Rebecca Brighton and the Creeper

di Fairyceltica
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 ***


 

Il primo capitolo è un pò corto, ma i prossimi saranno più lunghi!

 



 


Buongiorno?
O buon pomeriggio?
Oppure buonasera?
Mi trovo nel Limbo così a lungo che ho perso la cognizione del tempo...
Ma sto divagando...
Lasciate che mi presenti: mi chiamo Rebecca Brighton, e, se avete voglia di ascoltarmi, vi racconterò la mia storia.
 

Nacqui nel 1803, a Londra.
Mio padre era inglese e mia madre era di origine irlandese.
Si erano conosciuti a Oxford, in viaggio con i propri genitori.
Primi che venissi al mondo, mia madre abitava in Cornovaglia, ma dopo il matrimonio si trasferì a Londra.
Ricordo che i primi anni della mia vita erano spensierati e allegri, e quasi tutti i giorni andavo a giocare in giardino con Rose Harker, la mia migliore amica nonchè mia vicina di casa.
Parlavamo del più e del meno, avevamo pianto e riso insieme, ci aiutavamo a vicenda nel momento del bisogno, insomma, eravamo come sorelle.
Tuttavia eravamo molto diverse in fatto di gusti.
Rose mi diceva sempre che, quando sarebbe stata più grande, avrebbe voluto sposarsi in uno splendido abito da sposa color rosa (io odiavo quel colore) e che sarebbe andata a vivere a Edimburgo, la città natale dei suoi nonni.
- E tu cosa vorresti fare da grande?- mi aveva chiesto in una fresca giornata d'autunno.
Avevamo otto anni.
Con il tono più serio che avessi mai fatto, le dissi che avrei viaggiato per il mondo, visitato le città più belle, e che non mi sarei mai fermata in nessun posto.
Dovete sapere che ai quei tempi, i sogni di quasi tutte le giovani donne erano quello di sposarsi, avere dei figli e andare ai balli di gala.
Ma, come ho detto prima, quasi tutte.
E quel quasi ero io.
Quando lo dissi ai miei genitori, per poco non scoppiò il finimondo.
- Non se ne parla neanche! Tu sei una signorina, non un rozzo marinaio!- disse severo mio padre, aprendo il giornale e immergendosi nella lettura.
Quando faceva così significava "non parliamo più di questo argomento".
E dal quel giorno il mio mondo, prima colorato, comincò a sfumarsi in grigio.
Negli anni che seguirono, mia madre assunse maestre private per insegnarmi come doveva comportarsi una vera signorina per bene.
Furono gli anni più grigi della mia vita.
Perchè i miei genitori, soprattutto mio padre, non volevano capirmi?
Perchè volevano decidere loro il mio futuro?
Più di una volta cercai di dirli che quello che stavano facendo era sbagliato, ma non servì a niente.
Litigavamo molto spesso, cosa che prima non accadeva.
Più gli anni passavano, più mi sentivo come un fringuello in gabbia.
Prigioniero per sempre.

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 ***


 

Era una tiepida mattina di primavera del 1823.
Le strade alberate erano ricoperte di petali bianchi e rosa, e l'aria profumava di fiori.
Mi alzai presto come sempre e, dopo una leggera colazione, uscii di casa.
Tutte le mattine passeggiavo lunghe le stradine lastricate che portavano in un bel parco.
Mi sedetti su una panchina e sospirai.
Quella sera avrei dovuto incontrare Jeremy Dickens, colui che mio padre voleva che sposassi.
Lo conoscevo di vista, e non lo amavo.
Continuai a seguire il filo dei miei pensieri, quando a un tratto sentii due vecchi signori parlare fra loro.
Stavano camminando lentamente verso l'uscita del parco e, benchè non stessero parlando ad alta voce, sentii quello che stavano dicendo.
- Ti dico che era ancora distrutta e nonostante ho continuato a ripeterle che doveva farsene una ragione, ha continuato a dire che la polizia riuscirà a trovare l'assassino di suo nipote... che cosa orribile...-
- Povera Signora Malcom, sono passati 23 anni da quando suo nipote John è scomparso...-

