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Questa storia fu da me scritta fra l'estate del 2000 e il maggio del
2001
Questa
storia fu da me scritta fra l'estate del 2000 e il maggio del 2001. Ho avuto
molte perplessità sul pubblicarla o meno. Perché questa storia è una parte molto importante di me, una fetta
della mia vita.
A quell'epoca stavo vivendo un periodo di forte depressione:
uno di quei periodi in cui ti senti veramente una
nullità, tanti interessi e nessuna vera attitudine, tanti amici, ma nessuno che
per te sia veramente più di un amico, con cui poterti veramente lasciare
andare, senza paura di sentirti criticare, qualcuno che ti ami…. Insomma mi
sentivo praticamente inutile.
Fu in
quel periodo che scoprì quello che poi sarebbe diventato il modo per sfogare le
mie paure e incertezze: scrivere. Da quel momento in poi la scrittura ha sempre
avuto un potere catartico su di me: mettere la parola "fine" a una storia, significava chiudere un capitolo triste e
poter ricominciare di nuovo. Infatti, benché i
protagonisti della mia storia siano tutti frutto della mia fantasia, i loro
caratteri sono ben scolpiti nel mio cuore, ben presenti nelle persone che mi
circondano. Questo è stato il mio primo vero racconto originale.
Alla fine
tuttavia ho deciso di pubblicarla su questo sito. Il motivo è molto semplice: visto che per me scrivere questa storia ha avuto un effetto
così catartico, spero che possa avere lo stesso effetto su di voi. Ed è proprio
a coloro che si rispecchiano nei personaggi di questa semplice e dolce storia
d'amore che dedico la mia storia.
Sono
cosciente che come storia non è un granchè, che ci
sono molti errori e alcuni personaggi sono sviluppati male e forse un giorno la
modificherò. Ma non ho ancora trovato il coraggio di
farlo, troppi ricordi mi legano a questa storia e, forse, quando mi farà meno
male evocarli, allora potrebbe diventare una storia più bella di quella che
oggi è.
Un
ringraziamento particolare va a Giucchan e aEsteliel, che hanno letto in
anteprima questa storia e che mi hannospinto
a pubblicarla. E un saluto anche a Speedlink,
in assoluto il primo lettore di questo racconto.
Nacochan
NOTTI D’ESTATE
Io
ti chiesi perché i tuoi occhi
si
soffermassero nei miei
come una casta stella del cielo
in
un oscuro flutto.
Mi
hai guardato a lungo,
come si saggia un bimbo con lo sguardo,
mi
hai detto poi, con voce gentile:
ti
voglio bene, perché sei tanto triste
HermannHesse
LA
VOCE
La
luna piena brillava alta nel cielo stellato, sgombro da nubi. Il mare era calmo
e solo il leggero increspare delle onde turbava il silenzio che regnava attorno
a lei. D’un tratto alcuni passi attirarono la sua attenzione…
si voltò… alla luce della luna lo intravide… guardò i suoi capelli, si perse
nei suoi occhi profondi… cercò di chiamarlo, ma le parole le morivano in gola,
mentre lui si allontanava per sempre… cercava di chiamarlo, di rincorrerlo, ma
non riusciva né a parlare, né a camminare… La sua ombra era ormai lontana e
sentiva i suoi occhi riempirsi di lacrime.…
-Aiutalo, ha
bisogno di te!- sentì una dolce voce dirle.
–Chi sei? Cosa vuoi da me? Chi sei?-
chiedeva, ma la voce sembrava non ascoltarla
–Aiutalo!- ripeteva
–Ha bisogno di te… aiutalo! Ti prego…. Ha bisogno di te…. Ha bisogno di te….
Aiutalo…
Sabrina
sapeva di star sognando. Era circa una settimana che quel sogno la
perseguitava. Ogni volta cercava di non svegliarsi, di fermare quel ragazzo, di
chiamarlo, di guardarlo negli occhi, di… e ogni volta il sogno le scorreva
davanti, senza che lei potesse vedere in faccia quel volto che…
Si sedette sul letto come per scacciare
quel pensiero dalla testa. Guardò il cielo attraverso la finestra e sorrise,
sicura che sarebbe stata una giornata fantastica. Scese dal letto e corse ad
aprire la finestra per respirare a pieni polmoni la fresca aria dell’alba.
Appoggiò i gomiti al davanzale, meditabonda.
–Oggi accadrà qualcosa- disse
a se stessa con sicurezza, ma per quanto cercasse di non pensarci, quel sogno
continuava a tormentarla senza che riuscisse a capirne il motivo.
Quella
mattina il mare era più bello del solito, tanto da sembrare magico. Era una
sensazione bellissima e Sabrina sapeva di averla già
provata quella stessa notte… Si era alzata che erano appena le 6.00 ed era
silenziosamente scesa in cucina.
Il mare era proprio di fronte alla sua
abitazione e la tentazione la spinse a vestirsi in fretta e a correre su quella
spiaggia che amava con tutta se stessa, soprattutto a quell’ora
in cui non vi erano bagnanti… eppure un’ombra fra le acque attirò la sua
attenzione.
Si avvicinò all’acqua per vedere meglio; non
si era sbagliata: qualcuno stava nuotando verso la spiaggia e man mano che si
avvicinava alla riva, potè notare che si trattava di
un ragazzo più o meno della sua età. Lo vide uscire dall’acqua e prendere un
asciugamano.
Sabrina rimase a fissarlo, chiedendosi chi
fosse, dato che non l’aveva mai visto e perché avesse scelto un simile orario
per nuotare.
D’un tratto quel
ragazzo sembrò accorgersi di lei.
–Beh, che hai da guardare?- chiese freddamente – Sono per caso un fantasma?
Sabrina sentì le sue guance arrossire –No… è che…- blaterò.
-Cosa?- chiese avvicinandolesi.
-No… è che non avevo mai
visto nessuno fare un bagno alle 6.00 e a pensarci bene rischi di
buscarti un’influenza se te ne vai vestito così a quest’ora!-
rispose facendosi coraggio.
-E sono forse fatti
tuoi?- chiese brusco. I suoi occhi castani sembravano di ghiaccio mentre
fissava quelli dolci e spaventati della ragazza. –Ci conosciamo per caso?
-No, ma…
-E allora
impicciati degli affari tuoi, senza contare che la stessa domanda potrei
fartela io!
-Posso dirti tranquillamente perché sono
qui! Ci vengo sempre quando sono preoccupata o spaventata per qualcosa!-
rispose anche lei fredda. Ma chi credeva di essere
quel tipo?
-E dimmi sei
preoccupata o triste? Hai fatto per caso un brutto sogno? Forse hai sognato che
il tuo ragazzo ti piantava?
-Io non ho il ragazzo e in ogni caso non
sono fatti tuoi!
-Me lo immaginavo: sei talmente brutta! Chi
si metterebbe con uno sgorbio come te?
Sabrina sentiva la rabbia esploderle nel
cuore e gli occhi inondarsi di lacrime. Lo guardò negli occhi, ma non riuscì a
sostenere il suo sguardo così freddo e scappò via. Ma chi credeva di essere quello? Che colpa ne aveva
lei se era fatta così? Si sentiva una sciocca. Corse a casa sua e, senza far
caso al rumore salì in camera sua e si gettò sul letto
esausta chiedendosi perché proprio a lei fosse capitato di incontrare un
tipo del genere.
Sabrina
non poteva definirsi una ragazza bellissima, ma neanche brutta. Aveva splendidi
occhi scuri e ricci capelli castani che portava lunghi sulle spalle. Era un
tipo dolce e allegro, sempre pronta a portare il buonumore e ad aiutare quelli
in difficoltà.
Benché fosse
benvoluta da tutti per la sua spontaneità, aveva tuttavia pochissima fiducia in
se stessa considerandosi egoista e superficiale. Era per questo motivo,
continuava a ripetersi che Michele non l’aveva mai vista come più di un’amica.
Del resto come avrebbe potuto un ragazzo così carino e simpatico innamorarsi di
un tipo come lei? Quel ragazzo aveva perfettamente ragione anche se non si era
certamente comportato come un gentiluomo. Si sentiva una bambina sciocca e
l’unica cosa che la consolava era che, molto probabilmente, quella sarebbe
stata l’unica volta in cui l’avrebbe visto.
Bene, ragazzi, eccoci finalmente
alla fine del primo capitolo. So bene che è un po' piccolino e vi avverto che i
prossimi due capitoli potrete trovarli anche un po’ noiosi, ma vedrete presto
la storia si movimenterà! (almeno spero! ^^).
MI raccomando, commentate! Commenti e critiche costruttive,
aiutano un autore a migliorare! ^_^
Sabrina
aprì gli occhi e il solleone l’accecò. Si coprì gli occhi con una mano e cercò
la sveglia sul comodino.
-Le nove?!- esclamò balzando in piedi, gli
occhi ancora umidi di lacrime.
Scese giù in cucina, ma già sulle scale la
colpì un forte odore di caffè.
–Molto strano, non è orario. Ci sono
ospiti!- concluse a se stessa.
Corse in cucina, curiosa di conoscere
l’identità del visitatore, ma sulla soglia si fermò di scatto.
Seduto sulla sedia, mentre sorseggiava il
caffè in compagnia dei suoi genitori e di un altro signore
c’era… LUI!
-B… buongiorno.- salutò.
