La Guerra degli Elfi.

di Sulle orme del fantasy
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Vita nascosta ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - L'oscurità ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Il matrimonio ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - La fuga ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo
 
 
 
 
 
Era da anni che il regno degli elfi non vedeva pace. Era da anni ormai che la guerra contro l’oscurità aveva avuto inizio.
I cittadini di Avra non facevano altro che vedere scompiglio, morte e sofferenza nel loro paese. Assistevano in continuazione a guerre che in molti combattevano abbandonando le loro famiglie per salvare il regno e la loro razza, senza sapere neppure se un giorno le avrebbero riviste.
Il Re Orol, un giovane uomo forte e coraggioso, sensibile ma pur sempre un valoroso guerriero, governava Avra da molto tempo, eppure non l’aveva mai vista così sofferente, così vulnerabile agli attacchi nemici. Era sempre stata una città combattente, ora sembrava sciogliersi al buio. Il Re aveva fatto di tutto pur di non arrivare alla disfatta e alla distruzione, ed era stato proprio lui a dare inizio alla lotta. Dopo essersi accorto che la situazione stava cedendo aveva provato a fare accordi col più fidato servo dell’Oscuro Sovrano, colui che comandava gli eserciti e addestrava brutalmente gli alleati: Ken. Non portò di certo buoni risultati, anzi, quest’ultimo la vide come un’arrendersi da parte del Re Orol, accorgendosi della vulnerabilità di esso decise di aumentare l’aggressione da parte delle ombre che ormai avevano invaso il suo regno e le terre del sud, dove regnava l’Oscuro.
Il buio era una minaccia per gli elfi, abituati alla serenità, a vedere il sole sorgere il mattino, il cielo limpido e i sorrisi sul volto della gente. Tutte cose che non vedevano più dall’invasione degli alleati dell’oscurità.
Il Re in quel periodo si dedicava più che altro alla Regina Aranel, la sua adorata moglie che portava in grembo la loro seconda figlia.

Accorgendosi che le vite perse in battaglia e il dolore subito dalla sua gente erano stati anche troppi, decise di chiedere aiuto alle terre centrali dell’Ovest, che separavano esse dalle terre dell’Est.
Lì governava il fratello Hautner, che senza pensarci neanche un secondo si stabilì con gli eserciti davanti alla foresta che faceva da confine tra le terre dell’Innominato e il territorio elfico.
Con più uomini in battaglia gli elfi riuscirono ad allontanare le ombre e le altre creature malvagie che da tempo si erano impossessati delle loro vite e del loro umore. Finalmente erano liberi.

In preda alla furia, l’Oscuro sovrano, che in molti chiamavano l’Innominato, lanciò una maledizione a tutte le seconde figlie che sarebbero nate entro quell’anno ad Avra. Sarebbero nate tutte Femidi, cioè morte ma non ben accette all’aldilà, così costrette a vagare sulla terra per sempre. Sarebbero diventate creature mostruose. Durante la crescita il loro potere e la sete di battaglia sarebbero aumentati, nascevano per combattere e uccidere. Nascevano per servire l’Innominato.
Dopo pochi mesi nacque, un po’ in anticipo. Troppo in anticipo.
Aranel non ce la fece e morì subito dopo aver dato alla luce Edel.
Quando Re Orol seppe dell’accaduto decise che si sarebbe occupato della bambina come avrebbe fatto lei; Aranel non voleva che venisse bruciato il corpo della piccola solo perché era una Femide. Il Re in fondo non aveva mai creduto alla maledizione, anche perché i poteri dell’Innominato non avevano sempre effetto sul bene degli elfi.
Prese Edel dalla culla e la strinse fortemente tra le braccia, lei ancora dormiva. Quando aprì gli occhi iniziò a piangere, Orol se la portò di fronte e la osservò in volto. Sussultò appena la vide.
- Tutto bene mio signore? – chiese la guardia che stava con lui vedendo che aveva bruscamente gettato la bambina nella culla. Piangeva ancora.
- Portatemi qui Charm, subito! – ordinò il Re e così venne eseguito.