John Malcolm...
Avevo sentito parlare del suo caso.
Era sparito in una mattina di primavera, 23 anni fa... e nessuno lo rivide più.
La polizia lo aveva cercato per tutta Londra, ma non erano mai riusciti a trovarlo.
Quando tornai a casa vidi Rose che era davanti al giardino.
Quando mi vide, mi venne incontro, felice come non mai.
- William mi ha chiesto di sposarlo! Oh Rebecca, sono felicissima!-
- Ma è meraviglioso!-
esclamai - Quando celebrerete le nozze?-
- Fra tre mesi! Ascolta, ecco... vorresti essere la mia damigella d'onore?-

Quando me lo chiese, la malinconia che era nel mio cuore si dissolse.
- Ne sarei felicissima!- dissi.
Rose mi gettò le braccia al collo.


Verso tardo pomeriggio, mio padre tornò a casa dal lavoro e annunciò che Jeremy Dickens avrebbe dato una festa a casa sua.
Quella sera, indossai un abito color blu notte e un paio di guanti lunghi ed eleganti color grigio.
Mentre mi pettinavo, mi guardai allo specchio.
I miei capelli boccolosi ricadevano sulle spalle.
Il mio sguardo malinconico incontrò il suo riflesso.
Quando fui pronta, uscii di casa con i  miei genitori e, davanti a casa nostra, una carrozza ci stava aspettando.
Il tragitto durò un quarto d'ora e, quando arrivammo, entrammo nella casa di Jeremy Dickens.
Ci dirigemmo nel grande salone, dove erano stati messi dei grandi tavoli pieni di prelibatezze.
Dopo che esplorai un pò i dintorni, mi venne incontro Jeremy Dickens.
All'epoca aveva 28 anni.
- Signorina Brighton! E' un onore avervi qui!- disse, inchinandosi.
Non potei fare a meno di sorridere.
Ci sedemmo su due sedie d'ottone e chiaccherammo così a lungo che la gola mi bruciava.
Poi Jeremy mi prese per mano e mi portò fuori casa ad osservare le stelle.
Fu in quel momento che mi prese le mani e s'inginocchiò.
- Rebecca Brighton- disse, con voce piena di dolcezza - voi siete una persona a me tanto cara. Siete buona, dolce e gentile... la donna che vorrei accanto alla mia vita-
Prese dalla tasca una scatoletta blu... e quando l'aprì, un anello brillò alla luce della luna.
- Volete sposarmi?-
Non sapevo che dire.
Non lo conoscevo, eppure mi sembrava un bravo ragazzo.
E lo era.
Sarebbe stato un buon marito.
Ma non lo amavo.
- Voi siete una brava persona, signor Dickens- risposi, dispiaciuta - ma il cuore mi dice che questa non è la mia strada. Sono certa che la vostra futura moglie sarà felice di passare la vita accanto a voi, perchè siete un uomo dal cuore generoso e vi auguro tutta la felicità di questo mondo-
Quando Jeremy rispose, il suo tono era comprensivo, ma nei suoi occhi erano velati dalla malinconia.
- Oltre ad avere un buon cuore, siete anche sincera, signorina Brighton. Spero che realizziate i vostri sogni e che vi possano portare lontano.-
Mi baciò la mano e rientrò in casa.

 
Quando tornammo a casa, mio padre appese il cappotto e mi fulminò con lo sguardo.
- E' vero che hai rifiutato la proposta di matrimonio del signor Dickens?- ruggì.
- Sì è vero- dissi gelida.
Mia madre esplose.
- Hai voltato alle spalle alla tua più grande occasione di realizzare i tuoi sogni!-
- I miei sogni!? I vostri sogni, piuttosto!-
gridai, piena di collera.
- Mi vergogno di te! Hai disonorato la nostra famiglia! Hai disonorato tua madre! Hai disonorato tuo padre!- gridò mio padre.
Le sue parole mi trafissero come una lama.
Rimasi lì, pietrificata, incapace di parlare.
Come poteva dirmi una cosa simile?
- Come potete essere così egoisti?- strillai.
Come atto di ribellione, aprii la porta... e scappai.
Corsi...
Volevo allontanarmi da quella casa, ma soprattutto dai miei genitori.
Fu proprio quel gesto di ribellione che firmò la mia condanna a morte.
Fu quella la notte in cui il Creeper mi trovò.