Tutti si voltarono per risponderle, meno che
lui. Sabrina lo fissò e si sorprese che lui la stesse
guardando. Continuò a sostenere il suo sguardo e gli andò incontro con gli
occhi che lanciavano fiamme.
–Potresti almeno
rispondere!- esclamò fredda.
Lui la guardò indifferente –E perché? Ti
conosco forse? Non so neanche il tuo nome! Io non saluto chi non si è prima
presentato.
-Si saluta per buona educazione non perché
una persona si conosce o meno!
La signora Mancini,
notando la discussione che era nata fra i due giovani non potè fare a meno di
intervenire.
–Ma allora vedo che
già vi conoscete!- disse allegramente –Sabrina, lui è Alessandro; Alessandro,
lei è Sabrina. Alessandro sarà nostro ospite per un po’ di tempo. Spero che possiate diventare amici…
Aveva terminato la frase abbassando il tono
della voce piena di perplessità. Non sapeva come i due ragazzi si fossero conosciuti, ma era ben evidente che tra loro non era
scoppiato il classico “colpo di fulmine”. Guardò gli occhi di sua figlia e si
stupì di trovarci tanto odio quanto mai avesse potuto immaginare potesse provare.
Il
campanello squillò quando Sabrina aveva appena terminato la sua colazione.
Corse ad aprire, contenta di uscire da quella stanza divenuta all’improvviso
così asfissiante.
Da quando era scesa in cucina, lei era stata
costretta a restare lì e a sentir parlare sempre e solo di Alessandro.
Aveva così scoperto che lui era originario
di Cagliari e che aveva intrapreso gli studi scientifici, raggiungendo sempre i
massimi voti. Era tuttavia un ragazzo chiuso e taciturno e i genitori avevano
deciso di mandarlo per un po’ di tempo lontano dal suo ambiente, perché si
aprisse di più agli altri. Lo zio, che era un vecchio amico di
università di suo padre, gli aveva quindi chiesto se avrebbe potuto
ospitarlo “finché non fosse diventato più espansivo”. Praticamente
volevano liberarsi di lui per sempre, pensò subito Sabrina.
Il campanello squillò una seconda volta e
Sabrina si offrì di andare ad aprire –Che pessima giornata!- si ritrovò suo malgrado a pensare.
-Cosa ti è successo
Sabrina? Hai l’aria stravolta!- chiese preoccupata Valentina, la sua migliore
amica, quando questi entrò ed ebbe notato il volto
pallido e stanco dell’amica.
Valentina era la sua più cara amica dai
tempi delle medie. Benché avessero scelto indirizzi diversi,
Sabrina il liceo classico, Valentina lo scientifico, la loro amicizia
continuava ad essere forte. D’estate passavano tutto il tempo insieme ai loro
amici della “summer band” –come avevano deciso di chiamarsi benché, in effetti,
si incontrassero sia d’estate sia in tutte le altre
stagioni.
A quella domanda Sabrina non riuscì a resistere e fra le lacrime iniziò a raccontarle
tutto ciò che era accaduto quella mattina, mentre l’amica pensierosa la
lasciava sfogare fra le sue braccia.
Guardò verso la cucina e sorprese Alessandro
che le osservava impassibile.
Valentina gli rispose con uno sguardo
gelido.
–E’ lui?- chiese infine.
-Si - rispose guardando
nella sua direzione –non so cosa fare. Mia madre vorrebbe che lo
presentassi agli altri, ma io non voglio neanche
parlargli.
-Non puoi farci nulla, anzi prima lo fai
prima finirà. Sai che facciamo? Io vado a riunire gli altri per un’assemblea
straordinaria e tu fra un po’ lo porti da noi. Ok? Ci vediamo.- disse e uscì.
Sabrina si asciugò gli occhi e tornò in
cucina, decisa a fare come le aveva suggerito
Valentina.
-Coraggio- si disse –Male che vada mi dirà qualche brutta parolaccia.
-Alessandro
posso parlarti?- gli chiese infine trascinandoselo
dietro senza aspettare la sua risposta.
Arrivarono in soggiorno, nonostante il
ragazzo tentasse in tutti i modi di divincolarsi.
–Insomma cosa vuoi da me?- chiese spazientito quando lei lo lasciò.
-Ascoltami bene- disse
Sabrina. I suoi occhi erano talmente seri che Alessandro non ebbe
il coraggio di interromperla –Tralasciando quello che è successo stamattina, e
non voglio neanche più pensarci, devo comunque dire che sei un ospite, perciò
ho il dovere di essere gentile con te. Ho promesso a tuo zio che ti avrei
aiutato ad ambientarti, quindi ho deciso di… di venirti incontro. L’unico modo
che conosco per farti socializzare qui è di
presentarti gli altri componenti della “summer band”.
-Summer band?
-Siamo un piccolo gruppo di ragazzi e
ragazze, dei quali faccio parte anch’io. Scegliti da solo gli amici, chi ti
sarà più simpatico, chi meno. Questo è tutto quello che posso
– e voglio- fare per te.
-D’accordo - rispose accondiscendente – Ma
sia ben chiaro non voglio che t’intrometta più nelle
mie faccende, ok?
-D’accordo - rispose seria
–Adesso, coraggio, vieni con me.
La
“summer band” non era una vera e propria band, ma un nome che un gruppo di
ragazzi, più o meno della stessa età., volle darsi per
“distinguersi dai soliti bagnanti”.
In realtà, infatti, erano solo amici che
amavano passare del tempo insieme, in estate come in inverno. Sia Valentina che
Sabrina facevano parte della band, anche se la prima
ad esserci entrata era stata Valentina; ad invitarla era stato Marco, un amico
che conosceva da anni. Era stata lei a convincere Sabrina ad entrare.
– Potrai vedere Michele -
le aveva detto per convincerla – Lui è un veterano!
Dopo il loro ingresso nella band, altri
ragazzi vi erano entrati e tutti erano stati accolti calorosamente.
–Più siamo meglio è!-
diceva sempre Michele.
Quando Sabrina
aveva presentato Alessandro ai suoi amici, tutti si erano prodigati nel rendere
il suo ingresso il più piacevole possibile, ma fu un’impresa ardua, benché
Valentina li avesse “psicologicamente” preparati.
-Alessandro, questi sono i membri della
“summer band”: Valentina, Michele, Marco, Paola, Gaetano, Andrea… Ragazzi lui è
Alessandro e sarà per qualche tempo ospite a casa mia. I miei mi hanno chiesto di farlo essere uno dei nostri - terminò
Sabrina rincuorata per aver terminato il suo ingrato compito.
-Certo! - esclamò Michele sorridente – Spero
che ti troverai bene con noi.
Michele era un ragazzo allegro e divertente,
sempre pieno di vita. La tristezza poche volte si era permessa di intaccare la
sua gioia e Sabrina amava la sua spontaneità, i suoi occhi vispi e
intelligenti, i capelli ricci e la sua dolcezza, quando cercava di aiutare
qualcuno a tutti i costi. Era il cuore della “summer band”, oltre che della sua
classe. Tutte le ragazze lo ammiravano, ma lui le trattava tutte in egual
misura, anche se provava per Sabrina una tale amicizia che non mai aveva
esitato ad aiutarla.
Come Sabrina aveva immaginato, Alessandro
non rispose ma si limitò ad annuire debolmente con il capo e il suo sguardo era
talmente distaccato che nessuno trovò il coraggio di
chiedergli qualcosa di più sui suoi amici o sulla sua famiglia.
Alessandro, dal canto suo, aveva accettato
di seguire Sabrina solo perché gli era sembrato giusto. La sua voce gelida, i
suoi occhi fiammeggianti, il suo odio l’avevano
profondamente colpito. Nessuno, dopo quel che era successo aveva osato
parlargli così o anche solo alzare la voce in sua presenza. Ma
a Cagliari era diverso: lì nessuno sapeva nulla e lui era un ragazzo come tutti
gli altri.
E quella ragazzina,
quella mattina…. Chi le aveva detto di farsi i fatti
suoi? Aveva fatto bene, si disse, a trattarla male.
Ora che l’aveva assecondata, aveva compiuto
il suo dovere e quindi ora, sperava, l’avrebbe lasciato
in pace, deciso più che mai a starsene da solo. Non avrebbe fatto amicizia con
quegli sciocchi, decise, e nessuno gli avrebbe fatto cambiare idea.
I ragazzi della “summer Band” comunque avevano capito subito ciò che Alessandro volesse.
Avevano tentato più volte di coinvolgerlo, ma visto il suo rifiuto decisero di cambiare idea, sentendo una gran pena per
Sabrina che dove subirselo anche a casa.
Per Sabrina, infatti, la situazione era ben
diversa: lei, nonostante cercasse di evitarlo il più possibile, chissà come
mai, se lo ritrovava sempre davanti. Ogni volta che lo vedeva il sangue le
ribolliva dall’odio e perciò ogni volta che parlavano finivano sempre per
litigare.
-Mi passerebbe il pane? - chiese Alessandro
una mattina.
La signora Mancini
gli passò una michetta senza aspettarsi quel “grazie” che chiunque altro
avrebbe detto: ormai aveva capito come era fatto e che soprattutto non sapeva
ringraziare. Dopo tutto era ancora troppo presto per
vedere dei miglioramenti…
-Perché non
ringrazi? - chiese Sabrina vedendo che sua madre taceva – La lingua per
criticare gli altri c’è l’hai, perché non la usi anche
per ringraziare?
