Some die young

di sbianca
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Parte uno...forse... ***
Capitolo 2: *** Parte due ***
Capitolo 3: *** Parte 3 ***
Capitolo 4: *** Parte 4-Finale ***



Capitolo 1
*** Parte uno...forse... ***


Wassup people!
Lo so che (in teoria) dovrei aggiornare Heartlines prima di pubblicare qualsiasi altra cosa, ma è da un po' di tempo che ho quest'idea per una one-shot, e se non la scrivo adesso sento che probabilmente non riuscirò a scrivere nient'altro a vita. :D
Ad ogni modo, il titolo è di una canzone di Laleh (canzone che, tra l'altro,
adoro e che non mi riesco a togliere dalla mente).
Detto questo vi lascio in pace a leggere la storia :-)

Ps: rigrazio infinitamente quelli che leggeranno il capitolo e che magari lasceranno una piccola recensione alla fine :-)
Pps: non chiedetemi come io sia riuscita a trovare una cantautrice svedese, non lo so ._.

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Some Die Young
Parte 1

 

I will tell your story if you die
I will tell your story and keep you alive
The best you can
I will tell them to the children
If we have some, if we have some
That I've always felt the feeling we would die young
Some die young, some die young

Some, some die young
But you better hold on
So many things I need to say to you
Please don't, don't let me go
And we said we would die together

 

San?”
“Dimmi, Britt”


Le due ragazze erano stese per terra, all'ombra di un grande abete nel parco di Lima in un momento non particolarmente caldo di quella giornata.

La bionda era stesa sull'addome di Santana, e si faceva placidamente coccolare dalla compagna, che le carezzava dolcemente i capelli.


Loro due erano delle assidue frequentatrici di quel giardino. Lo erano sempre state. Sin da bambine, quando si conobbero una decina di anni fa, proprio nella zona in cui si trovavano adesso: vicino al laghetto dove la bionda aveva l'abitudine di andare ogni giorno dopo scuola per cibare quelle paperelle che sempre le erano piaciute. Molto spesso c'era anche l'altra a farle compagnia, e quel giorno era una di quelle volte.
Dopo aver dato del pane agli animali, avevano deciso di sdraiarsi all'ombra di quello che, oramai, era diventato il loro albero, a rilassarsi un po', ignorando completamente il fatto che il giorno dopo avrebbero avuto un' importante verifica di matematica e che sarebbe stato opportuno studiare.

“Ti ricordi il giorno che ci siamo conosciute?” chiese Brittany con ancora gli occhi chiusi, mentre si godeva le carezze dell'altra.


Santana sorrise al ricordo.


Era una giornata di primavera e sua madre l'aveva portata, come tutti gli altri giorni, in quel parchetto pieno di giochi per bambini. Ogni volta che arrivavano lì, le madri si riunivano vicino ad una panchina, e lasciavano i figli a giocare tra loro.
Sin da bambina l'ispanica aveva l'abitudine di prevalere su gli altri (molto spesso terrorizzandoli), quindi quel giorno, come tutti gli altri, decise lei che gioco giocare: nascondino.
Santana era bravissima a quel gioco, e molto spesso passava almeno un'ora prima che la trovassero, o che andasse a fare “libera tutti”.
Fecero la conta per vedere chi dovesse contare e poi andare a cercare gli altri, e questa volta toccò a Rachel Berry, una bambina dai lunghi capelli castani, piuttosoto minuta e con un'irrafranabile parlantina che spesso irritava l'ispanica.


Appena iniziò il gioco, Santana partì spedita in una zona del parco abbastanza lontana a quella dei bambini, dove era sicura che nessuna avrebbe avuto il coraggio di andarla a cercare, le madri avrebberò sicuramente liberato tutta la loro furia se avessero scoperto che andavano così lontano.

Una volta arrivata sorrise trionfante
, consapevole di aver già vinto, ma una volta avvicinatasi al lago, si rese conto di non essere sola: una bambina dai lunghi capelli biondi era girata di spalle, e giocava ridendo con qualcosa nel lago.
La latina si avvicinò curiosa all'estranea per vedere di cosa si trattasse e scorpì che erano anatre.
A lei non erano mai piaciute le anatre, anzi non le erano mai piaciuti gli uccelli in generale, non facevano altro che starnazzare senza sosta e svolazzare in giro sporcando d'appertutto.
Lei lo sapeva: sua nonna aveva la casa piena di uccelli, e ogni volta che andava da lei non facevano altro che infastidirla con i loro “urletti”.Inoltre una volta, una di quelle palle di piume, l'aveva anche beccata senza che avesse fatto niente...quindi no, non c'era niente da fare, i volatili proprio non le andavano giù...
I gatti! I gatti le piacevano, erano carini e non rompevano le scatole.
In quel momento la biondina si accorse della sua presenza e disse:
“Ciao sono Brittany Susan Pierce ma tu puoi chiamarmi Britt, ho cinque anni e queste sono le mie paperelle, ti va di giocare con me?”
Tutto questo senza prendere fiato, e senza togliersi il sorriso dalle labbra. Inizialmente la latina rimase interdetta dalla confidenza della bambina (solitamente era lei a scegliersi i compagni di giochi), ma alla fine acconsentì a quella proposta e si mise in ginocchio a guardare quegli animaletti.
“Sono carine vero?” domandò la bambina al suo fianco mentre, tutta concentrata tentava di catturarne una che, però, non si lasciava prendere.
“...Sì...?” rispose Santana. Doveva ammettere che non erano poi così bruttine, anzi, veniva voglia ti accarezzarle.
“Come ti chiami?” chiese di nuovo Brittany sorridendole.
“Santana Lopez” disse l'altra, cominciando a prendere un po' di confidenza con le paperelle che si stavano avvicinando.

