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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 ***
Capitolo 15: *** Capitolo 14 ***
Capitolo 16: *** Capitolo 15 ***
Capitolo 17: *** Capitolo 16 ***
Capitolo 18: *** Capitolo 17 ***
Capitolo 19: *** Capitolo 18 ***
Capitolo 20: *** Capitolo 19 ***
Capitolo 21: *** Capitolo 20 ***
Capitolo 22: *** Capitolo 21 ***
Capitolo 23: *** Capitolo 22 ***
Capitolo 24: *** Capitolo 23 ***
Capitolo 25: *** Capitolo 24 ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Prologo



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Nel vecchio ospedale non regnava  di certo la calma; infermiere e dottori correvano a destra e sinistra: dopotutto i feriti erano parecchi e si concentravano tutti su un lato dell’ospedale. L’aria era pesante e ovunque Rena si girasse vedeva sangue.
Scosse la testa forte per evitare che le lacrime le scendessero lungo le guance, era anche colpa sua se c’era quella terribile guerra, lei avrebbe potuto fare qualcosa, si sarebbe dovuta accorgere che qualcosa non quadrava. Aveva sempre pensato che fosse la stanchezza e la delusione verso la vita… il trambusto di alcuni dottori che correvano la distrasse dai suoi pensieri, adesso non poteva pensare alla guerra, era lì per un’altra ragione, una ragione molto bella.
Si sistemò i capelli  che le erano sfuggiti quando aveva scosso la testa. Li raccolse con un mollettone argento con le pietre verdi. Era il suo preferito, anche perché le ricordava un sacco di bei momenti… lo portava sempre e solo per le grandi occasioni e quella di certo lo era.
Stava per nascere suo nipote, il suo primo nipote. Non sapeva se fosse maschio o femmina, anche se sperava con tutta se stessa in una bambina, voleva crescere la figlia che non aveva mai avuto. Un ciuffo bianco le cadde davanti agli occhi e corrugò la fronte, poi si rilassò, si era dimenticata che i suoi capelli stavano diventando bianchi… un tempo erano di un nero così lucente… ma gli anni passano per tutti, purtroppo.
Non poteva dire di aver trascorso male la sua vita, c’erano stati alti e bassi, qualche errore lo aveva commesso anche lei, ma era piuttosto soddisfatta della vita che aveva vissuto. All’età di sessanta anni ci si poteva guardarsi indietro per vedere come era andata la vita… lei trovava quasi tutto perfetto, tranne sua figlia forse e quella stupida guerra.
Ora lei non sarebbe dovuta andare all’ospedale da sola per un evento così lieto. Come se non bastasse Clare, sua figlia, era stata piuttosto chiara con lei: dopo aver partorito se ne sarebbe andata lontano con suo marito, lasciandole la figlia. Non capiva cosa aveva sbagliato con lei: le aveva dato tutto l’amore possibile, le faceva avere tutto, anche se non la viziava, suo padre l’adorava… come era diventata un persona meschina e crudele non era mai riuscita a capirlo. Forse sia lei che Daniele avevano troppe aspettative su di lei… già Daniele, chissà dove si trovava ora? Adesso che il suo primo nipote stava per nascere…
Daniele era un altro suo grande sbaglio. Non si pentiva di averlo sposato o averlo amato, ma non essergli stata abbastanza vicino, avere frainteso ciò che voleva ed avergli permesso di trasformarsi nel mostro che era ora.
Ad un certo punto sentì gridare, si spaventò, le grida provenivano dalla stanza in cui c’era sua figlia… si precipitò dentro e vide che l’ora era giunta, Clare stava per partorire… andò vicino alla figlia, ma rimase in disparte non voleva avvicinarsi troppo…  non aveva mai fatto troppo parte della sua vita.
Non l’aveva invitata neanche al suo matrimonio, neanche sapeva fosse fidanzata, infatti. Magari temeva che dicendoglielo lei non lo avrebbe accettato… infatti Rena non l’avrebbe fatto, quell’uomo che aveva sposato sua figlia era meschino e avido, non le avrebbe mai permesso di avvicinarsi a lei, ma ormai quel che era fatto era fatto.
Un altro grido.
Stava davvero soffrendo parecchio… ad un certo punto la porta si aprì di scatto ed un uomo anziano entrò spaesato: Rena lo avrebbe riconosciuto fra mille, era Daniele. Era leggermente sudato e aveva gli occhi lucidi, velati da uno strato leggero di lacrime. Dietro di lui entrò Federico, un caro amico di famiglia, era come un figlio per loro. Daniele si diresse subito da Rena, la donna che aveva amato per tutta la vita, la donna a cui si era completamente dedicato.
«Rena, Rena, Clare non ha ancora partorito vedo… bene… sono arrivato in tempo… non sapevo che stavo per avere un nipote, me l’ha detto prima Federico…» disse Daniele cercando di riprendere fiato.
Rena stava per piangere, finalmente era tornato in sé, il suo Daniele, l’uomo che non aveva mai smesso di amare.
«Avevo paura ad avvicinarti in questi giorni… ma vedo che finalmente sei tornato in te…» gli confessò Rena
«Lo so che ho sbagliato e ho fatto male a tante persone, ma ora basta Rena, è finita. Porrò fine a questa storia, a questa guerra, a tutto. Smetterò di chiamare demoni per combattere contro la gente… mi dedicherò solamente a nostra nipote…»
«Come fai a sapere che sarà femmina?» le chiese Rena incuriosita.
«Una visione, ora so quello che devo fare, so qual è il mio compito… è ciò che aspettavo da una vita…» prese delicatamente le mani di Rena.
«Spero che mi aiuterai a crescere la bambina… io da sola non so se ci riuscirò…»
«Rena, amore mio, ma non hai capito? Io sto morendo… vivo solo per vedere la nascita della bambina… per trasferirle il mio potere e un grande compito: il mio tempo su questa terra è finito.» Rena si sentì come trafiggere. Morire? Daniele? E ora lei cosa avrebbe fatto? Ora le lacrime le scesero e le rigarono le guance…
 
Ecco Clare c’era quasi, stava per partorire, ma si teneva una spalla… come se qualcosa le facesse male… la bambina nacque poco dopo. Era in forma, aveva gli occhi blu e una piccola voglia sulla spalla. Quella voglia, aveva spiegato Daniele, era il simbolo del suo grande potere.
«Benvenuta alla vita, piccola mia» le disse dolcemente quando, non più fra le braccia della madre che le aveva dato la vita e poi abbandonata, era stata messa in una culla.
«Come la chiamiamo?» gli chiese Rena
«Celeste, perché ha il potere del cielo» disse Daniele, poi chiuse gli occhi e si accasciò sulla sedia. Rena spaventata urlava il suo nome, piangendo, ma era tutto inutile: era morto.

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 ***


Capitolo 1



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«Les, perché non fai qualcosa… non ti posso vedere sempre dentro questa stanza… esci, divertiti, fatti degli amici… cosa te ne importa se ti giudicano strana?” Celeste guardò Jeanette malissimo.
«Jean, sai perché non posso… non so se ti ricordi l’ultima volta che ci ho provato quello che è successo… non mi giudicano strana, mi giudicano una pazza! E gli faccio anche paura!» rispose Celeste
«Andiamo Les, sai benissimo che non sei pazza… io sono un demone, cosa dovrebbero dire di me? Che sono malvagia? No, non lo dicono, perché io mi faccio rispettare e dimostro che non è vero, cosa che dovresti fare anche tu»
«Lo so Jean, mi dispiace ma io non ci riesco… lo sai benissimo anche tu…»
«Fino a quando non ci provi non lo saprai mai» disse lei convinta
«Ma come posso farmi piacere dalla gente che pensa che io sia un mostro?» Celeste stava per piangere, il fatto di non avere amici la faceva sempre piangere…
«Celeste, ascoltami» la chiamava col suo vero nome solo quando doveva dirle qualcosa di importante, altrimenti lei era per tutti “Les”
«Non importa quello che crede la gente, chiaro? L’importante è cosa ne pensi tu di te stessa… cosa pensi?»
I grandi occhi neri di Jeanette erano quasi in contrasto con quelli color del cielo di Celeste
«Penso che io sia pericolosa, che non avrò mai amici e che faccio paura, perfino a me stessa…» Jeanette sospirò e si alzò dal letto di Celeste.
«Les, no, non è vero, sappilo.» Le lacrime bruciavano negli occhi di Celeste.
«Va bene, ma ora voglio andare a dormire… ti dispiace uscire?» mentì per restare sola.
Jeanette uscì dalla stanzetta minuscola per dirigersi verso la sua. Appena fu uscita, Celeste si mise il pigiama e si infilò dentro le coperte. Non si addormentò, però: odiava dormire, faceva gli incubi ed era sonnambula… se avesse potuto non avrebbe dormito mai più. Sentì bussare alla porta
«Avanti» disse. Entrò Federico.
«Ciao Rick» lo salutò
«Ciao Les, come va? Jean mi ha detto che avete parlato…»
«Si, ma va tutto bene, non preoccuparti…» rispose Celeste stanca
«Vedrai che un giorno avrai degli amici, ne sono più che sicuro» è questo che amava di Rick, lui pensava sempre positivo
«Grazie Rick, ma ora ho sonno…» disse con un sorriso.
«Oh, certo, buonanotte!» le disse lui uscendo dalla stanza.
Appena fu sola Celeste cominciò a piangere, finalmente ora poteva farlo. In tutti quegli anni non aveva fatto altro, la sua vita era stata una serie enorme di cose negative… pianse su tutto: la morte di suo nonno prima che lei nascesse, il fatto di essere stata abbandonata dai genitori, non avere amici, fare degli incubi terribili… odiava tutto ciò, odiava la sua vita; non era forte abbastanza per reggere tutto quello che le era capitato, poi aveva solo dodici anni, cosa sarebbe successo in seguito? Avrebbe dovuto continuare a piangere tutte le notti fino alla sua morte? Non avrebbe potuto sopportarlo…
Con gli occhi gonfi e rossi, quella sera, si addormentò…
 
“Ciao, Celeste” disse una voce familiare. Era una specie di voce guida in tutti i suoi sogni, c’era sempre
“Oh ciao” rispose Les
“Sono qui per farti una rivelazione, sei pronta a sentire? Probabilmente ti sconvolgerà…” disse la voce
“Oh, tanto sono sicura che peggio di così nella mia vita non possa andare” rispose lei affranta
“No, hai smesso di soffrire, quello che ti capiterà adesso saranno solo cose belle.”
“Lo spero proprio” Les si soffermò a pensare. Questo sogno era diverso da tutti gli altri. Non c’era nulla attorno a lei, solo bianco, lei fluttuava in questo mare con la voce che le parlava. Poco dopo si materializzò un uomo. Un anziano, sugli ottant’anni circa, con i capelli bianchi, gli occhi luminosi cerchiati da alcune rughe e un sorriso radioso. Anche lui sembrava fluttuare in quel nulla in cui erano avvolti
“Celeste, finalmente ci incontriamo… non sai da quanto tempo aspettavo questo momento, finalmente è giunta l’ora di svelarti tutto… finalmente scoprirai chi sei davvero e perché hai dovuto soffrire tanto… sei felice?” lo era? A dire il vero era solo un po’ spaventata…
“Chi sei? Sono sette anni che ti sento parlare nei miei sogni… posso sapere chi sei?” chiese sulla difensiva
“Certo che puoi sapere chi sono, sono Daniele, sono tuo nonno.” a quell’affermazione Les rimase scioccata, suo nonno? Ma lui non era morto? Cosa ci faceva sul suo sogno? Doveva fidarsi? O era solo un altro dei suoi incubi?
“Dimostrami che sei veramente lui… dammi una prova, un qualcosa, dimmi una frase… io mio nonno non l’ho conosciuto, non posso sapere se sei veramente tu” disse Les decisa. Un po’ però le assomigliava: i lineamenti dl volto, la forma degli occhi… ma Les voleva prove vere, non semplici somiglianz.
“Sulla tua spalla destra c’è una voglia color caramello dalla forma allungata, non è vero?”
“Si…” rispose lei toccandosi istintivamente la spalla
“Bene, guarda, ce l’ho anche io…” disse lui e scostò la maglietta in modo tale che si vedesse. Era identica a quella di Les.
“Inoltre sono mancino, proprio come te… Ora mi credi?” chiese lui
“Si… penso di si…” rispose lei titubante
“Bene, allora vai incontro al tuo destino, svegliati Celeste, svegliati!”
 
Celeste, come se la voce avesse fatto effetto si svegliò all’improvviso. Si trovò a camminare fuori dal collegio, sul precipizio di un burrone, tentò di gridare, scappare, ma fu tutto inutile, era troppo tardi.
Una voce la stava chiamando.
«Les, Les, cosa stai facendo, fermati!» Rick probabilmente, ma non ne era sicura…
Celeste si sentì precipitare, sbattere violentemente la testa su alcune rocce, per atterrare su una sporgenza poco più in là, le ossa le facevano male, era tutta dolorante… tossì e sputò sangue, vide qualcuno arrivare, gridarle qualcosa, tenderle le mano… ma Les era stordita e non capiva bene… non riusciva più a muovere un braccio e le faceva molto male… cercò di alzarsi in piedi, ma invano vide qualcuno chinarsi giù dalla sporgenza per prenderla…  poi il buoi la inghiottì e svenne.

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 ***


Capitolo 2



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Quando si svegliò Les venne presa da un dolore fortissimo alla testa. Si guardò intorno, non era nella sua stanza… era in una grande camerata e aveva una fasciatura sul braccio… ora si ricordò tutto. Era in infermeria, dato che l’ultima volta era caduta in quel burrone… probabilmente Rick l’aveva portata lì per farla curare. Fece per andarsene, ma poi notò che c’era anche un’altra ragazza nella stanza. Era più grande di lei, aveva il polso fasciato e la guardava curiosa con due grandi occhi marroni.
«Ciao» le disse cortese.
«Ciao» rispose Les un po’ titubante.
«Io mi chiamo Rachel. Tu sei?» disse la ragazza senza smettere di sorridere. Les allungò la mano che non era fasciata e la porse alla conoscente.
«Io mi chiamo Celeste, ma puoi chiamarmi Les» le due ragazze si strinsero la mano. Fu in quel momento che Les lo sentì. Stringendo la mano alla ragazza sentì tutto umido, ma quando si controllò la mano era asciutta. Davvero non capiva cosa potesse essere successo…
«Come vedi, io sono qui perché a ginnastica mentre correvo sono inciampata e sono caduta sul polso. So di essere idiota, ma odio fare ginnastica… mi fa proprio schifo. Cioè si suda, ci si stanca… a che scopo mi chiedo io?» Les trattenne l’impulso di ridere. Quella ragazza era davvero buffa, parlava agita, molto velocemente e gesticolava con le mani.
«Cioè, tu non pensi che la ginnastica sia uno spreco di tempo? La trovo davvero la cosa più brutta che ci obbligano a fare…»
«Rachel, non ci posso credere, non ti starai ancora lamentando, vero?» disse in quel momento una ragazza identica a Rachel che stringeva la mano di un ragazzo.
«Diana, non stavo facendo nulla. Stavo solo raccontando a Les come mi ero fatta male.» disse guardandola mentre sorrideva.
«Piacere Les, sono Diana e lui è Douglas, il mio ragazzo. E Rachel… come avrai forse già capito guardandoci, è mia sorella gemella» disse voltandosi verso Les e stringendole la mano. Come era avvenuto per la sorella la mano di Les divenne molto umida, ma quando la guardò era asciutta, cosa stava succedendo?
Anche il ragazzo le strinse la mano. Quando lo fece Les sentì come dei granellini di sabbia fra le dita, ma quando si guardò le mani non vide di nuovo nulla. Era sempre più strana… non capiva davvero cosa le stesse succedendo…
«Allora, Les?» tutti e tre i ragazzi la guardavano con aria interrogativa
«Oh, io… mi sono distratta un attimo…» disse cercando di trovare una scusa «Cosa… cosa dicevate?» chiese confusa
«Ti stavamo dicendo se sabato hai voglia di venire a dormire nella nostra stanza… sai noi abbiamo un letto in più… potremmo diventare amiche» disse Rachel con un sorriso a 32 denti. Purtroppo quando Les sentì dirsi questo il sangue nelle sue vene gelò. Lei non poteva dormire con altri, se avesse avuto degli incubi e avesse gridato? O se peggio ancora avesse fatto loro del male? Fortunatamente in quel momento entrò Rick e la salvò dal dare una risposta.
«Les, ti sei ripresa, finalmente!» le disse appena la vide
«Si, Rick, mi sento meglio…» disse Les
Gli altri si guardarono strani, per loro lui era il rettore Federico, non Rick, il quasi padre, come per Les
«Rick, posso tornare nella mia stanza?» chiese Les
«Sicuro… ma perché?» le chiese lui.
«Oh, nulla è solo che… avrei delle cose da chiederti… da sola…» aggiunse sottovoce.
«Ok, va bene, aspettami lì» rispose lui serio.
«Ehi, per quanto riguarda il nostro invito cosa farai?» le chiese Rachel
«Ehm… vi farò sapere, non preoccupatevi» disse Les tornando in camera sua. Dopo un po’ arrivo Rick
«Les… cosa volevano oggi da te Rachel e Diana?» chiese preoccupato
«Oh, nulla, volevano invitarmi a dormire con loro sabato, ma devo pensare ad una scusa per dirgli di no…» disse con un tono che non sembrava molto interessato. Les voleva parlare con lui di altro… qualcosa di molto più urgente.
«Secondo me sbagli, dovresti andare da loro… insomma Les, prima ti lamenti di non avere amici, poi quando ti si presenta l’occasione la sprechi così?» la rimbeccò lui
«Oh, senti Rick, non lo so… ma non è di questo che volevo parlarti ora… cosa sai dirmi di mio nonno?» gli chiese decisa
«Tuo nonno?» Rick era molto sorpreso da quella domanda
«Beh… lui era un uomo molto intelligente, nonostante quello che ha fatto… alla fine si è pentito di tutto il male che ha causato e il suo sacrifico ne è la prova… inoltre tu gli assomigli molto. Avete gli stessi occhi… poi siete tutte e due mancini e avete la stessa voglia sulla spalla… ma perché ora mi chiedi di lui?» Les gli raccontò tutto, del suo strano sogno, della particolare sensazione che aveva quando stringeva la mano alle persone… anche Rick era piuttosto sbalordito.
“Les, non so proprio cosa dirti…” disse lui accarezzandole la guancia, lei annuì tristemente. Quella notte, dopo essersi addormentata sognò di nuovo suo nonno.
 
“Ciao piccola mia” le disse lui
“Ciao… ehm… nonno…” disse lei un po’ titubante
“Oh, allora adesso ti sei convinta che sono davvero io?” disse lui con un sorriso sulle labbra
“Si… ho parlato con Rick…”
“Ah, Federico, che bravo ragazzo lui… hai visto cosa hai fatto oggi? Quando hai toccato le mani di quei ragazzi…” disse
“Si… infatti ti volevo chiedere se sapevi cosa significava tutto ciò…” chiese Les spaventata della risposta che avrebbe potuto ricevere
“Non ancora, mia piccola Celeste, non ancora. Come ti ho già detto arriverà un tempo in cui saprai tutto… ma ancora questo tempo non è arrivato. Ci sono… degli obiettivi che devi raggiungere per arrivare alla conoscenza di te e di ciò che rappresenti…”
“E come faccio a sapere quando ho raggiunto questi obiettivi?” chiese lei confusa
“Oggi ne hai raggiunti molti, ma posso darti una specie di compito… sempre se vuoi accettare…”
“Questo mi aiuterà a non provare più dolore e a non avere più incubi?”
“Sicuramente ti aiuterà ad essere una persona migliore e ad accettare te stessa per ciò che sei…” non era proprio la risposta che lei si aspettava, ma era pur sempre un inizio…
“Ok, cosa devo fare?” chiese decisa
“Innanzitutto io accetterei l’invito di quelle due ragazze… sembrano così’ cortesi con te, no? Poi chiedi anche a Rick se ha qualcosa di mio… tipo un diario o un qualcosa di simile, ma non dirgli che sono stato io a dirti questo… va bene?” veramente a Les non andava bene, odiava farsi comandare… ma quelle visioni, la strana sensazione del giorno… doveva assolutamente scoprire cosa c’era dietro… lo doveva a se stessa.
“Va bene, lo farò”

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 ***


Capitolo 3



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«Siamo felici che tu abbia accettato il nostro invito.» le dissero le gemelle quando le incontrò.
«Grazie a voi per avermi invitato.» rispose Les felice. Era convinta che suo nonno non glielo avrebbe mai detto se si fosse trattato di qualcosa che sarebbe finito male…
Dopo aver parlato con Rachel e Diana, andò da Rick, per chiedergli del diario di suo nonno.
«Diario?» ripeté Rick come se dovesse ricordarsi di qualcosa. Frugò nel suo studio fra le cartacce che aveva sulla scrivania, poi passò a setacciare i cassetti.
«Mi sembra che tuo nonno mi abbia lasciato un suo diario poco prima di morire, dicendomi che avrei dovuto custodirlo… dove l’avrò messo?» si chiese impaziente. Continuò a cercare fino a quando non lo trovò, era nell’ultimo cassetto della sua scrivania, sepolto da cartelle e altre carte.
«Eccolo.» le disse porgendoglielo. Lo osservò attentamente: aveva la copertina marrone, era molto grande e pesava parecchio, ma la cosa che di più colpì Les fu il grande lucchetto posto al lato del diario, in modo tale che non si riuscisse ad aprire.
«Come mai ora ti interessi alle cose di tuo nonno?» le chiese Rick vagamente preoccupato.
«Ho fatto un sogno strano.» rispose semplicemente lei.
«Che tipo di sogno?» insistette lui.
«C’era una battaglia e mio nonno combatteva. Poi mi sono ricordata che la nonna da piccola mi parlava sempre di un diario che il nonno scriveva, prendendo appunti su tutto ciò che scopriva.» Les non aveva propriamente mentito: spesso sognava la passata battaglia, partecipando nel corpo di qualche ignara persona ai combattimenti cruenti e poi sua nonna le aveva parlato sul serio del diario.
«Come si apre?» chiese a Rick mostrandogli il lucchetto.
«Non lo so. Come puoi ben vedere non ci sono serrature e non so proprio cosa potrebbe far scattare il meccanismo di apertura.» parlava come se lui avesse già provato ad aprirlo, in passato.
«Grazie lo stesso, Rick.» disse Les uscendo dal suo ufficio.
«Les?» la chiamò lui all’ultimo minuto.
«Si?» chiese lei. Gli occhi marroni di Rick scrutarono quelli celesti come il cielo di Les. Lei sapeva di non potergli mentire, era quasi come un padre per lei e a dire le bugie non era stata mai tanto brava…
«Spero che tu sappia cosa stai facendo.» detto questo la congedò dal suo ufficio.
 
Più tardi Les ripensò alla conversazione con Rick: era ovvio che lui non si era bevuto la storia dei sogni e del ricordo, ma lei, per quanto lo desiderasse, non poteva ancora parlargli degli strani sogni e di suo nonno. Quella sera cercò di prendere sonno il più in fretta possibile per poter parlare con suo nonno. Aveva molte cose da chiedergli, per esempio come si apriva la serratura del diario, quando avrebbe potuto raccontare la verità a tutti… Eppure quella notte suo nonno non venne fra i suoi sogni.
Les, avvolta nel torpore delle coperte, sognò la vecchia casa in cima alla collina di sua nonna, il venticello leggero che soffiava in continuazione, la grossa croce al lato della casa per scacciare gli spiriti maligni e l’aglio appeso alle finestre che sua nonna metteva sempre con la scusa che “protegge dai demoni cattivi”.
Sognò di aprire la porta dell’ingresso ed entrare in quella casa dal profumo a lei così familiare, anche se stranamente vuota. Invece di chiamare sua nonna andò al piano di sopra, nella stanza in cui dormiva da bambina. Aprì il grande armadio da parete, ma non vi trovò nulla al suo interno, allora attraversò la stanza per andare ad aprire la finestra. Il vento continuava a tirare, come se le volesse dire qualcosa, come se la volesse avvisare di un pericolo imminente, ma Les non capiva le sue parole; al contrario, aprì le braccia e si mise in piedi sul davanzale. Il vento si era trasformato in una bufera che le gridava “Scendi! Scendi!”, ma lei non sentiva, in preda a chissà cosa. Si sentiva felice e al caldo, poi lo fece. Con un solo passo cadde dalla finestra mentre sentiva il vento chiamare il suo nome.
 
Les si svegliò di soprassalto, come se fosse caduta nel sogno. Si ritrovò nel suo letto con il cuore che le batteva forte, gettò uno sguardo fuori dalla finestra e vide la luce del sole entrare della finestra della sua stanza. Era sabato, perciò non aveva lezione, inoltre quella sera sarebbe andata a dormire da Rachel e Diana. Cercò di non pensarci e si diede da fare con un sacco di cose: fece i compiti che aveva per lunedì, si fece un lungo bagno caldo e si pettinò per bene i capelli, fino a quando Jean non la venne a chiamare per il pranzo; il sabato e la domenica mangiavano sempre insieme.
Durante il pranzo, parlarono del più e del meno, Jean si complimentò con Les per aver accettato l’invito delle due ragazze e trascorsero insieme un’oretta piacevole. Finto di mangiare Les si offrì di sparecchiare e di lavare i piatti per tenere la mente occupata, quando finì iniziò a leggere un libro di storia. Quando terminò il libro (era piuttosto corto) cercò di addormentarsi per sognare suo nonno e chiedergli qualche consiglio, ma non ci riuscì, anche perché non riusciva mai ad addormentarsi di pomeriggio. Alle sette era pronta per andare nella stanza di Diana e Rachel; si fece dire da Rick quale era e si avviò.
«Benvenuta.» la accolse Rachel aprendole la porta. La loro stanza era molto diversa da quella di Les: era formata da due stanze aperte l’una sull’altra e un piccolo bagno nella camera da letto.
«È molto bella la vostra stanza.» disse Les mentre si guardava in giro.
«Grazie.» le rispose una sorridentissima Diana uscendo dalla camera. Parlarono della scuola, dei loro voti, degli insegnanti, delle materie che studiavano (con un approfondito resoconto del perché la ginnastica era una materia inutile secondo Rachel), dei loro compagni di classe dei loro amici. Quando Diana parlò di Douglas e del fatto che fosse il suo ragazzo il volto di Rachel si rabbuiò e così cambiarono argomento. Che ci fosse stato qualche problema di cuore fra le gemelle? Quando, molto tardi, venne l’ora di andare a dormine sistemarono tre sacchi a pelo per terra e vicine presero sonno. Les voleva cercare di restare sveglia, per evitare di terrorizzare qualcuno con i suoi incubi, suo malgrado fu la prima ad addormentarsi, anche troppo velocemente. Sperava di sognare suo nonno, invece quello che accadde quella notte le cambiò la vita per sempre.
 
Non sapeva dire di preciso cosa fosse, un fantasma, forse? Fluttuava fra i corridoi della scuola senza trovare nessuno, guardò fuori dalla finestra e vide la luna, ecco perché le sembrava tutto così silenzioso, era notte. Sentì un rumore di una serratura, la porta si aprì e entrarono due persone. Anche se erano molto più giovani Les li riconobbe all’istante: erano Rick e Jean. Probabilmente era la prima volta che mettevano piede nella scuola, prima che loro due si sposassero, prima che decisero di aprire una scuola… parlarono di come quel posto era perfetto per le loro aspettative e la scena cambiò immediatamente.
Ora erano nel giardino interno, intenti a festeggiare il loro matrimonio. Jean era bellissima tutta vestita di bianco e con un bouquet di rose, mentre Rick era elegantissimo in uno smoking nero. Les scorse anche se stessa nella folla: aveva un piccolo abito bianco e teneva la mano di sua nonna, che indossava uno splendido abito verde smeraldo. Vide tutta la cerimonia e pensò che magari suo nonno le aveva mandato quel sogno per farle ricordare qualcosa di importante che era successo quel girono, ma non era così.
La scena passò e Les era ancora ferma lì, nel giardino in cui era stato celebrato il matrimonio. Capiva che qualcosa intorno a lei si muoveva, che la scuola veniva formata, arrivavano gli alunni, arrivava lei… allora perché non si spostava da lì? Rimase a fissare l’unica cosa interessante del giardino: un mosaico fatto nel pavimento che rappresentava l’acqua, il fuoco, la terra, l’elettricità e l’aria. Il disegno era molto soggettivo, sembrava quasi muoversi in una ruota perfetta… poi si rese conto che non era la sua immaginazione, il mosaico si stava muovendo sul serio! Vide uscire fuori una creatura terrificante, fatta di fumo e con due grossi occhi gialli che galleggiavano. In qualche modo sentì che a creatura stava sogghignando davanti a lei, che potesse vederla? O forse era solo il fatto che era finalmente libera? La creatura si mosse e Les la seguì, anche se non voleva; le sue gambe sembravano dotate di forza di volontà…
Vide che andava in cerca di qualcosa, o meglio di qualcuno, la vide andare in tutte le camere della scuola per trovare la persona che stava cercando, fino a quando si fermò, in infermeria. Sorrise di nuovo e si incamminò dentro, fino a raggiungere quattro ragazzi che parlavano, si stava avvicinando sempre di più quando qualcosa la bloccò. Rick era appena entrato in infermeria e stava parlando con una persona. Les si accorse che la persona con cui Rick voleva parlare era lei… che allora il demone avesse intenzione di uccidere lei?
Ci fu ancora un salto nel tempo fino ad arrivare a quella sera, quando si era addormentata dalle gemelle. Vide il demone attraversare la porta senza aprirla e sorridere di nuovo vedendo il suo corpo a dormire beato. Per qualche strane ragione Les sentiva che le cose accadute in quel momento erano reali, che doveva svegliarsi, altrimenti non sarebbe riuscita a vivere… cominciò ad agitarsi nel sonno, ma la creatura non ci faceva caso. Si avvicino sempre più vicino a lei: Les sapeva che doveva svegliarsi, lo sapeva, se non voleva morire, doveva farcela.
 
