ALINIEN, IL DRAGO VIOLA

di MartinaGaladriel98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** ISMIRA, QUESTO è UN GIORNO SPECIALE ***
Capitolo 2: *** 2. NELLA RADURA VANDUHUR ***
Capitolo 3: *** ALINIEN E PALMI LUCCICANTI ***
Capitolo 4: *** VERSO CARVAHALL ***
Capitolo 5: *** TRA FAIRTH, SALUTI E PARTENZE ***
Capitolo 6: *** UNA CITTà STRABILAINTE ED UN FRATELLO RANCOROSO ***
Capitolo 7: *** ALLA VOLTA DI CERIS ***
Capitolo 8: *** REGINE TRISTI ***
Capitolo 9: *** LE COSE NON SONO COSì SEMPLICI ***
Capitolo 10: *** GIOVANI, INGENUI E CON TANTO DA IMPARARE ***
Capitolo 11: *** IL PREZZO DEL RISCHIO ***



Capitolo 1
*** ISMIRA, QUESTO è UN GIORNO SPECIALE ***


ISMIRA, QUESTO è UN GIORNO SPECIALE
A Carvahall era appena spuntata l’alba, un’alba primaverile in cui l’occhio si perdeva tra le mille sfumature di un cielo che esattamente sedici anni prima aveva accolto il fumo del villaggio in fiamme. Ma ora il cuore della valle Palancar era come rinato dalle sue stesse ceneri, dalla devastazione della guerra contro la tirannia dell’Impero del malvagio Galbatorix. Eppure Carvahall non aveva dimenticato il passato e Ismira lo sapeva bene. Suo padre Roran, inoltre, le raccontava spesso il ruolo che aveva avuto   suo cugino Eragon, cavaliere dei draghi, con la sua dragonessa Saphira  in quel conflitto  e di come , dopo , egli avesse dovuto abbandonare Alagaesia per addestrare la nuova stirpe di cavalieri.
Ismira pensava a tutto ciò mentre stava appollaiata sul tetto della sua casa. Tuttavia il motivo che l’aveva spinta a rifugiarsi lassù non era riflettere, ma  un’ansia  mista ad entusiasmo che sentiva crescere dentro per quello che sarebbe potuto succedere di lì a poche ore, quando si sarebbe trovata davanti al giudice del suo destino: un uovo viola di drago. Era il  quinto, quello che  aveva viaggiato invano  tra tribù di Urgali, nel Farthen Dur, a Ellesmèra ed in ogni posto possibile in tutta Alagaesia, Carvahall era rimasta l’ultima chance che l’uovo aveva per scegliere il suo cavaliere.  Era persino divenuto oggetto di preoccupazione e sospetto il fatto che non si fosse ancora schiso da ben tre anni, mentre  gli altri quattro, il turchese. Il verde  scuro, il rosa e il  bianco in tutto…bè avevano impiegato solo cinque mesi. Così ora stava tranquillo e fermo al centro della radura Vanduhur, in  attesa di avere davanti a sé tutti i giovani del villaggio di Carvahall e scegliere il suo cavaliere. Ismira rabbrividì, e se l’uovo si fosse incredibilmente schiuso di fronte a lei? Roran l’aveva preparata a quell’eventualità, ma non poteva non essere agitata. Essere cavaliere dei draghi rappresentava un’enorme responsabilità, ma anche un’esperienza meravigliosa…chissà.
La ragazza guardò per un ultima volta le pallide stelle che sfumavano, consapevole che l’indomani avrebbe potuto  assistere a quell’alba con occhi diversi. Stava giusto per scendere quando sentì un fruscio di vesti alle spalle, guardò giù. Era sua madre che saliva, la lunga veste azzurra che strisciava fluttuante sugli scalini ed i lunghi capelli ramati che le incorniciavano il volto pallido e assonnato. Ismira la trovò invecchiata, ma lo stesso bellissima. Lei, che aveva i capelli biondo scuro e gli occhi grigi di Roran, non aveva di certo ereditato da lei.
Katrina si sedette di fianco alla figlia.
<< Preoccupata? >> mormorò comprensiva.
<< No…solo un po’di ansia dovuta all’attesa >> mentì.
<< Ismira, figlia mia, so come ti senti… è come se si dovesse intraprendere un viaggio di cui non si sa la destinazione, giusto? Ma non importa quel che succederà, io per te ci sarò sempre, ricordati di me come il tuo stesso coraggio. Non avere timore del futuro, affrontalo con serenità…come ho imparato a fare io. >>
Ismira , questo è un  giorno speciale per tutti i ragazzi di questo villaggio e per te anche, sorridi> , Katrina l’abbracciò ed Ismira si sentì rincuorata, senza aggiungere che in fondo non si sentiva proprio pronta per quel compito, che non ne era all’altezza. Forse suo fratello Garrow sarebbe potuto diventarlo, ma non lei.Roran intanto si trovava già alle stalle con gli altri sei  figli, Selena,  Galin e Genevieve, Iniarel  , Thom  e Penelope. Sì, era una famiglia davvero numerosa, Ismira aveva sedici anni ed era la più grande, seguivano Penelope e Selena che erano due gemelle identiche di quindici anni, proprio come Thom e Galin di undici.
Genevieve aveva invece tredici anni .
Ismira si accorse che anche loro avevano un’aria seria e pensierosa  e si sentì un po’ egoista a non aver creduto che anche loro si sentissero agitati.
Li raggiunse, dopo aver indossato una veste leggera stretta in vita da una cintura di cuoio e aver salutato   Katrina.
Salì sul suo cavallo, Roran che sorrideva sarcastico nel vederli tutti angosciati ma che allo stesso tempo li incoraggiava facendoli divertire con le sue battute.
<< Se uno di voi diventerà  cavaliere dei draghi mi dovrà promettere che terminato l’addestramento non tornerà vegetariano, con le orecchie a punta e con la lingua più contorta dei capelli di Horst dopo aver fatto il bagno >>, annunciò Roran. Tutti ridettero, e tra le chiacchere oltrepassarono la staccionata che contornava la fattoria, diretti alla radura dove li aspettava acquattato  sull’erba  il destino. Sarebbe stata davvero una giornata speciale.CIAO A TUTTI, ECCO IL PRIMO CAPITOLO DELLA MIA STORIA, SPERO POSSA APPASSIONARVI! ADESSO è UN PO’ TARDI PER CONTINUARE, MA NON TEMETE , PERCHè DOMANI AGGIUNGERò IL SECONDO CAPITOLO E COSì VIA!  

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Capitolo 2
*** 2. NELLA RADURA VANDUHUR ***


2.NELLA RADURA VANDUHUR
<< Papà, com’è Eragon? >> quella domanda giunse inaspettata alle orecchie di Roran. Ismira lo guardava in attesa di una risposta.
Ci pensò un po’ su << E’ un grande cavaliere… quando era solo un ragazzino era molto…si , insomma, infantile… Non mi sarei mai immaginato Eragon cavaliere dei draghi, ho dovuto cambiare idea e poi  mi sono accorto che mio cugino era in realtà molto di più che quel bambino normale che amava correre  e urlare per tutta Carvahall, ma un eroe. Eppure io lo vedo ancora come quel compagno di giochi, il piccolino che non vedeva l’ora di tornare a casa per bere l’infuso alla menta di mio padre e osservare il tramonto….>>
<< Ti manca? >>
<< Certo che mi manca, ma sai una cosa? >>
Ismira lo guardò con due interrogativi occhi grigi.
<< Tu mi ricordi molto Eragon, la tua sfrontatezza, il modo di vedere le cose sotto un’altra luce, e… a volte anche l’insicurezza . E la tua inguaribile testardaggine >>
<> Ismira sorrise.
Roran annuì, distogliendo lo sguardo.
Solo allora si accorsero che la radura Vanduhur era molto vicina. Genevieve, la più avventurosa del gruppo, corse al galoppo  seguita a ruota dagli altri.
Ismira era davvero entusiasta, la tensione scemava poco a poco, specialmente quando si accorse dell’incanto di ciò che aveva di fronte.
Un’enorme distesa erbosa proseguiva fino all’orizzonte, dove veniva sommersa dal velo dorato dei raggi solari. Intorno era delimitata da aiuole  ed alberi che parevano venire da un altro mondo, tanto splendevano rigogliosi , mossi da una leggera brezza proveniente dal mare lì vicino. Al centro serpeggiava un sentiero di ciottoli perfettamente bianchi e tondi, bagnati dalla fresca rugiada degli steli d’erba che spuntavano a ciuffi tra i massi. Attorno al sentiero si accalcava la folla degli abitanti di Carvahall, ansiosi di assistere all’evento.
Ma la cosa che sicuramente suscitava maggior interesse era la presenza di cinque elfi di una bellezza straordinaria. Erano due uomini e tre donne. Queste ultime indossavano una tunica lunga fino ai piedi bianca ed intarsiata con foglie d’oro e argento, accompagnate da un mantello altrettanto splendente ma semplice. Tutte portavano  i capelli lunghissimi con la sola differenza che due di loro  li avevano corvini, mentre l’altra chiarissimi, quasi bianchi.
Gli uomini invece indossavano lunghe casacche che arrivavano al ginocchio per poi lasciare posto ai pantaloni, strette ai fianchi da una cintura della stessa fantasia delle tuniche delle elfe. Tutti e due avevano i capelli biondi.
Ismira era davvero affascinata,  aveva letto spesso storie sul popolo elfico, ma mai si era immaginata che fossero davvero così incredibili come raccontavano i libri.
Era così immersa nelle proprie riflessioni che non si accorse nemmeno che Roran la chiamava da un lato del viale. Allora prese posto di fianco ai fratelli, unendosi alle chiacchiere sussurrate dei Carvahaliani.
<< è tutto così…straordinario >> sussurrò Penelope alle sue spalle.
<< opera degli elfi, sono così terribilmente perfetti…bah >> mormorò invece Selena.
Fu solo quando si sentì l’echeggiare di un corno che il vociare si affievolì sempre di più fino a spegnersi. Ismira si voltò. E fu allora che lo vide.
Un immenso drago bianco planò sulla radura, le ali diafane che coglievano la luce del sole. Le squame rilucevano candide sul lungo collo e poi sfumavano verso il grigio lungo  il dorso e le zampe, che lasciavano intravedere lunghi artigli color avorio.
Gli occhi erano invece di un grigio scuro molto simile a quelli di Ismira, ma molto più grandi naturalmente. Emanava un senso di forza e stabilità che veniva dettata dalla purezza elegante delle sue fattezze.
Dalla sella marrone scuro  del drago scese il suo cavaliere. Era un elfo dai capelli corvini e gli occhi color ghiaccio. Si avvicinò con passo felpato ai suoi simili.
Avanzando di un passo davanti alla folla cominciò a parlare.
<< Benvenuti abitanti coraggiosi e valorosi di Carvahall, mi chiamo Alacrion cavaliere del drago bianco Miaren. Sono sicuro che tutti voi  saprete perché siamo qui riuniti oggi. In questo giorno tutti i giovani di Carvahall sono tenuti a presentarsi davanti al quinto uovo di drago, che sceglierà il suo cavaliere. Credetemi, è un grande onore  sapere che il nuovo cavaliere sarà  uno di voi , di questo luogo che di certo ha una storia alle spalle da raccontare e portare avanti, una storia di  lotta e speranza.
Qui infatti nacque il nostro maestro Eragon, qui il destino gli permise d’incontrare il suo drago  e qui oggi sapremo chi sarà il futuro cavaliere. >> , fece un inchino per poi rivolgersi ai ragazzi del villaggio e portandosi l’anulare e l’indice sulle labbra  in segno di cortesia, disse << Atra du evarìnya ono varda >>.  Ritornò su Miaren, il fodero della spada bianca che ondeggiava al fianco.
L’elfa dai capelli chiari intanto si pose al centro del sentiero  e pose il fagotto che teneva tra le  mani  sull’erba, liberandolo dal suo involucro.
Ismira immaginava l’uovo molto più piccolo e meno bello. Ma quello posato lì era all’incirca alto quanto tutto il suo braccio, con tutte le gradazioni del viola possibili ed immaginabili. Era davvero sorprendente. Si diffusero mormorii di ammirazione per tutta la radura.
L’elfa, il cui nome era Lianel, teneva in mano una lunga lista. Cominciò a chiamare.
<< Remin Geremisson >> , si fece avanti un ragazzino  di circa quattordici anni che si avvicinò piano all’uovo. Era imbarazzato in modo inverosimile.
Non successe niente, di solito, aveva detto l’elfa dopo appena un minuto il futuro cavaliere avrebbe sentito  una sorta di contatto irrazionale con il drago e l’uovo avrebbe cominciato  a schiudersi.
Remin Geremisson tornò mogio al suo posto. Fu il turno di due ragazze, ma lo stesso non accadde niente, così come per altri tredici tra cui vi erano Selena , Galin  e Thom. 
<<  Garrow Roransson >>.
Il fratello di Ismira era ancora più sicuro di sé del solito, mentre avanzava deciso e a testa alta. Passò mezzo minuto, un minuto. Niente. Nessuna dannata schiusa.
Era evidentemente deluso.
Ancora quattro fratelli di cognome Wenslysson non divennero cavalieri. Lo stesso destino toccò a Gioel, il migliore amico di Ismira. Mentre tornava le gettò uno sguardo carico di rassegnazione e speranza. Ismira fece un gesto come a dire ‘non fa niente, non ti preoccupare’.
<< Ismira Katrinasdaughter >> l’ annuncio le giunse quasi inaspettato, di colpo si sentì le gambe molli e una sensazione di panico invaderla.
Sudava, mentre tutti gli sguardi erano rivolti a lei. Roran le strinse forte la mano << Vai Ismira, non aver paura di quello che potrebbe succedere >>.
Fece un passo, poi due, i ricci ribelli che svolazzavano intorno. Le sembrava di camminare sull’acqua, stava per inciampare, se lo sentiva. E finalmente arrivò lì davanti, il cuore martellava per uscire. Fissò gli occhi su una delle venature violette dell’uovo, incapace di pensare o agire tantomeno.
L’uovo era perfettamente immobile. Passò  il fatidico minuto e decise di ritornare sui suoi passi, tirando un sospiro che sapeva di sollievo e delusione al tempo stesso.
Non era giunta nemmeno a metà strada che una stranissima sensazione  di vuoto assoluto l’assalì, si sentì come se avesse due anime nello stesso corpo. Era attratta involontariamente da ciò che aveva dietro.
Sentì un leggero CRIC. L’uovo si stava schiudendo . No si disse, non era possibile, era solo frutto della sua mente in subbuglio. Ma era  così reale, così maledettamente
VERO e … GIUSTO.
Si girò di colpo, una piccola figurina viola le stava davanti. E la guardava.
 