Che bel nome!” esclamò la bionda “mi piace tanto, anch'io vorrei un nome così originale...” aggiunse mettendo un piccolo broncio.
“Grazie” rispose gonfiando il petto.
“Come mai sei qui da sola?” chiese dopo un po'
“Gli altri bambini non vogliono giocare con me, dicono che sono stupida...” rispose come se niente fosse.
“A me non sembri stupida!” disse subito l'altra
“Grazie” sorrise “ma non m'importa, so che lo dicono solo perchè sono invidiosi che le fatine parlano con me e con loro no...” aggiunse con una scrollatina di spalle.
A quella frase la latina rimase un po' interdetta, ma non ci fece caso, perchè subito di ricordò della gara di nascondino che doveva vincere “Britt ti va di giocare con me e dei miei amici?” domandò.

D'accordo” rispose l'altra, sorridendo alla proposta. Si alzarono e subito Brittany l'abbracciò, e una volta staccatasi intrecciò il suo mignolo con quello dell'altra
“'Sta sera racconterò di te alle fatine!” sorrise entusiasta, prima di andare insime alla nuova amica a conoscere quelli che sarebbero diventati la sua nuova famiglia.


“Alla fine hai raccontato di me?” chiese incuriosita Santana,
“Sì e continuerò a farlo, fino alla morte” rispose sicura Brittany “...e anche dopo.” concluse poi, facendo commuovere l'amica.


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Allora? Piaciuto?
Io personalmente sono soddisfatta, un po' perchè finalmente sono riuscita a buttar giù quello che avevo in mente, un po' perchè l'idea per il finale non era esattamente questa.
Per questo vorrei sapere se vi è piaciuta, in questo modo andrei avanti, sennò mi fermo qui.
Ancora grazie a chi ha letto :-)

Alla prossima,
Sbianca

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Capitolo 2
*** Parte due ***


Some Die Young
Parte 2


 

Quel giorno faceva bel tempo, e Brittany aveva deciso di andare a fare un giro con Santana nel parchetto di Lima, per distrarsi un po' dalla situazione in cui si trovavano.
Non era un bel periodo quello per l'America, anzi, non era affatto un bel periodo per tutto il mondo: si era instaurata una grave crisi economica che colpì prima l'Asia occidentale, poi l'Europa e infine il Nuovo Continente, questa crisi portò anche a una serie di guerre tra paesi europei e asiatici.

Tutti pensavano, o meglio volevano pensare che i confitti si fermassero lì, lontano da loro, ma Brittany aveva come il presentimento che sarebbe successo qualcosa, non sapeva perchè, ma c'era qualcosa che non andava.
Per colpa di questa crisi dovetterò rinunciare a molte cose, ma a loro non importava più di tanto, le bastava stare insieme e, cosa più importante, stare con Alice e Lucas Pierce-Lopez la prova vivente del loro amore.


Le due avevano deciso di avere un bambino tre anni dopo il loro matrimonio, quando erano entrambe ventottenni.
Decisero che la madre biologica sarebbe stata Brittany, cercarono per mesi un donatore latino il più possibile simile a Santana, e alla fine lo trovarono. Il ragazzo era straordinariamente simile a lei sia per aspetto che per carattere.
Inaspettatamente ebbero due gemelli che nacquero ad aprile, con il profumo delle piante in fioritura e il vento fresco che li soffiava dolcemente in viso appena usciti dall'ospedale, accompagnati dalle loro mamme, e dalla madrina Quinn, che durante il periodo della gravidanza era sempre stata vicino alle due genitrici.
Naturalmente la nascita fu festeggiata da tutti: i loro compagni di liceo, i genitori di entrambe, e straordinariamente anche dalla nonna di Santana, che dopo anni era riuscita ad accettare l'orientamento sessuale della nipote.