I coniugi Mancini si guardarono stravolti:
una nuova lite stava per scatenarsi.
-Non mi rispondi eh? - incalzò
notando il silenzio del ragazzo – Tu sai solo criticare e parlar male
degli altri. Capisco perché i tuoi genitori ti abbiano mandato qui. Se anche a
casa tua ti comporti in questo modo, non mi
meraviglierei se tu a Cagliari non avessi amici. A proposito li hai? - chiese
in tono canzonatorio.
Alessandro continuò a mangiare senza neanche
alzare lo sguardo.
-Mi vuoi rispondere? - chiese buttandogli il
tovagliolo in faccia.
-Calmati Sabrina! - cercò di fermarla la
madre.
-No, mamma sono
stanca: sono quindici giorni che questo maleducato vive in casa nostra e non ha
ancora imparato le buone maniere. Perché non gli dite
niente? - poi rivolta ad Alessandro –Quanto a te, quando faccio una domanda
pretendo una risposta: li hai o no a Cagliari degli amici?
-Per favore Alessandro rispondi!- lo implorò
la signora Mancini.
-Si, ne avevo uno
ed è partito per Roma mesi fa, anche se non era certamente il massimo.
-Perché tu ti
reputi il massimo, vero?
-Sempre meglio di quella tua sciocca “summer
band”!
-Se permetti gli amici
me li scelgo io, tu impicciati dei tuoi!
-Ah tu parli di non impicciarsi? Ma se sei proprio tu a cercare di immischiarti in quelli
degli altri?
-Io ho parlato solo nel tuo interesse! Tu
invece lo fai per ripicca!
-Basta, con te non voglio più discutere, sei
solo una sciocca e una ficcanaso.
-Sempre meglio essere ficcanasi che noiosi e
scontrosi!
-Noioso? Può darsi. Scontroso? Si, con i
tipi come te! Mi sono scocciato, io esco!- disse e
uscì dalla stanza.
Sabrina sentì la porta sbattere e il suo cuore
si riempì di rabbia. Mai per nessuno aveva provato tanto odio e mai nessuno l’aveva innervosita così tanto. Lo odiava.
Anche Alessandro
provava per lei gli stessi sentimenti, ma per motivi diversi: detestava la sua
curiosità e soprattutto la sua allegria, che manifestava quando incontrava i
suoi amici e un po’ la invidiava. Non riusciva proprio a capire perché
Valentina e gli altri le dicessero sempre "Sei unica!" quando diceva
una battuta o faceva qualcosa in particolare. Cosa
aveva di tanto unico che altre ragazze non avevano? Non ricordava-e forse non voleva - che anche lui aveva provato la gioia che odiava tanto in Sabrina e che da
quando il suo cuore si era indurito, aveva perso tutti i suoi vecchi amici.
E
odiava soprattutto Michele: come faceva ad essere sempre così allegro e
disponibile? Gli sembrava chel’avesse
con lui e volesse dirgli “Tu non sai cos’è la gioia.
Non servi a niente!” e non riusciva più a sopportarlo.
Nessuno lo sopportava, né lui sopportava gli
altri: Alessandro avrebbe voluto andarsene e gli
altri, soprattutto Sabrina, dal canto loro avrebbero desiderato che fosse
partito all’istante. La situazione era diventata insostenibile.
UNA MAGICA
NOTTE STELLATA
-Esco anch'io! – esclamò allora Sabrina, la rabbia che le ribolliva dentro.
La signora Mancini guardò i due posti vuoti sospirando.
La situazione era insostenibile: non poteva rimproverare Alessandro sia perché
era un ospite, sia perché non poteva farlo, e non poteva neanche biasimare sua
figlia, perché aveva pienamente ragione. Avrebbe tanto voluto capire come i due
giovani si fossero conosciuti per aiutare sua figlia a tornare spensierata come
lo era prima, ma anche con lei aveva eretto un solido muro.
Anche Valentina era preoccupata per quello che stava accadendo e ne aveva
parlato con lei per trovare una soluzione, ma se i due ragazzi non
collaboravano, era tutto inutile.
-A cosa pensi? – le chiese suo marito, che in realtà aveva i suoi stessi
pensieri.
-A Sabrina ed Alessandro. Mi preoccupano, i loro rapporti peggiorano di giorno
in giorno. Mi chiedo se abbiamo fatto bene a…
-… a ospitarlo in casa nostra?… Maria, cosa dici? E proprio tu poi? Era…
nostro… tuo… dovere. Non potevamo rifiutare. L’abbiamo promesso…!
-Hai ragione. Comunque anche Valentina e tutti gli altri sono preoccupati. Se
solo trovassimo il modo per…
Il telefono squillò e il signor Mancini andò a rispondere. Restò circa dieci
minuti al telefono e quando tornò in cucina il suo volto preoccupato aveva
lasciato spazio ad un sorriso.
–Cara, abbiamo risolto il problema.
-Cosa? Dobbiamo restare da soli per tre giorni?!- esclamarono all’unisono
Sabrina e Alessandro, visibilmente disgustati all’idea –Ma perché?
-Perché- spiegò il signor Mancini –io e Maria siamo stati invitati da alcuni
amici a trascorrere tre giorni in campagna per la notte di San Lorenzo e non
abbiamo potuto rifiutare.
-Ma non potrei venire con voi?- chiese Sabrina in tono supplichevole –Dopotutto
sono vostra figlia!
-Non dire sciocchezze!- controbatté la madre –Alessandro è un nostro ospite,
non possiamo lasciarlo completamente solo!
-Ma per me non ci sarebbero problemi…
-Senza contare che per tre giorni il mondo non casca!- continuò la donna,
ignorando la protesta del ragazzo –Quindi siamo d’accordo. Noi partiremo
domattina. Ok?
-Si- risposero ambedue, anche se più che una domanda era sembrato un ordine. Si
guardarono disperati: come avrebbero fatto per tre lunghissimi giorni a
sopportarsi a vicenda? Si consolarono pensando che almeno avrebbero potuto
cercare di stare fuori casa il più a lungo possibile.
Tanto, pensò Sabrina, c’erano Valentina e la “summer band”…
-Devi… devi andare in vacanza con i tuoi!!!- aveva urlato Sabrina quasi sul
punto di scoppiare in lacrime, quando Valentina le aveva raccontato che anche i
suoi genitori, come tutti gli anni, avevano deciso di andare dai nonni in
campagna per godersi le stelle lontano dalle luci della città.
-Come ogni anno, te ne eri dimenticata?
-E’ vero!- aveva piagnucolato quando si era ricordata la verità –E io che avevo
sperato di passare il tempo con te!
-Non preoccuparti, Sabrina tanto ci sono gli altri della “summer band”!- aveva
cercato di consolarla Valentina.
“Ma non è la stessa cosa senza di te!” stava pensando in quel momento Sabrina,
mentre osservava il cielo, seduta in cortile sulla sedia sdraio preferita di
suo padre, cercando di intravedere qualche stella cadente per esprimere un
desiderio, magari quello che Alessandro se ne andasse il più presto possibile.
Era il secondo giorno che i suoi genitori erano partiti e la tristezza
cominciava a farsi sentire. Senza Valentina non era la stessa cosa e lei lo
sapeva: benché gli altri avessero cercato di tirarle su il morale, non ci erano
riusciti.
Le estati precedenti era stato diverso: non aveva avuto un ragazzo con gli
occhi di ghiaccio che non sapeva ringraziare e che la trattava male, né i suoi
genitori erano partiti per una vacanza. Si sentiva sola, nonostante sentisse
che i suoi amici le volevano bene. Ma non le bastava, sentiva che mancava
qualcosa nella sua vita e ora più che mai riusciva a percepirlo, anche se non
capiva cosa fosse.
–Ma perché Alessandro è così? Se fosse stato un altro…- bisbigliò a se stessa,
mentre una stella cadeva dal cielo, ma Sabrina era talmente presa nei suoi
pensieri e ormai nel dormiveglia che non se ne accorse.
Quando aprì gli occhi Sabrina si accorse di essersi addormentata sulla sedia
sdraio e che aveva passato la notte all’aperto. Si alzò infreddolita e corse in
casa a prepararsi una buona tazza di latte caldo. Sentì i passi di Alessandro
giù per le scale ma non si scompose: da quando i suoi erano partiti, non si
erano mai rivolti la parola e quella volta non fece eccezione.
Alessandro terminò la sua colazione e senza dire una parola uscì.
Sabrina terminò la sua colazione, si cambiò e uscì anche lei per raggiungere
gli altri con la tristezza nel cuore.
-Coraggio Sabrina, sta allegra! Oggi è l’ultimo giorno! E poi ci siamo noi no?-
cercò di consolarla Paola.
-Già- rispose soprappensiero.
Si sentiva stanca, la testa le scoppiava e perciò decise di tornare a casa e
starsene un po’ da sola. Non salutò nessuno, convinta che non si sarebbero
accorti della sua assenza. E invece, quando ormai si era allontanata di qualche
metro si sentì chiamare. Era Michele.
-Sabrina dove vai?- chiese.
-Torno a casa. Oggi mi sento poco bene e non riesco a divertirmi.
Michele la guardò negli occhi e la scoprì mortalmente pallida e triste, come
mai l’aveva vista.
–Posso accompagnarti a casa? Sei pallida, non mi piaci proprio!