 
 
 
 
 
 
 

 

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Capitolo 3
*** ALINIEN E PALMI LUCCICANTI ***


3.ALINIEN E PALMI LUCCICANTI

 Era piccolo quanto poteva esserlo un’ aquila, con ali membranose viola scuro.   Il muso era invece più chiaro, mentre le squame  brillanti della pancia e del dorso color mirtillo. Aveva profondi occhi della stessa sfumatura delle pervinche. Era incantevole. Era il suo drago. Pensò Ismira di scatto.
Inciampata, stava seduta sui ciottoli bianchi del viale, che ora le sembrava la strada del paradiso. Girò la testa. Si accorse in quel momento che nessuno fiatava, solo Roran sorrideva.
Raccolse i lembi di vestito che si erano incastrati tra le pietre e si avvicinò lentamente alla creatura, che ora emetteva deboli ruggiti e agitava le ali.
Il drago toccò con il muso la sua mano ed una scossa così forte da farla svenire arrivò inaspettata. Vide nero, poi viola e poi nient’altro.
§§§§§§§
Ismira si risvegliò che era già sera inoltrata. Si ritrovò coricata su una branda, dentro una tenda. Guardandosi intorno notò che l’ambiente era piuttosto spoglio,  c’erano  solo un catino con dell’acqua fumante e un tavolino con sopra un vassoio colmo di frutta.
Decise di alzarsi. Si sentiva stranissima, come non più se stessa, e in un secondo ricordò tutto, la cerimonia, gli elfi. Ma soprattutto l’uovo che si schiudeva ed un dolore lancinante alla mano destra. La guardò istintivamente e sussultò quando si accorse di avere un marchio luccicante argentato sul palmo. Ma sì, certo. Roran l’aveva informata, quello era il Gedwey ignasia, il segno che lega il Cavaliere al suo drago.
Uscì fuori, si trovava ancora nella radura Vanduhur, ma era quasi deserta.
Il grande drago bianco Miaren stava sdraiato e sembrava addormentato, non c’era traccia però del suo Cavaliere Alacrion. Quella era l’unica presenza che faceva compagnia ad un padiglione blu lì vicino, da dove proveniva un vociare sommesso.
Ismira s’ incamminò verso quella direzione, accorgendosi che le chiacchiere avvenivano nell’antica lingua. Erano tutt’ e due di donna.
Una di loro uscì improvvisamente dalla tenda, trovandosi faccia a faccia con Ismira.
I capelli  dell’elfa si mossero come un’onda d’inchiostro nero quando sorrise, roteando il polso  e portandoselo al cuore in un inchino.
<< Atra esternì ono thelduin, Ismira Shur’tugal, e ben svegliata. Il mio nome è Amandal.  Avanti vieni…>> , in un gesto leggiadro indicò  con un braccio il padiglione.
<< G…grazie >> riuscì solo a mormorare la ragazza, chiedendosi dove fosse il suo drago, non aveva nessun contatto mentale e le parve strano.
Appena entrata si trovò di fronte gli altri quattro elfi che le rivolsero lo stesso gesto di Amandal e pronunciando ancora << Shur’tugal >> dopo il suo nome.
Ismira fece tutto il possibile per non apparire ridicola, facendo un inchino ( a suo giudizio un po’ goffo) e biascicando ( sempre secondo lei) le uniche parole che conosceva nell’antica lingua.
 Nella tenda vi era anche Alacrion. Ismira lo trovò incredibilmente solenne, parlava mentre teneva una mano sull’elsa argentata e bianca della sua spada, non per difendersi da eventuali attacchi ma per abitudine.
Doveva avere all’incirca diciannove anni ed era davvero bello, pensò ancora Ismira.
Si rivolse a lei con fare nobile << Ora, Ismira, ti condurrò dal tuo drago  in modo che possiate conoscervi >> sorrise.
Il piccolo drago viola stava in  un angolo fuori dalla tenda, rovistando tra quelli che Ismira giudicò  resti di scoiattolo. Sembrava particolarmente assorto nel suo lavoro. Solo dopo si accorse della presenza della ragazza che intanto stava inginocchiata sull’erba e lo scrutava curiosa.
<< Come mi devo, ecco, comportare? >>
Alacrion sospirò, avvicinandosi.
<< Non ti devi comportare in nessun modo, è come quando si è appena nati e piano piano si comincia ad affezionarsi ai propri famigliari, viene da sé, non c’è un fare stabilito. Presto imparerete reciprocamente a sentirvi uno parte dell’altro, così, naturalmente. Il contatto mentale dovrebbe instaurarsi a breve,  quando imparerete ad accettare l’uno l’esistenza dell’altra. Con Miaren è stato proprio così e anche per gli altri tre draghi, ne sono sicuro >>.
<< Alinien…>> disse Ismira, gli occhi rivolti al draghetto.
<< Come? >>, Alacrion aggrottò le sopracciglia.
<< Ho deciso di chiamarlo Alinien, è un nome che mio padre ha dato alle violette che crescevano intorno alla nostra fattoria. Lui… me le fa ricordare particolarmente >> indicò il drago.
<< Posso solo dire che è un nome davvero sublime, Ismira Shur’tugal >>
<< Si, hai ragione, lo adoro. Sai mi sto già affezionando a te , Alinien… >> e lo accarezzò sulla nuca, piano.  Le squame erano particolarmente ruvide.Le sembrava tutto così irreale, un sogno.
<< Presto, Ismira, partirai per cominciare l’addestramento, Eragon e gli altri ti attendono >>
<< Già…ma tornerò a Carvahall prima, non è vero? >>
<< Certo, verrai con me. Tuo padre dev’essere orgoglioso di te, così come il resto degli abitanti. Erano molto preoccupati per te quando cedetti per gli effetti del Gedwey Ignasia. Ti aspettano anche loro. >>
Alacrion ed Ismira parlavano con naturalezza, avevano la sensazione di conoscersi da sempre. Sapeva che era l’effetto del non senirsi come gli altri, di condividere il fatto di essere…diversi.  
Ismira sentì una lacrima scivolare triste giù per la guancia, era davvero tutto cambiato adesso.
 
 
 
 

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Capitolo 4
*** VERSO CARVAHALL ***