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 ***


 

Dopo aver attraversato il parco, vidi una carrozza ferma vicino a un lampione.
Ci salii e dissi al cocchiere, cercando di tenere ferma la voce
- Mi porti al bosco più vicino, subito!-
L'uomo schioccò le redini, i cavalli nitrirono e partimmo.
Col viso rigato di lacrime, guardai fuori e sospirai.
Minacciose nuvole nere oscuravano il cielo e un vento freddo faceva volare le foglie lungo la strada che stavamo percorrendo.
Una persona razionale non sarebbe mai uscita in una notte come quella.
Ma in quel momento non ero per niente razionale.
Volevo allontanarmi da tutto e da tutti.
Dopo un 'ora uscimmo da Londra e, dopo un'altra mezz'ora, la carrozza si fermò davanti al primo bosco che il cocchiere riuscì a trovare.
- Signorina, non è sicuro andare nel bosco, a quest'ora della notte. Dovrebbe andare a casa, i suoi genitori saranno preoccupati- mi consigliò l'uomo.
-I miei genitori preoccupati? Ah! Saranno sicuramente felici che me ne sia andata!- pensai.
Non gli risposi.
Una volta scesa, lo pagai ed antrai nel bosco.
Quando ero piccola, i miei genitori mi portavano sempre a fare lunghe passeggiate nei boschi, e ogni volta che ci entravo, mi sentivo tranquilla e le mie preoccupazioni svanivano come il fumo.
Continuai a camminare, quando un tuono mi fece fare un balzo.
Cominciò a piovere e dopo neanche un minuto ero bagnata fradicia.
Mi sedetti sotto un albero.
Sospirai e chiusi gli occhi.
Il vento forte faceva frusciare i rami degli alberi, e le goccie di pioggia mi punteggiavano il viso.
Sentire la melodia della natura mi rilassava sempre.
Restai con gli occhi chiusi per lunghi minuti, quando poi... sentii un forte sbattere d'ali.
Sobbalzai e aprii gli occhi.
Non vidi nessun uccello.
Un altro sbattere d'ali... sopra di me!
Gridai dallo spavento e corsi di qualche metro lontano dall'albero dove mi ero seduta.
Quando mi girai... rimasi sconvolta dall'orrore.
Una figura alta e imponente mi fissava.
Portava un cappello dalla tesa larga e un cappotto nero come la pece.
Lunghi capelli bianchi spuntavano nel punto dove dal collo partiva la testa.
Ma la cosa che mi spaventò ancora di più era il suo viso.
La sua pelle era verdastra, gli occhi erano di un color grigio opaco, come quelli dei ciechi.
Aveva i denti affilati come rasoi, e le sue labbra s'incurvarono in un orribile sorriso.
Era lui.
Il Creeper (quando ero viva non sapevo che si chiamasse così).
Non so come riuscii a muovermi, ma scappai.
Da dietro sentii uno sbattere d'ali.
Quel mostro volava!
Sarei mai riuscita a sfuggirgli?
 Con la disperazione che cresceva sempre di più, corsi come non avevo mai fatto in vita mia, svoltando tra gli alberi come una gazzella.
Sperai che questa tattica potesse in qualche modo rallentarlo, ma non fu così.
Il Creeper si precipitò in picchiata... e mi venne addosso... proprio quando raggiunsi una discesa piena di arbusti.
Urlai.
Rotolammo, rotolammo e rotolammo ancora finchè non finimmo distesi sul terreno.
 Dolorante e quasi prive di forze, mi divincolai dalla sua stretta, ma il Creeper non sembrò accorgersene.
Mi strinse ancora di più, impedendomi di scappare, e mi sorrise, facendomi gelare il sangue nelle vene.
Si rialzò, aprì le sue enormi ali da pipistrello e si alzò in volo.
Vedere il mondo da così in alto era a dir poco sconvolgente.
Mentre volava a tutta tutta velocità verso nord, passammo sopra la mia casa.
Quella fu l'ultima volta che la vidi.


