Cenerentola per una notte(variazione sul mito)

di iusip
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


10 febbraio



Caro diario,

ieri mi ha telefonata Eriko.

Mi ha detto che le era venuta un’idea brillante su come far cascare Ryo ai miei piedi. Ho sospirato, pesantemente, poi le ho fatto notare che più che una idea geniale ci vorrebbe un miracolo bello e buono.

Lei ha riso pensando che la mia fosse una battuta, forse non rendendosi conto di quanto invece sia la triste realtà delle cose.

Delle volte mi guardo allo specchio, e ci vedo una donna con il volto perenne di bambina, i corti capelli da maschiaccio e le sopracciglia che forse avrebbero bisogno di una ritoccatina dall’estetista. E mi sento scialba e insoddisfatta, niente a che vedere con Saeko o Kazue, sempre perfette nel loro essere donne.

Invidio le curve armoniose del loro corpo, la loro bravura nel truccarsi e nell’acconciare i capelli. Il loro savoir-faire con gli uomini, la loro parlantina sempre sciolta, le loro risate né troppo sguainate né troppo fredde.

Il loro essere perfette, sempre, dovunque, con chiunque.

Il loro essere tutto ciò che io non sono e che probabilmente mai sarò.

Ho cercato di spiegare a Eriko ciò di cui sopra, ma lei non ne ha voluto sapere.

Io non so se lei sia davvero convinta di quello che dice, oppure se lo faccia solo per risollevarmi il morale.

Spero vivamente che si tratti della seconda opzione, perché se Eriko crede davvero che un giorno Ryo possa trovarmi non dico bella ma quanto meno carina…beh, allora la mia amica non è per niente in grado di distinguere la cruda realtà dal più ovattato dei sogni romantici.

Insomma, per farla breve è riuscita a convincermi.

Non so cosa mi abbia detto per riuscirci, non ricordo nulla del drammatico momento in cui le ho detto, quasi con fare solenne, “Ci vediamo domani a casa tua, allora”.

Si sa, la mente tende a cancellare le esperienze più dolorose e umilianti.

Fatto sta che domani mi aspetta a casa sua.

Ha prenotato dal parrucchiere e dall’estetista e non voglio nemmeno immaginare quale ridicolo e scostumato abito avrà scelto per la mia mission impossible 10.

Comunque, ormai è fatta.

Dovrei sentirmi imbarazzata, dovrei sentirmi stupida, ma forse sono talmente rassegnata che semplicemente non me ne frega niente delle conseguenze di questo folle gesto.

Perché in un modo o nell’altro so che avrà delle conseguenze.

Ma per una volta, non voglio pensarci.

Delle volte è bello fare cazzate.







11 febbraio



Mentre la parrucchiera inventa qualcosa per acconciare i miei capelli, ripenso a questa lunga giornata che in realtà è appena cominciata.

Il buonumore di ieri è scemato lentamente, e adesso mi sento imbarazzata e stupida.

Sarà stata la ceretta di poco fa, un’ora e mezza di sofferenza immotivata e inutile.

“Vedrai che quando stanotte Ryo ti accarezzerà le gambe il dolore sarà solo un brutto ricordo, che lascerà subito il posto alla sensazione più bella della tua vita.”

Queste le parole di Eriko a commento delle mie pene.

Dovrò andare a casa sua e bruciare le pile di romanzetti Harmony che questa ragazza legge, decisamente.

Poi mi ha fatto vedere il vestito che dovrei – e qui sottolineo l’uso del condizionale- indossare stasera, uno straccetto composto da un bustino celeste che non so come mi aumenta il seno di due taglie, e una gonnellina che arriva a mala pena alle ginocchia.

E ha pensato anche alla biancheria intima.

Quando ho visto quel centimetro quadrato di mutanda ( rigorosamente abbinata al colore della gonna), mi sono seriamente chiesta cosa stessi facendo.

Fino a dove l’orgoglio di una donna può essere sacrificato per l’uomo che ama?

Non so a quale conclusione sarei arrivata, se Eriko non mi avesse presa per il braccio e trascinata dalla parrucchiera.

Ed eccomi qui, mentre guardo nello specchio il mio riflesso. I miei capelli castani hanno bellissimi colpi di luce color mogano, e pur essendo corti la parrucchiera è riuscita a crearmi un’elaborata acconciatura alzandomi i ciuffi più lunghi e fissandoli con delle forcine sulla sommità della mia testa.

Improvvisamente un pensiero mi colpisce.

