Eroi, senza scampo...

di pescioletta
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La fine ***
Capitolo 2: *** tutto come prima... ***
Capitolo 3: *** una situazione delicata ***
Capitolo 4: *** Memories ***
Capitolo 5: *** Rendez-vous ***
Capitolo 6: *** changes ***
Capitolo 7: *** The ritual - I ***
Capitolo 8: *** The ritual - II ***
Capitolo 9: *** the apocalipse ***
Capitolo 10: *** epilogo ***



Capitolo 1
*** La fine ***


Ciao a tutti!!
Questa storia è già stata pubblicata ma poi, per varie cause, era stata lasciata incompiuta, completata più avanti e mai più pubblicata. Ora ho deciso che sarebbe un peccato lasciarla nel pc, dato che è appunto completa, e pertanto ho deciso di ripubblicarla a scadenza regolare, ovviamente fino alla fine…
E' superfluo dire che un commentino, bello o brutto, è sempre molto gradito!!
Grazie in anticipo a chiunque la leggerà!
Buona lettura!!

*****




*****

Capitolo 1

*****

1996, in un palazzo disabitato di Londra

“Cos'è successo?!”

L’uomo sollevò lo sguardo verso il trono, barcollando, reggendosi a stento alla parete.

“Lui dov’è?”

La sua giacca, un tempo bianca ed elegante, era sporca e lacerata; lo sguardo, sottile e sprezzante, spento dalla rovina del fallimento; la sua voce, poco più che un tremito spezzato.

La figura incappucciata si protese verso di lui e lo afferrò per la spalla, strappandogli un gemito.

“Lui dov’è?” ripeté.

L’uomo inspirò a fatica, cercando il coraggio per rispondere.

“E’… è… è fuggito mio signore…” balbettò tremando “non siamo riusciti a fermarlo…”

“Maledizione!” ringhiò il demone spingendolo contro la parete.

“Mi… mi dispiace mio signore…”

“Stai zitto!" gridò il demone

"Non avresti dovuto lasciarlo scappare: lui è l'unico che sa come usarla!”

“Abbiamo tentato, con ogni mezzo mio signore…”

“Storie!” gridò

La mano sottile si strinse più forte intorno al braccio del suo sottoposto. Il servo urlò, mentre gli artigli affilati del padrone si conficcavano nella sua carne facendone sgorgare sangue rosso e denso. Sangue di demone. La sua mano, ancora appoggiata alla parete, strinse con forza uno dei mattoni sporgenti fino a frantumarlo. La figura incappucciata si fermò un attimo, fissando la mano del ragazzo che gli stava davanti e sorrise inaspettatamente. Il debole crepitio delle fiaccole riempiva l’aria, in quel luogo antico e dimenticato da dio. Rialzando debolmente gli occhi sul volto del suo padrone il servo seppe, con certezza, che quella notte sarebbe stata la notte della sua condanna…

“Vai, trovalo e riportalo indietro!” sibilò infatti il demone, avvicinandosi al volto tumefatto del giovane

“Usa qualunque mezzo, serviti di chi vuoi. Abbiamo 10 anni. 10 anni prima che passi la cometa e che tutto sia perduto. Fai che questo tempo non venga sprecato!”

L’uomo annuì debolmente.

“Ancora una cosa” disse, lasciandolo, estraendo gli artigli acuminati dal suo braccio e scaraventandolo al suolo, verso la porta. Improvvisamente, una cascata di scintille rosso fuoco cadde sul corpo rannicchiato del demone e una luce argentea si sprigionò dalle sue carni.

"Ora non avrai più paura di niente." disse il demone.

Il servo si rialzò lentamente e si diresse fuori della stanza. Solo allora si rese conto il braccio non sanguinava più e che la stanchezza delle ultime ore sembrava averlo abbandonato completamente.

Allora capì cosa era successo.

E sorrise.

Perché, come altri prima di lui, anch'egli era diventato

Un immortale.

******

1996, Londra, Sede del Consiglio degli osservatori

Le fiamme crepitavano minacciose nel caminetto, riflettendo alte ombre sui legni scuri e spessi della biblioteca. La mano di Quentin Travers sfogliò con noncuranza le pagine di un vecchio libro ingiallito, prima di richiuderlo e posarlo su uno scaffale alla sua sinistra. La copertina verde stonava orribilmente in mezzo a tutte quelle rilegature color della paglia pensò, osservando con nostalgia le pagine ingiallite degli antichi volumi dove sempre più raramente si posavano, a suo parere, gli occhi di quelli che potevano considerarsi dei veri studiosi. Si voltò lentamente. Di fronte alla porta un uomo sui trentacinque anni lo fissava, aspettando. Alto, slanciato, di bell’aspetto e con quei capelli così ostinatamente fuori posto, come tutto quello che lo riguardava del resto, a partire da quei suoi occhi magnetici, di un colore troppo intenso e la tipica espressione di chi non doveva chiedere niente a nessuno.
Guardandolo più attentamente, l’osservatore si accorse che teneva ineducatamente una mano infilata nella tasca del classico abito di tweed, tuttavia in quel momento la sua mancanza di etichetta non aveva importanza. Tutto quello che premeva al capo degli osservatori, in quel momento, era di sapere la verità e di saperla subito, a qualunque costo. E così puntò gli occhi in quelli dell’uomo, senza paura di quello che poteva leggervi dentro o di quali segreti potesse carpirne. Perché, come diceva sempre alle sue allieve,

la missione viene prima di tutto.

“Lei ha avuto un'intera vita per apprendere quello che c’è scritto in questi libri, dico bene signor Claidfort?” chiese, con il solito tono con cui si rivolgeva ai suoi sottoposti.

L’osservatore annuì in silenzio.

“E’ possibile quindi” riprese il più anziano con tono autoritario “è… probabile, che una parte della sua infinita esistenza lei l’abbia trascorsa qui, fra questi scaffali, sepolto tra i volumi preziosi che vi sono contenuti?”

“Sì” ammise l’uomo senza alcuna emozione, abbassando appena lo sguardo sul pavimento meticolosamente lucidato. Era incredibile quanto badassero alla pulizia e all’apparenza estetica quel branco di studiosi che, in teoria, avrebbero dovuto occuparsi solo di carte e di puro sapere. Ma di paradossi a questo mondo ce ne sarebbero stati sicuramente di peggiori… Lo sguardo di Quentin Travers, nel frattempo, si era nuovamente posato sullo scaffale e la sua mano, ferma e decisa, ne aveva tratto un volume antico e pieno d'incantesimi.

Un volume che Vincent, disgraziatamente, conosceva fin troppo bene.

“Devo desumere dalla sua risposta, mio esimio collega, che quindi lei sappia con esattezza cosa recita la formula d’apertura di questo testo. Qui. Nella sezione 1477. Nella parte più antica e protetta di tutto il Consiglio, dove nessuno tranne i membri fondatori e il Capo degli Osservatori può accedere per motivi di massima sicurezza e dove lei, in teoria, non avrebbe mai dovuto nemmeno mettere piede?!” gridò, sbattendogli in faccia il volume pesante ed indicandogli le parole, piccole e sottili, scritte in una lingua antichissima che nessuno più sapeva leggere o tradurre.

O quasi.

Vincent annuì di nuovo. E gli occhi piccoli di Quentin diventarono due fessure gelide, mentre si allontanavano dalla sua faccia.

“Bene.” disse con calma “allora temo che non ci sia più nulla di cui discutere. Sappiamo entrambi qual è la punizione per chi infrange le regole del Consiglio. Sulla sua scrivania troverà un biglietto di sola andata per Madrid e una busta contenente la somma di denaro corrispondente alla sua liquidazione.
Faccia buon viaggio.”

L’uomo abbassò la testa in un mezzo inchino e si voltò, afferrando la maniglia. Il tono sommesso di Quentin lo richiamò quando già stava per lasciare la stanza diretto al suo ufficio.

“Riponevo grandi speranze in te Vincent, ma spero tu riesca a capire che la situazione in cui ci troviamo ora è troppo grave.”

"Non avevo scelta. Si tratta dell'Apocalisse."

"Lo so."

Il ragazzo non si voltò, ascoltando.

Quentin sospirò.

“Se devo essere sincero, non so proprio di chi fidarmi… ma sono il capo degli Oservatori e la vita del Consiglio, le sue tradizioni, i suoi membri, il suo futuro sono tutti nelle mie mani. Spero che non ci succeda niente… in caso contrario, sai che dovrò venirti a cercare.” Le parole di Travers caddero nel vuoto, creando un muro invalicabile. Il capo degli osservatori gli dava le spalle, appoggiandosi al caminetto, e per un istante a Vincent sembrò soltanto un uomo vecchio, con troppe responsabilità da gestire e a cui lui, quella sera, aveva dato soltanto l’ennesima, grave delusione. Girò la maniglia aspettando un attimo ad uscire, giusto il tempo per voltarsi e sussurrare brevemente

“Mi dispiace…”

Quella sera, quando il domestico si apprestò a pulire la stanza di Vincent Claidfort, trovò sulla sua scrivania una busta con sopra scritto semplicemente ‘Al mio miglior studente: Rupert Giles’.

*****

Bocca dell’inferno, Sunnydale, 15 maggio 2003





Willow si protese in avanti, stendendo le mani sulla falce incandescente. La chioma rosso fuoco le fluttuava intorno candida, diventando argentea per la magia che le scorreva in ogni vena pulsante. Lo sguardo fisso, perso nel vuoto. Sulle sue labbra, un leggero sorriso di pura estasi si univa alla gioia smisurata che solo un potere immenso e sconosciuto poteva darle. Splendeva, illuminata da una luce purissima, e da un potere immenso che si sprigionava attraverso di lei.
Rendendola potente e unica.

Una dea.

Kennedy la guardò affascinata.
Davanti ai suoi occhi la donna che amava splendeva di luce propria, sorridendo felice. Si protese in avanti, stringendo più forte le dita attorno alla sua mano sottile. Assaporò la freschezza delicata della sua pelle e sentì la forza della sua magia arrivarle fino all'anima.

Si lasciò travolgere.

Socchiuse gli occhi e sentì la potenza dell’incantesimo diventare fonte di nuova forza anche per lei.

Soprattutto per lei.

Solo per lei.

Gettò indietro la chioma scura, lasciando che ondeggiasse leggiadra cullata da tutta quell’energia mistica e sconvolgente. Lasciando che danzasse, come durante una delle sue battaglie. Come poteva danzare solo una cacciatrice, cullata dal sangue e dalla forza.

E all’improvviso, fu come morire.

Da principio fu un dolore fortissimo, come se una lama incandescente la penetrasse dal centro del petto affondando fino al cuore, sostituito subito dopo da un piacevole calore e da una sensazione di estrema potenza. Kennedy sapeva bene cosa le stava accadendo. Ne avevano parlato a lungo. Lo aveva accettato. Lo aveva persino acclamato. Eppure, adesso, non riusciva a non staccare gli occhi dalla strega splendente che continuava a pronunciare delle parole incomprensibili in una lingua antica come il tempo senza essere profondamente insicura, ora, che quella fosse la scelta giusta da fare.

Ma non c’era più tempo per riflettere.

In quel momento, mentre lo sguardo di Willow si posava su di lei riprendendo per un istante l’antica sfumatura della ragazzina che era stata e le sorrise, allora… allora Kennedy seppe con certezza che la regola era stata invertita

e che da quel momento lei, Buffy Summers, … sarebbe stata

solo una tra le tante.

******

Periferia di Los Angeles, 15 maggio 2004

Il vampiro strinse la mano intorno al paletto.
Nel vicolo, la notte ardeva come un fuoco infernale. Nera e densa.
La bolgia della bocca dell'Inferno si era rovesciata sulla terra, vomitando tutte le sue più orribili creature.
Angel, Illyria, Spike, Gunn e Connor si lanciarono nella mischia senza esitazione, gridando forte per farsi coraggio. Alle loro spalle, un nugolo di demoni invadeva le strade ormai deserte richiamando i loro simili con alte grida di battaglia, mentre un demone-drago enorme volava sopra le loro teste lanciando fuoco e lapilli ovunque girasse le enormi fauci incandescenti.

“Andiamo al lavoro!”

L’ultima frase di Angel rimbombava ancora nelle loro menti, mentre le loro armi calavano sugli avversari, danzando quasi, belli e letali, in quell’ultima nottata di morte.

La giacca scura di Angel volteggiò nell’aria mentre il vampiro metteva a segno un colpo dopo l’altro. La sua statura gli permetteva di vedere al di là del piccolo troll che lo aveva attaccato, finendolo rapidamente e concentrandosi su un vampiro enorme che avanzava nella mischia. Il rumore assordante delle armi copriva qualsiasi suono che non provenisse dai loro avversari. Grugniti, lamenti, ululati. L'esercito demoniaco più grande che avessero mai affrontato si era dato appuntamento in quel vicolo per concludere ciò che nessuno era mai riuscito a portare a termine:
la distruzione del mondo.
Angel parò l’ennesimo attacco furente, calando rapido la scure. Una spada volteggiò nell’aria conficcandosi nel suolo, a pochi centimetri da lui sue spalle. Il vampiro si voltò, finendo il suo avversario con un colpo rapido e afferrò la spada.

“E’ così che a me piace giocare” sussurrò, mentre già le teste dei tre demoni che si erano avventati su di lui cadevano rovinosamente al suolo.

“E’ solo così che a me piace giocare…”

La lunga giacca di pelle nera volteggiò inquietante mentre Spike si girava di scatto, finendo sull’orlo del parapetto. Il colpo lo sfiorò appena, permettendogli di voltarsi e lanciare uno sguardo verso il cielo infuocato.
Si lanciò dalla piattaforma, evitando per un soffio la terribile spirale di fiamme che incenerì parecchi dei suoi inseguitori e rialzò velocemente lo sguardo. Accanto a lui, Connor combatteva strenuamente contro un vampiro particolarmente robusto, tenendosi il fianco sanguinante.

“Resisti, sto arrivando!” gli urlò, ferendo mortalmente il suo avversario e cominciando a farsi largo tra la folla.

All’improvviso Angel fu al fianco del figlio, polverizzando il suo assalitore e riprendendo subito dopo a combattere.

Spike sorrise compiaciuto.

Uno di meno.

Si rivolse di nuovo verso la massa urlante, brandendo con ferocia l’asta di metallo che si era procurato nel frattempo ed abbracciò, con un solo sguardo, la visione di Illyria che riduceva in briciole un gruppo di zombie di fronte a lei e di Angel, che uccideva, come un angelo sterminatore, qualunque cosa si trovasse sul suo cammino. Il rumore degli spari di Gunn e le urla di dolore dei suoi avversari gli fecero pensare che, forse, non tutto era tutto perduto …
Parò un nuovo attacco e si passò una mano sulla fronte per detergere il sudore misto con sangue che gli offuscava la vista, ma che avrebbe contato ben poco qualora fossero riusciti nella loro impresa. Se la folla di demoni infernali che aveva invaso la città fosse stata rispedita da dove era venuta. Se avessero vinto, mettendo fine a quella follia. Se avessero trionfato. Salvando per la centesima, e forse ultima volta quel mondo sempre sull'orlo di un'apocalisse.

Se il piano di Angel fosse riuscito…

D’un tratto una stretta micidiale s'impadronì della sua spalla, catapultandolo al suolo.

Spike si rialzò, voltandosi di scatto, pronto a fronteggiare il nuovo arrivato. Il corpo muscoloso di un demone Torlox si avventò su di lui inchiodandolo a terra. Ringhiando, dalle braccia del demone spuntarono alcuni aculei robusti. Spike sgranò gli occhi. L'assassino dei morti. Il torlox era l'unico demone a possedere un veleno letale per i vampiri. Schivando il calcio del biondo gli bloccò i polsi e lo guardò alzare gli altri due pugni nodosi verso il cielo rovente. Un’esitazione fatale. Un calcio ben assestato e Spike si sottrasse alla presa del demone rotolando su un fianco tra i tizzoni incandescenti. Non fece nemmeno in tempo a rialzarsi che si accorse di essere già stato attorniato da molti altri demoni ringhianti.

“E’ la tua ora vampiro!” udì gridare alle sue spalle.

Si voltò, giusto in tempo per vedere nel buio una canna nera brillare nella sua direzione.
Un colpo di pistola e un fiotto di sangue da ignorare mentre già i muscoli scuri del Torlox comparivano dietro di lui.

Il vampiro si rialzò in piedi. Si voltò, cercando di liberarsi la strada a spintoni per raggiungere il resto del gruppo, conscio che da solo sarebbe stato una preda fin troppo facile. All’altro capo del vicolo Angel urlava qualcosa all’indirizzo di Illyria, continuando a combattere come solo lui sapeva fare. Del tutto simile a un dio della guerra.
Spike provò a richiamarlo, ma com’era prevedibile le sue parole risuonarono inascoltate in tutto quel frastuono.

Piccole scintille rosse scoppiettarono nel cielo plumbeo.

Il vampiro rialzò gli occhi per un istante. Giusto in tempo per vedere la grossa bocca del drago emettere una densa spirale di fumo e fiamme diretta nella sua direzione. Non c’era tempo per riflettere. Scattò a sinistra, appiattendosi contro il muro di una casa in rovina, mentre il gruppo di demoni che lo inseguiva si ritrovava nuovamente sulla traiettoria del getto di fuoco. Il Torlox ringhiava accecato dal calore, scalciando e prendendo a pugni l’aria. Alle sue spalle, un gruppetto di neo-vampiri si godevano la scena divertiti, aspettando il momento opportuno per agire. Spike vide il demone drago tornare all’attacco, incendiando un cassonetto lì vicino. Uscì allo scoperto, colpendo alla cieca tutto ciò che si trovava davanti, per poi rimettersi a correre senza ritegno con il Torlox urlante sempre alle calcagna.

“Angel!”

Nella mischia, il grido di dolore di Connor risuonò insopportabile.

Spike continuò a correre, conscio della propria impotenza, chiudendo la mente al dolore e rivolgendo un pensiero al guerriero più giovane che avesse conosciuto.

Scansò per poco le zanne di un lupo mannaro e alzò lo sguardo nella direzione del gruppo.

“Angel!”

La voce di Illyria suonava disperata, nel fragore della battaglia.
Spike vide la mano di Gunn sparare un ultimo colpo e poi cominciare a difendersi come poteva a mani nude, senza che nessuno potesse fare nulla per aiutarlo.

“Spike! Alle tue spalle!” sentì gridare, un secondo prima che la presa del demone si facesse nuovamente sentire, bloccandogli il braccio a mezz’aria. Torcendolo. Dolorosamente. Mentre ancora tentava inutilmente di difendersi.

Gli aculei del demone si avvicinavano pericolosamente.

Lanciò un ultimo sguardo alla piazza. L'orda infernale traboccava da ogni parte, riempiva ogni più piccolo spazio e continuava a riversarsi senza sosta nel vicolo ormai orrendamente pieno di cadaveri bruciacchiati. Sentiva le forze venire meno, mentre il braccio scuro del Torlox si stringeva ferreo intorno alla sua gola. Lontano da lui, Angel e Illyria stavano ancora combattendo, resistendo eroicamente all’avanzata delle forze nemiche, con un coraggio e una tenacia che avevano dell’impossibile.
Ma davanti a un tale fiume di demoni…
Angel… ormai era lui la sua ultima speranza, ma era ben conscio che da solo non sarebbe mai riuscito a difenderla. Cercò di divincolarsi, gridando, con il solo risultato di ritrovarsi ancora più bloccato tra le braccia nerissime del Torlox. Scalciando, con le mani dietro la schiena e il torace esposto, intrappolato in quella massa di carne e muscoli possenti mentre pensava per un attimo, solo per un attimo, che anche questa volta non era riuscito a fare quello che avrebbe potuto salvarli tutti.
Che avrebbe potuto salvarla.

Buffy…

Quei demoni sarebbero arrivati da lei più in fretta di quanto si potesse immaginare.

Buffy…

La sua immagine si dipinse chiara e indelebile nella sua mente, mentre i vampiri avanzavano sogghignando.
Buffy. Il suo ultimo volo. La sua ultima battaglia. Il suo corpo esanime ai piedi della torre di metallo con il volto disteso in un sorriso felice.
E poi il suo ultimo sorriso, mentre se ne andava.
Dopo avergli detto le tre parole che attendeva da una vita.
Là, nella caverna del Primo.
Lasciandolo solo, ancora una volta. Ingannandolo.
Per rifarsi una vita là, dove la sua seconda morte le aveva permesso di andare.
A Roma. Con Down. Mentre lui ed Angel lottavano per difendere quella normalità che aveva tanto cercato in quegli anni di battaglie e di morte.
Che aveva meritato.

“Mi dispiace…”

sussurrò, rilassando le spalle. Concio che ormai non c'era più nulla che potesse fare, chiudendo gli occhi davanti ai demoni che si avvicinavano, paletti alla mano, ed attendendo che la punta di legno calasse impietosa trapassando muscoli e stoffa.

In fondo non ci aveva mai creduto veramente.

E a quel punto, nemmeno il vampiro più stupido avrebbe anche solo sperato di avere una minima possibilità di salvezza.

******

Roma, 15 maggio 2004

Buffy accarezzò la punta dei fili d’erba davanti a casa, inumidendosi di rugiada.
Era passato un anno. Sembrava un’infinità di tempo, eppure non si era trattato che d'una manciata di giorni, uno più noioso dell’altro, nemmeno sufficienti per portarne i segni sulla pelle.
Fissò lo sguardo sui fili d’erba che ondeggiavano pigri. Ricordava di averli guardati anche l’anno precedente, sotto il portico di Rovello drive. Prima di rientrare. Con lo sguardo assente di chi ha già provato ogni cosa. Portando la morte come dono, su mani tremanti. Certa che sarebbe finito tutto, di nuovo. Accogliendo con un singolo sguardo quelle due iridi azzurre, come se non vi fosse stato nient’altro al mondo. Sprecando anche quell’ultimo istante, per paura ed esitazione. Attendendo la fine, sorretta tra le sue braccia.
Sorrise.
Stare sotto il portico a un anno di distanza la faceva diventare stranamente melensa. I ricordi, la sua vecchia missione, il pensiero dei suoi amici… Tutto aveva un posto prestabilito nella sua mente. Un posto che lei stessa gli aveva assegnato. Oh sì… nel cassetto delle cose da dimenticare! Al più presto e senza rimpianti! Definitivamente! Mentre una lacrima cadeva lenta a solcarle le guance ambrate, impossibile da fermare…
Le sembrava che non fosse cambiato nulla da quella notte, eppure era cambiato tutto.
Sunnydale, la sua vita, la sua missione, la sua ‘anormalità’… era tutto scomparso.
Sprofondato. Insieme a quel paio di iridi azzurre. Al mare delle incertezze e delle delusioni, delle notti solitarie e dei baci appassionati.

Era tutto finito. Semplicemente svanito.

E adesso altre ragazzine avevano preso il suo posto, altre cacciatrici, altre prescelte. Una marea di guerriere che arrivava da ogni parte del mondo per imparare qualcosa dai vecchi osservatori in pensione dopo la riapertura del Consiglio e da lei, che non aveva neppure voglia di starle a sentire.
Aveva avuto la sua vita normale, alla fine.
Una casetta in Italia, un lavoro affidabile, una scatola per riporre i suoi ‘attrezzi del mestiere’… eppure, quando si ritrovava seduta da sola sotto il portico, quando i ricordi diventavano troppo ingombranti e la luna la guardava col suo sorriso sornione, quasi accusatoria, allora… allora non riusciva a non chiedersi quale prezzo avesse avuto la sua decisione…
e quante vite, quella magia potente ed antica,
avesse salvato…. o distrutto.

******

Los Angeles 15 maggio 2004

“Illyria! Prendi gli altri e vattene! Non ce la faremo mai senza un aiuto!”

“No!”

Angel parò l’ennesimo attacco del demone e poi si rivolse a lei, gridando

“Qui non c’è più niente da fare lo capisci? Vattene con gli altri!”

Un altro zombie al tappeto, e un vampiro ridotto in polvere ancora prima di voltarsi. Gli occhi grandi e chiari di Illyria sembravano ancora più dilatati, in quel volto pallido e insanguinato.

“Lo so. Per questo non me ne vado.”

Angel si voltò nella sua direzione, stupito. Illyria gli sorrideva tristemente. Era strano. Angel poteva scommettere di non avere mai visto alcuna emozione passare su quel volto perfetto e tirato. Un volto che aveva amato, a suo tempo, quando ancora non era infestato da un demone. Come una sorella, quando ancora la sua non-vita aveva un senso…
E adesso Illyria gli sorrideva, ed Angel si trovò a ricambiare quel sorriso senza nemmeno rendersene conto.
Forse Lorne aveva ragione. Forse non tutto di Fred era stato annientato, dopo che il demone primordiale aveva infestato il suo corpo e forse… c'era ancora qualcosa in cui sperare…
Peccato che fosse troppo tardi…
Alle sue spalle, un nuovo demone lo attaccò con impeto, armato di ascia. Il vampiro si voltò, parando con poca convinzione l’ennesimo colpo preciso. Lo avrebbe ucciso. Se solo fosse servito a qualcosa. Al suo fianco, Charles Gunn si spegneva lentamente sotto i colpi dei vampiri agguerriti che sembravano generarsi dal nulla. Poco più lontano, suo figlio Connor giaceva riverso a terra, assumendo il freddo pallore della morte. In lontananza, Spike smetteva di combattere, attendendo il colpo di grazia.
Angel chiuse gli occhi, lasciando cadere la sua unica arma.
Non c’era più motivo per lottare. Illyria aveva ragione. Quella guerra, la sua guerra, li aveva fatti precipitare tutti dall’orlo del baratro…
Attese il colpo finale.
Nessuno… sarebbe sopravvissuto a quella pazzia…
Nessuno…
Nemmeno lui.

*****

Il demone arrivò sul tetto del palazzo imprecando mentalmente. La battaglia era già iniziata, e quel che era peggio, nessuno aveva avuto il buon senso di tirarsi indietro da quello scontro quand’era ancora il momento per farlo. Giocando a fare gli eroi senza macchia e senza paura. Fregandosene delle conseguenze. La storia si ripete… pensò, notando con orrore il corpo esanime di Connor riverso sui calcinacci polverosi e la mano di Gunn che si alzava lentamente un'ultima volta nell’intento di proteggere, senza troppe speranze, la non-vita del suo datore di lavoro, nonché amico.
Socchiuse gli occhi. Concentrandosi.
Dall’alto del palazzo, poteva sentire che c’erano ancora tre anime dalla parte del bene che combattevano senza sosta in quel mare infernale di demoni urlanti. Una la vide cadere sotto i colpi di una ventina di zombie che la attorniavano. Illyria… se non si ricordava male aveva infestato il corpo di una giovane scienziata sperimentando, ora, quanto potesse essere fragile un corpo umano anche se accompagnato dal potere più rilevante. E poi loro, i due vampiri…
Cercò con lo sguardo Angel e Spike, ancora vivi e pensanti in quel mare di demoni e vide con terrore che la giacca di Angel sbucava da sotto una trave abbattuta e che la testa di Spike, di un biondo ormai sporco e striato di sangue, era imprigionata tra le forzute braccia di un demone Torlox mentre tre vampiri avanzavano, pronti per finirlo, senza che lui tentasse neppure di difendersi. I suoi pensieri, come quelli di Angel un attimo prima dell’incoscienza, erano fissi su un paio di occhi verdi che lo guardavano sgomenti.

“non sono riuscito a salvarti… perdonami.,,”

La sua ultima frase si stagliò nelle orecchie del demone come se l’avessero urlata da un altoparlante.

La punta di legno brillò per un attimo, spiccando in mezzo a quella bolgia infernale come un faro in mezzo alla tempesta. All’altro capo del vicolo, un altro vampiro alzava impietoso lo stesso strumento di morte sul petto senza respiro di Angel.

Inesorabile.

Una lacrima solitaria rigò la guancia del demone.

Abbassò la testa, rendendo omaggio a quell’ultima violenza, a quelle due ultime vite spezzate. Lenta, dagli occhi viola del demone scese una lacrima per ognuno dei caduti in quella tremenda battaglia, mentre nel vicolo le urla di gioia dei vampiri accompagnavano come una macabra sinfonia la discesa dei paletti.

Tentò di pensare a qualcosa di bello, da portare con sé nel viaggio senza ritorno della morte. Conscio del fatto che ormai stava tutto finendo. Di nuovo. Nel peggiore dei modi.

Il cerchio si chiudeva.

Chiuse gli occhi, attendendo la fine. E, all’improvviso, una luce fortissima s'insinuò sotto le sue palpebre sbalzandolo al suolo.

Il demone riaprì gli occhi esterrefatto, giusto in tempo per sentire il rumore di una fortissima deflagrazione e dell’esercito che si rompeva, sparpagliandosi in ogni direzione. L’edificio in cui si trovava si accartocciò su sé stesso, precipitandolo in un vortice di detriti e cemento armato e lui sbattè la testa contro qualcosa di duro e appuntito.

Un attimo prima di perdere i sensi, il demone riuscì a sentire, inaspettatamente, queste poche parole:

“Noi abbiamo arginato la calamità. Ora tocca a voi risolvere il problema una volta per tutte”



[FINE CAPITOLO 1]



Note dell'autrice: Allora, che ne pensate? Continuo a postarla o non la leggerà mai nessuno ed è inutile che sprechi tempo e spazio del sito? ^,^

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Capitolo 2
*** tutto come prima... ***


Ciao ragazze, come promesso non vi ho fatto attendere tanto ed ecco qui il secondo capitolo. Anche se per motivi logici ora ci saranno un paio di capitoli un po' meno d'azione (ma ciò non significa che non accada niente!), spero che la storia continui a piacervi. Ringrazio molto chiunque abbia letto o leggerà il post e NightLady che ringrazio pubblicamente per la recensione!!

Buona lettura!!


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Capitolo 2


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Firenze, 15 maggio 2004

“Sono tornato!”

Willow sollevò lo sguardo sul suo nuovo coinquilino che traballava vistosamente nel soggiorno. Borse e borsine della spesa gli ondeggiavano tra le mani in precario equilibrio e pacchetti e sacchettini sembravano aver occupato ogni tasca disponibile. Tra i denti, in bilico, teneva il giornale del mattino e la camicia a fiori, aperta sul davanti là dove un bottone era saltato, lo faceva sembrare un Tarzan del nuovo millennio.

Willow ripuntò lo sguardo sul monitor annoiata.

“Ti sei dimenticato di nuovo di comprare la frutta…” lo accusò.

“Cosa?!”

Xander posò maldestramente tutta la roba sul tavolo, riuscendo a rovesciarne parecchia sia sulle sedie che sul pavimento tirato a lucido.

“Come sarebbe a dire che mi sono dimenticato di nuovo di comprare la frutta?! E questa che cos’è?” chiese, additando un paio di melette rachitiche e sei o sette mandarini di un giallognolo preoccupante “e poi di che ti lamenti, scusa? Non ci sei andata tu a fare la spesa! Dovresti vedere quanta gente c’era in coda alle casse! E comunque questo supermercato italiano non è esattamente-.. oooooh… Attenta!” urlò quasi, quando la lattina di coca-cola che teneva in mano gli sfuggì inaspettatamente dalle dita e rovesciò tutto il suo contenuto terribilmente vicino al nuovo pc portatile della strega

“Igredior!” esclamò lei alzando la mano, e subito la cascata di bibita si bloccò a mezz’aria ritornando diligentemente al suo posto.

Il ragazzo la squadrò ammutolito.

“Wow!” disse, non appena la sua voce ritornò controllabile “da quando conosci quell’incantesimo? N-non è che potresti insegnarmelo?”
Willow o guardò senza rispondere.
"Ok, allora che ne dici di un abracadabra per far comparire la roba dal nulla?"
"Devo ricordarti cos'è successo l'ultima volta che hai provato a cimentarti con la magia?" chiese la rossa con uno sguardo che la diceva lunga sul disastro combinato da Xander
"Avevo semplicemente voglia di pop corn!"
"Che io e Kennedy abbiamo dovuto pulire per 3 settimane. Saltavano fuori dappertutto, persino dalla doccia!"
"Uff…" si lamentò il ragazzo addentando una merendina "E' che in questo Paese è un casino anche solo parcheggiare la macchina…"
“Già… e ti sei sempre dimenticato di comprare la frutta.” gli ricordò lei.
Xander lasciò ricadere le braccia lungo il corpo, sbuffando. “Ma se sei tanto brava con la magia non potresti-” “Xander!” “D’accordo, d’accordo, vado!” capitolò infine. Willow rise "Ti ricordo che hai perso la scommessa: spesa per un mese, ricordi?" Xander sbuffò "E poi i miei non sono dei trucchetti!” “Come vuoi… Speriamo soltanto che siano ancora aperti…” e dicendo questo il ragazzo si diresse a passo spedito verso la porta.
Stava giusto per aprire, abbottonandosi con poca convinzione la camicia fiorata, quando la voce compassata del presentatore del TG pomeridiano richiamò la sua attenzione con una notizia che, a dire il vero, si sarebbe aspettato di sentire molto tempo prima.

Si voltò in direzione dell’amica che era rimasta seduta al suo tavolo e decise che la frutta avrebbe anche potuto aspettare un altro paio di minuti.

“Buona giornata. Apriamo subito questa edizione straordinaria del telegiornale con una notizia di cronaca della massima importanza. Ieri notte, sul fare dell’alba, una terribile esplosione ha raso al suolo un intero quartiere residenziale nella zona ovest di Los Angeles. Il nostro inviato non è ancora arrivato sul posto, ma da una prima analisi effettuata dai pompieri sembra che si sia trattato di una fuga di gas. Il sindaco ha ordinato l’evacuazione delle zone limitrofe. Per non creare ulteriori disagi si invitano tutti i cittadini alla massima prudenza. Nel frattempo continuano le indagini sulla possibile contaminazione da scorie nucleari che, secondo gli esperti, spiegherebbe l'enorme quantità di cadaveri deformi presenti sul posto.”

Xander rimase qualche minuto a fissare le scene che si ripetevano nella tv, giocherellando con il cellulare. Alla fine decise di spegnere il televisore con un gesto secco e di comporre un numero che conosceva a memoria, fin dai tempi del liceo, quando ancora la considerava una ragazzina pressappoco normale. Schiacciò alcuni tasti meccanicamente, quasi che fosse la cosa più naturale del mondo, ma quando fu il momento di premere il tasto d’invio qualcosa nella sua mente lo fece bloccare, cancellando il numero.
Si rialzò dalla poltrona e si avvicinò alla finestra, appoggiò la fronte contro il vetro freddo e socchiuse gli occhi. Nell’ampio giardino davanti a casa il cinguettio allegro dei passerotti sanciva l’inequivocabile arrivo della bella stagione. Sentì il sole riscaldargli la pelle e non poté fare a meno di sorridere mestamente.
L’estate stava arrivando, pensò. A dispetto di tutte le catastrofi accadute nell’ultimo periodo, la natura si risvegliava sempre. I fiori sbocciavano, gli insetti ronzavano, i cani correvano legati al guinzaglio e facevano dannare i loro padroni... Tutto sembrava rimasto esattamente identico, in tutti quegli anni.
Tutto…
Tranne una cosa.
Xander scosse la testa infastidito.
Ma cosa si era illuso che accadesse? Pensava forse che con il crollo di Sunnydale sarebbe finito tutto? Oppure che la bocca dell’inferno sarebbe congelata solo perché gli Scoobies se n’erano andati in pensione? Picchiò forte una mano contro il davanzale della finestra. Stupido. Stupido. Stupido uomo! Il loro sacrificio e quello delle persone che amavano non era servito a niente! Era stato solo uno stupido a credere che tutto sarebbe finito così!

“A cosa stai pensando?”

Xander si voltò lentamente, non sapendo cosa rispondere.
Al tavolo della cucina, Willow aveva sollevato gli occhi dal suo computer portatile e ora lo fissava dritto in faccia aspettandosi una risposta a quella banale domanda.
Xander sorrise.
A cosa stava pensando?

“Hai sentito il telegiornale?” rispose atono.

“Sì. E…?”

Xander scrollò le spalle “E… beh… stavo pensando che forse il mondo non è poi un posto così sicuro come credevamo, anche dopo l’attivazione di tutte quelle cacciatrici…”

Willow riabbassò la testa verso il tavolo con un’alzata di spalle.

“Dagli tempo. Anche Buffy il primo anno non era così forte…” commentò.

Xander la guardò sfogliare con attenzione le pagine gialle del libro come una studentessa modello. Cercò di guardarla negli occhi. Le palpebre si alzavano e si riabbassavano ritmicamente passando dal dizionario al volume polveroso appoggiato sul tavolo, per poi ripuntarsi qualche secondo sullo schermo piatto del pc controllando che il lavoro venisse svolto alla perfezione. Per un attimo Willow gli sembrò null’altro che la ragazzina senza un amico che era stata ai tempi della scuola media, o al massimo una liceale alle prese con una ricerca troppo meticolosa.

“É proprio questo che mi preoccupa…” disse

La strega alzò di nuovo gli occhi, puntandoli sul ragazzo accanto alla finestra.
Xander continuava a fissare il giardino, come se fosse rimasto incantato dai giochi di luce che il sole di maggio compiva filtrando attraverso le foglie del salice davanti a casa, senza vederli realmente.

“Xander?” il ragazzo non si voltò “mi stai preoccupando…”

“Lo saresti anche tu se ascoltassi con più attenzione i telegiornali in questo periodo" rispose lui con noncuranza.

“Qui non siamo al sicuro Willow!” esclamò “Non lo siamo mai stati!”

“Neanche a Sunnydale lo eravamo, ma ci siamo rimasti comunque, senza farci troppi problemi…”

“Sì, solo che allora era diverso!” constatò il ragazzo con tono impotente, tornando a rivolgere lo sguardo verso il giardino.

Sentiva le occhiate preoccupate della strega bruciargli la schiena. Allora non era l’unico ad essersi accorto di quanto la situazione fosse in bilico… Eccola là, la Willow che si nascondeva dietro a un dito pur di non ammettere la pura e semplice verità.

“Xander…”

“Non addolcirmi la pillola Willow, so fare anch'io due più due!” esclamò voltandosi “Un anno fa eravamo noi a decidere per il nostro futuro, adesso invece… il destino di tutti noi potrebbe essere in mano a qualcuno che non è nemmeno in grado di tentare di difenderlo!”

******

Roma, Italia, 15 maggio 2004

Due ragazze che camminavano nel cimitero della capitale. Niente di cui stupirsi. Se la scena si fosse svolta di giorno, quando il camposanto era pieno dei famigliari dei defunti e il guardiano teneva aperta la porta lasciando entrare chiunque…
Ma la situazione era leggermente diversa dato che non solo era notte, ma una delle due ragazze reggeva in mano un paletto di legno e l’altra, dopo aver scavalcato insieme a lei il pesante muro di cinta, stava scappando a passo spedito in direzione del centro abitato precedendo l’altra di almeno una decina di metri.

“Down! Down! Ma si può sapere perché non rallenti?”

La ragazzina si girò velocemente lanciando un’occhiata alla sorella, per poi riprendere a camminare ancora più in fretta.

“Down!” il tono di Buffy era gelido ora.

Down si fermò.

“Che cos’hai?” chiese, mettendosi le mani sui fianchi con aria di sfida.

Era toppo. Buffy le si avvicinò esasperata incrociando le braccia.

“No, tu che cos’hai? Non ti ho mai vista così: mi eviti, vieni in ronda con me e poi scappi, sei sempre sulla difensiva, non ti si può più dire niente…”

“Senti chi parla, anche tu hai fatto così con me per più di due anni!” esclamò

“Lo vedi?”

“Che cosa?”

“Non ti si può nemmeno parlare che reagisci come se ti stessero facendo un torto gravissimo!”

“Forse perché è così!”

Buffy rimase senza parole.

“Down, ma… che cosa stai dicendo?”

“Non ha importanza!” rispose duramente la ragazzina con un’alzata di spalle. Non voleva che sua sorella s'impicciasse ancora di più nei suoi affari privati, e andare a fare la ronda con lei era stata davvero una pessima idea.

“Down, vorrei solo che ritornassimo a parlare come un tempo, che le cose tornassero come prima…” cercò di calmarla Buffy, ottenendo solo un sospiro annoiato come risposta “ma non posso sperare di sapere quello che ti passa per la testa se non mi parli neppure!” esclamò.

“Forse sono io che non voglio che tu mi ascolti” rispose secca la ragazzina, ricominciando a camminare.

Ok. Adesso Down la stava davvero facendo arrabbiare…

“E va bene. Sai che ti dico allora? Rimani a casa la prossima volta! Sono stufa marcia di portarti a fare la ronda con me se l’unica cosa che ottengo sono delle risposte acide e del disprezzo!” gridò Buffy, al limite della sopportazione.

“Bene! Tanto non imparo comunque niente a stare a guardare te che gironzoli tra le tombe!”

“Perfetto! E in ogni caso dovresti essere contenta che non ci siano vampiri in giro in questo periodo, così non ti devo salvare la pelle ogni due secondi!”

“Allora lascia che sia qualcun altro a farlo, così almeno scopriremo perché hai attivato tutte quelle cacciatrici!”

“Ehi! Guarda che io l’ho fatto per una ragione ben precisa!”

“Sì, beh… benvenuta nel mondo! Lo sai che la maggior parte di loro erano mie amiche?”

Buffy sorrise, comprensiva "E così è di questo che si tratta?" chiese "Sei arrabbiata con me perché le tue amiche sono delle cacciatrici e tu invece no?"

“Questi non sono affari che ti riguardano!”

“Beh invece lo sono, dal momento che mi rendi la vita un inferno”

"E tu non hai fatto lo stesso?!" chiese Down, sprezzante. Buffy rimase in silenzio "Prima mi metti in imbarazzo con i miei compagni di scuola, poi allontani da me l'unica persona con cui abbia legato e che mi trattava come un'umana. Poi, dopo che la nostra casa è stata distrutta, mi obblighi a lasciare l'America così che non posso nemmeno piangere sulla sua tomba o su quella di nostra madre e adesso scopro che la città in cui mi hai portato diventerà il nuovo quartier generale delle ex-potenziali. Secondo te questo non è un inferno?!" gridò.

Lo schiaffo di Buffy arrivò veloce e inaspettato, come un fulmine a ciel sereno.

Down si voltò a guardarla, furente, tenendosi la mano sulla guancia dolorante. Ma la cacciatrice non disse niente. Si voltò invece, e iniziò a dirigersi verso casa lasciando che Down continuasse ad urlarle contro, esattamente come aveva sempre fatto.

******

Periferia di Los Angeles, 15 maggio 2004

“E’ tutto pronto?”

“Manca ancora una cosa. La più importante…”

Il demone si stropicciò le maniche, alzandole fino al gomito.

“E allora trovatela!”

“Non è così semplice…”

“Perché?” il sottoposto si profuse in un profondo inchino, porgendo la caraffa di sangue al suo signore e padrone.

“Rialzati! Lo sai che non mi piacciono le smancerie! Piuttosto dimmi perché non siete riusciti a trovare ciò che cerchiamo”

“Il telepate mio signore…” sussurrò il demone, lisciandosi il completo bianco. Gli piaceva vestire di quel colore, lo… ringiovaniva.

“Che cosa ha fatto ancora?” ringhiò l'altro demone afferrando la coppa.

“Temo che non l'abbia mai trovata veramente…”

******

Londra, Inghilterra 15 maggio 2004

“Biblioteca comunale, in che cosa possiamo servirla?”

L’uomo fece una pausa, prendendo fiato prima di parlare

“Avrei bisogno di contattare Rupert Giles per cortesia. É urgente.”

“Il signor Rupert Giles non lavora più per noi da quasi due mesi, non sappiamo dove sia in questo momento” chiocciò l’allegra segretaria della biblioteca, salutando intanto, con un sorriso smagliante, la collega che usciva per andare a casa. L’uomo sospirò nervoso.

“Sono al corrente del suo recente spostamento. Vorrei solo sapere se è possibile avere il suo numero di telefono. Le ripeto che è una questione della massima importanza!”

“Chi è lei?” chiese la ragazza sospettosa.

“Un suo vecchio amico. Per favore mi dia il suo numero, devo solo parlargli.”

“Ah-ah… Allora prenda carta e penna, ma l’avverto che non sono sicura che risieda ancora a questo indirizzo…”

L’uomo scrisse le sette cifre su un pezzo di carta.

“Grazie mille…”

Si alzò.

L’ultimo moccolo di una candela bianca si stava esaurendo velocemente nella tozza bugia di ottone. Si stiracchiò, distendendo le braccia verso il soffitto e guardò l’orologio sulla mensola. Le undici e un quarto... Era tutta sera che chiamava a destra e a manca alla ricerca dell’ex-osservatore e adesso cominciava davvero a sperare che la fortuna decidesse di guardare un po’ più intensamente nella sua direzione.
Fissò il telefono di plastica grigia.
A pensarci bene, forse la dea bendata avrebbe fatto meglio a fissarlo insistentemente, senza smettere un singolo istante, per dargli anche solo una minima possibilità…

Compose il numero in fretta e si mise in ascolto.

tut…....tut….…tut…..tut…..

All’altro capo dell’Atlantico il telefono suonava impietosamente libero. L’uomo cominciò a rigirare nervosamente il filo tra le dita, attorcigliandolo tanto da non riuscire quasi più a sbrogliarlo

tut…....tut….…tut…….tut……

“Andiamo… maledizione, rispondi!” pensò, sperando che da un momento all’altro qualcuno replicasse. Anche solo per dirgli che aveva sbagliato nuovamente indirizzo.

tut……tut…….tut….…tut……

“Avanti… non è possibile che nemmeno stavolta-”

tut……tut…….tut….…“Pronto?”

Rispose improvvisamente una voce all’altro capo del filo. L’uomo si rizzò immediatamente sulla sedia ed appoggiò i gomiti al tavolo di legno, sperando di non sognare.

“Rupert? Rupert Giles?” chiese titubante

“Sì? Chi parla?”

L’uomo tirò un grosso sospiro di sollievo senza farsi sentire. A quanto pareva, la sua buona stella aveva deciso di ricominciare a brillare.

“Ho bisogno di parlarti. Ti chiamo da parte del Consiglio”

“Il Consiglio è stato distrutto” ribatté Giles freddamente

“Tuttavia c’è ancora chi crede nella sua influenza...”

“Beh, non io!”

“Aspetta!” l’uomo sentì il sospiro annoiato dell’ex-osservatore passare attraverso la linea telefonica e sperò che non riattaccasse.

“Non ti so chiedendo questo. Ho bisogno solamente che tu mi ascolti prima di riagganciare e decidere”

“Decidere? … e su cosa esattamente?” chiese Giles in tono sarcastico

L’uomo afferrò alcune carte portandole davanti alla luce fioca della candela
“A occhio e croce… se desideri che ogni singolo umano presente sulla faccia del pianeta possa vivere o morire. L'Apocalisse insomma…”

“La solita vecchia storia…”

“Può darsi” lo interruppe l’uomo con decisione “ma può anche darsi che stavolta sia molto peggio… Non sono qui per farti paura Rupert, ma non posso nemmeno mentirti: la situazione è grave…”

“E cosa potrei fare io per risolvere la terribile catastrofe di cui mi sta parlando?”

L’uomo sopirò “Rupert, tu sei l’unico che…”

“Aspetti!”

L’osservatore appoggiò la tazza di the fumante sul ripiano della scrivania dove stava lavorando. Aver chiuso i contatti con il Consiglio degli osservatori non gli aveva permesso di rimanere fermo con le mani in mano e, anche se ormai non era più in servizio da tempo, sul tavolo del suo studio si ammonticchiavano ogni giorno decine e decine di casi di demoni su cui doveva indagare: un centro commerciale distrutto senza apparente motivo, una carneficina in un casinò di Las Vegas, un uomo ritrovato decapitato con alcuni tatuaggi sul corpo, un essere infernale con delle buffe corna a banana… Loro chiamavano e lui rispondeva, e nel tempo libero, le telefonate dei vecchi osservatori che volevano coinvolgerlo nella riapertura del Consiglio.

“Il modo in cui pronuncia il mio nome non mi è nuovo. Come ha detto di chiamarsi?”

L’uomo sospirò “Vincent Claidfort” rispose l'uomo

Il signor Giles scoppiò in una fragorosa risata

“Claidfort? Non sapevo che il consiglio avesse ricominciato ad occuparsi dei tuoi sottoposti. A cosa devo l’onore di questa tua chiamata?”

“Te l’ho detto, abbiamo bisogno del tuo aiuto”

“Abbiamo?”

“Ok, ok, ho… io ho bisogno del tuo aiuto. E se non la smettiamo di rimbeccarci come due bambini di tre anni temo che non mi basterà un mese di stipendio per pagare la bolletta!”

Rupert Giles fece una pausa molto lunga, soppesando la situazione, poi chiese:

“Da che parte stai?”

L’uomo rise sommessamente “Ma che domande mi fai, Rupert?!”

“É una cosa tanto seria?”

“Perché ti avrei chiamato altrimenti?”

“Ok. Ti concederò dieci minuti, non uno di più" disse

Vincent sorrise. Giles era ancora come se lo ricordava. Un po’ più scorbutico forse, ma sempre molto affidabile.

“Sì, beh… è una situazione delicata…”

******

Francia, 15 maggio 2004

Caldo. Ansimava. Doveva fare presto. Avvisarli prima che fosse troppo tardi.
Attorno a lei, litanie vecchie come il tempo si ripetevano a ritmo incalzante.
Abbassò le mani afferrando l’orlo della gonna rossa e se lo portò all’altezza della vita lasciando scoperte le gambe.
Ben presto si rese conto di non riuscire a correre veloce come voleva.
Fece un ultimo sforzo prima di cadere rovinosamente al suolo. Le voci attorno a lei erano diventate più forti, sempre più incalzanti.
“Distruggere la minaccia. Fermare il destinato. Ridare forma al male… Distruggere la minaccia. Fermare il destinato. Ridare forma al male… Distruggere la minaccia. Fermare il destinato. Ridare forma al male…”
Christal si contorse nel letto prima di svegliarsi.
Non c'era più tempo.
Doveva chiamarlo.


[FINE CAPITOLO 2]


Nota dell'autrice: allora, che ne pensate? Nel prossimo capitolo vedremo cos'è successo a Los Angeles... Alla prossima!!

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Capitolo 3
*** una situazione delicata ***


Capitolo 3





1996, in un palazzo disabitato di Londra

“Ti dico che non ne so niente!”

Il demone alzò gli occhi al cielo, ritornando poco convinto sui suoi passi.

“Puoi credermi” aggiunse l’uomo, tentando di calmarlo, ma l’essere aveva già afferrato dal muro una piccola chiave e ora si stava avvicinando senza dire una sola parola ad una cassa da cui uscivano dei suoni allarmanti.

“S-senti…” balbettò l’uomo “i-io non lo so che fine ha fatto il tuo oggetto magico. Solo il telepate lo sa… Se abbiamo fallito è stato solo perché lui si è rifiutato di darci le informazioni che ci servivano al momento opportuno, tutto qui. Possiamo ritentare! Il mio più grande desiderio è servirti, lo sai. Ci serve solo un altro po' di tempo per trovarlo e per organizzarci meglio…”

Il demone si voltò sorridendo, a due passi dalla scatola.

“P-potremmo anche metterci al lavoro subito se vuoi. Mi sembra una buona idea… sì…. chiamerò gli altri e…”

“Silenzio!”

L’uomo deglutì a fatica, incontrando lo sguardo impassibile del demone. Il tono con cui aveva pronunciato quell’unica parola avrebbe zittito anche l’essere più coraggioso del mondo, e non era esattamente il coraggio la caratteristica per cui Joy Tompson, ex-militare al servizio dello stato, aveva deciso di diventare un suo suddito. E nemmeno quella per la quale era stato scelto.
Povero patetico idiota!
Tutto tremante, supplicante, impaurito.
Immobile sotto lo sguardo di ghiaccio di un demone che esisteva da prima che il mondo fosse stato creato, ed ora… pretendeva persino di fare il saccente e di ideare strategie di combattimento… Povero stupido…
Voleva solo vivere…
Non sapeva ancora che il suo più grande desiderio sarebbe stato esaudito molto presto…

Il rumore del lucchetto che scattava fu accompagnato dal singhiozzo disperato dell’uomo che si prostrò a terra, in un ultimo disperato tentativo di salvarsi. Il demone immerse una fiala nella scatola maleodorante e la ritrasse, dirigendosi verso il militare in ginocchio.

“T-ti… ti prego…” supplicò lui

“Silenzio” ripeté il demone inginocchiandosi di fronte a lui “Non hai nulla da temere” disse, con il tono più calmo che orecchio umano potesse immaginare.
Joy si ritrasse istintivamente verso il muro, fino ad incontrarne la solida resistenza dietro le spalle e la crudele consapevolezza di non avere più alcuna via di fuga.

“T-ti prego… non farmi del male…” continuava a ripetere. Il demone allungò un dito in direzione della sua bocca e lo appoggiò delicatamente sulle labbra.

“schh…” disse avvicinandosi “E’ tutto a posto…”

Alcuni piccoli sbuffi di fumo cominciarono pian piano ad uscire dalla fialetta nella mano del demone e ad avvolgersi intorno al profilo dell’uomo che si sentì soffocare. Un braccio, stracciata inaspettatamente la manica della maglia, si artigliò intorno alla spalla del demone, cominciando gradatamente a mutare. Gli occhi dell’uomo, sbarrati, si puntarono in quelli del mostro di fronte a lui mentre tutto il suo corpo sembrava rivoluzionarsi dall’interno, in preda a violenti spasmi.

“Non avevi detto che il tuo più grande desiderio era quello di servirmi?” chiese con tono ironico l'immortale, mentre Joy si portava le mani al petto stringendolo come in una morsa nell'inutile tentativo di respirare
“Ora sarai accontentato…” bisbigliò avvicinandosi al suo orecchio “Farò di te un demone”

******

Los Angeles, 16 maggio 2004

La notte sembrava grigia e malata, sotto la luce fioca del crepuscolo. La polvere, compagna silenziosa di tutte le battaglie che avevano affrontato, saliva densa e rossastra in vortici turbinosi verso il cielo azzurro. La terra, riscaldata a tratti dal sole tiepido, appariva fredda e desolata, landa di ruderi, su cui giacevano senza vita alcuni corpi simili a bambole di pezza.
Tra le case diroccate, le scale antincendio abbattute, le pareti sfondate, i bidoni bruciati, tutto portava la triste testimonianza della tragedia appena conclusa.

Il demone mosse appena le palpebre, riprendendo lentamente coscienza.

Sotto la schiena, i frammenti irregolari del muro appena crollato gli provocarono un leggero fastidio, ma era ben poca cosa rispetto al dolore che sentiva in tutto il resto del corpo. Eppure questo era un bene, perché significava che era vivo… ancora una volta… al contrario di molti altri. Anche se non apriva gli occhi poteva percepirlo. Non si ricordava esattamente come fosse successo, né quando. Solo le gocce della pioggia, un fracasso assordante e le sue stesse urla di battaglia.