4.VERSO CARVAHALL

Mentre Ismira si dirigeva alla sua tenda, notò Philip, il suo cavallo bianco che intimorito osservava il piccolo Alinien, scavando una piccola buca nel terreno con la nodosa zampa anteriore.
Non riuscì a  trattenere un sorriso. D’ora in poi avrebbe volato e Philip, poverino, non l’avrebbe rivisto per  molto tempo.
Entrando nella tenda, si accorse che qualcosa sulla branda luccicava.
Quale fu la sua sorpresa quando si rese conto che era una spada!
Il fodero era semplice, di cuoio, di un viola delicato, mentre la spada era elegante. La lama era di media larghezza e non troppo lunga,  attraversata da una scanalatura decorata con motivi intricati.
L’impugnatura era color avorio e perfettamente lucida e sorreggeva il pomolo che riluceva, tempestato di pietre viola .
La guardia non era dritta, come l’aveva vista nelle armi dei Carvahaliani, ma arricciata come un’onda del mare.
Entusiasta,  Ismira corse verso il prato.
<< Alacrion-elda sono davvero lieta di aver ricevuto questa spada! Vorrei provarla subito…>>
Alacrion le rivolse uno sguardo quasi divertito << E’ un regalo da parte del maestro Eragon, in attesa che ne venga forgiata per te una degna di un Cavaliere. Perdona la mia domanda, sai maneggiare una spada? >>.
Ecco, non ci aveva proprio pensato, lei non aveva mai preso un’ arma in vita sua, a parte qualche esercizio con il martello di Roran. Ma non le importava, voleva provare e basta.
<< No ma…voglio e devo imparare. >>
<< Si ,certo ma questo non spetta a me, imparerai durante l’addestramento >>
<< Mettimi alla prova, anche solo per verificare che io riesca a menare solo un piccolo fendente >>
<< Non sei pronta, potresti farti male >>
<< Se hai esperienza, Alacrion-elda, non lo permetterai >>
<< Non si tratta d’esperienza adesso, ti  dico che non sei pronta, Ismira Shur’tugal >>
<< Solo un colpo, uno solo, voglio saggiare la lama >> Ismira era impaziente.
  Il Cavaliere sguainò la spada bianca, di un bagliore accecante mentre rifletteva il sole morente.
La ragazza non esitò a sollevare la lama della sua spada.
L’arma di Alacrion la incontrò producendo un sonoro clangore  metallico.
Indietreggiando, Ismira perse il controllo dell’elsa che scivolò sull’erba insieme al suo corpo. Gemette di sorpresa.
Alacrion l’aiutò ad alzarsi << Dovrai imparare a controllare le tue capacità ed essere più paziente, hai visto? >>
<< Scusa, ma almeno ci ho provato >> bofonchiò, si sentiva un’idiota.
<< Non sentirti debole, non è il caso. Io ho alle spalle settant’anni di allenamenti >>
<< S…settant’anni? >> Ismira squadrò il suo volto, come se all’improvviso vedesse comparire sulla sua pelle una qualche ruga che tradisse la sua età, ma rimaneva perfettamente liscia.
<< Gli elfi ed i Cavalieri sono immortali, a meno che non vengano feriti mortalmente da un’arma o si ammalino di una grave patologia. >>
Ismira  lo sapeva benissimo, ma rimase meravigliata lo stesso, probabilmente non riusciva a capacitarsi di avere ancora un aspetto giovane quando stava per raggiungere il secolo di vita.
<< Partiremo stanotte, preparati >> Alacrion montava la sella su Miaren, gli occhi grigi del drago puntati su Alinien, che stava vicino alla sua Cavaliera.
Ismira si sentì invadere la mente da una coscienza sconosciuta, sollevò le barriere mentali come le aveva insegnato la regina Nasuada durante il suo viaggio a Ilirea. Le abbassò subito quando seppe che apparteneva a Miaren.
Avete tanto da imparare tu ed il tuo drago, Ismira Shur’tugal.
 Lo comprendo, Miaren-elda e non vedo l’ora.
Inoltre vorrei dirti che il rapporto che ci sarà tra voi due sarà di condivisione, come se foste una sola anima, vi auguro d’imparare ad aiutarvi reciprocamente e a ingegnarvi  tra di voi per superare le difficoltà, ad accettarvi per ciò che siete, drago e Cavaliere.
Ti ringrazio, nobile Miaren.
 Con uno sbuffo di fumo dalle narici, il grande drago bianco si ritrasse  dalla sua   mente.
Ismira lo ammirò sinceramente. Alacrion la invitò a salire sulla sella.
<< Poiché  ancora Alinien non può volare starà qui >> ed indicò una grande sacca sul lato sinistro della sella.
Ismira prese in braccio il drago viola e lo adagiò lì dentro. Poi sistemò la spada sulla cintura e salì in groppa al drago.
Rimase con il fiato sospeso per un po’, era incredibile stare lassù.
Gli altri elfi sbucarono dal padiglione e si disposero ad arco intorno a Miaren, alla luce del tramonto parevano ancora più leggiadri e solenni.
Li salutarono con inchini e auguri nell’antica lingua, altrettanto fecero i due Cavalieri.
Miaren spiegò le enormi ali e prese posizione per poi sollevarsi in volo.
Quella fu un’esperienza fantastica per Ismira, la corrente che le sferzava il volto era niente rispetto a quello che stava provando e che avrebbe fatto negli anni successivi. Sentiva di vedere le cose anche dal punto di vista di Alinien e le sembrava di avere squame al posto della pelle.
Un giorno potròfarlo anch’io Ismira!
L’urlo del drago viola  le arrivò inaspettato nella mente.
Non si trattenne.
<< Alacrion! Mi ha parlato!! Alinien ed io ora possiamo condividere i pensieri! >>
L’elfo sorrise << Bene >>.
I..io Alinien non ho parole… ho appena iniziato a volerti bene
Per le pareti intricate del mio uovo! Ismira, anche io. La voce profonda che le giungeva era indubbiamente maschile. Pensò che fosse la più bella che avesse mai sentito. Alinien la ringraziò semplicemente.
Quando arriveremo mi presenterai tutto il paese da cui provieni.
E’ un po’ difficile, sai il mio villaggio è grande, potrei farti conoscere i miei fratelli.
Sono impaziente.
Allora siamo uguali.
Continuarono a scambiarsi pensieri e sensazioni fino a che all’orizzonte fecero capolino le fioche luci delle fiaccole infiammate di Carvahall.
E’ fantastica Carvhilla
Carvahall Alinien
Pmff…fa lo stesso.
Ismira rise, e si sentì per la prime volta davvero libera da quando quell’avventura era iniziata.
 
 
 

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Capitolo 5
*** TRA FAIRTH, SALUTI E PARTENZE ***


5. TRA FAIRTH, SALUTI E PARTENZE

<< Ismira! >> Katrina corse fuori dal castello di Carvahall dove avevano deciso di stabilirsi per un po’, seguita dai figli.
Uno splendente drago bianco volava a bassa quota, verso di loro.
<< E’ il drago Miaren con il suo Cavaliere Alacrion, mamma >> la informò Genevieve mentre si stropicciava gli occhi assonnati.
Appena scesa dalla sella, Ismira si affrettò ad abbracciare i genitori.
<< Ismira sei un Cavaliere! >> esclamavano i fratelli, creando un brusio confuso.
Roran le prese la mano destra << Gedwey Ignasia, giusto?>>
<< Si, papà >> rispose la ragazza.
In quel momento il drago viola si avvicinava, a  passi incerti, gli steli d’erba si piegavano al suo passaggio.
<< Lui è Alinien, figlio di Laroth e  Galana gli Antichi >> pronunciò Ismira. Alinien emise un debole ruggito come a confermare quelle parole.
Poi con il pensiero e a voce presentò la sua famiglia, che lo guardava ammirata e curiosa.
Che famiglia numerosa, Ismira!
Troppo forse, abbiamo bisogno di un sacco di cavalli per muoverci da un posto all’altro! rispose con un tono divertito che scomparve subito dopo, Bè avranno bisogno…
Non sentirti triste perché partiamo, potrai rivederli un giorno!
Ma è difficile lasciare i propri cari, Alinien…
Il drago la cinse in un abbraccio mentale, rincuorandola.
Ci sarò io con te .
         
§§§
<< Ismira partirà domattina >> annunciò Alacrion rivolto a Roran e Katrina.
<< Arriveremo a destinazione dopodomani, dopodichè inizierà il suo addestramento. Sappiate che è una grande responsabilità, ma in lei vedo tutte le qualità necessarie per diventare Cavaliere. Qualità che naturalmente andranno migliorate con il tempo. Il maestro Eragon e la dragonessa Saphira mi hanno raccomandato di dirvi che sono orgogliosi di Ismira e che spera che un giorno vi possano rincontrare. Mi ha anche detto di consegnarvi questo >>
Alacrion cacciò una mano nella tasca del mantello e tolse fuori una tavoletta di legno, poggiandola sul tavolo.
Era un fairth. Raffigurava una valle grandissima, al cui c’entro vi era una costruzione fatta apposta per i draghi, con grandi cancelli intricati e volte arcuate. Il castello non aveva niente da invidiare agli elaborati edifici elfici.
Intorno alla torre volavano quattro draghi: uno bianco, l’altro turchese, uno rosso chiarissimo che sfumava nel rosa e l’ultimo più piccolo di un verde scurissimo. Il cielo era talmente limpido che Roran poteva vedere la vaga ombra del suo viso. Era straordinario. L’immagine scomparve improvvisamente per lasciar posto a delle parole.
La tavoletta diceva: questo è tutto ciò che abbiamo creato in sedici anni io e Saphira e ne vado fiero. Guardate, come credevamo possibile la creazione di tutto ciò fino a poco tempo fa?
Siamo cresciuti, finalmente Roran abbiamo trovato il nostro posto nel mondo dopo aver sconfitto chi poteva impedircelo. Non c’è incantesimo che possa spezzare il bene che vi vogliamo, speriamo che stiate tutti bene.
Alagaesia sarà sempre la mia patria e non la dimenticherò. Tutti voi ci mancate terribilmente, voi, la regina Nasuada, gli abitanti di Carvahall e Arya e tutte le persone che ho conosciuto e che ho imparato a voler bene, come Elva e l’erborista Angela. Sarete sempre coloro che ci sostengono e ci aiutano ad andare avanti. Confidiamo nel rivedervi un giorno.
Eragon e Saphira.
Il fairth  ricompose la prima immagine, accogliendo una lacrima di Roran.
<< Anche noi cugino, anche noi… >> Katrina gli strinse la mano.
<< Grazie Alacrion shur’tugal >>
<< Devo ringraziare voi per il mondo che ci avete lasciato, esente dalla tirannia di Galbatorix >> disse Alacrion solennemente, guardandoli negli occhi.
§§§
Abbi cura di te e non dimenticare mai chi sei e da dove vieni, Ismira Katrinasdaughter. Erano state quelle le ultime parole con cui l’avevano lasciata i suoi genitori. Mentre s’issava sul dorso di Miaren aveva osservato attentamente tutti i volti di chi le aveva voluto dirle addio.
Si  era impressa bene nella memoria le figure di Gioel e Hope la figlia di Horst, con cui aveva condiviso tutta l’infanzia fino a quel momento.
Chissà perché tra la folla le era parso di vedere anche Angela e Solembum.
Istintivamente prese in mano il ciondolo che aveva appeso al collo, quello  che aveva ricevuto da Eragon per il suo sedicesimo compleanno.
La pietra continuava a  risplendere, facendo fluttuare continuamente i flussi di energia al suo interno, di ogni colore. Ma qualcosa era cambiato.
I tentacoli di energia ora seguivano una direzione precisa all’unisono, non si muovevano più in modo confuso. E la pietra bruciava. Si ripromise di chiedere informazioni a Eragon l’indomani.
Anche a me sembra alquanto strano, Ismira.
Forse è perché ci stiamo avvicinando sempre dipiù al luogo dove è stata fatta, i flussi puntano proprio ad Est, dove siamo diretti.
Magari…
Guardò giù, Ilirea scorreva veloce sotto di loro, florida come sempre. Ismira si chiese cosa stesse facendo Nasuada in quel momento.
Quando giunsero in vista del deserto di Hadarac, non potè fare a meno di unirsi alla desolazione di quel posto. Tempeste di sabbia infuriavano tra le dune bollenti, travolgendo i carri degli avventurosi raminghi del Farthen Dur, ansiosi di darsi al rischio. Tra loro vi erano anche alcuni nani che sollevarono il capo coperto quando Miaren passò sopra di loro, suscitando sguardi timorosi e ammirati al tempo stesso.
Il drago bianco cambiò direzione improvvisamente, come se il suo corpo fosse stato sospinto violentemente dal vento.
Ismira chiese spiegazioni ad Alacrion.
<< Ho deciso di fare una breve tappa prima di lasciare Alagaesia, spero che Ellèsmera ti  possa piacere >> e sorrise.
                                                         

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Capitolo 6
*** UNA CITTà STRABILAINTE ED UN FRATELLO RANCOROSO ***