Che stupida che sono stata. Non posso andare ad un appuntamento con Ryo nei panni di Kaori Makimura.

Rischio che lui mi rida in faccia.

Anzi, sicuramente mi riderà in faccia.

Si farà una grassa risata, pensando a quanto sia infantile e deficiente la sua socia.

Ho bisogno di qualcosa che celi almeno in parte la mia identità, perché il altrimenti il mio orgoglio ferito sarà impossibile da celare.

Mi serve una parrucca.

Eriko sbraita, definendomi una codarda, ma queste sono le mie condizioni: prendere o lasciare.

Alla fine si arrende, e torniamo a casa sua per sistemare trucco e vestito.

Un’ora sprecata dal parrucchiere, però i colpi di luce non sono male.

Danno un po’ di vitalità al mio viso spento.

Una volta a casa di Eriko, mi faccio un bel bagno rilassante.

Sono sempre più nervosa ogni minuto che passa.

Sono le cinque, e io vorrei non aver mai cominciato questa stupida commedia.

Dopo il bagno, Eriko mi costringe ad indossare la biancheria intima che ha scelto per me. Il perizoma è estremamente scomodo e il reggiseno è più piccolo di una taglia e mi va stretto, conferendo una abbondante ma fasulla quarta a me che ho una scarsa ma reale terza.

Finisco di vestirmi, un paio di scarpe nere con il tacco e una parrucca castana completano il mio assurdo travestimento.

Poi Eriko mi trucca, mi spalma del fondotinta su tutta la faccia, un velo di ombretto azzurro sugli occhi che fa pandan con il vestito e una passata di rossetto rosso sulle labbra.

Mi guardo allo specchio, quasi non mi riconosco.

Non sono poi così male, però non riesco ad impedirmi di sentirmi ridicola ed imbarazzata. Eriko prende le chiavi della macchina.

“Andiamo tesoro, sono le sei e mezza. Lui ti aspetta alle sette.”

A proposito, vorrei tanto sapere come ha fatto a combinare questo appuntamento.

“Semplice, gli ho telefonato ieri pomeriggio dicendogli di avere una gran voglia di uscire con lui stasera. Immagina la sua reazione…gli ho dato appuntamento al Sunrise Hill alle sette. Ed il gioco è fatto!”

Mi fa l’occhiolino, ma il mio cuore sprofonda nelle scarpe.

“Immagina la sua reazione”….lo ricordo, ieri sera, come era felice dopo quella telefonata.

Ecco svelato il mistero….come sempre c’è di mezzo un’altra donna, e poco importa se è una delle mie migliori amiche e sta facendo di tutto per darmi una mano con Ryo…comunque, si tratta di un'altra donna.

Chissà che delusione, quando vedrà me invece di Eriko.

E se dovesse riconoscermi…allora saranno cazzi.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


11 febbraio



h. 19:15



L’insegna luminosa del Sunrise Hill è la prima cosa che noto appena scendo dalla macchina di Eriko.

L’illuminazione è ad intermittenza e sembra quasi assecondare il battito irregolare di questo stupido organo pompa sangue, ovvero il mio cuore.

Sono nervosa come una ragazzina al suo primo appuntamento galante.

Pensandoci bene, sono una ragazzina al suo primo appuntamento galante.

Una ragazzina di quasi 28 anni, d’accordo, ma certe cose non cambiano mai.

La seconda cosa che noto, purtroppo con attimo di ritardo, è che quella stronza di Eriko mi ha abbandonata sola al mio destino.

Faccio appena in tempo ad accorgermi dei fari della sua auto che si allontanano, e in un attimo è andata, letteralmente desaparecida.

Sbatto i piedi a terra con stizza, quasi storcendomi la caviglia.

Sono ridicola.

Mi stringo nel mio cappottino nero, comprato apposta per l’occasione, poi entro nel locale, dove una musica jazz dolce e soffusa mi accoglie.

Ryo non è ancora arrivato.

La puntualità non è mai stata il suo forte.

Ordino da bere, un sobrio succo di frutta alla pesca, so bene di non reggere l’alcool e preferirei evitare di ubriacarmi proprio stasera.

Meglio fare una cazzata alla volta.

Mentre sto sorseggiando il mio drink, una mano – maschile- si poggia sulla mia spalla.

Sobbalzo, rischiando di versarmi il succo sul vestito.

Eriko non me lo perdonerebbe mai.

Mi giro con timore, sento chiaramente il battito del cuore nelle orecchie.