Charm era la prima figlia del Re, aveva circa 15 anni allora ed era stata promessa in sposa ad un elfo che neanche conosceva. Quando la guardia si precipitò in camera sua capì che il padre voleva parlarle di Edel.
- Cosa succede padre? – domandò Charm vedendolo andare avanti e indietro nella sala da pranzo, dove l’aveva convocata. Era piuttosto nervoso.
- Edel – disse e indicò la culla dove dormiva la bambina.
- E’ così carina.. – mormorò tra se e se la ragazza.
- Charm guardala! Guardale gli occhi! – ordinò il Re alzando la voce e diventando sempre più aggressivo.
Lei si avvicinò lentamente alla culla, così prese in braccio Edel. La guardò per un po’ sorridendo, poi la piccola aprì gli occhi.
Charm lo sapeva già da un po’, non l’aveva detto al padre per paura della sua reazione. Gli occhi di Edel erano rossi. Era una Femide.
In quell’stante nella sala entrò una guardia, spalancando rumorosamente la grande porta a due ante.
- Cosa c’è di così importante? – urlò severamente il Re Orol.
- Signore … un gruppo di donne si è diretto ai campi bassi di Avra con le piccole Femidi, che sono nate due giorni fa. Non vogliono che le prenda l’Oscuro così hanno deciso di bruciare i loro corpi. – rispose la guardia un po’ confusa.
- La maledizione … - mormorò il padre con lo sguardo fisso a terra e gli occhi spalancati.
- Hai cambiato idea per caso? Vuoi bruciare anche il corpo di Edel? Aranel non lo avrebbe voluto – disse Charm osservando il padre. Nel frattempo la guardia era uscita dalla stanza.
- Cosa vorresti fare? Non c’è altra soluzione. Verranno a prenderla Charm! La rapiranno per farne un’arma, un’arma troppo pericolosa e sarò costretto a combattere contro mia figlia! -
- Ma loro penseranno che tu l’hai uccisa, perché è quello che noi faremo credere. - detto questo Charm portò Edel nelle segrete.

  

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Vita nascosta ***


Capitolo 1
 
 
 
 
 
Aprì gli occhi lentamente, doveva essere presto perché non si udiva rumore di passi provenienti dal piano di sopra. Ancora leggermente frastornata si diresse verso il piccolo bagno che era stato costruito anni fa apposta per lei. Osservò attentamente il suo riflesso nello specchio: i capelli erano davvero spettinati e si potevano intravvedere fra le ciocche vari nodi, gli occhi rossi non erano ancora del tutto aperti ma riuscivano perfettamente a vedere i lineamenti del volto, quel giorno era piuttosto pallida.
Ecco il rumore della porta. Qualcuno era entrato nella stanza.
Tutte le mattine Dina si occupava delle segrete, ormai la casa per Edel. La ragazza era rimasta chiusa lì per circa diciassette anni. Non si era mai chiesta il perché, o forse si ma solo fra se, così nessuno ha mai avuto la necessità di inventare una risposta; per questo non era stato difficile convincerla che la sua vita l’avrebbe trascorsa in quell’enorme stanza polverosa e umida che il Re Orol aveva cercato di migliorare ma non aveva avuto poi così tanto tempo da dedicarle. Dina si prestava a fare il letto e pulire il bagno, qualche volta spazzava ma raramente.
- Come va signorina Edel? – domandò alla ragazza vedendola uscire dal bagno. Aveva appena terminato di fare il bagno ed era avvolta in un grande e morbido asciugamano viola, in mano ne aveva un altro più piccolo bianco.
- Bene Dina. Stanotte però ho fatto di nuovo quel sogno. -
- Ancora? – domandò mentre sistemava le coperte del letto disfatto.
- Già … questa volta però faceva più paura. – rispose Edel asciugandosi i lunghi capelli scuri.
 
