La nostra vera identità di Mitsuki91 (/viewuser.php?uid=158486)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Evanna White, una quindicenne perfettamente normale ***
Capitolo 3: *** Flashback ***
Capitolo 4: *** Perché tutte a me?! ***
Capitolo 5: *** Un personaggio strano ***
Capitolo 6: *** Decisioni ***
Capitolo 7: *** Scherzi di pessimo gusto ***
Capitolo 8: *** Rivelazioni shock ***
Capitolo 9: *** Come se non fosse abbastanza traumatico ***
Capitolo 10: *** Conferme ***
Capitolo 11: *** Telefonate ***
Capitolo 12: *** Reazioni emotive ***
Capitolo 13: *** La verità ***
Capitolo 14: *** Reazioni e decisioni ***
Capitolo 15: *** Parlare a tutti ***
Capitolo 16: *** Una nuova vita ***
Capitolo 17: *** La nuova vita di Scorpius e un sacco di altri parenti ***
Capitolo 18: *** La visita ***
Capitolo 19: *** Epilogo ***
Capitolo 1 *** Prologo ***
Buongiorno popolo di EFP!
=D
So già che avrò come
lettrici Risa e Danyazzurra (lei legge tutte le Lily/Scorpius in circolazione a
quanto mi risulta XD) ma gradirei averne anche altre/i… Su, fatevi avanti! =D
Questa è una Lily/Scorpius
particolare, in quanto i nostri protagonisti… Beh, sono stati rapiti da
piccoli, come si evince da questo prologo. Nel prossimo capitolo faremo un gran
salto temporale fino ad arrivare a… Quando Lily avrà sedici anni e Scorpius
diciassette o.O (per informazioni circa le date di nascita dei personaggi
rimando alle note in fondo XD).
Bene, non ho molto altro
da aggiungere… Se non che gradirei qualche recensione =D
Buona lettura! =D
Prologo
Dopo
la guerra, i rapporti fra Harry e Draco erano decisamente migliorati, se per
migliorati s’intende passare dall’odio all’indifferenza reciproca. Un
avvicinamento c’era stato solo a qualche anno di distanza, quando Astoria
Greengrass aveva insistito per poter invitare il salvatore del mondo magico con
i suoi due fedeli amici al suo prossimo matrimonio con Draco Malfoy. Harry
Potter si era sentito poi in dovere di ricambiare la cortesia quando si era
sposato con Ginny Weasley, e da lì le due famiglie avevano preso a
frequentarsi, anche se non spesso. Dato il clima decisamente anti Purosangue e
filo babbano post bellico, Draco era andato contro a tutti gli insegnamenti di
Lucius ed aveva iniziato ad interessarsi, sempre grazie ad Harry, a qualche
cosa che avesse a che fare con il mondo non magico. Si andava da invenzioni
quali l’elettricità e la tv a vere e proprie ‘filosofie di vita’, come lo
sport. Certo era che non era un grande estimatore del mondo babbano, e dubbi ed
incertezze permanevano in lui, però si era lasciato convincere della necessità
di mostrarsi il più aperto possibile.
Le
due famiglie avevano progettato così le loro prime vacanze al mare insieme, in
una località turistica babbana. Erano arrivati da meno di una settimana, erano
in spiaggia e sembrava un giorno come gli altri: Harry giocava assieme ad uno
scettico Draco a volano, Ginny ed Astoria chiacchieravano, James costruiva
tutto concentrato quello che doveva essere un castello di sabbia, Albus era
come al solito con Antares e i due si divertivano a spruzzarsi acqua a vicenda
utilizzando le babbane pistole di plastica fatte apposta, ed infine Lily e
Scorpius giocavano vicino al bagnasciuga.
“Sai
Ginny, hai proprio un bel costume, dove l’hai preso?” chiese Astoria all’oramai
amica.
Giny
distolse lo sguardo dai bambini per un attimo.
Un
attimo.
Non
ricordò neppure cosa rispose, solo che dopo mezzo secondo si voltò e Lily e
Scorpius erano spariti.
Subito
le due donne si allarmarono, radunando la famiglia ed andando in cerca dei
piccoli.
Gli
Auror vennero allertati così come la polizia babbana, per giorni e settimane
vennero portate aventi le ricerche. Senza risultato.
Le
due famiglie erano distrutte.
Non
trovarono mai né Lily né Scorpius, e presto impararono a convivere con il
dolore. Gli altri bambini erano troppo piccoli per capire cosa fosse successo,
ma crescendo videro la pena negli occhi dei genitori ed appresero la verità.
James ed Albus avevano perso una sorellina, Antares
aveva
perso un fratello gemello.
La
tragedia aumentò a dismisura quel legame che era appena sbocciato fra loro e
presto i Potter e i Malfoy divennero inseparabili, grazie anche all’amicizia
fra Antares e Albus, consolidata con gli anni.
Draco
Malfoy, che non avrebbe avuto bisogno di lavorare per mantenersi, divenne un
Auror, per poter cercare suo figlio. Harry lo accolse a braccia aperte nella
squadra, e per anni lavorarono su una possibile pista: forse qualche
ex-Mangiamorte aveva rapito i loro bambini per una qualche forma di vendetta,
forse li avevano seguiti… Niente. Nessun risultato.
Dopo
tutti quegli anni, l’unica cosa che rincuorava le due famiglie era che non
erano mai stati trovati i corpi. I loro figli erano scomparsi ma forse c’era
una piccolissima possibilità che fossero ancora vivi, da qualche parte.
Nessuno
smise mai di sperare.
Piccole noticine: come
vedete ho cambiato qualcosa in questa fan fiction… Ovvero Scorpius ha un
fratello gemello di nome Antares u.u più precisamente Antares Cronos, per
onorare entrambe le tradizioni di famiglia XD
Il rapimento avviene
quando James ha quasi cinque anni, Albus ne ha fatti quattro da poco e Lily ne
dovrebbe compiere quattro di lì a tre mesi. Infatti mi sono permessa di
“giocare” un po’ con le date di nascita per fare in modo che Lily e Scorpius
(quindi anche Antares e Albus) si passino solo un anno, ma Lily sarebbe di due
classi indietro a lui (e a loro) ad Hogwarts: il compleanno di Scorpius ed
Antares cade il 20 marzo (nati nel 2006) mentre quello di Lily il 17 novembre
(nata nel 2007). Siccome per frequentare Hogwarts bisogna avere undici anni
compiuti… Beh, fate un po’ voi i calcoli XD è giusto no? XD ma così nella vita
“reale” (basata sull’anno di nascita e non su quello scolastico) si passano
solo un anno u.u per curiosità: James Sirius è nato il 3 ottobre 2004 in questa
storia… E va benissimo comunque con quello che ha detto la Rowling, ovvero si
passa solo un anno “scolastico” con Albus. Perché tutta questa precisione
chiederete, dal momento che questa è una fan fiction dove per di più ho
inserito un altro personaggio a caso? XD Semplice, perché mi sono messa ad
inventare date di nascita per tutto il clan dei cugini Weasley-Potter che
fossero coerenti con la Rowling, sempre utili nel caso io decida di scrivere
una ff più verosimile XD quindi le userò dappertutto, sappiatelo u.u
Bene, dopo queste note
estremamente lunghe che forse non interesseranno a nessuno… Vi saluto! XD
Al prossimo capitolo! XD
(che siccome sto lavorando a quattro storie contemporaneamente arriverà… Spero
fra una settimana XD perdonatemi! >..< ho troppo da scrivere u.u)
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Capitolo 2 *** Evanna White, una quindicenne perfettamente normale ***
Eccomi qua dopo secoli a
postare il primo capitolo =..=
Scusatemi tanto, è che sto
cercando di finire le altre mie storie per potermi dedicare meglio a questa!
>..<
In ogni caso, ero proprio
indecisa su come farla partire o.O anche adesso non sono molto soddisfatta del
capitolo… Credete che sia una buona scelta usare il punto di vista di
Evanna/Lily? o.O meglio al passato o al presente? o.O Datemi dei suggerimenti,
perché sono un po’ in palla >..< questo capitolo l’ho scritto sia al
presente che al passato, in caso lo cambio subito e poi per gli altri mi adeguo
>..< mi servono dritte u.u
Comunque, ringrazio
infinitamente chi mi segue/preferisce/ricorda *--* non credevo di avere così
successo, evidentemente le Lily/Scorpius sono davvero molto amate! =D
Buona lettura =)
Evanna White, una quindicenne
perfettamente normale
La
scuola stava per finire. Odiavo il liceo, perché diamine avevo scelto una
materia stronza come chimica?! Fortunatamente per me, Leah era nel mio stesso
corso, così poteva darmi una mano… Le altre due mie inseparabili amiche erano
Tanya e Carly, e loro avevano avuto la decenza di scegliersi solo materie base
facilmente comprensibili. Oh, sì, ed io ero Evanna White, quindici anni, una
ragazza come tante. O forse no, perché i miei capelli rossi risaltavano
parecchio qui a River*… Sommandoli al colorito parecchio chiaro che avevo per i
tre quarti dell’anno, considerando che vivevo a due passi da Jacksonville… Non
è che mi abbronzassi molto facilmente. Tendevo a scottarmi, mettevo sempre un
sacco di crema solare e il poco sole che riuscivo a prendere se ne andava quasi
subito. E poi non stavo parecchio in costume, dato che avevo una brutta
cicatrice lungo il fianco destro. Forse avevo origini irlandesi, anche se mamma
diceva di no. Diceva che nella famiglia di papà si era vista un’altra persona
dai capelli rossi, una specie di lontano prozio, e che quindi forse qualche
gene era passato a me.
In
ogni caso, c’era sempre una persona che era più eccentrica di me se si parlava
di colorito: Alex Smith, l’apoteosi della carnagione chiara e scottabile in
meno di due secondi, capelli biondo platino e sguardo strafottente. Era il
bulletto della scuola, lo stronzetto, il giocatore migliore della squadra di
basket che se la tirava ogni tre per due. Ed era il mio vicino di casa da tre
anni a questa parte. Ed era anche maledettamente figo, accidenti a me. Ero
costretta a vedere la sua faccia praticamente ogni giorno, mentre aspettavo
l’autobus e lui mi sfrecciava davanti con la sua macchina e un ghigno strafottente
– ovviamente lui aveva già diciassette anni, quindi aveva la patente, mentre le
povere mortali come me se la dovevano fare a piedi o con l’autobus – e mai una
volta che mi offriva un passaggio.
Tanya
diceva che avrei dovuto lasciarlo perdere. Che era uno stronzo e che se mai si
fosse messo con me… Beh, sarebbe stato solo per vantarsene in giro e scaricarmi
brutalmente due secondi dopo, così come faceva con tutte. Non gli interessava
avere una ragazza fissa, e quelle che s’illudevano ci rimettevano e basta. Ne
ero consapevole, per questo non mi ero mai fatta avanti… E a dirla tutta il
nostro rapporto non era per niente idilliaco. Non sopportavo il suo lato
arrogante, che tirava sempre fuori. E non potevo fare a meno d’infuriarmi e
cercare di farlo ragionare. Come quando tiranneggiava John Tyler, la cui unica
colpa era quella di essersi tinto i capelli di biondo come i suoi. O quando
prendeva in giro Liam Jordan, il secchioncello un po’ sfigato del suo corso di
letteratura. Forse avevo un senso di giustizia troppo elevato. Forse
m’impicciavo davvero troppo negli
affari degli altri, come mi aveva detto lo stesso Liam quando avevo cercato di
difenderlo… E Leah non capiva che cavolo
ci vedevo in lui, se poi dimostravo di detestarlo così tanto.
“Seriamente
Van, cos’è questo rapporto di odio-amore? Perché non lo capisco.” mi chiese
circa una vita fa, qualche tempo dopo che le avevo confessato i miei
sentimenti.
“Bah,
non chiederlo a me. So solo che vorrei avere una romanticissima storia d’amore
con lui, ma nello stesso tempo gli spaccherei la faccia contro il muro per come
si comporta.” le risposi allora.
In
ogni caso… Non si può negare che fosse un figo pazzesco. Seriamente. Ed io ero
solo la vicina di casa strana dagli strani capelli rossi e dallo strano senso
di giustizia che si permetteva di tenergli testa. Non ce l’avrei mai fatta… Non
volevo abbassarmi a fargli moine come le altre, per poi fare la fine delle
stesse, e nello stesso tempo non potevo tradire i miei valori evitando di
rinfacciargli quando stava palesemente sbagliando. Ma Dio, quanto lo avrei
voluto baciare e stringere a me! E perché no, farci anche dell’altro. Solo che
avrei voluto essere l’unica per lui, e questo era un altro problema non
indifferente.
Perciò
io, Evanna White, ragazza perfettamente normale, ero ormai arresa ad un amore
impossibile.
La
scuola stava finendo, ed era una sensazione dolceamara insieme: niente più
verifiche e compiti, studio e notti insonni, ma nello stesso tempo niente più
Alex in giro per i corridoi che tiranneggiava qualcuno dandomi l’occasione di
riprenderlo, e di fissarlo negli occhi per più di mezzo secondo. Dalla
settimana seguente mi sarei dovuta accontentare di sbirciarlo dalla finestra
del salotto mentre usciva di casa con i suoi due compari – Mattew e Oliver – e
non era una prospettiva molto esaltante.
Però
avevo deciso una cosa: avrei fatto in modo di stargli il più possibile alla
larga, per dimenticarlo e spegnere questa specie di cotta che era rimasta
accesa anche troppo a lungo.
*città/paese assolutamente
inventato… Non ho fantasia neanche per i nomi .-.
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Capitolo 3 *** Flashback ***
Sono tornata .-. non so,
oggi ero ispirata: sta fatto che ho scritto XD credo però che per il resto
dovrete comunque pazientare dopo gli esami… Dopo il dodici… Meglio il
diciassette.
Comunque mi sentivo in
colpa, e non volevo lasciarvi a secco fino ad allora… E siccome avevo un po’ di
tempo beh, ho scritto u.u
Ringrazio chi mi
segue/preferisce/ricorda *--* nonostante l’avviso, non vi siete dimenticati di
me! =D
E spero che da questo
capitolo tornerete anche a recensire u.u
Piccola nota: ho iniziato
con la prima persona, mi sono resa conto che si è trattata di una scelta
sbagliata. Non voglio sconvolgervi – e non mi risultava possibile correggere il
primo capitolo, andava riscritto >..< - quindi ho deciso di lasciarla… Ma
ogni tanto, come in questo caso, troverete un pezzettino a fine capitolo in
terza persona per descrivere cose che servono e che non posso mettere con la
prima. Fatemi sapere che ne pensate e se avete altre soluzioni, questa è
l’unica che ho trovato! >..<
PS: mi sono fatta un
profilo facebook per EFP u.u se volete chiedermi qualcosa della storia, o
semplicemente chattare un po’… Ecco l’indirizzo: http://www.facebook.com/mitsuki.efp
Inoltre mi
ripeto: se non avete il nome di EFP nell’account con cui mi chiedete
l’amicizia… Per favore, mandatemi un messaggio! >..< già faccio fatica a
ricordare i nomi normalmente… *me imbranata* Grazie! =D
Flashback
Era
l’ultimo giorno di scuola. L’odiatissima ora di chimica era appena finita, così
con un enorme senso di liberazione uscii dall’aula seguita da Leah, in cerca
delle altre.
“Van!
Leah! Com’è che siete in anticipo?” ci chiese Tanya, con un sorriso a trentadue
denti.
“E’
finita chimica… Sono fuggita il più in fretta possibile da quell’aula
maledetta!” risposi, ricambiando il sorriso.
“Sì…
E ha costretto me a correre per stare al suo passo…” aggiunse Leah, sbuffando.
“Ragazze,
non iniziate… Piuttosto, ho una fame…” disse Carly, dirigendosi decisa in
mensa.
La
seguii, sempre raggiante. Appena le porte della mensa si spalancarono, però, mi
morì il sorriso sulle labbra: Alex se la stava prendendo con dei ragazzini che
dovevano fare solo il primo anno, a giudicare dall’aspetto.
“Ehi!”
esclamai decisa, andando verso di loro a passo di marcia “Che sta succedendo
qui?!”
“Oh,
White, la salvatrice degli oppressi! Dio ce ne scampi!” esclamò Alex divertito,
mentre Mattew e Oliver sghignazzavano.
“Allora?!”
Avevo
messo le mani sui fianchi e li osservavo minacciosa: non era mai un buon segno.
Mi soffermai per un secondo di più sugli occhi grigi e strafottenti di Alex:
Dio, quanto era bello… No, dovevo fermare certi pensieri… Non era il momento…
Però…
“Si
dà il caso, Evannina, che io abbia deciso di mangiare a questo tavolo oggi… Sfortunatamente” Alex si grattò il mento,
con aria di superiorità “Questi ragazzini non vogliono spostarsi. Abbiamo un
problema, quindi, come puoi vedere.”
M’infuriai
come una bestia. Perché cavolo doveva comportarsi così ogni santa volta?!
“Il
problema è nel tuo cervello bacato! Hai già un tavolo per te ed i tuoi amici,
durante tutti questi anni di terrore hai spaventato talmente tante persone che
ora non provano neppure più a sedercisi! Perché non vai lì e la fai finita?!”
Alex
ghignò. Dio, che lo facesse apposta ad essere così sexy?! E a farmi perdere le
staffe?!
“Ma
vedi, oggi fa particolarmente caldo, e proprio
qui arriva uno spiraglio d’aria che…”
“NON
ME NE FREGA UN ACCIDENTI! MUOVI IL CULO E LASCIA STARE QUESTI STUDENTI!”
“Ha
fatto la rima, ha fatto.” sghignazzò Oliver, rivolgendosi a Mattew.
Ecco,
ora ci guardavano tutti. Maledizione, finiva ogni volta così! Ovvero: Alex
faceva lo stronzo, io perdevo le staffe e poi c’era la sceneggiata pubblica.
“Senti
Van, non potresti lasciar perdere?” mi chiese Tanya, nervosa dato che tutte
quelle persone avevano smesso di mangiare per fissarci.
“NO
CHE NON LASCIO PERDERE! E’ UNA QUESTIONE DI PRINCIPIO! DEVE CAPIRLO CHE SI
COMPORTA DA STRONZO!”
