche lui ci aveva passato un bel po' di tempo lì.
Per l'esattezza ci aveva passato tutti i venerdì sera degli
ultimi tre anni con Elisa.
Elisa.
Cazzo, eccoci, ci risiamo, aveva di nuovo pensato a Elisa, tre mesi
in Australia non erano serviti assolutamente a nulla quindi?
Tutti
i suoi sforzi per dimenticarla, per non svegliarsi la notte
cercandola nel letto, per non passare le giornate a guardare le loro
foto o a ricordare la loro storia travagliata iniziata il penultimo
anno di scuola, erano stati inutili?
Basta,
doveva davvero darci un taglio. Era patetico, erano passati mesi, lei
lo aveva lasciato e probabilmente era già felicemente
fidanzata con qualcun'altro, magari qualcuno migliore di lui, che non
le rubava la moto e lavava i piatti tutte le sere.
Si
accorse di essere rimasto impalato al centro del locale solo quando
gli andò a sbattere contro una ragazza.
Era
biondissima, con i capelli lunghi fino al bacino e perfettamente
piastrati, gli occhi azzurri e il viso dolce esageratamente truccati,
un vestitino rosso che lasciava ben poco all'immaginazione e dei
tacconi che la facevano camminare con la stessa grazia di un t-rex
col mal di pancia.
Ce
ne erano tantissime di tipe come lei, lì a Berwick e in tutta
l'Inghilterra in generale, ma Harry riconobbe subito la ragazza che
aveva di fronte.
“Giselle”
mormorò, neanche avesse visto un fantasma.
“Harry!!”
Giselle aveva usato un tono che avrebbe fatto invidia al miglior
soprano del mondo, effetto collaterale di troppi Mohiti. “che
diavolo ci fai tu qui? Non eri in Australia a giocare con i
canguri?!” ok, l'alcool la rendeva estremamente cattiva.
“Sono
tornato due giorni fa” disse infastidito, perchè le
stava dando spiegazioni? Cosa diavolo voleva questa pseudo-barbie da
lui?
“bè
spero davvero che tu...” Giselle avrebbe voluto dire qualcosa
di veramente cattivo, ma Harry non la lasciò parlare.
“C'è
Elisa?” chiese trattenendo il respiro.
“Certo
che c'è!! Cosa credevi che lei fosse rimasta lì a
piangerti per tre mesi dopo l'inferno che le hai fatto passare per
tre anni?!? se lo vuoi sapere, io ti avrei lasciato mooolto prima!!”
esclamò la bionda agitando le mani.
“Non
farmi diventare cattivo Giselle” Harry si aggrappò a
tutto l'autocontrollo, che da buon inglese aveva, per non mandarla a
farsi benedire.
Si
girò e si allontanò cercando con lo sguardo Elisa e il
suo cuore fece un salto olimpionico quando scorse una mora sul cubo.
Quelle gambe e quel modo di ballare li avrebbe riconosciuti anche se
fosse stato ubriaco e da 1 kilometro di distanza.
Era
una modella anche, quindi ovviamente non passava inosservata, pensò,
e tantomeno in quel momento, vestita così, visto che sotto il
cubo c'era una massa di scimpanzè sbavanti che le fissava il
sedere.
Rabbia,
ecco cosa provava in quel momento, più che la nostalgia, la
gelosia o il rancore; la rabbia, per non poter pestare quegl'idioti
senza un buon motivo.
Elisa
non era più la sua ragazza, non aveva più bisogno di
protezione. E con questa consapevolezza e senza dire una parola, si
girò e si diresse verso il bancone. Alcool, aveva bisogno di
Alcool, tanto Alcool.
Giselle
cercava Elisa da mezz'ora, era sicura di averla lasciata sul cubo con
un drink in mano e sei o sette nel fegato, ma ora era sparita.
Che
avesse visto Harry e presa da un momento di depressione si fosse
suicidata?
Occielo.
Ne era capace? Non voleva rispondere.
Senza
farsi vedere salì al piano di sopra del locale, che
teoricamente era chiuso, con la speranza di trovarla lì in un
angolino a piangere e a imprecare contro il suo ex e l'intero genere
maschile, ma quello che si ritrovò davanti era tutt'altro che
lo spettacolo che si era immaginata pochi secondi prima.
Elisa
era seduta a gambe aperte su una cassa di qualche alcolico, con il
vestitino tirato pericolosamente su, e in mezzo alle gambe c'era un
ragazzo che, ad occhio e croce, sembrava un piccolo Eminem molto mal
riuscito. Anche se non poteva vedere come era in faccia, visto che
era completamente appiccicato a Elisa e sembrava essere intenzionato
a ispezionarle le tonsille a fondo per un altro po'. Era una scena
raccapricciante.
Era
davvero così da fuori una pomiciata da ubriachi?
Doveva
aggiungere alla lista di cose da non fare: 'pomiciare da ubriaca'.
Con
un moto di disgusto separò il piccolo gansta dalla sua amica e
questo non sembrò felice della mossa.
“Che
diavolo vuoi tu?” chiese scocciato il ragazzo. Oddio ora che lo
vedeva in faccia ringraziò il Signore in tutte le lingue, di
averli divisi; altro che Eminem, quel ragazzo era un bruttissimo
incrocio tra un chihuahua che aveva fumato troppa erba e un P-Diddy
candeggiato e appena uscito da una brutta rissa con un gatto
imbufalito.
Quanto
poteva essere ubriaca la sua amica per poter, anche solo pensare, di
baciare un individuo del genere? Senza nascondere il suo disgusto,
Giselle guardò il ragazzo e disse “senti c'è tua
mamma giù che ti rivuole a casa per la poppata, e per favore,
te lo chiedo col cuore in mano, la prossima volta che ti cimenti nel
farti la barba, che non hai, cerca almeno di non sfregiarti la
faccia, sai, non è un bel vedere. Ora smamma” disse
girandosi verso l'amica.
“che
troia..” commentò il ragazzo sottovoce, Giselle si girò
a rallentatore, Elisa che osservava, senza capire, la scena, ebbe
paura davvero per il ragazzo.
“Senti
piccolo bimbo idiota, hai trenta secondi per smaterializzarti come
Harry Potter, prima che ti distrugga il resto della faccia che la
lametta da barba ha risparmiato e fidati, sarò anche ben
contenta di rovinarti la serata, chiamando il body guard per
controllare cos'hai nei boxer- e con sorpresa di tutti afferrò
il ragazzo per i boxer stringendo-, perchè scommetto che il
tuo piccolo amico Willy qui giù riempe un quarto scarso del
tuo pacco, il resto scommetto che è occupato da erba buona, o
sbaglio?” il ragazzo era rimasto paralizzato dal dolore e dallo
shock
“bene,
detto ciò, scattano i trenta secondi, op op” e lasciò
il ragazzo che, in molto meno di trenta secondi, scappò via a
gambe levate.
Poi
la bionda si girò verso Elisa che aveva osservato l'intera
scena a braccia incrociate.
“che
diavolo stavi facendo!? Poteva essere tuo figlio quello là!”
esclamò disgustata Giselle. “Oh, hai fatto di peggio
tu! E comunque non eri tu, quella della terapia d'urto e del dovere
di divertirsi a vent'anni?” chiese mettendo le mani sui
fianchi.
“Si
ma non con ti ho detto di interpretare Pedo Bear, soprattutto, non
stasera, rimangio tutto, sta sera il mio compito sarà quello
di farti tornare a casa viva e vegeta” disse ironica.
“e
perchè mai? Ho visto serate peggiori di questa” “C'è
qualcosa che devi sapere Elisa”
**Eh.......Oooooh** …....
Elisa-Harry. Come andrà a finire??
Grazie
a tutte voi che lo leggete e lo recensite, (grazie di cuore a te
itsraining <3), e a tutte le lettrici silenziose.
Grazie
davvero tanto!
Chi
volesse può seguirmi su twitter così mi consigliate da
lì come tirare la storia, mi chiamo Cla_blueB anche lì.
Xx
Cla_
|
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Capitolo 8 *** 8 ***
Capitolo
8°
dedicato
a tutte le ragazze che lo stanno leggendo.
“E
perchè mai? Ho visto serate peggiori di questa” disse
Elisa sorridendo. “C'è qualcosa che devi sapere,
Elisa” Giselle però non ricambiò il sorriso.
“Oddio
mi fai spaventare Gi se dici così” anche Elisa iniziò
a preoccuparsi.
“mezz'ora
fa ho incontrato qualcuno al bar... e...vedi... io devo...io non...”
“chi?”
Elisa voleva tagliare corto quella conversazione che le stava
mettendo ansia.
“Harry”
disse in un soffio Giselle, cercando di studiare ogni singola
reazione dell'amica, ma questa l'unica cosa che fece fu sbarrare
appena gli occhi e stringere l'anello nel palmo della mano in una
morsa stretta tanto da farle diventare le nocche bianche.
“ma
non era in Australia?” chiese sinceramente sorpresa.
“Ha
detto che è tornato da due giorni” disse Giselle
stringendosi nelle spalle.
“Non
lo avrai mica aggredito, vero Gi?” chiese Elisa minacciosa,
conosceva l'indole dell'amica, soprattutto dopo qualche bicchierino
in più del dovuto.
Giselle
spalancò i suoi occhioni azzurri mostrando la sua migliore
faccia da angioletto “Chi io?” disse portandosi una mano
al petto, fingendosi ferita.
Elisa
scosse la testa fissandola con aria severa.
Harry
non pensava che rivederla avrebbe avuto questo effetto.
Era
stato davvero brutto sul momento, ma adesso, dopo averci bevuto su,
era contento, perchè lei era felice, era lì, allegra e
spensierata che ballava sul cubo.
Ma
che cazzo stava dicendo? Era distrutto.
Non
avrebbe voluto rivederla, eppure sapeva che incosciamente era andato
in quel locale proprio perchè sapeva che l'avrebbe incontrata.
Era
perso nei suoi pensieri quando un profumo di Fiori di arancio
mischiato a Coca e Malibù si avvicinò a dove era
seduto. Alzò lo sguardo dalle sue mani e la vide.
Elisa
era lì in piedi, altissima come sempre, in un tubino nero con
il pizzo, era il suo preferito si ricordò. Era lì che
lo fissava senza parlare. Era così bella. Non era cambiata
molto. I suoi capelli erano un pelo più lunghi, e la pelle
leggermente più abbronzata, forse per il fondotinta.
Harry
era lì seduto su quello sgabello del piano bar con un
bicchiere vuoto tra le mani e altri tre o quattro vuoti intorno. Era
lì che la stava fissando ma non diceva nulla. Era nervoso, lo
sentiva. Si passava la mano tra i capelli ricci che tanto amava, con
quelle mani morbide che mancavano le tanto. Però lei
stranamente non era nervosa, anzi, aveva come la sensazione di sapere
esattamente quello che stava facendo. Come se avesse bevuto una
boccetta di fortuna liquida di Harry Potter.
“Hey”
sorrise lei. Lui ci mise qualche secondo per risponderle “Ehy”
disse con meno entusiasmo.
“Ti
va di uscire e fare due passi?” chiese lei.
'Perchè
diavolo sembra così dannatamente tranquilla?' Pensò
lui, 'perchè doveva essere lui, a sentirsi malissimo, a sudare
freddo, ad avere lo stomaco attorcigliato e le mani che tremavano?'
“certo”
rispose alzandosi da dove era seduto infilandosi il giubotto. Insieme
si incamminarono fuori dal locale e la musica pian piano non si sentì
più e il silenzio imbarazzante ne prese il posto. Dopo qualche
minuto Elisa si sentì che doveva dire qualcosa. “Allora
com'era l'Australia?” che domanda idiota.
“Bella,
molto bella” rispose il ragazzo fissando l'asfalto.
“Ah,
bene.” seguirono altri minuti di imbarazzo.
“Ho
incontrato Giselle” stavolta fu Harry a spezzare il silenzio.
Dopo pochi secondi si sedette su una panchina che dava sul lago.
“Si
me lo ha detto” disse con un mezzo sorriso Elisa, sedendosi
accanto a Harry “mi scuso per qualsiasi cosa ti abbia detto,
sai com'è da ubriaca... la conosci anche tu, parla senza
riflettere” disse gesticolando con la mano.
“E
il più delle volte dice la verità” concluse Harry
fissando l'acqua del lago che si increspava leggermente. Elisa invece
realizzò in quel momento che stava congelando con solo quel
vestitino là fuori. Era quasi ottobre che cavolo. Certo che
era freddo. Harry lo notò.
“Hai
freddo?” chiese.
“un
po' ma fa niente” rispose Elisa stringendosi nelle spalle e
incrociando le braccia al petto.
Era
strano averlo di nuovo al suo fianco, con il suo profumo e il suo
respiro regolare e profondo.
“mi
sei mancato” disse Elisa senza riflettere.
“Non
sembrerebbe da come ci davi dentro sul cubo, sai?” disse Harry
acido.
Lei?
lei veniva a parlargli del fatto che gli era mancato, sbaglio o era
stata lei a lasciarlo?
“Non
credere di aver il diritto di essere l'unico a soffrire!”
esclamò Elisa colpita nell'orgoglio “sei sempre stato
così, solo tu avevi problemi e solo tu avevi il diritto di
soffrire” continuò arrabbiata.
“Quella
eri tu Elisa, con i tuoi problemi e le tue scenate perchè mi
dimenticavo di passare la spugna sul tavolo”
“io
lavoravo dieci ore al giorno, Harry!” disse alzandosi in piedi,
Harry fece lo stesso.
“Si
e solo tu avevi avuto problemi vero?” Harry iniziò ad
alzare la voce.
“cosa
centra questo? Poi tu non sei stato abbandonato da tuo padre e da tuo
fratello e tua madre non è morta quando avevi dodici anni
Harry! Scusami se cercavo un po' di comprensione almeno da te!”
anche Elisa adesso stava urlando.
“e
io non te la davo?” chiese esasperato Harry alzando le braccia
al cielo “so benissimo cosa ti è capitato Elisa, sono
cresciuto con te, ti ho tenuto la mano mentre piangevi la notte,
mentre ripensavi a tua madre e a quello stronzo di tuo padre, mentre
ti mancava tuo fratello, c'ero quando avevi paura di perdere tutti,
quando mollasti quell'idiota di Chris e c'ero quando tua nonna si
ammalò. Ci sono sempre stato io per te, ma tu non te lo
ricordi Elisa, ti ricordi solo delle liti e dei miei errori, ma io
non ero solo quello!”
“Certo
che me lo ricordo! Sei stato l'unico insieme a mia nonna a starmi
vicino, ma, Harry, davvero credimi, quando ti dico che mi sei mancato
da morire in questi tre mesi” la sua voce si addolcì.
“Allora
perchè mi hai lasciato?” ecco, la domanda che si stava
ripetendo da tre mesi, finalmente la diceva ad alta voce.
“Dovevo
provare Harry, a scoprire se ce la facevo anche senza di te...”
ora era più calma e parlava lentamente, senza scomporsi
troppo.
“e
l'hai scoperto?” chiese. “Si..”
“e
la risposta è stata?” era leggermente impaziente, che
tradotto voleva dire che era terrorizzato.
“Si
Harry, la risposta è stata: si, posso vivere anche senza di
te” disse Elisa guardandolo negl'occhi verdi di una sfumatura
così diversi dai suoi.
Bene,
pensò Harry, si era fatto 18 ore di volo solo per ricevere il
più bel cazzotto nella pancia della storia. Anzi quello, più
che un cazzotto, era un boomerang. Harry chiuse gli occhi e sorrise
scuotendo la testa. Che idiota era stato. Lei lo aveva lasciato,
perchè credeva che sarebbero ritornati insieme? Cosa glielo
aveva fatto credere? Lei non lo aveva mai chiamato o cercato. Mai.
Neanche una volta. Non lo era mai andato a cercare a casa o dai suoi
amici. Niente di niente, era sparita nel giro di due ore, e si era
portata via tutto, vestiti, fotografie, libri, gioielli e soprattutto
tutta la felicità, ed era per questo che lui era partito.
Quella casa era terribilmente vuota senza di lei.
Elisa
pensò che vederlo così in quel momento, fosse un vero
suicidio, pensò fosse quasi come vedersi il film Titanic, nel
pieno del ciclo mestruale, con una vaschetta di gelato al cioccolato
tra le mani, dopo essere stata lasciata da un ragazzo. Un suicidio
psicologico.
Così
decise di metter fine alle sofferenze di entrambi, e gli prese il
volto tra le mani costringendolo a guardarla negl'occhi.
“Posso
vivere senza te Harry..solo che non voglio” disse Elisa
continuando a fissarlo in quegl'occhi verde prato che in quel momento
erano spenti, pieni di lacrime e delusione. E che, in un attimo, si
riaccesero e si trasformarono in un verde brillante che avrebbe fatto
vergognare il più bravo dei pittori.
Lo
strinse come per assicurarsi fosse veramente vero e reale, prima di
baciarlo lentamente.
Era
così quindi. Lo aveva lasciato perchè non sopportava
più i suoi difetti e adesso, dopo tre mesi, lo stava baciando
di nuovo?
'Ma
dov'era lei, quando Dio distribuiva la coerenza?' pensò 'In
bagno?'
Eppure
lui sembrava così felice, mentre la stringeva a se e le
accarezzava i capelli mossi dal vento.
Ma
era davvero quello, di cui Elisa aveva bisogno in quel momento? Di
Harry? O semplicemente di qualcuno che la stringesse e le desse
amore?
Harry,
al contrario, sentì che in quel momento, era felice quanto non
lo era mai stato prima probabilmente.
Ma
la vera domanda per entrambi era: 'quanto sarebbe durata tutta questa
felicità?'
“ti
amo” le sussurrò Harry nell'orecchio prima di riprendere
a baciarla con ancora più slancio e passione.
Zayn
era posteggiato dentro la macchina come sempre, mentre fumava
l'ennesima sigaretta, guardava fuori dal finestrino la commovente
scena della ragazza con un ragazzo riccio che la baciava. Ok, questo
complicava un po' le cose.
Digitò
senza guardare il numero di Niall e si portò il cellulare
all'orecchio. “Horan, abbiamo un problema” disse
semplicemente “dimmi Malik” rispose l'altro.
“La
nostra bella mi sa che è occupata” disse continuando a
fissare i due baciarsi dall'altra parte del lago.
“occupata?
In che senso?” chiese senza capire, Zayn però non
rispose e Niall ci arrivò dopo qualche secondo “ah in
quel senso...” cos'era un sentimento di delusione e gelosia
quello che si faceva largo nel petto di Niall?
“Già
concordò” Zayn “questo complica un po' le cose,
ma non ti disperare continua a seguire il piano io so già cosa
fare, è appena scattato il piano B”
“mi
fa piacere che almeno tu sia così convinto, per me la cosa ha
sempre meno senso” disse sincero Niall. Zayn però non
gli rispose e si limitò a chiudere la conversazione, prima di
mettere in moto la macchina e partire.
Giselle
era decisamente troppo brilla per rendersi conto che il ragazzo con
cui stava ballando non era proprio Brad Pitt, ma poco contava. Tanto,
come diceva sempre lei: 'mica se lo doveva sposare'.
Bastava
che fosse un buon baciatore e fosse bravo a letto e andava tutto bene
per una nottata.
'Ma
quello non era neanche un gran baciatore' si disse e così si
staccò anche da lui e mentre questo protestava, in un momento
di lucidità si allontanò, ondeggiando su quei tacchi
che le stavano uccidendo i piedi e, sempre con qualche difficoltà,
riuscì a comporre il numero dell'amica.
“Pronto?”
urlò “Prontoooo!?” Maledizione, musica tecno del
cavolo. Si stava sgolando e non sentiva nulla, quindi si allontanò
ancora, uscendo alla fine dal locale.
“Pronto”
urlò di nuovo.
“piantala
di urlare Gi o mi dovranno impiantare amplifon!” disse Elisa
allontanandosi da Harry un pochino.
“Oh
scusa” disse “dove sei?” sperava non si fosse
suicidata, ma se lo avesse fatto non avrebbe risposto, o no?
Sollievo.
“Sono
qui vicino, con Harry...” rispose a bassa voce, non voleva che
Harry sentisse tutta la conversazione con l'amica, quindi si
allontanò ancora.
“Ah,
capisco, e state parlando giusto?” chiese Giselle, se non fosse
stata così brilla non avrebbe insistito, pensò.
“No
Giselle...” rispose leggermente infastidita Elisa.
“Ah
capisco... quindi, fammi capire, lui ti tratta di merda per tre anni,
tu lo lasci, finalmente! e dopo tre mesi in cui lui neanche si fa
sentire o vedere, ci ritorni insieme e sono tutte rose e fiori? Ovvio
no?” disse portando una mano sul fianco.
“Giselle
non iniziare” chiese supplicando l'amica.
“No!
io inizio, inizio eccome El! perchè sono io, IO, la scema che
da tre anni mi sorbisco le vostre litigate, che corro a casa tua
tutte le volte che lui ti fa arrabbiare, sono io che ti vengo a
prendere quando sei a piedi perchè lui prende la tua moto,
sono io che in questi tre mesi ti ho visto come un cadavere, senza
mangiare ne parlare, e ora che le cose si mettevano bene lui torna
dall'Australia dopo che non si è fatto sentire per mesi e tu
magicamente dimentichi tutto e ci torni insieme. Ovvio... Bè
sai che ti dico Elisa? La prossima volta che torni a casa, dopo dieci
ore di lavoro e ti trovi dodici piatti da lavare e il bucato da
stendere, non chiamarmi. La prossima volta che piove e tu non sai
come tornare a casa, chiama Harry, non me!” e detto ciò
riattaccò la conversazione.
Elisa
si girò dopo aver sospirato e guardò Harry.
“Tu..tu
hai sentito tutto, non è vero?” chiese notando la sua
faccia triste.
“Si
certo, ho sentito tutto” Harry abbassò la testa, voleva
sprofondare nell'asfalto.
“Ha
ragione lei, Harry” disse Elisa abbassando la testa.
“Lo
so, ma non so che dirti, la scelta sta a te”neanche lui la
voleva guardare negl'occhi.
“Ma
io ho già fatto la mia scelta, Harry. Io
ti amo più di prima. E anche se oggi non avessi visto il tuo
volto, niente sarebbe cambiato, perchè nessuno prenderà
mai il tuo posto.
Diventa
ogni giorno più difficile stare senza te, ed ho paura di
questo.
Ma
tu dimmi solo che mi ami più di prima, e
mi dispiace che sia andata così.
Ma
sto per tornare a casa, sto tornando a come ero prima di te, Harry.
Non lo capisci? E se me lo chiederai... io rimarrò, rimarrò
qui con te.” le lacrime stavano rigando per l'ennesima volta il
viso di Elisa, e non le importava se il mascara stava colando, se il
fondotinta era rovinato e lei se sembrava un panda raffreddato,
perchè per la prima volta da tantissimo tempo stava piangendo
con qualcuno. Con Harry. Con il suo migliore amico.
Harry
si avventò sulla ragazza, e l'abbracciò, l'abbracciò
con la stessa forza di quando tre anni prima l'aveva vista crollare,
dopo che quello stronzo del suo ex l'aveva lasciata ricordandole
tutte le volte in cui era stata abbandonata dalle persone che amava.
L'abbracciò
come la prima volta che fecero l'amore.
L'abbracciò
come quando era scoppiata a piangere perchè le mancava sua
madre o come quando sua nonna si era ammalata.
E
non riusciva a non stringerla, aveva paura di farle male, ma aveva
bisogno di sentirla vicina.
Era
del contatto fisico che aveva bisogno, più di quello visivo,
perchè lui l'aveva vista, precisamente l'aveva vista ogni
singola notte in Australia, mentre dormiva e la sognava, e sorrise
tra le lacrime al ricordo di quando, in quei tre mesi, aveva fatto
salti spaventosi tutte le volte che qualcuno chiamava il nome Elisa,
o scorgeva da lontano una ragazza alta e mora. Era stato davvero
patetico. Era stato davvero innamorato.
“Beh
ho provato a vivere senza di te Elisa, posso giurare che c'ho davvero
provato. Le lacrime scendono dai miei occhi e mi sento un completo
idiota a dire queste cose sdolcinate, ma lo sai sono un romanticone,
piango davanti al Titanic e sogno come una bimba di tredici anni. Ma
sono solo come un cane, e mi sento vuoto. Dio, ho passato tre mesi
guardando
le stelle in cielo, sperando che anche tu faccessi lo stesso. Perchè
in qualche modo mi sentivo più vicino a te, e potevo quasi
sentirti dire le tue solite frasi e le tue offese, tipo: 'dov'eri
quando dio distribuiva l'intelligenza' oppure 'spero che qualcuno
lassù stia guardando, così me lo sconteranno in
paradiso'”
Entrambi,
sentendo quelle frasi, dal pianto incontrollato, scoppiarono in una
risata folgorante e Harry continuò un po' più serio, le
lacrime non accennavano a smettere di scendere “e si Elisa, ti
amo, ti amo più di prima, e ti giuro ce la metterò
tutta per essere migliore per te, te lo giuro” e la baciò
prendo il suo viso tra le mani. Questa volta Elisa si ricordò
dov'era, quando Dio distribuiva la coerenza... lei era in un parco a
baciare l'uomo più bello del mondo: Harry Styles, aka il suo
ragazzo. Un brivido le strisciò lungo la schiena a pensare che
Harry era di nuovo il suo ragazzo.
Holaaaaaa!
Allora
partendo dal fatto che non so quante di voi stiano leggendo questa
nota, ma chiunque la legge vuol dire che ha letto su, quindi la amo
solo per questo.
Sapere
che qualcuno legge le cose che scrivi è davvero..boh
bellissimo.
Fino
a poco tempo fa, ero anche io solo una lettrice, e un po' mi
vergognavo a pubblicare storie, ma ora tutte le volte che mi dite che
sono brava, che vi piace, che la trama vi ha preso..bè è
davvero stupendo.
Grazie
a tutte.
Detto
ciò sono curiosa di sapere, quante di voi si identificano in
Elisa, quante in Giselle?
Xx
Cla.
|
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Capitolo 9 *** 9 ***
Capitolo
9°
Dedicato
a tutte le Giselle e a tutte le Elisa.
'Vaffanculo'
pensò Giselle, calciando una lattina di birra vuota per terra;
odiava litigare con Elisa. Le voleva troppo bene.
La
gente solitamente pensava che lei fosse la classica oca bionda,
stupida e pure un po' troia. E magari, lo era anche. Ma chi aveva mai
detto che le ochette bionde tinte non provassero sentimenti? Lei li
provava eccome. Tutta quella gente, che la giudicava da lontano, cosa
sapeva di lei? Nulla! La vedeva lì, con i suoi capelli biondo
platino, con i suoi vestiti succinti e il suo trucco pesante e
dicevano 'che zoccola!', ma sapevano quanto lei avesse sofferto?
Tutte
quelle ragazzine perfettine, che si credevano migliori di lei, solo
perchè avevano voti alti, un ragazzo perfetto e una famiglia
stabile, quanto erano effettivamente migliori di lei? Zero.
E
Elisa questo lo aveva sempre saputo, dai tempi del liceo, era sempre
stata l'unica a vederla per quello che era davvero: una semplice
ragazzina insicura che aveva bisogno di attenzioni.
E
adesso aveva litigato anche con la sua unica vera amica, solo perchè
aveva paura di perderla di nuovo per Harry.
Perchè
la verità era che non le dispiaceva, quando Elisa la chiamava
in lacrime per sfogarsi o per un passaggio. Anzi, la faceva sentire
importante per qualcuno, e la cosa la gratificava molto.
Ma
ora le aveva sbattuto il telefono in faccia, dopo averle detto un
sacco di cattiverie. Che stronza era stata?
Sapeva
che era troppo orgogliosa per chiederle scusa subito, e comunque lei
avrebbe voluto passare del tempo con Harry quella notte. Perchè
ne era certa, che lei si fosse rimessa insieme a lui. La conosceva
troppo bene ormai. Era Harry-dipendente più che dallo Xanax o
dal Valium o dalla nicotina.
Decise
quindi che l'avrebbe chiamata l'indomani per scusarsi, e ora tanto
valeva tornarsene a casa, anche perchè nel locale erano
davvero tutti troppo piccoli per lei.
Salì
in macchina, quel roito di macchina del '76 che usava per muoversi.
Infilò le chiavi per accendere il motore, ma tutto quello che
ricevette come risposta fu un patetico e appena accennato 'wrom'.
Che
macchina stupida, vecchia e inutile.
Riprovò
di nuovo, ma niente... 'wrom'. E ancora, e ancora, solo dei 'wrom'
sempre più flebili, fino al classico 'bruuuu', che segnava la
morte definitiva e irreversibile del motore.
Tirò
un pugno al volante.
“stupido
aggeggio inutile” urlò uscendo dalla macchina, sbattendo
la portiera. Non si era ancora sfogata abbastanza, quindi tirò
un calcio ben assestato alla ruota davanti.
Sperò
di forarla col tacco, ma si fece solo del male al piede.
“uff”
sbruffò portandosi indietro i capelli e stringendosi nel
giaccone per poi togliersi i tacchi che le stavano torturando le
caviglie e i talloni.
“Brutta
serata, eh” disse qualcuno alle sue spalle facendola
sobbalzare.
E
che qualcuno!!!
Il
ragazzo che si trovò davanti doveva essere almeno un metro e
ottanta, moro con gli occhi scuri, la pelle olivastra, tirato a
lucido e con i capelli ingellati quasi quanto quelli di Pauly-D.
'proprio
il mio genere di ragazzo' pensò, la serata forse stava
iniziando a tirare nel verso giusto.
“Già”
disse semplicemente lei mentre il bel moro si avvicinava.
'un
attimo, dove lo aveva già visto?'
“Se
vuoi ti posso dare un passaggio io..” disse lui. “tranquilla
non ti stupro, promesso” aggiunse dopo aver visto la faccia
contratta della ragazza portandosi una mano al petto come per
giurare.
Sembrava,
cosa... spaventata? Bè forse faceva bene ad esserlo.
“No
no, non è per quello” disse Giselle scuotendo la testa.
“Ah
vabbè, comunque piacere” disse allungando la mano verso
di lei “mi chiamo Zayn” Giselle afferrò la mano
grande del ragazzo con forza.
“Piacere
tutto mio Zayn, io sono Giselle” era ripartita alla carica,
stava sfoggiando uno dei suoi sorrisi migliori.