Finalmente si svegliò. E lo vide. Davanti a lei, come in un incubo il mostro la stava avvolgendo, con gli occhi gialli che brillavano di compiacimento. Quando Les si svegliò, lui ritrasse quelle che forse erano mani e lei urlò fortissimo, fino a farlo andare via. Le gemelle si svegliarono e cercarono di calmarla, ma lei continuò ad urlare. Andarono a chiamare Rick e Jean e quando finalmente li vide Les riuscì a capire tutto. Il suo sogno, suo nonno, ciò che aveva visto, la creatura.
«È un portale, è un portale!» gridò. Prese Jean e Rick per le mani e li portò nel cortile interno.
«È un portale!» ripeté di nuovo indicandogli il mosaico.
«Les, cosa stai dicendo?» chiese Rick preoccupatissimo. Allora Les raccontò tutto, descrivendo l’orribile creatura che, ora ne era certa, era un demone.

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 ***


Capitolo 4

 

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Dopo quello che era successo quel sabato sera la scuola era totalmente cambiata: molti studenti erano stati fatti tornare dalle loro famiglie e quelli che non l’avevano erano in attesa di essere smistati in vari orfanotrofi. Tutti gli studenti maggiorenni vennero lasciati liberi di andare perché avevano raggiunto ormai l’età stabilita dalla legge per andare a vivere da soli. La scuola non era più ritenuta un posto sicuro perciò, una volta spediti tutti gli studenti a casa, Les, Jean e Rick si sarebbero dovuti trovare un’altra abitazione.
«Mi dispiace per ciò che ti è successo.» le disse Rachel abbracciandola mentre le spiegava la faccenda dei sogni e di suo nonno.
«Grazie, lo apprezzo molto, davvero.» sentiva di aver stretto un legame molto più profondo con lei che con Diana. Rachel era più spontanea, più intuitiva, più giusta, più coraggiosa… Diana era molto forte e allo stesso tempo molto sensibile, infatti non riusciva a sopportare tutto questo e piagnucolava fra le mani del suo fidanzato. A quanto pare erano tutti e tre orfani. Rick e Jean erano molto stressati in quel periodo, di certo non immaginavano che un giorno avrebbero dovuto chiudere la loro scuola, i loro sogni, le loro passioni… ma era troppo tardi, per tutto.
Les vide una ventina di ragazzi orfani che venivano fatti salire su un piccolo autobus che li avrebbe condotti in un orfanotrofio. Sperava proprio che i suoi amici non ci finissero perché, nonostante Rick le aveva detto che non erano tanto male come posti, lei non ci credeva; li avrebbe portati tutti con sé, se avesse potuto.
Nella scuola erano rimasti solo una cinquantina di studenti che stavano preparando le loro cose per partire. Fra di loro Les ne scorse due che facevano molto baccano, andò da loro a controllare che tutto fosse a posto.
«Tutto bene?» chiese a uno dei due. Era magro, con i capelli lunghi e folti e gli occhi di un color nocciola intenso.
«Certo.» rispose lui, anche se la voce sembrava dire il contrario. Stava bisticciando con uno spilungone dal naso lungo e i capelli biondo cenere sparati in aria, come se avesse preso la scossa. Gli occhi erano dello stesso colore dell’amico.
«Sicuro?» insisté Les. Lui le lanciò uno sguardo di fuoco, quando impallidì all’istante.
«I tuoi occhi…» disse con un misto fra la sorpresa e qualcosa che Les non riuscì a capire bene, ma che le parve ammirazione.
«Sono bellissimi.» concluse per lui l’amico.
«Guarda che l’ho vista prima io!» urla il castano.
«E con ciò? Non sai che al cuor non si comanda?» scoppiano di nuovo a litigare e Les non capì nemmeno per cosa litigavano.
«Scusate, io sarei ancora qui.» disse cercando di far tornare quei due alla normalità.
«Thomas.» disse il castano porgendogli la mano. Les gliela strinse e sentì qualcosa bruciare tra di loro, ma quando ritirò la mano vide che non c’è nulla.
«Jim.» si presentò l’altro. Les strinse pure la sua di mano, ansiosa di scoprire se anche questa stretta di mano avrebbe provocato l’effetto della precedente…
«Ahi!» disse lei mentre ritraeva la mano «Mi hai dato la scossa!».
Tutti risero dell’accaduto e iniziarono a parlare. Les scoprì che loro due avevano tredici anni, uno in più di lei, che erano amici d’infanzia e che anche i loro genitori erano morti insieme. Le raccontarono del villaggio in cui vivano, piccolo, in un’ampia vallata e un grande lago in cui tutti imparavano a nuotare. Era strano come Les, che non aveva mai avuto amici, adesso stava facendo crescere delle conoscenze in profonde amicizie.
Ma si sa, a volte la vita è strana di suo.
 
“Nonno?” chiamò Les vedendoselo davanti.
“Celeste.” disse lui “È sempre un piacere vederti.”
“Credo che tu mi debba spiegare molte cose… a cominciare da questo fatto che sento cose strane quando tocco le mani delle persone. Non mi sembra normale.” Gli disse come se volesse cercare di trovare una spiegazione mente parlava. La verità è che la cosa le sembrava più assurda ogni volta che ci pensava e aveva paura di sapere dove andasse a parare quel discorso…
“Questo è facile, puoi leggerlo nel mio diario” disse lui con molta naturalezza.
“Intendi quello che bloccato che non so come aprire?” chiese Les seccata. Era stanca di avere tante domande senza risposta.
“Domani mattina leggerai tutto. Non c’è altro che vorresti chiedermi? A proposito di un certo demone, magari?”
“Chi è quel demone, nonno?”
“Ora arriva la parte più brutta: spiegarti cosa ci faccio nei tuoi sogni e perché tu sei diversa”
“Io non sono diversa!” disse Les offesa.
“Certo che lo sei., sei speciale per questo e mi rammarica molto il fatto che tu non voglia accettarlo. Spero solo che con il tempo tu ci riesca. Comunque tornando al discorso di prima, quel demone che hai visto sarà quello che tu dovrai uccidere. Per farlo avrai bisogno di tutto l’aiuto disponibile, delle persone che hai conosciuto: Rachel, Diana, Douglas, Thomas, Jim, Jean, Rick… sono solo alcune delle persone che ti aiuteranno. Tutto questo non basterà, perché avrai bisogno di tutta la tua forza, avrai bisogno di usare la tua magia.”
“No!” urlò per contraddirlo. Era proprio questo che Les temeva di più, usare la magia significava ammettere a se stessa che lei era davvero un mostro.
“Perché no?” chiese lui. Per la prima volta sembrava davvero a disagio e preso alla sprovvista.
“La magia ti ha fatto uccidere, la magia uccide tutti noi! Ha fatto scatenare una guerra, ha fatto sì che dei demoni salissero in superficie… la magia è sbagliata e non va mai usata.” Suo nonno sembrò dispiacersi davvero per le parole della nipote.
“È tutto scritto. Non c’è nulla che tu possa fare, spero solo che un giorno riuscirai ad apprezzare la magia per quello che è, non per quello che gli altri inducono a credere.” Detto questo per quella notte sparì dal sogno di Les.
 
Quando si svegliò si accorse di essere sola. Rick e Jean non c’erano e ipotizzò che stessero lavorando per aiutare gli alunni e scovare il demone. Ricordò il sogno della notte precedente e prese il diario di suo nonno, che aveva nascosto sotto il suo letto. La serratura era sparita e si poteva leggere come un diario normale. Iniziò a leggere, vide che la scrittura di suo nonno era molto simile alla sua: lineare, non formale, senza troppi fronzoli, ma allo stesso tempo chiara e precisa.
Il diario era un resoconto della magia parlava dei diversi tipi che esistevano, partendo da una leggenda secondo la quale tutti gli esseri umani erano dotati di magia. Magia buona, magia bianca, con cui facevano del bene e annientavano i demoni: tremende creature che abitavano le viscere del pianeta che erano dotati di magia nera. Ovviamente la magia bianca trionfava su quella nera, perché era pura, era originaria, nata dalla bontà degli uomini. Un giorno un gruppo di essere umani, stanchi di combattere i demoni e volendo un potere da usare per loro stessi, invece che per l’umanità, si allearono con i demoni. All’inizio sembrò andare tutto bene, ma piano piano videro i loro poteri indebolirsi; si stavano trasformando in creature umane che usavano la magia nera. Iniziarono anche ad accoppiarsi con i demoni e i loro figli erano umani, con poteri molto limitati. Coloro che avevano la magia bianca e quella nera riuscivano a dominare tutti gli elementi esistenti più qualche caratteristica speciale, mentre questi ibridi riuscivano a controllare solo un elemento. Sempre più esseri umani passarono dalla parte dei demoni, facendo sì che nel mondo apparisse gente che sapeva controllare solo un elemento o, peggio, gente che non riusciva a controllare la magia. Con il passare degli anni, i pochi esseri magici sopravvissuti decisero di accoppiarsi solo con altri esseri magici, per preservare quel minimo di magia che era rimasto. Così si crearono delle caste e l’unica famiglia in cui si tramandava la magia bianca cominciò a dominare sulle altre.
Gli esseri dotati di magia in questo mondo stavano scomparendo, proprio come stava scomparendo la magia.
 
Les chiuse di scatto il diario. Aveva letto solo poche pagine e già era molto confusa: conosceva già l’origine della magia poiché quella storia l’aveva letta anche a scuola, ma di certo non si sarebbe mai immaginata che la stirpe magica fosse destinata a finire.
Sospirò rumorosamente e continuò ad immergersi nella lettura del libro, dopo la leggenda suo nonno aveva lasciato un paio di pagine bianche, per poi cominciare con un nuovo argomento: “Descrizione dei poteri e la loro influenza sul carattere”.

 


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Capitolo 6
*** Capitolo 5 ***


 Capitolo 5

 

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Les stava ancora leggendo il diario di suo nonno. La nuova parte che aveva da poco iniziato, presentava, oltre che alla descrizione, dei disegni che Les non capiva bene: spesso erano dei cerchi colorati di varie tonalità dello stesso colore, delle linee che attraversavano il corpo umano e delle aree del cervello colorate in maniera diversa.
La prima descrizione era quella dell’elemento del fuoco. Diceva che era un elemento molto difficile da controllare perché ribelle e sfuggente, che spesso aveva causato problemi a molti. Poi arrivò la parte che Les preferiva di più, quella dell’associazione del carattere: c’era scritto che le persone influenzate da questo elemento erano forti, decise a non farsi comandare, con un grande spirito combattivo e dotati di moltissima forza di volontà. L’animale che era loro associato era il leone, simbolo della forza fisica e mentale, il colore il rosso, proprio come il fuoco.
Poi venne il turno di analizzare quelli della terra. Les saltò la parte descrittiva e passò subito a quella caratteriale; non si sarebbe mai immaginata che questa descrizione le sarebbe così tanto piaciuta… per un momento sentì che anche lei avrebbe voluto possedere una di quelle magie, per potersi identificare in ciò che era scritto.
Coloro che avevano il possesso dell’elemento della terra erano persone calme e tranquille, che non perdevano mai le staffe e che riuscivano a gestire al meglio ogni situazione, grazie all’uso della ragione. Erano creature non molto forti nei combattimenti ravvicinati, ma micidiali in quelli a distanza. Il loro animale associato era la tartaruga, perché era il simbolo che la lentezza e la precisione erano l’unico modo per arrivare alla perfezione. Il loro colore era il marrone.
Les vide che i prossimi cui toccava essere descritti erano quelli dell’acqua. C’era scritto che erano persone vispe e vivaci sempre allegre anche nella difficoltà e capaci di far venire il buon umore a tutti. Nonostante fossero persone molto allegre, erano anche quelle meno inclini al perdono: erano molto orgogliosi e si portavano il loro dolore dietro per sempre, ma nascondendolo a tutti tranne che a loro stessi. Gli piaceva molto di più usare l’istinto piuttosto che la ragione ed erano quelli che riuscivano a provare una più vasta gamma di sentimenti rispetto a tutti. Il loro animale era un delfino, simbolo della vivacità e il loro colore l’azzurro.
Les pensò che sicuramente lei non possedesse l’acqua, non si rispecchiava per niente in quelle caratteristiche! Di sicuro non possedeva neanche il fuoco, poiché non era per niente forte o coraggiosa e quello che per il momento la rispecchiava di più era la terra. Che avesse proprio quello? Lanciò una rapida occhiata all’orologio e vide che era mezzogiorno. Valutò le pagine che aveva ancora da leggere e decise che ce la poteva fare entro un’ora e mezza, prima di pranzo.
Il diario poi trattava di quelli dell’elettricità: diceva che erano persone simpatiche e scherzose, ma che fossero molto brave a nascondere i loro sentimenti, perciò era difficile capire ciò che stavano pensando veramente. Inoltre, non volevano conoscere il dolore, per loro la vita era tutta rosa, gli incidenti che potevano capitare erano solo delle prove cui la vita sottopone tutti e secondo come sono superate, si traccia la personalità. Erano creature che non amavano molto il giorno e preferivano uscire di notte, con la luna e le stelle come unica luce. Spesso avevano poche persone a cui erano veramente affezionati. Il loro animale era un gufo, che rappresentava la notte e il loro colore il giallo.
La descrizione successiva riguardava chi possedeva il vento. Delle persone veramente semplici, che si accontentavano delle cose primarie e che odiavano tutto ciò che è superfluo. Amavano solo poche persone e soltanto con loro si aprivano veramente, verso tutti gli altri erano diffidenti. Amavano viaggiare e non avevano un posto fisso, la loro casa era solo dove c’erano le persone a cui volevano bene. Il loro animale era l’aquila, simbolo di libertà e il loro colore, il verde.
Successivamente erano riportate le descrizioni dei caratteri di chi possedeva la magia bianca e nera e Les pensò che magri per questi era necessario leggere anche la descrizione dei poteri, dato che non riusciva proprio a capirlo.
Prima veniva la magia nera: c’era scritto che chiunque avesse questo potere, riusciva a controllare tutti gli elementi. Stranamente solo questa frase forniva la descrizione del potere, tutto il resto era destinato alla descrizione del carattere. C’era scritto che coloro che possedevano questa magia non erano persone malvagie, anzi, spesso erano quelle che avevano l’animo più puro di tutti. Erano contro ogni debolezza e lottavano affinché la codardia e la menzogna sparissero dalla terra. Il loro animale associato era cerbero, il cane infernale a tre teste, mentre il loro colore era il nero.
Les passò a leggere della magia bianca: anche su questa c’era una breve descrizione dei poteri. Il diario diceva che coloro che avevano la magia bianca erano persone speciali, più uniche che rare, dato il modo in cui la magia veniva tramandata. Questa persone, dotate di una forza straordinaria, spesso erano miti, pronte a sacrificare la propria vita per gli altri senza paura, capaci non solo di controllare tutti e cinque gli elementi, ma anche di fare magie che nessuno si sognerebbe di fare. Il loro animale associato è la fenice, capace di risorgere dalle ceneri, mentre il loro colore è il bianco.
«Les!» qualcuno la stava chiamando dalla cucina.
«Les, sono quasi le due, perché non hai ancora mangiato?» le chiese Jean piuttosto preoccupata.
«Ehm… ero occupata in una lettura piuttosto interessante…» le rispose.
«Davvero? Cosa leggevi?» chiese Rick entrando in quel momento.
«Il diario del nonno. Volevo vedere se c’era qualcosa riguardante i demoni, se avesse appuntato qualcosa per sconfiggerli, invece mi sono trovata davanti ad un’interessante descrizione dell’influenza dei poteri sul carattere di una persona.» anche Les faticava a credere alle parole che aveva detto. Lei, che da sempre aveva disprezzato la magia e tutto ciò che ne parlava adesso la definiva addirittura interessante…
«E cosa diceva su coloro che hanno il potere dell’acqua?» chiese Jean divertita. Les sapeva che lei possedeva un potere, ma non sapeva che fosse quello dell’acqua.
«Dice che sono persone vivaci e allegre, testarde, orgogliose e che non si arrendono mai.» ricordò Les. Jean scoppiò a ridere mentre disse che aveva proprio indovinato.
«Tuo nonno è sempre stato più interessato a questi aspetti, piuttosto che alla magia stessa, sai?» commentò Rick.
«E tu che potere hai?» gli chiese Les.
«Rick ha la magia nera.» rispose Jean.
«Davvero? Allora devi essere fortissimo! Nel libro dice che sai controllare tutti gli elementi e che ti batti a favore della giustizia…» disse Les piena di ammirazione. Rick si limitò a sospirare.
«Sai che potere aveva tuo nonno, Les?» lei scosse la testa in segno di negazione.
«Aveva la magia bianca.» Les rimase più che sorpresa da quell’affermazione: quindi suo nonno doveva essere davvero una creatura fortissima!
«E nonna, mamma o papà avevano dei poteri?».
«No.»
«Questo significa che da come si trasmette la magia io sarei in grado di controllare solo un elemento… giusto?» stranamente a quella domanda nessuno dei due volle rispondere. Si limitarono ad alzare le spalle ed annuire svogliatamente alla domanda di Les.
Questo, Les ne era certa, era sicuramente un mistero che avrebbe scoperto continuando a leggere il diario di suo nonno.
Mangiarono senza parlare più della magia, soltanto parlano dei problemi degli alunni. A quanto sembrava, ne mancavano solo una ventina da mandare all’orfanotrofio, un pullman sarebbe passato a prenderli verso l’ora di cena.
«Andranno via anche i tuoi amici, se vuoi andare a salutarli fallo prima di questa sera.» disse Rick stanco. Gli avvenimenti dei giorni passati lo avevano stancato tanto da farlo sembrare più vecchio, aveva anche due profondi cerchi scuri sotto gli occhi, come se non dormisse da molto.
«Andrò sicuramente, ma prima vorrei finire di leggere il diario del nonno, ormai mi mancano solo poche pagine». Disse Les convinta, così prese subito in mano il diario e continuò la lettura da dove l’aveva lasciata.
Il capitolo successivo si occupava di come la magia era effettuata: per gli elementi dell’acqua e del fuoco potevano essere utilizzate le mani, senza bisogno di un oggetto preciso; mentre per le altre era necessario, o quantomeno consigliabile, l’uso di un bastone. Les scoprì che i bastoni erano di diversi tipi, ad esempio quello dell’elettricità era fatto di metallo.
Quando stava per girare per leggere le ultime pagine si accorse che era come se fossero incollate: non riusciva a sfogliarle ed era sicura che se avesse provato a separarle si sarebbero strappate, per cui decise di riporre il diario sopra il suo comodino e di pensare ad un’opzione per leggere le ultime pagine che non le danneggiasse.
Era così presa dal suo ragionamento che non si accorse di avere qualcosa di strano fino a quando non passò davanti al suo specchio. Aveva una luce bianca che le usciva dal petto.
Senza pensarci due volte corse da Rick, che stava dormendo nella stanza accanto, per mostrargli ciò che aveva.
 

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 ***


 Capitolo 6

 

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«Calmati.» le ripeté Rick per quella che sembrava la millesima volta.
«Come faccio a calmarmi? Ho una luce bianca che mi scintilla nel petto, credi che sia una cosa normale?» chiese Les sempre più agitata.
«Non hai capito quello che ti ho detto? È tutto sotto controllo, ho sognato tuo nonno e mi ha detto cosa dobbiamo fare. Adesso devo andare a chiamare delle persone, così fra poco la tua luce sparirà, però devi promettermi di restare qui e di mantenere la calma.». Les annuì frettolosamente e Rick uscì.
Poco dopo rientrò con altre persone dietro di lui.
«Tutte queste persone le conosci già, non è così, Les?» chiese Rick. Les si affacciò nella stanza stando bene attenta a non mostrare il proprio corpo. Effettivamente le conosceva: c’erano Rachel, Diana, Douglas, Jim, Thomas e Jean.
«Sì, ma perché hai portato qui i miei amici?» chiese Les.
«Mostrati a loro.» le rispose calmo Rick. Les fece come gli aveva detto e tutti i suoi amici cominciarono a stupirsi per ciò che accadeva e subito dopo anche loro cominciarono ad “illuminarsi” ognuno di un colore diverso.
«Che forza!» esclamò Rachel mentre una luce blu le brillava nel petto. Sembrava che a tutti piacesse, tranne che a Les.
«Tutto questo che dovrebbe significare?» chiese confusa.
«Sono i poteri di tutti noi. Ogni persona, in questa stanza, controlla un elemento, riconoscibile attraverso il colore della luce. Io, come potete notare, ho il potere della magia nera e Jean quello dell’acqua.». Rick indicò i loro petti e poi continuò a parlare.
«Anche le gemelle hanno il potere dell’acqua, Douglas quello della terra, Jim quello dell’elettricità, Thomas quello del fuoco e tu, Les» si fermò un secondo «Tu hai il potere della magia bianca!» esclamò.
«Cosa? No! È praticamente impossibile! Mio nonno aveva la magia bianca, io non posso averla…» si ammutolì di colpo quando Rick le indicò il petto. In effetti, la luce che emanava era sempre bianca… ma com’era possibile spiegare tutto ciò?
«Questa scuola non è più un luogo sicuro per tutti noi. Dobbiamo andarcene, però dobbiamo restare uniti. Se ci dividessimo, non avremmo neanche una possibilità di sopravvivere.» le luci stavano perdendo d’intensità, fino a spegnersi del tutto.
«Domani partiremo e andremmo nell’unico luogo che possa costituire per noi un rifugio, l’unico luogo in cui il demone non potrà mai farci del male.». Les ebbe un sussulto.
«Quale sarebbe, questo posto?» chiese agitata. Rick le lanciò uno sguardo pieno di affetto.
«Ma come, Les, non te lo ricordi?»
 
Erano in viaggio da due ore. Rick continuava a ripetere che sarebbero arrivati presto. Les era molto stanca, quella notte aveva faticato a prendere sonno e alle prime luci dell’alba era stata costretta a partire. Ora, seduta sul sedile della vecchia automobile rossa, non riusciva a tenere gli occhi aperti. Cercava in tutti i modi di non addormentarsi, perché non le piaceva la macchina, la trovava scomoda. Appoggiò la testa al finestrino e il sonno la tirò via dalla realtà, anche se lei cercava di resistere.
 
Si svegliò che si trovava in una stanza piccola: c’era una finestra grande, il letto su cui era distesa e uno strano specchio. Si alzò e vide che fuori dalla finestra c’era solo una distesa di nebbia, così fitta che non riusciva a vedere neanche a pochi centimetri di distanza. Notò che indossava una strana veste bianca che le stava lunga, doveva tirarsi su la gonna per poter camminare senza inciampare.
Lentamente, camminò verso lo specchio e si accorse che non restituiva il suo riflesso, ma c’era l’immagine di una spiaggia, toccò leggermente la superficie e fu risucchiata al suo interno.
Ora si trovava in una spiaggia. Il mare non era mosso, c’erano solo piccole ondine che ritmicamente s’infrangevano sulla sabbia. Les esplorò un po’ la zona, ma vide che non c’era nessuno.
«Ciao.» disse una voce femminile alle sue spalle. Si voltò e vide una ragazza alta dai capelli castani e gli occhi verdi. Indossava una veste color verde chiara con la gonna a balze.
«Come sei arrivata qua?» chiese Les, sicura che prima non vi fosse nessuno.
«Il vento.» rispose tranquilla la ragazza. Alzò delicatamente una mano e si alzò il vento.
«Come hai fatto?» le chiese Les incantata. La ragazza le fece segno di chiudere gli occhi e ascoltare. Les fece come le era stato detto e si mise in ascolto. Il vento, strano ma vero, sembrava parlare, i suoi sibili sembravano delle vocali, delle consonanti… all’improvviso tacque. Les aprì gli occhi e vide una ragazza che la osservava. Non era come quella di prima, questa indossava un costume e dei pantaloncini corti, aveva i capelli biondi mossi e gli occhi celesti.
«Credevo dormissi!» disse in tono allegro.
«Vieni, ti faccio vedere una cosa!» prese Les per mano e la portò verso il mare.
«Aspetta, ho paura dell’acqua, non so nuotare.» le confessò Les.
«Non ti preoccupare, ci sono io, poi il mare è buono, non fa nulla…» disse facendola avvicinare all’acqua. La ragazza si tuffò subito dentro l’acqua, mentre Les, lentamente, iniziava a bagnarsi le caviglie e le gambe. In quel momento, un’onda le bagnò il vestito.
«Oh no!» esclamò Les preoccupata. Dopotutto, non sapeva di chi fosse quella veste.
«Dai, lasciati andare, la corrente ti trasporta!» le disse la ragazza con entusiasmo, invitandola a immergersi. Les fece come la ragazza le aveva detto e s’immerse, tenendo gli occhi ben chiusi, per non far entrare l’acqua salata del mare; dopo qualche secondo riemerse per prendere fiato, si leccò le labbra e sentì che non erano salate, ma solo bagnate, sembrava l’acqua di un ruscello di montagna.
«Il mare non dovrebbe essere salato?» chiese alla ragazza, ma lei non c’era, era ancora sott’acqua; così Les ritornò sotto, questa volta con gli occhi ben aperti. Vide la ragazza dai capelli biondi che faceva capriole e quando si accorse della sua presenza, la salutò e iniziò a nuotare lontano, fino a quando scomparve del tutto.
Allora Les tornò sulla spiaggia, con il vestito bagnato che le pesava e i capelli attaccati al viso.
«Ma guardati, sei tutta bagnata.» le disse una voce femminile.
«Chiunque voi siate, dovreste smetterla di comparire così all’improvviso, capito?» disse Les stufa di tutti questi misteri.
«Oh, ma che carina che sei, mi dai del voi.» disse la ragazza. Les la guardò incredula.
«Del voi? Oh, no, stavo parlando delle altre ragazze che sono venute prima…».
«Ma su questa spiaggia ci sono solo io» disse la ragazza. Aveva i capelli ricci e rossi, il viso pieno di lentiggini, gli occhi marroni e indossava uno strano completo rosso fiammeggiante.
«Vieni, asciugati» disse la ragazza mentre con una mano indicava un punto nel terreno. Grazie a quel gesto poco dopo si accese un fuoco.
«Come fa il fuoco a bruciare se non c’è nulla sotto?» chiese Les stupita. Per tutta risposta, la ragazza scoppiò a ridere.
«Mi avevano detto che eri difficile, Celeste, ma non pensavo così tanto!» disse continuando a ridere.
«Come sai il mio nome? Chi ti ha parlato di me?» chiese Les ancora più confusa da ciò che stava accadendo: si ricordava solo vagamente che quello fosse un sogno, sembrava tutto così reale; c’era il rumore delle onde che s’infrangevano sulla spiaggia, il vento che soffiava piano, il profumo del mare, i granelli di sabbia che le si impigliavano fra le dita dei piedi…
«Vedo che ti sei quasi asciugata del tutto» disse la ragazza ignorando volutamente la domanda di Les. Lei si guardò il vestito e quando alzò di nuovo lo sguardo la ragazza era sparita.
«Oh, fantastico, è sparita» disse borbottando piano.
«Scusa, non parlare che mi deconcentri» disse una voce in lontananza. Les si guardò un po’ in giro e poi notò una ragazza dai capelli lunghi castani che stava seduta a gambe incrociate e con gli occhi chiusi.
«Scusa, ma cosa stai facendo?» le chiese Les spazientita e confusa.
«Sto meditando» le rispose semplicemente lei.
«Oh, certo, come ho fatto a non capirlo subito?» disse Les sarcastica.
«La meditazione è utile per la calma» la ragazza non aveva mai aperto gli occhi.
«Siediti qui vicino a me» disse la ragazza e battendo un colpo sulla sabbia con la mano. Les, di malavoglia, accettò. Aveva l’impressione che quello strano sogno non sarebbe mai finito se non avesse fatto come le strane ragazze le chiedevano, perciò incrociò le gambe e chiuse gli occhi.
All’inizio non sentì nulla, ma poco dopo qualcosa iniziò a cambiare. Les sentiva i suoi muscoli rilassati, la mente distesa e concentrata. Riusciva a captare ogni singolo movimento, ogni singolo rumore attorno a lei… era qualcosa di così irreale che, poco dopo, aprì gli occhi spaventata. Com’era prevedibile pensare, la ragazza che meditava era sparita.
«Ecco, ti pareva!» esclamò Les.
«Qualche problema?» una ragazza snella, con una montagna di ricci biondi le fece capolino da dietro la spalla. Aveva il viso sorridente e grandi occhi marroni.
«Io… sì» rispose Les.
«Ah, perché parlavi da sola…» disse la nuova venuta facendo capire a Les che la riteneva un po’ matta.
«No, è solo che non ne posso più della gente che sparisce sempre…» in quel momento un fulmine cadde non poco distante da loro. Les non si era nemmeno accorta che il cielo ora era coperto da nuvole nere.
Un altro fulmine cadde improvvisamente. Les, istintivamente sussultò (aveva una gran paura dei temporali), mentre la ragazza sorrise.
«Non aver paura del cielo, Celeste. È da lì che tu vieni e lì che ritornerai, non temere i tuoi alleati» disse la ragazza sorridendo mentre guardava in alto.
«Cosa?» chiese Les piuttosto stupita dalle sue parole.
«È tempo che tu torni nel tuo mondo, non puoi proseguire oltre, non sei ancora pronta. Non dimenticare ciò che hai imparato oggi e la forza entrerà in te. Non rifiutare te stessa, perché solo tu puoi salvare il mondo» Les avrebbe voluto ribattere, dire che non capiva ciò di cui la ragazza parlava, chiedere ulteriori spiegazioni… ma non le fu possibile. Fu inghiottita e si trovò di nuovo nella stanza da letto. Nulla era cambiato, fuori c’era sempre la stessa nebbia, il letto aveva sempre le lenzuola bianche; solo lo specchio era diverso. Era un normalissimo specchio, che rifletteva l’immagine di Les.
Lei vi ci si posizionò davanti e notò che era più pallida del solito, fece per toccarlo, ma lo specchio si ruppe riversandole sopra le sue scaglie.
 
