Quando si dice il caso...

di AnnRogers
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una strana meta. ***
Capitolo 2: *** 2. Cenando ***



Capitolo 1
*** Una strana meta. ***


Dovevano essere le cinque del pomeriggio ed Emma era intenta a camminare per le vie della città. Il suo passo sembrava affrettato e il suo respiro affannato, ma i capelli ricci le ondeggiavano leggeri lungo le spalle. Non Era in ritardo, ma doveva sbrigarsi a tornare a casa per prendere tutta la roba che le sarebbe serviva per la festa.
Sarebbe dovuta essere dal parrucchiere da lì a un’oretta circa con Sara, la festeggiata del giorno e sua migliore amica.
Ma era da un po’ che camminava, e tra un pensiero e l’altro aveva perso di vista la sua meta e la stessa cognizione del tempo. Si ritrovò all’inizio di una grande strada costeggiata ai lati da tanti piccoli alberi un po’ appassiti e percorsa da una dozzina di veicoli al centro.
Non era mai stata lì prima, eppure la cosa non la spaventò, anzi, la incuriosì. Ed esattamente come non sapeva perché fosse finita in quel luogo, allo stesso modo decise di volerlo scoprire, senza un motivo o una valida ragione.
La strada era molto lunga e la ragazza non ne intravedeva una vera e propria fine, ma ad un certo punto vide che sulla sua sinistra si apriva uno spazio davvero molto grande all’interno del quale c’era un grande capanno bianco al cui disotto molta gente parlava e stava seduta attorno a lunghi tavoli. Ai lati della costruzione erano parcheggiate delle ambulanze,altre autovetture e persino qualche auto della polizia. Doveva essere un convegno o qualche roba del genere, pensò la giovane, sapendo di dover andare avanti per capire dove i suoi piedi erano realmente intenzionati a portarla.
Ma per andare avanti era costretta ad attraversarlo, e così dovette farsi largo tra molti uomini con diverse uniformi e giovani ragazzi che aspettavano impazienti solo loro sapevano cosa. Poi anche se alquanto disorientata, a causa dello slalom che stava affrontando, non riuscì a non vederlo. Si ritrovò davanti ad un giovane uomo dal gran bell’aspetto: alto e magro quanto bastava,dalla carnagione molto chiara esaltata dai folti capelli corvini e dagli occhi azzurri come il cielo. Indossava un paio di jeans molto aderenti, camicia bianca, scarpe e giacca di camoscio nero e una cintura munita di pistola e tutto quello che sarebbe servito per far capire la sua nomina di poliziotto.
Solo quando questo intercettò il suo sguardo, Emma capì di essersi fermata. Non si dissero nulla, ma così all’improvviso, come il colpo di fulmine che li investì, entrambi in un solo semplice sguardo capirono che i loro destini da quel momento si intrecciavano.
 Emma ricominciò a camminare, ma non perse lo sguardo di lui: sapeva che non lo avrebbe perso. E infatti appena lei lo superò , il giovane le si mise alle calcagna e appena fu abbastanza vicino le mise un braccio sulle spalle e la strinse forte a se, come se avesse paura di perderla. Il suo abbraccio le faceva male, ma era uno di quei dolori buoni che ti fanno salire i brividi lungo la schiena.
Camminarono insieme per minuti, senza parole, finché il capanno non divenne un lontano ricordo. Emma non sapeva se il fatto di trovarsi lì in quel momento era legato esclusivamente al loro incontro, ma il fatto di non essersi fermati le disse che c’era dell’altro.
Ad un tratto i due arrivarono ad un incrocio dove la strada davanti a loro continuava ancora desolata senza una fine, ai quali lati si aprivano due piccole stradine. Si guardarono, e un’altra volta, senza nemmeno il bisogno di una parola, si avviarono stretti l’uno all’altra verso sinistra. La stradina che si presentò loro era molto buia a causa dei grandi palazzi che non facevano penetrare al suo interno la luce del sole non ancora tramontato . Erano tanti i bei negozi dai quali molte persone uscivano ed entravano. Ma ciò che attirò maggiormente l’attenzione dei due fu un grande camion rosso, fermo in un angolo, al quale un uomo dai folti baffi e sigaretta in bocca era appoggiato.
D’altro non c’era nulla di strano in ciò che i si mostrava loro davanti , ma un senso d’inquietudine e di assenso prese forma in Emma. Si bloccò al centro della strada e si divincolò dal giovane al quale con un sussurro pronunciò le sue prime parole: “C’è qualcosa che non va qui! “. Lo guardò negli occhi e lo vide allarmarsi. Il rumore di un portello che sbatte, e dal camion fermo uscirono due uomini dall’aspetto burbero e aggressivo con delle pistole in pugno. Un colpo sordo e tutta la gente che fino a quel momento passeggiava tranquilla si precipitò correndo dalla direzione opposta dei tre omoni armati.
Il poliziotto allora tiro a se Emma , la guardò dritto nei suoi bellissimi occhi color nocciola,le prese la mano, e uscendo la sua pistola la portò con se nella corsa verso la salvezza.
Confondendosi tra la folla, il giovane sparò più colpi che poté: centrò uno di quegli orribili uomini in pieno petto e ne ferì un altro alla gamba. Una mira perfetta pensò Emma, che non fu poi molto meraviglia dalle prestazioni del poliziotto: dopotutto c’era un motivo se entrambi erano lì.
Emma vide però una donna accasciata in terra che sanguinava e con decisione lascio subito la mano del giovane e si gettò verso la povera. Era viva. La sollevò e con l’aiuto di un ragazzo la portò dietro uno svincolo dove tutti si erano rifugiati. Furono pochi i civili feriti , ma anche se protetti dal poliziotto, e ritrovatisi in un’altra strada ormai, nessuno di loro poteva dirsi ancora al sicuro.
Non si sentiva alcun suono provenire dalla strada dove fino a poco prima si stava per consumare quella che sarebbe potuta essere una strage. Poi Emma, riavvicinatasi al suo bel accompagnatore, prese uno specchietto che teneva in borsa e lo mise a terra in modo da poter vedere quello che accadeva appena svoltato l’angolo. Furono due appunto gli uomini che videro a terra entrambi inerti. Ma il terzo dov’era?
“Si è nascosto. Guarda! Lì dietro, dove c’e il muro del negozio: si vede la punta del piede.” Fece Emma al suo poliziotto . “Chiama i rinforzi. C’e gente ferita”. Lui la guardò ammagliato, non vedeva in lei nessun turbamento, nessuna paura. Prese il telefono e chiamò. Il grosso uomo armato sembrava fosse uno di quelli ingaggiati con la forza, che hanno il terrore di essere uccisi e se la piangono peggio dei poppanti, perché non si mosse di lì finche l’arrivo di altri poliziotti lo trascinò fuori dal suo nascondiglio.
Arrivarono anche delle ambulanze che si occuparono dei feriti.
Dopo qualche minuto si scoprì che tutto era successo a causa di un politico che si sapeva dover passare per di là in quel momento.
“Sono Alessandro comunque”. Il giovane poliziotto si prostrò con la mano tesa davanti ad Emma e le fece uno di quei sorrisini maliziosi che ti fanno mancare il fiato. La giovane ricambiò il sorriso. “Piacere, Emma”.