“Bè,
Giselle, come ho detto prima, visto che il tuo mezzo qui sembra a
terra, se vuoi ti do uno strappo io” ripetè guardandola
negl'occhi.
“Certo
perchè no!” BINGO! Bel modo di concludere una serata
'no'.
'Bingo!'
Pensò Zayn sorridendo alla ragazza bionda che aveva davanti.
Persino troppo facile rispetto a come si era immaginato. Non c'era
stato gusto.
“Sicura
che non vuoi che t'accompagni?” domandò Harry per
l'ennesima volta mentre tornavano verso il locale.
“Ma
no, non serve, Giselle sarà nel locale a fare sesso con
qualche tamarro nel bagno, e scommetto che l'è già
passata la rabbia” disse Elisa stingendosi ancora di più
nel giubotto che Harry le aveva dato.
“Come
vuoi, se hai bisogno dimmelo” disse “anche perchè
sai, io sinceramente di Giselle mi fido il giusto mentre gui...”
“Aspetta”
lo interruppe Elisa. Era sicura al 100% di aver visto una chioma
bionda salire su una macchina. E la chioma bionda sembrava proprio
quella della sua amica.
Si
girò e vide la vecchia ford di Giselle ancora parcheggiata lì.
“era
Giselle quella che saliva su quella macchina?” chiese Harry che
aveva visto anche lui la scena.
“Decisamente”
disse Elisa mentre vedeva la grossa macchina sfrecciare via dal
parcheggio. Una grossa macchina. Precisamente un fuoristrada nero,
con i finestrini completamente oscurati. Macchina che aveva già
visto da qualche parte. E non ci mise molto a ricordarsi dove
l'avesse vista. Niall.
Ma
no, non poteva essere che Giselle fosse salita sulla stessa macchina
di Niall.
E
poi chissà quante persone lì, avevano quello stesso
tipo di macchina.
Paranoica,
ecco cosa stava diventando, una vecchia paranoica, come la sua
vicina, la signora Rodd, convinta che il lattaio la perseguitasse e
il postino fosse un agente segreto russo del KGB mandato per
ucciderla e rubarle la casa per farne un bordello.
“Allora
qualcosa mi dice che vuoi un passaggio adesso” sorrise Harry.
“Già”
annuì Elisa sorridendogli prima di posare le sue labbra sulle
sue.
'Ci
aveva rifatto l'abitudine', pensò.
Louis
si svegliò e come ogni mattina, sceso dal letto, dopo essersi
stiracchiato, andò a fare colazione, con gli occhi ancora
semichiusi. Ma quella mattina c'era una sorpresa che lo aspettava in
cucina.
Il
padre, seduto su una sedia leggeva il giornale. Era vestito elegante.
Louis
rimase impalato lì davanti con ancora solo i boxer addosso.
“Buongiorno
Louis” disse l'uomo, con il suo solito tono freddo e
distaccato, senza guardarlo.
“B-Buongiorno
Papà” rispose balbettando scioccato da quella
situazione. Non si aspettava affatto di trovarlo lì.
“Non
hai né latte, né caffè. Cosa bevi alla mattina?”
chiese severo il padre, senza ancora alzare gli occhi dal giornale.
“Thè,
papà, lo sai che io bevo il thè” disse Louis,
ovvio che il padre non lo sapesse. Quando mai si era interessato di
cosa mangiasse la mattina?
“Ah
ecco” disse alzandosi finalmente da quella sedia. Era fuori
luogo lì. Impacchettato dentro quel costoso smoking, in quella
cucina disordinata e sporca.
“Comunque
ti ho lasciato cento sterline sul tavolo, per comprarti un po' di
cibo decente” disse “hai solo pizza surgelate e snack”.
“Il
mio cibo è decente papà, comunque non ce n'era alcun
bisogno” disse avvicinandosi al piano cottura. “Invece
si” disse severo al figlio. Era così simile a lui, così
testardo e ostinato.
“Perchè
sei qui, comunque?” chiese Louis al padre. “Perchè
volevo vedere come te la passavi” rispose mentendo l'uomo.
“Sto
bene papà. Ma bastava una chiamata.”
“Ero
in città per affari e così sono passato” disse il
padre. Ah ecco, adesso le cose iniziavano a tornare. Louis non volle
neanche indagare su cosa intendesse suo padre per 'affari'. Davvero
non voleva saperlo.
“E
comunque volevo vedere come te la cavavi in quella cosa” disse
poi l'uomo più vecchio fissando negl'occhi il figlio.
“Bene”
mentì Louis. “Sta andando tutto secondo i piani”
gli rispose con aria di sfida. Si perchè era quello in fondo,
una sfida. “Bisogna stare attenti a giocare col fuoco
Louis, ci si può scottare” disse avvicinandosi al
ragazzo.
“Non
ti preoccupare papà, non mi brucerò, so controllare
molto bene il fuoco” aggiunse con voce altezzosa a testa alta.
“Ti
avverto Louis, non esagerare, è il momento che la finisci con
tutte queste stupidaggini, non sei più un ragazzino”
disse diventando preoccupato per davvero.
“cos'è
una minaccia paparino?” chiese Louis, inclinando la testa e
assottigliando gli occhi. Il padre era pericolosamente vicino, ma
sapeva che non avrebbe alzato un dito, si sarebbe limitato a
guardarlo con quel suo sguardo micidiale, ma non lo avrebbe
picchiato, non più almeno, non fino a quando Louis fosse stato
più forte di lui.
“E'
un avvertimento Louis, non ti immischiare in queste cose che sono più
grandi di te, non ne vale la pena, finirai per buttare via la tua
vita in queste stupidaggini” disse il padre prima di
allontanarsi verso l'uscita con la sua ventiquattrore che gli dava
tutta l'aria di un rispettabile uomo d'affari, cosa che non era
assolutamente.
“Io
non ho paura” disse Louis guardando la schiena del padre.
“Dovresti”
disse questo, prima di aprire la porta e richiudersela alle spalle.
Elisa
si risvegliò nel suo letto per colpa del cellulare che non
voleva accennare a smettere di vibrare. Stava facendo muovere il
comodino, altro che terremoto, pensò. Qualcosa la bloccava
però dal prendere l'oggetto del demonio.
Un
braccio per la precisione. Un braccio muscolo e peloso.
Girò
la testa. Una montagna di ricci mezzi lisci era appoggiata sul
cuscino.
Harry.
La stava abbracciando da dietro. Era a petto nudo. La cosa non le
dispiacque affatto. L'Australia non gli aveva fatto male eh. Era
abbronzato e i muscoli risaltavano di più.
VRRR
VRRRRR.
Si
si, ok aveva capito, spostò delicatamente il braccio di Harry
e afferrò il cellulare.
“pronto?”
sussurrò.
“Prontooo!”
una voce squillante risuonò dall'altra parte della cornetta.
Giselle?
Che le fosse già passata l'arrabbiatura e la sbornia della
sera prima?
Veloce
anche per i suoi standard.
“Ehy
Gi!” sussurrò per non svegliare il ragazzo sdraiato al
suo fianco.
“io,
te, due cappuccini, alle 4, al bar. Passo e chiudo” “Come
mai così auforica?” chiese Elisa, ma l'amica aveva già
messo giù. Bah. Quella ragazza aveva più sbalzi d'umore
di una donna in menopausa.
“Chi
era?” mugugnò Harry al suo fianco stropicciandosi gli
occhi senza aprirli.
“Nessuno,
amore, dormi pure” disse prima di dargli un bacio in fronte.
“Mi
sei mancata sai, questa notte ne è stata la prova...”
disse Harry abbracciandola stretta. Elisa rise.
“Dovrò
dire alla nonna che aveva ragione” pensò ad alta voce.
“Perchè?”
chiese Harry aprendo finalmente gli occhi.
“Niente,
storia lunga” liquidò Elisa.
“Come
sta tua nonna?” chiese Harry cautamente, non sapeva cosa fosse
successo in quei tre mesi, poteva essere accaduto di tutto e tanto
lui non ci sarebbe stato.
“è
ancora al Sant John, ma i medici mi hanno detto che sta pian piano
peggiorando” disse triste Elisa giocando con l'anello d'argento
che Harry portava all'indice mentre lui le accarezzava i capelli
spettinati. Una fitta le passò nello stomaco all'idea di
perdere l'unico membro della famiglia che ancora le rimaneva.
Harry
le accarezzò la guancia con il dorso della mano. Elisa si era
quasi dimenticata come fosse Harry quando faceva il dolce.
“è
forte Elisa, vedrai che starà meglio” disse prima di
baciarla.
Grazie
a Dio ora se lo ricordava.
Elisa
era seduta al solito tavolo vicino alla finestra del bar.
Guardò
distrattamente l'orologio, 4.15. Giselle era in ritardo. Ma non è
che fosse questa gran novità. Giselle però ci teneva
sempre a ricordare che lei non era mai in “ritardo”,
erano gli altri che erano sempre in “leggero anticipo”.
Vide
fuori dalla finestra l'ormai famigliare fuoristrada nero accostare
dall'altra parte della strada e una cascata di capelli biondi
scendere dal lato del passeggero, dopo qualche secondo.
Eccola.
Attraversò la strada correndo e entrò nel bar
sfoggiando il suo sorriso migliore. Era vestita con un paio di jeans,
dei tronchetti e un giubotto firmato. Era quasi sportiva per essere
lei.
“Buongiorno
bellezza!” squittì baciandola sulla guancia. Altro che
donna in menopausa! Quella ragazza soffriva di disturbi da
personalità multipla. Dottor Jekyll e mister Hyde a confronto
era equilibrato.
“Buongiorno
anche a te Gi” disse lei un po' interdetta. “sei...tutto
ok?” chiese leggermente preoccupata dal sorriso a trentadue
denti che non voleva sparire e da quell'aria da angioletto che
alleggiava sul viso dell'amica.
“Eh..come?”
chiese Giselle alzando gli occhi dal menù che stava scrutando
da venti minuti. “Oh sisi certo, tutto bene” sorrise
raggiante.
“Ok...e
sei per caso, ancora arrabbiata con me?” chiese titubante
Elisa.
“Oh,
ma certo che no, anzi volevo scusarmi per la scenata di ieri, sai
come sono da brilla” rispose prendendole la mano e
stringendola. Giselle notò solo allora che Elisa portava
l'anello. “per questo ho deciso che pago io oggi, ma mi devi
prestare i soldi, perchè io ho lasciato la borsetta a casa di
Zayn” e ridacchiò come una bimba ritornando a scrutare
il menù.
“A
casa di chi!?” chiese, eccolo il nome del misterioso guidatore
di fuoristrada sospetti dai vetri oscurati. Mmh...
“A
casa di Zayn!” rispose come se fosse la cosa più normale
del mondo.
“E
chi è Zayn? Quello che ti ha accompagnato qui adesso?”
chiese Elisa. Sapeva che Giselle avrebbe avuto bisogno solo di un
attimo di incoraggiamento, poi avrebbe iniziato a descrivere nei
minimi dettagli tutto.
“Bè
si è lui, ed è un gran pezzo di figo ti giuro!”
esclamò togliendo gli occhi dal menù, eccola era
partita alla carica. “E' alto, moro, abbronzato, muscoloso, con
un viso da angelo e anche lì sotto voglio dire, mica scherza
eh” disse Giselle strizzando l'occhio.
“E
quando l'hai conosciuto?” chiese circospetta l'amica.
“Oh
ieri sera... sai il mio catorcio ha spirato, e lui si è
offerto di portarmi a casa, ed è stato così dolce e
gentile che guarda... Jack Dawson era un bastardo a confronto,
pensa...mi ha aperto la portiera e baciato la mano...” disse
con aria sognante. Chissà perchè la cosa allarmava
sempre di più Elisa.
Insomma,
quando mai si vedeva un bel ragazzo che, oltre ad essere bello, era:
gentile, dolce, galante e pure bravo a letto. Chi era questo
Superman?? Elisa aveva imparato che era meglio diffidare dalle
persone troppo perfette, perchè i casi possono essere due:
caso 1: i suddetti pseudo-perfetti alla fine si rivelano degli
psicopatici assassini stupratori vampiri agenti segreti in
missione, o magari tutte le cose insieme. E caso 2: questi sono
davvero così perfetti e allora ti inducono al suicidio con la
loro perfezione straziante e noiosa.
In
ogni caso, quindi, la faccenda non andava a finire mai bene con le
persone troppo perfette.
E
la cosa sorprendente sapete qual'era? Era che era stata proprio
Giselle, a impartire questa lezione di vita a Elisa, anni prima, in
un bagno della scuola, parlando della reginetta del ballo, che da
ragazzina perfetta quale sembrava, si era scoperto che faceva video
porno su internet. E adesso Giselle sembrava completamente accecata
da questo Zayn, da non accorgersi che qualcosa puzzava là
sotto.
'Inoltre'
pensò Elisa 'che razza di nome era Zayn?'. Lei non era la
signora Rodd, lì qualcosa puzzava veramente...
Mentre
le cose tra Harry e Elisa si mettono bene, inizia il problema
Giselle- Zayn.
Io
direi che questo capitolo è uno dei miei preferiti fino ad
adesso...
spero
piaccia anche a voi..
Xx
Cla_
|
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Capitolo 10 *** 10 ***
Capitolo
10°
dedicato
a Pulce9_ per la sua pazienza ad aiutarmi nella storia <3
'Inoltre'
pensò Elisa 'che razza di nome era Zayn?'. Lei non era la
signora Rodd, lì qualcosa puzzava veramente...
Non
sapeva esattamente cosa non quadrasse in quella serie di eventi, ma
aveva questa sensazione.
“E
quindi con questo Zayn cosa ci hai fatto?” chiese Elisa.
In
quel momento arrivò la cameriera, la conosceva bene, dai tempi
delle medie, il chè, era normale in una cittadina così
piccola.
“Ei
Elisa!” disse raggiante la ragazza avvicinandosi al tavolo
“Ciao Giselle” aggiunse con una faccia quasi schifata
lanciandole un'occhiata sprezzante; certo non c'erano bei trascorsi
tra le due, risalenti agli anni del Liceo, ma Elisa non pensava che
lei potesse ancora serbare rancore nei confronti di Giselle. Questa,
invece di rispondere con qualche insulto o presa in giro, si limitò
ad accennare un debole gesto col capo senza neanche guardare in
faccia la ragazza.
“Ei
Jessica, come stai? Sono secoli che non ci vediamo!” esclamò
Elisa per salvare la situazione, rivolgendosi alla ragazza.
“Si
sai... ero a New York, ho fatto uno stage come fotografa lì”
disse sorridendo Jessica.
“Oh
ma è bellissimo” esclamò Elisa.
“Già,
peccato che adesso, tutto quello che ho trovato come lavoro è
stato questo posto come cameriera nel bar di mio zio, bella storia!”
disse amareggiata scuotendo la testa.
“Mi
dispiace” rispose Elisa, e in effetti le dispiaceva veramente.
Ma stava succedendo lo stesso a tutte le ragazze con cui era rimasta
in contatto nel tempo.
“Anche
a me...cosa ti porto comunque?” tutta questa conversazione era
accaduta senza che nessuna della due ragazze degnasse della minima
attenzione Giselle, che pensava a controllarsi le lunghe unghie,
meticolosamente laccate di rosso.
“Ehm
un aperol spritz per me e tu, Giselle, cosa vuoi?” Disse Elisa
rivolgendosi finalmente alla ragazza seduta di fronte.
“Oh
anche io...” disse distrattamente l'amica.
Ma
come!? Aveva passato tre ore a leggere quel benedetto menù e
alla fine non sapeva neanche che ordinazione fare!?
Non
aveva mai visto Giselle così distratta e misteriosa. Appena
Jessica se ne fu andata con le ordinazioni, Elisa rivolse uno sguardo
minaccioso all'amica... avrebbe parlato, e le avrebbe detto tutta la
verità, con le buone o con le cattive.
“Si
può sapere quanto era bravo a letto questo benedetto Zayn, per
ridurti così?”
“Così
come?” chiese innocentemente Giselle sbarrando gli occhi come
una bambina.
“Così!”
disse Elisa indicandola con la mano. In quel momento arrivarono i due
aperol, Elisa sorrise a Jessica e poi si rigirò verso la
bionda davanti. “Sembri una quattordicenne innamorata”
disse aspettando che l'altra ragazza si allontanasse di nuovo. “se
non mi spieghi cosa ti ha fatto di così fantastico e
indimenticabile, dovrò ipotizzare il peggio!!” esclamò.
“E
cioè?” rise Giselle, cosa pensava Elisa, che Zayn
l'avesse stregata? Ahaahah.
Elisa
la guardò minacciosa bevendo un sorso del drink.
“Eh
va bene” sospirò Giselle prima di fare lo stesso
“Allora, ieri salgo nella sua macchina, e lui inizia a guidare
verso casa sua...” ecco, adesso si riconosceva: aveva preso a
parlare a macchinetta. “Allora io gli faccio 'scusa ma non mi
chiedi dove abito?' e lui mortificato (era tutto rosso, era
dolcissimo, avresti dovuto vederlo), mi fa 'oddio scusa'. In quel
momento indovina cosa succede? Si fora una ruota!”
Oook..
casualità?
“E
allora gli faccio 'e adesso..?' e lui si è messo a cambiarla
lì! in mezzo alla strada, con quel freddo. Era di un sexy!!
avresti dovuto vederlo. Poi è stato gentilissimo, non ha
voluto che io facessi nulla, ha fatto tutto da solo..”
“Mi
sembra il minimo” borbottò Elisa, Giselle non le
rispose, si limitò ad un'occhiataccia, prima di andare avanti.
“Insomma
alla fine mi fa 'possiamo passare da casa che vedo come sta il mio
coinquilino che sta male, e siamo a due passi?' così siamo
andati a casa sua. Lui mi ha fatto entrare ed è andato a
vedere il coinquilino che era a letto, e quando è sceso, era
tutto così romantico. C'erano delle candele accese, e
l'atmosfera era molto mooolto...bella.- e sorrise in modo malizioso-
Allora ho acceso la radio e lui ha stappato una bottiglia di un vino,
aspetta il vino si chiamava qualcosa tipo Pi...Pignot ros? Rol?
Qualcosa del genere...” “Peignot Rot...” mormorò
Elisa.
“esatto!
Il concetto è che abbiamo brindato alle serate 'no' e dopo tre
bicchieri di quel vino ero caput. Morta. Insomma ci siamo baciati. Ed
è stato un bacio da urlo. Stupendo! È il miglior
baciatore che io abbia mai conosciuto. Non sto scherzando! E
comunque, sai come sono queste serate, una cosa tira l'altra. E così
mi sono svegliata sta mattina di fianco a questo Adone e non mi
sembrava vero. Pensa che mi ha portato la colazione a letto, con una
rosa rossa sul vassoio. mi stavo letteralmente sciogliendo. E poi mi
ha portato a casa per cambiarmi e mi ha portato al cinema! E poi mi
ha accompagnato qui, e lui è.. è così..
perfetto” disse estasiata sbattendo le ciglia.
Ecco
l'aveva detto. Aveva pronunciato la parola 'perfetto'. Era perduta.
Elisa
era intelligente. Capì che dirle quello che pensava davvero,
non sarebbe servito a nulla, se non ad allontanarla da lei, e a farla
avvicinare a quel cavolo di Zayn, chiunque lui fosse.
Quindi
decise che avrebbe giocato sporco, per capire meglio che diavolo
stava succedendo. Anche se questo avrebbe comportato mentire alla sua
migliore amica.
“Oh
sono così felice per te Gi! Finalmente! Te lo meritavi un
ragazzo così” disse prendendole la mano. Che grande
attrice che era. Giselle sorrise grata.
“Grazie
El. Sapevo che saresti stata felice per me. Perchè lo so, non
sono una stupida dopo tutto, so che può suonare strano detto
così, che lui sia così perfetto, e magari non durerà
per sempre, ma insomma... se fosse stato uno stronzo, oggi non mi
avrebbe portato al cinema e poi qui, no?”
Stronzo
forse non era, ma di sicuro, qualcosa non tornava.
“Già..spero
vada tutto bene. Te lo meriti Gi. Sai cosa stavo pensando poi?”
disse continuando il suo piano malefico. “Ora che sei
felicemente cotta anche tu di un ragazzo, che ne diresti di un'uscita
a quattro: io, te, Zayn e Harry. Magari si starebbe simpatici,
scommetto che hanno molte cose in comune...”
Oscar,
che qualcuna la nominasse per l'oscar. ORA.
Anche
se un po' le dispiaceva mentire proprio a Giselle. Proprio a lei, che
aveva sempre pensato sapesse leggerle dentro.
“E'
una bella idea El, ma sai... non vorrei affrettare le cose con Zayn”
“E
cosa c'è di più affrettato del conoscersi, andare al
letto e al primo appuntamento, in meno di 12 ore?” era una
frecciatina bella e buona, ma Elisa proprio non ce la fece a
trattenersi. Giselle per tutta risposta le tirò
un'occhiataccia limitandosi a schioccare la lingua.
Finì
in un sorso il suo aperol, prima di alzarsi e infilarsi il giubotto.
Era lì da quanto? Mezz'ora? E se ne andava? Giselle di solito
per raccontarti di una serata ti parlava per tre ore senza pause. E
in genere, un'ora soltanto, per descrivere come le aveva tolto la
camicetta. E adesso, tre frasi e liquida così la serata con
l'amore della sua vita? Bah...
Chissà
peerchè la cosa continuava a puzzarle sempre di più.
Doveva indagare per bene. Tenente Elisa Colombo a rapporto.
“Ei
dove stai andando?” chiese offesa. “Da Zayn, mi
aspetta qui dietro l'angolo, mi accompagna a casa a cambiarmi, che
sta sera mi porta a cena fuori!” e sorrise battendo le mani
come una bimba di dieci anni.
“Ah
capisco” disse Elisa, senza capire.
“Ok,
bè ci vediamo” rispose la bionda.
'Ci
vediamo'? Dio … dov'era Giselle e chi era quella sua copia,
senza cervello?
“Certo..c-ci
vediamo. Ah una cosa Gi..” Giselle si fermò prima di
aprire la porta del bar.
“Dimmi
El..” chiese.
“Giusto
per curiosità... ma dove abita Zayn?” meno male che si
era ricordata di chiederglielo.
“Uhm..Crohaven
Rd 4 mi sembra... si si, esatto”
Crohaven
Rd. 4.
Ok.
Respira Elisa, respira. Ricordati di respirare.
“Perchè?”
chiese curiosa Giselle.
“Curiosità”
riuscire a sputare fuori quelle nove lettere fu un'impresa a dir poco
ardua.
Elisa
aveva un malloppo nella gola.
Crohaven
Rd 4. Casa di Niall.
Tutte
le sue paure presero forma.
“Ah
la sai un'altra cosa?” disse Giselle, affacciandosi da fuori
dal bar.
Elisa
sta volta riuscì solo a scuotere la testa. “il suo
divano puzza!” rise prima di uscire definitivamente.
Cazzo!
Che. Diavolo. Stava . Succedendo?
Giselle
camminò fino ad arrivare all'angolo di Parade Road e lui era
lì, bello come il sole, appoggiato alla sua macchina, con gli
occhiali da sole nonostante a Berwick non ci fosse il sole da una
settimana buona.
Era
davvero bellissimo. 'forse
troppo bello per lei'
pensò. Scosse la testa per scacciare tutti quei noiosi
pensieri e si avvicinò a Zayn.
“Ciao
Amore!!!”
Amore?
Come le era uscito???
“Ciao
baby!” disse lui. Lei si avvicinò e nonostante i tacchi,
dovette alzarsi leggermente sulle punte, per raggiungere per bene le
sue labbra e lanciarsi in un bacio poco casto.
Zayn
rispose al bacio afferrandola per i fianchi.
Baciava
talmente bene che Giselle avrebbe potuto passare tutta la giornata
lì. Ma alla fine si dovette staccare, almeno per respirare.
“Allora
come è andata?” chiese Zayn, aprendole la portiera.
“Oh
meglio di come mi aspettassi!” disse lei, quando anche lui fu
entrato in macchina.
“Perchè?
Cosa ti aspettavi?” chiese lui curioso. E... preoccupato?
'Che
lei sospettasse qualcosa?'
“Sai..
non sapevo come l'avrebbe presa di me e te. In genere è
molto.. diffidente. Ha paura per me, che io soffra. Ma adesso
sembrava stranamente tranquilla.” disse Giselle stringendosi
nelle spalle.
“Oh
capisco...”
“Anche
se devo ammettere, che mi è sembrata quasi scioccata quando le
ho detto dove abitavi...” Zayn ebbe un sussulto mentre guidava.
“P-perchè?
lei hai detto dove abito?” chiese preoccupato.
“Si..
me l'ha chiesto e non mi sembrava fosse un segreto.” disse lei
difendendosi.
“Si
si certo...”
'cacchio'.
E se lei avesse capito il collegamento tra lui e Niall. Bè, e
anche se...
Poteva
essere, che fossero semplici coinquilini e che lei avesse iniziato a
uscire con la migliore amica di Elisa. In fondo, non è che
Berwick fosse questa metropoli!
Non
avrebbe potuto accusarli di nulla, anche se avesse capito che Niall e
Zayn vivevano assieme.
Si
sentì sollevato.
“Allora,
Baby” disse rivolgendosi alla bionda seduta accanto “dove
vorrebbe cenare questa sera?”
“Dove
vuole lei Sir” disse lei sorridendogli.
“Mmh
che ne dici di Terry's? Non ci ho mai mangiato ma mi hanno detto che
è il ristorante migliore della città”
“Si,
andata!” e Giselle non potè fare a meno di sorridergli.
Niall
passeggiava nervoso davanti al negozio, ormai in orario di chiusura.
Era sabato. Il giorno dopo sarebbe stato chiuso. Aveva solo oggi per
farlo. E aveva aspettato la chiusura.
Aveva
troppa paura che qualcosa andasse storto. E così, mentre il
suo amicone Zayn se ne andava in giro sbaciucchiandosi con una
ragazza, a lui toccava la parte sporca del lavoro. Aveva passato
tutta la mattinata cercando un modo alternativo, ma proprio non ce
n'erano.
In
quel momento, un signore in forte sovrappeso, mezzo calvo e con la
barba alquanto incolta e sporca, uscì dal negozio, iniziando a
chiudere porta e saracinesca.
Niall
gli si avvicinò e aspettò che l'uomo parlasse per
primo.
“E
tu che diavolo vuoi??” borbottò l'uomo grattandosi la
pancia in maniera rumorosa.
E
Elisa lavorava per quell'individuo spregevole? Forse le stava facendo
un favore, dopo tutto.
“Salve
signore, mi chiamo Niall, sono venuto a farle una proposta..”
disse calmo.
“Se
sei anche tu, uno di quei teppistelli, che vuole usare il mio
magazzino come pista, la risposta è sempre no, assolutamente e
inequivocabilmente, no.”
disse
sbruffando.
“No
signore.. sono venuta a chiederle di assumermi” iniziava ad
innervosirsi.
“Mi
dispiace ragazzo ho già un commesso” disse
allontanandosi, Niall lo seguì.
“Signore
mi ascolti trenta secondi. L'offerta che sto per farle, le potrà
sembrare molto allettante, mi creda”
“Non
ora ragazzo, ho fame..” disse.
“Mi
ascolti” disse Niall spazientito, afferrandolo per il braccio.
L'uomo sembrò come stupito, da quella mossa affrettata. “Io
lavorerei per lei, per la metà dello stipendio che paga ora al
suo commesso.” continuò Niall guardandolo negl' occhi.
“sempre
otto ore al giorno?” chiese Jack tutto d'un tratto interessato.
“Sissignore.
Otto ore e gli costerei la metà. Che dice...?” e gli
allungò la mano.
“Dico
che inizi dalla prossima settimana figliolo.” disse
stringendogli la mano sorridendogli.
“Cosa?!?”
urlò Elisa, stringendo il cellulare così forte da
poterlo rompere. “No Jack! non mi puoi licenziare così!
Non senza preavviso!” continuò a sbraitare.
“Te
la farò pagare Jack, ci puoi scommettere il tuo culone
ciccione” e chiuse la conversazione buttando poi il cellulare
sul divano. Si accasciò di fianco prendendosi la testa tra le
mani.
Un
anno e mezzo, a lavorare come un cane, per uno stronzo che la
licenziava su due piedi al telefono. Era comico, quasi. Aveva le
lacrime che stavano per scendere, così si costrinse a guardare
in alto. Non voleva piangere, non per quel ciccione pervertito e
miserabile di Jack. Ma adesso, le cose si sarebbero complicate.
Avrebbe dovuto trovare un altro lavoro. E in fretta anche.
Harry
entrò in quel momento in casa, con delle buste della spesa in
mano.
“Ei
El..” disse senza guardarla, andando dritto in cucina. Intanto,
Elisa rimase seduta immobile, a pestare il piede contro il pavimento,
cercando con tutte le sue forza e di calmarsi. Una volta che Harry
ebbe finito di mettere a posto le cose della spesa, andò in
soggiorno, trovandola seduta, con le mani congiunte, come se stesse
pregando, il viso alzato e alcune lacrime sparse per il viso.
“Che
diavolo succede El..?” chiese preoccupato, inginocchiandosi
davanti a lei, prendendole le mani.
“Jack...
mi ha appena licenziato” disse ridendo dal nervoso.
“Come?!
E perchè!?” chiese senza capire.
“Ah
boh! Saperlo! mi chiama, e mi dice che mi licenzia e mi da altre due
settimane di stipendio... poi ciao!” Elisa si alzò dal
divano, prendendo a passeggiare per la stanza. “Ma sai cosa ti
dico? Meglio così. Troverò qualcosa di meglio, di
quello stupido lavoro, in quello stupido negozio!” disse.
“Sono
sicuro” disse Harry, sorridendole. “Adesso, per
festeggiare, sai cosa facciamo?” disse poi abbracciandola,
“andiamo a cena fuori” e sorrise a trentadue denti. Non
vedeva l'ora di fare vedere a tutti che Elisa era ancora sua. Ed
erano felici, finalmente.
“E
cosa c'è da festeggiare, nel fatto che mi hanno licenziato,
sentiamo?”
“Bè,
che adesso avrai un lavoro cento mila volte meglio!” disse.
“E
ok allora! Dove mi porti?”
“Mmh,
che ne dici di Terry's”
Ecco
il decimo capitolo...
Ditemi
cosa ne pensate!
Xx
cla_
|
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Capitolo 11 *** 11 ***
Capitolo
11°
Elisa
si sentì strana ad entrare in quel ristorante così
chick, non era da lei frequentare posti come quelli.
