En Som Glir Inn I Natten

di GreedFan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Ligge ***
Capitolo 2: *** Elsker ***
Capitolo 3: *** Hevn ***



Capitolo 1
*** Ligge ***


Questa fanfiction ha bisogno di un paio di doverose premesse. Punto primo, è ispirata al famoso episodio del concepimento di Sleipnir, che potete trovare nell'Edda (una raccolta di miti norreni che personalmente non ho mai letto, ma che prvvederò a procurarmi moooolto presto). Avevo già scritto una one-shot che accennava a questa cosa, ma siccome mi andava di svilupparla ecco a voi una "long" - l'ho quasi finita e non credo che supererà i sette capitoli brevi - che ne parlerà molto più diffusamente. Ovviamente si discosta molto dalla mitologia, ho preso soltanto lo spunto originale e poi inventato tutto di sana pianta, pensando anche al movieverso. Per farvi un esempio concreto, Baldr non è un figlio di Odino ma un tizio a caso - inserito giusto perché nella mitologia è un dio straordinariamente bello.

Il pair fondamentale è Thorki, ma non sarà molto centrale in questa storia. Avrete Loki, Loki e ancora Loki fin sopra ai capelli, ma il fratello biondo con il cervello di un'aringa affumicata (ma io gli voglio tanto bbbbene) sarà relativamente poco presente. Non ci posso fare niente, quel tipo di personaggio proprio non mi piace .___.

Ad ogni modo, come sempre il lavoro è piuttosto stupido e privo di ogni pretesa, ma prendetevela pure con me se sentite di star leggendo una colossale imbecillata. Probabilmente avrete ragione.

Roby













Ligge


«Fratello mio... tu mi ami, non è così?»

Il sussurro di Loki si perde tra i mobili intarsiati di madreperla e d’argento, troppo debole per rimbalzare sulle pareti degli appartamenti del futuro erede al trono di Asgard. Il Dio degli Inganni respira con calma, avvolto dalle lenzuola di seta del letto a baldacchino – nel loro candore, appaiono comunque più scure della sua pelle quasi eburnea – e fa scorrere le dita magre, con lentezza, nei capelli biondi del fratello.

Thor giace a pochi centimetri da lui, su un fianco, e lo fissa con un’espressione indecifrabile dei suoi chiarissimi occhi azzurri. C’è adorazione, c’è amore, desiderio, c’è – sepolto accuratamente sotto una dura corazza di spavalderia – un senso di colpa appena percettibile, ma infido e strisciante come il più velenoso dei serpenti. Loki sonda la mente del fratello con il proprio sguardo di smeraldo, e non vi trova che la solita, rassicurante sensazione di accoglienza. Ed è assurdo che Thor sia sempre così ingenuo, così disperatamente innamorato e incapace di comprendere il peso dei loro gesti, di quello che fanno, quando il peccato che hanno consumato tra quelle lenzuola è quanto di più turpe vi sia al mondo.

Gli afferra la mano – le dita di Loki sono gelide come schegge di ghiaccio – e la bacia, lui che scotta come se nelle sue vene scorresse la luce del Sole.

Il Dio degli Inganni osserva le sue braccia forti, il petto allenato e la barba virile che indurisce appena i tratti del bellissimo volto, e sopporta senza la minima esternazione una dolorosa fitta d’invidia che, traditrice, gli colpisce lo stomaco. Socchiude appena gli occhi verdi, fattisi improvvisamente affilati come rasoi, e lascia che le labbra si pieghino in un sorriso sinceramente ironico e, allo stesso tempo, amaro. È così scontato che suo padre preferisca Thor, così come è scontato che lui ne sia inesorabilmente attratto quando dovrebbe detestarlo con tutto sé stesso e desiderare la sua morte.

Ha provato ad odiarlo, ma non c’è mai riuscito completamente.

«Mi fa piacere che per una volta non si sia dovuti ricorrere ai tuoi trucchi per incontrarci». La voce di Thor, pur se roca, assume un tono sgradevolmente carezzevole in queste situazioni. Loki non ama percepire l’affetto sincero che si annida in ogni parola, che trabocca dallo sguardo del fratello; piuttosto, preferirebbe che il Dio del Tuono lo schiacciasse contro il materasso e tentasse di prenderlo con la forza – che gli fornisse, insomma, un pretesto valido per giustificare il suo astio e la sua passione.

«Si direbbe quasi che tu consideri un bene la guerra che ha allontanato nostro padre dalla corte e lo sguardo di Heimdall dal regno di Asgard». È la risposta, e ogni sillaba trasuda noia. Da quando Odino è partito per un nuovo conflitto con uno dei tanti mondi al di là del Bifrost – e il Guardiano di Asgard, beninteso, è troppo impegnato a sorvegliare le sorti del suo re per preoccuparsi di un paese che prospera nella tranquillità – gli incontri dei due fratelli si sono fatti sempre più fitti e sconsiderati; il lato negativo, secondo Loki, è che l’assenza della paura di venir scoperti, che di solito li obbliga a separarsi dopo pochissimo tempo, istiga Thor ad intavolare tutta una serie di discorsi patetici che lui non ha la minima voglia di ascoltare.

«Non comprendo il tuo odio verso la guerra. È sempre stata il mezzo attraverso cui i nostri avi hanno inseguito la gloria...»

«La gloria è sempre stata il pretesto attraverso cui i nostri avi hanno scatenato guerre crudeli per appagare la propria sete di dominio. Sei ingenuo, fratello... leggere qualche libro in più e combattere un po' meno farebbe forse maturare la tua mente».

