If we could only have this life for one more day

di Iam_NO_ONE
(/viewuser.php?uid=216264)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Partenza ***
Capitolo 2: *** Nuovo lavoro ***
Capitolo 3: *** L'incontro ***



Capitolo 1
*** Partenza ***


Prologo.
Salve, mi chiamo Katy Holdems e sto per morire.
Sconvolgente, vero?
Ho solo 18 anni e mi hanno diagnosticato un’insufficienza epatica talmente grave da richiedere un trapianto di fegato. Il problema? Non si trova un donatore idoneo. Ma non è finita qui! Ho solo un anno di vita e quando sarò scaduto dovrò lasciare soli mia madre Annabelle ed il mio fratellino di sette anni Jack. Mio padre? Ci ha lasciati. Vivo a New York ma ho deciso di trasferirmi a Londra per poter assaporare un po’ di libertà e per degenerare lontano dagli occhi di chi amo di più.
Sconvolgente, vero?
Ma questo è solo l’inizio.


CAPITOLO UNO
4 Gennaio 2013


Sento la piccola mano di mio fratello stringere forte l’angolo della mia felpa mentre lentamente camminiamo verso il check-in vuoto, dopotutto chi doveva partire per le vacanze è già partito. Ma io non parto in ritardo per le feste natalizie, mi sto trasferendo e la cosa mette ansia a me quanto a mia madre per non parlare della peste che ora mi si è attaccata alla gamba.
<< Ehi piccolo… >> dico mentre goffamente cerco di piegarmi.
<< non te ne andare. >> sussurra.
<< io devo andare, lo sai. Ne abbiamo già parlato! E poi tra cinque settimane verrete a trovarmi e potrei di nuovo utilizzare il mio computer, ammettilo che è quello il motivo per cui non vuoi che parta >> provo a farlo sorridere ma non riesco.
<< no a me non importa del tuo pc… io voglio te. Voglio vederti sul davanzale della finestra quando torno da calcio, voglio cercarti nella folla all’uscita di scuola, voglio accoccolarmi sulle tue gambe mentre vediamo film squallidi e voglio poterti abbracciare in ogni momento >> devo aggrapparmi a tutte le mie forze per non cadere in ginocchio e promettergli che non me ne andrò mai.
<< il mio piccolo ometto >> rido scompigliandoli i capelli << ricordati sempre quei momenti. >> seriamente spero non li dimentichi mai perché a breve l’unica cosa che gli rimarrà di me sono i ricordi.
Sento la voce fredda di una donna annunciare che il mio volo sta per partire.
Abbraccio forte il mio fratellino e gli poso un bacio sulla fronte. Mi alzo e guardo bene la faccia di mia madre che sembra essere appassita e non riesco a sentirmi in colpa perché è stata la mia malattia a renderla così fragile, perlomeno ai miei occhi che ora sono offuscati dalle lacrime che cerco di cacciare indietro per dimostrarmi forte visto che loro ne hanno bisogno. Io oramai sono rassegnata al mio destino ma come può una mamma accettare di perdere sua figlia? E come farà Jack ad accettare di perdere la sua unica sorella? L’ho cresciuto io dopotutto. Non porto rancore a mia madre per non essere stata presente perché il suo tempo lo spendeva lavorando per portare soldi a casa e per non farci mancare nulla, cosa vera peraltro. Mi sento ancora peggio sapendo che il mio cucciolo passerà tanto tempo da solo… senza di me.
Altro annuncio.
<< Ci vediamo presto >> dico stringendo la donna più importante della mia vita.
Corro e mostro il mio passaporto con biglietto alla giovane ragazza al bancone che con un enorme sorriso mi augura un buon volo e mi ringrazia di aver scelto la sua compagnia.
“Compagnia aerea Asjdhgwre fondata per offrirvi tutti i possibili comfort nel vostro ultimo viaggio in aereo.”
Rido amaramente alla mia stessa presa in giro.
Senza accorgermene mi ritrovo già al mio posto e alla stessa velocità mi addormento, stremata.

Ci sono Jack e mamma, sono abbracciati e mi guardano sorridendo. Tutto è illuminato da una luce chiara che arriva direttamente da una grande vetrata dell’aeroporto. Sembrano felici. Spero lo siano.
Spero riusciranno a sopportare la mia morte, spero continueranno a ridere le domeniche dei pancakes, spero si ritroveranno a ricordarmi con un sorriso, spero vadano avanti aiutandosi a vicenda mentre io veglierò dall’alto. Mi mancheranno ma farò di tutto per aiutarli “dall’alto” (sempre che io sia destinata ai “piani alti”) perché meritano la felicità. Se potrò diventerò vento e scompiglierò ancora le bionde ciocche di Jack, diventerò sole e bacerò le guance di mia madre, diventerò mare e li vedrò schizzarsi a vicenda, diventerò fuoco e li vedrò arrostire marshmellow, diventerò terra e li sosterrò fino alla fine. Poi, un giorno molto lontano, ci ritroveremo e continueremo ad essere la meravigliosa famiglia che siamo sempre stati.