Volammo quello che a me parve un'eternità, quando poi il Creeper cominciò a planare silenziosamente.
Vidi il mare... dovevamo essere in Scozia.
Quando atterrò sulla sabbia mi portò verso la scogliera, e vidi l'entrata di una grotta.
Doveva essere il suo covo.
Ebbi l'orribile sensazione che da quella grotta non sarei mai più uscita.
Dopo aver superato un lungo tunnel buio e umido, finii in una grande caverna.
Qua e là piccole lanterne illuminavano quel posto in modo lugubre.
Sembrava il covo di un pirata.
Solo che...
I pirati conservano tesori... non cadaveri appesi alle pareti.
Proprio così.
Una centinaia di corpi, imbalsamati, erano stati attaccati alle pareti!
- Oh mio Dio!- gridai spaventata e mi divincolai con la forza della disperazione.
Il Creeper sghignazzò.
Mi trascinò su un tavolo di ferro arruginito e mi ci buttò sopra, legandomi le mani e i piedi con catene arruginite.
Si allonatanò da me e si diresse verso un tavolo di legno, posto dall'altra parte della caverna.
Sentii un orribile rumore di metallo...
Stava affilando dei coltelli...
- Che cosa vuoi da me? Lasciami andare!!!- gridai, disperata.
Tirai le catene e le scrollai violentemente, sperando che si rompessero, tant'erano arruginite.
Non si ruppero.
Il Creeper si voltò verso di me e si avvicinò.
Si chinò sul mio viso, quasi volesse baciarmi.
E poi cominciò a fiutarmi.
Dagli occhi scese sul mio collo, facendomi rabbrividire, poi scese più giù fino allo stomaco.
Inspirò più profondamente quando si soffermò sul mio petto.
Sorrise di nuovo e, col coltello in mano, strappò la parte di sopra del vestito.
Cercai di ritrarmi il più possibile da lui, terrorizzata.
Fu allora che... alzò il coltello... e lo affondò nel mio petto.
Un dolore atroce mi pervase.
Gridai...
Il sangue cominciò a colare...
La mia vista cominciò ad appannarsi...
La sua mano entrò nel lungo taglio che mi aveva fatto... e quando la ritrasse, il mio cuore venne alla luce.
E in quel momento i miei occhi si chiusero per sempre.