-Sei gentile, ma preferisco andarci da sola.
-Sei sicura?- chiese preoccupato.
-Certo, va pure a divertirti con gli altri!
-Come vuoi!- disse allontanandosi poco convinto. Sabrina lo vide allontanarsi e
sorrise. Michele era sempre lo stesso. Voleva bene a tutti, era gentile,
simpatico e spiritoso. Beata la donna che l’avrebbe sposato.
S’incamminò verso casa lentamente mentre la sua mente vagava lontano. Era
talmente assorta che non si era neanche accorta che le bianche e leggere nubi
che fin dalla mattina avevano coperto il cielo, si erano trasformato in
minacciosi nuvoloni scuri. Il vento aumentò d’intensità e i tuoni si fecero
sempre più forti.
Sabrina si destò dai suoi pensieri solo quando le prime gocce iniziarono a
bagnarle il volto. Alzò gli occhi al cielo e si accorse dell’imminente
temporale. Iniziò allora a correre disperatamente verso casa con i vestiti
inzuppati d’acqua, mentre la pioggia aumentava sempre più d’intensità.
Giunse a casa ormai fradicia. Aprì velocemente la porta e solo quando si trovò
al caldo in casa, potè tirare un sospiro di sollievo. Si sentiva stanca e
infreddolita e sentiva una grande voglia di addormentarsi.
“Sarà meglio che salga in camera” pensò e s’incamminò attraverso il soggiorno
barcollando e con fatica iniziò a salire i primi gradini che portavano al
secondo piano. Ma la scala sembrò non finire mai e Sabrina sentiva che non
aveva più energie. Le forze la stavano lentamente abbandonando e tutt’a un
tratto non vide più niente davanti a lei, solo il buio.
Era da tanto tempo che non lo sognava e le faceva uno strano effetto rivederlo,
rivedere quella spiaggia, quella luna, quel ragazzo dopo tanti giorni in cui
non aveva fatto altro che pensare alle parole di Alessandro.
Era qualcosa di magico, d’irreale rivederlo. E lo chiamava, lo chiamava con il
cuore in gola, cercava di fermarlo, di chiedergli chi fosse.
–Aiutalo- ripeteva la voce –Aiutalo, ha bisogno di te!- Chi sei? Continuava a
chiedere, senza ricevere una risposta. Eppure c’era qualcosa di diverso in quel
sogno. Qualcuno la chiamava… una voce che lei conosceva… che conosceva bene… e
se fosse stata la sua?
Aprì gli occhi lentamente ancora intontita. Si guardò intorno apatica, come se
non sapesse dove fosse. D’un tratto incrociò due occhi che la guardavano
sorridenti
–Alessandro!- esclamò con voce flebile.
Alessandro le sorrise e lei notò che era molto più carino quando sorrideva
–Ben svegliata!- disse –Mi stavi facendo preoccupare. Non facevi altro che
urlare “non te ne andare”. Hai fatto un brutto sogno?
Sabrina arrossì leggermente. Già, anche sua madre le aveva più volte chiesto se
avesse fatto un brutto sogno e cosa significassero quelle parole. Ma lei non
poteva raccontare quel sogno a nessuno, era parte di lei, così annuiva
mentendo. E così fece anche quella volta.
D’improvviso si rese conto che era nella sua stanza. Guardò Alessandro con tono
interrogativo sedendosi al letto.
–Ma cosa ci faccio qui? Io ero… ero… dov’ero?
Alessandro sorrise –Ero in spiaggia quando ha iniziato a piovere e così ho
deciso di tornare a casa. Quando ho aperto la porta ti ho visto svenuta per le
scale. Accidenti mi hai fatto prendere un bello spavento! I tuoi vestiti sono
là, erano completamente fradici.
-I miei vestiti?- chiese arrossendo violentemente. -Ma…
-Calma calma! Nell’armadio ho trovato quella vestaglia- disse indicandola. Lei
abbassò lo sguardo e notò che aveva la vestaglia che usava la sera quando
andava a letto –Non potevo lasciarti tutta fradicia, no? E in ogni caso… avevi…
hai il costume…!
Sabrina sorrise e notò che anche lui era arrossito. Improvvisamente vide la
stanza girare velocemente e cadde all’indietro. Alessandro le toccò la fronte e
le aggiustò le coperte.
–Stai tranquilla per un po’, non ti ho detto che hai qualche linea di febbre.
Tu devi essere completamente impazzita: prima ti stai tutta la notte
all’aperto, poi te ne vai in giro sotto la pioggia!
-Non sono pazza!- cercò di controbattere con voce flebile. Non voleva litigare
dato che non aveva forze, né tanto meno voglia: il comportamento di Alessandro
l’aveva talmente colpita da lasciarla senza parole.
-Vado a prenderti qualcosa da mangiare, avrai fame- disse e uscì dalla stanza
senza darle neanche il tempo per rispondere.
Sabrina aveva voglia di pensare, di capire ma sentiva la testa pesante.
Lentamente sentì che anche le forze che aveva recuperato, la stavano
abbandonando trasportandola nuovamente nel mondo dei sogni.
Quando Alessandro aprì la porta trovò Sabrina nuovamente addormentata. Appoggiò
il vassoio sulla scrivania e si sedette accanto a lei per osservarla.
Guardò il suo viso addormentato e le accarezzò i morbidi capelli castani.
Chiuse gli occhi e ripensò al colloquio che aveva avuto con Michele.
Quando aveva detto a Sabrina che era tornato a casa mentre iniziava a piovere,
aveva mentito. In realtà erano stati gli altri della “summer band” a
costringerlo a tornare a casa pieno di pensieri.
L’avevano fermato sulla spiaggia, accerchiandolo, in modo che non potesse
scappare. In fondo era stato meglio che Sabrina era andata a casa, così loro
avrebbero potuto parlare con Alessandro e costringerlo a cambiare comportamento
nei suoi confronti: era evidente che quella situazione la faceva star male.
Nessuno di loro voleva vedere Sabrina soffrire. Soffriva già troppo per Michele
e bastava quello oltre a quella famosa faccenda che nessuno, soprattutto lei,
avrebbe mai dimenticato.
A nessun membro della “summer band” era ignoto che a Sabrina piacesse Michele,
tranne, naturalmente, al diretto interessato. Benché Sabrina lo amasse dal
profondo del cuore non aveva mai provato gelosia nei confronti delle ragazze
con cui era stato, anzi quando Michele aveva deciso di lasciare Marika per
mettersi con Valeria, lei aveva cercato in tutti i modi di salvare la loro
storia, offrendosi persino di andare a parlare con lui. Era questa la qualità
che amavano in lei.
“Amare vuol dire voler bene a qualcuno e non esserne gelosi. Se io gli voglio
bene veramente, non devo provare gelosia, ma essere felice se lui lo è.
Oltretutto chi sono io per provare gelosia? Lui mica mi ama! Amare è
condividere la felicità dell’altro. Questo è amore” diceva sempre Sabrina
quando le chiedevano perché continuasse ad amare Michele nonostante tutto.
Così quando avevano visto Alessandro che camminava sulla spiaggia, avevano
capito di aver trovato il momento giusto per parlargli.
-Che volete?- aveva chiesto in modo scontroso.
-Parlarti.- aveva risposto serio Michele –Parlarti di Sabrina.
-Io non ho nulla da dirvi soprattutto su di lei! E ora lasciatemi andare!
-No!- aveva controbattuto Gaetano, prendendolo per la maglia, cosa che faceva
sempre quando perdeva le staffe, cosa che in realtà accadeva fortunatamente,
molto di rado –Siamo stufi, hai capito, stufi! Ti odiamo, ti odia Sabrina, ti
odiano i suoi genitori, ti odiamo tutti! Per colpa tua Sabrina è cambiata, è
sempre pallida e triste e arrabbiata. Cosa le hai fatto?
-Pallida e triste? Ma se con me non fa altro che urlare!
-Ti sbagli- s’intromise Michele –tu non la conosci, è normale che parli così.
Devi sapere che Sabrina, nonostante sia sempre una ragazza forte, è molto
insicura e se qualcuno la critica per qualcosa, ci rimugina su, chiedendosi
sempre in cosa ha sbagliato e si cruccia perché è fatta così. Ha paura di
sbagliare, anche nelle cose più semplici. Ti preghiamo, t’imploriamo, falle le
tue scuse se le hai fatto qualcosa o ritira quello che le hai detto, o si
ammalerà a furia di pensarci! Non abbiamo altro da dirti- aveva terminato e il
gruppo in poco tempo si era diradato e dopo pochi secondi era rimasto solo con
i suoi pensieri.
Ma perché Sabrina era così amata da tutti i suoi amici? Cosa aveva di speciale
per renderla tanto unica? Quasi senza accorgersene aveva iniziato a camminare
verso casa curioso di scoprire cosa rendesse magica quella ragazza. Quando
aveva aperto la porta il temporale si era già scatenato violentissimo. Era
ancora scosso quando entrato in casa, si era guardato in giro cercandola. Ma
poi l’aveva vista, là svenuta per le scale che conducevano al secondo piano.
–Sabrina!- aveva urlato precipitandosi a soccorrerla. Per un attimo una paura
fole si era impadronita di lui. No, non di nuovo! Tutto ma non quello! Le aveva
toccato la fronte, l’aveva sentita bollente e si era accorto immediatamente che
era fradicia. L’aveva presa fra le braccia e l’aveva condotta nella sua stanza.