E poi, di colpo, più nulla.

Aprì gli occhi, richiudendoli immediatamente.

Nei polmoni, il sangue accumulato durante lo scontro lottava per uscire, provocandogli uno strano senso di nausea.

Distese le dita sui calcinacci polverosi, tra un detrito e l’altro, e allungò una mano in cerca di qualcosa su cui far presa.

Voleva alzarsi.

Voleva ma non poteva.

Si voltò su un fianco, tossendo, facendo forza sulla spalla sinistra per riuscire a rimettersi in piedi e artigliò con l’altra mano la ferita ancora aperta che si trovava sul del torace, all'altezza del cuore. Un dolore lancinante lo piegò in due mentre un fiotto di sangue gli giungeva alle labbra, incontrollabile.
Spike ricadde a terra senza forze, richiudendo gli occhi e reprimendo un gemito. Cercando di respirare, anche se a fatica, per liberare i polmoni dal sangue che vi si era accumulato e aspettò qualche minuto che il suo corpo reagisse a tutte le ferite dello scontro e di quello che, probabilmente, era accaduto subito dopo.
Il vento, unico compagno di quel paesaggio da apocalisse, gli sferzava leggermente il volto scompigliandogli i capelli biondi come in una sorta di muta carezza. Il demone dentro di lui invece gridava furioso, ordinandogli di nutrirsi di qualunque cosa si trovasse sotto tiro per poter riprendere le forze e risanarsi dalle ferite della battaglia.

Il vampiro distese i lineamenti, ordinandogli di tacere.

Strinse un po’ più forte la mano intorno al torace e si concentrò sulla carezza del vento, desiderando che non finisse mai, mentre gli sollevava la giacca di pelle e gli riportava alla mente una donna, forte e bionda, che avanzava verso di lui con un sorriso di ammirazione sul volto e le braccia leggermente aperte. Se si concentrava abbastanza, poteva persino sentire il suo profumo e la sua voce dolce pronunciare alcune belle parole. Parole in cui non aveva creduto, un tempo. Parole in cui adesso voleva credere, per dimenticare il dolore di ora e di quello che sarebbe venuto dopo.

"Ti amo…"

Solo un sussurro.

Ma i minuti passavano lenti

E nessuna ragazza faceva udire i propri passi nella landa desolata che era stata la statale ovest di Los Angeles.

Forse, pensò Spike, forse nemmeno sapeva che fosse successo…

Lentamente aprì gli occhi e tentò nuovamente di alzarsi. Rilassò i muscoli, abandonando i sogni e ritornando dolorosamente alla realtà e imprecò flebilmente nello sforzo di trovare qualcosa sulla quale appoggiarsi per raggiungere almeno la posizione eretta. Gli addominali contratti, gli occhi stretti, le braccia tese, e… la sua mano…
Spike rabbrividì quando si rese conto che la sua mano era appoggiata su qualcosa di morbido, di organico.

Dimenticando ciò a cui stava pensando, riaprì gli occhi e si costrinse a guardare.

Sotto la polvere, a pochi centimetri da lui, un’altra mano giaceva immobile. La lunga manica di pelle tirata fin sopra le nocche, il tessuto strappato e impolverato, la fluida viscosità del sangue ad insinuarsi in mezzo alle sue dita. Quella mano apparteneva a qualcuno. La strinse un po’ più forte, e ricordò in un lampo un’altra mano, ferrea e implacabile, che gli aveva mozzato il fiato mentre un vampiro avanzava verso di lui con un paletto stretto in pugno, come una cacciatrice.
Richiuse gli occhi.
I frammenti di quello che si ricordava si mischiavano nella sua mente, confondendolo ancora di più. Strofinò leggermente quella mano, immobile sotto le sue dita, e si costrinse ad allontanare i ricordi. Ora solo una cosa aveva importanza: l'alba. Già sentiva sulla pelle il pizzichio del sole nascente e sapeva che tra pochi minuti il sole sarebbe sorto, senaz lasciargli scampo. Doveva fare presto! Aprì gli occhi, strattonando quella mano e un moto di terrore lo invase quando riconobbe l'anello che portava al dito. Arrancò nella sua direzione con il solo risultato di sputare un altro fiotto di sangue… ma non importava. Si avvicinò di più, e spostò con tutte le sue forze la trave di ferro che gli nascondeva il volto, chiedendosi cosa mai era successo per ridurlo in quello stato.

Improvvisamente, altri ricordi gli affiorarono alla mente, più prepotenti che mai.

"Ucciderli tutti… dar fuoco alla caverna con noi ancora dentro…" "Qualcosa del genere"

E Connor…

Fred

e Cordelia…

e Wes, Lorne, Harmony, Gunn…

Morti.

Tutti.

Morti…

Strinse più forte gli occhi, cercando di ricacciare indietro le lacrime che già gli bruciavano il volto al ricordo del corpo esanime di Fred sdraiata nel suo stesso studio, mentre un demone di nome Illyria ne infestava senza pudore le spoglie mortali;

e Cordelia, spentasi in ospedale senza che lui nemmeno sapesse cosa le era successo;

e Wes, che non poteva sopportare di separarsi dalla donna che amava,

e Connor, con la sua forza di combattente,

e Angel…

Angel… Angel… Angel… Angel…

Angel…

E la sua battaglia.

Con un impeto di rabbia Spike si deterse la polvere dal volto e si ricordò di come lo avesse visto combattere senza sosta nel conflitto che li aveva portati fino a quel momento.
Di come avesse accettato, senza remore, di affiancarlo.
Di come avesse sperato, durante quell’ultima notte, che almeno lui si salvasse.
Di come avesse pregato, anche quando ormai era inutile farlo, che Angel riuscisse a correre a Roma per avvisare Buffy del disastro incombente.
Che la difendesse, come l’aveva difesa sempre.
Che l’aiutasse, come l’avrebbe aiutata lui, se solo ne fosse stato capace.
Che la salvasse.
Anche se era impossibile.
E che l’amasse, come solo lei si meritava,
dopo che di lui non fosse rimasto altro che una manciata di polvere.

E adesso…

Adesso si ritrovava a sperare che almeno Angel fosse ancora vivo...

perché questo significava che, in qualche strano modo, avevano vinto… che il mondo non era finito… e che lui, Angel, aveva sconfitto la più grande delle apocalissi a cui avesse mai partecipato
salvandola non solo nei suoi sogni, ma anche nella realtà.

Si aggrappò a quella mano, fredda come il ghiaccio e risalì lentamente quel profilo immobile.

Socchiuse gli occhi per mettere a fuoco.

E lo vide.

Una statua.
Angel giaceva riverso sui calcinacci polverosi.
Sereno, anche se estremamente malridotto e ricoperto di sangue.
Il suo e quello di molti altri.
Un angelo caduto, ora come non mai.
Una trave di ferro gli era franata addosso, schiacciandolo. Aveva tagli, contusioni, lividi ovunque. E le palpebre abbassate nell’espressione tranquilla di chi, semplicemente, aveva scelto di smettere di combattere.
Ma era vivo.
Grazie al cielo era vivo!

Spike si rialzò in piedi senza nemmeno pensare a cosa stesse facendo. Spostò i calcinacci e lo sollevò con entrambe le mani.
Le gambe gli cedettero, ma si rialzò.
Infilò le braccia sotto le spalle del vampiro, e lo trascinò malamente al riparo dai raggi del sole dentro una specie di capannone per gli attrezzi scampato miracolosamente al massacro.
Lo appoggiò in un angolo. Delicatamente. Scostando i vestiti dai tagli più profondi, in modo che si rimarginassero e cercò con lo sguardo qualcosa per detergere quel disastro di lividi e sangue.
Angel era messo male.
Ma Angel era un vampiro. Per fortuna.
Gli sarebbero bastati un paio di giorni di riposo e un bel po’ di sangue per riprendersi, e allora-

“William…”

La voce di Angel era poco più di che un sussurro. Spike gli si avvicinò velocemente, posandogli una mano sulla spalla, e gli sorrise.

“Will…”

“Sono qui…”

“Cosa… cos'è successo?”

Spike si guardò intorno.

Quanto avrebbe voluto sapere cosa rispondergli… quanto avrebbe voluto potergli dire che andava tutto bene, che non era successo niente e che i suoi amici lo aspettavano lì fuori per festeggiare… ma non poteva.

“Non lo so, sembra… sembra che sia passato un maledetto tornado dannazione! Non c’è più una sola casa in piedi in tutto l’isolato!” esclamò allora, con la solita testardaggine di chi deve sempre trovare una risposta a qualunque domanda.

“Abbiamo vinto?”

Il vampiro rialzò automaticamente il volto da quello di Angel, incapace di sostenere ancora il suo sguardo e puntandolo sull’esterno polveroso.
Cosa poteva rispondergli? Cosa diavolo poteva rispondergli?!
Guardò il maglione scuro del suo sire ridotto a brandelli. Sapeva bene quanto avesse dato per quella battaglia, a quanto avesse rinunciato e quanto, alla fine, gli fosse stato strappato.

“Sì, abbiamo vinto” rispose quindi Spike con un sorriso deciso, quasi forzato “Il mondo è ancora un posto sicuro…” nascondendogli il resto.

Angel sorrise

"Bugiardo…" disse infine "ma… grazie."

Anche Spike sorrise allora.
Alla fine erano ancora vivi.
Potevano ancora combattere.
Lo scontro finale… era solo rimandato.

******

Francia, 16 maggio 2004

La ragazza correva disperata. Alle sue spalle centinaia di migliaia di demoni avanzavano a ranghi serrati, come un esercito. Un esercito di tenebra e morte che si sarebbe ben presto riversato sulla terra. Distruggendo ogni cosa.
La ragazza chiuse gli occhi, cercando di correre più forte. I polmoni le bruciavano per l’odore nauseabondo dello zolfo e le orecchie erano piene delle urla alle sue spalle.
“Distruggere la minaccia. Fermare il destinato. Ridare forma al male. Distruggere la minaccia. Fermare il destinato. Ridare forma al male. Distruggere la minaccia. Fermare il destinato. Ridare forma al male…”
Uno di loro l’afferrò per una caviglia facendola inciampare. Christal si voltò. Un altro la prese per la gola e la sollevò da terra, mentre il plotone continuava ad avanzare.
“É inutile che ci provi. Non puoi fermarci. Non più!” esclamò il demone levando in alto la spada. La ragazza vide lo scintillio metallico della lama calare velocemente verso la sua gola.

Chiuse gli occhi.

E si svegliò terrorizzata.

Christal si prese il volto tra le mani, nascondendolo in un singhiozzo disperato.

Quando si rese conto di essere ancora viva, afferrò il telefono e compose un numero.

"Pronto?"
"Manson?"

"Christal… che è successo?"

"Manson… dobbiamo trovarlo… non c'è più tempo!"

*****

Roma, Italia, 15 maggio 2004

Buffy si voltò
Sistemare la tavola era una delle prime cose che sua madre le aveva insegnato a fare. I piatti, le posate, i bicchieri… persino tovaglioli e bottiglie, tutto aveva una sua disposizione precisa, un posto determinato.
Buffy aveva sempre trovato distensivo mettere tutto al suo posto.
La forchetta a sinistra al piatto, la caraffa al centro della tavola, il vassoio della frutta sopra il centrino…
Anche ora quei semplici gesti le infondevano una calma innaturale. Quasi come se mettere a posto quelle poche cose la aiutasse a mettere a posto anche nella sua vita.
Afferrò una pentola e mise l’acqua a bollire sul fuoco. Quella sera avrebbero mangiato pasta al ragù, in barba a tutte le diete ipocaloriche che sua sorella sembrava non smettere mai di seguire nonostante la sua corporatura esile non le richiedesse affatto.

Sua sorella…

Down…

“Fammi sapere quando la tua vita privata ti concederà di interessarti di nuovo al mondo Buffy!”

Scosse la testa con forza, scacciando quelle poche parole.
Down non capiva!
Doveva smetterla di fare la bambina viziata e di attendersi attenzioni anche quando non era il momento.

Doveva crescere!

Buffy si sedette sulla sedia della cucina mettendosi le mani tra i capelli.
Nella sua testa la stessa domanda che la torturava da quando era tornata dal paradiso…
‘Sarò ancora in grado di mentire a me stessa?’
Quando la tua vita privata ti concederà di interessarti di nuovo al mondo…
Facile a dirsi, soprattutto per gli altri!
In fondo loro non avevano una sorta di fidanzato vampiro che era morto pur di salvarla e un altro che preferiva nascondersi a Los Angeles piuttosto che fare anche una semplice telefonata. Per non parlare di Riley, o di quel tizio tutto d’un pezzo che l’aveva portata fuori qualche giorno prima a ballare e che ora le recapitava qualsiasi tipo di messaggio d’amore sotto la porta in un inglese talmente sdolcinato da farle venire il voltastomaco! E poi che nome buffo che aveva: Immortale. Un nome altisonante per una persona totalmente priva di scrupoli. Eppure quel ragazzo non voleva proprio saperne di lasciarla stare, anzi! Una notte era arrivato persino a pedinarla. La seguiva di soppiatto con la sua bella automobile nera, sportiva, decappottabile. Buffy non ci aveva messo troppo a capire che la stava sorvegliando. Istinto di cacciatrice? Mah… Di sicuro sapeva solo che era un tipo molto stravagante, terribilmente fastidioso, e con quel qualcosa di tanto oscuro e irresistibile che sia Angel che Spike, se l’avessero vista in sua compagnia, ne sarebbero stati sicuramente gelosi…

“Sempre a pensare agli altri, vero sorellina?”

La voce aspra di Down la destò di colpo dalle sue riflessioni.

“Lascia perdere!” sbottò Down, sedendosi al tavolo “Dimmi piuttosto: da quanto tempo è su quella pasta?”

Bene. A quanto pareva Down aveva deciso di non darle tregua nemmeno per un istante quella sera…

“Non ti preoccupare, sono solo una decina di minuti che bolle!”

“Ah-ah, certo… e tu l’hi letto sulla scatola, vero, che questa pasta cuoce in sette?”

“Oh santo cielo!” esclamò la cacciatrice correndo a spegnere il fuoco.

Down si sedette di fronte al tavolo, sogghignando.

“Smettila!”

“E perché scusa? Vedere il terrore del male che si dispera davanti ai fornelli è uno spettacolo da non perdere… potrei anche metterlo su internet…”

“Finiscila Down!” Buffy scolò la pasta nel piatto versandoci sopra un po’ di sugo riscaldato.

“Scommetto che per il formaggio dovrò pensarci io…” sospirò la sorellina aprendo il frigorifero.

Lo squillo del telefono le fece sobbalzare entrambe.

Buffy sollevò il ricevitore con una mano, appoggiandoselo alla spalla.

“Pronto?” disse con tono frettoloso, incominciando nel frattempo a grattugiare il parmigiano sulla pasta scotta.

“…”

“Pronto?”

“Buffy?”

“Giles!”

Down si avvicinò al telefono, felice come non mai di poter risentire il tono dell’ex-osservatore che le aveva fatto praticamente da padre.

“Aspetti un attimo, metto il vivavoce, così può salutare anche Down!” esclamò allegramente

“Buffy….”

“Oh, su, non sia timido! Appena trovo il bottone giusto la faccio…”

“Buffy! – esclamò Giles, ritornando subito dopo al suo solito tono calmo – perdonami, è… è solo che… insomma… non è esattamente una telefonata di piacere. Dovrei pararti. In privato…”

“Oh… ma certo, mi scusi, io pensavo…”

“Cosa pensavi?”

“Non ha importanza. Mi dica.”

Lo sguardo della cacciatrice era teso ora.
Down si avvicinò maggiormente all’apparecchio cercando di captare qualche parola. Buffy le fece cenno di allontanarsi.

“Gli altri sanno già tutto?”

“Ho chiamato Xander e Willow. Prenderanno il volo delle 22.30 Buffy…”

“Lo so… avete notizie di-”

“Non so ancora nulla. Ho un aereo per L.A. tra meno di un’ora, ti chiamo appena so qualcosa.”

“Grazie”

“Buffy…”

“Sì?”

“Non dire niente a Down per ora. É inutile che cominci a preoccuparsi in anticipo. Ti ho già prenotato due posti sullo stesso volo di Xander.”

“Ok. Mi tenga informata, mi raccomando…”

“Non preoccuparti.”

Buffy rimise a posto la cornetta con lo sguardo fisso nel vuoto.
Passò a fianco della sorella che la guardava stralunata e cominciò a salire lentamente le scale che portavano in camera sua.

“Buffy?” Down era ferma sui primi gradini con gli occhi sgranati, in attesa di una risposta

“Che cosa è successo?”

La cacciatrice si voltò. E per la prima volta dopo tanto tempo Down fu certa di aver visto gli occhi di sua sorella diventare vuoti e spenti, di fronte al suo sguardo.

“Prepara la tua roba Down. Dobbiamo andare a Los Angeles…”

******

Londra, 16 maggio 2004

L’osservatore appoggiò il ricevitore del telefono su una spalla e cominciò a sfogliare con aria distante un vecchio volume.

“É una situazione delicata”

“Lo so…” la voce dell’uomo, all’altro capo del filo, tradiva una certa insicurezza.

“Vincent…”

“Sì?”

Giles era turbato. Non aveva mai sentito Vincent Claidfort così preoccupato. E sapeva che di solito non era uno che cedeva agli allarmismi.

“Cosa faremo se non funzionerà…?”

“Non lo so... ma intanto dobbiamo capire cosa possiamo fare.
Buffy deve sapere.
Le diremo tutto, non appena arriverà a Los Angeles”

“E…se rifiutasse?”

Ecco. Quella sì che era una bella domanda…

Vincent si riportò il sigaro alle labbra aspirando un’intensa boccata di fumo.
Lo distendeva.
Fumare.
Non le sigarette, ovviamente! No, lasciava quel tabacco da pochi soldi mischiato con ogni sorta di schifezze a quelli che non avevano altra aspirazione nella vita che rovinarsi i polmoni prematuramente e in modo duraturo! Ma il vero tabacco… c’era ben poco che potesse reggere il confronto…
Ma purtroppo fumare non rispondeva alla domanda di Giles.
Sfogliò con noncuranza il vecchio libro ingiallito. Le pagine delicate seguivano le sue dita foglio dopo foglio, fino a che i suoi occhi non caddero su un’illustrazione a china di un nero molto intenso.

“Ho dedicato la mia vita a cercare questo rituale Rupert. Ti porterò quello che ho non appena ci vediamo a L.A.” tagliò corto. Era inutile mettere il carro davanti ai buoi. Giles parve capire.

“Perfetto” disse solo.

“Ah, Giles!”

“Sì?”

“Spero che Angel sia ancora vivo. Abbiamo bisogno di un vampiro per completare il tutto”

“Ok. Serve qualcos’altro?”

“La Lama di Tékal…”

Giles aggrottò la fronte pensieroso.

"Non l'ho mai sentita. Sei sicuro di aver tradotto bene?"

“Ti prego Rupert! Sono stato il tuo insegnante di babilonese per oltre quattro anni!”

"Ok. Altro?"

"Un pendente di Giava, ma questo credo di sapere dove trovarlo. E una strega."

“Ovviamente.”

“Perfetto. Allora a presto Rupert.”

“Buon lavoro, Vincent…”


[FINE CAPITOLO 3]



Nota autrice: innanzitutto volevo ringraziare chiunque abbia letto e/o commentato la storia. Sono davvero contenta che recensiate, le vostre parole mi fanno davvero piacere quindi grazie di cuore!! Ok, e ora, che ve ne pare? Continuo a postare? Un bacio!

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Capitolo 4
*** Memories ***


Capitolo 4



*****







*****



La sabbia era calda e morbida sotto le sue scarpe. Buffy si tolse i sandali neri intrecciati e li abbandonò all’ombra, vicino a una roccia. Appoggiò le piante nude sul suolo tiepido e soffice e si sedette in riva al mare. L’acqua, lenta e regolare, scavava larghi solchi sul bagnasciuga che svanivano nella frazione di un istante. Il rumore delle onde che s'infrangevano contro gli scogli creava una dolce sinfonia, accompagnata dal canto stridente di alcuni gabbiani che correvano a ripararsi dopo la pesca delle ultime ore. La ragazza si chinò, afferrando una manciata di sabbia. La polvere, fine e dorata, scivolò lentamente tra sue dita raggiungendo i mille granelli che giocavano con le conchiglie e le pietre levigate portate dal mare.

“Non è stupefacente?” sussurrò con un filo di voce, voltandosi appena verso il ragazzo seduto dietro di lei. Lui sorrise dolcemente, senza risponderle. I suoi occhi, due zaffiri purissimi, fissavano senza vergogna ogni centimetro della sua pelle abbronzata, imprimendosi nella mente ogni più piccolo particolare di quel corpo tanto fragile quanto perfetto. Buffy si girò verso di lui, ricambiando il sorriso e si appoggiò delicatamente alle sue ginocchia. I capelli biondi le ricadevano sul volto in piccole ciocche scomposte. Anche i capelli di lui, leggermente più scuri, si muovevano lievemente, come in una tacita danza, rendendo il suo sguardo ancora più intenso.

“Potrei anche trascorrere tutto il resto della mia vita guardando il mare…” sospirò.

Il ragazzo non disse niente limitandosi a sorridere, ancora una volta.

La cacciatrice lo guardò lievemente offesa.

Da quando erano arrivati lì non le aveva rivolto nemmeno una parola. Solo quel muto sorriso. Quel tacito bagliore che appariva e scompariva dietro ai suoi occhi dello stesso colore del mare. Forse non aveva semplicemente voglia di parlarle. O forse era arrabbiato per qualcosa che lei gli aveva fatto? O che, senza volerlo, gli aveva detto?

Stava per aprire bocca quando le dita fresche del ragazzo si posarono delicate sulle sue spalle e i suoi pensieri svanirono come neve al sole. Buffy si chinò un poco verso di lui, abbandonandosi tra le sue braccia.



Era magnifico…



Il ragazzo vide Buffy avvicinarsi e appoggiare la schiena nuda contro le sue ginocchia, la scollatura profonda balenò per un secondo di fronte ai suoi occhi azzurri, obbligandolo a deglutire, e istintivamente spostò le mani sui fianchi snelli della sua donna, provocandole un tremito. Il volto della ragazza si avvicinò lentamente al suo, invocando un bacio e lui non si negò. Sentì il suo cuore, fermo da tanto tempo, battere velocemente e poi perdere un colpo nel momento preciso in cui le labbra di Buffy si posarono sulle sue. Chinò appena la testa staccandosi da quella piccola prova d’amore e ponendo un bacio delicato sulla sua spalla per poi risalire, come seguendo una pista invisibile, fino al collo teso e al mento vellutato. Buffy sentiva il suo corpo incendiarsi, centimetro dopo centimetro, mentre il ragazzo aumentava la stretta delle sue mani e la imprigionava per la vita contro il suo torace. Una mano del giovane era scesa pericolosamente vicina alle sue gambe e Buffy la bloccò, stringendola possessivamente. Cercò di divincolarsi per voltarsi verso di lui, ma il ragazzo la precedette. Accompagnò il suo bacino esattamente in mezzo alle sue gambe e continuò a baciarla dolcemente mentre le sue mani tracciavano una ragnatela invisibile su ogni frammento di pelle lasciata scoperta dal vestito di seta bianco e rosa.

Buffy sentì le dita abili di lui sciogliere delicatamente ogni nastro e poi posarsi saldamente sui suoi fianchi e sulle sue gambe. La sabbia, calda e invitante, accolse il corpo della giovane donna mentre, dolcemente, si ritrovava ad affondare in quella distesa di sale e di sogni.

Sbottonò la camicia di lui in poco tempo e chiuse gli occhi non appena il suo corpo si avvicinò di più al suo.

Non appena li riaprì fece un balzo indietro per lo spavento.

Spike la guardava i canini in mostra e il volto mutato in quello della caccia.

Buffy si ritrasse, ma lui l'afferrò forte per la vita, tenendola stretta come in un abbraccio.

"Ti fidi di me?" chiese in un sussurro, aumentando dolorosamente la presa sul suo avambraccio. Buffy scosse il capo cercando di liberarsi "Lasciami…" protestò mentre Spike la fissava con gli occhi gialli del vampiro e la stessa voce che aveva avuto la sera in cui si erano risvegliati sotto il tappeto.



"Ti fidi di me?"



Buffy si svegliò di colpo.

Il sole era ormai alto nel cielo e lei aveva fatto di nuovo quel maledetto sogno.

Si alzò e raggiunse il bagno per lavarsi la faccia.

L'aereo sarebbe partito di lì a poche ore e ancora lei non sapeva cosa avrebbe potuto trovare a L.A.

Del resto, i sogni per la cacciatrice non erano mai stati semplici illusioni…



******



Los Angeles, California, 16 maggio 2004



Spike si sporse un poco fuori dalla porta.

Il sole splendeva ancora alto nel cielo e malgrado l’ora tarda il tramonto non voleva sapere di arrivare.



“Non hai bisogno di guardare fuori, sappiamo d'istinto quando cala il sole, non lo ricordi?”



“Sai Angel, ti preferivo quando stavi morendo!” ribatté seccato, continuando a guardare intensamente la strada.



"Comunque cerca di stare attento: la luce del sole mi ha quasi raggiunto prima"



Spike si voltò con noncuranza verso il vampiro disteso per terra.



“Certo” disse, scandendo le sillabe di quell’unica parola come se stesse facendo uno sforzo enorme per trattenersi “Sai nonnino, può anche darsi che tu ti diverta come un matto a star rinchiuso qui dentro e non fare un bel niente. Io, al contrario, mi sono già rotto le scatole! E non c’è bisogno che ti ricordi di chi è la colpa!”



“Allora perché non esci?”



“Va a quel paese Angel!”



“Dico davvero…”



Spike si sedette in terra sospirando.



“Ok, mettiamo subito in chiaro una cosa allora" sbuffò "io, non sono un idiota, e non ardo dalla voglia di andare a fuoco. Di nuovo. É giorno. Quindi, non vedo il maledetto motivo per cui dovrei uscire da quella maledetta porta quando il sole è ancora alto nel cielo!”



Angel lo osservò alzarsi e rimettersi in piedi vicino allo spiraglio di luce.



Chiuse gli occhi.



“Nemmeno io sono uno stupido William” disse tranquillamente, con una tale serietà da costringere Spike a voltarsi “E non credere che non mi sia accorto della situazione… Potresti usare le fogne, ma preferisci stare qui… Non serve a nulla continuare a preoccuparsi…"



"Avevi detto che ti eri accorto della situazione…" lo rimbeccò subito Spike.



“Dovresti andare da Buffy…”



Spike si girò di scatto verso il volto del vampiro, con gli occhi sgranati.



“Te lo chiedo di nuovo: avevi detto che capivi la situazione…”



Angel sorrise “Credi davvero che abbiamo risolto il problema?” chiese.



Spike lo guardò un lungo istante, poi alzò le spalle con noncuranza.



“Non potevamo pretendere di redimere il mondo da soli. Siamo vampiri con l’anima, non dei….”



“Già…"



"Ad ogni modo, questa guerra non è la sua" affermò Spike abbassando la testa "Quello che non capisco è come abbiamo fatto a sopravvivere…"



"Cosa ricordi di stanotte?”



In quel momento Spike si rese conto che avrebbe dato qualsiasi cosa pur di non dover rispondere.



“Non molto…” ammise “solo che avevamo un’orda di demoni inferociti davanti, un drago alato sopra la testa e un centinaio di zombie a coprirci la fuga alle spalle”

“Dimentichi i troll…"

"E i licantropi…"

"E i vampiri che hanno incominciato ad uscire da tutti gli angoli non appena si è scatenato l’inferno…”

Angel sorrise “Un bel casino…”

"Già…"

“Le prime fasi della battaglia me le ricordo abbastanza bene.” disse il moro risoluto “Abbiamo combattuto alla grande! Gunn era un vero diavolo con le pistole e Connor…”



Angel si bloccò. Guardò il biondo negli occhi come a cercare conferma di ciò che pensava.



“Era ferito… è stato un combattente valoroso… mi dispiace…” disse infatti Spike.



“E' sempre stato un combattente” sospirò Angel stanco “e sapevamo tutti i rischi a cui stavamo andando incontro… a cui siamo sempre andati incontro.”



“E Illyria?” lo interruppe Spike fermandolo sull’orlo del baratro da cui stava per precipitare. Nessuno conosceva il rimorso di un’anima meglio di Angel, e i ricordi e i rimpianti potevano essere pericolosi, Spike lo sapeva meglio di chiunque altro.



Il vampiro tentò di rialzarsi, lasciandosi sfuggire una smorfia di dolore. Mancò poco che Spike non dovesse raccoglierlo con un cucchiaino.

“Maledizione, ti avevo detto di stare attento, idiota!” lo rimproverò, acchiappandolo al volo e salvandolo da un pericoloso impatto contro le schegge della cassa di legno sulla quale lo aveva appoggiato, dato che in quel magazzino non sembrava esserci nient'altro.

Il pacchetto di sigarette che di solito teneva dentro una tasca dei pantaloni non voleva proprio saperne di uscire e, come se non bastasse, quando finalmente riuscì ad estrarlo e lo aprì, se lo ritrovò brillantemente vuoto davanti agli occhi.

Angel intanto lo fissava, indecifrabile.

Gli sembrava quasi impossibile che fosse davvero Spike a prendersi cura di lui. Lo stesso Spike che aveva per poco rischiato di ucciderlo solo qualche giorno prima e che, da quando era entrato nel suo ufficio, lo trattava sempre come se fosse stato lui l’ultimo arrivato. Il poeta senza speranza che Angelus aveva salvato dalla vita. Il childe irriverente che non aveva mai smesso di sfotterlo. Il vampiro con un’anima che, con quel paio di iridi azzurre, sembrava smontare il mondo pezzo dopo pezzo per poi ricostruirlo daccapo una volta capito il segreto che nascondeva. Quale potere si nascondeva in quel paio di occhi di un colore indefinibile. Quanta energia. Quanta sofferenza. Quanto dolore celato. Quanta umanità… Dru doveva averla notata per forza nel momento in cui il giovane William le era passato a fianco, sfiorandola, dimentico dei pericoli della nebbiosa, vecchia Londra e di quelle creature sinistre che vagavano nella notte e delle quali tante volte avevano parlato ubriachi e scrittori. E molto probabilmente, era stato quello il motivo che l’aveva indotta a seguirlo e a farne il suo childe. Dru era pazza, Ma aveva uno strano dono. Qualcosa nello sguardo. Qualcosa che la rendeva unica e irripetibile. Qualcosa che aveva notato anche Spike. Qualcosa nello sguardo… come Spike.



“Stavamo parlando di Illyria…” riprese spiccio, prima che al suo sire venisse un’altra brillante idea e si ammazzasse, sul serio questa volta.



“Sì…” ammise Angel sistemandosi meglio contro le casse. “era proprio accanto a me…”



"Già…" annuì Spike “L’ho vista combattere. Ne ha uccisi parecchi, non so altro” rispose Angel “Pensa che ha resistito addirittura più tempo di me, ma se tu non l’hai vista…”



“Può darsi che si sia nascosta, o che sia ancora là fuori da qualche parte. Quando mi sono svegliato eravamo rimasti solo tu ed io sul campo di battaglia, a parte l’innumerevole cumulo di demoni appartenenti alle linee nemiche è ovvio, ma a dire il vero non mi sono soffermato più di tanto a controllare. Potrebbe essere ancora là fuori… Potrei andare a cercarla…”



Il vampiro scosse la testa convinto. “No." rispose “se fosse sopravvissuta, sarebbe già scappata lontano e sarebbe un errore imporle di tornare indietro.



"Già…"



“Angel?”



"Sì?" rispose il vampiro soprappensiero.



"Vedo che ci ricordiamo molte cose ma… cosa è successo alla fine dello scontro? Come abbiamo fatto a salvarci?" chiese.



Improvvisamente la mente di entrambi ritornò indietro nel tempo, a quei fatidici momenti.

La morte. Le grida. Il sangue. La sconfitta.

E, poi, inspiegabilmente, la vittoria…

O per lo meno la ritirata dell'orda di demoni che aveva invaso Los Angeles, il che comunque non era cosa da poco…

Angel non se lo spiegava.

E Spike nemmeno.

Il silenzio sembrava l'unica risposta che entrambi riuscivano a dare.



"Qualsiasi cosa sia successa, ci ha salvato la vita…” commentò infine Angel, quando fu certo che non sarebbero arrivati ad una conclusione. “Certo" rispose spiccio Spike "Manderemo un bel mazzo di fiori a chiunque abbia fatto tutto questo… ma se quei demoni sono ancora là fuori non tarderanno molto a riattaccare… abbiamo bisogno di aiuto.” Il vampiro lo squadrò annuendo "dobbiamo chiamare Buffy" "Ti ho già detto di tenere Buffy fuori da questa storia!" Il tono di Spike non ammetteva repliche. Angel lo guardò. “Non sto scherzando Angel!” “La situazione è più seria di quanto pensi. La cacciatrice è l'unica che-” "Lei non è più l'unica." esclamò Spike "e resterà fuori da tutta questa faccenda finchè non saremo assolutamente sicuri che sia l'unico modo per salvare il pianeta e lei con esso!"

"E come faremo ad essere assolutamente sicuri che sia l'unico modo per salvare il pianeta?" chiese Angel allargando le braccia.



“Me ne occuperò io.”



Angel richiuse gli occhi con un sorriso ironico sulle labbra.



“Non avevo dubbi…”



“Su cosa?”



“Sul fatto che non volessi venire a Roma.”



“Ah-ah… che spiritoso!” lo prese in giro Spike. Avvicinandosi per riprendere la sua giacca. Sfilandola da sotto la schiena del suo sire con un movimento fluido e lento. Leggermente più lento del necessario. Quel tanto che gli bastò per scorgere, in una frazione di secondo, lo sguardo tumultuoso di Angel e capire che, se aveva sorvolato l’argomento, era solo perché aveva cose molto più urgenti a cui pensare…



“Piuttosto, tu come ti senti?”



Angel alzò le spalle con falsa noncuranza



“Oh, beh, a parte qualche livido, un paio di costole rotte, una spalla sfasciata e la terribile emorragia interna… direi che sto benone!”



Spike lo squadrò da capo a piedi per un lungo istante.



“Che c’è?”



“C’è che sembri un vecchio rottame.”



“Ehi!”



“Ce la fai a tornare a casa da solo?” chiese senza ascoltarlo.



Angel lo fissò sbalordito



“Quale casa?”



“Beh, una qualunque delle tante che sono rimaste disabitate nei dintorni. Direi che i proprietari non se la prenderanno se la userai per qualche tempo come base operativa, per non dire come rifugio segreto e riparo dai raggi del sole. Io intanto vedrò di procurarti del sangue, meglio se umano, e poi…”

“Spike…”

“Mmh?”

“Non pensavo che avessi una tale predisposizione per farmi da balia.” esclamò il vampiro sorridendo.

“Da quando conosci l’ironia Angel?” sbuffò il biondo stringendo gli occhi in due fessure piccolissime, per fargli capire quanto lo stesse odiando.



Per tutta risposta il moro spostò lo sguardo verso la porta del capanno.



Il sole stava calando ormai…



“Spike…” lo richiamò Angel indicandogli la porta con un cenno del capo. Il vampiro strinse involontariamente i pugni nelle tasche della giacca. Sapeva cosa significasse.

“Io me la caverò. Corri da Giles o da qualcuno che ci possa aiutare appena puoi: se quei demoni sono ancora là fuori, non tarderanno molto ad attaccare di nuovo…”



"E tu dove andrai?"



"A cercare delle risposte" affermò il biondo deciso, per poi uscire nell'aria gelida della notte "mi farò vivo non appena le avrò trovate…".



******



Roma, Italia, 16 maggio



“Tutto bene?”



La cacciatrice si sedette sul letto della sorella, prendendo in mano una maglietta e aiutandola a piegarla.



“Staremo via per molto tempo?” Buffy sorrise. Non c’era astio nella voce di Down. Per la prima volta da parecchi giorni le sembrava che sua sorella fosse in qualche modo tornata a essere quella dei vecchi tempi, sensibile e impaurita. Esattamente come lo era lei…



“Non lo so Down. Io… credo che non staremo via più di qualche giorno”



“E come fai a saperlo?” Down chinò la testa, seria. Buffy la guardò cercando di intuire a cosa stesse pensando. Le sembrava piccola e indifesa in quel momento. Una chiave. Una semplice ragazzina a cui il mondo era stato svelato troppo presto.

Afferrò con delicatezza una boccetta di vetro contenente un’essenza profumata e la spostò nella valigia. Rimase stupita dall’incredibile quantitativo di candele e profumi che Down si era portata dietro. Quasi quasi poteva fare concorrenza a Willow. Alla Willow dei bei vecchi tempi dell’università perlomeno. In un angolo, una stoffa ricamata in argento custodiva gelosamente alcuni libri che la sorellina evidentemente non voleva andassero persi o rovinati durante il viaggio. Libri magici, riconobbe senza alcun dubbio Buffy non appena ne toccò la copertina e sentì sotto le dita i rilievi del cuoio conciato a mano con cui venivano ricoperti tutti i volumi che avevano una certa importanza e che lei, grazie al lavoro che faceva, si era spesso ritrovata tra le mani in tutti quegli anni gomito a gomito con il signor Giles.

Chissà se aveva ancora una libreria ben fornita come quella della biblioteca del liceo…

“Non credere che non apprezzi tutto quello che stai facendo per me Buffy” disse d’un tratto Down, sottraendola ai suoi pensieri. Abbassò la testa, fissando attentamente il bordino viola della camicetta bianca che aveva comprato con Janice e allacciando meccanicamente ogni singolo bottone che si trovava sottomano. Sentiva lo sguardo di sua sorella bruciarle la fronte ma continuò lo stesso, incurante di quello che sarebbe potuto accadere…

“Lo capisco Buffy. Il trasferimento, la nuova scuola, la lontananza da tutto ciò che ci possa ricordare la nostra vita precedente, la nostra nuova vita… So che lo fai per me. Per farmi dimenticare tutto quello che abbiamo sopportato fino all’anno scorso e ti comprendo, però…” “Però, cosa?” la incoraggiò Buffy, cercando di scorgere i suoi occhi azzurri e rabbrividendo involontariamente quando Down sollevò su di lei due iridi scure e opache, prive di qualunque emozione. “Io non sono come te Buffy…. io non voglio dimenticare...” sussurrò infine la ragazzina, facendo una pausa ogni due o tre parole. Guardando negli occhi la sorella più grande che la osservava stupita.



“Down, io… io penso che una vita normale sia la cosa migliore per-”



“Lo so che lo hai fatto credendo di agire per il meglio. Dico davvero, Buffy… e solo che…” “Non finire la frase, ti prego…” “Tu sei ancora la cacciatrice, Buffy” finì la frase lei senza ascoltarla. Lasciandola senza parole.

“Puoi anche dirmi che non è vero, ma io la vedo. È ciò che sei sempre stata e sarà sempre una parte di te che non potrai mai cancellare.” “Down, io…” cercò di calmarla Buffy. “Non sei fatta per avere una vita normale Buffy." esclamò Down posando la maglietta nella valigia "Semplicemente non lo sei.”. Buffy sgranò gli occhi e deglutì a fatica, mentre le parole che aveva detto sua sorella si facevano strada dolorosamente nella sua testa. Ma dove aveva accumulato tutto quella perspicacia? Quella sicurezza. Quello… spirito di osservazione, si trovò ad ammettere suo malgrado. Strinse le mani forte a pugno e si morse la lingua, decisa a non dire una sola sillaba. A non risponderle in nessun modo. Ma le parole erano scivolate fuori dalle sue labbra ancor prima che riuscisse a pensarle “E non ti viene in mente solo per un attimo, che magari io sto meglio senza la mia parte di caccaitarice?” esclamò. Down la guardò stupita. Buffy si morse le labbra, desiderosa di non aver mai aperto la bocca. Ma ormai il danno era fatto. Il silenzio era calato tra di loro come una fitta coltre di nebbia. Buffy sospirò nervosamente e poi abbassò gli occhi verso il copriletto fiorato. Down non capiva! Essere una cacciatrice significava mettere in pericolo le persone che amava, prendere delle decisioni che riguardavano la vita degli altri, vedere la gente a cui voleva bene che se ne andava, sapendo di essere lei la causa. Sapere che il mondo sta per finire ed essere l’unica in grado di salvarlo… e sapere che però era molto facile non riuscirci… vivere nella costante incertezza di dover scegliere da un momento all’altro tra la sua vita, quella della persona che più amava e quella di centinaia di innocenti… Down… lei non aveva la minima idea di che cosa significasse essere una cacciatrice… Eppure continuava imperterrita, dando voce anche a quello che Buffy, non avrebbe nemmeno mai voluto ammettere con sé stessa.



“Abbiamo fatto tutti degli errori, ma non è scappando che possiamo rimediare ai nostri sbagli… ho visto la paura sul tuo viso quando hai rimesso a posto quel telefono. Non so cosa il signor Giles ti abbia detto, ma qualunque cosa sia, anche se dovesse dirti di ritornare sui tuoi passi, allora fallo.”



“Down, tu non sai nemmeno di cosa stai parlando!” “Lo so invece." Insistette la ragazza "So che avresti sempre voluto essere una persona normale. E so che hai cercato in tutti i modi di riuscirci. Ma forse non era la cosa migliore per te Buffy. Forse non era questo, quello che tu volevi veramente…”

“Prepara la tua roba Down! Il volo per Los Angeles parte fra meno di un’ora.” esclamò Buffy, infilando la porta e sbattendola alle sue spalle per non sentire più la voce di sua sorella dirle tutte quelle… verità…

Essere un persona normale… il sogno di sempre, l’utopia da raggiungere, a qualunque prezzo. Ma, in fondo, c’era ancora una persona su tutto il pianeta che potesse definirsi davvero ‘normale’?

Scese le scale di corsa, infilando la porta di casa e correndo nel prato sotto il sole cocente per scacciare tutti quei pensieri che non le davano tregua.

Nella sua stanza, Down abbassava tristemente il capo, ricordandosi quante volte avesse sentito gli stessi discorsi uscire dalla bocca di un vampiro ossigenato che non taceva mai. Anche a costo di rimetterci di tasca propria. E ancora Willow, Giles, Xander… ricordava sé stessa…. ricordava Angel… quando ancora tutto era bello e Buffy permetteva all’amore di riempirle la mente, oltre che il cuore. E ricordava anche di come era stato semplice, per lei, scappare dalla sua casa alla ricerca di quello che non aveva dopo una breve litigata e un minuscolo bigliettino con due righe per dire a tutti di non cercarla. Che era partita alla ricerca di una nuova vita… Salvo poi ritornare indietro, una volta accortasi che la vita che così tanto ardentemente cercava non era poi così indispensabile come quella, seppure imperfetta, che si era lasciata alle spalle.



“Ti ho visto combattere Buffy. Anche se non lo vuoi ammettere, sei ancora la cacciatrice.” sussurrò.



******



Los Angeles, 16 maggio



“Ti ho detto che l’ho sentito con le mie orecchie!”



“Allora è la verità…”



“Puoi scommetterci! Anche la veggente lo dice: sarà una cosa in grande!”



Spike si sporse un po’ di più verso il tavolo rotondo del locale, mettendosi in ascolto. L’odore di alcol e di putrefazione riempivano in modo orribile e nauseante quel piccolo locale dall’aria densa per il fumo delle sigarette. In un angolo, gridando e sbraitando, un paio di demoni dalla pelle rugosa stavano giocando al Poker dei non-morti, puntando come d’abitudine un cestino di gattini malnutriti. Alla cassa, un barman incompetente serviva sangue e cibo di origini molto dubbie ai clienti che dimostravano di avere in mano denaro sonante e vicino alla rastrelliera delle stecche da biliardo, una vampira molto simile ad un’acciuga vestita di nero cercava di abbindolare ogni cliente disponibile nel tentativo di godersi, oltre ad un pasto gratis, anche un po’ di divertimento extra. Spike scosse la testa infastidito. Non gli piacevano per niente certi posti. Non più perlomeno. Era finita da tempo la fase dei giochi. Eppure, inspiegabilmente, aveva varcato la porta del locale dichiarando di cercare qualcosa da bere e magari anche qualche simpatica compagnia per passare la serata. Per quale motivo, non lo sapeva nemmeno lui. Non era stato qualcosa di razionale. Lo aveva fatto e basta. Anche se era strano.

Chi si recava al Setten di solito lo faceva per sbronzarsi, o dimenticarsi qualche sgualdrinella da quattro soldi rifacendosi con qualcun’altra. E lui non voleva fare proprio nessuna delle due cose, non per il memento almeno. Ma quella notte, non sapeva bene perché, sentiva nel petto la strana sensazione che lì dentro avrebbe trovato le informazioni che cercava. E infatti, non appena entrato, aveva visto quella coppia di demoni sullo sfondo che borbottavano tra di loro. Troppo ubriachi, sicuramente, per ragionare, ma abbastanza lucidi per lasciarsi sfuggire cose interessanti tra i fiumi dell’alcol.

Beh, di qualsiasi cosa stessero discutendo, aveva tutta l’aria di avere a che fare con quello per cui era venuto fino a lì…



“Ti dico che avverrà presto” continuava intanto a ripetere un massiccio demone, somigliante ad una enorme tartaruga gigante, leccandosi le dita dal grasso di maiale del suo ultimo pasto.

“La veggente dice che sarà la nuova apocalisse. Nessuna bocca dell’inferno a suo parere ha mai ospitato qualcosa di tanto grande, nemmeno Sunnydale. C’è chi dice che l’intera razza umana scomparirà dalla faccia del pianeta in meno di tre minuti!”



“Allora è tutto pronto!” esultò un demone grigiastro alzando il boccale di birra verso i suoi compagni ubriachi “Fra poco meno di sette lune, diventeremo i padroni incontrastati dell’universo!”

La risata scrosciante e le urla di gioia dei demoni riempirono per alcuni minuti il locale, insinuandosi nella mente del vampiro. Rimase fermo dove si trovava. Immobile. Socchiudendo semplicemente gli occhi. Accompagnando nella memoria le ultime parole che aveva sentito con quelle pronunciate da Angel prima di lasciare la baracca e partire senza una meta, deciso a rivoltare e setacciare il pianeta alla ricerca delle risposte che bramavano.



Improvvisamente non era più tanto sicuro di volerle sapere davvero quelle risposte…



“Per favore! Non funzionerà mai…” borbottò improvvisamente un vampiro lì vicino, spostando il suo bicchiere ancora colmo di sangue al lato del bancone. Spike si voltò stupito nella sua direzione e lo stesso fecero i numerosi demoni presenti all’interno del locale.

Lo sconosciuto deglutì.

“Cosa vorresti dire?” chiese minaccioso il demone-tartaruga, appoggiandosi torvamente sul tavolo.

Il vampiro arretrò un poco, impaurito. Sapeva benissimo che quei demoni non prediligevano la compagnia di quelli come lui. E non ci teneva minimamente a scoprire quanto fosse lunga la pazienza del loro capo, soprattutto in un momento come quello…



“Stavo solo pensando che le cacciatrici non sono mai state molto amichevoli e, anche quando ce n’era una sola… beh… noi vampiri abbiamo sempre avuto seri problemi a portare a termine i nostri piani… e ora che ce ne sono tante…”



Il demone si alzò ringhiando ed afferrò il vampiro per il bavero della camicia.



“…Su questo hai ragione…” disse, dopo una lunga pausa in cui il mezzo demone ebbe tutto il tempo di pentirsi sia di quello che aveva detto, sia di quello che non gli era nemmeno passato per la testa



“Ma per loro sfortuna c’è già chi ha pensato anche a questo!” esclamò lasciandolo andare. Il vampiro si rialzò tossendo e lasciò il locale di corsa. La risatina del demone richiamò l’attenzione di Spike, puntata fino ad un attimo prima sulle spalle del vampiro in fuga.



“Stasera, dobbiamo festeggiare!” esultò intanto il demone, ridendo sguaiatamente “Tra poco meno di sette giorni… la gloriosa stirpe delle cacciatrici diventerà solo un lontano ricordo!”



*****



“Fermati! Devo parlarti!”



Il vampiro si voltò. Sembrava ancora più pallido del solito alla debole luce dei lampioni.

Spike avanzò verso di lui con calma, misurando i passi. Non era sicuro che non lo conoscesse, o che non avesse partecipato di persona al massacro della notte precedente… bisognava stare all’erta…

Contro ogni previsione però il vampiro si voltò di nuovo di spalle e cominciò a correre più veloce che poteva, lungo la strada asfaltata.

Spike rimase un attimo interdetto. Poi, con un’imprecazione, si lanciò all’inseguimento del suo simile.



******



Angel uscì dalla baracca poco dopo che Spike se n’era andato, camminando lentamente.

Nelle sue orecchie, ancora le parole senza senso di Spike.

Cercare una nuova casa…

Certo! E magari anche mettere un cartello fuori dalla porta con sopra scritto: “Qui sede temporanea della Algel's Investigation. Entrate pure se volete farmela pagare per… tutto quello che vi ho combinato negli ultimi sei mesi!’

L’idea di Spike di farsi vedere di nuovo in giro dopo tutto quello che era successo equivaleva ad un tentato suicidio!

Senza contare che non sapevano nemmeno contro chi esattamente si erano andati a scontrare…

O contro cosa…

Tanto valeva gettarsi tra le fiamme sperando di uscirne vivi!

O non-morti, com’era effettivamente successo…

Angel sospirò. Nella sua follia distruttiva aveva pensato fino all’ultimo secondo di scontrarsi contro i Senior Partners, ma era ovvio che aveva clamorosamente mancato il bersaglio, lasciando la propria vita in mano ad un vampiro irriverente che fino al giorno prima gli avrebbe volentieri piantato un paletto nel cuore e che ora sembrava persino preoccupato per lui…

Spostò una lattina a terra con un piede e pensò a Buffy. Quella ragazzina che per lui era più indispensabile del sangue. Che si era innamorata di un vampiro che non aveva voluto tornare da lei e di un altro che era morto nel tentativo di restare per sempre al suo fianco. Spike. Gliel’aveva affidata. Affidata. Certo! Vai da Giles, cerca qualcuno. Vai e avvertila. Avvertila della minaccia incombente. Facile a dirsi. Elementare. Immediato. Certo. Ma poi? Spike non poteva di certo ignorare quanto fosse difficile per Angel ritornare nella sua vita senza appartenervi completamente. Guardarla, senza vedere nei suoi occhi il ricordo dei giorni che erano. Combattere al suo fianco, sapendosi null’altro che colleghi di lavoro. Era un bel problema. Un problema da cui Spike si era magistralmente sottratto. Da vigliacco. Lasciando ad Angel la sua bella gatta da pelare.

O forse era solo lui che stava scappando da un contatto che faceva troppo male anche solo a pensarci.

Angel sospirò, passandosi una mano tra i capelli scomposti. Abbassando gli occhi involontariamente verso il pavimento.

Spike aveva da sempre avuto il dono innato di confonderlo.

Era arrivato da lui una mattina e non se n’era più andato.

Aveva sofferto e combattuto dalla sua parte, ma lo aveva sempre deriso e sbeffeggiato ad ogni occasione.

Lo aveva battuto più di una volta e lui si era sempre rialzato sogghignando, ribadendo che non sarebbe bastato così poco per atterrarlo.

Angel lo provocava, e Spike gli rispondeva. Angel gli diceva di andarsene, e Spike trovava all’improvviso un motivo per rimanere. Lui lo estraniava dalle sue decisioni, e l’altro si trovava inaspettatamente sulla sua strada, con un sorriso smagliante e le mani infilate nelle tasche per sbattergli in faccia la verità, anche se in teoria non avrebbe nemmeno dovuto sapere di cosa stava parlando.



Ma la maggior parte delle volte aveva ragione…



Ed era per questo che Angel lo detestava.

Ricordava benissimo il giorno in cui se l’era ritrovato davanti, alla W&H.

Spike era… a dir poco terrorizzato. Tremava, si voltava frenetico in tutte le direzioni… a un certo punto Angel avrebbe giurato che stesse persino per scappare.

E poi, invece, era bastato pronunciare ad alta voce il nome di Buffy per farlo ritornare il vampiro che era una volta. Preoccupato per la sua donna ancor prima che per sé stesso; egoista, in un certo qual modo, nel parlare di lei e di tutto quello che erano stati davanti allo sguardo possessivo di Angel; arrabbiatissimo con tutti per il fatto di non poter lasciare la periferia di Los Angeles a causa di chissà quale incantesimo fatto sul medaglione che lui stesso aveva consegnato a Buffy il giorno della battaglia contro il Primo…

Furioso e rabbioso, offeso e offensivo.

Così se l’era ritrovato davanti.

Angel sospirò.

Eppure era rimasto.

Probabilmente se Spike non si fosse messo addosso quell’amuleto stregato, le cose sarebbero andate diversamente ed il mondo, ma soprattutto Buffy, sarebbero morti al posto suo, lasciando campo libero al Primo e alla sua schiera di eletti.

Spike era un eroe... si ritrovò ad ammettere Angel quasi con rimpianto.

Né più né meno di lui.

Il problema stava nel modo in cui aveva scelto di esserlo…

Troppo… impulsivo.



*****



Los Angeles, California, 23 aprile 2004



“Ma perché non vai ad annoiare qualcun altro con le tue assurde pretese si può sapere?!”



Angel stava scendendo le scale di corsa, inseguito a ruota da un agguerritissimo Spike, deciso come non mai ad accompagnarlo nei suoi pattugliamenti notturni.



“Dimmi almeno perché non vuoi che cacci con te. Nessuno si è mai lamentato del mio modo di fare e sinceramente sono stufo marcio di subirmi le chiacchierate senza senso di Harmony o gli sguardi languidi fra Wesley e Fred. Sono un uomo d’azione io!”



“Non sei un uomo, sei un vampiro. E mi stai davvero facendo saltare i nervi!” lo rimproverò Angel mentre usciva sbattendo la porta e Spike lo seguiva senza fare una piega.



“Non capisco perché ti lamenti tanto” continuava intanto imperterrito “Io ti do una mano ad eliminare quelli come noi dalla faccia del pianeta, tu salvi più innocenti, il rimorso della tua anima si fa sentire di meno, i conti tornano no?” Il vampiro fece finta di non averlo sentito, continuando ad avanzare nella notte.



“Quindi la domanda è una sola: di che cosa hai paura Angel?” lo stuzzicò Spike “Temi che qualcuno possa farsi del male se io ti seguo? Guarda che sono bravo quanto te a salvare il mondo e posso provartelo” e detto questo il vampiro afferrò un tizio che passava per la strada e gli affondò velocemente il paletto appuntito in fondo al torace. Il ragazzo si tramutò in cenere ancor prima che Spike mollasse la presa del giubbotto.