A
quel punto Alex, che prima era rimasto a fissarmi con quel ghigno strafottente,
scoppiò a ridere.
Bene!
Davvero bene!
“MERLINO
SCORPIUS, MA CHE CAZZO TI RIDI?! DOVRESTI…”
Mi
tappai la bocca con le mani. Che avevo detto? Che avevo detto?!
Alex
aveva smesso di ridere, e mi guardava stralunato. Tutti erano zitti e
continuavano ad osservarci.
“Io…”
mi limitai a dire, mentre arretravo, orripilata.
No!
Non potevo aver fatto una figura di merda davanti a tutta la scuola l’ultimo
giorno! Ma da dove accidenti saltava fuori ‘Merlino?! E ‘Scorpius?!
Dopo
due passi indietro mi girai ed iniziai a correre. Corsi anche dopo che fui
uscita dalla mensa, corsi fino ad arrivare in bagno. Lì mi chiusi in un
cubicolo, sorda ai richiami delle mie amiche, e mi coprii la faccia con le
mani, rossa di vergogna.
***
Alex
si sedette al solito tavolo. I primini erano scandalizzati, tanto che a momenti
non si accorsero nemmeno che il ragazzo se n’era andato.
“Ehi…
E l’arietta fresca?!” chiese Mattew, seguendolo.
“Lascia
stare.” rispose Alex.
Si
prese la testa fra le mani, mentre la gente iniziava a mormorare.
Merlino?
Scorpius?!
Gli
stava venendo mal di testa. Il dolore era sempre più forte, talmente forte che
non riuscì a trattenere un gemito.
“Tutto
bene?” gli fece Oliver, preoccupato.
Poi
qualcosa esplose dentro di lui, nei suoi occhi, nella sua mente. Alex si coprì
meglio con le mani per non lasciarselo sfuggire.
Odore di mare. Una bambina dai contorni
sfuocati. Una voce, la voce della bambina: “Coppius.” Alex si sentì rispondere,
nei panni di un bambino: “No, è Scoppius, con la esse!”
“Coppius! Coppius!”
“Scoppius!”
Basta,
fine. Il ricordo, o quello che era, finì e lo lasciò stordito, sempre dolorante
per via del mal di testa.
“No,
non mi sento bene. Meglio che vada a casa.” borbottò Alex, alzandosi dal tavolo
ed uscendo dalla mensa.
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Capitolo 4 *** Perché tutte a me?! ***
Sono tornata, non sono
morta! =D
E per premiarvi
dell’attesa un capitolo più lungo del solito u.u
Premetto che mi ero
incasinata con i tempi verbali, se notate qualche errore per favore
segnalatemelo che provvedo subito a correggere… Ho riletto, ma può darsi che
qualcosa sia sfuggito -.-“
Bene, spero di non aver
perso lettori per il mio ritardo! >..<
Sono mortificata, ma l’uni
è ri-iniziata subito dopo gli esami (e in quei tre giorni che in teoria avevo
di pausa è successo un casino -.-“) e oggi è il primo giorno libero che ho.
SPERO di riuscire ad
aggiornare ALMENO tutti i mercoledì, dato che è appunto il mio giorno libero…
Ma non prometto niente, mi spiace, finché non avrò pronti più capitoli
purtroppo non potrò garantirlo!
Intanto vi lascio alla
lettura, qui succede una cosa interessante e vengono presentati i genitori di
Van e Alex u.u dai, è succoso no? =D
Attendo commenti =)
Buona lettura! =D
Perché tutte a me?!
La
scuola era finita, finalmente. La figura di merda che avevo fatto mi perseguitava
ancora, ma quantomeno era l’ultimo giorno e la gente si sarà stufata di
parlarne prima dell’inizio del nuovo anno… No? Avevano un’estate intera per
riempirsi la mente di pettegolezzi nuovi. Il danno dovrebbe essere limitato.
Almeno
le mie amiche mi sono state vicine. Certo, Tanya sembrava sempre sul punto di
scoppiare a ridere e Leah era mortalmente preoccupata per la mia sanità
mentale, comunque… Carly aveva avuto la brillante idea di portarmi a comprare
un sacco di caramelle, dicendo che il solo modo per scacciare la vergogna era
quello di riempirsi di schifezze, così adesso mi trovavo sul letto in preda al
mal di pancia.
Mi
girai sul fianco, osservando il cielo scurirsi fuori dalla finestra.
“Van!
A mangiare!” mi chiamò mia madre dalla cucina.
“Non
ho fame!” urlai di rimando, cercando di trattenere la nausea. Troppe, troppe,
troppe caramelle, accidenti a Carly.
Mia
madre aprì la porta della stanza.
“Come
sarebbe che non hai fame? Stai bene?” mi chiese, preoccupata.
“In
realtà ho mangiato troppi dolci… E’ stata Carly a comprarli!” protestai,
vedendo gli occhi azzurri di Meredith White mandare scintille. Non era mai un
buon segno.
“Allora!”
iniziò, scostandosi una ciocca di capelli biondi dal viso – gesto abituale di
quando stava per partire una predica – “Quante volte ti ho detto di non
mangiare schifezze?! Tuo padre fa forse il dentista per niente?!”
“Appunto,
mal che vada me li mette apposto…” tentai di ribattere, inutilmente.
“Non
dire sciocchezze, Evanna! Rob dovrebbe averti insegnato a lavare i denti, e a
nutrirti decentemente! Sai che cucino sempre – oltre ad avertelo insegnato –
quindi perché continui imperterrita a riempirti di dolci, patatine o
quant’altro?!”
Sbuffai.
Accidenti, tutte le volte la stessa storia! Perché non potevo essere
un’adolescente normale con una famiglia normale invece di ritrovarmi per padre
un dentista e per madre una personal trainer fanatica della vita sana?! Quando
l’avrebbero capito Meredith e Robert che l’adolescente americano medio mangia sempre schifezze come patatine, pizza e
caramelle?! Solo perché a dieci anni avevo avuto una carie, mi stressavano in
un modo…
“Va
bene!” sbottai, esasperata “Ho capito, ma ora potresti smetterla di urlarmi
contro?! Ho già la nausea, se ci aggiungi pure il mal di testa da urla…”
A
quelle parole mia madre si addolcì un po’, mi diede un piccolo buffetto ed uscì
dalla mia camera, dopo avermi detto che mi avrebbe preparato la borsa
dell’acqua calda.
Mi
ributtai di peso sul materasso e mi rigirai di nuovo per osservare fuori dalla
finestra.
Pensavo.
Non tanto alla figura di cacca e alle strane sensazioni che avevo provato, ma
ad Alex Smith e alle sensazioni contrastanti che provavo in sua presenza.
Alex
era l’irritazione, la stronzaggine, tutto ciò che di bullo ci potesse essere.
Ma era anche figo, divertente, con una risata meravigliosa e una luce negli
occhi che… Dovevo ammettere che mi piaceva, quella luce, quel vago senso di
presa in giro che si avvertiva ogni volta che veniva rimproverato: una sfida,
quasi, un’occhiata… Malandrina.
Che termine del cazzo, pensai, mentre mi rigiravo a pancia in giù e scalciavo
uno dei mille cuscini per farmi spazio. No, era peggio per la nausea. Con uno
sbuffo di disappunto ritornai supina.
Meredith
mi portò la borsa dell’acqua calda e la misi sullo stomaco. Presi sonno mentre
continuavo a guardare fuori dalla finestra, e a pensare ad Alex. L’ultima
immagine che vidi fu il suo ghigno strafottente, prima di sprofondare
nell’oblio.
Il
giorno dopo mi svegliai alla bellezza delle undici di mattina. Sbadigliando mi
diressi in cucina, in preda ad una fame tremenda: la nausea era sparita, e il
mio stomaco brontolava in protesta della cena mancata di ieri. Aprii il
frigorifero con scarsa convinzione e trovai un cartone di succo all’arancia e
gli avanzi della cena prima, più un’infinita quantità di lattuga e frutta e
robe sane varie. Sbuffando presi una pesca, proprio mentre il campanello
suonava.
Chi accidenti è alle undici del
mattino?! mi chiesi, mentre andavo ad
aprire.
La
madre di Alex. Perfetto.
Non
la conoscevo molto bene, anche se sapevo che i nostri genitori erano amici fin
da piccoli, costretti a vivere in città diverse fino a pochi anni prima per via
del lavoro del padre di Alex – lavorava in banca, si occupava di investimenti e
titoli e tutta quella roba dai nomi strani –.
“Van,
tesoro!” mi disse lei, abbracciandomi. Sentii subito il profumo costoso che
sicuramente portava e, con un moto di fastidio ed inferiorità, mi resi conto di
indossare una semplice tuta da casa e di avere i capelli più spettinati che
mai, mentre lei aveva la unghie laccate e la permanente appena fatta.
“Signora
Smith…”
“Oh,
sciocchina, quante volte ti ho detto di chiamarmi Bry?”
Sorrisi
forzatamente. A pelle mi stava troppo antipatica, come era possibile che
Meredith fosse amica di una tipa simile?! Sembrava Jessie, la cheer-leader
svampita della mia scuola… Forse lo era stata anche lei anni fa, solo che la
svampitaggine non era sparita.
“Comunque,
ho un favore da chiederti… Sai, ho un appuntamento importante con Amelia, dice
che ha da propormi un affare d’oro che…”
Bla,
bla, bla. Quando partiva non si fermava più. Il mio stomaco brontolò
infastidito, reclamando la colazione, mentre cercavo di seguire il filo del
discorso e annuivo ad intervalli regolari.
“…
E così mi chiedevo se ti andava di fare una passeggiata fino a scuola a portare
il pranzo ad Alex, se l’è dimenticato stamattina prima degli allenamenti, e tu
non hai niente da fare, e io sono davvero in ritardo e…”
Cosa
cosa?! Portare il pranzo ad Alex?! Accidenti, ci avrebbe messo lo stesso tempo
andando in macchina piuttosto che star qui a chiacchierare con me!
Però,
un giorno in più per vedere Alex… Senza sbirciare dalla finestra… Magari mentre
si allenava, tutto sudato… No, ok,
cervello, spegniti, pensai, mentre confermavo alla signora Smith che certo,
andavo a portare il pranzo al suo unico e bellissimo pargolo.
Afferrai
così il sacchetto marrone che mi porgeva e mi fiondai in casa a cambiarmi. Meno
di cinque minuti dopo i miei capelli erano raccolti in una coda alta –
impossibile renderli presentabili in così poco tempo – ed io ero vestita e
fuori di casa, con la pesca fra i denti.
Arrivai
a scuola mezz’ora dopo, tutta sudata per via del caldo e della corsa che avevo
fatto. Puntai dritta alla palestra e lo trovai lì, ad allenarsi con gli altri.
Che fare? Chiamarlo o non chiamarlo? Oliver mi tolse l’impiccio della
decisione.
“Ehi
Alex! Guarda chi è venuta a trovarti, la rossa fiammante!”
Sentii
le mie guancie andare a fuoco, ma poteva benissimo passare per un effetto
dovuto al caldo quindi non vi badai. Alex si girò verso di me e fece un ghigno
strafottente.
“Salve
rossa!” disse, avvicinandosi “Anche tu cedi all’oscuro fascino degli ormoni?”
“Ma
chi ti dice che o sia qui per te?! Pallone gonfiato!” risposi, infuriata e
anche tremendamente imbarazzata. Feci marcia indietro e mi diressi verso gli
spogliatoi, dimentica del pranzo che dovevo consegnargli. Ma come si
permetteva?!
“Eddai
Van! Per una volta lascia l’acidità a casa!”
“E
tu lasciaci la stronzaggine!”
Mi
stava seguendo. Bene! Voleva la guerra?!
Mi
girai verso di lui, alzando le braccia in un gesto esasperato.
“Perché
seriamente, Alex, non capisco come tu possa essere sempre così presuntuoso e
pieno di te! Fai il bullo, tiranneggi gli altri studenti insieme ai tuoi amici
e sembra sempre non bastarti e…”
Un
secondo.
L’aria
mi si svuotò dai polmoni.
No,
aspetta, sul serio quelle che erano sulle mie labbra… Erano le sue?! Perché
Alex Smith mi stava baciando?!
Le
braccia mi ricaddero lungo i fianchi, mentre lui mi appoggiava con forza alla
parete del corridoio deserto. Mise una mano chiusa a pungo sul muro, vicina al
mio viso, e l’altra sul mi fianco. Il suo corpo mi impediva i movimenti, chiusi
gli occhi un attimo, pronta ad assaporarmi il momento e…
Che
accidenti stavo facendo?! Cercai di liberarmi, mentre la parte istintiva di me
stava cercando di prendere a calci quella razionale. La vedevo, seriamente,
aveva le fattezze di una fata di rara bellezza vestita di tulle – o meglio
svestita, dato che a malapena il velo copriva il seno e le cosce – e in quel
momento stava brandendo una padella e inseguiva l’altra me, nei panni di una
secchiona brufolosa e imbacuccata che scappava con dei libri sottobraccio. Ma
come accidenti mi sono venute in mente certe cose in momenti come questi?!
Alex
notò che stavo tentando di divincolarmi – con scarsa convinzione, in effetti –
e si serrò ancora di più addosso a me, impedendomi la fuga e il movimento.
“Merlino,
Potter, vuoi stare zitta un attimo?” sussurrò, mentre cercavo di assestarli un
bel calcio proprio lì. Stavo per ribattere ma le sua parole mi avevano
bloccato: cos’aveva detto? Come accidenti mi aveva chiamato?
Prima
che potessi capirci qualcosa le sue labbra erano di nuovo sulle mie. Mi stava
baciando, di nuovo. Stavolta riuscii a liberarmi, però, e gli tirai uno schiaffo
in piena faccia.
Me
ne andai prima che potesse dire o fare qualsiasi cosa. Avevo le lacrime agli
occhi e le ginocchia tremanti. Corsi fino a sentirmi scoppiare i polmoni, corsi
finché non arrivai a casa e mi fiondai in camera.
Una
volta sul letto la me stessa fata aveva raggiunto la me stessa secchiona e la
stava prendendo a randellate potenti, senza pietà. Che accidenti avevo fatto?!
Alex mi aveva baciata e io non solo l’avevo schiaffeggiato, ma per di più avevo
cercato di sottrarmi, non godendomi neanche un singolo istante!
Mentre
le lacrime scendevano copiose sul mio volto mi leccai le labbra, cercando di
ricordare l’aroma del suo sapore.
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Capitolo 5 *** Un personaggio strano ***
Ce l’ho fatta anche a
scrivere questo capitolo O_O non ci credo… Forse riuscirò davvero a mantenere
la promessa e a postare almeno una volta a settimana! =D *balla felice*
Comunque, da questo
capitolo le cose iniziano a farsi interessanti u.u Eheh… Non vi dico nulla! =P
leggete e scopritelo! =P
Ringrazio in ogni caso chi
mi segue/preferisce/ricorda *--* e chi commenta… Vi adoro *--*
Buona lettura! =D
Un personaggio strano
C’era
un rumore strano. La parte di me con le fattezze di fata interruppe la
mega-predica ai danni della me secchiona brufolosa e si girò, infastidita dal
suono. Ma la fata era seduta su un ceppo, e intorno a lei c’era il vuoto, un
enorme vuoto bianco. La parte brufolosa cercò di approfittare della situazione
e di scappare, ma l’altra se ne accorse e, con uno sbuffo e un cenno della
mano, fece sbucare due grosse radici che la imprigionarono al suolo-non-suolo.
Nella
vita reale mi rigirai nel letto, rischiando di cadere dal materasso e
svegliandomi di colpo, roteando le braccia in modo idiota. Dopo che mi fui
assestata, capii l’origine del rumore fastidioso: il cellulare. Mi allungai
quindi dall’altra parte del letto, scalciando il lenzuolo e tenendomi
all’inverosimile.
“P-p-pronto?”
risposi, non riuscendo a trattenere uno sbadiglio.
“Ehi!
Che è sta aria addormentata?!”
“Forse
perché stavo dormendo, Tanya?”
“Beh,
in ogni caso… Gita a Jacksonville?”
“Quando?”
“Adesso!
Anzi, fai fra mezz’ora. Ti passa prendere Carly… Andiamo tutte, ovviamente.”
Sbuffai.
Non che avessi molta voglia di andare in giro, dopo quello che era successo il
giorno prima. Non avevo ancora raccontato l’accaduto alle mie amiche, però,
così mi decisi.
“E
sia. Ma non garantisco sulla mezz’ora: sono ancora più addormentata che
sveglia.” dissi, chiudendo la conversazione.
Più
che altro, avevo due occhi enormi e gibbosi, manco avessi fatto a pugni. Lo
constatai facilmente appena mi vidi allo specchio e, imprecando, decisi di
porvi rimedio.
Cinque
lavaggi di faccia, un velo di cipria, un po’ di fondotinta e qualche ombretto
mescolato male più tardi potei dirmi soddisfatta. Andai a vestirmi proprio
mente suonavano al campanello, e fui costretta ad aprire con la maglietta
carina scelta per la gita e i pantaloncini del pigiama.
“E’
tardi!” mi urlò Tanya, vedendo lo stato in cui ero – i capelli non ancora
pettinati la dicevano lunga, più dei pantaloni del pigiama “Se non ti sbrighi
quando arriveremo a Jacksonville sarà giù ora di pranzo!”
In
quel momento vidi Alex Smith passare sul vialetto di casa mia, diretto alla sua
macchina parcheggiata poco più in giù. Il ghigno strafottente che mi lanciò non
mi fece pensare a nulla di buono, tuttavia cercai di ignorarlo mentre invitavo
Tanya e le altre ad entrare mentre finivo di vestirmi e sistemarmi.
Un
quarto d’ora più tardi eravamo per strada, e poco tempo dopo Carly parcheggiò
la sua splendida macchina – ok, non so quanto fosse splendida, non ci capivo
niente di auto e annessi – nel centro della città. Passeggiammo per circa
un’oretta, fermandoci a vedere i negozi e mangiando un trancio di pizza. Tanya
comprò due magliette e un paio di pantaloncini, Leah tre libri e Carly un sacco
di caramelle. Io, memore del mal di stomaco di due giorni prima, non ne rubai
neanche una e mi limitai a mangiare la mia pizza, conscia che se mia madre
fosse venuto a saperlo – del fatto che avevo preso la pizza, un cibo non sano
per eccellenza – mi avrebbe sgozzato.