I passi lenti ma sicuri, sembrava che Charm fosse orgogliosa di andare a trovarla, come se davvero fosse un giorno importante quello.
Non era permesso a nessuno andare a trovare Edel, il Re l’aveva proibito per paura che le ombre, spie dell’Innominato, la trovassero e scoprissero che in realtà lui non aveva avuto il coraggio di bruciarla.
Era permesso solo a lei andare giù nelle segrete, e naturalmente a Dina, la serva più fidata del Re.
Proseguiva dritta e silenziosa. Ecco la porta, una grande porta decorata brutalmente con delle punte affilate ma quasi consumate che sporgevano verso l’esterno, la maniglia era un grosso anello pesante, sotto di essa vi era la serratura.
Quando la aprì con l’aiuto della chiave che il padre le aveva dato, all’interno non vi era nessuno, poi sentì lo scorrere dell’acqua, proveniva dal bagno.
Si avvicinò al letto e si sedette sul morbido materasso in attesa di vedere la sorella. Intravide dei buchi nel lenzuolo, erano cerchi irregolari, sembravano bruciature.
- Ciao Charm! – esclamò Edel appena la vide, mentre usciva dal bagno. Le saltò addosso e la strinse fra le braccia.
- Ciao sorellina, come va la vita qua giù? Fa un po’ freddo … - disse fregandosi le mani e distogliendo lo sguardo dal lenzuolo.
- Ci sono abituata. Quand’è che potrò uscire da qui? – domandò. Charm la guardò con sguardo un po’ supplichevole ma Edel sembrava irremovibile dall’espressione di chi aspetta una risposta.
- Te l’ha detto nostro padre no? Quando sarai più grande … - rispose voltandosi per non mostrare il viso. Era evidente che stava mentendo.
- Dite tutti così … eppure io qua ci sono diciassette anni! Non so neanche io come faccio a resistere, ho voglia di sapere cosa c’è qua fuori, di scoprire com’è il mondo oltre le mura di questa stanza! -  mentre parlava gli occhi si facevano sempre più lucidi, trasformando quel volto dolce in uno triste.
- Vedrai … arriverà il giorno. – neanche Charm credeva a quel che diceva, eppure l’aveva detto, lasciando nel cuore di Edel un desiderio che forse mai nessuno avrebbe potuto realizzare.


Re Orol era seduto sul trono, accanto alla poltrona dove solitamente sedeva Aranel. Ora era vuota, particolarmente vuota. L’uomo negli ultimi anni era davvero invecchiato. I suoi lunghi capelli biondi e ondulati, tipici di un elfo, erano ora in parte grigi. Il volto solcato dalle rughe e gli occhi decisamente stanchi, occhi che sembravano aver visto troppo.
Egli aveva convocato il Re e la Regina di Eber, la città accanto, con anche il figlio Elrond, che avrebbe regnato accanto a Charm. Avrebbero governato assieme la città di Avra.
- Il matrimonio si terrà fra cinque notti, abbiamo anche già deciso dove. – disse il Re di Eber con tono orgoglioso.
- Charm sarà molto felice di questo. Dove? -
domandò Re Orol già stufo della conversazione.
- La foresta di Hatla. – rispose la Regina che fino a quel momento non aveva aperto bocca.
- Come? Hatla? No, è troppo pericoloso. La guerra sarà pure finita ma gli alleati dell’oscurità non esiteranno un secondo prima di attaccarci! – esclamò alterato Re Orol.
- Non c’è di cui preoccuparsi, un esercito di elfi guerrieri ci proteggerà. Ho organizzato tutto io, gi ho mandati a fare un sopraluogo per verificare che non fosse già territorio delle ombre. Con questo ho finito, ci vediamo fra cinque notti ad Hatla. – detto questo il Re di Eber si diresse verso l’uscita seguito dalla moglie e dal figlio.
Elrond era un ragazzo di circa trent’anni, alto, forte, coraggioso. I suoi capelli arrivavano alla spalla, erano biondi e lisci. Il suo era un portamento regale, fiero.
Quando seppe che era solo, Charm si recò nella sala del trono per parlare con il padre.
Si avvicinò a lui, lo vide un po’ tormentato.
- Charm, che piacere vederti. – disse con voce fioca, appena la vide.
- Padre, sono qui per parlarvi di Edel. -
- Edel? Cosa le è successo? – domandò spaventato.
- Niente, non preoccuparti. E’ solo che … è da un po’ di giorni che si comporta in maniera strana, ribelle. Ha chiesto quando potrà uscire dalle segrete e io … io ho dovuto mentire. – spiegò la ragazza, ormai grande anche lei ma comunque giovane. Aveva circa trentadue anni, i suoi capelli erano lunghissimi di un biondo oro con le punte leggermente arricciate. Pur essendo giovane però il suo viso presentava segni di stanchezza, si vedeva che di vita ne aveva trascorsa.
- Forse era meglio se l’avessimo bruciata insieme alle altre Femidi, invece di farla soffrire rinchiusa là sotto. – protestò Re Orol, strinse i pugni e chiuse gli occhi, quando li riaprì era più calmo.
- Ci sono dei segni di bruciatura nel lenzuolo, ho parlato con Dina e ha detto che è da un po’ di giorni che li trova. Cosa ne pensi? – chiese Charm al padre che sembrava piuttosto confuso.
- Io cosa penso? Cosa dovrei pensare? E’ normale che adesso i suoi poteri stiano crescendo. Mi avevano avvertito, tutto quello che tocca muore perché non sa ancora controllare il suo potere. -
- Allora qualcuno le lo deve insegnare, padre! Altrimenti potrebbe diventare pericolosa! – esclamò agitata la ragazza mentre camminava distrattamente per la stanza.
- Lo so Cahrm, troveremo una soluzione. Prima il matrimonio però. Elrond e la sua famiglia hanno organizzato tutto alla foresta di Hatla, fra cinque notti. – disse Re Orol. Si alzò lentamente dal trono e con movimenti pesanti si diresse verso la sua stanza.