Indossava
un vestito color panna lungo fino al ginocchio e da sopra un
cappottino nero, che poteva benissimo sembrare firmato, la verità
era che lo aveva comprato al mercato per 10 sterline.
Harry,
al contrario, era completamente a suo agio, aveva una camicia bianca
e dei jeans di Armani, che gli valorizzavano il fondoschiena e lo
rendevano il più bello del ristorante.
Giselle,
seduta a qualche tavolo più avanti, in un mini abitino nero,
pensò la stessa cosa del suo accompagnatore.
Zayn
indossava uno smoking nero, probabilmente un po' troppo elegante, per
un ristorante in quel posto di poveri pescatori.
Zayn
sorrise alla ragazza “Baby vado un attimo in bagno, arrivo
subito” disse e se ne andò con la sua camminata sexy.
Elisa
rimase stupita a vedere quella chioma platino, seduta in un tavolo
dello stesso ristorante.
“Gi!
Anche tu qui!” esclamò, avvicinandosi mano per mano con
Harry.
Il
famoso Zayn non era seduto lì, probabilmente era al bagno, ma
non importava, l'avrebbe visto sicuramente quella sera.
“Si,
sono qui con Zayn, oh eccolo!” esclamò, indicando alle
loro spalle . Quando Elisa si girò si vide arrivare vicino il
più bel ragazzo che avesse mai visto.
Persino
più bello di Harry.
Vedendo
com'era
quel
Zayn, Elisa riuscì quasi a capire il perchè del
rimbambimento della sua amica.
Solo
la voce acuta di Giselle, la risvegliò dai suoi pensieri su
Zayn.
“Amore,
lei è la famosa Elisa! E lui è il suo ragazzo, Harry!”
disse alzandosi rivolta Zayn.
“Piacere
Elisa... Harry” rispose affabile, stringendogli le mani. Elisa
rimase con la mano in aria per qualche secondo, prima di riabbassarla
con ancora la bocca aperta.
“Piacere
Zayn” disse Harry con un sorriso tirato.
Aveva
notato la reazione strana della sua ragazza.
E
provò una fitta di gelosia a vedere lo sguardo cotto di Elisa.
Quel
Zayn era sicuramente un bellissimo ragazzo, non c'era alcun dubbio.
Ma
avanti! Sembrava un bambolotto! Era troppo perfetto... non aveva
difetti, e poi si dava troppe arie. Insomma, perchè indossare
quello smoking, in un posto come quello, se non per farsi vedere??
La
verità era che era geloso, ma non solo di Elisa, ma anche del
fatto che era cresciuto a Berwick, convinto di essere il più
bel ragazzo di lì. E ora arrivava questo bambolotto gonfiato.
“Ciao
Zayn” disse Elisa,che sembrava essersi appena ripresa.
“Allora,
cosa ti porta qui, Zayn?” chiese curioso Harry.
Perchè
diavolo uno come lui era venuto a vivere lì?
Non
poteva andarsene a Londra, o a New York? Perchè in quel
paesino sfigato?
“Oh
bè..” disse Zayn vano.
“Bè
ora, scusateci, ci vediamo dopo” disse Elisa sorridendo ai due,
prima di tirare via il suo ragazzo per il braccio.
Che
diavolo gli era preso?
Era
chiaro perchè Harry avesse fatto quella domanda.
Visto
che, mentre la faceva, anche uno stupido si sarebbe accorto del tono
acido e risentito che aveva usato.
Senza
dire una parola, si accomodarono in un tavolo lì vicino.
Da
dove era seduta, Elisa poteva perfettamente guardare Zayn in volto,
'perfetto' pensò.
Lo
avrebbe osservato per bene, perchè, ok, era bellissimo... ma
la storia continuava a non piacerle.
Perchè
se Zayn, come amico, aveva uno stronzo come Niall, probabilmente,
anche lui era su quel genere.
Ma
in fondo, Zayn non aveva cacciato Giselle dal suo letto alle tre di
notte, pensò.
Come
Niall l'aveva fatto con lei.
Guardò
Zayn per un momento, e si accorse che lui stava facendo lo stesso.
I
loro sguardi si incrociarono per un attimo, prima che Elisa girasse
la testa, ritornando a leggere il menù che aveva tra le mani.
Harry,
seduto di fronte, non potè non accorgersi dello scambio di
occhiate tra la sua ragazza e quello Zayn, che intanto, come
constatò, continuava a fissare Elisa, ignorando completamente
la ragazza bionda seduta di fronte, che continuava a parlare.
Giselle
continuava a chiacchierare senza accorgersi che il suo ragazzo non l'
ascoltava minimamente , impegnato com'era a fare una radiografia alla
sua migliore amica.
Zayn
vide che Harry lo guardava male, così decise di smettere di
fissare Elisa, ritornando con lo sguardo su Giselle, che intanto, non
aveva smesso un attimo di parlare: di come lei e Elisa fossero state
migliori amiche dal primo secondo in cui si erano viste, e di come
l'adorasse, nonostante il suo amore tormentato con Harry.
A
Zayn non fregava davvero nulla di tutto ciò, ma si costrinse
ad ascoltarla.
O
almeno a fingere di ascoltarla.
Perchè,
in quel momento, riusciva solo a pensare all'anello che Elisa
indossava all'anulare sinistro.
Un
anello incredibilmente famigliare.
La
pietra incastonata era esattamente la stessa che aveva visto, pochi
giorni prima, al dito e al braccio di Louis, ne era certo.
'perfetto'
pensò l'anello sicuro che ce l'ha lei, ora manca la collana.
E
senza volerlo, ritornò a fissare la mora, seduta appena
qualche tavolo più avanti.
Era
bellissima, lo aveva notato subito: era alta, con dei bellissimi
capelli bruni, degl' incredibili occhi, verde scuro e un fisico
mozzafiato.
Niente
a che vedere con la bionda che si ritrovava seduta davanti.
'la
stai fissando perchè la devi perseguitare, o perchè la
trovi la più bella ragazza mai vista, Zayn?' chiese la parte
stupida del suo cervello.
Zayn
fissava la ragazza, ignaro del fatto che lei stava pensando più
o meno le stesse cose su di lui.
Giselle
era convinta che, per tutta la cena, Zayn non l'avesse minimamente
ascoltata.
Probabilmente,
perchè era stato troppo impegnato a fissare Elisa, che, dal
canto suo, voltava la testa troppo spesso per i suoi gusti, e per
quelli di Harry.
Avevano
appena ordinato il dolce, quando si alzò per andare in bagno.
Elisa
vide l'amica alzarsi, e fece lo stesso.
“Scusami”
mormorò a Harry che, distratto, annuì.
Entrò
nel bagno delle donne e vide Giselle intenta a lavarsi le mani,
mordicchiandosi nervosamente le guance.
“Eiii”
disse avvicinandosi e sorridendole.
“Ei.”
rispose Giselle, alzando appena gli occhi, per fissare il riflesso
dell'amica nello specchio.
Perchè
doveva essere così perfetta sempre. Perchè?
Era
lì dietro di lei, nei suoi millemila metri di altezza, bella
come una dea e con un sorriso stupendo.
Non
si sentiva nemmeno un po' in colpa, per aver passato tutta la serata
a lanciare occhiate languide al suo ragazzo? Perchè era venuta
in quel ristorante?
Per
rovinarle la serata con il ragazzo che amava
?
Elisa
ci rimase male, a vedere la freddezza con cui Giselle l'aveva
salutata.
Non
era stupida, si doveva essere accorta che aveva passato la serata a
fissarsi con Zayn.
E
ovviamente
non
l'aveva presa bene.
Ma
lei non capiva. L'aveva fatto per il suo bene. Per farle capire
com'era davvero quel ragazzo: era tale e quale al suo amico.
“Giselle
cos'hai?” chiese.
“Cos'ho!?”
esclamò la bionda girandosi a guardare la sua migliore amica
negl' occhi.
In
quel momento uscì dal uno dei bagni una donna che le ignorò
imbarazzata. Giselle abbassò di un poco la voce. “Ho che
tu e Zayn... avete passato tutta la cena... a fissarvi come due dolci
innamoratini! Ecco che cos'ho! E avevi pure Harry davanti!”
esclamò indignata.
“Non
è quello Giselle, tu non capisci..” rispose Elisa
scuotendo la testa.
“Oh
si che capisco Elisa, non ti bastava avere il mondo ai tuoi piedi:
Harry, Chris, Niall e tutti i ragazzi di questa stramaledettissima
città, dovevi farlo anche con il mio ragazzo!” “Io
non ho fatto nulla! Lui mi fissava...” Elisa era stupita, non
si aspettava quella scenata da parte di Giselle. Ok che fosse
arrabbiata, ma stava esagerando.
“Oh
certo! Tu sei sempre la solita vittima, non è così
Elisa? Sempre! Tu puoi fare sempre quello che vuoi, e solo perchè
tua madre è morta!” Giselle aveva le guance rosse dalla
rabbia ma si pentì subito dell'ultima affermazione fatta.
“Non tirare in mezzo mia madre! Non capisci Gi!?! Zayn è
uno stronzo, proprio come Niall!”
“Non
conosci Zayn! Non giudicarlo solo perchè, per una volta, hai
avuto sfigata con un ragazzo!”
“Lo
stai difendendo Gi? dicendo che ho fatto tutto da sola?!”
esclamò Elisa schifata e poi continuò “Sai cosa
ti dico! Mi conosci da 7 fottutitissimi anni, Giselle, ma preferisci
pensare che sono io, e non un ragazzo che conosci da neanche 24 ore!
Perfetto! Come vuoi tu!- disse alzando le mani- Ma ti dico solo una
cosa... arriverà il momento, in cui capirai di star
sbagliando. Presto o tardi, arriverà” “Cos'è
una minaccia Elisa!?” ruggì Giselle avvicinandosi
all'amica a testa alta.
“E'
un avvertimento Giselle. E lo faccio unicamente per il tuo bene.”
rispose fissandola negl'occhi. “Tu sei solo gelosa Elisa,
gelosa che per una volta IO, ho il ragazzo migliore!”
Elisa
si limitò a scuotere la testa: era davvero schifata dal
comportamento dell'amica.
Come
poteva pensare tutte quelle cose, e essere così accecata
dall'amore, per capire che qualcosa puzzava là sotto.
Giselle
aspettò una riposta dall'amica, che però non arrivò
mai, così sbuffò, pensando di aver fatto centro, e
afferrò la pochette sul piano vicino al lavandino, prima di
ancheggiare fuori dal bagno, sbattendo la porta.
Ma
quando uscì vide un'altra scena che non le piacque per nulla.
Zayn
e Harry stavano discutendo fuori dal ristorante.
Zayn
si stava fumando una sigaretta in pace, 'almeno cinque minuti di
silenzio' pensò.
Ma
in quel momento sentì la porta dietro di se aprirsi. Uscì
l'ultima persona che avrebbe voluto vedere in quel momento: Harry.
“Dimmi...”
chiese senza degnarlo di uno sguardo, rimanendo concentrato sulla sua
sigaretta.
Sapeva
benissimo cosa pensasse il riccio di lui.
E
lui ricambiava perfettamente.
“Sono
solo venuto a chiederti se, la prossima volta che decidi di fissare
per due ore la mia ragazza, me lo puoi dire prima, così magari
ti metto un fazzolettino al collo, così non ti sbavi addosso
almeno. Ecco tutto” Harry era infastidito, e geloso. E la cosa
divertì troppo Zayn. “Amico io non fissavo proprio
nessuno, tanto meno sbavavo”
Harry
avrebbe voluto controbattere, ma in quel momento dalla porta uscì
Giselle.
“Scusatemi
tanto. Zayn è arrivato il dolce” era arrabbiata anche
lei, si sentiva dal tono.
Magari
aveva litigato con Elisa.
'Ahia,
questo non era un bene' pensò Zayn. Gli servivano unite.
“Certo
baby” e sorrise a Harry, prima di rientrare dentro.
Mentre
tornavano a casa,nell'abitacolo della macchina non volava un mosca.
Harry
parcheggiò la sua amata Mustang del '67, pensando che almeno
lei non lo avrebbe mai tradito con un altro.
Elisa
non scese dalla macchina. Aveva appena trovato il coraggio di dire
quelle due paroline magiche al suo ragazzo.
“Mi
dispiace” sussurrò a testa bassa.
“E
perchè? mica te lo sei scopato” chiese Harry ironico,
era visibilmente incazzato nero, stringeva i pugni e le nocche erano
bianche.
“Senti,
probabilmente non te ne frega un cazzo, e pensi che siano solo
cazzate... Ma ho paura per Giselle, Harry, quel ragazzo non mi piace.
Così come non mi piace un suo amico che ho conosciuto al
negozio. Penso siano solo degli stronzi” disse a testa bassa.
“Ah,
per questo sta sera hai pensato che fissarlo, facendo finta che io
non esistessi, servisse a cosa...? Spaventarlo?” chiese
sincero.
“No!
Non essere ridicolo..” rispose Elisa scuotendo la testa.
“Ah
io sono ridicolo!?” ora lo prendeva anche in giro?!
“Si”
esclamò Elisa.
“E
sentiamo un po', perchè sarei ridicolo?”
“Perchè
si ok!?” urlò lei, scendendo dalla macchina. Harry fece
lo stesso seguendola fino dentro casa, sbattendo la porta alle sue
spalle.
“Bella
argomentazione, complimenti!” esclamò Harry, allargando
le braccia.
“Senti
Harry” disse Elisa fermandosi di colpo davanti alle scale “Non
capirai, potrai prendermi per scema, ma io ho una bruttissima
sensazione legata a quel ragazzo, ho paura di lui, per Giselle.. e
per me.” disse spaventata: provava veramente quelle sensazioni.
“Ah
certo capisco... ora si che è chiaro” disse lui
annuendo, di nuovo ironico. “Non posso spiegarti cose che
non so nemmeno io Harry!”
Perchè?
Perchè Harry non capiva, era frustrante...
“Senti,
ora come ora, ho solo bisogno di sbollire la rabbia. E stare qui a
discutere con te non porterà a nulla. Ma fidati, se ti dico
che il modo in cui guardavi Zayn, non era lo sguardo di una ragazza
che ha 'paura'
Elisa...”
“Hai
ragione Harry” disse Elisa acida, incrociando le braccia “forse
è meglio che vai a farti sbollire la rabbia da qualche altra
parte”
Harry
scosse la testa. 'Che
stronza'
pensò.
Aprì
la porta di casa e sparì nella notte.
Zayn
guardava Giselle alzarsi dal letto, con solo il lenzuolo intorno al
corpo.
Non
aveva pronunciato praticamente una parola, da quando erano usciti dal
ristorante. E Zayn non aveva fatto domande.
Zayn
si alzò un po' su, appoggiando la testa sulla mano. “Dove
vai?” chiese alla ragazza, che era intenta a raccogliere tutti
i vestiti sparsi sul pavimento.
“A
casa” disse semplicemente lei, senza guardarlo.
“E
come pensi di arrivarci a casa?” chiese curioso.
“In
taxi o a piedi” rispose lei.
“Vuoi
che ti accompagno?” continuò lui. Sapeva che aveva
bisogno di un passaggio.
“No,
non serve” era fiera. A Zayn piacevano le ragazze fiere.
Forse,
Giselle era meglio di come l'aveva giudicata, forse, non era così
stupida e inutile. Forse era solo insicura e fragile, come quasi
tutte le ragazze che aveva conosciuto simili a lei.
“Vieni
qui” mormorò, alzandosi dal letto e abbracciandola.
Lei
scoppiò a piangere sulla sua spalla.
Quella
ragazza stava piangendo per lui? Un po' gli dispiacque.
“Shh,
shh. Va tutto bene” disse lui lisciandole i capelli con la
mano. Lei poggiò la sua testa nell'incavo del suo collo.
Era
parecchio più piccolina senza i trampoli, e Zayn la preferiva
così.
Poteva
abbracciarla meglio. Poteva proteggerla meglio, in un certo senso.
Poi
si ricordò che l'unica persona da cui poteva proteggerla era
se stesso. E rise a quel pensiero.
“Io
ti amo Giselle” disse tutto d'un tratto. Che pezzo di merda
era? Illudere così una ragazza. Ma lo doveva fare. Doveva.
“C-cosa?”
balbettò lei, asciugandosi con il dorso della mano le lacrime
salate. Giselle fissò gli occhi marrone cioccolato di quel
ragazzo, credendo di potersi sciogliere. Aveva detto che l'amava?
L'amava?
“Hai
capito bene Giselle”
Zayn
era freddo e calcolatore, ma la sua voce non rivelava nessun
sentimento. “Ti amo” ripeté e pronunciare quelle
parole prive di significato per lui, era facile, come dire 'un gelato
alla panna'.
Per
lei? Per lei quelle due parole erano le più belle della sua
vita.
Lui
era il primo uomo che le pronunciava dirette a lei.
“Ho
solo bisogno che tu faccia una cosa per me Giselle, è una cosa
importante per me” disse Zayn fissandola negl'occhi “come
prova del tuo amore” disse prima di baciarla. Sapeva benissimo
che lei, adesso, avrebbe fatto di tutto per lui.
Anche
quello che stava per chiederle: Rubare l'anello alla sua migliore
amica.
Niall
era in quel orribile pub, con la terza birra davanti, ma l'uomo al
suo fianco se n' era fatte fuori molte di più. E ora era
seduto lì, accanto a lui, su quello sgabello, troppo piccolo,
per poter dar spazio al suo enorme
sedere.
Poco
importava a Niall. se quello era un pub per pescatori, camionisti e
ubriaconi, se puzzava di alcool e sudore, se non si vedeva nulla per
tutto il fumo che galleggiava nella stanza, e se la birra non era
neanche una delle migliori. Almeno non avrebbe passato la serata a
sentire Zayn e la sua amica, darci dentro nella camera accanto alla
sua.
Come
al solito, a Niall, toccava il lavoro sporco.
Anche
se illudere una come Giselle, forse, era cento volte peggio, che
passare la serata con Jack e la sua cricca di amici ciccioni e
alcolizzati.
Jack
puzzava, ed era sporco, beveva come una fogna, e ora che ci pensava,
Niall notò che si assomigliava un po' a un troll.
“Allora,
ragazzo!” esclamò Jack paonazzo, tirando una pacca sulla
schiena al biondino, che, per poco, non sputò tutta la birra
che stava bevendo “cosa mi dici di te? Oltre a lavorare come
uno schiavo, hai altri hobby?” .Era ubriaco marcio. si sentiva
anche solo dall'alito.
“Si”
disse Niall fingendosi affranto, voleva divertirsi un po' anche
lui...
“sai...
lavoro per un mago, un mago molto potente, che mi sta praticamente
ricattando, affinché io, e il mio migliore amico, gli troviamo
una preziosa collana che, a quanto pare, contiene uno dei quattro
elementi che, messi insieme, possono donargli l'immortalità e
un sacco di altre figate di poteri” disse tutto di un fiato
Niall.
Jack
rimase un attimo interdetto, non capiva bene.
Calò
il silenzio.
L'uomo
fissava Niall, come se avesse appena visto un salmone giocare a
cricket.
Poi,
scoppiò in una fragorosa risata.
Niall
scoppiò a ridere con lui. E poi, tutto d'un tratto, ritornò
serio, prendendo Jack per le spalle. Era sei volte lui, ad occhio e
croce.
“Jack”
disse serio, fissandolo negl'occhi.
Jack
spalancò gli occhi, e si perse in quelli color ghiaccio di
quel ragazzino mingherlino che, senza ricordarsi perchè, aveva
seduto davanti.
Lo
stesso Niall non sapeva a che gioco stesse giocando, ma tanto valeva
provarci. In fondo Jack era talmente ubriaco, che il giorno dopo non
si sarebbe ricordato nulla.
“Jack,
sono serio” disse, spalancando ulteriormente gli occhi. “Devi
dirmi una cosa” Jack era come ipnotizzato, e annuì
impercettibilmente.
“Ti
ricordi di una collana..che avevi al negozio? È una bellissima
collana. Con un ciondolo in pietra scura. Te la ricordi, non è
vero Jack?”
Jack
annuì ancora, senza sbattere le ciglia, nemmeno una volta.
“Dov'è
Jack?”
Jack
non rispose, e le sue pupille iniziarono a dilatarsi.
“E'
importante Jack” lo scosse appena Niall.
“Me-
me l'hanno r-rubata..L-l'ho già detto” balbettò
l'uomo, sbattendo finalmente le ciglia, facendo scendere un leggero
strato di lacrime sopra gli occhi spenti.
“A
chi?” chiese Niall stringendo la presa “A chi l'hai già
detto?”
“A
quei ragazzi” mormorò come risposta.
“Quali
ragazzi” chiese il biondo.
Jack
chiuse appena gli occhi, Niall lo scosse. “Jack, Jack! Quali
ragazzi?”
Adesso
doveva rispondergli assolutamente. Non stava capendo nulla.
“Quei
due fratelli...” mormorò “sembravano gemelli...”
e chiuse gli occhi, cadendo di faccia contro il bancone. Niall lo
lasciò cadere schifato e stupito da se stesso, sentendo le
lamentele del barista.
Poi
ritornò a quello che Jack gli aveva appena, incosciamente,
rivelato.
Quali
due fratelli. Louis e Zayn? No. loro non di certo. Allora chi?
Chi
altro stava cercando quella collana?
Bè
chiunque fosse, non l'aveva trovata lì.. quindi voleva dire
che aveva fatto licenziare Elisa per nulla.
La
sola idea di qualcun' altro, oltre a loro, che cercava la collana, lo
fece rabbrividire di paura.
Uscì
in fretta da quel ripugnante pub e chiamò l'ultimo numero in
rubrica.
“Zayn..
brutte notizie..” mormorò.
“Niall..buone
notizie” rispose l'altro.
Oddio
siamo già all'undicesimo... il prossimo sarà il mio
preferito., si chiariranno molte delle cose misteriose, forse!!
Questo
è stato un po' il capitolo delle litigate..):
Comunque,
grazie a voi tutti che lo leggete, che lo recensite e che lo mettete
tra le ricordate o le seguite. Davvero mi fate sentire quasi brava..
Spero
che piaccia a tutte, anche se so che è diversa, dalla media
delle altre fan fic, come trama..
In
ogni caso mi farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate.
Potete
anche insultarmi, ma vorrei davvero sapere se posso migliorare e
dove..
Grazie
ancora.
Xx
cla
|
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Capitolo 12 *** 12 ***
Capitolo
12°
Elisa
aprì la porta di casa. Ma, per la seconda volta in un mese, la
porta era già aperta. Almeno questa volta, pensò, era
pieno giorno, quindi dubitava fortemente si trattasse di un ladro.
Forse
era Giselle o Harry; solo loro due sapevano dove Elisa tenesse le
chiavi di riserva. Aveva mille buste della spesa in mano, quindi per
aprire del tutto la porta, gli tirò una sederata contro.
“Chi
c'è?” urlò entrando. Nessuna risposta.
Ok,
strano.
Poggiò
le buste in cucina e si affacciò nel salotto, ma non c'era
nessuno.
Giselle
perse un battito quando sentì la voce di Elisa.
'cazzo'.
Era già tornata. E ora?
Giselle
ributtò tutti i gioielli nella scatola.
Si
sentiva la peggiore merda al mondo.
Che
diavolo stava facendo?
Stava
rubando l'anello della sua migliore amica?
L'anello
che era appartenuto alla madre defunta di Elisa? Come si era
ridotta...
In
quel momento, Elisa arrivò in camera sua, trovandosi Giselle
impalata davanti alla scrivania. Notò che le tremavano le mani
ed era pallidissima.
“Gi..?”
chiese piano; l'aspetto sconvolto dell'amica la spaventava, cosa le
stava succedendo?
Ma
Giselle non le rispose, si limitò ad afferrare la giacca che
aveva lasciato sul letto, e a correre giù per le scale,
oltrepassando Elisa, senza guardarla in faccia. Aveva le lacrime agli
occhi. 'Perchè
lo stava facendo?'
Elisa
la inseguì, non voleva che se ne andasse così. In
quello stato.
“Giselle”
urlò scapitollandosi giù per le scale, riuscì ad
afferrarle un braccio prima che lei aprisse la porta.
“Gi,
che succede?” chiese.
Perchè
aveva quell'aspetto terrorizzato?
Di
chi aveva paura? Di lei? O di Zayn
?
Perchè
credeva che c'entrasse lui, anche questa volta?
Ma
Giselle non poteva rispondere a nessuna di queste domande silenziose
di Elisa. Si limitò ad abbassare gli occhi, versando una o due
lacrime, “mi dispiace” sussurrò, prima di
volatilizzarsi fuori da quella casa.
Harry
stava per bussare alla porta, quando questa venne spalancata da una
Giselle decisamente sconvolta. Non lo degnò di uno sguardo e
corse via, scomparendo dietro l'angolo. Harry nascose il mazzo di
fiori dietro alla schiena, quando si accorse che Elisa era dietro
alla porta, impalata e scioccata anche lei.
Elisa
aprì la porta del tutto, ritrovandosi Harry, giustamente
confuso, che la guardava. Stava per chiedergli se avesse visto da che
parte correva Giselle, quando lui tirò fuori, da dietro la
schiena, un mazzo di rose bianche che teneva in mano, porgendogliele,
come se fossero un branco di merluzzi morti.
Elisa
sbatté le palpebre senza capire e senza prendere i fiori.
Perchè
Harry aveva delle rose in mano? Era per caso il loro anniversario? No
il loro anniversario era a Gennaio. Allora perchè?
Ah,
cacchio.
Si
ricordò solo allora, della litigata della sera prima.
Ma
non aveva tempo adesso, doveva trovare Giselle e capire cosa le fosse
successo e impedirle di fare qualche sciocchezza.
“Harry”
disse guardandolo negli occhi “grazie mille, ma..” Harry
la interruppe.
“No
lasciami parlare, Elisa io...”
Ma
perchè non capiva che aveva fretta di cercare Giselle?
Harry
continuò “volevo dirti che mi dispiace per l'altra sera,
io non volevo ferirti..” Stava arrossendo, portarle un mazzo di
rose bianche, non era nel suo stile, ma si era ripromesso che sarebbe
stato migliore questa volta.
Elisa
sorrise frettolosamente. “Lo so Harry, anche a me dispiace, ma
adesso devo scappare” disse prima di scavalcarlo, chiudendosi
la porta alle spalle “Scusami” Ripeté e iniziò
a correre nel lato opposto di dove era corsa Giselle.
“scusami
dopo ti spiego” urlò girandosi, prima di curvare
all'angolo.
Harry
rimase impalato con le rose ancora in mano, sentendosi un vero
idiota.
Zayn
parcheggiò la macchina sul ciglio della strada che affiancava
il bosco.
Spense
il motore e guardò la ragazza seduta al suo fianco.
Non
aveva spiccicato una parola, per tutto il tragitto.
Zayn
non sapeva il motivo del suo silenzio.
Poteva
essere che avesse preso l'anello, e che ora si sentisse in colpa.
Oppure,
poteva essere che, non lo avesse preso affatto. e ora avesse paura
della sua reazione.
Zayn
scese dall'auto. Ma, visto che Giselle non scendeva, le andò
ad aprire la portiera.
“Cos'è,
non sai come si apre?” chiese scocciato.
Giselle
non rispose, si limitò ad uscire dalla macchina, e infilare le
mani nelle tasche del giubbotto.
Zayn
sbuffò, e iniziò a camminare verso il bosco. Giselle lo
seguiva silenziosa.
A
un certo punto lui si fermò.
Era
stanco di tutta questa pagliacciata. Era stanco di questa storia
senza senso.
Ormai
era sempre più convinto che non avrebbe funzionato.
Giselle
non sarebbe stata affatto utile, come aveva previsto Niall.
Si
girò di scatto. “Allora?” chiese spazientito.
Doveva
sapere se l'aveva con se o meno.
“Allora
cosa?” chiese Giselle sollevando la testa, spaesata da quella
improvvisa domanda.
“Allora
l'hai preso o no l'anello?” Chiese Zayn, cercando di
trattenersi dal prenderla a sberle. Quanto era stupida?
“Io..io
non me la sono sentita” Giselle abbassò la testa.
Cosa
voleva dire che 'non se l'era sentita'?
Zayn
serrò la mascella e strinse i pugni.
Questa
reazione spaventò Giselle, che corse ai ripari “io ti
giuro volevo, ma non l'ho trovato, probabilmente lo indossa ancora”
disse spalancandogli occhi.
“Ma
non avevi detto che non lo indossava mai?” chiese Zayn a denti
stretti.
O
Giselle le stava mentendo o le aveva mentito la sera prima, dicendo
che sarebbe stato un gioco da ragazzi.
“Io..non
lo so perchè, in genere non lo indossa” disse,
abbassando di nuovo lo sguardo.
Zayn
sbuffò di nuovo, cazzo, ora si doveva inventare qualcos'altro,
e in fretta anche. Senza dire una parola si girò e se ne andò,
scrisse in fretta un messaggio e lo inviò a Louis e Niall.
In
quel momento un tuono ruppe il silenzio.
Giselle
fissò Zayn camminare via, pensando che prima o poi si sarebbe
girato e le avrebbe detto di seguirla, ma lui non lo fece.
Continuò
ad andare dritto, tornando alla macchina, ignorandola completamente.
Lei
prese a rincorrerlo e lo raggiunse quando ormai lui stava salendo su.
“Ei aspetta!” riuscì a urlare, nonostante il
groppo in gola.
Ma
lui non aspettò affatto, anzi salì e si chiuse la
portiera dietro, inserendo la sicura.
Le
prime gocce di pioggia iniziarono a cadere. e scivolare sul viso
contratto dalla paura di Giselle. mischiandosi con le lacrime.
La
voleva lasciare lì, da sola, nel bosco, nel mezzo di un
temporale? Davvero?
Ma
lui l'amava...no?
Zayn
accese il motore senza degnare di uno sguardo Giselle che battè
con la mano contro il finestrino dell'auto. “Zayn! Apri Zayn!”
urlò.
Doveva
aprirle. Doveva.
Ma
lui non la degnò di uno sguardo, mise in moto e iniziò
a fare retromarcia.
“Aspetta!”
esclamò Giselle verso la macchina. “Non puoi lasciarmi
qui” disse disperata.
Lui
l'aveva lasciata lì. E adesso pioveva a dirotto e lei non
sapeva che fare.
'Che
bastardo'.