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Capitolo 2
*** 2. Cenando ***


La cena sarebbe iniziata alle 21.00 in punto accompagnata da merletti e bon-bon nel grande salone della casa di Sara.
Un luogo davvero immenso e pieno di stradannati oggetti talmente consumati dal tempo che, se per sbaglio si rimaneva accanto ad uno di essi troppo a lungo, si riusciva addirittura a sentire le inquietanti voci dei vecchi padroni.
Eppure Emma era diretta proprio lì, in quella casa.
Stranamente sarebbe arrivata puntuale anche dopo quello che le era appena successo : il poliziotto,la strada, il poliziotto,l’attentato,il poliziotto, e il non essere riuscita a dare una spiegazione a tutto ciò.
Era un pensiero fisso, ma doveva scendere dall’auto del padre e concentrarsi pienamente per la cena con i parenti dell’amica:la vera festa, quella con la musica a pieno volume, la piscina, i ragazzi, gli amici e tutto il resto sarebbe iniziata qualche ora dopo.
E forse lui sarebbe stato lì, pronto a ballare con lei.
Si, lo aveva invitato giusto un attimo prima di essere scesa dalla sua macchina che l’aveva riportata a casa.
Ma lui non le aveva risposto, l’aveva semplicemente guardata sorridendole. Lei sapeva che era un si, ma ciò che entrambi non sapevano era se il lavoro di lui non lo avrebbe trattenuto fino a tardi.
Era buffo, ma quell’ansia del non sapere se lui ci sarebbe stato, le faceva mancare il respiro.
Ma comunque , Emma, dovette stare lì, ad aspettare, tra una portata e l’altra, tra una chiacchiera e un’affettuosa risata.

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