...   

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - L'oscurità ***


Capitolo 2
 
 
 
 
 
Quel luogo sembrava vuoto, solo un buio immenso, senza via d’uscita. Si muoveva con incertezza anche se era sicuro di quello che faceva. Ecco una luce. Debole, ma sempre un punto di riferimento. Aumentò il passo, era di scuro vicino, poteva udire le urla strazianti delle anime che venivano torturate, o il silenzio di chi non aveva il coraggio di urlare per paura che il dolore aumentasse.
Si voltò di scatto alla sua destra. C’era buio, davvero buio, ma si poteva intravvedere una sagoma familiare.
- Ehi, qual buon vento ti porta qui? – domandò il ragazzo nascosto nell’oscurità.
- Ken. Portami da lui. – disse il ragazzo.
- Lui chi? – domandò Ken spostandosi di poco dall’ombra che lo copriva.
- Hai capito benissimo. -
- E va bene. Ma sta attento, oggi non è di buon umore. – ridacchiò con una voce da far venire i brividi. Passò avanti e lo condusse in un lungo corridoio. Faceva davvero freddo lì.
Il ragazzo, vedendo che il passaggio si faceva sempre più stretto, tentò di appoggiarsi alla parete ma subito ritirò la mano. Era impiastricciata di un liquido semisolido, forse verdastro o quasi azzurro, non si capiva bene con il buio che offuscava la vista.
- Eccoci. – disse Ken e indicò un’entrata poco distante.
Il ragazzo lo guardò, non si fidava di lui, era da tempo che non lavoravano insieme.
- Che c’è? Non ti fidi? – ridacchiò ancora. – Non crederai che io voglia rinchiuderti là dentro? Siamo amici no? Non lo farei mai. – continuò. Sul suo viso si allargò un sorriso beffardo.
Il ragazzo si volse e raggiunse la porta, poggiò la mano su di essa. Era davvero fredda, tutto lì era freddo. Non ci fu neanche bisogno di spingerla, si aprì lentamente.
Una luce immensa, di un colore bianco accecante, lo avvolse e lo trascinò via con se.
Quando aprì gli occhi era ancora frastornato e lo colpì un forte mal di testa.
- Ben tornato … Firian – disse una grossa voce che sembrava provenire dal nulla. Era una voce tremolante, ne vecchia ne giovane.
- Dove sei? – chiese deciso il ragazzo.
La voce scoppiò in una lunga e forte risata. Quando smise fece un grande respiro, poi riprese: - Io non ci sono … - si sentì un’altra risata in sottofondo. Più tenue.
Firian si mosse lentamente verso la parete. Era bagnata, non era la sostanza che ricopriva le pareti del corridoio, questa era più liquida.
Si voltò a osservare le mani. Era sangue.
- Adesso il sangue ti spaventa, Firian? Non sei più il guerriero che ho addestrato anni fa allora … - rincominciò. Questa volta la voce sembrava al quanto dispiaciuta.
- Io non ho paura. – rispose Firian fregando le mani sul pantalone per levare via il sangue. Prima non lo sentiva, ma ora l’odore era davvero pungente.
- Perché sei qui? – domandò la voce.
- Sono qui perché ho scoperto cose che nessuno ha mai voluto si sapessero. -
- Ah si … e che cosa? -
- Le Femidi, padrone. – rispose.
 

