Are you lost or incomplete?

di Thebrightsideofthemoon
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** The end of a nightmare. ***
Capitolo 2: *** A new wake up. ***
Capitolo 3: *** Jealousy. ***
Capitolo 4: *** Little things you do for me. ***



Capitolo 1
*** The end of a nightmare. ***


Capitolo I
The end of a nightmare.



Era finita. Il silenzio delle armi da guerra deposte, delle bandiere bianche alzate e delle bacchette custodite nuovamente nelle tasche delle divise e dei jeans; non era affatto necessario tendere l’orecchio per udirlo. Hogwarts aveva vinto e, trionfante, si avvolgeva in una coltre di silenzio spessa e invisibile. Proprio come se il mondo fosse stato messo in sordina, tutti i suoni erano andati irrimediabilmente ovattandosi sino a scomparire del tutto durante la notte, o almeno per tutto il tempo che ne restava appena terminata la battaglia. Hogwarts prendeva coscienza delle morti, porgeva l’ultimo saluto alle vittime mietute dalla follia omicida di Lord Voldemort e dei suoi proseliti e si adagiava al di sotto di un pesante drappo funebre, esprimendo il lutto di coloro che avevano perso amici, fratelli, compagni di viaggio e di avventure. La morte aveva sfiorato ciascuno di loro, aveva ucciso attorno ai sopravvissuti, portando via con sé in eterno e senza possibilità di ritorno chi aveva toccato. L’incredulità di vedere accasciato al suolo un fratello, lasciava posto, dopo un breve lasso di tempo, al dolore, alla sofferenza, alla consapevolezza di non averlo più accanto in futuro. Remus Lupin, Ninfadora Tonks, Fred Weasley: solo alcuni dei nomi di coloro che erano partiti per un viaggio senza ritorno.

  *

Hermione aveva dormito poco e male quella notte. Salutato Harry nell’ufficio della presidenza, aveva deciso di seguire Ron nella Sala Grande, dove si riuniva tutta la famiglia Weasley. La sua si era rivelata una decisione saggia, dato che Ron continuava a tremare e a trascinarsi avanti trascurando una brutta ferita sanguinante alla gamba sinistra e avanzando con lo sguardo disincantato, gli occhi azzurri fissi nel vuoto. Hermione non faceva fatica a tenere il suo passo incerto e con poche falcate lo aveva raggiunto, cingendogli la vita con il braccio e facendosi passare il suo destro sulle spalle. Lui le aveva rivolto un’occhiata fugace piena di gratitudine e si era portato avanti, giù per le scale, fino ad arrivare sulla soglia della sala da pranzo. In fondo, Hermione riuscì a scorgere le sagome di Molly e Arthur Weasley, chine su quella ormai esanime di Fred, uno dei fratelli di Ron. Accanto a lui, George, il gemello, gli stringeva la mano in lacrime e Ginny, la sorella più piccola, gli accarezzava i lunghi capelli fulvi, elemento distintivo dei Weasley, tenendogli la testa sulle ginocchia. Percy, Bill e Charlie Weasley se ne stavano ritti in piedi, in disparte, trattenendo a stento le lacrime e abbracciandosi a vicenda per farsi forza. Alla vista della scena appena descritta, Ron si irrigidì. Essendosene resa conto, Hermione si era fermata e, senza lasciare che lui se ne accorgesse, aveva visto i suoi occhi riempirsi di lacrime calde che gli rigavano il viso in rivoli che si facevano strada sulle guance tra lo sporco e la cenere che lo inzaccheravano. Sentitasi subito colpevole di invadenza, si era limitata a posare la testa sulla spalla di Ron, il quale la aveva attratta a sé con più decisione. Avanzò. I singhiozzi della signora Weasley si facevano sempre più forti mano a mano che si avvicinavano e il dolore si impadroniva a poco a poco delle loro persone. Molly Weasley si voltò quando furono ormai a pochi passi dal corpo del figlio Fred e abbracciò Ron in una stretta disperata, come se volesse raccogliere attorno a sé i pezzi di quella famiglia sconquassata per ricomporne il puzzle. Eppure mancava un pezzo. Sarebbe sempre mancato un pezzettino da quel momento. Ron si era staccato dalla madre in un tempo che, a Hermione, sembrò relativamente breve. Forse – pensò lei – non era pronto ad affrontare tutto quel dolore e tutta quella disperazione. Si chinò sul fratello e gli accarezzò la guancia: un gesto che, in vita, gli sarebbe stato difficile compiere. Eppure, nella morte, trovava compimento e libertà; trovava, soprattutto, quella naturalezza che sta ad indicare autenticità. Gli fece scivolare svelto una mano malridotta sulle palpebre pesanti, a sigillare gli occhi vitrei di un verde acqua innaturale. Poi si alzò e indietreggiò. Hermione fu l’unica a sentire il suo flebile sussurro, mormorato con un filo di voce: “Così sembra che stia semplicemente dormendo”.