Les si svegliò improvvisamente: si trovava ancora dentro la macchina di Rick, con la testa appoggiata al finestrino.
«Tutto ok?» gli chiese lui vedendo che si era appena svegliata. Les annuì.
«Bene, perché siamo arrivati» le disse lui.

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 ***


Capitolo 7

 

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Quando Les scese dalla macchina capì subito che in quel luogo, lei c’era già stata. Era una collinetta ventosa con una casa e una croce davanti.
«Ma questa è…» ma non fu capace di pronunciare altre parole, perché i ricordi e le emozioni la travolsero in pieno. Si ricordò quando aveva tre anni e viveva lì, la mattina faceva lunghe passeggiate, si svegliava col sole e si addormentava con la luna. E sua nonna, la donna che tutti consideravano un po’ matta, prima di tutto perché aveva sposato Daniele e poi perché aveva strane abitudini.
Ed eccola lì, ad aspettare la sua piccola Celeste, proprio come le aveva detto quando si erano separate.
«Nonna!» gridò correndo verso di lei. L’anziana donna spalancò le braccia e la accolse. Tutte e due non riuscirono a trattenere le lacrime.
«Oh, nonna, quanto mi sei mancata» singhiozzò Les.
«Anche tu piccina mia, tanto» disse Rena stringendola ancora di più.
«Non piangere, Celeste, non oggi, anche se sono lacrime di felicità» disse passandole una mano dalle dita sottili sul volto. Finalmente smisero entrambe e Rena andò a salutare e conoscere gli altri.
«Rena, che piacere rivederti» le disse Rick abbracciandola.
«Anche per me lo è. Sono sicura che se ci fosse Daniele, anche lui la penserebbe come me» parlava del nonno di Les senza rimpianti. Lo aveva amato, e cavoli, se ne andava fiera!
«Ciao Rena, è bello vedere che stai ancora bene» le disse Jean, poi le presentò i ragazzi che, un po’ intimoriti, erano rimasti indietro.
«Venite, venite, che oggi è un gran giorno» disse Rena accompagnandoli tutto dentro la casa. Les era felice, felice come non lo era da tempo, perché finalmente era tornata a casa, le era mancato così tanto quel posto che a stento riusciva a crederci. I ragazzi, curiosi, osservavano quella piccola casa tanto accogliente.
«Di sopra ci sono tre stanze: il bagno, una camera per i ragazzi e una per le ragazze. Al piano terra ci sono la cucina, la mia stanza, un piccolo bagno e la camera di Jean e Rick» spiegò la nonna mentre Jean era andata a prendere i bagagli dei ragazzi. Non si erano portati dietro molta roba, giusto l’essenziale.
«Perché c’è l’aglio appeso fuori dalle finestre?» chiese Rachel curiosa.
«Tiene lontano i demoni» disse con un sorriso Rena, come se fosse la cosa più naturale del mondo.
«Non sono molto pratici di queste cose…» disse Rick a Rena, poi si voltò e bisbigliò a Rachel che la donna aveva delle credenze un po’ strane.
«Deve essere stato brutto per voi perdere il collegio, non è vero?» chiese Rena dispiaciuta.
«Sì, effettivamente lo è stato. Però speriamo di poter riaprire una volta che sarà tutto finito» Rick non si perdeva mai d’animo. Mentre tutti parlavano fra di loro, Jean finì di portare i bagagli e ognuno sistemò le proprie cose.
«Ma qui ci sono solo due letti!» esclamò Rachel entrando in camera delle ragazze.
«Fammi vedere…» disse Diana entrando in quel momento. Arrivò anche Les, ma sorrise e andò verso il grande armadio a parete, lo aprì e fece vedere alle altre due ragazze che quello che sembrava un normale armadio, in realtà, era un letto.
«È meraviglioso!» disse Rachel con gli occhi che le brillavano.
«È il mio letto. Da piccola adoravo stare qui… nonna veniva a dormire vicino a me fino a quando non mi addormentavo, poi socchiudeva le ante in modo che non mi svegliasse la luce del mattino» disse Les con un pizzico di rimpianto. Misero a posto le poche cose che avevano e poi scesero al piano terra per il pranzo.
Rena era un’ottima cuoca e aveva preparato un pranzetto da leccarsi i baffi.
Alla fine del pasto portò in tavola un dolce con sopra alcune candeline.
«Buon compleanno, Celeste» disse Rena alla sua nipotina.
«Oh, nonna, sai che non mi piace festeggiare il mio compleanno… speravo che te ne fossi dimenticata…» era vero, Les non amava il suo compleanno. Innanzitutto perché lo passava sempre sola con sua nonna, dato che non aveva amici, poi perché quel giorno era anche morto suo nonno e non era certo un’occasione lieta da ricordare; inoltre il suo compleanno era il ventuno marzo, il primo giorno di primavera e c’era una festa in riva al mare bellissima, a cui Les non veniva mai invitata.
«Sciocchezze, figuriamoci se mi dimentico» disse la nonna trovando l’idea molto più che ridicola. «E adesso spegni le candeline e esprimi un desiderio» la incoraggiò. Le mise la torta davanti e cantò insieme a tutti gli altri ‘Tanti auguri’, Les soffiò e chiuse gli occhi per concentrarsi “Voglio essere felice” desiderò.
«Ecco il nostro regalo» dissero Jean e Rick consegnandole un sacchettino.
«Oh, ma non dovevate…» disse Les imbarazzata. Non le facevano molto spesso regali. Lo aprì e vide che dentro c’era un bellissimo ciondolo, rosa e lucente, a forma di goccia.
«È bellissimo» disse Les estasiata.
«Siamo felici che ti piaccia. È un particolare amuleto magico, si dice che amplifichi la forza dell’amore» spiegò Jean.
«Non l’ho mai capita questa cosa delle coppie che fanno i regali in due» disse Rachel bisbigliando così tanto che riuscì a sentirla solo sua sorella «È solo un modo per non farne due, no?» Diana scosse la testa, sorrise e tirò una gomitata affettuosa alla sua gemella.
«Anche io ho un regalo per te. Anzi, due, uno è da parte di tuo nonno» disse Rena.
«Da parte di Daniele?» chiese Rick incuriosito.
«Sì, sì esatto. Aspetta un momento che li vado a prendere» disse sparendo nella sua stanza.
Quando tornò aveva in mano un bastone e un grosso pacco incartato con della carta da regalo.
«Ecco qui, guarda prima questa» disse porgendo a Les il pacco.
Lei lo scartò e vide che dentro c’erano dei vestiti, li tirò fuori e li osservò.
Erano un paio di pantaloni rossi molto larghi e una canottiera bianca, però non sembravano affatto della sua misura, ma molto più grandi.
«Non sono sicura che mi stiano bene» disse Les storcendo la bocca.
«Oh, adesso certo che no. Ma vedrai che fra qualche anno ti calzeranno a pennello. Li ho cuciti io quegli abiti, e so quel che dico» disse la nonna fiera di sé.
Rena diede a Les il secondo regalo, lo strano bastone.
«È da parte di tuo nonno» le stava dicendo Rena mentre Les guardava il suo bastone incantata. Non sapeva dire di che legno fosse fatto, ma era liscio e non c’erano imperfezioni, era tutto sottile, tranne che nella parte alta che era a forma di cerchio.
«Prima era suo, era il suo bastone magico. Non so quanto conosci la magia, ma sappi che i bastoni a volte aiutano con certi poteri» le disse Rena in tono pratico. Nonostante non avesse poteri, se ne intendeva di magia.
Les, al contrario di rifiutarlo come aveva fatto con gli altri oggetti magici, ne era incantata. Per qualche motivo quel bastone la attraeva e lei non era sicura di saper resistere. Prese il ciondolo e lo legò sulla parte superiore del bastone, quella a cerchio.
«Va bene, sarà il mio bastone» disse.
Tutti applaudirono e la festa continuò.
Passarono il pomeriggio in giardino, godendosi la bellezza di quel primo giorno di primavera.
Il clima non era troppo freddo, era una di quelle giornate perfette da passare fuori, respirando l’aria a pieni polmoni e facendo giochi tipo nascondino.
Il vento soffiava leggero fra le colline e dava l’impressione, a chi lo guardava dall’alto, che il villaggio sottostante si muovesse.
Approfittando del bel tempo Jim e Thomas avevano raccolto un mazzo di fiori molto profumati che donarono a Les, che, imbarazzata, li accettò. Si scusarono anche con lei dicendole che non avevano trovato nient’altro di meglio, ma Les era molto lusingata, non era abituata a ricevere tutti questi regali per il compleanno.
Jean fece vedere loro qualche trucco con l’acqua e le ragazze si divertirono un mondo, specialmente Rachel.
Faceva comparire draghi d’acqua che volavano nel cielo lasciando una scia di gocce, piccole scene degli abissi, bolle dalle forme e i colori più stravaganti, cascate che faceva attraversare dai raggi del sole creando dei bellissimi arcobaleni.
Quando arrivò la sera, tutti stremati si misero ad osservare il tramonto.
I ragazzi si misero da una parte a chiacchierare seduti sull’erba fresca, Jean andò ad aiutare Rena con la cena e Rick si mise ad osservare il paesaggio vicino alla grande croce.
Il sole calava lentamente dietro le montagne che riparavano il piccolo villaggio a valle. Rick aveva sempre trovato il tramonto bellissimo e quello era sempre stato il suo posto preferito da cui ammirarlo.
Amava il modo in cui le ombre si modificavano rapidamente nel villaggio mano a mano che il sole calava, i giochi di luce e di ombre che faceva sullo stagno poco sotto…
«A cosa pensi?» gli chiese Les raggiungendolo. Rick intuì che voleva parlargli.
«Al tramonto, credo sia fantastico» Rick non smetteva di guardare il sole e Les poteva vederne il riflesso nei suoi occhi marroni.
«Tu a cosa pensi?» le chiese lui.
«Penso che dovrò cambiare» gli rispose Les.
«Come mai?»
«Non sono pronta a tutto questo, Rick, non sono forte» disse scoraggiata.
«Ti aiuterò. Ti addestrerò e diventerai una combattente fantastica, avrai la possibilità di salvare il mondo» le disse Rick. Staccò gli occhi dal tramonto e si mise a fissarla.
«Cosa c’è che non va? Non dirmi niente, perché non ti credo»
«Ho visto le battaglie nei miei sogni, Rick. Non sono mai come la gente si aspetta. Non ci sono schieramenti ordinati o gente che va a cavallo, solo uomini e demoni. Molti più demoni, a pensarci bene. Si uccidono, senza pietà, combattendo ognuno per il proprio ideale, non fermandosi a pensare ciò che sono diventati: assassini» rispose Les schifata.
«Uccidere un uomo non è come uccidere un demone» la rassicurò Rick.
«Jean è un demone, la uccideresti mai?» le chiese Les.
«Sai che è diverso. Lei è diventata in parte umana grazie a tuo nonno, i demoni sono creature immonde. Uccideresti quel demone che hai visto nei tuoi sogni al collegio, Les?» la ragazza non rispose.
Non voleva ammetterlo, non sapeva come, ma sapeva che avrebbe dovuto ucciderlo.
«Avrai molto lavoro da fare con me» disse infine. Rick si voltò verso di lei e le sorrise
«Non ti preoccupare, sono sicuro che sarai un’ottima allieva»
 
Quella notte Les sperò di trovare suo nonno nei sogni, e così fu.
 
“Buon compleanno, piccola mia” le disse il nonno vedendola.
“Grazie, nonno. Posso farti qualche domanda?” gli chiese Les.
“Sono qui per questo” le rispose lui.
“Come mai quando stringo la mano alle persone sento qualcosa?”
“È uno dei tuoi poteri, sentire cosa sono gli altri. Al primo tocco delle loro mani tu riesci a percepire se hanno poteri e quale potere hanno. È un dono che non hanno sempre quelli della magia bianca, ma fortunatamente io l’avevo e l’ho trasmesso a te” le spiegò.
“Effettivamente avevo intuito un qualcosa del genere, ma non ne ero sicura. Ok, seconda  domanda, il sogno che ho fatto oggi in macchina, aveva qualche significato particolare, non è così?”
“Sì” le rispose il nonno.
“Tutto qui? Solo si? Non mi dici altro?” chiese Les che ne voleva sapere di più.
“Cosa ti ha detto l’ultima ragazza? Che non sei ancora pronta per proseguire. Non pensare tanto a quel sogno ora, avrà importanza più tardi”.
“Perché non posso più leggere il tuo diario? Insomma, le pagine sembrano essere incollate fra di loro…”
“Devi aspettare anche per quello, non sei pronta. Devi capire che nella magia ci sono dei livelli e sapere tutto e subito potrebbe portarti alla confusione, oppure a dei ragionamenti sbagliati. Hai altro da chiedermi?”
“No… non credo” disse Les.
“Bene, perché ora voglio dirti una cosa io. Sono felice che ti sia piaciuto il mio regalo. Quel bastone prima apparteneva a me… trattamelo bene” disse il nonno allegro.
“Lo farò, mi piace davvero tanto! È come se non me ne volessi mai separare…” spiegò Les.
“Eh, lo so, è questo l’effetto che la magia fa sugli uomini una volta che l’hanno scoperta. Comunque da domani in poi dovrai cominciare ad allenarti, lo sai, giusto?”
“Sì, nonno, lo so. Che tipo di allenamenti farò?” Les si sentiva molto meglio ora che aveva parlato con suo nonno, si sentiva libera, finalmente.
“Oltre a quelli con Jean e Rick, che ti insegneranno i poteri di base, dovrai allenare la magia bianca, perciò andrai a meditare. Ti indicherò il luogo nei tuoi sogni, non preoccuparti. Poi, fra qualche anno, quando avrai imparato tutto, tu e i tuoi amici sarete in grado di autogestire i vostri allenamenti e provare gli attacchi combinati” Daniele parlava con calma.
“Va bene, mi impegnerò al massimo” disse Les.
Daniele sorrise, scomparendo lentamente dal suo sogno, ma qualche attimo prima disse: “Cambialo”.
“Cosa?” chiese curiosa Les.
Daniele rise di nuovo: “Non cosa, chi”.
E sparì dai suoi sogni.


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Capitolo 9
*** Capitolo 8 ***


Capitolo 8

 

 

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Tre anni dopo.

 

 
Les stava tornando a casa dopo essere stata a meditare in quello che, ormai, definiva il suo luogo.
Era un piccolo laghetto che, a cercarlo, non ci sarebbe mai arrivato nessuno, servivano le istruzioni di qualcuno per poterci arrivare. Era nascosto sotto una fitta rete di alberi nel bosco, avvolto dai profumi dei fiori più inebrianti. Per arrivarci ci si doveva addentrare parecchio, fino a quando i rami degli alberi erano così fitti da non far passare più la luce e si trovavano rami bassi pieni di spine che ferivano le caviglie.
Ecco, lì c’era quel luogo paradisiaco, quel piccolo angolo che la natura aveva voluto regalare agli uomini.
Era un piccolo lago, non molto profondo che era alimentato dal fiume che scorreva anche a valle prima di gettarsi nel mare, le acque erano sempre fresche e pulite ed era bello sia d’inverno, con il rumore dei fiocchi di neve che cadevano sugli alberi, si d’estate, con il profumo dei fiori che crescevano.
Les ci andava sempre a meditare, si sedeva su un grande sasso piatto e chiudeva gli occhi.
Rimaneva ferma immobile per minuti, a volte anche ore. Quel posto le dava una pace che non trovava da nessun’altra parte, aveva anche imparato a nuotare lì.
Voleva andarci il giorno precedente, quello del suo compleanno, ma c’era stato un temporale così disastroso che le avevano proibito di uscire di casa.
Mentre camminava verso casa di sua nonna il venticello leggero che stava tirando cambiò intensità, aumentò leggermente, non in maniera eccessiva, bisbigliandole qualcosa.
Stava diventando brava a capire ciò che il vento voleva dirle, non riusciva a comprendere tutte le parole, ma il significato generale dei messaggi che voleva trasmetterle sì.
Poi in quel luogo il vento non smetteva mai di tirare, forse per non farla sentire sola.
Un rumore attirò la sua attenzione. Cercò fra l’erba ancora umida per via della pioggia del giorno precedente e vi trovò una bambina accovacciata che piangeva con la testa fra le braccia.
«Ciao» le disse Les dolcemente. La bambina alzò il viso rigato dalle lacrime e fissò Les singhiozzando.
«Ti sei persa?» la bambina annuì senza smettere di piangere.
«Abiti al villaggio?» la bambina annuì di nuovo. Les si accovacciò, in questi tre anni era diventata molto alta, e pulì le lacrime dal viso della bambina, poi le tese una mano.
«Vieni, ti riaccompagno a casa» la bambina afferrò la mano tesa e Les sentì il vento aumentare, ma solo per un attimo. Non aveva mai incontrato qualcuno che possedesse il potere del vento, chissà se quella bambina sapeva di avere dei poteri?
«Come mai sei qui tutta sola?» le chiese Les mentre camminava a piccoli passi per aspettare la bambina che faceva fatica a camminare per via dell’erba alta.
«Per colpa di mio fratello. Lui e i suoi amici hanno avuto un’idea stupida, quella di venire a spiare la casa di una ragazza che abita quassù che chiamano la strega» le rispose con semplicità la bambina.
Probabilmente non sapeva che colei che chiamavano ‘strega’ era la ragazza che la stava riconducendo a casa.
«È una cosa stupida, perché io che ho studiato so che lei non c’entra nulla con la guerra, quella fu colpa di suo nonno. È ingiusto che tutti la trattano male, non credi anche tu?» per essere una bambina che fino a poco prima aveva solo mosso il capo per parlarle era piuttosto loquace.
«La gente è libera di credere ciò che vuole» disse Les scrollando le spalle.
«Io sono Celeste, ma puoi chiamarmi Les. Tu come ti chiami?» le chiese Les ansiosa di cambiare argomento.
«Cassandra» rispose la bambina con una smorfia.
«Non ti piace il tuo nome?» chiese Les mentre si iniziava ad intravedere la casa di sua nonna.
«No, infatti tutti mi chiamano Cassie, mio fratello mi chiama Cassandra solo quando vuole sgridarmi» rispose la bambina giocando con la mano di Les.
La faceva dondolare avanti e indietro.
Quando arrivarono davanti alla casa videro che gli altri si stavano allenando fra di loro. Erano molto cambiati in questi tre anni: Jim si era alzato di molto, Rachel e Diana, ormai diciottenni avevano i tratti da donna, Thomas aveva messo su parecchi muscoli e Douglas era diventato più magro.
«Ciao Les» la salutarono amichevolmente.
«C’è un gruppo di idioti che ci sta spiando» disse Thomas indicando il cespuglio.
«Ma noi ci stiamo comportando proprio come hai detto tu: li stiamo ignorando senza fare nulla» concluse Jim con un sorriso.
Ad un certo punto una banda di ragazza uscì da dietro la casa di Les e venne davanti a lei. Erano cinque, tutti alti e muscolosi e sembravano arrabbiati. C’era uno, in particolare, che colpì Les: era un ragazzo che ricordava il nero: capelli, occhi, vestiti… sembrava non conoscesse altri colori. Per un attimo si specchiò nei suoi occhi e Les percepì la solitudine, il dolore, ma anche l’odio.
Quello di leggere lo sguardo delle persone non era un potere che aveva ricevuto da suo nonno, era un qualcosa che era riuscita ad imparare con il tempo, perché aveva capito che quando si mente gli occhi sono l’unica parte del corpo che non possono farlo.
Sussultò per riportarsi alla realtà, non era il momento di perdersi nel nero degli occhi degli altri.
«Cassie!» urlò il tipo “nero”. Non sembrava arrabbiato, più che altro era sorpreso.
«Sì?» chiese la bambina pacificamente.
«Che ci fai qui? Non ti avevo detto di restare a casa? E poi perché stai tendendo la mano a quella lì?» disse l’ultima frase puntando l’indice su Les e muovendolo.
«Ero venuta a dirti che venire qui era un’idea stupida, ma mi sono persa, poi fortunatamente questa gentile ragazza mi stava riaccompagnando a casa»
«Questa ‘gentile ragazza’ come la chiami tu, è una strega. È la causa di tutte le nostre sofferenze, di tutti i nostri problemi. Probabilmente avrebbe voluto ucciderti» le disse urlando. Doveva essere suo fratello, il ragazzo di cui Cassie aveva parlato a Les mentre stavano vendendo lì.
«Io non uccido esseri umani» precisò Les in quel momento, che prima non aveva ancora parlato.
Lo disse con un sorriso, come se fosse la cose la cosa più naturale del mondo.
La vecchia Les, quella di tre anni prima, che si metteva sempre a piangere e aveva paura di ogni situazione non c’era più. Ora Les era forte, ma anche umile. Il suo scopo era quello di combattere i demoni, non di litigare con gli essere umani.
«Chi ti ha chiesto niente?» le disse il fratello di Cassie con cattiveria.
«Non c’è bisogno di arrabbiarsi. Non ho fatto nulla a tua sorella, la stavo semplicemente riportando a casa» continuò a spiegargli Les con semplicità.
«È vero! Mi ha aiutata lei, altrimenti io sarei ancora a piangere in mezzo all’erba alta» confermò Cassie.
«E se io non ti credessi?» le chiese il fratello sempre con antipatia.
«Sei libero di credere ciò che vuoi» non aveva ancora staccato la mano da quella della bambina.
«Senti, se Les ti dice un cosa vuol dire che è quella, tu non la conosci, ma noi si. È la persona più sincera del mondo, non mentirebbe mai» intervenne Thomas a sua difesa.
«Certo, ora che me lo dici tu sono molto più tranquillo!» disse sarcasticamente un ragazzo dai capelli castani che non aveva ancora parlato.
«Cosa vorresti dire?» gli chiese Thomas ringhiandogli contro. Lui era fatto così, si infuriava per tutto.
«Thomas…» sussurrò piano Les. Non voleva far scoppiare una rissa proprio davanti a casa loro.
«Fatti sotto, femminuccia!» lo provocò il castano.
«Non c’è bisogno che tu me lo ripeta due volte» caricò il suo braccio che divenne di fuoco e si preparò per tirare un pugno al ragazzo.
«No!» gridò Les in quel momento.
In pochi secondi aveva lasciato la mano di Cassie, si era messa davanti a Thomas, bloccando il suo pugno e spegnando il fuoco. Tutti i presenti erano allibiti e si chiedevano come avesse fatto Les ad essere così rapida e potente.
«Niente poteri contro gli esseri umani, lo sai» lo rimproverò Les.
«Sì… lo so… scusami» borbottò lui.
«Sei proprio un mostro» disse il fratello di Cassie che aveva osservato la scena senza cambiare la sua espressione del volto.
«Dan! Come puoi dire una cosa del genere!» gli urlò Cassie. Dan, allora era questo il nome del ragazzo. Les pensò a suo nonno, che si chiamava Daniele e che ogni tanto chiamavano Dan, che fosse stata una coincidenza?
«Tu sbrigati a venire qui, che poi a casa facciamo i conti» le disse arrabbiato.
In quel momento Cassie disse una cosa piano, ma Les riuscì lo stesso a sentirla
«Odio quando ti comporti così, mi fai vergognare di essere tua sorella».
 
Quella sera, a cena, nessuno parlò molto, se non per dire cose tipo: “Mi passi il pane?” o “C’è poco sale nella zuppa”. Non sapevano se Les fosse arrabbiata con Thomas e, dato che non aveva più parlato, erano intimoriti a chiederle qualsiasi cosa.
Quando giunse l’ora di andare a dormire, Les non si tolse i vestiti del giorno, ma si distese sul suo letto/armadio ad osservare il soffitto. Quando fu certa che tutti si fossero addormentati, andò verso la finestra e salì sul davanzale, aspettò il vento giusto e poi planò a terra, fuori da casa.
Fece qualche passo, con il vento che la accompagnava e le sussurrava parole dolci e la luce della luna che, quasi piena, le faceva da lanterna. Si arrampicò sulla grande croce e ci si sedette a gambe incrociate e rimase a guardare la vallata. La luna lì sembrava più grande che in qualsiasi altro posto, sembrava un grossa mamma che vegliava su di loro fornendogli luce in quelle buie notti. Il cielo leggermente nuvoloso non permetteva di far vedere le stelle, ma Les sapeva che c’erano, avrebbe saputo anche indicare la loro posizione e i loro nomi. Per lei le stelle erano ricordi, ricordi che non valeva la pena di scordare, che fossero stati belli, brutto, felici o dolorosi. Brillavano a seconda dell’intensità del ricordo.
Les era cresciuta nell’ultimo periodo. Era cresciuta molto. E non solo di aspetto fisico, certo, ora le stavano bene i vestiti che le aveva regalato sua nonna, ma non era questo ciò che contava.
Ora aveva appreso la magia, si era fatta pervadere da questa forza e ora era diventata un tutt’uno con essa. Prima si sentiva debole, incompleta, mentre ora era finalmente in pace. Le sembrava che tutto avesse finalmente trovato un ragione di esistere nell’universo. Aveva compreso il fatto che ogni essere umano nasce con un scopo che deve realizzare, e lei era pronta a realizzare il suo.



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Voglio davvero ringraziare tutti coloro che seguono la mia storia e che recensiscono, inoltre voglio anche scusarmi per gli errori di distrazioni che avevo commesso del capitolo precedente, questo l'ho ricontrollato, spero che qui non ci siano.
Adesso che la scuola sta per finire dovrei anche riuscire ad aggiornare più spesso c:
Se volete potete seguire la mia storia anche sulla mia pagina facebook.

