YOU NEVER REALLY CAN FIX A HEART

di dlovatomakemestrong
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** capitolouno ***
Capitolo 2: *** capitolodue ***
Capitolo 3: *** capitolotre ***



Capitolo 1
*** capitolouno ***


-CAPITOLO UNO-

Era Lunedì, erano circa le sei e mezza, il mio cuscino era (come ogni mattina) umido, colpa delle lacrime che avevo versato la sera prima.
Ormai andare a scuola era diventato un vero incubo, tutti i miei compagni di scuola mi prendevano in giro e mi facevano male, tutto per colpa del mio fisico.
(Non ne volevo parlare con nessuno, volevo affrontare tutto da sola)

Mia madre bussò alla porta e io mi affrettai a rigirare il cuscino.
Lei entrò, si avvicinò a me, mi diede un bacio e mi disse:
 "Dai Demi, è ora di andare a scuola, alzati!"
Mi aprì le serrande e se ne andò.

Io mi feci coraggio e mi alzai dal letto, indossai le prime cose che mi capitarono, afferrai lo zaino, ma mentre stavo scendendo in sala da pranzo, mi fermai davanti allo specchio,
mi guardai attentamente, quasi sul punto di piangere, e pensai: " cosa ho fatto per meritare tutto questo odio? perchè sono nata così? perchè non posso essere uguale alle altre ragazzine?"  Scuotei la testa e scesi in cucina.

Sul tavolo c'era una porzione abbondante di cereali e latte.
Posai lo zaino,mi sedei e la mangai tutta. ma subito dopo mi vennero i sensi di colpa per averlo fatto.
Afferai lo zaino e diedi un bacio a mia madre.
Lei mi guardò con occhi tristi mentre chiudevo la porta alle mie spalle.

Arrivai a scuola, e mi affrettai ad andare in bagno, controllando che nessuno potesse ossarvarmi, posai lo zaino, mi chinai sul wc,mi misi due dita in bocca e vomitai tutta la colazione. Scaricai lo sciaquone, ripresi lo zaino, mi lavai la faccia e andai a lezione.
  (questa storia durava da troppo tempo)

Suonò la campanella di ricreazione, io estrassi la mia merenda e mi dirissi al mio armadietto.
Ma non feci in tempo a voltarmi che quattro ragazze più grandi di me mi avevano circondata.
 "Bene, bene, guarda chi abbiamo qui, la grassona con la sua merendina" disse una di loro, togliendomi la merenda dalle mani.
La buttò a terra e la calpestò con il piede.
Poi tre di loro mi spintonarono e finii a terra anche io.

Alzai lo sguardo dolorante e gli domandai:
 "Perchè mi fate male? Perchè siete così cattivi con me?"
Loro si guardarono e si limitarono a dire:
 "Be, perchè sei grassa"


-CONTINUA-

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Capitolo 2
*** capitolodue ***


-CAPITOLO-
 
Le quattro ragazze se ne andarono ridacchiando, lasciandomi per terra.
Mi alzai ,afferrai il mio zaino e mi diressi verso l’aula dell’ultima lezione.
 
 
Anche quest’ultima campanella suonò e mi sentii sollevata.
Mi diressi verso l’uscita, ma un bruciore allucinante mi bloccò sulla soglia della porta.
Mi alzai su i pantaloni e –come immaginavo- avevo una grandissima sbucciatura sul ginocchio.
Stavo per ritirarmi giù i pantaloni quando qualcuno mi afferrò per lo zaino e mi buttò con violenza a terra.
 
 Ero sdraiata a pancia in sotto, all’uscita di scuola, dovevo alzarmi al più presto, se non volevo finire schiacciata da qualcuno.
 
Così con occhi appannati dalle lacrime e zoppicante, mi diressi verso casa.
 
Aprii la porta e senza salutare mia madre corsi in camera mia piangendo.
Lei mi corse dietro, ma non fece in tempo a fermarmi perché, senza volerlo le avevo chiuso la porta in faccia.
 
Mi buttai sul letto e bagnai il cuscino di lacrime.
 
Poi a un certo punto, pensai che dovevo finirla, dovevo mettere fine a questi problemi, dovevo fare qualcosa.
 
Così con gli occhi rossi per le lacrime, presi un po’ di soldi e ignorando mia madre che stava davanti alla porta uscii di casa e mi diressi al supermercato.
 
Vagai alla ricerca di quello che volevo disperatamente, ma non c’era nulla.
Mentre stavo per uscire dal negozio, eccoli lì, stavano proprio davanti a me.
Così dopo essermi accertata che nessuno mi stava vedendo afferrai un paio di lamette e me le infilai in tasca.
 