6. UNA CITTà STRABILIANTE ED UN FRATELLO RANCOROSO
<< Ne sono entusiasta Alacrion-elda! Mio padre mi ha detto che ci sono stata quando ero ancora una neonata… poco dopo la caduta del tiranno >>
Già ora Alacrion  sapeva chi era quella bambina umana dal ciuffo di  capelli rossicci (ora più scuri) che si aggirava per la capitale degli elfi in braccio a sua madre , quando ancora  lui non sapeva nulla dell’esistenza dell’uovo bianco e grigio di Miaren ed era un semplice elfo.
<< Ti vidi, sai? Sedici anni fa ero solo un ragazzo che amava cantare gli alberi più giovani della Du Weldenvarden, Miaren naturalmente mi ha cambiato la vita. Chi l’avrebbe mai detto che saremo diventati entrambi Cavalieri…. la vita è imprevedibile, e un giorno anche tu, come altri prima di te, lo imparerai a tue spese >>
Pmf, il mio Cavaliere lo sa già, elfo leggiadro. Pensò Alinien.
Dimentichi una cosa Alinien, la spesa sei stata tu. Ismira era sarcastica.
Non pensavo di essere merce, è una scoperta che mi entusiasma terribilmente… grugnì.
Ed insieme risero, Alinien che emetteva deboli sbuffi di fumo dalle narici.
Arrivarono in vista della Du Weldenvarden che la sera era già inoltrata ed il tramonto esplodeva in un turbinio di colori pastello, accentuato dal bagliore delle nuvole infiammate dal sole che già toccava l’orizzonte.
La stella dell’est, di cui Ismira non ricordava il nome, rifulgeva come un l’occhio di un drago color arcobaleno.
E’ uno spettacolo mozzafiato Alinien
Sento le squame fremere al pensiero che un giorno potrò volare in mezzo ad uno spettacolo-mozza-fiato come lo chiami tu così…
Miaren deviò delicatamente per poi avvitarsi su se stesso, Alacrion si tenne stretto alla sella ed esortò Ismira a fare altrettanto.
La foresta sembrava infinita, ma poi in fondo qualcosa brillò. Erano le lanterne senza fiamma degli elfi, che facevano capolino tra le verdeggianti costruzioni alte e sofisticate. Gli elfi entravano ed uscivano da queste ultime, chi in fretta o chi a passo sostenuto, chi con oggetti in mano e chi no, chi aveva fluttuanti capelli corvini e chi invece argentei o leggermente biondi.
Alacrion le aveva detto che la città in cui sarebbe rimasta fino a quando Alinien non fosse divenuto abbastanza grande da affrontare il viaggio oltre i confini di Alagaesia, si assomigliava molto a Ellesmèra, solo più piccola, ed il suo nome era Ceris.
Improvvisamente, gli elfi interruppero le loro attività per accoglierli.
Si fece avanti un’ elfa dalla cui schiena spuntavano leggere ali diafane venate d’azzurro.
Dai capelli della stessa sfumatura della luna piena, si diramavano viticci rigogliosi di un verde brillante che accoglievano fiori gialli screziati di blu. Sembrava quasi una fata, Ismira era convinta che se avesse avuto la possibilità di mutare il proprio aspetto, sarebbe diventata simile a lei.
L’elfo-fata roteò il polso e mormorò le formule di cortesia nell’antica lingua. Quando Alacrion spiegò che l’umana era il nuovo Cavaliere e Alinien fu presentato, le acclamazioni si accesero.
Ismira passò il resto della giornata ad ammirare le bellezze della capitale elfica, i suoi segreti e la sua storia. Alinien la seguiva emettendo ruggiti di approvazione.
Nel pomeriggio, mentre ammiravano l’albero di Menoa, a Ismira  sembrò di sentire la voce di Alacrion che parlava nell’antica lingua.
Incuriosita, si avvicinò per vedere con chi parlava il Cavaliere.
Adesso chi sussurrava era un elfo, che stava davanti ad Alacrion.
I due erano di una somiglianza incredibile.
Dalle parole dell’elfo sconosciuto traspariva rabbia e rancore, ma Ismira non capiva cosa diceva.
Il suo compagno di viaggio teneva, come sempre, la mano sull’elsa della spada, questa volta più serrata del solito, tanto che le nocche erano sbiancate.
Fermò d’un tratto il fiume di parole dell’altro.
<< Letta! >>, fu l’unica parola che Ismira capì, perché cominciò  a parlare fitto fitto nell’antica lingua.
Decise risoluta che quelli erano affari di Alacrion e andò via.
Potrebbe essere il fratello… le disse Alinien.
Non lo so… ma a quanto pare ha voluto deviare a Ellesmèra per incontrare quell’elfo, questa città è davvero straordinaria ma vorrei andare al più presto a Ceris dove ci aspetta la regina Arya. Devo dirlo ad Alacrion.
E potrò incontrare Fìrnen! E m’insegnerà i trucchi della caccia! Si anche io vorrei riprendere il viaggio…
Ismira girò intorno all’albero di Menoa.
 L’elfo arrabbiato non c’era più e Alacrion stava seduto su una radice solitaria in mezzo all’erba.
Sembrava incredibilmente triste e risentito al tempo stesso.
<< Si, era  mio fratello, Ismira >> disse mentre la ragazza si sedeva accanto a lui.
<< Mi è mancato e quando torno a trovarlo mi rinfaccia i miei errori. Certe volte mi ritrovo a pensare se sia davvero un elfo o il figlio di un Urgali. Lui non capisce… >>
<< Cosa non capisce? >>
<< Che è il destino che ci sceglie e non viceversa. Egli non sa cosa sia la vita e come funzioni. E’ subdolo e superficiale. >>
<< Alacrion, cosa è accaduto? >>
<< Wymr crede che  sia colpa mia se nostra madre è morta, a causa di un attacco mentale da parte di uno degli stregoni di Galbatorix fuggito da Ilirea. Accadde proprio mentre lasciavo Ceris per raggiungere il maestro Eragon. Wymr voleva che tornassi ad ogni costo a Ellesmèra prima che mia madre fosse uccisa definitivamente, ma non potevo sfuggire al mio compito. Ora mi accusa che se non fossi partito ci sarebbe stata una speranza per lei. E’ inutile dirgli che ormai non ce l’avrebbe fatta, l’incantesimo aveva già avuto effetto. Soffrii terribilmente. Il suo nome era Thielda ed era molto potente, ma quello stregone più di lei purtroppo.
 Per Wymr ormai sono nient’altro che un essere senza cuore che è fuggito dalle sue paure. Non lo  voglio più vedere, partiremo per Ceris appena Miaren tornerà dalla caccia. >> finì il discorso alzandosi.
Ismira gli afferrò il braccio, facendolo voltare.
<< M…mi dispiace ma non ne hai colpa, Wymr è solo accecato dal dolore, un dolore di cui cerca l’artefice e crede sia in te >>
L’elfo sorrise << Grazie, sei molto più saggia di quanto credevo, Ismira, diventerai un ottimo Cavaliere >> e si allontanò.
Solo dopo si accorse di essere arrossita da capo a piedi.
 
 

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Capitolo 7
*** ALLA VOLTA DI CERIS ***


7. ALLA VOLTA DI CERIS

In quella breve giornata in cui aveva visitato Ellesmèra, Ismira aveva appreso più cose di quanto si sarebbe immaginata. Un elfo di nome Frwil le aveva raccontato la storia dell’albero di Menoa, le aveva illustrato le usanze del suo popolo ed insegnato qualche altra parola nell’antica lingua.
Ora sapeva che di fronte alla regina avrebbe dovuto parlare per prima e riusciva anche a comporre qualche frase di senso compito al di fuori delle formule di cortesia.
Era lieta di se stessa in quel momento, assaporandosi la felicità e la libertà che le dava il volo.
Erano diretti a Ceris, dove Alinien sarebbe cresciuto abbastanza per  essere pronto a iniziare l’addestramento.
<< C’è una cosa che devi sapere. L’uovo di Alinien non era l’unico che il maestro Eragon ha mandato in Alagaesia, ce ne sono altri tre che in questo momento possono essersi già schiusi.
Le tre uova sono arrivate un anno fa. Uno è spettato agli elfi, uno agli urgali , ed uno ai nani .
L’uovo di Alinien ha viaggiato, come ben sai, fino a te. In origine l’uovo viola era stato dato ai nani. Avremo presto notizie degli altri tre, spero.
E dovremo aspettare la partenza fino a che non arrivano i nuovi tre Cavalieri, scortati dagli elfi che hanno partecipato alla cerimonia di schiusa dell’uovo di Alinien.  >>, cominciò Alacrion.
<< Sono impaziente di conoscerli! Ma perché hai deciso di offrirti tu come guida di uno dei Cavalieri? >>
<< Volevo essere io ad accompagnare uno dei nuovi Cavalieri. E il fatto che una delle uova non si fosse schiusa  in nessun popolo da ben tre anni dal suo arrivo, m’incuriosiva non poco. Così ho deciso di seguirlo…>>
<< E sono capitata io >>
Alacrion strinse le cinghie della sella per prepararsi all’atterraggio.
<< Esatto >>
<< Mio padre mi ha detto che le uova sarebbero arrivate in Alagaesia a gruppi di quattro. Perché quello di Alinien non era insieme agli altri tre, ma solo? >>
<< Oh questa è una storia interessante che ti racconterò non appena ci fermeremo per la notte >>.
Miaren atterrò in una valle ai limiti della foresta.
Si sistemarono in uno spiazzo quadrato delimitato da alberi, che offriva un ottimo riparo contro le correnti fredde che l’inverno aveva lasciato in eredità alla primavera.
Alacrion dispose cinque rami uno sopra l’altro e mormorando << Brisingr >> , accese il fuoco.
Si accucciò poi tra le zampe del suo drago, che intanto dormiva lasciando socchiuso uno dei suoi occhi grigi in contemplazione di Alinien, a sua volta occupato a far fuori gli ultimi rimasugli della selvaggina cacciata da Miaren.
Ismira lo guardava divertita.
Buono, Alinien?
Se vuoi ti lascio qualcosa…
Un’ondata di disgusto giunse al drago.
Peccato… ti perdi un pasto succulento…
Il racconto su come il tuo uovo è giunto in Alagaesia sarà molto più interessante, non temere.
Sarà…
Alacrion poggiò la sua spada Thialdakular ‘’ Cristallo di luce ’’ su una roccia che spuntava curiosamente in mezzo all’erba.
<< Allora, credo che sia ora che tu sappia la storia del tuo drago, Ismira >>
Cominciò.
<< Nel viaggio oltre Alagaesia dei maestri Eragon e Saphira, nella nave su cui erano a bordo, stavano anche le uova di drago scoperte a Vroengard. Ventuno di quelle uova, come saprai, erano destinate a futuri cavalieri, mentre le altre appartenevano a draghi  selvaggi.
Purtroppo, giunti a  destinazione, Blogharm e gli altri elfi si accorsero con sgomento che una delle uova era sparita.       E si trattava di quello di Alinien...>>
<< E dov’era finito, Alacrion ? >>
<< Semplice, la cassa che lo conteneva è caduta accidentalmente nel fiume Edda.
E a peggiorar la faccenda, c’è il fatto che è stato trovato da  un eremita umano che viveva sulle rive del lago Eldor.
Naturalmente la regina Arya fu informata dell’accaduto, e non esitò a cominciare le ricerche. Ci vollero ben quattordici anni prima che potesse essere rinvenuto. L’eremita era morto e l’uovo stava in un grande baule pieno di gioielli provenienti dal Farthen Dur.
Gli elfi lo consegnarono ai nani, ed è qui che comincia la catena di eventi che già conosci >>
<< Ma non poteva essere divinato? >>
<< E’ impossibile divinare un’entità di cui non conosci l’essenza e l’aspetto. Cioè, nessuno sapeva il colore di quell’uovo, né la misura. Si conosceva soltanto il fatto che fosse di drago. E la divinazione avrebbe potuto portare solo a mostrare una a caso tra le tante uova. Ma ciò non vuol dire che il maestro Eragon, gli elfi ed i nostri migliori maghi non ci provarono, senza successo >>
<< Ah, e quell’eremita era in realtà un ladro? >>
<< Di sicuro, ma trattò l’uovo di Alinien come un vero tesoro. Pensa che lo lucidava spesso con della resina liquefatta nel fuoco >>
<< Magari aveva scoperto di cosa si trattava e sperava si sarebbe schiuso dinanzi a  lui >>
<< Forse… credo sia ora di smetterla di parlare, domani dovremo ripartire all’alba >>
Ismira si rigirò il mantello intorno al corpo, accucciandosi nell’ erba.
Nel dormiveglia Alinien gli sussurrò.
Sarebbe stato strano avere un vecchio eremita come Cavaliere.
§§§§
Finalmente aveva assistito a quell’alba vista con occhi diversi. Gli occhi di un Cavaliere.
 Gli occhi che ora riuscivano a cogliere anche il più piccolo variare di un colore o l’avanzare millimetrico verso l’alto del sole ad Est.
Ora Ismira osservava Ceris in tutta la sua semplice bellezza. Le lanterne che ora lentamente attenuavano la loro debole luce, fino a spegnersi all’avanzare del giorno. C’era qualcosa in quel posto che non aveva nulla a che fare con la tranquillità e la purezza di Ellesmèra, nonostante si assomigliassero. Niente di assolutamente perfetto. Alcrion le disse che era la solennità di una guerra finita che avevano reso Ceris così speciale. Non c’era sfarzo, ma solo l’essenza della vita che scorreva in ogni angolo.
Ismira e Alinien avrebbero presto adorato quel piccolo bosco di Alagesia.
Sarebbe divenuto una delle tappe importanti della loro vita, o eternità.
Specialmente perché ora c’erano Fìrnen ed il suo Cavaliere Arya ad accompagnarli.
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 8
*** REGINE TRISTI ***