“Allora, hai visto? Non è così difficile per uno come me fare il tuo stesso mestiere…”



Angel si voltò verso il biondo esasperato. Lo squadrò da capo a piedi. Quando infine parlò la sua voce era strana, come se stesse dicendo una cosa, trattenendone mille altre sulla punta della lingua.



“Sai uccidere bene William, e allora?” sibilò “lo sapevi fare bene anche prima, non sei cambiato affatto." Spike rimase in silenzio, incassando il colpo "E poi, il Male non si ferma annientando solo i pedoni: è alla regina che bisogna puntare, con ogni mezzo necessario. Caduta lei, il re poi è cosa facile”



Spike rimase ancora un momento in silenzio, fissandolo.



“Wow…” sospirò infine, passandosi teatralmente una mano tra i capelli biondi e alzando leggermente un sopracciglio “Sai, visti così gli scacchi sembrano persino un gioco interessante. Il problema è che difficilmente un pedone può sperare di mangiare una regina…”



“Lo so.”



“E allora che si fa? Ci si nasconde dentro di lei come nel cavallo di troia sperando che non ci digerisca prima di arrivare a destinazione?”



“Esattamente”



Il biondo annuì serio, aggrottando le sopracciglia come se stesse riflettendo intensamente sulla questione. Angel si voltò soddisfatto. Cominciò a camminare con passo sicuro verso il prossimo vicolo. Adesso voleva proprio vedere se Spike avrebbe ancora osato dirgli qualcosa riguardo al suo piano…



“Ah, Angel!” lo richiamò naturalmente lui, con un'espressione indecifrabile sul volto.



“Nel tuo bel ragionamento, ti sei beatamente scordato degli altri pezzi della scacchiera!”





*****



Los Angeles, 16 maggio



Andiamo… rispondi…



All'ennesimo messaggio dell'operatore telefonico Angel sbattè il telefono sul divano.



Era da un'ora ormai che cercava di ricontattare Giles per sapere come stava Buffy.

Si alzò e scostò una delle tende.

Il sole era ancora alto nel cielo e quella casa abbandonata non offriva grandi distrazioni visto che la corrente era staccata e l'acqua pure, ma almeno aveva un riparo.



Tornò a sedersi sul divano e afferrò una sacca di sangue.



Appena Spike era partito aveva passato una buona parte del pomeriggio a gironzolare per le strade e i vicoli dietro la statale ovest di L.A., cercando di capire cosa fosse meglio fare.

Finalmente, i vigili del fuoco e la polizia se ne erano andati e lui aveva potuto ritornare sul luogo dello scontro. In alcuni punti erano ferme ancora alcune ambulanze che medicavano i feriti.

Angel si era aggirato tra le case distrutte e i corpi massacrati, approfittando della pioggia insistente che aveva coperto il cielo e gli permetteva di girare anche di giorno.

Aveva rubato alcune sacche di sangue e aveva 'preso in prestito' il cellulare di Gunn che giaceva nel fango.

E poi, finalmente, aveva trovato ciò che cercava…

Approfittando della pioggia, aveva raccolto in fretta quel corpo e l'aveva portato al riparo.

La fronte di Connor era madida di sudore e il suo volto era mortalmente pallido.

Angel si voltò.

Suo figlio giaceva ancora inerte sul letto matrimoniale, al di là della porta semiaperta.

Provato, ferito, sporco… ma vivo.

Infilò la mano nella tasca e sfiorò il pendente che brillò per un secondo di un vivido colore rossastro.

Un pendente di Giava…

Lo stesso che gli aveva chiesto di recuperare Giles.

La chiave di volta di tutto il suo piano.



*****



"Io non so niente, non so niente, non so niente, puoi credermi, non so niente!”

Spike scrollò le spalle del vampiro che teneva attaccato al muro, esasperato.

“Vuoi smetterla di dirmi che non sai niente e cominciare a calmarti invece?”

Il vampiro tremava come una foglia “Allora…” sospirò Spike al limite della sopportazione “Cominciamo dalle domande semplici ok? Come ti chiami?”

“M-Mark…” balbettò il vampiro. Spike sospirò.

“Ecco, vedi che se stai calmo a qualcosa servi? Adesso, Mark, rilassati… e ripetimi con calma quello che stavano dicendo al tavolo della locanda!”

Improvvisamente il vampiro lo guardò negli occhi e la sua espressione cambiò totalmente.

“I-io, io… io ti conosco!” esclamò sottovoce “t-tu… tu sei quello che lavorava insieme alla cacciatrice. Con Angel. Alla Wolfram & Hart!”

Spike irrigidì la mascella e strinse i pugni.

“Senti, se mi ripeti quello che hai detto ai demoni della taverna non ti succederà nulla!” azzardò, decidendo di sfruttare la situazione come meglio poteva: in fondo Mark adesso era da solo e se si fosse reso conto di non avere altra via d’uscita, avrebbe sempre potuto eliminarlo in fretta per poi andarsene di corsa...

“Certamente, mi credi tanto idiota!” esclamò invece Mark, spingendo con una mano sul petto del vampiro “Cosa credi che mi spingerà a dirti che le informazioni che cerchi le puoi trovare soltanto in Francia, da una ragazzina di nome Marta, orfana di entrambi i genitori da più di quindici anni?”

Spike lo guardò stupito. Lasciò andare il vampiro, stupito come non mai da quella fuga di notizie tanto rapida e ficcò le mani nella cintura dei jeans.

Mark si sistemò meglio la giacca e sorrise, per poi allontanarsi con tutta calma verso il fondo del vicolo.

“Se fossi in te lascerei perdere L.A., il nord, e andrei di filato verso il confine con l’Italia, in una località chiamata Nyons…” suggerì di nuovo il vampiro, cominciando ad allontanarsi “ e, fammi un piacere” esclamò voltandosi, prima di riprendere a camminare lentamente “se ti dovesse capitare di vedere Angel, digli che siamo pari… e che è stato un vero piacere lavorare per lui alla W&H!”



Spike lo guardò stupito allontanarsi tra la gente.

Mark… Angel che teneva alle sue dipendenze dei vampiri…un favore da ricambiare…

Era semplicemente pazzesco!



Ma in fondo cosa poteva aspettarsi da un vampiro che viveva con una licantropa e un'ex-dea, in uno studio con i vetri anti-sole, dormendo di notte e bevendo sangue aromatizzato di giorno, mentre esaminava pratiche alla sua scrivania come il più noioso dei burocrati?

Scosse la testa sorridendo.

Almeno, adesso, aveva una pista da seguire…



******



1996, Londra



“Abbiamo una pista da seguire!” Il sevo ridacchiò soddisfatto agitando le catene che teneva strette in una mano. Alla sua sinistra, un piccolo uomo basso e tarchiato si guardava intorno respirando affannosamente.

“Portatelo da lui!” ordinò il demone. E subito il vampiro diede un forte strattone alle catene del prigioniero, indicandogli la via da seguire.

Vincent lo guardò avvicinarsi, tremante.

Come un automa, si abbassò di fronte a lui, cercando il suo sguardo. L’uomo si sentì improvvisamente attratto da quegli occhi, di un viola così intenso, quasi magnetico…



Il tutto non durò che pochi istanti.



Un brevissimo cenno di assenso da parte di Vincent. La risata sgangherata del demone. Il rumore del corpo dell’uomo che veniva gettato lontano. Il collo piegato in un'angolazione innaturale… tutto faceva parte di un rito macabro che durava da troppo, troppo tempo.

Il ragazzo rialzò gli occhi sul volto del suo padrone. Rassegnato.



“L’hanno portata a Sunnydale” rivelò con tono neutro, rimanendo impassibile.

Alle sue spalle, il demone seduto sopra un massiccio trono d’argento si lasciò andare a un’inquietante risata.



“Perfetto” disse



“Hai fatto un ottimo lavoro. Partiamo nel pomeriggio.”





*****



N.d.a. - Chiedo immensamente scusa a tutti per il ritardo con cui arriva questo capitolo. Purtroppo causa ladri la mia connessione internet era temporaneamente fuori servizio.

Per ringraziarvi della pazienza, vi anticipo che posterò il prossimo capitolo mercoledì.

Ringrazio di cuore NightLady e Kasumi che trovano sempre il tempo per lasciarmi un commento e La Lady che ha addirittura messo la storia tra i preferiti, oltre a tutte le persone che l'hanno letta e seguita fin'ora, anche senza lasciare commenti.

Un grazie infinito a tutti e a presto!!



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Capitolo 5
*** Rendez-vous ***


CAPITOLO 5

*****



*****

Roma, Italia, 16 maggio

Il Claddag di Angel.
Due mani.
Un cuore.
Una corona.
E tanti significati nascosti. Molti. Forse persino troppi per un oggetto così piccolo.
Buffy se lo rigirò ancora tra le dita, ricercandone i riflessi argentei, le sfumature dorate, i caldi ricordi...
“Metti la punta del cuore verso di te, vuol dire che appartieni a qualcuno” le sussurrò una vocina remota in un angolo della sua testa.
Buffy lo strofinò leggermente.
Niente.
L’anello sembrava aver perso ogni briciola di magia al contatto con le sue mani gelide.
Si strinse nelle spalle, perdendo lo sguardo nella notte priva di stelle.
Gelide…
come il suo cuore….
Ormai non contava più le notti in cui si era ritrovata a stringere quel piccolo pegno d’amore appellandosi a lui quasi come per cercare un rifugio. O forse una via di fuga da quello che sentiva nascerle dentro e che non le piaceva. Quasi per illudersi che almeno uno di loro sarebbe tornato, alla fine. Che almeno uno di loro avrebbe trovato la forza per rischiare, per vedere oltre le sue parole di disprezzo. Perché era solo questo che Buffy Summers riusciva a donare alle persone che le amava: disprezzo.
Puro e semplice.
Eppure così complicato da non riuscire neppure a comprenderlo.
Angel, Riley, ed infine anche Spike… tutti con un passato indicibile alle spalle e tutti privi della forza, o forse del coraggio per tornare da lei. Nessuno di loro era riuscito a capire cosa si nascondesse dietro alle sue parole dure, ai suoi falsi sorrisi, a tutte le maschere che indossava e che non facevano altro che aggiungersi, le une sulle altre, fino a renderla del tutto irriconoscibile.
Per… difesa…
per… paura…
Ripose l’anello di Angel nel cassetto del comodino. Il passato era passato, pensò. Anche se faceva male. E accanto a lei altri cinque oggetti legati alla sua precedente vita esigevano attenzioni.
Una fotografia di Down da bambina, un fermaglio per capelli che le aveva regalato sua madre, una piccola croce d’argento, un accendino con la chiusura a scatto, un cercapersone piccolo quanto leggero…
Si sorprese nel notare che di tutte le cose che teneva lì dentro, di tutti i ricordi che aveva mantenuto, il suo era l’unico che brillasse ancora. Come se fosse vivo.
Un brivido le percorse la schiena.
Vivo… lei non lo aveva neppure mai conosciuto quando era vivo. Aveva avuto un assaggio, là, in quella chiesa senza speranza, dove lui le aveva confidato i suoi più grandi segreti. Ma, tutto sommato non era sicura di poterlo considerare altro che una specie di shock post-anima. Eppure, di tutti quelli che aveva conosciuto, lui era l’unico che avrebbe fatto davvero fatica a definire morto.
Di tutti i suoi amori impossibili lui era senza ombra di dubbio quello che le aveva dato maggiori grattacapi in tutto l’arco della loro breve e travagliata relazione. Eppure, mai come allora le sue notti avevano arso di passione e di baci, di lecito e di non lecito, di vita e di morte, di luce e di oscurità tese a compenetrarsi l’una con l’altra, a completarsi a vicenda per poi staccarsi di nuovo durante il giorno, nascoste ognuna sotto le proprie maschere così che gli altri non potessero vedere… e nemmeno capire.
Forse era stato quello l’errore della sua seconda vita: credersi cambiata ma in fondo essere sempre la solita insignificante e fragile ragazzina che non permetteva a nessuno di entrare nel suo cuore, di vedere i suoi sentimenti, di abbattere la sua barriera di disprezzo, ma che piangeva silenziosa, davanti ai riflessi argentati di un accendino fuori uso.

******

Los Angeles, 16 maggio 2004

Il Claddag… simbolo d’amore, fiducia, devozione. Appartenenza.
Angel si rigirò l'anello tra le dita e poi lo salciò cadere, appeso alla collana che sempre portava al collo. Nella stanza accanto, Connor dormiva ancora.
Angel sapeva che avrebbe dovuto andare da Giles, ma voleva attendere il risveglio di suo figlio. Del resto, come si poteva chiedere a un padre di fare altrimenti? Da quando aveva attivato la pietra di Giava durante la battaglia aveva saputo che poi sarebbe stato suo compito andare a cercarlo.
Spike, Illiria e i milioni di demoni che li stavano attaccando lo avevano visto morire e quindi nessuno sarebbe andato a cercarlo, ma Angel sapeva che era solo un'illusione, come quella che aveva confuso Hemilton, come quella che lo aveva spinto a mettersi al collo, vicino al cuore, quel piccolo anello.
Il claddag.
La cacciatrice aveva fatto la sua scelta. E poco dopo anche Angel aveva preso la sua stessa, saggia decisione…
Sì… saggia… come se si potesse considerare saggio il fatto di ripetersi ogni mattina che la sua storia era finita da tempo, sperando un giorno di arrivare a crederci. O cercare nel rimorso e nel rimpianto un modo per sfuggire al presente. O sfinire a furia di pugni e parole ogni demone che gli capitava davanti agli occhi durante le ronde, immaginando che fosse lui!
Perché Buffy era arrabbiata.
Perché Buffy era furente.
Perché Buffy doveva sfogarsi.
Perché Buffy lo amava, con tutte le sue forze, e non le sembrava giusto che lui se ne fosse andato, lasciandola sola.
Permettendo che piangesse ancora, senza che nessuno dei due potesse consolarla.
E Angel non riusciva a non essere d’accordo con lei riconoscendo negli errori di Spike, i suoi stessi errori.
Eppure, in un angolo del suo cuore, il vampiro sapeva bene che lui non l’aveva del tutto abbandonata.
Come sapeva bene di essere stato un perfetto idiota a portarlo in Italia con sé, per sottoporlo alla visione di lei che danzava in mezzo al locale, abbracciata ad un altro…

“Parli più forte, non la sento!”
“Stiamo - cercando - una - ragazza! Una ragazza di nome Buffy!”urlò Angel, imprecando contro i gestori dei locali notturni che tenevano costantemente il volume della musica sopra il limite consentito. “Buffy?” la ragazza del bancone si sporse più vicino ai due avventori muscolosi, in piedi ad un passo da lei “Non conosco nessuna Buddy che lavora per noi. Magari potrei farvi conoscere Betty…” “No… no!” esclamò Angel esasperato, mentre Spike si voltava verso il centro del locale gremito di gente “Noi stiamo cercando Buf-fy. Buffy Sunmers. E’… lei è americana, proprio come me. Si è trasferita qui da poco tempo, dicono che esca insieme ad un tizio che si fa chiamare Immortale…”
“Ah… quella Buffy…”
La mano di Spike e il dito della cameriera si tesero nello stesso momento, indicandogli un puntino biondo tra la folla.
Buffy…
La definizione normale di bella ragazza era un insulto per lei. Ballava, in mezzo a tutta quella folla, un completino di raso nero stretto addosso e completamente assente nei punti giusti, la lunga chioma dorata che rifletteva il bagliore delle lampade psichedeliche, le movenze aggraziate, affinate da anni di combattimenti e di lotte. Danze all’ultimo sangue come osava definirle Spike. Vere e proprie battaglie. Da giocare a colpi di seduzione sopra di un palco illuminato dalle luci artificiali di una discoteca…
Ma non era questo quello che aveva visto Angel, e non era nemmeno questo quello che, per rabbia e per istinto, stava spingendo Spike ad aprirsi un varco tra la folla, bestemmiando sottovoce peggio di uno scaricatore di porto.
Buffy non ballava da sola.
Buffy ballava con un altro.
Abbracciata ad un altro!
E non era un ballo che si potesse fare con una persona conosciuta la sera stessa. Buffy ballava con un altro come aveva ballato con Xander. Muovendosi sinuosa sotto le sue mani, ondeggiando abilmente contro il suo corpo accaldato, sfiorandolo appena con gli occhi socchiusi, aspettando che lui la stringesse tra le braccia e sperando nel frattempo che qualcun’altro la bloccasse dolcemente, portandola a conoscere il paradiso, ma questo non lo avrebbe mai saputo nessuno…
“Spike, fermati!”
“Voglio proprio vedere se qualcuno ci riuscirà!”
“Non è la cosa giusta da fare…”
Il vampiro non si voltò, continuando ad avanzare furente.
“Quello, sta ballando con la mia ragazza! Questa è esattamente la cosa giusta da fare!”
“Spike, io penso che tu dovresti mettere da parte la tua gelosia e ascoltarmi per un istante…noi siamo qui per…”
“Va a quel paese Angel!”
“ La borsa!”
“Cosa?!” Angel lo afferrò per una manica, costringendolo a voltarsi “La borsa… io l’avevo lasciata sul bancone e adesso… non c’è più”
“Dannazione!” imprecò Spike correndo al tavolo del locale come una furia, certo che Angel lo stesse seguendo


e poi, non c’era più stato tempo per andare da lei. Dopo lo scontro non tanto amichevole con le guardie del corpo dell’Immortale, la testa per cui tanto avevano faticato era ritornata nelle loro mani costringendoli a tornare a Los Angeles e lasciando Buffy da sola, insieme ai pezzetti del loro cuore e del loro passato.
Non lo avesse mai portato con sé quella notte…
A dire il vero, la storia con l’Immortale era scocciata parecchio anche a lui! Senza contare che Angel sapeva bene che razza d'individuo senza scrupoli fosse l’Immortale e quanto gli piacesse passare da una donna all’altra con una tale disinvoltura che avrebbe potuto farsi amare contemporaneamente da tutte le femmine del pianeta, umane e non, senza risentire minimamente dello stress accumulato dopo una simile impresa.
L’incarnazione del don Giovanni, ecco che cos’era!
La conferma l'aveva avuta qualche giorno dopo da Willow, quando l'aveva chiamata per sentire come stava.
Ma la strega era stata chiara: faceva tutto parte di un piano. Per questo non serviva che loro corressero in suo aiuto, né che la contattassero. Buffy stava cercando di recuperare a stento una vita che le era stata sottratta da quando era stata chiamata per essere una cacciatrice e adesso Angel non aveva il dritto di reclamare qualcosa a cui lui stesso aveva rinunciato. Inutile dire che a quel punto il vampiro non aveva nemmeno fatto cenno a Spike e al fatto che fosse tornato. In fin dei conti, se Buffy non aveva bisogno di lui per ricostruire la sua vita, come avrebbe potuto aver bisogno del suo childe?
Angel sospirò.
Willow aveva ragione, e anche Spike nel dire che Buffy andava tenuta fuori da questa faccenda, che non era la sua guerra. Ma Giles era stato chiaro: doveva raggiungerli e con loro ci sarebbe stata anche Buffy. La situazione era molto grave e quindi avevano bisogno di condividere tutte le informazioni e tracciare un piano che comprendesse ogni alleato disponibile.
Finalmente, un sospiro di Connor fece capire al vampiro che il ragazzo si stava svegliando.
Si precipitò quindi nella sua stanza e lo osservò strizzare le palpebre e chiedere con voce roca se avevano vinto. La stessa domanda che aveva fatto lui… Angel sorrise e si sedette accanto al figlio. Dopo alcune ore, accompagnava Connor al più vicino hotel e pagava una stanza per un mese. Poi, deciso, girava la chiave della macchina presa a nolo e partiva sgommando alla volta dell'aeroporto.


*****

Roma, 16 maggio 2004

Down era sdraiata sul suo letto, la valigia ancora disfatta abbandonata in un angolo della stanza e un diario stretto tra le dita. Un diario segreto. Il suo diario segreto.

‘2/6/03 Caro diario, oggi sono ancora più arrabbiata del solito. Buffy mi ha portato a fare la ronda con lei e nessun vampiro l’ha morsa o mi ha portato via con sé. A volte vorrei tanto che ci fosse qui ancora Spike. Almeno lui, quando le cose non andavano per il verso giusto, sapeva sempre come farmi ridere.’

‘9/7/03 Caro diario, ieri siamo andate al centro commerciale. Non puoi immaginarti quanta roba c’è dentro, anche se è grande poco più della metà di un normale magazzino di Los Angeles. Oggi Buffy ha detto che la maglietta che mi sono comprata mi sta proprio d’incanto’

Down girò le pagine velocemente, fino ad arrivare alla data di qualche giorno prima. Le cose che aveva scritto durante i primi mesi in Italia non erano altro che stupidaggini, atte più che altro a riempire gli enormi spazi vuoti del foglio come della sua vita. La data di tre giorni prima apparve all’improvviso sotto i suoi occhi come se la stesse chiamando. Si sistemò meglio sul suo letto e cominciò lentamente a leggere.

‘13/5/04 Caro diario. Non riesco nemmeno a dire ad alta voce quello che sto pensando, spero di riuscire in qualche modo almeno a scriverlo. Ho paura. I miei poteri come chiave, se mai ne ho avuti, non sono sicuramente la causa di tutto questo. Ma posso sentirlo. S'impadronisce di me ogni giorno di più. Lo sento che arriva. Sento che mi vuole e so che verrà a prendermi. Sento che la fine è vicina. E non so nemmeno se avrò il coraggio di ammettere quello che sto scrivendo quando sarà necessario. Devo parlarne con Buffy.’

Down girò la pagina in fretta

‘14/5/04 il giorno è sempre più vicino. Sono terrorizzata. Il nuovo spasimante di mia sorella le ha lasciato un altro regalino sotto la porta, ma io so che tutto quello che sta facendo è solo un mezzo per arrivare a trovarmi. Non ho parlato con Buffy. Stavo per farlo, durante la ronda nel cimitero, ma è stato più forte di me. Odio doverlo ammettere, ma temo che qualcosa si stia preparando. E che solo un enorme… miracolo, stavolta, potrà salvarci.’

E finalmente, i suoi occhi trovarono la data del giorno precedente.

‘15/5/04 E successo. Ieri sera, mentre tornavo dalla ronda e rientravo in casa, mi sono accasciata sul divano e ho sentito la testa come scoppiare. La battaglia stava avendo luogo. E io non ero lì con loro per aiutarli. All’improvviso ho sentito la consapevolezza farsi largo tra i miei pensieri. La battaglia era a Los Angeles. Angel e la sua squadra stavano combattendo una guerra che non era la loro e lo stavano facendo con tutta la forza di cui erano capaci, ma non avevano speranza. Non ho ancora sentito il TG di oggi, ma so che si parlerà di catastrofi naturali e di disastri, tutti imputabili naturalmente a una qualche disgrazia passeggera, o all’incuria degli addetti alle tubature. Ma io so cos’è veramente successo. L’esercito nemico si è mosso in un’altra direzione, rinviando la resa dei conti. Ma è solo questione di tempo. Presto o tardi arriveranno. Sono sicura che è per questo che oggi ha chiamato Giles. Andremo a Los Angeles, dove ci attendono anche Willow e Xander. Perché convocare la vecchia squadra se non per una nuova apocalisse?
Temo che il giorno del giudizio sia sempre più vicino…’

Voltò la pagina e prese in mano la penna

‘16/5/04 Caro diario’…

*****

Nyons, Francia, 17 maggio

“Pensa di rimanere qui per molto?”
“No. Non penso”
“Bene. Allora le mostro la stanza…”

Spike salì le scale della pensione tenendo stretta a sé la borsa di cuoio che aveva trovato nella camera di Wes. Era stato incredibile scoprire che anche il compassato osservatore dei tempi di Sunnydale, era avvezzo a fumare e ad ubriacarsi. Esattamente come lui.
In fondo erano entrambi inglesi…
“Ecco qui. La colazione è servita alle sette. Se vuole posso chiedere alla domestica di venire a svegliarla domani mattina e di dare aria alla camera”
“No, grazie. Penso proprio che non ce ne sarà bisogno”
“Come desidera. Buonanotte allora”.
Spike gettò la borsa sul letto, allungandosi sul comodo piumone imbottito. Gli alberghi non erano più quelli di una volta, pensò. L’ultima volta che era stato da quelle parti si ricordava di aver dormito in una specie di buco ricavato nel muro dove anche i topi avevano ribrezzo ad entrare. Ma in fondo i tempi erano cambiati… e anche lui lo era. Molto più di quanto non osasse ammettere.
Allungò un po’ di più le gambe afferrando la borsa di Wes.
Dentro, riempite con una calligrafia sottile e ordinata, alcune pagine parlavano dei suoi studi sulla profezia Shansu e sui vari modi per farla avverare. Altri fogli, appena dietro, precavano alcune scritte in latino e un disegno di un ciondolo.
Pendente di Giava
Già… lo ricordava nelle mani di Angel, mentre loro facevano finta di lottare davanti ad Hamilton.
Poco più in basso, ecco una strana incisione di un pugnale e una scritta: IN MUTAMENTUM POTESTAS… nel cambiamento il potere… probabilmente si riferiva a quanto aveva fatto Buffy sulla bocca dell'inferno, ridistribuendo il potere… ma un simbolo sulla pagina successiva riportava una coppa e un paio di mani tagliate che vi facevano cadere del sangue. A destra, la scritta VAMPIRO in rune celtiche e il simbolo di un coltello unito a quello per 'magia'. Spike conosceva poco di rune, ma qualcosa l'aveva imparato negli anni dalle varie streghe che aveva frequentato ed era sicuro di quella traduzione. Molto meno, del suo significato. Ripiegò tutto e infilò di nuovo i fogli nella borsa.
La notte, buia e silenziosa, sembrava chiamarlo con il suo sorriso luminoso, con il suo manto trapuntato di stelle, con la sua brezza leggera che gli accarezzava i capelli trasportando il profumo di terre lontane.
Lo chiamava.
Lo voleva.
Ma stavolta, lui
non avrebbe risposto.

*****

Aeroporto di Roma, 17 maggio

“Il volo n° 214 diretto a Los Angeles partirà fra cinque minuti. I signori viaggiatori sono pregati di recarsi alla rampa di decollo”

Down si aggiustò meglio sul comodo sedile imbottito, cominciando a sgranocchiare il contenuto del sacchetto di noccioline in omaggio.
“E poi saresti tu quella che vuole rimanere a dieta per non ingrassare?” la canzonò Buffy, assestandole una leggera gomitata sul braccio con una risatina affettuosa. La ragazza ficcò nuovamente la mano nel sacchetto di carta argentata. “Le noccioline sono la cosa più buona del mondo!” sentenziò “Dopo i frappé naturalmente. Non pensavo che qui in Italia fossero così saporiti, ed anche il caffé. Non appena arriva l’hostes me ne faccio portare un’intera caraffa!” “Allora forse non hai capito come funziona…” finse di spiegarle Buffy alzando gli occhi al cielo “loro mettono la stessa quantità di caffé che noi usiamo per un’intera tazza in un bicchierino minuscolo, sufficiente appena per una piccola sorsata. Così risparmiano sul costo e, dopo che l’hai finito, ti viene subito voglia di berne un altro… Da questo punto di vista sembra che abbiano preso lezioni di economia domestica da Anya! Non vedo l’ora di ritornare in America…”
“Però a me il caffé italiano piace un sacco!” ribadì Down facendo spallucce “Allora, quand’è che arriveranno Willow e Xander?”
Buffy si tirò su la manica della giacchetta beige per guardare l’orologio.
“Dovrebbero essere qui a minuti ormai. L’aereo farà scalo a Malpensa tra una mezz’ora al massimo… Chissà che cosa avranno fatto in tutto questo tempo…”

“Un piano-bar vicino al centro storico di Firenze?! Caspita!”
Xander sorrise soddisfatto “Eh già… chi l’avrebbe mai detto eh? Il grande demolitore che fa soldi a palate gestendo un disco-pub nella città delle meraviglie… Adoro l’Italia…”
“Già discusso su questo punto!” esclamò Down allegramente rivolgendosi poi verso l’amica strega
“E tu? Scommetto che adesso lavori per una di quelle grandi case produttrici di software…”
“Non esattamente…” sorrise Willow lanciando un’occhiata al suo piccolo quanto costoso pc portatile di nuovissima generazione, abbandonato in un angolo, tra il bagaglio a mano e le borsine della spesa.
“Purtroppo in Italia non sono molto avanti nel campo della ricerca informatica, per cui ho avuto qualche difficoltà a trovarmi un lavoro come si deve…”
“Willow…” la rimproverò bonariamente Xander, conoscendo bene la sua opinione in materia di tecnologia e di scienze in generale
“Niente è meglio dell’America!” sentenziò infatti la rossa poco dopo, ricevendo un’occhiata di pura approvazione da parte di Buffy.
“E allora cosa ti è successo? Sei rimasta disoccupata per tutto questo tempo?” chiese la cacciatrice con una nota di preoccupazione nella voce “No, no, ma cosa ti salta in mente!” la smentì subito Willow, ondeggiando la mano a due centimetri dalla sua faccia “Mi hanno contattata quelli del Consiglio… del Rinnovato Consiglio ovviamente… e mi hanno proposto di reperire e catalogare alcuni volumi molto importanti salvati dopo il crollo di Sunnydale.”
“Un secondo Mr. Giles?” esclamò Buffy inorridita “Non oso nemmeno immaginare che cosa ci toccherà sopportare una volta che saranno tutti e due nella stessa stanza!”
Willow sorrise “É inutile che scherziate voi tre, è un lavoro di grande responsabilità! Senza contare che mi pagano un’enormità da quando gestisco la sola biblioteca di scienze occulte virtuale che esista!”
“Via internet?!” urlò quasi Buffy scandalizzata
“Ma naturalmente! Il sapere va condiviso con tutti no? E poi sono stata mooolto attenta a non mettere in circolazione incantesimi o materiale rischioso! Per la salvezza del mondo sai…”
“Oh… certo...” annuì Buffy poco convinta rivolgendosi poi agli altri sottovoce
“Attenzione! Ragazza pazza seduta su aereo diretto a L.A. a ore due!”
Xander scoppiò a ridere divertito.
“Santo cielo, ma chi ce l’ha fatto fare di non sentirci per un anno intero si può sapere? Possibile che sia sempre necessaria un’apocalisse perché decidiamo di ritrovarci?”
Buffy annuì sorridendo, ricordando come Xander le avesse detto la stessa, identica frase riguardo a Willow quando, l’anno prima, si era presentata alla sua porta alla testa di un folto gruppetto di neo-cacciatrici.
“A proposito di apocalissi, fatemi capire.” disse Buffy d’un tratto “Giles e un misterioso uomo di nome Vincent Claidfort ci aspettano a Los Angeles per sottoporsi un caso di estrema importanza. Speriamo che almeno quest’ultimo sia un po’ meno noioso del signor Giles…”
“Vana speranza: è un osservatore” la deluse Xander in partenza “Ma voi ragazze potete sempre sperare che almeno sia molto carino…”
“Consiglio approvato.” annuì Buffy “In fondo non si sa mai cosa aspettarsi da quelli del Consiglio…”
“Però… nessuno sa con esattezza perché ci abbiano chiamati?”
“Temo di no” rispose Willow con un’alzata di spalle cambiando subito dopo argomento.
Down si strinse le braccia al petto, sprofondando un poco nella poltrona. Guardò fuori dal finestrino e il suo sguardo si perse tra le nuvole bianche che sfrecciavano veloci nell’aria circostante. I ragazzi continuavano a parlare e a ridere, ogni tanto. Sembravano ritornati quelli dei vecchi tempi… Ma lei, tutto quello che succedeva non poteva più ignorarlo.
Le avrebbe detto tutto. Una volta parlato con Giles.
Sì, le avrebbe detto tutto. Almeno di quello era sicura.
Willow sicuramente, avrebbe capito.

******

Nyons, Francia, 17 maggio

“Ehi! É ora di svegliarsi!” gridò la proprietaria, bussando insistentemente alla porta.

Spike richiuse gli occhi infastidito.

“Sono le nove di sera, se ha intenzione di rimanere qui un’altra notte fanno 75 euro!”

E un’altra raffica di pugni sul legno robusto.

‘Se quella megera si comporta così con tutti i suoi clienti, non oso immaginare quante volte l’avrà fatta rimettere a posto quella porta…’ pensò il vampiro alzandosi e andando ad aprire.
La donna lo aspettava sulla soglia con i pugni appoggiati sui fianchi e un’aria truce sul volto. I capelli, troppo lunghi e scarmigliati, le uscivano dalla retina con cui teneva a posto i mille bigodini che aveva sulla testa e il trucco, troppo pesante e sfatto, la faceva assomigliare più ad una di quelle caricature che vendevano gli artisti sulla Senna che ad una vera rappresentante del gentil sesso.
“L’avevo avvertita che di quelli come lei io non mi fido! Voglio i miei soldi. E li voglio adesso!”
“Si calmi…”
“Mi calmerò quando avrò le sue banconote sul palmo della mia mano.
E non creda di imbrogliarmi sa: non sono nata ieri!”
Beh, di gentile, proprio non aveva un bel niente… pensò.
“Ecco…” sospirò il vampiro tendendole una mazzetta di banconote “dovrebbero essere sufficienti per un altro paio di notti. E adesso mi lasci in pace, ok?”
“Ok. Come vuole!” esclamò lei scocciata, per poi voltarsi e mettersi a scendere le scale traballando vistosamente sugli zoccoli altissimi.
Spike alzò gli occhi al cielo. Ci mancava giusto un’affittuaria isterica e per di più tirchia come Anya per completare il quadro delle sue conoscenze!
Ma chi gliel’aveva fatto fare di fermarsi proprio in quella pensione per ripararsi dal sole durante il suo lungo viaggio verso l’Italia?

“Mamma Agata è sempre molto diffidente con chi non conosce. Ma devi avere pazienza: non è semplice mandare avanti una pensione di questo tipo da soli…”





Il vampiro si voltò stupito verso la ragazza, apparsa sulla soglia della camera di fronte alla sua come una fantasma. Gli occhi castani e i capelli ramati assumevano sfumature dorate al crepitare del camino.
“E tu chi saresti?” chiese
La giovane scoppiò a ridere.
“Evidentemente tu non mi conosci!” esclamò, come se la cosa la divertisse molto, e allungò una mano verso il vampiro che la guardò stupito “Piacere, io sono Christal"
"Immagino di non doverti dire chi sono io invece…" Christal sorrise di nuovo, poi gli indicò una botola e una lunga scala che doveva probabilmente condurre in soffitta.
"Vieni con me" disse, e detto questo, cominciò a salire le scale facendo in modo che la gonna bianca e svolazzante si alzasse un attimo davanti al volto del vampiro, lasciando intravedere le gambe ben fatte e il pizzo delle mutandine.

“Allora…” cominciò il vampiro non appena fu entrato nella stanza della ragazza “tu chi saresti?”
“Te l’ho già detto, mi chiamo Christal”
“Ah, già, Christal… che bell’appartamento che hai, Christal… un vero tocco di classe” disse ironico, additando la stanzetta poco illuminata e le carte dei tarocchi sparsi un po’ ovunque.
“In effetti è un po’ spartana, ma mi sembra sia abbastanza confortevole no?”
Numerose piccole candele illuminavano la stanza e strane stoffe multicolori erano drappeggiate un po’ ovunque, cadendo morbide dai pochi mobili fino al pavimento di legno scuro. Un tavolino, tondo e basso, regnava sovrano al centro della stanza.
La ragazza si avvicinò a quest’ultimo, incominciando a raccogliere i tarocchi.
“William” lo richiamò Christal alzandosi dal mobiletto nel quale aveva riposto le carte e fissando il vampiro negli occhi. Il biondo si avvicinò.
“Hai delle iridi davvero incredibili, William. Te l’ha mai detto nessuno? Scommetto che più di una ragazza ne è rimasta abbagliata e si è persa cercando di carpirne le profondità…”
Spike non poteva rimanere più stupito da quel commento, così inaspettato da una come lei.
“In effetti…” rispose, ricordando una certa cacciatrice bionda che aveva trovato il tempo di sussurrarglielo qualche volta, durante i loro incontri. Ma a pensarci bene non era nemmeno sicuro che fosse davvero lei e non qualche strana allucinazione inviatagli dal Primo, giusto per fargli qualche ambiguo dispetto...
“A dire la verità, almeno un paio” disse, riferendosi ai suoi più antichi trofei “e tu? niente capacità nascoste?” chiese, mentre la osservava versare del liquore ambrato in un lucente bicchiere di cristallo
Christal alzò le spalle con noncuranza.
“Mmh… solo un po’ di spirito d’osservazione e un gran mal di testa una volta ogni tanto. Whisky?” chiese, porgendogli il bicchiere colmo quasi fino all’orlo. Spike si fermò a guardarlo non sapendo bene se accettarlo o meno.
Poi, con un sorriso sarcastico sul volto si lasciò sfuggire
"Che cosa dovrei aspettarmi da te Christal? Come posso fidarmi di te se non mi dici nemmeno chi sei veramente?"
La ragazza lo squadrò sorridendo.
“Non sono stata l’unica a non aver vuotato il sacco William” disse lei, posando di nuovo il bicchiere sul tavolino e aprendo invece uno scomparto segreto dietro a quello dove teneva il liquore
“Hai sete… Spike?” chiese porgendogli una brocca colma fino all’orlo di “Sangue! Accidenti cacciatrice, non ti fai mancare proprio niente!” esclamò il vampiro sorpreso.
Christal intinse un dito nella brocca, leccandolo via velocemente con una faccia schifata e porgendogli il contenitore.
“Come puoi vedere dalle mie labbra ha un sapore orrendo ma non è avvelenato. E adesso mangia. Si vede lontano un miglio che ne hai un gran bisogno!” Spike afferrò la brocca aspirando l’intenso aroma del liquido ferroso e se lo portò alle labbra.
Per un attimo, solo per un attimo, il vampiro che da tempo era sopito dentro di lui tornò a riemergere prepotentemente. Spike non si accorse nemmeno di quello che gli stava succedendo. Sotto gli occhi di Christal, il volto del vampiro mutò quasi invisibilmente, tanto da farle chiedere se l’altro fosse mai esistito davvero. Lo sguardo esterrefatto della ragazza e il suono indescrivibile della sua giugulare che pulsava forte per la paura lo stordirono per un secondo, quel tanto che gli bastava per rendersi conto che qualcosa non andava e che le sue dita, strette intorno alla brocca di cristallo, erano sul punto di frantumarla.
Inspirò lentamente, chiudendo gli occhi e concentrandosi.
Dopo un tempo che gli sembrò infinito riuscì a sentire i canini ritrarsi e il suo volto ritornare normale.
“Perché lo fai?” chiese, cercando di non dar peso a quanto era accaduto. Non gli era mai successo di perdere il controllo così improvvisamente. Forse quando era sotto l’influenza del Primo… ma no. Anche lì le perdite di controllo erano precedute da vertigini e da un sacco di altri sintomi… ma allora… cosa diavolo gli stava succedendo adesso?!
“Sai quanto posso essere pericoloso, anche per una come te?” chiese. La sua fama di uccisore di cacciatrici doveva essere giunta anche in Francia, non era possibile che non lo conoscesse. Christal alzò le spalle annoiata “Uccidere i vampiri non è più emozionante che farsi la ceretta sulle gambe.” spiegò “Devi correre, sudare, stancarti, combattere e alla fine magari ci rimetti anche la pelle. Sarò anche all’antica, ma a me piace condurre una vita tranquilla, ai margini della periferia cittadina, giocando con il mio micio di casa e svolgendo qualche lavoretto giusto per tirare a campare. In fondo, ci sono molte altre ragazze che possono farlo al posto mio no?”
“Ma… e il tuo destino?”
“Mettiamola così” tagliò corto la ragazza girandosi di spalle e raggiungendo un divanetto ricoperto da una stoffa bordeaux “se fossi stata l’unica, allora mi sarebbe premuto un po’ di più di fare il mio dovere. Fortunatamente non è così. E adesso mangia!” esclamò sedendosi con le gambe accavallate e versandosi un bicchierino di Scotch. “Non mi piace parlare con gente costretta a stare a stomaco vuoto…”

******

Los Angeles, 17 maggio

“Bene!” esclamò la ragazzina indicando la porta di legno scurissimo “l’indirizzo dovrebbe essere quello giusto no?”
“A occhio e croce…” annuì Willow squadrando poco convinta la targhetta di metallo mezzo staccata fuori dalla porta che recava la scritta “Rupert Giles. Benvenuti!”
“Beh…” fece Buffy avvicinandosi “è un po’ in disuso, ma è sempre la casa del nostro vecchio amico osservatore. Non è così ragazzi?” Un mugolio di approvazione le fece comprendere quanto poco fossero convinti della sua ultima affermazione.
“Ok… allora non c’è che un modo per scoprirlo…” disse. Ma mentre si voltava, il pugno già alzato diretto in direzione della porta, uno strano individuo vestito in jeans chiari e camicia nera comparve sulla soglia bloccandole la mano a mezz’aria.
La pelle abbronzata, la camicia bianca aperta sul torace, la capigliatura scarmigliata e lo sguardo provocante, lasciarono la cacciatrice senza parole. Intenta a chiedersi se davvero la persona che le si trovava davanti fosse un amico di Giles.
“Posso esservi utile?” chiese lui, squadrando nel mentre le tre ragazze in piedi di fronte alla porta, con un sorriso disarmante. Buffy era diventata praticamente un pezzo di ghiaccio e Down fissava con imbarazzo Xander del tutto disorientato.
“Noi… ecco…” balbettò Willow intrecciando le dita con i laccetti del maglione fino a non saper più distinguere il medio dal pollice “Forse abbiamo soltanto sbagliato indirizzo… sa com’è… con tutte queste vie… così… sconosciute…” “Ah-ah…”
Il giovane uomo si tolse gli occhiali da sole dalla fronte volto e si mise a sfregarli energicamente con un angolo della camicia, per poi puntandoli distrattamente contro la luce del sole.
“Voi cercate la casa del signor Giles, dico bene? Allora tu devi essere Buffy Summers… e tu…” disse, spostando lo sguardo sugli altri ragazzi, senza aspettarsi una vera risposta “tu devi essere Willow, la maga del computer… e Xander, la bella Down...” “E i nostri bagagli provenienti direttamente da tutte le parti d’Italia! Adesso potrebbe portarci da Giles per cortesia?!” esclamò Buffy con tono secco, quasi si trovasse davanti ad un demone schifoso da eliminare seduta stante.
L’uomo si spostò immediatamente e tese una mano in direzione dell’ingresso, invitandoli ad entrare. Aveva un aspetto decisamente troppo… giovane per essere un osservatore. E i capelli erano troppo lunghi, scomposti.
“Il signor Giles vi attende nel suo studio. Cominceremo la riunione non appena vi sarete cambiati, sistemati e riposati. Nelle vostre rispettive stanze troverete tutto quello che può esservi utile per il soggiorno e… fantastico vestito Down, dico sul serio…”
“Lei!” esclamò Buffy visibilmente sulla difensiva, puntando l’indice teso a due centimetri dal volto del giovane. Nemmeno il comportamento era di quelli che si studiavano ad Oxford, pensò. Anche se non era mai stata da quelle parti ne era più che certa!
“Non si azzardi nemmeno a guardare di nuovo mia sorella in quel modo, ha capito bene?”
Il giovane non degnò di uno sguardo l’unghia laccata della cacciatrice che gli sfiorava il naso perfettamente dritto e continuò a parlare. Con un tono che a Buffy diede, se possibile, ancora di più sui nervi.
“Sono felice di vedere che non ti sei per nulla arrugginita cacciatrice” le disse, porgendole intanto l’altra mano in segno di benvenuto
“A proposito, io sono Vincent Claidfort”.



N.d.A. Allora, che ne pensate???

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Capitolo 6
*** changes ***


EPISODIO 6


Ed eccoci qui con un nuovo pezzettino della storia... ringrazio chiunque abbia letto i capitoli precedenti e ringrazio ancora di più chi ha trovato il tempo per lasciarmi un commentino. Positivi o negativi, fa sempre piacere leggerli!! Grazie a tutti quindi e ora, bando alle ciance, si comincia!


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*****


Nyons, Francia, 18 maggio 2004

“Allora…” cominciò lei non appena il vampiro ebbe appoggiato il bicchiere sul tavolo, rifiutando tacitamente di nutrirsi. “Spiegami cosa diavolo ci fa William il Sanguinario in una pensione del sud della Francia, a parlare con una cacciatrice visionaria senza alcuna predisposizione per compiere il proprio dovere?”
Spike la guardò sorridendo
“Una cacciatrice visionaria?” ripeté “questa dovevo ancora sentirla!”
“Ne hai tante da sentire se è per questo. In ogni caso, cos’è che ti porta qui?”
“La stessa cosa che ha portato te a farmi salire nella tua soffitta immagino…”
“Sesso selvaggio?” scherzò lei sorridendo
“Risposte” la riprese lui seriamente, guardandola dritta negli occhi. E Christal poté vedere chiaramente le iridi del vampiro diventare scure e profonde, quasi… irriconoscibili.
“Peccato” fece lei ironica con un’alzata di spalle “Cos’è che vuoi sapere?”
Spike si sistemò meglio nel comodo divanetto imbottito, spiegazzando lo schienale ricoperto da una larga stoffa color smeraldo. Decisamente orribile.

“Cominciamo da te … Christal, questo non è il tuo vero nome immagino”

“Infatti non lo è” rispose lei con semplicità “mi chiamo Marta.”

“Marta?!” ripetè Spike rizzandosi improvvisamente sulla poltrona. Marta era il nome di quella ragazza che avrebbe dovuto… “Scusami… stavi dicendo?”

La ragazza sorrise leggermente.

“I miei genitori erano polacchi. Sono immigrati prima in Italia, poi in Austria, ed infine sono arrivati in Francia quando ero ancora una bambina. Ho cambiato nome così tante volte da non ricordarmi nemmeno più quanti ne ho usati. E poi sono diventata Christal, quando ho incominciato ad entrare in affari insieme a Mama Agata, ricevendo i suoi clienti in questa stessa stanza dove ci troviamo adesso… anche ora lo faccio. Ma solo se la merce vale lo sforzo”
Spike la guardò stupito. Il tono in cui ne parlava. Il suo sguardo mentre gli raccontava. La leggerezza con cui lo ammetteva. Quello che Marta gli stava dicendo non aveva alcun senso! Oppure, da un certo punto di vista ne aveva persino troppo. La camera ricavata in un posto appartato, la luce fioca a qualsiasi ora della giornata, le movenze sapientemente studiate della ragazza… persino le catene che pendevano da una delle pareti, adesso, assumevano tutto un altro significato… “Sei una prostituta?” chiese Spike in un sussurro, temendo che le desse fastidio sentire pronunciare a voce alta il nome di quella professione, tanto antica come il mondo, che evidentemente praticava “cioè, non che io abbia niente contro le prostitute… ma…” Fortunatamente Christal non sembrava per niente turbata dall'impressione che il vampiro poteva avere sul suo conto. “Lo sono da quando avevo 14 anni” continuò lei alzando le spalle con noncuranza “I miei genitori non avevano un soldo, e sono stati costretti ad abbandonarmi qui. Credevano che in fondo fosse la cosa migliore per una come me. Devo dire che i primi tempi me la sono anche spassata abbastanza… Mama Agata è molto selettiva sul genere di persone che ammette all’interno della sua pensione e con me… diciamo che ha sempre avuto un occhio di riguardo.”
“L’ho notato…” sospirò il vampiro lanciando un’occhiata alla porta
“Ti ha fatto entrare unicamente perché gliel’ho chiesto io” spiegò Marta protendendosi in avanti “E adesso, veniamo alle cose serie…”
“Il massacro di Los Angeles…” sospirò il vampiro
“Esatto” annuì la cacciatrice
“Cosa vi eravate messi intesta, di annientare il male nel mondo?!" Spike sospirò. Il piano di Angel era folle fin dal principio, ma lui credeva che non avrebbe avuto tutte quelle conseguenze. Sopravvivere, non era nei piani.
"Ad ogni modo, non c'è maniera per annullare quello che avete fatto e qui viene la parte divertente." "La… parte divertente?" ripetè Spike alzando un sopracciglio.
“Non vuoi sapere perché stai cambiando così tanto Spike?!”
“Io non sto cambiando” sussurrò, ma nemmeno lui ci credeva veramente. “Dopo la battaglia, a Los Angeles, tutto è cambiato, ma non c’entro io.”
“Menti.”
Il tono della ragazzina era calmo e misurato ora. Christal lo guardava, fisso negli occhi, attenta ad ogni sua più piccola reazione. E quando parlò, Spike seppe con certezza di essere stato definitivamente messo all’angolo.
“Io so perché non sei corso da Buffy, dopo la battaglia contro i Senior Patners” continuò la ragazzina, sempre con apparente calma “So perché hai lasciato andare Angel a Roma. So perché hai detto ad Andrew di non contattarla e so anche perché, dopo quella volta in cui l’hai vista ballare con l’Immortale, non sei più andato da lei. Anche solo per gridarle in faccia quanto si stesse sbagliando.”
“Volevo lasciarla libera di rifarsi una vita” rispose Spike
“Ma a chi vuoi darla a bere?" scoppiò a ridere Marta "Tu non sei come Angel! Il vecchio Spike non si sarebbe arreso. Il vecchio Spike sarebbe corso da lei e l’avrebbe convinta, a costo di impiegarci tutta la sua non-vita, che quella non era la cosa giusta da fare. Che lei era ancora la Cacciatrice e che l’amore che provava per lei contava più di qualunque cosa avesse avuto ora. Ma tu invece hai deciso di mandare da lei Angel. Di accettare semplicemente che un altro prendesse il tuo posto nella sua vita e di venire qui, in Francia, in cerca di una certa Marta di cui nemmeno conoscevi il volto, per avere… risposte.
La mia domanda è: perché?”
“Perché il vecchio Spike è morto” rispose con calma il vampiro, infilando le mani nello spolverino di pelle nera in modo che non si vedessero le sue dita tremare, nonostante avesse stretto i pugni “Riposa in pace sei piedi sotto terra da quando ha sentito squillare quei 66 maledetti tromboni e ha capito che Buffy sarebbe stata meglio con uno qualsiasi, piuttosto che con lui.”
“E così facendo, il nuovo Spike l’ha lasciata di nuovo sola con sé stessa. Per amore? Oppure per paura?" "E di cosa avrei dovuto avere paura?" chiese lui. Marta si protrasse in avanti "Che Buffy scoprisse a sua spese che del nuovo Spike non si poteva fidare. Che era cambiato. E che poteva ucciderla, veramente questa volta, e senza che nessuna forza soprannaturale o umana glielo impedisse” “Smettila!” gridò allora Spike, afferrandola per la gola e sbattendola violentemente contro il muro. Fermandosi di colpo. E gridando “Smettila di dire cazzate!”
Ma Christal non si fermava. Anche se il respiro le mancava e sentiva il demone del vampiro urlare contro di lei perché lui la uccidesse, semplicemente continuava “Io credo che sia questo ciò di cui hai paura, dico bene Spike? È questo che ti ha spinto ad andare fino in Francia, è questo quello che gli impedisce di mangiare, anche con una cacciatrice davanti, è questo quello che ti terrorizza a tal punto da spingerti lontano dalla donna che ami per la paura di non poterti più fidare, nemmeno di te stesso. Di non poterti… controllare.”
Il vampiro rimase per un attimo interdetto. Poi, con un movimento brusco e istantaneo, afferrò più forte la ragazzina per il collo e la sbattè con violenza sul divano.
“Come lo sai?” gridò “Come lo sai?!”
“Credi che io sia l’unica ad essersene accorta, Spike?” gridò a sua volta Christal, rialzandosi a fatica “Credi che sia passata inosservata una cosa del genere, per esempio.. ad Angel? Non è la prima volta che succede, o sbaglio? Il demone dentro di te grida e tu non sai nemmeno come fermarlo. Sei ancora abbastanza forte ma non sai per quanto tempo potrai resistere e temi... temi che ritornando dalle persone che ami tutto andrà sempre peggio…e sai che ti dico? Hai anche ragione!”
“Basta!”
Il volto del vampiro si avvicinò alla sua giugulare, furente. La maschera della caccia balenò per un istante e Christal sfiorò con le dita della mano destra la scheggia di legno appuntita che teneva nella manica. Un paletto di fortuna. Nel caso che la metamorfosi avvenisse, definitivamente stavolta. Fino a quando non furono nuovamente l’uno di fronte all’altra. In piedi. Sguardo nello sguardo.

Cacciatrice contro vampiro.

Christal e Spike.

Spike…

che l’aveva lasciata andare.

Ma che ora faticava a stare in piedi sotto il peso di tutto ciò che si erano detti.

Tremava, Spike.

Sapeva che lei avrebbe potuto ucciderlo, che il demone sarebbe riemerso, che si era fermato giusto un secondo prima e che la prossima volta poteva andare diversamente.

Eppure era riuscito a controllarsi.

E Christal ne rimase stupita.

Mai si sarebbe aspettata una reazione del genere da un pluriomicida come Spike.
Improvvisamente, le balenò nella mente tutto ciò che le avevano detto su di lui.
William il Sanguinario…
Le sue stragi…
I suoi giochi…
Il suoi segreti…
I potenti l’avevano contattata, due anni prima, e le avevano parlato di lui.
Le avevano mostrato ciò aveva fatto… le avevano fatto provare quello che le sue vittime avevano provato… le avevano fatto credere che non fosse un essere degno di esistere.
E alla fine, le avevano fatto giurare di polverizzarlo.
Ed ora… ora che ce l’aveva davanti… ora… beh… ora non era più sicura che quella fosse la cosa giusta da fare…
Che le avessero mentito?
Che per una qualche oscura ragione le avessero tenuta nascosta... la verità?
Contro ogni logica, quel vampiro invece di distruggerla voleva sapere...
E come poteva lei, ora, giudicarlo?
“Non ti farò niente. Non mi devi temere.” sussurrò il vampiro, rimanendo immobile.
“Non avrei dovuto…”
Immediatamente la ragazzina ripose la scheggia di legno nella stoffa della manica… e la decisione fu presa in un istante…
“Posso darti quello che cerchi” disse, a bassa voce “Ma dobbiamo fare presto…”
“Dimmi solo che cosa devo fare.”
Marta sorrise un istante, poi indicò con un dito una poltrona dall’aria comoda in un angolo, sussurrando piano.
“Anche se fosse sederti e aspettare?”

Spike la fissò ancora per un lungo istante.

Poi, appoggiando le mani sui braccioli della poltrona.

Si sedette.

E aspettò.