Apro gli occhi di colpo e dal finestrino scorgo le nuvole. Fantastico sul poterle toccare e sentire se sono davvero così morbide come si dice. Un giorno quando spiegherò a mio fratello che sono malata gli dirò di guardare le nuvole e di immaginarmi stravaccata su una di esse nella mia solita posizione da divano e gli dirò che lo guarderò e lo guiderò, dovrà solo saper ascoltare. Dovrà ascoltare me ma anche Annabelle perché deve ubbidire e non creare ulteriori problemi, ma so che si comporterà bene e in modo giusto.
Mi ricordo ancora di quella volta in cui difese un suo compagno da un bullo con sicurezza e intelligenza, come suo solito.
Mentre rammento quella storia i miei occhi si chiudono di nuovo.
<< Signorina! Signorina! Siamo arrivati! >> un’hostess precisina mi sveglia e mi ricorda che l’aereo è atterrato da un bel po’. Mi alzo e mi dirigo al recupero bagagli. Una volta arrivata sgraziatamente recupero la mia valigia e me la tiro dietro in cerca dell’entrata della metro.
In circa mezz’ora sono già davanti al palazzo che mi ospiterà nei miei ultimi mesi di vita.
Troppo macabro, eh?
Sono già davanti al palazzo che mi ospiterà in questa nuova vita!
Troppo entusiasta.
Sono già davanti al palazzo che mi ospiterà per i prossimi 365 giorni o meno.
No no… pure peggio.
Sono già davanti al mio nuovo palazzo.
Semplice ma efficace.
Entro e già mi trovo davanti ad un’ardua decisione…. ascensore o scale?
Propenderei per la prima, data la mia pigrizia, ma opto per la seconda. Meglio muoversi finché sono ancora in grado.
Dopo molti più piani di quanti mi aspettassi vedo finalmente una porta verde su cui è inciso in color oro il numero “18”. Appartamento 18. Come i miei anni… ironia della sorte? Tranquilla Sorte, non essere troppo simpatica che tanto non ho voglia di ridere.
Giro la chiave nella serratura ed entro facendo un rumore assordante nel cadere sopra ad alcuni scatoloni contenenti la mia poca roba. La casa, di proprietà di una ricca ex-compagna di liceo di mia madre che gentilmente non mi fa pagare l’affitto, è già ben arredata.
Sono nell’enorme salone che contiene un bel e grande tappeto rosso posizionato sotto un tavolinetto di vetro collocato vicino un enorme divano nero posto davanti ad un televisore ultrapiatto.
Già mi piace.
Vedo una vetrata che da su un balcone ma preferisco finire di fare il giro della casa prima di guardare fuori.
Le pareti sono piene di quadri di arte contemporanea.
Su un corridoio si aprono cinque porte: la prima a destra è una camera gigantesca che ospita un lettone matrimoniale, una scrivania in noce con annessi armadio e cassettiera dello stesso materiale – Elegante. Mi piace. -; la prima porta a sinistra è una camera delle stesse dimensioni e ammobiliata nello stesso modo dell’altra – Stesso giudizio -; la seconda porta a destra è un bagno sontuoso costituito da due lavandini, una grande vasca, una doccia, un water (ovviamente) e persino il bidè (solo in Italia ne avevo visti e mi sembra strano trovarne uno qui, dove non sono utilizzati… bah)- Interessante… Mi piace -; la seconda porta a sinistra è uno stanzino con tutto il necessario per le faccende di casa – No problem. -; infine l’ultima porta che invece è centrale, alla fine del corridoio, è una cucina maestosa completa di ogni elettrodomestico possibile ed immaginabile – Non so cucinare… Però mi piace -. Finito il tour della casa mi dirigo al balcone che avevo intravisto in precedenza e rimango sconcertata dalla magnifica vista di Londra illuminata nella notte che è arrivata con il suo passo felpato senza che io me ne rendessi conto.
Sono pronta. Sono pronta a vivere al meglio, a ridere, a sorridere, a divertirmi, a guadagnarmi da vivere, ad essere orgogliosa dei miei progressi… sono persino pronta ad affrontare la malattia.
Sono pronta.
Sono pronta.
Sono fottutamente pronta.
Di colpo mi ritrovo bagnata dalla testa ai piedi.
A questo non ero pronta.
<< Ma che cavolo hai contro di me, eh?! >> urlo guardando in alto.
<< Perdonami! >> sento.
<< Si ma uffa ce l’hai con me! >>
Dio mi odia.
No frena.
Dio mi ha appena parlato?