Gli occhi che incontro sono di un sorprendente azzurro cielo.

Un ciuffo di capelli biondi ricade sensualmente su uno degli occhi.

Oddio, e lui cosa ci fa qui?

“Signorina, lei è incantevole. La più luccicante delle stelle impallidirebbe al suo confronto. Le va di passare la serata con me? Una simile donna non dovrebbe bere sola sulle notte di una musica così dolce.”

Mick non si smentisce mai.

Quest’uomo è la galanteria fatta persona, nonostante la sua mano morta che cerca di accarezzarmi la coscia.

Però, non si è reso conto che “l’incantevole” donna che ha davanti è la socia del suo migliore amico.

Allora il mio travestimento funziona alla perfezione.

Bene bene, quel polipone cretino di Ryo ci cascherà in pieno.

Sto per dire a Mick che purtroppo sono già impegnata (se sapesse con chi!!), quando le urla isteriche di una cameriera mi interrompono.

“Signorina, le va di passare la nottata con me? Sono lo stallone di Shinjuku, vedrà che non se ne pentirà!!”

Ryo è arrivato.

“Quel cretino…ha una donna speciale al suo fianco e nonostante tutto si ostina a passare le serate in giro per locali.”

Le parole appena sussurrate di Mick mi creano uno strano magone in gola.

“Come ha detto, scusi?”, gli dico.

Forse mi sono sbagliata, forse ho capito male.

Mick mi guarda – uno sguardo strano, quasi sofferente – e mi sorride.

Un sorriso triste, triste come questa musica bianca che ci avvolge, io,lui, Ryo, quasi irreali in questa situazione anche troppo reale.

“Niente signorina. Non dicevo proprio niente. Solo che delle volte alcuni uomini non capiscono le fortune che la vita ha regalato loro, e se ne accorgono solo quando le hanno perse per sempre.”

Ancora, quel sorriso, dolce ma allo stesso tempo amaro, aspro.

Poi le mie orecchie percepiscono qualcosa che non avrei mai voluto sentire.

Mi volto di scatto, giusto in tempo per vedere una donna mora dalle forme generose nonché generosamente messe in mostra avvicinarsi a Ryo con fare sensuale.

“Allora sei tu, il famoso Stallone di Shinjuku…”

La bava che cola dalla bocca spalancata di Ryo mi dà il voltastomaco.

La sua mano che palpa il seno della donna mi fa decisamente incazzare.

“Sei libero stasera, Stallone? Fa tanto freddo fuori, e sono sicura che tu mi saprai scaldare.”

Diglielo Ryo, dille che hai un appuntamento con me.

Dillo a questa troia…

“In realtà aspettavo una persona…”

Visto bambolina gonfiabile? 1 a 0 per me…

“…ma visto che tarda ad arrivare, le farò compagnia molto volentieri…”

Si scambiano uno sguardo complice, poi escono assieme, senza sfiorarsi.

Il mio cuore precipita giù, sotto i tacchi appuntiti di queste scarpe che ho indossato per lui, solo per lui.

Così come ogni giorno lavo, cucino e stiro per lui, solo per lui.

Ma ogni volta è un’altra che lui cerca, che lui segue.

Gli occhi mi si riempiono di lacrime, che non verserò.

Non questa volta.

Non per lui.

Rieccola quella domanda insidiosa…

“Fino a dove l’orgoglio di una donna può essere sacrificato per l’uomo che ama?”

Ancora una volta sono costretta a piegarmi e raccogliere i cocci delle mie illusioni infrante, i mille granelli dei miei castelli di sabbia, volatili come aria, fragili come cristallo.

Una mano si poggia sul mio capo.

Alzo gli occhi, e ancora una volta li incrocio con quelli azzurri e tormentati di Mick.

Chissà a cosa sta pensando.

Chissà quanto dolore celano le sue iridi chiare.

Chissà se ha capito tutto.

Ma lui di certo sa, cosa vuol dire amare ma non essere ricambiati.

Paradossalmente, lui mi capisce più di chiunque altro.

Mi tende una mano.

“La mia proposta è ancora valida. Le va di trascorrere la serata con me?”

Lo guardo per un attimo, indecisa.

Non c’è traccia di libidine nei suoi occhi, solo una malinconia inesprimibile a parole.

La stessa che provo anche io.

Afferro le sue dita, decisa.

Mano nella mano usciamo dal locale, ma la musica dolce, bianca, ci accompagna, perché quella musica non appartiene a questo locale, ma fa parte di noi.