8. REGINE TRISTI

La maestosità di Firnèn lasciava davvero estasiati, grazie alle grandi squame verdi che somigliavano a miriadi di specchi volti al sole.
Al suo fianco si ergeva come una statua perfettamente immobile la regina Arya.
Superava Ismira di almeno dieci se non quindici spanne, avvalorate dal lungo abito da guerriera blu scuro.
Ma ciò che colpiva davvero non erano i lunghi capelli neri raccolti in un’elaborata acconciatura, né la sensazione di divino che quella figura regale emanava….erano gli occhi, i più umani mai visti, dotati di tutto quel carico di emozioni che una persona comune può provare. Di una tristezza solenne, a tratti straziante. Quegli occhi che erano come un abisso verde e cupo nel bel mezzo di un oceano di un turchese splendente.
Qual ’era davvero la causa di quell’infelicità che veniva nascosta da un sorriso smagliante? Quello sguardo aveva colpito Ismira nel profondo, era certa che Alacrion avesse probabilmente comparato quella tristezza al peso degli anni dell’elfa.
L’intuito del Cavaliere viola sospettava ci fosse qualcosa sotto…di più complicato…
<< Benvenuti, Shur’tugal Alacrion, Shur’tugal Ismira >>,fu la regina a parlare per prima.
<< Spero che Ceris possa giovare ai vostri cuori e alle vostre ali, Miaren-elda, Alinien- elda >>
<< E’ un immenso piacere per me trovarmi di fronte a colei che di tanta saggezza ed esperienza è fiera di poter dimostrare >>, Alacrion sfoderò la spada e si chinò in segno di fedeltà.
Ismira fece altrettanto.
<< Alzatevi e seguitemi ora, questi noiosi convenevoli non saranno più accettati, adesso considerate me e Fìrnen come  saggie guide, Alacrion e Miaren e come vostri maestri, Ismira e Alinien  >> Arya concluse la frase con una risata argentina che risuonò tra gli alberi affusolati di Ceris.
Poi s’incamminarono nell’entroterra per esplorare la loro nuova tappa di un lungo viaggio…
§§§
Elva stava  giusto cominciando ad esercitarsi con il flauto nella sua stanza quando notò la presenza di Nasuada nel corridoio.
Aprì la porta poco prima che la regina bussasse, lasciandola come sempre sorpresa.
Elva in quegli anni era diventata grande, ovvio. Ma anziché dimostrarne sedici come la sua età effettiva  richiedeva, le si sarebbero potuti tranquillamente attribuire venticinque, se non trent’anni.
Eppure era lo stesso di una bellezza affascinante e misteriosa, con quei grandi occhi viola che facevano da decorazione ad un viso di porcellana smaltata, la migliore di Ilirea, se in realtà non fosse stata pelle…
Nasuada sembrava agitata ed Elva percepì lievi incertezze farsi strada nel suo animo.
<< Ho bisogno di te ,Elva, ti supplico di ascoltarmi >> annunciò andando a sedersi su una delle poltrone sparse per la camera.
<< Come sempre del resto, lady Nasuada, percepisco molta incertezza in te >>
<< Infatti. Ieri ho inviato un mandato d’arresto per un vagabondo che si aggirava per Ilirea a sottrarre il bestiame delle famiglie residenti nelle fattorie… è stato portato al castello stamattina e ha chiesto un colloquio con me. Ho accettato. Aveva il capo coperto da un telo, nonostante gli avessi ripetutamente ordinato di toglierlo, ha rifiutato. E’ di corporatura abbastanza alta e slanciata, ma la voce… >>
<< La voce?>>
<< Mi è sembrata di conoscerla, già sentita, una voce inconfondibile. Una voce che sento sempre nei miei sogni. Era di Murtagh, ne sono certa. >>
<< Ma no c’è solo questo, vero Nasuada? >> Elva posò uno dei suoi sguardi più inquietanti sulla sua ospite.
<< N-no. >> Nasuada esitò, deglutendo.
<< Cosa ti ha detto quel prigioniero? >>
<< Io… non…>>, la donna dallo sguardo inquietante si alzò.
<< Nasuada cosa ti ha detto quell’uomo? Rispondimi >>
<< Che è stato a Ceunon e… che ha trovato delle uova di Ra ‘zac >>  Elva rimase per un attimo a bocca spalancata, per poi riprendersi subito.
<< E cosa hai intenzione di fare? Chiamare un Cavaliere ad aiutarti? >>
<< E’ troppo banale e rischioso, Elva, tu sai cosa vorrei fare. >>
Elva si coprì il viso con le mani diafane.
<< No, basta. Per quest’anno basta, lady Nasuada, ho già fatto fin troppo e se questo dovesse diventare un ordine mi farò tagliare la testa piuttosto che eseguirlo >>
<< Ma tu sei abbastanza grande ora, e più forte >> replicò la regina.
La ragazza sollevò la manica destra del vestito nero, mostrando un’orrenda cicatrice biancastra.
<< Hai forse dimenticato che l’ultima volta ho rischiato di morire? Ciò che mi chiedi non vale la mia vita >>
<< Tu hai contribuito a sconfiggere Galbatorix! >>
<< Questo non giustifica il fatto che devo ancora una volta riempire la mente di un altro essere con tutta la rabbia e la sofferenza che può portare e che ha già portato! >>
<< Forse ci avresti dovuto pensare due volte a giurarmi fedeltà! >>
Nasuada urlò con tutto il fiato che aveva in gola, sentendosi come una bambina capricciosa, così come tante altre volte.
<< TU NON CAPISCI. Provaci per una buona volta, prova a sentire anche tu il mio dolore, Nasuada. Perché anche io ne sono piena nel cuore, proprio come te. >>
La  regina abbassò gli occhi scuri.
<< Va bene, scusa Elva, la verità è che mi sento solo una sovrana oziosa che cerca l’aiuto di chi non può darlo solo perché crede di non potercela fare. Contatterò Eragon e lo informerò della situazione. >>
<< Nasuada, perché credi che quell’uomo stia dicendo la verità? >>
La regina tornò indietro nel tempo, velocemente, una frase le giunse nitida ed invadente fino a portarla a pronunciarla d’istinto.
<< Lo sai perché >> sussurrò senza voltarsi  e richiudendo la porta alle sue spalle.
 Poco dopo, lieve, il suono triste di un flauto si levò per tutto il castello.
Una melodia che accompagnava la scia di tristezza di una sovrana dal cuore spezzato.
§§§
Il prigioniero era riuscito nel suo intento, sorrise sotto il velo che gli copriva la faccia.
Era proprio come la ricordava, una regina che lui aveva conosciuto a fondo ed in cui vi aveva trovato una bambina indifesa che era pronta a trasformarsi in una donna coraggiosa e saggia, la comprendeva e rispettava. Nonostante tutti quegli anni i suoi sentimenti non erano cambiati affatto.
 Semmai erano aumentati d’intensità.
<< Ehi ,ladro bendato, ecco il tuo pranzo. Spero che ti laverai il sudiciume con quella brocca d’acqua, la regina verrà a farti visita >>, la guardia fuori dalla cella gli scaraventò un vassoio contenente il suo misero pasto pomeridiano.
Addentò una mela rossa, che inesorabilmente gli ricordò colui che gli mancava più di tutti.
<< Sai una cosa Ernest? Se mi dai le chiavi ti faccio fare un giro sopra un drago >>, il prigioniero amava prendere in giro la guardia.
Ernest rise di gusto e sputò per terra, asciugandosi con il muscoloso avambraccio.
<< Bah! Sei proprio divertente, zuccone… dovresti proprio partecipare alla gara di creatività dei giochi di Alagaesia…>>
<>
Il loro discorso s’interruppe quando un paggio annunciò alla guardia di portare il prigioniero nella stanza colloqui.
<< Bè, bendato, credo proprio che ti servirà più di un dannato volo sopra un drago e una montagna d’idromele per uscire da questa gattabuia >>
§§§
Nasuada osservava l’uomo che le stava davanti, l’unico in quella stanza poiché aveva convinto la sua mini-scorta a stare fuori.
<< Cosa mi assicura che tu mi stia dicendo la verità, Ceunon rossafreccia o chiunque tu sia in realtà? >>, la regina teneva un tono vago.
<< C’è una cosa che non ti ho ancora detto, maestà. Ho rubato il bestiame solo per arrivare a te, i tuoi stupidi tirapiedi non volevano farmi accedere al castello. In ogni caso, avrei restituito quella roba. >>
<< Non hai risposto alla mia domanda, ed il tuo linguaggio mi irrita in un modo inverosimile >>
<< Si, invece >>, il prigioniero cambiò posizione.
<< Credi che mi sarei fatto arrestare per dirti una baggianata? Pensaci su, sono tanto abile da riuscire a scappare, soltanto un pazzo si farebbe arrestare per puro divertimento. E se c’è una cosa che so certamente è che io non sono pazzo. >>
Nasuada si avvicinò al prigioniero, soltanto pochi centimetri li dividevano.
<< Sono proprio convinta che tu sia pazzo a credere che non ti avrei riconosciuto! >> e con un gesto fulmineo sfilò il suo velo.
<< Murtagh! >>
Solo allora la regina concesse alle sue lacrime di sgorgare fuori come un fiume che troppo a lungo ha mantenuto la piena.
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 9
*** LE COSE NON SONO COSì SEMPLICI ***