<< ma chi sei?! >> chiedo sconcertata.
<< piuttosto tu chi sei! Io butto sempre l’acqua di sotto e nessuno se l’è mai presa con me! >> è la voce di un ragazzo, troppo giovane per essere Dio.
<< sono arrivata poco fa! >>
<< Ah ecco! Nessuno abitava lì fino a ieri. >>
<< Si ma ora ci abito io quindi ti pregherei di evitare altre inondazioni… grazie. >>
Non è normale uno che tira l’acqua al piano di sotto… aspetta… ACQUA?!
<< COSA MI HAI TIRATO ADDOSSO?! >> mi rendo conto solo ora della situazione.
<< Acqua… >>
<< Semplice acqua? >>
<< Non esattamente… >> sento rispondere mentre lentamente stacco dei capelli non miei dal mio braccio.
<< Tu… tu.. TU! MI HAI APPENA TIRATO L’ACQUA DEI PAVIMENTI ADDOSSO! >> grido indignata.
<< Non volevo! Scusami ti prego… >> rimane in sospeso.
<< Katy. >>
<< Scusami, Katy! Non volevo! >> è evidentemente dispiaciuto.
<< D’accordo d’accordo… >> anche io lascio in sospeso la mia frase.
<< ehm… >>
<< ehm? >>
<< Frank! >>
<< D’accordo d’accordo Frank. >>
<< Sei nuova, eh? >> chiede curioso.
<< Direttamente da New York City, dude! >>
<< wow! >>
<< Tu da dove vieni? Da qui? >>
<< In realtà sono cresciuto ad Holmes Cha… >>
<< Holmes Chapel! >>
<< Conosci? >>
<< Oh certo! È nato lì uno dei miei cinque idoli! >>
<< One Direction, eh? Non si parla d’altro! Il tuo preferito? >>
<< Anche se mi fa male definirlo come “preferito”… direi proprio Harry! >>
<< Harry? Perché? >>
<< Sai… >> lentamente mi appoggio con i gomiti sul bordo del bancone << tutti noi umani ci innamoriamo almeno una volta nella vita di qualcuno che non raggiungeremo mai… ci illudiamo perché in fondo illuderci aiuta ad andare avanti oltre il male e la tristezza, il sogno della felicità ci salva dalla realtà dello sconforto. Non ti saprei direi perfettamente perché il mio principe è Harry… forse gli occhi dello stesso colore di un bel prato, i ricci vivi, il sorriso rassicurante, le fossette da bambino, la risata cristallina, la simpatia genuina, il genio, l’ingenuità che a volte si fa spazio nei suoi gesti, la voce che riesce a riscaldarti anche nei giorni freddi, la sensibilità che ti spiazza… non ti so rispondere, scusami >>
<< Credimi questa è molto più di una risposta… >>
<< Ah si è cos’è allora? >> chiedo ridendo leggermente.
<< Una dichiarazione d’amore. Una delle migliori credo. >> sembra commosso.
<< Peccato che lui non la sentirà mai… e anche se fosse non potremmo mai stare insieme. >>
<< perché mai? >>
<< Il tempo non mi è amico. La distanza non mi è amica. La fama non mi è amica. La vita non mi è amica. Non ho amici… ma ho sentito dire che sono simpatica alla morte. Insomma non sono favolosa? >> chiedo fingendo una sicurezza perché quello che ho appena detto potrebbe avermi lacerato il cuore ma non posso cadere a terra e contorcermi dal dolore, devo continuare a fissare quel lampione che ha una luce flebile ma che continua a rimanere acceso.
Mi chiedo quante storie abbia visto quel lampione… magari degli amanti segreti, una passeggiata tra fidanzati, una tana per i giochi dei bambini, un cane con dei bisogni, una guerra, una pace, un’amicizia, un addio. Io riuscirò mai a vedere qualcosa di tutto ciò? Ne avrò il tempo? Non lo so e forse non lo saprò mai.
<< Si a me sembri favolosa >> sembra una voce che viene portata dal vento e scappa subito dopo essere stata udita eppure le mie orecchie la sentono e il cervello la registra. L’ha detto. Non l’ho sognato.
<< ehm… grazie >> credo di essere arrossita.
<< prego >>
La mia pancia distrugge il momento romantico brontolando rumorosamente.
<< Ecco io… dovrei andare >> dico sbiasciando le parole per l’imbarazzo.
<< Capisco >> ride il fetente.
<< Alla prossima >> mi avvicino alla porta-finestra.
<< Alla prossima >> e me ne ritorno dentro casa.
Mi butto sul divano e mi chiedo se ho qualcosa da mangiare.
Mi rialzo a fatica e vado in cucina ma quando apro il frigo l’unica cosa che trovo è una bottiglia di latte, un po’ pochino. Prendo il portafoglio, le chiavi di casa e mi butto giù per le scale cercando di tenere a bada il mio stomaco che ogni tanto borboglia. Mi trovo incredibilmente vicino al London Eye, cosa estremamente piacevole, così decido di prendere qualcosa in uno dei bar vicini e mi siedo su una panchina. Rimango ipnotizzata dal movimento lento della ruota che non si ferma mai e mi chiedo perché una delle cabine sia rossa. Indica forse i giri? Quanti giri fa in un minuto? In un’ora? In un giorno? In un anno? Quanti giri potrò contare? E a me… quanti giri restano? Finisco la mia cena e mi stringo in un bel cappottone nero che ho comprato tempo fa in un negozio di seconda mano sebbene non faccia veramente freddo, cioè una temperatura accettabile. Dopo un po’ me ne vado ma mentre cammino verso casa gli edifici cominciano a muoversi e la strada cambia spesso direzione costringendomi ad appoggiarmi contro un muro. Lentamente arrivo al portone di casa ma mettere la chiave nella serratura è un’impresa ardua che mi fa sprecare troppo tempo.
Finalmente entro.
Vada per l’ascensore.
Premo il bottone del mio piano e aspetto di poter scendere.
Cosa mi sta facendo la malattia? Non voglio ridurmi in questo stato. No.
<< Katy? >> sento Frank alle mie spalle ma non posso girarmi perché tutta la forza che mi rimane la sto impiegando nel provare ad aprire la porta di casa.
<< Ehi… >> la mia voce è molto più che flebile.
<< Stai bene? >> è preoccupato.
<< Si si, non ti preoccupare >>
Buio.