Fatemi sapere cosa ne pensate...i commenti sono sempre ben accetti!Grazie

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


11 febbraio



h. 21:00



“Allora…dove ti piacerebbe andare?”

La voce di Mick mi riscuote dai miei pensieri.

È da un po’ che camminiamo senza parlare, mano nella mano.

Mi sento bene con lui.

Mi sento amata, desiderata, protetta.

Già, peccato che tu lo ami solo come un fratello.

Vi succede mai, a volte, di sentire nelle orecchie una vocina, che attribuite alla vostra coscienza?

Ecco, in questo momento la sento pure io.

E quello che mi sta dicendo non mi piace per niente.

Chi ha detto che le cose non possano cambiare?

La gente ama, poi gli amori finiscono, ma nonostante ciò si torna ad amare persone diverse.

Dove sta scritto che la mia vita debba essere consacrata ad un uomo insulso di nome Ryo Saeba?

Stringo più decisamente la mano di Mick.

Quel pizzico di senso di colpa ancora permane, ma cerco di non pensarci, continuando la mia insensata recita.

“Non saprei….non ho molto tempo però…a mezzanotte devo andare via…”

“Cosa?A mezzanotte hai detto? E perché?”

“Sai…le verità è che io…sono scappata di casa. La mia è una famiglia ricca e facoltosa, sono sempre stata abituata a vivere sotto una campana di vetro. Subito dopo la mezzanotte lascerò il Giappone, per andare a studiare all’estero. Così hanno voluto i miei genitori.”

Mento spudoratamente, girandomi di spalle.

Ho paura che il mio viso mi tradisca.

“Però mi piacerebbe trascorrere un po’ di tempo da ragazza normale, facendo le cose che fanno le ragazze comuni, insomma. Per una notte, una notte soltanto...voglio dimenticare ciò che sono e provare a cambiare il mio destino….”

Il che, riflettendoci bene, non è del tutto falso.

Mick mi sorride, prendendomi nuovamente per mano.

“C’è una fiera in città, vicino al tempio. Ti va di andarci?”

Spalanco la bocca, genuinamente felice.

Non ho bisogno di fingere questa volta, le fiere mi sono sempre piaciute.

“Certo che mi va!Io adoro le fiere!!”

Lui mi guida, io lo seguo fiduciosa, mentre i rumori e le luci tipiche delle fiere si fanno sempre più vicine.

Voci di bambini, giostre, montagne russe, tiri a segno, musica, luci, colori.

Mi guardo attorno, quasi smarrita.

Da quanto tempo non andavo ad una fiera?

“Io sono un asso del tiro a segno, sai?”

Mick mi fa l’occhiolino, e io di certo non dubito delle sue parole.

Mi trascina verso la bancarella di tiro a segno più vicina, chiedendo un fucile con una cartuccia da quaranta pallini.

Sono tutti centri, quaranta su quaranta, e i bambini radunati attorno a lui lo guardano con un misto di rispetto e di ammirazione.

Lui sorride a quei bambini, spiegando loro i trucchi per ottenere dei centri perfetti.

Pendono dalle sue labbra, fissandolo a bocca aperta.

Anche io lo fisso, ma il mio cuore è stretto in una morsa.

Se esiste un Dio dell’amore, in questo momento avrei voglia di ucciderlo.

Lui ha decisamente sbagliato, con le sue freccette.

Spalanco gli occhi, quando mi accorgo che Mick sta barcollando verso di me, il viso e la parte superiore del corpo interamente nascosti da un orsacchiotto gigante.

“Questo è per te!”

Sento la sua voce provenire da dietro il peluche, attutita dall’immensa mole di pelo che questo orsetto ha addosso.

E la sento ancora, quella dolorosa stretta al cuore.

Nonostante tutto sorrido, Mick è troppo buffo in questo momento.

Afferro l’orsacchiotto per un orecchio, trascinandolo, prendendo Mick a braccetto.

“Che ne dici di andare a ballare?”, gli propongo a bruciapelo.

“Seguro…vamos a bailar!”

Mi fa un inchino galante, e io non posso fare a meno di ridere.

In discoteca, io e Mick ci scateniamo sulle note della musica house.

È incredibilmente sciolto, non sospettavo che sapesse ballare così bene.

Poi le luci diventano più soffuse, e il dj annuncia il momento del guancia a guancia.

La musica si fa dolce, lenta, malinconica.