Ora i bambini avevano quattro anni, Alice con due occhioni azzurri e vivaci ereditati da Brittany, la pelle leggermente meno scura rispetto a Santana e i capelli neri tagliati corti con una piccola cresta al centro: la bambina aveva insistito tanto per averla come suo zio Puck, e alla fine riuscirono a trovare un compromesso senza doverla rasare tutta intorno, mentre Lucas aveva gli occhi schuri e profondi, e i capelli sempre arruffati.
Le due avevano deciso inoltre di non battezzarli, in modo che, una volta più grandi, fossero loro a decidere che religione seguire.

Quel giorno la lasciarono a casa di Quinn e Rachel, per godersi un po' di tranquillità e privacy.
Arrivarono sotto il loro albero nella zona del lago e si stesero all'ombra come al solito. Quel posto era davvero molto speciale per le ragazze: lì si incontrarono, lì si diedero il loro primo bacio e infine lì tennero la loro cerimonia nuziale, proprio nel gazebo del parco.
Si sposarono in una calda giornata di giugno, la mora era vestita con un tradizionale abito da sposa bianco, senza spalline, poche perline e fronzoli vari, mentre Brittany portava dei pantaloni eleganti bianchi, un gilè gessato con una piccola cravatta a farfalla, e un cerchietto bianco con attaccato un cappello a cilindro.
Durante la cerimonia, quando il prete pronunciò la famosa frase: “Vuoi tu Santana prendere come tua legittima sposa la qui presente Brittany, per amarla ed onorarla, in salute e malattia, finchè morte non vi separi?” la latina rispose: “Puoi giurarci che la amerò e onorerò anche dopo la morte!”
Allora la bionda non riuscì più ad aspettare, e si fiondò sulle labbra dell'altra interrompendo il prete che le stava per ripetere la stessa frase appena rivolta a Santana.

Appena stese a terra Brittany si appoggiò al ventre della latina, come era solita fare, e si lasciò accarezzare i capelli.


“Mi mancavano questi momenti” le sussurrò la latina in un orecchio
“Anche a me” rispose Brittany sorridendole “non abbiamo molto tempo libero ultimamente” aggiunse.
“Già...” le disse a fior di labbra l'altra, prima di rompere ogni distanza e appoggiare la sua bocca su quella della moglie.

Dopo qualche minuto di tranquillità, la bionda sentì qualcosa di caldo e bagnato sulla fronte, aprì gli occhi e la vide. Vide Santana piangere. Un pianto disperato che sapeva di addio, cercava di non darlo a vedere per non far preoccupare la moglie, ma non ci riuscì.

 

Santana!” esclamò Brittany girandosi meglio, in modo da poterla guardare completamente in viso, “Santana, cosa c'è? Cosa succede? Parlami!!” insistette visto che l'altra non smetteva di piangere senza dir nulla. In tutta risposta la mora le si lanciò addosso, abbracciandola forte forte, sperando che così facendo tutto scomparisse. Il dolore, la disperazione, tutto. Ma non fu così, non poteva essere così. Alzò la testa dal suo petto e disse:
 

è successo Brittany... è arrivata.”

E allora capì di cosa si trattava.

La guerra era arrivata.
Era successo quello che tutti continuavano ostinatamente a non voler vedere.

Non riuscì a dire niente.
“Qualche giorno fa è arrivata una lettera” continuò Santana con voce più sicura, “vogliono un uomo o una donna da ogni famiglia. Evidentemente ai telegiornali mentivano, non ce la stiamò passando bene laggiù, siamo in minoranza, è molto peggio di quanto ci aspettassimo...Hanno chiesto di te nella lettera...” cotinuò dopo un momento di esitazione “vogliono che vai al fronte,” disse facendo scomparire ogni traccia di disperazione nella voce, e sostituendola con la rabbia “ma io non voglio. Mi proporrò io al posto tuo, si può fare se la persona richiesta è impossibilitata, e tu non puoi andare, devi prenderti cura dei nostri figli...”
“No Santana, non puo-” cercò di fermarla ma senza successo
“Sì, posso. E lo farò. A te non dovrà succedere nulla.” terminò così, accarezzando una guancia alla moglie, mentre l'altra tentava invano di non far scendere lacrime dai suoi occhi.
“Vogliono che parta domani per l'addestramento,” aggiunse dopo qualche minuto di contemplazione “ti prego dì a Alice e Lucas che partirò per lavoro, e che tornerò presto” in quel momento le scese un ultima lacrima “...racconta loro di me” supplicò infine.
“Non farò altro” promise Brittany baciandole le labbra. Un bacio quasi agrodolce e triste, ma carico di speranza.
“Ma tu non mi lasciare...”