_WhiteRose_

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 ***


Capitolo 9

 

 



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Il mattino successivo a quando Les aveva fermato Thomas, nessuno parlò. Erano un po’ tutti intimoriti dal fatto che Les ce l’avesse con loro, per non essersi accorti dei ragazzi che li stavano spiando e per non essere riusciti a fermare Thomas.
Fortunatamente, quella mattina Les era di buon umore.
«Oggi, andiamo alla spiaggia, come avevamo già deciso, no?» disse mentre stava facendo colazione.
Gli altri, incoraggiati dal suo sorriso, conversarono tranquillamente con lei.
«Certo, perché no?» le disse Rachel.
«I ragazzi potrebbero anche andare a pesca, così magari stasera vi potrei cucinare una cenetta deliziosa» intervenne la nonna.
«Le tue cenette sono sempre deliziose, Rena» le disse Rick. «Però non mi dispiace l’idea di mangiare del pesce, mi sembra una buona idea quella di andare a pescare» aggiunse.
«Allora è deciso, tutti alla spiaggia a pescare» partirono subito dopo aver fatto colazione, perché la spiaggia era distante un’ora di cammino dalla loro casa.
La spiaggia si trovava verso est, dalla parte opposta del villaggio ed era un luogo tranquillo, dove spesso non c’era molta gente salvo tre o quattro pescatori. Ogni tanto, per qualche festa, si organizzavano dei falò lì, allora ci veniva tutta la gente del villaggio e si organizzavano alla perfezione: c’era chi cucinava, chi preparava la legna da ardere, chi pensava alle decorazioni e chi alle bevande, era un insieme armonioso di persone che collaboravano fra di loro ed era sempre, ma proprio sempre, un gran successo e tutti si divertivano. Non c’era nessuno che non fosse invitato tranne, ovviamente dopo la guerra, Rena e Celeste.
Durante il cammino i ragazzi ridevano e scherzavano felici, pensando ai pesci che avrebbero preso e alla cena che avrebbe preparato loro Rena, anche Les, che negli ultimi tre anni era diventata molto silenziosa, partecipava con gioia alla conversazione con i suoi amici.
Quando arrivarono alla spiaggia, qualcosa li stupì: era piena di gente, molto indaffarata che stava preparando qualcosa.
«Non sapevo ci fosse una festa in questo periodo dell’anno» bisbigliò Rachel.
«Infatti non dovrebbe esserci» confermò Les alquanto sorpresa. Non le piaceva stare in mezzo alla gente che non conosceva e che non smetteva di giudicarla un attimo.
«Les!» gridò ad un certo punto una bambina correndo verso di lei.
«Cassie» le disse lei, riconoscendo la bambina.
«Cosa ci fai qui?» le chiese.
«Non so se lo sai, ma qui ogni ventuno marzo facciamo la festa dell’equinozio per dare il benvenuto alla primavera, ma purtroppo quest’anno c’è stato brutto tempo per cui non l’abbiamo potuta fare, perciò speravamo di farla questo sabato e ci stiamo attrezzando» le spiegò Cassie con un sorriso.
«Oh, pensa tu, noi eravamo venuti qui a pescare» le disse Les.
Intanto, una folla i curiosi si era radunata intorno a Les e i suoi amici.
Più che curiose, però, le loro facce mostravano tutto l’odio che provavano per Les, perché la ritenevano responsabile di ciò che era successo.
«Ora diamoci tutti una calmata» intervenne un ragazzo.
Les lo riconobbe, era Dan, il fratello maggiore di Cassie.
«La spiaggia è di tutti, perciò non possiamo impedirle di andarsene con i suoi amici da dove è venuta e se starà lontano da noi non abbiamo modo di temerla» disse con molta calma.
«Io non ci lavoro in un posto dove c’è anche quel demonio» gridò un uomo.
Un coro di approvazione salì a quell’esclamazione.
«Se la pensi così sei liberissimo di andartene, nessuno ti trattiene» gli rispose Dan «Anzi, tutti quelli che la pensano come lui possono andarsene, io ho intenzione di lavorare e lo farò» precisò.
Dopo cinque minuti la spiaggia rimase vuota, fatta eccezione per Dan e la sorellina.
«Mi dispiace, non volevo causare tutti questi problemi» si scusò Les.
«Non mi importa» le disse lui. «Basta che stai lontano da me e io potrò lavorare in pace, non mi importa nulla degli altri».
«Ok, va bene» le rispose Les.
«Ragazzi, cosa ne pensate di andare lì? Non mi sembra male come posto per pescare» disse Douglas indicando un piccolo pezzo di spiaggia in cui c’erano molti scogli.
«Va bene, non mi sembra male» disse Les e tutti si diressero lì.
In quel momento qualcosa fece sussultare Les: il vento era cambiato, invece di soffiare leggero come faceva prima, ora era molto forte e stava cercando di dirle qualcosa.
Cercò di sforzarsi al massimo per capire cosa fosse, ma non ci riuscì, ma non aveva una bella sensazione, perché temeva fosse qualcosa di importante.
Dopo qualche ora di pesca arrivò da loro Cassie.
«Non so se avevate qualcosa da mangiare e dato che è ora di pranzo vi ho portato alcuni panini» disse a tutti loro.
Il suo viso, però, era preoccupato e continuava a guardare dalla parte opposta al mare, verso le colline, come in attesa di qualcosa.
«Tutto bene piccola?» le chiese Rachel.
Le piaceva investigare e riuscire a dedurre le cose dai particolari.
«No, in realtà no» rispose Cassie scuotendo la testa.
«Cosa c’è che non va?» le chiese Les.
«Il vento» rispose semplicemente la piccola.
«Il vento?» le fece eco Jim.
«Sì. È da questa mattina che mi sta avvertendo del pericolo, ma non sapevo quando arrivasse, ma ora è imminente… mi dice che è qui, da qualche parte e che farò meglio a stare qui con voi» spiegò Cassie.
«Capisci ciò che dice il vento?» le chiese Les sbalordita.
«Sì, lo so che può sembrare strano, ma è così» Cassie non la smetteva di guardare le colline.
Les stava per dirle che era un talento portentoso quello che aveva, ma Diana le chiese un’altra cosa.
«Tuo fratello?»
«Oh, lui non mi vuole dare retta, è ancora laggiù… dovrei andarlo a chiamare?»
«Sì, dovresti» disse Les che, grazie all’aiuto di Cassie era riuscita a capire ciò che il vento aveva tentato disperatamente di dirle.
Cassie corse lungo la spiaggia gridando il nome di suo fratello, ma lui sembrava non sentire.
In quel momento erano comparsi, sbucati dalle montagne, una decina di demoni. Erano orribili, con la faccia da insetto e il corpo da uomo. Si gettarono sulla spiaggia cercando di uccidere tutto ciò che era vivo.
«Cassie!» urlò Les quando vide che un demone si stava per avventare su di lei.
«Ragazzi, dobbiamo combattere, voi fate come al solito, io vado a salvare Cassie e torno!» urlò agli altri.
Diana avrebbe voluto dirle che era troppo pericoloso e che i demoni stavano aumentando, ma Les era velocissima quando usava i suoi poteri e si trovò immediatamente da Cassie a proteggerla.
Il demone le ferì un braccio. Les, veloce, tirò fuori il bastone che portava con una custodia sulla schiena e si mise in posizione di combattimento, stando davanti a Cassie.
Il demone sembrò squadrala, piegando più volte la testa a destra e a sinistra, muovendo quella bocca piena di tenaglie.
Les avrebbe voluto attaccarlo, magari l’avrebbe anche fatto, se non ci fosse stata Cassie. Se sbagliava quando era sola poteva ferirsi, ma ora rischiava di ferire anche la bambina, o peggio.
Il demone le si avvicino sputando un liquido verde corrosivo, ma Les, abile, face girare il suo bastone in modo tale da creare uno scudo.
Cercò di fare mente locale alle lezioni che le aveva impartito Rick: “Quando sei in un combattimento, devi ricordarti che tutti i poteri fanno parte della natura. Puoi sfruttare l’elemento che ti circonda per la maggiore, in modo da sprecare meno energia a crearlo”.
Les pensò che c’erano tre elementi che avrebbe potuto sfruttare, l’acqua, il vento e la terra.
Chiuse gli occhi per concentrarsi un attimo, raccolse le sue energie e poi riaprì gli occhi e sbatté una volta il bastone per terra. Si creò un’onda di vento che fece arretrare di una decina di metri tutti i demoni.
In quel momento Dan corse verso di loro coperto da una sostanza giallastra e le raggiunse, mentre gli amici di Les furono bloccati a pochi metri da loro dai demoni.
«Cosa facciamo?» chiese Les.
«Dobbiamo proteggere Cassie, ok?» le disse Dan molto agitato.
«Va bene, però dobbiamo arrivare agli altri, non possiamo proteggerla solo noi due» gli disse.
«Ok, hai già un piano?» le chiese.
«Più o meno» gli rispose Les.
«Quali elementi controlli?» gli chiese.
«Tutti, ho la magia nera» le rispose lui.
«Perfetto, ecco quello che faremo» gli disse Les spiegandogli il piano.
Senza parlare, lo misero subito in atto: Les si concentrò al massimo, raccogliendo tutte le energie che aveva, ascoltando il vento, diventando parte del vento. Non doveva perdere la concentrazione, era necessario per ciò che stava per fare.
«Sono pronto!» e urlò Dan.
Allora lei lasciò andare tutta l’energia che aveva creando un’ondata di vento come quella di prima e poi volò in aria, trasportata dal vento.
Nel frattempo, Dan aveva spinto il mare verso il vento, in modo che andasse verso i demoni e li allontanasse ancora di più, dalla spiaggia, poi prese Cassie fra le braccia e corse verso gli altri.
Les atterrò lì vicino a loro
«Bene, ora che siamo tutti vi dico cosa fare» disse Les.
«Dobbiamo proteggere Cassie e per farlo abbiamo bisogno di rispedire i demoni da dove sono venuti» diceva questo perché i demoni non potevano essere uccisi, ma solamente essere rispediti negli inferi, da cui, una volta sconfitti, non sarebbero più riusciti a tornare in superficie.
«Douglas, hai presente quello per cui ci stavamo allenando in queste settimane?» gli chiese Les.
«Sì, ma on vorrai dirmi che vuoi farlo, abbiamo poco tempo, non siamo abbastanza allenati…» protestò lui.
«Facciamo quello. E ci mettiamo anche l’acqua» disse Les decisa.
«Va bene, ci penso io» disse Diana guardando la gemella.
«Ho bisogno di protezione mentre facciamo questa cosa, dovete mettervi in modo tale che io non affronti demoni!»  gridò Les.
Si disposero a semicerchio, con le spalle rivolte verso il mare. Les si mise in mezzo a loro e Cassie vicino a lei.
Sapeva che ciò che stava per fare era molto complicato: stavolta non doveva concentrarsi per aumentare i suoi poteri, ma per aumentare quelli di altre persone.
Uscì dalla sua mente per cercare quella di Douglas, quando la trovò, non ci fu nemmeno bisogno che si parlassero. Aveva gli occhi chiusi, ma riusciva lo stesso a sentire dov’erano i demoni, e stavano per arrivare.
Doveva spettare il momento giusto, ecco un po’, un po’, ancora un po’… Les trasferì i poteri che aveva su Douglas, che riuscì ad aprire un varco nella terra in cui sprofondavano tutti i demoni. Il varco si allargava sempre di più, facendo in modo che i demoni continuassero a cadere giù. Diana intervenne con l’acqua per affogarli e, quando ce ne mise abbastanza, Douglas iniziò a chiudere il varco partendo dall’alto, in modo che tutti i demoni rimanessero schiacciati dentro.
Finalmente era tutto finito, anche il vento aveva smesso di soffiare forte. Dan prese sua sorella fra le braccia amorevolmente e si avviò verso casa sua.
«Congratulazioni Les, ce l’abbiamo fatta» disse Douglas con un sorriso.
«Già, è vero» Les gli diede una mano per farsi aiutare ad alzarsi, ma la sua bocca si contorse in una smorfia di dolore.
Si toccò il braccio e vide che perdeva sangue da dove il demone l’aveva graffiata. Les si mise sopra il bastone e il braccio smise di sanguinare, anche le faceva ancora male.
«È una ferita da demone, sai cosa significa?» le chiese Rachel.
«Sì, so che la magia non basta a guarirla, ma quando arriviamo a casa ci metto la pomata del nonno e sparirà anche l’infezione» disse Rachel.
Erano tutti silenziosi, mentre stavano tornando a casa. Una pioggerellina leggera era iniziata a cadere e i ragazzi si bagnarono.
«Ragazzi, sto pensando una cosa» disse ad un tratto Thomas.
«A cosa?» gli chiese Jim.
«Se non abbiamo preso nessun pesce, cosa mangeremo per cena?».





Ehi, scusatemi moltissimo per il mio ritardo ad aggiornrnare, ma ho avuto altro da fare.
Allora, vi piace come si sta evolvendo la storia?
Ho fatto un po' di 'pulizia' sulla mia pagina autrice e fra poco pubblicherò un'altra long.
Se volete potete seguirmi anche sulla mia pagina facebbok 
Spero che vi piacerà c:

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 ***


Capitolo 10

 

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Quella sera, alla fine, erano riusciti a mangiare lo stesso una buona cena, perché dopo che aveva saputo ciò che era successo loro, Rena aveva sfoggiato tutto il suo talento culinario per ricompensarli.
Les aveva applicato sulla ferita del demone la pomata che le aveva dato suo nonno, l’aveva inventata lui e serviva per eliminare dal corpo il veleno del demone che causava infezione.
Nonostante fosse stata una giornata faticosa, Les non si sentiva stanca, anzi non aveva proprio voglia di mettersi a dormire. Non si era tolta i vestiti e non si era messa il pigiama, stava semplicemente seduta sul suo letto, con la schiena contro il muro, a osservare le stelle.
In quel momento dei sassi colpirono il vetro della sua finestra.
Curiosa, Les andò ad aprire e vide che sotto c’era Dan, vestito nello stesso identico modo in cui era vestito di giorno.
«Quindi è questa la tua finestra» disse lui.
«Sì, perché?» chiese Les.
«Beh, prima di trovarla, ho cercato al piano terra, ma ho visto solo persone adulte, allora ho iniziato tirare sassolini a caso» le disse mostrandole la mano con molti sassi.
«Prima li ho tirati alla finestra sbagliata e si è alzato un ragazzo, ma mi sono nascosto e non mi ha visto» Dan fece un piccolo sorriso, si guardò le scarpe e poi si alzò lo sguardo verso la finestra di Les.
«Sai perché sono qui?» le chiese.
«No» rispose lei.
«Devo parlarti» le disse lui. Les lasciò la finestra socchiusa e si gettò dolcemente fuori, planando sull’erba umida.
«Eccomi qui, dimmi tutto» gli disse.
Lui la scrutò un attimo e lei si perse di nuovo nei suoi occhi neri così espressivi in cui riusciva a leggere tutto di lui.
«Non qui, vieni con me» le disse allontanandosi.
Les lo seguì. Non camminarono molto, si fermarono in una specie di altopiano in mezzo ad una collina in cui c’erano diverse rocce.
«Questo è il mio posto preferito, ci vengo sempre di notte… mi trasmette pace» le disse ammirandolo.
«Bello» disse Les passando una mano sopra le pietre lisce.
«Già» confermò lui.
«Probabilmente ti starai chiedendo di cosa devo parlarti» continuò.
«Effettivamente sono piuttosto curiosa, credevo mi odiassi» gli disse Les sorridendo.
«Infatti è così. Ti odiavo perché credevo fossi tu a mandare i demoni e a scatenare tutto questo, ma dopo quello che è successo oggi ho capito che tu non c’entri nulla» prese fiato un momento.
«E voglio chiederti scusa per aver pensato male di te, ma voglio anche ringraziarti per aver protetto mia sorella, lei è tutta la mia famiglia» Les notò che era triste e le sembrò che volesse confessarle qualcosa.
«Ora l’hai lasciata da sola al villaggio?» gli chiese.
«Sì, io mi fido di quelle persone, lei sta bene lì con loro… tutti la rispettano e si prendono cura di lei come se fosse la propria figlia… noi orfani veniamo tutti trattati così» Dan si mise seduto sull’erba, con la schiena appoggiata contro una sasso ruvido, lo sguardo verso la luna semi-coperta dalle nuvole.
Les si sedette accanto a lui.
«È stata la guerra a portare via i miei genitori» disse lui senza che Les gli chiedesse nulla.
«Erano entrambi combattenti eccezionali, possedevano la magia nera e credevano fervidamente nel bene. Quando tuo nonno si schierò dalla parte dei demoni, io avevo due anni e loro non esitarono un minuto, andarono a combattere lasciandomi da solo.
Tornarono due anni dopo, quando io ne avevo quattro. Si fermarono pochi mesi, facendomi sentire di nuovo felice, ma poi se ne riandarono, per combattere nuovamente i demoni» si fermò un attimo, aveva gli occhi lucidi.
«Non fraintendermi, io ero dispiaciuto che loro partissero, ma ero anche orgoglioso di loro, erano eroici e coraggiosi, tutti al villaggio li stimavano. Per altri tre anni non li vidi più, fino a quando una mattina che stavo girando per le colline, trovai una donna tutta coperta di sangue vicino al fiume. Le tolsi il sangue secco dal viso e più la pulivo, più quelle donna mi ricordava qualcuno.
Non riconobbi che era mia madre fino a quando non mi chiamò per nome. Feci tutto il possibile per guarirla, ma lei morì nove mesi dopo, subito dopo aver messo al mondo mia sorella. La cosa che odio più di me stesso è che non riconobbi mia madre, non riconobbi la donna sporca di sangue. Anche ora faccio sogni in cui la vedo e lei mi aggredisce, dicendomi che dovevo salvarla, che dovevo salvare lei e mio padre, ma che ho fallito»
«No!» disse Les interrompendo il suo racconto.
«Non hai fallito. Tutto ciò che volevano i tuoi genitori è che tu fossi fiero come loro, che ti battessi sempre per il bene e che proteggessi tua sorella…» le disse Les.
«No, non è vero» rispose lui scuotendo la testa.
«Non ero nemmeno stato capace di riconoscere che tu sei una brava persona, pensavo fossi una strega» continuò Dan.
«Ma si può cambiare, Dan, tutti possono cambiare» gli disse Les.
«Scusami, ma io non ci credo» gli disse lui.
Les prese fiato. Lui le aveva raccontato la sua storia ed era ora che Les gli raccontasse la sua, in modo che capisse che le persone cambiano in meglio se vogliono.
«Sai, mio nonno era una persona molto speciale» gli disse Les.
«Quando conobbe mia nonna e si sposarono, l’unica cosa che volevano era vivere in pace. Entrambi erano molto interessati alla magia, conducevano molti studi e fecero molte scoperte importanti. Quando nacque mia madre, furono entrambi molto felici. All’inizio era una bambina allegra, ma poi si fece contagiare dalle ragazze del villaggio e divenne sciocca e superficiale, non le interessava per niente la magia e non aveva rispetto per i miei nonni.
Loro credevano che fosse solo una cosa passeggera e non cercarono mai di forzarla a cambiare, inoltre c’era un ragazzo che veniva da un altro villaggio, Federico, che si era trasferito da loro per studiare magia con mio nonno. Credo che ad un certo punto loro consideravano più loro figlio Rick piuttosto che mia madre. A diciotto anni lei scappò di casa e nessuno seppe dov’era andata. Per i miei nonni fu un colpo molto duro e qualche anno dopo anche Rick se andò, perché voleva girare il mondo e approfondire di più la magia. Mio nonno si sentì tradito da tutto ciò che aveva amato, si sentiva come se avesse fatto dei piani e poi quei piani venivano mandati all’aria.
Era sempre chiuso nel suo studio, oppure andava via per giorni interi senza dire nulla.
Mia nonna era preoccupata, ma credeva che si trattasse solo per la delusione della figlia, per cui non fece nulla. Mio nonno impazzì e si alleò con i demoni, voleva far soffrire il mondo, probabilmente come aveva sofferto lui» Les si fermò e vide che Dan la guardava in maniera preoccupata, ma anche curiosa.
«Poi arriva la parte di storia che conosci, cioè la guerra. Ma quello che la gente non sa è della mia nascita. Mia madre non aveva avvertito nessuno che era incinta, mia nonna lo venne a sapere da una sua amica che faceva l’infermiera in un ospedale. La incontrò di nuovo il giorno del parto e si parlarono, mia madre disse che non voleva avermi come figlia e che mi avrebbe dato in adozione, così mia nonna decise di prendermi con lei e disse alla figlia che era senza cuore.
Mentre mia madre stava partorendo arrivò mio nonno, disse che si era pentito di ciò che aveva fatto, che l’odio l’aveva fatto diventare cieco e che non era più quella persona cattiva. Disse che mi avrebbero chiamato Celeste, perché avevo il potere del cielo e poi lui morì.
Tutti dicono che lo videro accasciarsi e morire, ma la verità è che lui aveva legato la sua vita a quella del suo esercito, perciò fu lui a decidere di morire, per mettere fine a tutto»
«Questo non lo sapevo» le disse Dan.
«Lo so, nessuno si cura mai di questi particolari» disse Les.
«È anche terribile il fatto che tua madre ti abbia abbandonato… io credevo che anche tu fossi orfana»
«No, mia madre è ancora viva. O forse no, non lo so nemmeno io» gli disse alzando le spalle.
«Io crebbi con mia nonna fino a quando avevo tre anni, in quel periodo Rick si sposò con un mezzo demone, Jeanette, e aprirono insieme un istituto per tutti i ragazzi. Io andai con loro e vissi lì fino a quando avevo dodici anni. Non avevo nemmeno un amico e mi sentivo molto sola, facevo strani incubi la notte, urlavo, parlavo, ero sonnambula… inoltre i miei genitori mi avevano abbandonata, mi sentivo come se nessuno mi amasse, come se nessuno si ricordasse che esistessi.
Una notte, quando mancavano pochi giorni al mio dodicesimo compleanno, vidi mio nonno in sogno. Mi disse che dovevo accettare il mio destino, che dovevo diventare forte, che dovevo usare la magia perché dovevo salvare il mondo. Io gli dissi che non volevo nulla di tutto ciò, perché ero spaventata da ciò che sarebbe potuto accadere.
Per una serie di coincidenze, che poi adesso non penso che siano coincidenze, incontrai altra gente che aveva dei poteri, e mi resi conto che c’era un demone, un demone molto potente, che mio nonno non era riuscito a confinare all’inferno e che dopo dodici anni era riuscito a tornare in superficie con un solo scopo: uccidermi e poi dominare il mondo.
Ovviamente Rick e Jean furono obbligati a chiudere il collegio e ci trasferimmo tutti qui da mia nonna.
Inizialmente avevo tanta paura, credevo che non sarei riuscita a fare nulla e che avrei deluso tutti, ma poi capii che dovevo smetterla di piangermi addosso e che dovevo agire, se volevo cambiare veramente.
Ed ora sono la ragazza che sono perché sono cambiata» concluse Les.
«Non avevo idea di tutto ciò» disse Dan.
«Hai sofferto moltissimo e nessuno era lì per aiutarti, hai dovuto sopportare tutto questo da sola… e noi del villaggio che credevamo tu fossi una strega!»
«Non ti ho raccontato la storia della mia vita perché mi compatissi» gli disse.
«Non l’avevo mai raccontata a nessuno, tu sei il primo, perché anche tu hai bisogno di cambiare e puoi riuscirci, molte persone ne sono la dimostrazione: mio nonno, mia madre, Jean, io… puoi farcela» Les lo guardò negli occhi e, per la prima volta, non ci vide l’odio, ma solo tanto, tanto dolore e voglia d’affetto.
«Grazie per le tue parole, forse c’è una speranza di salvezza anche per me» disse Dan.
«Se c’è una cosa che ho imparato è che c’è speranza di salvezza per tutti, se lo vogliono».
E rimasero in silenzio, a fissare le stelle, mentre non sapevano che il più grande cambiamento della loro vita era già in atto e si era compiuto quella stessa notte.



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 Buon giorno a tutti!
Come potete vedere ultimamente mi sto sbrigando ad aggiornare, anche perché non l'avevo fatto da parecchio tempo e mi sembra brutto
far durare troppo a lungo una storia, per cui, in media, aspettatevi un aggiornamento ogni settimana c:
Se volete potete trovarmi anche nella mia Pagina facebook c:

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 ***


Capitolo 11

 

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Dalla chiacchierata che aveva avuto con Dan, Les non l’aveva più rivisto. Aveva continuato ad allenarsi come al solito con i suoi compagni fino a quando, una domenica, qualcuno bussò alla porta di casa.
Andò ad aprire Rena e vide che erano una bambina e un ragazzo.
«Cerchiamo Les» aveva detto lui.
La nonna l’aveva chiamata e lei si era precipitata giù dalle scale per vedere chi fosse.
Dan era diverso dal solito, certo, non sorrideva, ma dal suo sguardo era sparito del tutto l’odio che c’era prima, adesso c’era un accenno lieve di felicità.
«Perché mi cercavate?» Les notò che Dan non indossava la sua solita tenuta da battaglia, ma dei pantaloni e una camicia.
«Ti vuole vedere una persona del nostro villaggio» le disse Cassie.
«Devo preoccuparmi?» chiese Les.
«Oh, no, davvero. Noi la chiamiamo ‘la maga’ è una donna che fa profezie e altre cose del genere e ha detto che vorrebbe conoscerti» le disse Dan.
«Ok, va bene, andiamo» disse.
Andarono verso il villaggio e Dan non parlò quasi mai, mentre Cassie non stette zitta un secondo.
Disse che Dan aveva raccontato a tutti che Les non era la persona che credevano loro, ma che era una ragazza a posto che voleva salvare il mondo dai demoni.
Quando arrivarono al villaggio la gente la guardava ancora male, ma non osavano dire nulla.
«Non ero mai stata al villaggio» disse Les.
Era vero che non c’era mai stata, ma era esattamente come l’aveva immaginato. Un sacco di case ammassate l’una sull’altra, tutte dipinte di giallo ocra, ma scolorite dal tempo, con grandi porte e piccole finestre.
I bambini giocavano a palla nelle piazze, mentre gli adulti si scambiavano pettegolezzi da una finestra all’altra, i vecchi stavano seduti fuori dalle porte e giocavano a carte, oppure semplicemente si guardavano intorno e sorridevano pensando a ricordi felici.
Les riconobbe subito la casa della ‘maga’ perché era l’unica che era dipinta di color blu notte, inoltre fuori c’erano tutti oggetti strani, come cuscini molto colorati e dall’interno proveniva un buon profumo che Les non aveva mai sentito.
«Entriamo solo io e Les, Cassie, tu vai a giocare con i tuoi amici» le disse Dan.
«Voglio venire anche io!» protestò lei.
«Cassandra» iniziò lui.
«Ok, va bene, ma non è giusto, sappilo».
Quando la bambina si fu allontanata i due ragazzi entrarono un po’ timorosi in quella casa.
«Benvenuta, nipote di Daniele, era da tanto tempo che ti attendevo» le disse una voce femminile.
Le finestre di quella casa erano tutte sbarrate e l’unica fonte di luce veniva da poche candele sperse in giro per la stanza.
«Ehm… grazie» rispose Les. «Conosceva mio nonno?» chiese girandosi intorno per vedere dove fosse la donna.
«Certo che lo conoscevo, era un’ottima persona e un mio caro amico» disse la donna senza farsi vedere.
«Non mi ha mai parlato di lei…» disse Les.
«Certo che no, avevamo un accordo» la donna le sbucò davanti, ma Les non seppe dire da dove veniva, si limitò a saltare indietro e trovò riparo fra le braccia di Dan.
«Tutto ok?» le chiese lui fissando la donna.
«Sì, sì, sto bene» rispose Les un po’ imbarazzata.
La maga era una donna che dimostrava una trentina d’anni, vestita con una moltitudine di scialle e con del trucco nero intorno agli occhi.
«Sembra molto giovane per una che conobbe bene mio nonno» disse Les sospettosa.
«Ho molti più anni di quanti ne dimostro» le rispose la maga.
Era un po’ inquietante, perché aveva gli occhi molti grandi, li teneva spalancati e tutto quel trucco glieli accentuava molto.
«Sai perché sei qui?» le chiese la maga.
«Perché Dan mi ha detto che voleva vedermi» la maga sorrise improvvisamente come se si fosse ricordata di qualcosa di molto buffo e lo guardò come se si fosse accorta solo ora della sua presenza.
«Ah, Dan… tutto bene, caro?» gli chiese.
«Sì» le rispose lui spaventato dalla faccia della maga.
«Bene, bene, si vede che è proprio destino. Tra l’altro io l’ho detto sempre… il destino!» esclamò all’improvviso.
Dan e Les si scambiarono un’occhiata preoccupata. Non erano sicuri che la maga fosse sana di mente.
«Ma torniamo a te, cara Celeste» le disse la maga.
«Una tazza di the?» chiese prendendo un vassoio dietro di lei. Sopra al vassoio c’erano delle tazze, ma dentro le tazze non c’era nulla.
«No, grazie» risposero insieme i due ragazzi.
«Neanche a me piace il the» disse la maga.
Andò ad ispezionare Les, le girò intorno, la guardò negli occhi, toccò il tessuto dei suoi vestiti, quando ebbe finito di analizzarla disse:
«Bene, sei pronta per la conoscenza».
«Quale conoscenza?» chiese Les stupita.
«Mi sembra strano che tu mi faccia questa domanda» disse la maga.
«Credevo che tu più di tutti fossi ansiosa di ricevere il dono della conoscenza» continuò.
Les lanciò un’occhiata a Dan, ma lui alzò le spalle: nemmeno lui sapeva cosa intendesse la maga.
La maga lo notò e prese Dan per le braccia.
«Senti, tu sei molto carino, ma è meglio se per ora ti metti qui e stai buono fino a quando non te lo dico io» lo trascinò verso un angolo della stanza e lo mise seduto su un divano dai colori stravaganti.
«Guai a te se ti alzi» lo ammonì.
Dan avrebbe voluto risponderle, ma poi decise di lasciar perdere.
«Allora, stavamo dicendo?» chiese la maga tornando a concentrarsi su Les.
«Mi stava dicendo della conoscenza…» le disse.
«Ah, sì, giusto, ma prima che tu riceva il dono devo darti una cosa» si diresse verso il tavolo che sembrava essere la sua scrivanie e tirò fuori da un cassetto un contenitore di pelle.
«Ecco, questo è ciò che devi avere» gli disse la maga mostrandoglielo.
«Cosa c’è dentro?» chiese Les curiosa.
«Ora lo vediamo subito» la maga aprì il sacchettino e vi tirò fuori l’oggetto che c’era dentro: una chiave.
Era una semplice chiave d’argento, di quella che a Les sembrava una misura standard.
«Una chiave?» chiese Dan che stava osservando la scena dal divano con le braccia incrociate.
«Stai zitto, tu!» gli ringhiò contro la maga.
«Questa non è una normale chiave, Celeste» le spiegò.
«Questa chiave apre solo una porta quando tutte le altre vie sono chiuse»
«Ma cosa vuol dire tutto ciò?» chiese Les più confusa di prima.
«Quando sarà il momento capirai, non preoccuparti, basta che ti ricordi della mie parole e che la porti sempre con te» disse la maga consegnandogliela.
«Vieni qui, Celeste, ho già programmato tutto per te» la trascinò in mezzo alla stanza, dove aveva tracciato uno strano cerchio con la cera di una candela nera.
«Sì, ecco, esatto, proprio qui, nel mezzo» le disse posizionandola.
Iniziò a girare intorno a lei cantilenando una canzoncina in una lingua che Les non capiva.
Ad un certo punto la melodia cambiò, e la maga prese una ciotola dove c’era della cera bianca e iniziò a dipingerle degli strani segni lungo le braccia e sul viso.
Quando ebbe finito di cantare si voltò verso Les e, guardandola negli occhi, iniziò a bisbigliare un sacco di parole incomprensibili.
Mentre lei andava avanti Les sentiva che la cera sul suo corpo si stava asciugando e che si stava per staccare.
La maga finì di bisbigliare guardandola le disse una parola. Quando la pronunciò tutta le cera si sgretolò e cadde da Les. Stranamente lei capì quella parola e non seppe se la conosceva già oppure se era un qualcosa che la maga le aveva fatto capire; la parola era ‘Conoscenza’.
«Puoi andare, ora hai tutto ciò che ti serve per risolvere ciò che ti capiterà da adesso in poi» le disse la maga.
«Grazie» le disse Les anche se non ancora la capiva bene.
Dan si alzò dal divano e insieme a Les si avviò verso l’uscita.
«Ah, non dimenticarti una cosa!» le disse la maga prima che uscissero.
«Dì a Rick e Jean che ciò che stanno aspettando arriverà loro quando non se lo aspettano» disse enigmatica.
«E quando muoio, voglio che il mio corpo venga bruciato vivo sulla spiaggia» aggiunse con un sorriso.
 