******

Los Angeles, 18 maggio

Il rituale dei saluti era stato più lungo del previsto. Giles si era ripromesso di mantenere freddi i contatti, di non prorompere in effusioni, di non abbracciarli neppure… Ma come al solito, aveva mandato tutto a quel paese non appena li aveva visti oltrepassare la soglia. Ed ora se ne stavano lì, seduti attorno al suo tavolo, come tante altre volte avevano fatto prima nella vecchia biblioteca e poi nel suo piccolo appartamento di Sunnydale.
Un moto di malinconia lo pervase mentre si rendeva conto di quante cose fossero cambiate in tutti quegli anni. Di quante apocalissi avessero sventato e di quante battaglie avessero combattuto…
“Bene. Allora ci siamo tutti…” esclamò il signor Giles alzandosi in piedi e allungando una mano in direzione dell’altro osservatore. Attorno al tavolo rettangolare i suoi ragazzi lo guardavano con un certo interesse nello sguardo. Xander alzò persino la mano in cenno di saluto verso il nuovo membro del gruppo, seduto in un angolo della stanza.
Sorrise compiaciuto. Del resto i suoi ragazzi non si lasciavano impressionare neppure dalle apocalissi, figuriamoci se potevano avere soggezione di un insignificante osservatore relativamente ligio ai suoi doveri.
“Questo è Vincent Claidfort” disse, indicando il giovane seduto all’altro capo del tavolo “malgrado dimostri solo una ventina d’anni è uno dei più autorevoli personaggi dell’ex-consiglio degli osservatori. Ed è un vecchio amico, nonché un caro collega quindi, vi prego di trattarlo con tutto il rispetto che merita” “Ehi, Giles!” lo interruppe Vincent con il solito sorriso strafottente sulle labbra “Così mi fai sembrare più noioso di quello che sono!" esclamò con un sorriso. Buffy invece lo gelò con lo sguardo “E così lei sarebbe il famoso Vincent Claidfort?” sospirò Xander, portandosi le mani intrecciate davanti alla bocca in una posa da attore consumato “Beh… se lo lasci dire signor Giles: avevo ormai abbandonato la speranza di trovare all’interno del consiglio gente che sapesse vestire senza un completo di puro twed marrone o fumé. Benvenuto nella massa della terribile gioventù americana!” disse ironico, tendendo una mano verso il ragazzo con un sorriso di sincera approvazione sul volto. Vincent gli sorrise compiaciuto.
“Sono contento di aver colpito positivamente il vostro amico” disse “ma temo che ben presto tutti voi comincerete ad odiarmi ferocemente, rimpiangendo di non avermi mai incontrato…” “Per me non c’è problema!” esclamò Buffy, ma Vincent fece finta di non averla sentita. “Perché dovremmo odiarla, scusi?” chiese Down, sporgendosi leggermente sul tavolo. Vincent si tolse gli occhiali, rimirandoli alla luce della lampada, e poi rispose
“Non si può non odiare chi arriva nella tua vita per cambiartela… di nuovo”
Si sedette. Gli sguardi di tutti erano puntati su di lui.
Vincent aveva da sempre avuto il dono innato di catturare gli sguardi dei suoi studenti, ricordò Giles. Ripensando con nostalgia a quanto, dopo le noiosissime lezioni di latino e demonografia, le ore di babilonese fossero attese con trepidazione da tutta la classe. Ovviamente all’interno del consiglio il suo insegnante non girava in camicia sbottonata e pantaloni sportivi, ma a quanto pareva, sia di carattere che di aspetto, il suo vecchio docente non era cambiato di una virgola. Riuscendo a catalizzare in poche semplici frasi l’attenzione dei quattro ragazzi seduti attorno al tavolo della cucina. Persino quello apertamente ostile della cacciatrice.
“Come vi ho già detto, probabilmente tra qualche minuto tutti voi spererete che non vi abbia mai convocato qui e che non vi abbia mai detto quello che sto per dire. Credo però che un gruppo di giovani perspicaci come voi abbia già intuito quello a cui stiamo andando incontro, e non mi sembra il caso di continuare a nascondere la verità con la stessa ostinatezza di chi cerca di dimostrare che 2+2 non fa 4… A Los Angeles c’è stata battaglia.” affermò infine come se fosse una cosa senza troppa importanza. Buffy lo guadò esterrefatta “Battaglia?!” “Esatto. Battaglia” ribadì l’uomo con un deciso cenno del capo “il massacro” annuì Down “se ne parla dappertutto, persino da noi. C’è chi dice che si tratti di un attentato terroristico, chi di una semplice fuga di gas…” “Ma.. ovviamente non è così...” dedusse Willow, ricordando improvvisamente la passata discussione con Xander sulla sicurezza del pianeta.
Vincent annuì rivolgendo lo sguardo a Buffy.
“Non starò qui a farla tanto lunga. Per dirla in due parole Angel ha guidato i suoi in una battaglia suicida contro i Senior Partners, le entità maligne più potenti che si conoscano. Per qualche strano motivo tutta la squadra, e quando dico tutta intendo tutta" disse, guardando ancora più intensamente Buffy "ha accettato di unirsi a lui nella lotta. Non c’è bisogno che vi dica come sono andate le cose. Il problema che mi preme che sappiate è un altro. A causa dell’attivazione di tutte le potenziali cacciatrici, durante la battaglia contro il Primo e in seguito alla sconfitta di quest’ultimo, Bene e Male si sono trovati in netto squilibrio” “Bene e Male?” chiese Xander preoccupato. Non era mai andato troppo d’accordo con i concetti teorici da osservatore, ma fino a lì ci arrivava. E non era rassicurante. “Sì Xander. Le due forze regolatrici dell’universo. Puoi chiamarle anche luce e oscurità, bianco e nero, Ying e Yang se vuoi. Ma la sostanza non cambia. Affinché il mondo continui ad esistere queste due forze devono rimanere in equilibrio. E ogni nuova cacciatrice attivata viene compensata da nuovi demoni sempre più potenti mandati sulla terra. La sconfitta di Angel, la morte dei suoi, è servita solo per riequilibrare l’universo”
Morte? Buffy si sentì improvvisamente mancare. Le parole successive di Vincent diventarono improvvisamente lontane e confuse, come se si trovassero imprigionate in una bolla di sapone, e la stanza cominciò piano piano a girare....
Morte… chi? Le persone? Gli amici di Angel? I suoi dipendenti? Cordelia… di chi stava parlando esattamente? E perché?
Vincent continuava ad emettere suoni come un automa, raccontando fatti e cose di cui a lei, adesso, non importava più nulla. Il ricordo di un sogno con una testa platinata che si perdeva tra la folla era l’unica immagine coerente che si dipingeva davanti ai suoi occhi. Ma non poteva essere… Si passò le dita sulle tempie con un piccolo movimento circolare.
“Buffy, tutto bene?” la voce del signor Giles le sembrava sinceramente preoccupata. Doveva dire qualcosa. Qualunque cosa per far capire agli altri che era tranquilla, che andava tutto bene. Per non fargli nemmeno intuire il suo più grande terrore.
“Va… va tutto bene ragazzi. Dico sul serio.” Si affrettò a dire quindi, riaprendo di scatto gli occhi. Ovviamente andava talmente bene che faceva addirittura fatica a respirare… Vincent la guardava turbato e per un attimo Buffy si perse nei suoi occhi. Viola, intensi, profondi. Buffy si sentì come se le stessero leggendo la mente e l’anima. Non era una bella sensazione. Era come trovarsi nuda di fronte ad un pubblico che la squadrava e la giudicava.
Si ritrasse da quegli occhi come se si fosse scottata e Vincent riabbassò il capo, serio.
“Non abbiamo notizie recenti della situazione attuale" continuò quindi, come se non fosse successo nulla "Giles ha cercato di contattare per noi Angel, ma per il momento non ci sono stati risultati apprezzabili. Se le mie previsioni sono esatte, penso che non ne sapremo comunque niente prima di un paio d’ore, quando il sole tramonterà. Nel frattempo vi consiglio di riposarvi…”
“Fantastico!” sbottò Buffy “E questo cosa c’entra con noi?”
Rupert scosse la testa abbassando gli occhi verso il pavimento. Il momento della verità era arrivato. Ora c’era soltanto da sperare che lei non si tirasse indietro… e poi pregare che, qualunque cosa succedesse, tutto andasse nel migliore dei modi…
"Sarete stanchi, è meglio se vi riposate" cercò di nicchiare Giles
"Non provi nemmeno a tenerci segreto il motivo per cui ci ha chiamato qui, non siamo degli idioti" esclamò Buffy, con un po' troppa freddezza anche per lei "Ho bisogno di sapere che cosa sta per accadere, e ho bisogno di saperlo subito".
Vincent guardò Giles e annuì.
"Forze antichissime sono state chiamate in gioco per riportare la situazione ad un momentaneo equilibrio” spiegò l’osservatore con calma “Forze al di sopra del bene e del male, forze a cui nessuno può opporsi o sfuggire. I Senior Partners non sono stati distrutti, solo fermati. Attaccheranno ancora. Qui. E noi non potremo fermarli perché semplicemente non potranno essere fermati fino a che la bilancia non sarà di nuovo in equilibrio." disse "La nostra unica possibilità è di disfare l’incantesimo, ripristinando l'antica regola… e per farlo abbiamo bisogno di voi.”

Un silenzio pesante cadde nella stanza, rotto soltanto dal continuo ed improvvisamente intenso ticchettio dell’orologio di Xander.

“Mi state chiedendo… di essere di nuovo l’Unica?” chiese d’un tratto Buffy, dopo un tempo che agli altri parve interminabile. Giles scosse la testa annuendo.
“Bene.” disse Buffy alzando le spalle “Che cosa stiamo aspettando?”
Tutti i presenti si voltarono verso si lei sgranando gli occhi.
“B-Buffy…” balbettò Willow terrea in volto “Hai… hai capito bene di cosa stanno parlando?”
“Sì” rispose Buffy con semplicità, lasciandoli nuovamente tutti senza fiato “Mi state chiedendo di essere di nuovo l’unica, la sola, la prescelta. Ho capito." disse "E non credo che sia giusto, ma credo anche di non avere scelta." chiese, rivolta a Giles. L'osservatore abbassò la testa e Buffy annuì. “Fate quello che dovete per riattivarmi. Io penserò al resto.”
“Willow, Down, Xander" disse poi guardando i suoi amici come prima della battaglia di Sunnydale "Non mi aspetto che siate con me, ma io devo compiere di nuovo il mio dovere. Fino in fondo. Non importa a quale prezzo. Evidentemente non era destino che conducessi una vita normale come le altre ragazze della mia età… ma quello che ho fatto… quello che sono… io lo devo soprattutto a voi. E non posso permettere ad una manciata di demoni rompiscatole di venire a distruggere quello che abbiamo creato! Quindi io combatterò. Ancora una volta. E voglia il cielo che sia l’ultima. E vi restituirò il vostro mondo normale, fosse l’ultima cosa che faccio!”

Gli sguardi di Down e di Xander erano fissi sul profilo abbronzato di Buffy, mentre Willow si rigirava una penna tra le dita senza nemmeno pensare a cosa stesse facendo. Giles era fermo a capo chino da qualche minuto ormai, con la sola idea fissa nella mente che lui ci sarebbe stato. Sempre e comunque. Anche se gli altri avessero deciso, comprensibilmente, di rinunciare.
Buffy aveva accettato. Solo questo importava.

“Al diavolo!” esclamò d’un tratto Xander alzandosi in piedi e mettendo la sua mano sul tavolo, invitando gli altri a fare lo stesso. Con calma, vide la mano di Willow allungarsi tremante verso le sue dita. Subito seguita di quella di Down e dei due osservatori in missione.
“Siamo una squadra, no?”
“La migliore!” rispose Buffy con gli occhi che le brillavano di lacrime e commozione. Un attimo prima che le sue parole si perdessero nell'abbraccio liberatorio di tutti i presenti.

*****

Nyons, Francia

Sangue.

E ossa.

E dolore. E paura.

Spike si agitò nel sonno.

Convulsamente.

Prima di spalancare la bocca e tentare di urlare.

Ma per quanto ci provasse, per quanto si sforzasse, non un lamento uscì dalle sue labbra.

Non un singolo suono.

Ombra.

E luce.

Una luce accecante.

Una luce intensa che gli feriva gli occhi e gli esplodeva nel cervello.

E parole.

In una lingua che non conosceva… o che non riusciva a riconoscere…

E un panno, ruvido, premuto con forza contro la sua faccia.
L’odore acre del sangue, l’unica cosa che stava pian piano prendendo consistenza nella sua mente.
E un ammasso di polvere e stoffa, color della paglia.

E una mano.

Che glielo teneva con determinazione schiacciato sul volto.
Privandolo dell’aria.
Rendendolo incapace ancora per un po’ di riprendersi.

E ancora quelle parole…

vonerie… vanerie… vamperie…

vampir! Vampire!


Ecco cosa stavano dicendo.
vampire: vampiro. Francesi. E parlavano di lui…

Christal!

Dannazione, cosa diavolo mi sta succedendo?

Spike si contorse, muovendo a stento le braccia, graffiando la parete con le mani.
Rendendosi conto, infine, di avere i polsi bloccati sopra la testa con delle catene, le stesse che gli bloccavano anche le caviglie e il collo.

Se solo fosse riuscito a vedere dove si trovava …

“Cacciatrice, dannazione!” urlò.

Avrebbe dovuto immaginarselo…

Nessun osservatore, nessuna precauzione, c’era scritto TRAPPOLA grosso così di fronte ai suoi occhi per tutto il tempo! Tanti discorsi e poi… sbam. Eccolo là! Incatenato al muro. Inerme. In balia soltanto della volontà di una ragazzina armata non solo dell’odio verso la sua razza, ma anche di una forza sovrumana e di un mucchio di armi appuntite, naturalmente.
Lo teneva incatenato, sì… lo teneva prigioniero… Ma fino a quando?
Fino al momento in cui qualcuno non gli avesse piantato un bel paletto nel cuore, era ovvio.
Il problema era che lui, ora, non poteva morire. Non adesso!

"Maledizione!" imprecò ancora, cercando di liberarsi "Avevi detto che potevi darmi quello che cercavo!"

Una mano premette improvvisamente con forza contro il suo torace, incrinandogli un paio di costole. Il dolore, acuto e insopportabile, gli fece quasi perdere i sensi mentre i polmoni si alzavano e si abbassavano aritmicamente, alla disperata ricerca di ossigeno e altre parole lo schernivano.

Poi, finalmente, il panno ruvido diminuì la sua stretta. E si allontanò pian piano dal suo volto, insieme alla mano.

William riaprì lentamente gli occhi, chiedendosi con un brivido perchè lo avessero lasciato ancora una volta in vita.
E fu allora che lo vide…


******

Los Angeles

Il rumore della grata risuonò amplificato nel vicolo. Il grido del vampiro raggiunto dal paletto si trasformò ben presto in una nuvola di polvere.
“Adesso apri bene le orecchie!” ringhiò Angel, posizionandosi con il volto della caccia a cinque centimetri scarsi dal volto dell’altro demone.
“Non ci crederai ma ho avuto una giornata abbastanza pesante, sono tre giorni buoni che non dormo, molti di più che non mangio, e ho solo poche ore per capire dove abita una certa cacciatrice bionda che mi hanno detto conosci abbastanza bene. Quindi, fa un favore ad entrambi: parla!”
“M-ma ma … ma io h-ho… ho promesso a Buffy c-che…”
“Non mi interessa cosa le hai promesso. PARLA!”
Clem respirò affannosamente, cercando di mantenere quel po’ di sangue freddo che ancora gli scorreva nelle vene. Le zanne aguzze del vampiro rilucevano terribili al debole chiarore della luna e, nonostante sapesse che, di norma, essi non uccidevano altri demoni soprattutto dopo il crollo della bocca dell’inferno, qualcosa gli diceva che per lui, quel vampiro, avrebbe volentieri fatto un’eccezione.
“Se ti dicessi dove si trova, né Willow, né Down, né Spike me lo perdonerebbero mai. E probabilmente mi ritroverei alle costole anche il signor Giles o Angel… e tu non lo conosci quello, sarebbe capace perfino di venire qui fin da L.A. pur di farmela pagare…”
“Oh, andiamo… lo conosco bene Angel, capirebbe…” disse con un sorrisetto di puro orgoglio il vampiro. Infondere terrore a qualcuno gli dava ancora quel briciolo di soddisfazione che gli ricordava quanto ancora ci fosse di bello nell'essere un vampiro.
“Ma cosa c’entra Angel? Io parlavo di Giles!” lo interruppe bruscamente Clem, mettendo KO tutta la sua ritrovata autostima. “Spike e Down mi hanno molto parlato di lui, sai. Sa invocare demoni da quando aveva quattordici anni, lavorava per il consiglio degli osservatori, ha fisse in casa sua almeno dieci o dodici cacciatrici pronte a fare tutto quello che lui ordina… e poi, detto fra noi, Angel è talmente preso a combattere il male che non si accorgerebbe nemmeno di un meteorite, se non gli cascasse sulla testa…” “Ehi!” esclamò Angel piccato “Ma se nemmeno due giorni fa ha dato origine ad una battaglia apocalittica per sconfiggere tutte le forze del Male presenti sulla terra?”
“E infatti si è visto come è andata a finire!” ribattè Clem. Ecco, un pugno nello stomaco avrebbe fatto sicuramente meno male. Abbassò la testa, come per chiedere scusa ed allentò la presa.
“Non fraintendermi…” riprese dopo un po’ Clem, estremamente più calmo “E’ solo che non voglio avere problemi, capisci? Soprattutto con le cacciatrici. Sono ossi duri quelle bambine... e dopo la battaglia dell’altro giorno beh… qualcosa si è risvegliato e loro, giustamente, sono molto come dire… nervosette, ecco tutto…” il demone continuò a parlare, ma Angel non lo stava più ascoltando. Lo lasciò andare, tenendosi solo vicino a lui in modo da impedirgli una qualsiasi via di fuga, e ripensò alle parole che aveva appena detto
“Qualcosa si è risvegliato…”
“Tu sai... che cos’è questa… cosa che ‘si è risvegliata’?” chiese infine, con una nota di urgenza nella voce.
Il demone rabbrividì, scotendo le lunghe orecchie carnose
“I-i… i-io non s-so niente. Domanda a qualcun altro!”
La mano di Angel fu più lesta di un fulmine, inchiodandolo nuovamente contro la parete, le zanne aguzze a due centimetri scarsi dalla faccia.
“Dimmi-che-cosa-sta-succedendo.” sussurrò, in un tono che fece tremare Clem, se possibile, ancora più forte.
“I-il… il Primigenio…” balbettò il demone con un filo di voce “il capostipite di tutti i demoni, l’indistruttibile…” “Il Primo?” chiese Angel temendo che la minaccia sventata l’anno prima stesse per ritornare sulla terra “No.” rispose tremando Clem “Lui era solo una sorta di tirapiedi, nemmeno corporeo. Il Primigenio lo aveva mandato sulla terra per ribaltare le sorti, ma lui ha fallito. I piatti della bilancia però non si sono riequilibrati. La W&H ha cercato di impedirlo l’anno scorso, ma adesso… dopo lo scontro… l’equilibrio è stato definitivamente rotto e lui si è preso qualcosa che non ha valore, qualcosa che può farlo tornare. Ti ho detto tutto quello che so, adesso lasciami andare!” lo supplicò il demone.
Angel lo squadrò ancora un’ultima volta.
"Dimmi che cos'è che ha preso e ti lascerò andare!"
Clem lo guardò un attimo, soppesando tutte le alternative. Poi, con un sospiro rassegnato sussurrò "L'anima del prescelto…"
Angel si allontanò immediatamente.
“Come le sai tutte queste cose?” chiese
Clem si fermò, appena due passi più in là nel vicolo. Non si voltò. E disse:
“Non voglio avere a che fare con lui. Sono solo un codardo... Ma un codardo deve essere ben informato per poter scappare nella direzione giusta. Spero che tu riesca a trovare Buffy. Io so soltanto che si trovava in Italia ma ora sta a casa di Giles, qui a Los Angeles, ma per il resto… beh, per il resto devi soltanto promettermi che non gli farai il mio nome quando lo vedrai. Il Primigenio intendo. Quello sta cercando tutti, sai… e sa… di tutti. E io non voglio finire due metri sotto terra solo perché sono stato un loro amico… di Down e di Spike… un tempo.”

******

Nyons, Francia

E fu allora che lo vide…

Un uomo canuto, di circa ottant’anni.
Stava seduto nel centro della stanza, salmodiando qualcosa. E Christal era dietro di lui, insieme a cinque, no, sei personaggi vestiti di nero.
Ripiegava un panno.
Il panno con cui fino a quel momento gli aveva tolto l’aria, prolungando la sua agonia.
Con gli occhi bassi, ripiegava quel panno.
E sembrava non importarle niente di quello che faceva lui in quel momento.

“Se avrai problemi, sai dove trovarci…”

Una delle sei figure si voltò con aria solenne ed uscì. Dietro di lei tutte le altre.
Un lento corteo di tonache, rumori di stivali di cuoio, clangore di metallo e parole appena accennate. Poi la botola che si richiudeva con un sonoro sbam.
E nella stanza, tra gli incensi e le catene, rimasero solo loro.
Soltanto loro.
Christal e Spike.
E il vecchio.
Che continuava la sua litania, in un latino incomprensibile.

“Sei sicura di quello che vuoi fare?”
“Ti sembro un’irresponsabile?”
“Non ho detto questo.”
“Non lo farei altrimenti.”
“Sai quello che potrebbe succedere…”

Christal si voltò verso il vampiro e lo fissò per un lungo istante, quasi in trance.

“Correrò il rischio.” disse, avvicinandosi.

Spike osservò la ragazzina avanzare nella sua direzione con un oggetto luccicante tra le mani. Si avvicinò lentamente alle sue catene. E si fermò un infinito secondo davanti ai suoi occhi, prima di far scattare la serratura del lucchetto e liberargli i polsi, le caviglie e il collo dalle manette.
Il vecchio la guardava angosciato.
Incredulo, Spike si mosse appena. Non riusciva a staccare gli occhi dal volto di Christal. Si strofinò la nuca, laddove la catena, passando, aveva lasciato un profondo segno violaceo, stranamente non indolore. E lanciò un’occhiata senza troppa convinzione verso la finestrella dalla quale sarebbe potuto scappare.
Una volta scesa la notte, ovviamente…

“Io non lo farei, se fossi in te.”

Un sorriso ironico si dipinse sulle labbra del vampiro.
“Perché? Se resto che possibilità ho?” chiese, con un’alzata di spalle.
Christal abbassò lo sguardo, rimanendo in silenzio.
“Avevi detto che potevo fidarmi di te!” sussurrò lui.
“Ho detto che potevo darti delle risposte. Quelle che cercavi.” replicò.
“Beh, non mi sembra che tu l’abbia fatto.”
La cacciatrice sorrise.
“Sì invece.”
“..?..”
“Guarda con i tuoi occhi...”
Nella direzione che gli mostrava la ragazza, Spike poté vedere appesa al muro una piccola telecamera con schermo digitale. Si rialzò dal pavimento e la staccò con delicatezza dal supporto di plastica. Premette il tasto Rew. E la vista gli si appannò per un secondo, mentre il nastro tornava indietro. Christal fu lesta nel correre al suo fianco, aiutandolo a sedersi su una sedia di legno sbucata fuori da chissà dove.
“Che- che cosa stai facendo? Cosa diavolo mi sta succedendo?!” esclamò lui allontanandola.
“Non ti agitare. Sarà tutto più chiaro fra qualche istante…” spiegò lei e, così dicendo, premette con determinazione il tasto play. La scena che si dipinse sotto gli occhi increduli del vampiro fu qualcosa che non si sarebbe mai aspettato di poter rivedere.
Non così perlomeno.
Non adesso.
Non più!
“Che diavolo mi avete fatto?!!” urlò, in preda al panico. “Che cosa avete combinato…?”
Sullo schermo della piccola videocamera, le immagini raccapriccianti del suo attacco ai danni di Christal si susseguivano senza tregua, mostrando al mondo intero il mostro che era, che era stato… e che era ancora.
Chiaramente.
Si era visto mentre parlava con lei. Il loro scambio di battute. Il suo silenzio agghiacciante.
E poi, mentre si sedeva sul divano e aspettava inerme che qualcosa accadesse… il suo volto…
Spike non ricordava il tempo di aver attaccato qualcuno con tanta ferocia e con tanta determinazione.
Erano servite ben sette persone per fermarlo. Una l’aveva persino morsa. E poi… poi il vecchio aveva cominciato a salmodiare la sua strana cantilena in latino, una siringa con del liquido purpureo era brillata nella sua direzione, e i sei guerrieri rimasti erano riusciti a incatenarlo al muro.
Poco dopo aveva perso conoscenza.
E il resto, il resto se lo ricordava anche troppo bene…
“Che… che cosa diavolo mi avete fatto?!” esclamò di nuovo, protendendo l’apparecchio verso Christal. “Chi sei tu? E cosa significa tutto questo?!” “Calmati…” il tono di voce della cacciatrice non ammetteva repliche. Spike respirò affannosamente. Riprendendo a fatica il controllo sulle proprie emozioni, anche se appariva più difficile di quanto non immaginasse
“Quello non sono io.” sillabò, contraendo la mascella.
Christal si fece decisamente più seria. Non rispose.
“Non posso crederci…” sbuffò alla fine il vampiro, portandosi una mano alla fronte, incredulo “Cosa volete questa volta da me? Cosa avete inventato?” Christal lo guardava impassibile “Ero guarito dalla stramaledetta canzoncina, da quel dannatissimo trigger. Che cosa avete usato questa volta?! Perché non mi avete semplicemente usato e poi tolto di mezzo, eh? Che cosa vi aspettate che faccia, adesso? Se pensate… se credete anche solo per un istante che io sia ancora capace di ammazzare delle persone innocenti beh, allora vi sbagliate di grosso!” “Fermo!” Spike si era diretto con passo deciso verso la finestra, afferrando con risolutezza una delle tende che impedivano al sole di entrare e facendo il gesto di aprirla. Christal gli sbarrò decisa la strada. “Perché?” chiese Spike, con una strana risolutezza negli occhi e la cacciatrice notò con orrore che la sua mano aveva già incominciato a fumare. “Non sarò di nuovo un burattino che voi potrete controllare! Trovatevi un altro vampiro!” “Ma cosa stai dicendo?” Christal sembrava completamente sbalordita “Quello che hai appena sentito!” minacciò con decisione Spike, avvicinandosi di più alla finestra.
“Ha ragione.”
Il vecchio, fino a quel momento seduto in ginocchio per terra, lo fissava ora dal centro della stanza, in piedi. Con uno sguardo di ghiaccio, e una ruga in mezzo alla fronte che si contraeva continuamente.
“Ma prima di fare cose avventate, forse sarebbe meglio che ascoltassi ciò che questa ragazzina ha da dire, se non altro per educazione. Le devi la vita. I tuoi istinti suicidi possono aspettare un altro paio di minuti.”
Spike guardò Christal negli occhi.
Adesso erano neri e profondi. Quasi come quelli di Down…
Le devi la vita…
“Lo faccio solo perché assomigli a qualcuno” sussurrò, lasciando la tenda e facendo qualche passo in direzione della cacciatrice, che lo guardava ancora tremando.

*****



*****


Los Angeles

“Non è semplice. Lo sappiamo. Ma ci aspettiamo grandi cose da te.”

Buffy richiuse la porta dietro le spalle e si diresse con passo deciso verso il giardino.
Dentro la casa, i suoi amici stavano già apparecchiando la tavola per la cena, ridendo allegramente, ed ignorando le lapidarie parole del signor Giles.

“Attaccheranno ancora. Qui. E allora non avremo chances. La nostra priorità dev’essere quella di disfare l’incantesimo, ripristinando l’antica regola. Quella originaria. La regola della Prescelta… e per farlo abbiamo bisogno di voi.”

Di nuovo punto e a capo.
Come se nulla fosse accaduto.
Come se tutto fosse rimasto immutato nel tempo.
La credenza che si chiudeva, il tintinnio dei bicchieri posati sulla tavola, il clangore dei piatti in mano a Down, le battute di Giles… si univano, intrecciandosi ai discorsi da quattro soldi di Willow e di Xander.
Semplici parole che sollevavano il velo pesante della responsabilità, dell’imbarazzo. Chiacchere, nulla di più, per non drammatizzare. Risate senza senso per non focalizzare.

Buffy rivolse lo sguardo verso il cielo, scuro, privo di stelle.

In alto, alcune nuvole… e la luna che illuminava incontrastata il cielo plumbeo della sera.

Un salice, un singolo salice piangente, regnava sovrano al centro del giardino.

Buffy fece un passo in avanti, sedendosi sui gradini del portico.
Si appoggiò alle colonne e chiuse gli occhi, aspirando lentamente il debole profumo di quella casa.
Casa di Giles…
casa di un uomo solo…
un uomo che aveva scelto di vivere la solitudine, in tutto e per tutto, votato oltre ogni misura e per sua stessa natura allo studio dei simboli e a tutto quello che le persone ‘normali’ aborrivano, che le teneva sveglie la notte... che le ammazzava. Senza un’apparente ragione.
E Giles, che aveva ben più di un universo dentro, aveva scelto come sua dimora quella casa. Un’elegante villa in muratura, tinteggiata di bianco, circondata da un giardino tenuto a prato… e come unico ornamento, proprio quella pianta.
Un salice.
Un salice piangente.
La cacciatrice lo guardò meglio, decidendo di riaprire gli occhi.
Al di là dei simboli era…
semplicemente magnifico. La sua fronda, un’infinita cascata di foglie argentee, ricopriva quasi del tutto il robusto tronco scuro che sembrava aver rubato il colore dalla notte. Un riparo nascosto, sicuro, protetto come per magia sotto le fitte fronde che ricadevano sul pelo dell’acqua. Su un minuscolo laghetto. Un piccolo specchio romantico abitato da tantissimi pesciolini rossi e al centro, proprio al centro, mirabile visione, una statua che somigliava in maniera sorprendente all’unica donna che Giles avesse mai amato. Jennifer Calender. Amica, confidente e professoressa. Zingara, prima di tutto. Legata a doppio filo all’anima dannata di Angel e alla sua maledizione. Uccisa da quest’ultima. E ora ricordata in modo forse un po’ troppo originale, nell’unico modo in cui Giles poteva averla sotto gli occhi per tutto il tempo senza dover dare spiegazioni a nessuno. Da perfetto inglese.
Il salice protendeva i rami verso quel punto. Inusuale controsenso.
E l’acqua, pura e cristallina, impregnava col suo dolce suono malinconico i mille profumi della sera… la più dolce canzone d’amore…

Buffy abbassò lo sguardo.

Ricordava solo un’altra notte, come quella.
Solo una.
Soltanto un’altra...

Lì, seduta sui gradini del portico di Rovello drive, con le mani tra i capelli e le lacrime salate che le rigavano e guance, Buffy aveva gettato via l’occasione della storia più fantastica che avrebbe mai potuto vivere. Guardando il passato anziché il futuro. Con una mano di Spike appoggiata sulla spalla e le ultime parole di Angel in fondo al cuore. L’altra mano, nascosta dietro la schiena, teneva impugnato un fucile, alla faccia del chip che gli avrebbe disintegrato il cervello, e Buffy… aveva implorato nella sua mente che lui finalmente avesse il coraggio di concludere quello che aveva iniziato tre anni prima venendo a Sunnydale… con Dru.
Aveva visto il fucile, aveva notato il gesto rabbioso con cui l’aveva caricato, ed era stata tentata persino di ringraziarlo.
Era venuto per ucciderla, lo sapeva. E quella notte, l’unica tra tutte le altre notti, lei non si sarebbe opposta. Poteva avere la sua grande occasione, la sua giornata speciale… quella notte…
Eppure… se l’era lasciata scappare.
Preferendo uno spolverino inzuppato di lacrime ad una vendetta che la sua natura di demone gli intimava, attanagliandogli lo stomaco.
Se solo avesse capito…
Quando lo sparo non era arrivato e lui non aveva cercato di morderla, allora Buffy si era sentita morire di nuovo. Lo aveva sentito abbassare il fucile, sospirare e chiederle che cosa era accaduto. E poi Spike si era seduto, l’aveva consolata e se n’era andato. Senza chiedere niente. E lei, come al solito, non aveva trovato nemmeno le parole giuste per ringraziarlo, giustificandosi col fatto che tanto lui ci sarebbe sempre stato. Che ci sarebbe sempre stata un’altra occasione.
Lasciando che il tempo passasse, inclemente. Facendo diventare tutto inutile, tutto sbagliato, tutto…
troppo tardi…
E adesso, come allora… come l’unica notte in cui la sua natura umana aveva prevalso su quella fredda e spietata della cacciatrice… come quella notte in cui aveva scoperto che sua madre poteva non svegliarsi più da un momento all’altro,
avvicinò le ginocchia al petto,
affondò le mani tra i capelli,
e pianse.

******

Vincent Claidfort si allontanò dalla finestra, sospirando.
Aveva osservato anche troppo a lungo quello spettacolo.
Le imposte riverniciate di fresco, il profumo del legno di sandalo, il dolce aroma delle pietanze che si cuocevano sul fuoco stridevano orribilmente con la visione di Buffy, raggomitolata su sé stessa, in lacrime sopra i gradini del portico.

Era molto più di quanto riuscisse a sopportare!

Si avvicinò all’impianto stereo, impolverato come poche cose avesse mai visto in vita sua, e socchiuse la porta. Xander cercò di domandare cosa stesse facendo, ma Giles fu più veloce di lui, acchiappandolo al volo e portandolo insieme a Willow nella stanza adiacente. Il grammofono in parte alla radio era in perfetto stato di conservazione, ma a Vincent questo non interessava…
Le dita abili dell’osservatore si mossero adagio, cercando con i vari tasti il brano desiderato. E quando finalmente, il cd cominciò piano piano a girare, prendendo sempre maggiore velocità, il brano iniziò e allora Vincent alzò il volume al massimo in modo che le note impregnassero l’aria,
e raggiungessero anche chi, per scelta o per disperazione, non le voleva ascoltare.

******

La folta chioma bionda ricadde in avanti, coprendole il volto. Ma a lei non importava. Non più. Calde lacrime incominciarono a solcarle lentamente le guance. Piccole gocce argentee che si univano al colore prezioso delle fronde del salice. Un albero piangente. Un tronco forte. Un legno robusto. Un gigante, con la tristezza nascosta tra le foglie…
e poi, improvvisamente, un accordo di chitarra…

Ehi, adesso come stai?
Tradita da una storia finita
E di fronte a te l’ennesima salita.


Buffy alzò la testa di scatto. Si voltò, inseguendo nell’aria le note, fino alla fonte di quel suono, ma tutto quello che vide fu una luce soffusa e una porta semiaperta. Qualcuno doveva aver messo nello stereo il disco di quella canzone... ma chi? Gli accordi della chitarra che Spike aveva, qualche volta, suonato per lei e la voce soave di una cantante italiana la attanagliavano da dentro… E quelle parole… quelle parole che la colpivano diritta al cuore. Come schegge affilate… chi poteva aver pensato a una cosa del genere?
Chi poteva conoscerla fino a questo punto?
Ma le note vagavano nell’aria, perdendosi nella sua testa.
Confondendola.
E rendendola incapace di pensare.
Una storia finita? Angel… Riley… Spike... una storia finita… le sue storie erano tutte finite.
Ma perché stavolta…. stavolta, sembrava tutto tanto, tanto più difficile?

Un po’ ti senti sola,
Nessuno che ti possa ascoltare,
Che divida con te i tuoi guai


Buffy sentì un groppo formarsi nella gola, e per poco non la vinse il desiderio di scappare.
Chiaro e semplice.
Sola.
Il nocciolo del problema.
Nessuno avrebbe saputo esprimerlo meglio.
Sola.
Lei era sola.
Sola. Come ogni cacciatrice doveva esserlo.
Sola.
Senza un amore, senza un futuro.
Sola.
Con un destino.
E il suo destino evidentemente voleva che guardasse la fine dei suoi giorni come una guerriera, senza rimpianti e senza rimorsi.
Sola.
Le stavano togliendo di nuovo tutto.
Sola…

Mai, tu non mollare mai

Facile a dirsi. Avrebbe voluto vedere qualcun altro nei suoi panni…

Rimani come sei

E questa era una cosa ancora più difficile. Chi era veramente, lei? Buffy? La cacciatrice? Semplicemente una donna? Oppure una marionetta nelle mani del destino?

Insegui il tuo destino,
perché tutto il dolore che hai dentro
non potrà mai cancellare il tuo cammino.


Certo… Avrebbe potuto fare così. Avrebbe potuto inseguire semplicemente il suo destino. Si sarebbe limitata ad essere Buffy, La Cacciatrice. Senza legami e senza rimpianti. Sola. Con la sua missione. Anche perché non le era dato avere nient’altro.
Semplice.
Ma allora… allora perché il suo cuore non la smetteva di stringersi nel petto? Perché si sentiva comunque così male? Perché lui continuava a mancarle così tanto? Così tanto da soffocare… perché ogni minuto che passava senza di lui, le sembrava un minuto in meno da vivere?

Allora scoprirai
Che la storia di ogni nostro minuto
Appartiene soltanto a noi.


Se fosse dipeso da lei.. Se soltanto fosse dipeso da lei…

Ma, se ancora resterai,
persa senza una ragione
in un mare di perché
dentro te, ascolta il tuo cuore
e nel silenzio troverai le parole
Chiudi gli occhi e poi tu lasciati andare
prova a arrivare dentro il pianeta del cuore.


Buffy si alzò in piedi. Non poteva. Non riusciva.
Ascoltare quella canzone stava diventando ogni secondo sempre più doloroso. Lacerante.
Le parole… quelle parole. “Ti amo” Le aveva trovate alla fine le parole! Certo. Quando ormai non c’era più nulla da fare! Le aveva trovate. E dopo? Non era stata nemmeno abbastanza in gamba da restare dentro quella caverna o strappargli il medaglione dal petto! Cosa doveva aver pensato, lui, in quel momento, dopo tutto quello che aveva fatto per lei, dopo tutto ciò che aveva passato? E adesso… ? Adesso era inutile anche rimanere ad ascoltare il resto. La scelta era già stata fatta. Da altri, ovviamente. Ma in fondo, anche da lei stessa. Buffy non aveva più alcuna possibilità. Un bel ritornello per mettere a freno la coscienza. E mentre la musica suonava, Buffy Anne Summers sapeva già che lì, da quel momento in poi, l’unico suo rammarico sarebbe stato quello di non averla presa lei, almeno per una volta, l’unica decisione giusta. Di non averlo rivisto almeno un’ultima notte… Solo un ultimo addio… Soltanto un’ultima chance… prima della fine. E al diavolo Angel! Se avesse ascoltato il suo cuore…

È difficile capire
Qual è la cosa giusta da fare
Se ti batte nella testa un’emozione


Buffy si fermò di nuovo sulla soglia. Quella canzone era una tortura. Ma era anche vera… Da lei tutti si aspettavano grandi cose. Come sempre. Perché lei, ‘lei era molto forte’. Lo aveva sussurrato molto tempo prima a qualcuno. Ed il suo cuore.. il suo cuore beh… semplicemente, doveva essere messo da parte.. come tutto del resto.

L’orgoglio che ti piglia
Le notti in cui il rimorso ti sveglia
Per la paura di sbagliare


Quante volte le era successo? Aveva perso il conto. Da quando le avevano detto che era la cacciatrice. Fino all’ultimo anno… fino a Spike…
Orgoglio… paura… e notti sveglie a rigirarsi nel letto pensando a quanto male gli aveva fatto. Perché non è che non ne fosse consapevole, certo, solo… solo le pareva sensato. Quasi giusto.. Allora… Mentre lo faceva. Sapeva che avrebbe potuto sopportarlo. Si era illusa che, in quanto demone, lui fosse indistruttibile. Ma poi… poi era stata tutta un’altra storia…

Ma.. se ti ritroverai
Senza stelle da seguire
Tu non rinunciare mai


No. Non avrebbe rinunciato. Almeno questo glielo doveva. La canzone aveva ragione. Forse era troppo tardi, ma lui era la sua stella, la sua luce nel buio. E lei l’avrebbe cercato. Fino in capo al mondo. La missione era la cosa più importante? Bene. A lei non importava.
A costo di ribaltare tutte le dimensioni esistenti, lei l’avrebbe trovato. E avrebbe combattuto per lui.

Credi in te! Ascolta il tuo cuore!
Fai quel che dice anche se fa soffrire


Avrebbe combattuto per lui, salvando il pianeta. E poi l’avrebbe trovato. L’avrebbe riportato a casa. Con lei. A dispetto di tutto quello che pensavano gli altri. Che avrebbero potuto pensare. L’avrebbe salvato. Avrebbe trovato un modo.
Se ascoltava il suo cuore…

Chiudi gli occhi e poi tu lasciati andare
Prova a volare oltre questo dolore, non t’ingannerai.


Il dolore non esisteva più. Solo la determinazione. Soltanto Spike. Soltanto William. E se questo voleva dire andare contro tutti i suoi amici e le forze più potenti del cosmo, beh.. avrebbe corso il rischio! Se solo fosse stata sicura che non era tempo sprecato…

Non ti ingannerai! Se ascolti il tuo cuore
Apri le braccia quasi fino a toccare
Ogni mano, ogni speranza, ogni sogno che vuoi,
perché poi ti porterà fino al cuore di ognuno di noi…



“Non riesci a dormire, vero?”

Buffy si voltò.

Nel vano della porta, l’amico di Giles si accendeva con calma uno dei suoi sigari sottili, aspirando lentamente dense boccate di fumo. Nel vederlo così, a Buffy sembrò più che altro un giovane uomo sulla trentina che si godeva con calma il freschetto della sera. O un ricco miliardario che attendeva il bacio di una bella ragazza. Non certo uno tra i più importanti membri dell’ex-consiglio degli osservatori comunque.
Sorrise accondiscendente. Le ultime note si perdevano nell’aria fresca della sera. E il salice piangente ondeggiava pigro le fronde argentate..
“Stavo pensando…” disse infine la cacciatrice, con un filo di voce.
Vincent annuì.
“Stavi pensando che non sembro un osservatore vero?” chiese ammiccando.
Buffy fece cenno di sì con la testa.
“Sembri più che altro un mio coetaneo. Forse con qualche anno di più…” confermò “ma non molti”
Vincent sorrise. Un sorriso bello, dolce… pulito. Come pochi se ne vedevano in giro in quei giorni.
“Lo prenderò come un complimento” disse infine, portandosi il sigaro alle labbra e facendo alcuni passi verso il portico.
Alcuni fiocchi di cenere caddero lenti sul selciato. L’osservatore si avvicinò pigramente alla ragazza, sedendole accanto. I gradini del portico erano il posto giusto per sfogarsi e lasciarsi andare, pensò.
Buffy lo squadrò per un istante. Poi, irrazionalmente, decise di accettare l’invito.

“Ascolta, c’è… qualcosa… di cui vorresti parlare?” chiese serio l’uomo.
La ragazza scosse la testa decisa.
“Sai, non c’è bisogno che sia per forza qualcosa di personale o di segreto” continuò lui “non sono la persona giusta per raccogliere le tue confidenze e me ne rendo conto ma, forse, qualcosa posso fare…”
Buffy negò di nuovo. Si stava innervosendo, doveva stare attento. Ma cosa volevano tutti da lei quella sera? L’osservatore stava camminando sul filo di un rasoio…
“Ok. Se non vuoi non insisto.” fece finta di arrendersi Vincent alzando le mani, gli occhi viola rilucevano quasi ammaglianti nella notte. “Però, sappi che le scelte che si devono fare non sempre sono anche le più facili. Per questo a volte serve l’aiuto di qualcuno.. per portarle a termine. Non ti giudicherò una cattiva persona solo perché hai paura…” “Io non ho paura!” scattò subito Buffy. Accorgendosi, mentre ancora lo diceva, di essere ricorsa ad una difesa infantile. Quasi da bambino di tre anni..
L’osservatore non le rispose.
Si limitò ad alzare di nuovo il volto verso le stelle, lasciando che la luna lo colpisse in pieno. E a respirare di nuovo una densa boccata di fumo.
Buffy si voltò verso di lui.
E ne rimase incantata.
Vincent Cliadfort era … decisamente troppo bello per essere un osservatore.
Lineamenti marcati e sottili. Occhi vagamente orientali. Capelli lunghi e scompigliati. Teneva la camicia aperta, lasciando che la brezza leggera la spostasse un poco e facesse intravedere, di tanto in tanto, un torace sottile e muscoloso. Non adatto ad uno studioso quale voleva farsi credere. E gli occhiali erano lasciati aperti, abbandonati sull’erba, segno che non gli importava granché di non ritrovarli lindi e puliti, come da buon osservatore voleva mostrare….

“Chi è lei in realtà?” chiese Buffy d’un tratto.

Il ragazzo si voltò sorridendo.

“E così alla fine te ne sei accorta. O meglio, hai deciso di accorgertene…” sussurrò enigmatico.

“Non mi piacciono i giochi di parole. Dimmi chi sei!” tagliò corto la cacciatrice.

“Sono un demone” rispose semplicemente Vincent.

Buffy aprì e richiuse la bocca un paio di volte, prima di riuscire a comprendere appieno cosa significasse l’affermazione dell’uomo.
“Non fare quella faccia. Lo sai dal momento in cui ti ho aperto la porta, dovevi soltanto accettarlo” riprese lui, sempre sorridendo. La ragazza non sapeva più di che colore diventare.
Era vero. Lo sapeva. Tutto quello che diceva era vero, però… loro… loro stavano seguendo un demone. Un dannato demone maledizione! Uno di quei cosi grossi e cattivi che avrebbero dovuto combattere e non un membro dello stimato consiglio degli osservatori! Poteva essere chiunque! Uno di quei guastafeste che aveva preso parte alla battaglia contro il Primo. Alle risse nel cimitero per Halloween. Alle carneficine nei vicoli dietro al Bronze. Forse, persino uno dei pazzi che si erano mossi verso il massacro di Los Angeles! “Ehi, frena la fantasia cacciatrice! Io non c’entro affatto con il massacro di Los Angeles!” la interruppe lui “Se mai ero lì per impedire che avvenisse lo scontro…”
Gli occhi della ragazza, stavolta, erano diventati d’un tratto incredibilmente tondi ed allucinati.
“Co-come… come hai fatto…?” balbettò Buffy, non sapendo bene se essere sconvolta o spaventata. Il demone dapprincipio sembrò non capire il perché di tanto stupore, poi sorrise leggermente, abbassò il capo verso il vialetto e disse:
“Pensavo che ormai l’avessi capito…” ma Buffy evidentemente non aveva la minima idea di quello che stava dicendo. “Sono un demone telepate.” confessò Vincent, spegnendo il sigaro sotto la scarpa.
“Riesco a leggere nel pensiero della gente. Ogni demone ha qualche capacità particolare. Diciamo che io ho la capacità di usare la telepatia, quando voglio” “Beh, cerca di volerlo di meno!” scattò subito Buffy, puntandogli contro un dito “non è per niente piacevole avere gente che ti passeggia per la testa!” “Pensa a come doveva essere simpatico per Spike allora…” “Finiscila!” esclamò la cacciatrice, accorgendosi per l’ennesima volta che Vincent aveva indesideratamente dato voce ai suoi pensieri più nascosti. L’osservatore si protese in avanti, socchiudendo gli occhi. Sinceramente se l’era immaginata un po’ più sveglia, quella cacciatrice. Non che le altre che l’avevano preceduta fossero dei mostri di intelligenza, in fondo era per questo che esistevano gli osservatori, però… diamine, almeno un po’ di autocontrollo se lo sarebbe immaginato!
“Solo per la cronaca, sappi che non mi va affatto di usarla sempre” precisò “di solito mi provoca dei seri fastidi, a distanza di qualche giorno…” “Ecco. Allora smettiamola tutti e due di farci gli affari degli altri e-” “…come, per esempio, il giorno della battaglia contro i Senior Partners…” concluse lui.
Colpo basso.
Buffy lo guardò, se possibile, ancora più esterrefatta.
“Cosa… che c’entra la battaglia contro i Senior Partners adesso?” balbettò, bianca in volto. Voleva forse dire che aveva sentito qualcosa? Che… sapeva qualcosa?
Vincent si appoggiò alla colonna, sorridendo.
“Beh, dopo che hai ascoltato certi pensieri, ti assicuro che non riesci più a dormire tranquillo. E questo ti porta a metterti nei guai più di quanto non avresti mai desiderato di fare. Una bella seccatura!”
“Lo hai fatto anche lì?” domandò Buffy incuriosita. Adesso valeva proprio la pena di guardarlo negli occhi.
“Hai… hai sentito anche… Angel?” chiese poco dopo la cacciatrice, abbassando il volto e stropicciandosi il bordo del golf di cotone. Chissà perché le era uscito proprio quel nome, alla fine. Ma in fondo era giusto, no? Era per lui che avrebbe dovuto preoccuparsi…
“Quando sono arrivato era già svenuto.” rispose Vincent, ritornando a guardare il cielo stellato “Ma se vuoi sentire quello che ti interessa, allora impara a farmi le domande giuste”.
La cacciatrice incassò il colpo e tornò a stropicciarsi il maglione

“Spike era lì e stava pensando a te” sussurrò Vincent d’un tratto, continuando a guardare in alto.
Buffy si voltò di scatto.

“Oh, andiamo!” le disse girandosi e portandosi di nuovo il sigaro alle labbra, con malcelata superiorità. “Sii almeno onesta con te stessa, è tutta la sera che continui a domandarti se è vivo e soprattutto se mai Angel ne sapesse qualcosa!” “Questa telepatia mi sta davvero facendo saltare i nervi, sai?” esclamò Buffy, ma Vincent sorrise affabilmente “Questa non è telepatia. Si chiama spirito d’osservazione. È una cosa di cui tutti i comuni mortali sono provvisti ma che purtroppo raramente decidono di usare…e pensare che basta solo un po’ di pratica...”
Ma la cacciatrice restò zitta. Non lo ascoltava più ormai…
Abbassò gli occhi, facendo ricadere alcune ciocche in avanti.
E Vincent, decise di rispettare il suo silenzio.
E così Spike era vivo… ed era a Los Angeles durante la battaglia… e stava pensando a lei… pensava ancora a lei… ma in che termini?
Possibile che dopo tutto quello che era successo, dopo tutto quel tempo, potesse anche solo provare qualcosa di diverso dall'odio? Che la considerasse poco più che una conoscente? O forse carnefice era il termine che meglio le si addiceva...
Ma ormai… ormai che importanza poteva avere…? Spike era morto. Come Angel. Ormai era troppo tardi. Per tutto. A meno che…
“Che cosa intendevi per… ‘la fine’?” domandò.
Vincent aspirò una densa boccata di fumo, tornando a sorridere.
“Lo vedi che, se vuoi, riesci a farmi le domande giuste?” disse
“Purtroppo, ci sono delle risposte che nemmeno io posso darti.” “Come sarebbe? hai detto che c’eri!” esclamò “Sì” rispose il demone annuendo “Ma sono arrivato a battaglia già cominciata. E devo confessarti che, da come si presentava la situazione, ero già pronto a raccomandarmi l’anima al diavolo.” Buffy tremò impercettibilmente a quelle parole, ma lo lasciò continuare. “I demoni erano migliaia e continuavano ad aumentare, distribuiti come briciole dalle mani generose del Primigenio. Poco dopo c’è stata una fortissima esplosione e quando mi sono risvegliato, nella clinica del consiglio, ho capito che doveva essere successo qualcosa di grosso dal momento del disastro. Qualcosa grazie alla quale ero ancora vivo. Ma non so dirti cosa sia stato…” “Quindi sei davvero un osservatore?” chiese la cacciatrice sorridendo. Vincent ricambiò il sorriso ironico.
“Ma guarda guarda chi non l’ha ancora piantata di considerare il mondo solo in bianco e nero!”
Poi, più seriamente
“In ogni caso, non sono uno a cui piace mentire Buffy. Senza contare che, essendo un demone, adoro veder soffrire la gente e in questo la verità è un’arma senza alcun dubbio molto più interessante." Disse, ironico "Noi demoni siamo cattivi, giusto?” “Senza ombra di dubbio!” “Assolutamente!” concordò lui.
Poi si fermò un attimo.
Fissandola.

“Spike potrebbe essere ancora vivo” disse "come Angel…"


Si alzò.


Le ultime volute di fumo riempivano ancora l’aria della notte, salendo silenziosamente. Vincent si sistemò il risvolto della camicia con calma, continuando a guardare nella sua direzione.

“Vieni dentro a dormire?” chiese infine
“Fra un attimo. Voglio restare qui da sola ancora per un po’…”
Vincent annuì. Si voltò e fece qualche passo in direzione della porta prima di voltarsi di nuovo. La chioma dorata di Buffy riluceva splendente nel tenue chiarore della luna. E il demone si ritrovò a pensare che non era difficile immaginarsi perché Spike, ed Angel prima di lui, l’avessero ammirata tanto.
Piccola… eppure così estremamente forte.
Così tanto da essere pronta a prendersi di nuovo la responsabilità del mondo intero sulle spalle.
A rischiare la vita solo per una giusta causa.
A perdere tutto, solo per restituirlo agli altri.

Buffy era davvero una persona speciale.

E per la prima volta da quando era un demone, Vincent Claidfort si ritrovò a sperare che quella ragazzina, nata soltanto per essere uno strumento del Consiglio degli Osservatori, potesse essere anche una donna felice.

******

Nyons, Francia

“Allora, per la milionesima volta, che cosa diavolo sta succedendo?”
Il vecchio si sedette con calma sulla poltrona e Spike vide Christal fare lo stesso, senza dire una parola. Rimase in piedi incrociando le braccia.
“Siediti”
“No”
“Allora non saprai nulla, a te la scelta.”
“Avete detto che volevate parlarmi. Sono qui, seduto o in piedi non fa alcuna differenza”
Era giunto il momento, alla fine. La ragazza guardava il vampiro e il vampiro guardava il vecchio aspettando una risposta. Una risposta che già conosceva ad una domanda che non osava porgli.
Tanto valeva andare al sodo.
“Tu non hai più un’anima Spike.”
Silenzio.
Solo silenzio.
E dopo un istante interminabile, solo quattro misere parole:
“Come fate a saperlo?”
Alcune gocce purpuree caddero sul pavimento e Christal alzò lo sguardo, per cercare con un sussulto la fonte di quel sangue. Trovandola infine. E rimanendo ancora più immobile.
Spike se ne stava di fronte a loro, impassibile. Christal poteva sentire il demone del vampiro gridare e contorcersi, ordinandogli di farlo uscire allo scoperto. Inutilmente. Ma gli occhi di Christal erano fissi sulle mani di Spike. Due mani bellissime. Immobili anch’esse. Ma strette talmente forte che le unghie erano conficcate nella carne e il sangue ora usciva copioso, senza che il demone facesse nulla per fermarlo.