“Brutto
figlio di puttana!” urlò, disperata, verso la macchina,
che ormai sfrecciava lontana.
'cazzo..cazzo,
cazzo, cazzo.'
E adesso cosa doveva fare?
Si
passò una mano sotto gli occhi e sulle guance.
Aveva
il viso distrutto: la pioggia e le lacrime avevano sciolto il trucco,
e le erano colate sul fondotinta. I suoi capelli erano completamente
zuppi e i suoi vestiti rovinati, ma per la prima volta a Giselle non
importò nulla, di come potesse sembrare.
Anche
perchè poteva sembrare solo una cosa: una cogliona che si era
innamorata di uno stronzo bugiardo, che ora l'aveva mollata lì
nel bosco, da sola, solo perchè lei non aveva fatto quello che
lui le aveva ordinato.
Elisa
era affacciata alla finestra della sua casa, e stava fumando una
sigaretta, mentre osservava la pioggia scendere, quando sentì
il cellulare vibrare dal tavolo.
Spense
la sigaretta e si avvicinò, lesse 'Giselle'
sul display.
Giselle?
Adesso?
“pronto?”
Silenzio. Un singhiozzo. “Giselle?” chiese più
preoccupata.
“El..El..i-io”
stava singhiozzando? Cazzo
“S-son-no nel b-bosc-o..”
“Gi..
calmati” disse, 'oddio cosa era successo'.
Tre
mila immagini orribili le entrarono in testa, ma si costrinse a
restare lucida.
“Gi,
dimmi bene dove sei, e ti vengo a prendere” disse stringendo il
cellulare.
“Son-no
sulla str-strada per Tw-weedmout-th” disse singhiozzando
Giselle, cercando con tutte le sue forze di calmarsi almeno un po'.
“Ok
arrivo” rispose Elisa. “tu resta lì, non ti
muovere,ok?”
Chiuse
la chiamata e afferrò la giacca di pelle, la sciarpa e il
casco, uscendo fuori sotto la pioggia.
Stava
sfrecciando ai 180 all'ora, e nonostante il maglione pesante, la
sciarpa e la giacca imbottita, stava letteralmente congelando.
Era
da più di 10 minuti che percorreva quella strada, e non c'era
nessuna traccia di Giselle.
Il
vento gelido le soffiava contro, e la pioggia batteva sull'asfalto,
rendendolo scivoloso e pericoloso.
Mortale,
se si andava troppo veloce.
Ma
lei non aveva tempo da perdere.
Elisa
sentì la pelle strapparsi nelle mani per il freddo.
Non
aveva preso i guanti, nella fretta, e ora non si sentiva più
le mani; staccò la sinistra dalla moto, per stringerla a
pungo, cercando, invano, di riacquistare sensibilità, ma non
riuscì a tenere il controllo della moto, che ora stava
pericolosamente scivolando sull'asfalto, come un pattino lanciato su
una lastra di ghiaccio.
Elisa
cercò di riprendere il controllo sulla moto, ma era tardi, le
ruote avevano perso l'attrito con l'asfalto.
La
moto si inclinò, strisciando per terra, e scagliandola a 10
metri di distanza.
Elisa
sentì il casco staccarsi dalla testa, il dolore alle mani e
alle gambe e l'inconfondibile sensazione di calore del sangue, sotto
la testa.
Era
successo tutto in un secondo, Elisa non se n'era neanche resa conto,
aveva solo visto la ruota davanti inclinarsi e aveva chiuso gli
occhi, sapendo cosa sarebbe successo dopo.
Sperava
solo che il dolore fosse minimo.
Era
sdraiata nel mezzo della strada desolata, con ai lati il bosco.
Respirava
a fatica.
L'odore
acre del sangue le fece girare la testa, e senza neanche
accorgersene, perse i sensi, mentre la pioggia ancora le batteva
addosso e il sangue scendeva abbondante dalla testa.
Le
mani erano completamente coperte di rosso e il jeans strappato lungo
tutta la coscia e sul ginocchio.
Louis
era seduto sul suo letto, a gambe incrociate come un bambino, e tra
le mani stringeva le uniche cose che, da sei anni a questa parte, gli
avevano donato un po' di sollievo.
Le
fotografie. Quelle foto lo tenevano legato alla sua vecchia vita.
Quelle
che lo ritraevano abbracciato ai suoi genitori. Quelle in cui
stringeva la sorellina minore. Quelle con i suoi compagni di scuola.
E
quell'ultima, l'ultima foto scattata alla sua famiglia, nel natale
prima che suo padre li lasciasse.
Stava
accarezzando con il pollice il viso della piccola bambina abbracciata
alla madre, quando un dolore lancinante gli squarciò la testa,
e poi le gambe e le mani.
Il
sangue iniziò a scorrere dalle ferite.
Non
capiva.
Che
cosa stava succedendo? Il dolore lo pervase, facendogli perdere i
sensi.
E
lui cadde sul letto, coperto da un sangue non suo.
La
magia non portava solo vantaggi.
|
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Capitolo 13 *** 13 ***
Capitolo
13°
Dedicato
a mia mamma, che mi ha fatto appassionare alla scrittura.
Quando
riaprì gli occhi, molto
lentamente,
Elisa fu accecata dalla luce bianca della stanza, e sentì il
classico 'bip bip' delle macchine dell'ospedale.
Sbattè
le palpebre per abituare gli occhi alla luce.
Provò
un dolore acuto all'altezza della nuca e al ginocchio.
Fu
solo in quel momento, che sentì una presenza vicino a lei.
Lentamente
girò la testa e vide un ragazzo biondo, in piedi, di spalle,
alla finestra.
“Ch...”
grugnì.
'che
sta succedendo'
era la frase che Elisa avrebbe voluto dire.
Ma
le parole non riuscirono ad uscire dalla sua bocca.
Rimase
immobilizzata a fissare quel ragazzo biondo.
Che
cazzo ci faceva Niall
nella sua stanza d'ospedale?
“Hai
fatto un incidente in moto: sei scivolata sull'asfalto e hai battuto
la testa, io ti ho trovato, e ti ho portato qui. Non hai nulla di
grave, solo qualche escoriazione, qualche livido, e un leggero trauma
cranico all'altezza del lobo occipitale. Ti dimetteranno fra pochi
giorni, forse domani, ma passerai la notte qui.” spiegò
senza darle il tempo di intervenire e senza girarsi per guardarla.
Era
come se si fosse imparato a memoria il discorso, pronto per
recitarglielo a macchinetta, pensò Elisa.
“Gi..giselle..?”
chiese, aveva la voce rauca e impastata. Aveva bisogno di dell'acqua
se voleva riniziare a parlare come una persona normale.
Niall
sembrò spiazzato da quella domanda, e si girò; mentre
prima sembrava calmo e controllato, ora sembrava in panico.
“Gi..Giselle
è fuori, a prendere una tazza di caffè... è
stata lei a trovarti per prima, mi ha accompagnato qui” disse
Niall sbattendo le palpebre.
In
quel momento Giselle entrò nella stanza. “Ommiodio sei
sveglia!” urlò buttandosi su Elisa e abbracciandola
stretta.
Era
stata così in pena per lei. Si sentiva così
responsabile. Se le fosse successo qualcosa non se lo sarebbe mai
perdonata.
“Gi..Gi
non respiro, se mi stringi così” boffonchiò
Elisa, contro il maglione di Giselle, che le stava tappando la bocca,
impedendole di respirare per bene.
“Oh
scusa..” mormorò Giselle, allontanandosi un po' e
prendendole la mano.
Niall
era rimasto impalato lì, Elisa lo guardò. E Giselle lo
notò.
“E'
stato lui a portarti qui” spiegò Giselle, ma Elisa già
lo sapeva.
Niall
abbassò gli occhi, imbarazzato, annuì distrattamente e
uscì dalla camera chiudendosi la porta alle spalle.
Elisa
prese un lungo sorso di acqua dal bicchiere sul vassoio accanto.
“Allora,
Gi, mi devi qualche spiegazione?” chiese Elisa, finalmente con
un tono di voce normale. Grazie a chi avesse inventato l'acqua,
pensò.
Giselle
si staccò imbarazzata, e prese a passeggiare per la stanza,
misurandola a grandi passi. Elisa aspettava paziente.
“io
ti devo delle scuse Elisa. Avevi ragione tu, come sempre. Sono stata
una scema, un' idiota, una deficiente. Se ripenso a tutte le brutte
cose che ti ho detto, mi prenderei a cazzotti da sola” disse
Giselle senza smettere di camminare, e alternando lo sguardo da per
terra, al soffitto, agl'occhi di Elisa.
“Sono
stata una vera e propria stronza”
concluse fermandosi un secondo, come se fosse stata una conclusione a
cui era appena arrivata, poi riprese a camminare avanti e indietro,
“Sai pensavo che Zayn mi amasse, e invece mi ha solo usato, per
arrivare a te” disse Giselle trattenendo le lacrime, guardando
il soffitto.
“A
me?” chiese Elisa senza capire.
“Si
Elisa” e finalmente si fermò, avvicinandosi al letto.
“Zayn mi ha chiesto di rubarti l'anello” disse in un
sussurro Giselle.
La
mano di Elisa scattò automaticamente all'anulare sinistro,
nudo.
Dov'era
l'anello?
“non
ti preoccupare El, non te l'ho preso, è dentro quel cassetto”
e indicò il comodino al suo fianco. Elisa non controllò
perchè si fidava della sua amica.
Giselle
riprese a passeggiare, ora più tranquilla, passandosi
lentamente una mano tra i capelli.
“Pensa
che mi aveva detto che mi amava” disse ridendo dal nervoso.
“Che bastardo, eh.”
Elisa
la fissava. E le dispiaceva per la sua amica.
Quello
Zayn era proprio uno stronzo. Anche peggio di Niall.
“E
perchè eri nel bosco?” chiese Elisa.
“Perchè,
quando ho detto a Zayn che non avevo potuto
prenderti l'anello, lui mi ha mollato lì, sotto il temporale.”
disse Giselle stringendo i pugni. Poi ad un certo punto la sua
espressione cambiò. Sembrava tutto d'un tratto spaventata.
“Ma
ho scoperto delle cose strane, Elisa” disse, fissandola negli
occhi.
Elisa
li sbarrò. Aveva paura. Cosa aveva scoperto su quel ragazzo?
“Zayn
lavora con qualcuno Elisa, con qualcuno di cui deve avere molta
paura, perchè lui gli ha ordinato di prenderti l'anello e
Zayn lo deve assolutamente fare.” disse con un brivido di
paura. “Perchè l'anello?” chiese Elisa senza
capire, scuotendo leggermente la testa.
“Non
lo so” sussurrò Giselle, mortificata; sentiva di doverle
dare più spiegazioni.
In
fondo era colpa sua se ora la sua amica era lì, sdraiata su
quel lettino, con la testa fasciata e le ferite su tutto il corpo.
Tutta colpa sua.
“Ok
Gi” sospirò Elisa. “Devo chiederti un favore, ma è
una cosa pericolosa, molto; devi farlo solo se te la senti..”
disse Elisa fissandola negl'occhi.
Giselle
annuì.
Qualunque
cosa Elisa le stesse per chiederle, lei lo avrebbe fatto, glielo
doveva.
Harry
corse nel corridoio dell'ospedale cercando con gli occhi
un'infermiera. Finalmente ne scorse una. “Scusi sto cercando
una ragazza, è stata ricoverata qui sta sera, si chiama
Elisa...” ma la donna non lo fece finire.
“non
chiedere a me, chiedi lì” e indicò un bancone
dietro al quale vi erano varie infermiere.
“Grazie”
mormorò Harry, quando una voce alle sue spalle lo costrinse a
girarsi.
“Se
cerchi Elisa è in quella stanza” disse un biondino che
doveva avere circa la sua età, indicando la stanza 123b. Era
seduto su una delle sedie di plastica del corridoio e stava mangiando
uno snack.
Chi
era questo?
“Comunque
adesso c'è dentro Giselle” continuò Niall
concentrato su quello che stava mangiando.
“Grazie..”
disse Harry perplesso “Tu sei?” chiese, era sicuro di non
averlo mai visto prima.
“Mi
chiamo Niall Horan, sono un amico di Elisa” Niall non stette a
specificare cosa intendesse per 'amico'. Si alzò e gli strinse
la mano.
“Harry,
Harry Styles, il ragazzo di Elisa. Sei tu che l'hai trovata?”
chiese cortese.
Quel
ragazzo non gli sembrava uno antipatico, e poi aveva salvato la sua
ragazza.
Niall
annuì. E Harry non potè fare a meno di sorridergli
“Grazie infinite” disse in modo grato, prima di entrare
nella stanza.
“Vi
lascio soli” mormorò Giselle, alzandosi dal letto e
lasciando la mano ad Elisa che le sorrise, lei ricambiò il
sorriso strizzandole l'occhio.
Si
richiuse la porta alle spalle, sorridendo ad Harry quando gli passò
accanto.
Harry
rimase lì, con una faccia tra il dispiaciuto e lo spaventato,
a fissare Elisa.
Le
sue condizioni erano buone, gli aveva detto Giselle al telefono.
Elisa
aveva la testa fasciata.
Le
mani completamente coperte di cerotti e diversi graffi e lividi su
braccia, collo e viso.
Alla
faccia delle condizioni buone! e se erano brutte?!
Si
avvicinò piano al letto. Elisa lo fissava senza parlare. I
suoi occhi erano leggermente più chiari con le luci bianche
dell'ospedale puntate addosso.
Lui
prese una sedia e si sedette di fianco a lei. “come stai?”
chiese.
“Dolorante”
rispose Elisa sorridendo.
“Mi
dispiace” disse Harry abbassando gli occhi. “Avrei dovuto
trovarti io, non quel Niall” mormorò passandosi una mano
tra i ricci.
Perchè
non era stato lui a salvarla? Perchè?
“Hai
conosciuto Niall?” chiese Elisa, sorpresa e un attimo timorosa
che Harry sapesse di loro due.
“Sisi,
l'ho incrociato adesso” mormorò distratto, fissandosi le
mani. Era triste e preoccupato, ma soprattutto era frustrato, anni
prima aveva fatto una promessa; aveva promesso che l'avrebbe sempre
protetta, e invece non lo aveva fatto.
“Ehy,
ehy” disse Elisa, tirandogli su il viso. “Non importa chi
mi ha trovato. Sei qui adesso” sorrise “questo è
quello che conta Harry”
Lui
le sorrise e si avvicinò per baciarla. Quel senso di
frustrazione pian piano lo abbandonò lasciando spazio alla
felicità di sapere Elisa sana e salva su quel letto, così
vicino a lui.
Ora
l'avrebbe protetta davvero.
Era un giuramento.
Zayn
si trovava affacciato alla ringhiera che dava sul mare. Non c'era
niente come l'odore del mare in tempesta per lui. Gli ricordava la
sua infanzia.
Fissava
l'acqua incresparsi per il vento. Il temporale era appena cessato,
lasciando
il fango per terra e gli alberi sgocciolanti.
Il
cielo era ancora coperto dalle nuvole.
E
lui si sentiva così oppresso.
Oppresso
dal quel cielo così grigio, da quel terreno bagnato che lo
circondava, da quella cittadina minuscola da cui non poteva
andarsene, e da Lui: Louis.
Sospirò,
prendendosi la testa tra le mani, appoggiandosi con i gomiti alla
staccionata.
Niall
voleva farla finita con quella storia.
Ma
per lui era facile dirlo: Non c'era sua sorella di mezzo.
Senza
accorgersene iniziò a versare le prime lacrime amare.
Strinse
con tutta la forza che aveva quella ringhiera, come se romperla
avrebbe potuto aggiustare tutto il resto.
Nella
sua testa, la sua immagine non spariva: Becky.
L'immagine
della sua sorellina di diciotto anni, che adesso si trovava tra la
vita e la morte in un ospedale di Londra.
Anche
Elisa era in ospedale, glielo aveva detto Niall.
L'aveva
trovata lui, sul ciglio della strada, coperta di sangue, mentre
andava a recuperare Giselle.
Si
sentì uno schifo a pensare come si era comportato con quella
povera ragazza. Lei non aveva fatto nulla di male. Non era stata
colpa sua.
Lei
non c'entrava, era solo una vittima innocente di una cosa più
grande di lei.
Più
grande dello stesso Zayn, e più grande di Becky che, come
Giselle e Elisa, in quella storia erano state solo delle vittime.
Ma
Zayn aveva fatto tutto questo solo per Becky, e sapeva che stava
causando troppo dolore per riaverla.
Ma
non gli interessava, avrebbe anche ucciso per sua sorella.
Perchè
Louis l'avrebbe potuta aiutare un giorno, e lui desiderava solo
riabbracciare la sua piccola Becky.
Anche
solo per l'ultima volta.
Chiuse
gli occhi e lasciò che le lacrime cadessero, senza
vergognarsene.
Louis
fissava la lapide. Leggendo il nome lentamente.
“Igraine
Van Helsing Tomlinson, madre e moglie amata.
Salem,16
marzo 1967- Berwick, 30 dicembre 2005.
Risposa
in pace, Angelo.”
A
Louis mancava sua madre a volte. Da quando era morta tutto era
cambiato.
La
sua intera esistenza era tutta un'altra cosa.
Louis
si sedette appoggiando la schiena alla pietra fredda.
“Mi
manchi sai..” mormorò strappando qualche filo d'erba
ancora bagnato dalla pioggia. “Mi manchi tanto” disse. Si
sentiva un bambino a parlare da solo.
Guardò
il cielo. Le nuvole offuscavano il cielo di Berwick e il cimitero era
vuoto. Forse perchè era tardi, e il sole stava tramontando.
“Sto
combinando un casino mamma..” disse chiudendo gli occhi e
nascondendo il viso tra le mani.
Senza
rendersene conto la sua mente lo catapultò a una domenica di
dodici anni prima.
“Non
correre Louis, aspettami” urlò la bambina, correndo
dietro al fratellino di tre anni più grande. Questo di colpo
si fermò. Erano in mezzo al bosco, in quella radura che a loro
era sempre sembrata tanto magica.
La
bambina si avvicinò al fratello per guardare il motivo per cui
si era fermato.
Una
piccola ranocchia era ferma in mezzo al prato. Era piccola come un
pugno. Così delicata e indifesa.
“Si
deve essere persa” commentò Louis con la sua vocina.
Pian piano si chinò ed afferrò la piccola rana che
emise un debole 'cra'.
La
bambina annuì affascinata. “Vieni” disse Louis
prendendola per la mano. E insieme iniziarono a correre verso il
ruscello. Quando furono arrivati Louis lasciò la mano alla
sorellina, chinandosi per appoggiare la rana su un sasso. “vai
dalla tua mamma, su” disse piano.
La
rana prese a saltellare via, mentre Louis e la sorella facevano ciao
con la mano.
“Abbiamo
appena salvato una rana” sorrise felice Louis guardando la sua
bellissima sorellina. Era mora, con dei grandi occhi verdi.
“Siamo
stati proprio bravi” sorrise questa, poi aggiunse guardandosi
attorno “mi piace qui. Sembra un posto per le fate”
esclamò estasiata dopo qualche secondo. “Ma le fate
non esistono!” esclamò Louis. “Si invece che
esistono” rispose lei offesa incrociando le braccia al petto.
“come
sei ingenua” commentò lui prendendola per mano. “Però
è vero è bello qui... Sarà il nostro posto
segreto, non lo devi dire a nessuno” disse guardandola.
“Promesso”
sorrise la sorellina.
“Non
mi lasciare Louis, ti prego, non anche te...” la voce di quella
bambina era cresciuta, come il suo corpo; ma in fondo, pensò
Louis, sua sorella era ancora una bambina, aveva appena quattordici
anni, e lui la stava lasciando. Anche lui.
“Scusami”
balbettò lui. Lei non avrebbe capito, ma lui la doveva
lasciare.
Louis
e il suo passato.. secondo voi cosa c'è sotto.
E
Becky? La sorella di Zayn...
E
il favore che Elisa chiede a Giselle per voi cos'è?
Se
volete potete dirmi cosa pensate arrivate a questo punto, lasciandomi
una recensione, rispondo a tutte come posso! (:
Xx
Cla_
|
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Capitolo 14 *** 14 ***
Capitolo
14°
Vorrei
di nuovo dedicare questo capitolo a Pulce9_ per sostenermi in questa
cosa, che probabilmente non avrei mai continuato se non fosse stato
per lei.
Questo
capitolo inoltre è dedicato a tutte le ragazze che lo leggono,
che lo recensiscono, e che lo ricordano o lo seguono.
Grazie
davvero tanto, almeno posso pensare che a qualcuno piacciano le cose
che scrivo. Buona lettura e Grazie infinite.
Elisa
era uscita la mattina prima da quel benedetto ospedale, dopo che le
avevano fatto tre mila analisi inutili.
Il
dolore alle mani e al ginocchio non lo sentiva quasi più,
quello alla testa era già più un problema; ogni tanto
aveva delle fitte, soprattutto se si alzava troppo in fretta o faceva
qualche sforzo, ma era tutto normale, da quello che aveva detto il
medico che l'aveva visitata.
Sentì
il cellulare vibrare nella tasca posteriore dei jeans scuri che
indossava, guardò lo schermo, anche se non vi era alcun
bisogno di farlo: sapeva benissimo chi la stesse chiamando.
Era
precisamente la 34esima chiamata che riceveva da Harry nel corso
della giornata.
E
si erano anche visti a pranzo.
“Pronto
Harry..” rispose con un sospiro, mentre le porte automatiche
del supermercato si aprivano, e Elisa sentì improvvisamente
caldo per l'eccessivo riscaldamento.
“Si
Harry, si, si, sono alla Liddle... no Harry, sono andata a piedi...
si, la moto è ancora dal meccanico... No Harry non c'è
bisogno che tu venga qui!!” esclamò.
Una
signora al suo fianco la guardò con aria dubbiosa.
In
effetti come conversazione non aveva molto senso.
Harry
continuò a blaterare qualcosa di insensato, ma Elisa non lo
ascoltò, iniziando a girovagare tra gli scaffali delle pizze
surgelate.
'Dio
mio', pensò, 'ma cosa aveva mangiato Harry quella mattina,
pane
e pesantezza?'
“No
Harry, Santo cielo, non corro nessun pericolo al supermercato! A meno
che un barattolo di piselli surgelati non mi caschi in testa
facendomi secca!” Esclamò.
Harry
disse qualcosa tipo 'non scherzare su queste cose', ma lei lo
interruppe.
“Harry,
facciamo che se ho delle fitte o mi gira la testa ti chiamo subito!?
Promesso...” il tono che aveva usato era una via di mezzo tra
il divertito e lo scocciato: Harry iniziava a essere un po' ossessivo
con questa storia del proteggerla. “Si ok, ti amo anche io”
disse chiudendo, finalmente, la chiamata.
Caffè
decaffeinato, caffè decaffeinato.
Dove
diavolo avevano messo il caffè? Elisa vagò tra gli
scaffali.
Eppure
era sicura fosse lì prima! Ne era certa!
Uff...
non poteva andarsene da lì senza il caffè, andiamo!
Forse
nel reparto prima colazione?
BINGO!
Si chinò a prendere il barattolo.
Ma
lo fece troppo in fretta.
Una
fitta all'altezza delle tempie la fece gemere dal dolore.
“Non
correre, ti prego aspettami!!” disse
una vocina infantile nella sua testa.
Sentì
un'altra fitta che le fece perdere l'equilibrio.
Chiuse
gli occhi.
“mi
piace qui. Sembra un posto per le fate” ancora
quella voce da bambina nella sua testa.
Con
una mano si aggrappò allo scaffale, mentre con l'altra prese a
massaggiarsi la fronte.
Maledetto
cervello del cavolo.
Pagò
le 23 sterline e 56 pence e uscì con la busta in mano.
Non
si spiegava il perchè di quel flashback, prima.
Le
immagini di quella radura non la sfioravano più da anni, ed
ora erano ritornate nella sua testa tutte di un colpo.
Proprio
non se lo spiegava.
Si
incamminò verso casa rimuginando.
Era
buio pesto ed erano appena le otto e mezza di sera, perchè
Berwick doveva essere sempre così buia e tetra?
Altro
che Forks di Twilight, Berwick sì, che era un posto per
vampiri.
Sin
da bambina aveva odiato quell'aspetto della città, così
come suo fratello, da quando si erano trasferiti dalla nonna, dopo
che il padre gli aveva abbandonati, e la madre non era più in
grado di stargli dietro da sola, ridotta com'era.
Ma
almeno Elisa aveva trovato sua nonna, la sua amata nonna.
Era
da un po' che non l'andava a trovare, pensò, chissà
quanto si sentiva sola.
Ma
aveva avuto una settimanina alquanto piena di, come dire, incidenti
di percorso?
La
sarebbe andata a trovare domani, promesso.
In
quel momento attraversò la strada, e nel girarsi scorse una
figura in lontananza. Questa si fermò appena Elisa la vide.
Era
un uomo, abbastanza alto, vestito di scuro, ma Elisa non potè
vedere i suoi lineamenti, nascosti dal buio della notte.
Qualcosa
le suggeriva che la stesse seguendo da un po'.
Una
macchina sfrecciò distraendo per una frazione di secondo
Elisa, ma tanto bastò per far scomparire l'uomo misterioso.
Elisa
si ricordò di quel ragazzo fuori dal bar, appena due settimane
prima, fissare lei e Giselle allo stesso modo.
Lo
aveva riconosciuto in Zayn qualche giorno fa, ma adesso era
abbastanza sicura non si trattasse di nuovo di lui.
Era
un altro
uomo misterioso.
Fantastico,
un altro.
Uno non le bastava.
“Non
mi interessa quando è iniziata Josh! Sei un bastardo!”
esclamò una voce femminile.
“No
Igraine, cazzo, lasciami parlare” rispose un uomo con rabbia.
Elisa
era
accasciata
di fianco alla porta di camera dei suoi, in una piccola camicia da
notte rosa, abbracciata alle sue ginocchia, con la sua bambola
preferita stretta tra le mani. Era stata un regalo di suo padre quel
natale.
“Sparisci
ora!” la donna stava piangendo. “Igraine” urlò
l'uomo esausto.
“E'
tutta colpa tua Josh, sei un pezzo di merda!”
“La
colpa non è solo mia!”
“Ah
no? E di chi è? Mia? Sparisci, non ti voglio più
vedere” Elisa sentì la madre singhiozzare aprendo
l'armadio, e iniziare a scagliare dei vestiti a terra.
“Stai
ferma cazzo, sveglierai tutto il vicinato” cercò di
calmarla il padre.
“Non
mi interessa chi sveglio! Tu.. tra tutte....lei!!!” la madre
aveva perso il controllo dei suoi nervi.
Elisa
chiuse gli occhi sperando che la smettessero di urlare.
“Lei!”
tuonò la madre, ferita. “Dopo tutto questo tempo! lei”
“Anche
tu mi hai mentito Igraine!”
“Io
non ti ho mai tradito Josh! L'ho fatto solo per proteggerti! Non
capisci!?”
“Non
devi credere a tua madre Igraine, io ti amo!” Esclamò
l'uomo.
“Lascia
stare mia madre! Lei ha sempre avuto ragione su di te, dal primo
momento! E io non le credevo, Josh... perchè ti amavo! Ma
tu...!” prese un respiro prima di continuare “tu sei
andato a letto con lei! LEI!”
Elisa
prese a singhiozzare stringendo la bambola.
“Shh”
disse una voce dalle scale.
Suo
fratello l'abbracciò. “Shh Elisa, andrà tutto
bene, te lo prometto” disse lui lisciandole i capelli, nel
tentativo di calmarla.
Elisa
si svegliò di colpo dal sogno che stava facendo.
Si
passò una mano sulle guance, trovandole inaspettatamente
bagnate.
Aveva
pianto nel sonno.
Ma
cosa aveva sognato pure? Non ricordava.
Dovette
sforzarsi prima di arrivarci.
Aveva
sognato la notte in cui suo padre se n'era andato. La litigata tra
lui e sua madre, quando aveva scoperto che suo padre aveva un'altra
donna.
Non
aveva mai scoperto chi fosse questa; non che avesse mai minimamente
pensato di chiederlo a sua madre.
Lei
non aveva mai smesso di soffrire per lui.
'Non
ti fidare degli uomini Elisa, sono tutti stronzi' era la classica
perla di saggezza di sua madre, e lei per molto tempo aveva pensato
fosse vero.
Poi
aveva incontrato Harry e si era ricreduta.
E
poi era arrivato Niall, e lì, aveva ripensato che la madre
magari avesse avuto un po' ragione.
Le
6.02 a.m. segnava l'orologio elettronico sul comodino.
Non
si sarebbe mai riaddormentata. Tanto valeva guardare l'alba, così
si affacciò alla finestra, scostando le tendine viola.
Elisa
si pietrificò quando lo vide.
L'uomo
misterioso.
Era
lì.
In
piedi.
Sotto
la sua finestra.
E
guardava dritto nella sua direzione.
Indossava
un cappotto nero e dei pantaloni neri, come la sera prima.
Elisa
rimase paralizzata.
Chi
era?
Adesso
aveva davvero tanta paura.
Lasciò
andare la tenda, indietreggiando lentamente.
Tremava
dalla paura.
Quando
la tenda ebbe oscurato completamente la finestra, Elisa corse giù
per le scale e si fiondò sul telefono.
Le
dita le tremavano, quindi ebbe qualche difficoltà a comporre
il numero.
Harry
bussò alla porta. “Elisa sono io, aprimi” disse.
Elisa
lo stava aspettando dietro alla porta. Appena Harry mise un piede in
casa Elisa l' abbracciò singhiozzando.
“Shh.
Elisa. Elisa...” disse Harry prima di baciarla la fronte “ci
sono qua io, va tutto bene calmati.” Elisa si aggrappò
al suo giubbotto, bagnandoglielo con le sue lacrime.
“Elisa”
mormorò Harry accarezzandole i capelli.
Erano
sdraiati su quel letto da quasi un'ora.
Lui
non l'aveva forzata a parlare.
Ma
adesso aveva assolutamente bisogno di sapere cosa l'avesse ridotta in
quello stato.
“Sei
consapevole che mi stai facendo impazzire?” sussurrò al
suo orecchio.
Lei
chiuse gli occhi.
Harry
aveva lasciato che lei si sfogasse, piangendo senza sosta per un bel
po'.
Elisa
sospirò.
Le
facevano male gli occhi per quante lacrime aveva permesso che
cadessero. Harry stava aspettando una spiegazione.