«Secondo te cosa significava?» chiese Les a Dan, dato che lui si era offerto di riaccompagnarla a casa.
«Ciò che ci ha detto la maga, intendo» precisò.
«Se fossi in te non mi preoccuperei troppo» disse lui sorridendo.
«Credo che lei sappia fare le profezie, solo che le fa troppo complicate, per cui la gente capisce che aveva ragione solo dopo che quello che ha predetto si è avverato» le rispose.
«Credi che stia per morire?» gli chiese Les preoccupata.
«No, non preoccuparti, di solito lei fa queste previsioni, ma deve passare molto tempo prima che si avverino» la rassicurò Dan.
«Se lo dici tu» disse Les fingendosi convinta.
La verità era che aveva un bruttissimo presentimento.


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Salve a tutti, finalmente ho aggiornato. 
Volevo solo spendere due parole per questo capitolo: allora, finalmente Les ha conosciuto questa strana maga 
che le ha fatto una specie di rituale e non preoccupatevi se per ora non capite di cosa si tratta,
spiegherò tutto al momento giusto, intanto voi non dimenticatelo.
Spero di aggiornare presto e che questo capitolo vi sia piaciuto.
Ci vediamo al prossimo! :D
Intanto ricordo che chi vuole può seguirmi anche sulla mia pagina facebook.

_WR_

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 ***


Capitolo 12

 

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Il giorno successivo della visita alla maga, Les si svegliò con le testa pesante e i muscoli che le facevano male. Era piuttosto strano, perché di solito lei stava sempre benissimo e non aveva mai avuto certi problemi di salute. Si alzò e si vestì, sarebbe andata nel suo luogo segreto quel giorno, ma qualcuno bussò alla porta della sua camera.
«C’è il ragazzo di ieri che ti cerca» le disse Rena comparendo sulla soglia della porta.
«Grazie nonna, ora scendo» le rispose educatamente Les.
Era sorpresa di trovare Dan, ma le faceva anche piacere, doveva ammetterlo.
Quando lo vide, capì subito che era successo qualcosa: non era arrabbiato, ma aveva il viso stanco e aveva la faccia di chi portava brutte notizie.
«Tutto bene?» gli chiese Les sperando che si stesse sbagliando.
Lui scosse la tesa.
«Hai presente la maga? Beh, questa mattina l’abbiamo trovata morta, pensiamo che sia stato un demone» quella notizia colpì moltissimo Les, che ci mise un po’ di tempo per assimilarla.
«Dobbiamo bruciare il suo corpo sulla spiaggia, come lei ci aveva chiesto, volevo chiederti se avevi voglia di venire con me… alla fine l’hai conosciuta ieri…» tentò di spiegarsi.
«Certamente» rispose lei.
Insieme si incamminarono verso la spiaggia, avrebbero bruciato il suo corpo lì.
Durante il tragitto non parlarono, un po’ perché Les era convinta che il motivo della morte della maga fosse ciò che le aveva fatto il giorno precendente, un po’ perché Dan era introverso e non gli piaceva molto chiacchierare.
«Dan, posso chiederti una cosa?» gli domandò Les ad un certo punto.
«Certo, dimmi tutto» le rispose lui.
«Tu credi che ciò che è successo alla maga sia la conseguenza di ciò che mi abbia fatto ieri?» gli chiese.
Dan sospirò e si passò una mano fra i capelli neri prima di rispondere.
«Vuoi la verità? Secondo me sì» le rispose lui.
«Ma… voglio, dire, com’è possibile tutto ciò?» chiese Les, più a se stessa che a Dan.
«Non lo so, però ciò che ti ha fatto è strano… non aveva mai mostrato interesse per nessuno al villaggio, non aveva mai fatto entrare nessuno dentro la sua casa prima di allora…» le confessò lui.
Les tornò a pensarci su.
Avrebbe voluto moltissimo parlare con suo nonno, chiedergli perché la maga era morta, cosa significasse il dono della conoscenza, ma lui non si faceva vedere da parecchio nei suoi sogni.
Eppure, ne era certa, stava succedendo qualcosa, qualcosa che non riusciva a capire.
«Eccoci, siamo arrivati» le disse Dan mostrandole la spiaggia.
Non c’era quasi nessuno, se non qualche uomo robusto, chiamato probabilmente ad accendere il fuoco.
Sulla spiaggia c’era un corpo disteso su una montagna di legna, con le braccia incrociate sul petto.
Les notò subito che era il corpo della maga, solo più pallido, con ancora tutto il trucco nero sopra e che l’avevano vestita con un abito bianco.
Quando videro Dan, gli uomini che stavano lì accesero delle fiaccole e bruciarono il corpo.
Les vedeva le fiamme espandersi sempre più velocemente e, istintivamente, si aggrappò al braccio di Dan, lui la guardò senza dire nulla.
«Stai piangendo» le fece notare dopo un po’.
«Lo so è che… lei conosceva mio nonno, io l’avevo appena vista ieri e ora è morta…» Les singhiozzava e aveva una mano davanti alla bocca per lo shock.
«È vero Les, però pensa al fatto che lei lo sapeva, sapeva di doversene andare e ha vissuto una bella vita, certo, non era amata da tutti, ma la rispettavamo e lei non ha mai avuto motivo per lamentarsi» le disse lui per consolarla.
Le mise anche un braccio intorno alle spalle e lei si strinse del suo abbraccio. Strano ma vero, Les si stava facendo confortare da una persona che qualche settimana prima era intenzionata ad ucciderla.
Quando il corpo fu interamente bruciato e della maga rimasero solo le ceneri, Les si staccò da Dan, come se seguisse una forza misteriosa.
«Les?» la chiamò lui confuso.
Lei sembrò non sentirlo e proseguì la sua strada verso le ceneri.
Si fermò proprio lì davanti, tirò fuori il suo bastone e lo mosse delicatamente. Fece alzare una folata di vento, che alzò le ceneri e le sparse verso il mare.
«Grazie» sussurrò.
Dan, ancora più confuso si avvicinò  a lei e le mise una mano sulla spalla.
«Andiamo?» le chiese.
Les si voltò e gli sorrise, dal suo volto erano sparite le lacrime.
«Certamente» gli rispose.
Senza fare domande, entrambi si avviarono vero la casa di Les.
Questa volta, durante il tragitto, parlarono molto e Les riuscì a strappare anche un paio di sorrisi a Dan, notò che era molto carino quando sorrideva, perché aveva un’espressione serena sul viso.
«Come sta tua sorella?» s’informò Les.
«Sta benino, quando ha saputo della morte della maga si è messa a piangere e quando le ho detto che sarei venuto a trovarti voleva venire anche lei» disse Dan.
«Sai, è molto legata a te, ma ho preferito non farla venire, è ancora piccola, non volevo che vedesse una persona bruciare, anche se questa era morta…» aggiunse.
«È molto carina tua sorella, anche io le voglio molto bene» disse Les.
«Lo so» disse Dan sorridendo.
Quando sorrise, Les sentì qualcosa contorcersi dentro di lei e le venne da sorridere a sua volta, senza una ragione precisa.
«Lo sai che tua sorella ha il potere del vento?» gli chiese Les.
Dan si fece di nuovo serio.
«Sospettavo avesse ereditato un potere dai nostri genitori, ma non sapevo quale avesse» gli spiegò.
«Come fai ad esserne sicura?» gli chiese Dan.
«Io…io riesco a percepirlo» gli spiegò Les.
Dan la guardò senza capire.
«Quando la gente mi tocca la mano, è come se percepissi varie cose a seconda del loro potere, per te avevo sentito l’oscurità, dato che possiedi la magia nera, per altri ho sentito la mano umida, alcuni come una scossa, un fuoco, dei granelli di sabbia… per tua sorella ho sentito il vento» gli disse.
«Capisco» disse lui.
«Quindi sei capace di capire il potere di una persona solo toccando glia la mano?» le domandò.
«Sì, è così» le rispose lei.
«Sembra interessante»commentò Dan.
«E se non possiede la magia cosa senti?» le chiese.
«Non sento nulla, è semplice» gli rispose scrollando le spalle.
Continuarono a parlare fino a quando non si ritrovarono davanti a casa di Les.
«Grazie per avermi accompagnato, sei stato molto gentile» gli disse lei.
«È stato un piacere» le rispose lui.
«Allora ci vediamo» lo salutò Les entrando in casa.
Prima che potesse chiudere la porta, però, Dan la afferrò e la face girare verso di lui.
«A - aspetta…» balbettò.
Quel comportamento era molto strano , inoltre non era da lui essere imbarazzato per qualcosa.
«Io… so che non è il momento adatto per chiederti una cosa del genere, ma… vorresti venire alla festa di primavera con me?» le chiese.
«La festa di primavera?» ripeté Les confusa.
«Sì, ogni ventuno di marzo facciamo una festa per l’arrivo della primavera, mangiamo, stiamo in compagnia e alla fine c’è uno spettacolo con i fuochi d’artificio» le spiegò.
«Solo che questo ventuno c’è stata una tempesta, per cui abbiamo dovuto rimandare tutto, abbiamo deciso di farla questo sabato, quindi se vuoi potresti venirci… insieme a me» aggiunse.
«Oh, beh, sarebbe fantastico, ma non so se…» disse Les guardando verso la sua casa.
«Ovviamente sono invitati tutti i tuoi amici e familiari, porta pure chi vuoi» le comunicò.
«Grazie, credo proprio che accetteremo» gli rispose Les sorridente.
Dan sorrise a sua volta, poi si chinò su di lei e le baciò delicatamente una guancia, sorrise di nuovo, si voltò e si incamminò verso il villaggio.
Les rimase confusa, ferma sulla soglia con la porta aperta, mentre guardava il ragazzo allontanarsi e di toccava la guancia dove l’aveva baciata con la mano.
Dove l’aveva baciata, non riusciva ancora a crederci e le sembrava che sarebbe svenuta da un momento all’altro.
Allora era questo l’amore di cui parlavano? La sensazione di benessere, di felicità, la voglia di esplodere e già sentire la mancanza dell’innamorato?
Les rimase ferma sulla porta fino a quando non vide più Dan, poi chiuse la porta e decise che non voleva affrettare i tempi, doveva capire se lo amava veramente e l’unico modo per farlo era chiedere consiglio a qualcuno più esperto di lei.
Ma chi? 


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Eccomi qui con un nuovo capitolo.
Sinceramente a me questo non piace molto, forse perché adesso c'è una parte meno fantasy,
dato che conosceremo un po' più a fondo i sentimenti di Les e i suoi poteri veranno messi da parte per un paio di capitoli.
Non sono molto brava a descrivere le scene romantiche, ma spero che sia queste che quelle del prossimo capitolo vi piacciano.
:)
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_WhiteRose_

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 ***


Capitolo 13

 

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«Nonna… mi domandavo, come hai capito che il nonno era l’uomo giusto per te?» chiese Les a Rena.
La nonna smise di lavare i piatti e si lasciò trasportare dai ricordi.
«Oh, beh, innanzitutto lui era il più fantastico di tutti, era carismatico, intelligente, buono, generoso… insomma, ne lo ammiravo tantissimo. Ci conoscemmo quando lui venne a tenere un discorso all’università che frequentavo.
Io ero una normalissima studentessa senza poteri, ma con una gran voglia di saperne di più sulla magia, a quei tempi avevo i capelli neri e lunghi e gli occhi marroni. Quando Daniele tenne la sua conferenza, parteciparono molte ragazze, ma la maggior parte lo facevano solo per ammirare la sua bellezza, tuo nonno era sempre stato molto bello, però io ascoltavo attentamente ciò che diceva.
Parlava della magia, delle sue varie forme, delle sfaccettature, dei modi in cui, secondo lui, avere dei poteri influenzava il carattere, della costruzione di ‘armi’ personalizzate a seconda del potere… ero totalmente rapita dalle sue parole e, alla fine della conferenza, ero l’unica che gli faceva domande sensate su ciò che aveva detto.
Forse fu proprio per quello che notò me. Dopo la conferenza iniziammo ad uscire, dapprima con alcuni nostri amici, poi da soli, fino a quando, il primo giorno di primavera, sotto alcuni ciliegi in fiore, lui mi chiese di sposarlo.
Io non avevo nulla da perdere, non avevo una famiglia e sapevo che solo con lui avrei potuto continuare gli studi su ciò che mi interessava davvero: la magia. Così ci sposammo alcuni giorni dopo, io avevo diciotto anni e lui ne aveva ventisette» la spiegazione di Rena lasciò Les un tantino sconcertata: non si sarebbe mai immaginata che sua nonna si fosse sposata a diciotto anni.
«Ma… non era presto per sposarvi? E poi cosa avete fatto?» le chiese infatti Les.
«Non so, probabilmente sì, ma non ce ne curavamo molto. Eravamo giovani, innamorati… Venimmo a vivere qui, non volevamo andare dentro al villaggio, ci sentivamo come due spiriti liberi, per cui tuo nonno costruì questa casa e da allora restammo sempre qui» quando Rena finì il racconto, si accorse di avere gli occhi lucidi.
«Il nonno ti amava molto, ti ama ancora» la confortò Les mettendole una mano sulla spalla. Rena abbozzò un sorriso e poi se ne andò a distendersi in camera sua. Les non poté accompagnarla, perché quella era l’unica stanza della casa chiusa a chiave, in cui non poteva entrare nessuno se non Rena.
In quel momento entrarono Diana e Douglas che si tenevano per mano, per cui Les decise di chiedere consiglio anche a loro.
«Ehm, ragazzi, potrei farvi una domanda personale?» i due sembravano molto affiatati, da quando Les li aveva conosciuti non avevano mai litigato né si erano lasciati, per questo Les pensava che ad unirli ci fosse un legame molto forte.
«Certo, dicci pure» rispose Diana con un sorriso.
«Come vi siete messi insieme?» a quella domanda, i volti di entrambi si oscurarono un po’ e Les capì di aver toccato un tasto dolente della loro relazione.
«Scusate, io non volevo, è solo che c’è un ragazzo…» tentò di spiegare Les, ma proprio in quel momento arrivò anche Rachel e si intromise nella conversazione.
«Oh, un ragazzo che ti piace, finalmente la cosa si fa interessante, allora, chi è il fortunato?» Les divenne paonazza e fece segno a Rachel di parlare piano, ma ormai aveva attirato anche l’attenzione di Jim e Thomas, che scesero le dal primo piano e si unirono alla discussione del gruppo.
«Ti piace qualcuno? E chi è, sono io, non è così?» esclamò Thomas fiero di se stesso.
«Oh, non dire sciocchezze Tom, sono sicuro di essere io» lo rimbeccò Jim.
Les si faceva sempre più rossa e non sapeva cosa dire. Ormai aveva capito che sia Jim che Thomas provassero qualcosa per lei, ma per Les loro erano solo fratelli, per cui non avrebbe mai potuto provare nulla per loro…
«Fammi indovinare, il ragazzo che ti piace è quel bel tenebroso con cui ti vedi ogni notte» disse Rachel sicura di sé.
Les sembrò riacquistare un po’ del suo colorito e strabuzzò gli occhi.
«Come hai fatto a capirlo?» le chiese sorpresa.
«Oh, beh, non sei l’unica dal sonno leggero che si sveglia quando vengono lanciati i sassi alla finestra» ridacchiò Rachel «E poi ve ne andate via tutta la notte, chissà cosa combinate» aggiunse.
Les tornò di nuovo rossa come un peperone.
«Non combiniamo nulla» rispose balbettando.
Tutti, tranne Rachel, erano leggermente scossi, perché nessuno si aspettava una cosa simile da Les. Lei era tutta rossa e si guardava le punte dei piedi con imbarazzo evidente.
«Io… io volevo chiedervi se potevate darmi dei consigli, nel caso fra noi due accadesse qualcosa…» Les non aveva mai baciato nessuno e si sentiva piuttosto in imbarazzo a chiedere una cosa simile ai suoi amici, ma non voleva farsi trovare impreparata nel caso fosse successo.
«Stai tranquilla, se succederà sarà la cosa più naturale del mondo, non dovrai fare altro che comportarti come al solito» la rassicurò Diana, ma, per quanto Les si sforzasse, non riusciva proprio a stare calma.
 
La sera della festa di primavera tutti quanti sarebbero andati in spiaggia, fatta eccezione di Les, che sarebbe rimasta a controllare la casa. Sarebbe dovuta restare Rena, ma Les sapeva quanto sua nonna teneva a queste feste, per cui si era proposta lei.
Inoltre aveva un buon motivo per farlo, anche se non lo sapeva nessuno: quella sera aveva invitato Dan, che sarebbe rimasto con lei fino alla fine della festa.
Les era alquanto terrorizzata all’idea e non faceva altro che essere nervosa e agitata. Quando finalmente gli altri uscirono dalla casa, cercò di mettere tutto in ordine e accese delle candele, non perché non avessero l’elettricità in casa, ma perché creavano più atmosfera.
«Che bella la tua casa» fu il primo commentò di Dan quando entrò. Effettivamente, anche a Les piaceva molto, era tutto in legno, questo dava una sensazione più ‘familiare’ al tutto.
«Grazie» arrossì leggermente Les.
«Vieni, adesso ti faccio vedere tutte le stanze» disse Les e, sorprendendo entrambi, lo prese per mano.
«Questa è la camera di Jean e Rick, i miei genitori adottivi» disse Les aprendo la porta della camera e mostrandogliela.
«Questa è la camera di mia nonna» gli disse indicandogli solo la porta.
«Come mai non entriamo?» chiese Dan.
«Oh, perché qui può entrare solo mia nonna, nemmeno io ci ho mai messo piede» gli spiegò Les, poi lo condusse verso le scale e andarono al piano superiore della casa.
«Questa è la camera dei ragazzo, questo è il bagno e questa» fece un piccola pausa «è la mia stanza» Dan erano piacevolmente stupito, entrò ed osservò ogni particolare, lo specchio, i letti, la finestra, il comò…
«Allora, ti piace?» gli chiese Les.
«Moltissimo» rispose lui.
«Prova ad indovinare qual è il mio letto» gli disse Les. Dan si portò un mano sotto al mento e rifletté.
«Dunque, tu sei sicuramente una persona speciale, per cui secondo me non ti accontenteresti mai di dormire su uno di questi due banalissimi letti» disse.
Lei gli sorrise, incredibile da quanto poco tempo la conoscesse e quanto la conoscesse e gli mostrò il letto segreto dentro l’armadio.
«Tutto questo è decisamente favoloso» disse Dan andando ad esaminare il letto da più vicino.
Si sedette e Les andò vicino a lui. Proprio in quel momento sentirono un fischio e dopo uno scoppio.
«I fuochi d’artificio devono essere iniziati» esclamò Dan.
Diede la mano a Les e la aiutò ad alzarsi, poi andarono entrambi vicino alla finestra per ammirare i fuochi che coloravano il cielo. Les li aveva da sempre trovati meravigliosi e Dan non poteva non essere d’accordo con lei.
«Dan…» sussurrò piano Les quando i fuochi finirono.
«Sì?» le chiese lui. I suoi occhi erano neri come sempre, nonostante questo Les ci leggeva dentro moltissime cose, più di quante ne avesse mai lette con gli altri.
Lui le si avvicinò tanto al viso, Les sentiva il suo cuore scoppiare e trattenne il respiro. Dan sorrise leggermente e la baciò delicatamente sulla guancia.
«Ora devo andare, ci vediamo» le disse lui, aprendo la finestra e atterrando con grazia per terra. Les lo vide allontanarsi con l’aria soddisfatta mentre si dirigeva verso la spiaggia.
Les, invece, era rimasta ferma immobile, con lo sguardo rivolto verso la finestra e la mano ancora appoggiata sulla guancia che Dan le aveva baciato, con le stelle uniche testimoni del loro amore.

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Salve a tutti, eccomi di nuovo qui!
Come avete sicuramente visto ho cambiato molto lo stile della storia, cambiando font e aggiungendo un banner (che magari fa un po' schifo, ma l'ho fatto io).
Insomma che dire, a me piace molto questo nuovo aspetto e spero che piaccia anche a voi.
Avevo già detto in precedenza che non sono molto brava a descrivere le scene romantiche, infatti questo è il risultato.
Dal prossimo capitolo, comunque, avremmo di nuovo la presenza del fantasy, che in questi ultimi capitoli non c'era stata.
Sono arrivata anche a scriverli quasi fino alla fine, ho programmato che la storia sarà di 25 capitoli, spero che rimmarrete con me fino alla fine :)
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Capitolo 15
*** Capitolo 14 ***


Capitolo 14


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Quando gli altri rientrarono, Les era ancora ferma a guardare le stelle.
«Si può sapere cosa è successo?» Rachel le stava facendo la stessa domanda da un sacco di tempo, ma Les non faceva altro che sorridere.
«È innamorata, te lo dico io» le disse Diana, che di innamoramenti ne capiva più della sorella.
Rachel fece una faccia disgustata e poi tutte, Les compresa, si misero a dormire.
Non ci volle tanto a far addormentare Les e, anche se lei avesse voluto tanto sognare Dan, quella sera il destino aveva altro in serbo per lei.
 
“Ciao, bambina mia” la salutò amabilmente Daniele quando la vide.
“Ciao nonno” le rispose lei. Era ancora euforica per ciò che era successo con Dan e non riusciva a togliersi dalla faccia il sorriso.
“Ah, l’amore, forse è questa la magia più grande di tutte!” sospirò suo nonno.
“Vuol dire che tu…” Les aveva la sensazione che Daniele sapesse cosa era successo quella notte.
“Certo, so tutto, non dimenticarti che ti tengo d’occhio” Les arrossì leggermente e poi sorrise a suo nonno.
“Hai portato a termine parte della tua missione” le confidò “Ricordi quando ti dissi che dovevi cambiarlo? Beh, mi riferivo proprio a Dan, hai fatto un ottimo lavoro con lui”
“Vuol dire che tu già sapevi che ci saremmo innamorati?” gli chiese Les sbalordita. A volte il suo destino era così intrecciato con ciò che stava vivendo che era impossibile dire cosa fosse merito suo e cosa fosse ‘già scritto’.
“Certamente” le rispose tranquillo il nonno.
Nonostante la sua calma apparente, Les vide che lui era agitato e che le stava nascondendo qualcosa.
“Tutto bene, nonno?” gli chiese infatti.
Lui sospirò e guardò Les con aria grave.
“No, non va tutto bene, purtroppo sono portatore di brutte notizie questa notte, ma mi dispiace dirtele perché ti rovinerei di sicuro la serata” Daniele sospirò di nuovo “Ma purtroppo devo dirtelo”.
Prese fiato e iniziò a raccontare ciò che aveva da dire.
“Hai presente il demone dell’istituto? Beh, non si è ancora arreso e vuole la tua testa, dato che sei l’unica persona rimasta che può confinarlo negli inferi; per questo la settimana prossima ti attaccherà, ovviamente spera di mettere a segno un colpo a sorpresa, ma io ti ho avvertita…”
“Cosa devo fare?” chiese Les seria interrompendo suo nonno.
“Devi rafforzare i tuoi poteri. Parti domani mattina presto oppure questa notte stessa e vai nel laghetto a meditare, quello è un luogo speciale, lì i tuoi poteri si amplificano più in fretta. Restaci una settimana, fino a quando il demone non attaccherà e dì anche agli altri che si preparassero duramente in questa settimana, quella sarà la lotta finale”
“La lotta finale?” ripeté Les incredula.
“Esattamente, se riuscirai a sconfiggere il demone vinceremo, altrimenti il demone sconfiggerà te e l’umanità verrà dominata da quella creatura” Les aveva paura, molta paura.
Si era allenata duramente per molti anni, eppure non si sentiva ancora pronta alla sfida finale, quella in cui si sarebbe giocata tutto.
“Non ti deluderò, nonno” cercò di mostrarsi sicura, ma il suo tono di voce faceva trapelare la sua ansia.
“Ricordati che io sarò sempre al tuo fianco” le disse suo nonno e per quella notte la conversazione terminò lì.
 
La mattina, quando Les si svegliò, il sole stava sorgendo e faceva capolino da dietro le montagne. Lei era ancora preoccupata per il sogno che aveva fatto la notte precendente, così si vestì in fretta e scese in cucina per prendersi qualcosa da mangiare, e c’era da dire che le amava veder sorgere il sole, a volte si svegliava a quell’ora solo per poterlo ammirare.
Prese un po’ di frutta e qualche pezzo di pane, cosciente del fatto che quando meditava il tempo passava più in fretta del normale e spesso lei non avvertiva la fame. Si rese anche conto di dover avvertire gli altri, per cui scrisse un biglietto alla sua famiglia con le ragioni per cui doveva andarsene e li esortava ad allenarsi duramente, ma poi si ricordò della sera prima, così decise di scrivere anche una lettera.
Doveva sicuramente a Dan delle spiegazioni e, anche se non poteva permettersi il lusso di pensare a lui in quei momenti, scrivergli per dirgli cosa stava accadendo le sembrava il minimo. Inoltre, Dan poteva essere interessato alla battaglia e magari trovare qualcuno che gli desse una mano.
Ma cosa avrebbe dovuto scrivere in quella lettera?
 
“Caro Dan,
vorrei parlarti di un sacco di cose, ma purtroppo non c’è tempo, non se ne ha mai abbastanza.
In questi giorni non sarò a casa, devo prepararmi perché fra poco ci sarà un attacco dei demoni e devo essere pronta a proteggere l’unica cosa per cui lotto ancora: la mia famiglia.
Sono certa che tu mi capisca, dopotutto siamo più simili di quanto possiamo ammettere,
per questo vorrei chiedere anche a te di combattere, ovviamente se te la senti, magari di reclutare anche altre persone; l’attacco dei demoni è previsto per la prossima settimana.
Ti spiegherò dopo come faccio a saperlo, per il momento fidati di me, è importante.
Ti giuro che quando sarà tutto finito ti racconterò le cose che ancora non ti ho detto.
Grazie per la comprensione,
Sei davvero una persona speciale,
 Celeste.”
 
Les aveva ancora dei dubbi su ciò che aveva scritto, non sapeva se ‘sei davvero una persona speciale’ fosse abbastanza per descrivere cosa Dan rappresentasse per lei, ma d’altronde non se la sentiva di scrivergli ancora ‘Ti amo’ e un banale ‘Ti voglio bene’ le sembrava troppo scontato.
Chiuse la lettera dentro una busta, ci scrisse sopra ‘Per Dan’ e la mise accanto al biglietto che aveva lasciato alla sua famiglia.
Era sicura che lui sarebbe passato uno di quei giorni, inoltre tutti i membri della sua famiglia erano persone sveglie e avrebbero capito subito che lui doveva essere il famoso Dan, la persona di cui Les era innamorata.
Finalmente si decise a partire e, dato un ultimo sguardo alle lettere sul tavolo, prese il suo bastone, impacchettò il cibo e andò verso il suo laghetto segreto.
 
Rimase lì una settimana esatta, proprio come le aveva suggerito suo nonno e, quando tornò, si sentì davvero una persona diversa. Non aveva mai meditato per tutto questo tempo e, se era vero che la meditazione amplificava i suoi poteri, ora doveva essere fortissima, data la quantità di tempo che ci era rimasta.
Si sentiva anche più forte, non nel senso che ora avrebbe potuto spostare un grosso masso ma, tutte le tecniche combinate per cui non aveva avuto la forza in precedenza, ora le apparivano come semplici momenti di concentrazione.
Un potere come il suo, quello della magia bianca, derivava molto dalla concentrazione, anzi, questa era essenziale per lei, forse era questo il motivo per cui i suoi muscoli erano meno sviluppati dei suoi amici, perché per lei era più importante concentrarsi, dato che doveva gestire una grossa quantità di potere.
Tornò a casa e vide che i suoi compagni si stavano allenando nel solito posto, anche loro sembravano aver ben capito la gravità della situazione.
«Il giorno dopo che te ne sei andata è passato Dan» le disse Rick quando la vide.
«Cosa ha detto?» anche se non voleva, si sentì un po’ in tensione per lui.
«Ha detto che ci darà una mano, che recluterà più gente che potrà e che combatteremo insieme» gli disse.
Les tirò un sospiro di sollievo e guardò il tramonto, l’ultimo prima del giorno della battaglia finale.
«Bene, che vengano quando vogliono, noi siamo pronti» e, questa volta, Les ci credeva davvero.