 
Hello eveeeeeeryone!
I’m back!
Si ecco sono tornata e ho deciso di riscrivere questa storia perché non mi convinceva più tanto… perdonatemi se vi ho lasciate per tutto questo tempo! Davvero sono estremamente dispiaciuta e mi vergogno un po’ anche. Ora mi metterò d’impegno per scrivere tutto bene e cercare di aggiornare regolarmente, questo vale per tutte le mie storie.

Un bacio enorme,

NO ONE

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Nuovo lavoro ***


RICORDO ANCORA CHE QUESTA E’ UNA REVISIONE COMPLETA DELLA MIA STORIA ED ALCUNE COSE CONO CAMBIATE QUINDI CONSIGLIEREI DI RILEGGERE SIN DAL PRIMO CAPITOLO.


CAPITOLO DUE

5 Gennaio 2013


Luce.
Che ore sono?
Dove sono?
Apro gli occhi e mi giro dall’altro lato perché la luce proveniente dalla finestra mi causa fastidio. Sono nel mio letto.
Uno dei miei letti.
Adagio provo a fare forza sulle mie braccia e mi metto a sedere a gambe incrociate sul materasso. Mi guardo intorno e noto un biglietto ai piedi del letto, così mi sdraio e lo prendo in mano:
“Ehi, non vorrei essere stato invasivo ma quando sei svenuta ti ho portata in casa dato che avevi già le chiavi in mano. Spero tu stia meglio.
A presto, Frank. xx”