Non senza imbarazzo le aveva tolto gli abiti fradici e l’aveva coperta con una
vestaglia che le aveva visto spesso indossare.
Restò a guardarla mentre dormiva e solo allora per la prima volta si rese conto
che Sabrina era carina. La sua pelle era rosea e i capelli sembravano
cioccolata. I lineamenti erano dolci, come non li aveva mai visti. La scoprì…
diversa e iniziò a chiedersi come mai una ragazza così carina, simpatica e
amata da tutti potesse avere poca fiducia in se stessa.
Aveva avuto ragione Michele quando gli aveva detto che lui non la conosceva per
niente. Quella era stata la prima volta in due settimane che avevano avuto una
conversazione normale e forse era colpa sua. Non era questione di
quell’incidente. Era così e basta.
Quella mattina Sabrina si svegliò che era appena l’alba. Si toccò la fronte
convinta di aver sognato tutto e si guardò in giro. Rimase molto sorpresa
quando vide Alessandro su una sedia accanto a lei appisolato. Sorrise, contenta
di non aver sognato tutto e decise di alzarsi, poiché sentiva che le forze le
erano tornate.
Guardò ancora una volta Alessandro chiedendosi se a mente più lucida avrebbe
potuto indovinare la causa del cambiamento del ragazzo. Il suo sguardo cadde
sulla sedia su cui aveva appoggiato i suoi indumenti bagnati e arrossì prima di
decidersi a scendere dabbasso.
Giunse in cucina e, con la mente ancora rivolta verso Alessandro, aprì la
portafinestra che dava sul giardino pieno di pini e aranceti respirando a pieni
polmoni l’aria fresca dell’aurora. Gli alberi ricoperti da una leggera brina
luccicavano a quel leggero chiarore, creando intorno a lei un’atmosfera magica.
Sabrina guardò quel cielo estasiata e lentamente girò lo sguardo fino ad
incrociare la sfera rossa solare nascente dall’acqua del mare, colorandolo di
soffici tonalità fra il giallo e il rosa pallido.
Rimase a fissare quello spettacolo che ormai conosceva a memoria, ma che ogni
volta le dava la stessa, magica sensazione.
-Cosa ci fai qui fuori?- sentì una voce chiederle alle spalle.
Si voltò di scatto e sorrise –Alessandro! Mi hai spaventata!
-Scusami non volevo, ma ti conviene rientrare se non vuoi riammalarti!
-Non preoccuparti ora sto bene. Piuttosto… - abbassò lo sguardo e giocherellò
con le dita prima di dire –ieri non ho avuto modo di ringraziarti per quello
che hai fatto per me. Sei stato davvero molto gentile.
-Non devi ringraziarmi, ho fatto solo il mio dovere. E poi….
-E poi…?
-Poi… dovevo farmi perdonare per come ti ho trattato quella mattina… sono stato
scortese nei tuoi confronti… scusami.
Sabrina non seppe cosa dire, non ancora abituata al cambiamento di Alessandro.
–Non devi scusarti- disse infine –è stata colpa mia… non mi dovevo immischiare
nella tua privacy. Il problema è che sono troppo curiosa! Cosa posso farci?
Sono fatta così!- esclamò sorridente –Ma…- continuò mentre i suoi occhi
luccivano maliziosi –giusto che siamo in tema… non è che puoi dirmi cosa facevi
là a quell’ora?
Alessandro la guardò e scoppiò a ridere così forte che gli vennero le lacrime
agli occhi. Ma quelle lacrime non erano, come invece credeva Sabrina, lacrime
derivanti da una risata esagerata, ma era qualcosa di più.
Stava ridendo! Ridendo come non faceva da tempo. Proprio lui che aveva giurato
che non avrebbe mai più riso e che non avrebbe mai più stretto amicizia con
qualcuno rischiando di perderla! Cominciava proprio a capire cosa rendesse
quella ragazza tanto speciale.
Sentirono il motore di un’auto avvicinarsi e dopo poco tempo videro una Tipo
posteggiare davanti al cancello. La portella si aprì e Sabrina vide sua madre
uscire e andarle incontro.
-E allora?- chiese la signora Mancini quando vide i due ragazzi insieme –Come
sono andati questi tre giorni?
-Divinamente!- rispose Sabrina incrociando lo sguardo del ragazzo.
Il volto della signora Mancini s’illuminò dalla gioia -Davvero! Oh come sono
felice! Carlo hai sentito? Come sono felice! No, non voglio saper com’è andata,
l’importante è che adesso siate amici. Su, venite dentro a festeggiare!-
esclamò precedendoli in casa.
-Ah a proposito!- sembrò ricordarsi d’un tratto la signora Mancini, facendo
sbucare la testa dalla portafinestra –Da Giulio ho incontrato Valeria, la tua
amica e ha detto che sarebbe davvero felice di rivedere te e gli altri!
Alessandro guardò Sabrina per chiederle chi fosse quella ragazza, ma non riuscì
a farle alcuna domanda. I suoi occhi avevano perso tutta la loro gioia ed era
impallidita di colpo.
Alessandro la guardò stupito e si chiese quale fosse il motivo di un tale
cambiamento.
Eh, sì, devo dire che con questo capitolo il periodo di noia è finito e inizia
la storia vera e propria! Mi scuso per aver creato capitoli così noiosi! (però
erano piccolini, vero? ^_^ Mentre questo è stato più lungo e, credo, più
divertente!). Quando creai la storia, non mi resi conto di questo squilibrio
interno! Eh sì, devo dire che pubblicarlo mi aiuta a capire meglio gli errori
commessi.
Ringrazio anticipatamente tutti coloro che leggeranno e commenteranno (o
leggeranno solo) questa mia storia. Grazie di cuore a tutti!
Quella mattinata non
avrebbe potuto essere più strana, pensava Alessandro mentre beveva il suo
caffelatte e non aveva tutti i torti.
Se da un lato i genitori di Sabrina erano
al colmo della gioia perché lui e Sabrina erano diventati amici, dall’altro la
ragazza non sembrava condividere la loro gioia, anzi, sembrava quasi che
volesse alzarsi e urlare di piantarla e di tacere.
Continuava a guardarla con la coda
dell’occhio e si chiese come mai quel nome, Valeria, l’avesse così spaventata.
Avrebbe tanto voluto chiederglielo, ma sapeva di non avere il coraggio di
farlo, eppure sentiva che non doveva lasciarla in quello stato, che doveva fare
qualcosa.
Quando la vide alzarsi e salire in camera
sua per cambiarsi per andare al mare, capì che era giunto il momento opportuno.
Si alzò da tavola con un semplice –Vado a
farmi una doccia- come scusa, percorse il salotto correndo, salì le scale e si
diresse verso la stanza di Sabrina, ma giunto davanti alla porta della sua
stanza, ebbe paura di bussare.
Solo i singhiozzi di Sabrina che sentiva
provenire dalla stanza, gli diedero il coraggio di farlo.
–Sono Alessandro- aggiunse sperando che
avrebbe aperto.
A quelle parole magicamente la porta si aprì
e Alessandro vide gli occhi della ragazza pieni di lacrime.
-Cosa c’è?- chiese con tono preoccupato e
persino Sabrina nell’ascoltare quelle parole ne rimase colpita.
Cosa c’era che non andava? C’era che
rischiava di rivivere un passato per lei doloroso, di ricordare ciò che avrebbe
tanto voluto dimenticare, ecco cosa c’era. Ma non riuscì a dire niente perché
aveva troppa paura di ricordare, di rivivere…
Guardò gli occhi di Alessandro, così dolci,
rassicuranti e preoccupati e, senza accorgersene, si ritrovò a piangere fra le
sue braccia.
Alessandro la strinse forte, incerto se
fargli quella famosa domanda. Sentì le sue lacrime bagnargli la mano mentre le
accarezzava una guancia, e solo allora si decise:
–Sabrina… cosa c’è? Perché quel nome ti ha
tanto scossa?Dimmi cosa c’è!
Sabrina alzò lo sguardo verso di lui e
nonostante tutto sorrise: non si era ancora abituata a quel cambiamento e a
dirla tutta non ci credeva ancora. Si staccò da lui e si andò a sedere sulla
punta del letto, mentre Alessandro prendeva posto sulla sua sedia preferita.
-Tutto è cominciato tre anni fa- iniziò
asciugandosi gli occhi con una mano – Quell’estate arrivò una nuova ragazza
nella “summer band”, Valeria, appunto. Era una ragazza molto bella, alta, dai
lunghi capelli rossi e gli occhi di un verde che faceva quasi paura. Ma era
quello sguardo, talmente misterioso, che affascinava i ragazzi e in particolar
modo Michele. Tu lo conosci no? La sua allegria è contagiosa e ben presto
Valeria s’invaghì di lui e, nonostante fosse più grande di lui di due anni si
misero insieme. Per lei lasciò persino Marika. Tu non la conosci, ma era una
ragazza fantastica, dolce e amica di tutti. Fece parte della “summer band” solo
quell’anno. Quando Michele decise di lasciarla per Valeria, lei abbandonò il
gruppo e da allora l’ho vista qualche volta in giro, ma ogni volta che mi vede
cerca di evitarmi. Poverina, è da parecchio che non la vedo più.
Tornando a Valeria, come ti ho detto, si
misero insieme. Ma Valeria non era la dolce ragazza che voleva farci credere.