 *

Quella notte fu un incubo per i Weasley. Staccatisi a fatica dal corpo di Fred, erano migrati nella sala adiacente, dove tutti i sopravvissuti si preparavano alla cena che sarebbe stata servita di lì a poco. Poiché mancavano del tutto tavoli e sedie, la famiglia scelse un angolo di muro e si sedette sul pavimento freddo, in attesa di mandare giù qualcosa di caldo. Dall’altro capo della sala Hermione vide Harry sbracciarsi in una lampante richiesta di attenzione e, nello stesso momento, Ginny scattò in piedi per poi correre verso di lui e abbracciarlo. Sentì che Ron la cingeva, ancora una volta, in una stretta più vigorosa. Una volta che gli elfi domestici ebbero servito le pietanze frugali che avevano preparato, la signora Weasley affondò il volto nel petto del marito e si rifiutò di mangiare; non riusciva a smettere di piangere. Si addormentò di lì a poco, sfinita, nella stessa posizione. Arthur Weasley tratteneva a fatica le lacrime, come del resto i suoi figli. Ron aveva poggiato sulle gambe la sua scodella di porridge ma continuava ad ignorarla, lo sguardo perso ancora una volta in un punto imprecisato davanti a sé. Hermione si sentiva di troppo, partecipe indesiderata di un momento di tale delicatezza. Fece per alzarsi, mormorando delle scuse estemporanee, ma Ron le afferrò il braccio, gli occhi azzurri offuscati dalle lacrime:
“Non andartene, ti prego”
Hermione si bloccò a mezz’aria. Poi andò ad occupare lo spazio fra il braccio e il torso di Ron, sedendosi accanto a lui. Tremava ancora, seppure quasi impercettibilmente. Pochi minuti e si addormentarono entrambi, sfiniti. Il sonno di Ron non fu affatto tranquillo: parecchie volte – Hermione se ne era accorta – aveva sussurrato nel dormiveglia il nome di Fred e aveva pianto in silenzio, forse neanche rendendosene conto.
 

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Capitolo 2
*** A new wake up. ***


Capitolo II
A new wake up.



“Hermione”. Ron la stava scuotendo con delicatezza per risvegliarla. Era quasi mezzogiorno e il treno per King’s Cross sarebbe partito dalla stazione di Hogsmeade di lì a un’ora.
“C-c-che cosa..? Oh, che ore sono?” Aveva  aperto gli occhi sul salone inondato dalla luce mattutina che entrava dai vetri delle finestre e non aveva potuto fare a meno di richiuderli.
“Mezzogiorno fra dieci minuti. Dormito bene?”
Nel dire questo aveva fatto apparire dal nulla una tazza di cappuccino fumante e una fetta di torta alla zucca.
“Alla faccia del quinto decreto di Gaunt sulla materializzazione del cibo. Tranquilla, era tutto poggiato lì, dietro di te, le ho soltanto fatte avvicinare con la magia. Il succo di zucca era finito, dovevi vedere con quanta foga ci si sono avventati su, stamattina a colazione!”
Hermione aveva sorseggiato il cappuccino. Bollente. E amaro.
“Oh, lo zucchero, pardon!”
Ed ecco che anche una bustina di zucchero bianco faceva capolino sul piattino dove era adagiata la tazza.
Svuotò la bustina nella tazza e fece il gesto di rimestarne il contenuto con la bacchetta a mezz’aria, poi continuò a parlare:
“Una bellissima giornata oggi. Sono tutti fuori, giù al lago. Harry è da Hagrid, non si vedevano da tanto. Con lui c’è anche Ginny: non si staccano più, ormai, solo per andare in bagno. Neville è con Luna di sopra a preparare i bauli” – si fermò un attimo, per poi riprendere una volta compreso il motivo della preoccupazione dipintasi sul volto di Hermione – “Tranquilla, ho già messo io via la tua roba. E’nel mio zaino. Non è stato per niente difficile, avevamo così poca di quella roba.”
Fece sparire le stoviglie sporche con un colpo di bacchetta non appena la ragazza ebbe finito di mangiare. Le fece un sorriso fugace che lei ricambiò, poi riprese di nuovo a parlare. Sembrava che non ce la facesse proprio a smettere, come se dovesse compensare i lunghi e profondi silenzi della serata precedente. Evidentemente voleva mostrarle la sua gratitudine per essergli stata accanto.
“Ecco, io volevo chiederti.. insomma, sarebbe un peccato con questo bel sole.. io..”
Hermione lo guardò in attesa.
“Non mi stai per chiedere di venire a giocare a Quidditch con te, vero?”
Ron avvampò, le orecchie scarlatte.
“Veramente volevo chiederti..be’, ecco, se avevi voglia di venire in un posto con me”
                                                                                                                           