Mick mi tende la mano e nei suoi occhi riesco a leggere chiaramente una sorta di supplica.

Indecisa, afferro la sua mano e mi lascio guidare dal mio cavaliere.

Con il viso nascosto contro la sua spalla, decido di arrendermi all’evidenza dei fatti.

Questa serata è stata perfetta, questa musica è perfetta, Mick è perfetto.

Però non è lui che io cerco.

Non è lui che mi fa battere il cuore, che riesce a farmi incazzare anche senza parlare ma che riesce anche a farsi perdonare con un solo sguardo.

Non è lui che amo.

Non so con chi prendermela, se con Ryo, con me stessa, con il destino o con il Dio dell’amore.

Paradossalmente, io e Mick ci capiamo alla perfezione, ma non possiamo fare niente per evitare di soffrire, vittime inconsapevoli di un destino beffardo che ci ha resi così vicini, ma nello stesso tempo così lontani.

Vicini e lontani.

Io e Mick.

Mick e Ryo.

Io e Ryo.

È inutile, i miei pensieri corrono a lui, il mio sguardo vaga inquieto quasi aspettando di incrociare i suoi occhi scuri così profondi.

Quegli occhi che celano un passato doloroso, e l’incertezza di un presente che da un momento all’altro potrebbe non poter più diventare futuro.

Mi allontano da Mick, voltandomi di spalle.

“La mezzanotte è vicina…mi dispiace, ma devo andare. La mia nave mi aspetta al molo…”

“Ti accompagno.”

Mick non sembra arrabbiato, solo tanto rassegnato.

Mi dispiace Mick, mi dispiace, ma niente va come noi vorremmo, niente…

Camminiamo in silenzio, appena illuminati dalla luce fioca dei lamponi.

“Non so nemmeno come ti chiami…”

La mia mente è chiusa, immaginazione zero.

Non so cosa rispondere.

Sono stanca di recitare.

Mi volto e mi allontano lentamente da lui.

“Ah…ho capito chi sei…”

La voce di Mick è vicinissima.

Giro appena la testa, e me lo ritrovo davanti.

“Tu ti chiami Cenerentola, non è così? Proprio come Cenerentola a mezzanotte devi tornare te stessa, perché la magia svanisce…”

Già…la magia svanisce…

Il fischio di quella che non è la mia nave, e mai lo sarà, mi fa sobbalzare.

Guardo Mick.

“….la mia nave è in partenza, devo davvero scappare. Grazie per la bella serata, non la dimenticherò mai.”

Ed è vero.

Serberò per sempre il ricordo di questi splendidi attimi trascorsi con lui, turbati solo dall’ombra insistente ed insidiosa di un altro uomo, che entrambi conosciamo benissimo.

Il primo dei dodici tocchi di un orologio a pendolo raggiunge le nostre orecchie, trasportato da un leggero venticello che rende questa serata ancora più malinconica.

“Mezzanotte…è il suono delle campane di addio…”

Le mani di Mick si poggiano sulle mie spalle, dolcemente costringendomi a voltarmi verso di lui.

I nostri volti sono vicinissimi, e prima che possa realizzare cosa sta succedendo le sue labbra calano sulle mie.

Con un attimo di ritardo realizzo che Mick mi sta baciando.

Tuttavia, non è un bacio passionale.

È un semplice sfiorarsi di labbra, triste e malinconico come tutta la serata.

È un bacio d’addio.

Mi libero dalla sua stretta senza che lui opponga resistenza.

“Addio, Kaori..”, sussurra.

Mi volto e comincio a correre, mentre le lacrime mi rigano le guance, sciogliendo il trucco che Eriko mi ha sistemato con tanta pazienza e maestria.

Lui aveva capito tutto fin dall’inizio.

E sapeva anche che era Ryo che io stavo aspettando, nel locale.

E che è lui che amo.

Eppure…

Mi ha retto il gioco, solo per cercare di non farmi pensare a Ryo, per una notte soltanto.

Chissà se si è reso conto che per me è impossibile, non pensare a lui.

Mi è entrato nel sangue, sotto la pelle.

È il mio pensiero fisso, il mio sogno ricorrente.

Peccato che lui non ricambi.

Vado a casa, ho solo bisogno di dormire, adesso.

Mi strucco, mi tolgo il vestito e lo nascondo assieme alla parrucca.

Non che ce ne sia bisogno, Ryo non mi ha nemmeno notata, in quel locale.

Non aveva occhi che per la sua mora.