«Speri forse che io diventi come te?» Il tono scherzoso, Thor allunga una mano a sfiorare, in punta di dita, la clavicola sottile del fratello, sporgente sotto la pelle all'apparenza fragilissima «Magro, pallido come l'ombra della neve? Sei tu che dovresti seguirmi più spesso nelle mie battute di caccia».

«Ma, fratello,» e la voce di Loki pare quasi un sussurro scaturito dal fruscio delle lenzuola «se non conoscessi tutti i miei trucchi, come ti piace chiamarli, chi credi risolverebbe situazioni come questa?»

Sul volto del Dio degli Inganni si apre un sorriso insolitamente ampio, divertito; ad un'occhiata interrogativa di Thor, Loki preme un dito sulle labbra, intimandogli di fare silenzio, e accenna con il capo alla robusta porta a due battenti che costituisce l'unico accesso alle stanze del fratello.

Distinti, seppur lontani, si odono dei passi.

«Che significa?»

«Ma come, fratello, non riconosci il passo di nostra madre?» Thor spalanca gli occhi, e sul suo viso, per un attimo, guizza la paura.

«Sciocco, perché sei ancora qui?! Vattene, prima che-»

«Abbassa la voce. Se uscissi ora dalla porta mi vedrebbe... d'altra parte, credo si stia dirigendo proprio qui, e sono abbastanza sicuro che se mi nascondessi avvertirebbe comunque la mia presenza. Cosa credi che dovrei fare, Thor?»

I passi si fanno sempre più forti e scanditi, vicini. Il Dio del Tuono lancia uno sguardo di terrore alla porta, poi all'espressione deliziata del fratello; è palesemente divertito, adora vederlo in difficoltà.

«Allora? Credi che dovrei usare uno dei miei trucchi e sparire all'istante da questo letto, oppure sarebbe meglio che rivelassi alla nostra adorata madre quale genere di affetto fraterno ci lega?»

«Razza di...»

In quel momento, si sente bussare alla porta.

Prima che Thor possa afferrare il fratello e scaraventarlo sotto il letto, o quantomeno raggiungere la porta per far sì che non venga aperta, Loki è già scomparso con uno schiocco di dita, nell'aria l'eco della sua risata silenziosa. Per un attimo il cuore del Dio del Tuono manca un battito, poi si riempie di sollievo .

A volte ha quasi paura che Loki possa decidere davvero di rivelare a tutti il loro segreto, ed è talmente imprevedibile che Thor teme le sue minacce come poche altre cose al mondo.

Ha giusto il tempo di ricomporsi e seppellire il corpo nudo tra le coperte prima che il volto di sua madre, la regina Frigga, faccia capolino dalla porta aperta.


*


I ricevimenti sono cosa comune, in tempo di guerra.

La famiglia reale offre feste sfarzose a tutti i nobili di Asgard, per comunicare alle famiglie dei soldati la solidarietà che il popolo si aspetta dai parenti del re; che sia una mera forma di propaganda - come crede Loki - o un atto di coesione e benevolenza - come invece sostiene Thor - quel che è certo è che la pratica dei banchetti è una delle rare occasioni per i figli del re di uscire dalla monotonia della routine quotidiana.

Non hanno molti amici. A diciassette anni Thor si è circondato di uno sparuto gruppetto di combattenti che Loki descrive spesso come "un branco di orribili imbecilli", mentre il Dio degli Inganni esclude dalla propria cerchia di conoscenze chiunque non ritenga degno di stargli al fianco. Nel qual caso, Thor è l'unico - seppur con qualche riserva - con cui ammette di parlare, giocare e ridere come un qualsiasi diciassettenne.

Quando, beninteso, non sono impegnati in ben altre attività.

Perciò, non c'è da sorprendersi se entrambi accolgono con una certa allegria la notizia di un nuovo ricevimento; per Thor è un'occasione come un'altra di mettersi in mostra, ma Loki, ogni volta, spera di trovare in quel turbine di ospiti altolocati almeno una persona di suo gusto, qualcuno - possibilmente - che non si interessi soltanto di armi, guerra, combattimenti e valori insensati. Anni di ricerche infruttuose non hanno fatto scemare le sue speranze, ed è con un senso quasi di aspettativa che percorre il corridoio che conduce alla sala dei ricevimenti, mentre Thor borbotta qualcosa di non molto interessante sull'ennesima battuta di caccia.

Quando il portone della sala si spalanca davanti ai suoi occhi, Loki predispone un sorriso quanto più possibile sincero e compiacente, sgranando gli occhi verdi come gli ha insegnato l'esperienza; sa che gli basta poco per piacere alla gente, e sentirsi ammirato è una delle cose che più di tutte lo rendono felice.

Si fa largo tra la folla di invitati riccamente vestiti, dispensando sorrisi e frasi di cortesia a chi si fa avanti per pretenderli; un comportamento di tal fatta rientra nell'etichetta, e Loki vi sia applica per l'unico motivo che le buone maniere sono uno dei campi in cui supera il fratello senza nemmeno impegnarsi troppo.

Improvvisamente, mentre è impegnato a congratularsi con una zia per l'eleganza delle sue vesti, qualcosa attira la sua attenzione. Come un guizzo, una frustata di colore che calamita il suo sguardo in un punto ben preciso della folla per poi sparire repentinamente; Loki giurerebbe che qualcuno abbia appena utilizzato le arti magiche allo scopo di monopolizzare la sua attenzione - per appena un secondo, però, in modo che non si accorgesse di chi è stato - e questo gli provoca una curiosità non indifferente. Lascia perdere la zia e si fa largo tra la gente, scandagliando gli ospiti alla ricerca del misterioso incantatore che è riuscito ad imporsi su di lui per un momento tanto fugace. Mormora qualche sillaba dal suono appena comprensibile, e la sua coscienza si allarga fin quasi ai margini della sala, strisciando in ogni anfratto che possa custodire un potere tanto forte da sopraffare il suo.