Ma
che spiegazione poteva mai dargli lei?
Non
sapeva spiegare neanche a se stessa, gli eventi che si stavano
susseguendo in quella settimana.
Quella
settimana che sembrava la più lunga e la più infernale
di tutta la sua vita.
“Harry”
incominciò, ci avrebbe provato, a spiegargli quelle poche cose
che sapeva
“io
non so spiegarti tutto. Posso solo chiederti di ascoltarmi e non
interrompermi” disse.
Harry
annuì perplesso, non gli piaceva tutte quella questione.
Elisa
si tirò su.
Andò
alla scrivania e prese l'anello.
Se
avesse dovuto raccontare tutta la storia avrebbe avuto bisogno di un
aiuto.
“Pochi
giorni prima che tu tornassi, io ho conosciuto un ragazzo, Niall”
Harry
stava per parlare ma Elisa lo precedette “non interrompermi, si
comunque, quel
Niall,
quello che mi ha trovato dopo l'incidente; in ogni caso, la sera dopo
sono andata a cena da lui e mi sono ubriacata, insomma..”
Elisa
non sapeva come dirlo “Io.. sono rimasta a dormire da lui
perchè non ero in condizioni di guidare”
Aveva
un senso, non era la verità, ma aveva un suo sfondo di
plausibile.
Harry
annuì, vagamente sospettoso che ci fosse dell'altro. “Insomma,
Niall alle tre di notte, mi sveglia e mi caccia. Sono tornata qui ed
ho scoperto che erano appena entrati dei ladri in casa”
Harry
strabuzzò gli occhi.
Elisa
continuò ignorandolo. “E però non hanno rubato
nulla, hanno solo fatto confusione, e..non so, sembrava come se
avessero cercato qualcosa. Capisci?”
“Si
credo..” mormorò Harry ancora seduto sul letto.
Elisa
invece stava misurando a grandi passi la stanza.
“Qualche
giorno dopo sei tornato tu, e quella sera Giselle ha conosciuto Zayn,
e la cosa mi puzzava, perchè avevo il sospetto che Zayn avesse
a che fare con quello stronzo di Niall”
Harry
non capiva, Niall non gli era sembrato uno che caccia le ragazze dal
letto alle tre di notte, Zayn era più quel tipo.
“E
infatti avevo ragione, quei due vivono insieme. E ho paura di loro,
Harry.
Giselle
mi ha raccontato delle cose su di loro...” Elisa scosse la
testa.
“Cose?”
chiese Harry alzando un sopracciglio. Quali
cose?
“Si
Harry, Giselle ha detto che Zayn, lavora per un qualcuno che vuole a
tutti i costi il mio anello”
“Quale
anello?” chiese Harry.
“Questo”
rispose Elisa allungando la mano sinistra. “Era di mia madre,
me lo diede la nonna quando lei morì, era nascosto tra le sue
cose. Non so perchè sia così importante per loro...”
ammise scuotendo la testa.
“E
sta notte che è successo?” chiese Harry grattandosi il
collo, cercando di mettere insieme i pezzi.
Iniziava
a non piacergli affatto tutta quella storia.
“Ieri
sera mentre tornavo dal supermercato ho visto qualcuno, non Zayn, né
Niall, che mi seguiva … e sta notte, io ho fatto un incubo e
quando mi sono svegliata ho visto che alla finestra c'era sempre
quell'uomo che mi fissava. io.. io ho avuto paura Harry. Ho ancora
paura.”
Senza
volerlo riniziò a piangere, Harry si alzò dal letto e
l'andò ad abbracciare. Sentiva però che c'era
qualcos'altro che preoccupava Elisa.
Qualcosa
che non le aveva detto.
“Elisa..”
iniziò Harry. Ma Elisa lo interruppe subito “Si c'è
dell'altro.”
Harry
si staccò per guardarla meglio negl'occhi.
Rivide
quello sguardo di mesi prima.
Quando
lo aveva lasciato e lui aveva creduto che Elisa fosse rinata.
Bè
adesso aveva di nuovo quella maschera sul volto.
Dura.
Fredda. I suoi occhi erano color muschio.
“Io
sono andata a letto con Niall quella notte Harry” disse con
voce piatta.
Harry
sapeva perfettamente che non aveva nessun diritto, né di
essere geloso, né di essere arrabbiato; Elisa a quei tempi non
era più la sua ragazza... lo aveva mollato da mesi.
Ma
lui non ce la fece. Si staccò da lei.
“Scusa”
mormorò Elisa, guardando Harry avvicinarsi alla finestra senza
parlare.
“So
che sei arrabbiato ora... ma io e te...”
“No
Elisa, non sono arrabbiato. Ma sai che ti dico?” chiese
guardandola. “Sono deluso. Insomma...” Harry si passò
una mano tra i ricci.
Non
la voleva guardare negli occhi. “Io ho passato tre mesi, in
Australia a piangere per te, tutte le sante notti; e tu qui, ci davi
dentro come non mai..” Harry aveva fatto tutto quel discorso
rivolto alla finestra, non voleva darle la soddisfazione di vederlo
di nuovo piangere.
“Io...
non so che dirti...” disse lei allargando le braccia.
“Lui
ti piace ancora?” chiese, girandosi per guardarla negl'occhi.
Ora
aveva bisogno di farlo, voleva vedere se mentiva o no, anche se
sarebbe stato difficile dirlo, ora che indossava quella maschera.
Elisa
sbarrò appena gli occhi, sorpresa da quella domanda.
Non
ci aveva mai pensato.
Le
piaceva ancora Niall?
Quando
lo aveva conosciuto lo aveva trovato bello e angelico.
Ma
dopo aveva provato solo disgusto per come l'aveva trattata.
E
poi non aveva neanche avuto il tempo di pensarci perchè Harry
era ritornato nella sua vita come un boomerang.
E
quando lo aveva rivisto, qualche giorno prima, non sapeva cosa avesse
provato di preciso.
Dolore?
Rancore? Gratitudine? Non lo sapeva davvero.
Harry,
in piedi accanto alla finestra, interpretò in un altro modoil
silenzio di Elisa.
“Non
c'è bisogno che tu aggiunga altro” disse amaramente.
Poi,
con le lacrime agl'occhi, la superò e scese le scale.
Elisa
chiuse gli occhi.
Avrebbe
voluto inseguirlo, dirgli che non aveva capito nulla.
Che
lei lo amava.
Ma
non voleva infilarlo ancora di più in una cosa in cui lui non
c'entrava.
Voleva
proteggerlo.
Da se stessa e dai suoi casini.
Così
lasciò che lui se ne andasse sbattendo la porta.
Un'ultima
lacrima rigò la sua guancia.
L'infermiera
bussò alla porta della sua stanzetta.
“Signora
Van Helsing, c'è sua nipote” disse lasciando che Elisa
entrasse nella stanza.
Era
raggiante. Gli occhi della nonna si illuminarono quando vide sua
nipote sorriderle.
“Ciao
cara” disse sistemandosi meglio sulla poltroncina foderata
accanto alla finestra su cui era seduta. Si appoggiava al suo vecchio
bastone anche se non ne aveva alcuna necessità.
Elisa
si accomodò nella poltrona di fronte. “Ciao nonna, come
stai?”
“Bene.
Tu?” chiese cortese.
“bene”
Elisa aveva un tono incredibilmente dolce, il suo viso era reso
ancora più bello dal sorriso sincero che aveva sulle labbra.
“Sono
successe tante cose questa settimana nonna” disse Elisa
abbassando appena gli occhi. “Sono tornata con Harry ad
esempio” disse sorridendo “anche se oggi abbiamo un po'
litigato...”
La
nonna ascoltava interessata, come una bambina a cui viene raccontata
una favola per farla dormire.
“Sai
nonna..” Elisa si morse un labbro.
Non
sapeva che altro dirle. Non la voleva far preoccupare.
La
donna anziana osservava quella bellissima ragazza di fronte a se,
pensando che non ne avesse mai visto di così belle.
L'ultima
volta che l'aveva vista l'era parsa visibilmente stanca e provata.
Ora
invece era piena di energie. Di vita.
Il
suo sguardo cadde sull'anello che indossava.
Quell'anello.
Appartenuto
prima a lei, poi a sua madre ed ora ad Elisa.
“Nonna..?”
chiese Elisa, aveva parlato, ma la nonna chiaramente non l'aveva
ascoltata, vide il suo sguardo fisso sull'anello.
La
nonna alzò gli occhi incredibilmente vispi per la sua età.
Era
giunto il momento che qualcuno le rispondesse, pensò Elisa.
E
la nonna era l'unica che avrebbe potuto farlo.
“Nonna,
io ho bisogno di sapere qualcosa in più su questo anello”
Per
quanto tempo si possono mantenere i segreti?
Questo
è un capitolo un po' particolare, lascia un po' di cose
irrisolte.
Ma
spero vi piaccia.
Vi
preannuncio che il prossimo sarà un capitolino bello carico di
roba.
Ciao
a tutti!
Xx
Cla_
|
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Capitolo 15 *** 15 ***
Capitolo
15°
Zayn
odiava le stanze degli ospedali. Tutta quella luce innaturale, tutti
quei fili, quei tubi, quelle macchine e quei rumori elettronici.
Aveva
sempre odiato gli ospedali in generale. Da quando suo nonno era
morto. Quell'evento lo legava ad un dolore profondo che era riuscito
a superare con molta difficoltà nel tempo. E ce l'aveva fatta
soprattutto grazie a sua sorella. Becky. Che adesso era lì.
Sdraiata in uno stupido letto di quello stupido ospedale, in bilico
tra la vita e la morte.
Zayn
la guardava respirare in modo regolare. Legata a quella macchina. E
pensava a quanto fosse stata stronza.
Lo aveva lasciato lì. E ora lui stava facendo troppe stronzate
solo per lei.
'Perchè?
Perchè quella sera non sei rimasta a casa, invece di uscire?
Perchè ora tu sei qui, in questo letto, e io sono là
fuori a lottare per te? Perchè?'
Niall
entrò nella stanza, appoggiandosi contro lo stipite della
porta. In mano stringeva due caffè delle macchinette.
“Ti
manca?” chiese il biondo allungandogli il bicchiere.
“E'
mia sorella, Niall, certo che mi manca” disse Zayn fissando
Becky che sembrava dormisse serena. “mi manca da morire”
aggiunse abbassando gli occhi e prendendo un sorso di caffè.
Niall gli posò una mano sulla spalla.
“Sai
manca anche a me” disse.
Zayn
si chiese perchè lo avesse detto. Ovvio che gli mancava, Becky
mancava a tutti.
Con
la sua euforia, i suoi modi dolci e il suo sorriso contagioso faceva
innamorare chiunque e Niall era stato innamorato di lei per molto
tempo, ne era sempre stato sicuro.
“Sei
ancora convinto di quello che stiamo facendo?” chiese Niall
titubante “lei non avrebbe voluto Zayn, lo sai.”
Zayn
annuì. “Si ma lei non è qui e Louis è
l'unico che può dirci cosa è successo a Becky quella
notte, chi le ha fatto questo, e magari può riportarla in
vita” disse.
“Lo
credi davvero? Credi che lui la riporterebbe in vita?” Quanto
poteva essere ingenuo Zayn, come faceva a non capire che a Louis non
importava nulla di Becky?
“Louis
l'ha promesso, lo farà” disse semplicemente l'altro,
uscendo dalla stanza, lasciando Niall da solo con Becky in coma in
quel letto.
Niall
si grattò la testa e si passò la mano sul viso
stropicciandosi gli occhi.
Quanto
avrebbe voluto svegliarsi e scoprire che quello era stato solo un
brutto sogno.
Niall
si abbassò verso la ragazza e le lasciò un bacio sulla
fronte, prima di uscire anche lui dalla stanza.
Lasciando
che Becky dormisse tranquilla, ignara di tutto quello che le accadeva
intorno.
Zayn
era fuori dall'ospedale, sotto la tettoia perchè stava di
nuovo piovendo.
Chiuse
la chiamata e infilò il cellulare nella tasca posteriore dei
Jeans dopo aver parlato al telefono con Louis.
Niall
lo raggiunse da dietro.
“Era
Louis” mormorò Zayn sentendolo arrivare e accendendosi
una sigaretta.
Niall
osservava la pioggia cadere. “Cosa ti ha detto?” chiese
preoccupato ma in un certo senso anche rassegnato alle richieste
assurde che Louis era solito fargli.
“Che
sta sera dobbiamo agire come ci ha detto” disse Zayn senza
batter ciglio.
Niall
invece rimase stupito. “Sta sera?” ripetè “ma
piove e... non è un po' presto...? io pensavo volesse
aspettare...”
“Facciamo
quello che dice lui, Niall, e se lui dice sta notte, allora è
stanotte.”
disse
Zayn prendendo un lungo tiro dalla Wiston.
“Ci
servirà Giselle” fece notare dopo qualche secondo e
senza troppo entusiasmo Niall.
“Già,
purtroppo” convenne Zayn mentre guardava il cielo nuvolo.
Sarebbe
stata una lunga notte, pensò.
Giselle
non era rimasta affatto sorpresa quando Zayn l'aveva chiamata quel
pomeriggio, chiedendole di uscire a cena fuori. Aveva immaginato che
Zayn non fosse uno che mollava facilmente.
E
lei aveva fatto come le aveva chiesto Elisa: aveva detto di si, in
modo che potesse capirne di più.
Ci
avrebbe almeno provato, a scoprire chi fosse il misterioso uomo per
cui Zayn lavorava.
E
ora si ritrovava nello stesso ristorante di qualche sera prima,
seduta di fronte allo stesso ragazzo, solo che lui non era più
il suo grande amore ma semplicemente l'uomo che più detestava
sulla faccia della Terra.
Ma
lei doveva fingere di essere ancora cotta di lui.
E
la cosa le stava riuscendo abbastanza bene, nonostante la forte
tentazione di infilzarlo con la forchetta urlando 'brutto stronzo
muori'.
Zayn
le prese la mano sul tavolo e Giselle trattenne uno sguardo di
disgusto.
“Mi
dispiace davvero per tutto quello che è successo Gi. Io sono
uno stronzo, lo so, ma credo di amarti davvero, e vorrei morire
quando ripenso a quello che ti ho fatto” Zayn era un ottimo
attore, dai tempi delle recite alle elementari elui ne era sempre
stato fiero, ma mai come in quel momento.
'Tu
non sei un bravo attore. Sei solo un bugiardo patentato. Ma sai
qual'è il problema dei bugiardi, caro Zayn? Che una volta che
ne dicono una, di bugia, ne diventano dipendenti.' pensò
Giselle, ma non lo disse, anzi si costrinse a sorridere languidamente
a quel ragazzo, provando solo una gran pena per lui.
“Vieni,
ti voglio portare in un posto, è speciale per me” disse
tutto di un tratto Zayn alzandosi dal tavolo anche se nessuno dei due
aveva finito quello che aveva nel piatto.
Giselle
decise di continuare il bluff e assecondarlo, anche se non poteva non
ammettere di avere un po' di paura.
Dove
l'avrebbe portata, e soprattutto, cosa le avrebbe fatto?
Si
chiese Giselle, ma era troppo tardi per tirarsi indietro, sarebbe
stato inutile anche, perchè lui con le buone o con le cattive
l'avrebbe portata in quel luogo.
Zayn
aveva capito da subito che c'era qualcosa che non andava nel
comportamento di Giselle, non era esuberante e dolce come al solito.
Sicuramente aveva accettato il suo invito convinta che avrebbe
gestito la situazione, e lui se l'era già immaginato
dall'inizio. Ma non credeva che lei lo avrebbe seguito a quel punto.
Ma stranamente lo fece, salì con lui in macchina e senza dire
una parola aspettò che lui accendesse il motore e mettesse la
sicura, per evitare che lei tentasse la fuga.
Doveva
avere un piano, pensò, e qualunque questo fosse, Zayn dubitava
fortemente che avrebbe funzionato con lui.
Solo
a metà del tragitto Giselle gli chiese dove la stesse portando
esattamente. Non che si aspettasse che lui glielo dicesse, ma non
riusciva a trattenere la curiosità.
Lui
non rispose infatti, si limitò a sorridere “Lo vedrai
presto baby”
La
macchina sfrecciava silenziosa sulla strada bagnata, uscendo pian
piano dai confini della città spostandosi verso il bosco.
Superarono
il ponte sul fiume Tweed e Giselle iniziò ad allarmarsi.
La
tensione dentro quella macchina era palpabile.
Lei
guardava fuori dal finestrino cercando disperatamente di capire la
meta, e Zayn fissava di sbieco la bionda al suo fianco con un ghigno
di soddisfazione dipinto sul volto.
Solo
quando furono arrivati al vecchio castello di Berwick, sul fiume,
Giselle capì che seguire Zayn non era stata affatto una buona
idea.
“Scendi”
disse Zayn, il suo tono ora era freddo, diverso da quello che aveva
usato per tutta la cena.
Che
non fosse stata una buona idea, pensò Giselle, era un
eufemismo.
Ma
qualunque cosa Zayn avesse voluto da lei, non l'avrebbe ottenuta.
Giselle
avrebbe lottato fino all'ultima goccia di sangue, per proteggere
Elisa.
“Non
cambierai mai, eh Zayn?” disse retorica, prima che lui
scendesse dalla macchina, lei lo imitò rassegnata.
“Giselle,
sai perchè si dice che le bionde siano stupide?”
“No
Zayn perchè?” chiese Giselle tenendo la testa alta e un
tono di sfida, mentre il moro le si avvicinava.
Voleva
mantenere un minimo di dignità, nonostante fosse spaventata a
morte.
“Perchè
chi lo disse doveva star pensando a te” disse Zayn sorridendo.
Giselle
gli rispose con un sorriso ironico e con il viso contratto dall'odio
che provava per quel ragazzo così maledettamente bello.
“Sai
perchè in genere si è razzisti nei confronti degli
immigrati, Zayn?” chiese a sua volta lei. Zayn non rispose.
“perchè si pensa a gente come te” concluse Giselle
sorridendo. “ora dimmi quello che vuoi da me, e sappi solo che
non ti dirò una parola, dovrai passare sul mio cadavere per
avere qualcosa.” disse Giselle incrociando le braccia al petto
alzando un sopracciglio.
Era
pronta anche a scappare volendo, anche se dubitava sarebbe andata
molto lontana, con quei tacconi, e con Zayn che aveva il doppio delle
sua gambe e della sua resistenza.
Urlare
non poteva, o meglio, sarebbe stato inutile, visto che erano al
centro del bosco e nessuno, a parte qualche cervo, l'avrebbe potuta
sentire.
Restava
l'unica soluzione, combattere, ma probabilmente era la cosa più
stupida in assoluto.
“Veramente
credi voglia sapere qualcosa, da
te?”
chiese Zayn divertito. “No Giselle” disse scuotendo la
testa, “da te non mi serve nulla, mi servi solo viva..” e
sorrise. “Niall” urlò tutto d'un tratto, e il
biondino uscì dal buio con delle corde in mano.
Giselle
spalancò la bocca: ora era davvero terrorizzata; non
credeva che anche Niall fosse in mezzo quella storia; lui era diverso
da Zayn, era migliore.
Lo
aveva capito da quando lo aveva visto mentre raccoglieva Elisa dalla
strada e la salvava.
Non
poteva essere anche lui così.
Giselle
lo guardò con aria supplichevole.
Niall
non voleva vederla in viso, avanzò verso la bionda con le
corde in mano, a testa bassa, e si odiava nel profondo, per quello
che stava per fare.
Due
uomini contro una ragazza. Che pezzi di merda.
Giselle
sarà anche stata bionda, ma non era stupida come diceva Zayn,
e questo lo aveva sempre saputo, quindi si tolse piano i tacchi,
cercando di non farsi notare.
Poggiò
il palmo dei piedi nudi sul terriccio bagnato, e un brivido di freddo
le attraversò il corpo.
Freddo
mischiato ad adrenalina.
Zayn
e Niall si guardarono, gli occhi color ghiaccio del più basso
esprimevano tutto il suo sconforto e il suo ribrezzo per quello che
stavano per fare a quella povera ragazzina.
Gli
occhi nocciola di Zayn, invece, non rivelarono nessun sentimento.
Erano freddi, duri, calcolatori.
Sapeva
quel che doveva fare e perchè
lo dovesse fare.
C'è
un limite di cose che una persona può fare, per amore della
propria sorella?
Zayn
e Niall avevano risposte diverse a questa domanda.
Ma
Niall, pensò Zayn, non aveva nessun diritto di guardarlo in
quel modo, perchè in coma in quel letto, appesa tra la vita e
la morte, non c'era la sorella dell'amico, c'era la sua, la
sua Becky.
La
mente di Giselle era paralizzata dalla paura, come ogni suo muscolo
del corpo. Fino a dove si sarebbe potuto spingere Zayn con lei?
Nella
sua mente si materializzarono due opzioni: scappare o fare quello che
lui le diceva di fare.
Ma
Giselle non avrebbe più preso ordini da un uomo, mai più.
Decise
che ci avrebbe provato, 'tentar
non nuoce'
pensò.
Così,
più veloce di quanto avrebbe mai creduto di poter correre, si
girò e si diresse verso il bosco.
Zayn
e Niall non se ne accorsero subito, presi com'erano da quel dialogo
silenzioso.
I
rami e le spine si conficcarono nei piedi scalzi della ragazza, che
urlò di dolore ma non si fermò. Portare i tacchi
ventiquattro ore su ventiquattro anche al cesso, le aveva fatto
crescere dei bei muscoli e ora le sue gambe erano scattanti come non
mai, forse merito anche dell'adrenalina che aveva in circolo.
Corri
per Elisa,
corri
per lei
pensò incurante del dolore ai piedi e della fatica.
Zayn
osservò Giselle correre.
'Stupida'
aveva pensato; era scalza, ed era si e no un metro e sessantacinque,
dove sarebbe voluta andare? Prese ad inseguirla con tutta la velocità
e la potenza del suo corpo.
Ma
Giselle correva più veloce di quanto Zayn avesse creduto
all'inzio.
Non
abbastanza
veloce però.
Zayn
sembrava un segugio a caccia, pensò Niall disgustato,
guardandolo correre tra gli alberi. In meno di due minuti l'aveva
raggiunta.
Ma
anche quando lui l'afferrò per il bacino, lei non smise di
lottare, e iniziò a dimenarsi come una pazza, urlando con
tutto il fiato che aveva in gola, nonostante non ne avesse quasi più,
ormai.
'avanti
ci sarà uno stupido cacciatore da queste parti' pensò
disperata mentre cercava di liberarsi dalla presa di Zayn.
Lui
le mise una mano sulla bocca. “stai zitta, cazzo” urlò
strattonandola.
Ma
lei non ci pensava minimamente a stare zitta, così lo morse.
Zayn
la lasciò cadere a terra, facendole sbattere ginocchia e viso
con forza. “Brutta puttana! mi hai morso... Niall!” Disse
sconcertato, guardandosi la mano sanguinante, non pensava avesse
fatto così tante storie quella biondina.
Giselle
avrebbe ripreso a correre, si stava già alzando, ma qualcuno
la bloccò, affondandole il viso nel fango, e le portò
le mani dietro alla schiena.
Nonostante
l'umiliante posizione di sottomissione, lei continuò a
ribellarsi con tutte le forze che aveva, ed a urlare.
“Lasciami
andare! Bastardo!!” ruggì con la bocca piena di terreno
e foglie. La guancia e il naso stavano premendo con forza sulle spine
e i rami, graffiandola.
Niall
la teneva ferma, con il ginocchio piantato contro la schiena,
spingendola per terra, mentre Zayn le legava i polsi e le caviglie
con le corde.
“Sei
proprio una piccola stronzetta, Giselle, complimenti” mormorò
Zayn a denti stretti tirandola su, e girandola per guardarla bene in
viso. “ma non ci provare mai più” disse.
Era
sporca di fango e terra e tutto il suo bel visino curato non aveva
più nulla di dolce o sexy. Sembrava un piccolo cucciolo di
tigre catturato da un cacciatore. La teneva a qualche centimetro
dalla sua faccia, contento che lei ormai non potesse fare più
niente per scappargli.
Giselle
aveva capito che urlare ormai non sarebbe servito più a nulla,
era chiaro che da quelle parti non ci fosse proprio nessuno.
Guardò
il viso di Zayn che un tempo aveva trovato così bello e
provocante, ora era contratto dalla rabbia.
Senza
pensarci, gli sputò in faccia, dritto sotto l'occhio.
Zayn
non ci potè credere, come
cazzo aveva osato sputarle in faccia?
Chi
cazzo si credeva di essere quella ragazzina?
La
guancia di Giselle fu colpita con tutta la rabbia che Zayn aveva in
corpo.
L'aveva
schiaffeggiata. Zayn aveva schiaffeggiato una donna.
Quanto
si era ridotto in basso, pensò il suo amico.
L'aveva
colpita col dorso della mano destra, e ora la guancia di Giselle era
rossa e sanguinava leggermente.
Lei
non avrebbe mai voluto dargli quella soddisfazione, ma senza volerlo
i suoi occhi si riempirono di lacrime, per il dolore.
Un
dolore unicamente fisico, perchè Zayn l'aveva già
ferita in passato in tutti gli altri modi possibili.
Probabilmente
lui avrebbe anche continuato a picchiarla, se Niall non fosse
intervenuto, mettendosi davanti a Giselle, facendogli scudo con il
suo corpo.
“Basta
Zayn! Basta!” urlò il biondo spalancando le braccia.
Zayn
parve riprendersi un po'. Il suo viso era ancora deformato dalla
rabbia però, e qualsiasi suo bel lineamento del viso, era
stato cancellato.
“Dove
hai il cellulare?” chiese tutto d'un tratto a Giselle cercando
di controllarsi.
Lei
strabuzzò gli occhi. Il cellulare? Perchè gli serviva
il cellulare?
“Rispondi”
ruggì Zayn, ma lei non si mosse.
“rispondi
Giselle, non ti voglio fare altro male” disse Zayn e sembrava
sincero. Ma lei non gli avrebbe risposto. Serrò la mascella e
alzò il viso sporco con fierezza.
Lo
avrebbe cercato lui quel maledetto cellulare, se gli serviva. Lei non
lo avrebbe mai aiutato nel suo piano, qualunque esso fosse.
“Ok
facciamo a modo tuo Giselle” disse lui avvicinandosi alla
ragazza, che cercò di divincolarsi.
Niall
la teneva ferma da dietro, mentre Zayn cercava il cellulare nelle
tasche del giubbotto rosa.
“Bingo!”
esclamò tirandolo fuori con aria trionfale e sventolandoglielo
sotto il naso.
“Cosa
vuoi fare?” sputò fuori Giselle, che ormai si era
leggermente calmata e l'odio e il ribrezzo avevano preso il posto
della paura e della rabbia.
Zayn
la guardò senza risponderle, mentre schiacciava i tasti del
cellulare.
“Bene,
ora aspettiamo” disse una volta finito di usare il telefono,
tirando fuori dalla tasca dei pantaloni il fedele pacchetto di
Wiston. “Gradisci?” chiese allungando il pacchetto verso
Giselle con un ghigno bastardo.
“Spero
tu muoia Zayn” rispose lei con una smorfia di disgusto.
Elisa
era seduta su una delle sedie di legno dell'ikea in giardino, in una
mano stringeva la decima sigaretta di quelle due ore, e nell'altra
l'anello della madre.
Era
tardi, tipo le nove di sera.
Giselle
era uscita con Zayn alle sette e ancora non si era fatta sentire. Che
le fosse successo qualcosa?
Elisa
continuò a rigirarsi l'anello nella mano osservandolo
attentamente.
Risentì
nella sua testa le parole che la nonna le aveva detto la mattina.
“Quell'anello
è da sempre appartenuto alla nostra famiglia Elisa, mia madre
me lo lasciò prima di morire, e io lo diedi a tua madre, e
quando lei morì volle che io lo lasciassi a te.” La voce
della nonna era calma e dolce.
“Nonna,
ci sono delle persone che lo stanno cercando.. e io non so il perchè”
“Chi
lo sta cercando Elisa?” la nonna parve leggermente scossa
dall'affermazione della nipote. Elisa si limitò ad alzare le
spalle.
“Elisa,
tieniti stretto quell'anello, non darlo a nessuno, neanche per tutto
l'oro del mondo” si raccomandò la nonna, prendendole le
mani e stringendogliele.
“Perchè
nonna...? cos'ha questo anello di così di valore?”
chiese senza capire. Era andata da lei per delle spiegazioni, e
invece ora era solo più confusa di prima.
“E'
un anello magico Elisa”
disse la nonna e i suoi occhi verdi brillarono.
Elisa
aveva creduto che la nonna avesse iniziato a soffrire di Alzheimer,
quando le aveva dato quella risposta.
Insomma,
andiamo!! Un anello magico!?!
'Ma
dove siamo nel Signore degli Anelli?' pensò Elisa scuotendo la
testa.
Adesso
ci mancava solo che uscisse Gandalf a urlare 'You shall not pass'.
Legolas,
Frodo e Aragon però dov'erano, eh?
Gli
elementi più interessanti della storia! Quei tre pezzi di
ragazzi!
Elisa
sorrise tra se e se all'idea assurda che quello fosse,
effettivamente, un anello magico.
Che
cosa senza senso.
Ma
in fondo, quali altre spiegazioni si potevano dare a quella serie di
eventi?
Perchè
qualcuno avrebbe dovuto essere così fissato con quell'anello
da non lasciarla in pace?
Magari
era molto prezioso. O magari era un pezzo da collezione.
Ma
Elisa non ne era poi così convinta. Spense la sigaretta nel
posacenere e si infilò l'anello che brillò al suo dito.
Le stava incredibilmente bene, quella pietra così scura e
lucida in contrasto con la sua pelle pallida e opaca.
Che
quell'anello fosse o meno magico, Elisa non lo sapeva, ma di una cosa
era certa.
Quell'anello
era magico per lei.
Sapere
che sua madre aveva voluto lasciarglielo la riempiva di felicità,
e amore.
Alzò
gli occhi al cielo pensando alla madre.
Tutto
ciò che vide in un primo momento fu solo il buio della notte.
Ma
poi vide le stelle luminose nel cielo della Scozia che lottavano
contro la nebbia, gli uccelli volare liberi tra le nuvole, e la Luna,
piena quella notte, splendere e illuminare tutta la sua amata terra.
Quella
luna cosi luminosa rendeva il cielo di un blu stupendo, quasi color
zaffiro.
