Ridere, scrivere, vivere.

di _moss
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La 'principessa' Sara ***
Capitolo 2: *** Voglia di scrivere ***



Capitolo 1
*** La 'principessa' Sara ***


Quasi diciassette anni fa venne al mondo una piccola bimba, aveva due grandi occhioni castani che incantavano chiunque li incrociasse; aveva deciso di venire al mondo un po’ prima del previsto, non vedeva l’ora di posare il suo magico sguardo su questo mondo imprevedibile e tanto giudicato da tutti. Disturbò la sua mamma alle 4.00 in punto, la piccoletta, decise di voler nascere la notte del compleanno di suo papà.
Già da quel momento in poi, tutti capirono che quella creatura aveva qualcosa di speciale, sapevano che sarebbe stata forte, che sarebbe stata in grado di realizzare i sogni che le splendevano negli occhi come stelle cadenti ansiose di percorrere il loro viaggio nello spazio; lo sapevano tutti, sì, tutti tranne lei che era ancora troppo minuta per capire, per capirsi, per conoscersi. Il problema è che ci mise comunque troppo tempo per capire chi fosse davvero.

“Dai mamma per favore chiamiamola Sara! Vuol dire Principessa, chiamiamola Sara!” così urlava il piccolo Ale, piccolo ancora per poco, che da quel momento in poi avrebbe dovuto fare l’ometto di casa: non era più il piccolo!
Alla piccoletta sono sempre piaciute le principesse, ma non ha mai desiderato di essere una di loro come le altre bambine. Piuttosto, si cimentava nel capire perché fossero così stupide. Si chiedeva perché Cenerentola non scappasse via, perché Biancaneve non facesse lo stesso, o perché Aurora fosse stata così cretina da fare una cosa che da anni le era stato raccomandato di non fare per il bene della sua vita.
Forse La Mamma, in cuor suo, sapeva che la nanerottola non sarebbe mai voluta essere, o assomigliare a, una principessa, infatti non appoggiò la scelta del povero piccolo Ale che rimase tanto deluso da ciò… ma, intanto, alla tanto contesa non-Principessa, è sempre piaciuta l’idea del suo fratellone, l’ha sempre presa come una dimostrazione d’affetto. “Sara” le piaceva, e Sara fu il nome che diede alla sua parte interiore, alla sua anima, a quello spirito libero che viveva in lei.

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Capitolo 2
*** Voglia di scrivere ***


Sara condusse una vita tranquilla, aveva ormai otto anni ed era circondata dall’amore di tutti i suoi cari, e lei ricorda specialmente quello del suo adorato nonno. Beh, lei passava tanto tempo a casa dei suoi nonni materni e, per quanto fosse piccola, non potrà mai dimenticare i mazzi di fiori che Nonno le regalava ogni giorno quando tornava dalla sua passeggiata mattutina, li raccoglieva lui personalmente; e non potrà mai dimenticare nemmeno le crisi isteriche della nonna quando si accorgeva che quei bellissimi fiori erano ricoperti di formiche da cima a fondo: li agitava da una parte all’altra convinta di mandarle via così, poi si rendeva conto dell’inutilità di quel che stava facendo, si ricomponeva e li metteva in un vaso dentro il lavandino (secondo lei il più lontano possibile dal cibo). A Sara piaceva vederli discutere, li vedeva come degli attori comici, erano in grado di farla ridere anche mentre litigavano, li trovava buffi e sapeva che non facevano mai sul serio, infatti avevano sempre fatto pace.
Era l’estate del 2003, la più calda che in Sardegna ci fosse mai stata per quanto Sara potesse ricordare. E, purtroppo, anche l’estate più inaspettatamente triste per la sua giovane vita… Il Nonno si era ammalato. Aveva passato la vita a lavorare nelle miniere e, anche se aveva smesso di fumare da tanto tempo, anche questo purtroppo influì, aveva metastasi ai polmoni e al cervello.
Sara era piccola, ma i piccoli non sono stupidi. I bambini sentono molto più di quanto ci si aspetta, soprattutto emotivamente intendo, e sono anche le persone più capaci a farsi rimbalzare tutto addosso, sono capaci di mandare avanti il nastro per saltare i momenti peggiori della propria vita facendo finta di non averli vissuti comunque. E, la piccola Sara, ne era l‘esempio vivente; lei sapeva che per la prima volta avrebbe sentito un dolore diverso dal bruciore di un ginocchio sbucciato, ma non aveva paura di lottare contro le cattiverie del mondo: lei sapeva di poter vincere a differenza di tutte le persone che la circondavano, che non sapevano nemmeno di poter lottare.
Sara andava ogni giorno a trovare il Nonno, e ci andava ogni volta come se quella fosse l’ultima occasione in cui con uno sguardo gli avrebbe potuto dire ‘ti voglio bene’. E il suo errore fu proprio questo, spediva tanti di quei ‘ti voglio bene’ al suo amato Nonnino, ma non aveva mai pensato di dirglielo un giorno, almeno una volta, prima che fosse troppo tardi, lei era convinta che quegli sguardi arrivassero dritti al cuore del destinatario, e se invece non fosse stato così? Beh, diciamo che quest’ultima domanda, la piccola Sara, se l’è posta quando ormai, col Nonno, non ci avrebbe più potuto parlare.
Al funerale La Mamma piangeva, Sara le stava accanto con un nodo alla gola che tentava freneticamente di mandar giù, e ci riuscì alla grande, la piccola non versò nemmeno mezza lacrima. ‘Non capisce’ dicevano, ‘non si rende conto di quel che è successo’. Il fatto è che Sara capiva molto più di tutti quei parenti occasionali che si facevano vivi solo quando qualcuno ci lasciava le penne e che, oltre a essere lì solo per educazione nei confronti delle persone care al mal capitato, la frase più intelligente che facevano uscire dalla loro stupida bocca era ‘ma come sei cresciuta, Sara!’. Ma Sara lasciava perdere, faceva finta di niente, lei sapeva bene che quelli che non capivano erano loro, non capivano che il Nonno non l’aveva abbandonata, lui era sempre lì, nel profumo dei fiori che le regalava, nelle carezze che le avevano ravvivato il viso dopo un brutto voto a scuola, nei sorrisi che le si erano impressi nel cuore e nella mente e che mai avrebbe dimenticato.
Da quel momento in poi, Sara iniziò a sentirsi in colpa, credeva che il Nonno se ne fosse andato senza sapere del bene che le voleva la sua piccola nipotina e, per colmare questo vuoto, Sara iniziò a scrivere. Amava i diari segreti, quelli coi lucchetti, che tenevano al sicuro le sue preziose parole. Scriveva del Nonno, scriveva a lui direttamente sapendo che lui avrebbe in un qualche modo ricevuto il messaggio, scriveva di quel che le succedeva, di quel che sentiva, di quel che la sua tenera vita stava diventando, e sapeva che il Nonno sarebbe stato fiero di lei se avesse potuto vederla, ed è questo che la portò a fare della scrittura una parte indispensabile della sua vita, a cui tutt’ora non può più fare a meno.
La scrittura per lei era diventata una terapia, scrivere la faceva stare bene, si sentiva libera e sempre più forte… anche se a questo punto credo di poter iniziare a raccontare al presente: la scrittura, è ancora una parte indispensabile della sua vita, la rende felice, la fa sentire viva.

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