"La tua anima ti è stata tolta perché tu potessi salvare il mondo. "

"Lo immaginavo."

Christal potè sentire distintamente il cuore del vampiro frantumarsi una volta di più ad ogni singola sillaba di quelle poche parole e, mentre lo ammetteva, riusciva a vedere il suo universo distruggersi, la sua commedia sgretolarsi. Aveva fatto di tutto per tenerlo nascosto. Aveva persino sperato di ingannare Angel e lo aveva mandato a Sunnydale, da Buffy, in modo che forse, con lui vicino, se la situazione fosse precipitata, non avrebbe dovuto cercarlo. Si era preferito lontano da lei, piuttosto che con lei. Aveva scelto di fuggire, per salvarla. E si era ritrovato del tutto inconsapevolmente di nuovo davanti al suo destino. Un destino che gli imponeva di tornare. Tornare a Sunnydale. A qualunque prezzo. E che lo metteva nuovamente con le spalle contro il muro, esattamente come prima aveva fatto lui con lei. Solo che, stavolta, non ci sarebbe stato nessuno che gli avrebbe posto delle scuse.

“Christal prendi un panno umido e pulisci il pavimento. Spike.” La voce del vecchio era ferma e risoluta, mentre con lentezza allungava una mano e lo invitava di nuovo a sedersi “Voglio che tu sappia che ci stiamo mettendo contro una forza molto potente e contro il consiglio degli osservatori stesso, o quello che ne rimane, pur di aiutarti. Quindi, ti prego, se decidi di accettare il nostro aiuto poi non decidere sul più bello di voltarci le spalle”

Il vampiro annuì, serio.

“Hai la mia parola” disse

E allora il vecchio, che stava seduto davanti a lui, cominciò a spiegare:

“Quando tu e Buffy avete chiuso la bocca dell'Inferno vi siete scordati di tenere in conto una cosa molto importante:" spiegò "la genealogia delle cacciatrici. Una volta distrutto il Primo infatti le forze del Male e quelle del Bene si sono ritrovate in netto squilibrio, un po’ come se una bilancia pendesse troppo da una sola parte… In ogni caso, le forze del male hanno sopraffatto quelle del bene in modo da riportare i piatti in equilibrio, almeno per il momento… non poteva succedere altrimenti. La famiglia di Angel, le loro morti, la vostra battaglia, la loro vittoria, tutto ciò è servito soltanto per arginare il vantaggio del Bene sui piatti della bilancia…"
“Ma la cosa non si ferma qui, giusto?”
“No." rispose lui risoluto "Per quanto la schiera dei ‘buoni’ sia stata mutilata dopo tutte queste perdite, la bilancia del mondo pende ancora nettamente dalla sua parte e ogni nuova cacciatrice attivata è un granellino di troppo su un piatto già eccessivamente in vantaggio. Inoltre…”
Christal alzò la testa, osservando il suo osservatore per esortarlo a continuare
"La protratta mancanza di equilibrio ha creato il terreno favorevole perché alcune creature, l'Immortale in primis, decidessero di liberare un antico demone, signore di un regno di distruzione e morte, che era stato esiliato dalla sua gente in una dimensione infernale"
"E perché l'Immortale vorrebbe liberarlo?" chiese Spike, sempre più attento.
Il vecchio abbassò il capo "Il potere…" rispose come se fosse ovvio "tutto ruota intorno al potere. Il Primigenio non ha potere, confinato com'è nella sua dimensione e l'Immortale non ha più poetere di qualunque altro demone o vampiro. Così, l'Immortale ha fatto un patto con questo essere. Lui non può essere liberato se non durante una battaglia, fra due giorni esatti, durante il passaggio della cometa di Alcock. Il demone dovrà uccidere la cacciatrice, la vera cacciatrice, colei che ha distribuito il suo potere e il suo sangue aprirà gli darà la forza necessaria per distruggere definitivamente il portale che lo lega alla sua prigione mistica. In cambio della liberazione, il Primigenio lascerà il completo comando della dimensione terrestre all'Immortale e alla sua schiera di demoni."
“Cosa suggerisci di fare?”
L'osservatore si portò una mano alla tempia, socchiudendo gli occhi.
“L’unico modo che abbiamo ancora per riportare l’equilibrio in modo duraturo sulla terra è di rifare l’incantesimo, ripristinando l’antica regola”
“Una per ogni generazione…” ricordò la ragazza "a questo punto il Male e il Bene sarebbero di nuovo in equilibrio e il Primigenio non avrebbe il potere necessario per scatenare l'incantesimo"
“Purtroppo questo non è stato ancora fatto" continuò il vecchio "e finché non si farà, le forze del Male potranno attaccare facilmente, in qualsiasi momento, e non ci sarà modo di fermarle…”
Spike impallidì.
Buffy, Xander, Willow, Giles, Down, e forse persino Angel… tutti i 'buoni' riuniti in un unico posto, giusto per attirare meglio il nemico. E la loro unica speranza di salvezza, il loro destino, ancora una volta nelle sue mani. Le mani di un uomo, no, di un vampiro, che aveva appena cercato di uccidere una cacciatrice. E di fuggire da un nemico che, naturalmente, non si poteva sconfiggere.
“Devo fare una telefonata!” esclamò d’un tratto.
Christal rimase seduta a guardarlo, non accennando a muoversi.
“Beh? Vi spiacerebbe prestarmi un cellulare? Devo chiamare in Italia!" esclamò Spike. Forse c'era ancora una speranza per guadagnare tempo. Se si fossero divisi allora…
“Hanno bisogno di un vampiro puro per completare la formula.”
Spike guardò Marta interrogativamente. La ragazza si alzò dal divano e lo raggiunse con passi lenti e studiati. “Hanno bisogno di un vero vampiro. Uno senza un’anima e hanno soltanto Angel. Ecco perché ti ho fatto entrare. Perché sapessi…”
Spike accennò ad un sorriso condiscendente.
“Bene. Allora farò presente a Buffy di catturarne uno durante una delle ronde invece d'impalettarlo come fa di solito. Adesso potresti dirmi dove posso trovare un maledetto telefono?”
"Spike" lo richiamò il vecchio. Il vampiro si girò. "Non li salverai così. Questo…" disse, consegnandogli un involucro di cuoio dall'aspetto estremamente antico "è l'unica cosa che li può salvare"

Spike rimase per un attimo in silenzio.
Poi, prese il contenitore e lo aprì.
All'interno c'erano un pugnale dalla lama rossastra e un rotolo di papiro che, ad occhio e croce, risaliva probabilmente a prima che gli egizi lo inventassero.

"Che cos'è questo?" chiese soltanto, infilandolo nella tasca dello spolverino "e come dovremmo usarlo per impedire che finisca il mondo?"

Marta fece un passo avanti, indicando il rigonfiamento della giacca.

"Lì dentro" disse " è custodita l'unica vera copia di un rituale chiamato Tèkal-u-sem-ackfu, in parole povere, il rito che è stato utilizzato per creare la stirpe delle cacciatrici." Spike l'ascoltò, attento.
"Nella custodia" continuò l'osservatore "troverai anche un coltello con il manico intarsiato. E' la cosiddetta Lama di Tèkal ed è il fulcro di tutto il rituale. Per quanto riguarda il resto, è scritto tutto sul papiro, un antico incantesimo fa sì che si decifri immediatamente, interpretando la lingua di chi lo tocca." "Beh… comodo" commentò solo Spike "Quindi il mio compito è di portare questo involucro da Buffy e dire a Willow di svolgere il rito, ho capito bene?"
"Non farla così semplice…" lo bloccò subito l'osservatore "nei secoli molti riti falsi sono stati diffusi per il mondo e molte lame fasulle sono state forgiate per proteggere l'unico vero rito di Tèkal. Chiunque abbia cercato d'impossessarsi del vero rituale nei secoli tenterà di fermarti, e le stesse forze del male non vorranno che concludiate il rito in modo da essere certi della vittoria."
Il vampiro annuì. " Se è tutto…"
"Un'ultima cosa: dovete essere tu e Buffy a compiere il rito."
Spike si bloccò.
Marta abbassò gli occhi.
"Ci sono mille cacciatrici in giro per il mondo" provò ad obiettare Spike "e almeno altrettanti vampiri…" ma il vecchio lo interruppe "Buffy è stata la causa per cui tutto questo è iniziato. Buffy è l'unica che può porvi rimedio." disse austero, aumentando ancora di più la sensazione di panico che Marta avvertiva alla bocca dello stomaco. Aveva rischiato tutto decidendo di fidarsi di quel vampiro… William il Sanguinario... terrore delle cacciatrici… ed ora si chiedeva se stava facendo la scelta giusta oppure se non avesse condotto loro e il mondo verso morte certa. Il vampiro dovette percepire il suo disagio perché la guardò serio, in silenzio, mentre l'osservatore continuava. "La regola della prescelta è stata infranta quando Buffy è stata riportata indietro dal mondo dei morti e di nuovo è stata alterata quando Buffy ha deciso di condividere il suo potere con tutte le potenziali, trasformandole in cacciatrici. Quindi lei è stata il fulcro e lei è anche l'unica in grado di ripristinare l'antica regola. Quanto al vampiro… come dicevamo prima serve un vampiro puro, privo cioè di un'anima, e con il quale la cacciatrice abbia un legame… come dire… di fiducia." "Allora avete sbagliato persona" "In questo caso, siamo tutti condannati." disse il vecchio fissandolo dritto negli occhi "compresa lei."
Spike sospirò.
Non gli era mai piaciuto essere la marionetta delle Forze del destino, lasciava volentieri a Angel o ad altri il compito di servirle e onorarle come meglio credevano… ma salvare Buffy… se c'era anche una sola possibilità di vederla vivere anche un solo giorno in più, lui l'avrebbe sfruttata. Del resto, come aveva detto a Xander quando se l'era ritrovato davanti, dopo l'incontro con Buffy, non appena aveva scoperto che era tornata in vita "Io non l'avrei permesso" l'avrei amata in qualunque modo fosse tornata, non l'avrei permesso…"
"Ora siamo nelle tue mani, Spike" disse l'osservatore, richiamando la sua attenzione "Solo tu e Buffy potete porre inizio al rituale. Buffy si fida di te, per questo motivo ti ha affidato il medaglione, per questo motivo la tua anima ti è stata tolta. Per questo motivo sei arrivato fino in Francia e per lo stesso motivo, ora ti dobbiamo chiedere di ritornare in America."
"E come la mettiamo con la perdita di controllo che ho avuto poco tempo fa?" chiese, preoccupato "Se succede qualcosa…"
"L'importante è che tu ne sia a conoscenza." disse Marta, tendendogli una filetta "Ti abbiamo mostrato quelle cose prima per farti sapere quanto può essere forte il tuo demone, ma sta a te incanalare la sua forza nella giusta direzione." "Ma se non ci dovessi riuscire?" chiese di nuovo il vampiro "Tieni" disse allora Marta, tendendogli la fiala "questa è la stessa sostanza che ti abbiamo iniettato poco fa. Usala se senti che stai nuovamente perdendo il controllo, almeno non ucciderai qualcuno. E nutriti. E' importante che tu sia in forze quando affronterai il rituale perché la forza del tuo demone sarà la forza della nuova cacciatrice." Spike afferrò la fiala "Che pensiero carino…" "Non stiamo scherzando, Spike…" disse Marta e subito si morse la lingua: lo sguardo del vampiro era più che eloquente su quanto lontano fosse il suo concetto di scherzo in quel momento.

Abbassò la testa con fare contrito.

"Mi dispiace…" disse.

Per tutta risposta Spike le sollevò il volto con due dita e la costrinse a guardarlo.

"Non hai che un modo per farti perdonare, per questo e per tutto ciò che è accaduto prima."

Il vampiro guardò negli occhi il vecchio che, dal suo angolo, annuì.

"Prepara le tue cose: lascerai questa pensione stasera stessa."

*****

Los Angeles

"Ci sono cascati.."
“Questa sì che è una buona notizia!” esclamò l'Immortale sorridendo al demone
"E non hanno la più pallida idea di chi muova i fili…"
"Questa è una notizia ancora migliore…"
"Visto che non hanno più tempo, decideranno di tentare e così renderanno tutto molto più semplice.."
Il demone si alzò in piedi sorridendo, ondeggiando il boccale pieno di denso liquido rosso.
Erano mesi che attendeva di sentire quelle parole. E adesso, finalmente, uno dei suoi nuovi servi era entrato con la bella notizia, proprio come aveva sperato…
“Alzati.” Gli ordinò.
Il servo obbedì sorridendo.
“Immense ricompense pioveranno sul tuo capo quando tutto questo sarà nelle mie mani” promise benevolo “Enormi gioie. Smisurati guadagni. Ma prima, dobbiamo terminare il rituale. L’accordo è stato firmato ancora prima della notte dei tempi. Il mondo sarà presto nelle nostre mani. E tu…” continuò, afferrando un libro che giaceva sulla sua scrivania, a pochi passi dal trono dove sedeva, stranamente, un altro demone “devi solo preoccuparti di ritrovarmi la chiave!”
Il servo annuì, lasciando la stanza con un profondo inchino.

******

Los Angeles

“Signor Giles, posso parlarle?” il volto di Down era teso e preoccupato “E’ una cosa importante” aggiunse. E a Giles non scappò quanto la sua voce fosse tesa e insicura. Come quella di un bambino che ha commesso un’azione grave ma non sa valutare quanto ingente può essere il danno.
“Ma certo Down. Cosa c’è?” “Si tratta di Buffy.” Giles si tolse gli occhiali seriamente, indicandole una seggiola comoda
“Volevo parlarle prima, ma non ho mai trovato il coraggio per chiamarla. Mi ero ripromessa di parlarne anche con Buffy, ma a quanto pare non sono stata brava nemmeno in questo e… oddio, mi odio quando la situazione precipita e io non riesco a nemmeno a parlare decentemente” “Down…” il signor Giles la osservava tranquillamente, sorridendole appena “Non preoccuparti in anticipo per quello che devi dirmi. Dillo e basta.” Down fissò gli occhi chiari sul volto scavato dell’osservatore. Era incredibile quanto fosse calmo e diverso dall’uomo che conosceva a Sunnydale. Più… pacato, in un certo qual modo. Più… inglese. Evidentemente la lontananza dalla terra natia lo aveva segnato molto più di quanto non volesse dare a vedere. Oppure, semplicemente, stava fingendo di non essere preoccupato per non gettare benzina sulle fiamme.
“Io ho… una specie di sensazione… che va avanti da qualche giorno ormai… una sorta di premonizione…” disse, decidendo di ignorare i pensieri di poco prima e le loro implicazioni “Da qualche tempo, faccio degli incubi. E’… come se un fuoco terribile mi avvolgesse e sento tutta la mia anima fremere e gridare. Non è una bella sensazione. Ma è soprattutto quello che succede dopo che mi spaventa…” “E cosa succede?” Down puntò lo sguardo negli occhi grigi di Giles, cercandovi il coraggio e la determinazione per parlare.
“io… io sento la morte.” disse
Rupert si protese in avanti, come intimorito. Down abbassò gli occhi verso il pavimento, incapace di proseguire “Down…” la richiamò Giles “Sento… sento la guerra signor Giles. Sento i demoni che sbucano dalla terra e quando alzo gli occhi, vedo che hanno un altro, terribile, capo. Sento che questo individuo vuole aprire le porte dell’inferno per farlo ripiombare sulla terra. E sento che lo vuole fare utilizzando la mia energia, come Glory. Però non nello stesso modo. E mi sta già cercando… signor Giles, e io ho paura!” l’osservatore guardò la chiave per un secondo. Potente. E umana. Desiderata da molti. Amata da pochi. Se quello che Down gli stava dicendo era vero, allora perché il consiglio e Vincent non gli avevano mai detto niente? Sentì un brivido correre lungo la schiena quando si ricordò che era stato proprio lui la prima persona ad essere a favore dell’eliminazione fisica di Down, durante la battaglia contro Glory. E ancora, era stato lui a dire a Buffy di eliminare i suoi amici quando la lotta contro il Primo si rivelava senza scampo.
“Sistemeremo tutto. Te lo prometto.” disse con tono neutro, cercando di apparire più sicuro di quello era.
La ragazzina annuì e si alzò dalla sedia, voltandosi.
“C’è… c’è ancora una cosa che non le ho detto…” disse, e per un attimo il cuore di Giles perse un battito, ricordando com’era iniziata quella conversazione.
“Nei sogni che faccio… se io non vengo uccisa prima che voi possiate fare qualcosa per impedirlo, allora sono Buffy, Angel o Spike a doversi sacrificare al posto mio. Ma ogni volta il tutto avviene in maniera diversa… non so dirle come potrebbe succedere nella realtà”

Giles rimase un attimo seduto a fissare le carte che svolazzavano sopra il legno del tavolo.
La storia si ripeteva, pensò.
E stavolta, per la prima volta, si ritrovò a pensare che la scelta giusta da fare non era quella che sarebbe stato disposto a compiere.

“Sistemeremo tutto Down. In qualche modo lo faremo... te lo prometto.”

******

Los Angeles

L’Immortale si rivolse al demone seduto sopra il suo trono con uno sguardo tutt’altro che rassicurante.
“Come avrete sentito, mio signore, la chiave sarà presto nelle nostre mani.”
Il demone bevve un lungo sorso, rigirandosi poi il bicchiere tra le dita con aria preoccupata.
“Non sarei così ottimista se fossi nei tuoi panni Immortale…”
“E perché?” chiese il demone, senza capire. Il tono del diavolo che era seduto sopra il suo seggio non era esattamente come quello che si era aspettato. Non dopo una notizia del genere perlomeno. Anzi, non gli si avvicinava per niente!
“La cacciatrice” osservò lui
“Me ne sono già occupato…”
“Adesso possiede molti più alleati di una volta. La strategia potrebbe essere quella corretta, ma con così tante variabili in gioco non sarà semplice controllare tutto”
“Ha forse paura che quel vampiro con l’anima, Angel mi pare, sia troppo influente rispetto a noi? Le Forze del Fato lo hanno già protetto mettendo in rischio la salvezza del mondo, non oseranno farlo ancora…” “No” esclamò il demone con un sorriso malevolo sulle labbra “Angel non è più che un fantoccio piagnucoloso nelle nostre mani adesso. E’ dell’altro vampiro che mi preoccupo.”
L’Immortale corrugò le sopracciglia incredulo
“Spike?” chiese stupito. Se lo ricordava, non gli sembrava tanto pericoloso. Non come il suo alleato gli stava prospettando perlomeno…
“Spike, sì.” Annuì seriamente il diavolo “Sa molto più di quanto non dovrebbe. E non sappiamo cosa potrebbe combinare non appena gli voltiamo le spalle." "Ma il piano è riuscito no? L’anima se n’è andata, la cacciatrice lo ucciderà non appena lo vede o, in caso contrario, lui ucciderà lei. Qual è il problema?” “Lui non è un vampiro come tutti gli altri. Se quello che ha detto il tuo scagnozzo è la verità… un telepate e un vampiro innamorato possono distruggere il nostro piano. E poi, la scomparsa dell'anima non ha fatto comodo solo a noi…”
L’Immortale fissò con noncuranza i riflessi rossastri che il liquido purpureo creava sulle sue dita prima di rispondere, con un inquietante sorriso stampato sulle labbra.
“So esattamente cosa devo fare…”

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Capitolo 7
*** The ritual - I ***


Eccoci qui con un piccolo aggiornamento. Come al solito chiedo scusa a tutte le lettrici se i capitoli non sono regolari ma non ho tanto tempo per stare davanti al pc (spesso ci sto meno di 5 min al giorno) e spesso non riesco proprio ad aggiornare.
Comunque, prima di iniziare, volevo ringraziare NightLady e La lady che hanno recensito lo scorso capitolo e dedicare a NightLady questo post.
Buona lettura!!!

EPISODIO 7

******




*****

Nyons, 19 maggio

La foresta era romantica quella notte.

Il poeta che era stato non avrebbe potuto non apprezzarla.

Spike si buttò la sacca su una spalla, camminando sciolto.
La giacca di pelle nera frusciava seducente ad ogni suo passo, conferendogli quella camminata da predatore che molti gli avevano invidiato e che a tanti incuteva terrore. Ma che adesso sembrava più che altro la stana parodia di sé stessa.
Sciolto. Deciso. Ombra tra le ombre.
E mai come allora, desideroso di essere luce.
Di uscire da quell’oscurità che da troppo tempo combatteva.

Infilò una mano in tasca e ne estrasse un accendino smaltato, facendone brillare la fiamma per un secondo.
La luce del fuoco creò un bagliore sinistro tra i cespugli della foresta e poi svanì.
Nel bosco, i rapaci notturni, spaventati da quell’improvviso cambio di luce, cominciarono a lamentarsi spiccando il volo dagli alberi.
Nel cielo plumbeo, la luna sembrò svanire per un attimo, accecata dal folgore di quella scintilla raggiante.

******

Los Angeles, 19 maggio

“La colazione è in tavola, chi prende le ciambelle alla marmellata e chi invece le brioches al cioccolato?”

Come c’era da aspettarsi, le mani di Down e di Xander svettarono veloci in direzione del vassoio. Willow continuò a sorseggiare il suo succo di frutta all’arancia e Giles voltò la pagina dell'ennesimo libro.

“Allora…” chiese Buffy al nuovo osservatore, intento a mangiare una ciambella spaparanzato sul divano. “Da dove cominciamo?”

“Oggi ci aspetta una dura giornata di ricerche, miei cari ragazzi…” bofonchiò Giles, nascondendo un piccolo sbadiglio “non era così che iniziavi tutte le tue lezioni, eh Vincent?”

“Almeno per i primi nove mesi, giusto il tempo di tenere buoni quelli del comitato studentesco. In seguito, sostituivo ‘arroganti canaglie’ a ‘cari ragazzi’, e 'noiose ore sui libri' alla parola 'ricerche'”

“Già..." ricordò Giles, eppure Quentin Travers non ti ha mai sbattuto fuori dal Consiglio… ancora devo capire come sei sempre riuscito a cavartela…”

Buffy alzò gli occhi al cielo, appoggiando la sua tazza di te sul tavolo

“Ehi… non abbiamo un incantesimo super-potente all’ordine del giorno?” chiese, con fare spiccio "Willow dovrebbe essere già al lavoro sul rituale e lei, Vincent, dovrebbe-"

“Ehi, Buffy, dacci un attimo di tregua!” esclamò il demone, inarcando in modo ironico un sopracciglio e afferrando nel mentre la colazione di Giles “Hai deciso di alzarti con il piede sbagliato stamattina?”

“No…” si lamentò Buffy falsamente imbronciata. Ormai era abituata a dare lei gli ordini, non a starsene con le mani in mano ad attendere… non era certo Kendra lei! “è che pensavo che dopo tutti i discorsi di ieri sulla fine del mondo, sul poco tempo a disposizione e sul resto avremmo dovuto-”

“Sante parole!” sorrise rapido Vincent alzandosi dal divano "E proprio riguardo a questo..:"

“E adesso dove va?” chiese Willow, vedendo che il demone si avvicinava alla porta ed appoggiava una mano sulla maniglia.

Ma non ci fu il tempo per risponderle.

In una frazione di secondo le dita affusolate di Vincent fecero scattare la serratura ed un vampiro fumante, avvolto in una coperta di lana marrone, fece il suo ingresso nell’appartamento.

“In perfetto orario Angel, come al solito…” esclamò allegramente l’osservatore, richiudendo la porta mentre gli sguardi di tutti si posavano rapidi sul volto del vampiro leggermente annerito dalle fiamme…

“Però, se vuoi un consiglio, la prossima volta che decidi di viaggiare in pieno giorno trovati una coperta più grande. O più nuova, quella lana ha sinceramente fatto il suo tempo…” scherzò allegramente, poi rivolto verso gli altri "Ora possiamo cominciare."





Ma nessuno gli rispose.
Gli sguardi di tutti, come quello della cacciatrice del resto, erano fissi sul volto mortalmente pallido di Angel.

I secondi passavano lenti.

E Buffy lo guardava, senza riuscire ad articolare una sola parola, figuriamoci una frase coerente…

“Buffy…” la salutò alla fine il vampiro.

“A-Angel…" riuscì solo a dire lei mentre gli sguardi di tutti le calavano addosso "c-cosa… cosa ci fai qui?”

Aveva immaginato mille volte come sarebbe stato rivederlo, dopo tanto tempo. Scoprire quanto era cambiato. Chiedergli mille cose sulla sua missione e sul resto, ma il punto era… che da qualche ora credeva che sarebbero tornati *insieme*. Da quando aveva parlato con Vincent. Da quando si era convinta che William fosse ancora vivo.

Angel e Spike.

Quasi due fratelli.

Nati dallo stesso sangue e destinati a percorrere strade affini.

Campioni capaci di salvare il mondo o di vederlo crollare.

Ma sempre… insieme.

Buffy si accorse solo in quell'attimo che non stava più respirando.
Era stata veramente una stupida!!!
Davanti alle rivelazioni della sera precedente, lei aveva scelto di restare e combattere per salvare il mondo… aveva scelto di cercarlo… ma era soprattutto determinata a salvarlo ed era certa che, se non fosse rimasta a lì, a sottoporsi allo stupido incantesimo di Giles, il mondo sarebbe finito, sul serio stavolta, e non sarebbe servito a niente correre a cercarlo…
Aveva resistito al suo istinto.
E si era sottomessa ad un destino più grande…
Ma adesso… adesso Buffy non riusciva nemmeno a venire a patti con quello che la singola presenza di Angel poteva voler dire.

…Spike…William…

“Il signor Giles non vi ha detto nulla?” chiese, il vampiro sedendosi.

Tutti, tranne Vincent, scossero la testa stupiti.

“Che cosa avrebbe dovuto dirci?” chiese Down

L’attenzione di tutti era puntata sull’osservatore, seduto ancora comodamente sulla sua poltrona.
Il vampiro gli lanciò uno sguardo minatorio, incitandolo a parlare.

Rupert, abbassando per un attimo gli occhiali, calibrò bene la risposta.

“Angel è qui per aiutarci. Per il rito.” Aggiunse “per… riportare la forza alla Prescelta. Il rituale che dovremo compiere prevede che tenebra e luce si riuniscano di nuovo, come la prima volta. Solo quando i paladini del mondo saranno uniti, ancora e per sempre, saremo sicuri che…”

“Signor Giles, parli come mangia!” il tono di Buffy era minatorio.

L’osservatore sospirò scoraggiato.

“Il sangue di una ragazza della razza umana e quello di un vampiro hanno plasmato la prima cacciatrice.” disse “il sangue di un vampiro e della cacciatrice ridaranno il potere alla nuova prescelta…”

Buffy si voltò verso Angel stupefatta.

Ecco perché lui era lì… ecco perché li aveva raggiunti…

Troppo scossa, anche solo per pensare si voltò verso il moro, incrociandone gli occhi grandi

“E così… il tuo sangue?” chiese

“Non ti trasformerà, al massimo ti renderà più forte.” la tranquillizzò lui, falsamente rilassato.

“E come dovrebbe avvenire?”

Vincent guardò Giles, poi fece un paio di passi avanti, tenendo le mani intrecciate dietro la schiena.

“Tu ed Angel vi taglierete con la lama di Tékal. Un particolare pugnale plasmato nella notte dei tempi” spiegò “e, se siamo fortunati, il rito di purificazione renderà te la sola cacciatrice presente sul pianeta ed Angel un umano, esattamente come prima che Darla lo mordesse… Il rito non sarà pericoloso e soprattutto non vi creerà strani grattacapi come legami duraturi o spiritualità accentuate o… qualunque altra cosa vi possa venire in mente… Sarà solo brevemente doloroso”

“Quello non è un problema.” esclamò la cacciatrice, fissando i suoi occhi in quelli scuri e tenebrosi di Angel “alla sofferenza ci siamo abituati ormai…”

“Sì, giusto… e poi,” continuò Giles, come se non avesse colto l’allusione di Buffy “Poi, ovviamente, Willow dovrà recitare la formula al contrario…”

“Le ho già spiegato tutto quello che deve fare…” lo tranquillizzò Vincent. "Ho anche telefonato alla W&H ma a dirla tutta mi ha risposto solo una ragazza molto disponibile, che credo si chiami Harmony, la quale mi ha detto che era la tua assistente prima che tu decidessi di far crollare tutto per il bene del mondo."

Angel levò gli occhi al cielo, bofonchiando “Il mio cellulare…”

Intanto Vincent continuò a parlare: “Miracoli della tecnologia, una volta bisognava almeno alzare il sedere dalla sedia per poter vedere una persona, mentre adesso è sufficiente sollevare una cornetta… ad ogni modo, ho provato a chiedere anche di Spike e di Wesley ma evidentemente…”

“Spike è in giro.” rispose Angel asciutto, senza prestare attenzione allo stato d’animo di Buffy “E prima che tu me lo chieda, non ho modo di contattarlo. Gli altri sono tutti morti.”

“Beh, prima o poi dovremo contattarli. Ma adesso la cosa davvero importante è capire come funziona il rito.”

“Precisamente” disse Giles senza lasciare tempo ad Angel di rispondere “Io mi occuperò di recitare i testi insieme a Willow mentre tu Down …”

“Dovrai unire la tua forza all’incantesimo perché si aprano le barriere del tempo.” spiegò Willow “Xander invece…”

“Xander?!”

“Xander” continuò imperterrito Giles.

“Avanti!” esclamò Angel piccato “Xander non può avere nessun ruolo in tutto questo. E’ un umano. Non è il caso di metterlo in pericolo solo perché-“

“Ehi!” l’occhiataccia del ragazzo gli fece capire subito quanto poco fosse d’accordo con il suo punto di vista “Io posso fare tutto. Hai capito? Non ho combattuto contro il Primo per niente, sono sempre stato qui e Buffy sa che può contare su di me, ancora più che sul suo caro amore-vampiro-che-adesso-dirige-una-filiare-del-male.”

“Dirigeva…” puntualizzò Angel

“Beh, non è questo il punto!” esclamò Xander, ormai completamente carico “Qualunque cosa ci sia bisogno di fare, io la farò. E non mi guardare in quel modo!”

Vincent sorrise ironico, appoggiandosi alla parete.

Buffy sospirò.

“Qualcun altro ha qualcosa da dire in proposito?” chiese il ragazzo minaccioso.

“No, no…” lo tranquillizzò Vincent “nemmeno per sogno…”

“Allora…” chiese il ragazzo, quando fu sicuro che Angel non avrebbe più aperto bocca sulla questione “Qual è il mio compito?”

“Spegnere quella candela” sussurrò Giles, imbarazzato.

*****

Quando tutti furono usciti dalla stanza, Vincent prese una sedia e si avvicinò alla scrivania di Giles.

"Sai che Ones… il Primigenio è un nemico potente…"

"Sì…" abbassò la testa Giles, cominciando lentamente a pulirsi gli occhiali

"E sai che attaccherà presto, non appena ne avrà l'occasione…"

"Lo so, Vincent, ne abbiamo già parlato…"

"Sai che fin'ora non ha fatto niente solo perché sta aspettando il momento propizio-"

"che sarà domani… lo so…" esclamò Giles, spazientito "ma non riesco a non pensare che tutto quello che stiamo facendo comporta un rischio enorme…"

Il demone appoggiò una mano sulla spalla dell'ex-osservatore e la strinse appena.

"Non abbiamo altra scelta…"

*****



Un rumore possente.

Lo squarcio di un lampo.

E il fragore inconfondibile di un albero che si abbatteva nella boscaglia.

Spike chiuse gli occhi, illuminato solo dalla debole luce della luna.

E continuò ad avanzare.

I rami della foresta si facevano sempre più fitti e intricati. Già un paio di volte, la sua sacca ne era un inequivocabile vessillo, i rovi gli si erano impigliati nei vestiti, graffiando la stoffa e la pelle sotto di essa. Ma i tagli per un vampiro sono una cosa da nulla. La sua carne si era rimarginata quasi istantaneamente e l’unica cosa che gli restava era la sensazione che quella boscaglia non sarebbe finita mai.

Esattamente come la sua condanna...

Ma adesso non voleva pensarci. Aveva deciso di non pensare, per quella notte. Con scarsi risultati a dire il vero, ma almeno doveva tentare.

Per difesa.

Ignorare di proposito che quella foresta, come tutto il resto del mondo, sarebbe potuta svanire da un momento all’altro, altrimenti sarebbe impazzito. E proprio per non impazzire, aveva deciso di prendere quella strada, allontanandosi il più possibile dai rumori del centro abitato. Dalla gente. Dal mondo. Quello stesso mondo, che ora gravava sulle sue spalle come un macigno. Condannandolo molto probabilmente a fallire. Dissolvendosi. E trascinando con sé tutte le persone a cui voleva bene. Che amava. E la colpa di tutto questo… sarebbe stata sua, soltanto sua! Un ramo s'impigliò nella sua manica, penetrando nell’avambraccio. Spike se ne liberò con uno strattone e continuò ad avanzare. Il sangue cominciò a colare viscoso, impregnando lo spolverino, ma non se ne curò. Il vento soffiava rumoroso tra i rami degli alberi spogli mentre la terra girava, o forse sprofondava, sotto i suoi piedi.

Sospirò profondamente.

Ci era cascato di nuovo.

Decisamente camminare da solo per la foresta non era il metodo migliore per evitare i pensieri.

Si fermò un attimo, estraendo dalla sacca di Wesley una boccettina di whisky ed ingoiandone un paio di lunghe sorsate.

Non si era dimenticato di quello che gli aveva detto Christal… la perdita di controllo e tutto il resto, ma un goccio l’avrebbe sicuramente retto e lo avrebbe aiutato a farsi coraggio… quasi quasi rimpiangeva il bourbon…

Avanzò spedito ancora di qualche passo.

Deciso.

Desideroso come non mai di mettere quanta più strada possibile tra lui e quella maledetta pensione di Nyons dove aveva incontrato ancora una volta il suo destino, dove i suoi più terribili incubi erano diventati realtà. Dove le sue più angoscianti paure avevano preso forma sotto le spoglie inaspettate di una ragazzina di ventisette anni votata alla prostituzione e agli indovinelli pieni di significato del suo osservatore.

Nel bosco, la luna filtrava attraverso i rami contorti, creando strani giochi di luce. Ombre scure che si annidavano in ogni angolo, rifuggendo al frinire sinistro delle cavallette, e un dolce profumo di muschio, che strisciava avvicinandosi tra le fronde e le cortecce.

La notte, quella stessa notte da cui ora stava scappando, sembrava richiamarlo con i suoi inebrianti profumi. I suoi suoni. I suoi rumori. Rumori che non si era mai soffermato ad ascoltare. Neppure quando era William, quando era ancora un umano. Troppo occupato, indubbiamente, a ricercare tra le stelle gli occhi brillanti della sua Cecily. E poi, quando era diventato Spike. Troppo intento a massacrare per potersi occupare di quello che la natura aveva da offrirgli.

Suoni. E profumi…

Ricordi ingombranti…

E, nella sua mente, mille e mille domande che ancora continuavano a vorticare dolorose sotto il cielo argentato.

L’anima. La sua anima. Un incantesimo. Il suo essere vampiro.

Christal. Manson. Una cacciatrice. Un osservatore.

Un problema dietro l’altro.

E poi, alla fine, la missione che gli avevano affidato.

Come una ciliegina sulla torta.

Salvare il mondo…

Adesso capiva cosa si provava a stare dall’altra parte della barricata.

Come Angel o Buffy.

Cosa volesse dire non essere più un comprimario, avere il peso della salvezza dell’umanità che grava sulle proprie spalle e non essere sicuri di poterla proteggere.

Non essere sicuri di poter proteggere nemmeno da sé stessi.

William fissò lo sguardo nel cielo luminoso e aumentò il passo.

Era diventato più umano di quanto non lo fosse mai stato o forse aveva perso la sua anima e adesso era solo un puro vampiro? O magari entrambe le cose... ma questo adesso non aveva importanza…

Un altro lampo squarciò la notte. E le stelle continuarono a fissarlo mute e immutabili dalle loro dimore celesti. Troppo lontane e distanti, loro, per riuscire a comprendere quanto fosse solitaria e dilaniante la notte per un vampiro.

E, come le stelle, avrebbe dovuto essere lui.

Distante e lontano.

Solo così avrebbe potuto salvarli.

O sperare di salvarli.

Senza regole né rimpianti.

Per fare... per cercare di capire quale fosse…

‘la cosa giusta’.

All’improvviso un urlo lacerante risuonò tra gli alberi.

Spike si voltò di scatto, stringendo la cinghia della sacca tra mani e cercando con lo sguardo da dove provenisse il grido.

Un altro urlo.

E Spike, riconoscendolo, si precipitò correndo nel bosco, tra rami spezzati e tronchi abbattuti. Sperando di arrivare in tempo. La pioggia cominciò a cadere silenziosa, mentre il vampiro correva, incurante dei rovi che lo attorniavano., delle spine strappavano la giacca e penetravano nella carne, continuò a correre, più veloce che poteva.

Tra la boscaglia, un fagotto di stracci e pelle si contorceva nel fango, in preda al terrore più assoluto.

Non appena la vide, Spike si precipitò su di lei, inginocchiandosi al suo fianco. La sollevò e accolse tra le braccia il tremito convulso di quel corpo che si dibatteva con la forza della disperazione, inzuppandogli i vestiti di lacrime salate.

“Christal! Marta, svegliati!” esclamò, stringendosela saldamente contro il petto, bloccandole le braccia e lasciando che seppellisse il volto bagnato di fango nella sua maglietta nera.

“Schh… è tutto finito. È tutto finito…” sussurrò abbracciandola “Non ti preoccupare. È tutto finito.”

Aspettò pazientemente che riprendesse conoscenza e che si aggrappasse, con tenerezza, al suo corpo. Un corpo freddo, come tanti gli avevano ripetuto. Un corpo morto, che a rigor di logica non avrebbe dovuto provare tutto quello che stava provando adesso. Tutto quel.. calore.

“Ho paura Spike…” esalò lei, riaprendo lentamente gli occhi.

Al pallido chiarore della luna, la sua pelle sembrava ancora più pallida e liscia, come quella di una bambolina di porcellana.

“Non è niente, hai solo avuto un’altra delle tue visioni…” sussurrò lui, accarezzandola.

“Vi ho visto combattere…”

Il vampiro la guardò un attimo, annuendo.

“E… vincevamo?” chiese accennando a un sorriso, disarmante nella sua infinita dolcezza e semplicità

“Non lo so…” ammise la ragazza “Eravate tu, Angel e Buffy… c’erano anche altre ragazze… un demone…”

“La solita vecchia storia…” sdrammatizzò lui, ma Marta si staccò rapida dal suo petto, puntando gli occhi scuri nelle iridi azzurre di Spike. Nella sua voce non c’era altro se non determinazione, ma la paura che l’accompagnava colpì Spike più forte di una pugnalata.

“Manson ha detto che posso venire con te.” disse, risoluta.

Il vampiro la scostò da sé, deciso.

“Non credo sia il caso, bellezza. Dove sto andando io non c’è posto per-”

“Lasciami venire con te!” ripeté, e stavolta la sua voce era suonata impaziente e perentoria. “Ti prego…”

Spike sorrise leggermente, guardandola negli occhi.

“Marta… io non credo proprio che tu-” e fu allora che accadde.

Le iridi della ragazza brillarono per un secondo, catturando il suo sguardo. Improvvisamente Spike si sentì trasportare in un altro luogo e in un altro tempo, come se qualcuno lo prendesse con la forza e lo scaraventasse giù da una torre.

E poi…

Poi fu come morire.

E venire al mondo di nuovo.

*-*-*-*-*-*-*-*-*

“Papà! Papà! Sono stanca! Manca ancora molto?”

Spike si voltò di scatto, accorgendosi di essere da solo, in un vicolo scarsamente illuminato. Alle sue spalle, esattamente nel centro della strada, una bambina dai folti riccioli neri lo fissava allungando verso di lui le piccole manine bianche.

“Sono stata cattiva, papà? Perché mi hai portato fino a qui? Che cosa hai intenzione di farmi?” disse ancora la bimba.

Il vampiro si avvicinò, guardandola attentamente. Non capiva cosa lo spingesse verso quella bambina, ma qualcosa lo attirava come se fosse posseduto…

Quando fu abbastanza vicino, Spike si rese conto che il vestitino rosso della bimba era strappato, proprio sopra le ginocchia e metteva in evidenza una brutta sbucciatura.

“Non avere paura, non voglio farti del male. Lascia solo che ti aiuti…” sussurrò il vampiro inginocchiandosi davanti a lei, ma per tutta risposta la bambina sollevò la gonna con una manina e con l’altra gli mollò un sonoro ceffone.

“Tu! Tu mi hai lasciato di nuovo da sola! Adesso dovrò fare di nuovo quello che non voglio e non posso farci niente! Dovrò scontare anche il tuo peccato!”

Spike si posò una mano sulla guancia, guardandola come pietrificato. La bambina prese la gonna con entrambe le mani, la sollevò e si voltò, mettendosi a correre.

William si alzò velocemente in piedi, nell’intento di seguirla, ma non appena mosse il primo passo, una fitta nebbia si alzò tutto intorno a lui, nascondendola al suo sguardo.

“E’ finita vampiro, lasciati andare…” disse una voce dietro di lui

“Aspetta!” gridò, ma la voce gli morì in gola nell’istante stesso in cui si rese conto di aver battuto le ginocchia per terra.

“Cosa speri di fare? Non sei mai riuscito a fare altro che pensare a te stesso. Il tuo proposito arriva troppo tardi non credi?” sussurrò la stessa voce.

“Sta zitta!”

Quella nebbia… quella nebbia adesso sembrava fatta di piombo. Lo schiacciava, lo soffocava. Spike sentì distintamente i palmi affondare nella terra mentre il grigiore della nebbia lo attorniava prepotentemente. “Lasciami. Devo tornare da lei…” tentò ancora, ma sentiva i polmoni scoppiare, riempiti da quell’aria venefica. E si accorse di non riuscire più a tenere gli occhi aperti.

Ma non poteva mollare.

Non

Poteva…

Cercò di alzarsi ancora una volta, ricadendo pesantemente su un fianco. La voce, attorno a lui o forse solo nella sua testa, continuava a ripetergli che non c’era più niente da fare e per un attimo, solo per un attimo, il vampiro si chiese se non avesse ragione e non fosse davvero così, per qualche strano scherzo del destino.

Rilassò i muscoli.

Esausto.

E attese.

Non sapeva dire quanto a lungo era rimasto in quella posizione. Forse giorni, forse ore, o forse addirittura anni. Improvviso, il volto di una ragazza bionda gli comparve davanti e una mano, delicata ma forte si protese verso di lui.

"Ti stiamo aspettando. Non arrenderti, William…" disse.

La visione durò solo pochi secondi, ma a Spike bastarono. Improvvisamente, tutto ciò che era accaduto gli tornò in mente. Christal, il rito… Aveva una missione. Aveva delle vite da salvare… doveva… voleva rivedere Buffy... Down… persino Xander. Non poteva mollare adesso… non sapeva se c’era ancora qualcosa che poteva fare, ma sapeva che non poteva restare lì immobile un secondo di più… c’era in ballo molto si più della sua vita stavolta. C’era in ballo il mondo. C’era in ballo lei.

La sua mente, accorsa nell’ultimo istante di lucidità agli occhi verdi della sua cacciatrice, scacciò con decisione la sensazione di oppressione che stava per abbatterlo, conferendogli quella forza che arriva solo nei momenti di pura disperazione, quando sembra che ormai sia tutto perduto, quando la paura di perdere ancora diventa più forte del dolore che proviamo e della morte a cui possiamo andare incontro…

William affondò le mani nel terreno, sentendole bruciare. Terra consacrata, doveva aspettarselo.

Si rialzò di scatto, sfuggendo al dolore fisico che stava diventando velocemente insopportabile, e si accorse che la nebbia intorno a lui si stava lentamente diradando, lasciando il posto a uno scenario che conosceva fin troppo bene.

“Non devi temere… un giorno qualcuno verrà a vendicarti…” sentì dire alle sue spalle.

Davanti a lui la tomba bianca, ricoperta di edera, lo fissava silenziosa. La bambina si portò un bocciolo di rosa alle labbra, sorridendo dolcemente.

“Il tuo cavaliere è coraggioso, l’ho creato apposta perché lo fosse… Adesso riposa. Ci sarà tempo per ridere di nuovo insieme, vedrai…”

Spike continuò a fissarla, stupito. Sotto il suo sguardo, la bambina aveva appoggiato il bocciolo di rosa sulla tomba e ora gli indicava la lapide, con un sorriso inquietante sulle labbra.

“Lei ti sta aspettando…” disse in un sussurro “è tempo che tu finisca quello che hai iniziato quando giungesti qui a Sunnydale…”

Il vento iniziò a fischiare più forte, diventando quasi fastidioso. Alle narici del vampiro giunse un intenso profumo di gelsomino, proprio come quella notte…

No, ti prego, non di nuovo… pregò.

Come un automa, Spike allungò una mano tremando, sapendo già quale nome sarebbe comparso su quella lapide… Ma prima ancora che potesse scostare l’edera che copriva la scritta e leggere cosa vi fosse inciso sopra, la tomba si volatilizzò sotto le sue dita, svanendo in un alito di vento.
Improvvisamente, Spike si ritrovò catapultato in una piazza con bidoni incendiati e profumo di battaglia. Sotto i suoi piedi, cumuli di cadaveri accatastati testimoniavano come lo scontro non fosse iniziato da poco.

Il vampiro si voltò.

La bambina era sempre lì e lo guardava enigmatica.

" Non puoi sfuggire al tuo destino…” sussurrò, svanendo nel vento con un sorriso triste, esattamente come la lapide prima di lei.

William si guardò intorno.

La battaglia infuriava attorno al suo corpo. Poteva sentirne i rumori distinti, i colpi di spada, il fragore degli spari e le grida dei caduti.

E poi, d’improvviso, la sua voce.

“Portate Down via di qui. Subito!”

Buffy!

“Andate. Ora!”

Spike abbassò lo sguardo verso la sua mano. Una strana luce si diffondeva dalla sua pelle, e il vampiro avrebbe giurato che un doloroso calore si sarebbe irradiato da un momento all’altro dal centro del suo petto. Ma stavolta non ci sarebbe stata un’anima da bruciare. Non più. Eppure il dolore cominciava già a intorpidirgli le gambe, inspiegabilmente.

Spike si voltò, cercandola in mezzo alla mischia e la vide, là, che combatteva contro alcuni demoni spuntati dal nulla alle sue spalle, gridando forte

“Portate Down via di qui! Adesso. Andate!”

Ma era già troppo tardi. Spike si precipitò verso di lei, brandendo una spada affilata.

“Corri! Va e salvati prima che sia troppo tardi!” urlò

“No!”

In un attimo Buffy lo afferrò per le spalle, spingendolo lontano dalla mischia. Il dolore, che fino ad un attimo prima vibrava nel suo corpo come una lama incandescente, svanì di colpo inondando la cacciatrice.

Buffy lo guardò dalla mischia della battaglia e sorrise nella sua direzione.

“Il mio dono è la morte, ricordi?” sussurrò. E prima che il vampiro potesse fare qualsiasi cosa, cominciò a bruciare, guardando nella sua direzione.

"Sai quello che devi fare, William…" disse, e inspiegabilmente scoprì il lato sinistro del collo, continuando a fissare il vampiro. Spike sentì il sangue fluirgli alla testa ed afferrò Buffy per la vita. Dimentico del fuoco. Dimentico del dolore. Dimentico di tutto.

Come se solo ciò importasse, affondò i canini nel suo collo e bevve a sazietà, fino a quando un dolore acuto alla base del collo non lo fece fermare.

Con suo grande stupore osservò le labbra di Buffy rosse del suo sangue, che gli sorridevano estasiate.

"Ora possiamo combattere…" disse, in modo indecifrabile e, prima che il vampiro si potesse rendere realmente conto di ciò che era accaduto, sparì sorridendo, in un lampo di luce.

*-*-*-*-*-*-*-*

Spike si ritrasse di colpo, come se si fosse scottato.

Si guardò un attimo attorno, stupito.

Era di nuovo nel bosco, dietro la pensione di Nyons…

Christal lo fissava dal prato, senza muovere un muscolo.

“Che cosa significa?” chiese, cercando di trovare la voce "Che cosa significa??"

Christal strinse le mani nella terra umida, sentendole affondare.

“Solo quello che hai visto. Io non posso farci niente" sussurrò "adesso… sai cosa devi fare…”

******

Los Angeles, 18 maggio

La palestra era sempre la stessa, pensò Buffy entrando. Il signor Giles doveva aver avuto il tempo per recuperare tutte le vecchie cose che si erano lasciati alle spalle, probabilmente in previsione di tempi abbastanza difficili per ritornare ad usarle. Si guardò attorno, ammirata. La piccola finestra sulla parete ammuffita faceva entrare giusto un debole raggio di sole, permettendo a chiunque di allenarsi lì dentro, era stato previdente, e il sacco marrone faceva bella mostra di sé al centro di una fila di attrezzi ginnici che avrebbero fatto invidia ad una squadra olimpica. Appese al muro, una lunga fila di armi di ogni genere e dimensione sembrava luccicare al minimo sguardo e, in fondo alla sala un fantoccio, tale e quale a quello che gli aveva confezionato Xander nella vecchia Sunnydale, stava aspettando solo una lezione di corpo a corpo.

Si avvicinò, tirandogli un calcio, poi un pugno ed infine…

La sua mano ricadde sul fianco.

Il suo sguardo si era posato su un'asta metallica appoggiata alla parete, del tutto simile a quella che William roteava quando le aveva parlato dei suoi trofei, delle sue cacciatrici…

Verrò a prenderti… sussurrò al nulla davanti a sé fammi solo finire questa follia…

Ma una vocina altrettanto insistente nella sua mente continuava a ripeterle che nemmeno lui era venuto da lei…

Perché?... perché?... "Perché… William?" sussurrò.

Il cigolio della porta che si apriva alle sue spalle e il rumore di passi cadenzati diretti nella sua direzione la strapparono ai suoi pensieri.

“Credevi forse che me ne sarei rimasto alla W&H?”

Buffy sorrise ironica. Si appoggiò con la schiena alla parete umida del seminterrato

“E così alla fine sei tornato…” constatò.

Angel abbassò gli occhi contrito.

“Non potevo certo lasciare che tu rischiassi di nuovo la vita per un mio errore”

“Beh, almeno adesso lo riconosci!”

“Che cosa?”

“Di avere commesso un imperdonabile sbaglio, circa una settimana fa…”

Angel riabbassò il capo pentito, sedendosi su una delle panche della piccola palestra improvvisata.

Rialzò gli occhi, tenendo le dita delle mani intrecciate.

“Dimmi Buffy… Ci pensi mai al tuo futuro?” sussurrò.

La ragazza lo guardò negli occhi, sconcertata. Scoppiando a ridere come se non avesse una risposta migliore

“Sto dicendo sul serio…”

“Oh, anch’io Angel, dico sul serio, davvero. E’ solo che… chissà perché… ogni volta che programmo la mia vita in un qualche modo poi c’è qualcuno che me la rovina…”

Il vampiro la guardò affranto “Mi dispiace…”

“Non fare quella faccia!” lo rimproverò bonariamente Buffy “non sei stato tu l’ultimo che mi ha promesso eterno amore e poi… è svanito nel nulla. Tu sei stato solo il primo, di una lunga serie di errori”

“Errori?” la voce di Angel era risuonata accusatoria in quel silenzio innaturale.

Buffy rimpianse una di quelle battute di Spike o una di quelle frasi sussurrate di Riley che spezzavano i suoi silenzi senza che lei nemmeno se ne rendesse conto. E che la riempivano di consapevolezza, senza pretendere nulla in cambio. Ma Angel non era come loro due. Angel voleva delle risposte, e pretendeva delle spiegazioni. E Buffy, in quel momento, non avrebbe saputo spiegarlo nemmeno a sé stessa…

“Tutto quello che cerchiamo di dimenticare è un errore, no?” sorrise, abbassando lo sguardo da quegli occhi troppo profondi e intensi. Quegli occhi in cui si era persa, tanto tempo prima. Sperando che non le domandassero altri chiarimenti, e che non le chiedessero altre interpretazioni di quella frase che le era più che altro sfuggita dalle labbra. Ma Angel non era come lei se lo immaginava. Non più.

“Io non ho mai cercato di dimenticarti…” disse.

Buffy si voltò sconcertata. Angel teneva gli occhi bassi e le labbra serrate. Le mani sovrapposte, appoggiate sulle ginocchia, rigiravano tra le dita il piccolo anello claddag che un tempo, troppo tempo fa forse, era brillato nello stesso modo anche sulle sue dita.

All’improvviso Buffy si sentì nuda e indifesa senza quel piccolo cerchietto di metallo.

“Non… non volevo dire questo…”

“Ma io sì.”

Angel si alzò. Non sembrava più il vampiro abbattuto e indifeso che era stato. Una nuova luce gli brillava negli occhi, una luce di consapevolezza, e Buffy non era certa che quel nuovo vampiro le appartenesse ancora come una volta, anche se lui aveva appena finito di dichiararle il contrario…

“Ne abbiamo passate tante Buffy, abbiamo davvero affrontato qualunque minaccia presente sulla faccia della terra, dai sindaci demoniaci agli amanti fantasma, ma non abbiamo mai saputo affrontare noi stessi”

“Angel, io…”

“Io sono cambiato Buffy." Esclamò lui, avvicinandosi "Non sono mai cambiato così tanto come in questi ultimi sei mesi. Pensa che ho addirittura stretto un patto con le forze delle tenebre per gestire una filiare di avvocati, e che ho perso i miei migliori amici perché non ho saputo vedere al di là di quello che mi stavano offrendo. Pensavo di combattere il male dall’interno e invece mi stavano soltanto prendendo in giro. Credevo che combattere mi avrebbe distolto dal mio vero problema. E invece vedo che tutto quello che sono riuscito ad ottenere è che altri cadessero nella mia stessa situazione. Senza via d’uscita.
Sono stanco di sbagliare Buffy.
E sono stanco di cercare di dimenticare quello per cui ho sbagliato.
Adesso voglio soltanto ricominciare.
E per farlo, ho bisogno di te…”

Buffy lo guardò respirando a fatica.

All’improvviso, era come se tutto quello che c’era intorno a lei ne fosse stato assorbito, cancellato.

Sentiva il cuore battere ritmicamente, sempre più forte, riempiendo la stanza.

La sua mano, chissà come, era finita in quella del vampiro, toccando la piccola fede di metallo.

Tremando al contatto con la sua pelle liscia e gelida e ricambiando quella stretta senza rendersene nemmeno conto.