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Eccomi qui con un nuovo capitolo. Allora, con questo si conclude la fase romantica in cui c'è poco fantasy e si passa a quella che mi verrà meglio da scrivere, ovverro quella dove il fantasy sarà paraticamente ovunque.
So che questi ultimi capitoli non sono stati proprio il massimo, ma spero di non aver deluso troppo le vostre aspettative.
Mancano anche 10 capitoli alla fine della storia e vorrei finirla entro settembre, per cui aspettatevi spesso i miei aggiornamenti. 
Se volete potete passare anche dall'altra mia storia, The Guardians - I guardiani delle nove gemme  dato che è sempre una storia fantasy e magari vi potrà piacere.
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Capitolo 16
*** Capitolo 15 ***


Capitolo 15

 
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Quella mattina si capiva che sarebbe successo qualcosa. Erano tutti agitati e in attesa della battaglia che avrebbe potuto cambiare per sempre la loro storia.
«Stai tranquilla Les, andrò tutto per il verso giusto» le disse Rena. Lei era molto ottimista, aveva fiducia nelle capacità di sua nipote ed era l’unica che non dimostrava nemmeno un po’ di paura, sicura che sarebbe filato tutto liscio.
«Lo spero proprio» Les, invece, aveva una gran paura di fallire e non aveva dormito tutta la notte. Ormai non era più un discorso che riguardava solo lei, anzi, avrebbe potuto determinare la salvezza o la condanna dell’umanità.
Non aveva nemmeno altri tentativi, doveva per forza riuscire in quello, si giocava il tutto per tutto.
Les andò fuori, dato che gli altri l’aspettavano lì per decidere dove si sarebbero svolta la battaglia, e trovò anche Dan con i ragazzi che erano venuti a spiare la sua casa il primo giorno che si erano conosciuti.
«Ciao» lo salutò lei, era ancora un po’ imbarazzata per le cose che si dovevano dire, ma in quel momento non ci pensava più di tanto, presa com’era dalla paura.
«Ciao Les. Questi sono i ragazzi che combatteranno al nostro fianco, scusa se non sono riuscito a convincerne di più» il suo tono era molto sincero, Les era quasi sicura di non averlo mai sentito così.
«Sono molti di più di quelli che mi aspettavo, vanno benissimo, davvero» lo ringraziò Les.
«Allora, dove combattiamo?» le chiese.
«Se devo essere sincera non lo so. Non qui vicino a casa, ma nemmeno vicino al villaggio» Les scrutò la vallata davanti a lei.
«Avevo pensato di andare verso la spiaggia, sulle alture che ci sono poco prima della sabbia. Non so da dove vengano, ma da lì potremmo controllare sa il mare, sia la vallata » spiegò Les.
Si misero in cammino, la strada per raggiungere alla spiaggia era lunga e loro volevano arrivare prima dei demoni.
Formavano uno strano gruppo: in testa c’era Les, che camminava preoccupata affondando il bastone nell’erba, Dan che la seguiva, preoccupato anche lui, e i loro amici che camminavano in ordine sparso, alcuni guardando il cielo, altri guardando per terra, senza parlare. A chiudere il gruppo c’erano Rick e Jean, che tenevano d’occhio che nessuno li attaccasse alle spalle.
Quando arrivarono videro che era tutto calmo come al solito: le onde si infrangevano lente sulla spiaggia, il cielo aveva solo qualche nuvola e il sole splendeva. Eppure Les, che capiva il vento, sapeva che ciò che le stava dicendo non erano parole confortevoli, tutt’altro.
Parlavano di malvagità, di uno scontro imminente, di inganni e di dolore.
Ad un certo punto li videro, in mezzo alla vallata, centinaia di demoni di forma e dimensioni diverse che uscivano da un portale. Per ultimo, nero come la notte senza luna, uscì il demone dagli occhi gialli e fatto di fumo che voleva uccidere Les.
Lei sapeva che era quello la causa di tutto, che era stato quel demone a richiamare gli altri, sapeva che odiava suo nonno più di qualsiasi altra cosa e che non si sarebbe fermato fino a quando Les non fosse morta.
«Andiamo» esortò i suoi compagni, anche se le gambe di tutti non volevano muoversi, pietrificate dalla paura.
Les tentò di dimostrasi coraggiosa, almeno per convincere i suoi compagni.
«Loro non ci hanno notatati, dobbiamo attaccarli finché abbiamo la possibilità dell’effetto sorpresa. Vedete quel demone che sembra una grossa ombra dagli occhi gialli, quello lì in fondo?» lo indicò «Se lo uccido vinciamo, ma è essenziale che sia io a farlo. Voi cercate di ucciderne il più possibile, anche se credo ne arriveranno dei nuovi».
Les pensava ad un piano che l’avrebbe aiutata a passare in mezzo a tutti quei demoni per colpire il suo obiettivo, ma proprio non ci riusciva. Le sembrava solo una missione suicida.
“Nonno, ho paura, andrà tutto bene?” sapeva che Daniele non le avrebbe risposto, ma provare a mettersi in contatto con lui diede a Les la forza necessaria per far muovere le sue gambe.
Chiuse gli occhi, si concentrò come aveva imparato a fare e poco dopo venne una folata di vento che la fece volare in alto, sopra le teste di tutti  demoni, che in quel momento iniziarono ad accorgersi di lei.
«Io li distrarrò, voi cercate di ucciderne il più possibile e di aprirmi un varco!» urlò Les ai suoi compagni.
Dan si precipitò immediatamente giù dalla collina, troppo spaventato dal fatto che potessero fare del male a Les, gli altri lo seguirono dopo un po’.
Iniziarono ad aprirsi un varco fra le orde di demoni inferociti che gli si buttavano sopra a colpi di magia: ognuno, con l’elemento che possedeva, teneva a bada due o tre demoni, ma si rendevano conto che presto sarebbero stati sopraffatti, dato che erano in netto svantaggio.
In quel momento Les atterrò in al centro della battaglia e la maggior parte dei demoni si scagliò su di lei, almeno gli altri avrebbero avuto meno problemi. Notò anche che il demone che doveva uccidere si teneva stranamente alla larga dalla battaglia, come se preferisse non prenderne parte, forse per paura di essere sconfitto.
Il pensiero che avesse paura, diede a Les più forza, che iniziò a combattere i demoni non solo a colpi di magia, ma se era necessario anche con calci e pugni.
Poco dopo i suoi amici, che erano riusciti a liberarsi di qualche demone, le andarono incontro e l’aiutarono.
«Se vogliamo vincere  dobbiamo fare degli attacchi combinati, come quello dell’altra volta!» urlò Les ai propri compagni, per farsi sentire sopra il rumore della battaglia.
«Cos’hai in mente?» le urlò di rimando Rick.
Fortunatamente i demoni erano rimasti così tanto tempo confinati negli inferi che non erano capaci di capire la lingua degli uomini, altrimenti non avrebbero potuto parlare così liberamente dei loro piani.
«Thomas!» chiamò Les.
Il ragazzo corse immediatamente da lei.
«Ho bisogno di fuoco, un casso di fuoco, puoi cercare di produrne il più possibile?» gli chiese.
«Posso farlo, ma ho bisogno che non mi attacchino» rispose lui.
Les allora si mosse verso Dan.
«Puoi proteggere Thomas mentre fa il suo attacco? Ho in mento una cosa che potrebbe farli allontanare un po’ da noi» gli spiegò.
Dan annuì e andò a chiamare i suoi amici, pronto per poter proteggere Thomas.
Il ragazzo chiuse gli occhi e dalle sue mani partirono due scie di fuoco, che si innalzarono verso il cielo. Les creò una corrente d’aria che controllava con il bastone e presto fu in grado di controllare il fuoco che Thomas aveva prodotto per lei, dirigendolo verso i demoni.
Questi urlarono nella loro lingua e si distanziarono dai ragazzi. Alcuni andavano a fuoco, altri erano scottati, ma molti erano ancora illesi.
«Rick, puoi pensarci tu?» gli chiese Les, che aveva in mente un piano preciso. Rick, avendo la magia nera, controllava tutti gli elementi, per cui per lui non sarebbe stato difficile dirigere la scia di vento e fiamme.
Aveva anche lui un bastone simile a quello di Les, lo mise in posizione e iniziò a muoverlo, mandando il fuoco su chi era ancora sano e salvo.
Les approfittò della breve incertezza dei demoni per passare in mezzo a loro, mentre Rick riusciva facilmente ad aprirle la strada col fuoco. Seguendo l’esempio di Les, anche Dan e un suo amico avevano creato un’altra scia di fuoco e la mandavano i direzione opposta all’altra, in modo tale che i demoni fossero in trappola.
Quelli che sfuggivano alle due scie di fuoco venivano fatti cadere in delle buche create da Douglas e poi affondati da Jean, Rachel e Diana.
Jim e gli altri due amici di Dan proteggevano i quattro che facevano le scie di fuoco.
Ad un certo punto, mentre Les correva verso il suo bersaglio, una scia di fuoco le passò così vicina che per evitarla cadde a terra e si fece male sulle gambe.
Ora aveva due ferite che sanguinavano e che bruciavano, Les fece apparire dell’acqua che si gettò sulle gambe per ripulirsi dal sangue e poi proseguì l’inseguimento del demone, che si era addentrato in un piccolo bosco.
Andò a cercarlo, mentre i rumori della battaglia sembravano diminuire sempre di più, pensò che i suoi amici stessero avendo la meglio, per cui ora sarebbe stato il suo turno di porre fine a quella storia.
Nel bosco c’era l’erba alta, per cui le gambe di Les ricominciarono a sanguinare, senza contare che tutti i ramoscelli le graffiavano le gambe e il viso.
Quando finalmente trovò il demone, che era stato tradito da una parete di roccia, Les si sentiva esausta e dolorante, era sicura che i suoi vestiti fossero quasi tutti strappati e che stesse perdendo parecchio sangue.
«A noi due» disse al demone ansimando.
Lui si girò e la guardò con quei suoi occhi gialli, si gettò su di lei, pronto a colpirla, ma Les fu più svelta e, puntandogli contro il bastone, gli lanciò un getto di luce bianco. Sapeva che se voleva sconfiggere davvero il demone allora l’unica cosa che avrebbe funzionato era la magia bianca.
Il demone strinse gli occhi e si allontanò, prima di gettarsi di nuovo su di lei.
Les, come aveva imparato a fare, prese il bastone e se lo piantò davanti, poi lo fece ruotare e dalla punta uscì un cerchio di luce, che andò ad immobilizzare il demone.
Si avvicinò verso di lui mentre cercava di divincolarsi, gli puntò il bastone contro e gli sussurrò «Addio».
Pensava che il demone non sarebbe morto, che avrebbe cercato di fuggire, di opporre resistenza, invece si fece colpire in pieno dalla luce e morì, chiudendo i suoi occhi gialli ed accasciandosi al suolo.
Les sapeva che quando un demone moriva il suo corpo spariva e il suo spirito tornava begli inferi, eppure quello era ancora là. Forse perché era un demone molto potente ci metteva molto tempo.
Les finalmente si sentiva libera, aveva come la sensazione che il peso che aveva avuto fino a poco tempo fa sullo stomaco fosse scomparso, ora sarebbe potuta vivere in pace.
Sorrise, ma in quel momento accadde qualcosa di impensabile: il demone cambiò forma, diventò una specie di palla bianca inconsistente e poi sparì.
Les capì cos’era successo. Credeva di essere stata furba, ma in realtà il demone era stato più furbo di lei. L’aveva ingannato, mandando un muta forma al suo posto, chissà, magari lui si era nascosto fra gli altri ed era rimasto a combattere nella valle… il peso che se n’era andato poco prima tornò nello stomaco di Les: era in pensiero per i suoi amici.
Corse più veloce che poté fuori dal bosco, poi tornò nella grande vallata e vide i suoi amici sorridere; erano un po’ ammaccati, ma nel complesso stavano bene.
«Allora, Les, sei riuscita a sconfiggere il demone?» vederli così sani e salvi fece annebbiare per un momento la sua mente, infatti non sentì nemmeno la domanda che le avevano posto.
«Les, il demone?» le ripeté Jean, che si teneva stratta a Rick.
Con quella domanda Les ricordò tutto, la fuga, nel bosco, il muta forma… le sembrava successo anni fa, invece non era passata nemmeno un’ora.
Le venne da piangere, non sapeva come dire ai propri amici, alle persone che credevano in lei, che aveva fallito, che tutto ciò che era successo era stata solo una perdita di tempo e i loro sforzi erano stati vani.
Con che coraggio poteva guardare negli occhi i suoi amici e dire una cosa del genere?
«Era un muta forma, il vero demone non ha preso posto nella battaglia» confessò agli amici, con le parole che le bruciavano sulla lingua come se fossero state fiamme.
All’inizio pensarono che Les stesse scherzando, ma quando videro che la sua espressione non cambiava, capirono che quello non era uno scherzo, ma la crudele realtà.
«Cosa significa tutto questo?» le chiese Jim.
Les aspettò un attimo prima di rispondere, voleva trovare le parole adatte per spiegare agli amici che avrebbero dovuto combattere di nuovo, ma c’erano davvero parole simili?
«Non è ancora finita. Siamo ancora tutti in pericolo»



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Salve a tutti, sono qui con un nuovo capitolo.
Che dire?
Oggi ho finito di scrivere questa storia. Sono venute fuori 66 pagine di word e 24 capitoli, come vi avevo annunciato.
Un po' mi dispiace perché comunque ogni volta che finisco una storia è spiacevole, però devo dire che da una parte sono felice, anche perché era più di un anno che ho pubblicato questa storia ed era ora che finisse.
Adesso non so di preciso quando aggiornerò, ma aspettatevi almeno un aggiornamento a settimana.
Con la speranza che la mia storia vi continui a piacere,

_WhiteRose_

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Capitolo 17
*** Capitolo 16 ***


Capitolo 16
 

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Les si sentiva così responsabile di ciò che era successo che, una volta tornata a casa, non ebbe nemmeno voglia di mangiare, curò le sue ferite e si mise a dormire. Era certa che il sonno non le sarebbe venuto, aveva troppi sensi di colpa, ma gli avvenimenti di quel giorno l’avevano stancata così tanto che si addormentò immediatamente dopo essersi distesa.
 
Les aprì gli occhi e si trovò in una strana stanza, diversa dalla sua. Il suo primo pensiero fu quello che c’era già stata in quella stanza e la cosa la inquietò un pochino, anche perché si ricordava benissimo quando c’era già stata in precedenza.
Notò che era anche vestita come l’ultima volta: con il vestito bianco, che finalmente le stava bene. Andò a guardare fuori dalla finestra, ma c’era sempre la nebbia. Provò anche ad aprire la porta, ma nulla, era chiusa a chiave.
Nonostante tutto quel posto le sembrò familiare, le pareti e il soffitto di legno le ispiravano qualcosa di casa e lei si sentiva protetta e al sicuro in quella stanza.
Sospirando, entrò nello specchio come aveva fatto la volta precedente, ma questa volta trovò già qualcuno ad aspettarla: era una ragazza molto bella, dai capelli neri ribelli e gli occhi scuri, portava un abito nero strappato.
Les sapeva che sarebbe stato inutile chiedere chi era, perciò optò per un’altra domanda.
«Cosa ci faccio qui?» la ragazza la guardò, quasi incredula.
«Davvero non riesci ad immaginarlo?» a Les sembrò che la frase fosse leggermente sarcastica, ma non era pronta a scommetterci. Poteva aver capito male lei.
«Oggi hai combattuto con onore, Celeste» le disse la ragazza.
I ricordi dello scontro si fecero sempre più nitidi nella mente di Les: lo scontro nella valle, la fuga nel bosco, l’inganno.
«Non è vero, non ho raggiunto il mio obiettivo» rispose Les amareggiata.
La ragazza vestita di nero scoppiò in una fragorosa risata.
«E qual era il tuo obiettivo?»
«Quello di sconfiggere il demone, ovviamente» Les non riusciva a capire il motivo della risata della ragazza, che sospirò scuotendo la testa.
«Ah, piccola Celeste, quante cose devi fare prima che quello diventi il tuo obiettivo! Ti ricordi la prima volta che sei stata qui?» Les annuì.
«L’ultima ragazza che avevi incontrato allora ti disse che non eri pronta per proseguire, mentre ora lo sei, ora puoi andare avanti» le spiegò.
«Avanti dove?» chiese Les, che di quei sogni che faceva non capiva quasi nulla.
«Andiamo, credevo fossi più intelligente, tuo nonno era molto più sveglio»
«Hai conosciuto anche mio nonno?» Les era incredula: quella ragazza dimostrava solo qualche anno in più di lei, per aver conosciuto suo nonno sarebbe dovuta essere molto più vecchia.
«Quando sei venuta qui l’altra volta hai imparato ad usare gli elementi. Allora eri una bambina a cui faceva paura tutto, odiavi la magia e non avevi intenzione di usarla » continuò a dire, ignorando la domanda di Les.
«Hai capito che gli elementi e la magia non sono malvagi e hai finalmente decido di adempiere al tuo destino, ti sei allenata duramente nel corso degli anni, hai combattuto qualche demone ogni tanto, hai rafforzato il rapporto con i tuoi amici e ne hai incontrati di nuovi» Les non riusciva a capire dove sarebbe voluta arrivare la strana ragazza.
«Ma ti mancava l’esperienza di una vera battaglia: oggi hai dato prova di aver capito gli insegnamenti e di essere pronta per proseguire, per scoprire il vero potere della magia»
Les ripensò alla fatica che aveva fatto per prepararsi alla battaglia, alle sue ansie, alle sue preoccupazioni, alla sua delusione quando aveva saputo di aver fallito…
«Per cui c’era qualcuno già a conoscenza dell’inganno? Perché non me l’avete detto prima? Io avrei potuto…»
«Sì, cosa avresti fatto?» la interruppe bruscamente la ragazza «Avresti lasciato perdere, non ti saresti preparata per bene, ora non saresti qui. Dovevi provare almeno una volta a rischiare il tutto per tutto, altrimenti quando arriverà il momento non sarai pronta»
«Resta sempre il fatto che mi avete ingannato» disse Les con voce fredda.
La ragazza scrollò semplicemente le spalle.
«Non sei nessuno per giudicare il nostro operato. Non sai chi siamo noi e cosa potremmo farti, devi stare attenta ad usare un tono diverso quando ci parli» la ragazza sorrideva, ma c’era qualcosa nel suo sorriso che metteva paura: sembrava una specie di ghigno beffardo.
«Non spaventare così Celeste» disse una voce alle spalle di Les, lei si voltò e vide una ragazza bellissima, dai capelli color miele e gli occhi nocciola, indossava una lunga tunica bianca simile alla sua. La sua pelle era così bianca che sembrava brillare, era come un piccolo sole che camminava.
«Non potevamo dirti dell’inganno, Celeste, sai che ogni cosa accade per una ragione e la battaglia di oggi è servita per farti arrivare qui» le ragazza sorrise dolcemente, senza malizia. «Io non lo considererei un brutto traguardo, prima di te solo un’altra persona c’era riuscita» aggiunse.
«Mio nonno?» chiese istintivamente Les.
La ragazza, come al solito, non rispose alla sua domanda, ma andò a sedersi vicino a lei.
«Adesso hai il potere, Celeste» le sussurrò.
«Quale potere?» le chiese.
«Tutto il potere che vuoi» le rispose la ragazza sorridente.
In quel momento la sua pelle brillò così tanto che Les dovette chiudere gli occhi, quando li riaprì era tutto bianco e vide una figura familiare.
 
“Nonno?” lo chiamò.
“Ciao Celeste” la salutò lui.
“Tu sapevi dell’inganno?” gli chiese Les.
“Io non sapevo nulla. Ora che sono moro non sono proprio uno che conta molto, per cui chi lo sapeva ha preferito tacere con me” le rispose.
“Nonno, mi dispiace così tanto averti deluso… vorrei soltanto essere stata più coraggiosa, in modo tale che forse non sarebbe successo tutto questo e si sarebbe presentato il vero demone…”
“Celeste, smettila di commiserarti, sei stata coraggiosissima, inoltre adesso so cosa devi fare, per diventare più forte e sconfiggere una volta per tutte quel malvagio demone”
“Cosa devo fare?”
“Devi partire”
Les era sconcertata.
“Come partire? Da sola? Per andare dove?”
Daniele rise divertito.
“Una domanda per volta, altrimenti impazzirò” rise di nuovo e poi riprese il suo discorso “Devi andare in ciascuno dei luoghi ancestrali degli elementi e della magia: luoghi in cui si narra che siano nati i poteri”
“Come farò ad andarci?” gli chiese Les.
“Hai presente il laghetto in cui vai a meditare? A quanto pare è una specie di portale e ti porterà nei luoghi giusti. Da lì dovrai soltanto trovare i tempi in cui tutto ha avuto inizio e poi ognuno affronterà la prova a seconda dei proprio poteri”
“Ognuno?” ripeté Les confusa.
“Sì, ognuno, dato che partirai con tutti i tuoi amici: con quelli che già conoscevi e anche con quelli nuovi”
“Intendi dire anche Dan?” nominandolo non poté fare a meno di arrossire un pochino.
“Sì, ma non solo lui. Non dimenticarti che anche sua sorella ha dei poteri”
“Cassie? Ma lei è una bambina…” tentò di protestare Les.
“Anche tu lo eri quando tutto è iniziato, in un piccolo corpo non c’è necessariamente un piccolo potere, a volte è molto più grande di quanto ci si possa aspettare”
“Stai cercando di confessarmi qualcosa?” chiese Les sospettosa.
“Non spetta a me sirti queste cose, non posso parlare più di così”
“Per cui verranno tutti? Dan, Cassie, Douglas, Diana, Rachel, Thomas, Jim, Rick e Jean?”
“Non credo che Rick e Jean verranno” disse il nonno sorridendo.
“Perché?”
Quando Daniele lo disse, Les non poteva crederci. Non si aspettava che una cosa del genere sarebbe successa davvero, sapeva che entrambi lo volevano, ma non le sembrava quello il momento adatto… in quel momento le vennero in mente le parole della maga. “Dì a Rick e Jean che quello che stanno aspettando arriverà quando non se lo spettano”
“Nonno, quella strana maga sapeva tutto, non è vero?”
“Certo” le rispose calmo.
“Ma lei è morta a causa mia?”
“Un giorno tutto ti sarà chiaro, ma per ora non posso dirti altro”
Con queste parole, mise un braccio sulle spalle di Les, che si sentiva più triste e vuota che mai. Credeva di aver finalmente capito tutto, invece erano spuntate queste nuove cose dei luoghi ancestrali.
Cosa sarebbe accaduto ancora?
 
La mattina Les si svegliò con la testa pesante. Aveva un sacco di cose da dire ai suoi amici, ma la prima cosa che fece fu scendere le scale e andare nella camera di Jean e Rick.
«Quando pensavi di dirmi che sei incinta?» chiese Les a Jean.
«Les, ma cosa… chi te lo ha detto?» Rick era sbalordito, ma subito dopo aver fatto la domanda capì anche la risposta.
«Ma certo, tuo nonno, me lo sarei dovuto aspettare… senti noi volevamo dirtelo, solo che stavamo aspettando il momento più adatto» Les guardò con curiosità la pancia di Jean, non aveva mai visto un donna in dolce attesa, ma le sembrava come la solito.
«Non è un bel periodo per mettere al mondo un bambino. Inoltre io sono un mezzo demone, sono preoccupata perché non so che cosa potrà nascere…» Jean iniziò a piangere e Rick l’abbracciò.
«Io devo partire, insieme anche agli altri. Rimarrete in casa con mia nonna» confessò loro Les.
«Dove vai?» chiese preoccupato Rick.
«Non lo so di preciso. Devo trovare i luoghi d’origine dei poteri, il nonno mi ha detto che così ci rafforzeremo tutti e saremo davvero pronti per combattere il demone»
«Non so se potremmo ancora combattere, io dovrò badare a Jean e al bambino…»
«Non preoccupatevi, questa è la nostra battaglia, non la vostra» quando lo disse Les si rese conto di averlo sempre saputo. Loro avevano già combattuto per salvare il mondo ai tempi in cui suo nonno era ancora vivo, avevano già fatto la loro parte, ora toccava alla nuova generazione scendere in campo, non avrebbero fallito.

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Eccomi qui con questo nuovo capitolo. Allora, come avrete capito nei prossimi analizzeremo il luogo ancestrale di ogni personaggio, per cui questo vorrà dire che ogni luogo ancestrale sarà scritto dal punto di vista, non più di Les, ma di ogni ragazzo.
Spero che vi piacciano, io  mi ci sono impegnata.
Se volete potete seguirmi anche sulla mia pagina facebook.

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Capitolo 18
*** Capitolo 17 ***


Capitolo 17


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«Manca ancora molto?» chiese Cassie stanca.
Si erano incontrati tutti quanti la mattina presto davanti a casa di Les, lei aveva spiegato a tutti del sogno con suo nonno, l’altro se lo teneva stretto per sé, e aveva detto loro che dovevano partire.
«No, vedi lì, dove gli alberi si infittiscono? Sembra che il bosco finisca, invece c’è un piccolo passaggio che porta al lago» Les era calma, si sentiva sempre calma quando si trovava in quel luogo.
Non aveva capito se le cose con Dan erano chiarite, ma quando lui l’aveva vista la mattina l’aveva baciata delicatamente sulla guancia e le aveva preso la mano, senza mai lasciargliela. Nessuno aveva fatto commenti e Les ne era grata, non sarebbe stata capace di spiegare cosa provava per Dan.
Quando finalmente arrivarono erano tutti a bocca aperta, per la bellezza del luogo.
«Come dovrebbe funzionare?» chiese Jim.
«Non so, mio nonno non me l’ha spiegato, mi ha solo detto che il lago è una specie di portale» Les provò ad avvicinarsi all’acqua, ma le sembrò come sempre.
«Cosa facciamo?» chiese Thomas.
«Non so, proviamo ad avvicinarci tutti all’acqua e…» Les venne interrotta da una scossa di terremoto, che fece tremare la terra sotto i suoi piedi, vide tutti i colori vorticargli intorno, come se fosse stata risucchiata da un vortice.
Quando tutto finì Les si trovò distesa in mezzo ad una foresta con i suoi amici, tutti sembravano un po’ scombussolati.
«Dove siamo?» domandò Douglas alzandosi in piedi.
«In una foresta, credo che sia il posto che ospita il primo luogo ancestrale, da quello che ho capito ora dovremmo cercare una specie di tempio» disse Les confusa su quale via percorrere.
Intorno a loro c’erano solo alberi tropicali e, di tanto in tanto, si poteva sentire il verso di qualche uccello.
Ad un certo punto Les, come attirata da una forza misteriosa, si incamminò verso il centro della foresta.
«Seguitemi, credo di sapere dove bisogna andare» dopo circa cinque minuti di cammino trovarono il tempio che stavano cercando. Era costruito con dei mattoni gialli e c’era disegnato sopra un grande fuoco.
«Beh, mi sembra evidente di quale elemento sia il primo luogo ancestrale. Da quello che mi ha detto mio nonno dovrai eseguire una prova, poi sarai più forte» disse Les rivolgendosi a Thomas, l’unico che aveva il potere del fuoco.
Entrarono tutti insieme e si fermarono, dato che davanti a loro c’era una parete che ostacolava il passaggio. Sulla parte erano state incise, con dell’inchiostro rosso, delle parole in una strana lingua.
«Oh, beh, fantastico, come facciamo ora?» chiese Thomas.
«C’è scritto che solo chi possiede il fuoco può proseguire, tutti gli altri devono aspettare qui in attesa che torni dalla sua prova. Se la supera avrà il totale controllo dell’elemento» tradusse Les.
«Non sapevo che parlassi queste lingue antiche, dove le hai studiate?» e chiese Diana.
«Non le ho mai studiate, non le conosco. Non so come faccio a capirle, forse è parte del mio potere…» rispose Les, che però non si ricordava di aver letto da nessuna parte che chi possiede la magia bianca può leggere le scritte di altre lingue.
«Allora come dovrei fare?» chiese Thomas, che era ancora abbastanza perplesso.
«Credo che tu debba attraversare il muro, poi arriverai dall’altra parte e affronterai la tua prova».
Thomas guardò Les, poi guardò Jim, prese fiato e poi attraversò il muro, ritrovandosi al buio dall’altra parte.
 
Thomas non sapeva se era diventato cieco oppure se fosse tutto buio, l’unica cosa che sapeva era che non vedeva più nulla. Fece qualche passo, mettendo le mani avanti a sé, ma non incontrò nulla.
«Non muoverti» il quel momento delle torce si accesero e vide che si trovava su un lungo corridoio nero, con le torce ai lati. Alla fine del corridoio c’era un trono in cui era seduta una bellissima ragazza con una nuvola di capelli rossi. Se ci fosse stata Les, avrebbe potuto notare che la ragazza assomigliava straordinariamente a quella del suo sogno, ma Thomas non poteva saperlo.
La sua pelle sembrava emettere della luce, aveva in mano uno scettro con un grosso rubino e non sembrava per nulla umana.
«Chi sei?» le chiese Thomas.
«La vera domanda è chi sei tu» gli rispose lei. «Io sono Ignis, la custode si questo luogo, la fonte della magia, rappresento il fuoco e tu vieni a disturbarmi nella mia casa… chi sei?» aggiunse.
«Io mi chiamo Thomas e sono qui per essere messo alla prova» Ignis scoppiò in una fragorosa risata, sembrava davvero divertita, come se Thomas avesse fatto una battuta.
«Perdonami, ma è così tanto tempo che nessuno mi dice più una cosa del genere…» si teneva la pancia con le mani, come se la sua affermazione l’avesse fatta ridere fino allo sfinimento.
«Non capisco cosa mai ci sia di tanto divertente» disse Thomas, decisamente stizzito dal comportamento della ragazza.
«Suvvia, non ti arrabbiare, ma prima che cominci la prova ho bisogno che tu mi prometta una cosa» disse lei, stavolta di nuovo seria.
«Cosa?» le chiese Thomas.
«Non farai parola con nessuno di ciò che è accaduto qua dentro. Dirai solo che hai superato una prova, non parlerai di me, né di che tipo di prova farai, intesi?»
«Ho capito, non lo dirò a nessuno» disse Thomas.
«Spero che tu sia sincero, altrimenti farai la fine di quelli» poi, con un sorriso, indicò un lato del corridoio con il suo scettro, che si illuminò improvvisamente, facendo vedere alcuni scheletri di alcune persone morte.
I suoi occhi diventarono due fessure «Questo è quello che succede a chi non rispetta i patti che fa con me» disse.
«Ho capito, ma io rispetterò il patto, ora mettimi alla prova» le rispose Thomas, ansioso di poter controllare alla perfezione il suo elemento.
 