Some die young
But you better hold on
So many things I need to say to you
Please don't, don't let me go
And we said we would die together
Some die young

I will tell your story if you try
But how long will your thoughts of valleys stay green
When the world you were born in changes with seasons
Will you run with the stream or will you run alone
Or will you run against and finally reveal
Why some die young, why some die young
 

________________________________________________________________________________________________

ç.ç
Penso io vi debba delle spiegazione, vedete, io inizialmente avevo intenzione di scrivere una one-shot, ma alla fine si è rivelata piuttosto lunga, e ho deciso di renderla una “long-shot” divisa in tre parti.
Voi penserete “PERCHE' QUESTO CAPITOLO SE PRIMA SEMBRAVA TUTTA UNA COSA DOLCIOSA!?!? D:”, ebbene, io non lo so!:D O meglio io lo so, ma non ve lo voglio dire muahahahah :D
Diciamo che la prima parte era un introduzione (“Che volpe... -.-” *pensiero generale*).
Anyways, se tutto va bene domani dovrebbe esserci già la terza parte.

A presto,
Sbianca

 

Ps: vi ricorda qualcosa il vestito del matrimonio di Brittany? xD
Pps: qui c'è la canzone
http://www.youtube.com/watch?v=L-bxuRKbFLk

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Capitolo 3
*** Parte 3 ***


Some Die Young
Parte 3

 
“Mamma B, dov'è mama S?” domandò la piccola Alice toccando una gambe alla madre.

Era passato un anno ormai dalla partenza di Santana per il fronte, e a quanto si diceva in giro, la guerra era quasi terminata. Nei paesi dell'Asia Occidentale dove si erano tenuti gli scontri, una buona parte della popolazione si era ribellata ai tentativi di instaurazione di una dittatura, schierandosi con le forze americane ed europee. Per questo la guerra non era durato molto, ma non si poteva dire che le vittime non ci fossero state, anzi, tra guerre civili e battaglie su campi militari, i morti erano davvero molti. 
Fortunatamente Santana non era ancora una di questi.
Per dieci mesi continuarono a sentirsi per lettera: era sconsigliabile via web per la possibilità di essere rintracciati dalle forze nemiche.
Per questo motivo, nelle lettere, non veniva mai citata la sua esatta posizione. Ogni volta che si scrivevano, però, Santana le raccontava quello che succedeva, le raccontava della squadra in cui erano finiti anche, Puck e Quinn, la quale, insieme a lei, comandava su quel piccolo team, le raccontava di come passavano le giornate aspettando la  loro staffetta che li informasse su quello che succedeva all'interno della città... Concludeva sempre la lettera con un “ti amo” sincero, ma le nascondeva spesso la verità quando scriveva, non le raccontava come stessero realmente andando le cose in quel posto. Non raccontava mai che in realtà non era poi tutto tranquillo, che si trovava in un inferno vivente. Non le raccontava che non passavano propriamente tutta la giornata ad aspettare una staffetta alleata, ma che in realtà si trovavano in una zona con continui scontri. Non le raccontava che aveva visto morire sotto i suoi occhi alcuni suoi compagni e compagne, a volte anche più piccoli di lei. Non le raccontava che spesso si ritrovava a piangere da sola quando aveva paura di non poter più tornare a casa dai suoi figli e da lei. Le raccontava solo la parte così detta “positiva” della situazione, il fatto che si trovasse insieme a due dei suoi migliori amici.
Non che Brittany non se ne accorgesse, anzi, sapeva che le stava nascondendo qualcosa per proteggerla, ma anche lei preferiva quella bugia buona all'infernale verità.
Quando lei le scriveva raccontava sempre la verità invece, sapeva che quei racconti rilassavano notevolmente la latina: scriveva del parto di Rachel che aveva dato alla luce una bellissima bambina dagli occhi verdi simili a quelli di Quinn e dai capelli leggermente più chiari della madre biologica, di Alice e Lucas, di come fossero cresciuti in quei mesi, di come Alice ogni tanto parlasse uno spagnolo stentato nel tentavo di imitare la madre, di come i gemelli si proteggessero a vicenda, di come chiedevano sempre di raccontarle di lei, di come si erano conosciute, di come avevano trovato Lord Tubbington (storia che amavano particolarmente sentire), di dove fosse finita e quando sarebbe tornata, e di come lei a quella domanda non sapesse mai che risposta dare se non un “è in giro per lavoro, ma state tranquilli, tornerà presto” con cui cercava di rassicurare anche sé stessa, del fatto che ancora si svegliava al mattino cercando la presenza della moglie a suo fianco, trovando sempre e solo uno spazio vuoto e freddo, di come spesso si ritrovassero con Rachel, Mercedes, Tina e Kurt facendosi compagnia a vicenda, e di come non vedesse l'ora di rivederla, sana e salva, in quella casa, a giocare con i bambini, ad aiutarla a preparare tavola, a raccontarle la sua giornata, a baciarla e stringerla facendola sentire protetta.