     *



Ron e Hermione si erano lanciati giù a rotta di collo, prima per le scale della scuola e poi, di corsa, per il parco, superando masse vocianti di ragazzi del settimo anno. Ron la teneva per mano, trascinandola dietro di sé e voltandosi, di tanto in tanto, per sorriderle. Arrivato al lago si fermò, in contemplazione della distesa azzurrina d’acqua che si stagliava di fronte a loro. Inspirò a pieni polmoni, poi si voltò di nuovo verso Hermione e le indicò un albero, alla cui ombra si andarono a distendere. Restarono in silenzio per un po’, ad osservare le chiazze di luce che, filtrando attraverso la chioma degli alberi, andavano a danzare accanto a loro, sull’erba profumata.
“Grazie” – disse Ron all’improvviso, senza muovere un muscolo.
“Oh. Di nulla.. insomma, lo avrebbe fatto chiunque”
“No, non chiunque” – Ron si mise seduto e la guardò – “L’hai fatto tu.. e tu non sei chiunque.”
Hermione stava per rispondere, superando l’imbarazzo. Poi si mise a sedere anche lei e, improvvisamente, gli gettò le braccia al collo.
“Piccioncini! EHI, DICO A VOI DUE!”
La voce di Harry li riportò alla realtà. Si avvicinava, mano nella mano con Ginny. Appena gli fu vicino ricominciò a parlare:
“Il treno parte fra un quarto d’ora.. vogliamo andare?”
Non vi fu alcuna risposta. Ginny e Ron continuavano a scrutarsi, torvi.
“Allora anche tu!” esclamò lei, con aria di finta sorpresa – “Ronald Bilius Weasley scopre le magie dell’amour!
Ron arrossì violentemente; le sue orecchie avevano ormai assunto la stessa tonalità di colore dei capelli.
“Sta’ zitta, Ginny” – ribattè prontamente.
“E perché mai? Aspetta che lo sappiano Fred e George!”
Ginny ammutolì di colpo. Ron fece lo stesso. Non appena si fu resa conto della triste gaffe, due grossi lacrimoni le scesero giù per le guance. Distolse lo sguardo.
“Scusa, io.. è che non ci ho ancora fatto l’abitudine”
Ron balzò in piedi e la strinse a sé, protettivo.

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Capitolo 3
*** Jealousy. ***