'ricordati
che senza il buio Elisa, non ci sarebbe la luce'.
Il
viso rugoso e dolce della nonna si fece largo tra i suoi pensieri e
Elisa sorrise involontariamente.
Non
le importava sapere in che senso quell'anello fosse magico, lei lo
avrebbe protetto a qualunque costo. Anche fino alla morte.
Il
cellulare vibrò sul tavolino. Era un messaggio di Giselle.
Alleluia
alleluia. Ora era sollevata.
“Vieni
al vecchio castello sul fiume, ho delle cose urgenti da dirti su
Zayn...e sull'anello. Xx G.” lesse ad alta voce.
Il
vecchio castello?
Perchè
Giselle era al vecchio castello? E perchè non l'aveva
chiamata? Lei odiava gli sms.
Aveva
sempre detto che i messaggi erano l'invenzione più stupida
dopo lo scalda-merendine e il gioco del curling.
Elisa
capì immediatamente che c'era qualcosa che non andava.
Ma
che altre opzioni aveva?
Non
poteva ignorare il messaggio.
E
poi, se Giselle avesse veramente avuto bisogno di lei?
'Ma
è una trappola, non capisci?!' urlò la parte logica del
suo cervello.
La
sua amica sarebbe andata a casa sua, non le avrebbe chiesto di andare
in quel luogo sperduto e isolato. Era ovvio.
Ma
non le importava dopo tutto, perchè, anche se era chiaramente
una trappola, Zayn doveva avere Giselle, quindi lei non aveva scelte.
Si
alzò dalla sedia e andò al piano di sopra.
Se
doveva andare in mezzo al bosco da sola, ci sarebbe andata ben
equipaggiata.
Afferrò
la prima cosa che si trovò davanti: la mazza da baseball che
aveva comprato due anni prima con Harry a New York.
Sapeva
che, chiunque la stesse aspettando al vecchio castello, avrebbe avuto
armi più potenti di una mazza da Baseball, ma sempre meglio
che nulla.
Si
infilò la giacca, la sciarpa, il cappello, i guanti, e gli
anfibi.
Tutta
vestita di scuro si sarebbe mimetizzata con la notte facilmente.
Prese
uno zainetto e ci mise dentro: una torcia, uno spray al peperoncino
-scaduto- e il suo vecchio cellulare, di riserva. 'Non
si sa mai' ,
pensò.
Si
infilò lo zaino, il casco e si tirò su la sciarpa fino
al naso.
Salì
in soffitta dove trovò un vecchio kit da pesca di Harry;
perfetto,
c'era anche un coltello.
Lo
infilò negli stivali e scese passando davanti a uno specchio:
Sembrava un blackblock, notò mezza spaventata e mezza
eccitata.
Alla
fine infilò la mazza nello zaino e uscì di casa.
Parcheggiò
la moto lontana dal castello e si tolse il casco, tirando fuori la
mazza dallo zaino.
Non
voleva che la sentissero arrivare, ma era pronta a eventuali
attacchi.
Camminò
nel bosco per una decina di minuti e pian piano che camminava verso
il castello sentiva delle voci sempre più forti e distinte
provenire da lì vicino.
Si
avvicinò cautamente senza far rumori al confine del bosco.
“Non
mi toccare” riconobbe la voce di Giselle.
Oddio
cosa le stavano facendo?
“Potete
non litigare ogni secondo, voi due?” Questa voce la conosceva.
Angelica
e... sensuale.
Niall.
Indietreggiò
di un passo e l'anfibio schiacciò un ramo, che si spezzò
a metà con un sonoro 'Crak'.
Strinse
gli occhi dalla paura. Cazzo.
“Shh”
disse una voce più roca e forte. Zayn.
“Avete sentito?” chiese di nuovo la voce.
“Sarà
stato un cervo Zayn” questo era di nuovo Niall.
Elisa
trattenne il fiato cercando di non respirare rumorosamente.
Poi
vide un lampo di luce puntato dritto su di lei.
Si
nascose al volo dietro un albero.
Zayn
illuminò con la torcia il bosco da cui era venuto il rumore e
vide qualcosa muoversi veloce. “cazzo c'è qualcuno”
mormorò più che spaventato, era eccitato. 'ora si che
si sarebbe divertito'.
Non
sapeva di che pasta fosse fatta Elisa ma sperava fosse meno patetica
della bionda di prima.
Giselle
spalancò gli occhi. Sperò che non fosse l'amica che era
venuta davvero lì.
Era
sicura che Elisa avrebbe capito che era una trappola. Quindi se era
lì, voleva dire che era venuta solo per salvarla.
Ancora
una volta sarebbe stata colpa sua se Elisa avesse sofferto.
“Tu
resta qui” mormorò Zayn a Giselle, prima di fare un
gesto con la testa a Niall.
“E
dove vado? mi avete legato” fece notare Giselle acida.
“Bè
si... comunque non provare a scappare” disse Zayn serio, prima
di incamminarsi verso il bosco.
Niall
andò dall'altra parte.
'cazzo'
pensò Elisa. Stavano venendo di qua.
'e
ora?? avanti Elisa, pensa, pensa...'
Provò
ad indietreggiare, tenendo la mazza ben stretta nelle mani.
Sentì
dei passi avvicinarsi nella sua direzione.
“Zayn?”
sussurrò Niall, era sicuro di aver visto qualcosa muoversi
davanti a se.
Non
sapeva se fosse un animale o una persona.
Elisa
indietreggiò ancora.
“Zayn??”
ripetè Niall.
Elisa
fece un altro passo indietro, ma sbattè contro qualcosa.
O
meglio contro qualcuno.
Si
girò in tempo per vedere contro cosa fosse andata contro: Il
petto di Zayn.
“Presa
piccola” disse questo sorridendo prima di afferrarla.
'merda'.
Eccovi
il 15° capitolo!
Elisa
inizia a scoprire un po' di cose, finalmente.
Adesso
restano Zayn e Elisa nel bosco... cosa succederà?
Spero
vi sia piaciuto!
Xx
cla_
|
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Capitolo 16 *** 16 ***
Capitolo
16°
“Presa
piccola” disse questo sorridendo prima afferrarla.
'merda',
pensò
Elisa, mentre iniziava a divincolarsi dalla presa ferrea di Zayn.
Era
più forte della sua amica, concluse lui soddisfatto, mentre
cercava di bloccarla, aspettando l'aiuto di Niall.
Ma
Elisa era decisamente
molto
più
forte di Giselle e prima che lui se ne potesse rendere conto, lei gli
tirò un calcio in mezzo alle gambe.
Zayn
cadde a terra dal dolore.
Elisa
recuperò la mazza appena in tempo per poter colpire di nuovo
Zayn allo stomaco, visto che si stava rialzando, anche se ancora
piegato in due dal dolore.
“Questo
è per Giselle” mormorò osservandolo ricadere a
terra; quando si girò vide Niall correrle incontro. 'molto
bene'
pensò
Elisa
strinse forte l'arma tra le mani e la fece roteare.
“Elisa
no!” urlò il biondo, quando vide la ragazza avventarsi
contro di lui, con una mazza da baseball in mano; ma Elisa non si
fermò, si chinò sulle ginocchia, e lo colpì alle
gambe e prima che lui potesse far qualsiasi cosa, cadde a terra come
il suo amico.
“E
questo è per avermi portato a letto” disse lei,
tirandogli un calcio all'altezza dello stomaco con l'anfibio “e
per avermi cacciato alle 3” aggiunse prima di pestarlo di nuovo
con forza, mentre Niall sputava sangue sul fango.
Si
girò e iniziò a correre veloce verso il castello.
Giselle
stava cercando di slacciarsi con i denti il nodo che le legava i
polsi, quando sentì qualcuno correre nella sua direzione.
'Dio, fa solo che sia Elisa' pensò spaventata.
Impiegò
qualche secondo a riconoscere la figura completamente vestita di nero
che le si parò davanti.
Elisa
aveva il fiatone ed era vestita come una di una truppa d'assalto: I
jeans scuri infilati negli anfibi neri lucidi, la giacca di pelle
nera, i guanti, la sciarpa e un cappello dello stesso colore. Nelle
mani stringeva una mazza da baseball.
“Elisa!”
esclamò Giselle. Elisa si chinò dall'amica e tirò
fuori dalle scarpe il coltello, tagliando le corde che le legavano i
polsi e le caviglie della ragazza.
Gliel'
avrebbe fatta pagare per bene a quei due stronzi per questo.
La
bionda aveva il viso coperto dal fango e sporco di sangue sulla
guancia. Era scalza e il suo vestito era completamente stracciato.
“Scusami”
disse Giselle in lacrime abbracciandola, una volta che fu slegata.
Elisa
rispose all'abbraccio cercando di calmarla e la prese per mano,
trascinandola via. “andiamo” mormorò.
“Non
così di fretta, bellezza” disse una voce dalle loro
spalle.
Zayn.
'Lo
stronzo non demordeva, eh', pensò Elisa assottigliando gli
occhi e stringendo i denti.
Bene
allora.
Passò
il coltello a Giselle di fianco a lei, che lo impugnò decisa.
Dopo
un secondo comparve anche il biondo, da dietro a Zayn.
Ottimo,
ce ne sarebbe stata per entrambe, pensò Elisa.
Zayn
fece l'occhiolino alla più alta e le fece il gesto di
avvicinarsi con il dito, prima di correrle incontro.
Poco
importava se questa aveva una mazza da baseball in mano, era comunque
meno forte di lui.
Ma
Zayn stava tralasciando un piccolo dettaglio: l'anello.
Elisa
indossava ancora l'anello, sotto i pesanti guanti, e questo le donava
una forza maggiore.
Elisa
fece roteare la mazza in aria. Zayn la evitò per poco.
Elisa
sentì un dolore allo stomaco e cadde; il moro l'aveva
letteralmente placcata, e ora la teneva per i polsi sdraiata per
terra.
Lei
alzò la gamba e gli tirò un calcio nell'addome,
talmente forte, che lo fece volare esattamente dall'altra parte.
Si
alzò in fretta riprendendo la mazza.
Nel
frattempo la bionda aveva passato dieci secondi buoni a fissare Niall
negl' occhi prima di girarsi e scappare.
Aveva
un coltello in mano, è vero, ma non sarebbe mai riuscita a
fare del male a Niall, neanche se l'avesse voluto.
Niall
aspettò ancora, prima di inseguirla,e la vide entrare nella
macchina.
'le
chiavi, le chiavi' pensò Giselle cercandole nella macchina
impanicata
'dove
cazzo aveva messo Zayn quelle chiavi di merda??' pensò.
Scese
e le vide a pochi metri da se, a terra.
Dovevano
essergli cadute dalle mani prima, mentre la inseguiva.
Stava
per raccoglierle quando sentì qualcuno bloccarla e sollevarla.
“Niall,
Niall, lasciami andare!” urlò lei scalciando in aria, ma
il biondo la prese a mò di sacco di patate e la sbattè,
poco gentilmente, contro il cofano dell'auto, bloccandola con il suo
corpo.
“Non
vorrei Giselle, ma devo farlo.” disse dispiaciuto a pochi
centimetri dalla sua faccia fissandola negl'occhi celesti.
Elisa
stava lottando con tutte le sue forze, rotolandosi nel fango con
Zayn, che non riusciva a capire da dove nascesse, tutta quella
forza, in quella ragazzina di appena vent'anni.
Lei
continuava a graffiarlo, morderlo e sferrargli calci con quei
benedetti anfibi. Mentre lui era riuscito a colpirla poche volte: una
volta in viso con un pugno che le aveva fatto sanguinare la bocca, e
due o tre volte nello stomaco.
Ma
Elisa non dava il minimo segno di cedimento... Anzi, sembrava che ad
ogni botta che prendeva, la sua forza aumentasse.
'Niente
a che vedere col patetico tentativo di fuga di Giselle'
pensò Zayn, mentre faceva rotolare, per l'ennesima volta,
Elisa contro il terreno freddo, facendole sbattere la schiena.
Stava
per colpirla sul viso, ma lei lo anticipò con una testata in
mezzo gli occhi. Per un secondo Zayn chiuse gli occhi dal dolore,
portandosi le mani sulla fronte che sanguinava; quando li riaprì
vide Elisa avventarsi sulla mazza appena un metro più in là.
Zayn
aveva sperato di non arrivare a quel punto, era una cosa vile da
parte sua, ma poco importava ormai, quindi estrasse fuori dalla tasca
dei Jeans un fazzoletto in tessuto e si avvicinò ad Elisa che
intanto frugava nel suo zaino, in cerca di qualcosa.
Quando
Elisa si rese conto che Zayn si stava lentamente rialzando dopo la
testata, si tolse lo zainetto dalle spalle, cercando lo spray al
peperoncino. Lo prese in mano e decise di aspettare che fosse più
vicino, prima di girarsi e spruzzarglielo addosso;
vide
Giselle due o tre metri lontana da lei, contro il cofano del
fuoristrada di Zayn cercare di divincolarsi da Niall che la teneva
bloccata lì.
Sentì
Zayn dietro di se, ma prima che si potesse girare, qualcosa le venne
premuto contro il naso e la bocca, impedendole di respirare.
'che
diavolo...?''
Elisa
premette lo spray diretto al viso di Zayn, ma lo mancò di
poco.
Questo
sentì il bruciore sotto l'occhio, e tenne più premuto
il fazzoletto sulla bocca di Elisa che, pian piano perdeva
conoscenza, e la smetteva di divincolarsi come un pesce.
Era
più facile ora tenerla ferma, mentre lei scivolava nelle sue
braccia, priva di forze.
La
testa di Elisa girava. Girava così veloce da farle venire la
nausea.
'Ti
prego smettila di girare..'
supplicò il suo stesso cervello.
Il
buio era interrotto da sprazzi di luce debole. E il silenzio era
disturbato da voci lontane.
Pian
piano Elisa riuscì ad aprire gli occhi. Il naso le bruciava
fortissimo, e sentiva in bocca il sapore disgustoso del sangue. Si
passò la lingua sulle labbra secche, anche quelle coperte di
sangue.
“Si
sta svegliando...” era una voce vicina al suo orecchio eppure
così irreale e deformata, quella che aveva appena parlato.
Elisa
tossì forte perchè il sangue le stava scendendo nella
gola.
“Shh
shh” disse di nuovo la voce e sentì una mano
accarezzarle i capelli. “shh” ripetè la voce
dolce, e Elisa risprofondò nel baratro di buio e pace creato
dalla sua mente.
Lottò,
con tutte le sue forze, per restare a contatto con la realtà,
ma fu tutto inutile; si riaddormentò tra le braccia di uno
sconosciuto.
Quando
rispalancò gli occhi fu a causa di una forte sensazione di
freddo e di... bagnato...?
Mise
a fuoco la figura davanti a se nonostante non ci fosse praticamente
luce.
Moro,
alto, bellissimo: Zayn.
E
in mano teneva una bottiglietta di plastica vuota.
Fantastico,
le aveva buttato dell'acqua in faccia.
Almeno
lavava via il sangue e il senso di sonno dal suo viso.
Elisa
provò un fastidioso dolore ai polsi: era bloccati; l'avevano
legata stretta, idem le caviglie.
Sbattè
gli occhi un paio di volte, cercando di capire dove si trovasse.
Era
un luogo freddo e umido, le pareti erano in pietra, ricoperte da uno
spesso strato di sporco e muffa.
Non
vi erano segni né di luci elettriche, né di
riscaldamento. Vide una grossa finestra a destra, da cui filtrava la
luce, e una larga porta pesante in legno, dall'altra parte della
stanza: Erano nella torre del castello.
Elisa
sentì qualcuno piagnucolare alle sue spalle e girò la
testa: Giselle, qualche metro più indietro, era accovacciata
contro la parete, la testa nascosta tra le gambe, le sue mani e i
suoi piedi legati da spesse corde che le stavano lacerando la pelle.
Elisa,
senza rendersene conto, emise un grugnito di rabbia e qualcuno l'alzò
dal pavimento freddo e duro. Sentiva le gambe molli e deboli.
Zayn
la fissò in viso.
Com'era
docile ora, pensò. Tutta legata come un salame.
“Facciamo
in fretta Elisa e nessun' altro si farà male” disse
stringendole il braccio con forza.
Elisa
non si scompose, digrignò appena i denti.
Sapeva
quello che Zayn voleva, e sapeva anche che avrebbe fatto di tutto per
prenderlo. Con un movimento repentino abbassò lo sguardo sulla
sua mano sinistra. Nuda.
Non
c'era più né il guanto, né l'anello.
Cazzo,
Zayn l'aveva già preso. Cosa voleva ancora allora?
“Dov'è
l'anello?”
ruggì il ragazzo stringendo la presa sul braccio di Elisa, ma
questa non rispose; fissava sconcertata la sua mano sinistra senza
anello, respirando velocemente.
“Dov'è?”
ripetè scuotendola. Lei finalmente lo guardò e balbettò
qualcosa senza senso.
“Bene
allora!” esclamò lasciandola andare “Facciamo a
modo tuo Elisa” disse indietreggiando e allargando le braccia
con un sorriso quasi sadico. I suoi occhi lampeggiavano da tutta la
rabbia che aveva addosso. Tirò fuori dal passante della
cintura un coltello, il suo
coltello. Elisa spalancò gli occhi.
Cosa
voleva fare Zayn con quel coltello?
Zayn
si avvicinò alla ragazza in piedi, che chiuse gli occhi dalla
paura, ma lui la superò, andando dritto verso la piccola
ragazza bionda, ranicchiata in fondo alla stanza.
“No!”
urlò Niall.
Solo
in quel momento Elisa si rese conto che c'era anche lui, nascosto in
un angolo buio della torre. Ma Zayn non lo ascoltò, sollevando
per i capelli biondi Giselle, che urlò.
“Non
farle del male Zayn!” Chiese Elisa disperata iniziando a
piangere “ti prego! Ti supplico!”
Ma
lui non l'ascoltò puntando il coltello alla gola della ragazza
più debole e indifesa.
Niall
si avvicinò a Zayn, fermandosi a qualche passo da lui. “Zayn
stai fermo.. ragiona..” iniziò a dire, cercando di
calmare l'amico.
Ma
lui lo interruppe “No Niall, deve dirmi dov'è l'anello o
ti giuro che la...” ma non finì la frase, non ce la
faceva a dirlo.
Non
le avrebbe mai fatto nulla, ma loro non lo sapevano.
Era
uno stronzo è vero, ma non avrebbe mai fatto del male a
Giselle, non
fino
a quel punto almeno.
Niall
avanzò di un altro passo, tenendo le mani avanti. Ma Zayn
strinse ancora di più Giselle a se, premendo appena il
coltello contro il suo collo.
Poteva
sentire il cuore della ragazza battere all'impazzata e vedere il suo
viso contratto dalla paura. Per un attimo pensò di lasciarla
andare, ma poi si ricordò perchè si trovava lì.
Becky.
“Zayn!
Ti dico dov'è l'anello se la lasci!” disse Elisa,
lasciando tutti di stucco. Giselle spalancò gli occhi.
“Giuro!” insistette Elisa guardando prima l'amica e poi
il ragazzo.
Zayn
lentamente lasciò andare Giselle che cadde per terra, svenuta.
Fu
Niall a prenderla, prima che sbattesse la testa contro la pietra dura
del pavimento. La tenne tra le sua braccia, scostandogli i lunghi
capelli biondi dal viso. Era bella anche ridotta così, pensò
Niall, stringendola a se.
Zayn
si avvicinò ad Elisa. La fissava con la mascella serrata e gli
occhi ridotti a due fessure. “dov'è?” sibilò.
“Io..io..
l'ho lasciato cadere, giù...” mormorò Elisa
cercando di mantenere un'espressione neutra.
“Stai
mentendo..” disse assottigliando ancora di più gli occhi
Zayn e avvicinandosi in maniera minacciosa.
“No
Zayn, non sto mentendo, è giù.” disse.
Senza
l'anello era meno brava a convincere le persone, ma ci stava
riuscendo abbastanza bene anche in quel momento; come se comunque ci
fosse qualcos'altro... vicino al suo cuore, a darle forza.
“Ti
avverto Elisa, se non lo troviamo, Giselle qui, fa una bruttissima
fine” disse Zayn, prendendola per il braccio e trascinandola
con se verso la porta, e poi giù per le scale a chiocciola
della torre.
Elisa
incespicò un paio di volte, ma la presa forte di Zayn le
impediva di cadere.
Una
volta che furono usciti dal castello Zayn la gettò a terra.
“Dov'è?” ruggì. Elisa iniziò a
gattonare in modo umiliante tra il fango e la ghiaia. Le facevano
male le ginocchia e il palmo delle mani, ma non si fermò.
Sentiva
Zayn camminarle dietro, neanche la stesse portando al guinzaglio.
Elisa
tastava con le mani il terreno bagnato, e aveva la vista offuscata
dalle lacrime, tirava su con il naso, cercando di restare lucida,
quando la sua mano incontrò qualcosa di liscio, cilindrico.
Oppalà.
Bingo.
Prese in mano lo spray al peperoncino che le era caduto prima.
“Allora...?”
chiese Zayn.
Lei
borbottò qualcosa in risposta e lui, stanco di quella
sceneggiata, la prese per il braccio e la girò, tirandola su
in piedi.
Ma
in quel momento qualcosa spruzzò nei suoi occhi, accecandolo
col bruciore. Si porto le mani sul viso, urlando dal dolore.
Elisa
cadde per terra e nonostante fosse legata riuscì ad
allontanarsi velocemente, strisciando sui gomiti, arrivando allo
zainetto abbandonato per terra.
Infilò
le mani dentro, cercando affannosamente il vecchio nokia. Ma non lo
trovava. “Andiamo” mormorò morsicchiandosi le
guance dalla paura e dal nervoso. Rovesciò l'intero contenuto
dello zaino per terra, e lo vide.
Si
girò e notò con orrore che Zayn si stava lentamente
riprendendo. Si strofinava gli occhi imprecando contro di lei.
Il
cuore di Elisa batteva troppo forte, e le mani tremanti e sudate non
aiutavano la situazione, mentre cercava di far funzionare quel
vecchio cellulare. Quando lo ebbe, finalmente, acceso le scivolò
dalle mani. 'cazzo,
cazzo, cazzo'.
Si rigirò e vide Zayn avanzare verso di lei con un espressione
che le fece gelare il sangue nelle vene. 'cazzo
muoviti'
pensò sudando freddo, mentre digitava il numero della polizia.
Premette il tasto verde, ma sentì qualcosa tirarla con forza
per i capelli.
Zayn,
nonostante gli occhi gli lacrimassero e bruciassero come fuoco, vide
Elisa ranicchiata appena tre metri più avanti, maneggiare con
un vecchio cellulare.
Adesso
si metteva male per lei, pensò.
Non
gli importava neanche più se l'avesse uccisa 'sta volta.
La
prese per i capelli tirandola con forza. Le strappò il
cellulare dalle mani e schiacciò il tasto rosso. Appena
in tempo.
Elisa
sdraiata da per terra e piangeva. Ma a lui non importava niente di
quanto forte potesse piangere. Con tutta la forza e la rabbia che
aveva in corpo, le sferrò un calcio nello stomaco e poi un
altro, che le fecero sputare sangue dalla bocca.
Zayn
non si sarebbe fermato.
“Basta”
disse una voce maschile. Fredda, dura, severa e arrabbiata.
Louis.
Giselle
aprì gli occhi e vide quelli color ghiaccio di Niall fissarla.
La
stava tenendo tra le sua braccia, cullandola come fosse una bambina
di otto anni che si era sbucciata il ginocchio.
“D-dov'è
El-Eli..” chiese sbattendo le palpebre, ma Niall si portò
il dito sulle labbra, facendole segno di tacere.
Giselle
non capì. Niall la lasciò e si alzò, avvinandosi
alla finestra.
Lei
osservava il suo profilo mentre lui scrutava fuori; non ci aveva mai
fatto caso prima, accecata com'era dalla bellezza di Zayn; ma Niall
era stupendo.
Alto
il giusto per lei, con i capelli biondi chiari sempre spettinati,
quegl' occhi color ghiaccio così sinceri e le labbra carnose e
rosee.
Non
lo aveva mai visto ridere, ma senza sapere il perchè, credeva
che la sua risata sarebbe stata la cosa che le avrebbe fatto
sciogliere il cuore, un giorno.
E
ora era lì, in piedi, e le tendeva una mano, aspettando che
lei gliela stringesse.
Ma
Giselle non sapeva se farlo. Non sapeva se fidarsi di lui.
Lui
era dolce, al contrario di Zayn e non le avrebbe fatto del male, se
lo sentiva. Lui l'avrebbe protetta.
Allora
perchè non afferrava la mano che lui le stava offrendo? Forse
per quello che aveva fatto a Elisa, o, forse, perchè non si
fidava degli uomini, non più ormai.
Ma
Niall era lì e non ritraeva la mano, aspettando.
Aspettando
lei. E Giselle gli prese la mano e si alzò.
Notò
solo allora, che le sue mani e le sue caviglie erano finalmente
libere.
Lui
aveva spezzato le corde.
E
ora da in piedi lo poteva fissare negl'occhi.
“Grazie”
mormorò massaggiandosi i polsi doloranti.
“prego”
soffiò lui a un centimetro dalle sue labbra.
“Devi
lasciarmi andare Niall” disse Giselle con calma.
Niall
scosse la testa affranto “non posso...” era così
combattuto, glielo si poteva leggere negl'occhi.
“Devi
Niall... non capisci? tu non vuoi farci questo. Tu non sei come lui.”
“Tu
non sai..” mormorò, ma Giselle lo interruppe.
“No,
non so perchè Zayn lo faccia; ma ti prego, lasciami andare,
devo trovare l'anello prima che lo trovi lui” disse lei
disperata cercando il suo sguardo.
“L'anello
è al sicuro.. ce l'ho io” disse Niall infilandosi una
mano nella tasca dei pantaloni e estraendo quell'anello così
prezioso per tutti, tranne che per lui.
Giselle
sbarrò gli occhi. “Tu..? come..?” chiese senza
capire, scuotendo la testa.
“Glie
l'ho sfilato mentre Zayn ti legava” rispose stringendosi nelle
spalle a testa bassa.
Per
lui non era nulla.
Per
lei quello era stato l'atto più nobile di questa terra.
“Adesso
capisci Niall, tu non sei così!” esclamò Giselle
sollevata, allungando il palmo della mano verso di lui.
Era
contenta di aver trovato Niall.
Non
gli avrebbe preso l'anello dalle mani, avrebbe aspettato fosse stato
lui a darglielo, perchè sapeva che lui l'avrebbe fatto.
Niall
studiava i lineamenti perfetti del viso di quella ragazza, pensando a
quanto doveva aver sofferto quella notte e nella sua vita.
Il
suo viso era provato, stanco, coperto di fango e sangue. Ma ogni
traccia di paura era sparita, lasciandole solo un'espressione di
amore e dolcezza.
Zayn
non aveva capito affondo quella ragazza.
L'aveva
solo torturata, fisicamente e psicologicamente.
Ma
lei si meritava di più, di tutto questo dolore.
Teneva
la sua mano aperta, aspettando qualcosa. L'anello.
Niall
vide il suo stesso riflesso negl'occhi chiari e limpidi di Giselle.
Niente
a che vedere con gli occhi scuri e forti di Elisa.
Quelli
di Giselle erano un vero e proprio specchio.
Senza
rendersene conto allungò la mano, posando sul palmo della
ragazza quell'anello che stava causando tanto dolore a tutti.
Lei
lo strinse nella sua mano e gli sorrise riconoscente. Poi si girò
verso la porta. “Vieni con me.” sussurrò tutto
d'un tratto.
Niall
spalancò gli occhi. “ti prego” lo supplicò
lei, allungando la mano, aspettando, questa volta, che fosse lui ad
afferrargliela, e a scappare con lei.
Lui
la strinse e le sorrise.
“Dobbiamo
chiamare Harry” disse lei sorridendogli.
E
per un momento Niall non si ricordò perchè fosse lì
e neanche come si chiamasse.
C'erano
solo Giselle e i suoi occhi.
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Capitolo 17 *** 17 ***
Capitolo
17°
“Basta”
disse una voce maschile. Fredda, dura, severa e arrabbiata.
Louis.
Zayn
si staccò da Elisa.
Lei
giaceva a terra, sdraiata, piegata su se stessa, il viso affondato
nel fango, dolorante e umiliata.
A
Louis gli si spezzò il cuore vederla così.
Fulminò
con lo sguardo Zayn, che senza capire, indietreggiò,
spaventato a morte.
Louis
era in piedi davanti a lui. Fermo come una statua. E aveva i denti
scoperti, in una smorfia spaventosa: sembrava un predatore.
Zayn
non capì perchè Louis lo stesse guardando con quello
sguardo carico di odio e di rabbia. Cosa aveva fatto di sbagliato?
Elisa
aprì gli occhi, sputando altro sangue. Aveva entrambe la mani
sull'addome e stringeva forte. Stava tremando. Non capiva bene cosa
avesse fermato Zayn. Era stata una voce così dura e carica
d'odio, a parlare.
Una
voce così... famigliare.
Elisa
aprì lentamente gli occhi, e vide Zayn indietreggiare e
portare le mani in alto, in segno di difesa.
“io
non... ti giuro che io...” disse spaventato, tremando.
Di
chi aveva paura Zayn?
“Non
la toccare mai più” ruggì la voce.
Perchè
quella voce non la spaventava? Si
chiese Elisa.
“Io
non capisco...Louis...” disse Zayn. Louis.
Louis.
Louis....
“Non
alzare mai più un dito su mia sorella”
sorella.
Louis.
Sorella. Louis. Sorella. Louis. Sorella. Louis. Sorella. Louis.
Sorella. Louis. Sorella. Louis. Sorella. Louis. Sorella.Louis.
Sorella. Louis. Sorella. Louis. Sorella.
Queste
due parole rimbombavano nella sua testa.
Cosa?
Elisa
si tirò su a fatica. Gli spasmi gli attraversavano tutto il
corpo.
Ma
non era più, né per il freddo, né per la paura,
né per il dolore, né per l'umiliazione.
Louis
suo fratello era in piedi a pochi metri da lei.
Il
suo viso si rigò di lacrime.
Ma
lacrime di cosa...? Gioia? Sorpresa? Incredulità?
Orrore?
Suo
fratello Louis, che non vedeva da, quanto, sei anni?
Era
il capo di Zayn, quello di cui lui aveva paura, quello che gli aveva
ordinato di fare tutte quelle cose per l'anello....