9.LE COSE NON SONO COSì SEMPLICI

<< Devi concentrare il flusso di energia nella tua mente, quando ti senti pronta pronuncia le parole che ti ho detto >>, Arya prese un ramo tra le mani.
Nella mattina afosa d’inizio Maggio, Ismira si era messa in testa d’imparare le prime nozioni di base del futuro addestramento, non voleva fare brutte figure con i nuovi Cavalieri che sarebbero arrivati quel pomeriggio. Arya aveva acconsentito, dopotutto era solo un capriccio adolescenziale, ma anche utile, non voleva privare la ragazza di quei pochi mesi di libertà incondizionata che le rimanevano.
La regina la osservava incuriosita come un cervo che assiste alla prima corsa di un cucciolo appena nato. Vedeva grandi capacità in quel corpo che nonostante l’età giovane, non era di certo minuto e che ispirava forza mitigata da una quasi adorabile insicurezza venata di testardaggine.
Ismira afferrò  il ramo che le lanciava Arya. Concentrò i grandi occhi grigi come una tempesta invernale sulle foglioline verdi.
<< Sten Risa >> pronunciò. Il rametto si sollevò di appena tre spanne, andando inesorabilmente a cadere nel ruscello su cui i Cavalieri stavano in bilico per mantenere meglio la concentrazione.
<< Niente male per essere la prima volta! Ma di certo potresti fare di meglio, prova ancora >>, Arya recuperò il ramo.
Questa volta Ismira riuscì a sollevarlo più in alto, fino alla chioma rigogliosa e pungente del pino che si sporgeva pericolosamente dalla sponda.
Ma l’entusiasmo la fece cadere in acqua.
Stai bene!?
Si ,Alinien, non ti preoccupare.
La regina rideva, porgendole una mano.
<< Bisogna fare una pausa >> disse mentre si sdraiavano sull’erba fresca.
Ismira decise che era giunto il momento di rivelarle tutti i suoi dubbi e le incertezze.
<< Arya Drottning, vorrei chiarimenti su un fatto strano. >>
<< Su che cosa, Shur’tugal Ismira? >>
Il cavaliere viola tolse da sotto il vestito la collana dei flussi d’energia, che puntava sempre verso Est, ostinata.
<< Vedi? Non faceva così prima, le scie giravano in tutte le direzioni. E brucia. Pensavo di poterla mostrare a Eragon, ma non sapevo che avrei dovuto trascorrere alcuni mesi a Ceris, così la mostro a te. >>
Arya prese in mano la piccola sfera, osservandola.
<< Toglila, voglio esaminarla meglio >>, Ismira obbedì.
<< è…un manufatto davvero straordinario. Si chiama “ Naina un Vermat” illiumina e scalda, di solito brucia quando chi l’ha creata è incredibilmente infelice per qualche ragione e la collana diffonde un piacevole tepore, illuminando la buia via della tristezza. I tentacoli indicano tale via, per guidare, quando è persa, chi la trova verso il proprietario. Dove l’hai presa? >>
<< è stato un regalo di compleanno di Eragon, l’ha fatta lui stesso! Ma perché dovrebbe essere infelice? >>
<< Eragon? Non lo so! Questo è un oggetto davvero pericoloso se capita nelle mani sbagliate, tienilo stretto, è prezioso. >>
La regina si sedette, cingendosi le gambe.
<< è sempre il solito avventato. >> sussurrò, ma Ismira la sentì.
Il viso dell’elfa era contratto in una smorfia di malinconia e rabbia, gli occhi più tristi che mai.
<< Ho fatto qualcosa che ti ha offeso? >>
<< No, non, non è colpa tua, Ismira>>
<< Io comprendo bene le persone, puoi raccontarmi, Arya Drottning, cosa ti affligge >>, Ismira si mise in ginocchio davanti a lei.
<< Sai, Ismira, certe volte anche i più forti ed i più saggi hanno momenti di debolezza. Altrimenti sarebbero solo di pietra come le statue dei nani. Questo è il mio momento, e lo condividerò con te solo se mi prometti che non lo svelerai a nessuno. >>
<< Lo prometto, saggia Drottning, ti ascolterò >>
Arya volse gli occhi verso il prato, staccando cinque steli d’erba e cominciando ad intrecciarli in una fitta tela.
<< Non ho mai rimpianto le scelte fatte, ho sempre odiato l’indecisione e la titubanza, e ho sempre svolto il mio dovere. Ora ho un popolo che mi sostiene, porto avanti il mio regno governandolo sui saldi principi della lealtà, della forza e della costanza. Ciò basterebbe a rendermi fiera e felice, eppure la mia vita è come una tela perfettamente cucita ma che nasconde in realtà, dei buchi talmente piccoli da essere quasi invisibili.
Uno di quei buchi sta diventando un ampio squarcio, svelandomi che non sempre per star bene bisogna seguire la ragione >>.
La treccia stava per essere terminata.
<< La causa di questo squarcio è la lontananza da una persona con cui ho condiviso gli episodi più forti della mia esistenza. Qualcuno che mi manca terribilmente e solo troppo tardi mi sono accorta di amare profondamente. >>
<< Chi? >>
<< Eragon, Ismira, non so cosa darei per poter lasciare anche solo per un secondo questa terra. >>, soffiò sugli steli d’erba, ch’eran diventati una riproduzione molto fedele di Fìrnen, l’artista sorrise.
<< E a Fìrnen manca Saphira, poi >>
<< Non potete viaggiare con noi oltre i confini? >> chiese Ismira.
<< No, sarebbe troppo lungo e non posso abbandonare il mio regno, i sudditi si aspettano molto da me >>
<< Hai…hai detto che daresti qualsiasi cosa per poter andare, perché ora che ne hai la possibilità non lo fai? >>
<< Hai solo sedici anni, Ismira, le cose non sono così semplici >>
La sovrana tornò seria ed imperscrutabile come al solito.
Andò via, verso il punto esatto in cui i draghi erano partiti per la caccia, lasciando la ragazza sola.
Ora capiva la fonte di quella tristezza silenziosa.
Hai solo sedici anni. Le cose non sono così semplici.
In un moto di rabbia Ismira strappò un pugno d’erba scagliandolo lontano, gli steli spezzati si sparsero nell’acqua come meteoriti, spandendo sulla superficie piccole increspature.
<< Hai già 117 anni, le cose non sono così difficili! >> sussurrò a se stessa.
Cercò Alinien, ma aveva perso il contatto, chissà dove si era cacciato.
<< Eh certo, prima mi danno delle bambina, poi spariscono lasciandomi sola come un  viscido brucotarlo famelico in mezzo al deserto! Ma io no sono ingenua, capisco subito, sono matura! Maledetti sedici anni.  >>, si accorse di urlare, buttandosi sul prato.
Stupida, stupida, stupida. Se l’era presa per niente, eppure niente le dava più fastidio di quando qualcuno le diceva che era piccola per certe cose.
<< Sten Risa >>, un sasso si sollevò oltre il pino.
<< Ismira, preparati ad accogliere i nuovi Cavalieri, saranno qui a momenti >>, Alacrion spuntò dal cielo, saltato dalla groppa di Miaren.
<< Certo Alacrion-elda >>, la ragazza si sollevò liberando il vestito dalle foglie.
Prima d’incamminarsi, la voce del Cavaliere bianco le sfiorò l’orecchio.
Non lasciare mai che la rabbia ti assalga.
§§§
Nella grande sala grigia c’erano solo due angusti mobili umidi, su cui pigre giacevano pergamene colme di mappe ed  appunti ormai dimenticati. Due occhi neri e stanchi, incredibilmente affascinanti, le scrutavano annoiati. Murtagh trascinò i cenci che erano stati una volta i suoi vestiti sul pavimento, insieme al suo corpo. Socchiuse le palpebre, senza fiatare. Voleva solo stare da solo, dimenticare il presente, ritornare da quei nomadi della terra di Ceunon che erano divenuti la sua famiglia e da Castigo. E portare lei. Ma lei non poteva.  Come avrebbe voluto che tutto fosse divenuto più facile. Però la vita è così. Se vuoi vivere serenamente devi essere normale, ma per Murtagh la normalità era noiosa, per tutti quelli che avevano segnato la sua vita era così. Anche per lei, che fino a poco prima aveva visto piangere come solo chi ha represso le proprie emozioni in un muro di forza per tutta l’esistenza sa fare. E che adesso lo stava guardando dal riflesso di una finestra.
<< Cosa stai facendo? >> la figura scura si stagliò nella penombra.
<< Medito, i nomadi dicono che tramite questa tecnica si può ristabilire l’equilibrio dello spirito >>
<< Vedo che ti hanno insegnato molto, Cavaliere >>
Murtagh sorrise, << Come solo chi sa davvero può fare >>
<< sei anche diventato saggio, allora >> la regina rise di gusto, tornando subito seria.
<< Saresti tornato lo stesso? Anche…senza questo pericolo incombente? >>
Ceunon rossafreccia spalancò gli occhi, sospirando. << Ne dubiti? >>
<< Perché saresti tornato? >>
<< Non cercare di pormi inutili domande >>
<< Per me? Avresti percorso miglia e miglia, per me? >>
<< Si, regina Nasuada >>
<< Inguaribile romantico anche, forte, testardo, saggio, equilibrato >>, Nasuada andò alle spalle di Murtagh, le braccia incrociate dietro la schiena.
<< potrei rilasciarti, il problema è che mi sei mancato troppo per farlo, ma sarebbe egoista da parte mia lasciarti qui ora che mi hai detto ciò che volevi dire >>
<< Allora fallo, a meno che… >>
Nasuada gli rivolse un’espressione curiosa.
<< tu…tu non insceni la mia morte per non far rivoltare il popolo alla mia liberazione…  inventerai una visita di cortesia a Ceunon per non insospettire il regno e non spaventarlo…ma verrai con me per reprimere il pericolo >>
<< un piano astuto, ma ho molti consiglieri che sicuramente vorranno seguirmi >>
<< Sei una regina, puoi convincerli a restare ad Ilirea >>
<< non sono facili come tipi… il tuo piano è pazzo, non posso lasciare il regno alla deriva >>
<< lo salverai da una deriva ben peggiore >>
Nasuada si portò una mano sulla fronte.
<< H…hai ragione, ci devo pensare bene >>
<< Ne parlerò con Elva, ora tu torna in cella prima che vengano a cercarti >>
La regina s’incamminò, ma prima che potesse lasciare la stanza, Murtagh la prese per un braccio.
<< Anche tu mi sei mancata >>
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 10
*** GIOVANI, INGENUI E CON TANTO DA IMPARARE ***