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 ***


 Non so come fu possibile... ma riuscii ad aprire gli occhi.
La prima cosa che vidi fu il cielo azzurro privo di nuvole.
Il sole mi accecò e portai istintivamente una mano sopra gli occhi.
Ero sdraiata nel giardino di casa mia!
Non mi trovavo più in quel rifugio mostruoso in compagnia di quel mostro.
Com'era possibile?
E perchè respiravo, non mi aveva uccisa?
Portai la mano al petto.
Non avevo nessuna ferita.
Sollievo e felicità mi accarezzarono il cuore, e capii che quella notte spaventosa non si era trattato altro che di un incubo.
Un incubo che tuttavia mi era sembrato reale.
Mi rimisi in piedi e guardai la mia casa.
La porta era aperta.
Con il cuore che mi esplodeva di felicità, corsi in casa.
Andai in cucina ma non trovai nessuno.
Desiderai di abbracciare i miei genitori.
Non mi importava più della litigata della scorsa notte, volevo solo abbracciarli e lasciarmi alle spalle quell'incubo spaventoso.
Mi diressi nella sala degli ospiti... e il mio sorriso si spense come la fiammella di una candela.
Un poliziotto stava parlando a mio padre, il quale aveva un'espressione distrutta.
Mia madre era seduta sul divano e stava piangendo silenziosamente.
- Signor Brighton- disse il poliziotto - Faremo tutto il possibile per trovare vostra figlia-
Rimasi scioccata.
- Mamma, papà sono qui! Sono tornata!- gridai.
Non mi sentirono, anzi, sembrava proprio che non mi vedessero.
Mi avvicinai a mio padre.
Sentii le lacrime agli occhi.
- Papà sono io! Sono davanti a te!- urlai.
Posai la mano sulla sua spalla... e la oltrepassai.
Mio padre non si accorse di niente.
Ritrassi la mano, sconvolta.
Fu allora che capii.
Gli eventi della sera precedente erano successi davvero.
Ero un fantasma.
Mi sentii precipitare in un abisso oscuro e senza ritorno.
Le mie labbra tremavano mentre mi lasciai cadere sul divano.
Quando il poliziotto se ne andò, mio padre si avvicinò alla finestra.
E lacrime di tristezza comiciarono a rigargli il volto.
Fu la prima volta che lo vidi piangere.
- E' solo colpa mia se è scappata di casa. N- non avrei dovuto dirle...- singhiozzò.
Mia madre lo abbracciò.
- Noi volevamo solo il meglio per lei. Sono certa che tornerà... sento che tornerà- lo consolò.
Quella frase fu l'ultima goccia.
Mi sentii come se dovessi esplodere.
Se solo avessero saputo che ero lì con loro...
Ma la cosa che mi fece più male era che loro non sapevano che non sarei mai più tornata.
Perchè il mio corpo si trovava in una orribile grotta nel lontano nord della Scozia.
Sicuramente appeso a una parete, assieme ad altri cadaveri...
Corsi via da casa mia, singhiozzando.
La disperazione prese piano piano il soppravvento su di me.
Che cosa avrei fatto adesso?
Attraversai la strada quando una carrozza mi oltrepassò.
Quando raggiunsi il parco, mi accasciai su una panchina e scoppiai in un pianto disperato.
Che cosa sarebbe successo poi?
Ero destinata a rimanere in quelle condizioni per sempre?
Mi sentii sola più di quanto non provai in vita.
Quando a un tratto... da dietro una mano si posò sulla mia spalla.
Quel gesto gentile mi fece sobbalzare e mi voltai.
Un ragazzo mi stava osservando.
Aveva i capelli color rame e il suo viso era pieno di lentiggini.
Lo avevo già visto... da qualche parte.
Cercai di dire qualcosa ma le parole mi morirono in gola.
Deglutii e riuscii a dire con voce tremolante - Riesci a vedermi?-
Lo sconosciuto fece di sì con la testa.
- Sono anch'io un fantasma, come te- disse.
Mi alzai in piedi e lo guardai.
Quel volto lo avevo già visto.
All'improvviso mi ricordai dove l'avevo visto.
In un giornale che mia nonna aveva conservato.
Un giornale che risaleva a circa 23 anni addietro.
- Tu sei John Malcolm?- chiesi incredula.
- Sì, sono io-
Ci guardammo per un lunghi minuti.
- E' stato.. lui, vero? Ad averti ucciso?-
- Si-
rispose John.
- Dove siamo? Che cosa sta succedendo? Perchè siamo qui se siamo morti?- domandai.
Quando dissi la parola morti sentii un tuffo al cuore.
Ma era la verità.
Io e lui eravamo morti.
John sospirò, e i suoi occhi si velarono di una leggera malinconia.
- Coloro che vengono uccisi dal Creeper finiscono in questa sottospecie di limbo- spiegò John.
- Il che?-
- Il Crepeer è un mostro che ogni 23 anni si risveglia dal suo sonno e per 23 giorni si nutre di...- non completò la frase.
Non ce n'era bisogno.
Sospirò di nuovo.
- Come ti chiami?-
- Rebecca-
- Piacere di conoscerti-
Mi prese la mano e mi alzaii.
Ero ancora triste, però mi sentii tranquillizzata al pensiero che ora non ero più sola.
Uscimmo dal parco e poi John mi riprese la mano.
In quel momento il paesaggio davanti a noi cominciò a dissolversi come il fumo.
Sgranai gli occhi.
- Come hai fatto? Sei una specie di mago?- chiesi, stupita.
John scoppiò a ridere.
- Siamo fantasmi, è così che ci spostiamo, se lo vogliamo- disse.
Subito dopo ci trovammo davanti a una scogliera.
Mi guardai intorno.
Quel luogo non lo avevo mai visto in vita mia.
- Dove siamo?- domandai, incantata dalla bellezza di quel posto.
- Siamo alle scogliere di Moher, in Irlanda- rispose John.
Osservammo le onde infrangersi sugli scogli.
Istintivamente ripensai alla spiaggia dove il Creeper mi aveva portata.
Rabbrividii.
- Nessuno ha mai provato a uccidere il Creeper?- domandai con un filo di voce.
John rabbuiò.
- Coloro che ci hanno provato... non hanno fatto una bella fine- disse.
- Vuoi dire che... è immortale?-
- Sì... ma questo non significa che non può essere ucciso-
Guardai John.
Era sicuro di quello che stava dicendo.
Sperai che avesse ragione.
Perchè il Creeper era ancora là fuori.
O meglio, nel mondo dei viventi.

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