“Ho bisogno di te…”

“Aiutami…”

Buffy sbatté un paio di volte le palpebre.

Quella voce…

Distolse lo sguardo da quello di Angel. Le sue iridi erano troppo profonde e intense. Le sue labbra… troppo vicine e invitanti. La sua bocca…

Ritirò le mani di scatto, ficcandosele nelle tasche.

“Mi dispiace. Non posso darti quello di cui hai bisogno” sussurrò d’un fiato, voltando le spalle al vampiro.

Angel fece un passo indietro.

“Capisco…” disse sommessamente, mentre quella singola parola cadeva tra di loro più pesante di un macigno. “Io ora ho un figlio. Ho fatto molte scelte sbagliate. Non posso obbligarti a vivere la tua vita accanto a me. Ma non posso nemmeno restare fermo a guardare mentre decidi di buttarla via.”

Buffy si voltò di nuovo, esterrefatta.

“Che… cosa?!”

“Hai capito bene!” esclamò di rimando Angel

“Non resterò nell'ombra a guardarti mentre getti via la tua vita. L’Immortale, Riley, Spike… Quello che voglio dire è che tu non hai bisogno di nessuno di loro. Loro non ti meritano!”

“Io non sono un trofeo da vincere!” esclamò Buffy, assolutamente esterrefatta, ma Angel evidentemente non aveva alcuna intenzione di ascoltarla.

“E così sarebbe una tua libera scelta eh?” esclamò il vampiro stringendo i denti “Con chi ti metterai la prossima volta? Forse con Xander o con il Primigenio da cui tutti stiamo cercando di scappare?! A chi ti concederai eh? A un lupo mannaro?”

“No, quella è Willow! Ma vedo che la gelosia ti ha già mandato fuori fase il cervello!” urlò Buffy, al limite della sopportazione

“E ne avrei tutto il diritto non credi?!" rincarò invece la dose Angel "Sono io che ti ho salvato l'anno scorso, io che ti ho protetta vegliando su di te da lontano, io che ti ho baciata l'anno scorso, io… quello della storia del biscotto poco cotto. E meno di tre mesi dopo scopro che esci con l'Immortale!”

Lo schiaffo arrivò veloce quanto potente.

Angel si passò una mano sulla guancia e poi la guardò, in silenzio.

"Non hai il diritto di dirmi cosa devo o non devo fare." esclamò Buffy, voltandosi per uscire. "E per la cronaca, non ci sono mai uscita lo stavo solo spiando!"

Angel restò in silenzio.

“Buffy, ascoltami io…”

“No!” Buffy lo guardava fisso negli occhi adesso. Un dito teso e le labbra contratte “No. Non venirmi a dire che ne hai tutto il diritto Angel. Tu non hai… la minima idea di cosa io abbia passato in questi ultimi tre anni. Tu non sai… cosa significhi essere richiamati indietro dal paradiso senza apparente motivo. Dover combattere contro la tua migliore amica. Affronare il male in persona e dover ritornare al liceo per proteggere tua sorella. Tu non sai… niente di tutto questo. E sai perché? Perché eri troppo occupato altrove per interessartene!"

"Adesso stai esagerando"

"Beh, l'hai fatto anche tu prima, non credi?!" urlò quasi Buffy.

In fondo era sempre stato così dopo che si erano lasciati. Parole fredde, fatte per rinfacciarsi ciò che non erano più… e che non sarebbero mai più potuti essere. Ma stavolta Buffy aveva capito. Stavolta sarebbe stata l'ultima. Quindi continuò, senza remore o rimpianti. Senza misurare le parole perchè entrambi, dopo quella notte, sarebbero andati avanti.

"Pensi che sia stato facile per me lasciarti andare? Pensi che non ci sia stata male i primi tempi, male da impazzire?" esclamò "Però la vita non è fatta solo di quello che avremmo potuto essere, Angel. Io ti ho amato. Tanto. E non credere che lo stia dicendo solo perché ci sei tu qui davanti o… per qualche altro assurdo motivo. Io ti amavo. Ma tu te ne sei andato… due volte.”

“Sono anche tornato però…”

“Oh, sì. certo!” esclamò Buffy sull’orlo dell’esasperazione “Certo sei tornato, Angel! Non appena le cose si mettevano per il peggio tu comparivi sempre qui per aiutarmi! O per controllarmi? Non hai mai capito che era l’aiuto quotidiano ciò di cui avevo bisogno? Almeno gli altri, quelli che tu dici che non mi meritano, loro c’erano. E anche se non erano considerati degli eroi, si sono fatti in quattro per aiutarmi!”

“Io ti ho lasciato per poterti dare un’occasione migliore!”

“E allora rassegnati Angel!” gridò quasi Buffy, lasciando che le lacrime le scorressero copiose lungo il volto contratto. Ma ferma come non mai in quello che stava dicendo.

“Perché quell’occasione migliore io l’ho già trovata.

E non sei tu.”

E con queste poche parole Buffy uscì dalla stanza, lasciando il vampiro da solo a riflettere, con i suoi rimorsi.

******

Svezia, 19 maggio 2004

La cella era umida e fredda.

L’uomo avanzò di un passo, maestoso.

Incedendo altero in mezzo a quel cumulo di corpi senza speranza.

“Conosco la persona che fa per noi” aveva detto il suo signore e padrone, una volta sentito il suo piano. L’Immortale arricciò il naso, avanzando tra il fetore insopportabile e lo squittio dei topi. La persona che faceva per loro, certo! Ma come poteva lui cercare una persona in mezzo a tutto quel marciume. Una mano gli si aggrappò con forza a una falda della toga e due occhi color del ghiaccio lo guardarono supplicanti.

Il demone scosse violentemente il tessuto per staccarsi di dosso quella scocciatura e continuò a proseguire.

“Cosa cercate esattamente?” la voce del carceriere lo sorprese, sia per la sua limpidezza che per la sua contemporanea mancanza di pietà.

‘Cosa’…

Persino lui considerava quei prigionieri supplicanti alla stregua d'inutili animali da macello. Anzi, forse persino meno che animali…

“Sto cercando un uomo di nome Etan Rayne. So dai vostri archivi che è ancora vivo…” spiegò il demone con calma, continuando ad avanzare.

“Etan Rayne?” sussurrò fra sé e sè il carceriere, rimanendo un attimo pensieroso “Ah, già, Etan Rayne!” esclamò d’un tratto, come colto da una folgorazione improvvisa “L’adoratore del caos! E' arrivato qui parecchio tempo fa e da allora nessuno gli ha mai fatto visita. Che cosa vuole da lui?”

“Solo… parlargli” L’uomo annuì serio “Beh, a dire la verità…” cominciò massaggiandosi il collo con una mano “… insomma, non per rompere le uova nel paniere, ma il fatto è che non so se vi capirà… stare qua dentro ti cambia. Non ha idea di quanti diventano pazzi… o folli… e la maggior parte di quelli che restano sani si chiudono nel loro mutismo per non sentire le urla di chi gli sta attorno”

“E’ ciò che amo di questo posto…” commentò l’Immortale girando la testa e scrutando un altro corpo

“Ma Etan è fatto di una pasta diversa…” ricordò quasi con nostalgia il secondino “Non ho mai visto nessuno resistere così tanto e così ‘bene’ in un posto come questo”

“Che intendi dire?” chiese lui scavalcando un vecchio

“Che si era organizzato alla perfezione. Gestiva il traffico di ogni cosa all’interno del carcere: armi, cibo, medicine, bevande, incantesimi. Se volevi qualcosa era a lui che dovevi rivolgerti e non sbagliava un colpo. Un vero affarista! Però poi mi hanno trasferito e da quando sono tornato non ho più sentito parlare di lui…”

Un’altra mano che si aggrappava, e un altro corpo da rispedire in un angolo con una spinta

“Stavi dicendo?”

“Beh, forse questo atteggiamento non era ben visto dalle autorità locali, ma qui all’interno del carcere tutti, dagli ufficiali ai prigionieri, si servivano dei suoi traffici. Sa, quando uno è riuscito ad evadere una zona di massima sicurezza acquisisce una certa autorità. E qui la vita è dura, sia fuori che dietro alle sbarre”

“Interessante…” mormorò l’Immortale scavalcando un demone disteso per terra e dirigendosi spedito verso un angolo della prigione.

Il carceriere continuò a seguirlo mormorando, ma ormai le orecchie del demone non prestavano più attenzione alle sue parole. In un angolo un uomo lo guardava con uno strano sorriso sulle labbra.

L’Immortale si avvicinò ancora di un passo, quasi fluttuando in direzione dello sconosciuto.

Quando gli fu tanto vicino da poterlo toccare l’uomo alzò con decisione lo sguardo, puntandolo dritto nei suoi occhi, senza timore.

“Sapevo che saresti venuto. Ti aspettavo.” mormorò

L’Immortale tese una mano verso Etan Rayne, aiutandolo ad alzarsi e sotto lo sguardo stupito del carceriere, gli abiti di Etan si aggiustarono e si pulirono magicamente.

“Ma… questo… cosa significa?” balbettò indicandolo.

Etan sorrise e l’Immortale si voltò verso l'uomo.

“Questo…” ripeté il demone estraendo dalla tonaca un pugnale d’argento intarsiato e conficcandolo con prontezza nel torace del secondino “significa che non abbiamo più bisogno di te”.

*****

NdA: allora, che ne dite? Corro a nascondermi? A parte gli scherzi, finalmente abbiamo visto un confronto tra Buffy e Angel, oltre a un piccolo scorcio di ciò che fa tanto preoccupare Giles. Spike è sulla strada di casa e Buffy e la scooby si apprestano ad eseguire il rituale. Ma cosa avrà mai in mente l'Immortale?
Ormai non mancano molti capitoli per cui… alla prossima! 
E, come al solito, un grazie infinito a chiunque recensisce la storia!!!

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Capitolo 8
*** The ritual - II ***


CAPITOLO 8





*****

Los Angeles 19 maggio

“E’ tutto pronto?” la strega si voltò sorridendo

“Sì, ormai ci siamo. Chiama Angel”

“Sono qui…”

Il vampiro uscì dall’ombra camminando piano, dirigendosi verso il cerchio magico dove Down lo stava aspettando con le mani intrecciate.

“Ditemi cosa devo fare…”

Willow alzò lo sguardo, sorridendo. Era bello constatare come Angel non fosse cambiato di una virgola, anche sotto tutta quella scorza di managerismo autoritario. In fondo era bastato vedere la sua espressione, felice e malinconica al tempo stesso, per convincerla che quel vampiro tormentato avesse solo indossato un’altra delle sue innumerevoli maschere, cercando di ingannare tutti, persino sé stesso, di essere migliore di ogni altro.
Ma senza crederci realmente.
Un eroe.
Con la morte dei suoi amici nel cuore.

“Siediti lì, accanto a Down” gli indicò, protendendo l’indice verso l’interno del cerchio magico ravvivato da dodici piccole candele arancio.

“Buffy, tu vai lì, vicino a lui. Il rituale è molto semplice: quando Down vi farà segno, dovrete soltanto far cadere alcune gocce del vostro sangue all’interno del cerchio più piccolo, tagliandovi con questo” disse.

La cacciatrice prese in mano un piccolo pugnale di ossidiana intagliato, apparentemente normale.

“E questo che cosa sarebbe?” chiese.

“Lo chiamano la Lama di Tékal" disse, continuando a prepararsi "ed io penso che sia un catalizzatore di energia. In ogni caso Vincent e Giles hanno fatto tutti i test necessari e puoi stare tranquilla, non ti succederà niente… è tutto sotto controllo.”

Buffy rigirò il coltello tra le mani e poi fece un passo, entrando nel cerchio magico. Down fece cenno ad Angel di seguirla e poi guardò Xander, in piedi alle sue spalle, con una torcia di legno di betulla stretta fra le mani.

“Ok, quando avrete fatto, Down si unirà a me nella recitazione dell’incantesimo e poi tu, Xander, quando ti daremo il segnale, spegnerai con un soffio la candela bianca”

“Agli ordini comandante!” sorrise il ragazzo, unendo al gesto un saluto militare.

“Ok… cominciamo…” disse alla fine Willow in un soffio.

Dopo un piccolo cenno d’intesa in direzione di Buffy, la strega distese le mani cominciando a recitare la formula. Il signor Giles cercò con apprensione lo sguardo sicuro dell’amico, non riuscendo a trovarlo. Dall’altro lato della stanza, Vincent era preoccupato come loro, il cuore che gli martellava in petto senza dargli tregua, annebbiando i suoi pensieri.

All’improvviso la mano di Willow scattò velocemente verso il cielo, proiettando un vortice magico sopra le loro teste.

Era iniziato.

*****

“Allora, cosa volete da me?”

Il demone lo guardò sorridendo, indicandogli una seggiola intarsiata con un ampio gesto della mano.

Etan si guardò intorno.

La stanza era elegante, raffinata; su un tavolo, alla sua sinistra, un’ampia coppa di rame conteneva un ingente quantitativo di quella che, a prima vista, poteva essere scambiata per polvere d’oro. Del più fino per giunta. L’uomo allungò una mano in direzione del cratere, immergendovi due dita. Rimase di stucco quando si rese conto che la polvere era veramente d’oro, e dentro potevano notarsi anche alcuni meravigliosi brillanti e almeno una trentina di pietre tra topazi e smeraldi.

“Ti tratti bene, non c’è che dire…” commentò, restituendo il maltolto con una smorfia

“Può essere tua se ci aiuterai…”

La voce del demone gli allargò in un rapido sorriso.

“Adoro il caos, non la stupidità.” affermò Etan, rialzando lo sguardo.

Un servo gli tese una salvietta affinché si pulisse e l’osservatore la afferrò con un sorriso tirato. Da quando era arrivato, quei demonietti rompiscatole non lo avevano lasciato in pace un singolo istante, prodigandosi in un mare di inutili inchini e porgendogli tutto quello che chiedeva e persino quello che non voleva neppure vedere. Evidentemente il loro padrone era stato molto chiaro sul suo conto. Ma se questo era da un certo punto di vista quanto di più piacevole gli capitasse da tanto tempo, Etan sapeva bene che nessuno dava niente per niente. Quindi, accettò di buon grado l’asciugamano e lo restituì al servitore con un cenno di ringraziamento senza lasciare trasparire nulla di quanto pensava davvero.

Del resto, Etan Rayne non era il tipo a cui piaceva lamentarsi. Non finché la situazione giocava a suo favore quantomeno.

“Non sono uno dei tuoi servitori.” disse “Non ci vuole un genio per capire che tutto quello che stai facendo lo fai con uno scopo ben preciso. Evidentemente ti servo, oppure ti servono le mie capacità, ad ogni modo lascia che ti dica una cosa: non sono il tipo che si mette sotto più di un padrone. E soprattutto non sono il tipo di uomo che si lascia comprare con delle promesse da quattro soldi.”

Il demone si sporse verso di lui ridacchiando.

“Tutti hanno un prezzo.” disse, rivolgendosi poi alla figura che gli stava a fianco “Devo ammettere che avevi ragione Immortale: quest’uomo ha proprio un ottimo senso dell’umorismo…”

Etan lo guardò interrogativo.

“E può essere che faccia anche al caso nostro” concluse, puntando sul volto di Etan due occhi tutt’altro che rassicuranti.

Piccoli come fessure.

L’ex membro del consiglio degli osservatori si chiese per un attimo cosa si nascondesse dietro a quelle feritoie, quelle due finestre su tutto un altro mondo… un mondo che non voleva scoprire in ogni caso.

“Dici di non essere un stupido Etan Rayne, e io ti credo.” Riprese il demone, appoggiando il collo rugoso allo schienale della sedia e prendendo un sonoro respiro.

“Tuttavia, io penso che con questo piano potremmo arricchirci entrambi.”

“Non è la ricchezza che mi interessa” disse, risoluto.

“Senza contare, che io ritengo che tu sia l’uomo più adatto per il nostro piano e quindi, se non volessi collaborare, dovrei usare dei metodi un po’ più… persuasivi. Non so se mi spiego…”

Gli occhi rossi del demone si allontanarono per un istante da quelli verdi di Etan e si puntarono in un angolo della stanza, fissando una scatola. Una scatola di metallo in cui poteva essere contenuto di tutto, concluse l’osservatore. Tutto. Tranne qualcosa di piacevole per lui, s’intende.

“Parla, ti ascolto” concesse quindi l’umano, decidendo di lasciargli almeno il beneficio del dubbio. In fondo lo aveva tirato fuori da quella prigione. A pensarci bene, glielo doveva…

“Per questo non ci saranno problemi….” sussurrò gongolante il demone

“Il mio piano è semplice. Voglio distruggere la cacciatrice.”

Etan lo guardò per un lungo istante.

Poi, scoppiò in una fragorosa risata.

“Tu… vorresti…” balbettò senza riuscire a parlare “vorresti…”

L’Immortale e il demone si rivolsero un’occhiata interrogativa per poi ritornare a puntare gli occhi sull’uomo che si asciugava le lacrime sbilanciandosi sulla sedia.

“Tu…” continuava intanto Etan, riuscendo a stento a parlare “vorresti… uccidere la cacciatrice?!”

“Che cosa c’è da ridere?” ringhiò il demone

“E me lo chiedi pure?” esclamò Etan sbarrando gli occhi “e poi dicevi che ero io quello col senso dell’umorismo! Uccidere la cacciatrice…” ripeté alzando gli occhi al cielo, scosso da un ennesimo eccesso di risa.

Il demone seduto sul trono si rivolse all’Immortale puntandosi un dito alla tempia.

“Ehi! Non sono pazzo!” lo fermò subito Etan, smettendo per un attimo di ridere “non lo sono mai stato!”

“E allora cosa trovi di così divertente in quello che ti ho appena detto?” chiese il demone

Etan allargò di nuovo le labbra in un sorriso provocatorio.

“Voglio uccidere la cacciatrice!” ripeté con enfasi, muovendo ampiamente la propria mano come se stesse illustrando una scritta gigantesca e rivolgendosi subito dopo all’Immortale.

“Se mi avessero dato cinque centesimi per ogni demone che se n’è uscito con questa frase negli ultimi sette anni, sarei spaparanzato su una spiaggia dei Caraibi con le ciabatte d’oro ai piedi e uno smeraldo per ogni ragazza che volesse venire a letto con me! Del resto, se mi avete tirato fuori da quello schifo di posto solo per propormi di partecipare a questo assurdo piano, allora lasciatemi dire che avete perso il vostro tempo! Il mondo pullula di cacciatrici! Da un anno a questa parte saltano fuori da tutte le parti, si riproducono come i conigli! E, sinceramente, ritengo che se voleste uccidere una cacciatrice a caso non avreste certo bisogno del mio aiuto, ma d'altra parte…”
l’osservatore si sporse in avanti, puntando gli occhi sfacciatamente in quelli del demone “sappiate che uccidere Buffy Summers è un’impresa che va oltre le vostre possibilità, chiunque voi siate.”

L’Immortale si fece serio, ma Etan continuò comunque, fregandosene delle conseguenze.

“Io la conosco. La piccoletta ha uno stuolo di amici, un osservatore che la ama come una figlia, una strega che per lei sarebbe disposta a distruggere l'intero pianeta, un ex-fidanzato protetto dalle forze regolatrici del cosmo e una lista lunga così di demoni che avevano il vostro stesso obiettivo e che ora marciscono due metri sotto terra compresi un maestro vampiro, una dea infernale e un pupazzo modello Frankenstain creato dalla squadra speciale della Difesa degli Stati Uniti d’America” enumerò con serietà “Perciò, se volete fare la festa a Buffy Summers, lasciate che vi dica che siete voi i pazzi!”

Il demone seduto sul trono lo guardò per un lungo istante con le dita intrecciate a pochi centimetri dalle labbra e un’espressione molto seria sul volto. L’Immortale era rimasto immobile ed Etan, cessato l’eccesso di risa che lo aveva colto come l’onda di piena prima di una tempesta, si sentiva minacciato, ora più che mai, dal silenzio innaturale che si era creato nella stanza. Persino i servi si erano rannicchiati in un angolo, tremando. Temendo la reazione del loro signore contro chi lo aveva così apertamente contraddetto. Ed anche l’osservatore si accorgeva di avere, adesso, le mani umide di minuscole gocce di sudore freddo.

‘Al diavolo!’ pensò. Se doveva andare all’altro mondo almeno lo avrebbe fatto dopo essersi sfogato ed aver detto quello che pensava a quei due incompetenti! Non si faceva certo mettere i piedi in testa da nessuno lui. Non più!

“Non mi avevano detto che eri diventato un simile codardo…” sussurrò alla fine il demone, senza mutare espressione.

Etan aggrottò la fronte, ma poi distese i lineamenti con tranquillità e si appoggiò con calma allo schienale della poltrona.

“Io non sono un codardo” disse con calma “ma conosco i miei nemici. L’ultima volta che mi sono messo contro la cacciatrice, mi hanno spedito in un carcere di massima sicurezza, dal quale poi sono evaso, e quindi in quel letamaio da cui mi avete tirato fuori. Non ci tengo a fare di nuovo la fine del topo. Ecco la mia proposta, prendere o lasciare. Primo: io faccio per voi l’incantesimo di cui avete bisogno, ma non rimango qui a compiacermi come faccio di solito. Prendo il primo volo in partenza e sparisco dalla città, dallo stato, dal continente. Secondo: se voi vincete, voglio la garanzia assoluta che non mi sarà torto un capello, né adesso né mai. Tutto chiaro?”

L’Immortale sorrise, seguito subito dopo dal demone seduto sul trono.

“Bene…” riprese allora Etan portandosi le mani dietro la testa e rilasciando un leggero sospiro di sollievo “Credo che allora l’accordo possa considerarsi concluso.

Voi avrete quello che volete, io avrò quello che voglio.

Possiamo dirci tutti soddisfatti, non trovate?

E adesso, mettiamoci al lavoro…"

*****

Los Angeles, casa di Giles

Il vortice di luce e lampi era qualcosa di stupefacente e terrificante allo stesso tempo. Buffy guardò con apprensione il vampiro che le afferrò una mano pacato.

“Angel… fermiamo questa cosa… ho come… una sorta di presentimento…” disse Buffy ma Angel si limitò a stringerle più forte la mano, mentre Willow pronunciava ad alta voce alcune parole in una lingua che nessuno conosceva e dirigeva il vortice esattamente sopra le loro teste.

Ormai nell’occhio del ciclone, il vampiro moro afferrò la lama di Tèkal serrando l’altra mano intorno alla lama nerastra. Sollevò lo sguardo e guardò Buffy, poi, strinse più forte le dita intorno all’elsa del pugnale e sfilò la lama dalla sua mano con un movimento rapido e deciso.

Gocce purpuree e dense iniziarono a cadere nel mezzo del cerchio di sabbia dorata, scavando piccole pozze rossastre.

Buffy impugnò il coltello scuotendo la testa

“Non deve andare così, fermiamo tutto, Angel!” disse.

Il vampiro strinse le labbra

“Dobbiamo salvare il mondo, Buffy” disse, rassegnato “Non importa a quale prezzo. Dobbiamo salvarlo”

E detto questo appoggiò la lama nera dalle mani di Buffy e le afferrò il polso, incidendovi un solco profondo e preciso.

Il sangue del vampiro e della cacciatrice si unirono scorrendo in rivoli sempre più veloci e densi. Alle loro spalle, Down versava oli aromatici e pozioni complicate in piccoli cerchi vicino ad un libro sacro, recitando formule antichissime.

“Che le forze diventino uno!” declamò Willow, mentre il sangue sgorgava copioso dalla ferita ancora aperta. “Che la stirpe eletta rinasca. Oh dei, accogliete il nostro sacrificio!”

In una frazione di secondo, Buffy sentì tutte le sue forze venir meno ed Angel le fu accanto, sostenendola e ricambiando ancora una volta quel suo sguardo inquieto che esprimeva più di mille parole.

“Andrà tutto bene…” sussurrò accarezzandola. Provando ancora una volta l’illusione che i sentimenti che vedeva brillare sul suo volto fossero per lui. E trovandoli cambiati…
Finalmente, la cacciatrice chiuse gli occhi.

E sorrise.

“Stupido…” sussurrò Buffy, accarezzando il volto ombroso di Angel e sovrapponendo alla sua immagine quella di un altro vampiro, più irriverente e irrispettoso, con due occhi colore del cielo che sembravano volerle passare attraverso ogni volta che si incontravano,

“Stupido…” ripeté sorridendo “Sai bene che ti amavo…”

Poi,

più nulla.

Willow si protese in avanti, sudando freddo.

“Mia… dea…” invocò con un filo di voce, mentre già le sue mani si stringevano attorno alla pergamena col testo del rituale, protendendosi verso il sangue di Buffy e del vampiro “mia… mia dea…”

“Willow!”

Giles avanzò preoccupato verso di lei, sordo alle minacce di Vincent.

“Willow!”

L’osservatore s'inginocchiò al suo fianco, fissandola seriamente.

“C’è… c’è qualcosa che non va Giles!” sussurrò la ragazza, in un soffio di fiato. Xander le fu vicino senza che nemmeno Rupert se ne accorgesse

“Lascia stare tutto, Willow. Vieni via. Hai tentato..”

“No…”.

Vincent era rimasto impietrito sull’orlo del tavolo. La determinazione della ragazza era degna di una strega d’alto livello e così i suoi poteri… ma forze più potenti di lei, troppo potenti, stavano entrando in gioco per impedirle di continuare

“Vieni via di lì, interrompi tutto!” gridò quindi, deciso “So che non vuoi, ma non puoi farcela se c’è qualcuno che ti ostacola! Ritenteremo!”

Giles annuì preoccupato alle parole del suo amico, posandole una mano sulla spalla e lanciando nel frattempo uno sguardo preoccupato a Buffy, certo che nemmeno da morta lo avrebbe perdonato se ci fosse stato anche solo un qualche rischio per i suoi amici

“Devi dare retta a Vincent, Willow. Ritenteremo…”

“Ma signor Giles…”

“Ha ragione.”

Il tono di Down, che fino a poco prima si era tenuta prudentemente in disparte, non ammetteva repliche. E così pure il suo sguardo, fermo e deciso. Con una certa urgenza malcelata sotto le iridi chiare. “Devi interrompere quella magia e allontanarti dalla fonte del potere più in fretta che puoi” poi, vedendo che ancora tentennava, l'osservatore esclamò: “Qualcuno sta cercando di usare la tua forza. E non è il solo. Se continuerai, useranno la tua energia per catalizzare una reazione mistica che non vogliamo! Lo sento!”

La strega la guardò un istante, continuando a tenere le dita strette intorno alla carta.

E poi, infine, cedette.

Willow annuì, chiudendo gli occhi e smettendo di recitare l’incantesimo.

Lasciò la presa.

Il corpo esanime di Buffy ricadde tra le braccia protettive di Angel mentre questi si appoggiava alla parete, esausto. Xander fu lesto ad afferrare al volo Willow, un attimo prima che lo facesse anche Giles. E Down, smetteva semplicemente di cantilenare le sue litanie ripetitive chiedendosi, in un moto di preoccupazione, se e quando la sua energia fosse mai entrata in gioco.

L’incantesimo era finito.

E non era riuscito.

“Portiamola di sopra…” sussurrò senza respiro Giles, aiutando Vincent a sollevare Buffy.

“Portiamola di sopra…” ripeté, mentre già il demone avanzava, incominciando a salire le scale, con il suo fardello appoggiato tra le braccia.

*****

“E poi è stato come se le mie potenzialità aumentassero di colpo e subito dopo venissero spazzate via…”

Willow ascoltò, tenendo il ricevitore attaccato all’orecchio

“Tu che cosa ne pensi?”

“Penso che vorrei che fossi qui con me…” rispose. E quasi poté vedere il sorriso dolce di Kennedy e la sua mano forte posarsi affettuosamente sulla sua spalla.

“Abbiamo tentato l’incantesimo per ripristinare la regola della Prescelta” spiegò alla fine Willow “Credo sia per questo che ti sei sentita così strana…”

Silenzio.

“Le altre ne sono già al corrente?”

“L’ho detto a tutte quelle che ho potuto. Ma in ogni caso per il momento non abbiamo niente di cui preoccuparci: l’incantesimo non è riuscito… i Senior Patners attaccheranno presto.”

“Oh cielo…” si lasciò sfuggire Kennedy “Che… che cosa è successo Willow?”

“Magari lo sapessi!” sbuffò lei scostandosi una ciocca di capelli dal volto “All’improvviso mi sono accorta che qualcosa non funzionava, come se qualcuno si fosse immesso nell’incantesimo e… forse avevamo sbagliato qualcosa, o forse io non ero abbastanza concentrata. Giles mi ha detto di lasciare perdere e io l’ho fatto. E adesso, loro attaccheranno. E ci uccideranno tutti.”

“Non essere così pessimista…”

“Ok, allora ci prendono come ostaggi e una morte atroce metterà fine alle nostre sofferenze dopo mesi di terribili torture. E’ l'ipotesi migliore che mi viene in mente…”

“Cercherò di venire da te il prima possibile”

“No!”

La ragazza attese un istante prima di parlare di nuovo, stupita come non mai dal tono tagliente della strega dall’altro capo del ricevitore.

Willow non la voleva con lei? Perché?

“Scusami…” si affrettò a dire la strega “E’ solo che non voglio che tu sia in pericolo Kennedy”

“Nemmeno io lo voglio Willow “ rispose lei senza pensarci “ma non posso restarmene qui sapendo che tu intanto rischi la tua vita per la salvezza del mondo. Il mio mondo sei tu. Se domani ci sarà battaglia, allora voglio”

“No!” esclamò Willow di nuovo “No. La battaglia ci sarà e tu no. E’ proprio questo il problema. Tu non saresti in grado di affrontarla. Saresti solo d’intralcio!”

“Willow, io…”

“Per una volta dammi retta Kennedy. Stanne lontana!”

“Va bene… va bene…” sussurrò la cacciatrice, le orecchie che ancora le bruciavano per le parole della sua ragazza. "Farò come dici tu."

Ma Willow aveva già riagganciato, nascondendosi il bel volto tra le mani.

“Hai fatto bene. Lo sai vero?”

La strega rialzò lo sguardo.

Dalla porta, Rupert Giles la guardava con rispetto, appoggiato alla parete.

“E’ solo che vorrei tanto che lei fosse qui, vicino a me…”

L’osservatore avanzò di qualche passo, portandosi lentamente sino alle spalle della strega. E appoggiando le sue dita calde sul suo collo teso.

“Come hai detto tu prima, se dovessimo riuscire, per qualche assurdo miracolo, a completare l’incantesimo allora lei sarebbe soltanto una preda fin troppo facile. Una ragazzina come le altre. Non avrebbe né la forza né la preparazione adatta per affrontare una battaglia come quella a cui stiamo andando incontro e allora sì che morirebbe. Tenendola lontana, potresti averle salvato la vita…”

Willow rialzò lo sguardo annuendo piano. Dall’altro capo della casa, giunse il rumore inconfondibile di una catasta di roba che cadeva e di un paio di voci che si rimbeccavano a vicenda.

“Posso darle una mano con le ricerche, signor Giles?” chiese.

Rupert sorrise annuendo.

“Ma certo” disse

“Anzi, penso che Xander abbia proprio bisogno di una mano con i volumi de quarto scaffale…”

Willow lo guardò con gratitudine e s'incamminò lentamente verso il tavolo del soggiorno. Rimase fermo per un attimo a guardarla. Willow stava cercando di non pensare a quello che poteva accadere seppellendo i suoi problemi dentro ad un mare di libri, come spesso aveva fatto lui da ragazzo. Una vocina nella sua testa gli disse che quella strega sarebbe stata un’ottima osservatrice, se fosse nata in Inghilterra, ma scacciò subito quel pensiero dalla mente al ricordo della presunzione del Consiglio e della loro imperturbabile sfacciataggine nel trattare tutti come oggetti al loro servizio. No, loro avrebbero rovinato quel cristallo gentile e delicato che si era già incrinato un paio di estati prima, e non per colpa sua. S'incamminò anche lui verso il tavolo delle ricerche, ringraziando il cielo, o il fato, che una ragazzina come Willow fosse nata sotto le stelle californiane.

Poi, certo che nessuno lo guardasse, raccolse dalla sua scrivania una busta dall’aria antichissima e se la infilò in tasca.

******

“Ok. Basta. Io ci rinuncio! Trovatevi qualcun altro!”

“Xander…”

Il ragazzo girò velocemente su sé stesso. Tanto rapidamente da far temere a Vincent che stesse per cadere per terra.

“E’ solo che non ce la faccio più!” rispose Xander lasciando cadere le braccia lungo il corpo, esausto “Non riesco nemmeno a pensare che siamo rinchiusi qui dentro ad aspettare la fine del mondo, cercando soluzioni che non esistono in tutti questi libri che non ci sono di nessun aiuto! Maledizione!” urlò, chiudendo tanto violentemente il volume che aveva davanti che una spessa nuvola di polvere uscì dalla rilegatura sbiadita. “Tanto varrebbe mettersi alla ricerca della pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno… o della casa di Babbo Natale!”

“Beh, la pentola d’oro alla fine dell’arcobaleno esiste…”sussurrò Vincent soprapensiero “ma su una cosa hai ragione: non la troveresti mai” aggiunse davanti allo sguardo stupito di tutti i presenti.

“Tuttavia qui non stiamo parlando di leggende o antichi folletti. L’entità che si è introdotta nell’incantesimo di Willow è una presenza ben definita. E antica, oserei dire”

“E potente!” aggiunse Down

“E con un odio smisurato verso la stirpe delle cacciatrici…”

“Sì, e magari alta e con gli occhi azzurri, ma vi sentite quando parlate?!” esclamò Xander sull’orlo di una crisi di nervi “la descrizione che ne state dando potrebbe adattarsi perfettamente a migliaia dei demoni di Sunnydale! Per non parlare di Los Angeles!”

“Ti sbagli di nuovo Xander.”

La voce di Giles, calda e asciutta, era stata una sferzata sul pessimismo corrosivo del ragazzo. Del resto, da come si stavano mettendo le cose, serviva assolutamente una presa di posizione e Giles non si era certamente tirato indietro, scrutando con irriverenza il ragazzo che aveva risposto col silenzio.

L’osservatore avanzò di un passo, appoggiando le mani sul pesante tavolo di noce mentre Willow scivolava veloce alle sue spalle, immergendo lo sguardo nel primo volume che aveva sottomano. Rupert sfogliò lentamente qualche pagina dell’antico libro che gli aveva portato Vincent e poi lo voltò in direzione dei ragazzi in modo che vedessero. Dalla carta ingiallita, un demone dalla pelle rugosa sembrava scrutare il volto dei giovani con uno straordinario sguardo di cristallo.

“Le informazioni che abbiamo su questo demone sono tutt’altro che vaghe” spiegò Giles indicando con un dito la figura “Ho parlato con Willow. Non sono molte le creature che possiedono un potere magico tanto sviluppato, e ancora meno quelle che lo userebbero per intralciare ciò che stiamo facendo. Il mondo senza una miriade di cacciatrici, sarebbe molto comodo per la maggior parte delle creature infernali e poi, quasi nessuno di loro sa dell'esistenza del rituale.”

“Quasi nessuno?” ripeté Down soprappensiero “quindi qualcuno c’è…”

“Temo proprio di sì.” Giles riprese in mano il libro e lo sfogliò di nuovo fino a trovare ciò che cercava

“Questa” disse voltando nuovamente il libro “è un’illustrazione a china di un demone antichissimo meglio conosciuto come Immortale. Durante i secoli è stato spesso avvistato nei centri abitati e, secondo il parere di Angel, è anche un grande donnaiolo…”

“E questo cosa c’entra con noi?” chiese Xander.

La figura illustrava un tipo alto, slanciato, con uno smoking e un elegante bastone da passeggio.

Non era certo molto inquietante a dire il vero… Buffy distolse lo sguardo e Giles sospirò.

"So da una fonte abbastanza attendibile che un demone di nome Immortale ha mostrato… diciamo… interessamento nei confronti di Buffy, soprattutto nell’ultimo periodo.”

“Altrochè!" saltò su Down "le lasciava tutte le sere qualcosa di strano sotto la porta; per non parlare del fatto che la pedinasse e… d’accordo, ho capito: sto zitta…”

“Brava Down” sbuffò Xander visibilmente alterato.

Evidentemente non bastava che la sua migliore amica si chiudesse nel suo mutismo e non gli dicesse più niente della sua vita privata. Ora anche Down doveva tenergli le cose nascoste! Si sentiva stranamente tradito dopo tutti quei silenzi… e poi Buffy che usciva con un altro immortale? No! Lei aveva davvero troppo buon senso: questa era una cosa che certamente non avrebbe mai fatto!

“Ehm… apri gli occhi Xander…” sussurrò Vincent scivolandogli dietro le spalle e andando a posizionarsi dall’altra parte della stanza, esattamente vicino alle scale che portavano alla camera da letto.

Xander sospirò.

"E quindi, che cosa vorrebbe da noi questo Immortale?" chiese. Giles guardò Vincent.

"E' probabile che sia il tirapiedi del Primigenio…" disse "probabilmente il rituale gli impedirebbe di ritornare sulla terra e quindi ha ostacolato Willow in modo che non si compisse il rito. Questo significa che siamo sulla strada giusta, ma significa anche che non abbiamo più molto tempo. I Senior Patners attaccheranno presto e, probabilmente, il Primigenio sfrutterà questa momentanea mancanza di equilibrio per risorgere con l'aiuto dell'Immortale e di chissà quali altri demoni."

“E allora che facciamo?” chiese Xander che iniziava a sudare freddo.

“E’ semplice” rispose Giles richiudendo il libro e appoggiandolo con noncuranza sul tavolo “Andiamo a cercare questo Immortale e non appena Buffy si risveglierà gli facciamo sputare tutto quello che sa su questo Primigenio e sul rituale che sta compiendo per riportarlo qui-”

“Signor Giles!”

I ragazzi si voltarono all’unisono in direzione della porta.

Sulla soglia, terreo in volto, Angel era apparso come per incanto stringendo tra le mani un asciugamano bagnato. Vincent fece un passo in avanti, con un moto di preoccupazione.

Non aveva bisogno che Angel pronunciasse ad alta voce ciò che stava pensando per sapere cosa stava accadendo. Con un paio di rapide falcate raggiunse la scalinata e si precipitò di sopra, salendo i gradini a tre a tre.

Willow fece un passo avanti, preoccupata.

“Cos'è successo?”chiese

“Buffy... Ha-ha cercato di uccidermi” rispose Angel in un soffio.

*****

Buio.

Fuoco.

Caldo.

Bruciava!

Una voce acuta e penetrante rincorreva tutti i suoi pensieri, annientandoli, mentre i rumori e le voci dei suoi amici si susseguivano nella sua mente come schegge impazzite.

Le verità, i valori incrollabili nei quali aveva creduto fin dal giorno in cui era nata, stavano svanendo a poco a poco, lasciandola sola.

I suoi amici, i suoi sentimenti, Down, la sua stessa vita… tutto svaniva lasciando spazio a una sola parola, una sola sensazione: la caccia.

Caccia! Uccidi! Distruggi!

Buffy si rigirò nel letto, gridando per il dolore.

La salvietta bagnata nelle mani di Vincent le fu subito a fianco, detergendole il volto.

“E’… tanto grave?” l’osservatore si voltò a guardare Down, nel vano della porta. Non aveva mai visto Buffy in quello stato e non sapeva sinceramente che cosa risponderle.

Caccia! Uccidi! Distruggi! E’questo il tuo compito…

“Non so cosa le sia preso, ma non sembra che sia una conseguenza del rituale. Potrebbe essere di tutto”

“Ma non lo è!” il tono di Angel era secco e deciso. Arrabbiato anche, mentre si alzava in piedi afferrando la testiera della sedia con entrambe le mani e la stringeva fino a farsi male.

“E' l'Immortale!” esclamò “Ha usato il potere di Willow per fare questo. Se dobbiamo morire tutti, allora farò in modo che lui sia il primo! Ditemi solo dove trovarlo e-”

“Beh…” lo interruppe Vincent “è proprio questo il punto: non sappiamo dove trovarlo. Se lo sapessimo forse avremmo qualche possibilità, ma purtroppo…"

Le dita di Angel si strinsero ancora di più la testiera fino a spaccarla.

Uccidi! Caccia! Distruggi!

“Non puoi almeno leggerle nella mente come facevi con tutti noi?” il tono del vampiro era furente.

Vincent chinò la testa scuotendo leggermente il capo.

Sentiva l’impotenza e la disperazione urlare forti nella voce di Angel, ma non poté fare altro che alzare gli occhi e sussurrare piano “Nessun pensiero coerente sta passando per la sua mente ora, nessuna frase consapevole. Nulla che io possa leggere… l’hanno protetta anche da questo.”

“E allora distruggi quella protezione!”

Xander si avvicinò di un passo, posando la mano calda sulla fronte gelida di Buffy, ma questa si rannicchiò di colpo su sé stessa, come se stesse scappando da quel tocco.

“Non è così semplice…” sussurrò Vincent “soprattutto se anche lei desidera sfuggire al mio contatto”

“E non glielo si può… imporre, questo contatto?” chiese Xander rigirandosi le mani in evidente imbarazzo. Non era favorevole a violare così apertamente i sentimenti della gente, ma vedere la sua migliore amica legata alla spalliera del letto e ridotta in quello stato era più di quanto non riuscisse a sopportare

“Non lo so Xander, sembrerebbe che voglia rimanere da sola…” sospirò Giles.

Sola! Sola! Sola!
Una cacciatrice deve rimanere da sola!


“Lo so, ma non posso rimanere qui fermi a guardare! Noi siamo i suoi amici!”

Una cacciatrice non deve avere amici. I suoi sentimenti sono la sua debolezza. Il suo potere è la sua missione. La sua solitudine è la sua forza! Nella stanza c’è qualcosa che non merita il nome di uomo. Uccidilo!

“Giles, io non credo che lei sia in grado di decidere cosa sia meglio per- ehi!”

Buffy si agitò convulsamente, tendendo le corde.

“Che cosa sia meglio?! Cosa sia meglio per chi, Angel? Per te?!

“Leghiamola più stretta, potrebbe liberarsi!”

Giles, Vincent e Xander si avvicinarono un po’ di più al letto ma furono immediatamente respinti

Sei solo uno stupido vampiro!

Con uno strattone violento Buffy strappò le corde che la tenevano legata e si alzò dal letto.

In una frazione di secondo, Down, Giles, Vincent, Xander e Willow si ritrovarono scaraventati a terra, mentre con un balzo la cacciatrice raggiungeva la finestra, spalancando le imposte.

Angel non fece nemmeno in tempo ad accorgersene. Il tagliacarte in acciaio, fino a pochi secondi prima appoggiato sulla mensola della camera, ora pendeva conficcato nel muro ad un paio di centimetri dalla sua testa.

Il vampiro si protese in avanti, cercando di prenderla, ma la ragazza fu decisamente più veloce di lui ed in men che non si dica, era saltata dalla finestra.

******

Etan si ripulì le mani soddisfatto.

“Ecco fatto” disse.

Il sangue di coniglio che gli era servito per invocare Eris gli colava ancora dalle mani, imbrattando i vestiti.

“Sei sicuro che funzionerà?”

“Sicurissimo” esclamò Etan con tono spiccio afferrando un asciugamano “E adesso, se non vi dispiace, vorrei che voi rispettaste il nostro accordo…”

“Quanta fretta!” l’Immortale gli aveva appoggiato con disinvoltura una mano sul torace, respingendolo da dove era venuto “Non per sfiducia nei tuoi confronti, Etan ma come facciamo a sapere che quello che hai fatto è andato a buon fine?” sibilò.

L’uomo fece un passo avanti, minaccioso, andando a sbattere nello sguardo penetrante dell’Immortale e nel volto senza vita del suo padrone.

“Oh andiamo!” disse allargando le braccia “Non è mai successo che un mio incantesimo non funzionasse… e poi, l’unica cosa che mi ha sempre incastrato è stato rimanere a compiacermi, quindi…”

“Ti ho promesso che dopo l’incantesimo te ne saresti potuto andare” esclamò il demone mentre l’Immortale lo respingeva nuovamente verso il tavolo “Ma vedi, invocare Eris, la dea del caos, non è sempre una buona cosa. E se la dea si dovesse arrabbiare, temo che solo un sacrificio umano potrà placarla…”

“Sa-sacrificio?!” balbettò Etan con un filo di voce.

L'immortale annuì.

"Solo per qualche ora, poi potrai considerarti libero…".

Etan annuì, abbassando subito dopo lo sguardo

“E va bene, se non ho altra scelta… Ma ricordatevi il patto che mi avete fatto, tutti e due!”

I due demoni si scambiarono un’occhiata eloquente ed un sorriso poco rassicurante

“Ogni promessa è debito” disse l’Immortale mentre già il suo padrone si versava in una coppa da champagne un liquido di uno strano colore rossastro.

"Ora non avranno più tempo…"

*****

“Al negozio non c’è”

“E nemmeno al cimitero”

“Io ho guardato giù, alla vecchia zona industriale. Non c’è nemmeno là.”

“Non è che Willow potrebbe provare con uno dei suoi incantesimi di localizzazione?” chiese Xander.

“E’ troppo debole" rispose Down "si sta ancora riprendendo"

“Provo a guardare giù al molo, magari è andata là…’ ” si offrì Angel

“Già” fece eco Xander "baracche e resti di demoni affumicati sembrano essere lo scenario adatto per una cacciatrice in vena di massacri, anche se penso che un altro luogo da controllare potrebbe essere il centro commerciale. Prima di fare l’incantesimo Buffy aveva detto voleva andarci”

“Non credo che abbia voglia di fare shopping” ribattè Down “Comunque l’idea di Angel non è sbagliata… portati Xander e provate a controllare. Io, Down e Willow intanto setacceremo la zona della statale, magari qualcuno l’ha vista…”

“Ok, ci vediamo qui tra due ore…” disse Xander, ma Angel era già sparito.

"Io prima o poi a quel ragazzo legherò una campana al collo grossa così…" mugugnò Xander mentre si avviava alla porta.

*****

Oceano, 19 maggio

La stiva della nave era buia e scomoda. Non certo l’ideale per un viaggio di piacere. Ma non era il piacere ciò che William il sanguinario cercava in quel momento, anzi non gli si avvicinava per niente. Tutto quello che gli interessava in effetti, era che l’equipaggio di quella vecchia carretta aumentasse a dismisura la velocità dei motori e lo portasse al di là dell’oceano il più in fretta possibile.

Dannazione!

Quanto caspita c'impiegava quel maledetto mercantile ad attraversare l'atlantico?! Se non ci fosse stata Christal era praticamente sicuro che ci avrebbe messo meno a nuoto.

"Maledizione…" sbuffò, sistemandosi meglio contro le casse impilate nella stiva del mercantile marcescente.

Mise una mano in una tasca e s'infilò in bocca una sigaretta, senza accenderla.

Ovunque, in caratteri cubitali, capeggiava la scritta DANGEROUS! NOT SMOKING HERE! ed evidentemente non sarebbe stata una buona idea accendere una sigaretta se non volevano finire tutti arrosto, eppure ne sentiva la mancanza in modo insopportabile.

In quei momenti la mancanza di un’anima gli sembrava lampante.

O forse era soltanto la rabbia.

Rabbia di non sapere, rabbia di non poter fare, di non poter essere padrone del proprio destino.

Essere il fantoccio di forze sovrannaturali: quello era il ruolo di Angel non il suo maledizione!

Qualcuno gliel'aveva mai chiesto? Si erano mai posti il problema che ci fosse al mondo un altro vampiro martire che sarebbe stato ben più felice di lui di fare l'eroe della situazione? Lo avevano forse interpellato?!

Improvvisamente, sentì la mano di Marta stringersi intorno al suo avambraccio e i suoi occhi fissarlo imperturbabili.

"Calmati…" disse soltanto.

E Spike capì.

Aveva assunto il volto della caccia senza nemmeno accorgersene e la sigaretta che stringeva tra le dita ora era un mucchietto di tabacco senza forma.

Sospirò

"Dannazione!"

Aveva voglia di spaccare tutto, di urlare contro tutti, di mandare al diavolo tutti quei riti e quelle predestinazioni e di scappare lontano, dall'altra parte del mondo se possibile. Ma non poteva. Ogni volta che la voglia di mandare tutto all'aria lo assaliva, rivedeva davanti a sé il volto di Buffy e il pericolo a cui sarebbe andata incontro se lui si fosse rifiutato.

Del resto, come le aveva promesso almeno 164 volte in sogno

lui l'avrebbe salvata

“Dannati mercantili di legno!” bofonchiò quindi a mezza voce e subito dopo piantò un pugno fortissimo contro una delle casse che si frantumò in mille pezzi.

"Ora sono calmo" sussurrò poi a Christal che lo fissava allibita.

Guardò altrove. Dannata anima… e dannato sole…

Senza dire una parola si sedette in un angolo e si mise in bocca un'altra sigaretta, poi rimise l'accendino nella tasca dello spolverino di pelle, di fianco al rotolo, e chiuse gli occhi.

Quello spolverino che ne aveva viste di cotte e di crude, pensò, e adesso avrebbe anche trasportato nel massimo segreto la chiave della loro salvezza.

Giles non l’aveva trovata.

A Spike venne da ridere.

Rupert Giles… il grande osservatore

con tutti i suoi libri e tutta la sua conoscenza, non era riuscito a trovare quello che a lui era costato uno scomodo viaggio in Francia ed una, ancor più scomoda, scoperta.

Sorrise, immaginandosi la sua espressione accigliata e i suoi falsi scrupoli nell'usare sulla sua cacciatrice un incantesimo che William il Sanguinario aveva trovato. E la faccia che avrebbe fatto Angel scoprendo che solo lui poteva salvarla…

Ma ormai era stanco.

Si passò una mano sugli occhi, nascondendoli per un attimo al chiarore del tardo pomeriggio e se li strofinò leggermente.

La sua mente non era più che una matassa contorta di pensieri e anche Buffy, un tempo viva e abbagliante nella sua mente, non era altro che un’immagine sbiadita, stereotipata quasi.

La sua donna…

In fondo, come poteva sapere che al suo ritorno avrebbe trovato ancora Buffy Summers e non solo la cacciatrice. Oppure la ninfomane che si divertiva con lui fino a un paio di anni prima…

Infilò la mano destra nella tasca interna dello spolverino e ne estrasse il pugnale, ricoperto dalla pergamena antichissima che Christal gli aveva ficcato in mano poco prima che lui se ne andasse.

La lama rossastra brillò per un attimo alla luce del sole e la pergamena, scritta in babilonese antico, si trasmutò improvvisamente in inglese corrente.

Recitava il rituale adatto per creare una cacciatrice dal sangue di un vampiro puro.

Ancora non capiva perché dovesse essere proprio lui a compiere quel rito. Del resto c’erano ancora molti altri vampiri in giro a cui rubare un po’ di sangue e non gli sembrava un’impresa impossibile farlo, tuttavia Christal era stata molto chiara: solo lui poteva compierlo.

“Maledizione!” gridò, fregandosene per una volta del buon senso e dell’udito dei marinai che montavano la guardia sul ponte

“Maledizione! Maledizione! Maledizione!” ripeté irato.

Maledetto quel viaggio.
Maledetto quel rito.
Maledetta la cacciatrice.
Maledetto lo stupidissimo destino.
E maledetti, soprattutto, quei dannati mercantili di legno!!!

*****

“Buffy…”

Angel fece un passo, tendendo la mano nella sua direzione. Al suo fianco, Xander lo guardava allibito, senza riuscire a muovere un muscolo. La scena che gli si parava davanti era a dir poco raccapricciante. Avevano girato per ore nel molo, senza trovare alcuna traccia. Poi un urlo, ed un forte odore di sangue e Angel si era messo a correre all’impazzata. Ovviamente il ragazzo aveva fatto lo stesso, ma ora avrebbe preferito sinceramente rimanere indietro.

La cacciatrice alzò la testa verso di loro. Sul viso e sulle mani i segni del massacro appena compiuto. Uno dei demoni che ne aveva fatto le spese era ancora a terra agonizzante. Un vampiro, riconobbe Angel, a cui Buffy aveva strappato uno ad uno tutti gli organi interni con una violenza e con una ferocia che avevano dell’inverosimile.

Improvvisamente, lo sguardo della cacciatrice si focalizzò su Xander, impietrito di fronte a lei.

“Tu hai sempre odiato i vampiri. Tu non ti sei mai fidato di loro. Perché ora stai con lui?” disse, impalettando rapidamente il cuore del demone che teneva in una mano e alzandosi per fronteggiare Angel.

“Tu non dovresti camminare su questa terra. Ti ucciderò, e dopo di te ucciderò chiunque ti abbia permesso di continuare a vivere”

Angel fece un passo avanti, bloccando Xander con un braccio

“Vattene Xander” la voce di Angel era poco più che un sussurro

"Ma… come…?"

“Chiama Giles e digli che l’abbiamo trovata”

Si fermò un secondo, gli occhi fissi in quelli verdi della ragazza

“E digli che abbiamo bisogno d’aiuto.”

*****

Lo scontro fu fortissimo, anche per un corpo immortale.

Vincent si accasciò gemendo sul pavimento, giusto in tempo per vedere il corpo di Giles sovrastarlo e spingerlo per la gola contro il muro.

“So quello che pensi. Stai facendo un grosso sbaglio Rupert…” disse in fretta, prima che gli mancasse il fiato.

“Perché non ti difendi?”

La morsa ferrea dell’osservatore divenne ancora più stretta, rendendo quasi impossibile la respirazione.

“Sei un demone, dannazione. Che mi sarei potuto aspettare? E’ un’ammissione di colpevolezza?” gridò Giles, lasciandolo e colpendolo con forza inaudita, dritto nello stomaco. “Combatti almeno! Se volevi ucciderci tutti almeno combatti!”

Vincent si asciugò un rivolo di sangue che gli colava dalle labbra e si rialzò lentamente sotto lo sguardo imperterrito di Giles.

“Che ti succede, Squartatore? Non vuoi macchiarti le mani del sangue del tuo vecchio maestro? O forse non sei sicuro che sia stato io e il fatto che te lo stia ripetendo da almeno mezz’ora ti sta pian piano convincendo?”

“Tu ci hai traditi!”

“Non è vero.”

Vincent alzò la testa, con aria di sfida.

“Tu lavoravi per loro. L'Immortale e il Primigenio. Ma Come ho fatto ad essere così stupido e credere che fossi cambiato?!”

“Signor Giles, che cosa sta facendo?!”

L’osservatore si voltò. Davanti a lui, Down Summers lo guardava sgomenta.

“Santo cielo, Vincent!” esclamò incredula, spostando lo sguardo dall'uno all'altro osservatore.

“Non sono affari tuoi, Down.” tentò di dire Giles, ma la ragazzina si frappose tra lui e Vincent, a braccia aperte.