10. GIOVANI, INGENUI E CON TANTO DA IMPARARE

Lyaf prese il lume che stava cadendo al volo, rovesciando tutte le cianfrusaglie di sua sorella Katka.
<< Lyaf! Chissà che il destino non mi serba per il futuro una notte di tranquillità senza il tuo baccano! >>
Nell’oscurità della tenda, Lyaf rispose << Scusa Katka, ora torno a dormire >>, ma il ragazzo non aveva nessuna intenzione di tornare sotto le coperte e tantomeno dormire. Acchiappò la candela che stava imbrattando la tenda di cera caramellata ed uscì.
A destra ed a sinistra dell’accampamento dei Theldui-seya si estendevano file e file di tende invisibili nella notte, che facevano da cornice all’immensa luminosità di Ceunon, in lontananza.
Lyaf si stropicciò gli occhi trasparenti ed avanzò verso la staccionata che divideva la tribù dal resto della collina: vuoto, grande, puro.
Ed aldilà di quella corta muraglia di legno una figura di grossa mole tremolava nel dormiveglia.
Il ragazzo appoggiò il lume nell’erba che sapeva ancora di neve sciolta e sofferenze passate, appoggiando una mano sulla figura.
<< Castigo…Castigo, sono Lyaf >>, il drago rosso si destò, emettendo nuvole bianche di fumo dalle narici.
Qual è il motivo per cui mi hai svegliato, cucciolo Lyaf?
Il ragazzo si ricordò  ciò che gli aveva insegnato rossafreccia, ed abbassò le difese mentali ancor dipiù per rispondere.
E’ arrivato ieri un avviso dal maestro Murtagh, dice che è andato tutto come previsto, e che gli manchiamo… E che tornerà presto con…con…
Chi, Lyaf, con chi?
La regina Nasuada… quando finiranno i giochi di alleanza di Alagaesia, tra un mese…
Cosa? Ma non sa a quanti pericoli andremo incontro reagendo in questo modo!
Ha detto che predispone tutto affinchè non possa correre nessun pericolo e poi sostiene che sarebbe più facile, facendo così,  mediare tra Ilirea e Ceunon senza che nessuno venga a saperlo, maestro Castigo!
Il grande drago si eresse in tutta la sua altezza, che adesso era davvero notevole ed agitò la coda, superando il ragazzo per andare nello spiazzo libero sul pendio. Lyaf, in quei dieci anni, non lo aveva mai visto così apprensivo e dubbioso. O probabilmente prima era troppo piccolo per accorgersene, quando ancora le disgrazie e gli affanni della sua tribù per lui erano solo un brutto sogno la notte, senza sapere che accadevano nella realtà.
Il drago rosso fece sedere Lyaf al suo fianco.
C’era vento, tanto vento che le squame di Castigo fremevano. Il ragazzo strinse il mantello attorno a sé.
Maestro, io…vor…
Ascoltami, Lyaf.
I grandi occhi di Lyaf erano spaventati ed il respiro corto. Lo strapiombo di roccia alla fine della collina risvegliava le sue vertigini.
Non aver timore delle apparenze, è un piccolo dislivello che il buio rende immmenso…alza il viso. Guarda la tranquillità di quella distesa. E respira.
Va bene?
Si, maestro, ma sarà una cosa troppo difficile da superare.
Forse quello che ti dirò sarà una cosa banale che già in troppi hanno detto, ma devi credere in te, crederci davvero. Solo se lo farai ci riuscirai, se poi dirai che ci hai provato ma non ce l’hai fatta…non è vero che ci hai creduto davvero. E’ così che funziona la vita, Lyaf.
Anche Murtagh nel profondo ha sempre creduto in sé stesso, anche quando sentiva che non era così, eppure alla fine è uscito dal labirinto da lui costruito su ordine di qualcun altro che desiderava poi rinchiuderci il suo vassallo incosciente, in  realtà.
Lyaf sollevò il viso e respirò, l’ aria fredda sembrava esser diventata piacevole.
Grazie, maestro. Comunque vada e comunque la pensi, spero proprio che Murtagh sappia cosa sta facendo e quali rischi comporta. Non vedo l’ora che questo incubo che sembra essere mai iniziato, finisca.
La testa rossa e riccioluta di Lyaf andò a posarsi sulla zampa del grande drago, creando  una groviglio cremisi.
Vorrei tanto che lui fosse qui con noi, e tutta la mia gente ormai lontana, vicina come questa città.
Ma la tua gente è qui, Lyaf.
Intendo, maestro, che la loro personalità è partita per un lungo viaggio. Non sono come prima. Guarda Lyberta che amava appendere rami di quercia nana nella sua tenda, non lo fa più ed è sempre sola. O il panettiere Geef, che appena finito di cuocere le sue focacce che non hanno più il sapore di una volta, suonava il flauto, allegro.
Quel flauto è stato dimenticato dopo il passaggio da quella maledetta terra, così come l’ironia di Mytna la  scrittrice, che non sa più cos’altro scrivere se non storie di dolore e tristezza. Non pensavo che fosse così terribile accorgersi di quanto si sente la mancanza di quelle piccole cose che ti rendevano fiero di vivere la tua giornata. Ora mi trascino i giorni monotoni come vecchi stracci da buttare. Ed intanto non accade niente.
Il drago rosso solleticò i capelli del ragazzo sospirando.
Mi dispiace…
A tutti dispiace, maestro.
Ed io faccio parte di quel tutto, allora.
Il ragazzo non seppe più cosa rispondere, o forse davvero non esistevano altre parole per continuare quella conversazione.
Strinse il mantello ancora più forte, lasciandosi avvolgere dalla tranquillità del sonno.
Buonanotte, ragazzo. Atra esternì ono thelduin.
Castigo si acciambellò davanti a Ceunon, con le orecchie drizzate, come se da un momento all’altro potesse sentire lo scalpiccio degli stivali del suo Cavaliere. Ancora una volta. E per tutte le volte.
§§§
<< Il mio nome è Basìleya figlio di Azkargulka , vengo  dal Farthen Dur, egli è il mio drago Narag-Zaram >> era stato un nano dalla lunga barba color mogano a parlare, affiancato da un draghetto nero dagli occhi verdi.
Ismira lo trovò buffo, perché era strano pervia di  quella striscia verde prato che lo attraversava dalla punta della coda fino alla testa.
<< Benvenuti a Ceris, Shur’tugal Basìleya e drago Narag-Zaram. Amandal vi condurrà nelle vostre stanze. >>
L’elfa Amandal s’inginocchiò, preparandosi a scortare i nuovi arrivati.
Ismira  ed Alinien (che era già cresciuto un bel po’ in poche settimane) stavano di fianco alla regina Arya e al drago Fìrnen, accogliendo cortesemente i sei nuovi arrivati tra draghi  e Cavalieri.
Si fece avanti una ragazza bella ma strana: era alta e magra ed aveva le orecchie a punta come un elfo, ma i tratti erano palesemente quelli di un essere umano e la carnagione olivastra, tipica delle terre intorno al lago Tudosten. Indossava una lunga tunica arancione e dei sandali di cuoio. I lunghi capelli neri erano raccolti in un turbante verde. Le squame del drago rilucevano di luce propria, tanto erano luminose di un giallo-dorato dalle sfumature rosse.
<< Oka enif nuta ke rystan, nella mia lingua significa ‘’ per noi è un onore conoscervi ’’ il mio nome è Marikà e lei è Gloria, veniamo da Melian e Melian è la nostra madre >>
La regina Arya sollevò un sopracciglio, sorpresa << Benvenute Marikà e Gloria. Marikà, posso chiederti da dove vieni davvero? >>
La ragazza aprì la bocca per parlare, ma la richiuse subito, sospirando.
<< La storia della mia famiglia è molto complicata. Mia madre veniva da Dauth, mio padre da…. Ellesmèra, era un elfo. Ecco perché…>> sorrise, toccandosi un orecchio.
<< Certo, lo immaginavo. Potete andare ora a visitare Ceris, giovani Cavaliere e drago >> li esortò la regina.
<< Mnif, grazie, regina >> Marikà arrossì e si allontanò con  Gloria.
Il terzo Cavaliere era un elfo probabilmente molto giovane, potè constatare Ismira. Aveva capelli corvini lunghi fino alle spalle ed occhi scurissimi, ma i lineamenti erano delicati. Somigliava in modo impressionante al Cavaliere Marikà. Ismira si sorprese alla vista di un drago viola proprio come Alinien, con l’unica differenza che quest’ultimo era più scuro. Ma il nuovo arrivato aveva sfumature azzurre ed occhi di ghiaccio, e zampe alte e affusolate.
<< Il mio nome  è Geramdir figlio di Fyhldianae , e lei è Càlim.
Atra du evarynìa ono varda,  Arya Drottning >> e roteando il polso agitò il mantello scuro, non era vestito proprio come un elfo, piuttosto come un guerriero.
<< Ceris e tutta la sua gente sono liete di accogliervi, shur’tugal Geramdir ed affascinante dragonessa Càlim. Saremo noi ad accompagnarvi per Ceris e condurvi alle vostre abitazioni. Quanti anni hai, Geramdir figlio di Fyhldianae? >>
<< 86, regina Arya >> rispose il giovane, passando una mano sull’ala del suo drago.
<< Sei piuttosto giovane… lei è tua sorella? >> la regina volse lo sguardo su Marikà, che ascoltava il discorso di Alacrion sulle piante primordiali della Du Wendelvarden, e  Gloria, che con occhi ammirati scrutava Fìrnen.
<< Si, regina, ha la mia stessa età. Ci siamo incontrati solo alla cerimonia di schiusa, dopo 78 anni di lontananza. >>
Arya si alzò dal trono, il lungo mantello dai motivi intricati la seguiva, sinuoso.
<< Siete speciali. Non sempre capita di avere due fratelli Cavalieri. E nei secoli passato in molti sono riusciti a mantenere un rapporto d’accordo e affetto…altri invece purtroppo no. Spero che voi siate tra quei molti. >>
<< Spero anche io…>>,  disse Ismira, e si avvicinò a Geramdir.
<< Grazie, regina Arya, Shur’tugal Ismira >> e si chinò, Càlim agitò le ali, spazientita.
Ismira guardò Alinien, sorridendo, per poi rivolgersi al nuovo Cavaliere.
<< Alinien è lieto di offrire una parte della selvaggina cacciata stamattina a Càlim, se acconsente >> annunciò la ragazza.
Geramdir la guardò, Ismira si accorse che aveva gli occhi di un blu scurissimo.
<< Bè…chi tace acconsente, cara Càlim. E’ d’accordo, Shur’tugal. >>
<< Puoi chiamarmi Ismira >> sorrise la ragazza.
<< Vada per Ismira, bella Shur’tugal >> rise Geramdir.
Ismira guardò per terra, le punte delle scarpe in particolare catturarono la sua attenzione, giusto per rendersi conto di aver un terribile capogiro. Odiava sentirsi così. Come, d’altronde, si sentiva ogni volta che qualcuno le rivolgeva un complimento.
<< Andremo a visitare le Celesticascate ai confini, poi torneremo qui per incontrare gli altri e  cenare, in modo da avere la possibilità di conoscervi.
Dovete sapere che ciò è molto importante per la vostra identità di Cavalieri, rispettarvi, condividere e confrontarvi per conoscervi e d imparare a convivere come foste fratelli. >>
La regina scostò una ciocca ribelle dalla fronte, deviando in un sentiero punteggiato di primule.
<< E dovete comprendervi ,soprattutto, per evitare liti e rancori. Sono questi che gettano le basi a conflitti e guerre. >>
Poi la regina si fermò di colpo, girandosi a sistemare il fodero della spada.
<< E c’è un'altra cosa. Evitate, per quanto possibile, storie d’amore tra di voi. E’ controproducente. Ma…>>, aprì le braccia prima di riprendere.
<< se per voi è inevitabile…fate pure. Non sono io di certo che comando queste questioni >>.
Geramdir gettò un’occhiata fugace ad Ismira, che fece finta di nulla. Avrebbe dato qualsiasi cosa per avere Alinien , in quel momento, che avrebbe coperto il suo viso da sopra una spalla con l’ala.
 