Quei suoi occhi felini nascondevano un’altra natura. Una natura ribelle,
violenta, aggressiva… e trasgressiva. Ben presto, infatti, tutti quanti ci
accorgemmo che Michele stava perdendo tutta la sua allegria, la sua gioia, i
suoi occhi avevano perso quella lucentezza che… che…
-… che ti aveva fatto innamorare- terminò
Alessandro.
Sabrina lo guardò negli occhi, sicura che
avrebbe capito –Esatto- disse annuendo –All’inizio ne parlai con Valentina,
chiedendomi se fosse stata soltanto una mia impressione. Anche Valentina aveva
avuto la stessa sensazione e capì che non era soltanto la nostra fantasia. Lei
vuole bene a Marco e quindi la sua impressione, diversamente dalla mia, era
oggettiva. Ne parlammo con gli altri e scoprì che anche loro erano d’accordo.
Capimmo subito che la colpevole di tutto era Valeria, così una sera ci
dividemmo in gruppi decisi a spiarli - Sabrina inghiottì e proseguì –E
scoprimmo il vero mondo di Valeria... non discoteche e spinelli. Ma alcolici e
droghe vere, notti intere a… a…- Sabrina non riuscì più a continuare, le
lacrime le scendevano lungo le guance e gli occhi che guardavano lontano, su
quella spiaggia, quella notte, mentre Michele e Valeria…
-Capimmo subito che dovevamo fare qualcosa.
Così la mattina seguente prendemmo Valeria da parte e la costringemmo ad
andarsene e a lasciare in pace Michele, ma ben presto scoprimmo che si vedevano
di nascosto. Fu allora che raccontammo tutto ai suoi genitori e finalmente
grazie al loro aiuto riuscimmo ad allontanarlo da lei. Ma non era finita. Per
tutto l’anno Michele continuò quella vita, a bere e a fumare erba… rischiò di
perdere persino l’anno…il primo al
liceo classico… Noi non volevamo e tentammo di aiutarlo in tutti i modi. E
fortunatamente ce la facemmo.
L’estate seguente Michele era tornato il
solito Michele. Nessuno parlò più di quella storia e nessuno ne sapeva niente
tranne noi della band, i suoi genitori e gli insegnanti. Nel frattempo i suoi
genitori fecero ricerche su di lei. Non c’era nessuna Valeria, probabilmente
era fuggita da casa e viveva allo sbaraglio. Ma non glielo dicemmo mai. Michele
era tornato lui e questo ci bastava.
E… e adesso è tornata! Cosa vuole da noi?
No, Michele non deve vederla, non deve!- esclamò e Alessandro potè chiaramente
notare negli occhi di Sabrina quello sguardo inconfondibile di coloro che
amano.
-Per me dovresti avvisare gli altri.
Dovete evitare che la veda. Se vuoi… se vuoi vi aiuterò io- disse abbassando il
tono della voce quasi in un soffio.
Sabrina lo guardò e i suoi occhi erano peni
di riconoscenza –Grazie Alessandro… grazie.
-Stai scherzando spero!- urlarono in coro i
ragazzi della band.
-Purtroppo no, è stata mia madre a dirmelo.
L’ha incontrata a casa di amici e lei ha affermato che un giorno di questi
sarebbe venuta a trovarci.
-Non è possibile! E’ un incubo!- esclamò
Valentina, appena tornata dai nonni.Aveva trovato Sabrina e Alessandro attenderla davanti alla porta di
casa.
–Cosa c’è che non va? Avete due facce!-
aveva chiesto e in pochi minuti tutta la gioia di rivedere Sabrina e chiederle
cosa era successo con Alessandro, si perse e dimenticò tutto ciò che avrebbe
voluto chiedere alla sua amica.
-E a Michele come lo diremo?- chiese Marco
preoccupato.
-Non dobbiamo dirglielo, non deve vederla,
dobbiamo allontanarlo per qualche giorno… non deve, non deve vederla!!
-Ma Sabrina, è impossibile!- ribatté
Andrea, molto più realistico –Non sappiamo quando verrà e poi che scusa
inventeremmo con Michele?
-Ma… secondo me dovrebbe vederla….
Le parole di Gaetano caddero come una
doccia fredda. Lo guardarono come se avesse parlato ostrogoto.
–Cosa?- chiesero in coro –Cosa intendi
dire?
-Intendo dire che secondo me Michele non
l’ha dimenticata del tutto. Lo conosco dai tempi dell’asilo, è naturale che lo
sappia. Molte volte lo vedo perso nei suoi pensieri… e poi se ci pensate bene
da quando ha lasciato Valeria non si è messo con nessun’altra. Deve rivederla,
deve superare quello shock, deve rivivere il suo passato!
-Gaetano ha ragione- approvò Alessandro
–Sono pienamente d’accordo con lui.
Tutti lo guardarono stupiti da quelle
parole così sagge e si chiesero se fossero state le loro parole a cambiarlo
così: non avrebbero mai creduto che ciò che loro gli avevano detto avrebbero
avuto un tale effetto su di lui. Ma quello che era più importante era che
Sabrina fosse nuovamente tranquilla. Se non fosse stato per Valeria! Sapevano
quanto amasse Michele e quanto avesse sofferto per colpa di quella ragazza. Certo
a nessuno era sfuggita la forza con cui aveva pronunciato quelle parole e la
luce che brillava nei suoi occhi. Sicuramente sarebbe stata una bella coppia se
solo Michele si fosse accorto di lei.
-Forse hai ragione ma è pericoloso, troppo
pericoloso! E se non ce la fa? Sapete tutti quanto ha amato Valeria, quindi
potete immaginare cosa accadrebbe se…
-Cosa vi dite di bello?- chiese una voce
alle loro spalle. Tutti si voltarono spaventati: davanti a loro c’era Valeria
in persona.
Benché Alessandro non
l’avesse mai vista, appena incrociò il suo sguardo capì che lei era la famosa
Valeria. Notò subito lo sguardo felino che la contraddistingueva e riconobbe
che era una ragazza bella, ma certo il tipo di cui non si sarebbe mai
innamorato.
Doveva avere circa diciannove anni, alta,
con i capelli rosso fuoco, troppo per essere naturale. Indossava una minigonna
di quelle che più corte non si può, un top che le ricopriva solo il seno e un
paio di scarpe da ginnastica. Il suo sguardo era freddo ma divertito, e
sembrava nascondere qualcosa di misterioso che… che sembrava uccidere.
Valeria notò subito il suo sguardo
indagatore ma non si scompose più di tanto anzi –Cos’hai? Mi vuoi mangiare con
gli occhi?- domandò.
Alessandro sostenne il suo sguardo malizioso
senza scomporsi. Sabrina lo guardò e ricordò il primo giorno in cui l’aveva
incontrato. Quello sguardo freddo e indagatore, dimostrava che lui non era
stato colpito da quello sguardo ammaliatore e di questo era contenta.
Fu Valeria a scostare per primo il suo
sguardo. Si guardò in giro e il suo sguardo cadde su Sabrina –Ho incontrato i
tuoi genitori ieri. Salutali da parte mia.
-Cosa ci fai qui? Non ti avevamo ordinato
di non farti più vedere? Sparisci! Non vogliamo avere niente a che fare con te!
-Ma io invece volevo rivedervi! Sono tre
anni che non ci vediamo!- esclamò e scoppiò a ridere –A proposito dov’è
Michele?
-Michele non c’è e in ogni caso noi
impediremo che tu lo veda- esclamò Gaetano pieno di rabbia –lo hai fatto
soffrire anche troppo e non abbiamo alcuna intenzione di farti tornare con lui!
-Oh ma su questo non c’è alcun pericolo:
ero rimasta solo colpita solo dalla sua allegria, ma ora mi è passata
completamente.
-A me non invece.- esclamò una voce dietro
di lei.
Valeria si girò e tutti poterono guardare
il pallido viso di Michele fissare quello della sua ex ragazza.
–Ciao Valeria.
Alessandro non potè fare a meno di guardare
verso Sabrina e la scoprì che fissava Michele con occhi pieni di paura e
incertezza.
-Ciao Michele- ripose senza scomporsi –Vedo
che sei cresciuto un bel po’ dall’ultima volta che ci siamo visti. Sembri un
uomo adesso.
-Perché prima ero un bambino vero?- rispose
il ragazzo con voce dura. Era bella come quando l’aveva conosciuta, anzi la sua
bellezza era aumentata. Il suo volto era truccato, i suoi lineamenti perfetti e
i suoi occhi emanavano ancora quella sensazione misteriosa che l’aveva
stregato. Ma ora tutto era cambiato, Michele se ne rese conto. Ricordava ancora
le luci psichedeliche della discoteca, l’alcol entrargli nelle vene e Valeria
davanti a lei, bellissima come al solito. Erano pensieri che non l’avevano mai
abbandonato, ricordi che l’avevano accompagnato per tre anni e che non era
riuscito a dimenticare. Ma ricordava anche, e questo non l’avrebbe mai
dimenticato, le notti trascorse a sognarla, a chiamarla, a chiedere il suo
aiuto, che lo portasse via con sé e i suoi amici e i suoi genitori che
cercavano di fermarlo, che gli urlavano di piantarla, di tornare in sé.