“Spostati Down…”

“No.”

“Te l’ho detto, non sono affari tuoi…”

“Non m’importa!” esclamò risoluta

"Ma è possibile che non capiate? Buffy è là fuori, Angel e Xander rischiano la vita per riportarla a casa, stiamo tutti per essere attaccati dai Senior Patners e non abbiamo difese perché il rituale non ha funzionato e voi non trovate niente di meglio da fare che prendervi a pugni?!”

“E di chi pensi che sia la colpa se Buffy è impazzita?!”

La domanda di Giles cadde nel vuoto, creando un silenzio imbarazzante.

Down si voltò verso Vincent, gli occhi spalancati.

“Tu?”

“Ti ho già detto che non c'era altra scelta…”

“Non m'interessa. Abbiamo bisogno della cacciatrice e ne abbiamo bisogno adesso!”

“E ce l’avete!”

Vincent sospirò.

“Buffy è ancora la cacciatrice, un po' più primitiva forse, ma è ancora lei. Quello che non ha funzionato del rituale non è quella parte!”

"Quindi… Buffy è più forte?"

Vincent allargò le braccia

"E' quello che sto cercando di farti capire da mezz'ora. Quella che se n'è andata dalla finestra è ancora lei. Il rituale era corretto, tranne che per una piccola parte. Te l'avevo detto, Rupert, non ero sicuro di avere per le mani l'originale, ma ormai non c'era più tempo, dovevamo tentare!"
Down guardò Giles incredula.

L'osservatore abbassò la testa.

Stanotte ci sarà luna piena e l'esercito delle forze del male avrà abbastanza potere per liberarsi ed attaccare la terra"

"Come?!" Down fece un passo indietro, sconvolta "E quando pensavi di dircelo?! Dobbiamo avvisare le altre, si devono preparare!!"

"Non ha importanza…" disse Giles guardando Vincent "Moriremo tutti."



*****

Nda: ciao ragazze, eccoci con il penultimo capitolo... mi piacerebbe a questo punto sapere che cosa ne pensate. Un grazie a chiunque leggerà questa storia! A presto.

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Capitolo 9
*** the apocalipse ***


Eccoci con gli ultimi due capitoli (9+epilogo). Ringrazio chiunque abbia seguito questa storia, NightLady che ha sempre trovato un momento per lasciarmi un commento e tutti coloro che hanno commentato o l'hanno letta in silenzio.
E ora, bando alle ciance, buona lettura!




CAPITOLO 9

Il demone sbattè il pugno sul tavolo, con violenza.

Accanto a lui, Etan Rayne deglutì velocemente l’ultimo sorso di vino, appoggiando il bicchiere sul tavolo.

“Cos'è successo, mio signore?”

Il demone squadrò l’Immortale in silenzio, ribollendo di rabbia.

“Ci ha traditi…” disse, e Etan rimase all’erta ad ascoltare “L'incantesimo ha funzionato, la cacciatrice si è rivoltata contro i suoi amici ma Vincent sta rivelando tutto!”

L'Immortale alzò di nuovo il bicchiere, ondeggiando il corposo liquido rosso nel calice di cristallo.

"Non ha importanza." disse "Non avevano il giusto rituale e stanotte, al sorgere della luna piena, il mondo sarà finalmente nostro."

*****

"Non ti conviene riposarti invece di continuare a maledire il mondo?"

Spike si voltò verso la ragazzina accovacciata in un angolo della stiva.

"Credevo che dormissi" rispose

"Beh, è un po' difficile con un vampiro rumoroso come te come compagno di viaggio"

Per tutta risposta, Spike estrasse il pugnale dalla tasca e lo porse a Marta

"Dobbiamo parlare" disse.

a ragazza sbuffò.

"Non ti sei ancora stancato di far domande? E' il tuo destino, accettalo e basta…"

"No."

Un monosillabo, una certezza.

Marta lo fissò e si mise seduta.

"Cosa vuoi sapere?"

Spike abbassò gli occhi sulla pergamena che teneva tra le mani.

“L'ho letta e riletta." disse "Sembra che tutto quello che dobbiamo fare sia creare un cerchio magico, con all’interno un altro cerchio più piccolo, riempire quest’ultimo di sabbia, porre 12 candele sul perimetro del cerchio più grande e…”

“Buffy si deve procurare un taglio con la Lama di Tékal e lo stesso farai tu." continuò Christal

"Poi metterete a contatto le vostre ferite…”

“Il sangue di Buffy si mischierà con il mio”

“E la forza del vampiro si unirà con quella della cacciatrice per dare vita alla nuova Prescelta, l’unica e sola protettrice dell’umanità.”

Spike annuì.

“Una cacciatrice più forte di tutte quelle che l'hanno preceduta. L'ordine viene ristabilito. Nessun'apocalisse. Nessun essere più forte di lei… Detto così sembra abbastanza facile...”

“Tutto lo è, basta saperlo fare." concordò la ragazza

"Eppure ci sono io…" Christal lo guardò senza capire

"Il rito… hai detto che devo essere io a farlo. Perché?" chiese il biondo

La ragazza seguì il suo sguardo sul pugnale

"Solo un vampiro puro può completare il rito." disse "Angel ha un'anima e un altro vampiro…"

"L'ammazzerebbe senza pensarci due volte…" concluse il biondo "è esatto?"

La ragazza annuì.

"L'incantesimo creerà un legame?" chiese

"Certo." annuì Christal senza pensarci un secondo "Ogni incantesimo porta con sé delle conseguenze. Credevo che lo sapessi."

Christal si avvicinò al volto del demone

"Lo devi fare, Spike… non ci sono alternative in proposito."

"E se lei non volesse?"

"Non credo che abbia altra scelta"

La nave rollava e beccheggiava da tre ore ormai e l’ennesimo topo passò davanti ai piedi della ragazzina squittendo.

“Senti, non è che hai fame per caso?” chiese Marta, rivolgendosi al vampiro con un sorriso a 32 denti “Non ce la faccio più a sopportare tutti questi roditori in giro per la stiva.”

“Grazie, non mangio schifezze” la deluse immediatamente il vampiro guardandola schifato “anche se non mi ammalo, chissà quanti parassiti hanno questi ratti!”

“Uff!” si lamentò la ragazzina appoggiando la testa contro parete di legno e sbuffando “Ma si può sapere almeno perché abbiamo preso un cargo ammuffito invece che una comoda nave da crociera? Niente topi, niente sporcizia… magari adesso saremmo stati comodamente sdraiati in una cabina con tutte le comodità del caso, un bel letto ampio, il servizio di colazione in camera, un bagno decente….”

“Ma quanto ti lamenti!” la prese in giro Spike, dandole una leggera gomitata anche se, a dire il vero, stava rimpiangendo anche lui alcune comodità…

“Comunque, sai meglio di me che non avevamo né i soldi, né il tempo per cercare una nave da crociera. Con questa saremo a Los Angeles in meno di 24 ore, è tutto quello che ci serve.”

Marta fece una smorfia insoddisfatta.

“Questo e il bagno in camera!” sbottò

“Ad ogni modo sarà anche più rapida, ma quando hai detto che avremmo viaggiato in nave non immaginavo certo che saremmo finiti su questa specie di topaia galleggiante! Fortuna che Manson mi aveva detto di cercarmi un futuro migliore… Se non gli avessi dato retta sarei ancora nella mia bella casina, con i miei bei cuscini, le tende alle finestre, un bagno…”

“Ma sei proprio fissata con questo bagno!” sbottò Spike scocciato

“Sono una donna, è naturale!” esclamò lei e Spike roteò gli occhi “In ogni caso domani saremo a Los Angeles, lì avrai tutti i bagni che vorrai. E la colazione a letto. Ma intanto, parliamo di cose serie…”

“Con te si parla sempre solo di cose serie!” si lamentò Marta.

Un’affermazione che a Spike diede abbastanza fastidio, soprattutto in quel frangente…soprattutto quando si trovava a fare già così tante cose in modo così simile ad Angel…

“Beh, siete stati voi a decidere di affidare il destino del mondo proprio al sottoscritto, c’era già sul pianeta un vampiro votato al martirio e non ero io. Adesso, il minimo che tu possa fare è di darmi delle risposte in modo che io possa concludere il mio compito senza che l’intera umanità scompaia dalla faccia della terra. E ti sarei grato se non mi dessi più del musone, d’accordo?!”

Marta alzò gli occhi al cielo annoiata

“D’accordo, d’accordo. Capito l’antifona. Che pizza che sei! Comunque, non mi sembra il caso di scaldarsi: ti ho già detto tutto quello che so…”

“Questo non è vero.” negò Spike che stava cercando in tutti i modi di trattenersi. Vabbè essere definito noioso, ma addirittura ‘una pizza’! Ci mancavano giusto i capelli dritti e poi il gioco era fatto! Ma perché non era andato lui in Italia e tanti cari saluti al suo piccolo problema d’onore, perché?

“Voglio sapere che cosa significa la visione che ho avuto insieme a te nel bosco” disse, con un tono che non ammetteva repliche.

La ragazzina sospirò esasperata.

“Te l’ho già detto: non lo so.” sbottò Marta “L’unica cosa che posso dirti è che di solito queste cose si avverano perché sono in qualche modo predestinate”

“Ma… il rituale, la luce, il sangue… c’erano troppe cose che non so come spiegarmi.”

“Beh, non è che io avessi una versione speciale con tanto di sottotitoli”

“Ho visto Buffy morire!” esclamò Spike e Marta riuscì a vedere ogni singolo muscolo irrigidirsi a quella frase.

"E sono stato io. La mordevo capisci? E poi lei mordeva me… cosa significa questo?"

Marta si avvicinò e gli prese le mani.

“Io non posso cambiare quello che è già stato scritto” disse, e fu come un pugno in pieno stomaco

“Ma sono sicura che quando arriveremo a Los Angeles troveremo un modo per cambiare le cose. E ora, calmati. Se vuoi davvero aiutare Buffy, l’unica cosa che puoi fare è eseguire alla lettera il rituale. Col tempo capiremo anche il resto. E se non ci sarà un modo, allora noi-"

"Sch!" esclamò il biondo tappandole la bocca.

Marta spalancò gli occhi.

"C'è qualcuno" mimò, mettendosi in ascolto.

In effetti, dopo pochi secondi, la porta della stiva si spalancò e un gruppo di soldati armati scese sottocoperta, sparando all'impazzata.

Spike si gettò su Christal cercando di coprirla e appiattendosi contro lo scafo.

Improvvisamente una voce conosciuta risuonò nella stiva.

"Smith, al centro; Donovan, Curter al lato ovest; Kolton con me…"

Marta sentì il vampiro irrigidirsi contro il suo corpo.

"Il Torlox dev'essere qui. Sparate a qualsiasi cosa si muova. Accendo il radar."

Spike si staccò impercettibilmente dalla ragazza e le fece cenno di stare lì, ferma.

Lui invece si spostò di alcune casse senza farsi sentire.

"Zach! Attento!"

Una raffica di colpi partì in direzione del vampiro e Spike si appiattì di nuovo contro la stiva.

Un urlo.

Ed improvvisamente, un demone enorme e muscoloso si fiondò in avanti aggredendo il gruppo di soldati che iniziarono a sparare all'impazzata.

Grida e spari riempirono l'aria e Marta si accovacciò contro le casse, sperando di diventare invisibile, finchè un grido diverso si librò nella stiva e un colpo di pistola giunse alle orecchie della ragazza.

Marta si alzò in piedi di colpo, attirando tutti gli sguardi.

"William!" gridò, vedendo il Torlox a terra e il vampiro piegato su un fianco.

Accanto a lui, uno dei militari giaceva privo di vita, altri due erano feriti e quello che sembrava essere il comandante si teneva stretto al petto un braccio sanguinante.

Non fece in tempo a raggiungere il vampiro che due mani forti l'afferrarono e l'allontanarono da lui.

"William!" gridò di nuovo Marta, scalciando per raggiungerlo, mentre i militari la portavano via imprecando per la forza con cui si opponeva.

"E' stata soggiogata!" esclamò uno di loro.

"No, non lo è."

Il tono di Spike era autoritario. Debole, ma deciso.

Nonostante fosse ferito e ci fossero almeno cinque fucili caricati a legno puntati contro di lui, i militari si zittirono.

"E' umana" disse "ed è una cacciatrice. Lasciatela andare."

Poi, rivolto al militare che si teneva ancora il braccio sanguinante disse:

"Non è lei che state cercando, Riley… lasciala andare… sbarcala dove vuoi ma lasciala andare!"

"No…" sussurrò Marta sgranando gli occhi.

"Me lo devi." Esclamò guardandolo negli occhi.

Riley Finn rimase per un lungo istante fermo a fissare il vampiro. Dall'altra parte, Spike passava in rassegna nella sua mente tutti i motivi per cui Riley avrebbe dovuto accordargli quella cortesia: il paletto di plastica piantato nel cuore il giorno in cui Dracula era arrivato in città, il chip che gli avevano messo nel cervello - no, con quello era pari, ricordò - il suo ritorno a Sunnydale con tanto di mogliettina, la storia dottore. Anche Riley stava facendo lo stesso calcolo, ma il suo era più che altro incentrato sul tema 'mi potrò fidare?'.

Gli occhi negli occhi, i due si studiavano, i muscoli tesi, come in una muta battaglia.

Qualcuno caricò il fucile.

Bastò quel piccolo suono per far finire lo stallo.

Spike fece istintivamente un passo in direzione di Christal e la mano di Riley si alzò, fermando il soldato.

"Hai ragione" disse, guadagnandosi lo sguardo incredulo dei suoi compagni. "Non è lei che stiamo cercando. Il torlox è morto. I demoni nella cabina annientati. Il mercantile è stato requisito. La ragazza procederà con noi mentre tu" disse avanzando d'un passo.

Immediatamente due militari si avvicinarono al vampiro, impedendogli ogni via di fuga

"Mi seguirai nella mia cabina".

Marta era rimasta sconvolta.

Seguì i militari che la precedevano senza emettere un fiato e guardò solo un istante verso Spike, che veniva condotto nel senso opposto.

Il vampiro annuì e abbozzò un sorriso.

"Stai attento" sussurrò lei, abbastanza piano perché solo Spike potesse sentirla

Il mio compito è concluso, ci rivedremo quando tutto sarà finito… pensava intanto, mentre Spike veniva condotto fuori dai quattro militari rimasti.

*****

Il silenzio che era calato nella stanza era incredibilmente pesante. Nessuno aveva più la voglia né la forza per dire nulla. L'unica che ancora non credeva alle sue orecchie era Down.

"Perché?" riuscì solo a dire

"Perché dovevamo tentare." Rispose Vincent, guadando Giles

"Nel corso della storia il Consiglio degli osservatori scoprì una profezia, una scrittura che parlava della nascita di molte cacciatrici e della divisione del potere di una sola."

Down lo guadò, riconoscendo nelle sue parole, l'incantesimo che Willow e sua sorella avevano eseguito solo un anno prima.

"Ma la profezia continuava, parlando di un altro rituale, della rinascita dell'antica regola. Della distruzione di molti e dell'aumento del potere di una sola, e tuttavia prima metteva in guardia: se la prescelta non avesse voluto o potuto adempiere al suo destino, allora l'equilibrio si sarebbe rotto definitivamente e il mondo sarebbe caduto nelle mani del male."

Vincent fece una pausa, abbassando il capo prima di continuare

"Il problema è che un rituale del genere sarebbe stato merce rara, ricercato per secoli da chiunque stesse progettando l'apocalisse e quindi il Consiglio degli Osservatori intervenne creando migliaia di pergamene, centinaia di falsi pugnali e decine di libri antichi su cui si trovava solo una parte esatta della profezia alla volta. Ho passato la mia intera esistenza cercando quelle pagine, paragonandole una ad una, ricomponendo la profezia pezzo dopo pezzo… ma sono arrivato tardi."

Giles lo guardavo, immobile "

Quando l'anno scorso Buffy ha attivato tutte le cacciatrici ho guardato il calendario lunare e ho scoperto di avere tempo solo fino a stanotte"

"Come facevi a saperlo?"

"Un grande incantesimo richiede sempre qualche forza naturale"

"La luna gigante… ne hanno parlato al telegiornale…"

Vincent annuì

"Sapevo che sarebbe stata oggi e quando è mancato troppo poco per continuare a cercare ho chiamato Rupert Giles e ho deciso di tentare"

"Non ne avevi il diritto!"

"596 anni, Giles!" esclamò Vincent "596 anni passati facendo il doppio gioco all'interno del Consiglio, stringendo accordi con qualunque forza demoniaca, collaborando con la WolfRam&Hart e persino con l'Immortale con il solo scopo di rimettere insieme i pezzi del rituale… Sapevo di non avere la certezza che avrebbe funzionato, ma ormai era l'unica cosa da fare…"

La lama del coltello brillò per un secondo nell’aria, arrivando ad un centimetro dalla giugulare del demone, che si appiattì ancora di più contro il muro.

Una goccia di sangue macchiò l’acciaio lucente.

Down trattenne il fiato, pronta a chiudere gli occhi.

Lo sguardo di Vincent incontrò per un attimo quello deciso di Giles.

E, non appena le sue iridi incontrarono quelle ambrate dello Squartatore, Vincent capì che non c’era scelta.

“Non potevo dirti la verità, Rupert. Non avresti mai tentato, le vuoi troppo bene… ma era l'unica possibilità…”

Giles rimase fermo per un secondo.

Poi, il coltello che minacciava la gola di Vincent cadde al suolo.

L'osservatore si asciugò il sangue e raccolse l’arma.

"Abbiamo ancora una speranza…" disse Vincent dopo un attimo, riaggiustandosi la camicia

Down alzò lo sguardo.

"Spike sta venendo a Los Angeles…"

*****



*****

La luce della luna era irreale.

Angel e Buffy si fronteggiavano girando in cerchio, come due fiere selvatiche.

Il vampiro aveva assunto il volto della caccia. Sapeva cosa significava combattere contro Buffy Summers e sapeva anche che non avrebbe avuto possibilità di fermarla se si fosse soffermato, anche solo per un secondo, a pensare che si stava battendo con una delle donne più importanti della sua vita.

Di nuovo.

Fermiamo questa cosa, Angel…

La frase che Buffy gli aveva detto durante il rituale gli rimbombava nelle orecchie e l’immagine di lei che scappava dalla finestra si presentava davanti ai suoi occhi ogni volta che, in attacco o in difesa, parava o riceveva un colpo.

“Avevi ragione. Dovevamo fermarci” disse il vampiro, parando un calcio e restituendole una spinta.

Non voleva farle male, si accontentava di farle perdere tempo in attesa che arrivassero Willow e Giles

“Perdonaci.”

Una parola, ma abbastanza per interrompere lo stallo.

Buffy si drizzò sulle gambe, dominandolo, anche con la sua scarsa statura.

“Sono la cacciatrice. Non parlare con me: combatti!”

“Sei sempre stata la cacciatrice, Buffy.”

La ragazza scoppiò in una risata isterica.

“Una cacciatrice? Che cacciatrice sarebbe una che lascia in giro William il Sanguinario o Angelus?! Che abbandona la propria missione? Che passa il suo tempo proteggendo una chiave mistica?!”

“Una volta non la pensavi così!”

Un affondo, e un colpo da evitare prima che il paletto arrivasse a destinazione.

Buffy raccolse un pezzo di metallo dalla strada, scagliandosi contro Angel.

“Ero solo un'umana. Priva del vero potere e sottratta alla vera missione. Ma voi mi avete aperto gli occhi. La mia missione-” disse arrivandogli ad un centimetro dalla gola "è di uccidere quelli come te!"

La lamiera produsse un suono stridente quando penetrò nella carne, incontrando le ossa.

Angel si piegò su un fianco, non riuscendo ad evitare il calcio

“Che aspetti? Uccidilo!” gridò una vocina nella sua mente

Buffy si posizionò sopra di lui, bloccandogli i fianchi, un ginocchio che premeva sulla ferita ancora aperta.

Alzò il braccio, pronta a calare il paletto

“Se lo farai non potrai più tornare indietro!” disse Angel, tornando al suo volto normale.

Buffy rimase ferma un istante, poi alzò le spalle e disse:

“Sarò finalmente libera.”

Alzò di più la mano, pronta a calare il colpo, ma Angel fu più veloce di lei: deviò la punta di legno con il braccio, l'afferrò per le spalle

e la baciò.

*****

Era entrato.

Si era seduto.

E aveva atteso pazientemente che i medici dell'infermeria visitassero e medicassero Riley.

Intanto aveva tenuto la mano premuta sulla ferita e aveva sperato che smettesse perlomeno di sanguinare.

Sapeva ciò che aveva fatto e sapeva che non ci sarebbe stato un ritorno, ma non aveva scelta.

Ricordava la visita a Sunnydale della squadra di Riley e le parole non proprio amichevoli che il marine gli aveva rivolto. Fosse stato per lui, gli avrebbe volentieri lasciato in mano tutto e se ne sarebbe andato.

Ma non poteva.

In una maniera alquanto singolare, le doveva molto… e, anima o meno, non avrebbe mai permesso che il demone le facesse del male.

Si sistemò sulla sedia e digrignò i denti.

Maledizione.

Chiuse gli occhi un attimo e rivide la scena che si era consumata pochi istanti prima sotto coperta.

Una raffica di mitra, il torlox che esce allo scoperto. Uccide un marinaio e subito dopo uno dei militari e si avvicina a dov'è nascosta Marta.

I marines sono distratti e Spike non ha altra scelta.

Si avventa contro il demone.

Sa che cosa sta facendo. Riley lo riconosce e lo affianca, puntandogli contro una pistola.

"Cosa ci fai tu qui?!" grida

"Potrei farti la stessa domanda" risponde il vampiro irriverente, prima che una delle 6 braccia del demone si scagli contro il militare.

Riley ruzzola al suolo, sul braccio un profondo taglio che sparge sangue ovunque.

Anche Spike lo vede e sa che si sta mettendo male: i torlox sono attratti dal sangue, esattamente come gli squali ne vengono accecati e divorano qualunque cosa si trovi sul loro passaggio.

"Scappate!" grida quindi Spike, ma i militari sono troppo intenti a sparare, senza alcun effetto.

"Il vero nemico è il torlox non sono io, idioti!" grida il vampiro ma ormai è troppo tardi.

"Spike vattene!"

Il grido richiama il demone che si avventa su Riley.

Lo solleva e finalmente i militari cambiano il loro bersaglio, ma le pallottole scalfiscono appena la corazza del demone che sta per morderlo quando qualcosa di acuminato gli esce dal torace e lo fa contorcere violentemente in preda a spasmi.

Spike gli ha appena sfondato lo sterno con una trave e il demone agita le braccia colpendo a caso tutto ciò che incontra.

Uccide un miltare e poi un altro.

Finalmente Spike riesce a decapitarlo e quella massa nera di muscoli e carne crolla a terra esanime con un urlo di gioia da parte di tutti.

Anche Riley grida e poi si volta verso il vampiro che li ha salvati tutti con un grande sorriso sulle labbra.

Anche Spike si volta verso di lui e lo guarda.

Ma non sorride.

Senza dire nulla si appoggia ad una delle casse, barcollando.

Sul suo fianco, una macchia di sangue si espande in modo inequivocabile laddove un artiglio del torlox gli ha aperto la carne.

Un militare gli punta una pistola al cuore.

Poi il suo sguardo si volta e anche Riley lo segue, scorgendo una ragazzina che esce da dietro le casse.


Un rumore.

E poi finalmente Riley fece capolino dalla porta portando in mano un bicchiere di "burbon" riconobbe Spike dall'odore "immagino sia un modo per dirmi di farmi coraggio…"

Riley abbassò la testa, contrito.

"Non fare quella faccia: sapevo a cosa andavo incontro." disse il vampiro, bevendo e appoggiando poi il bicchiere sul tavolino con una smorfia.

"Non avresti dovuto salvarmi…"

"Ti avrebbe fatto a pezzi"

"Potevamo distruggerlo"

"Avrebbe ucciso prima lei."

Riley lo guardò, serio.

Spike abbassò il capo.

"Cosa c'è tra te e quella ragazza?" chiese Riley, inclinando il capo.

Spike scosse la testa

"Nulla" disse, deciso "e tutto." ammise "Marta mi ha mostrato il mio destino."

"Quindi lei…"

"Non è la mia ragazza!" si affrettò a chiarire Spike, sorpreso che Riley avesse anche solo potuto pensare una cosa del genere… credere che nella sua mente esistesse qualcun altro oltre... "E poi non volevo che qualcuno se la prendesse con me se ti facevi male"

"E per qualcuno intendi Buffy"

Spike chinò la testa.

Sapeva già cosa gli avrebbe chiesto Riley, quindi era meglio andare al punto.

"Non l'ho più vista dalla battaglia contro il Primo, ma devo andare da lei, Riley." disse quindi, senza preamboli.

"Posso chiederti il perché?"

"L'apocalisse." rispose Spike, estraendo dalla tasca il coltello e porgendoglielo "tante cose non sono chiare nemmeno a me, ma devo portarle questo, anche se fosse l'ultima cosa che faccio"

Riley parve pensarci su un attimo, poi annuì.

"Il veleno dei torlox è forse l'unica sostanza a cui voi vampiri non siete immuni e a giudicare dalla grandezza della tua ferita non ti resta molto tempo."

Spike lo guardò come per dire 'hai intenzione di raccontarmi da capo tutta la storia?" e Riley restò sorpreso della noncuranza con cui gli rivolse quell'occhiata.

"Perciò, velocizziamo le cose. Un elicottero dell'esercito è quasi pronto sul ponte. Partiremo fra dieci minuti."

*****

Buffy si staccò dal vampiro con violenza, puntando il paletto al centro del suo cuore.

Le labbra ancora gonfie per quell’unico bacio rubato.

“Perché l’hai fatto?!” chiese

Angel poté vedere chiaramente la confusione negli occhi della ragazza e la battaglia che vi si svolgeva all’interno.

“Perché?!” ripetè Buffy urlando, mentre la voce nella sua testa continuava a ripeterle

“Fallo! Cosa aspetti? Uccidilo!”

Buffy premette più forte il paletto sul petto del vampiro, facendone uscire alcune gocce di sangue.

“Io sono sola. La cacciatrice deve rimanere sola. Questa è la sua forza. Questo è il suo potere!” esclamò.

“Ma è anche la sua rovina.”

Buffy si voltò.

Vincent la fronteggiava con le mani in tasca, apparentemente rilassato.

Dietro di lui Willow, Xander, Down e Giles si bloccavano a vicenda, tentati dall’interrompere lo stallo che si era creato per andare a salvare Angel o quantomeno per tentare un semplice incantesimo disarmante.

La cacciatrice si voltò verso di loro, con aria di sfida.

“Voi dunque preferite che questo mostro rimanga in vita? Che lo lasci andare? Che non adempia al mio dovere?”

“Oh no, uccidilo pure se vuoi…” disse Vincent, ed Angel sentì il legno del paletto diminuire per un attimo la sua avanzata.

"Ma non ti converrebbe” continuò l’osservatore, pacato “Così come non ti converrebbe far del male a me o i tuoi amici. Guardati Buffy…” la cacciatrice si voltò furente “Tu sei la prescelta più longeva e temibile della tua stirpe, ma non sei nulla senza di loro. Pur con tutti i loro difetti e le loro debolezze, per tutti questi anni ti hanno protetto e aiutato. Ti hanno amato, demoni e non, e ti hanno permesso di diventare quello che sei. Amata. Potente. Unica. Pensi davvero di voler perdere tutto questo?”

Buffy abbassò lo sguardo.

Una lacrima, solitaria, le corse lungo la guancia.

"Sono la tua famiglia.…" continuò Vincent "hai fatto di tutto per loro e loro hanno dedicato la loro vita a te. E tu, ora, vorresti ucciderli così, a sangue freddo?"

"La missione viene prima di tutto"

"Sì, questo lo dicevano anche le altre. E sono morte."

"Io sono più potente…"Vincent annuì.

"E il tuo potere deriva da loro. Dalla tua famiglia, dai tuoi amici."

Lentamente, le dita di Buffy corsero alle sue labbra, laddove Angel l'aveva baciata.

“Mi dispiace…” sussurrò.

E improvvisamente, svenne.

Giles fece un passo, ma Willow lo fermò

"Qualunque incantesimo le sia stato fatto, ora è finito." Disse

"Portiamola a casa…" sussurrò Vincent al vampiro ancora immobile sull'asfalto

"La confusione è finita. Una lunga notte ci attende…"

*****

L'elicottero volava veloce sull'oceano, o almeno così mostravano i due televisori di bordo.

Riley uscì dalla cabina del pilota e guardò Spike fermo in un angolo.

Gli occhi chiusi, le mani abbandonate sul grembo, sembrava quasi che dormisse, ma sapeva perfettamente che non era così.

"Come va?"

Il vampiro alzò le spalle

"Saremo a LA in meno di due ore"

"Prima del tramonto? Bene."

"Ne vuoi?"

L'odore pungente e invitante del sangue colpì le narici del vampiro come una stilettata.

Velocemente si alzò in piedi e si diresse dall'altra parte della cabina.

"E' umano!" esclamò, allarmato.

Riley glielo porse.

Una tazza, con dentro un inconfondibile liquido rossastro

"Viene dalla banca del sangue." disse "Ho l'autorizzazione a usarlo come più mi piace"

Ma non riuscì a finire di parlare.

La mano di Spike era serrata intorno alla sua gola e la tazza aveva già cambiato proprietario.

Mentre Riley lo guardava allibito, Spike bevve una lunga sorsata per poi rivolgersi al marine, con il volto mutato in quello della caccia.

"Avevi ragione soldatino, ne avevo proprio bisogno!"

E poi gli affondò i canini nel collo.

*****

"Dobbiamo lasciarla riposare…"

Il volto di Angel era impassibile.

Da ore.

Appena tornati a casa avevano riportato Buffy di sopra e poi si erano messi a parlare riguardo il poco futuro che avevano a disposizione.

"Siamo già usciti da situazioni disperate, non è la prima volta che combattiamo, o che sventiamo un'apocalisse" disse Xander.

"Qui è diverso... c'è una profezia di mezzo." esclamò Willow presa dallo sconforto "Se solo lo avessimo saputo prima…"

"Non avreste potuto comunque fare niente." La voce di Vincent era fredda e sicura nella sua ineluttabilità

"Quindi… possiamo solo aspettare?"

"Possiamo rifarlo. Il rito intendo…" esclamò Xander "provare a capire dove abbiamo sbagliato e-"

"Perché Spike?"

La voce di Angel rimase nell'aria per alcuni secondi, mentre il vampiro alzava gli occhi e li puntava in quelli di Vincent "Che cosa potrebbe fare lui che noi non possiamo?"

Il demone lo fissò per un istante, giusto il tempo per capire che non avrebbe accettato una non-risposta, e decise che era giusto raccontargli tutta la storia.

"Potrebbe essere riuscito a trovare un altro pezzo dell'incantesimo, o forse addirittura la pergamena originale" disse.

"E come fai a saperlo?"

"Un mio contatto mi ha chiamato di recente." spiegò "Sembra che William il sanguinario sia giunto in Francia e sia stato trovato da una congrega che proteggeva il rituale, una… confraternita segreta di cui ho seguito le tracce per anni. Non so se sia possibile, ma sembra che si stia dirigendo verso l'America e più esattamente verso Los Angeles…"

"Ok, quindi spike ha avuto più fortuna di tutti noi con le ricerche. E quindi?" chiese ancora il vampiro, roso da una certa curiosità "Perché non può semplicemente dirci come fare e poi tornare con calma?"

Vincent abbassò la testa, cercando le parole giuste per rispondere.

"Vedi, Angel…" disse poi "sembra… sembra che non sia tu il vampiro destinato a compiere il rito…"

*****

"Spike… fermati!!! Spike!!!... Spike..."

"No!"

Di colpo, il vampiro si allontanò dal corpo del marine, sbattendo contro la lamiera dell'elicottero.

Anche Riley cadde.

Il braccio ancora dolorante e una mano premuta sol collo, laddove due segni rossi spiccavano inequivocabili, condannando il vampiro per ciò che era appena accaduto.

Uno dei due piloti era corso in cabina e ora puntava la sua pistola contro il biondo.

Fu Riley a fermarlo, giusto un attimo prima che facesse fuoco.

"Spike…"

"Stammi lontano…" esclamò il biondo, tremando "stammi lontano…" ripetè

"Che ti è preso?"

"Stammi lontano!" gridò ancora divincolandosi, mentre Riley invece gli tendeva una mano.

"Non sai di cosa sono capace…"

Riley rimase interdetto.

Non l'aveva mai visto così sconvolto.

Eppure non poteva essere il veleno. Per quanto grave potesse essere la sua ferita, non sarebbe arrivo al cuore prima di tre-quattro ore… e allora cosa?

"Spike…" provò di nuovo

Il vampiro parve rianimarsi.

"La fialetta!" esclamò, estraendo una bottiglia minuscola dalla tasca della giacca e bevendola tutta d'un fiato.

Il marine rimase allibito.

Non sapeva cosa diavolo avesse bevuto, ma di sicuro non gli stava facendo un bell'effetto.

Lo guardò contorcersi, sputare sangue e urlare in preda a spasmi mentre bloccava il pilota e chiunque altro cercasse di capire cosa stesse succedendo.

Alla fine, tutto tacque.

Riley rimase a guardarlo per un lungo istante. Poi, mandati via gli altri, si sedette…

E aspettò.

Per un tempo interminabile il soldato si chiese se il vampiro fosse morto.

Potevano morire i vampiri senza diventare cenere?

Poi, quando il pilota gli disse che mancavano pochi minuti all'atterraggio, cercò nuovamente di chiamarlo.

"Stai bene?" chiese.

Spike non rispose.

"Tra poco saremo a Los Angeles, a casa di Giles. Atterreremo vicino al suo giardino, ma è ancora giorno, credo sia il caso che-"

"Vai tu…" disse il vampiro, parlando per la prima volta dopo quanto era successo.

Poi, infilò una mano nella giacca e gli consegnò il pugnale e la pergamena avvolta intorno ad esso.

"Consegna tutto a Giles e digli… che mi farò trovare pronto al calar del sole…"

"Spike…"

"Starò bene…" disse, mentre già l'elicottero toccava terra.

Il marine annuì e afferrò il rituale.

"Mi… mi dispiace…" sussurrò Spike, mentre già Riley se ne stava andando.

Il ragazzo si voltò.

"Non sarebbe dovuto accadere… non ti ho detto nulla… mi avevano avvisato che poteva succedere ma credevo… di avere più controllo. La pozione che ho preso terrà a freno il mio demone… per un po'… dì ai tuoi uomini che non hanno niente da temere… e dillo anche a Giles…"

"Non avrei dovuto portarti del sangue…"

"Non potevi sapere…" disse Spike raddrizzandosi, con una smorfia di dolore

"Vai da Giles e dì a Buffy di tenersi pronta… dobbiamo finire questa cosa…"

Riley s'inginocchiò vicino al biondo.

"Troveremo una soluzione… il sangue di una cacciatrice può-"

"No!"

Il tono di Spike non ammetteva repliche.

"Non berrò da Buffy. Non rischierò la sua vita. Non c'è discussione su questo"

Senza dire altro, Riley annuì e si allontanò dall'aereo.

Un minuto dopo, Spike era sparito.

*****

Appena sceso dall'elicottero, Riley si rese conto che qualcosa non andava.

Il cielo, di solito così azzurro in California, era di una strana tonalità rossastra e la gente, che di solito accorreva, stupita di vedere un elicottero dei marines atterrare nel mezzo di un prato, sembrava svanita nel nulla.

"Attaccheranno stasera."

Riley si voltò.

Alle sue spalle, Christal lo guardava enigmatica, le mani infilate nelle tasche del lungo trench beije.

"Cosa ci fai qui?!" chiese il marine sorpreso.

La ragazza alzò le spalle.

"Non ho mai fatto della missione la mia ragione di vita" disse "ma sono sempre una cacciatrice e non è stato difficile convincere i tuoi uomini a portarmi in America.

Riley fece un passo avanti

"Non preoccuparti, stanno tutti bene" continuò lei "qualcuno di loro ha un po' di mal di testa ma non è nulla che non si possa curare con un paio di giorni di congedo…"

"Perché sei qui?"

Christal sorrise, fissandolo negli occhi.

"L'apocalisse, mi pare ovvio..:"

*****

L'Immortale alzò le braccia davanti al portale.

"Tra poco la luna si alzerà, mio signore… e le barriere interdimensionali che ti racchiudono cadranno."

"La cacciatrice?" chiese il demone.

L'Immortale sorrise

"E' innocua. Il rituale è fallito."

"E quel mago? Quel pazzo di nome-"

"Etan Rayne?" chiese il demone "è scappato non appena l'ho lasciato andare… crede ancora di potersi salvare… ad ogni modo il suo piano ha funzionato: la cacciatrice è impazzita e tutti si sono distratti. Anche se il vampiro dovesse giungere da lei con la pergamena autentica, non si sottoporrebbe mai al rituale dopo quanto le è accaduto e, probabilmente non farebbe nemmeno in tempo..."

"Hai forse fatto qualcosa che non so?" chiese l'essere infernale con un abbozzo di sorriso sulle labbra.

Anche l'Immortale sorrise, ricominciando ad agitare le erbe per l'incantesimo

"Diciamo solo che, scontro o meno, il vampiro sarà il primo a morire."

*****

Toc toc toc…

Il signor Giles si alzò di mala voglia dal suo tavolino, chiedendosi chi mai avesse voglia di disturbarlo in un momento come quello.

La reazione di Xander era stata completamente diversa invece, ed il ragazzo già fissava al di là della porta con una pistola carica stretta in mano.

"Perché sei qui?" chiese.

Etan fissò il ragazzo e subito dopo l'osservatore.

"Stanno arrivando" disse, senza nascondere un certo tremito nella voce. Subito il signor Giles apparve alle spalle del ragazzo.

"Sono riuscito a imbrogliarli, credono che Buffy stia ancora male, ma non appena i primi raggi della luna faranno capolino da dietro le nubi, attaccheranno in massa e nulla sfuggirà al loro passaggio"

"Lo sappiamo già" disse Giles, chinando il capo.

In un'altra occasione magari sarebbe stato divertito nel vedere Etan Rayne sulla soglia di casa sua, pallido come un fantasma, terrorizzato dopo tutto quello che gli aveva fatto; ma ora nulla aveva più importanza.

"No…" disse invece l'osservatore con una strana espressione di terrore dipinta sul volto.

"Voi non capite… sono immortali!" disse "hanno preparato un esercito d'immortali!"

"Ed ecco perché è importante che agiamo subito…" disse Christal, mentre Riley entrava in casa e tendeva la copia del rituale a Giles

"Fossi in te" disse poi rivolto a Xander

"chiamerei immediatamente la tua amica strega…"

*****

"Quindi, vuoi dire che abbiamo un'altra possibilità?" chiese Down, con un sorriso che si allargava sempre di più.

"Se Buffy sarà d'accordo"

"Che altra scelta potrebbe avere?"

Il rituale dei saluti per il nuovo arrivato fu il più breve che si potesse ricordare.

Due minuti e tutti erano di nuovo al lavoro sui nuovi documenti che Riley aveva portato.

"Come facciamo a sapere che stavolta funzionerà?"

"Buffy non accetterà mai di rifare questa cosa!"

"Abbiamo visto com'è finita l'altra volta?!"

"Se non lo farà morirà comunque, tanto vale tentare!"

"Anche noi non abbiamo molta scelta…" osservò Down "Vado a parlare con mia sorella."

Willow annuì

"Riley… tu?

"Schiererò i miei uomini sul prato, spero che riusciremo almeno a rallentarli…"

"Mi sembra un ottimo piano!"

Willow si voltò immediatamente, spalancando la bocca

"Che c'è?" chiese Kennedy alzando le spalle "Hai sempre saputo che sono una persona testarda…"

*****

Down scese dalla scala con una tazza di the ancora piena.

"Non ne ha toccato neanche una goccia… e non vuole vedere nessuno…" disse in un fiato, "temo che abbia troppa paura di ciò che sarebbe in grado di fare…"

"Lasciatemi tentare…" disse Vincent in un soffio, ma Angel fu più veloce di lui.

"Ci parlo io" disse, e sparì al piano di sopra.

Vincent chinò il capo.

"Ok…" disse "allora io vado a far visita a un altro amico…"

*****

"Allora…" disse Giles rivolto alla nuova arrivata non appena furono da soli "cos'ha questo incantesimo di diverso da quello che abbiamo già tentato?"

"Tutto." disse Marta sorridendo "E niente. E' quello giusto, Giles, non so altro…"

"E come mai tu avresti rischiato la tua vita per portarcelo? Non combatti come le altre cacciatrici.."

Christal si voltò verso di lui con l'espressione più seria che l'osservatore avesse mai visto.

"Beh, penso che quando passi la tua intera vita a difendere qualcosa, arrivi a credere che possa fare davvero la differenza, no?" disse "Ad ogni modo, ora non c'è tempo per le spiegazioni, e nemmeno per le incomprensioni o la scarsa fiducia."

Giles la fissò negli occhi, senza parlare

"Una volta concluso il rituale, se saremo ancora vivi, allora ci sarà tempo per tutte le domande che mi avreste voluto fare stanotte, ma adesso dobbiamo sbrigarci. E dobbiamo fidarci l'uno dell'altro. Solo così possiamo sperare di uscirne vivi."

*****

La porta sbattè violenta contro il muro.

"Non ti sembra il caso di entrare invece che origliare come un codardo?" esclamò il vampiro, trascinando all'interno della cripta lo sfortunato visitatore.

Il pugno che seguì fece capire a Spike che all'intruso non andava di essere trattato come un pivello.

"Se fossi in te modererei i termini. E cercherei di essere più cauto davanti ad un demone che nemmeno conosci. Ah e per la cronaca, stavo per bussare, non stavo origliando".

Il biondo sorrise divertito e altrettanto fece il demone.

"Un demone che nemmeno conosco eh?" lo prese in giro Spike

"Strano, a prima vista assomigli di più a un osservatore che a un demone"

"In effetti sono anche questo."

A quelle parole il biondo storse il naso.

"Non farmi ridere. Tu… al consiglio?! Ho conosciuto più osservatori di quanti immagini e so che Travers non l'avrebbe mai permesso."

"Infatti sarebbe più corretto dire che non ha avuto altra scelta."

Il demone si avvicinò alla poltrona.

"Posso sedermi?" chiese, mentre già allungava i piedi sul tavolino

"Sei proprio un inglese!"

"Forse..." disse Vincent intrecciando le dita e cercando una bottiglia con dell'alcool "ma si da il caso che io sia anche l'unico inglese a cui sta a cuore la tua non-vita, dico bene vampiro?" e così dicendo il demone si alzò in piedi tanto velocemente da essere praticamente invisibile, afferrò la bottiglia di scotch che stava sul ripiano e colpì Spike al fianco.

Il vampiro si chinò su sè stesso, imprecando.

"Allora avevo visto giusto..." commentò Vincent, riprendendo posto sul divano, ma continuando a guardare Spike.

"Quanto tempo fa è successo?"

Il vampiro deglutì, respirando a fatica.

"Che te ne importa?"

Improvvisamente Vincent spalancò gli occhi, fissando ancora più intensamente il biondo

"Santo cielo, pensavo che fossero estinti..."

"Sì, lo pensavo anch'io... ehi!"

Adesso era il vampiro a fissare Vincent ad occhi spalancati

"Ma come diavolo..:"

Vincent si alzò in piedi.

Buona parte della sua spavalderia era svanita, e anche l'atteggiamento aggressivo e la baldanza, erano stati sostituiti da toni e atteggiamenti sinceramente preoccupati.

"Posso dare un'occhiata?" chiese.

Spike si ritrasse immediatamente.

"Che altro? Oltre che un osservatore, un demone che legge nel pensiero e un gran rompiballe sei pure un medico? Lasciami in pace ti ho detto!" esclamò, e indicò la porta con fare eloquente.

Vincent rimase per un istante in silenzio.

Poi, lentamente, si avvicinò al sarcofago che troneggiava al centro della cripta e vi depose alcuni oggetti.

"Ti chiedo perdono Spike, non sono stato del tutto sincero con te..." disse, facendo cadere nel nulla l'invito del vampiro

"E dov'è la novità?" rispose acido Spike.

Quelle parole, dette così di fretta e con quel tono, gli fecero stringere per un secondo il cuore nel petto e Vincent dovette fare uno sforzo enorme per non mandare a monte tutti i suoi buoni propositi e non leggere di nuovo nella mente del biondo.

Ma non sarebbe stato giusto.

Non più.

Col tempo Vincent aveva imparato che il suo dono era anche un'arma notevole e violare la vita degli altri, la loro intimità, i loro segreti e il loro passato non era una cosa che si potesse fare senza conseguenze.

Perciò aveva deciso di limitarsi a leggere solo quello che poteva essere utile per la sua causa, o che potesse avere una qualche fondamentale importanza nell'apocalisse che stavano per affrontare.

E quello che aveva scoperto adesso, per esempio, era certamente di vitale importanza.

"Io sono un demone empatico. Mi chiamo Vincent Claidfort." disse quindi, decidendo di ignorare di nuovo l'invito del vampiro.

"Sono stato al servizio del consiglio degli osservatori in Inghilterra per 457 anni, ma per molti di più ho eseguito il mio vero ed unico compito: riunire i pezzi del rituale che avrebbe permesso alla cacciatrice di sconfiggere il Primigenio, un demone primordiale che è rimasto trincerato in mezzo ad un varco interdimensionale per 33 lunghi secoli, ma che stanotte sarà libero e sta già agendo con l'aiuto dell'Immortale per distruggere il mondo."

Spike ora lo guardava, attento

"Quindici anni fa, trovai nella biblioteca del consiglio un manoscritto di cui era proibita la lettura ma che conteneva una delle parti autentiche del rituale. Inutile dire che me ne fregai del divieto e corsi a leggerlo, facendomi così espellere dal consiglio, ma la cosa importante è che sul libro trovai informazioni dettagliate su come utilizzare la lama di Tékal e su come condurre il rito. Ecco, bevi."

"Che roba è?" chiese Spike avanzando e afferrando lo strano intruglio che il demone aveva preparato mentre parlava.

Vincent lo guardò per un secondo, poi lo esortò di nuovo.

"Avanti. Non sono qui per farti del male e, se avessi voluto ucciderti, ti assicuro che mi sarebbero bastati meno di 5 minuti nello stato in cui sei ridotto."

"E' un antidoto?" chiese quindi il vampiro, ben sapendo che sarebbe stato da stupidi continuare a fingere di star bene davanti a un demone empatico.

"Sai già la risposta" gli rispose Vincent

"L'unico antidoto per il veleno che hai in corpo è il sangue della cacciatrice"

"Non te lo far passare neanche per la testa!" fu la secca risposta di Spike.

Il demone annuì, serio.

"Quello che tieni in mano è una... sorta di ricostituente magico. Rallenterà il decorso del veleno e ti darà la forza necessaria per arrivare con le tue gambe fino al luogo del rituale, poi la magia della lama di Tékal farà il resto."

A quelle parole Spike sbattè il bicchiere sul tavolo e fissò il demone dritto negli occhi, con l'indice alzato.

"Questo è meglio che ve lo togliate dalla testa, tu e il tuo seguito di stupidi osservatori rimbecilliti." esclamò.

A Vincent non sfuggì la scintilla di terrore che passò negli occhi del biondo, mista ad una rabbia cieca, probabilmente forgiata in anni di frustrazione e di impotenza di fronte a quello che altri decidevano continuamente per il suo destino.

"Ho fatto quello che volevate, d'accordo?!" continuò "Ho trovato il posto dove era custodito il dannato rituale, ho portato fin qui la maledetta lama di Tékal, ho controllato il mio demone visto che qualcuno ha pensato bene di togliermi l'anima come premio per aver salvato il mondo e ho salvato anche la vita ad un gruppo di stupidi soldatini sulla via del ritorno e adesso pretendete anche che uccida la donna che amo?! Beh ve lo potete scordare, perchè non appena sarà calato il sole, io sarò già dall'altra parte dell'oceano a godermi la mia ritrovata vita da vampiro e-"

"E sai benissimo che non sarà così!" esclamò Vincent, per nulla impressionato dal monologo del vampiro.

Spike sostenne il suo sguardo senza indietreggiare, ma questi non sembrava per nulla intimorito.

"Primo: se stanotte non berrai il sangue di Buffy durante il rituale, non solo non sarai dall'altra parte dell'oceano, ma sarai morto!"

"Lo sono da 150 anni"

"Sai benissimo cosa intendo. Secondo: per completare il rito serve che un vampiro puro unisca il suo potere a quello della cacciatrice e che le ceda parte della sua forza in modo che lei possa poi combattere l'esercito che il Primigenio e i Senior Patners le manderanno contro e nelle condizioni in cui sei rischieresti solamente di indebolirla ottenendo l'effetto contrario. Terzo: se ancora non ti fosse chiaro, tu sei l'unico vampiro senz'anima in circolazione di cui Buffy si fiderebbe. Quarto-"

"Buffy si fidava di Spike-con-l'anima, Vincent, non di Spike." commentò in un soffio il vampiro.

"Quarto:" continuò Vincent, senza ascoltarlo "non hai altra scelta."

*****

"Qualcosa non va…" Down era affacciata alla finestra e guardava fuori, mentre Willow preparava di nuovo il cerchio magico e si concentrava sull'incantesimo.

Buffy era seduta in un angolo.

"Tutta questa situazione non mi sembra possibile…" disse.

Angel le prese una mano, stringendola un poco.

"Andrà tutto bene…"

Buffy si voltò verso di lui

"Mi renderà meno umana, vero?" chiese.

"No…" rispose Angel, prendendole entrambe le mani "Sarai solo più forte.."

"Ma sarò legata a lui… a un demone…"

Angel abbassò gli occhi.

"Non siamo sicuri su questo punto. Christal si ostina non volerci dire chi eseguirà il rito e lo stesso Vincent… Mi ha detto solo che non posso essere io, ma me l'aspettavo, visto com'è finita la scorsa volta…"

Buffy annuì

"Ci sono tante cose che non capisco…" disse

"Le capirai tra poco."

Marta la guardava, dall'altra parte della stanza.

Buffy si voltò "A cominciare da te…" disse

Ma non fece in tempo a finire la frase perchè Down gridò: "Che cos'è quello?"

Xander, Angel, Buffy e Christal corsero verso la finestra, subito raggiunti dagli altri.

Davanti a loro, una colonna di fumo grande quanto un palazzo stava facendo piazza pulita di qualunque costruzione, essere o albero si trovasse sul suo cammino.

Improvvisamente, non appena l'ultimo raggio di sole scomparve dietro l'orizzonte, due occhi, enormi e gialli, comparvero al centro della colonna spettrale.

"il Primigenio…" riconobbe Vincent, guardando Willow "avanti strega: è tempo d'iniziare…"

*****

Come programmato nel poco tempo che avevano avuto a disposizione, ognuno prese il suo posto, pronto a combattere fino alla morte nel ruolo che gli era stato destinato.

Riley uscì di corsa, chiamando a raccolta i suoi militari, mentre le cacciatrici, comandate da Kennedy si disposero nel prato, armate fino ai denti e pronte a dichiarar battaglia. Willow invece si avvicinò a Buffy.

"Ho preparato una prigione mistica" disse d'un fiato "volevo solo che lo sapessi. È molto potente, potrebbe contenere il Primigenio e l'Immortale e renderli inoffensivi per qualche secolo" disse, indicando ciò che c'era fuori "solo che non potrò tenerla aperta per molto. Dimmi tu quando aprirla…"

Buffy posò una mano sulla spalla dell'amica.

"Grazie…" disse e Willow sorrise.

"Sei sempre la mia arma segreta. Ora fermiamo questa cosa…"

Mentre Buffy entrava nel cerchio magico, Down alzò una barriera tutto intorno alla casa.

"Sei sicura di poterlo fare?" chiese Xander preoccupato. Per lui, Down sarebbe rimasta sempre la piccola e fragile sorellina di Buffy…

"Sono una chiave mistica" gridò in tutta risposta Down "anche se non lo ricordo, ho avuto migliaia di anni per far pratica…"

Improvvisamente, due mani nere si protesero verso la barriera e un'orda di demoni dalle forme più svariate venne vomitata sul prato dove combattevano militari e prescelte.

"Gli immortali…" sussurrò Etan, tremando come una foglia.

Vincent, invece, osservava la scena da un angolo della stanza.

Non gli sembrava vero. Dopo quasi 597 anni il rito che avrebbe garantito il confinamento perenne del Primigenio negli inferi stava per iniziare. Giles lo guadò un istante e lui ricambiò turbato.

Spike doveva essere già lì… come mai non si presentava?

Buffy si guardò attorno.

La lama di Tékal giaceva al suo fianco, rilucente di splendidi riflessi azzurri.

Strano, pensò, l'ultima volta che l'avevano usata non aveva quel colore...

"Ok ragazzi, ci siamo..." annunciò Willow in tono solenne, per poi aggiungere, con aria decisamente meno maestosa "incrociate tutti le dita!"

Non appena la strega srotolò la pergamena, una strana luce fuoriuscì dal testo che vi era inciso e le parole, scritte in una lingua ormai dimenticata dal tempo, presero vita sotto gli occhi di Willow diventando inglese corrente.

La strega sorrise e iniziò a leggere.

Come l'altra volta, anche ora la mano di Willow si alzò verso il soffitto e una luce bianca avvolse la cacciatrice in piedi al centro del cerchio magico.

Buffy afferrò la lama di Tékal e si procurò un piccolo taglio sul palmo della mano sinistra.

Alcune gocce vermiglie iniziarono a cadere per terra, assumendo un intenso colore dorato prima di raggiungere il suolo.

Buffy si guardò attorno spaesata.

A questo punto si supponeva che un vampiro dovesse entrare nel cerchio con lei. Anche Vincent si guardava intorno.

Dov'era dannazione?

Anche il resto dei presenti iniziava a chiedersi se sarebbe arrivato qualcuno.

Improvvisamente, la porta d'ingresso si aprì e il biondo entrò nella stanza.



Aveva combattuto, era ovvio.

Aveva un taglio aperto sullo zigomo e la giacca di pelle era strappata e tagliata in più punti.

Buffy lo guardava incredula dal centro della stanza.

Non poteva uscirne, pena l'annullamento del rito con conseguenze che ancora non erano chiare, ma si diede un pizzicotto, per essere certa di non sognare.

Il vampiro ignorò deliberatamente Buffy e si rivolse a Vincent.

"Angel e le cacciatrici li stanno tenendo a bada ma non dureranno molto. Riley è andato a dar man forte ai suoi. Preparatevi a combattere per difendere la strega!"

Come a conferma di quanto appena detto, Down lanciò un urlo e si accasciò al suolo.

"Stanno cercando di entrare!!!" gridò.