Verso
le due il mio pessimo presagio si dimostrò fondato. Alex Smith e la sua banda
avanzavano verso di noi: il biondino sempre con quel ghigno strafottente e
quella faccia da schiaffi in bella vista, gli altri facendo finta di litigare e
spintonandosi tra di loro. Durante la mattinata aveva pensato bene di evitare
l’argomento ‘io-e-Alex-ci-siamo-baciati’, e adesso stavo arrossendo
furiosamente. Perché accidenti me lo dovevo ritrovare tra i piedi?! E se avesse
detto qualcosa?!
Alex
venne dritto verso di me, mentre le mie amiche si erano fermate e guardarmi in
modo dubbioso, ma all’ultimo secondo si girò verso Carly e la prese a
braccetto.
“Allora
Carly… Come va?”
Lo
faceva apposta, sicuro. Dio, se avrei voluto tirargli uno schiaffo! Con un moto
di soddisfazione mi ricordai che l’avevo fatto appena il giorno prima, mentre
nella mia testa la secchiona brufolosa annuiva con vigore mostrando
un’espressione soddisfatta. La fata, invece, si era nascosta dietro di lei, con
la padella sollevata in aria.
“Ehm…
Bene?” rispose Carly, titubante, guardando prima lui, poi me e infine le loro
braccia intrecciate.
Alex
sembrò rendersi conto solo allora della mia presenza.
“Oh!
Ma chi abbiamo qui? Evanuccia!”
“Smettila
di chiamarmi con quel nome ridicolo!” sbottai, acida, incapace di trattenermi.
Nella mia testa la fata aveva steso la secchiona e mi stava mostrando come
sbattere le ciglia in modo provocante. La ignorai palesemente, mentre
arrossivo. Di rabbia, ovviamente.
“Non
ti scaldare tanto, Evina… Forse credevi che fossi qui per te? Solo perché ieri
ci siamo baciati?”
Alex
ghignò più che mai mentre io avevo assunto un color melanzana.
“Che
cosa?!” esclamò Leah, facendo cadere la borsa dei libri.
Perfetto,
e così non solo si era presentato,
non invitato, alla mia uscita fra amiche, ma aveva pure deciso di umiliarmi
pubblicamente!
Un
turista mi passò accanto ma me ne fregai della possibile scenata pietosa che
avrei fatto ai suoi occhi, ne avevo abbastanza.
“COME
OSI, BRUTTO DEFICIENTE?! NON MI ASPETTO NIENTE DA TE. NIENTE HAI CAPITO?! NON
VOGLIO PIU’ VEDERTI, SPARISCI DALLA FACCIA DELLA TERRA, SE NON TI RICORDI BENE
TI HO PURE SCHIAFFEGGIATO PER QUEL BACIO STRAPPATO A FORZA INUTILE TOPO DI
FOGNA, POTREI PERSINO DENUNCIARTI DATO CHE…”
Continuai
ad urlare improperi, beatamente incitata dalla secchiona brufolosa – che aveva
legato la fata ad un tronco d’albero – mentre Alex rimaneva impassibile, o
meglio, mi fissava con aria di sfida e con una luce divertita negli occhi che
mi faceva prudere le mani dal desiderio di mettergliele addosso.
Il
turista si girò, forse per cercare di capire cosa avessi da urlare così tanto,
e come temevo rimase a guardarci a bocca aperta dopo aver strabuzzato gli
occhi. Pazienza. In quel momento nemmeno un uragano mi avrebbe fermato dal
coprire di insulti Alex, e forse dall’ucciderlo una volta per tutte.
Il
turista ignoto si ricompose, poi fece correre di nuovo lo sguardo fra me e
Alex, pensieroso. Iniziava ad irritarmi quasi quanto lo stronzo biondo che
avevo davanti. Alla fine non ce la feci più.
“E
TU CHE DIAVOLO VUOI?!” urlai, girandomi verso di lui.
Il
tizio sobbalzò, poi mi guardò spaventato. Una piccola parte del mio cervello mi
notificava che forse avevo esagerato un tantino – ok, in effetti sia la
secchiona brufolosa che la fata mi stavano guardando male. Tuttavia,
stranamente, il turista tirò fuori un sorriso smagliante e si avvicinò a noi.
“Ecco
io mi chiedevo… E’ la prima volta che vengo in America, un viaggio all’insegna
dell’avventura sapete, e quindi cosa c’è di meglio che trovarsi qualche baldo
giovane del luogo con cui fare amicizia?”
Tese
la mano.
Tutti
lo guardarono stralunati, compreso Alex, che aveva abbandonato il ghigno idiota
preferendo un’espressione perplessa. Il turista sembrò innervosirsi un po’.
“Ecco,
sapete, sto aspettando un amico… Saremmo dovuti partire insieme ma ha avuto dei
problemi, e così… Sono bloccato qui per qualche giorno, mi chiedevo…”
“Beh,
perché no?” disse Tanya, facendo sussultare tutti e stringendo la mano allo
sconosciuto “Che male può fare un po’ di compagnia?” chiese poi, rivolgendoci
uno sguardo divertito e un gran sorriso.
Ecco,
altro che ‘compagnia’, mi sa che aveva adocchiato i muscoli sotto alla
maglietta. No, un momento, non è che avesse così tanti muscoli… Forse erano gli
occhi verdi, incredibilmente verdi in effetti. O i capelli neri e scompigliati.
“Benissimo,
quindi… Piacere, il mio nome è Albus.” disse lo straniero, stringendo in modo
fin troppo entusiasta la mano di Tanya e rivolgendomi uno sguardo strano.
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Capitolo 6 *** Decisioni ***
E sono riuscita a scrivere
anche questo capitolo *--*
Ieri non ho potuto postare
perché sono stata impegnata tutto il giorno… Oggi, invece, almeno fino alle
undici andrò avanti con questa storia, in modo da avere qualche altro capitolo
pronto u.u (ed evitare di fare i riassunti di Marketing, yeah! =D no,
seriamente, sono rimasta indietro =..= ma per una volta che posso scrivere in
santa pace…)
Beh, vi posto subito
questo capitolo, dove non succede nulla di eclatante… Ma ci sono le prime
avvisaglie di qualcosa u.u
Ringrazio come sempre chi
mi segue/preferisce/ricorda e chi recensisce! =D Piano piano ce la sto facendo
a portare avanti questa storia, visto? u.u
Buona lettura! =)
Decisioni
Albus
decise che non c’era niente di meglio da fare che interrompere la mia gita fra
amiche, appropriarsi di Alex e compagnia e continuare a girare tutti assieme
spassionatamente.
Tanya
si mostrò parecchio entusiasta di quella nuova prospettiva – tanto da lasciare
in sospeso l’argomento “Ho-baciato-Alex-White”, il che era tutto dire – e si
offrì, ovviamente, come guida turistica personalizzata. Eppure quel tizio non
mi toglieva gli occhi di dosso… Se non per posarli su Alex. Che fosse un
maniaco pervertito delle cose a tre? In ogni caso cercai di evitarlo il più
possibile, scocciata, prendendo Leah sotto braccio e guardando dalla parte
opposta di Alex, per non vederlo negli occhi e non ricominciare ad urlare.
Dopotutto avevamo ospiti, dovevo darmi un po’ di contegno… La secchiona
brufolosa mi diede ragione, contrariata – per il fatto di non poter uccidere Alex
con dei testimoni, certo – mentre la fata mi stava guardando malissimo,
convinta che avessi dovuto approfittare dell’occasione per stare vicino ad
Alex.
La
giornata finì, con un certo sollievo per i miei piedi – e per la mia mente.
Albus si fece dare il numero di telefono da tutti… Dico io, perché? Non gli
bastava Tanya? Riluttante gli diedi il mio, borbottando poi sottovoce con Tanya
sulla pericolosità di dare un numero di cellulare ad un perfetto sconosciuto –
ovviamente quando lui se ne fu andato.
“Oh,
rilassati, Van! Che vuoi che ti faccia?!”
“…
Mi guardava in modo strano.”
“Sì,
certo. Perché invece non mi racconti di quando Alex ti ha baciato?!”
Oh-oh.
Accidenti. Fortunatamente Alex e i suoi compari se ne erano andati con Albus,
circa una decina di minuti prima. In ogni caso mi girai, nervosa, per
controllare che nessuno origliasse.
“Sì,
esatto… Cos’è questa storia?!” insistette Leah.
Mi
sentii in trappola, così sbottai.
“Niente
di romantico! Cosa vuoi che sia?! Gli stavo urlando dietro e lui ha pensato
bene di tapparmi la bocca in questo modo. Gli ho dato uno schiaffo.”
“Oh,
Van.” disse Tanya, posandomi una mano sulla spalla e scuotendo piano la testa.
Era la sua espressione da “Sei incorreggibile, non cambierai mai”.
“Senti,
ma che avrei dovuto fare?! Lasciarmi andare ad un bacio passionale?!”
“Beh,
sarebbe stata un’idea più intelligente.” rispose Carly.
La
fata stava annuendo vigorosamente, mentre la secchiona guardava scandalizzata
la mia amica.
Alzai
gli occhi al cielo, ma non potei evitare di arrossire.
“Senti,
non so te, ma se qualcuno ti caccia la lingua il gola senza il tuo permesso… Io
mi arrabbierei, e tanto.”
“E’
stato un bacio con la lingua?!”
“Oh,
per dio! Ma mi ascoltate quando parlo?!”
“Non
quando dici sciocchezze, Van. Sappiamo tutte che hai una mega-cotta per Alex,
non ti saresti dovuta far sfuggire un’occasione simile.”
Eravamo
arrivate alla macchina.
“Certo,
per cosa poi? Fare la fine delle altre oche che si fa? Diventare una tutta
cuore-e-sospiri perché Alex-il-magnifico-mi-ha-baciata-e-poi-scaricata?”
La
mia voce si incrinò un attimo, e Tanya mi cinse con il braccio sedendosi
accanto a me.
Maledizione!
Non volevo mostrarmi debole, non così. Cercai di ricacciare indietro le
lacrime.
Per
tutto il viaggio di ritorno nessuno disse niente. Una volta arrivata a casa
salutai le altre con un sorriso un po’ strano, e poi entrai in casa e mi diressi
dritta in camera. Mi lasciai cadere sul letto, pensando.
Seriamente,
che dovevo fare? Alex mi aveva baciato, io lo avevo schiaffeggiato e il giorno
dopo mi aveva umiliato di fronte alle mie amiche e ai suoi amici. Che accidenti
voleva da me?! Perché il mio cuore si ostinava a battere di più, in sua
presenza? Perché era così stronzo? Perché non potevo innamorarmi di un ragazzo
normale, accidenti?!
Innamorarmi.
Ero innamorata? Con Tanya e le altre parlavo sempre di una cotta. Ed era una
cotta… O c’era qualcosa di più, da parte mia?
Il
suono del cellulare mi riscosse da quella specie di apatia fatta di interrogativi
profondi.
Un
messaggio, da Albus.
Ehi! Mi sono divertito tanto con voi,
oggi. Domani ci rivediamo? ;)
Ma
che accidenti voleva anche lui adesso?! Poi pensai che doveva aver mandato lo
stesso messaggio a tutti, e mi tranquillizzai. Aspetta… Tutti tutti? Compresi
Alex e i due idioti? Forse mi sarei potuta dare malata.
La
secchiona annuiva, e la fata stava cercando di prenderla a padellate. Il colpo
la prese in pieno e la secchiona si accasciò svenuta ai piedi della fata, che
mi guardava come a dire “O vai e rivedi Alex o prendo a padellate pure te”. Dopotutto
non mi stavo lamentando fino al giorno prima del fatto che non lo avrei più
rivisto? Era un’occasione. Se solo non fosse stato così stronzo…
Così
il giorno dopo ci trovammo tutti in un parchetto vicino alla scuola. Albus era
già lì, io arrivai insieme a Tanya e alle altre, Alex si fece vedere solo
mezz’ora dopo.
“Oh!
Ci siamo tutti, bene! Perché non mi fate vedere la vostra cittadina? Ha un’aria
così… Americana!”
Albus
sembrava entusiasta come un bambino di tre anni di fronte alla prospettiva di
andare a Disneyland. Ma che accidenti aveva? Ancora una volta, osservai con un
moto di irritazione, sembrava cercarmi sempre con lo sguardo.
Passai
tutto il pomeriggio cercando di ignorare le occhiate di Albus – mi irritavano,
sì, e mi mettevano anche a disagio – e osservando Alex da lontano, distogliendo
in fretta lo sguardo quando lui si girava verso di me. Tanya scuoteva la testa
pian piano e alzava gli occhi al cielo… Quando non era occupata a fare la
civetta con Albus, certo.
Leah
mi si avvicinò verso fine giornata.
“Tu
ed Alex state facendo questo giochetto da tutto il giorno. Vi guardate a vicenda
senza mai beccarvi: perché non vuoi dargli una possibilità, Van? So che è stato
uno stronzo.” occhiataccia da parte mia “E va bene, che è uno stronzo. Però almeno ti metteresti il cuore in pace, se non
va.”
Cercai
di valutare le sue parole, ma ero troppo confusa. Alex che mi guardava senza
farsi beccare? Ma per piacere. Magari lo faceva solo per irritarmi, o per darmi
false speranza… Per denigrarmi di nuovo di fronte a tutti se fossi andata a
chiedergli spiegazioni. No, il gioco non valeva la candela… Non mi sarei
umiliata, non così.
La
secchiona aveva imbavagliato la fata con i suoi stessi vestiti, e mi guardava
estremamente soddisfatta. La fata mi stava fulminando con lo sguardo, ma io
sapevo di aver preso la decisione giusta. Dovevo lasciar perdere Alex White,
punto e basta.
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Capitolo 7 *** Scherzi di pessimo gusto ***
Sera, gente!
Sono distrutta u.u
Perciò… Va lascio al
capitolo ;) ringrazio come al solito chi mi ha messo fra le
seguite/prefeite/ricordate… E chi ha recensito =) le recensioni sono sempre
gradite! =D
E vi auguro buona lettura!
;)
Scherzi di pessimo gusto
E
il giorno dopo mare.
Albus
aveva invitato tutti in spiaggia. Non ne potevo più.
“Senti,
Tanya, lo sai che odio andare in spiaggia!” stavo urlando al telefono con la
mia migliore amica “Non capisco perché sto tizio non ci lasci in pace, ma chi
è?!”
“Oh,
andiamo… Fallo per me…”
“Non
mi abbronzo mai sotto il sole, ho la pelle delicata e… Lo sai…”
Mi
portai una mano al fianco destro, dove l’enorme e schifosa cicatrice mi deturpava
il corpo. Mia mamma aveva detto che me l’ero fatta da piccola, quando la nostra
vecchia casa era andata a fuoco… In ogni caso rimaneva lì, a rovinarmi.
“Puoi
sempre metterti un costume intero, Van.” mi disse Tanya, ben sapendo a cosa mi
riferivo.
Sospirai,
rassegnata.
“E
sia. Però dopo non voglio più vedere quel tipo, intesi? Mi guarda in modo
strano, mi dà i brividi.”
“Sciocchezze.
Sono cose che esistono solo nella tua testa, cerca di rilassarti. E pensa al Alex.”
Certo,
ad Alex. Chiusi la chiamata, mentre stancamente mi dirigevo in bagno a
cambiarmi.
Avevo
appena deciso di dimenticare Alex, ed ecco che me lo sarei ritrovata di nuovo
fra i piedi. Anche per quello non volevo andare al mare… Ma che cavolo, Tanya riusciva
sempre a farmi fare quello che diceva lei!
Sbuffando
mi misi il costume intero, rosso come i miei capelli, per poi coprirlo con un
copricostume-vestito da spiaggia. Preparai stancamente la borsa e mi dedicai ai
miei capelli ribelli, mettendoci un quarto d’ora buono e arrendendomi, come al
solito, alla coda alta.
Il
campanello suonò giusto due minuti dopo.
“Tanya
come hai fatto ad arrivare…”
Le
parole mi morirono in gola. Alex White era davanti a casa mia, le braccia
incrociate e il ghigno strafottente stampato in faccia.
“Tanya
mi ha appena scritto per dirmi di passarti a prendere, lei e le altre non ce la
fanno.”
Tanya?!
Aveva il numero di Alex?! Da quando?!
“In
realtà ha scritto ad Albus, che me l’ha detto…” disse, rispondendo alla mia
domanda silenziosa. Cercai di ricomporre la mia faccia in un’espressione meno
idiota.
“Bene!”
e così, era veramente una congiura contro di me?! Che si era messa in testa
Tanya?! “Vado a prendere il borsone.”
Infuriata
andai in camera, senza nemmeno invitare Alex ad entrare. Presi il cellulare e
scrissi a Tanya.
TU. SEI. MORTA. Come hai potuto farmi
uno scherzo simile?!
Aspettai
la risposta battendo il piede sul pavimento, fregandomene di star facendo
aspettare Alex.
Eddai. Ti ho solo dato un’occasione ;)
ci vediamo dopo!
Mannaggia
sua! Quindi era stata davvero lei?! Ma come aveva osato?!
Sempre
più infuriata, afferrai il borsone e mi diressi di nuovo nell’ingresso. Lanciai
un’occhiata omicida ad Alex e mi chiusi la porta alle spalle.
“Prova
di nuovo a baciarmi, e sei morto.” gli dissi, assottigliando gli occhi.
“Oh-oh!
La temeraria Evanuccia… Non temere, sono qui solo perché Al me l’ha chiesto.
Non ho intenzioni… Losche.”
Certo, come no. E il tuo ghigno infatti
me lo dimostra.
La
fata si mise a ballare felice, poi afferrò la secchiona legata ed imbavagliata
ed iniziò a muoversi in modo sensuale su di essa, come per farmi un tutorial.
Disgustata dalla mia stessa mente, cercai di ignorarla.
“E
non chiamarmi Evanuccia.” puntualizzai, salendo in macchina e sbattendo di
proposito la portiera.
“Come
preferisci. Va bene Van?”
Lo
guardai, sospettosa. Van era il mio soprannome normale, davvero non mi stava
prendendo per il culo?