Sul treno l’atmosfera non era affatto cambiata. Nello stesso scompartimento Ron, Ginny, Harry e Hermione se ne stavano in silenzio, sotto gli sguardi attoniti e perplessi di Luna e Neville. Anche l’addio con Hagrid aveva contribuito a far sì che la malinconia prendesse il sopravvento. Ron continuava a guardare fuori dal finestrino e non si curò nemmeno della signora con il carrello delle leccornie che passò addirittura due volte, stupita quanto i suoi due amici. Harry giocherellava col boccino regalatogli da Silente: si divertiva a lanciarlo avanti a sé di poche decine di centimetri e a riacchiapparlo, rigirandoselo fra le dita. Ginny continuava a torturarsi una malcapitata ciocca di capelli rossi mentre Hermione si tormentava le dita in grembo. Fu in questa situazione di tensione che sopraggiunse il noto Draco Malfoy, seguito dagli immancabili Tiger e Goyle. Sin da subito sembrò sguazzare nella circostanza poco piacevole.
“Oh, vediamo un po’ chi c’è qui. Il-ragazzo-che-è-sopravvissuto-ancora-una-volta-ma-sta’-a-vedere-che-è-l’ultima, la pezzente Weasley, Weasleyuccio e.. non mi dire! La schifosa Mezzosangue Granger!”
Non appena ebbe esordito con queste parole, Draco si avvicinò ad Hermione, il che provocò lo stato di allerta di Ron, pronto a scattare contro di lui in caso di mosse false. Intanto lui aveva tirato fuori la bacchetta e la aveva puntata alla gola di Hermione, tirandole su il mento.
“E brava la nostra piccola Granger. Siamo cresciute proprio bene! E’ un po’ che ci penso, sapete, – si rivolse a Tiger e Goyle che lo guardavano divertiti – e.. sì, sei proprio diventata niente male! Bel visino, bel corpicino..”
Detto questo fece scivolare la bacchetta lungo il petto di Hermione, con una lentezza metodica e subdola da far rabbrividire chiunque. Hermione ansimava. Fu in quel momento che Ron scattò su, puntando la sua bacchetta contro Malfoy.
“Tieni giù le mani, Malfoy!”
“Aha! Weasleyuccio ti difende, eh Granger? Cos’è, sei geloso? Non sto facendo nulla di male!”
“Bada che..” Ron non riuscì a finire la frase che Draco lo aveva disarmato con un inaspettato expelliarmus, facendogli volare la bacchetta dal finestrino dello scompartimento. Malfoy lo guardò divertito.
“Ah, Weasley, Weasley. Sempre il solito inetto. Neanche capace di difendere una sudicia Mezzababbana!”
Non appena ebbe finito di proferire queste parole, Malfoy fece un gesto ignobile: si voltò verso Hermione e, con l’indignazione di tutti i presenti, le sputò in faccia. Non fece neanche in tempo a ridere di quel che aveva fatto che si ritrovò a terra, Ron a cavalcioni su di lui che brandiva il pugno appena pochi centimetri sopra la sua testa.
“BRUTTO PEZZO DI MERDA DI UN MALFOY! SCUSATI SUBITO! SCUSATI!”
Ron era fuori di sé. Harry scattò in piedi per allontanarli, ma sembrava impossibile. Ron, la voce colma di rabbia, lo aveva preso per i capelli e minacciava di strapparglieli, se non avesse chiesto il perdono di Hermione. Lei intanto gridava, cercando di farlo rinsavire.
“Ron! RON! Mettilo giù! Lascialo, non fa nulla”
“Oh, fa eccome. CHIEDI SCUSA!”
Ron era paonazzo in volto, Malfoy sul punto di piangere dal dolore.
“Ronald Weasley.. aspetta che lo sappia mio padre! AAAAAAAAAH, va bene, va bene! Scusa Granger, chiedo umilmente scusa.”
Ron mollò la presa con tale rabbia che l’altro sbatté la testa con violenza per terra. Si rialzò quanto più in fretta possibile, con una certa difficoltà, gli occhi iniettati di sangue. Hermione afferrò il braccio di Ron appena in tempo, impedendogli di ritornare all’assalto ma non di urlare.
“Draco Malfoy, ringrazia che la stessa persona che tu hai insultato mi stia trattenendo, perché altrimenti sappi che non esiterei neanche un istante prima di fracassarti di botte.”
“Ron..” – sussurrò Hermione flebilmente.
“Oh no, Hermione, non la smetto. Per tua informazione, Malfoy, la “sudicia Mezzosangue”, come la chiami tu, è la ragazza che amo da circa sei anni. E adesso è la MIA ragazza - Hermione avrei voluto chiedertelo in un modo più romantico ma è andata così -. Quindi, fatti sorprendere ancora una volta a chiamarla in questo modo e sappi che non risponderò più di me stesso. E non toccarla mai più, SONO STATO CHIARO?”
Malfoy girò sui tacchi e svanì dietro la porta dello scompartimento, non prima di avergli lanciato un’occhiataccia. Tiger e Goyle lo seguirono spaventati, quasi fossero le sue ombre. Il silenzio che fino a un quarto d’ora prima aleggiava tra i sei ragazzi lasciò posto a grida di gioia e congratulazioni. Tutte le attenzioni erano rivolte a Ron, le cui orecchie erano diventate irrimediabilmente scarlatte, e che aveva rivolto lo sguardo verso Hermione cercando approvazione. E se per approvazione intendeva un bacio appassionato della sua amata, aggrappata a lui con tutte le sue forze, be’, la ebbe appieno.