Infine, lo trova.

Non è magia grande quanto si aspettava - evidentemente, ha avuto ragione della sua mente a causa della distrazione - ma sufficiente per far sorridere il Dio degli Inganni con una certa, infantile sincerità. Solo quando ne scorge il proprietario, tuttavia, Loki si sente davvero compiaciuto della propria scoperta.

Si avvicina senza fretta, un luccichio vittorioso negli occhi. Lo stregone misterioso lo fissa senz'ombra di sussiego, anzi: si direbbe quasi che nel suo sguardo profondo e castano, simile al riflesso cupo del miele rosso, covi una certa malizia.

«Mi avete scoperto».

«Non sono molti i nobili che padroneggiano la magia. A dire il vero, non credevo ce ne fossero. Qual è il vostro nome?» È il principe, e può pretendere l'identità di uno sconosciuto di rango più basso.

«Baldr Gwenvaelson». Sorride, inclinando la testa di lato con notevole grazia. È bello, di una bellezza che forse nemmeno lo stesso Thor, pure apparentemente perfetto, potrebbe eguagliare. Ha i capelli di un biondo scuro venato d'argento, raccolti in una treccia morbida che gli ricade sulla spalla, e gli occhi più caldi e raggianti che Loki abbia mai visto; il volto è di disegno così delicato che a stento l'ossatura ne definisce la forma, resa concreta dal gioco di luci e ombre che si rincorrono sulla pelle chiarissima. Non saprebbe attribuirgli un'età, ma forse è molto più vecchio di quello che sembra.

«Sono giunto dalle campagne a nord, ora che la guerra me ne offre l'occasione, appositamente per conoscere il giovane principe di Asgard».

L'espressione di Loki si rabbuia improvvisamente. Si dà dello sciocco per essersi fatto delle illusioni.

«È mio fratello che cercate, allora. Il principe Thor Odinson è-»

«No, vi sbagliate». Si lascia interrompere, ed è un evento accaduto molto di rado dacché ha aperto gli occhi per la prima volta «Siete Loki, ed io cercavo per l'appunto voi. Altrimenti non avrei utilizzato la magia per attirarvi... mi è giunta voce che siete il solo a praticare certe arti, o sbaglio?»

«No, siete nel giusto». E lo sguardo di Loki si fa acceso, quasi galvanizzato.


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Capitolo 2
*** Elsker ***


Elsker


Loki non sa come tutto questo sia cominciato.

Ci sono state delle parole, certo, dei sorrisi carichi di sottintesi mentre sfogliavano pergamene immersi nella penombra accogliente della biblioteca. Ci sono state risate da parte sua, limpide risate che avevano tutta l'aria di essere perfettamente sincere e sentite, cavalcate tra i boschi e discorsi impegnati riguardo ai quali il suo interlocutore si è dimostrato a volte persino più ferrato di lui.

Quando la guerra si è conclusa - con la vittoria di Asgard, ovviamente - il Dio degli Inganni si aspettava che Gwenvaelson tornasse da lui, con chissà quale sciocca scusa.

Eppure è con un senso quasi di stupore che Loki accarezza la pelle diafana del volto di Baldr1, mentre un vento appena accennato scuote le spighe di grano del campo in cui si sono fermati dopo due ore e più di viaggio. Non credeva che nel suo cuore potessero germogliare, ormai, sentimenti di attrazione scevri dall'invidia e dal rancore, e questa serenità improvvisa lo fa sentire meravigliosamente bene.

«Credete» sussurra Baldr, dopo avergli baciato le labbra per un attimo «che vi sarà difficile attendere il mio ritorno dalle campagne? Domani per me non sarà semplice separarmi da voi».

Dopo la festa in cui si sono conosciuti è tornato varie volte a fargli visita, pretendendo ad ogni incontro sempre qualcosa in più del precedente; Loki non si è mai chiesto se questo loro rapporto sia lecito oppure no: del resto, in una situazione come la sua, farsi scrupoli morali per un uomo sarebbe assolutamente ipocrita. Gli piace il modo in cui Baldr lo tocca, lo bacia, gli piace guardare la muscolatura fine del suo corpo tendersi al culmine del piacere e il luccichio confuso nei suoi occhi castani quando si accascia su di lui, sfinito - e tanto basta per avere la coscienza pulita. Apprezza la sua nuova distrazione a tal punto che è forse da due settimane che non si intrattiene con Thor - e questo, sorprendentemente, non lo tocca. Forse gli fa persino piacere non averlo costantemente davanti, a rammentargli la sua imperfezione con quell'aria sempre vittoriosa che si porta appresso.

«Certamente attenderò il vostro ritorno, ma non potrei mai angustiarmi per un evento tanto sicuro e vicino».

Baldr ridacchia, accarezzandogli i capelli con dolcezza. Con lui non ci sono lotte, litigi, stupide questioni da ragazzini - solo coscienza, amore, miglioramento.

«Siete sempre così... logico, in ogni cosa che fate o dite. È un modo di essere che vi condurrà inevitabilmente alla freddezza».

Loki ridacchia, stendendosi meglio sugli steli secchi.