Ripensava a quando, spariti gli effetti dell’astinenza, passava le sue notti
con Marco e Sabrina che cercavano di fargli recuperare le lezioni perdute e
quella promozione così sofferta. Ricordava tutto troppo bene per ricadere nello
stesso errore. Ormai era finito il tempo dei sogni e dei ricordi, doveva
affrontare la realtà e allontanare dal suo animo quel fantasma che lo assillava
da tre anni –Rispondimi! Perché prima ero un bambino vero?- chiese in realtà
più a se stesso che alla ragazza –Un bambino a cui fare, con cui fare quello
che volevi, una marionetta ai tuoi ordini pronta a fare qualsiasi cosa per te,
pronta a morire per te! No, non sono più quella marionetta, sono un ragazzo di
diciassette anni, con un cervello, oltre che con un cuore, che ha imparato la lezione.
Esci dalla mia vita e non rientrarci mai più!
Michele non avrebbe mai creduto di avere
tanto coraggio e allo stesso tempo tanta rabbia nel suo cuore e questo, se da
un alto lo spaventava, dall’altro lo inorgogliva.
Guardò gli occhi della ragazza senza timore
di restarci stregato e notò che era rimasta colpita dalle sue parole.
Mai, mai Valeria si sarebbe aspettata un
tale coraggio da parte sua. Se lo ricordava un ragazzino sciocco e pronto a
fare qualunque cosa per lei, che la serviva e la venerava come se fosse una
dea. Si chiese allora cosa ne fosse stato di quegli occhi ancora da bambino, i
capelli ribelli, il naso un po’ all’insù e chi fosse quel ragazzo davanti a
lei, pallido, con gli occhi seri che la guardavano gelidamente.
Spostò il suo sguardo sugli altri e capì
che Michele era cresciuto quello stesso istante in cui aveva pronunciato quelle
parole. Ed era vero. Neanche gli altri avevano visto Michele così serio. Quel
ragazzo, così allegro, intelligente e spiritoso e ancora un po’ bambino era
diventato uomo.
-Va bene- rispose tornando a guardare
Michele –Me ne vado, ma permettimi di dire una cosa. Credi davvero che fossi
venuta per te? Sei un illuso!- aggiunse e poi guardando verso gli altri
aggiunse –Ci vediamo.- poi si girò verso Alessandro e sorrise maliziosa
aggiungendo –Ci vediamo bel fusto!- e se ne andò.
Sabrina la guardò allontanarsi e poi posò
il suo sguardo su Alessandro perplessa: aveva un brutto, bruttissimo
presentimento…..
Fu la sera del 15
agosto che Sabrina capì che il
suo non era stato solo un presentimento, ma qualcosa di più.
Erano tutti sulla spiaggia davanti al falò
e Michele e Marco suonavano la chitarra, mentre loro cantavano. La luna era una
fetta di melone anzi sembrava quasi che ridesse della loro festa, pensò Sabrina
mentre la guardava.
Fin da piccola le era sempre piaciuto
guardare le fasi della luna cambiare da un giorno all’altra e a diciassette
anni non aveva ancora perso quell’abitudine. Eppure quella sera la luna non le
faceva lo stesso effetto: c’era qualcosa di strano. Sentiva un blocco allo
stomaco, come se avesse mangiato troppo. Ricordò lo sguardo di Valeria mentre
guardava Alessandro e ripensò a quel suo saluto. Non faceva altro che pensarci
e non riusciva a togliersi quella scena dalla testa.
Cosa voleva da Alessandro? Trattarlo come
aveva trattato Michele? No, non poteva permetterlo! Si guardò in giro e la vide
mentre parlava con altre due papere degne di lei e fissava maliziosamente
Alessandro. Incrociò il suo sguardo e un’ondata di odio la colpì. Non avrebbe
permesso che un altro ragazzo innocente cadesse nella sua trappola. Non
l’avrebbe permesso…
-A che pensi?- sentì una voce domandarle e
vide Valentina sorriderle.
Rispose al sorriso rassicurata. Quella
ragazza bionda, dagli occhi azzurri sembrava quasi leggerle nel cuore. Per
Sabrina era tutto. Non sapeva proprio come avrebbe potuto fare senza di lei, i
suoi preziosi consigli, la sua spalla su cui aveva pianto tante volte, la sua
forza per superare i momenti di sconforto. La conosceva meglio di se stessa e
si era accorta subito che in quel momento i suoi pensieri erano altrove.
-Guarda come fissa Alessandro! Ho
l’impressione che voglia provarci con lui!
-Non preoccuparti, lui non è Michele e tu
lo sai meglio di me.
Sabrina sospirò e asserì con il capo –Hai
ragione ma… io ho ugualmente paura. Valeria è affascinante e non vorrei che
nonostante tutto ci cascasse anche lui.
-Non succederà. E poi Alessandro è
innamorato di te non hai motivo di preoccuparti.
Una vampata di calore le salì sul volto
–Non dire sciocchezze- blaterò confusa –Alessandro non può… non è possibile
che… e poi… e poi perché invece di dire cavolate non ti decidi a dire a Marco
che ti piace!
Lo sguardo di Valentina prima così allegro,
cambiò improvvisamente –Non dire sciocchezze! Siamo soltanto amici, niente di
più!
-Scusa ma cosa ne sai? Te lo ha detto lui!
-No, però….
-Secondo me devi dirglielo. Vi conoscete da
tanto tempo… possibile che non riesci a capire che anche lui prova per te
quello che provi per lui!
-Racconti frottole!- esclamò e poi tornò a
guardare Marco e Michele che suonavano.
Valentina e Marco si conoscevano da quando
frequentavano la scuola elementare. Sapevano tutto l’uno dell’altro, tranne
ovviamente che si amavano. Ambedue avevano paura che l’altro non provasse gli
stessi sentimenti e che per questo la loro amicizia potesse finire. Eppure
sempre più spesso si accorgevano che molto spesso restavano muti senza sapere
cosa dire, come se un muro invisibile li dividesse. Nessuno dei due però
immaginava che con un semplice “Ti amo” quel muro sarebbe crollato per sempre e
Sabrina come tutti gli altri lo sapeva. Avrebbe dato qualsiasi cosa perché loro
due si decidessero a parlarsi chiaramente, ma tutti i loro piani erano falliti.
Nessuno era riuscito a ideare un piano giusto, forse avrebbe potuto provarci
Alessandro…
Decisero di parlarne con lui di vedere se
sarebbe stato d’accordo. Lo trovò che beveva un bicchiere di coca cola staccato
dal gruppo mentre osservava silenzioso i due chitarristi. In breve gli raccontò
tutto e fu molto delusa dalla risposta.
-Secondo me ti immischi troppo nelle
faccende di Valentina e Marco. Questo è il tuo difetto: cerchi di aiutare gli
altri, ma non ti accorgi che con il tuo atteggiamento rendi nervose le persone
che ti circondano. Lasciali in pace, alla fine accadrà qualcosa che li farà
chiarire. E’ solo questione di tempo.
-Forse hai ragione- disse anche se non
molto convinta –Sai non credevo t’intendessi di problemi di cuore!- fece una
breve pausa poi –E tu non sei mai stato con una ragazza?- domandò.
Alessandro alzò lo sguardo da terra e i
suoi occhi profondi poterono leggere la curiosità in quelli di Sabrina. Gli piaceva
quello sguardo, così curioso e birichino, persino un po’ infantile e, sebbene
la domanda fosse alquanto imbarazzante, rispose –Vedi, come ti stavo appunto
dicendo sei troppo curiosa.
Sabrina abbassò lo sguardo, incerta.
Alessandro aveva pienamente ragione e lei si chiese da dove diavolo le fosse
uscita una domanda del genere. Sentiva il cuore batterle all’impazzata, come se
avesse voluto scappare dal suo petto mentre rispondeva –Hai ragione… non avrei
dovuto farti una domanda del genere, ma mi stavo chiedendo se a Cagliari…
avessi qualcuna che… che ti aspetta… una… una ragazza ad esempio…
-No, non ho nessuna che mi aspetta…. Anzi…
preferirei non tornare più a Cagliari e restare sempre qui.
Sabrina lo guardò –Ma perché? Lì c’è la tua
famiglia, i tuoi amici. Perché non vuoi tornare a casa?
Lo sguardo di Alessandro si velò
leggermente ma lei non se ne accorse –Vedi perché…
Si girò di scatto senza terminare la frase,
sentendosi osservato e come aveva immaginato là dietro di lui c’era Valeria che
li fissava.
-Oh scusate… non volevo disturbare la
vostra intimità!… ma prego continuate pure! Non mi date alcun fastidio!
-Ma perché non ci lasci in pace? Gurda che
ho notato come guardi Alessandro! Non vorrai per caso ricominciare con il tuo vizio!-
urlò, senza sapere perché fosse così seccata da quell’interruzione.
-Ma scusa sei per caso la sua ragazza che
parli così?
-Questo non…- iniziò, ma Alessandro la
fermò –Non è cosa che ti riguardi e in ogni caso sappi che non potrei mai
innamorarmi di una ragazza come te! Ne ho sentite anche troppe sul tuo conto!
-Davvero? Peccato che tu sappia solo la
loro versione, non la mia! Te l’ha detto Sabrina non è vero? Ma lo sai che lei
ha una cotta per Michele? Direbbe male anche di Valentina se si mettesse con
lui! Dammi retta scegliti un'altra più matura di lei! Carino come sei non
avresti difficoltà!- terminò e ridendo si allontanò.