Aveva
lasciato che lui la torturasse, la picchiasse, la pestasse a sangue.
Per l'anello?
Chi
era diventato Louis?
Zayn
stava impalato lì, fermo, immobile, senza capire.
Louis
e Elisa. Fratelli?
Cosa?
Lui
gli aveva chiesto di prendere l'anello, da sua sorella?
Perchè
non ci era andato lui e non gliel'aveva chiesto per
favore?
Perchè
tutta quella storia? Non capiva.
Poi
la paura prese il posto della sorpresa. Aveva appena pestato a sangue
la sorella piccola di Louis.
Cazzo.
“Io..
io non sapevo fosse...” iniziò a balbettare Zayn
sbattendo le palpebre in modo nervoso.
“Che
fosse mia sorella?” esclamò Louis avanzando “certo
che non lo sapevi, razza di idiota! Ma non ti ho mai chiesto di
picchiarla”
Mentre
parlava il cielo si scurì ancora e grosse nuvole cariche di
pioggia offuscarono la luna.
“Io...io..”
balbettò Zayn ancora.
“E
non ti ho mai detto di torturarle!” esclamò ancora, e si
udì un forte tuono.
“Ti
ho detto solo di portarle qui e aspettare il mio arrivo!” urlò
ancora e il cielo fu squarciato da un lampo bianco come il latte.
La
pioggia iniziò a cadere, forte, bagnandoli completamente, ma
Elisa non si mosse.
Non
ne aveva le forze, era ancora sotto shock.
Non
ci credeva ancora che Louis, suo fratello,
il suo amato fratello,
fosse lì, in piedi davanti a lei.
E
non la degnasse di uno sguardo.
Ancora
un volta la sua mente decise di portarla al sicuro, e fu ritrascinata
nel baratro.
Dopo
qualche secolo Elisa si svegliò.
La
pioggia non bagnava più il suo volto. E il temporale
improvviso sembrava cessato.
Elisa
era cosciente al cento per cento, ma non apriva gli occhi.
Aveva
paura. Si ricordava tutto. Di Louis. Di suo fratello.
Ma
prima o poi li avrebbe dovuti riaprire, pensò, e così
molto lentamente, lo fece.
Era
sdraiata su un fianco e il suo viso era rivolto contro la parete
sporca della torre.
L'umidità
filtrava fino alle sue ossa e il dolore allo stomaco era ancora
forte.
Strinse
i pugni e si sollevò, aiutandosi appoggiandosi alla parete con
le mani. Si girò e abbandonò la schiena contro la
fredda roccia del castello.
Alzò
lentamente lo sguardo fino ad incontrare quelli chiari di suo
fratello.
Era
in piedi al centro della stanza e la stava fissando con
un'espressione indecifrabile. Poi, molto lentamente, le sorrise.
Elisa
lo guardava senza riuscire a muovere un muscolo.
Fino
a quando una scarica di adrenalina invase il suo corpo. Si staccò
dalla parete e riaddrizzò le spalle, mostrandosi fiera in
tutta la sua altezza e bellezza.
Se
prima aveva creduto di essere felice per aver ritrovato il fratello,
ora invece era solo disgustata a vedere com'era
diventato.
Il
vento che entrava dalla finestra le muoveva leggermente i capelli,
scuri come la notte, e gli occhi verdi brillavano, lucidi per tutte
le lacrime versate quella notte.
Sul
suo volto era dipinta un'espressione di disgusto e rabbia.
Louis
pensò a quanto la sorella fosse diventata bella, in quei
lunghi anni.
“Sei
bellissima” disse Louis.
“Cosa
vuoi da me Louis?” rispose lei.
La
freddezza con cui disse il suo nome fu come una pugnalata per lui.
Certo,
non che non avesse le sue buone ragioni per essere arrabiata, ma lei
non poteva capire il perchè delle sue azioni.
“Credo
che tu sappia sorellina, cosa voglio..” disse serrando la
mascella. Non aveva pensato che la sorella l'avrebbe presa così.
“Non
so perchè tu lo cerchi Louis, ma credo che tu mi debba qualche
spiegazione” disse lei a denti stretti.
“Certo
che te la devo. Ma mettiti comoda però, è una storia
parecchio lunga” disse.
“Allora
inizia subito” ruggì lei.
“Come
vuoi. Da dove partiamo? Allora... Elisa... Devi sapere un paio di
cosette sulla nostra bella famigliola. Sulla nostra amata mammina.”
disse lui immobile.
Un
brivido percosse il corpo di Elisa, quando lo sentì parlare
così della loro madre.
“La
nostra cara mamma” continuò Louis, anche se ora la voce
era meno ironica, e più triste “non ci ha mai detto
tante piccole cose, né e noi, né a nostro padre. È
per questo, Elisa, che ti ho lasciato. Per ritrovare papà e
capire tutto quello che la mamma ci ha sempre tenuto nascosto, visto
che nostra nonna è anche lei,molto brava a tenere la bocca
chiusa, diciamo.”
“Cioè?”
“Cioè
il fatto che
siamo delle streghe.
O meglio. Io preferisco definirmi un mago.” rispose lui
stringendosi nelle spalle come se avesse appena chiesto un etto di
prosciutto dal salumiere.
“Che
cazzo stai dicendo Louis? Di che cazzo ti fai..?” chiese Elisa
ridendo, sbalordita.
“Ahahaha.
Sapevo avresti detto qualcosa del genere. Allora bè,
mettiamola così Elisa, se tu per maghi e streghe, intendi
Harry Potter e Hermione Granger, allora no.” disse scuotendo la
testa divertito. Poi continuò leggermente più serio.
“Niente
Hogwards, niente bacchette e niente Silente. Solo un'elevata capacità
di controllare, Elisa. Controllare... Gli elementi, per esempio. Come
l'aria, come ho fatto prima scatenando quel temporale, o.... il
fuoco!” Louis la guardò in modo significativo prima di
scrocchiare le dita, provocando una scintilla e poi qualche fiamma,
tra le sue dita.
Elisa
spalancò gli occhi.
Che
razza di trucco aveva usato suo fratello per accendere il fuoco così.
Louis
lo spense dopo qualche secondo, abbassando la mano.
“Noi
controlliamo. Controlliamo anche, oltre ai quattro elementi, le
emozioni altrui.... le menti
altrui; gli animali...e la natura. Controlliamo;
Influenziamo.
Questa è la magia Elisa. E tu come me... come nostra madre
...come nostra nonna e come la nostra intera famiglia, siamo dei
maghi. Da generazioni. Da secoli e secoli, la
magia scorre nelle nostre vene”
“Non
capisco” disse Elisa scuotendo la testa “ammesso e non
concesso tutto questo, cosa c'entra l'anello?” chiese.
“Il
tuo anello, insieme al mio, al mio braccialetto ed a una collana,
racchiudono i quattro elementi. Chi li indossa, se
dotato di poteri magici,
può esplicitamente controllare i determinati elementi, anche
se giovane o poco potente.
Insieme
le quattro pietre possono donare poteri illimitati al mago, o
alla strega,
che le indossa.”
“Non
ti credo...” disse Elisa scuotendo la testa e alzandola con
aria di sfida.
“Sai
perchè nostro padre ci lasciò?” chiese Louis.
“Perchè
tradì nostra madre.” disse lei alzando un sopracciglio.
“Quello
fu uno dei motivi; ma nostra madre gli tenne nascosto per ben dieci
anni la verità su di lei e sulla nostra famiglia” disse
Louis.
“Continuo
a non credere a una sola parola” ripose Elisa assottigliando
gli occhi.
“Ti
è mai capitato Elisa, che indossando il tuo anello, ti
sentissi più... potente?”
Elisa
non rispose.
“O
più
forte..?
hai mai notato che quando lo portavi riuscivi a convincere le
persone? A influenzarli con i tuoi stati d'animo? Dimmi la verità,
Elisa, non hai mai percepito la magia in quell'anello?” chiese
lui sincero.
“Io-
non -sono- una- strega- Louis” disse lei scandendo bene ogni
singola parola e arricciando le labbra dalla rabbia. “Non
voli su una scopa è vero, e non indossi un cappello a punta,
ma ti posso assicurare Elisa che tu sei una strega coi fiocchi.”
Elisa
scosse la testa tra il divertito e lo stupefatto.
Non
poteva credere a tutto le stronzate che Louis le stava raccontando,
eppure nel suo profondo sentiva che erano la verità. Strinse i
denti e si morse le guance.
“Ti
ricordi quando da bambini giocavamo nel bosco e tu riuscivi ad
accarezzare tutti gli animali, anche quelli che normalmente scappano
dagli uomini?” chiese Louis avvicinandosi a lei.
“Ti
ricordi quando da bambina, se ti arrabbiavi, riuscivi ad ottenere
quello che volevi?” Louis si faceva sempre più vicino e
la testa di Elisa girava sempre di più.
“Attenta
Elisa” disse Louis cercando ti chiamarla indietro. Ma la
piccola bambina non aveva paura del grosso cervo che aveva davanti.
Gli si avvicinò, e salita lentamente su una roccia, gli
accarezzò il muso. “Elisa!” urlò Louis
spaventato. ma la bambina continuava ad accarezzare l'animale,
stregato dai suoi occhi.
Elisa
rispalancò gli occhi.
Quella
scena era avvenuta all'incirca quindici anni prima in un bosco lì
vicino, mentre trascorrevano le vacanze estive dalla nonna.
Gli
occhi verde scuro di lei si riempirono di lacrime.
Come
aveva potuto dimenticare.
“Ho
bisogno di quell'anello, Elisa” disse Louis a bassa
voce. “Perchè?” chiese lei cercando di non
piangere e di capire cosa davvero volesse il fratello da lei. Perchè
era tornato dopo anni in cui non l'aveva mai cercata.
“Non
posso dirtelo Elisa, ma, ti prego, fidati di me..” disse lui
sincero.
“Perchè
non me lo hai semplicemente chiesto?” chiese lei scuotendo la
testa, senza capire.
“Perchè
avevo paura di rivederti Elisa...” ammise lui a testa bassa.
“Tu
mi hai lasciato Louis, come nostro padre, dopo aver saputo la verità,
e mi hai lasciato. Mi dispiace... Non ti posso dare quello che
cerchi. Anche perchè non ho più io l'anello.”
concluse lei con una punta di amarezza nella voce.
“Cosa!?”
esclamò Louis sconcertato dall'ultima affermazione della
sorella.
“No
Louis, mi dispiace, non ce l'ho più” A Elisa non
dispiaceva affatto di non poterglielo dare.
Era
chiaro che suo fratello non
era tornato per lei;
ma unicamente per quello stramaledetto anello.
“E
chi ce l'ha...?” ruggì Louis digrignando i denti fino a
mostrare le gengive.
Suo
fratello la spaventava.
Più
di Zayn e Niall messi insieme.
Quello
non era più suo fratello, pensò.
Suo
fratello era morto per lei.
Così
come sua madre e suo padre. Morti.
Lui
non era nessuno per lei e lei non gli avrebbe mai dato quell'anello,
neanche se ce l'avesse avuto.
Stava
per dirgli tutte quelle cose in faccia quando qualcosa attirò
la loro attenzione.
Precisamente
fu il rumore lontano di delle sirene.
La
polizia.
Zayn
salì le scale e entrò nella stanza in quel momento,
mentre suo fratello correva alla finestra.
“Louis..
la polizia.. non so come..” disse Zayn con il fiatone.
“Maledizione”
ruggì Louis, e salì in piedi sulla finestra, e prima di
saltare giù come un felino, guardò sua sorella in piedi
contro la parete. Era sollevata.
“ci
rivediamo, sorellina” disse malizioso, prima di lanciarsi
sotto.
Zayn
scomparve in maniera molto meno scenica, dalla porta.
Che
seratina interessante,
pensò Elisa lasciandosi scivolare contro la parete dura del
castello.
Elisa
era troppo rimbambita per sentire esattamente cosa diceva tutta
quella gente accanto a lei. Il suo udito era molto molto parziale.
Stava
uscendo da quel castello in una pesante coperta grigia, scortata da
tre o quattro agenti. Aveva gli occhi bassi e mezzi socchiusi, ma
poteva vedere chiaramente gli inconfondibili colori, rosso e blu,
delle sirene sella polizia. Vedeva anche tutta quella gente intorno a
lei, abbracciarla e rassicurarla.
Alzò
gli occhi e vide a un metro da se un viso famigliare, distrutto.
Giselle
era seduta nell'ambulanza con ancora gli sportelli aperti, avvolta
anche lui in un coperta, mentre un medico le misurava la pressione al
suo fianco.
Il
suo viso era pieno di graffi e sporco, così come quello di
Elisa.
Le
due si guardarono da lontano, gli occhi pieni di dispiacere e dolore.
Si sorrisero in modo timido. Giselle scese da dove era seduta e si
avvicinò ad Elisa.
Nello
stesso secondo si abbracciarono, scoppiando in un pianto
incontrollato.
“Io,
è stata, tutta colpa mia...” singhiozzò Giselle
contro la sua spalla.
“Shh...
non dire così.” disse Elisa lisciandole i capelli.
“Niall...Niall”
disse Giselle mentre piangeva.
“Lui
non ti farà più del male.. te lo prometto”
“No..”
disse staccandosi Giselle, mentre si asciugava le guance “lui,
lui mi ha aiutato, e lui mi ha dato questo” ed estrasse
l'anello dalla sua mano che aveva tenuto chiusa a pugno tutto il
tempo.
“Cosa?”
chiese Elisa, senza capire. Niall? Niall aveva il suo anello e lo
aveva dato a Giselle.
“Ho
un sacco di cose da dirti” mormorò Giselle.
“Anche
io Giselle... parecchie. So per chi lavora Zayn e perchè vuole
l'anello” disse Elisa in un soffio, guardandola dritto
negl'occhi. Vide le pupille di Giselle dilatarsi un poco, spaventata.
“Chi...?”
stava iniziando a chiedere, quando fu interrotta da una voce.
Quella
di Harry. “Elisa!” urlò lui, separando le due
ragazze e abbracciando Elisa.
“Oddio
Elisa...Oddio...”
Era
sconvolta. Il suo bellissimo viso era sporco e pieno di ferite e
lividi. Si reggeva a sento in piedi. La sua bocca era incrostata col
sangue, così come i suoi vestiti, aveva un occhio nero e uno
si teneva lo stomaco.
Chiunque
le avesse fatto questo l'avrebbe pagata cara, pensò Harry,
stringendola tra le sua braccia.
Capitolo
quel tantino importante! Insomma Elisa scopre tutto!
Scopre
che il famoso “capo” di Zayn è suo fratello.
Scopre
come è diventato.
E
soprattutto scopre finalmente di essere una strega!
Spero
vi sia piaciuto! E grazie tante a tutte! (:
Xx_cla
|
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Capitolo 18 *** 18 ***
Capitolo
18
Berwick
era sempre stato un paesino che o amavi o odiavi con tutto il cuore.
Elisa
sinceramente non lo aveva mai odiato.
Le
piaceva la sua natura incontaminata, i boschi rigogliosi, gli immensi
prati verdi, il cielo stra stellato, il fiume, il mare, tutte quelle
piccole casette colorate e quei negozietti a torre.
Lo
aveva sempre trovato molto suggestivo e caratteristico.
Persino
fuori dalla civiltà, a volte. Come se fosse rimasto fermo al
20° secolo.
Ma
se c'era un difetto che aveva sempre trovato in Berwick, era quello
di essere estremamente noioso.
Sempre
le stesse persone, sempre gli stessi posti e le stesse cose da fare.
Quando
si sentiva particolarmente oppressa da quel paesino, Elisa si
rifugiava nella natura. Nei boschi e nelle radure vicino al fiume.
Tutto
quel verde, così simile ai suoi occhi, la faceva sentire a
casa.
La sua vera casa erano i boschi della Scozia.
La
natura non era mai noiosa, anzi, c'era sempre un nuovo rumore
d'ascoltare: il canto delle cicale, l'acqua che scorreva in
lontananza, il vento tra le fronde degli alberi. Un nuovo colore da
vedere, i fiori primaverili, gli animali che si mimetizzavano nel
bosco e un nuovo particolare da scoprire.
Amava
camminare nell'erba alta, accarezzandone delicatamente i fili con le
mani.
E
persino ora, che Berwick si era dimostrato il suo piccolo inferno
personale, una fitta ragnatela di segreti e magia, Elisa sentiva di
poter contare ancora sulla natura.
Seduta
contro un albero, sovrappensiero, si rigirava tra le mani quel
piccolo anello.
Anello
rimasto per anni sotterrato sotto un mucchio di oggetti vecchi, nella
soffitta di casa di sua nonna. Ignorato da tutti e tutte. Privo di
attenzioni.
E
ora quell'anello stava scatenando l'inferno. Tutto di un tratto.
Il
destino può scagliarsi sopra di noi in ogni momento,
pensò Elisa.
Era
passato appena qualche giorno da quella notte terribile e lei portava
ancora i segni delle botte e del dolore. I lividi e i graffi su tutto
il corpo.
Ma
nulla la feriva e la torturava come l'immagine di suo fratello con
quell'espressione animalesca e cattiva sul viso.
Per
anni aveva immaginato suo fratello, lontano, finalmente felice e
soddisfatto della sua vita.
Non
si sarebbe mai immaginata di rivederlo così, non in quelle
circostanze almeno.
Avrebbe
dato di tutto, per tornare anche solo a un mese prima. Quando ancora
era ignara di tutto. Della sua vera identità.
Ma
qual'era la sua vera identità poi? Era
davvero come diceva Louis, una strega?
Non
ci poteva credere. Non ci voleva
credere.
Chissà
quel' era poi il potere di quell'anello.
Louis
aveva detto che le sue due pietre controllavano l'aria e il fuoco. O
almeno così aveva capito. Il suo anello cosa controllava?
Qual'era il suo elemento?
L'acqua?
O forse la terra? E la quarta pietra dov'era?
Perchè
nessuno le aveva mai rivelato quelle cose prima?
Da
chi la doveva proteggere suo fratello?
Cosa
avrebbe dovuto fare adesso?
Troppe
domande affollavano la sua mente, tutte prive di una risposta.
Elisa
chiuse gli occhi, cercando un po' di pace interiore.
Appoggiò
la nuca contro la corteccia ruvida del secolare albero sotto il quale
era seduta.
Scappare
non sarebbe stata una soluzione, lo sapeva, allora perchè
lo desiderava tanto? Capì perché suo fratello l'avesse
lasciata, sei anni prima, dopo aver scoperto la verità.
Probabilmente
anche lei l'avrebbe fatto. Ma adesso lei era incastrata lì.
Costretta
a giocare un gioco di cui non conosceva le regole e neppure i
giocatori.
Avrebbe
avuto bisogno di risposte, e di un aiuto. Odiava ammetterlo, ma non
ce l'avrebbe mai fatta da sola. Ma aveva già fatto soffrire
così tanto Giselle e Harry.
Per
questo era sparita dalla circolazione in quei due giorni, ritirandosi
nella natura. Doveva proteggerli. Quello era un gioco che richiedeva
un giocatore singolo.
Era
sola.
Di nuovo. Su chi avrebbe contato ora?
Aveva
solo se stessa. E il suo anello.
Elisa
aprì la porta di casa. Già aperta.
Uff!
Succedeva troppo spesso ultimamente. Il momento di solitudine non era
durato poi così tanto, eh.
“Dove
cazzo sei stata!?!?” esclamò una voce acuta, mentre una
chioma bionda le si fiondava addosso.
“In
giro Gi...” disse lei, ignorandola e andando dritta in cucina.
“Per
due giorni, senza cellulare e nulla? Hai idea dei rischi che
corri?... Elisa!” disse disperata la sua amica seguendola come
un cagnolino.
“Ci
hai fatto morire di infarto” aggiunse portandosi una mano al
petto.
Elisa
bevve un po' d'acqua e andò nel salotto. La cosa non la
toccava minimamente. Poteva preoccuparsi quanto voleva, lei non
avrebbe smesso di uscire di casa comunque.
Harry
era in salotto, appoggiato alla finestra con un' aria afflitta.
Rimprovero
misto a preoccupazione e angoscia. Li aveva fatti preoccupare così
tanto?? Elisa sbuffò, lasciandosi cadere su una sedia,
accendendosi una sigaretta.
Erano
entrambi in piedi di fronte a lei, con aria severa.
Sembravano
due genitori che mettono in punizione la figlia. Se non fosse stata
così stanca l'avrebbe trovata una cosa comica.
Stava
per ribattere con qualcosa di acido, quando sentì il rumore di
uno scarico.
Aggrottò
le sopracciglia: chi altro c'era in casa oltre a Giselle e Harry?
Ma,
prima che potesse chiederlo, una testa bionda palesemente tinta
spuntò dalla porta.
Niall?
Niall.
Niall
era proprio come un fungo: spuntava sempre quando meno te lo
aspettavi. Guardò con aria interrogativa Giselle.
“Te
l'ho detto El, ora lui è con noi” disse l'amica,
stringendosi nelle spalle con aria innocente. Elisa non capiva il
perché di un così repentino cambio di prospettiva...
Niall
era in piedi sulla porta, sembrava si preparasse ad un verdetto.
“Posso
parlarti un secondo Gi?” chiese Elisa, facendo saettare gli
occhi da Niall alla amica.
“C-certo”
disse Giselle seguendola al piano di sopra.
Harry
e Niall erano vicini, seduti sul divano, davanti alla televisione
sincronizzata su una qualche partita di calcio importante. Ma nessuno
dei due prestava la minima attenzione al gioco. Si stavano studiando
a vicenda con la coda dell'occhio.
'Chissà
cosa ci aveva trovato Elisa in lui..' si chiese Harry scettico.
Niall
invece pensava a trovare un modo per fargli capire di non essere una
minaccia per la sua relazione con Elisa. Era inutile che si
preoccupasse tanto di lui. Ora la sua testa era concentrata su
qualcos'altro, mettiamola così.
“Non
mi fido di lui!” esclamò Elisa passeggiando nervosamente
per la stanza.
“Elisa
calmati, davvero, lui è con noi... Lui.. non è come
Zayn, davvero credimi”
Giselle
non sapeva proprio come farle capire che Niall era buono.
Non
le avrebbe mai fatto del male. Non più.
Elisa
sbuffò, scuotendo la testa.
Avrebbe
continuato a non fidarsi, non le interessava il parere di Giselle,
lei era troppo buona con le persone. Ingenua spesso.
“Bene
allora. Ci sono parecchie cose da dire. Quindi zitti e ascoltate”
disse Elisa camminando davanti ai tre, tutti seduti composti sul
divano, uno di fianco all'altro.
Elisa
sorrise sommessamente: sembravano dei bravi scolari e lei la maestra
cattiva.
“Allora
partiamo dal fatto che, dopo che tu e il biondino siete andati a
cercare aiuto...” iniziò Elisa, indicando Giselle e il
ragazzo al suo fianco.
Non
aveva la minima intenzione di rivolgere la parola a Niall, anche se
Giselle si fidava di lui, Elisa proprio non ci riusciva.
“...Io
sono rimasta giù con Zayn” continuò concentrata,
pensando a come poter andare avanti.
Harry
si irrigidì a sentire quel nome e strinse i pugni.
Un
giorno quello Zayn l' avrebbe pagata cara, per cosa aveva fatto a
Elisa. Elisa ignorò l'espressione sul viso del suo ragazzo ed
andò avanti nel racconto, camminando avanti e indietro.
“E
a un certo punto è arrivato Louis..” disse ancora vaga.
“Louis?”
urlò Giselle, tirando un acuto che faceva un baffo agli
ultrasuoni dei pipistrelli.
“Louis
come tuo fratello...” commentò sorpreso Harry,
aggrottando le sopracciglia.
“Louis
è mio fratello,
Harry” dirlo ad alta voce così, non aveva senso.
“Che
intendi?” chiese Giselle senza capire. “Quale fratello??”
“Quanti
fratelli ho Gi? Louis è l'unico. Ed è il capo di Zayn”
“Cosa?
Louis è.. tuo fratello?” esclamò Niall
strabuzzando gli occhi.
Colpo
di scena. Sembrava beautiful tutta 'sta storia.
Pensò il biondo.
“Esatto
Sherlok” disse Elisa acida.
Perchè
non la lasciavano andare avanti?
“Aspetta,
frena...” disse Giselle scuotendo la testa, confusa. “Fammi
capire bene.. tuo fratello, che non vedi da sei anni” precisò
“è il capo di Zayn e vuole l'anello di vostra madre?
Perchè?! Non ha senso!!” esclamò levando le mani
in alto.
“Se
mi lasciate finire magari...” commentò acida.
“Scusa
se ti interrompo ancora eh, ma Louis non era andato da tuo padre?”
chiese Harry, anche lui a dir poco scioccato.
Elisa
sbuffò.
“Si.
Ma adesso se mi lasciate parlare, magari vi spiego meglio.
Graaaazie!” esclamò esasperata. “Allora.. mio
fratello ha detto una cosa un tantino scioccante. Ma promettetemi di
non ridere” li supplicò.
“Perché
dovremmo ridere?” disse Giselle, che stava capendo sempre meno.
“Bè...
forse perché Louis ha detto che... io e lui... e la nostra
famiglia a quanto pare, siamo come dire...” non sapeva proprio
come dirlo.
Si
sarebbe sentita troppo stupida a pronunciare quella parola ad alta
voce.
“Dei
maghi” disse al posto suo Niall.
Tutti
lo fissarono per un paio di secondi, prima che Harry scoppiasse a
ridere in modo fastidioso.
“Maghi??
in che senso!?” chiese divertito.
Elisa
aveva proprio sperato di non vedere quel tipo di reazione.
“Nel
senso che Louis... voi non lo avete visto cosa fa. Davvero. Non
potete capire.. lui.. accende il fuoco senza usare nulla, e scatena
tempeste come niente fosse; e se ti fissa negli occhi... ti si
ghiaccia il sangue nelle vene.” disse Niall guardandoli serio,
rabbrividendo al ricordo.
“E
vi posso assicurare che fa letteralmente cagare sotto dalla paura”
aggiunse poi per sottolineare il concetto, visto che lo osservavano
come se fosse stato un pazzo, appena uscito dall'ospedale
psichiatrico.
Elisa
si chiese quanto dovesse essere stato scocciante per Niall e Zayn
vedere i poteri di Louis quando era arrabbiato.
Giselle
e Harry avevano un'espressione a dir poco sconcertata.
Elisa
li fissava di sottecchi, sperando che capissero la situazione.
Ringraziò
mentalmente Niall per aver detto al posto suo tutte quelle cose, che
per lei ancora non avevano un senso.
“E'
vero?” chiese Harry guardando Elisa, che a testa bassa si
limitò ad annuire.
“Si
Harry, so che è incredibile, fidati, ancora stento a crederci
io, ma Louis, è davvero un mago” disse con voce flebile.
“Questo
fa di te una strega?” chiese Giselle, stranamente tranquilla;
era
arrivata a quella conclusione subito, ed era il punto cruciale della
questione.
Quella
storia aveva un ché di assurdo, ma Elisa e Niall non le
avrebbero mai raccontato bugie, pensò Giselle.
Quindi
gli credeva. Solo
diciamo che, bé, era
assurdo!!
Streghe
e maghi.
Elisa
annuì a testa bassa.
“Louis
ha detto così. Ha detto che la magia scorre nelle vene della
nostra famiglia da secoli.”
“E
cosa c'entra l'anello?” chiese dubbioso Harry.
“C'entra
che, un tempo; e sto parlando di migliaia di anni fa; c'era una sola
pietra magica, che conteneva tutto il potere. E poi questa pietra fu
distrutta, e si salvarono solo frammenti. Come l'anello. Quattro
frammenti per la precisione. Come i quattro elementi. Ogni pietra ne
controlla uno. Louis indossa quelle dell'aria e del fuoco. Ma le
vuole tutte per essere il mago più potente su questa terra.”
Non
era stata Elisa a parlare ma Niall, che si massaggiava nervoso il
palmo della mano.
'Quindi
anche lui conosce la leggenda' pensò sollevata Elisa.
“Non
so quale potere abbia questo anello, lo possiamo scoprire, oppure
possiamo chiederlo all'unica persona viva,
oltre a Louis, che sa la verità” disse Elisa guardandoli
uno ad uno negl' occhi.
“Cioè
chi?” chiese Giselle ancora una volta dopo aver perso il filo
del discorso.
“Mia
nonna”
disse Elisa decisa.
La
signora Van Helsing era seduta sulla panchina nel giardino della casa
di risposo Saint John e sfogliava un vecchio libro. Qualcosa la
interruppe dalla sua lettura.
“Nonna!”
alzò gli occhi stanchi, sfilandosi gli occhiali dalla punta
del naso, e incontrò lo sguardo della sua amata nipote.
“Elisa...”
mormorò sorpresa.
Quello
non era l'orario delle visite, lo sapeva bene, ma lei aveva bisogno
di parlare con la nonna. Urgentemente.
“Nonna,
conosci Giselle e Harry” disse frettolosamente, indicando ai
propri lati.
“Salve
signora” disse Giselle con un gesto del capo, Harry fece lo
stesso. La nonna gli rispose con un sorriso.
“Lui
è Niall invece” disse Elisa indicando il biondo alla
destra di Giselle.
“Salve
ragazzi; Niall è un piacere.” disse la nonna con voce
dolce.
Aveva
capito benissimo cosa volesse Elisa.
Cosa
avesse di così urgente da dirle per venire lì a
quell'ora e senza preavviso.
Era
chiaro.
Aveva
scoperto la verità.
“Tu
sai perché sono qui nonna.” disse Elisa breve e concisa,
guardando la fragile nonnina seduta sulla panchina di legno.
La
nonna strinse nella mano il bastone che usava come appoggio.
'molto
bene'
pensò 'è
giunto il momento'
“Credo
sia meglio camminare” disse alzandosi a fatica e incamminandosi
sul sentierino che circondava l'edificio bianco. Elisa e gli altri la
seguirono senza dire una parola.
“Sapevo
che questo giorno sarebbe arrivato..” mormorò la nonna,
quando si ritrovò la nipote al suo fianco, mentre fissava le
nuvole.
Ma
non era dispiaciuta o preoccupata mentre lo diceva, era una pura
constatazione.
'Ma
come l'aveva scoperto?' Si chiese.
“E'
stato Louis a dirmi tutto” disse Elisa, come se le avesse letto
nel pensiero.
“Louis?”
chiese la nonna, leggermente sorpresa.