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Il matrimonio ***


Capitolo 3
 
 
 
 
- Edel! Edel! -
- Cosa vuoi? Cosa vuoi da me? – rispondeva. Era una voce a chiamarla, la voce di una donna.
- Corri Edel! Corri! -
- Perché? Perché devo correre? – continuava a urlare. Eppure correva, correva senza mai fermarsi. Sapeva che se l’avesse fatto, l’avrebbe presa. Ma chi?
- Sono qui Edel! Qui! – la voce sembrava provenire dall’interno del bosco così corse, corse ma all’udire uno strano rumore si voltò. Cadde inciampando nella radice rialzata di un albero. Si sedette a terra, la gamba le doleva. C’era sangue dappertutto.
Qualcuno uscì da dietro l’albero. Era quella donna, quella che la chiamava. Piangeva.
- Perché piangi? Io non ho fato niente … - diceva. Infatti non aveva fatto niente, eppure si sentiva in colpa.
L’espressione della donna era seria ma le guancie erano solcate dalle lacrime. Doveva aver pianto molto.
- Charm! – esclamò Edel nel vederla in lontananza sulla riva di un lago.
- Charm sono io! Charm! – continuava a urlare mentre correva verso di lei. Sembrava così lontana e proprio quando riusciva a raggiungerla sembrava riallontanarsi. Era una distanza illimitata.
- Che fai Charm? No Charm! Non farlo! – gridava ma nessuno riusciva a sentirla, neanche la sorella che in quel momento si stava precipitando nel lago. Si era lasciata andare. Affondava.
- Charm no! –
Aprì gli occhi e si sollevò di scatto.
Era nelle segrete, nella sua stanza. Teneva il lenzuolo stretto nei pugni. Era stato solo un brutto sogno.
Aveva sudato molto, la gamba le faceva male. Il respiro era particolarmente affannato, le sembrava di aver corso davvero.
Poggiò la testa sul cuscino, molto lentamente e subito pochi secondi stava già dormendo. Un sonno più tranquillo di quello precedente.
 
Charm era già sveglia da presto. Si trovava in una stanza particolare, piccola e stretta ma per il poco che vi era all’interno risultava spaziosa.
Era in piedi su un piano più alto del pavimento, un ripiano a forma circolare. Da quella posizione Dina riusciva a prendere le misure per il vestito da sposa che avrebbe indossato a nozze.
Era un abito decisamente elegante, bianco, decorato al bordo della gonna con schizzi di diamanti dorati, tipici del regno degli elfi. Il corpetto era stretto in vita da una grossa cintura dorata. Non aveva voluto i guanti così il padre le aveva regalato un bracciale davvero prezioso, costituito da varie pietre dorate differenti per misura.
- Sarà un incanto domani, signorina. – disse ammirandola appena finito di cucire l’orlo.
- Già … un incanto … - mormorò Charm.
- Qualcosa la turba? – chiese gentilmente la serva.
- No, è che vorrei che ci fosse anche lei alla cerimonia. – rispose la ragazza.
- Edel? Ma sarebbe troppo pericoloso signorina, se le ombre la vedessero saremmo finiti. -
- Lo so … -
- Abbiamo finito! Potete andare nella vostra stanza ora. – disse e sorrise alla ragazza.
Lei scese dal ripiano con delicatezza cercando di non sciupare l’abito, così bello. Quando Dina fu fuori dalla stanza, Charm si tolse il vestito e ne indossò un altro, più comodo ma pur sempre elegante. Voleva essere sempre in ordine.
Edel non sapeva ancora niente del matrimonio, in realtà non sapeva proprio niente di quella vita. La sorella decise che però era giusto lo sapesse, così si recò nelle segrete.
Percorse il corridoio centrale del palazzo poi svoltò al primo angolo e scese svelta le scale. C’erano due guardie che sembrava stessero sorvegliando la porta.
- Dovrei entrare, posso? – chiese educatamente con la sua voce fioca.
- Ma certo signorina, faccia pure. – rispose uno dei due uomini. Entrambi le fecero spazio, lei aprì la porta e immediatamente se la chiuse alle spalle.
- Edel? – la stanza era vuota, o almeno era quello che sembrava.
- Edel ci sei? – domandò ancora.
- Eccomi! – disse a un tratto sbucando da una piccola stanzetta accanto al letto.
- Ti piace, l’ha fatta nostro padre perché credeva non ci fosse abbastanza spazio. – disse indicando la camera alle sue spalle.
- Carina … senti Edel, ti devo parlare. -
- Certo, dimmi pure. – disse la ragazza mentre si sdraiava sul letto.
- Io domani mi sposo. -
Il silenzio di Edel, che sembrava eterno, tormentò per un po’ la mente di Charm.
- Sono felice per te. – disse infine. Lo sguardo fisso al soffitto. Nessun’altra parola, nessun’espressione.
- Tutto qui? – chiese incredula la sorella con un mezzo sorriso.
- Certo, cosa dovrei dirti? Grazie per avermelo detto solo ora? Grazie per non avermi invitato? Grazie perché mi tenete rinchiusa qui? E’ questo che vorresti sentirti dire? -
Dal volto di Charm svanì il sorriso.
- No … - disse.
- Perché sono qui Charm? Perché mi tenete nascosta? Perché è questo che fate vero? Non volete che nessuno mi veda … perché? -
Faceva così tante domande, Charm però non poteva rispondere a nessuna di quelle.
- Devo andare ora. – così dicendo si sollevò e uscì dalla stanza chiudendo leggermente la porta.
 