Ma ora aveva paura, non aveva più sue notizie da tre mesi ormai e cominciava davvero a pensare al peggio. Non si sapeva niente neanche di Quinn e Puck. Alla TV avevano parlato di un esplosione nel quartiere di Karrada. Cos'era successo? Erano stati scoperti? Se sì, li avevano uccisi? Li avevano catturati e poi torturati? E se non fosse andata così? Se avessero semplicemente troncato i contatti con l'esterno per non essere individuati?

La domanda della figlia le aveva solamente fatto tornare in mente tutte quelle domande senza risposta:
“Te l'ho detto” disse dolcemente “è in giro per lavoro, ma tornerà presto, ha quasi finito” concluse con un sorriso alla vista del piccolo broncio della figlia.
“Va bene...” rispose quella, abituata alla risposta.
Brittany vedendola così giù di morale la prese in braccio e l'abbracciò forte. La bambina rispose stringendo le braccia dietro la testa della madre e appoggiando la testa nell'incavo del suo collo, aggrappandosi letteralmente a lei.
“Mamma?” domandò Lucas arrivando nella stanza “ci racconti la storia di Lord Tubbington?” finì con occhi dolci. A quella vista la madre si sciolse,
“D'accordo” rispose sorridente avvicinandosi al divano e iniziando a raccontare:

Quel giorno Santana e Brittany erano andate nella loro zona del parco dopo un estenuante allenamento con i Cheerios.
“Guarda San, c'è un gattino!” esclamò la bionda notando la piccola palla di pelo dall'altra parte del lago.
“Lo vorresti?” domandò la latina osservando lo sguardo entusiasta dell'altra
“Perchè?” chiese Brittany non capendo subito lo scopo di quella domanda
“Perchè se vuoi te lo prendo...” rispose Santana dolcemente
“Davvero lo faresti?” s'entusiasmò ancora di più l'altra saltellando sul posto,
“Per te questo ed altro!” affermò sicura l'altra alzandosi in piedi.

Quello che non aveva considerato la latina, però, era che forse il gatto non aveva intenzione di farsi prendere, così il pomeriggio passò con lei che correva da una parte all'altra del parco, mentre Brittany la incitava facendole il tifo da sotto il loro albero.
Dopo quasi tre ore di corsa si arrese esausta,
“Mi dispiace Britt-Britt, non ce l'ho fatta” tornò dispiaciuta e vinta al suo posto,
“Non fa niente San, sarà per un'altra volta!” la rassicurò con un sorriso la compagna che ne aveva apprezzato il gesto “ora torniamo che hai proprio bisogno di una doccia!” scherzò Brittany, ricevendo una spinta giocosa dall'altra che aveva ancora un piano in mente per vincere la sua “guerra” contro quel gatto.

Dopo che si furono salutate, Santana tornò al parco a dare la caccia a quella palla di pelo. Incominciava a cambiare idea sui gatti, non erano affatto carini! E sopratutto non era vero che non rompevano le scatole, le rompevano eccome!!
Rimase quasi fino alle undici in quel parchetto a rincorrere il gatto, quando finalmente riuscì ad acciuffarlo e a dirigersi a casa propria vittoriosa, incurante della sgridata che avrebbe ricevuto dai suoi genitori per quel ritardo. Avrebbe reso felice Brittany, a lei quello importava.


Il giorno dopo passò a casa Pierce,
“BRITTANYYYYYYYY!!!!! scendi! Ho una sorpresa per te!” urlò dal giardino
“San...sono le sette e mezza del mattino...” spuntò la bionda dalla finestra sbadigliando,
“Lo so, ma tu scendi!” insistette sempre più sorridente.
“Che c'è?” chiese Brittany uscendo dalla porta con addosso una vestaglia,
“Ok pronta? Ta-daaaan!!” esclamò Santana mostrandole il gattino che teneva in braccio;
“O mio Dio, San!!!” esclamò la bionda svegliandosi di botto “Grazie! Ma come hai fatto a prenderlo?” domandò emozionata prendendo in braccio il gatto
“Ieri dopo averti salutata sono tornata al parco a catturarlo” rispose con un sorriso l'altra “per te” aggiunse arrossendo un po'. Allora Brittany si lanciò ad abbracciarla, incurante del gatto che aveva iniziato a miagolare infastidito perché schiacciato dai corpi delle due.

Appena finito il racconto, Brittany si fece sfuggire qualche lacrima, che riuscì a nascondere velocemente ai figli, abbracciandoli e nascondendo il viso dietro i loro piccoli corpi, sperando che sua moglie tornasse presto a casa, sana e salva possibilmente.

 
I will tell your story if you die…
 

***

ORE 01:33


“Ho paura” disse Santana, durante il suo turno di sentinella insieme a Quinn e Puck.
 