Alex
osservava la strada, sorridendo. Sorridendo,
non ghignando. Ma che…?
“Van
va benissimo.” borbottai, sprofondando nel sedile.
Fortunatamente
non disse più nulla, e in poco tempo arrivammo alla spiaggia. Gli altri erano
già lì.
“Ohi!”
esclamò Albus, correndoci incontro “Ci facciamo un bagno?!”
Quel
ragazzo mi stava irritando, e non poco.
Entrammo
tutti in acqua – Alex aveva ripreso i suoi modi strafottenti appena mi aveva
visto in costume, con una battuta del tipo “Ehi, Van! Quella è la nuova moda, o
stai solo cercando di nascondere i rotoli di grasso?”. Almeno mi aveva chiamato
Van. – e giocammo a spruzzarci acqua addosso, a saltare le onde e ad altre
stupidate simili. Mi sarei pure divertita, se non fosse per Albus che
continuava ad osservarmi.
Verso
le quattro del pomeriggio non ce la feci più.
“Albus,
posso parlarti?” gli chiesi, cercando di non far risultare il tono irritato.
Lui
mi guardò, sorpreso.
“Naturalmente.”
mi disse.
Lo
presi per mano e lo portai lontano dagli altri, sotto lo sguardo perplesso di
Alex.
Arrivai
sul marciapiede, appena fuori dalla spiaggia.
“Vorrei
sapere perché cavolo mi fissi. E non
dire che non è così: non sono scema.”
L’irritazione
aveva avuto la meglio. Pazienza.
Albus
arrossì. Oh, no. Non dirmi che…
“Ecco…
C’è una spiegazione, in effetti. Ma non so se…”
Dimmi che non hai una
cotta per me. Per favore, va bene tutto, ma non questo.
“Spara.”
Lui
mi guardò perplesso.
“Parla,
dimmi!”
“Oh.
Ehm… Prometti di credermi, però?”
Ok,
le cose si stavano facendo decisamente strane.
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Capitolo 8 *** Rivelazioni shock ***
Sono tornata u.u
Eccomi qui ad aggiornare
questa storia… Ancora non sono riuscita a finire di scriverla, anche se ce l’ho
tutta in testa =..= Però ho pronti un po’ di capitoli per le prossime
settimane… Forse riesce a salvarsi dalla ‘pausa’ delle altre mie storie, in
vista degli esami…
Beh, continuo a ringraziare
tutti coloro che seguono/preferiscono/ricordano! =D e chi ovviamente recensisce
;)
Buona lettura! =)
Rivelazioni shock
“Ripeto:
dimmi.”
Lo
sguardo di Albus si fece strano, come… Pesante. Abbassò gli occhi e sospirò.
“Io
credo che tu non sia Evanna White.”
Cosa?!
“Ehm…
Cosa?”
“Senti…
So che può sembrarti assurdo, ma… Mi starai ad ascoltare fino alla fine?”
Lo
guardai, stralunata. Che stava dicendo?
“Sì,
ti ascolterò.”
Lui
fece cenno verso una panchina, così ci andammo a sedere.
“Io
credo che tu sia mia sorella.”
Lo
disse tenendo gli occhi bassi, sulle ginocchia, e aggrottando la fronte.
“Tua…
Sorella?”
“E
Alex… Alex il fratello di un mio amico.”
“Alex…
Il fratello.”
Alzò
il volto verso di me. Io non sapevo se credergli ed essere scioccata, oppure
scoppiare a ridere.
“Sì,
esatto. Il fratello gemello del mio
amico.”
Oh-oh.
Gemello. Allora…
“E
come faccio ad essere tua sorella, ed Alex il fratello di…?”
“Siete
stati rapiti. Quando eravate piccoli, avevate tre e quattro anni.”
Albus
mi mise una mano sul ginocchio, guardandomi intensamente negli occhi.
“Senti,
lo so che è assurdo, ma tu sei la copia sputata di mamma quando era giovane,
anche se hai i capelli mossi di papà e… Alex… E’ uguale ad Antares, ti giuro, e
lui sta arrivando, quindi… Te ne renderai conto da sola.”
Per
un attimo, sentii la terra mancarmi sotto ai piedi. L’incendio della vecchia
casa… Ricordavo il bagliore del fuoco, il dolore al fianco… Ma nessuna casa… E
non c’erano state foto, era andato tutto distrutto… Almeno così dicevano i
miei… Però… Era così assurdo…
Impossibile,
Albus si doveva essere sbagliato: io non ero mai stata rapita da piccola, non
avevo fratelli sparsi per il mondo.
“C’è
una cosa, però, che non capisco.” disse Albus, tornado a guardarsi le ginocchia
ed aggrottando la fronte.
“Che
cosa?” chiesi, ancora sotto shock. Cioè, non capita certo tutti i giorni che un
tizio sconosciuto ti dice che sei sua sorella… Persino la fata e la secchiona
stavano osservando Albus con l’espressione vacua.
“Ma
tu mi credi?” chiese lui, sviando il discorso.
“Beh,
ecco… Io… Non lo so. Mi riesce difficile, io…” farfugliai, confusa.
Che
dovevo dirgli? Razionalmente lo ritenevo impossibile. Non razionalmente mi
rendevo conto che se lui era arrivato a questa conclusione… Doveva avere i suoi
buoni motivi. Non mi sembrava il tipo che andasse in giro a dire “Ehi! Sei mia
sorella!” a delle perfette sconosciute.
“Al!
Sei proprio tu, Al?! Non riuscivo a trovare il posto, accidenti a te… Non
potevi aspettarmi in albergo?!”
Ci
girammo entrambi verso la voce ed io rimasi ancora più shockata. La mia bocca
era spalancata, i miei occhi strabuzzati: non potevo crederci.
Gemello.
Ora
tutto aveva un senso. A meno che questo non fosse tutto uno stupido scherzo di
Alex, e lui stesse recitando quella parte. Ma la voce era diversa… Non di
molto, leggermente… E il tizio indossava altri vestiti, e aveva uno zaino in
spalla, e il sorriso gentile che si estendeva agli occhi, e… Era uguale ad
Alex. Identico.
Gemello.
Oddio.
Mi sentii impallidire, e cercai di non svenire.
“Chi
è questa fanciulla? Hai già fatto conquiste?” chiese Alex-non-Alex,
avvicinandosi a noi.
“No,
vedi…” tentò di rispondere Albus, poi vide lo stato in cui ero messa.
“Oddio,
Van, non mi svenire… Stenditi un attimo… Ecco, così…”
Mi
fece distendere sulla panchina, mentre cercavo di riprendermi. Vedevo
Alex-non-Alex chino sopra di me, con un’espressione preoccupata… Che divenne
poi dubbiosa.
“Ma
questa…” sussurrò.
Perché
non saltava fuori nessuno dicendo che era uno scherzo?! Mi ripresi. Riuscii a
risedermi, e i due si allontanarono.
“Ok,
che scherzo idiota è mai questo?! Al?! Alex?! Lo so che sei tu. Non so come, ma
lo so.”
Li
guardai malissimo. Poi mi afferrai la testa.
“Anche
se…” sussurrai.
Il
fatto è che non poteva essere Alex. Aveva un’espressione così… Gentile. E,
anche se era praticamente identico a lui… Io sentivo che non era lui. Non so come. La fata e la secchiona erano
ancora sotto shock, come me per altro.
“Che
significa?” chiese Alex-non-Alex.
“Antares…
Li ho trovati. Anche Scorpius.”
Scorpius.
Quel
cazzo di nome.
Scorpius?!
Alzai
la testa giusto in tempo per vedere Antares fiondarsi in spiaggia. Albus gli
corse dietro, lanciandomi un’occhiata preoccupata, e mi affrettai a
raggiungerli.
Era
surreale.
Gli
altri stavano giocando a Beach Volley. Quando Antares comparve, seguito a ruota
da Albus e me, si bloccarono tutti, le espressioni congelate.
Riuscii
a vedere Antares che sbiancava, osservando la sua copia sputata – ovviamente
Alex, accidenti, allora non era uno scherzo! – mentre Alex aveva aperto la
bocca e la lasciava penzolare a vuoto. Gli altri non si muovevano, osservando
lo sconosciuto: solo Tanya alternava lo sguardo fra Antares, Alex e me.
Decisi
di prendere in mano la situazione: alla fine era una cosa che riguardava solo
noi quattro, gli altri non c’entravano. Andai verso Alex e lo presi per il
polso.
Lui
si fece trascinare, ed io feci un cenno ad Albus con la mano libera.
Al,
che prima stava guardando qual teatrino in modo nervoso, si riscosse ed andò ad
afferrare Antares, per poi seguirmi.
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Capitolo 9 *** Come se non fosse abbastanza traumatico ***
Ho finito! =D
Ho finito di scrivere questa
storia! =D
Sono diciassette capitoli in
tutto. Per festeggiare, aggiorno! =D e aggiornerò molto più spesso u.u
Contente? =D
Ringrazio tutto il supporto
che mi avete dato con le recensioni =) e con il seguito, ovviamente =)
Quindi… Buona lettura! =D
Come se non fosse abbastanza traumatico
Li
portai in un piccolo bar appartato, all’angolo della strada. Alex si era girato
con il volto per tutto il tragitto, rischiando di inciampare ogni tre per due,
per non smettere di fissare Antares. Immagino che per lui fosse piuttosto
surreale, ancora più che per me.
Nella
mia mente né la fata né la secchiona si erano ancora riprese.
Ci
sedemmo in un angolo, lontano dal bancone e dagli sguardi curiosi.
“Ok,
Al, e adesso spiega a questo qui quello che hai detto a me. Lentamente. E tu,
Alex, vedi di tapparti la bocca, o ci entrano le mosche.”
Alex
si affrettò subito ad obbedirmi. La secchiona si riprese solo per darmi un vago
senso di compiacimento: ero riuscita a far fare ad Alex quello che volevo… A
tappargli la bocca, addirittura! Ma non era il momento per certi pensieri.
“Ecco…
Alex. Antares. Credo… Credo che voi due siate gemelli.”
Alzai
gli occhi al cielo: accidenti, che ovvietà! Non c’era modo più stupido per
iniziare il discorso.
“Quello
che Al vuole dire… Quello che ha detto a me prima…” intervenni, sbuffando “E’
che lui sostiene che io e te siamo stato rapiti da piccoli. Così tu sei il
gemello di quel tizio, ed io… Sono sua sorella. Sorella di Al, intendo.”
Alex
girò di scatto la testa verso di me.
“Cosa?!”
chiese, con una voce stridula.
“Oh,
finalmente sei tornato fra i vivi! E’ esattamente come ho detto. E, per tua
informazione, sono anch’io sotto shock: è inutile che mi urli contro.”
“Beh,
è così.” intervenne Albus, stringendosi nelle spalle.
“…
Scorpius…” sussurrò Antares, ancora imbambolato.
Alex
si girò, aggrottando la fronte. Poi guardò di nuovo verso di me.
“E’
uno scherzo?”
Diventai
più rossa del tavolino.
“No
che non lo è. Ma so che è assurdo.”
Abbassai
lo sguardo, osservandomi le unghie.
Albus
sembrò confuso.
“Che
succede?”
Alex
lo guardò, perplesso, poi spiegò.
“E’
che… Lei mi ha chiamato così.”
Antares
scattò, spostando lo sguardo dal presunto fratello a me.
“Come
sarebbe? Quando?”
Sprofondai
un po’ nella sedia.
“A
scuola, l’ultimo giorno, mentre litigavamo.” borbottai.
Albus
e Antares si guardarono, perplessi.
“Questo
mi sembra più che sufficiente…” iniziò a dire Antares.
“Però”
ribatté Albus “C’è quella faccenda
che non quadra.”
“Che
faccenda?” chiese Antares.
“Quella.”
Si
guardarono intensamente per qualche secondo.
“Oh!”
esclamò infine Antares, parecchio sorpreso “Vuoi dire che loro non…?”
“Esattamente.”
“Si
può sapere di che parlate?!” sbottò Alex, battendo una mano sul tavolo.
Sobbalzai:
mi ero concentrata su Albus e Antares fino a quel momento, come se avessi
potuto capire di cosa stessero parlando solo guardandoli intensamente.
Ora
i due sembravano nervosi. Si guardarono intorno in modo circospetto, ed io mi
sentii improvvisamente morire dalla curiosità.
Nella
mia testa la secchiona si era seduta su un tronco d’albero con un blocnotes e
una penna, pronta a prendere appunti, mentre la fata adocchiava in modo ben
poco casto Antares. Accidenti, non era il momento per certi pensieri!
“Ecco…
Non prendeteci per pazzi, però…” iniziò Albus.
Cercai
di trattenere uno sbuffo: certo, uno sconosciuto ti viene a dire che sei la sua
sorella perduta e si presenta con il presunto gemello – per altro praticamente
la copia sputata – della tua cotta-non-cotta-stronzerrimo-vicino-di-casa e tu
non lo devi prendere per pazzo. Ma per piacere! Che sarà stavolta?!
“…
Ma voi non fate succedere cose strane?”
Eh?
Cose strane?
“In
che senso?” chiese Alex, aggrottando la fronte. Aspettate un momento: me l’ero
immaginato, vero, il lampo di comprensione nei suoi occhi?
“Qualcosa
come… Magia.” rispose Antares, visibilmente a disagio.
Strabuzzai
gli occhi. Magia?! Ma scherziamo?!
“Come
sarebbe a dire?! Che scherzo è mai questo?!”
Ok,
era troppo. Passino fratelli e sorelle perdute… Ma magia?!
“…
In realtà, io sì.”
Mi
girai verso Alex ad una velocità disumana. Stavolta era la mia bocca a pendere.
Lui sembrava visibilmente a disagio: arrossì pure, mentre si lanciava in
spiegazioni.
“Non
lo faccio spesso. Ho tentato di controllarmi, più volte, e credo di esserci
anche riuscito, però… Ho come una strana sensazione di paura. Di sbagliato. Non so perché. Credevo…
Credevo di essere unico, diverso. Cosa ne sapete voi?”
Certo,
figurarsi se non si sentiva Dio-sceso-in-terra anche nelle assurdità. Magari
non era neppure vero, e l’aveva detto solo per farsi figo… Anche se non mi
sembrava proprio la situazione adatta.
Antares
e Albus si guardarono, di nuovo nervosi.
“Riesci…
Riesci a provarlo?” chiese infine Antares.
Alex
era visibilmente a disagio. La secchiona nella mia mente si alzò in piedi
trionfante, esclamando: “Beccato! Aha!”. La fata si era messa sull’attenti e lo
stava osservando, come me del resto.
Si
guardò intorno, poi guardò il tavolino. Mise una mano sul tavolo, il palmo
rivolto verso il porta tovaglioli. Si concentrò.
Il
porta tovaglioli scattò in avanti, dritto nella sua mano.
Non
registrai subito. Credo che fossi di nuovo sotto shock… Come se non fosse stato
già abbastanza il resto. Di nuovo sia fata che secchiona erano rimaste senza
parole.
Alzai
lo sguardo e vidi Albus annuire piano, mentre Antares osservava il porta
tovaglioli.
“Ora
tocca a te.” disse infine, alzando lo sguardo.
Mi
sentii persa, disorientata.
“Ma
io non lo so fare.” sussurrai piano, lo sguardo vacuo.
Albus
mi prese le mani, facendomi sobbalzare.
“Certo
che lo sai fare, Lily. Tu hai un sacco di magia, l’hai avuta sin da subito.”
Lily.
Era
un nome che mi portava lontano, rimbombava remoto negli angoli bui della mia
coscienza.
Forse
fu quello a darmi la forza di provare. Forse fu lo sguardo carico di
aspettativa di Albus. Forse l’occhiata dubbiosa di Alex, o quella decisa di
Antares.
Comunque
allungai la mano sul tavolino.
Mi
sentivo stupida.
Che
cavolo stavo facendo?! La magia non esisteva.
La
secchiona nella mia mente scosse la testa, alzando gli occhi al cielo. Avevo
appena visto Alex farne una, no? Dovevo arrendermi all’evidenza.
Cercai
di scacciarla, insieme alla fata. Chiusi gli occhi, per concentrarmi: dovevo
provarci seriamente.
Sentii
scorrere un’energia strana dentro di me. O forse era solo la suggestione.
Scacciai decisa anche quel pensiero, e mi aggrappai all’energia.
Aprii
gli occhi, pronta a provare.
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Capitolo 10 *** Conferme ***
Eccomi qui a postare il nuovo
capitolo! =)
Contente ragazzuole? =)
Ora scopriremo come reagirà
Lily… Eheh.
Dai, non vi dico più nulla,
se non per ringraziarvi del sostegno che mi date! =) Grazie davvero, a tutte
voi che recensite o anche chi solo segue/preferisce/ricorda… =)
Buona lettura! =D
Conferme
Il
porta tovaglioli scivolò verso la mia mano.
Quasi
non me ne accorsi.
Dolore.
Ecco l’unica parola capace di descrivere quel momento: il dolore era esploso
partendo dal fianco destro, e si era propagato dappertutto nel mio corpo.
Bruciava.
Urlai.
Tutti
quelli che erano nel bar si girarono a guardarci. Smisi subito di usare
l’energia… La magia, o quello che era. Mi portai le mani sul fianco e poggiai
la testa sul tavolino, mentre Albus era scattato in piedi e stava facendo il
giro del tavolo per raggiungermi.
Mi
affrettai ad alzare la testa, ancora tremante ma decisa a salvare la situazione.
Arrossii per l’imbarazzo.
“Sto
bene! Ehm… Ho picchiato il mignolo contro la gamba del tavolo. Non è niente.”
Cercai
di sorridere, anche se mi uscì solo una smorfia. La gente che mi stava fissando
si rigirò e riprese a fare qualsiasi cosa stesse facendo.
Riappoggiai
la testa sul tavolo. Chiusi gli occhi e feci due profondi respiri. Il dolore
stava diminuendo, piano piano.
“Van?
Van, che è successo?!” chiese Albus, inginocchiandosi di fronte a me e
poggiandomi la mano sul ginocchio. Era preoccupatissimo.
“Non…
Non lo so.” risposi, una volta che il dolore svanì del tutto. Rialzai la testa.