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - La fuga ***


Capitolo 4
 
 
 
 
 
Si sdraiò delicatamente sul letto. Edel non capiva perché non potesse conoscere anche solo qualche dettaglio di quella orribile vita che stava vivendo. Eppure non si era mai lamentata con nessuno, aveva sempre accettato di restare lì anche perché c’era cresciuta. Ma era una ragazza adesso, e aveva il diritto di conoscere il mondo!
Sicura della decisione, riempì di vestiti un leggero e minuto sacco in cuoio che era stato gettato lì dalle schiave molto tempo prima. Ci mise dentro anche un ciondolo, quello che il padre le aveva regalato quando aveva solo otto anni di vita. Si ricordava perfettamente quel che le aveva detto: “Questa era di tua madre. Indossala quando avrai paura, quando ti sentirai sola e insicura e lei ti proteggerà, da lassù”.
In quel momento si chiese perché il padre l’avesse data a lei quella collana dal ciondolo color blu notte che aveva sempre portato al collo la madre. Perché non a Charm? Dopo tutto lei era rinchiusa nelle segrete, niente avrebbe potuto mai farle del male, mentre la sorella usciva da palazzo ed era esposta al pericolo delle terre del Sud.
Già … il padre le aveva parlato della prima guerra tra terre del Sud e terre del Nord, le aveva anche detto che lei era rinchiusa là dentro a causa di essa. Niente di più però. Nessun dettaglio su quel che sarebbe successo se lei fosse uscita.
Non le era mai venuto un dubbio sul fatto che tutti le nascondessero qualcosa, quando era più piccola. Ma ora, era da un po’ di tempo che si poneva varie domande sul perché tutta questa discrezione nei suoi confronti.
Era come se fosse cresciuta tutta d’un tratto, a diciassette anni.


Si fece buio e l’oscurità della notte sotterrò il villaggio.
La mattina seguente Re Orol e la figlia Charm vennero accompagnati in carrozza alla città di Eber per poi giungere ad Hatla, la grande foresta separata dal bosco di Ludon dal lungo fiume Nietla.
Charm durante il viaggio osservava dalla piccola finestrella della carrozza il paesaggio. Osservava le case, quelle case comuni in cui molti anni fa le donne piangevano per i loro mariti che andavano in guerra a combattere contro l’oscurità, contro le ombre. Ora sembrava che tutto fosse tornato alla normalità, il cielo sereno e i prati fioriti.
Il rumore della portiera che si apriva distolse Charm dai suoi pensieri.
Re Orol prese la mano della figlia e la aiutò a scendere dalla carrozza che subito dopo ripartì verso Avra.
Li aveva lasciati all’entrata del palazzo di Eber.
- Andiamo Charm, ti hanno riservato una stanza e una serva di palazzo di preparerà per le nozze. – disse Orol accompagnando la figlia all’interno dei quell’enorme palazzo. Era rosa perlato, ogni parete era della stessa tonalità e presentava le stesse decorazioni di colore rosso opaco che sembrava volessero imitare milioni di uccelli in volo.
Era un enorme costruzione costituita da due torri, una a destra e una a sinistra, la più alta in cui al termine vi era la bandiera con lo stemma della città.
La grande porta d’ingresso era di legno di quercia, le maniglie erano dei grossi anelli rossi lucidi. Ti ci potevi specchiare.
Una guardia li aspettava all’entrata, aprì la porta e li scortò fino alla stanza in cui Charm si sarebbe preparata per la grande cerimonia.