Erano tre mesi che avevano chiuso i contatti con l'esterno. Tre mesi senza che avesse notizie né di Brittany, né dei suoi figli, né tantomeno di quello che stava succedendo fuori dall'Iraq. L'ultima informazione che aveva ricevuto era quella di un attentato a una scuola di Karrada, un quartiere importante della città di Baghdad, lì vicino c'era una loro squadra alleata che era collegata direttamente con la loro base militare, da lì ricevevano ordini e informazioni.
Non sapeva cosa fosse successo a quel team, sapeva solo che dal giorno dell'attentato gli scontri erano aumentati a dismisura in quella zona, e nella loro.
Con Quinn avevano deciso di aspettare un po' prima di andare a vedere cosa era successo all'altra squadra. Sarebbero partiti la mattina presto, avrebbero girato la città passando per le zone che speravano essere meno pericolose e poi sarebbero arrivati alla base alleata, da lì avrebbero comunicato con la base, il tutto con il minor numero di morti e feriti possibile. Sapeva che sarebbe stato più complicato di quanto sperava. Dall'attacco alla scuola non avevano più avuto aiuti esterni. Erano affamati, le munizioni stavano scarseggiando visibilmente a causa dei continui scontri. Non potevano aspettare oltre, o sarebbe stato peggio.

“Anch'io...” rispose Quinn dopo un momento di silenzio.
“Pensate ce la faremo?” chiese Puck alle sue superiori,
“Spero,” rispose la bionda amaramente “sarà difficile, siamo stanchi e mal nutriti, e non sappiamo con certezza se le zone scelte siano sicure.” Disse con tono aspro prima di tornare a concentrarsi completamente sulla strada che stavano sorvegliando.

“Io non voglio rimanere qui” confessò Puck dopo un sospiro,
“Nessuno di noi aveva voglia di venirci...” rispose Santana con un sorriso amaro
“No, no,”  la interruppe Noah “intendo dire...non voglio morire qui...” continuò abbassando gli occhi “...e rimanerci...” aggiunse.
“Nessuno di noi morirà” affermò sicura Quinn “non lo permetterò, ce la faremo.” termino con sguardo infuocato.
Tutti si fidavano di lei e Santana. Della prima perché era rassicurante e comprensiva, dell’altra perché era fedele e protettiva, anche se non lo dava a vedere.
“Ho una famiglia da mantenere e ho intenzione di farlo.” Disse guardando Santana che annuì convinta.
Era vero. Tutti quelli là dentro ne avevano una , anche lei, e aveva intenzione di tornarci. Voleva rivedere sua moglie, i suoi figli, sentirli provare a parlare spagnolo, voleva essere con loro a rassicurarli sul lettone quando avrebbero avuto paura dei tuoni durante un temporale, voleva esserci al loro primo giorno di scuola, ai primi fidanzati o fidanzate, voleva vedere le prime esibizioni con i Cheerios, o con il Glee, o con qualunque club avrebbero deciso di far parte.

I suoi pensieri furono interrotti da Puck,

ORE 01:57


“Guardate!” esclamò, “qui ad Est, si sta alzando del fumo!”
Eccolo. Quello che da tre mesi speravano non accadesse mai.
“Ci attaccano…” sussurrò Santana sotto shock.
Sapeva che prima o poi sarebbe successo, ma dopo tutto quel tempo aveva incominciato a pensare che non l’avrebbero più fatto, che non li avrebbero mai trovati.
Dopo pochi secondi riprese il controllo di sé stessa.
“Muoviamoci” ordinò “dobbiamo muoverci, sveglia tutti” disse al ragazzo di fianco a lei, che subito si affrettò ad eseguire l’ordine.
“Ci vogliono spingere verso Ovest, verso il quartiere di Karrada” disse Quinn notando altre nuvole di fumo che si alzavano da Sud e da Nord “abbiamo due possibilità: combattere,…”
“…o passare sotto terra…” la interruppe l’altra.
Preparavano una via di fuga alternativa da quando erano arrivati, in caso di necessità. Si trattava di un lungo tunnel sotterraneo che si incontrava in un punto con le fogne della città e che li collegava direttamente con l’altra squadra “dispersa”. Avrebbero preferito evitare, però, quel passaggio, perché era davvero molto lungo, e dopo del tempo lì dentro, poteva risultare difficile respirare, ma adesso non avevano altra scelta.
“Esattamente” confermò la bionda annuendo con sguardo truce. Si guardarono per dei secondi che sembrarono ore. Tutte e due cercavano un barlume di speranza negli occhi dell’altra. Avevano paura.
“Allora andiamo, forza!” ordinò Santana interrompendo il contatto visivo.
 