«Come sei ansioso, piccolo ragazzino umano» Ignis si era avvicinata e lo stava scrutando, girandogli intorno.
«Sei innamorato della tua amica Celeste, non è così?» rise piano «Vedo che anche il tuo migliore amico Jim ne è innamorato» aggiunse.
«Sì, ma lei ha scelto un altro, per cui non ci interessiamo più di questa cosa» rispose Thomas. Non era felice di parlare con una sconosciuta dei suoi sentimenti.
«Ne sei proprio sicuro? Io riesco a leggere nel tuo cuore, come leggo in quello di tutte le persone che sono in questo tempio» la sua voce era maliziosa.
«Cosa vorresti dire?»
«Sei sicuro che Celeste non abbia scelto Jim?» e inviò nella sua testa un’immagine di Les e Jim che si baciavano.
«Stai mentendo!» urlò Thomas.
«Sto solo prendendo i suoi ricordi e mettendoli nella tua testa, non c’è poi nulla di strano» disse alzando le spalle.
Continuava ad inviare alla mente di Thomas scene piuttosto intime di Jim e Les e lui non poté fra altro che accasciarsi al suolo.
«Perché?» gridò in preda alla disperazione.
«Oh, poverino, hai il cuore spezzato, non è così?» Ignis fece finta di rattristarsi, ma scoppiò in una fragorosa risata.
«Sono felice che tu sia toccato proprio a me, mi piacciono questi triangoli amorosi. Per questo io ti do una possibilità» scoccò le dita e apparve il corpo di Jim privo di sensi a terra.
Immediatamente Thomas corse verso l’amico per cercare di svegliarlo, ma lui era immobile, anche se ancora respirava.
«Cosa gli hai fatto?» chiese Thomas.
«L’ho addormentato e l’ho portato qui da te, in modo tale che finalmente tu possa fare giustizia e vendicarti» Ignis sorrise malignamente «Uccidilo, uccidilo e tutto il potere del fuoco sarà tuo»
 
«N-non posso ucciderlo» balbettò Thomas, allontanandosi dall’amico.
«Nemmeno dopo tutto quello che ti ha fatto?» insisté Ignis.
«È il mio migliore amico» ribatté lui.
«Oh, così mi deludi» disse Ignis, fingendosi dispiaciuta. «Facciamo così, uccidilo, altrimenti non ti lascerò andare e sarai mio prigioniero per sempre» aggiunse.
«Non è un problema, io non ucciderò l mio migliore amico» Thomas scandì con precisione tutte le sue parole.
«Questi umani, tutti così certi che l’eternità sia un periodo tanto breve, non sanno cosa vuol dire essere destinati alla solitudine e all’abbandono per sempre, credono di essere coraggiosi, ma sono solo sciocchi» Ignis era irritata.
«Hai ragione, molto probabilmente sono uno sciocco» disse Thomas «Ma preferisco essere provare ad essere infelice per l’eternità piuttosto che uccidere il mio migliore amico»
«Se è questo ciò che vuoi, allora così sarà fatto» Ignis schioccò di nuovo le dita e il corpo di Jim sparì.
«Che farai, per il resto dell’eternità?» gli chiese Ignis, con un sorriso beffardo sulle labbra.
«Rifletterò su quanto siano fortunate le due persone che amo di più al mondo a stare bene e mi dispiace veramente che tu non ami abbastanza qualcuno da capirlo» il sorriso di Ignis si spense, insieme a tutte le torce: nel corridoio calò di nuovo l’oscurità.
 
Quando Thomas si risvegliò, vide che era seduto davanti a Ignis, che lo stava fissando dal suo trono.
«Finalmente ti sei svegliato» sbuffò lei.
«Quanto tempo ho dormito?» le chiese.
«Non importa. Volevo solo dirti che hai superato la prova, ora hai il potere che vuoi, puoi andare»
«Davvero?» chiese lui incredulo.
«Già, quelle immagini che hai visto erano tutte una finzione, le ho create per vedere come reagivi… solo rischiando tutto per le persone che si amano si affrontano le prove, ricordalo sempre» Ignis si avvicinò a lui e gli toccò il petto con il rubino dello scettro.
«Non me lo dimenticherò mai» e mentre diceva queste parole, sentì un nuovo, immenso, potere scorrergli nelle vene.
«Ora va’ dai tuoi amici e ricordati di non dirgli nulla, altrimenti passerai tutta l’eternità qui, ma da morto» Thomas annuì e si ritrovò nella stanza con tutti gli altri.
«Allora, cos’è successo?» gli chiese immediatamente Les andando verso di lui.
«Non posso dire nulla, ma ho superato la prova, ho il nuovo potere» tutti quanti tirarono un sospiro di sollievo e lo abbracciarono.
Ormai Thomas aveva capito che quelle erano le persone più importanti per lui e non se le sarebbe lasciate portare via tanto facilmente.


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Eccomi qui con questo nuovo capitolo.
Finalmente abbiamo visto il primo luogo ancestrale, che è stato quello di Thomas. Nei prossimi ci saranno quelli degli altri e saranno uno per ogni capitolo, per cui fino al 23, poi uno in più che sarà la vera battaglia finale.
Io ho finito di scrivere la storia, ma voglio comunque fare un aggiornamento a settimana, non so, magari anche per avvantaggiare chi la segue.
Ricordatevi che potete trovarmi anche nella mia pagina facebook.

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Capitolo 19
*** Capitolo 18 ***


Capitolo 18

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Il secondo luogo ancestrale si trovava in cima ad una montagna, su un ghiacciaio. Come se il portale lo sapesse già, oltre ad averli teletrasportati lì, li aveva dotati di vestiti invernali caldi e comodi, in modo che non morissero di freddo.
«Beh, speriamo di fare in fretta» commentò Rachel, che non poteva per niente soffrire il freddo.
I ragazzi si incamminarono dentro una specie di caverna scavata nella roccia e Les sentiva che quello era il secondo luogo ancestrale.
Camminarono in silenzio, stando tutti vicini e attenti a non scivolare, con le pareti di ghiaccio che restituivano il loro riflesso.
Arrivarono anche questa volta davanti ad una parete, le scritte erano incise con una scritta blu.
«Cosa dice?» chiesero a Les.
«Esattamente la stessa cosa del fuoco, solo che qui può passare solo chi ha il potere dell’acqua» Les si voltò per guardare Rachel e Diana.
«Ma non è giusto!» protestò Rachel «Non voglio avere il luogo ancestrale in un posto freddo, non poteva essere ai tropici?»
Diana roteò gli occhi e prese per un braccio la sorella, costringendola ad oltrepassare la parete di ghiaccio, per affrontare la loro prova.

Il luogo che le due gemelle si trovarono davanti agli occhi era una grande sala, interamente fatta di ghiaccio, con una lastra di ghiaccio spesso che faceva da pavimento e tutto intorno acqua cristallina in cui nuotavano strane figure bianche.
In fondo alla sala c’era una ragazza con una cascata di riccioli biondi e gli occhi celesti. Stava seduta con le gambe incrociate sul trono di ghiaccio, aveva in mano uno scettro con uno zaffiro e indossava solo dei pantaloncini e una canottiera.
Era identica alla ragazza del sogno di Les, ma ovviamente le gemelle non lo sapevano.
«Ehi, non hai freddo? Se vuoi possiamo prestarti un po’ di vestiti» le disse cordialmente Diana.
Per tutta risposta la ragazza scoppiò  ridere.
«È divertente il fatto che voi vi preoccupiate per me, ma non serve. Io sono Aqua, vivo in questo tempio e controllo l’elemento della’acqua. Voi cosa ci fate qui?» Aqua scese dal suo trono e si incamminò versò di loro.
«Noi siamo Rachel e Diana e vorremmo essere messe alla prova per aumentare i nostri poteri.
«Oh, finalmente! Era così tanto tempo che qualcuno non veniva da me, adesso ci divertiamo un po’» tutta felice Aqua prese a saltellare con il suo scettro in mano.
«Un momento, prima di fare la prova, devo dirvi una cosa: non dovete parlare mai di me e di cosa farete qui con nessun altro, altrimenti vi ritroverete a nuotare in queste acque gelide con le altre anime che non hanno rispettato i patti» le gemelle si guardarono e deglutirono, poi annuirono.
«Oh, ci sarà da divertirsi, già me lo sento» Aqua sembrava al settimo cielo.
«Quella ragazza mi spaventa un po’» disse Diana alla sorella a voce bassa per non farsi sentire.
«È solo un po’ stramba, ma mi sembra una tipa ok» le rispose Rachel.
 
Aqua le aveva fatte mettere una di fronte all’altra, mentre lei era andata a sedersi sul suo trono.
«Allora, so che avete avuto un triangolo amoroso. Voi due e un certo Douglas… che cosa banale, sinceramente speravo di ottenere di più da voi due, ma mi accontenterò» disse loro Aqua sospirando.
«Cosa intendi dire?» le chiese Rachel.
«Oh, ma che sciocca, non l’ho detto? Io posso dare il potere solo ad una di voi. Per cui voglio che una delle due uccida l’altra, qui davanti a me. Sarebbe bello avere un bel combattimento, ma dato che non credo che voi due vogliate mi accontenterò della morte di una di voi. Se decideste di non morire ucciderò entrambe. Avete due ore di tempo, iniziate ora» la semplicità e l’indifferenza del tono con cui lo disse lasciò le due ragazze senza fiato: sembrava come se per lei dovessero sbrigare una commissione.
«Ecco le vostre armi. Ogni lama può ferire o uccidere l’altra, ma non potete farlo con voi stesse, nel caso pensaste di suicidarvi» fece comparire due lame davanti ai piedi delle gemelle e si mise comoda per godersi meglio la scena.
«Diana, uccidi me» le disse Rachel.
«Come faccio? Non ho mai ucciso nessuno, non ho intenzione di fare del male a mia sorella» le rispose.
«Diana, tu hai un ragazzo che ti ama, con che coraggio potrei andare da lui e dirgli che ti ho uccisa? No, è meglio se prendi tu il potere, lo userai con più saggezza di me»
«Questa storia del triangolo amoroso è piuttosto sopravvalutata» intervenne Aqua «Voglio dire, due gemelle innamorate dello stesso ragazzo e lui che sceglie quella che conosce da più tempo. È proprio una storia lagnosa»
«Scusa se la nostra vita non è abbastanza affascinante per te!» sbottò Rachel.
Aqua rise.
«Da te poi mi aspettavo di più. Come minimo dovresti avere una voglia matta di uccidere tua sorella, così almeno poi potrai prenderti Douglas… ti avevo giudicata troppo ambiziosa»
«Rachel, non darle ascolto!» le urlò sua sorella.
«Prendere il ragazzo di mia sorella uccidendola non è ambizione, è perfidia, e io non sono perfida» le rispose Rachel a denti stretti.
«Lo ed è un vero peccato, non sai quello che ti perdi. In questo momento potresti prendere due piccioni con una fava» disse Aqua sospirando.
«Smettila di parlare così a mia sorella!» disse Diana.
«Guarda che anche da te mi aspettavo qualcosa di meglio… puoi sempre eliminare la concorrenza, uccidendola» parlava sempre come se uccidere la propria sorella fosse la cosa più naturale del mondo.
«Non sei un essere umano, sei un mostro» disse Diana iniziando a piangere.
«Forse, ma siete state voi a voler venire qui dicendo che volevate affrontare la prova e ottenere il potere, cosa pensavate che vi facessi fare?».
«Diana, ascoltami. Io non voglio ucciderti e tu non vuoi uccidere me, per questo io trovo che ci sia solo una soluzione» Rachel deglutì «Ucciderci a vicenda».
Diana guardò la sorella, gli occhi ancora pieni di lacrime.
«Oh, finalmente un colpo di scena! Affonderete tutte e due la lama o una di voi tradirà l’altra tirandosi indietro?» Aqua voleva insinuare il dubbio nei cuori delle gemelle, ma non sapeva che loro erano legate da un legame troppo forte per poterlo dissolvere così facilmente.
«Al mio tre» disse Rachel avvicinandosi alla sorella.
«Uno, due… tre!» in quel momento le lame, in perfetta sincronia, entrarono nei corpi delle due ragazze, che sentirono il sangue sgorgare fuori dal loro petto e poi chiusero gli occhi per sempre.
 
Quando Rachel si svegliò vide che il soffitto era azzurrino, inoltre si sentiva stanchissima, ma era felice.
«È questo il paradiso?» chiese, non sapendo bene a chi.
«Non essere sciocca, siamo sempre qui» le disse una voce che l’avrebbe per sempre tormentata nei suoi incubi: quella di Aqua.
Rachel si alzò di scatto in piedi, con il cuore che le martellava nel petto, alla ricerca di sua sorella, che fortunatamente vide subito dopo.
«Pensavo fossi morta» le disse andandole vicino. Diana non aveva ancora ripreso conoscenza.
«Avete superato la prova nell’unico modo in cui era possibile superarla: mettendo da parte le questioni amorose e fidandovi l’una dell’altra, ora il potere è vostro» Aqua scese dal suo trono e si avvicinò verso le due ragazze, poi toccò i loro petti con lo zaffiro sul suo scettro.
Entrambe sentirono il potere dell’acqua crescere dentro di loro.
«Andate e non dimenticatevi della lezione che avete ricevuto, né della promessa che avete fatto, o le vostre anime nuoteranno insieme a queste per l’eternità».
Anche loro, esattamente come Thomas, si ritrovarono nella sala in cui tutto aveva avuto inizio. Diana era ancora svenuta e si trovava fra le braccia di Rachel.
«Cosa è successo?» chiese Douglas andando da loro.
«È solo svenuta, si riprenderà presto» poi sorrise e si rivolse agli altri «Abbiamo superato la prova».

 

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Salve, finalmente eccomi qui con questo nuovo capitolo. Avrei dovuto aggiornare prima, ma in questi giorni non sono stata molto a casa, per cui ora che ho un po' di tempo ho aggiornato.
Come avete visto questo è stato il secondo luogo ancestrale, in cui si è parlato delle gemelle, nei prossimi si analizzerà sempre un personaggio alla volta, spero vi piaccia, magari fatemelo sapere con una recensione ;)

_WhiteRose_

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Capitolo 20
*** Capitolo 19 ***


Capitolo 19


 
Il terzo luogo ancestrale si trovava in mezzo a delle rovine. Non c’era né vegetazione né forme di vita, l’unica cosa che era possibile vedere erano i resti di quello che un tempo era stato un villaggio.
Delle vecchie case non era rimasto altro che mucchi di pietre. Solo una costruzione si ergeva in quel luogo, come se la rovina non l’avesse toccata minimamente.
«È il tempio» disse Les.
Entrarono e, come al solito, trovarono la lastra di pietra che diceva chi sarebbe entrato.
«Douglas, tocca a te, questo è quello della terra» Diana diede un bacio al suo ragazzo e poi lui attraversò la parete, timoroso su ciò che avrebbe potuto trovare. Gli altri che avevano già superato la prova non potevano dire loro di cosa si trattativa, ma gli avevano detto che era molto difficile superarle.
 
Douglas si trovò dentro un’enorme caverna in pietra, illuminata solo da alcune torce che si trovavano lungo le pareti. Il soffitto era alto e una parte del pavimento era costituita da ossa in decomposizione.
«Benvenuto» gli disse una ragazza dai lunghi capelli castani che sedeva su un trono. Assomigliava molto alla ragazza del sogno di Les, quella che le aveva imparato a meditare, ma questo Douglas non lo sapeva.
La ragazza era alta, indossava un lungo vestito marrone che le copriva tutto il corpo e in mano aveva uno scettro con una pietra.
«Io sono Terram, guardiana di questo luogo» gli disse la ragazza.
«Io sono Douglas e vorrei provare a superare la prova» lui era un ragazzo tranquillo e rispettoso, per questo non disse come gli altri “Voglio superare la prova”, ma usò un condizionale, anche perché non credeva molto nelle sue capacità.
«Certamente, ma lascia che ti dica una cosa: non parlare della prova con nessuno, altrimenti ti troverai a marcire come gli altri qui sotto» disse Terram indicando il terreno.
Rispetto alle altre, lei non si era mossa dal suo trono, aspettava invece che fosse Douglas ad andare da lei.
«In cosa consisterà la mia prova?» le chiese avvicinandosi.
«Oh, a dire il vero ancora non so. Sai, quasi tutte le prove che ho fatto in precedenza erano dei combattimenti… ma questi stancano così velocemente. Che ne dici se facciamo solo un’amabile chiacchierata?» nel tono di Terram non c’era malizia, ma Douglas capì che quella che avrebbero fatto sarebbe stata qualcosa in più che “un’amabile chiacchierata”.
 
«Vedo che nel tuo passato hai dovuto compiere una scelta amorosa impomatante» Douglas era seduto su uno scalino un po’ al di sotto del trono e Terram gli parlava con voce calma.
«Sì, ho dovuto scegliere tra Diana e Rachel e ho scelto Diana» le rispose.
«Posso chiederti come mai hai scelto lei?»
«La conoscevo da più tempo. Era timida, proprio come me, non amava la gente, non faceva amicizia facilmente… mi rivedevo così tanto in lei che ho deciso di sceglierla. Rachel invece era l’opposto, tempestiva, allegra, travolgente… non era per niente il mio tipo» Douglas parlava con tranquillità.
«Oh, ma non sai che gli opposti si attraggono?»
«Non in questo caso, io non avrei resistito più di due ore insieme a Rachel»
«La monotonia a lungo stanca, lo sai? Pensa a quando sarai vecchio, che starai sempre con una persona come te e il tempo non passerà mai, il romanticismo morirà… sarà davvero brutto. Se invece avessi scelto Rachel non ti saresti ami annoiato con lei, sarebbe spumeggiante e fresca in qualsiasi situazione» doveva essere questa la sua prova, verificare le sue scelte.
«Non importa, io non amo Rachel, io amo Diana, cinque anni che stiamo insieme e io mi trovo benissimo con lei, sono pronto a condividere con lei tutta la mia vita» Douglas era così sicuro che le scelte che aveva fatto per lui non erano per nulla discutibili.
«Sei sicuro di te stesso, la cosa mi piace, ma ti dico che la scelta che hai fatto è sbagliata, io posso vedere nel futuro e so che soffrirai un mondo se starai con Diana. Lei è destinata a morire, forse nel giro di pochi mesi, per colpa tua. Rachel non ti vorrà più vedere e tutti gli altri tuoi amici ti giudicheranno un codardo, poco dopo morirai anche tu, di solitudine. Se invece potessi ancora scegliere Rachel, vivresti per sempre felice e contento vicino a lei, Diana lo accetterebbe, non morirebbe e si sposerebbe con un uomo che ama veramente» Terram punto il suo scettro verso una parete della caverna e apparve un ricordo di Douglas, quando doveva dire a Diana e Rachel chi sceglieva della due.
«Io posso mandarti indietro nel tempo per correggere i tuoi errori, ora ti incarnerai nel precedente te stesso e ripeterai la scelta… ma questa volta saprai a cosa vai incontro» Terram sorrise beffarda e spinse Douglas dentro il suo ricordo.
 
«Per tutti questi motivi, la persona che ho scelto è…» si ricordava benissimo quel pezzo, quando lui aveva chiamato davanti a sé le gemelle e aveva spiegato loro i motivi per cui aveva scelto Diana. Ora doveva solo dire il nome, ma sapeva che se avesse scelto di nuovo lei sarebbe morta…
«Diana» ripeté lo stesso.
 
«Perché l’hai fatto, ti ho detto che li morirà!» Terram sembrava furiosa. Douglas si sentiva sfinito, come se non ce la facesse più a muoversi.
«Non importa. Preferisco aver amato veramente cinque anni una persona e poi perderla, piuttosto che passare tutta la vita con una persona che non amo»
Terram sorrise soddisfatta.
«Hai passato la tua prova, ora avrai il potere che meriti» gli toccò il petto con il suo scettro e gli diede il potere che aveva chiesto.
Douglas si alzò, pieno di una nuova forza, ringraziò Terram e si ritrovò con gli altri suoi amici.
«Ci hai messe pochissimo, cosa è successo?» gli chiese Diana preoccupata.
Douglas sorrise sereno.
«Ho superato la prova».

 

 
Ehi, eccomi qui con questo nuovo capitolo. Avrei voluto finire la storia prima dell'inizio della scuola, in modo tale che così ne avrei cominciate anche un'altra, ma non credo di riuscirci.
Comunque, una volta finita questa, vorrei scriverne un'altra nella categoria generale, dato che un'altra fantasy da portare avanti già ce l'ho.
Spero comunque che la storia continui a piacervi, ormai siamo aglisgoccili ;)

_WhiteRose_

 
 

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Capitolo 21
*** Capitolo 20 ***


Capitolo 20

 
Il quarto luogo ancestrale si trovava su di un’isola. Non era molto grande, i ragazzi avrebbero potuto visitarla tutta in due ore e il mare intorno a loro era cristallino. Non c’erano segni di presenza umana e non si vedevano nemmeno altre terre in lontananza.
«Andiamo a cercare il tempio» disse Les con tranquillità.
Non sapeva dire con precisione il motivo, ma temeva che lei sarebbe stata l’ultima a vedere il suo luogo ancestrale.
Trovarono il tempio abbastanza facilmente, anche se era semi nascosto dalla vegetazione. Entrarono e si trovarono davanti alla solita parete con le scritte, che questa volta erano gialle.
«Jim, tocca a te» annunciò Les.
Il ragazzo sospirò e poi passò attraverso la parete, incerto su ciò che avrebbe dovuto fare.
 
Il luogo davanti ai suoi occhi gli si presentò come una caverna abbastanza illuminata, dato che la luce filtrava dall’alto, dove c’era un’apertura. Una ragazza sedeva su un trono ed era davvero molto simile a quella del sogno di Les, ma ovviamente Jim non ne era a conoscenza. Lei era bionda, aveva un cascata di riccioli biondi e i suoi occhi erano marroni e grandi. Indossava un piccolo vestito color oro e in mano aveva uno scettro.
«Chi sei?» gli chiese gentilmente.
«Mi chiamo Jim. Sono venuto in questo luogo ancestrale per superare la mia prova» rispose cauto.
Non sapeva con precisione quale sarebbe stata, ma aveva visto tutti gli altri suoi compagni uscire sconvolti dagli altri tempi, per cui era piuttosto spaventato.
«Oh, già, lo immaginavo» la ragazza sorrise sarcastica «Io sono Fulgur, padrona di questo tempio e ti sottoporrò alla prova richiesta, se la supererai tutto il potere dell’elettricità sarà rinchiuso in te».
«Va bene, sono pronto per affrontare la prova» anche se gli tremavano le mani, era convinto di riuscire a superarla, poiché gli altri ci erano riusciti, anche se con le loro difficoltà.
«Non così in fretta» gli disse lei sfoderando un terribile sorriso.
«Cosa c’è?» le chiese lui.
«Prima di tutto devi promettermi che non rivelerai a nessuno di me e di ciò che farai, altrimenti ti carbonizzerò e metterò le tue ceneri lì dentro» Fulgur indicò una clessidra che si trovava accanto al suo trono e che Jim non aveva notato minimamente.
«Non sembra una prospettiva allettante quella di rimanere carbonizzarsi e poi rimanere nella clessidra, per cui credo proprio che manterrò il segreto» era più forte di lui, ogni volta che si trovava sotto pressione gli venivano da fare battutine sarcastiche e sperò che Fulgur non se la prendesse con lui.
Contrariamente alla sue aspettative, lei scoppiò a ridere divertita.
«Mi piaci Jim, mi piaci davvero» le disse con un tono che sembrava abbastanza sincero.
«Uhm, grazie» mormorò incerto lui.
«Ma ora basta parlare, che la prova abbia inizio».
 
Fulgur si era seduta a terra, davanti a lui.
«Adesso io ti ucciderò» gli disse «A meno che tu mi dia un motivo per non farlo».
Jim senti il proprio sangue gelarsi nelle vene e non riuscì a dire nulla, fissava inebetito la ragazza.
Fulgur schioccò le dita e la clessidra si girò, facendo scorrere i resti dei poveri precendenti pretendenti carbonizzati.
«Dura quaranta minuti, tu hai questo tempo per convincermi altrimenti…» non finì la frase, ma Jim capì benissimo cosa sarebbe successo.
Deglutì.
«So che hai un migliore amico a cui vuoi molto bene, non è così?» Jim annuì.
«Bene, l’amicizia è una buona cosa» lei continuava a sorridere come se non fosse successo nulla, come se non ci fosse la possibilità che lo dovesse uccidere.
«Però so che avete anche una ragazza che piace ad entrambi e che questo in passato ha causato diversi guai al vostro rapporto» Fulgur avrebbe insistito su questo punto, esattamente come aveva fatto Ignis con Thomas.
«Ormai è acqua passata, a lei piace un altro» disse Jim scrollando le spalle.
«Oh, certo, lo so, le piace Thomas» rispose con semplicità.
«Thomas? No, no! Lei è innamorata di quello che ha conosciuto da poco, Dan» non capiva come potesse essere così informata sulla sua vita e non sapere una cosa così banale.
Rise di gusto.
«Ne sei sicuro?» lanciò nella sua mente le stesse immagini che Ignis aveva mandato a Thomas, solo che questa volta erano invertiti i protagonisti: nella mente di Jim c’erano infatti il suo migliore amico e Les.
«Loro… tutto ciò è vero?» chiese sconvolto quando la visione finì.
«Certo, non mento mica» Jim notò che Fulgur faceva finta di essere offesa.
«Mancano solo venti minuti e tu non mi hai dato ancora una valida ragione per non ucciderti. Anzi, in realtà non hai fatto proprio nulla, vuoi davvero che ti uccida?» gli chiese.
Jim sospirò profondamente e rifletté un paio di minuti in silenzio: era davvero una decisione difficile, non poteva mica prendere le cose tanto alla leggera.
«Sì, ormai non mi importa più» disse infine. «Se le due persone che amo di più al mondo sono felici insieme, allora io non potrei chiedere di meglio, perché sono entusiasta della loro felicità» fece una pausa, come se non riuscisse a trovare le parole giuste,
«Non voglio essere d’ostacolo alla loro felicità, non lo farei mai, mi sentirei soltanto in colpa» terminò.
Fulgur lo guardò, alzando un sopracciglio.
«Se è questa la tua risposta, è inutile che aspettiamo la fine del tempo. Meglio farti fuori adesso, tanto non cambierai idea» si alzò in piedi e gli si mise alle spalle.
«Pronto a morire?» gli chiese.
«Non si è mai pronti» le rispose lui, poi divenne tutto buio, Fulgur l’aveva trafitto con un coltello.
 
Jim si svegliò accanto alla grande clessidra che segnava il tempo, ormai la sabbia aveva smesso di cadere da molto tempo.
«Sapevo che era la risposta giusta» sorrise guardando Fulgur dal suo trono «Morire, intendo».
«In realtà la decisione che avresti preso non contava più di tanto. La cosa essenziale erano le parole, per cui più del sacrificio era importante il motivo per cui ti sei sacrificato» gli sorrise di rimando lei.
«Per cui ho superato la prova?» chiese.
«Sì, l’hai superata» andò da lui e gli toccò il petto con lo scettro e si sentì pervaso da una forza che non aveva mai provato prima.
«Ricordati ciò che hai imparato oggi, perché il potere è temporaneo, va e viene, se ti dovessi dimenticare ciò che hai appreso oggi non ne godrai più».
«Non lo scorderò» disse deciso Jim, rimettendosi in piedi.
«Vai, il vostro viaggio è quasi finito» lui sentì una brezza e poco dopo si ritrovò davanti tutti i suoi amici.
«Allora?» gli chiese Thomas ansioso.
«È andata a meraviglia» rispose Jim sorridente.
Tutti tirarono un sospiro di sollievo e si incamminarono verso il successivo luogo ancestrale.