*

Quando il treno si fermò nella stazione di King’s Cross, l’umore dei ragazzi era migliorato palpabilmente. Ginny non aveva fatto altro che complimentarsi con il fratello per tutto il tempo rimanente del viaggio di ritorno e Ron, ancora un po’ imbarazzato, si era goduto il suo inaspettato momento di gloria. Anche Hermione era piacevolmente stupita; non si aspettava assolutamente che potesse succedere una cosa simile in quel momento. Solo la sera prima Ron non dava quasi segni di attività cerebrale e temeva che, a causa della morte del fratello, il loro rapporto sarebbe andato via via raffreddandosi. C’era anche da considerare il fatto che, ormai, la scuola era definitivamente finita. Quando si sarebbero potuti vedere? Avrebbero avuto i loro impegni, ciascuno i propri; avrebbero trovato del tempo da dedicarsi? E quell’idea che le ronzava in testa da un po’, ormai, non avrebbe reso tutto più difficile? Fra questi ed altri innumerevoli dubbi, la sua mente era ormai diventata un raccordo di informazioni caotiche in circolo sul punto di farle scoppiare una terribile emicrania quando una proposta a lei inaspettata sorse sulle labbra di Ron:
“Vieni con me alla Tana!” - disse senza preamboli.
“Come?”
“Potremmo passare le vacanze insieme, noi due.. sì, insomma, dai miei..”
Ron mostrava una certa impazienza ma Hermione era incerta. Effettivamente non aveva programmi per il periodo estivo: non doveva tornare a casa dai suoi a Londra, dato che, tempo addietro, aveva deciso di lanciare su di loro un incantesimo obliante per far sì che non fossero in pericolo durante il periodo in cui lei, Harry e Ron erano alla ricerca degli Horcrux di Lord Voldemort e quelli, sotto l’effetto della fattura, si erano diretti in Australia con le identità fittizie di Wendell e Monica Wilkins. Ron lo sapeva e, evidentemente, faceva leva proprio su quel punto.
“Non voglio che tu stia sola a Londra”
“Sola? Andiamo c’è Grattastinchi a farmi compagnia.. e poi ti scriverei ogni giorno!”
“Capirai che compagnia. Miseraccia, Hermione, non capisci? Non voglio starti lontano. E poi tu, da sola, a Londra: solo a pensarci mi vengono i brividi. Non starei affatto tranquillo. E diventerei geloso di chiunque sapessi si trovi vicino a te. Non si può vivere con quest’ansia!”
Nel dire questo, sul volto di Ron si era aperto un sorriso, ricambiato.
“Ascolta,  – disse Hermione – io voglio assolutamente passare l’estate con te. Ma, ecco.. penso che sia un po’ indelicato presentarmi a casa tua come ospite dopo la storia di Fred.. Non vorrei essere fuori luogo..”
Ron tornò serio. Poi le rivolse un sorrisetto forzato e la guardò malinconico:
“Io penso che tu debba venire. Abbiamo bisogno di distrarci, di non pensare a Fred. Se tu non venissi, avremmo, per tutta la durata delle vacanze estive, una sedia regolarmente vuota a tavola e il ricordo di mio fratello costantemente in agguato. Averti accanto può farci solo bene. E io, be’.. io ho bisogno di te.”

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Capitolo 4
*** Little things you do for me. ***


Così Hermione lo aveva seguito alla Tana. Molly e Arthur Weasley erano andati a prendere Ron e Ginny alla stazione con la loro Ford Anglia turchese e si erano mostrati sin dal primo momento, nei limiti del possibile, entusiasti della futura permanenza di Hermione alla Tana. Ron le fece l’occhiolino non appena salirono in macchina.
“A metà mese ci raggiungerà anche Harry” – si era affrettata ad aggiungere Ginny, senza incontrare opposizioni.
Per tutta la durata del viaggio Hermione aveva osservato la signora Weasley che, con una certa regolarità, tirava fuori il suo fazzolettino di seta dalla borsetta e si tamponava gli occhi. Non si era mai voltata verso i sedili posteriori, ma lei aveva argutamente intuito che fosse in lacrime, perciò aveva cercato di intrattenere con i discorsi più disparati sia Ron che Ginny. E probabilmente non fu solo una sua impressione neanche che, una volta scesi dalla macchina, Molly Weasley le avesse rivolto uno sguardo umido carico di riconoscenza.
Hermione era stata sistemata nella stanza di Ron. George, terribilmente scosso dall’accaduto di pochi giorni prima, non aveva più intenzione di dormire nella stanza che condivideva con Fred; sosteneva che per lui fosse un supplizio vedersi circondato dagli oggetti dell’inventario dei Tiri Vispi Weasley, negozio che aveva prematuramente perso uno dei suoi cofondatori. Così aveva deciso di mettere sotto chiave la camera e di andare a dormire nella stanza di Ginny, la quale ogni giorno, a colazione, si lamentava di non riuscire a dormire a causa degli incubi del fratello. La verità era che a George mancava terribilmente il suo gemello, con cui aveva condiviso tutto, sin dall’infanzia. Paradossalmente era come se non fosse sopravvissuto. Era divenuto l’ombra di se stesso, si rifiutava di mangiare e di aprire il negozio. Passava intere giornate a piangere nella sua stanza, aperta solo di giorno, e allontanava chiunque gli si avvicinasse per parlare. Più volte il signor Weasley era salito nella camera dei gemelli con l’intento di parlargli; eppure, a Hermione, era parso di vederlo scendere, ogni volta, con più rughe in volto, gli occhi sempre più avvezzi a trasudare lacrime. Anche Ron avvertiva comprensibilmente il lutto. Spesso la signora Weasley trovava la tavola apparecchiata e la cena già pronta, o semplicemente il bucato candido di lavaggio. Hermione faceva di tutto per aiutarlo. Lo faceva soprattutto per stargli vicino, temendo che potesse lasciarsi troppo andare. A volte, la sera, lo perdeva di vista: Hermione sapeva che, se fosse salita nella sua stanza, lo avrebbe trovato disteso sul letto a riposare. Spesso lo raggiungeva e gli si sdraiava accanto. Lui se ne accorgeva subito e la cingeva in vita con il braccio libero dal cuscino; così si addormentavano.