«E vi dispiacerebbe? Mia madre sostiene che sia impossibile per me diventare più freddo di così».

«No, affatto. È un comportamento che vi si addice, che vi... rende ancora più desiderabile. Mi chiedo però se faccia la vostra felicità».

«Mi date del calcolatore e poi credete che non sia in grado di scegliere i percorsi per me più vantaggiosi? Suvvia, non siate sciocco...»

Loki slaccia il cordone che chiude la camicia del compagno, e dal suo sorriso Baldr comprende che è tempo di passare a ben altra attività.


*


Loki è solito considerare tutte le variabili prima di gettarsi in un'impresa, bellica o amorosa che sia. Non che fra le due materie vi sia poi questa grande differenza - anzi, spesso tendono a ravvicinarsi e confondersi con una facilità ragguardevole - ed è per questo che il Dio degli Inganni utilizza la sua abilità di stratega anche quando si tratta di convegni di natura segreta con qualcuno dei suoi amanti. Ne ha avuti molti nel corso degli anni, sia uomini che donne: la sua profonda intelligenza gli ha insegnato a comprendere la bellezza insita in ogni espressione della vita, e non essere capace di apprezzare e sfruttare a suo vantaggio tutto ciò che ritiene piacevole sarebbe per lui il più gravoso degli oltraggi.

Questo, prima di Thor. O, meglio, prima che Thor ardisse di pretenderlo, con il suo goffo e sgraziato comportamento di bambino viziato - come se lo stesso Loki, del resto, non auspicasse una simile conclusione agli anni di tensione che c'erano stati tra loro. Troppe volte ha guardato il corpo abbronzato e tonico del fratello durante gli allenamenti, rendendosi conto che la sola contemplazione non bastava più a soddisfarlo, e troppe volte ha colto lo sguardo del fratello fisso sui suoi fianchi sottili, l'espressione errabonda di un assetato che si trovi improvvisamente davanti alla visione di una cascata.

Perché, il Dio degli Inganni ne è consapevole, Thor non accetterebbe mai di dividerlo con qualcuno. Lo ritiene un suo pari, non l'irraggiungibile figlio del Re di Asgard, e pertanto non è disposto ad accondiscendere ai suoi colpi di testa come uno qualsiasi dei suoi amanti.

Pur conscio di questo, Loki non ha posto nessuna barriera tra lo sguardo azzurro del fratello e i suoi incontri con Baldr. Anzi, se possibile ne ha solleticato la curiosità - dapprima smettendo di vederlo, cosa che lo ha ovviamente fatto insospettire, e poi uscendo a cavallo sempre più spesso, e sempre con la stessa persona. E Loki detesta le attività all'aperto, Thor lo sa benissimo.

Si aspetta una rappresaglia, uno sfogo di quella tortura lenta e dolcissima che ama infliggere all'odiato Dio del Tuono; perché egli è irrazionale, testardo, passionale, e non tarderà ad eruttare come un vulcano che sia rimasto per troppo tempo inattivo nonostante i tremori della terra.

Prevedibile come sempre, la reazione di Thor non si fa attendere troppo.

Circa due giorni dopo la partenza di Baldr, Loki non riesce a trovare un libro che da tempo stava leggendo. È abbastanza sicuro di averlo lasciato in bella mostra sul tavolo centrale della biblioteca di palazzo, ma non l'ha più trovato lì, né - dopo un'attenta ispezione - in alcuno degli scaffali. Ha tentato di richiamarlo con la magia, ma ha avvertito distintamente un qualche ostacolo, un impedimento di natura sovrannaturale che non permette al suo volere di compiersi.

Il che è strano, ma una certa consapevolezza della verità già serpeggia nella mente acuta del Dio: vi è infatti un solo oggetto, in tutta Asgard, che possa contrastare le sue arti magiche. E quell'oggetto, casualmente, appartiene a suo fratello.

Entra negli appartamenti del fratello con un sorriso vittorioso sulle labbra. Prima che possa farsi avanti nella stanza, però, una presa robusta gli serra le spalle e lo spinge violentemente contro il muro, facendogli girare la testa per qualche secondo.

Quando riacquista il dominio di sé, il Signore degli Inganni si ritrova a pochi centimetri dal volto paonazzo di Thor, schiumante di rabbia.

«Fratello, che piacere. Non vedo perché attirarmi fin nelle tue stanze, se il tuo unico proposito era quello di fracassarmi la testa contro un muro».

«Tu, maledizione...» e la voce di Thor somiglia più ad un ringhio che al vocalizzo di un vero e proprio essere umano. Sul volto di Loki si apre un ghigno compiaciuto, estatico, e non c'è nulla di questo istante che il dio non definirebbe assolutamente perfetto.

«Sei divenuto un folle, fratello». Riesce a districare una mano dall'ammasso di membra, e la poggia, quasi con dolcezza, sul volto del Dio del Tuono «Un folle che però si mantiene sorprendentemente lucido nell'architettare». E accenna con il capo al libro tanto cercato, poggiato su un tavolo a poca distanza da lui; sul frontespizio sta Mjöllnir, l'inamovibile martello che può essere spostato soltanto dai degni.

«E tu sei solo un viscido-»

«Shhh...» soffia, interrompendo le parole irate e confuse di Thor «... ciò che ti anima in questo momento potrebbe farti dire cose di cui poi ti pentiresti».