Adesso saranno assieme, a divertirsi da qualche parte.

Il solo pensiero mi chiude la gola.

Mi lavo il viso e i denti.

Indosso il pigiama.

Ryo non è ancora tornato.

Ma stanotte non lo aspetterò.







Il prossimo sarà l'ultimo capitolo...fatemi sapere cosa ne pensate di questo, mi raccomando!Baci e grazie per i commenti

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


12 febbraio



h. 02:34



L’orologio digitale sul mio comodino segna le 02:34.

Sono sveglia da una mezz’oretta ormai, 30 minuti in cui non ho fatto altro che guardare i numeri trasformarsi sul display dell’orologio, scandendo lo scorrere del tempo che sembra quasi aver rallentato la sua corsa.

Ho avuto un sonno agitato, in cui i volti di Ryo e di Mick si alternavano senza sosta nella mia mente.

Forse è meglio che scenda in cucina a bere un po’ di latte.

Ryo non è ancora tornato.

Se così fosse stato, sono sicura che l’avrei sentito.

Scendo lentamente le scale, entro in cucina.

Apro il frigo e afferro il bricco di latte.

Sconsolata, noto che il frigo piange.

Dovrò decidermi ad andare a fare la spesa.

Persa nei miei pensieri, mi accorgo di avere i nervi a fior di pelle solo quando lo scatto della serratura mi fa sobbalzare, facendomi rovesciare il latte sul lavabo.

La porta d’ingresso lentamente si apre.

Come ogni volta, il mio cuore accelera i battiti.

La figura imponente di Ryo, avvolta nel suo inseparabile impermeabile stazzonato, si staglia sull’uscio.

Strano, non sembra ubriaco.

Si regge bene sulle gambe.

Immediatamente si accorge di me – come al solito i suoi riflessi non lo tradiscono.

Sembra sorpreso di vedermi.

“Cosa ci fai ancora in piedi?”

È strano, non riesco a guardarlo bene in faccia, ma mi sembra…diverso.

E comunque, me ne rendo subito conto, stanotte è lui, il più lucido fra i due.

“Non riuscivo a riprendere sonno…stavo per scaldarmi un po’ di latte. Ne vuoi un po’?”

In realtà non si merita niente, ma la tendenza a fargli da pseudo-mamma è più forte di me…

“Si, grazie. Fuori si gela.”

È più accomodante del solito.

La cosa si fa alquanto sospetta.

Riscaldo in latte in un pentolino, poi lo verso in due tazze.

Nella sua ci verso un po’ di whisky.

So che il latte lo preferisce corretto.

Ma solo un goccino…proprio stasera che non è ubriaco, non voglio essere io a procurargli una sbronza.

Anche se sospetto che la quantità di alcool che il suo fisico è in grado di reggere sia di molto superiore a un bicchierino di liquore.

Gli tendo la tazza.

Prima di afferrarla, lui mi osserva per un lungo istante.

Non riesco a scorgere i suoi occhi, alla fioca luce della luna.

Ma so che mi sta guardando.

Lo sento.

Sento il suo sguardo su di me, e per la prima volta mi sento in imbarazzo, con indosso il mio leggero pigiama in cotone con gli orsetti.

“Grazie.”

Riesco a mala pena a balbettare un “prego”, nemmeno tanto convinto.

Si siede a cavalcioni su una sedia, la tazza ancora fumante in mano.

Io mi appoggio al tavolo, cercando di ignorare l’amore e il desiderio che provo per lui.

Entrambi sorseggiamo lentamente il latte, senza parlare.

Il tempo e il silenzio sembrano protrarsi all’infinito.

C’è un’atmosfera particolare stasera, che nessuno di noi due ha voglia di spezzare.

Il latte nella mia tazza è finito, ma fingo che ce ne sia ancora, pur di rimanere ancora un po’ con Ryo.

È paradossale, ma non l’ho mai sentito così vicino.

Poi però lui si alza, poggiando la tazza nel lavello.

“Buona notte, Kaori.”

La magia è svanita.

“Buona notte, Ryo.”

Si avvia verso le scale, comincia a salire.

Poi al quarto gradino si ferma.

Questa volta è teso. La linea delle sue spalle è dura.

Senza voltarsi, comincia a parlare.

“Ah Kaori…i bei vestiti corti e scollati lasciali alle principesse smemorate. Per me sei molto più bella con il tuo solito pigiama con gli orsetti…”

Il suo è solo un intimo sussurro, tanto che mi chiedo se abbia realmente parlato o se sia la mia mente malata che, a furia di farsi film, rende concreto ciò che è solo immaginario.