“Si
mio fratello, è tornato nonna, e vuole l'anello.”
“Oh
e tu sai perché lo vuole?” chiese la nonna ammirando il
prato verde di fianco a loro.
Non
era affatto allarmata mentre parlava, sembrava tranquilla... come se
stessero discutendo del tempo.
Per
una che non ne aveva mai fatto parola in vent'anni, era abbastanza
rilassata sull'argomento.
“Si
nonna ho solo bisogno di sapere se quello che dice è vero.”
insistette Elisa forzando la voce, cercando di stare calma quando
avrebbe voluto prendere qualcosa è spaccarlo in mille pezzi.
La
nonna e la sua tranquillità la stavano snervando.
“Si,
cara Elisa, sei una strega e quello che porti al dito è una
pietra millenaria forgiata dai primi uomini che abitarono queste
terre.”
Perchè
aveva la voce di una che aveva appena ordinato una tazza di thè?????
Elisa
non sapeva che dire, così come Harry, Niall e Giselle al suo
fianco.
Erano
senza parole, ascoltavano rapiti le parole della nonna senza osare
nemmeno respirare.
La
nonna di Elisa non aveva mai sofferto di elzheimer o demenza senile,
mai.
Quella
donna era più sveglia di metà dei loro coetanei.
Ma
tutti
e
quattro,
in quel momento, sperarono avesse iniziato a soffrirne proprio cinque
minuti prima: perché credere a quelle parole, era la cosa più
difficile che avessero mai fatto nella loro vita.
Una
vita passata a credere che la magia, e quelle cose lì, non
esistessero; e poi arrivava un giorno, a caso, e tutto il mondo di
bugie e false apparenze in cui credevano ed erano cresciuti, gli era
precipitato addosso.
“Perché
non me l'hai mai detto, in tutto questo tempo?” chiese Elisa,
più che risentita ancora scioccata.
Ma
comunque sua nonna, la persona che amava di più al mondo, le
aveva mentito per anni e anni. Ma lo aveva davvero fatto per il suo
bene?
Dicevano
tutti così.. ma era una bugia o la verità? Da
cosa la stavano
realmente
proteggendo?
“Tanti
anni fa quando ero giovane io, la magia era ancora ben radicata in
queste terre Elisa, ma i tempi cambiavano e cose terribili accaddero
a coloro che la praticavano; crebbi in un mondo che sembra così
vicino nei libri di storia, ma era un qualcosa che tu non puoi
neanche immaginare. Fu in inferno un'estate, ci fu un massacro. In
pochi sopravvivemmo. La storia ricorda di una bomba tedesca, la
verità è un'altra purtroppo.”
La
voce della nonna era lontana, distante, come se fosse tornata
indietro nel tempo insieme alla sua storia.
“Lasciai
la mia terra e la mia famiglia da bambina, e crebbi con la sete di
vendetta, ma poi, un giorno, incontrai tuo nonno e lui non sapeva
nulla di me, delle mie origini e dei miei poteri, e decisi di non
rivelargli nulla e mi convinsi che la magia fosse solo un male. Anni
dopo diedi alla luce tua madre, e mi ripromisi che, per il suo bene
avrei tenuto lontana anche lei da quel mondo pericoloso. Lei era così
fragile
e dolce
sin da bambina... andava protetta Elisa; lei era troppo innocente.”
La
nonna parlava come si dovesse giustificare di qualche grave colpa,
persino nei suoi occhi turchesi si leggeva che, dietro alle parole
dolci, si nascondeva un mondo fatto di sensi di colpa e passati
rimpianti.
“Ma
poi nacque tua zia, Morgana...” la voce della nonna tremò
e la sentì trattenere le lacrime. Era arrivata al punto
cruciale della storia. Il tassello mancante. Morgana.
La
madre e la nonna non le avevano quasi mai parlato di sua zia.
Sapeva
solo che avevano litigato anni prima e che non si vedevano da
vent'anni e questo era tutto.
Era
uno dei tanti
segreti di famiglia, il perché
della lite. Era un tabù in casa loro.
Ma
non capiva cosa centrasse adesso la zia Morgana in questa storia.
La
nonna prese un bel respiro e cercò di calmare il tremore delle
sue mani, prima di continuare con il racconto. Le faceva
incredibilmente male ricordare tutte quelle cose.Tutti quei terribili
errori che aveva commesso. Quelle cose che per anni aveva fatto di
tutto per dimenticare.
“Tua
zia Morgana era così diversa, Elisa.. lei era.. potente.
Lo sentì dal primo momento in cui la diedi alla luce. Era
forte come la roccia. E al contrario di tua madre, lei percepì
la magia sin da piccola. Aveva delle capacità strabilianti,
io... io non potevo credere ai miei occhi. Ed erano così
diverse tua madre e lei. Erano come
il sole e la luna.
Ma Morgana presto volle sapere, e io non volevo parlare, volevo
proteggerla. Per questo si arrabbiò con me e scappò di
casa... a soli sedici anni.”
La
voce della nonna fu rotta dal pianto. Elisa posò la sua mano
sopra quella della nonna, cercando di calmarla. La nonna le sorrise
riconoscente.
Giselle
appena qualche passo indietro si asciugò qualche lacrima di
commozione.
“Ma
lei non sapeva dei gioielli a quei tempi. Lo seppe solo anni dopo,
quando venne a reclamarli; tu non eri ancora nata Elisa, Louis era
piccolo. Quando tornò era un'altra persona, fuori di se. Io e
tua madre cercammo di fermarla e usammo le pietre. Morgana era
malvagia, ma era mia figlia. Non le avrei mai fatto del male, mai.
Ma non le potevo darle quello che voleva. Lo avrebbe usato nel modo
sbagliato. E dopo quella volta io e tua madre nascondemmo i gioielli
con l'intento di non usarli mai più. ” disse tremando,
mentre le lacrime le scivolavano sulla pelle rugosa.
I
ricordi le pesavano sulle spalle come macigni, ed erano rimasti lì
per anni e anni; rendendola sempre più debole.
Ma
ora se ne stava finalmente liberando, grazie alla nipote.
“Perché
dici che era malvagia?” chiese Elisa.
“Lei..
infondo lei lo era sempre stata. Ma da bambina, io e tuo nonno
credevamo fosse semplicemente un'indole un po' vivace e dispettosa.
Ma con gli anni, i suoi poteri aumentavano e la sua brama di potere
con loro. Potevo vedere nei suoi occhi la rabbia e la frustrazione
crescere ogni giorno di più.”
“Perché
non lasci che usi i poteri che la natura mi ha donato mamma!?”
urlò la voce forte, decisa e arrogante della sua figlia
minore.
“Perché
portano solo guai Morgana! Fino a quando sarai sotto il mio tetto non
ti permetterò di usarli e farti del male!” la voce della
nonna, indietro nel tempo, era molto più forte e decisa, cosi
come il suo viso.
“Insegnami
a controllarli allora!” urlò disperata la figlia, con
gli occhi che luccicavano dalla rabbia e dalla frustrazione.
Era
sempre stata bellissima e maestosa. I grandi occhi neri come la notte
e i capelli biondo argento come la luna.
“Aiutami
mamma ti scongiuro!” disse un'ultima volta, avvicinandosi al
volto della madre, così severo e determinato.
La
nonna aprì lentamente gli occhi arrossati dalle lacrime. Aveva
sentito quel ricordo così vicino a se.
Ma
era di nuovo seduta su una panchina nella casa di riposo e Elisa le
era di fianco. Le cingeva delicatamente le spalle.
“Va
tutto bene nonna, non è stata colpa tua..” disse lei
cercando di calmarla.
“E
invece si.. io avrei dovuto...avrei potuto..” mormorò
indistintamente.
Portare
a galla quei ricordi era stato doloroso, ma lo doveva fare per Elisa.
Non avrebbe commesso lo stesso errore due volte.
“Shh
nonna.. shhh” Elisa non sapeva cosa dirle per fare in modo che
la smettesse di piangere.
Era
stata lei a spingerla a rivelarle quelle cose così dolorose. A
ricordare la perdita di una figlia.Era tutta colpa sua.
La
nonna le accarezzò il viso dolcemente.
“Pagherò
il prezzo dei miei errori Elisa, come tutti.”
disse senza paura.
“Nonna..
io... Louis indossa il bracciale e l'anello. Perché lui...?”
“Tuo
fratello fece quello che fece tua zia. Mi chiese spiegazioni e io
gliele diedi, ma lui si arrabbiò perché gli avevamo
mentito. Non seppi mai come Louis scoprì la verità,
probabilmente la intuì. Quando seppe tutta la storia se ne
andò di casa, portando con se due dei quattro gioielli. Non so
neanche come lui sapesse dei gioielli. È ancora un mistero per
me come lui scoprì tutto ciò.” Ammise la nonna a
testa bassa.
“Dov'è
la collana, nonna?” chiese Elisa
“Non
l'ho mai ritrovata ma...”
“Ma
cosa...?”
“Tuo
padre...” iniziò la nonna guardandola negli occhi.
“Mio
padre..?” Elisa non capiva, pensava suo padre fosse fuori da
tutta questa storia.
“Ci
sono delle cose che devi sapere su tuo padre Elisa...” disse la
nonna.
Ma
proprio mentre la nonna stava per parlare, una voce acuta risuonò
da dietro di loro e tutti si girarono. Una stupida infermiera venne
verso di loro a passo di marcia e notando le condizioni della nonna,
iniziò a sbraitare come un'isterica.
“Questo
non è un bordello! Ci sono degli orari da rispettare! Come
siete entrati!? Chi vi ha lasciato passare!? E cosa le avete fatto
per l'amor di Dio, povera signora Van Helsing. Ester.. Katy! Dora!
Venite presto!”
Altre
infermiere arrivarono, strappando la nonna dalle braccia di Elisa.
“Nooo”
urlò Elisa, divincolandosi. “Sono la nipote, sono la
nipote!”
“Ma
non vedi che tua nonna sta male!” urlò una delle
infermiere raccogliendo dalla panchina la nonna, che ora sembrava
veramente in stato confusionario.
Anche
gli altri cercarono di protestare, ma fu a quel punto che i
gorilla-infermieri spuntarono fuori: bestioni di due metri vestiti di
bianco, erano quel tantino inquietanti.
Li
strattonarono via, mentre Elisa fissava la nonna con gli occhi
sbarrati.
Non
potevano portarla via ora. Mancava ancora un pezzo di verità.
Vide per un ultimo secondo la lucidità negl' occhi della
nonna, prima che cadesse priva di sensi e esausta nelle mani delle
infermiere.
“Ti
prego...” urlò, prima che fossero sbattuti fuori dal
cancello della casa di risposo.
Elisa
tirò un calcio alle sbarre con tutta la rabbia che aveva in
corpo.
“Cazzo!!
cazzo..cazzo” sbraitò. Aveva bisogno di sfogarsi un
po'... Cazzo! Proprio ora che le stava per dire del padre.
“Bè
qualcosa l'abbiamo scoperto..” mormorò Niall dopo
qualche secondo.
Harry
e Giselle annuirono ancora sotto shock, mentre Elisa si abbandonava
contro un albero. Esausta anche lei.
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Capitolo 19 *** 19 ***
“Come
facciamo adesso?” chiese nervoso Zayn, mentre camminava avanti
e indietro per l'appartamento di Louis.
“Di
cosa stai parlando?” Louis invece sembrava fin troppo calmo,
seduto su quella poltrona in pelle marrone del salotto, mentre
sorseggiava tranquillamente un bicchiere del suo whisky preferito.
“Sai
di cosa sto parlando... di Niall!” esclamò Zayn
sbuffando “E dell'indagine in corso della polizia, dell'anello,
e di tutto!” continuava a muoversi per la stanza come un razzo,
per sfogare tutta l'ansia che aveva in corpo.
“Non
c'è niente di cui preoccuparsi Zayn! Niall è troppo
stupido per essere un pericolo, e la polizia non troverà nulla
che riconduca a noi..” disse lentamente Louis, concentrato a
fissare il bicchiere, come se volesse scoprire qualcosa all'interno
del liquido ambrato..
“Ma
Niall sa tutte quelle cose...” iniziò il moro sempre
agitato, gesticolando con le mani per poi passarsele tra i capelli;
ma Louis lo interruppe prima che a Zayn scoppiasse un attacco
isterico in grande stile.
“Niall
non sa nulla di più di quello che Elisa scoprirà da
nostra nonna” disse contrariato, stringendo nella mano il
bicchiere di vetro come se volesse romperlo.
La
cosa lo scocciava, e non poco; quella donna aveva il dono di parlare
solo quando non doveva.
E
ora quella piccola questione da niente si era trasformata in una
guerra aperta, pensò.
“L'unica
cosa che mi preoccupa è Elisa..” disse Louis alzandosi,
dopo aver finito in un solo sorso il whisky come fosse stata acqua.
“E
perchè?” chiese Zayn senza capire, scuotendo la testa
lentamente.
Non
aveva mai pensato che Louis si preoccupasse della sorellina piccola.
Anche
perché, sinceramente, lui non avrebbe neanche mai minimamente
immaginato che lui e Elisa fossero fratelli, fino a qualche notte
prima.
Il
modo in cui l'aveva trattata e ne parlava... senza interesse...
semplicemente non era lo stesso modo in cui lui parlava di Becky.
Di
sicuro c'era sotto molto più di quanto Louis gli avesse
raccontato.
“Perchè
è una strega e perchè sono sicura che ha sia l'anello
che la collana.” stava spiegando Louis, più che a Zayn,
a se stesso. “Come fai a dirlo...?” chiese l'altro che
aveva finalmente cessato di camminare per la stanza ed era
concentrato sul ragazzo di fronte a se.
“Lo
sento” mormorò semplicemente Louis, ed era la verità.
“Louis...”
iniziò Zayn dopo qualche secondo. “Se vuoi che io ti
aiuti in questa storia ho bisogno di sapere tutto.”
Louis
sorrise, forse Zayn non era così stupido come aveva
immaginato, anche lui aveva capito che sotto c'era più di
quanto sembrasse.
“Devo
essere sicuro che tu stia dalla mia parte Zayn.” rispose dopo
qualche secondo guardandolo dritto negl' occhi, cercando
disperatamente, senza esserne conscio, una persona su cui contare.
Non
ne aveva mai avuta nessuna in tutta la sua vita.
A
parte Elisa. Ma ormai l'aveva persa.
“Io
non sono come Niall, io ho qualcosa per cui combattere.” disse
Zayn alzando la testa e ricambiando con uno sguardo altrettanto
intenso.
Niall
era un argomento che non era ancora pronto ad affrontare. Era
incazzato nero con il suo migliore amico, sì, ma alla fine lo
capiva. In fondo anche lui forse si sarebbe ribellato a Louis, se non
avesse avuto Becky per cui combattere.
E
per questo aveva lasciato che lui il giorno prima andasse a casa per
portare via tutti i suoi vestiti e trasferirsi da Giselle.
“Si
lo so, e credimi Zayn, appena avrò le quattro pietre potrò
riportarla in vita. Lo prometto” disse Louis, appoggiando la
sua mano sulla spalla dell'altro.
Zayn
gli sorrise riconoscente. Gli bastava sapere questo.
E
avrebbe creduto alla sua promessa. Non aveva alternative.
“Ok
quindi, Zayn, penso tu ci sia arrivato da solo, che non sono l'unico
a cercare quelle pietre” disse Louis e sorrise, spezzando la
tensione di poco prima e allontanandosi dal moro.
“E
tu sai chi altro le sta cercando?” chiese Zayn.
“Certo”
rispose in modo tranquillo.
“Chi?”
Perchè
non glielo diceva e basta?
Louis
però si limitò a sorridere maliziosamente rivolto verso
la finestra.
“E'
giunto il momento che tu conosca il resto della mia allegra
famigliola” disse Louis ridendo, divertito dall'idea di come
dovesse sembrare complicata la situazione da fuori.
Meglio
di Beautiful.
Giselle
prese a scrivere su un quadernetto da bambini delle elementari una
serie di nomi e frecce colorate con i tratto-pen.
“Quindi-
stava dicendo- abbiamo tua nonna che è una strega, tua madre
pure.. ma entrambe non ne volevano mezza di magia, e poi c'era
Morgana, la tua cara zietta, che a quanto pare non era troppo
apprezzata dal resto della famiglia... Lei invece era affascinata
da questa storia e voleva le pietre per farci qualcosa.
Prima
domanda, cosa
ci voleva fare tua zia con i gioielli?..
magari è quello che vuole fare anche tuo fratello, no?”
Giselle,
Niall, Harry e Elisa erano seduti al tavolo di casa di Elisa da due
ore, mentre fuori pioveva a dirotto, e stavano disperatamente
cercando di capire qualcosa di quello che la nonna gli aveva rivelato
la mattina. “E poi seconda domanda.. -riprese Giselle- che
fine ha fatto tua Zia?
Tua nonna ha solo detto che non avrebbero mai voluto farle del male,
ma cosa le hanno fatto esattamente?” Come per la prima domanda
di Giselle, Elisa si limitò ad alzare le spalle.
“Forse
l'hanno uccisa..” ipotizzò Harry, cercando di essere
d'aiuto.
“No,
mia nonna non farebbe male a una mosca, figuriamoci uccidere sua
figlia” esclamò Elisa, irritata all' idea che qualcuno
ipotizzasse anche solo la remota possibilità che sua nonna
fosse un'assassina. Harry come risposta si limitò a scuotere
le spalle indifferente, facendo cadere l'argomento.
“Ok,
allora è ancora viva da qualche parte, e magari lei sa
qualcosa in più... anche se è probabile che neanche lei
si sia arresa alla questione dei gioielli..” disse Giselle.
“Una
cosa è sicura però” Disse Niall intervenendo per
la prima volta nella conversazione “Qualcun' altro sta cercando
i gioielli,
e non è una donna.”
Elisa
annuì. Era sollevata da questo, non voleva altri
coinvolgimenti da parte della sua famiglia.
“Ok...
terza domanda” riprese Giselle “Tua nonna non ha
specificato se quando hanno combattuto contro tua zia, avevano tutti
i gioielli o solo tre. Quindi ecco la domanda tre... dov'è
la collana?
Se non l'hai tu, non l'ha la nonna, non l'ha Louis, e neanche l'altro
uomo che la sta cercando, allora dov'è questa benedetta
collana?”
“Potrebbe
ancora essere in soffitta dove c'era l'anello!” esclamò
Harry.
“No
non credo” disse Elisa scuotendo la testa. “Ho pulito la
soffitta quest'anno, l'avrei notata in qualche modo se fosse stata
lì.”
“Quarta
domanda, come
ha fatto tuo fratello a scoprire tutto?”
disse allora Giselle.
“Forse
l'ha scoperto per caso” tentò Niall.
“No
non è possibile, perché vedi, solo in pochi sanno la
leggenda delle pietre.” disse Elisa “Qualcuno glielo deve
aver detto per forza”
“E
in fine quinta e ultima domanda. La più critica
aggiungerei..... Cosa
facciamo adesso?”
Giselle abbandonò il quaderno e li guardò uno a uno.
“Troviamo
mio padre...” disse Elisa tutto d'un tratto, lasciandoli
spiazzati.
“E
perché?” chiese Harry “tuo padre non è un
mago, o no? E sembra anche l'unico della famiglia fuori da questa
storia!”
“No
non è un mago..ma lui scoprì della mamma tanti anni fa
non so come, e la lasciò. E mio fratello andò da lui
dopo anni.” Neanche Elisa sapeva dove stava arrivando, ma lei
non era certa che suo padre fosse la soluzione, ma era un buon punto
da cui partire, no?
“Appunto,
tuo fratello potrebbe essere ancora da tuo padre. Non possiamo
correre il rischio” disse Harry spaventato da un possibile
scontro tra lui e il fratello della sua ragazza.
“Potrebbe
essere, ma tanto vale la pena provare, no? Lui c'era quando ci fu la
litigata tra mia madre, la nonna e Morgana, sa cosa successe a mia
zia e magari, se siamo fortunati, sa anche della collana.”
disse Elisa con le mani incrociate sul tavolo, e si stupì di
essere così stranamente tranquilla e lucida nonostante gli
avvenimenti di quei giorni. “Ok..quindi.. come lo troviamo?
Se n'è andato quattordici anni fa, potrebbe essere ovunque!”
disse Harry alzando le braccia.
“Mio
padre è nato nell' Isle of Man, ci è molto legato e
magari è ritornato lì.” ipotizzò Elisa.
Aveva sempre pensato che l'avrebbe trovato lì se l'avesse
voluto cercare. Non che la cosa le fosse mai passata per la testa, in
quei quattordici anni.
“Come
si chiamava tuo padre?” chiese Niall tutto d' un tratto.
“Josh
Tomlinson, perchè?” chiese Elisa senza capire dove
volesse andare a parare? Voleva cercarlo sulle pagine gialle per
caso?
“Forse
so come trovarlo....” disse Niall sorridendo.
“La
terribile aggressione accaduta lo scorso giovedì sera nei
pressi di Berwick on Tweed, Scozia, ha allarmato l'intera popolazione
della contea.
Le
due vittime, delle ragazze di 20 e 21 anni, sono state attirate nel
vecchio castello nel bosco con un inganno da due coetanei, le cui
identità sono ancora ignote. Le due sono state selvaggiamente
picchiate e torturate, anche se a quanto pare, non hanno subito
alcuna violenza sessuale.
È
aperta la caccia ai due mostri. Intanto continuano le indagine della
polizia sull'accaduto. Ecco cosa il commissario della polizia ha
dichiarato a proposito:
'non
sappiamo cosa abbia spinto i due ragazzi, forse tre, ad aggredire
così le due povere vittime, che per ora sono troppo sotto
shock per parlare dell'accaduto. Noi sospettiamo si tratti di un
effetto di una qualche droga che li ha spinti a diventare così
violenti.'
Per
ora è tutto, linea allo studio.”
“Vedi!”
esclamò Zayn alzandosi dalla sedia dello squallido bar semi
deserto dove erano seduti “E' come ti dicevo! La polizia sta
indagando, Louis! Cosa ti da la garanzia che tua sorella e
quell'altra scema non parlino!?” continuò, le vene sul
suo collo sembravano sul punto di esplodere e nonostante la sua pelle
ambrata e perennemente abbronzata, ora sembrava pallido e con un
colorito tendente al verde vomito. La barba incolta e le profonde
occhiaia gli davano un aria di uno gravemente malato, ma infondo a
Zayn non importava: aveva rinunciato da tempo al suo look
impeccabile.
“Intanto
siediti e abbassa la voce, se non vuoi che sia la barista
a denunciarti, cretino!” disse Louis a denti stretti.
Zayn
fece quello che gli era stato detto, contraendo la mascella come se
fosse stato sul punto di vomitare pure i pasticcini della prima
comunione.
“Elisa
e Giselle potrebbero parlare..” sussurrò di nuovo,
mentre il suo viso andava verso il verde pisello e il ciuffo di
capelli gli copriva gli occhi stanchi.
“Non
lo faranno” disse semplicemente Louis scuotendo la testa.
“Cosa
ti rende così sicuro di ciò?” chiese Zayn.
Avrebbe pagato per essere tranquillo come Louis, ma proprio non ce la
faceva.
Era
letteralmente spaventato a morte.
Sapeva
che le accuse erano gravi, e lui non voleva di certo passare il resto
della sua giovinezza in una cella di tre metri per quattro.
“Perchè
Elisa sa benissimo che sbatterti in prigione non risolverebbe nulla,
e non vuole assolutamente mettere la polizia in mezzo a questa
storia.” disse sicuro.
“Forse
questo vale per te, ma fidati che Giselle mi sbatterebbe volentieri
in galera e getterebbe via la chiave se potesse...” mormorò
il moro. “Si, sei andato decisamente oltre con lei e mia
sorella, e ti conviene non ricordarmelo perché sono ancora
sensibile sull'argomento.” disse Louis, che in un primo momento
poteva sembrare divertito, ma era tutt'altro.
“Cosa?”
chiese Zayn, senza capire “sensibile su quale argomento?”
“Sul
fatto che hai selvaggiamente picchiato mia sorella, razza di idiota!”
disse Louis fulminandolo con lo sguardo.
“Ma
che te ne frega, neanche la vedevi più da anni! Cos'è
tutto questo improvviso interesse per lei?!”
Louis
perse la pazienza. Afferrò il moro per le spalle sbattendolo
contro il muro facendo tremare i vetri delle finestre del bar,
facendo sobbalzare la bionda dietro il bancone, che però non
si azzardò ad intervenire.
“Non
credere,
neanche per un secondo,
che a me non interessi di Elisa, se non l'ho cercata o non le ho
chiesto l'anello subito, è stato solo per proteggerla!
Davvero credi che se non le volessi un bene dell'anima non l'avrei
già uccisa o forzata con i miei poteri, a darmi quello che
voglio!?”
Zayn
fissava il viso di Louis fuori di se a pochi centimetri dal suo. Non
pensava davvero che gli interessasse di Elisa. Insomma, da come si
era comportato non sembra per nulla. Louis lo strinse ancora,
spingendolo contro il muro con rabbia.
“E
credi che non ti avrei già spaccato la faccia per cosa le hai
fatto, se non mi servissi?! Io non voglio combattere contro
di lei Zayn, io voglio che lei combatta al mio fianco ora. Prima
volevo solo proteggerla,
tenendola fuori da tutta questa merda... Quindi, la prossima volta
che ti chiedo di rapirla, non vuol dire che la devi torturare in quel
modo, è chiaro!?” esclamò Louis, lasciandolo
finalmente cadere sulla sedia.
“Certo
Louis, bè... io non pensavo..” mormorò Zayn
timidamente, col viso completamente rosso, dopo qualche secondo. “Bè,
mettiamola così, se io avessi torturato Becky, tu come
l'avresti presa?” chiese Louis.
“Molto
peggio di così decisamente” concluse Zayn.
“Ecco
appunto. Io non lo faccio solo perché non servirebbe a nulla.
Ma fidati Zayn in altre circostanze, ti avrei ucciso” disse
Louis stringendo i denti.
Zayn
rimase a testa bassa a fissare la birra tra le sue mani.
“Mi
dispiace...” mormorò.
Gli
dispiaceva veramente aver trattato così Giselle ed Elisa.
Si
vergognava come un cane. Ma ormai era fatta. Quella sera la rabbia e
la paura avevano preso potere in lui come non mai. Era stato un
mostro.
Se
Becky lo avesse visto probabilmente non lo avrebbe mai più
guardato in faccia.
“Darei
qualsiasi cosa per tornare a quando avevo sedici anni. Io e lei
eravamo così...uniti. Legati dall' abbandono di nostro padre,
dalla malattia di mia madre, e dall'amore di nostra nonna. Eravamo
legati ai nostri dolori. C'è sempre stato un legale sin da
bambini. Poi l'ho lasciata e non c'è cosa di cui più mi
pento in tutta la mia vita. L'ho abbandonata, quando più le
dovevo stare accanto, e mai me lo perdonerò, Zayn.”
Louis stava torturando il suo bel viso con le mani, dalla rabbia che
provava verso se stesso. “Perché te ne andasti
allora? E perché non tornasti?” chiese Zayn.
“Perché
ero sconvolto, dalla verità che avevo scoperto, e da tutte le
bugie che mia nonna e mia madre mi avevano raccontato. Mia nonna
disse che lo aveva fatto per proteggermi, la verità è
che mi nascose tutto per proteggere se stessa da ricordi troppo
dolorosi.”
“Ma
adesso l'hai ritrovata, perché non vai da Elisa e chiarisci?”
“Perché
Zayn, so che non ho uno splendido futuro davanti a me, e preferisco
che lei mi odi, così almeno quando me ne andrò di nuovo
dalla sua vita lei non soffrirà” disse Louis, e una
lacrima scese timida dal suo occhio color azzurro mare. Zayn era
scioccato.
Non
credeva che Louis fosse capace di amare o di provare dolore, ma era
chiaro che quel ragazzo non fosse solo malvagio, a volte lo era si..
ma era solo schiavo del suo destino.
Come
Zayn. Come tutti.
Tutti
abbiamo qualcosa per cui combattere e tutti dobbiamo fare cose di cui
non siamo fieri. Tutti proviamo dolore, amore e paura.
Persino
un mago. Persino Louis.
Fino
a cinque minuti prima, se qualcuno avesse chiesto a Zayn chi secondo
lui era l'emblema della cattiveria, lui avrebbe risposto Louis senza
esitazioni.
Ora?
Avrebbe
risposto la
vita.
“Sai
Zayn, io ti invidio, tu avrai sempre tua sorella. Nel tuo cuore. Tu
hai la certezza che ti ami. Io Elisa l'ho persa anni fa, quando le ho
spezzato il cuore, e ora lei mi odia. Come tutti. Credo che se
morissi domani, nessuno verrebbe al mio funerale... si Zayn, la mia
vita fa schifo..” disse Louis scuotendo la testa, lasciando che
altre lacrime bagnassero il suo bel viso, ma allo stesso tempo
ridendo amaramente.
E
per la prima volta Zayn notò qualche somiglianza con Elisa. Il
modo di tenere lo sguardo basso. La forma degli occhi e del viso, e
la sua capacità di bloccarti il cuore con uno sguardo.
Erano
così magici
quei due fratelli. In Elisa non lo aveva notato subito.
Ma
ne era rimasto affascinato, così come da Louis.
“Lei
non ti odia Louis” disse Zayn “lei si sente solo ferita e
abbandonata. Ed è difficile come sentimento.”
“Non
lo so Zayn...” rispose l'altro, nascondendo il viso nelle mani.
Lasciando
finalmente che lo scudo cadesse e potesse finalmente piangere senza
paura che qualcuno lo giudicasse.
“Louis....”
disse dopo qualche secondo Zayn, ma il suo tono di voce era parecchio
diverso da quello di un attimo prima.
“Dimmi
Zayn” disse Louis ,sollevando la testa e asciugandosi le
lacrime dalle guance.
“Credo
che sia arrivato chi stiamo aspettando da un'ora.”
Louis
immediatamente girò la testa, scorgendo fuori dal vetro i due
visi famigliari.
Eccoli
qui. Finalmente.
Zayn
ora avrebbe potuto conoscere il resto della famiglia.
“Zayn”
mormorò compiaciuto.
Ecco.....
se prima Louis era parso così fragile e umano, ora era tornato
quello di prima. Freddo, bastardo e calcolatore.
“Sono
lieto di presentarti la mia amata Zietta Morgana e il suo amabile
figliolo, Liam....” disse sorridendo.
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