Alex
mi stava guardando come… Beh, era preoccupato. Allarmato. Spaventato. Allungò
un braccio verso di me, aprendo la bocca come per dire qualcosa… Poi, con
un’espressione confusa, richiuse la bocca e lasciò cadere la mano.
Antares
mi stava guardando in modo preoccupato, come Albus.
“Qualcosa
non va.” disse, mentre Al si alzava e tornava a sedersi al suo posto.
“Però…
Questo dimostra che abbiamo ragione. Siete proprio… Lily e Scorpius.”
Lily.
Di
nuovo quel nome.
Il
mio nome?
Sicuramente
l’effetto che mi faceva sentirlo… Scuoteva l’anima, non so come dirlo meglio.
La fata e la secchiona si erano girate e mi davano le spalle, come a vedere
l’effetto di quel nome nelle mie più nascoste profondità.
“E’
vero.” disse Antares, e mi diede l’impressione di avere la gola secca “Si
potrebbe fare una pozione per confermare l’identità, ma… E’ evidente.”
Guardò
Alex intensamente. Lui ricambiò lo sguardo, e mi chiesi se le storie sui
gemelli fossero vere… Se riuscissero a leggersi nella mente e tutto il resto.
Ma, forse, dato che erano cresciuti separati per così tanto tempo…
In
quel momento mi resi conto che mi miei genitori non erano i miei veri genitori.
Com’era
possibile?!
Secondo
Albus e Antares eravamo stati rapiti.
No,
non ce li vedevo i miei genitori e quelli di Alex a rapire qualcuno. Che
diamine era successo?!
“Dobbiamo
avvertire i miei. E i tuoi.” disse Albus, girandosi verso Antares.
“Ma
non possiamo smaterializzarci, o passare via camino… Un gufo non può compiere
una traversata oceanica…”
“Forse
se andiamo all’ambasciata… Tramite il Ministero della Magia americano ci
daranno i permessi per…”
“Ma
ci si mette un sacco di tempo, hai idea di cosa ho dovuto fare per poter
arrivare con un ritardo di appena pochi giorni?”
“Però
se diciamo loro che…”
“Ehm.”
Si
girarono tutti a guardarmi, compreso Alex.
“E
fare una telefonata intercontinentale no, eh?”
Albus
si batté la mano sulla fronte.
“Accidenti
Lily… O Van… Insomma, sei un genio!”
Antares
aggrottò la fronte.
“Che
significa quello che ha detto?”
“Usiamo
il cellulare!”
“Ehm…”
“Quell’affare
dove ti ho scritto che sarei andato alla spiaggia! Dai, collega il cervello,
Antares.”
“Oh.”
“Però
credo di non avere abbastanza credito.”
Albus
alzò lo sguardo verso di me, speranzoso.
“Non
guardare me! Sono sempre in bolletta.”
“Pure.”
disse Alex, anticipando la domanda silenziosa.
Gli
angoli della bocca di Albus si piegarono verso il basso.
“Beh…”
dissi “Possiamo sempre andare a casa e usare il fisso. Chissenefrega della
bolletta, dopo… Dopotutto…”
Già.
Fino a quella mattina sarei stata terrorizzata di far incazzare i miei con una
telefonata intercontinentale… Ma avevo appena scoperto che non erano neppure i
miei veri genitori. Come dovevo sentirmi al riguardo?!
Osservai
Alex – Scorpius, ormai era assodato che il suo nome fosse proprio quel nome
ridicolo – e lo vidi confuso, proprio come me. Chissà se stava pensando la
stessa cosa…
“Andiamo,
usiamo la mia macchina.” disse, riprendendosi in fretta.
“E
gli altri?” chiese Albus, piegando la testa verso destra. Per un momento mi
sembrò un gesto strano, ma famigliare, poi lo riconobbi: lo facevo sempre
anch’io, da piccola.
Improvvisamente
mi resi conto che Albus era davvero
mio fratello. Dal punto di vista fisico non avevamo in comune niente, a parte i
capelli mossi… E forse la forma del naso… Però… Era mio fratello, per un secondo
non ebbi alcun dubbio.
“Gli
altri si attaccano.” disse seccamente Alex “Questa cosa mi sembra più
importante.”
Andammo
quindi verso la macchina. Quando salii, sul sedile anteriore, mi resi conto di
quanto fosse cambiata la mia vita – e la visione della mia vita – da quella
mattina. Fino ad allora il mio problema più grande erano stato i miei
sentimenti per Alex – pardon, Scorpius. E adesso scoprivo invece di avere una
famiglia segreta, e che anche Alex – Scorpius – aveva una famiglia segreta, e
che eravamo stati rapiti da piccoli e… Era tutto troppo assurdo.
Ci
fermammo di fronte a casa mia qualche minuto dopo e, con un sospiro, aprii la
porta di per far entrare gli altri.
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Capitolo 11 *** Telefonate ***
Buonasera! =)
Eccomi tornata con un nuovo
capitolo di questa storia =)
Che dire? Vi voglio bene
ragazzi/e =3 (non so se ci siano anche maschietti a leggere XD)
Grazie davvero per tutto il
supporto! =D
Vi lascio alla storia, dai XD
fatemi sapere che ne pensate! =D
Telefonate
Albus
compose titubante un numero di telefono, copiandolo dalla rubrica del
cellulare.
Dopo
qualche squillo rispose una voce femminile.
“Pronto?”
Riuscii
a sentire, dato che ero praticamente spiaccicata addosso ad Albus. Gli eravamo
tutti addosso, in effetti… E credo che Alex mi avesse appena toccato il sedere,
accidenti a lui.
La
fata si mise a ridacchiare, mentre la secchiona lo stava insultando.
Ma
non era il momento per certe cose.
“Ehi!
Rose! C’è zia Herm? Zio Ron? Qualcuno?”
“Sì,
certo. L’America ti ha rincitrullito?! Sono tutti al lavoro, non hanno le
vacanze scolastiche come noi.”
“Beh
e allora rintracciali e chiamali. Anzi, se riesci a rintracciare mio padre è
anche meglio, fammi richiamare a questo numero.”
“E
come diavolo faccio, per le mutande di Merlino?! Sai che sono super super
impegnati o cose simili.”
Per le mutande di Merlino? Seriamente? Non riuscii a soffocare del tutto una mezza risata.
“Che
ne so! Mandagli un gufo, smaterializzati al Ministero! E’ urgente, Rose! Perché
credi che stia facendo una telefonata intecopinentale… O interco…”
“Va
bene, va bene, ho capito! Ti faccio richiamare, aspetta.”
“Ecco,
brava.”
Albus
mise giù il ricevitore e si girò verso di noi.
“Ora
ci tocca aspettare.”
Era
nervoso. Li feci accomodare sul divano, mentre aspettavamo.
“Avete
sete? Fame? Non che abbia patatine o robe simili, se vi accontentate della
frutta…”
Cercai
di mascherare il nervosismo facendo la padrona di casa. Albus scosse piano la
testa. Antares sembrava perso in un mondo suo e fissava Alex – Scorpius.
Quest’ultimo mi ricordò una cosa: “Ma tua madre non dovrebbe arrivare fra
poco?”
Merda!
Guardai
l’orologio appeso sopra la porta della cucina.
“Fra
circa mezz’ora.” dissi, con un filo di voce, sedendomi su una poltrona e iniziando
a giocare con i capelli. Dopo qualche minuti mi accorsi che Albus mi stava
osservando, sorridendo.
Arrossii
senza sapere bene il motivo.
“Che
c’è?” chiesi.
“Lo
fa sempre anche James, quando è nervoso.”
“E
chi è James?”
“Mio
fratello… Tuo fratello.”
“Ah.”
Smisi
subito di giocare con i capelli. Che fossero queste piccole cose, più che il
mio aspetto, ad aver confermato ad Albus che io ero davvero sua sorella… Lily?
Poi mi ricordai che Alex era praticamente la copia sputata di Antares, quindi
non è che avesse avuto poi tutti questi dubbi. Però, su di me… Diceva che
somigliavo a sua mamma. Mia mamma, cioè. Che strano pensarla in questo modo…
Non sapevo neanche il suo nome.
Il
suono del telefono ci fece sobbalzare.
Albus
andò a rispondere, nervoso, e ci trovammo di nuovo come prima tutti spiaccicati
a lui.
“Al?
Che è successo?” chiese la voce di un uomo. Sembrava stanca e preoccupata
insieme.
“Ecco,
papà…”
Papà.
Era anche mio padre?! Beh, a quanto pareva sì. E quella era la sua voce.
“Stai
male? Antares?”
“Non
è nulla di tutto ciò, è solo… Ecco, non so come dirlo…”
“Non
girare intorno alle cose come tuo solito. Dillo e basta, prometto che non mi
arrabbierò qualsiasi cosa abbiate combinato.”
“In
realtà non ti devi arrabbiare di niente, anzi, credo che sarai felice.”
“Dimmelo
e basta, Al! Non ho abbandonato di fretta l’ufficio solo per chiacchierare. E
le intercontinentali costano.”
“Credo
di averli trovati. Anzi, ne sono certo.”
La
voce di Albus era un sussurro. Probabilmente faticava ancora a crederci lui
stesso.
“Trovati?
Ma di che parli?”
“Lily
e Scorpius.”
Lily.
Di
nuovo quel nome. Il nome che mi scuoteva nel profondo e faceva acquistare un
senso definitivo a tutto quello che mi aveva detto Al, compresa la storia
assurda sulla magia.
Osservai
di sottecchi Alex – non senza una certa difficoltà, dato che era dietro di me –
e mi chiesi se anche lui sentiva rimbombare il suo vero nome nell’anima.
Ci
fu una pausa abbastanza lunga dall’altra parte della cornetta.
“Non
è divertente, Al.”
“Ma
è la verità! Sono qui con me, adesso! Gliel’ho detto, Scorpius è la copia
sputata di Antares e Lily quella di mamma, e sanno fare magie! Anche se è un
po’ complicato e…”
La
voce gli morì, e Albus aspettò invano una risposta. Forse temeva che suo padre
– mio padre – fosse svenuto.
“Dovete
venire subito. Tu, la mamma, i genitori di Antares… Dovete venire subito, e
allora mi crederete.”
“Saremo
lì domani.” rispose infine la voce, e suonava strana.
“Perfetto.”
Albus
chiuse la comunicazione e noi ci separammo.
“Così…
Domani… Li conosceremo?” chiese Alex. Anche lui aveva una voce strana, e cosa
ancor più strana cercò la mia mano e me la strinse.
Antares
gli toccò un braccio.
“Credo
di sì. Bisogna capire un sacco di cose, però: ad esempio come avete fatto a
finire qui, con… Questi genitori.”
Rimasi
molto turbata dalle sue parole, ed istintivamente mi aggrappai più forte alla
mano di Alex.
Scorpius, corressi mentalmente.
Era
tutto così assurdo.
“Potete
lasciarci soli?” chiese Alex, senza guardare né me né gli altri negli occhi.
Albus
e Antares si guardarono, nervosi, e poi vidi Al lanciare un’occhiata
preoccupata alle nostre mani intrecciate.
“Sì,
certamente.” disse infine, prendendo Antares ed uscendo dalla porta.
Adesso
eravamo soli, e io mi chiesi cosa dovesse dirmi.
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Capitolo 12 *** Reazioni emotive ***
Ecco qui il capitolo, come
promesso! =)
Bando alle ciance, che ne
pensate? u.u Recensite, recensite! u.u
Buona lettura =)
Reazioni emotive
Mezzo
secondo dopo la porta di casa si riaprì ed entrò mia madre, facendomi
sobbalzare.
Meredith
si bloccò un secondo sulla porta, poi osservò le nostre mani intrecciate e fece
un sorrisetto furbo.
Non
la vidi. Guardavo la donna che avevo davanti, che avevo sempre creduto mia
madre…
Bugie.
Non
erano altro che bugie: avevo vissuto una vita di menzogne?!
Mi
riscossi in fretta.
“Io…
Ehm… Devo prestare il libro di matematica a Sc… Alex. Ecco. Ciao!”
Scusa
patetica, lo sapevo. Avrebbe sicuramente pensato il peggio, soprattutto viste
le nostre mani intrecciate, ma non mi interessava. Sarebbe stato sicuramente
meglio il suo peggio, che quello che
era accaduto realmente.
E
in quel momento i miei sentimenti contrastanti per Alex… Erano scivolati molto
in basso nella scala della priorità.
Bugie. Tutta la mia vita è una bugia.
Trascinai
Alex in camera mia. Chiusi la porta e mi girai verso di lui.
“Cosa
mi dovevi dir…?”
Mi
bloccò assalendomi, letteralmente. Mi ritrovai la sua bocca sulla mia, le sue
mani dietro la schiena, il mio corpo stretto fra il suo e la porta…
Oh,
beh, forse il peggio di Meredith dopotutto aveva un fondamento.
Lo
capii. Scollegai la testa, lasciando una fata esultante e una secchiona
scandalizzata, e mi buttai in quel bacio meraviglioso e sbagliato insieme.
Era
un modo per affrontare il dolore, la confusione: per non pensare e per andare
avanti. Per distrarsi da tutto il resto. E forse c’era di più, ma non osavo
sperarlo… Non osavo neanche prendere in considerazione l’idea.
In
ogni caso, eravamo uniti da un destino beffardo e da un’identità segreta e
nascosta.
Soli,
senza più radici… Non potevamo far altro che stringerci forte, l’uno all’altro.
Fu
con questo spirito che lo baciai. Che aprii le labbra cosicché potesse entrarci
con la lingua, che alzai le braccia per circondargli il collo per stringerlo a
me, che feci aderire il mio corpo al suo.
Non
importava che fosse sempre stato un bulletto stronzo, non importava che mi
avesse sempre preso in giro, non importava neppure che fosse così dannatamente
bello: eravamo soli, catapultati in una realtà fantasiosa e assurda – la magia, accidenti, la magia! – ed era
necessario trovare conforto in noi, in una qualsiasi forma di contatto.
Quasi
non sentii il campanello suonare.
“Van,
è Tanya!” urlò mia madre dall’ingresso, sicuramente per evitare di aprire la
porta e trovare una situazione spiacevole.
No, non è mia madre.
Mi
staccai da Alex, ansimando per l’urgenza del nostro bacio appassionato.
Senza
dire nulla uscii dalla camera, lasciandolo lì.
Accidenti,
cosa avrei detto agli altri?! Cosa avrebbe detto lui ai suoi amici?! Come
giustificare?! Nascondere o no la realtà?! Come potevo decidere da sola senza
consultarmi con Alex?!
Tanya
mi guardò con un’espressione preoccupata.
“Van?
Che…?”
Scossi
leggermente la testa. Meredith era andata in cucina, sì, ma poteva sempre
sentirci. Ed io non avevo intenzione di parlare, non senza prima conoscere il
parere di Alex. Non senza prima fare ordine nei miei sentimenti, in come mi
sentivo al riguardo di tutta questa storia.
“Che
hai fatto alle labbra?”
Oddio.
Cos’avevo adesso alle labbra? Mi portai una mano sul viso, ma non sentii niente
di strano.
“Nulla.
Cosa dovrei aver fatto?”
“Sono
gonfie e… Va beh, non importa. Comunque ti ho portato il borsone, l’hai
lasciato in spiaggia. Ho anche quello di Alex, ma prima volevo passare da te
e…”
“Lascia
pure tutto a me. E’ qui.”
“Chi?”
“Alex.”
“Oh.”
Improvvisamente
Tanya si fece sospettosa. Guardò di nuovo le mie labbra, parzialmente coperte
dalle dite, e un lampo di comprensione le attraversò il volto.
“No.”
intervenni, bloccando sul nascere l’espressione entusiasta “Non è come pensi.”
Presi
i due borsoni e le chiusi praticamente la porta in faccia, mentre stava per
farmi una carrellata di domande.
Non
era il momento. Non era il luogo.
Era
tutto così sbagliato.
Tornai
in camera con le borse.
“Van,
io…” disse Alex, improvvisamente dubbioso.
Voleva
parlarne?! Voleva seriamente
parlarne?!
No,
non oggi.
Mi
ributtai addosso a lui con improvvisa urgenza.
Alex
rimase stupito per un secondo dal mio assalto, poi mi strinse a sé e riprese a
baciarmi.
Per
altri infiniti, meravigliosi istanti si annullò tutto.
Poi
finì anche quel bacio.
Alex
mugugnò qualcosa, ad occhi chiusi, e cercò di nuovo le mie labbra.
Ci
baciammo ancora. E ancora. E ancora.
Dopo
quelle che mi parvero ore, ci staccammo definitivamente.
“Io…
Io… Scusami, io… Devo andare…” mi disse, confuso.
Io
annuii e lo riaccompagnai alla porta. Prima di uscire si girò e mi fece
scorrere due dita sulla guancia destra.
Chiusi
la porta e mi sentii invadere da un qualcosa di non ben definito. Dolore,
rabbia, emozione, eccitazione, inadeguatezza… Stavo per scoppiare, lo sentivo.
Stavo per avere una grandissima crisi emotiva.
La
fata e la secchiona, nella mia mente, si girarono per affrontare l’enorme
ondata di sentimenti che mi stava per piombare addosso, armate fino ai denti e
con un giubbotto di salvataggio addosso.
“Van?”
mi chiamò Meredith, uscendo dal salotto e trovandomi in quello stato, pronta ad
esplodere.
Me
ne andai in camera, mentre le lacrime iniziavano a scorrere sul mio viso.
“Van,
va tutto bene? Alex ti ha fatto qualcosa?”
Sei tu il problema, non Alex.
“Niente.
Io… Non ho fame.” risposi, cercando di non far vedere le mie lacrime. La mia
voce era maledettamente strana.
“Ok…
Ehm… Sai che puoi dirmi ogni cosa, vero?”
No, non è vero. Tu non sei mia madre.
Dovevo
solo chiudere la porta dietro di me. Sorprendendomi, Meredith mi afferrò il
braccio e mi fece girare, stritolandomi in un abbraccio.
“Ti
voglio bene, piccola mia.”
Dovevo
trattenermi. Ancora un po’.
Le
rivolsi un falsissimo sorriso lacrimoso e le chiusi fuori dalla mia camera,
buttandomi poi sul letto.
E
lì scoppiai a piangere disperatamente.