«No, stavolta non ti sarà così semplice cavartela coi tuoi inganni!» Urla, incapace di controllarsi, e il sorriso di Loki si incrina, presto sostituito da una smorfia sottilmente disgustata «Mi hai preferito un vecchio, un contadino delle campagne, un-»

«Oh, allora è peggio di quanto immaginassi!» Alza anche lui la voce, scostando la mole del fratello con una spinta secca «Non è  per me che ti angusti, ma perché ti pare impensabile che ti si possa preferire qualcun altro! Arrogante come un bambino, sei soltanto un povero idiota! Su cosa esattamente facevi affidamento, pensando che non avrei mai trovato nessuno migliore di te? Sulla tua suadente conversazione? Sulla tua vasta cultura, forse?! Ah, ma avrei dovuto capirlo prima... abituato come sei a ricevere le lodi e l'adorazione di tutti, del resto, dev'essere difficile ammettere la sconfitta...»

Se l'acredine di Loki si fa ogni secondo più pungente, la rabbia di Thor pare quasi del tutto sbollita. Sono bastate poche frasi del fratello per ricondurlo alla ragione, e fissa le iridi verdi del Dio degli Inganni - accese di quello che non può davvero essere odio - con un senso quasi di smarrimento. Forse perché ha colto un fondo di verità nelle sue parole e non può fare a meno di sentirsi in colpa.

È sempre stato così, il suo rapporto con Loki: ogni volta che si arrabbia con lui, ogni volta che cerca lo scontro, l'abilità del fratello nel parlare è tale che Thor si chiede quasi come faccia, a trovare gli argomenti giusti per farlo retrocedere su quanto ha appena detto. Il suo orgoglio geme, ferito, e il rancore si riaccende a quella consapevolezza.

«Non intendevo dire-»

«So perfettamente cosa intendevi dire, Thor, e non mi è piaciuto affatto». Il Dio degli Inganni fa un passo in direzione della porta, poi si volta bruscamente «Tieniti pure il libro, se ti piace indulgere in questi giochi da bambini, ma sappi che da oggi in poi non ti è più concesso toccarmi. Non giacerò in compagnia di un idiota che insozza la mia pelle con il suo sguardo ottuso».

La porta si chiude con fracasso.

Il Dio del Tuono rimane immobile per qualche secondo, prima di menare un pugno contro il muro con tutta la forza che ha. Le nocche scricchiolano, offese, e qualche frammento di intonaco chiaro scivola silenziosamente a terra, mentre i suoi occhi azzurri si riempiono di lacrime di rabbia. Le parole di Loki si insinuano nel suo cuore come un veleno, dolorose.

La gelosia, più che essere lavata via dalla discussione appena avuta, si amplifica.

Thor sa che c'è un solo modo per vendicarsi del fratello e di quello che ritiene un vero e proprio tradimento. Sa anche che è un metodo assai poco onorevole e che Loki lo odierà a morte, ma quel poco di razionalità che già normalmente possiede è accecato da sentimenti turbinosi, indomabili.

Per questo, colmo di rabbia e dolore, il Dio del Tuono si dirige ad ampi passi verso la sala del trono.


*


«Signore, vostro padre desidera ricevervi».

Loki solleva il capo dal tomo che sta studiando con un moto di stupore, poi rivolge la propria attenzione alla guardia che gli ha portato quella notizia inattesa. Per un attimo, solo per un attimo, è dubbioso sul significato della chiamata. Poi, mentre un gelo sottile parte dal centro dello stomaco e si diffonde per tutto il corpo, mozzandogli il respiro, il Dio degli Inganni comprende che il motivo per cui suo padre desidera parlargli può essere soltanto uno, e sicuramente è collegato con il litigio, con Thor e con una serie di questioni spinose che non avrebbero mai dovuto raggiungere le orecchie del re di Asgard.

"Dannazione... sia maledetto quell'idiota e tutta la sua discendenza futura".

Si alza in piedi con foga, tanto che la guardia spalanca gli occhi e lo fissa con un'espressione piuttosto preoccupata.

«Di', mio padre era agitato?»

«Signore, non so se-»

«Parla e basta, è importante».

«Appariva piuttosto... turbato».

Sibilando improperi e maledizioni a denti stretti, Loki scansa la guardia di malagrazia ed esce correndo dalla biblioteca. Il cuore nel petto accelera i battiti fino ad un limite che non credeva possibile, mentre i suoi passi rallentano, nel tentativo di darsi un contegno di calma che possa fungere come baluardo contro l'ira di suo padre. È una delle poche volte da quando è nato in cui sente di avere davvero paura, ed è soltanto grazie ad un ferreo controllo di sé che riesce ad entrare nella sala del trono senza tremare o gettarsi ai piedi del re implorando perdono.

Come si aspettava, gli occhi di Odino si posano su di lui colmi di gelida furia. Il re di Asgard è in piedi, a metà degli scalini che conducono al trono, e tiene i pugni stretti lungo il corpo possente, il portamento contratto e imponente del leone che sta per ruggire; ha l'aspetto di un vegliardo, canuto e segnato da miriadi di rughe e cicatrici, ma Loki sa che non può permettersi di contestare in nessun modo la sua autorità. Ciò che lo lega ad Odino è più simile ad una sorta di venerazione cameratesca che al vero e proprio affetto filiale.

«Padre, sono venuto come mi avete-» il sussurro garbato del Dio degli Inganni viene bruscamente interrotto dalla voce di tuono del re.

«Sciagurato!» Grida, fiero anche nella sua rabbia «Non riesco a credere che un figlio allevato nella mia casa possa aver compiuto azioni tanto invereconde! Devi soltanto vergognarti! ».

«Ma, padre-»

Odino non lo lascia parlare. Loki si vede così sottratta la sua unica ancora di salvezza, le parole.