*

“Dov’è Ron” – chiese Hermione a Ginny; si guardava nervosamente intorno mentre sgombrava la tavola dalla stoviglie sporche orchestrandone il rientro in cucina con la punta della bacchetta. Ginny rispose senza guardarla, ripiegando la tovaglia a quadri rossi e bianchi.
“Sarà andato di sopra; va’ pure a vedere, finisco io qui”
Hermione corse su per le scale e percorse il corridoio buio. Trovò la porta della stanza socchiusa e, mossa dalla curiosità, la spinse avanti di pochi centimetri, richiudendola dietro di sè: Ron era rannicchiato su se stesso, in posizione fetale, sul pavimento freddo. Accanto a lui, una boccetta di inchiostro rovesciata e alcuni fogli di pergamena stropicciati e appallottolati. Ron piangeva; scosso dai singhiozzi in un pianto convulso, a Hermione parve ancora più indifeso e vulnerabile.  Entrò a passi leggeri, cercando di fare meno rumore possibile; poi gli si sedette accanto e gli passò, leggera, una mano fra i capelli sudati. Al contatto lui tremò appena, tuttavia senza opporre resistenza né ritrarsi. Hermione lo guardò dondolarsi su se stesso, in un comportamento infantile; poi distolse lo sguardo, che andò a concentrarsi esattamente nel punto in cui i fogli di pergamena si sparpagliavano caoticamente sulle piastrelle di marmo. Raccolse quello a lei più vicino e lesse silenziosamente:
Cara Hermione,
è da tanto che ho voglia di scriverti, ma per un motivo o per un altro, non trovo mai la forza di farlo. E’ un po’ che ci penso e non è stato facile prendere questa decisione. Ad ogni modo, credo che sia la cosa più giusta da fare. So che mi vuoi bene e anche che vuoi starmi accanto in questo momento difficile. Tuttavia sono sicuro che tu ti sia resa conto di che persona io sia diventato. Mi infiammo per un nonnulla, passo le mie giornate chiuso nella mia cortina di malinconia e rabbia verso il mondo intero, che mi separa, dalle persone che amo, ogni giorno di più. E ciò che più mi spaventa è allontanarmi da te o, peggio ancora, ferirti, seppur involontariamente. E’ per questo che ho deciso di lasciarti, a malincuore: starai molto meglio senza la mia presenza. E’ chiaro che tu meriti di più, e uno stupido diciottenne in crisi esistenziale non può essere abbastanza per una ragazzaspeciale come lo sei tu.
Con infinito amore,
Ron.”