 
 

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Capitolo 22
*** Capitolo 21 ***


Capitolo 21

 
Il quinto luogo ancestrale, Les lo capì subito, era diverso da tutti gli altri.
Innanzitutto non era più insieme agli altri, ma stava da sola in un immenso deserto. Non poteva dirlo con precisione, ma aveva il sospetto che fosse quello del vento, per cui la ragazza da sottoporre alla prova sarebbe stata Cassie.
Aveva un po’ di paura per lei, alla fine era solo una bambina, sarebbe riuscita a superare la prova? Eppure suo nonno le aveva spiegato che aveva un grande potere, ma Les non poteva fare a meno di pensare che fosse tremendamente piccola per tutto ciò che stava accadendo, forse nemmeno lo comprendeva appieno.
Nemmeno lei lo capiva e in quella storia c’era immischiata sin da prima che lei nascesse. Sperava che prima o poi tutti i pezzi del puzzle sarebbero andati al loro posto, ma, per quanto si sforzasse di capire, più andava avanti più le cose sembravano complicarsi.
In quel momento capì che non poteva più pensare, ma che l’essenziale fosse trovare i suoi amici, per cui camminò fra le dune di sabbia rovente chiamandoli.
Peccato che non rispondeva nessuno.
Più andava avanti più il caldo le faceva annebbiare la vista e sentiva che le stava anche diminuendo la percezione della realtà.
Si sentiva spaventata, perché sapeva che non avrebbe resistito a lungo sotto quel caldo soffocante, inoltre non aveva nulla da bere, aveva anche al possibilità di disidratarsi presto, ma cercava di proseguire e non pensarci troppo.
Dopotutto erano partiti per scoprire i luoghi ancestrali per rafforzare i loro poteri, non sarebbero morti, no?
Quando Les stava per abbandonare le speranze, vide una cosa e non seppe con precisione se fu soltanto il frutto della sua immaginazione o se fosse reale.
C’era una tromba d’aria piccola e, al centro di questa, volteggiava Cassie ad occhi chiusi. Sembrava che fosse lei con la sua rotazione a far girare il tornado, che fosse possibile?
Inoltre non sembrava stare male, era come rapita.
«Cassie!» la chiamò, ma lei parve non sentire.
«Cassie!» provò di nuovo, questa volta ricevette una risposta, ma non dalla bambina.
«È inutile che le parli, quello che è solo il suo corpo, la sua anima non è là dentro» Les la riconobbe subito, era la prima ragazza che aveva incontrato nei suoi strani sogni, quella castana dagli occhi verdi.
«Cosa vuol dire?» le chiese Les spaventata, ma questa non rispose e tirò fuori una borraccia da dietro la schiena.
«Tieni, sarai assetata» le porse l’oggetto e Les bevve avidamente.
«Dove sono gli altri? Staranno morendo di sete anche loro…» disse mordendosi gli altri.
«Oh, non preoccuparti, loro non sono qui. Thomas, Jim, Douglas, Diana e Rachel stanno tornando a casa, come ho detto loro di fare, mentre Dan sta è andato nel suo luogo ancestrale, dato che quello della magia bianca e nera sono diversi e nessuno, tranne il diretto interessato, può sapere dove si trovano. Mentre Cassie… beh, anche tu vedi dove sia, dopotutto questo è il suo di luogo ancestrale»
Les aveva ancora molti dubbi.
«Perché sta girando nel vortice?» le chiese.
«Perché è così che aumenteranno i suoi poteri. È una bambina, non ha nulla su cui possa essere messa alla prova, anche le altre sono state d’accordo con me»
«Le altre?» chiese confusa.
«Sì, le altre guardiani dei luoghi ancestrali» confermò.
«Oh, ma certo, che stupida che sono stata, come ho fatto a non pensarci prima? Tutte le prove che mi miei amici hanno fatto gliele avete sottoposte voi… le ragazze del mio sogno!» si batté una mano in testa.
«Esatto. Io sono Ventus» si presentò.
«Cosa succederà ora? Voglio dire, quando Cassie smetterà di girare» le chiese Les.
«Beh, prima parlerò un po’ con lei e le spiegherò cosa dovrà fare, poi la manderò a casa con gli altri, in modo che tu possa andare nel tuo luogo ancestrale e superare la tua prova, come sta facendo in questo momento Dan» sentendo pronunciare quel nome il cuore di Les fece un tuffo.
«Come sta andando?» chiese.
«Lo scoprirai solo alla fine, ho la bocca cucita» rispose Ventus.
«La mia prova sarà difficile?» le chiese ancora.
«Dipende tutto da te» mentre parlava Cassie stava rallentando la sua rotazione.
«Ecco, ha quasi finito, fra poco dovrai andare» Ventus si avvicinò alla bambina e la aspettò con un sorriso.
Cassie venne posata delicatamente a terra dal vento e aprì gli occhi stordita.
«Cosa mi succede? Cos’è questo posto?» domandò guardandosi intorno.
«Ciao Cassandra, io sono Ventus e questo è il tuo luogo ancestrale»
Les sarebbe voluta correre da lei e dirle di fidarsi di Ventus, che sarebbe andata tutto bene, ma non fece in tempo, perché appena aprì bocca una forza misteriosa la trascinò via, facendole sparire il deserto da sotto i suoi occhi: era, finalmente, arrivata nel suo di luogo ancestrale.

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Capitolo 23
*** Capitolo 22 ***


Capitolo 22

 
Dan si ritrovò da solo a camminare per un’immensa vallata. Il prato era verde e il cielo azzurro, non c’era nemmeno una nuvola e non tirava un soffio di vento.
Cercò in giro, ma non vide nessuno, non vide nemmeno la fine della vallata, tanto era estesa.
Inoltre la cosa che più lo metteva in soggezione era il fatto che non ci fosse altra anima viva oltre a lui: non c’era nessun animale, nemmeno quegli insetti che si trovano sempre in mezzo all’erba.
«Les?» provò a chiamare, ma non ci fu nessuna risposta, nemmeno il vento.
«C’è qualcuno qui?» dato che per la seconda volta nessuno gli rispose capì di essere solo e si sedette sull’erba.
Prese la testa tra le mani e cercò di capire come mai fosse finito lì, dato che d solito si spostavano sempre tutti insieme e dove cavolo fossero gli altri, che non vedeva da nessuna parte.
Possibile che Les e Cassie e tutti gli altri fossero finiti in un posto diverso dal suo, magari ora stavano anche combattendo dei demoni, mentre lì era seduto lì su quel prato, impotente.
«Fossi in te non starei molto in pena per loro» disse una voce alla sue spalle.
Era una ragazza dalla pelle chiara e dai capelli neri, indossava un vestito dello stesso colore ed era scalza.
«Chi sei tu?» le chiese Dan, alzandosi in piedi all’improvviso.
«Io sono Obsurum» disse ridendo. La sua risata era terrificante, quando Dan la sentì rabbrividì.
«Tu chi sei, piuttosto?» gli chiese con curiosità
Anche i suoi occhi erano del tutto neri, sembrava che non ci fosse alcuna differenza fra l’iride e la pupilla.
«Io mi chiamo Dan e credo di essermi perso» disse il ragazzo evidentemente intimorito.
Era sicuro che quella ragazza non promettesse nulla di buono.
«Comunque, come ti ho già detto, non devi preoccuparti per quanto riguarda i tuoi amici. Io penserei a te, piuttosto» rise piano e si avvicinò a lui.
«Come mai sono qui da solo?» le chiese.
«Oh beh, la verità è che gli altri hanno finito il loro viaggio. Siete andati in tutti i luoghi ancestrali».
«In realtà mancava quello del vento».
«Oh, se sei in pensiero per tua sorella posso darti una bella notizia: lei sta bene e se non è tornata a casa lo farà presto».
«Che ne sai?» Dan non riusciva a fidarsi delle parole della ragazza.
«Scusa, ma sati mettendo in dubbio le mie parole? Non si fanno queste cose, ragazzino» sputò l’ultima parola come se fosse stata veleno.
«Vieni a dire ragazzino a me quando avrai al massimo un paio d’anni in più di me?» le chiese Dan sconcertato.
«Oh, allora hai un grande senso dell’umorismo. Oppure sei molto stupido» Obscurium ridacchiò.
«Chi ti dice che la mia età reale è quella che dimostro? Io vivo da molto più tempo di te e questa vallata è il tuo luogo ancestrale, qui fu dove nacque la magia nera!».
Dan si guardò intorno, un po’ sconcertato da quella rivelazione e arrabbiato con se stesso per non esserci arrivato prima.
«Una vallata è il mio luogo ancestrale?» chiese stupito.
«Oh, non fare l’idiota. Ti pare che un potere così forte nasca in un posto simile? No, un tempo c’era un vulcano che eruttava spesso, questa era una zona piena di lava» gli spiegò.
Dan era sinceramente impressionato dalle parole di Obscurium, che con quell’affermazione aveva davvero provato che lei esisteva sulla terra da un sacco di tempo.
«Possiamo iniziare la nostra prova, ora?» le chiese.
«Certamente» gli rispose lei con un ghigno malefico.
«Ma… non dovresti chiedermi di non rivelare a nessuno la tua esistenza o il contenuto della prova?» lo chiese perché aveva capito che hai suoi amici era stato chiesto di fare una cosa simile.
«Oh, non preoccuparti» rise lei «Sono sicura che non avrai lo stesso intenzione di raccontarlo in giro»
 
«Sei giovane, ma avendo solo diciassette anni hai già dovuto sopportare molte cose brutte. La morte di tuo padre, quella di tua madre avvenuta davanti ai tuoi occhi, hai cresciuto tua sorella da solo, ti sei allenato per combattere… beh, non è una cosa che avrebbero fatto tutti» Dan non rispose, si limitò a fissare la ragazza.
«Nonostante questo io ti devo sottoporre ad un’ulteriore prova. Una prova per, come dire, avere il pieno controllo della magia nera»
«Lo so, sono venuto qui per questo» le disse Dan.
«Oh, lo so, ma vorrei farti capire una cosa. La magia nera è molto potente, per cui anche la prova da superare non sarà una passeggiata»
«Sarà pure più difficile di quella della magia bianca?» le chiese lui, che era in pensiero per Les.
Obscurium fece ruotare gli occhi, innervosita dalla sua domanda.
«Smetti di pensare agli altri, ok? Prova a concentrarti su te stesso, una buona volta» l’irritazione nella sua voce era palese.
Un momento prima Dan era lì a paralare con lei, quello dopo venne trascinato via da una forza invisibile e si trovò vicino ad un torrente. Lo riconobbe subito, perché era quello vicino al suo villaggio, quello a cui andava sempre quand’era bambino.
Ad un certo punto vide che, accasciata sulle rive del torrente, c’era una persona e quella scena gli risultò stranamente familiare. La donna sul fiume era infatti sua madre sporca di sangue.
«Mamma!» gridò lui andandogli incontro.
La madre, però, sembrava non sentirlo, oppure forse era troppo messa male per muoversi.
«Aspetta, di sicuro sono stato mandato indietro nel tempo per salvarti… ora ti porto da un medico» Dan tentò di prendere in braccio la madre, ma, con suo enorme sgomento, vide che le sue braccia trapassavano il suo corpo, senza riuscire a toccarlo veramente: era come se fosse diventato un fantasma.
Arrivò anche lui da piccolo, che si inginocchiò davanti alla donna, cercando di capire chi fosse e come si fosse ridotta in quel modo, ma in realtà senza fare nulla di concreto per salvarla, mentre Dan grande gli urlava che quella era la madre e che doveva sbrigarsi a chiamare aiuto.
Ma il bambino non poteva sentirlo e, per quante volte il ragazzo aveva provato a colpirlo, la sua mano l’aveva semplicemente attraversato, come aveva fatto con sua madre.
Dan piccolo andò a chiamare aiuto e quando arrivò con degli uomini del villaggio trasportarono al più presto da un dottore, ma era tutto inutile.
La donna avrebbe dato alla luce un bambino e poi sarebbe morta.
Dan, con le lacrime che gli rigavano le guance, tornò al presente, dopo lo attendeva Obscurium, che non sorrideva.
«Ti sei divertita?» urlò sconvolto lui. «Ti sei divertita a vedermi soffrire mentre mia madre moriva e io non potevo fare nulla per salvarla?»
«Ora smettila, non ricordi cosa ti ho detto prima?» le chiese lei tranquilla.
«Che solo con un grande dolore potevi superare la tua prova. La magia nera deriva dal peccato dell’uomo, per cui solo altro peccato può rafforzarla. In genere chi ha la magia nera ha sofferto molto, eppure le loro sofferenze li rendono i più forti» gli spiegò.
«Vuol dire che tutto ciò che ho rivissuto mi ha fortificato?» le chiese.
«Esattamente. La magia nera vive di dolore, più riuscirai a controllare queste sensazioni, più ti sentirai frustrato, arrabbiato e addolorato mentre combatti, più la tua magia sarà potente»
«E non bastava dirmelo? Non bastava che io lo sapessi invece di dover tornare nel passato?»
«Purtroppo le regole qui non le faccio io e per arrivare al pieno possesso del tuo potere dovevi rivivere il ricordo più doloroso che avevi» continuò a spiegargli.
«Questo vuol dire che ora…»
«Hai superato la prova» terminò Obscurium al posto suo.

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Capitolo 24
*** Capitolo 23 ***


Capitolo 23

 
Quando aprì gli occhi Les vide che si trovava a casa sua. Non c’era nessun altro con lei e, solo per un attimo, sperò di aver finito il suo viaggio, ma poi si ricordò che doveva ancora superare la prova del suo luogo ancestrale, per cui non capì bene cosa ci facesse lì.
Girovagò per tutte le stanza, in cerca di un qualcosa o qualcuno, ma nulla, non c’era niente di strano, le camere erano in ordine, le stanze pulite e persino la porta della camera di sua nonna era chiusa a chiave, come al solito.
Per un momento le balenò l’idea che sarebbe dovuta entrare lì dentro, ma sarebbe stata una cosa abbastanza stupida, dato che non poteva sfondare la porta.
Poi, però, si ricordò della chiave che le aveva dato la maga, quella che portava appesa al collo come se fosse stata un ciondolo.
Delicatamente se la tolse da sopra la testa e la infilo dentro la toppa, la fece girare e sentì la serratura scattare.
Con il cuore in gola entrò nella stanza e… ciò che vide la fece rimanere a bocca aperta.
In quella stanza lei c’era già stata, due volte per l’esattezza, in occasione di quei suoi strani sogni in cui incontrava quelle bizzarre ragazze che le spigavano i suoi poteri.
Stavolta fuori dalla finestra non c’era la solita nebbia, ma si potevano vedere le colline e un pezzo del bosco e lo specchio restituiva esattamente la sua immagine.
«Com’è possibile tutto questo?» chiese a voce alta.
«Perché questo è il tuo luogo ancestrale e io sono Lux, la guardiana» a risponderle era stata l’ultima ragazza che Les aveva sognato, quella che era vestita di bianco.
Stava seduta sul letto di sua nonna e, Les ne era sicura, fino ad un momento prima non c’era.
«Il mio luogo ancestrale?» ripeté confusa.
«Esattamente. Credevi che tuo nonno avesse costruito la tua casa qui solo perché gli piaceva la vista?» chiese Lux  ridendo.
«Mio nonno sapeva che questo era un luogo ancestrale?» le chiese ancora.
«No, certo che no, gli umani non sanno quali sono i luoghi ancestrali, ma indubbiamente qui c’è una fonte di magia, per cui si sentiva attratto da questo luogo» le spiegò.
«Per cui ora io dovrei affrontare la mia prova… qui dentro?» le chiese Les.
«Oh, la tua “prova” è diversa dalle altre, non preoccuparti. Non dovrai fare niente di speciale… dovrai solo essere pronta a scoprire tutta la verità» Les tirò un sospiro di sollievo.
«Sei felice? Guarda che a volte la verità è la cosa più dura da sopportare… inoltre ti ricordo che non potrai mai raccontare a nessuno ciò che ti sto dicendo»
«Va bene, sono pronta»
 
«Innanzitutto devi sapere che gli esseri umani non sono mai del tutto liberi di compiere le proprie scelte, nonostante possano scegliere se operare dalla parte del bene o del male il loro destino, almeno in parte, è stato già scritto in partenza.
Da quando tuo nonno decise di allearsi con i demoni capimmo che dovevamo intervenire, per evitare che la cosa degenerasse, inoltre sapevamo che il demone che tuo nonno stava cercando di evocare, quello che ti da ancora la caccia, non era mai morto veramente.
Decidemmo di fare una cosa molto pericolosa e che di solito non facevamo mai, ovvero quella di controllare totalmente il destino delle persone.
Sapevamo che tua madre era stata un fallimento, nonostante una traccia di magia fosse anche in lei, per questo decidemmo che, indipendentemente dal fatto che tuo nonno si fosse pentito o meno sarebbe morto con la tua nascita, in modo tale da passarti il potere della magia bianca e quello che aveva tua madre, alla fine è stato un sollievo che tuo nonno sia ritornato dalla parte del bene, altrimenti non avrebbe potuto aiutarti in questa situazione.
Non era un caso se durante il parto tua madre si teneva una spalla… stavamo rimuovendo la magia che aveva lei, per darla a te, racchiusa in quella voglia, che ha pure tuo nonno, che tua madre aveva da piccola e che ora non ha più.
Tu sei stata il primo essere umano il cui destino era quasi completamente controllato. Appena sei nata noi già sapevamo che saresti andata a vivere in quel collegio, che avresti avuto il potere di sentire quale magia possedevano gli altri solo con il tocco, che avresti conosciuto i tuoi amici con i poteri, che saresti andata a dormire da loro e avresti visto il pericolo, che poi saresti tornata qui, ti saresti allenata, saresti scesa in battaglia, ti saresti innamorata di Dan, avresti cercato i luoghi ancestrali e, infine, avresti combattuto contro il demone»
«Ma io non ho ancora combattuto contro di lui» Les interruppe il discorso di Lux.
«No, ma è una questione di ore. Non vorrei farti agitare, ma purtroppo nemmeno noi abbiamo il potere di decidere le sorti di questa battaglia ma… noi ci affidiamo a te. Tutto il cielo ti darà il suo potere, se vorrai» Lux mise una mano sulla spalla di Les, come per confortarla.
«Non è molto carino, tutto ciò. Sai, sapere che non avrei potuto fare nulla per cambiare le cose… è come se mi sentissi inutile, tutti i traguardi che ho raggiunto finora non li ho raggiunti per merito mio, ma perché era scritto nel mio destino» Les si sentiva come tradita, tradita  dalla parte che sarebbe dovuta esserle vicina.
«Come puoi pensare questo?» le chiese Lux sconvolta «Noi abbiamo pianificato il tuo destino, ma tu Les hai fatto tutta da sola, sei l’unica creatura a possedere la magia bianca, se volessi potresti essere invincibile, invece sei una delle persone più umili. Questo non l’abbiamo mica scritto noi, la bontà d’animo è solo tua».
Les arrossì davanti a tutti quei complimenti, poi rifletté meglio sulle parole di Lux.
«Sarò l’ultima persona a possedere la magia bianca?» le chiese.
«Sì. Tu in teoria nemmeno la dovresti avere, ma la possiedi perché devi salvare il mondo. Dato che le persone con i poteri sono in netta inferiorità rispetto ai senza poteri fra qualche centinaio di anni la magia sarà scomparsa per sempre»
«Cosa? Ma è… terribile!» esclamò Les.
«Trovi?» Lux non sembrava essere della sua stessa opinione.
«Avere il potere del cielo non aiuta a vivere meglio, Celeste. Già dall’inizio dei tempi lo sapevamo, ma abbiamo lo stesso voluto dare agli esseri umani una possibilità, che hanno sprecato. Abbiamo visto che non sono affidabili con i poteri perché ne basta anche solo uno al mondo che non si faccia guidare dalla ragione e tutto è destinato a morire» le spigò con amarezza.
Forse in passato lei e le altre avevano davvero creduto negli uomini e nelle loro capacità, rimanendo invece deluse.
«Per questa ragione in futuro la magia verrà considerata solo una leggenda» continuò con un sorriso «Ma è inutile che tu pensi a queste cose, ora hai il futuro da difendere»
«Per cui la mia prova è finita?»
«È finita» confermò la ragazza. «Vai in cucina, troverai gli altri tuoi amici ad attenderti e ricorda, il potere del cielo è con te, Celeste».
 

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Capitolo 25
*** Capitolo 24 ***


Capitolo 24

 
Come aveva detto Lux, tutti gli altri erano già in cucina e l’aspettavano. Dalle loro espressioni capì che stava succedendo qualcosa di terribile, perché erano tutti sconvolti.
«Finalmente sei arrivata» le disse Dan correndo ad abbracciarla.
Quel gesto le fece capire che stava accadendo qualcosa di terribile, perché di solito lui non era un tipo che faceva queste cose.
«Che succede?» chiese Les preoccupata.
«I demoni» le rispose Rachel indicando fuori dalla sua finestra e Les vide quelle creature sparse ovunque, che però non potevano entrare nella casa per via delle cure di sua nonna, o era forse perché lì si trovava il luogo ancestrale della magia bianca?
Les sentì un brivido correrle lungo la schiena: non avrebbe mai immaginato che avrebbero approfittato della loro assenza per attaccare.
«Anche il villaggio è sotto assedio, certo, c’è chi cerca di difendersi come può, ma la maggior parte sono senza poteri…» Dan si stava mordicchiando il labbro.
«Sentite, facciamo così: io devo andare a cercare il demone principale, quello che ha fatto scatenare tutto questo, una volta che l’avrò ucciso tutti gli altri se ne andranno e non torneranno mai più su questa terra, per cui l’unica cosa che dovete fare è tenerli a bada, ci siamo riusciti l’altra volta, ora con i poteri al massimo per noi dovrebbe essere una passeggiata» spiegò ai suoi amici.
Dan le accarezzò leggermente una guancia «Stai attenta» le sussurrò.
Les annuì e si riversarono tutti fuori, pronti come non mai ad uccidere i demoni.
Si divisero, ognuno andò in una direzione diversa per cercare di contenerli, Les individuò subito il suo bersaglio, era il capo e si trovava esattamente davanti alla sua casa; la guardava con i suoi occhi gialli e quando la vide le sorrise beffardo, Les capì che questa volta era lui e non un altro.
“Andiamo in un posto più tranquillo” le parlò dentro la mente, e la voce era femminile.
Quindi il demone che aveva tanto temuto era una lei.
Les annuì e seguì il demone, ma questa volta non era spaventata, era solo consapevole: sapeva che con questa battaglia avrebbe messo fine a tutto, ormai credeva nelle sue capacità e non si sarebbe lasciata sfuggire quest’occasione.
Il demone la portò in una radura, simile a quella dove l’aveva portata l’altra volta il suo sosia, e si fermò a guardare Les, con i suoi occhi gialli.
“Sei stata coraggiosa, non credevo saresti riuscita ad arrivare fino qui” le disse.
La sua voce penetrava nella mente di Les, ma non avrebbe potuto dire come ci riuscisse.
«Io invece credevo che tu lo fossi di più, invece l’altra volta mi hai lasciato ad affrontare una tua squallida copia» rispose.
Il demone rise.
“Non capisci, eh? Non potevo ancora sconfiggerti, perché non eri al massimo delle tue potenzialità, in quel caso ci sarebbe stato qualcun altro a tentare di cacciarmi via, ma ora… ora sei vulnerabile”
«No, ora sono più forte»
“Davvero? Hai già fatto morire tante persone per te Les, perché vuoi che ne muoiano di più? Non ti sono bastati tuo nonno e la maga?”
«Cosa vuol dire la maga?»
“Oh, non te l’hanno detto? Lei è morta per darti il potere della conoscenza, che ti ha trasmesso con il suo rituale. Altrimenti come avresti fatto a leggere le scritture antiche nei luoghi ancestrali?”
«Io… io non sapevo che…» balbettò Les.
“Oh, già, dimenticavo, ai buoni è tutto concesso” si avvolse intorno a Les, come una nuvola nera.
“Dopotutto io e te non siamo poi così diverse, sai? Abbiamo entrambe deciso di scarificare qualcuno per uno scopo più grande”
Les serrò i denti.
«Io non ho sacrificato nessuno. Queste cose sono state decise prima della mia nascita, non è colpa mia» ribatté.
“Oh, tu credi che abbia importanza? Si sono lo stesso sacrificati per la tua causa”  il demone rise. “Esattamente quello che alcune persone hanno fatto per me”.
«Con la differenza che io sto cercando di ottenere un mondo libero dalla feccia, mentre tu ne cerchi la distruzione» ormai la strada del senso di colpa non era più efficace.
Les aveva compreso che certe cose erano più grandi di lei, più grandi di qualsiasi altra cosa potesse immaginare e non voleva di certo spiegarlo ad un demone.
“Oh, ma sentila. Se la metti così allora non resta che una cosa da fare” gli occhi gialli del demone divennero due fessure.
«Cosa?» chiese Les, improvvisamente attenta.
“Combattere” il demone non finì di parlare che si avventò su di lei, ricoprendola tutta. Les non riusciva a vedere nulla, inoltre aveva la sensazione che milioni di insetti le pungessero la pelle.
Strinse a sé il suo bastone e tentò di allontanarli, ma non era abbastanza concentrata da fare un magia potente, per cui l’effetto durò solo poco tempo, ma fortunatamente lei ebbe la prontezza dei riflessi per correre via.
“Ora sei tu quella che scappa?” le chiese divertito il demone.
In realtà Les non stava scappando, stava solo cercando un posto in cui potersi concentrare al meglio per sferrare il suo attacco.
Il demone la trovò prima che ci riuscisse, ma lei aveva accumulato abbastanza energia da scagliargli contro un fascio di luce, così intenso che lo mise fuori gioco per qualche secondo.
Finalmente Les si concentrò, ci riuscì così tanto che le sembrava essere diventata un tutt’uno con la magia. Lei era la magia e la magia era lei.
Non capiva bene ciò che stava accadendo, sapeva solo che si sentiva strana, era come se il suo corpo emanasse luce. Un po’ le ricordava quando aveva scoperto di avere la magia bianca, quando le si era illuminato il petto, con la differenza che ora era tutta fatta di luce.
“Non può essere vero…” per la prima volta sentì nella voce del demone lo sconcerto, e anche un qualcosa di nuovo, sentì la sua paura.
Les andò verso il demone, che sembrava paralizzato da quella visione e lo avvolse con i suoi fasci di luce. Lo sentì urlare, dimenarsi, contorcersi, ma fu tutto inutile: sapeva che il mostro era stato sconfitto una volta per tutte, ucciso da un potere che non sapeva bene come classificare.
Il demone scomparve e la luce lentamente si affievolì.
Les cadde sulle ginocchia esausta, le sembrava che con la scomparsa della luce se ne fosse andata anche la sua vita: non riusciva più a muoversi e le palpebre erano sempre più pesanti… in un attimo finì tutto e venne inghiottita dal nero.
 
“Sono morta?” fu questo il primo pensiero di Les quando raggiunse quel luogo.
“No, bambina mia, ti aspetta una lunga vita davanti” le rispose, calmo come sempre, suo nonno.
“Allora come mai sono qui?” gli chiese.
“Perché questa è l’ultima volta che ci vedremo, Celeste. Hai portato a termine il tuo compito, come era destino che fosse, ormai non ho altro da dirti” le confessò il nonno.
“Non ci incontreremo mai più?” in questi tre anni che aveva passato insieme a lui, Les si era molto affezionata a suo nonno. Era stato la sua guida nei momenti più difficili, l’aveva sempre aiutata e confortata come meglio poteva.
“Sì, ma quel tempo arriverà fra molto, ora dovrai pensare a stare bene con i vivi, non pensare ai morti” quelle parole fecero risvegliare una consapevolezza in Les: suo nonno era morto, solo perché lei ci poteva ancora parlare non voleva dire che fosse tornato fra i vivi.
“Cos’è stata quella cosa che ho fatto oggi? Intendo la magia di diventare tutta di luce” Daniele le sorrise divertito.
“Ti hanno mai detto perché ti chiami Celeste?”
Les scosse la testa.
“Perché tu hai il potere del cielo, bambina mia. Quello che hai fatto oggi non è stato altro che tirare fuori il potere che hai dentro di te. Tu sei la magia, Celeste”.
Quella rivelazione la scioccò, ma non tanto come pensava: forse una parte di lei lo sapeva, anche se inconsciamente.
“Alla prossima, nonno” lo salutò con tristezza Les.
“Alla prossima” e quella fu l’ultima volta che Les vide suo nonno.
 
Quando si risvegliò era ancora in mezzo alla radura. Si alzo lentamente in piedi e andò in cerca dei suoi amici, che trovò poco dopo, malconci quanto lei, ma con i sorrisi stampati in faccia.
Dan corse ad abbracciarla e la strinse fra le sue braccia.
«Ci sei riuscita, l’hai ucciso!» esclamò felice.
Les non riuscì a staccare le braccia dal suo collo, in quel momento era così felice che iniziò a piangere, piangeva e rideva contemporaneamente, senza sapere come fermarsi.
«Sì, è vero, ce l’ho fatta» si staccò da Dan e guardò anche gli altri suoi amici… erano quasi tutti messi male, con i vestiti strappati e le ferite che gli percorrevano il corpo, ma erano felici.
«Siamo liberi» e solo nel momento in cui lo disse si rese conto che era vero.
Ora erano tutti liberi.

 

 
Ehilà, eccomi qui, finalmente questa storia è finita.
Dico finalmente perché la sto scrivendo da più di un anno e il mio stile di scrittura è molto cambiato rispetto a un tempo, per cui capisco che non sia proprio il massimo. Forse un giorno (forse) la sistemerò meglio, ma per ora ho altri progetti in testa, che mi prendono molto più di questo.
Ho una long fantasy in corso che potete trovare sempre sulla mia pagina, un'idea per un'altra long fantasy e una raccolta di drabble su Phoenix Wright.
Voglio ringraziare lo stesso tutte le persone che hanno seguito la mia storia, che hanno recensito e l'hanno messa fra le preferite/seguite/ricordate, grazie davvero ♥
Ci vediamo alla prossima storia ;)

_WhiteRose_

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