«Ad un figlio di re si richiede un comportamento discreto in ogni caso, ma tu... tu hai giaciuto con un uomo, macchiandoti di una colpa rivoltante! I nostri avi condannavano chi faceva ciò, rendendosi simile ad una donna lasciva». Il fiato manca al grande Odino, forse per la commozione, e la sua voce cala inevitabilmente verso la fine dell'arringa.

Loki non può replicare nulla. Non ci sono giustificazioni per quello che ha fatto, non può rigirare la faccenda in nessun modo; per la prima volta si trova in difficoltà, incapace di discolparsi, e lo sguardo gli cade su una figura che sta poco dietro il trono, in piedi. Thor.

Lo guarda con tutto l'odio che riesce ad ammassare nel cuore, e per un attimo nella mente gli balza l'idea di pronunciare qualche incantesimo e carbonizzarlo lì, sul posto, privando così Asgard del suo preziosissimo erede al trono. Si trattiene solo perché sa che non uscirebbe vivo dalla sala, dopo.

«Padre, io vi imploro di perdonarmi. È stato un errore che non-»

«Ormai è troppo tardi, Loki». Perentorio, Odino fissa il figlio negli occhi con compassione mista a malcelato disprezzo. Loki si sente colpito da quello sguardo come da una stilettata, e il suo orgoglio brucia come mai prima d'ora, profondamente offeso; perché è finito a strisciare davanti a qualcuno che lo tratta incivilmente per una sciocchezza simile? Perché deve piegarsi a questo vecchio, questa carcassa dei tempi che furono?

Eppure, nonostante la ragione gli gridi di ribellarsi, è al suo cuore che il Dio degli Inganni, per una volta, dà ascolto.

E il cuore è legato ad Odino come a un mentore, e alla sua approvazione come al più prezioso dei doni.

«Ci dev'essere qualcosa che posso fare per riparare al mio errore, padre».

«No, Loki». Il ragazzo alza il viso, contratto in un'espressione quasi di sofferenza, e tutto quel che riceve è un'occhiata fredda, perentoria «Ti sei disonorato e hai disonorato me. Mi hai profondamente deluso».

«Ma-»

«Vattene, Loki».

Non è un invito, ma un ordine. Il Dio degli Inganni si volge verso la porta senza fiatare, i pugni serrati e le labbra contratte in una linea dura e sottile; esce trattenendo il respiro, gli occhi già pieni di lacrime, ed è solo dopo essere svanito nell'aria e ricomparso nel bel mezzo della sua stanza che si concede un pianto liberatorio.











1Questa nota avrei dovuto metterla nel capitolo precedente, ma la inserisco qui perché sono gangsta. Nella mitologia, Baldr è il secondogenito di Odino e Frigga, nonché il più bello di tutti gli Æsir (o Asi), famoso per i suoi capelli bianchi come la neve. Muore a causa di Loki, che lo fa uccidere a tradimento da un certo Höðr (fratello dello stesso Baldr) tirandogli addosso del vischio – pianta che costituisce il suo unico punto debole.











_____________________ _ _ _

Ok, questa fic diventa più pointless ad ogni capitolo (e siamo solo al secondo!). Prima che qualcuno di voi mi lanci un pomodoro per la narrazione veloce e assai poco enfatica, ci terrei a precisare che ESGIN (abbrevio: il titolo lungo è uno sbatti da riscrivere) vorrebbe essere una sorta di racconto a stampo più mitologico/fiabesco che romanzesco. Con questo non voglio dire che ci saranno principesse da salvare e castelli vari – o romanticismo, per carità – ma che narrerò gli eventi con molta più velocità di quanto non faccia di solito. È un esperimento, per me, e devo dire che – per quello che ho già scritto – non è che mi soddisfi moltissimo. Oltretutto io di solito faccio capitoli lunghi (sette/otto pagine di Word come minimo), mentre questi raggiungono a stento le tre.

Vabeh, spero sarete voi lettori a dirmi se va bene oppure no. Il lancio di ortaggi è più che autorizzato.
Al prossimo aggiornamento,

Greedfan

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Capitolo 3
*** Hevn ***


Hevn


Loki non viene punito per ciò che ha fatto.

Baldr è stato cacciato dalla corte con il divieto tassativo di rimettervi piede, ma nessun castigo è stato previsto per il figlio negletto, per l'intoccabile che si è macchiato di una colpa tanto infame. Bastano le occhiate, i sussurri alle sue spalle, le parole dure e velenose del Re degli Dei; basta questo perché Loki si senta sul punto di impazzire, circondato da una corte di serpi che finalmente hanno trovato una motivazione valida per trattare con ripugnanza una creatura che mai hanno amato, e che è sempre stata, nel loro immaginario, tanto schiva e ombrosa da destare sospetti riguardo alla sua affidabilità.

Il Dio degli Inganni si è reso conto di essere completamente solo. Poco importa che Frigga lo implori piangendo di farla entrare nelle sue stanze, o che Thor abbia cercato in tutti i modi di parlare con lui - singhiozzando, a volte, accasciato contro la porta di bronzo della biblioteca. Loki è solo perché nessuno potrà mai comprendere fino in fondo il suo pensiero, e questa consapevolezza lo affligge.

Se fosse sciocco e semplice quanto suo fratello, forse, tutti lo amerebbero. Se soltanto la sua visione del mondo si fermasse ai luoghi comuni e alle mere apparenze, se non fosse animato dalla curiosità insaziabile che lo porta ad esplorare i segreti più oscuri dell'Universo... la sua vita è costellata di "se". Si chiede, Loki, se l'ignoranza sia poi così deprecabile, quando conduce alla felicità.