Edel si svegliò tardi quel giorno, quando se ne rese conto cercò di sbrigarsi a prepararsi. Indosso un abito leggero nel caso fuori facesse caldo ma portò con se anche uno scialle in lana in caso contrario.
Frugò nel sacco di cuoio in cerca del ciondolo, quando lo trovò lo mise al collo.
Preso il sacco iniziò a bussare bruscamente alla porta d’ingresso delle segrete.
Quando una guardia aprì per chiedere spiegazioni, la ragazza rimase un attimo in silenzio. Come era vestito? Indossava abiti in ferro e nella mano destra teneva stretta una spada, che agli occhi della ragazza era un semplice pezzo di lama.
- Qualche problema signorina? – domandò lui.
- Certo … cioè, no … - aveva pensato a tutto quello che avrebbe fatto quando sarebbe stata fuori, ma non aveva passato un solo secondo a pianificare come sarebbe uscita.
- Sta bene? Se vuole le chiamo la sua serva. – chiese ancora la guardia.
- Sì, me la chiami grazie. – rispose.
L’uomo spinse la porta per chiuderla ma Edel riuscì a incastrare parte della gonna dell’abito in mezzo ad essa così da riuscire a riaprirla facilmente.
Quando i passi della guardia non si fecero più sentire la ragazza aprì la porta di scatto e poi se la richiuse alle spalle. Fece un rumore davvero assordante ma sembrava che nessuno l’avesse udito.
L’altra guardia dormiva.
Edel non ci fece caso poiché rimase abbagliata dallo splendore delle pareti del palazzo. Era davvero raffinato. Quel corridoio aveva entrambi i muri che lo costituivano decorati da piccoli quadri in cui vi erano ritratte persone anziane, forse celebri re e regine. Magari c’erano anche suoi nonni.
Non conosceva quell’edificio perciò sarebbe stato difficile trovare l’uscita.
Si ricordò dello scialle in lana che aveva portato con se, così se lo avvolse intorno alla testa per non mostrare il viso ai servi che percorrevano in continuazione quei corridoi. Iniziò ad incamminarsi alla ricerca della porta d’ingresso. 
La testa sempre bassa per paura di essere riconosciuta, la alzava raramente per non rischiare di sbattersi o scontrarsi con qualcuno.
Si ritrovò di fronte ad un’enorme porta in legno ma di colore bianco.
La aprì un poco e dall’esterno filtrò una luce accecante, tanto che fu costretta a coprirsi gli occhi con lo scialle.
Era la luce del sole.
Quando fu completamente fuori si immobilizzò alla vista di tutta quella gente, di tutta quella luce, di tutto quell’azzurro che c’era sopra di lei, tutte quelle voci, quegli strani rumori.
Un bambino che correva distrattamente si sbattè alle sue gambe e cadde a terra.
- Oh, stai bene? – domandò schietta nel vederlo massaggiarsi la caviglia.
- Certo … - rispose lui con lo sguardo fisso a osservare il volto della ragazza. Forse le guardava gli occhi.
- Jey! Jey ma che fai? Tirati su! – urlava una donna. Prese per mano il ragazzino e lo aiutò ad alzarsi.
- Mi scusi tanto signorina è che … oh mio dio! Ma cos’ha agli occhi? -
domandò la donna a Edel che osservava sorridente il bambino imbronciato.
- Io? Non ho niente, perché? – li fregò per il bruciore che le provocava quella luce.
- I suoi occhi sono rossi … -
Appena sentì quella frase la ragazza si voltò a osservare gli occhi del resto della gente: Azzurri, azzurri, azzurri, avevano tutti gli occhi azzurri!
- Si … credo di non sentirmi molto bene. Ora devo andare, mi scusi. -
detto questo di corsa si diresse verso un luogo. Quale non lo sapeva neanche lei.


 

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