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Capitolo 13 *** La verità ***
Ecco a voi il capitolo u.u
Ditemi se si capisce o meno
cosa è successo a Lily… (e quindi anche a Scorp) perché la cosa di per sé è
semplice, però non si sa mai… Siete curiosi, vero? =D
E allora ringrazio chi mi
segue/preferisce/ricorda e chi recensisce, e vi lascio al capitolo! =D
Buona lettura =)
La verità
Mi
svegliai indolenzita.
Non
mi ero neppure accorta di essermi addormentata, la sera prima.
Andai
in bagno e, con un gemito di orrore, vidi che la mia faccia era impresentabile:
gli occhi gonfi e rossi, i capelli in disordine come al solito. Esattamente la
faccia di una che si era addormentata piangendo.
Mi
arresi alla doccia. Una volta pulita, profumata, vestita e pettinata… Guardai
il cellulare.
Erano
le sei e mezza di mattina. Accidenti! Così presto?! Vidi anche circa cinque
messaggi di Tanya:
Ehi Van! Ma si può sapere che è
successo?!?!
E poi mi devi spiegare chi era quel
tizio uguale ad Alex.
Van, siamo tutte preoccupate, perché non
rispondi?
Van, se entro domani mattina non hai
risposto ti piombo in casa, anche se sono appena le otto.
Siamo in ansia! Vuoi rispondere?!?!?
Scrissi
un breve sms di risposta:
Sono viva. Mi ero solo addormentata.
Comunque non voglio parlarne, almeno… Credo che lo saprete presto.
C’era
anche un messaggio di Albus, di pochi minuti prima:
I miei e i genitori di Alex sono
arrivati. Preparati perché appena sistemiamo le cose con i pulizziotti veniamo.
Il
mio cuore fece un tuffo. Sarebbero venuti?! Avrei conosciuto i miei veri
genitori?!
Non
ero pronta. Ero ancora confusa, preoccupata, in crisi… Come potevo farcela?!
Non sapevo ancora se credere o meno ad Albus… Anche se la cosa della magia non
lasciava spazio a molti dubbi, in effetti.
Magia… Che cosa assurda, pensai.
Osservai
uno dei libri che erano sopra la scrivania. Allungai una mano come per
prenderlo, ma cercando di farlo volare da me… No, non ci riuscivo. Il solo
pensiero di rifare quella cosa mi
faceva tremare e mi riportava alla mente il dolore.
Era
troppo.
Per
distrarmi la fata si affacciò nella mia mente e mi chiese spiegazioni in merito
al giorno prima, quando io e Alex – Scorpius, maledizione, Scorpius! – ci
eravamo baciati.
Non
sapevo che dire.
Era
sicuramente stato uno sfogo, giusto o sbagliato che fosse… Ed era successo.
Chissà cosa pensava lui?! Era stata la cosa di un momento?! O aveva più
importanza?!
Il
suono del campanello mi fece sobbalzare.
In
quel momento mi arrivò un messaggio, da Albus:
Siamo arrivati. Non vedono l’ora di
vederti, Van… Ma ci sarà da sistemare le cose con i tuoi altri genitori.
Erano
arrivati.
I
miei veri genitori erano a meno di cinque metri da me.
Non
li volevo vedere, non subito. Non ero pronta. Non sapevo…
Il
campanello suonò di nuovo, e sentii Robert borbottare qualcosa in merito
andando ad aprire.
“Chi
accidenti è che disturba a quest’ora del mattino?”
Ovviamente
si era alzato dal letto apposta. Era ancora in pigiama.
Sentii
delle voci provenire dall’ingresso, poi la porta richiudersi. Robert passò di
nuovo davanti alla mia stanza – che era chiusa – per tornare in camera. Lo
sentii dire qualcosa a Meredith, e dopo qualche minuto entrambi tornarono di
là.
Il
mio cuore batteva all’impazzata.
I miei veri genitori.
Dovevo
sapere.
Con
uno scatto mi alzai, spalancai la porta e piombai in salotto.
Erano
ancora tutti in piedi.
Vidi
Albus, che mi sorrise nervosamente, due uomini sconosciuti e poi…
Eccoli.
Erano loro, non c’era alcun dubbio.
Mio
padre era identico ad Al, solo più vecchio.
Mia
madre era identica a me, solo più vecchia e con i capelli lisci e di una
tonalità rossa più aranciata.
Lei
si portò le mani al viso e le si riempirono gli occhi di lacrime. Lui invece mi
guardava sbalordito, la bocca mezza aperta.
“Io
ve l’avevo detto.” disse improvvisamente Albus, spezzando l’atmosfera immobile
che si era creata.
Mia
madre corse ad abbracciarmi ed io notai sullo sfondo Meredith che sbiancava e
si sedeva.
L’odore.
Profumo
di vaniglia, profumo di pelle… Profumo di casa.
L’odore
di mia madre di insinuò nella mia anima come solo il mio vero nome – Lily – era
riuscito a fare.
Mi
scosse nel profondo, facendomi diventare gli occhi lucidi.
“Lily,
bambina mia!” esclamò, staccandosi da me e prendendomi il volto fra le mani.
Piangeva.
“Signori.”
disse uno degli uomini, mentre anche mio padre si avvicinava a me, commosso
“Non ci risulta che voi abbiate adottato questa ragazza quando era una bambina.
Il certificato di nascita è falso, senza dubbio. Come potete spiegarlo?”
Dolcemente
mi scostai da i miei genitori: ci sarebbe stato tutto il tempo, dopo.
Mi
piazzai di fronte a Meredith e Robert: volevo una spiegazione, me la meritavo.
Dovevo sapere il perché…
Meredith
mi rivolse uno sguardo supplicante. Robert guardava duramente di fronte a sé.
“Noi…
Noi… Oh, Van, io e una mia amica abbiamo avuto un incidente, anni fa…”
“Intendi
la mamma di Alex?” la mia voce era piatta, dura.
Meredith
aprì la bocca, sorpresa.
“Signora,
non cerchi di proteggerla. Sappiamo tutto: anche loro hanno falsificato il
certificato di nascita del figlio, proprio come voi. Ora dobbiamo solo sapere
perché.”
Meredith
mi stava guardando in modo supplichevole, mentre io ero impassibile.
“Io
e Bry abbiamo avuto un incidente.” riprese poi, con un filo di voce “E abbiamo
riportato delle conseguenze. Noi… Non avremmo più potuto avere figli.”
Strinsi
le labbra. Questo ancora non spiegava tutto.
Ma
Meredith non sembrava reggere, perché scoppiò a piangere e si coprì il volto.
Robert
la circondò con le braccia e riprese il racconto.
“Noi…
Siamo entrati in contatto con degli uomini, per vie traverse. Ci hanno
proposto… Un affare.”
“Un
affare? Che genere di affare?”
La
voce di Robert si ruppe.
“Bambini.
Ci avrebbero dato i figli che volevamo, facendoci saltare tutto l’iter
burocratico dell’adozione. Ovviamente dietro pagamento.”
Mi
sentii trasportare lontano.
Comprata.
Ero
stata comprata. Strappata alla mia vera famiglia per soddisfare un desiderio di
sconosciuti.
Sentii
il disgusto invadermi. Repressi un conato di vomito.
“Noi
non avevamo idea… Ci avevano detto che erano orfani. Che li avremmo salvati.”
Non
era vero.
Era
solo un brutto sogno, domattina mi sarei svegliata e avrei trovato Tanya ad
assillarmi per via di Alex, o cose simili.
Non
poteva essere vero.
Eppure
lo era.
Non
mi resi neanche conto delle mie azioni.
Ad
un certo punto sentii l’aria sul viso mentre qualcuno gridava il mio nome, e mi
trovai fuori, in giardino.
Correvo,
via da quella realtà totalmente sbagliata.
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Capitolo 14 *** Reazioni e decisioni ***
Eccomi qui a deliziarvi (?)
con il nuovo capitolo XD
Bando alle ciance, leggete e
fatemi sapere! =D
Reazioni e decisioni
Feci
solo pochi passi.
Sentii
qualcuno prendermi il polso e cercati di divincolarmi, inutilmente.
“Van.”
sentii dire, piano.
Era
Alex.
Mi
girai, con le lacrime che ormai avevano strabordato.
“NON
CHIAMARMI COSI’!” esclamai, arrabbiata come non mai.
Non
ero solo arrabbiata, ero anche… Confusa, spaventata, sopraffatta.
Alex
mi tirò verso di sé e mi strinse fra le braccia.
Feci
appena in tempo ad accorgermi di Albus ed Antares che ci guardavano, a
distanza, poi mi trovai a piangere sul petto di Alex.
“Lily.”
disse piano lui, cullandomi.
Aveva
poggiato le labbra sui miei capelli, e dondolava piano mentre io mi sfogavo
totalmente, incurante del fatto che qualcuno – oltre ad Al e ad Antares –
potesse vederci.
Di
nuovo quel nome mi penetrò nelle ossa, nell’anima. E aveva il suono della voce
di Alex, quindi mi toccò anche le corde del cuore.
Era
troppo.
Mi
sciolsi nel suo abbraccio, mi lasciai andare totalmente. Lo strinsi a me come
se fosse l’unica ancora in mezzo ad una tempesta, ed in effetti era proprio
così. Lui era il punto fermo, colui che doveva sopportare, con me, cose più
grandi.
Non
eravamo pronti.
Se
solo fossi stata un po’ più lucida mi sarei resa conto che anche per lui non
era facile. Eppure non era lui quello che piangeva e si disperava, bensì… Stava
consolando me.
Dopo
un tempo che mi parve infinitamente lungo smisi di piangere. Restai
accoccolata, cullata, fra le braccia di Alex ancora qualche minuto. Mi impressi
nella memoria il suo odore, mischiato a quello delle mie lacrime. La sua
stretta, le sue labbra sui miei capelli… Poi, piano, mi staccai.
“S-scusa.”
mormorai, con gli occhi bassi.
Alex
mi prese il mento e lo alzò.
“Non
ti scusare. Va tutto bene?”
I
suoi occhi erano strani, erano… Preoccupati. Per un folle momento mi chiesi se
fosse veramente Alex, e non per caso Antares.
“Sì,
va bene… E tu?”
Fece
una smorfia strana, come un sorriso triste.
“Bene,
io… A quanto pare Antares è davvero il mio gemello. Somiglio molto a mio padre,
sai?”
Ridacchiai.
Aspetta… Sto ridacchiando davvero?! Mi
sa che sono in preda ad una crisi isterica, pensai.
“E
io sono la copia di mia madre!”
Alex
ghignò. Il suo solito ghigno, non c’era alcun dubbio.
Poi
si fece più serio.
“E
quindi… Ora che si fa?”
“Ora
verrete a casa con noi, no?” chiese Albus, avvicinandosi con Antares.
Aggrottai
le sopracciglia.
Andare
a casa con loro? In Inghilterra?
Albus
si fece un attimo più titubante.
“Cioè…
Sempre che lo vogliate.”
Alex
guardò prima me e poi suo fratello, annuendo piano.
“Io
vengo. Non ho più una famiglia… Qui. Sempre se… Se vieni anche tu, Lily.”
Tornò
a fissarmi negli occhi, intensamente.
La
fata e la secchiona, che erano state buone buone fino ad allora, si affacciarono
timidamente nella mia mente. Entrambe avevano un’espressione speranzosa, cosa
che mi lasciò alquanto perplessa.
“Beh,
io… Io credo che verrò. Però devo parlare con Tanya e… Le altre.”
Albus
fece un sorriso a trentadue denti.
“Fantastico!
Vado a dirlo a mamma e papà! Venite anche voi?!”
“Io
vado a chiamare i miei e ci troviamo da te, ok?” disse Antares.
Annuii,
poi mi incamminai verso casa. Alex – o meglio, Scorpius, dovevo proprio
abituarmi a chiamarlo così – mi prese per mano e si avviò con me e Albus.
Appena
tornammo in salotto vidi che i miei genitori erano in manette. Quelli che avevo
sempre creduto i miei genitori, per lo meno.
Non
sapevo come sentirmi, al riguardo.
Meredith
piangeva. Robert aveva un’espressione sofferente.
Mi
guardarono entrambi, ed io voltai loro le spalle, decisa.
Sentii
un singhiozzo più forte, poi nulla.
Vidi
il mio vero padre sedersi sul divano, esausto. Si prese la testa fra le mani e
poi iniziò a scuoterla, ridacchiando in modo strano. Mia madre, invece, era in
piedi davanti a lui e mi guardava, ancora con le lacrime agli occhi.
Mi
avvicinai di qualche passo mentre Harry mormorava qualcosa, fra una risata e
l’altra.
“Per
tutto questo tempo… Abbiamo interrogato tutti gli ex Mangiamorte… Cercato
persone invasate che avrebbero potuto instaurare un nuovo regime di terrore… E
invece… Era una cosa babbana…
Assurdo…”
“Lily…”
disse Ginny, allungando una mano verso di me.
In
quel momento sentii la porta aprirsi di nuovo, così mi girai.
Scorpius
– sì, ce l’avevo fatta a chiamarlo con il suo vero nome! – e Antares erano
davanti a quelli che, indubbiamente, erano i loro genitori. Sembravano tutti un
po’ nervosi.
“Ecco,
io… Noi…” iniziò Scorpius, titubante.
Mi
schiarii la voce.
“Noi
vorremmo venire con voi.” conclusi.
“Esatto.”
Scorpius
mi si avvicinò.
“Dobbiamo,
insomma, parlare con i nostri amici, però… Non abbiano nessun altro, qui. E
poi… Vogliamo capire, conoscervi. Almeno questo vale per me.”
“Vale
anche per me.”
Mia
madre scoppiò di nuovo a piangere e venne ad abbracciarci, seguita a ruota
dalla madre di Scorpius e poi dai nostri padri… E da Albus e Antares. Stavamo
per soffocare.
Quando
si staccarono, Ginny posò le sue braccia sulle mie spalle.
“Prendetevi
tutto il tempo che occorre, naturalmente.” disse, ancora commossa.
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Capitolo 15 *** Parlare a tutti ***
Visto che sono BBB (bella,
brava e buona) vi posto un altro capitolo u.u
Contente? u.u
Oggi devo festeggiare il
fatto di aver preso un mouse nuovo - finalmente! XD –, le cuffie per l’mp3 – le
altre mi erano purtroppo decedute – e, soprattutto… Di aver finito di scrivere
la Dramione! XD (ci trovate pure lì una Lily/Scorp di sottofondo, però la mia
storia è a rating rosso, quindi… Non so chi possa leggere ò.ò).
Bando alle ciance, ringrazio
come sempre chi mi segue/preferisce/ricorda e chi recensisce =)
Buona lettura! =D
Parlare a tutti
Mi
misi d’accordo con Tanya e le altre, mentre Scorpius faceva lo stesso con i
suoi amici.
Alla
fine ci trovammo poche ore dopo nello stesso bar dove erano avvenute le grandi
rivelazioni: io, Scorpius, Albus, Antares e tutti gli altri.
Tutte
le mia amiche e i due amici di Scorpius guardarono in modo scettico Antares.
“Veniamo
alle presentazioni.” iniziò Albus, spezzando la tensione “Mi conoscete già,
comunque sono Albus. Albus Severus Potter, per essere precisi.”
Potter.
Era
quello il mio cognome?
“E
lui è un mio amico, Antares. Antares Cronos Malfoy.”
Malfoy.
Il
cognome di Al… Scorpius, accidenti. Malfoy: niente male. Il secondo nome di
Antares mi fece ridere, invece.
Ci
fu un mormorio di “Piacere di conoscerti.” da parte degli altri.
Sospirai,
e tutti gli occhi mi si puntarono addosso. Che accidenti…?!
“Ok,
sganciamo la bomba, tanto vale.” dissi, distogliendo lo sguardo, a disagio.
Tanya
allungò una mano sotto al tavolo, stringendomi il ginocchio in segno di
conforto. Come sempre, essendo la mia migliore amica, aveva capito che
ribolliva qualcosa di grosso in pentola, e che c’ero dentro fino al collo.
“A
quanto pare io e… Van… Non siamo chi credevamo di essere.” mi venne in aiuto
Scorpius.
Riportai
lo sguardo sugli altri.
“Il
mio nome è Lily.” dissi.
“Lily
Luna.” mi corresse Albus, ed io lo guardai sorpresa.
“Luna?”
“Oh,
è una storia lunga, Luna sia come la tua madrina che in onore di Lunastorta, un
amico del nonno.”
Aggrottai
la fronte, perplessa.
“Sempre
meglio di Scorpius, non trovi?” chiese Alex, guardandomi e ghignando.
In
quel momento capii che stava cercando di distrarmi, di sdrammatizzare, e gliene
fui immensamente grata.
“Ehm,
in realtà sarebbe Scorpius Hyperion.” disse Antares, fingendo un colpo di
tosse, con un luccichio divertito negli occhi.
Scoppiai
a ridere.
“Hyperion!
E’ quasi peggio di Cronos! Oddio.”
“Ehi!”
protestò Antares, facendo finta di offendersi.
“Insomma!”
urlò Oliver, sbattendo le mani sul tavolo “Qualcuno ci vuole dire che sta
succedendo?!”
Subito
sentii il mio sguardo farsi duro, cercando di trattenere la tristezza.
“Io
e Scorpius non siamo i veri figli dei nostri genitori. Loro… Ci hanno
comprato.”
Scese
un silenzio di tomba.
“Ma
come… Come è…?” iniziò a chiedere Leah, annaspando, dopo qualche secondo. Gli
altri erano ancora allibiti.
“E’
così.” rispose Scorpius, anche lui con lo sguardo duro “Albus ci ha riconosciuto
subito, nonostante siano passati anni, soprattutto per via di Antares… Sapete,
è il mio gemello, ma credo che si veda.”
“Hanno
già fatto tutti i controlli.” aggiunsi “I nostri altri genitori sono stati
arrestati, e noi… Noi abbiam deciso di andare a casa. La nostra vera casa. Nel
Regno Unito.”
“Il
Regno Unito?!” esclamarono in coro Leah, Carly, Mattew e Oliver. Tanya si
limitò a stringermi di più il ginocchio, artigliandomelo.
“Ahi!”
esclamai. Lei si staccò da me.