Sorrido fissando il testo mentre pigramente mi alzo e vado in cucina per bere un po’ di quel latte che ho notato ieri. Prendo la bottiglia e vado in balcone.
Il sole è già sorto da molto credo perché la gente si muove frenetica sotto di me, sembrano formiche. C’è chi va in ufficio, chi accompagna i figli a scuola, chi fa footing… footing. Uno spreco di energie che potrebbero benissimo esser spese per fare shopping o scrivere o disegnare ma non… correre. Odio sforzarmi e adoro l’ozio. Preferisco il divano al tapis roulant, pizza invece che insalata, seduta è meglio che in piedi, pulita non sudata.
La pigrizia è uno stile di vita che si addice particolarmente bene alla mia persona.
<< Buongiorno >>
Quasi rovescio tutto a terra per la sorpresa.
<< Magari evita di spaventarmi >>
<< Scusami >>
<< Sarà la trecentonovantesima volta che lo dici >> sono terribilmente seccata dal suo combinare casini.
<< Wow sei di buonumore vedo >>
<< Sono sempre così di mattina >>
<< E’ quasi ora di pranzo >>
Rimango ferma impalata.
<< Che hai detto? >>
<< E’ quasi ora di pranzo >>
<< Stai scherzando, vero? >>
<< No cara la mia bella addormentata >> sogghigna lui.
<< A proposito… grazie per ieri sera >>
<< Figurati, è stato un piacere >>
Alzo un sopracciglio << E’ stato un piacere portare di peso questo pesante peso fino in camera? >> rido.
<< E’ stato un piacere aiutarti >>
E’ molto dolce. E visto che la mia pancia ha una predilezione per i momenti dolci, ecco che si fa sentire di nuovo.
<< Ma sono io che ti faccio questo effetto? >> chiede ironico.
<< E’ che non ho cibo in casa e sono abituata ad aggiungere molto peso al mio già pesante peso >>
<< Andresti sicuramente d’accordo con uno dei miei migliori amici >>
<< Fammelo conoscere prima o poi visto che qui non conosco nessuno e sarebbe una buona idea allargare il mio cerchio di amicizie >>
<< Un giorno magari ti farò conoscere tutta la band… >>
<< Hai una band? >> sono incuriosita.
<< EHM… Si si ho una band… si ma… faccio solo parte dello staff tecnico >> dice frettolosamente.
<< Ma ti pagano? >>
<< Si e anche un botto di soldi! >>
<< Beato te… io non ho nulla… >>
Sento l’ansia che cresce in me. Come farò a mantenermi qui che il costo della vita è già alto di suo?
Per quanto possa costare la mia vita… se è in base alla durata direi di essere “economica”.
<< Dai ti aiuto a trovare un lavoro! Aspetta che vado a prendere il giornale! >>
<< Grazie! >> urlo mentre già avverto i suoi passi che tornano in casa. Faccio la stessa cosa e rientro in casa per portare fuori una sedia su cui poso il mio sederone appoggiando poi i piedi sul bordo del balcone. Frank torna dopo pochissimo.
<< Allora iniziamo! >>
<< Sono pronta signore! >> mi porto la mano destra sulla fronte con un gesto militare.
<< Ti piacciono gli animali? >>
<< Si! >>
<< C’è un lavoro allo zoo… >>
<< Che dovrei fare? >>
<< Pulire… gli… escrementi degli elefanti >>
<< Spalare una montagna di sterco più alta di me? NO. >> ho un brivido al solo pensiero dell’olezzo scaturito dalle feci.
<< Mmmmm… Aiuto-cuoco? >> chiede speranzoso.
<< Non so cucinare >> dico con nonchalance.
<< Andiamo bene… >> sospira.
<< Zitto! >>
<< Idraulico? >>
Mi immagino mentre aiuto un omone lercio con i pantaloni abbassati… troppo… intanto che cerca di sturare un water da cui fuoriesce acqua sporca senza fine.
<< NO. >>
<< mmmmmh! >> grugnisce.
<< Ehi ti sei offerto tu di aiutarmi! >>
<< Dove mi sono andato a cacciare… andiamo avanti. >>
Rimaniamo a cercare un lavoro, tra varie proposte impossibili o esilaranti, per un sacco di tempo e ci facciamo tantissime risate. La pancia mi fa di nuovo male ma stavolta per le troppe risa. E’ da molto che non passavo del tempo così felicemente e ringrazio più volte mentalmente Frank.
Dopotutto se morirò presto non voglio passare i giorni nella tristezza più totale e questo mi pare un buon inizio.
<< Senti abbiamo capito che non sei capace di fare nulla! >> sogghigna il bastardo.
<< Uffa! >> metto giù le gambe e ci poggio i gomiti per sorreggere la mia testa con le mani.
<< Ma se lavorassi per me? >>
<< Sempre meglio che fare la raccatta gomme da masticare sotto le sedie dello stadio. >>
<< Non sto scherzando! >>
<< Nemmeno io. Credimi. >>
<< Vuoi diventare la mia donna delle pulizie? >>
<< Mi stai chiedendo di sposarti? >> rido.
<< Vedremo più in là >> stavolta lui ride ed io nel frattempo divento rossa come un pomodoro.
Che sfacciato!
<< Va bene! Accetto! Anzi… SI LO VOGLIO! >> urlo alzandomi in piedi di scatto e facendo cadere la sedia.
<< Ti tiro una copia delle chiavi >>
<< Si sono pronta… >> mi giro un attimo per tirare su la sedia e  poi mi preparo per afferrare il mazzo ma non faccio in tempo.
Me lo becco dritto sulla fronte.
<< AHIA! >>
<< Tutto a posto? >> chiede preoccupato.
<< Si si non ti preoccupare, piccoli inconvenienti >>
<< Se lo dici tu! >> sarcastico il tipo << io devo andare a lavorare ma tu puoi iniziare anche subito >>
<< Agli ordini capo! Vado a vestirmi e salgo! >> entro dentro casa mentre lo sento dire << Alla prossima! >>
   Apro la valigia ed indosso le prime cose che mi capitano: una maglietta a maniche corte viola, dei pantaloncini jeans e delle superga sempre viola e dopo essermi cambiata vado di sopra.
All’inizio ci metto un po’ per capire quale chiave sia quella che apre l’appartamento 21 ma alla fine riesco ad entrare. Mi muovo facilmente all’interno perché l’abitazione segue lo stesso disegno di casa mia ma l’arredamento è molto più vistoso, tipico di un ragazzo ricco che vuole solo sperperare i suoi soldi. Non mi aspettavo che Frank fosse così. Metto tutto in ordine, rifaccio i letti, spazzo, tolgo la polvere dai ripiani più alti, sbatto il tappeto, passo l’aspirapolvere, faccio diverse lavatrici e in men che non si dica la casa è splendente. Sono abituata a fare le pulizie perché mia madre dopo aver lavorato tutto il giorno e spesso anche qualche notte non poteva certo mettersi pure a pulire! Ci ho sempre pensato io e seppur io sia estremamente pigra la cosa non mi ha mai pesato perché sapevo di aiutare mia madre, almeno in piccola parte. Brevemente scrivo un bigliettino al mio nuovo datore di lavoro e lo lascio su un tavolino.
“Ho fatto quel che ho potuto, spero sia abbastanza! ;) Ma magari evita di mangiare in camera da letto, scemo.
Un saluto da Katy <3 ”