Arrivai alla cassa e poggiai le lamette con i soldi sul bancone.
Il cassiere mi fissò per un secondo e afferrò i soldi.
Io misi le lamette in tasca, ma mentre stavo per andarmene lui mi afferrò un braccio e mi guardò con gli occhi pieni di compassione. Io avevo la testa china non riuscivo a guardando, ma quando incrociai i suoi occhi,  mi lasciò andare.
 
Mi precipitai in farmacia, presi un paio di bende e l’acqua ossigenata.
Pagai tutto e andai a casa.
 
Mia madre stava sulla soglia della porta e appena la varcai mi bombardo di domande del tipo.
 “Dove sei stata? Cosa c’è in quella busta? Perché piangevi prima? Devi dirmi qualcosa?”
Io mi limitai a dirle
 “ Non preoccuparti mamma, va tutto bene” mentii un’altra volta.

Andai in camera, più precisamente in bagno.
Mi scoprii il polso e afferrai la lametta.

Appoggiai l’acqua ossigenata e le bende sul lavandino.

Così mi guardai allo specchio.
E dissi :
 “Sono un mostro, hanno ragione, non merito di stare in questo mondo, non c’è spazio per me”
Afferrai la lametta e la pigiai sul polso e con un movimento retto, mi tagliai le vene.
Non sentii tanto dolore, solo bruciore, ma mi sentivo bene, fare male a me stessa mi faceva sentire bene.
E mi limitai a osservare il sangue che scorreva nel lavello.

Dovevo assolutamente provare qualcosa di fisico paragonabile a ciò che provavo interiormente, o sarei esplosa. Mi tagliavo per non pensarci. Non mi interessava che cosa sarebbe potuto accadere. Non avevo paura.

-CONTINUA-

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Capitolo 3
*** capitolotre ***


-CAPITOLO-

Sentii bussare bruscamente alla porta, così smisi di osservare il lavello che era impregnato di sangue, afferrai la lametta e la nascosi in tasca.
Presi la benda e cominciai a fasciare velocemente il polso e lo nascosi dietro la schiena.

Aprii piano la porta e sporsi solo il viso.
 ''Si mamma?'' dissi a mia madre che mi guardava con sospetto.
 " E' pronta la cena scendi" disse lei, mentre provava di oltrepassare la porta.
Ma non ci riuscì, così scese in cucina.

Okey, dovevo inventarmi qualcosa.
Cosa avrebbe  potuto pensare mia madre dopo aver visto il mio polso fasciato?
Ripensai ai tagli, non erano poi così profondi, quindi mi si sarabbero cicatrizzati in fretta.

Sdrotolai la benda e -come immaginavo- i tagli si erano già richiusi.
Presi un paio di bracciali e me li misi, con quelli sarebbero passati inosservati.

Scesi in cucina e mi affrettai a sedermi al tavolo.
Mia madre mi guardò per un istante e poggiò sul tavolo una porzione di pollo e patate.
 "wow fantastico" pensai mentre rigiravo con la forchetta il cibo.
 "Non hai fame?" disse mia madre, mettendosi in bocca un pezzo di pollo.
 " Sinceramente no" dissi io mentendo.

In realtà di fame ne avevo e tanta, ma il pensiero di ingerire tutto quel cibo, mi faceva sentire male.
 "Va bene, portati la cena in camera, se dovessi cambiare idea..." mi consigliò mia madre mentre ripuliva il piatto.
 " Farò così" dissi io.

Afferrai il piatto e baciai mia madre.
Ma mentre stavo per allontanarmi, lei mi afferrò e osservò il polso con i bracciali.
Il mio cuore si fermo per un'istante, cominciai a sudare e a pensare a una possibile scusa da dire.
Ma stranamente in quel momento non me ne venne nessuna.

 "Dove li hai presi questi?" disse mia madre indicando i bracciali.
 "Me li ha dati un'amica" risposi.
 "Ah carini" mia madre mi diede un bacio e mi lasciò andare con il piatto in mano.

Andai in camera.
Buttai il cibo nella spazzatura, mi lavai e mi misi a letto.

Chiusi gli occhi lentamente e mi addormentai.

Suonò la sveglia delle sei e mezza.
Sgusciai fuori dal letto a fatica e mi vestii per andare a scuola.
Ma feci un errore madornale... lasciai i bracciali a casa.

Arrivai a scuola e mi diressi come ormai abitudine in bagno per rigettare la colazione.

Dopo un paio di ore di lezione, suonò la campanella della ricreazione.
Le quattro bulle dell'altro giorno mi accerchiarono... di nuovo.
Una di loro era pronta a darmi uno schiaffo ma si bloccò quando tirai -per proteggermi- il polso con i tagli.
Loro lo guardarono stupite.

E solo allora mi ricordai dei bracciali che avevo dimenticato a casa.
E solo allora capii di essere veramente nei guai.


-CONTINUA-




 

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