Ma non sono queste le questioni che lo ossessionano, nonostante tutto. Si è rinchiuso nella biblioteca del palazzo con il preciso intento di porre rimedio ai suoi errori, perché riconosce che, benché suo padre sia un monarca dispotico e autoritario, legato a valori ormai obsoleti, il suo rispetto è l'unica cosa che ambisce di ottenere. Non intende concepire di averlo perso per sempre.

Potrebbe fare molte cose per attirarsi la gratitudine del re, ma non gli basta; vuole cancellare l'onta e al contempo desidera ammirazione, rispetto, orgoglio. E questo è infinitamente più complesso, quasi impossibile.

Non permetterà a se stesso di annegare nell'autocommiserazione.


*


Non si può pretendere il perdono.

Tutto il resto è alla sua portata. Il rispetto, la fedeltà, l'amicizia, sono tutte cose che l'erede al trono di Asgard ha sempre ottenuto senza la minima fatica, soltanto in virtù della sua discendenza. Adesso, sapere che il suo stesso fratello - la persona a cui tiene di più in tutto il mondo - lo odia in modo completamente legittimo non gli dà pace.

Ha avuto sempre ragione, Loki, a chiamarlo "idiota". È uno stupido, un imbecille incapace di contenere i propri impulsi, e ha distrutto una delle cose più belle che suo fratello abbia mai avuto, disonorandolo. E con quale coraggio ha rivelato a Odino quel segreto, accompagnandolo con parole di sdegno e riprovazione, quando lui stesso è parte di un rapporto ben più grave e infamante?

Il peso della sua menzogna lo schiaccia, lo soffoca. Non c'è nulla che possa fare per riacquistare la fiducia del fratello.

Non cammineranno più sotto le fronde degli alberi, nei giardini del palazzo reale, parlando del più e del meno; non combatteranno più insieme, non faranno a botte, non ci saranno più baci né singulti smorzati tra le lenzuola. Thor ha rovinato tutto per il suo sciocco sentimento di gelosia.

Si maledice infinite volte, trattenendo le lacrime e i singhiozzi che affiorano, spontanei, sulle labbra.

«Fratello...» la voce è arrochita, stentorea. Parlare gli fa male. «Fratello, è da giorni che non esci da qui. Ti prego, ti prego...»

Il grande Dio del Tuono - o, almeno, colui che è destinato a diventarlo - ridotto come un ragazzino solo e viziato. La porta della biblioteca non accenna a cedere sotto i suoi colpi, chiusa con chissà quale incantesimo, e la voce di Loki non fa eco alle sue suppliche; l'ultima volta che l'ha scorto era davanti ad una delle finestre, pallido come uno spettro, gli occhi verdi brillanti come lucerne nelle orbite annerite dalla stanchezza.

«Maledizione!» Grida. Tira un calcio alla porta, ma i battenti non si spalancano come vorrebbe. «Loki, apri questa dannata porta! Morirai, se continui a rimanere chiuso lì dentro!».

Silenzio. Se anche il fratello lo sta ascoltando, è evidente che non ha la minima intenzione di rispondere.

E come dargli torto?

Il figlio di Odino, per la prima volta in vita sua, sperimenta il senso d'impotenza.


*


Dopo una settimana di ricerche, finalmente Loki trova ciò che cerca.

I tavoli della biblioteca sono invasi da colonne di volumi aperti e lasciati lì disordinatamente, in piena contraddizione con le abitudini del Dio degli Inganni – che ha sempre avuto una cura maniacale per i libri. Ce ne sono anche sul pavimento, sparpagliati, aperti a metà, le pagine decorate da miniature d’oro che ondeggiano e si sollevano grazie alla brezza leggera che entra dalle finestre aperte.

Accucciato in un angolo, la schiena appoggiata ad una libreria di legno scuro, Loki tiene un tomo particolarmente voluminoso appoggiato sulle ginocchia. Ogni pagina è alta quanto il suo braccio steso e larga poco meno, fatta di una carta spessa e ingiallita dai secoli; la copertina è di cuoio pesante, rifinita da una serie di borchie arrugginite, i caratteri sono runici, di un tipo tanto antico che Loki ha dovuto rispolverare buona parte delle proprie conoscenze per decifrare le iscrizioni.

Si tratta di una raccolta di favole e miti di valore inestimabile, forse uno degli oggetti più preziosi custoditi nel palazzo. Le storie sono riccamente illustrate con inchiostri che hanno resistito al tempo senza perdere un briciolo del loro colore – Loki, per questo, suppone che siano incantati – e ogni immagine è, in sé, un capolavoro dell’arte asgardiana dei primordi, quando ancora nessuna guerra con i Jötnar1 era stata compiuta e gli Æsir e i Vanir2 combattevano battaglie sanguinose. Tra i molti racconti, il Dio degli Inganni ha trovato qualcosa che gli interessa molto, e che reca – al di là della mistificazione favolistica – un fondo di verità palpabile.