Scendo alla mia abitazione e mi faccio una bella doccia, mi vesto con un vestitino semplice, delle ballerine, una giacca di pelle e dopo aver preso il necessario esco dal palazzo.
Non è ancora sera ma si capisce che il sole calerà presto. Prendo la metro e scendo a Tower Hill perché voglio farmi una bella passeggiata sul Tower Bridge. Cammino con calma godendomi lo scrosciare dell’acqua, le ruote sull’asfalto, il vento che colpisce i mattoni, i click delle macchine fotografiche e cerco di imprimere ogni particolare nella mia mente, che sia visivo o uditivo io voglio ricordami ogni dettaglio di questo luogo così quando sarà quasi finita potrò attingere a questi ricordi.
Vedo disegnate a terra delle zampe di un animale e come alcuni bambini piccoli davanti a me provo a mettere i piedi dove si trovano le impronte saltellando da una parte all’altra di una linea blu. Rido come se avessi cinque anni e la cosa non mi dispiace. Vado avanti e avanti e senza accorgermene sono arrivata alla fine del ponte e il buio è già arrivato, meglio tornare a casa. Rifaccio la strada esattamente come all’andata e mi ritrovo a sorridere tentando di rimanere concentrata con lo sguardo a terra. All’improvviso mi scontro contro un ragazzo.
<< Cavolo! >> gli sento dire.
<< Oddio perdonami! >> guardo la sua maglietta sporca del caffe che gli ho appena fatto inavvertitamente finire addosso.
<< Nemmeno posso bere in pace! >> la voce mi sembra di conoscerla ma non riesco a vedere il suo viso per colpa del cappuccio.
<< Non trovi che non faccia poi così freddo? >> chiedo poggiando una mano sul fianco.
<< eh? >> gli sento dire mentre con un fazzoletto tampona la macchia.
<< Che te lo metti a fare il cappuccio se non fa tanto freddo?! Che esagerato! Che sei un vampiro? Ma non lo vedi che il sole è già calato! Che truzzo… >> continuo a parlare a ruota libera finché non mi ferma con
<< Wow sei di buonumore vedo >>
Frena.
Questa l’ho già sentita!

<< Frank? >> dico titubante.
Il ragazzo alza la testa leggermente ma non abbastanza da farmi vedere la sua faccia.
<< Katy! >> urla con una voce stridula mentre si guarda intorno.
<< Come mai da queste parti? >> chiedo insicura.
Che strano comportamento…
<< Bah devo correre da un mio amico che ha bisogno di me quindi ti prego scusami! Devo scappare davvero! Magari ci sentiamo più tardi! Scusami! >>
<< Si ok ma… >> non faccio in tempo a finire la mia frase che lui è già scappato via correndo e urlando << Scusami!! >>
Sbuffo e me ne ritorno a casa.
<< Trecentonovantatre >>


 
Hello eveeeeeeryone!
I’m back!
Sto cambiando un po’ di cosine cosicché la storia mi convinca di più e spero piaccia anche a voi :3
Recensite! Recensite! Recensite!
Un bacio enorme,

NO ONE

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** L'incontro ***


RICORDO ANCORA CHE QUESTA E’ UNA REVISIONE COMPLETA DELLA MIA STORIA ED ALCUNE COSE CONO CAMBIATE QUINDI CONSIGLIEREI DI RILEGGERE SIN DAL PRIMO CAPITOLO.



CAPITOLO TRE

6 Gennaio 2013

“Buongiorno a tutti i nostri magnifici radioascoltatori! Oggi sarà una meravigliosa giornata per tutti voi basta che ci crediate! Basta credere! Basta credere! Basta credere! Basta cre….”
Boom.
Radio-sveglia, lui è Muro.
Muro, lei è Radio-Sveglia.
Fate conoscenza.

Con lentezza apro gli occhi e mi rotolo su me stessa finendo a pancia in sotto.
Ed ecco appena la nomino si sveglia.
Diversi brontolii dopo decido di alzarmi ma vista la scarsità di cibo mi limito ad uscire sul balcone.
<< Buongiorno! >>
Penso di aver appena avuto un attacco di cuore.
<< Mi chiedo se mi abituerò mai >>
<< Prima o poi si immagino! Ma per ora è troppo divertente spaventarti >> sghignazza.
<< Infastidisci sempre i vicini in questo modo o io sono l’unica che ti ispira? >> mi siedo sulla stessa sedia del giorno prima.
<< No, solo con te faccio così… sei unica >>
Com’è romantico…
Ed al mio stomaco non sfugge nulla.
<< Comincio seriamente a credere che sia colpa mia >> ride.
<< Siamo in due allora >> rido anche io.
Riesce sempre a mettermi di buonumore.
<< A proposito di necessità! Vai a vedere sotto il tuo zerbino! >>
<< Mh? >>
<< E muovi il culo! >>
<< Vado vado! >> alzo le mani in segno di resa e cammino fino alla porta che apro circospetta aspettandomi le cose peggiori.
Ma non ci sono né mostri, né piante carnivore, né pagliacci dai denti aguzzi che si improvvisano equilibristi su teste di bambini sostituti dei soliti palloni colorati a strisce. Non c’è nulla in realtà.
Metto un piede fuori ed alzo lo zerbino per trovarci, con mia somma sorpresa, una busta che prontamente colgo e scappo di nuovo dentro casa. Mi dirigo fuori e mi risiedo.
Troppa fatica.
Apro la busta e ci trovo dei soldi.
Ben 160 sterline.
Forse sto simpatica anche al denaro.
Beh dopotutto morte e denaro spesso vanno a braccetto, no?