“Scusa.”
disse “E’ solo che io… Io…”
Gli
occhi le si riempirono di lacrime.
“Tanya…”
iniziai, titubante.
Lei
mi si buttò letteralmente al collo.
“Oh,
mi dispiace tanto, Van! No, cioè, Lily! Insomma! Ma che storia è questa?! Le
cose così accadono nei telefilm, non nella vita reale!”
La
strinsi a me.
Forse
Tanya era così sconvolta perché non vedeva in me quella reazione. O forse
perché stavo per andarmene lontano.
“Non
fare così, Tanya. Ormai è successo. Io… Non ci credevo neanche io, non finché
non ho visto Antares, comunque. Però… Dai, non ti disperare. Ci sentiremo per
mail.”
Era
assurdo: stavo davvero consolando la mia amica per tutto questo? Da quando si
erano invertiti i ruoli?
Comunque
il ritrovo non durò a lungo.
Nei
giorni seguenti le mie amiche mi aiutarono a fare i bagagli, conobbero i miei
veri genitori e quelli di Scorpius, si abituarono ad usare il mio nuovo nome… E
promisero di restarmi amiche per sempre, di scrivermi.
Partimmo
una settimana dopo, dopo aver risolto un qualche ‘problema burocratico’, come
diceva Harry. Tutti i nostri amici ci accompagnarono all’aeroporto, ma noi,
dopo essere passati dal check in, attraversammo una parete e ci trovammo
all’interno di un grosso ufficio.
“Ecco
a voi la vostra Passaporta… E qui c’è la vostra.” ci disse un uomo baffuto e
corpulento “Buon viaggio.”
Osservai
stranita il giornale che Albus aveva preso, già scombussolata dall’aver appena
attraversato una solida parete di roccia come niente.
Magia, pensai, a mo’ di imprecazione.
“Con
questa saremo a casa in un batter d’occhio, Lil! I nostri bagagli sono già là
che ci aspettano. Oh, vedrai i salti di gioia che farà James!”
Albus
non la smetteva di parlare, di descrivermi la nuova casa, la nuova vita…
“Lily,
tesoro, metti un dito sul giornale.” mi disse mia madre, sorridendomi
gentilmente.
Un
po’ dubbiosa feci come mi aveva detto ed alzai gli occhi, incontrando quelli di
Scorpius a pochi metri di distanza.
Furono
l’ultima cosa che vidi poco prima di sparire.
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Capitolo 16 *** Una nuova vita ***
Eccomi qui con un nuovo
aggiornamento u.u
Ultimamente ho un sacco di
storie in mente da scrivere ò.ò solo che ho gli esami settimana prossima, non
posso farlo! D= *ma lo faccio lo stesso u.u*
Siccome sono stanca e sto per
addormentarmi al pc vi saluto ringraziando chi segue/preferisce/ricorda e chi
recensisce =)
Buona lettura, vi lascio al
capitolo! =D
Una nuova vita
Arrivammo
nel giardino di una villetta a schiera come tutte le altre.
Albus
spalancò la porta per farmi entrare e mi ritrovai subito soffocata da due
enormi braccia.
“Jamie!
Lasciala respirare!” disse Ginny.
Si
sentì un borbottio, poi riuscii di nuovo a guardarmi intorno. Le braccia
appartenevano ad un ragazzo abbastanza corpulento, con dei fantastici capelli
arancioni e i miei stessi occhi.
“La
mia sorellina perduta! Sei sana e salva!” esclamò il ragazzo, con un sorriso a
trentadue denti.
“E
a quanto pare non più tanto perduta.” risposi, sogghignando. Quel tipo mi
andava a genio, com’era che si chiamava? James?
“Lui
è James Sirius, Lily, tuo fratello maggiore.” mi disse Harry.
“Tanto
piacere! A quanto pare io mi chiamo Lily Luna, anche se prima mi chiamavo
Evanna.”
“Evanna?
E che nome è?”
“Sempre
meglio di Albus Severus, non trovi?” sogghignai.
“Ehi!”
protesto Al, sentendosi chiamato in causa.
“Ragazzi,
che ne dite di spostarci dall’ingresso?”
Seguimmo
tutti il consiglio di Ginny – il consiglio di mamma – e poco dopo mi fecero fare un giro turistico della casa.
Era una villetta normale, con un salottino, una cucina ampia, quattro camere e
tre bagni.
“Tu
hai un bagno collegato alla tua stanza: quando sei nata ho pensato che fosse
più giusto riservalo ad una ragazza.” mi spiegò mia madre, poco prima di aprire
la porta della mia camera. Albus e James erano dietro di me, mentre Harry era
andato al Ministero per ‘sistemare alcune faccende’ che mi riguardavano.
Mi
si strinse il cuore. La mia camera era stata tenuta esattamente come doveva
essere quando ero piccola: un lettino per bambini, una scrivania e un armadio
molto colorati, stelline appese sul soffitto, le pareti dipinte con animali che
si muovevano… Si muovevano?!
Magia, ma di che mi stupisco, pensai.
In
mezzo a tutto questo, su un tappeto colorato dove lettere e numeri si inseguivano,
erano poggiati i miei bagagli.
“Beh…
L’arredamento è da rifare. Se vuoi possiamo andare domani a comprare qualcosa a
Diagon Alley… Tutto quello che vuoi. Stanotte Albus ti ha gentilmente concesso
l’uso della sua stanza.”
Annuii,
un po’ stranita: non mi sentivo a mio agio nel farmi comprare cose da quella
mia nuova famiglia… Eppure, non potevo fare altrimenti.
Anche
il bagno si rivelò fatto su misura per una bambina, con tende della doccia a
stampi di principesse, un copri water simpatico e uno sgabello per arrivare al
lavandino, ma i mobili erano ‘normali’ e quindi adattabili in molto meno tempo.
“Oltre
ai nuovi mobili, c’è qualcosa che vorresti?” chiese Ginny, gentile.
“Ecco…”
iniziai, titubante. Eppure non potevo non chiederlo: era fondamentale,
soprattutto per restare in contatto con gli altri “Voi non avete internet,
vero?”
“Inter…
Che?” chiese Albus, piegando la testa.
“E’
una cosa Babbana, vero?” intervenne James, con l’aria di chi la sa lunga.
“Babbana?”
chiesi, perplessa.
James
si batté una mano sulla fronte.
“Giusto,
tu non sai… Si chiamano Babbani tutti quelli che non hanno poteri magici.”
“Oh.
Comunque sì, è una cosa Babbana, ma molto utile.”
“Beh,
possiamo provare a chiedere a zia Hermione, magari sa come fare per averlo…”
“A
proposito di zia Hermione, perché tutto il parentado non è qui a vedere la
novità?” chiese Albus.
Ginny
sospirò.
“Non
credi che sarebbe stato davvero troppo, per Lily? Ho chiesto alla nonna di
lasciarla in pace almeno fino a domenica, poi ci sarà un pranzo alla Tana.”
La
Tana?
“E’
così spaventoso il parentado?” chiesi, preoccupata.
Tutti
scoppiarono a ridere.
“Oh,
no! E’ solo… Tanto.” rispose mia madre.
Iniziavo
seriamente a preoccuparmi.
“Mamma
ha cinque fratelli. Cioè, erano sei, ma uno è morto in guerra…”
“Guerra?
Che guerra?”
James
si batté di nuovo una mano sulla fronte.
“Merlino!
E’ vero che tu non puoi sapere! Eppure è così assurdo, dato che è stato nostro
padre che ne ha permesso la fine…”
Eh?
“Dai,
ragazzi, non annoiamola ora con un racconto triste… Lily, puoi fare la doccia
qui o in uno qualsiasi degli altri bagni, se vuoi riposarti un po’… Poi vai
pure nella stanza di Al, o vacci direttamente, ma puoi stare anche in salotto,
insomma… Fai quello che vuoi.”
“Mamma,
sei troppo ansiosa!” la rimproverò Albus.
Lei
gli scoccò un’occhiataccia che lo fece impallidire.
Avevo
seriamente voglia di ridere, ma ero anche molto stanca. Tutto era nuovo,
inoltre il fatto che gli altri – non
riuscivo più a chiamarli ‘mamma’ e ‘papà’, né a pensare a loro come dei
genitori – mi avessero comprato e strappato alla mia famiglia… Bruciava ancora.
Erano
troppe novità tutte in una volta.
Decisi
di rilassarmi un po’: mi feci una doccia – usando il ‘mio’ bagno –, dormii
mezz’oretta e poi mi feci raccontare da James e Albus la famosa guerra e alcuni
aneddoti di famiglia.
Ero
spaventata, tutta quella gente aveva sofferto per il mio rapimento e non vedeva
l’ora di conoscermi, eppure ero anche stranamente entusiasta: non avevo mai
avuto una grande famiglia prima d’ora.
Quella
prima notte non dormii molto: era tutto nuovo, ero spaesata, ero nel letto di
Albus e i miei pensieri vagavano fra i miei amici in America, la mia nuova
famiglia, gli altri e, infine,
Scorpius. Chissà dov’era? Certo, a casa sua, ma com’era? Si trovava bene?
Non
avevo modo di contattarlo, anche perché le sim dei nostri cellulari erano
americane e quindi avremmo potuto comunicare solo pagando cifre esorbitanti… E
io non avevo credito sul cellulare, come sempre. Inoltre ero senza internet,
quindi anche il mio bellissimo pc era inutilizzabile. Però mi sarebbe piaciuto
poterlo rivedere… Senza contare che c’erano troppe cose non dette fra noi.
Prima o poi ci saremmo dovuti chiarire.
Il
giorno dopo andai con Ginny e i miei fratelli – che praticamente mi seguivano
ovunque, avidi di conoscermi – a comprare i nuovo mobili della mia stanza. Il
negozio in cui andammo era indubbiamente magico: c’erano ad esempio armadi che
attiravano i vestiti sparsi per la stanza e li riponevano al posto giusto,
letti per i più piccini con una ninna nanna inclusa per quando si dovevano
addormentare, scrivanie con disegni che si rincorrevano… Ero affascinata, ma
scelsi comunque cose che non dessero molto nell’occhio – e che costassero
relativamente poco, da quanto potei capire, dato che si pagava in galeoni e non
in dollari o sterline – sempre pensando ad eventuali videochiamate con Tanya e
le altre: non potevo dir loro della magia.
Ginny,
una volta a casa, ridipinse le pareti con un semplice gesto della bacchetta –
di rosso, sotto mia espressa richiesta – e, sempre con la bacchetta, posizionò
i mobili nuovi e fece sparire quelli vecchi.
Passai
il resto della giornata a sistemare le mie cose – aiutata dai miei due
immancabili fratelli – e a chiacchierare con loro, apprendendo sempre di più
del mondo della magia, dal quale ero ovviamente stata esclusa. Anche James si
dimostrò preoccupato dal mio dolore nell’eseguire magia spontanea, e mi
ripromisi di parlarne con i miei genitori al più presto.
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Capitolo 17 *** La nuova vita di Scorpius e un sacco di altri parenti ***
Altra sorpresa pre-esame:
oggi sono proprio generosa u.u
E con questo… Con questo
mancano due capitoli alla fine di questa storia .-. l’ultimo e poi l’epilogo.
Accidenti, mi sto emozionando già adesso!
Comunque, ringrazio come
sempre chi mi segue/preferisce/ricorda e chi recensisce =)
Buona lettura! =D
La nuova vita di Scorpius e un sacco di
altri parenti
Sabato
Al propose di andare a trovare Scorpius, per vedere come se la passava.
Accettai
subito, forse mettendoci troppo entusiasmo. Il fatto era che, oltre alla mia
mega cotta per lui mai sopita, lui era l’unico mio legame con la mia ‘vecchia’
vita, qualcuno che potesse comprendere appieno i miei sentimenti riguardo la
nostra nuova situazione. Mi serviva, una persona così. E mi mancava Scorpius,
non potevo negarlo.
Albus
mi fece provare un nuovo metodo, per viaggiare: la povere volante. Praticamente
bisognava tuffarsi in mezzo alle fiamme del camino e pronunciare il luogo di
destinazione, badando bene a scandire le parole e a scendere al focolare
giusto.
Non
ero molto convinta, ma dovetti accettare. E maledissi Albus in tutte le lingue
conosciute e sconosciute quando sentii il mio stomaco vorticare sottosopra,
prima di venir catapultata fuori da un camino.
Una
volta appurato che non avrei vomitato, mi guardai attorno scrollandomi di dosso
la cenere in eccesso.
La
fata fece capolino dalla mia mente per rivolgere uno sguardo ammirato ai mobili
– di sicuro pregiati – e alle dimensioni della stanza, praticamente più grande
della camera mia e di Albus messe assieme. Era un salotto.
La
madre di Scorpius mi si fece incontro, sorridendo gentilmente.
“Lily!
Benvenuta. Albus è già andato da Antares… E quindi tocca a me fare gli onori di
casa. Comunque, l’ultima volta non ci siamo presentate, vero? Mi chiamo
Astoria.”
Astoria,
che nome altisonante! Però aveva un’espressione affabile e maniere cortesi. Mi
stette subito simpatica, a pelle.
“Ehm,
io a quanto pare mi chiamo Lily Luna. Ma lei lo sapeva già, vero?”
Astoria
rise, poi mi accompagnò fuori dalla stanza, spiegando un po’ di cose sulla
casa.
“…
Questo è il salottino piccolo, per far arrivare gli ospiti, però per i ricevimenti
ne abbiamo uno più grande nell’altra ala… Noi viviamo qui perché è un po’ più
‘intimo’, mentre dall’altra parte stanno i nonni di Scorpius e Antares, magari
se ti fermi a cena li conosci…”
Parlava
in modo veramente entusiasta, ma non come se si stesse vantando… Era ovviamente
felice di aver ritrovato suo figlio, e felice che anche la mia famiglia avesse
ritrovato me… E sembrava voler a tutti i costi farmi conoscere il posto, per
farmi ambientare meglio.
“E
questa è la stanza di Scorpius: credo che siano tutti qui.” disse infine, di
fronte ad una porta nera.
La
ringraziai ed entrai.
La
stanza era parecchio più grande della mia. I colori dominanti erano il verde,
l’argento ed il nero, ed un letto a baldacchino faceva bella mostra di sé
proprio davanti alla porta. I ragazzi erano tutti lì, ed ebbi un tuffo al cuore
vedendo Scorpius: persino la fata e la secchiona si affacciarono dalla mia
mente per osservarlo, curiose.
Lui
mi fece un enorme sorriso. Un sorriso, accidenti! Non un ghigno. In quel
momento compresi come anche lui doveva essere cambiato, dopo tutta questa
storia.
Mi
avvicinai esitante ai tre, ma quando mi trovai a ‘tiro di mano’ da Scorpius lui
mi afferrò e mi tirò letteralmente sul letto, facendomi finire in braccio a
lui. Arrossi fino alla punta dei piedi: accidenti, c’erano mio fratello e suo
fratello!
“Dunque,
Lily, hai visto che bella casetta che mi sono ritrovato?” chiese, stavolta ghignando.
Cercai
di ignorare la fata che si era messa a ballare per la gioia e mi affidai alla
secchiona, che proponeva la tattica dello ‘stai al suo gioco’.
“Oh,
beh, solo un po’ più grande di quell’altra. Non c’è male, lo ammetto.”
Vidi
spuntare un luccichio divertito nei suoi occhi, ma fui troppo lenta nel
reagire. Mi fece il solletico.
Accidenti!
L’avrei ucciso.
Quando
mi riebbi, vidi che gli altri due ci stavano fissando allibiti. Arrossi di
nuovo e mi ricomposi, cercando di far finta di niente.
Passammo
il resto del pomeriggio a chiacchierare, e tutto sommato si può dire che
trascorsi una giornata piacevole. Restammo a cena e conobbi meglio anche il
padre di Scorpius, Draco, ed io suoi nonni, Lucius e Narcissa.
“Oh!
E papà mi ha detto di dirvi che domani siete invitati anche voi alla Tana, per
pranzo.” disse Al, poco prima di andare.
Antares
e Scropius si guardavano, mentre Draco rispondeva: “Certamente, verremo
volentieri.”
Mi
sentii immediatamente sollevata: almeno avrei avuto Scorpius accanto, se la cosa
si fosse rivelata troppo… Troppo.
Ed
era decisamente troppo, constatai il
giorno dopo: ma quanti erano?!
Nonna
Molly mi stritolò in un abbraccio spaccaossa e lacrimoso, dato che non la smetteva
di piangere per la gioia; nonno Athur aveva invece le lacrime agli occhi ma si
trattenne. I vari zii sorridevano soddisfatti e compiaciuti mentre la marmaglia
di cugini mi osservava in modo diffidente.
Mi
fiondai verso Albus, James, Scorpius e Antares.
“Ma
dove mi avete portato?! Mi squadrano tutti! Aiuto!” esclamai, stringendo
inconsapevolmente la mano di Scorpius.
Albus
e James scoppiarono a ridere, poi il primo mi afferrò la mano libera e mi
trascinò – insieme a Scorpius, ovviamente, dato che non lo lasciavo andare –
verso quella marea di teste rosse, per presentarmi.
Furono
tutti abbastanza simpatici, solo che scordai qualche nome: erano davvero
troppi. Mi tenni a mente quello di Rose, colei che aveva risposto ad Albus alla
famosa chiamata, e quello di suo fratello Hugo, dato che erano i figli della
famosa ‘zia Hermione’, e quando conobbi anche lei Albus cercò di esporle il mio
problema.
“Oh,
basta chiamare quelli della linea telefonica… Probabilmente dovrete farvela
mettere, ma non preoccupatevi, non costa niente al giorno d’oggi… Poi deve solo
arrivare l’adsl e il gioco è fatto! Naturalmente sono cose che richiedono
tempo, ma penso di poter accelerare il tutto, se per voi va bene. Così potrai
sentire le tue amiche al più presto, giusto, Lily?”
Sorrisi,
riconoscendo uno spirito affine. Anche se secondo i miei cugini – Rose e Hugo –
la madre somigliava ad un… Come l’avevano chiamato? Un ‘Ungaro Spinato’
inferocito. A quanto pareva era un drago; non che ne sapessi molto, comunque.
La
mia istruzione magica fu un altro oggetto di dibattito della giornata.
