Cap II amici
- E’ mio amico- Il mio migliore amico, avrebbe aggiunto
volentieri se lei gliene avesse dato il tempo.
-Cosa che non gli dà certo il permesso di dire quello che ha
detto…-e via così. Julie provava uno strano piacere
nell’elencare la lunga sequela di cattiverie che House aveva partorito nel
corso della serata.
Ben presto quindi Wilson era stato costretto a bandire cene, coktail,
feste e compleanni insieme: compartimenti separati. E Aveva imparato a
giostrare abilmente il suo tempo libero tra la moglie e l’amico, senza mettere
da parte nessuno dei due. Almeno così credeva.
All’epoca del suo matrimonio si diceva che, in fondo, non c’era
niente di male a dire a Julie che andava a giocare a
golf con alcuni colleghi, quando invece si ritrovava nell’angusto salotto di
House a seguire la maratona di L word.
E poi, di certo, Julie non avrebbe
gradito sapere che il branzino da lei così amorevolmente cucinato per Natale era
finito nel freezer del primario di medicina interna del Princeton Plainsboro Hospital.
Né Julie, ricordò amaramente Wilson,
avrebbe apprezzato il fatto che lui avesse rinunciato al ruolo da primario, con
relativo stipendio annesso, per difendere un amico indifendibile e,
soprattutto, che non voleva essere difeso.
-Si approfitta di te e tu non te ne rendi nemmeno conto!-questa
era diventata una delle sue frasi più gettonate, negli ultimi tempi. E lui, il
più delle volte, troppo stanco per ribattere rimaneva in silenzio. Silenzio che
veniva inteso da Julie come un tacito consenso da cui
lei deduceva che, nonostante le sue
lauree e i suoi master, suo marito era un fesso che chiunque poteva prendere in
giro.
Wilson non potè fare a meno di
sorridere: se l’avesse visto lì, in quel momento, alla ricerca delle parole per
spiegare perché avesse deciso di non testimoniare più, cosa che tra parentesi
l’avrebbe inviato dritto in prigione, Julie si
sarebbe fatta una sonora risata.
Lisa Cuddy però, non era Julie, quindi…
-…E’ mio amico- esclamò dopo qualche esitazione, come se quelle
tre parole potessero contenere tutto l’universo di sentimenti che girava
attorno a quella definizione.
“Mio amico” pensò Wilson” un amico che sto mandando in prigione,
a cui sto per far ritirare la licenza, quando invece dovrei proteggerlo…”
-Tu hai fatto tutto quello che hai potuto- per un attimo gli
sembrò che fosse Julie a parlare. No, non era Julie. Julie era lontana mille
miglia col suo dentista.
Davanti a lui c’era la Cuddy, ora inspiegabilmente
calma e con una strana espressione sul volto.
-Sediamoci- Wilson la seguì fino alla panchina poco distante.
Poi attese. Cuddy si sistemò le pieghe della gonna,
poi si voltò verso di lui.
- Wilson.. per noi non è un mistero: sappiamo che House ha un
sacco di problemi. Ne ha sempre avuti.- Non era una novità. –Noi possiamo farci
carico solo di un certo numero di cose, non possiamo farci carico di tutto.
Anche lui deve capire che…-
-Non è questo- la interruppe Wilson.- noi non abbiamo agito bene
Cuddy …lo sai-questa volta fu la Cuddy
a interromperlo.
-Anche lui ha delle responsabilità: verso l’ospedale, verso i
suoi pazienti, ma soprattutto verso se stesso. Non può andare avanti così-.
Era vero, non poteva andare avanti così, ma tutto ciò non
significava che il loro modo di far andare diversamente le cose fosse quello
giusto.
Forse aveva ragione Cameron, forse
quella era solo la soluzione più comoda.
-Lo so cosa stai pensando- ripresa Cuddy-
ma non è colpa tua. Non sei stato tu a rubare il ricettario, né sei stato tu a
rifiutare le dovute scuse a Tritter.
-Lo so- mormorò Wilson laconico. Non era questo, lui
semplicemente non poteva accettare di mandare serenamente in prigione il suo
migliore amico e poi continuare come nulla fosse.
-Non sei stato tu a
rifiutare l’accordo- proseguì imperterrita Cuddy.-
tu…noi-si corresse in fretta- gli abbiamo dato un’opportunità.-
-E quale?- le domandò Wilson brusco.- quali alternative gli
abbiamo dato? Forse costringerlo a una riabilitazione che non vuole e non farà
è un’alternativa concreta?-
-James Wilson!!- esclamò Cuddy
alzandosi in piedi di scatto– non farmi pentire di
averti assunto!-
-Non testimonierò- ripetè Wilson
testardo.
Cuddy tornò a sedersi scrollando la testa.
-Tritter vuole House dietro le sbarre, ma non
sarò io a mandarcelo!!- buttò lì lui.
-E così te ne laverai le mani eh?-domandò Cuddy
con una punta di acidità nella voce.
Wilson sussultò -C-come?-
-Eh sì. Perché siete stati voi due a cacciarvi in questa
situazione e ora …e ora… come al solito…sai cosa farò io? Sai cosa farò?-
esclamò Cuddy alzandosi e cominciando a passeggiare
freneticamente avanti e indietro.
Wilson non l’aveva mai vista così agitata.
- Quando Tritter busserà nuovamente
alla mia porta alla ricerca…-
-Cuddy-
-Non interrompermi, dicevo,
quando busserò alla ricerca di qualche nuova prova io...-
-Cuddy-
-Io…-
-Cuddy-
-Ma insomma vuoi smetterla di interrompermi??Cosa c’è??-
-Mi dispiace- e gli dispiaceva davvero, per House, per lei, per
i pazienti e anche un po’ per Tritter …
-Mi dispiace- ripetè piano.
Cuddy arrestò la sua marcia forzata e lo
guardò sconsolata.
-Wilson sei...- non trovò le parole, lei che
aveva una risposta per tutto, come House.
Tornò a sedersi vicino a
lui –tu e House siete le uniche persone con cui posso parlare senza
troppi giri di parole. –tacque per un momento- non voglio litigare con te-.
Wilson non sapeva cosa rispondere. Fu lei a continuare
-Non voglio che House
finisca in prigione.- Wilson fece per dire qualcosa.
-No aspetta lasciami finire. Io penso che ognuno sia
responsabile delle proprie azioni. House ha sbagliato e non è nemmeno un santo,
però questo non fa di lui una cattiva persona, o almeno non quanto Tritter vuole farci credere. Se abbiamo una colpa verso di
lui, e sì almeno una ce l’abbiamo è quella di non avergli messo un freno prima.
Se l’avessimo fatto questa conversazione non avrebbe mai avuto luogo. Lui non
rischierebbe di finire in galera e noi di perdere un…-esitò per un
momento-amico.-
Si alzò e si avviò verso il parcheggio, giunta a metà strada si voltò verso di lui- Tritter cos’ha detto?-
Wilson non rispose.
Lei annuì e scomparve nell’oscurità.