<< Wow! Sono tutti per me?! >> chiedo stupefatta.
<< Ovviamente! Hai fatto un lavoro strabiliante a casa mia! Quando sono tornato era tutto così limpido che potevo specchiarmi persino sulla tavoletta del water! >> dice entusiasta.
<< Ma non l’hai fatto, vero? >> dico passando un dito tra le varie banconote.
<< Cosa? >> chiede interdetto.
<< Non ti sei specchiato sulla tavoletta del water, vero? >>
<< Ma ti pare?! >>
<< Guarda che non sarebbe così strano sai? Ho conosciuto uno che si è specchiato sull’anello di fidanzamento dell’amica >>
<< Seriamente? >> chiede sconcertato ma anche dubbioso.
<< Te lo posso giurare! C’ero. >>
<< Che cosa di pessimo gusto… >>
<< L’anello era enorme però >>
<< Bah… io devo andare comunque quindi… boh a stasera! >>
<< Alla prossima >> dico mentre lo sento tornare dentro l’appartamento.
10,60,70,75,80,90,110,130,150,160.
Tante belle differenti banconote.
Banconote.
Denaro.
Soldi.
Tanti.

Mi alzo ma lascio la sedia fuori sicura che mi riservirà presto.
Vado in stanza e apro l’enorme armadio della prima camera che è decisamente esagerato vista la quantità di roba che deve contenere, insomma avrò si e no tre abiti lunghi, tre corti, otto magliette, sette paia di jeans, due tute, qualche felpa, due pantaloncini corti, tre paia di scarpe e tre pigiami.
Non ho mai avuto tanti capi di abbigliamento ma non ne ho sentito la mancanza seppur io sia una fissata dello shopping! Più che altro aiutavo le mie amiche più facoltose nello scegliere cosa comprare, cosa era “in” e cosa “out”. A volte beccavo anche qualche bel regalino che non guastava mai.
Non sono un’opportunista, chiariamolo subito.
Prendo, come al solito direi, le prime cose che trovo sotto mano: una maglietta bianca con disegnato un infinito nero, dei noiosi jeans, una felpa blu e delle semplici superga nere.
 Esco e mi aggiro nei dintorni in cerca di qualcosa da fare.
Vedo un uomo che sta intrattenendo un pubblico improvvisato facendo giochi di prestigio e facendo ridere grazie al suo spiccato umorismo, decido di fermarmi.
Una volta finito lo spettacolo mi accorgo che quasi tutto il tempo ho fissato solamente il sorriso dell’uomo perché è uno dei più bei sorrisi che io abbia mai visto. E’ sincero, è dolce, è buono, è innocente, è luminoso, è meraviglioso. E’ un sorriso che quasi non si addice a qualcuno che per vivere lavora in strada. Eppure eccolo lì che spunta tra due amabili fossette.
Fossette.
All’improvviso mi viene in mente ben altro ragazzo.
Harry.
Mi chiedo se sia qui, non sono molto aggiornata ultimamente.
Forse una sera di queste andrà al Funky Buddha come suo solito.
Di colpo sento delle urla e dei pianti disperati. Ci sono almeno settanta ragazze attorniate a qualcuno…
Minchia e chi è?
Intercetto una ragazza che si allontana dalla folla e mi avvicino.
<< Ehi >> saluto amichevolmente.
<< Ciao >> mi dice asciugandosi una lacrima.
<< Ti posso chiedere che sta succedendo laggiù? >> indico la marea di persone che continua ad ingrandirsi.
<< Ci sono loro! >> squittisce con un sussulto.
<< Loro chi? >> chiedo ingenuamente.
<< Loro! I One Direction! >> dichiara tutta esaltata.
<< Ah grazie >> le sorrido e mi allontano di qualche passo.
Bah i One Direction…
ASPETTA COSA?!

Mi giro di scatto verso la ragazza e le urlo << COSA HAI DETTO?! >> in realtà è una domanda retorica perché prima che possa rispondere io mi sono fiondata tra la gente e a suon di gomitate sono arrivata a pochi metri da loro, in primissima fila.
Ok non è molto giusto picchiare delle ragazze per passare avanti però capitemi.
Andiamo.
Vi prego.