Hermione si stropicciò gli occhi, incredula. Rilesse più e più volte le poche righe stese con grafia tremula e disordinata, indugiando sulle lettere sbiadite sotto alcuni rigonfiamenti circolari di piccole dimensioni del foglio: Ron aveva pianto mentre scriveva. Inconsciamente aveva ritirato il proprio braccio dal suo capo e aveva smesso di accarezzarlo; fece per alzarsi.
“Non ce la faccio” – singhiozzò Ron, la voce rotta dai gemiti – “non ce la faccio, io.. io ti amo.”
Hermione non si mosse, gli occhi lucidi e fissi nel vuoto; lui si alzò sui gomiti, tossendo, e alzò la testa, il volto attraversato da una smorfia a metà fra il dolore e la tristezza. La guardò, poi si tirò su a sedere a fatica, poggiando la schiena e la testa all’indietro sul letto alle sue spalle.
“Non sono.. abbastanza forte.”
Hermione posò la lettera dove l’aveva trovata e si avvicinò a lui, sedendogli accanto. Sentiva il suo respiro affannoso e irregolare irrompergli dal petto, facendolo più volte sussultare. Doveva aver pianto molto.
“Non serve. So difendermi benissimo da sola, Ronald Weasley dei miei stivali.”
“ Io voglio starti accanto, anche se questo significa accettare i tuoi cambi repentini di umore, il tuo piangere senza sosta, le tue nevrosi. E mi difenderò, se è questo che temi: lo farò se e quando sarà necessario. Non mancherò di farti notare quanto sei stupido, Weasley. Sta’ tranquillo.”
Ron si voltò verso di lei e accennò una risata. Lei continuò:
“Non c’è bisogno che tu continui a provare a fare terra bruciata intorno a te. Devi entrare nell’ottica del fatto che le persone non possano smettere di volerti bene, così, da un momento all’altro. Devi smetterla di pensare di essere forte, al di sopra di tutto e di tutti. Smettila di chiederti di essere impassibile: piangi, urla, se può farti stare meglio. Ma lascia che sia io a decidere dove voglio stare.”
Hermione cercò a tentoni la sua mano per stringerla.
“Io voglio stare qui.”
“Sei una masochista”
“Aspetterò che tu rinsavisca per decidere. Non mi aspetto che tu possa capire. Ti ho già detto che hai la sfera emotiva di un cucchiaino da tè?”
“Mmm sì, mi pare di ricordare qualcosa del genere..”
Risero. Non stavano così bene da giorni. Rimasero in silenzio per un po’.
“Hermione?”
“Si?”
Ron si mise ginocchioni davanti a lei e si sbilanciò in avanti, il volto a pochi centimetri dal suo viso. I loro respiri di mescolarono, sino ad assumere lo stesso ritmo lento e profondo. I suoi occhi azzurri si tuffarono in quelli color nocciola di lei, per poi nascondersi dietro alle palpebre abbassate. Ron accostò delicatamente le sue labbra a quelle di Hermione e le dischiuse, chinando appena il capo di lato e prendendole il viso fra le mani. Quello fu l’inizio della sua guarigione.Così Hermione lo aveva seguito alla Tana. Molly e Arthur Weasley erano andati a prendere Ron e Ginny alla stazione con la loro Ford Anglia turchese e si erano mostrati sin dal primo momento, nei limiti del possibile, entusiasti della futura permanenza di Hermione alla Tana. Ron le fece l’occhiolino non appena salirono in macchina.
“A metà mese ci raggiungerà anche Harry” – si era affrettata ad aggiungere Ginny, senza incontrare opposizioni.
Per tutta la durata del viaggio Hermione aveva osservato la signora Weasley che, con una certa regolarità, tirava fuori il suo fazzolettino di seta dalla borsetta e si tamponava gli occhi. Non si era mai voltata verso i sedili posteriori, ma lei aveva argutamente intuito che fosse in lacrime, perciò aveva cercato di intrattenere con i discorsi più disparati sia Ron che Ginny. E probabilmente non fu solo una sua impressione neanche che, una volta scesi dalla macchina, Molly Weasley le avesse rivolto uno sguardo umido carico di riconoscenza.
Hermione era stata sistemata nella stanza di Ron. George, terribilmente scosso dall’accaduto di pochi giorni prima, non aveva più intenzione di dormire nella stanza che condivideva con Fred; sosteneva che per lui fosse un supplizio vedersi circondato dagli oggetti dell’inventario dei Tiri Vispi Weasley, negozio che aveva prematuramente perso uno dei suoi cofondatori. Così aveva deciso di mettere sotto chiave la camera e di andare a dormire nella stanza di Ginny, la quale ogni giorno, a colazione, si lamentava di non riuscire a dormire a causa degli incubi del fratello. La verità era che a George mancava terribilmente il suo gemello, con cui aveva condiviso tutto, sin dall’infanzia. Paradossalmente era come se non fosse sopravvissuto. Era divenuto l’ombra di se stesso, si rifiutava di mangiare e di aprire il negozio. Passava intere giornate a piangere nella sua stanza, aperta solo di giorno, e allontanava chiunque gli si avvicinasse per parlare. Più volte il signor Weasley era salito nella camera dei gemelli con l’intento di parlargli; eppure, a Hermione, era parso di vederlo scendere, ogni volta, con più rughe in volto, gli occhi sempre più avvezzi a trasudare lacrime. Anche Ron avvertiva comprensibilmente il lutto. Spesso la signora Weasley trovava la tavola apparecchiata e la cena già pronta, o semplicemente il bucato candido di lavaggio. Hermione faceva di tutto per aiutarlo. Lo faceva soprattutto per stargli vicino, temendo che potesse lasciarsi troppo andare. A volte, la sera, lo perdeva di vista: Hermione sapeva che, se fosse salita nella sua stanza, lo avrebbe trovato disteso sul letto a riposare. Spesso lo raggiungeva e gli si sdraiava accanto. Lui se ne accorgeva subito e la cingeva in vita con il braccio libero dal cuscino; così si addormentavano.