Christal si affacciò alla finestra, giusto in tempo per vedere il Primigenio scagliarsi con tutta la sua forza contro l'incantesimo di Down.

Senza attendere altro, il vampiro entrò nel cerchio magico e Willow iniziò a parlare.

Buffy lo guardava ammutolita.

Non poteva crederci.

Spike era vivo.

Lo aveva lasciato in fiamme nella bocca dell'inferno e adesso…

Lo schiaffo lo aggiunse in pieno volto, facendolo vacillare.

Vincent fece un passo avanti, preoccupato.

Non gli era sfuggito lo stato del vampiro: anche se aveva cercato di mascherarlo con la sua solita aria da spaccone, Spike stava in piedi per miracolo. Il veleno ormai doveva essere quasi arrivato al cuore, probabilmente era questione di minuti. E lui cosa faceva? Stava lì, in piedi nel cerchio, a parlare con Buffy? O meglio a farsi prendere a schiaffi da Buffy?!

Senza attendere una spiegazione, il vampiro afferrò la cacciatice per le spalle, avvicinandosi al suo volto.

Buffy stava piangendo.

La forte e terribile cacciatrice stava piangendo alla vista di un vampiro che temeva morto da tempo.

"Quando... come è successo? Perchè non...?" chiese, singhiozzando

Spike le accarezzò il volto, asciugandole una lacrima.

"Dopo..." rispose, in un sussurro "... quando tutto sarà finito... c'è un mondo da salvare adesso... dobbiamo fare gli eroi..."

Buffy non riuscì a nascondere un singhiozzo.

Già… fare gli eroi… le stesse parole dell'ultima volta, poche ore prima che il cratere di Sunnydale lo inghiottisse e quel dannato medaglione lo consumasse con fuoco e fiamme mentre lei correva via per salvarsi.

Ma non potevano fermarsi, non ora.

Buffy lo sapeva benissimo, e anche Spike.

"Già..." rispose Buffy con un sorriso "Eroi, senza scampo..."

Spike l'abbracciò forte, nascondendo il volto tra i suoi capelli.

In quel mentre, una delle finestre venne sfondata e Xander fu attaccato alle spalle da un enorme demone verde.

Willow urlò con tutto il fiato che aveva in gola. "Ora!"

Buffy afferrò la lama di Tékal e la porse a Spike.

"Sai cosa devi fare..."

Il vampiro annuì.

Afferrò il pugnale e si tagliò un palmo.

Non appena la prima goccia di sangue raggiunse il pavimento e si unì a quelle di Buffy, un sottile filo dorato si alzò da terra andando ad avvolgere le mani dei due ragazzi, al centro del cerchio magico.

"Attento signor Giles!"

L'osservatore si abbassò, giusto in tempo per evitare che un dardo enorme gli si conficcasse nella schiena.

"Grazie Down!"

Nel salotto e all'esterno la lotta infuriava.

Down si era rifugiata in un angolino protetto e stava mantenendo una barriera magica attorno a Willow e al cerchio. Gli altri combattevano come meglio potevano l'orda di demoni che avevano davanti e che sembrava inarrestabile.

Improvvisamente, l'Immortale colpì Vincent alle spalle, facendolo cadere a terra.

"Pensavo di non rivederti, Caidfort." esclamò "L'età che avanza non ti ha impedito di stare in prima linea a rompermi le scatole anche stavolta!"

Vincent si rialzò.

"Immortale. Vedo che non hai cambiato il tuo stile: è tipico da parte tua colpire il nemico alle spalle." Ribattè, ma un calcio lo fece sbattere nuovamente contro la parete.

"Non riuscirai a concludere il tuo stupido rituale!" esclamò, piantandogli un pugno sul volto. "Ormai è troppo tardi!"

Vincent si rialzò di nuovo, asciugandosi il labbro sporco di sangue.

"E' tutto inutile. E' già finita Immortale, non te ne rendi conto?" chiese e affondò la spada nel ventre dell'altro.

L'Immortale allargò le braccia, ridendo

"Cosa pensavi di fare, eh? Non mi chiamano immortale per niente..." disse. Ma quando provò ad estrarla, la spada di Vincent si illuminò, rivelando nell'elsa un piccolo contenitore magico.

"Ah, Immortale… mi sono scordato di dirti che avevo modificato quell'arma…" disse e dal contenitore magico che si trovava nell'elsa si sprigionò una luce che avvolse il demone e lo paralizzò completamente, prima di farlo scomparire all'interno di un vortice magico.

"Attento alle prigioni mistiche Immortale... sono terribilmente noiose dopo i primi 4 secoli" commentò l'ex-osservatore, allontanandosi sorridente e riprendendo a combattere al fianco di Xander.

La luce dorata aveva avvolto le mani di Buffy e di Spike.

La ragazza lo guardò ancora una volta in volto.

Appariva stanco e provato, si chiese se c'era qualcosa che non le aveva detto...

Poi lui aprì la mano e fu come l'ultima volta, sopra la bocca dell'inferno, con tutte le potenziali che scappavano e il medaglione che sprigionava fuoco in tutte le direzioni.

"Afferra la mia mano, Buffy..." esclamò lui, cercando di mantenere salda la voce. Non ce la faceva più. Ormai il dolore al petto stava diventando insopportabile, segno che il veleno era arrivato a un soffio dal cuore. Dovevano finire il rito in fretta oppure…

Non appena Buffy appoggiò la sua mano su quella del vampiro e le due ferite vennero a contatto, la luce dorata avvolse le loro mani, saldandole una all'altra.

Buffy sentì la forza del vampiro fluire nel suo corpo come una linfa vitale che aumentava i suoi poteri e che la rendeva più forte... invincibile….

Chiuse gli occhi.

Ora capiva come mai l'Immortale e il consiglio avevano cercato di nascondere quel rito per tanto tempo.

Una cacciatrice con quel potere, con quella forza, sarebbe stata impossibile da controllare anche per dei demoni, figuriamoci per dei semplici umani.

Spike guardò estasiato Buffy riempirsi di tutto il potere che la sua condizione di vampiro poteva offrirle. E poi indebolirsi, sempre di più… sempre più velocemente.

Si voltò e vide Vincent che lo guardava, esortandolo a concludere il rito.

Quando la tua forza inizierà a trasferirsi in lei, lo farà anche la debolezza che ti sta consumando a causa del veleno. Se Buffy affronterà il Primigenio in queste condizioni, morirà!

Quel maledetto aveva ragione, ma per loro fortuna non era finita, il rito non era concluso, c'era ancora un'ultima cosa da fare e, mentre il sangue correva via veloce e Buffy assorbiva il suo potere come da una fonte lasciandolo privo di forze, Spike pregò in un dio in cui non credeva che gli desse almeno l'energia necessaria per concludere anche quell'ultimo gesto e porre fine definitivamente alla minaccia del Primigenio e della sua schiera di demoni e immortali.
Una pioggia di fuoco iniziò a cadere sull'esercito di Riley, costringendoli alla ritirata.

Angel decapitò un vampiro e alzò lo sguardo verso il cielo.

Terribile, in volo sopra di lui, la figura del demone primordiale oscurava la volta celeste, vomitando sulla terra orde di immortali assassini che sembravano nascere direttamente dalle sue dita deformi.

Vincent si voltò verso Buffy gridando forte
"Forza Spike che aspetti?! Non abbiamo tutto il giorno!"

In quel momento una freccia colpì alla gamba Kennedy e un demone squarciò il petto di uno dei soldati a pochi centimetri da Riley.

Spike si rivolse a Buffy

"Buffy... ti fidi di me?" chiese.

Poche parole, che ne rievocavano mille altre.

"No, non mi fido…"

La cacciatrice lo guardò stupita

"Spike, io... i miei amici sono in pericolo!" esclamò, nonostante la debolezza, protendendosi verso l'urlo di uno dei soldati che cadeva.

"Ti fidi di me...?" ripetè il vampiro senza ascoltarla.

Buffy lo guardò un istante

"Perché me lo chiedi? Sai che…"

Un dolore lancinante lo fece piegare su sè stesso. Trattenendo un urlo Spike si appoggiò a Buffy e maledisse la sua vena umana e quel qualcosa dentro di lui che continuava a non voler vivere quel momento, ben sapendo che cosa ci sarebbe stato dopo.

"Spike… che succede?"

"Ti prego... Buffy..." sussurrò, cadendo in ginocchio.

"Oddio, Spike... sì... sì… mi fido di te... oddio ma cosa ti succede?..."

Ma il vampiro non la stava più ascoltando. Mentre la lotta infuriava più violenta che mai e il Primigenio stava esattamente sopra le loro teste, cercando di infrangere la barriera magica che Down aveva creato, Spike avvicinò il volto al collo di Buffy e affondò le zanne nella sua carne bianca.

"Devi promettermi che non dirai nulla a Buffy riguardo alla seconda parte del rito. Nè a lei, nè a nessuno dei suoi amici, mi sono spiegato?"esclamò Spike non appena ebbe finito di bere lo strano intruglio che gli aveva preparato Vincent.

Il demone lo guardò esterrefatto.

"E... si potrebbe sapere perchè?" chiese.

Il vampiro si voltò, aprendogli la porta e indicandogli di andarsene.

Vincent sospirò. Spike era il vampiro più testardo con cui avesse mai avuto modo di ragionare!

"Perchè se ne vergognerebbe" sussurrò, mentre l'osservatore già attraversava la soglia.

Vincent si voltò di scatto. Accidenti ai suoi buoni propositi di non leggere nella mente della gente, in quel vampiro valeva la pena di leggere, eccome!

"Come hai detto, scusa?" chiese, ma Spike alzò la testa, risoluto.

"Fai quello che ti ho detto o puoi scordarti che prenderò parte al rito" disse e chiuse la porta in faccia al demone.


"Willow, fermali!"

Non appena la prima goccia di sangue aveva raggiunto le labbra del vampiro, le litanie della strega si erano intensificate e così anche gli sforzi del demone d'infrangere la barriera magica che Down aveva creato. Purtroppo anche gli altri avevano visto ciò che stava accadendo ed ora la lotta pendeva in netto vantaggio dei demoni.

"Spike, appena finisce quest'apocalisse giuro che ti ammazzo come quel cane che sei!" gridò Angel, abbattendo un demone dopo l'altro.

Intanto Buffy si era abbandonata contro il corpo di Spike, lasciando che lui la sostenesse mentre Willow sussurrava come in una litania:

Il sangue del vampiro restituisca il potere alla nuova prescelta. Il sangue del vampiro restituisca il potere alla nuova prescelta. Il sangue del vampiro restituisca il potere alla nuova prescelta.

Nessuno vide la ferita di Spike richiudersi sotto la fasciatura man mano che si nutriva della donna che amava, esattamente come nessuno vide le lacrime del vampiro scorrere lente mentre le forze tornavano a sostenerlo.

Ne aveva discusso a lungo con Vincent: Buffy doveva bere il sangue di un vampiro sano o avrebbe ereditato la sua debolezza invece della sua forza, e l'unico modo che aveva Spike per poterle donare la sua forza era di guarire, quindi di bere da lei.

Ora lei avrebbe avuto tutto. Il potere, la forza e l'immortalità, o almeno quell'immortalità che era concessa a un vampiro unito a una cacciatrice.

Il Primigenio gridava sopra di loro ma il biondo non lo sentiva.

Nonostante il suo demone urlasse e gridasse e lo esortasse a bere fino all'ultima goccia della sua terza cacciatrice, ogni suo muscolo era concentrato nel bere esattamente la quantità di sangue necessaria per guarire, non una goccia di più.

Non appena sentì che il dolore al fianco era cessato si allontanò dal collo di Buffy e si procurò una profonda incisione su un polso.

In lontananza, Angel, Giles, Riley, Xander e gli altri urlavano frasi incomprensibili nel fragore della lotta, ma a lui non interessava. Buffy beveva avidamente e il demone primordiale era sempre più disperato, solo questo contava.

Con un colpo di reni la cacciatrice gli fu addosso, squarciandogli con i denti la giugulare.

Spike gridò, afferrandola per la vita, ma lei era troppo forte e lui non riusciva a togliersela di dosso.

Il suo ultimo pensiero coerente, prima di perdere i sensi, fu che come vampiro Buffy Summers era decisamente una grande promessa.

*****

Il sangue... i demoni... la luce... il sangue... Spike steso sotto di lei, perchè? Un demone che grida... il Primigenio… e il sangue… il sangue... il sangue che le fluisce nella bocca, nell'esofago... il potere che s'irradia ad ogni suo sorso e la vita che pian piano cambia il suo significato... tutto questo potere in un singolo sorso di sangue?... Il Primigenio grida, ha quasi infranto la barriera... ormai nessuno è al sicuro...

Buffy si stacca.

Non guarda neppure verso il basso, si rivolge a Willow.

"Dov'è il portale?" chiede.

Vincent le indica un punto non lontano dal demone e Buffy si rivolge di nuovo all'amica

"Ora!" grida.

Il portale si apre in tutta la sua terribile magnificenza.

"Down, fammi uscire!" grida ancora.

La piccola Summers la guarda allibita. Davvero sua sorella vuole andare là fuori, a combattere contro quel demone grande due volte la loro casa? Ma negli anni Down ha imparato a non disubbidire a Buffy, soprattutto nel bel mezzo di un'apocalisse, e quindi fa come le chiede.

Buffy esce allo scoperto. Fa freddo. Il Primigenio è enorme, ma il suo potere è nulla in confronto a quello della nuova cacciatrice. Prova a colpirla più volte, ma Buffy lo schiva sempre. Le basta un salto per arrivargli alla gola e prima ancora che lui riesca ad afferrarla, la cacciatrice usa la lama di Tékal per staccargli quasi di netto la testa.

Il demone vacilla. Sta iniziando a rigenerarsi.

Con una spinta Buffy lo porta sull'orlo del portale. A nulla vale la resistenza del Primigenio o dei demoni che nascono come per incanto dalle sue carni.

Sono tutti morti in meno di un minuto.

Buffy afferra una spranga e trafigge il demone come se fosse fatto di burro, poi lo spinge di nuovo e stavolta precipita nel portale che si richiude alle sue spalle.

Buffy si volta verso il prato. I demoni rimasti alzano le mani in segno di resa, proclamando la vittoria della cacciatrice e del suo esercito.

Stremata, Down abbassa la barriera magica attorno al portale e si lascia cadere tra le braccia di Vincent che la prende al volo.

"Stai bene?" chiede solo

"Starò bene" risponde lei "E tu?"

"Che domanda sciocca da fare ad un quasi-immortale" risponde lui

"Che domanda sciocca da fare ad una massa di energia" commenta lei, mentre lui la prende in braccio.

Alle sue spalle, anche Giles si sta allontanando.

"Andate a prendere le ragazze, avvisatele che la battaglia è vinta!" urla la voce di un'altra donna tra la folla e Willow è sorpresa nel riconoscere in lei la madre di Kennedy.

"Beh, quella donna ha grinta da vendere…" commenta Xander, appoggiandosi a Willow per rientrare a casa

"Ti guarirò io." dice lei, sorridendo amabilmente in direzione della sua amata "Buffy ha fatto proprio un bel lavoro…"

*****

I rumori della battaglia si chetarono poco a poco. Qualche demone potenzialmente pericoloso venne ucciso dagli uomini di Riley mentre stava scappando, altri dalle cacciatrici.

Sembrava di essere su un campo di battaglia, di quelli di tre secoli prima.

"Bene. Ora che non devo più combattere contro un'orda di demoni invasati… lo ammazzo!" fu invece il solo commento di Angel che, afferrato un paletto, si stava dirigendo laddove gli era parso di vedere i capelli biondo platino di Spike.

"Se prova solo a dirmi che è stato per il suo bene…" esclamò, prima che un pugno fortissimo e una folata di capelli biondi lo mandassero al tappeto.

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Capitolo 10
*** epilogo ***


Ed ecco l'epilogo... spero che vi sia piaciuta e ringrazio fin da ora chiunque leggerà e chi troverà il tempo per lasciarmi un commentino. Grazie a tutti!



Episodio 10 - Epilogo

Aprì gli occhi per richiuderli subito dopo, accecato dalla luce del giorno.

Improvvisamente, un istinto antico come il mondo prese il sopravvento e Spike si rannicchiò nell'angolo della stanza, respirando affannosamente per lo sforzo.

Si guardò attorno. La vista era ancora sfocata, ma riusciva a mettere a fuoco alcune cose.

Una finestra... un letto... una donna...

"Buffy..." la ragazza si voltò nella sua direzione, senza dire una parola, per poi rivolgersi nuovamente verso la finestra.

Cercò di alzarsi, ma ricadde poco elegantemente nel suo angolo, imprecando per quella condizione che tanto lo penalizzava.

Se solo non si fosse sentito così debole... maledetto rituale.

Ma se erano lì significava che almeno aveva funzionato.

Adesso la vista stava piano piano tornando e Spike si accorse di una cosa essenziale: in terra, vicino alla finestra che Buffy stava fissando, c'erano 4 sacche di sangue vuote, di quelle che Willie era così "gentile" da procurargli quando lui non poteva andare di persona dal macellaio o alla banca del sangue.

Alzò gli occhi verso Buffy che continuava a guardarlo impassibile.

Lo aveva nutrito. Certo, altrimenti non sarebbe mai riuscito a riprendere conoscenza in così poco tempo. E lo aveva portato via dal luogo della battaglia, impedendo che del suo corpo si occupasse qualcun altro, come Giles o Angel ad esempio.

In poche parole, gli aveva salvato la vita...

"Grazie..." disse quindi, anche se a bassa voce. Non era sicuro che le facesse piacere una sua interazione ed infatti lei non gli rispose, continuando semplicemente a guardare fuori dalla finestra.

Dovevano essere circa le 4 del pomeriggio, a giudicare dall'inclinazione del sole. Non sarebbe potuto andare da nessuna parte con quel cielo terso, perciò tanto valeva sfruttare il momento.

"Mi... mi dispiace per quello che è successo oggi... avrei voluto spiegarti…" per tutta risposta, la ragazza girò la testa dall'altra parte e il cuore di Spike si strinse in una morsa.

Abbassò gli occhi e notò che il sole era quasi arrivato a lambirgli le gambe.

Si rannicchiò ancora di più, rendendosi conto che quello era l'unico angolo di ombra rimasto nella stanza.

Un terrore sordo percorse la sua spina dorsale.

Che Buffy lo avesse salvato solo per poterlo uccidere di persona? A pensarci bene sarebbe stato anche giusto, visto ciò che lui le aveva fatto, ma sperava che l'avrebbe lasciato andare o di poterle almeno parlare… prima…

"Vuoi che me ne vada?" chiese

"No." fu la secca risposta di lei

Le parole pesavano come macigni mentre uscivano dalle loro bocche.

Il sole avanzava, e Spike sapeva perfettamente di essere troppo debole per tentare la fuga.

E fuggire per cosa poi? Era persino buffo: lui l'aveva resa così, il guerriero più forte che il genere umano avesse mai conosciuto, ed ora una parte di lui voleva irrazionalmente scappare di fronte a quella creatura tanto potente. Anche nel pieno delle sue forze, non avrebbe avuto scampo. E nelle sue condizioni…

Era nelle sue mani, completamente.

E, in fondo, era giusto così… era così stanco di fuggire, cercare sé stesso, cambiare per lei…

Era la resa dei conti.

Lui era Spike, punto.

E ciò che aveva fatto era l'unica via percorribile, punto.

Adesso poteva solo accettarne le conseguenze e accettarle fino in fondo…

"Non lo avrei fatto se ci fosse stata un'alternativa." disse

Eccolo.

Come al solito dritto al punto.

Buffy chinò la testa.

"Sono ancora umana?" chiese.

Spike si morse il labbro, cercando di resistere al desiderio di non risponderle, di mettere fine a quell'interrogatorio che lo avrebbe messo a nudo di fronte a lei, una volta ancora.

"Non sei mai stata umana, non completamente." rispose infine, facendo appello a tutto il suo coraggio.

Sapeva perfettamente cosa sarebbe accaduto dopo. Era preparato. Ma non riusciva comunque ad affrontare quella cosa con calma. Non… poteva.

"Da quel che vedo, puoi stare al sole e scommetto che non ti serve il sangue per vivere."

Silenzio.

Spike alzò gli occhi al cielo

"Andiamo, Buffy… come cacciatrice hai ereditato parte di un potere demoniaco che si tramanda da generazioni. Quello che abbiamo fatto stasera è servito solo per rafforzarlo. Non sei diversa da prima, sei solo più forte... ed il fatto che io abbia bevuto da te è stato soltanto per permetterti di sconfiggere il Primigenio attingendo la forza da me."

"Dal tuo demone…"

Buffy si voltò appena, Spike potè vedere una singola lacrima rigarle la guancia.

"Una parte di me vorrebbe ucciderti" confessò, guardandolo negli occhi.

Spike contrasse la mascella.

"E l'altra invece vorrebbe solo baciarti"

"Beh, io darei retta alla seconda…" scherzò, sorridendo.

Buffy però non rideva.

"Che cosa mi sta succedendo, Spike?" chiese "Che cosa mi hai fatto?"

Il vampiro deglutì, distogliendo gli occhi per un istante.

Non era facile, non era facile per niente, ma doveva essere sincero, almeno adesso. Non poteva mentirle, non più. Aveva fatto tutto a sua insaputa per non costringerla a portare il peso di decisioni che erano state prese centinaia di anni prima che lei nascesse, in un altro tempo, da altra gente. E che loro avevano solo potuto accettare. Un piano semplice. Chiaro. Cristallino. Eppure ora le parole non volevano saperne di uscire dalla sua bocca.

"Non volevo che tutto questo avvenisse..." disse, semplicemente "ma fa parte dell'incantesimo. Quello che abbiamo fatto... ha creato un legame."

Buffy lo fissò, stupita

"Quindi è tutta una bugia?" chiese.

Spike abbassò lo sguardo

"Buffy, io non sono diverso da prima e neanche tu lo sei. Questo legame… non significa niente se tu non vuoi… e non sarà più vero solo perché abbiamo bevuto l'uno il sangue dell'altro…"

Buffy lo fissò negli occhi un istante.

"Cosa farai adesso?" chiese.

Spike sorrise.

"Se non mi uccidi, intendi?"

Buffy annuì

"Lascerò la città." rispose deciso. "Speravo solo di poterti dire... che mi dispiace… ma che non c'era altro modo per fermare il Primigenio, lo sai vero?" chiese, sperando in una risposta affermativa di lei.

Buffy chinò la testa e la rialzò subito dopo in cenno di assenso. Poi si alzò in piedi ed andò a chiudere le tende.

"Vattene." sussurrò

e Spike si sentì morire un'altra volta.

Ecco.

Era finita.

La decisione era stata presa.

Buffy lo lasciava andare… e lui avrebbe dovuto vivere con quello che aveva fatto, o attendere un'altra alba, ma da solo stavolta.

Non si voltava nemmeno per salutarlo.

Si alzò in piedi lentamente, cercando di controllare il tremore dei muscoli. Era debole. Era immensamente debole, ma doveva perlomeno uscire di lì e raggiungere il corridoio o una stanza… poi avrebbe afferrato una coperta e avrebbe sperato di raggiungere incolume la cripta. Se poi non ci fosse riuscito… pazienza, nessuno lo avrebbe ripianto e, in fondo, la sua non-vita era durata abbastanza.

Si appoggiò al muro, abbassando la maniglia della porta.

Ogni movimento era una lama nel cuore, ogni centimetro che lo allontanava da lei una nuova condanna, ma se era quello che lei voleva, Spike non si sarebbe opposto.

"Non mi hai mai detto che eri tornato..." la voce di Buffy lo richiamò appena prima che aprisse la porta… dio com'era difficile…

"Ci ho provato, molte volte." rispose a bassa voce "ma all'inizio ero questo stupido fantasma che non poteva lasciare la WolfRam&Hart, poi Angel mi ha detto che ti eri rifatta una vita ed infine sono venuto in Italia e ti ho vista con l'Immortale... e poi…"

"Hai saputo di del Primigenio"

"Già…" rispose lui "Non volevo essere di nuovo il vampiro non ti aveva salvata" disse "e quindi ho cercato una soluzione, ma temo di aver solo peggiorato le cose…"

Buffy ascoltò quelle parole senza voltarsi. Una lacrima le scivolò lungo il volto. Non voleva fargli vedere che piangeva, che non voleva che se ne andasse. Ma lui doveva andarsene. Non poteva rischiare di ucciderlo in un momento di rabbia o di amarlo solo per via di un incantesimo. Lui non lo meritava. E non meritava neanche di essere preso in giro di nuovo. Prima avrebbe dovuto capire se i sentimenti che provava per lui erano reali e poi lo avrebbe cercato. Ma almeno di una cosa era sicura.

"Mi sei mancato..." disse, voltandosi

Spike sorrise.

"Non speravo di sentirtelo dire..."

E poi successe tutto in un lampo.

L'impatto con il pavimento e poi quello con la parete. Una raffica di pugni che nemmeno sapeva da che parte piovessero.

Spike tentò invano di rialzarsi ma fu spedito di nuovo contro un altro mobile che si ruppe nell'impatto e, mentre qualcuno gridava, vide con la coda dell'occhio Buffy imprigionata da una strana barriera che le impediva di fare qualunque cosa, per quanto si sforzasse.

Improvvisamente venne sollevato da terra e una voce familiare lo salutò, prima di colpirlo allo stomaco.

Angel...

"Angel lascialo, ti prego!"

Buffy colpiva l'aria a pochi centimetri di distanza, gridando furiosamente.

Il vampiro non l'ascoltò.

"Fino a questo sei arrivato?!" chiese, dandogli un altro pugno sul volto

"L'hai trasformata?" un calcio

"L'hai resa come te?"

"Angel, smettila!"

Il demone si voltò verso la bionda con il viso trasformato in quello della caccia

"Speravo che almeno ricordassi con che razza di animale avevi a che fare!"

Spike sputò un grumo di sangue e si rivolse al suo gran-sire facendo appello a tutta la sua forza di volontà. Ma possibile che fosse così ottuso?!

"Buffy non è cambiata, è solo più forte!" sussurrò "Potresti sentirlo anche tu se la smettessi per un attimo di picchiar-" "Stai zitto!" gridò, colpendolo con tutta la forza che aveva in corpo.

Spike sbattè di nuovo contro il muro per poi restare fermo a terra

"Non voglio sapere niente di te. Tu sei già cenere per me. Ti ho visto: l'hai morsa, l'hai resa come te. Hai bevuto da lei fino a ridurla in fin di vita e poi l'hai fatta bere. E risparmiami la storia del povero vampiro che non può fare altrimenti: l'ho sentito dal primo momento in cui ti ho visto che avevi perso la tua anima e ti ho anche coperto le spalle!"

A quelle parole il gelo cadde sulla stanza.

Buffy, che fino a quel momento lottava come una furia per oltrepassare la barriera magica che Angel aveva creato usando uno degli articoli del Magic box (a proposito doveva ricordarsi di lamentarsi con Willow: le aveva fatte davvero troppo efficienti quelle barriere!), stava ferma con una mano sulla bocca e gli occhi spalancati.

Angel reggeva Spike per la maglia ed il vampiro fissava Buffy senza riuscire a dire una sola parola.

Non avrebbe dovuto saperlo.

Non così…

Lasciò cadere le braccia lungo i fianchi mentre Buffy continuava a guardarlo sconvolta ed Angel lo colpiva ripetutamente al volto, allo stomaco, alle spalle con calci, pugni e gomitate, affiancando gli insulti alle azioni

"Sei un mostro!"

"Ci fidavamo di te!"

"Ti sei preso gioco di noi!"

"Non meriti di esistere!"

E rimase fermo in ginocchio anche quando Angel afferrò un paletto dalla tasca dei pantaloni e si avvicinò per finirlo.

Avrebbe voluto alzare gli occhi su Buffy... guardarla mentre diventava cenere... ma non lo fece. La verità era che preferiva guardare negli occhi il suo aguzzino piuttosto che morire con il volto deluso della donna che amava impresso nella mente.

Vide Angel alzare il paletto, caricare il colpo, e istintivamente trattenne il fiato. Come con Riley, quando, per intimidirlo, gli aveva piantato un paletto di plastica nel petto. Ma stavolta il paletto non era di plastica e di sicuro quella di Angel non era una semplice minaccia.

"Perdonami" sussurrò solo, prima che il legno calasse, trapassandogli il cuore.

*****

"Revenit! Abrogo dissolvere!"

Buffy si voltò.

Dietro di lei una Willow ansimante stringeva tra le dita un paletto grondante di sangue, mentre Spike ritornava lentamente al suo stato originario.

Per fortuna il legno aveva appena scalfito il cuore quando era arrivata, se avesse tardato anche solo un paio di secondi sarebbe stato troppo tardi.

Angel la guardava sconvolto.

"Perchè?" chiese, mentre lasciava andare il bavero della giacca di Spike e questi si accasciava al suolo ormai privo di forze. In un attimo anche Down e Vincent furono nella stanza, l'una accanto a Buffy, l'altro accanto a Spike.

"Razza di un idiota che non sei altro!" esclamò Vincent mentre si assicurava che il biondo non si trasformasse nuovamente in cenere "Se mi avessi dato retta e avessi detto a qualcuno come stavano davvero le cose, forse ci saremmo risparmiati tutti questi casini!"

Il biondo sorrise

"Sono contento anch'io di vederti osservatore" disse debolmente, calcando volutamente il tono su quella parola, dato che l'attuale atteggiamento di Vincent si trovava all'estremo opposto rispetto a quello di un osservatore del Consiglio

"Oh ma va al diavolo!" rispose infatti questi punto sul vivo "Non mi sono mai piaciuti gli autolesionisti!"

"Buffy, stai bene? Siamo arrivati non appena... ma che è successo qui dentro?" chiese Giles varcando la soglia e guardando poi insistentemente prima Vincent, poi Spike ed infine Angel.

Xander lo seguiva ad un palmo, le dita strette spasmodicamente attorno all'elsa di una spada.

Ma non fu questa ad attirare l'attenzione del vampiro biondo, nè le occhiate ancora furenti di Angel o il respiro affannoso di Down. Quello che lo colpì come un fulmine a ciel sereno fu invece la richiesta di Buffy.

"Posso restare da sola con Spike per favore?"

Gli occhi di tutti erano sulla cacciatrice.

"Ma nemmeno per sogno!" esclamò Angel "Perchè?" "Le ha dato di volta il cervello?" "Qualunque cosa puoi dirla anche qui davanti a noi!" risposero in coro Giles, Xander e Riley.

Ok, decisamente meno facile di quanto si aspettava. Fu Angel, ancora una volta a prendere l'iniziativa.

"Ragazzi, andate pure tranquilli, la proteggo io..."

"No."

Le due singole lettere pronunciate da Spike zittirono tutti. Buffy lo guardava implorandolo con lo sguardo di cambiare idea, ma lui non la guardò.

Si alzò in piedi invece, appoggiandosi un po' alla parete e un po' a Vincent e tenendosi una mano premuta sul petto. Sanguinava ancora molto, sia dalle ferite che Angel gli aveva procurato che dal foro da cui era entrato e uscito il paletto, ma l'incantesimo di Willow aveva fatto il suo dovere e poi Buffy gli aveva dato abbastanza sangue da avere ancora la forza necessaria per uscire almeno dalla stanza.

Tra gli sguardi di tutti, lasciò la casa.

Buffy guardava davanti a sè, sconvolta.

Giles le si avvicinò appoggiandole una mano sulla spalla.

"Vieni di sotto, ti preparo qualcosa di caldo e vediamo di venire a capo di tutta questa faccenda..."

Buffy annuì e seguì l'osservatore.

Troppe cose erano successe nelle ultime ore e la sua mente vagava da una domanda all'altra senza trovare pace. Si riunirono come al solito in soggiorno. Buffy era seduta sul divano, con in mano una tazza di thè caldo che Giles le aveva preparato ed una coperta sulle spalle, Willow le stava seduta a fianco insieme a Down, mentre Xander, Kennedy ed Angel si erano accomodati sulle poltrone.

Vincent non c'era. Aveva detto che sarebbe stato più utile altrove e si era allontanato con Spike, fregandosene delle proteste di quest'ultimo e li aveva lasciati soli. Christal invece era rimasta in piedi davanti alla porta.

"Cos'è successo?" chiese finalmente Buffy.

Fu Giles a risponderle.

"Abbiamo vinto. Hai sconfitto il Primigenio. Hai salvato il mondo"

"No... prima" chiese Buffy in un sussurro "Sono morta?"

Angel e Xander strinsero involontariamente i pugni sul divano mentre Down abbassò la testa.

Buffy li guardò negli occhi.

"Non sei morta, Buffy, sei solo... cambiata..." le rispose Willow guadagnandosi la sua attenzione

"Ok, so che probabilmente ti senti sconvolta, ma in realtà non è cambiato molto rispetto a prima. Sei solo… molto ma molto più forte."

"E questo legame che sento con Spike? Anche questo fa parte dell'incantesimo?" chiese decisa.

Angel scattò in piedi e si diresse verso la porta "Ok, io lo ammazzo!" esclamò"

Tu non vai da nessuna parte e nemmeno nessun altro, mi sono spiegata?!"

"Spostati Kennedy!"

"Io non prendo ordini da un vampiro!"

"Ragazzi, non vi sembra il caso di calmarvi?"

"Calmarci?!" Xander si era alzato in piedi e fronteggiava Willow apertamente. "Mi devi ancora spiegare cosa diavolo ti è preso prima. Hai visto anche tu quello che quel mostro ha fatto!" esclamò indicando Buffy "Se non fosse stato per lui adesso-"

"Se non fosse stato per lui adesso sareste tutti morti e al comando della dimensione terrestre ci sarebbe qualche scagnozzo dell'Immortale!" esclamò Christal

"Ma fammi il piacere!"

"A me non interessa, quell'essere non merita di vivere!"

"Xander, Angel..." la voce pacata di Giles attirò l'attenzione di entrambi.

L'osservatore teneva tra le mani la lama di Tékal e stava leggendo alcune parole incise sul fianco dell'arma con l'espressione più incredula che gli avessero mai visto

"Ho paura che la ragazza abbia ragione..."

*****

Non l'aveva salutata, nè aveva detto parole dolci o frasi ad effetto. Non c'erano parole che potessero cambiare quello che Buffy provava adesso, nè frasi che potessero mutare la sua attuale posizione.

Lui era un mostro.

Ora più che mai.

Dopo che per anni aveva combattuto per dimostrare a Buffy il contrario, ora si era definitivamente dimostrato tale agli occhi di tutti, ma soprattutto ai suoi.

Del resto lo sapeva, lo sapeva fin dall'inizio, pensò mentre si buttava sotto la doccia portando automaticamente la mano al cuore, quel cuore morto, che nonostante non battesse più da secoli faceva male come se fosse stato ancora vivo.

La ferita stentava a rimarginarsi, colpa probabilmente della sua debolezza, oppure del fatto che aveva rifiutato di nutrirsi, anche se Vincent lo aveva pregato in tutti i modi possibili, lasciandolo persino solo per invogliarlo a fare come se fosse a casa propria.

Ma Spike non voleva.

In quelle condizioni era certo che il demone avrebbe preso di nuovo il sopravvento e se non trovava al più presto un modo per controllarlo, sarebbe stato troppo debole anche solo per resistergli.

E non poteva succedere.

Non in un condominio con un sacco di persone.

Non nell'appartamento di Vincent.

Il pugno spaccò il muro, insieme ad un paio di mattonelle.

Doveva andarsene.

Doveva lasciare la città.

Doveva trovare un posto dove nascondersi, ma per il momento faceva persino fatica a restare in piedi senza appoggiarsi alla parete mentre faceva la doccia.

"Maledetto incantesimo!" gridò, iniziando senza nemmeno rendersi conto, a tremare.

Vattene

Quella semplice parola gli ritornava nella mente, più forte dei colpi di Angel, più dolorosa della ferita del torlox.

Nello stesso istante in cui i suoi canini erano affondati nella carne di Buffy, Spike aveva capito di averla persa per sempre.

"Chiedimi ancora perchè non posso fidarmi di te"

Altre parole, un altro tempo, ma lo stesso errore.

Aveva mutato il volto senza nemmeno accorgersene.

Appoggiò la fronte al muro, respirando profondamente per calmarsi…

I suoi amici non avevano capito. Il legame che si creava in una circostanza come quella era tale da andare oltre la vita e la morte, ma non era per forza un legame d'amore o di appartenenza. Poteva essere fatto dell'odio più profondo o dalla più completa repulsione e Buffy gliel'aveva ricordato ben più di una volta

"Sei solo una cosa morta, senz'anima. Non sei niente. .

Una fitta lo piegò in due, facendogli vomitare sangue.

Spike si aggrappò alla roccia che aveva sfondato, arrendendosi e scivolando a terra. Il suo corpo reagiva alla furia omicida di Angel, sanandosi e ricomponendosi, riportando le ossa nelle loro sedi ed espellendo il sangue da dove non doveva essere… ma la mano del vampiro correva sempre e solo ad un punto…

Non l'aveva fermato.

Buffy lo guardava e, ora che sapeva, non l'aveva fermato…

Se Willow fosse arrivata anche solo un solo secondo più tardi, il paletto di Angel gli avrebbe trapassato il cuore e di lui non sarebbe rimasto che un mucchietto di polvere.

E forse… sarebbe stato meglio così.

Lentamente Spike si rialzò in piedi, afferrò l'asciugamano ed uscì dalla doccia.

"Vattene"

Non gli era rimasta altra scelta. Non avrebbero più sentito parlare di lui. E se era fortunato, il legame con Buffy si sarebbe spezzato, nel tempo, e lei si sarebbe dimenticata di lui.

Ormai era deciso.

S'infilò i pantaloni con un solo movimento lento ed afferrò tutte le sacche di sangue che Vincent gli aveva preparato nel frigo.

Peccato che non ci fosse Clem in giro, l'altra volta gli aveva affidato la sua cripta, ora probabilmente avrebbe potuto regalargliela visto che non sarebbe più tornato...

*****

"Cosa sta dicendo Giles?!"

Angel non credeva alle proprie orecchie. Willow invece tirò un sospiro di sollievo

"E' quello che cercavo di dirvi" disse "L'ho capito mentre lo recitavo: per essere completo il rituale prevedeva che un vampiro e la cacciatrice unissero il loro sangue per mezzo della lama di Tékal."

"Quello che però l'altra pergamena non diceva..." completò Giles, continuando a fissare incredulo la lama "è che il vampiro in questione dev'essere un vampiro puro"

"Il che significa?"

"Significa senz'anima" spiegò Marta, ponendosi al centro della stanza "Ecco perchè non siete riusciti a completare il rituale con Angel la prima volta. Non è stata colpa vostra! Cioè... non volevo dire..." si corresse subito cogliendo lo sguardo assassino del vampiro "insomma… non potevate saperlo…"

Xander fece un passo avanti.

"Quindi ecco perchè Spike... ma perchè l'ha morsa?!"

"Perchè, durante la traversata dell'oceano Spike ci ha salvato la vita"

Gli sguardi di tutti si puntarono sul volto di Riley, comparso improvvisamente in mezzo alla porta.

"Mi spiace per il ritardo, abbiamo avuto alcune perdite durante lo scontro." disse.

Giles e Buffy annuirono e Riley entrò, inginocchiandosi davanti a Buffy

"Come stai?"

Buffy sorrise

"Se avessi un dollaro per ogni volta che ho sentito questa domanda..."

"Non volevo, mi dispiace." si scusò Riley "In ogni caso" disse, rivolgendosi agli altri "il sangue di Spike era infetto. Quando l'ho incontrato stavamo seguendo un Torlox"

Giles si tolse gli occhiali

"Un Torlox?" ripetè "vuoi dire"

"L'assassino dei morti, sì." annuì Riley "Ovviamente si è difeso e durante la lotta Spike si è messo tra il demone e me. Mi ha salvato la vita, ma è rimasto ferito e l'unico antidoto-"

"L'unico antidoto per l'assassino dei morti è il sangue della cacciatrice" completò per lui Giles

"Mi ha fatto giurare di non dire nulla per non far allarmare Buffy e perché diceva che avrebbe trovato un altro modo."

Xander spalancò la bocca.

"Ecco perchè il morso…"

"Già." annuì Christal "E anche perché se Buffy avesse attinto forza dal sangue infetto di Spike sarebbe diventata solo più debole, mentre lo scopo del rituale era quello di far aumentare la forza della cacciatrice per sconfiggere il Primigenio. Per questo Spike ha dovuto bere il sangue di Buffy e solo dopo farle bere il suo."

Buffy impallidì.

Ricordava Angel quella famosa notte. Lui l'aveva quasi uccisa e si era fermato solo grazie alla sua anima... ma Spike... lui l'aveva morsa senza perdere il controllo, bloccando il suo demone, bevendo solo quanto gli serviva per guarire e poi si era fermato, lasciando che lei lo mordesse a sua volta. Si era donato completamente a lei, con una forza di volontà che aveva dell'impossibile.

"A sentir voi sembra che Spike sia una sorta di eroe" esclamò Angel alzandosi in piedi per enfatizzare ancora di più le sue parole "ma vogliamo ricordarci che Spike non aveva un'anima quando ha morso Buffy! Ci ha ingannato per tutto questo tempo!"

Buffy deglutì, fissando il vuoto.

"Sei solo un mostro. Una cosa disgustosa senz'anima. Non hai cuore, non hai coscienza, non hai pietà. Non sei niente!"

E poi, in quella chiesa…

"Era quello che volevi, giusto? Quello che volevi..."

Le lacrime le salirono agli occhi prepotentemente.

"Ma perchè non dirlo?!"

"Christal?"

Buffy si era alzata in piedi, abbandonando la tazza di thè che si era rovesciata sul divano

"La perdita dell'anima di Spike è stata un evento casuale?" chiese.

Diretta, decisa. Non ci voleva un demone empatico per capire che quella ragazza aveva preso una decisione e che dalla sua risposta sarebbe dipeso il resto della sua vita.

"No." Rispose l'ex-cacciatrice "L'amuleto che ha usato per la battaglia contro il Primo l'ha bruciata. E' così che funziona. Si nutre dell'anima di chi lo porta per scatenare un potere immenso. Per questo Spike era degno, per questo il suo sacrificio non è andato sprecato. E' tutto scritto, Buffy, anche se ci illudiamo del contrario nulla avviene per caso."

Buffy non la fece finire.

Afferrò il cappotto e si diresse verso la porta.

"Dove stai andando?" chiese Angel, afferrandola per un braccio.

La risposta di Buffy arrivò quando ormai era già fuori dalla porta.

"Da Spike."

*****

La porta venne spalancata con decisione.

"Spike, sei qui?" esclamò Buffy, senza ottenere risposta.

La bionda rimase interdetta per un secondo, era sicura di aver avvertito la sua presenza in quella cripta e del resto era ovvio: era la sua, ma non riusciva a vederlo, nè a sentire un singolo suono. Poi, all'improvviso, un lampo sulla destra attirò la sua attenzione.

Il pugno della cacciatrice scattò in alto, per fermarsi a mezzo centimetro dalla faccia livida di un vampiro che era sbucato dall'ombra alle sue spalle.

"Spike..." esclamò Buffy abbassando la guardia.

"Cacciatrice..." la apostrofò lui incredulo. Non riusciva nemmeno a pronunciare il suo nome, era patetico. Si bloccò, guardando il pugno ancora chiuso di lei...

"E' sempre un piacere vederti..." disse.

Buffy, dal canto suo, abbassò lo sguardo verso il pugnale che Spike teneva in mano e che aveva brillato per una frazione secondo nell'oscurità.

"E tu, accogli sempre così chi ti viene a trovare?"

Spike sorrise

"Oh questo..." rispose con un'alzata di spalle "beh, sai, non si sa mai chi si può incontrare..."

Buffy s'incupì. Ripensò a quello che era successo poco prima, a casa sua, con Angel. L'aveva quasi ucciso. Angel aveva quasi ucciso Spike. Certo, aveva le sue buone ragioni, pensava che... ma non doveva farlo... non ne aveva il diritto...

Quando rialzò lo sguardo, Spike si era allontanato da lei e si stava versando un bicchiere di burbon.

"Vuoi?" chiese, porgendole il liquore, ma Buffy non lo degnò nemmeno di uno sguardo.

"Te ne vai?" chiese invece.

Il biodo si voltò.

Buffy fissava una piccola montagna di abiti, sacche di sangue e armi che giaceva sul sarcofago al centro della cripta.

Abbassò la testa, non riuscendo a guardarla in volto.

"No, figurati, non ti lascerei mai sola soprattutto adesso che abbiamo un legame." gridò una vocina sincera nella sua mente e Spike fu seriamente tentato ascoltarla e di pronunciarle davvero quelle parole, ma per fortuna si fermò in tempo. Perchè farsi ancora del male? Non poteva cambiare quello che era stato e non poteva tornare indietro, quindi perchè continuare a mentire a sè stesso?

"Ho portato a termine la mia missione, non mi resta più niente da fare qui." rispose fermo, alzando le spalle. Già... mi resta solo la mia ragione di vita... gli ricordò la solita vocina, ma come al solito non l'ascoltò.

Si appoggiò al tavolo impolverato, incrociando gli anfibi davanti a sè.

Buffy lo fissava con uno sguardo indecifrabile, evidentemente in attesa di qualche altra dichiarazione o di una frase che lo riscattasse.

"Abbiamo fatto il nostro dovere e abbiamo salvato il mondo, cacciatrice" disse, ponendo senza volerlo l'accento su quella parola "Siamo stati dei maledetti eroi. Ma adesso è finita." concluse, cercando di suonare deciso e disinteressato. Mai prima d'ora si era sentito invece tanto bugiardo e desideroso di tenerla tra le braccia, ma doveva controllarsi. Doveva essere forte e doveva farlo lui per entrambi. "Non ha più senso restare."

Buffy si avvicinò al biondo, facendo un passo in avanti.

"Ricordo il tempo in cui non ti serviva una ragione" disse.

Spike alzò la testa incredulo, perdendosi come sempre in quei meravigliosi occhi verdi.

Aveva sentito bene? Gli stava forse chiedendo di restare?

"Non hai un'anima, non hai un cuore, non hai coscienza, non hai pietà. Sei arido dentro, sei incapace di provare qualsiasi sentimento. Non sono né sarò mai la tua ragazza."

"Quel tempo è finito Buffy." rispose risoluto, staccandosi dalla parete e raggiungendo le scale.

Si fermò, un attimo prima di cominciare a scenderle.

"Chiedimi perchè non potrò mai amarti"

Le parole che gli aveva rivolto in passato tornavano prepotenti a ricordargli il presente. Eppure poteva sentirle. Piccole lacrime che solcavano la pelle bianca della sua donna. Buffy stava piangendo. Dio quanto avrebbe voluto mandare tutto alle ortiche e correrle incontro, abbracciarla, consolarla... magari anche baciarla e far l'amore con lei...

"Ti sto usando... e mi fa male... mi dispiace, William"

Ma non poteva. Non era giusto.

"I sentimenti che provi ora… non sono reali, è solo l'effetto del rituale. Presto mi dimenticherai e l'unica cosa che conserverai di tutta questa storia sarà la tua forza e il ricordo di un mostro senz'anima che ti ha usata per sanarsi."

Il pugno arrivò violento, rischiando di farlo cadere giù dalle scale. Spike si voltò, pronto a fronteggiarla, il volto mutato in quello del vampiro, pronto ai calci, ai pugni e alle male parole. Ma non era pronto a questo, invece. Prima che se ne rendesse conto, le labbra di Buffy erano saldamente incollate alle sue in un bacio che aveva il sapore delle lacrime e della disperazione.

"Non te ne andare ti prego..." sussurrò Buffy, dopo quella che sembrava un'eternità.

Spike le scostò i capelli dal volto, senza sapere che cosa rispondere.

Tutti i suoi buoni propositi, tutto il suo autocontrollo e tutta la sua decisione erano meravigliosamente svaniti nell'esatto momento in cui il corpo di Buffy aveva sfiorato il suo.

Si allontanò leggermente da lei, tenendole le mani sulle spalle.

"Ti prego, Buffy... non rendere tutto ancora più difficile..." disse, lottando immensamente per trattenere le lacrime.

Per tutta risposta Buffy lo fissò scuotendo il capo.

"So che cosa hai fatto."

Spike la guardò, aprendo la bocca per rispondere, senza riuscirci mentre Buffy continuava.

"So perchè non mi hai detto niente e so come mai mi hai morsa. So che non avevi scelta, ma cosa più importante, so perchè adesso te ne vuoi andare... E non è giusto."

"Cosa ne sai di cosa è giusto?" sussurrò Spike, la bocca ad un centimetro da quella della ragazza, gli occhi azzurri incatenati in quelli verdi di lei.

"So quello che voglio. E so che adesso sono pronta ad ammetterlo... anche perchè è esattamente quello ho sempre voluto da quattro anni a questa parte."

Spike fece per ribattere ma Buffy lo fermò, appoggiandogli un dito sulle labbra

"Sono stata cieca... sono stata egoista... ho voluto rinnegare quello che provavo per la stupida paura di non fare la cosa giusta quando invece l'unica cosa giusta da fare era ascoltare il mio istinto e il mio cuore... stavo con l'uomo che desideravo e non me ne sono resa conto finchè non ti ho perso... Quello che ti ho detto sulla bocca dell'inferno a Sunnydale, mentre tutto andava in fumo, era vero..."

Spike abbassò lo sguardo.

"Certo..." sussurrò.

"Non mi credi?" disse

Il vampiro scosse la testa.

"Non sono più quello di una volta, Buffy." disse.

Ogni parola era un giro di morsa intorno al cuore, ma doveva finire. Non avrebbe sopportato che lei gli rinfacciasse di nuovo di essere sbagliato, non più. Se ciò che gli stava dicendo era vero, allora...

"Sono andato dall'altra parte del mondo per essere degno di te, per trovare un modo... ma non è servito. Adesso parli così, ma presto l'effetto dell'incantesimo svanirà... e tu ti ricorderai che l'uomo che hai a fianco è solo un comune vampiro come gli altri... uno senza un'anima... un assassino… un mostro. Forse i tuoi amici ti giudicheranno, e allora probabilmente desidererai una vita normale, in un posto normale, con un uomo normale... e io non lo sarò mai Buffy. Anche se ci provassi, non lo sarei mai."

Buffy ascoltò la voce del vampiro come in trans.

Dopo tutto quel tempo... dopo tutto quello che avevano passato...

Lo schiaffo risuonò nella cripta.

Spike si portò una mano alla guancia, incredulo. Si voltò verso Buffy che lo fissava furente, le mani strette a pugno lungo i fianchi. Tremava. Possibile che ci tenesse fino a questo punto. Che l'incantesimo avesse tutto questo potere.

"Stupido... idiota!" esclamò alla fine, fremente di rabbia.

"Buffy..." cercò di chiamarla lui, ma lei non lo fece nemmeno finire di pronunciare il suo nome

"Oh no, ho già sentito abbastanza!"gridò "E così io mi sarei innamorata di te solo perchè avevi un'anima. Per questo c'era Angel!" esclamò.

Spike la guardava ammutolito.

"Te lo dico io perché mi sono innamorata di te" continuò lei "perché io ti ho visto cambiare. In questi 4 anni non c'è mai stata una cosa che non sei stato pronto a fare per starmi accanto e questo... questo nessuno lo aveva mai fatto."

Buffy abbassò il volto.

Non si sentiva bene ad esporsi così... ma doveva farlo… ormai erano alla resa dei conti e Spike doveva sapere, aveva il diritto di sapere. E anche lei doveva tentare tutto pur di farlo restare perchè mai prima di allora Buffy Summers, cacciatrice rediviva, reduce da almeno 8 apocalissi, aveva avuto una tale paura di perdere qualcuno.

"All'inizio mi sembrava assurdo, non volevo crederci. Poi c'è stata Glory e Ben e la fine del mondo. Chiunque altro se ne sarebbe andato, ma tu no. Ho iniziato a fidarmi di te..."

Spike annuì, al ricordo del primo bacio che si erano scambiati, quando lui l'aveva confusa con il Buffy-bot

"E poi sono morta. Ed il fatto stesso che mi stessi innamorando di un vampiro mi sembrava solo la prova di quanto fossi tornata sbagliata... ma rimane il fatto che mi sentivo bene solo con te e... sappiamo bene cosa è accaduto..."

Spike abbassò gli occhi.

Già... ricordava anche troppo bene…

Le notti appassionate, i baci, il vicolo dietro al Double meat, il ballatoio del Bronze e poi, il ritorno di Riley, la cripta distrutta, il discorso di Buffy e il mancato matrimonio di Anya e la sua decisione di andare a casa sua per parlarle di quello che era accaduto... e poi...

"L'ho capito solo dopo..." la voce di Buffy lo ridestò da quei ricordi "pensavo che quello che era successo fosse la fine definitiva della nostra storia, ma poi tu hai fatto quello che mai avrei pensato che un vampiro potesse fare... non solo sei tornato... sei tornato con un'anima... ciò che Angel mi aveva sempre dipinto come un tormento, tu sei andato a cercarlo di tua spontanea volontà.... per me..."

A quelle parole Buffy si avvicinò di un passo, fissando intensamente Spike.

Uno Spike sommerso da tutte quelle dichiarazioni.

Uno Spike, per la prima volta senza parole.

"Non m'interessa se hai un'anima o no, Spike, non mi è mai interessato." disse Buffy, continuando a fissarlo "ma so ciò di cui sei capace, ciò che sei stato in grado di fare per dare una possibilità alla nostra storia, so quello che hai fatto e i sacrifici che hai sopportato. Non sono sicura che tu mi voglia ancora dopo tutte le incomprensioni che ci sono state tra noi, ma di una cosa sono sicura: io ti amo ed il fatto che lo faccia non dipende dalla presenza di una stupida anima.

Io amo te."

Il vampiro si avvicinò.

Le sfiorò una guancia con il dorso della mano e la fissò negli occhi.

Poi, le prese una mano.

"Non ritrattare quello che hai detto, non potrei sopportarlo..." disse.

Buffy sorrise

"Non è mia intenzione nè lo sarà mai, fino alla fine del mondo..."

"Cioè fino alla prossima estate?" chiese Spike accennando un sorriso.

Buffy chinò il capo, sorridendo.

Spike non sarebbe mai cambiato.

"Mai." disse, perdendosi di nuovo nei suoi occhi azzurri.

E poi, senza nemmeno rendersene conto, si ritrovò immersa nelle braccia del vampiro che la stringeva forte a sè

"Ti amo Buffy..." sussurrò, prima di baciarla.

Buffy si ritrovò a pensare che non aveva desiderato altro da quando lo aveva visto bruciare sulla bocca dell'inferno.

Il suo Spike....

"Ti amo anch'io... Spike" disse, interrompendo il fiume di baci che si stavano scambiando.

"Grazie per essere tornato..."


FINE



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