E così li vedo. Per la prima volta li vedo ad una distanza ridicola in confronto a quella di prima.
Sono lì davanti a me quei cinque ragazzi che conosco come le mie tasche.
Non so perché ma mi immagino di vedere Harry con la sua giacchetta blu, Louis con le sue bretelle, Niall con una polo, Zayn con la sua giacca da college e Liam con la sua camicia a quadri… ma non è così.
Sono cambiati lo sapevo eppure mi sembra così strano vedere Styles con quella t-shirt nera dei Pink Floyd, Tomlinson con una camicetta blu chiusa fino al colletto, Horan con una canottiera bianca, Malik con una maglietta bianca con su scritto “Cool kids don’t dance” e Payne con una giacca denim.
Sono cresciuti.
Tanto.
E mi sento come una vecchia zia che è fiera dei nipoti cresciuti ma un po’ rimpiange i bambini che erano.
Di colpo mi sembra di avere mille anni e mi vengono in mente tutti quei ricordi sul loro xfactor, il primo cd, il primo tour…
i nostri primi anni.
Poi li vedo ora come giovani uomini e non più come grandi ragazzini.
Eccoli che sorridono come quando fanno battute sconce e altra roba, eccoli che salutano con sicurezza.
Adesso lo sanno com’è fatta la fama, non ne hanno paura ora che fa parte delle loro vite.
Si muovono da una parte all’altra del piccolo cerchio recintato dalle fan per fare foto, autografi o semplicemente per rivolgere un sorriso a tutte quelle ragazze che hanno la mente affollata da milioni di emozioni e illusioni. Tutte si illudono che uno dei ragazzi si fermi, le fissi e magari si avvicini anche per chiedere qualche informazione per poterle rivedere un giorno.
E anche io mi illudo quando per una frazione di secondo Harry si gira verso di me.
Ma la frazione di secondo dura un po’ di più di quanto immaginassi…
Mi sta fissando.
Me.
IO.
No no non è vero. Inganno il mio cervello per fare un piacere al mio cuore.
Chiudo gli occhi e agito la testa per scrollare via questa enorme bugia.
Non mi ha notato e non lo farà mai.
Nessuno mi ha mai notato e di certo il mio idolo non farà il contrario.

Prendo il mio cellulare e faccio foto ad ogni piccola cosa che vedo.
Scatto una foto alle lacrime di quella ragazza, al sorriso di quella bambina, alle mani protese di quella bionda, a quella mora inginocchiata per l’emozione.
E’ quasi il mio turno per fare la foto con loro.
Mancano pochi attimi.
Sento già la mano di Niall sulla spalla.
Ed ora…

<< Circolare! Muoversi! Non c’è niente da vedere! >> vengo strattonata via.
Mi manca il fiato perché mi hanno strattonata via. Ho sentito il palmo, le dita ed i polpastrelli di Niall strusciare contro la mia felpa mentre anche lui veniva tirato indietro dai bodyguard. Per una frazione di secondo i nostri occhi si sono incrociati e poi siamo stati divisi dai poliziotti e dalle fan che si accalcano spinte dai bodyguard. I suoi occhi sono come il mare e anche se per nemmeno un secondo li ho visti dal vivo mi ci sono persa. Mi sono sentita naufraga in un oceano anche se circondata da tante persone, le braccia che mi tiravano sembravano onde che cercavano di portarmi giù. E’ stato strano, spaventoso ma anche magnifico.
Indescrivibile.
E poi me l’hanno portato via, hanno portato tutti via con uno stupido furgone.
E dopo pochi attimi la piazza è vuota.
Sono in piedi dove erano loro prima e fisso le mie scarpe.
Mi manca l’aria.
E’ come se mi avessero tolto l’ossigeno.

Senza accorgermene tutto il mio peso finisce sulle mie ginocchia che fanno male.
Mi tolgo la felpa e la rigiro tra le mani.
Niall l’ha toccata.
Ci si è aggrappato.

So che può sembrare un comportamento da pazza ossessionata ma per me è… è… è… incredibile.
Mi sembra di vedere le impronte del biondo più bello del mondo e sento ancora il suo tocco sulla mia spalla.
Mi alzo di scatto e mi rimetto la felpa.
Mi guardo intorno e mi chiedo se qualcuno ha visto la scena.
Noto la ragazza con cui ho parlato prima seduta su una panchina e anche lei mi guarda; riconosco lo sguardo di chi ha il cuore svuotato.
Non so dire se io sono andata da lei o lei è venuta da me ma ora stiamo camminando per strada e parliamo come se ci conoscessimo da una vita.
Si chiama Mary Kront, ha diciotto anni, ha una sorellina di 10 anni di nome Samantha, i genitori si chiamano Alexandra e Bob, vivono nella periferia di Londra in una casetta con giardino; ha i capelli lunghi e biondi, gli occhi di un azzurro maestoso, magrissima e bellissima… sono seriamente invidiosa. Ma non solo! E’ anche estremamente dolce, gentile, simpatica ed intelligente.
Sempre più invidiosa.
E’ tipo perfetta.
E dico perfetta.
Perfetta.
Passiamo tutta la giornata insieme a ridere e a conoscerci, passiamo delle ore fantastiche insieme. Questa ragazza riesce a portare allegria ovunque vada, tanto che mi sembra che in ogni negozio in cui entriamo le persone sorridano spontaneamente. In serata ci dobbiamo lasciare ma ci scambiamo i numeri di telefono con la promessa che ci risentiremo.
Comincia a piacermi Londra.


 

Hello eveeeeeeryone!
I’m back!

Dico sempre che aggiornerò e infine non faccio nulla… capisco se mi odiate ma io continuo ad amarvi *^*
Recensite! Recensite! Recensite!
Un bacio enorme,

NO ONE

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1184872