Non si comporta come un elfo, Ismira.
Ma no Alinien, è cresciuto a Dauth. E’ per metà umano.
Sembra interessato a te…
Che dici…?
Ma si vede! E lo sai anche tu…
Ha 86 anni!
E’ come se avesse la tua età.
Lo so…
Con gioia, si accorse di aver raggiunto le Celesticascate. Si fece avvolgere dal ritmo costante dell’acqua che rinfrescava le pietre sulla riva, rendendole bianche e liscie.
<< Rilassatevi, Cavalieri,  siate tutt’uno con ciò che vi circonda. Siate l’acqua, e le foglie, ed i pesci, anche una minuscola scheggia di legno. Dovete comprendere. >>
Sembrava che Arya avesse assunto le sembianze di una ninfa. Gli occhi verdi, l’abito, i capelli, quasi forgiati dalla terra stessa. Ismira la trovò straordinaria. E sicuramente lo era davvero, come tutte quelle  cose forti e sensibili al tempo stesso, che emanano un fascino tutto loro, e noi le ammiriamo per questo. L’elfa-ninfa cominciò a cantare. Ma era una melodia che veniva dalle profondità stesse della natura. Una nenia al mistero di ciò che siamo, che viviamo e guardiamo e non capiamo, a quello che è il mondo ed il destino.
Geramdir stava silenzioso ad ascoltare, su una radice sporgente.
Sembrava un ramo che da un momento all’altro poteva cadere. Forse anche lui è forte e sensibile al tempo stesso, pensò Ismira.
Era consapevole che l’arrivo dei suoi compagni aveva fatto cadere come pioggia migliaia di punti interrogativi, a cominciare da quel ragazzo strano, che sembrava sfacciato ma anche gentile. Aggrappò lo sguardo sul  Gedwey Ignasia che teneva in bella vista e lo trovò stupendo, nonostante fosse esattamente come il suo. Chissà quali erano i pensieri che condivideva con Càlim. Chissà…
La regina continuava a cantare, ed intanto qualcosa stava crescendo dal terreno bruno: edera d’oro che s’intrecciava nel tronco di un ciliegio, quasi volesse abbracciarlo.
Ismira capì che ciò che stava vivendo era qualcosa di speciale che sarebbe stato narrato in tutte le terre dentro e fuori Alagaesia. E di ciò cominciò ad andarne fiera. Una voce sconosciuta le attraversò la mente. Geramdir.
E’ unico…
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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Capitolo 11
*** IL PREZZO DEL RISCHIO ***


11. IL PREZZO DEL RISCHIO

Non sapeva com’era capitato. O semplicemente non lo voleva sapere. Lyaf aveva scoperto che Castigo non c’era più solo troppo tardi, quando la sagoma del drago era ormai un punto indistinto nell’orizzonte albino tinto di rosa. Ma cos’è l’amore di un drago verso il suo Cavaliere? Qualcosa che il ragazzo non poteva concepire, di strano, contorto ed unico. La valle della tribù era stata svuotata delle anime nascoste della creatura e dell’arciere Murtagh.
Anche l’anima di Lyaf era svuotata. E non poteva continuare ad esserlo. Guardò con i suoi occhi cristallini la sorella Katka che gli stava di fronte.
<< Devo partire Katka, non posso restare qui indifferente >>, afferrò il rozzo bastone con il simbolo dei Theldui-seya ed entrò nella tenda.
<< Aspetta Lyaf! >> la sorella lo strattonò.
<< Cosa direbbero i maestri? E nostro padre? Non puoi fare nulla! >>
<< Lasciami! Devo aiutarli. >> cominciò a riempire con il minimo indispensabile una sacca di pelle di bue ed una di stoffa.
Katka abbassò lo sguardo, i capelli rossi spiccavano nel blu della tenda, prese il braccio del fratello.
<< Se tu parti, vengo anch’io, e di certo non sarai tu a fermarmi, avventato che  non sei altro. >> e si preparò a sua volta.
Si fermò di colpo dopo un po’ << Credi dovremo farci aiutare? Non sappiamo nemmeno da dove cominciare…>>
Lyaf sospirò << No Katka, non mi fido, rubiamo i cavalli e c’incamminiamo domani all’alba, così abbiamo tutta la giornata per prepararci e… >>, il ragazzo sorrise << Grazie >>
<< Lo faccio solo per nostra madre che non permetterebbe che tu vada da solo all’avventura. Lyaf…>>
<< Mh? >>
<< Ti rendi conto della pazzia che stiamo per compiere? >>
<< Come non mi sono mai reso conto di nient’altro, Katka >>, nascose il fagotto appena finito sotto il letto e si sedette.
<< Ancora…ancora non capisco perché l’ha fatto. Lo giudicavo più saggio di quello che evidentemente è in realtà…>>, Lyaf pronunciò quelle parole con lo sguardo basso, come si vergognasse  a dirle.
Katka prese tra le mani il suo talismano natio che teneva appeso al collo: uno sciamano che accarezzava un leone, ed affiancò il fratello.
<< Vedi Lyaf? Questo è il simbolo dell’unione tra coraggio e saggezza. >>
<< E allora? >>
<< Quello che ti voglio far capire è che non esiste saggezza senza coraggio, e viceversa. Ma il coraggio è fatto di rischio. Solo i veri saggi per imparare sanno rischiare…altrimenti….bè altrimenti sarebbero solo dei codardi.  Castigo è un saggio che per il bene di chi ama ha deciso di rischiare e ,credimi, non c’è saggezza più grande. Sei arrabbiato con lui solo perché non te lo aspettavi. >>
Lyaf seguì il profilo sinuoso della tenda, fermandosi su un punto preciso decorato con disegni stilizzati.
<< Hai ragione. Ma…in un certo senso me lo aspettavo. Sto imparando a mie spese che non si può rimanere a guardare i fatti senza agire. >>
Il discorso dei fratelli fu interrotto da un carro che passava di lì. Vervanìa la pittrice fece capolino dalla tenda.
<< Allora miei colibrì, che ne dite di una bella merenda con il miele direttamente da Ceunon?  >>.
Lyaf e Katka non persero tempo, era da un giorno che non toccavano cibo, le scorte scarseggiavano sempre dipiù. E allora avrebbero dovuto spostarsi verso sud. Ancora.
Ma ora si pensava solo al presente ed alla fetta di pane con burro e miele che li aspettava nella tenda di Vervanìa. I preparativi potevano ancora aspettare.
In fondo erano solo dei ragazzini…in fondo. E nessuno poteva toglierli quel briciolo di allegria e spensieratezza che ancora avevano.
§§§§
Castigo fece entrare l’aria nelle narici: sapeva di buoni presagi, vecchie piogge, libertà e rinascita. Eppure quell’aria tranquilla non era riuscita a placare il tumulto di sentimenti che si agitavano dentro il drago: rabbia, determinazione e, per la prima volta, rimpianto. Si odiava per aver lasciato Lyaf con un palmo di naso mentre partiva come un incosciente. Si odiava per aver abbandonato Murtagh senza far nulla per fermarlo. Le cose avventate compiute nella sua vita erano ancora vive nella mente…e molte, a quella catasta si aggiungeva quel lungo volo.
Ma a Castigo non importava essere perfetto, cosa ti viene dato in cambio? Niente.
Com’è inutile provare a non farci intaccare dalle fatalità del mondo esterno! Non possiamo, siamo come parassiti che hanno bisogno di cibarsi del mondo, dei suoi fatti, riempirci del  suo sistema complicato creandoci problemi perché senza di loro non avremo vita, non avremo valore.
L’intensità di quel pensiero fece salire il drago oltre le nuvole. Ce l’avrebbe fatta, nonostante tutto. Ora bisognava solamente, per un momento, staccare la corda che ci tiene legati ai sentimenti. E concentrarsi.
Di sotto il fiume Anora ritirava pian piano le sue acque dopo la piena, ed intorno a lui file e file di agricoltori spianavano il terreno per prepararlo alla semina. Decine di carri venivano riempiti di botti: la nuova riserva d’acqua per Alagaesia. Sotto il sole tutto continuava tranquillo, e Castigo provò a cullarsi sotto il  vento e la pace frizzante che lo circondava. Davanti il vuoto della pianura smorzato dalla piccola Yazuac e poi, miglia e miglia più a Sud…. la sua meta. No, non si sarebbe più pentito di quello che stava facendo.
§§§
In catene, Murtagh fu posto davanti al campo. A destra, Nasuada lo guardava di sfuggita, ma sorrideva. Il Ballo di spade ed onore dei giochi di Alagaesia stava per cominciare tra il formale suono delle trombe d’oro e le voci degli acclamanti. Abitanti del palazzo, contadini con mogli e figli, poeti, pittori, musici, medici, viandanti, mendicanti e viaggiatori circondati da bambini cenciosi,  erano mescolati in un via vai di colori e facce tutte diverse che per la prima volta erano unite da un’unica identità di compatrioti.
<< Non l’avevo mai visto…>> sibilò Murtagh. Nasuada sembrò sorpresa << Tutto questo tempo…e non hai mai assistito ai giochi da Alagaesia? >>
<< No… bè Eragon ha avuto proprio un’idea intelligente >>
 La sovrana annuì << E’ un Cavaliere davvero in gamba. Dovresti essere orgoglioso di averlo come fratello…>>
<< Oh va bene…se io sono solo un povero straccione in catene e senza meta, grazie, mia regina >>
<< No, io non intendevo…>>
<< Davvero, non fa niente, lascia…lascia stare >>
Nasuada, in un movimento impercettibile gli strinse la mano circondata dal metallo.
<< Sei diverso, ma non per questo meno importante…io… >> Nasuada si alzò di scatto, interrompendo la frase: una guardia acchiappò Murtagh e lo fecero sedere su di una panca di legno.
<< Voglio che venga lasciato al suo posto di prima, Azamar >> tuonò la regina.
Azamar sgranò gli occhi << Ma ,Lady Nasuada, è un prigioniero! >>
<< Ed io sono la regina ed esigo che fai ciò che ti dico senza ribattere >>
<< Certo Lady Nasuada >>, Azamar  fece un inchino e con uno sguardo sprezzante riportò Murtagh sul poggiapiedi di velluto blu, dov’era appostato poco prima.
<< Grazie >>
<< Mio dovere! >> , la regina scoprì il braccio dove erano ancora ben visibili i tagli della prova dei lunghi coltelli, preparandosi al discorso di apertura dell’ultimo mese dei giochi, tanto sospirato.
Mezz’ora dopo in un turbinio di lame il ballo cominciò.
Era qualcosa di davvero sublime: intorno al campo ventiquattro tra elfi e nani suonavano i loro strumenti personali, in accordo, creavano una musica maestosa e struggente. Al centro, otto file di Urgali , nani, umani, elfi, e le nuove stirpi di elfumani, nanumani con abiti di un fascino unico,  si cimentavano in un finto combattimento danzante, tra i luccichii delle armi lucidate ed il lieve cozzare degli stemmi sulle divise.  L’arte e la bellezza che avevano di fronte era paragonabile solo all’arte di volare.
Regina e Cavaliere si guardarono: quella celebrazione, inconsciamente, avrebbe aperto il loro viaggio. Nessuno in quel momento sapeva che dopo un mese la regina sarebbe andata via e che il prigioniero sarebbe stato creduto morto da un pezzo. Nessuno   intuiva il pericolo che aleggiava intorno, e che l’avrebbero combattuto come non fosse mai arrivato. Nessuno avrebbe scoperto l’amore che si celava in loro e che li legava l’uno all’altra.
O almeno, così credevano : forse non immaginavano che due occhi tra la folla li squadravano, bramosi di distruggerli e piegarli al loro volere, spezzarli come fragili rami per appropriarsi della loro identità.
 
Angolo dell’autrice: fiuuu finalmente ce l’ho fatta! Spero sia andata bene e che l’ultima frase abbia fatto effetto. Il prossimo capitolo lo dedicherò per la maggior parte ad Ismira ed Alinien perché mi sembra di averli un po’ trascurati. E sarà avanti di un mese, perciò comincerà il viaggio di Murtagh e Nasuada e verrà descritto quello di Lyaf e Katka di cui non conoscete la storia che vi racconterò negli ultimi capitoli^^  A presto!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

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