La leggenda narra di un cavallo leggendario di nome Svaðilfœri, appartenente ad uno Jötunn di nobile stirpe, bello più di qualsiasi altro destriero al mondo. Racconta di come sia nato dalla caduta di un astro candido negli abissi di Jötunheim e di come i Giganti se lo siano conteso dall’alba dei tempi; infine, descrive la bellezza del suo manto albino, i suoi zoccoli d’oro, la criniera d’argento e gli occhi azzurri come fiamme fredde.3

In altri libri Loki ha già incontrato leggende molto simili a questa – se vi sono delle differenze, solitamente risultano troppo piccole per essere di una qualche rilevanza – ed è convinto che vi sia un qualche fondo di verità. Svaðilfœri non sarebbe certamente la prima creatura magica a vivere sotto il sole di Asgard, ma è un cavallo; Odino, come sa chiunque frequenti anche per poco la corte, ha una grande passione per i destrieri di  tutti i tipi, e accoglie nelle sue stalle solo i più belli del regno.

Sarebbe indubbiamente un dono regale, graditissimo.

Però, Loki deve prima trovarlo.

Chiude il libro con un’espressione risoluta, poi fissa il soffitto e corruga le sopracciglia, rincorrendo i barbagli di un’idea che va formandosi con insolita lentezza. Non mangia da molto, e la mancanza di cibo rende ogni suo ragionamento confuso e vago come un sogno.

L'unica cosa certa è che, se vuole trovare Svaðilfœri, deve recarsi nello Jötunheim.

C'è qualche probabilità che Heimdall lo faccia passare - dopo tutto, perché non dovrebbe? Odino non ha confinato Loki nei suoi appartamenti, e il guardiano del Bifrost non si metterà certo a fare domande sulla natura di un viaggio come quello, uguale a mille altri che lui e Thor, insieme, hanno compiuto nel regno ghiacciato dei Giganti.

Thor. Deve rimuovere il fratello dai propri pensieri, se lo ripete sempre più spesso.

Batte le mani, e i libri si sollevano in aria con il confuso turbinare delle pagine, per poi tornare diligentemente a posto nei rispettivi scaffali; non lo fa per un particolare amore dell'ordine o perché ha paura che i libri si rovinino, ma perché lasciarli lì, aperti nei punti che ha consultato, equivarrebbe a fornire una traccia fin troppo evidente dei suoi propositi.

Ha bisogno di tempo, e di evitare che una delegazione di asgardiani boriosi si presenti nello Jotunheim proprio quando lui sta cercando di passare inosservato.

Si avvicina ad una delle finestre e la spalanca con un gesto imperioso, assicurandosi che nei giardini sottostanti non ci sia nessuno. Pensa di nuovo a Thor, adagiato contro la porta in attesa che lui esca - crede, lo sciocco, che abbia passato gli ultimi giorni segregato tra i libri, vergognoso al punto da sfuggire la vista dei suoi stessi familiari.

"Lo sapevi, fratello?" Pensa, salendo sul davanzale "Ho imparato a volare".


*


Quando la porta cede sotto il suo peso, per un attimo Thor crede di star sognando. La verità è che ci si era assopito, contro quella porta, pensando che prima o poi Loki si sarebbe deciso ad uscire; quando il battente scivola in avanti, facendogli rischiare una testata contro il pavimento, il giovane principe di Asgard si convince in un battito di ciglia che suo fratello ha deciso di stipulare una tregua, probabilmente animato da un senso di nostalgia forte almeno quanto il suo. Si puntella sulle mani, scatta in avanti, in pochi secondi è nella biblioteca.

Il suo sguardo vaga tra i tavoli vuoti, e grande è la delusione quando capisce che Loki non è lì. Che l'ha gabbato, di nuovo, e probabilmente non gli importa di sapere che lui non fa altro che darsi dell'idiota per la sciocchezza che ha fatto. Non gli importa di lui.

È quasi un senso di abbandono quello che avverte, mentre cerca - invano - di inghiottire l'insopprimibile amarezza che gli stringe il cuore in una morsa ferrea. Non riesce a credere, Thor, che tutto il suo trasporto si riversi su una persona che, semplicemente, non lo ricambia. Nella sua purezza - o ingenuità, che dir si voglia - ha troppa fiducia nell'animo del fratello per credere che lo odi sul serio, che davvero il loro legame non verrà più rinsaldato.

Non riesce ad arrendersi nemmeno di fronte a quest'ultimo rifiuto.

Esce dalla biblioteca con un groppo in gola che ben presto si scioglie, mentre percorre ad ampie falcate i corridoi della reggia. Cerca Loki ovunque: nelle sue stanze, nei giardini, nei cortili interni, perfino nei luoghi dove sa che non lo troverà; il suo desiderio di vederlo è così forte che è disposto anche ad illudersi pur di provare un senso di speranza fugace, pronto a dissolversi.

Ma Loki non è da nessuna parte. Pare si sia dissolto come la brina sotto i raggi del Sole.

Thor cerca di non dare retta al proprio istinto, quella voce traditrice che gli sussurra, melliflua, che suo fratello se n'è andato per sempre, è scomparso per non tornare mai più. Perché ha sempre una speranza, lui, per tutto.

Perché crede, il Dio del Tuono, che non c'è nessun problema che il tempo non possa risolvere.

Ben presto, però, è costretto a ricredersi.












1Plurale di "Jötunn".

2Rischio di scadere nell'ovvio, ma si sta parlando di "Asi" e "Vani".

3Tutto ciò è farina del mio sacco. La leggenda vera potete trovarla qui.









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Perdonatemi davvero se non ho aggiornato entro tre/quattro giorni come volevo fare, ma mi hanno bannato - tecnicamente per una settimana, in realtà per nove giorni - e ho riavuto l'account soltanto adesso. Visto che è mezzanotte e venti risponderò domani alle recensioni, ma vi ringrazio anche qui per il vostro meraviglioso sostegno e l'amore che dimostrate per questa storia.

Grazie, ragazze.

Alla prossima,

Roby


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