*

“Dov’è Ron” – chiese Hermione a Ginny; si guardava nervosamente intorno mentre sgombrava la tavola dalla stoviglie sporche orchestrandone il rientro in cucina con la punta della bacchetta. Ginny rispose senza guardarla, ripiegando la tovaglia a quadri rossi e bianchi.
“Sarà andato di sopra; va’ pure a vedere, finisco io qui”
Hermione corse su per le scale e percorse il corridoio buio. Trovò la porta della stanza socchiusa e, mossa dalla curiosità, la spinse avanti di pochi centimetri, richiudendola dietro di sè: Ron era rannicchiato su se stesso, in posizione fetale, sul pavimento freddo. Accanto a lui, una boccetta di inchiostro rovesciata e alcuni fogli di pergamena stropicciati e appallottolati. Ron piangeva; scosso dai singhiozzi in un pianto convulso, a Hermione parve ancora più indifeso e vulnerabile.  Entrò a passi leggeri, cercando di fare meno rumore possibile; poi gli si sedette accanto e gli passò, leggera, una mano fra i capelli sudati. Al contatto lui tremò appena, tuttavia senza opporre resistenza né ritrarsi. Hermione lo guardò dondolarsi su se stesso, in un comportamento infantile; poi distolse lo sguardo, che andò a concentrarsi esattamente nel punto in cui i fogli di pergamena si sparpagliavano caoticamente sulle piastrelle di marmo. Raccolse quello a lei più vicino e lesse silenziosamente:
Cara Hermione,
è da tanto che ho voglia di scriverti, ma per un motivo o per un altro, non trovo mai la forza di farlo. E’ un po’ che ci penso e non è stato facile prendere questa decisione. Ad ogni modo, credo che sia la cosa più giusta da fare. So che mi vuoi bene e anche che vuoi starmi accanto in questo momento difficile. Tuttavia sono sicuro che tu ti sia resa conto di che persona io sia diventato. Mi infiammo per un nonnulla, passo le mie giornate chiuso nella mia cortina di malinconia e rabbia verso il mondo intero, che mi separa, dalle persone che amo, ogni giorno di più. E ciò che più mi spaventa è allontanarmi da te o, peggio ancora, ferirti, seppur involontariamente. E’ per questo che ho deciso di lasciarti, a malincuore: starai molto meglio senza la mia presenza. E’ chiaro che tu meriti di più, e uno stupido diciottenne in crisi esistenziale non può essere abbastanza per una ragazza speciale come lo sei tu.
Con infinito amore,
Ron.”

Hermione si stropicciò gli occhi, incredula. Rilesse più e più volte le poche righe stese con grafia tremula e disordinata, indugiando sulle lettere sbiadite sotto alcuni rigonfiamenti circolari di piccole dimensioni del foglio: Ron aveva pianto mentre scriveva. Inconsciamente aveva ritirato il proprio braccio dal suo capo e aveva smesso di accarezzarlo; fece per alzarsi.
“Non ce la faccio” – singhiozzò Ron, la voce rotta dai gemiti – “non ce la faccio, io.. io ti amo.”
Hermione non si mosse, gli occhi lucidi e fissi nel vuoto; lui si alzò sui gomiti, tossendo, e alzò la testa, il volto attraversato da una smorfia a metà fra il dolore e la tristezza. La guardò, poi si tirò su a sedere a fatica, poggiando la schiena e la testa all’indietro sul letto alle sue spalle.
“Non sono.. abbastanza forte.”
Hermione posò la lettera dove l’aveva trovata e si avvicinò a lui, sedendogli accanto. Sentiva il suo respiro affannoso e irregolare irrompergli dal petto, facendolo più volte sussultare. Doveva aver pianto molto.
“Non serve. So difendermi benissimo da sola, Ronald Weasley dei miei stivali.”
“ Io voglio starti accanto, anche se questo significa accettare i tuoi cambi repentini di umore, il tuo piangere senza sosta, le tue nevrosi. E mi difenderò, se è questo che temi: lo farò se e quando sarà necessario. Non mancherò di farti notare quanto sei stupido, Weasley. Sta’ tranquillo.”
Ron si voltò verso di lei e accennò una risata. Lei continuò:
“Non c’è bisogno che tu continui a provare a fare terra bruciata intorno a te. Devi entrare nell’ottica del fatto che le persone non possano smettere di volerti bene, così, da un momento all’altro. Devi smetterla di pensare di essere forte, al di sopra di tutto e di tutti. Smettila di chiederti di essere impassibile: piangi, urla, se può farti stare meglio. Ma lascia che sia io a decidere dove voglio stare.”
Hermione cercò a tentoni la sua mano per stringerla.
“Io voglio stare qui.”
“Sei una masochista”
“Aspetterò che tu rinsavisca per decidere. Non mi aspetto che tu possa capire. Ti ho già detto che hai la sfera emotiva di un cucchiaino da tè?”
“Mmm sì, mi pare di ricordare qualcosa del genere..”
Risero. Non stavano così bene da giorni. Rimasero in silenzio per un po’.
“Hermione?”
“Si?”
Ron si mise ginocchioni davanti a lei e si sbilanciò in avanti, il volto a pochi centimetri dal suo viso. I loro respiri di mescolarono, sino ad assumere lo stesso ritmo lento e profondo. I suoi occhi azzurri si tuffarono in quelli color nocciola di lei, per poi nascondersi dietro alle palpebre abbassate. Ron accostò delicatamente le sue labbra a quelle di Hermione e le dischiuse, chinando appena il capo di lato e prendendole il viso fra le mani. Quello fu l’inizio della sua guarigione.

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