Eppure…

Lui non mi lascia il tempo di replicare, anche se dopo le sue parole me ne sarebbe servito un bel po’, di tempo, prima di riacquistare la capacità di mettere due parole in fila in una frase di senso compiuto.

Spalanco la bocca, rendendomi conto di ciò che le sue parole implicano.

Ha parlato di vestiti corti e scollati.

L’unico vestito corto e scollato che io abbia mai indossato nella mia vita giace nascosto in fondo al mio armadio, accanto alla parrucca.

Ergo…

Lui mi ha riconosciuta in quel locale, nonostante la parrucca.

Insomma, il mio geniale travestimento non ha infinocchiato proprio nessuno.

Solo la sottoscritta, se proprio vogliamo dirla tutta.

Comunque, tornando alle cose importanti…

Non so se essere felice perché Ryo mi ha definita “bella” (ricordo benissimo le sue parole)…

Oppure essere incazzata perché ancora una volta si è tirato indietro.

Ma questa volta non la farà franca con così poco.

Devo parlargli.

Devo sapere.

Mi precipito in camera sua, ma non c’è.

Ci sono solo due posti in cui potrebbe essere: il poligono o il terrazzo.

Prima il poligono.

Scendo di sotto, ma le luci sono spente.

Ryo non è qui.

Come avevo previsto, lo trovo sul terrazzo, intento a fumare una sigaretta.

Sembra immerso nei suoi pensieri, ma so benissimo che si è accorto della mia presenza.

Però vuole che sia io a fare la prima mossa…

Non mi rende di certo le cose più facili, come suo solito.

Lo raggiungo, appoggiandomi alla ringhiera, accanto a lui.

Si volta leggermente, non può ignorarmi per sempre.

Sembra sorpreso di vedermi qui.

Credeva forse che anche questa volta mi sarei accontentata di una delle sue frasi ad effetto, senza chiedergli spiegazioni in merito?

Beh, stavolta si sbaglia di grosso.

“Fammi capire una cosa…”, lo apostrofo.

D’accordo, forse ho cominciato con un tono un po’ troppo aggressivo.

Ma, porca miseria, sono davvero esasperata!

“Fammi capire una cosa…tu mi hai riconosciuta in quel locale, ma hai fatto finta di niente, lasciandomi andare via con un altro uomo?”

Non risponde.

Parlami, per Dio, dimmi qualsiasi cosa, basta che sia qualcosa .

E invece lui continua a fumare la sua sigaretta, ancora una volta fingendo di non sentire, ancora una volta evitando l’impatto frontale.

Qualcosa si rompe in me.

“Sei un vigliacco, Ryo.”

Lo dico senza rabbia, senza rancore, sono con una profonda delusione.

Forse è proprio l’assenza della mia abituale furia che lo colpisce, costringendolo a guardarmi.

Probabilmente si aspettava che stessi piangendo.

Invece i miei occhi sono secchi, così come la mia gola.

Arriva un momento in cui anche le lacrime diventano superflue.

“Non era un uomo qualsiasi. È uno dei miei migliori amici. E poi non vedo perché avrei dovuto fermarti, non mi sembra di averti vista rifiutare il suo invito. Non sono mica il tuo ragazzo. Siamo solo colleghi, io e te.”

Strano, le sue parole non mi feriscono.

Stavolta si è tradito.

Ha parlato con troppa enfasi, con un tono talmente falso che anche uno sciocco si sarebbe accorto che sta disperatamente fingendo.

E finalmente me ne sono resa conto anche io.

Nella mia mente sento una vocina celestiale: “Aaa-lleluia, Alleluia, Aaaa-lleluia, Alleluia, Aaaa-lleluia, Alleluia, Alleluiaaaa!!”

Mi complimento con me stessa.

Dopo quasi 8 anni, dopo che tutti – Miki, Eriko, lo stesso Mick – hanno cercato disperatamente di farmi aprire gli occhi, sono arrivata alla verità.

Ryo cerca fino all’ultimo di negare l’evidenza, proprio come ho fatto io ieri sera, mentre il mio corpo era accanto a Mick ma la mia anima vagava altrove.

Non ti rendi conto, Ryo, che è tutto fiato sprecato?

Non ti rendi conto di quanto sia inutile la tua battaglia?

Se i sentimenti potessero essere giostrati a nostro piacimento, tutto sarebbe più facile.