Secondo
la maggior parte degli adulti non potevo affrontare Hogwarts senza un minimo di
preparazione, quindi era possibile che fossi istruita a casa almeno per
quell’anno. Astoria, che evidentemente non lavorava, si propose come insegnante
privata per me e Scorpius, e la cosa fu approvata senza alcun indugio.
Mi
sentii quindi in obbligo, supportata da Albus e da James, a rivelare il mio
‘piccolo’ problema con la magia.
Non
la presero bene: vidi il labbro di mia madre tremare e il volto di mio padre
farsi più scuro. Anche Scorpius intervenne, esponendo le sue problematiche, e
la conclusione fu unica: dovevamo andare da uno specialista, per capire dove
fossero i problemi. Poi, una volta risolti, avremmo potuto studiare e metterci
in pari… E se proprio non vi era soluzione, allora avremmo potuto tentare di integrarci
nella comunità Babbana.
Stranamente
mi prese il panico, per quell’ultima prospettiva. Ero cresciuta fino a… Alla
settimana scorsa, praticamente, credendo di essere una Babbana in tutto e per
tutto. Ora il mondo era cambiato: io ero figlia di altri genitori, e la magia
scorreva nelle mie vene. Nonostante il mio, per così dire, ‘blocco’, ero
entusiasta di poter essere diversa dagli altri, una strega, e non volevo abbandonare quella nuova visione delle cose:
mi sarei impegnata con tutte le mie forza per risolvere i miei problemi, pur di
far veramente parte integrante di quel mondo.
Acconsentii
quindi a fare una visita specialistica, e Scorpius seguì a ruota il mio
esempio.
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Capitolo 18 *** La visita ***
Ed ecco qui il capitolo
decisivo… L’ultimo.
Mi spiace deludervi, ma il
rating arancione è tutto per questo u.u nessuna scena di sesso nella storia…
Però… Ecco, leggete e capite. Ho cercato di non entrare nei dettagli, comunque…
Spero di non violare nessun regolamento di EFP o cose simili.
Ringrazio come sempre chi
segue/preferisce/ricorda e chi recensisce =)
Buona lettura! =)
E fatemi sapere, sono ansiosa
XD
La visita
Dopo
un paio di sedute solitarie e alcune accompagnate da Scoprius, il dottore – il
Magipiscologo – pronunciò il verdetto di fronte ai nostri genitori.
“E’
evidente che vi è un ricordo traumatico rimosso. Questo succede quando le
persone sono troppo piccole e non possiedono i mezzi per elaborare la cosa,
perciò la accantonano… Ma se non la affrontano, prima o poi, il ricordo agisce
come ‘blocco’ e impedisce il corretto funzionamento di alcune parti del corpo…
O, come in questo caso, della magia. E ovviamente non parlo solo di Lily:
qualsiasi cosa sia successa ha avuto un riflesso anche su Scorpius, credo che
fosse presente al momento…”
“E
quindi cosa possiamo fare?” chiesi, determinata a risolvere la situazione.
Il
Magipsicologo sospirò.
“Beh,
esiste un modo. C’è una pozione per ‘forzare’ i nostri ricordi rimossi, in modo
che possano essere rivissuti… E io potrei, attraverso la Legilmanzia, entrare
nella sua mente e aiutarla ad elaborare ciò che vedrà.”
Non
ci avevo capito molto, e quell’‘entrare nella sua mente’ non mi piaceva. Però
nessuno diceva niente, ed io volevo più che mai essere in grado di usare la
magia.
“Facciamolo
allora, no?”
Guardai
tutti i presenti: i miei genitori erano preoccupati, Draco aveva un’espressione
impassibile e Astoria sembrava triste… Scorpius, invece, mi fissava
intensamente. Il mio stomaco fece le capriole e io cercai di ignorarlo.
“Deve
capire, signorina Potter… Che quando dico che il ricordo può essere traumatico,
intendo traumatico sul serio. Ad esempio, potrebbe essere stata violentata.”
Vidi
Ginny scoppiare a piangere e coprirsi la faccia, mentre Astoria impallidiva.
Io
mi sentii inorridire e trasportare lontano con la mente: violentata? A tre
anni?!
Mi
ricomposi, cercando la mano di Scorpius e stringendola. Lui mi guardava e per
la prima volta vidi una strana espressione sul suo volto… Sembrava addolorato,
ma anche duro.
“Lo
farò.” annunciai, cogliendo tutti di sorpresa.
“C-cosa?”
chiese mia madre, riemergendo dalle mani. Mio padre le cinse le spalle.
“Lo
farò. Non intendo… Non voglio vivere senza magia, ora che l’ho scoperta. A tre
anni non avevo i mezzo per elaborarlo, come ha detto lui, ma ora… Ora ce la
posso fare.”
“Sei
sicura?” chiese Scorpius, sorprendendomi.
Lo
fissai intensamente, poi annuii.
“In
questo caso, dovremmo prendere un altro appuntamento… Insieme al signorino
Malfoy, che è coinvolto in prima persona…”
“Non
pensa, dottore, che possa essere rischioso? Per lei, intendo.”
Il
Magipsicologo parve molto stupito dalla domanda di mio padre.
“Non
credo, vede, loro non sanno usare la magia… Quindi non dovrebbero essere in
grado di farmi del male. In ogni caso ci saranno degli assistenti, e voi
aspetterete fuori dalla stanza, o anche dentro se loro due vi vorranno… Sarò
ben protetto.”
Harry
annuì.
“Non
possiamo farlo subito?” chiesi.
Astoria
alzò la testa di scatto.
“Scorp?”
chiesi, guardandolo.
Lui
sorrise, per il nomignolo che avevo usato. Poi annuì.
“Per
me va bene. Possiamo procedere anche ora.”
“Devo
chiamare gli assistenti.” disse il dottore.
Nel
giro di qualche minuto era tutto pronto. Il Magipsicologo mi fece sedere su una
poltroncina e mi diede qualche goccia di una strana pozione. I miei genitori
erano in fondo alla stanza, con gli occhi puntati su di me. Scorpius mi
osservava, in piedi, qualche passo dietro al dottore.
Sentii
la pozione fare effetto.
Venni
trascinata lontano… E poi urlai.
***
Scorpius
osservò la scena, attento e preoccupato.
Non
sapeva cosa aspettarsi. Quando il dottore aveva detto che poteva essere stata
violentata… Non ci voleva neppure pensare. Gli si erano strette le budella
dalla rabbia.
Poi
Lily si mise ad urlare, alzando la schiena e spalancando gli occhi. Ginny si
alzò dalla poltrona e corse verso la figlia, mentre il dottore cercava di
rassicurare gli altri.
“E’
normale, è normale! Ora uso la Legilmanzia e… Accidenti…”
Stava
pronunciano un incantesimo con la bacchetta, ma non sembrava succedere niente.
Ginny aveva raggiunto la figlia e la stringeva fra le braccia, e Lily non la
smetteva di urlare.
A
Scorpuis si ghiacciò il sangue nelle vene, si sentì perso.
Anche
Harry si alzò e si fece incontro al Magipsicologo.
“Che
succede?! Perché non smette?!”
“Non
lo so!” rispose lui, in panico “Lei… Lei mi sta bloccando! Ma è assurdo! Non
dovrebbe farlo, non ha studiato Occlumanzia!”
“Cosa
significa?!” chiese Scorpius, avvicinandosi a Lily. Era estremamente
preoccupato.
“Significa
che sta rivivendo tutto da sola! Le serve qualcuno che la aiuti, ma io…”
“E’
un incompetente!” urlò Harry, fuori di sé.
“Lily,
Lily, bambina mia, torna! Va tutto bene, torna!” diceva Ginny, continuando a
piangere e stringendo a sé la figlia.
Scorpius
si avvicinò ancora di più a Lily e le prese la testa fra le mani. Ginny non
sembrava neanche fare caso a lui.
“Ehi,
che cavolo stai facendo?! Ti sei bevuta il cervello?!” urlò, disperato,
cercando di farla reagire in qualche modo. Le poggiò la fronte sulla sua e la
guardò dritta negli occhi, che erano vacui nonostante l’urlo di terrore che le
usciva dalle labbra “Devi lasciar entrare il dottore, o tornare indietro, ma
insomma! Quanto intendi farmi arrabbiare?! Non ti basta tutto il casino che ci
è praticamente esploso davanti?! Guardami!”
Pronunciando
quell’ultima parola Scorpius si sentì strattonare in avanti.
Era
confuso, non sapeva che pensare, poi vide il mondo vorticare e si ritrovò
catapultato in una realtà diversa.
Si
alzò in fretta, confuso. Sentiva di nuovo le urla, ma non aveva più il volto di
Lily davanti, ed erano come… Attutite…
Si
girò e la vide. Era in piedi davanti ad un vetro, sembrava stesse guardando
qualcosa.
Piangeva.
Scorpius
si avvicinò, titubante, poi osservò la scena dietro al vetro.
Due
uomini tenevano due bambini immobilizzati al centro di una stanza spoglia.
Scorpius si riconobbe, con uno strano sussulto, e riconobbe pure l’altra
bambina… Lily. Piangevano entrambi, ma lui si sentì urlare qualcosa.
“Batta!
Lily batta! Non farlo più!”
Lily
urlò e la luce della lampadina calò d’intensità per un secondo, tornando poi ad
essere normale.
“TI
HO DETTO DI NON FARLO, STUPIDA! SMETTILA!”
Una
donna entrò in quel momento nel loro campo visivo: era brutta, sporca, e
brandiva un attizzatoio rovente.
Lily
urlò ancora più forte a quella vista e chiuse gli occhi.
La
donna le si avvicinò e le premette il ferro sul fianco destro, lasciando una
grande bruciatura, mentre la piccola Lily urlava ancora, e ancora…
Scorpius
era inorridito. Non riusciva a staccare gli occhi da quella scena: era assurdo…
Non poteva essere successo davvero…
A
fatica girò la testa e si mise ad osservare l’altra Lily, la ragazza, quella che
conosceva lui. Vide le lacrime silenziose solcarle il volto.
Senza
pensarci due volte la strinse a sé.
“Mi
spiace…” sussurrò, e sentì un singhiozzo.
Lily
si aggrappò a Scorpius con tutte le sue forze, ancor più intensamente di quando
aveva scoperto di essere stata comprata. Al primo singhiozzo ne seguì un altro,
poi un altro ancora.
“Mi
spiace…” continuò a sussurrare Scorpius, senza quasi accorgersi che le lacrime
avevano preso a scorrere anche sul suo viso.
Dopo
un tempo che parve infinitamente lungo, Lily si staccò leggermente da lui e lo
guardò in faccia, il volto contratto dal dolore.
“Come
hanno potuto?!” chiese, senza aspettarsi una vera risposta “COME HANNO
POTUTO?!”
Scorpius
le sfiorò una guancia con la mano.
“Non
lo so. Sono dei mostri.” disse, prima di chinarsi a baciarla.
Lily
rispose al bacio in modo irruento. Non era passione, era… Dolore.
Si
staccarono poco dopo.
“Tu
hai cercato di proteggermi.” disse infine lei, guardandolo negli occhi.
“Non
ci sono riuscito.”
“Non
è vero. Ero io che non ti davo ascolto, ed insistevo.”
“Non
pensarlo neanche per un secondo. Quelli erano dei mostri, e tu… Tu eri solo una
bambina.”
“Anche
tu eri solo un bambino.”
Scorpius
la strinse di nuovo a sé.
“Forse
non sono un uomo, adesso. Ma sono un ragazzo, ho più forza di quella che potevo
avere tredici anni fa. D’ora in avanti ti proteggerò, se me lo permetterai.”
Lily
si staccò di nuovo da lui.
“No.”
“…
No?”
“No.
Non permetterò che vincano. Adesso… Adesso so. La magia non mi farà più male,
perché è parte di me… Io… Non glielo permetterò. Diventerò in grado di
proteggermi anche da sola.”
Aveva
uno sguardo duro, ardente. Poi sorrise.
“E
tu imparerai con me, così potrai aiutarmi.”
Anche
Scorpius sorrise. Le prese il volto fra le mani e la baciò ancora, chiudendo
gli occhi, mentre le urla della piccola Lily svanivano, mentre tutto svaniva…
***
Aprii
gli occhi e sentii le labbra di Scorpius sulle mie.
Anche
lui aprì gli occhi e, appena si rese conto di cosa stava facendo, si staccò da
me.
Mia
madre, per qualche strano motivo, mi stava abbracciando e piangeva. Mio padre,
invece, stava litigando con il Magipsicologo.
“Ehi.”
dissi.
Si
zittirono tutti insieme, compresa Ginny che smise di singhiozzare.
“Lily?
Lily? Oh, Lily!” esclamò poi, soffocandomi in un abbraccio.
Cercai
di districarmi.
“Ma
che è successo?!”
“Non
riuscivo ad entrare. Mi hai bloccato. E urlavi, e… Ma ti ricordi qualcosa?”
chiese il Magipsicologo, avvicinandosi lentamente, tanto preoccupato da passare
al ‘tu’.
Io
sciolsi le braccia di mia madre e mi alzai in piedi.
Sì,
mi ricordavo. E mi ricordavo anche di Scorpius accanto a me. In questo momento
lui mi stava osservando, titubante. Anche Draco e Astoria si erano avvicinati,
preoccupati.
Sospirai.
E
poi alzai la maglietta.
La
bruciatura sul lato destro del mio fianco spiccava in tutta la sua bruttezza.
Vidi
Scorpius stringere i pungi e le labbra, segno che anche lui si ricordava.
“Mi
hanno marchiato, perché non usassi più la magia… Associandola al dolore.”
Erano
tutti sbalorditi, senza parole. Guardavano con orrore la cicatrice.
“Ma
lei aveva ragione, dottore. Ora ho ricordato, ho elaborato… E non accadrà più.”
Alzai
una mano, decisa, concentrandomi sul porta penne sulla scrivania.
Entrai
in contatto con la mia magia, non sentendo più alcun tipo di dolore.
Attirai
il porta penne verso di me, riuscendoci perfettamente.
Ginny
scoppiò di nuovo in lacrime, abbracciandomi. Vidi mio padre commuoversi e
piangere in silenzio. Draco ed Astoria erano ancora stupefatti ed inorriditi,
mentre Scorpius mi fece un sorriso triste. Alzò anche lui il braccio e mi rubò
il portapenne, facendolo volare per la stanza.
“Ho
visto anche io. E anche io sono guarito.” disse, e Astoria lo abbracciò e lo
baciò sulla guancia.
Ora
poteva incominciare davvero la nostra nuova vita.
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Capitolo 19 *** Epilogo ***
Ed ecco il fantomatico
epilogo, postato adesso per evitare fraintendimenti ulteriori… E perché sono
sicura che morite dalla curiosità u.u
Non è un granché, in effetti,
però… Ci tenevo a dare un lieto fine, ecco XD
Fatemi sapere che ne pensate,
e sappiate che mi sono divertita molto a scrivere questa storia =)
Ringrazio in particolar modo
Risa Slytherin, mia amica ormai da anni che ha praticamente una fissa per le
Lily/Scorpius; Danyazzurra, che me l’ha fatta scoprire come coppia;
Lavandarose, che è la mia sorellona adorata… E ovviamente tutti voi che avete
letto e recensito e mi avete fatto capire che tenevate molto a questa storia =)
Sono felice! E anche un po’
commossa! =D
… Beh… Come al solito, ora
non mi resta che augurarvi buona lettura! =)
Epilogo
Era
passato un anno e qualche mese dalla famosa visita dallo psicologo.
Io
e Scorpius avevamo lavorato sodo per imparare quanto più possibile e sostenere
i G. U. F. O. da privatista. Alla fine ce l’avevamo fatta con una valutazione
più che sufficiente, ed eravamo quindi entrati ad Hogwarts senza problemi.
Solo, dovevamo partire entrambi dal sesto anno… E i nostri fratelli si erano
diplomati l’anno prima, quindi eravamo praticamente da soli in questa nuova
avventura.
No,
non da soli… Insieme.
Avevo
spiegato a Tanya e alle altre che andavo in un prestigioso collegio dove non si
poteva usare internet, così avevamo risolto di sentirci via posta. Posta
Babbana, naturalmente, i miei genitori mi avevano assicurato che dall’Emporio
del Gufo di Hogsmeade partivano e arrivavano anche lettere di quel genere, per
tutti quegli studenti nati appunto da genitori Babbani.
E
così eravamo giunti ad Hogwarts. Lo smistamento l’avevo atteso con ansia, e non
ero rimasta delusa: Grifondoro. Scorpius, invece, era finito a Serpeverde, come
mi aspettavo. Dopo aver sentito pregi e difetti di tutte le case avevo capito
subito che sarebbe finito lì: lo stronzo bulletto che era Alex non era del
tutto morto… Come ebbi modo di appurare appena dopo una settimana dall’inizio
delle lezioni. Certo, ora si conteneva, e cercava di non scadere nella
prepotenza. Ma il ghigno strafottente non l’abbandonava quasi mai, facendomi
infuriare come ai vecchi tempi.
“Malfoy!
Si può sapere perché ti sei fatto dare da quel bambino un sacchetto di Api Frizzole?!”
urali, puntandogli contro la bacchetta, mentre il suddetto bambino – doveva
essere al massimo al secondo anno – fuggiva a gambe levate.
“Forse
perché avevo voglia di Api Frizzole, Potter?” mi rispose lui, ironico.
“Merlino!
Dovresti essere un adulto ormai! Se le vuoi vai a comprartele, non le rubi agli
altri studenti! Sei proprio…”
“Oh,
ma stai zitta.” mi interruppe lui, ignorando la mia bacchetta e prendendomi in
braccio.
Mi
schiacciò contro il muro e mi baciò, con irruenza.
Risposi
molto volentieri e per qualche minuto non ci dedicammo altro che a quella
attività, molto soddisfacente in effetti.
Ormai
era diventata un’abitudine così scontata che né la fata né la secchiona si
facevano più vedere.
“Sappi
che non te la sto dando vinta, Scorpius.” gli dissi, ansimando, quando ci
separammo.
Lui
tirò fuori il suo solito ghigno.
“Certo,
come no.” rispose, per poi baciarmi di nuovo.
Eh,
sì.
Io
e Scorpius eravamo una coppia, ormai.
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