ORE 02:45

 
Era passata un’ora e mezza da quando avevano lasciato il rifugio, ma a quel gruppetto di sette persone sembrava un’eternità.
Si stavano muovendo in silenzio, ma velocemente.
Erano acquattati contro le pareti, in fila, uno dietro l’altro.
A guidare il gruppo c’erano Puck e un altro soldato di nome James, a chiuderlo Santana e Quinn.
Erano tutti quanti angosciati dalla situazione.
Avevano tutti paura, anche se non volevano darlo a vedere, lo si poteva capire dai loro passi sicuri, che a volte diventavano stentati quando un pensiero particolarmente preoccupante li passava per la mente, dalle mani che cominciavano a tremare, inesorabilmente, ogni qual volta si sentiva un rumore, dai visi, che si contorcevano in espressioni di terrore, ogni volta che il tremore alle mani produceva un rumore dannatamente inquietante per cui si aveva sempre il timore di veder sbucare da una curva un soldato nemico, pronto ad uccidere pur di salvarsi, e anche ogni volta che gli occhi si socchiudevano in un momento di rimorso, pensando a tutte le volte che si era stati costretti a farlo per la stessa ragione.

C’era stato un momento, però, in cui i soldati avevano sbarrato gli occhi e si erano sforzati di fermare il tremore delle mani, tutti e sette contemporaneamente.

-Cos’è stato?-

Chiese in un sussurro una ragazza al centro del gruppo. Sapeva che cos’era quel rumore, come tutti in quel gruppo, ma chiese conferma lo stesso, nella speranza di essersi sbagliata.

-Voci…- rispose Santana, consapevole che anche senza una risposta, la ragazza avrebbe capito lo stesso.
Come avevano fatto ad essere così stupidi? Era ovvio che avrebbero controllato ogni possibile zona di fuga, compreso il sottosuolo! E sicuramente non se ne sarebbero andati così, senza lasciare qualche trappola in giro per sicurezza.

-Quinn, dobbiamo essere più attenti, avranno piazzato qualche gran--

Ma non riuscì a finire la frase che già qualcosa stava saltando in aria, qualcosa vicino a lei.
Un fischio fortissimo le invase le orecchie, prima che il buio, la polvere, e il silenzio l’avvolgessero.

ORE 03.00
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…I will tell your story and keep you alive.

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Vi prego…non odiatemi…
*evita mattoni, stivali…*
E che…
*…forconi, coltelli…*
Finito? Volevo dire che…
*…computer, scrivanie, sedie, tastiere, mouse e webcam*
* Si nasconde in un rifugio anti-atomico*
Ok bene, come stavo dicendo, manca ancora una parte!
Sì insomma, alla fine ho notato che diventava lungo più a meno come I Promessi Sposi (riga più, riga meno…), perciò ho diviso anche “l’ultima parte” in un ulteriore “ultima parte”, quindi vi prego non uccidetemi o non saprete mai più la fine.

Avete calmato tutti gli istinti omicidi adesso?
Se la risposta è no, datemi almeno il tempo di scusarmi per il ritardo sia nella pubblicazione del capitolo che quello per le risposte alle recensioni, e per dirvi che aggiornerò tutto il prima possibile.
Ok, ora che ho detto tutto potete uccidermi tranquillamen-AAAAAAAARGGGGGGGGH!!!!!!!!!



Sbianca
Ps: grazie per chi segue, e per chi vorrà ancora seguirmi dopo questo finale di semifinale (?)
Ma cosa cazzo ho scritto?? “finale di semifinale” da dove mi è uscito? Non rispondete, vi prego, non siate volgari …

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Capitolo 4
*** Parte 4-Finale ***


Some Die Young
parte 4


Finalmente era finita, dopo quattordici mesi di agonia, la guerra era realmente e definitivamente finita.
Quattro mesi prima, le forze militari americane avevano inviato dei rinforzi in Arabia Saudita. Dopo tre mesi, con l’aiuto dei ribelli, erano riusciti ad arrivare fino in Iraq, dove avevano troncato sul nascere un attacco ad un loro team. Non avevano detto quale, e Brittany non poteva far altro se non sperare che non fosse quello di Santana.

Due settimane prima aveva ricevuto una lettera, in cui le veniva detto di presentarsi in quella base militare per il ritorno dei familiari che erano partiti per il fronte, ed ora si trovava lì, in una specie di sala d’aspetto enorme con dentro tutte le famiglie di Lima in attesa di rivedere i rispettivi parenti.

Si stava chiedendo perché avessero  scelto proprio quel luogo, per lei poco rassicurante, per far riunire tutte quelle persone, al posto di una “cerimonia di benvenuto” (o meglio, di “buon ritorno”) pubblica, quando all’improvviso vide una donna in lacrime uscire correndo dalla stanza in cui li facevano entrare uno alla volta. Si muoveva in fretta nella speranza di dileguarsi da quel luogo il più velocemente possibile. Nelle mani reggeva parecchi oggetti, ma Brittany riuscì a riconoscerne solo alcuni: le piastrine con il nome del soldato, un orologio, delle medaglie, e un altro oggetti piccolo e scintillante, che inizialmente pensò essere una collanina, ma che poi riconobbe come una fede nuziale quando cadde dalle mani tremanti della ragazza.