Ma invece sono imprevedibili, incoerenti, traditori, ma proprio per questo sono così belli ed appaganti.

Mi avvicino a lui.

“E così siamo solo colleghi, noi due, vero?”

“Si.”

Però evita il mio sguardo.

Qui urge una terapia d’urto.

Gli prendo il viso tra le mie mani.

Lui è estremamente sorpreso dal mio gesto, ma non si tira indietro.

“Ne sei sicuro, Ryo?”

Lo costringo a guardarmi negli occhi.

“Si…”

È un po’ meno deciso, adesso, ma sarà una dura battaglia farlo cedere…

Non fa parte della mia indole, e devo raccogliere tutto il mio coraggio e la mia sfrontatezza per fare quello che sto per fare ma…come si suol dire…

A mali estremi…

Premo le mie labbra contro le sue.

…estremi rimedi…

Lui è sorpreso, cerca di ritrarsi, ma senza troppa convinzione.

Separo le mie labbra dalle sue, rimanendo però a qualche millimetro dal suo viso.

“Ne sei proprio sicuro sicuro?”

“Io…beh…si…"

Bene bene, è sempre più indeciso e confuso.

Gli accarezzo le labbra con la punta della lingua.

“Ma sicuro sicuro sicuro?”

Stavolta la sua risposta è solo un basso gemito, gutturale, prima di tornare a baciarmi.

Nessun bacio a stampo questa volta.

Nessun vetro.

Solo le nostre labbra che si divorano a vicenda.

Gli circondo il collo con le braccia, sospirando.

Quanto ho sognato questo momento…

Ma devo dire che la realtà supera di gran lunga ogni mia immaginaria aspettativa.

La sua lingua penetra nella mia bocca, giocando con la mia, in una danza che rischia di farci perdere la ragione da un momento all’altro.

Ryo interrompe il bacio, ansimando.

Mi rovescia la testa all’indietro e mi guarda negli occhi.

Non l’ho mai visto così disinibito.

Selvaggio, oserei dire.

“Questo non ha niente a che vedere con il bacetto che Mick ti ha dato sul molo, vero?”

Sgrano gli occhi.

Come diavolo fa a sapere del bacio tra me e Mick?

Ma certo…

“Tu…brutto idiota…cafone…arrogante…ci hai seguiti, vero?”

Sorride, sornione.

“Certo. Non posso certo lasciare la mia donna tra le braccia di un altro uomo. Anche se quell’uomo è uno dei miei migliori amici…”

“La tua donna??? La tua donna hai detto?? Dopo anni di insulti e prese in giro, ti aspetti davvero che io abbia voglia di essere la tua donna???”

Cerco di tirarmela, facendo la finta scandalizzata.

In realtà sto per essere vittima di un colpo apoplettico che mi stroncherà tra breve, interrompendo così il mio idillio.

Oppure mi sveglierò e scoprirò che è stato tutto un sogno, e la delusione sarà tale che morirò di crepacuore.

Ma dai Kaori, non essere sempre così dannatamente ottimista…

“Si, si, certo…ne parliamo domani…” : la presuntuosa risposta di Ryo al mio fasullo rifiuto.

“Che adesso abbiamo di meglio da fare…”, sussurra poi, tornando a baciarmi.

Effettivamente, che fretta c’è?

Possiamo benissimo riparlarne domani, o dopodomani, o l’altro domani ancora……







12 febbraio



h. 04:15



Ryo si è appena addormentato.

La sua testa è un peso dolce sulla mia spalla.

Gli accarezzo le sopracciglia e la bocca con le dita.

“Kaori…”

Ma allora non dorme…

“Dimmi…”

“Hai visto…la mia fama non era immeritata.”

Poi sospira contento, mentre un enorme gocciolone pende sulla mia testa.

Va beh...nessuno è perfetto.

Lo abbraccio un po’ più stretto.

Ho quasi paura che possa sparire al mio risveglio, quasi fosse una leggendaria chimera.

Non so cosa ci riserverà il domani.

Ma oggi, io e Ryo abbiamo finalmente ballato assieme, immobili, sulle note invisibili della musica bianca.

E questo mi basta.









Sono arrivata alla fine di questa brevissima fic, e i ringraziamenti sono d'obbligo...grazie a:

Lalausonoio,

Alyssa85,

Aleptos,

Dragon88.



Fatemi sapere cosa ne pensate anche questa volta, mi raccomando!Grazie...iusip

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