In quel momento capì, dunque, che li facevano entrare in quella stanza appartata, solo per poter dare l’eventuale notizia della morte di un familiare con un po’ più di tatto rispetto a come sarebbe successo in qualcosa di pubblico dove magari le famiglie che ancora non sapevano di essere in lutto, avrebbero scoperto di esserlo semplicemente non vedendo tornare la persona che avevano visto partire un anno e due mesi prima.
L’angoscia l’assalì. E se fosse successo qualcosa a Santana? Dopotutto non la sentiva da quattro mesi...
Però Quinn era tornata! Non le aveva chiesto niente della mora, solo perché non voleva interrompere il toccante momento in cui lei e Rachel si erano finalmente rincontrate. Questa era uscita in lacrime dalla stanza, con la moglie al seguito che non faceva altro che sorridere alla reazione della mora, che appena chiusa la porta si lanciò sulla bionda per abbracciarla e baciarla per cinque minuti buoni, prima che si ricordasse di essere in una sala piena di gente che le stava guardando, intenerita dalla scena.

E lei e Santana erano nella stessa squadra, quindi non poteva essere successo niente, altrimenti Quinn gliel’avrebbe detto, no?
Sì, non poteva essere altrimenti.
E se non l’avesse voluto fare perché non voleva essere lei a doverle dare questa triste notizia?
No! No! Santana era viva! 

Non fece altro che auto-convincersi di questa cosa per la successiva ora e mezza, in cui passarono, chi in lacrime di tristezza, chi di gioia, un’altra cinquantina di persone, tra cui Holly Holiday, che tornò da sua moglie, la signora Pillsbury, finché non toccò a lei.

Si alzò titubante dalla sedia, sempre cercando di pensare positivo.
“Santana è viva, Santana è viva…” si ripeteva.
Mancavano pochi passi alla porta, quando i suoi buoni propositi iniziarono ad incrinarsi, e piano piano, a sparire del tutto.
“Santana è viva, Santana è…”
Ormai aveva la mano sulla maniglia,
“Santana è…”
Si girò un’ultima volta a guardare quella stanza così fredda nonostante fosse piena di gente, sentendo gli occhi già riempirsi di lacrime senza sapere se per gioia, tristezza o confusione. Non capiva più niente. Si ricompose.
Tirò giù…
“Santana…”
 

She walks with her head in the sand
they will never die.


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Okay, se non mi avete uccisa prima, lo farete sicuramente adesso xD e vi darei pure ragione xD Io per prima odio i finali aperti (perché questo doveva essere, anche se forse non ha reso come credevo…)
Sì, insomma, nella mia testa non si capiva se lei moriva o no, poi non so cosa sia uscito fuori.
Che cosa stavo dicendo? Ah si, dunque all’inizio (intendo l’inizio-inizio), come ho già scritto, doveva essere una one-shot che finiva con Santana che moriva (qui ci vorrebbero troppe parentesi quindi dividerò in punti:)
1) DIO, PUNISCIMI PER QUESTI PENSIERI IMPURI!!!!!!;
2) da qui il titolo “Some die young”;
3) i due punti (:) con la parentesi ()) non è una faccina, è un :+);
4) neanche le cose qui sopra sono delle faccine;
5) ooooooooh :O (:) è una faccina felice da qualsiasi parte guardi!;
69) eheheh…
7) HAPPY FACE!!!!
Anyway poi mentre scrivevo mi sono venuti i sensi di colpa, quindi ho allungato un po’ il tutto e mentre svolgevo la storia non sapevo più come finirla! Perché se la facevo vivere poi non aveva senso il titolo, e se la facevo morire mi sarei odiata a vita, senza contare la furia del Brittana Fandom che mi sarei tirata dietro. Quindi ho optato per la cosa che odio di più al mondo: IL FINALE APERTO, e cosa può rendere meglio in un finale aperto, se non una porta chiusa?
Ora rileggendo sto notando che il mio commento è più lungo del capitolo… mmmmmmh… dovrei rimediare…
Perfetto!! Ora potrò andare avanti a scrivere per ore! :D (non lo farò, tranquilli)
Dunque ora siamo arrivati alla fine, quindi non mi rimane altro che ringraziare tutti quelli che hanno letto, seguito, ricordato, preferito (?) e recensito il capitolo, grazie davvero :-)
Oh! Quasi dimenticavo, ho deciso di inserire anche un po’ di Hemma nella storia. Vi state chiedendo perché? MA PERCHE’ HO UNA MENTE MALATA CHE MI FA VEDERE COPPIE LESBO DAPPERTUTTO!!!!:D YAYYYYYYYY!!!!! :DDD
Oh bè…credo che ora vi lascerò in pace :-)

Alla prossima,

Sbianca

Ps: un ringraziamento speciale a mia sorella che è riuscita a sopportare tutti i miei complessi da fan girl! Love ya, sister!!!xD

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