Sabrina la guardò allontanarsi con gli
occhi che mandavano lampi. Uno strano fuoco le ardeva dentro e non sapeva spiegarsi
il motivo di tanta rabbia. Forse la causa di tutto era Valeria o forse le
parole che aveva detto su Michele. Continuava a pensare senza trovare una
risposta, senza neanche immaginare che ciò che stava cercando era proprio lì,
accanto a lei.
Marco posò dolcemente
la chitarra per terra e si sedette accanto all’amico. Come Gaetano anche lui
conosceva Michele da anni e aveva subito compreso quali fossero
i suoi pensieri. Gaetano non aveva esagerato quando aveva sostenuto che pensava
ancora a Valeria, anzi anche lui s’era accorto, nonostante lo conoscesse solo
da sei anni –cioè da quando Michele, Gaetano e Andrea,
cugino di Gaetano, avevano fondato la band.- e come aveva suonato quella sera
ne era la prova: mai aveva suonato così male, tanto che lui si era più volte
chiesto se il ragazzo che gli stava accanto fosse Michele o piuttosto un sosia.
Certo non aveva potuto fare a meno di notare quello sguardo perso nel vuoto, la
mano che suonava senza entusiasmo, gli sguardi che lanciava verso Valeria e di
come si era raggelato quando l’aveva vista parlare con Alessandro e Sabrina. Nonostante tutto ciò che aveva detto quel giorno con tanta
convinzione, l’amava ancora. Del resto non è facile dimenticare una persona che
si ama da tanto tempo…
-Stai pensando ancora a
Valeria.- disse. Non era una domanda ma una constatazione.
-Si- sospirò e
chinò la testa. Era inutile mentire a Marco e a se stesso: Marco aveva ragione.
Era quello il motivo per cui non era riuscito a
mettersi con altre ragazze dopo di lei –Credevo che sarebbe stato più semplice
dimenticare, ma ora mi accorgo che non è così. Mi ero illuso. Dopo tre anni la
amo ancora, nonostante mi abbia fatto molto male.
Marco sussultò. Erano le stesse parole che
una volta aveva pronunciato Sabrina “Gli voglio bene
sempre di più… nonostante mi abbia fatto soffrire quando si è messo con
Valeria.”
-Credo che non riuscirai mai a dimenticarla.
Devi imparare a convivere con il suo ricordo, cercando di andare avanti lo
stesso.- disse mentre la sua mente pensava a Sabrina…
anche per lei doveva essere la stessa cosa…
-Hai ragione, eppure è difficile. Se solo trovassi una ragazza che me la facesse dimenticare...
-Eppure non hai
bisogno di andare lontano. La ragazza giusta forse è proprio
qui, accanto a te, e tu la stai perdendo- disse in un sussurro.
Michele lo guardò stupito –Ma di chi parli?
Marco sospirò senza speranza: inutile,
Michele non avrebbe mai capito, era troppo preso da Valeria. E pensare che se
Michele non avesse conosciuto Valeria, forse Michele e Sabrina in quel momento avrebbero potuto già stare insieme.
–Parlo di una ragazza che ha cercato sempre
di aiutarti nei momenti di difficoltà e che tu continui a vedere solo come
un’amica.
Michele continuava a guardarlo come se parlasse arabo –Ma di chi diavolo parli? Non riesco proprio
a capire! Piuttosto… visto che siamo in tema…- iniziò
con quello sguardo malizioso e curioso che Marco conosceva bene e Sabrina amava
tanto –E a te come va? Da quanto tempo non parli con Valentina?
-Sei bravo a voltare la frittata, comunque… - lo sguardo di Marco sembrò cercare Valentina
senza trovarla -… è da un bel po’ che non riusciamo a parlare come prima.
Ultimamente, benché stiamo sempre insieme, non riusciamo a scambiarci una
parola. E quando riusciamo a parlare sembra che un
muro ci divida. – si passò una mano tra i capelli castani e guardò il fuoco
scoppiettare allegramente mentre gli altri divisi in gruppo parlottavano fra
loro.–E così strano: ci conosciamo da tanto tempo, ma
non riesco a capire perché accada.
-Ne sei sicuro?
I loro sguardi s’incontrarono.
–Che vuoi dire?-
chiese.
-Sei sicuro che non riesci a capire perché
accada?Non è che
tu lo sai e che non vuoi ammetterlo? Dì la verità: tu
ti sei innamorato di Valentina, ma hai paura di dirlo a lei e a te stesso!
Marco guardò lontano e i suoi occhi
improvvisamente s’illuminarono: eccola lì, Valentina, con il suo vestito bianco
a fiori, i capelli biondi lasciati al vento, gli occhi azzurri che sorridevano
mentre parlava con Paola. Si fermò a contemplarla, ad ammirare la sua eleganza
e a ricordare i bei pomeriggi che avevano passato insieme, alle loro lunghe
corse in bicicletta… sembrava quasi essersi addormentato e Michele si chiese se
avesse ascoltato la sua domanda.
-Hai ragione- rispose
all’improvviso –E’ che... non voglio rovinare il nostro rapporto. Io… io voglio
che la nostra amicizia non finisca mai… che duri per sempre.
-Sta già finendo! Ti rendi conto che se
continui così la perderai lo stesso? Un giorno potrebbe stancarsi di aspettarti
e allora anche la vostra amicizia finirà! “Carpe diem” scrisse Orazio e io sono
pienamente d’accordo con lui. Cogli l’attimo, non indugiare,
vivi il presente, non pensare al futuro! Quello che stai vivendo è il
presente… vivilo in pieno e non lasciartelo fuggire! Io l’ho
provato di persona.- aggiunse in un soffio.
Marco lo guardò pieno d’ammirazione. Gli
stava dando consigli d’amore, proprio lui che l’aveva perso? Possibile che lui
invece non aveva neanche il coraggio di parlare alla ragazza che amava dei suoi
sentimenti?Michele quel giorno aveva
avuto il coraggio, anche se con difficoltà, di scacciare il suo passato.
Guardò il fuoco e il suo sguardo sembrò
animarsi della sua forza. Sì, decise, avrebbe rivelato a Valentina
i suoi sentimenti, l’avrebbe fatto, a costo di scoprire una brutta
realtà. Del resto sempre meglio sapere che vivere nel dubbio. L’unico problema
era trovare il momento opportuno per farlo.
Marco credette quasi che il destino avesse voluto dargli una mano
quando la mattina dopo Paola propose loro una festa.
Quella mattina l’aria era fresca ma ancora estiva, visto che dal ferragosto il tempo iniziava
inesorabilmente a cambiare, adatta per le buone notizie.
Ogni membro della band era, come al solito sulla spiaggia, benché la sera precedente, per via
della festa, avevano fatto molto tardi. Ma il pensiero dell’acqua salata in cui
tuffarsi e degli amici da ritrovare era troppo forte
per restare a poltrire nel letto.
In momento era in corso la finale del torneo
di beach volley: le squadre sfidanti erano composte l’una da Marco e Michele,
l’altra da Sabrina e Valentina.
Erano ormai agli sgoccioli della partita
–una partita emozionante che continuava a svolgersi in totale parità, con il
risultato di 12 a 12 nel set decisivo- quando Paola, appena arrivata, si
avvicinò ad Alessandro e gli sussurrò qualcosa nell’orecchio.
Alessandro sorrise
e fischiò –La partita s’interrompe per qualche minuto: Paola ha qualcosa da
dirvi.
Tutti guardarono nella sua direzione,
aspettando le sue parole. Sentiva gli sguardi degli amici fissi su di lei e
questo la turbava: non era abituata ad essere al centro
dell’attenzione di tutti, ciò nonostante parlò con voce tranquilla.
-Come tutti voi ben sapete lunedì prossimo è
il mio compleanno e io… avevo intenzione di
organizzare una festa… ci verrete?
Il coro di “Urrà!” e “Auguri!” che esplose
quando ebbe terminato la domanda, le fece indovinare subito la risposta.
-A che ora?- chiese Valentina, sempre la più
pratica del gruppo.
-Va bene alle 8.00?
Un nuovo scoppio di gioia evitò la risposta,
per altro già scontata.
Tutti ormai erano presi dall’euforia del
momento e dai pensieri che una festa comporta: il
regalo da comprare, il vestito da indossare… tutti sembravano essersi
dimenticati della partita, ma il fischio dell’arbitro riportò tutti alla
realtà.
–Allora si gioca o no?- Alessandro chiese in tono serio, perfettamente calato nel suo
ruolo.
Sabrina sorrise
mentre se lo immaginava in un vero stadio, mentre ammoniva un giocatore per un
fallo. Si figurava la sua immagine alta e snella che con sguardo vigile
guardava i giocatori in campo, mentre il pubblico esultava in delirio e lui,
fermo, impassibile nel suo ruolo…
-Ehi Sabrina svegliati!- la chiamò Alessandro facendo seguire alle parole un potente
fischio. Sabrina sembrò solo allora accorgersi di essere
ancora in campo e arrossì all’idea, poco probabile, che Alessandro avesse
potuto leggere i suoi pensieri.
La partita riprese, ma ormai gli spettatori
erano con la mente altrove
-Cosa le regaliamo?
-Pensavo ad una borsa, cosa ne dici?
-Non so, però è una buona idea!
-Come ti vestirai?
-Io non lo so ancora, e tu?
-Spero che abbia invitato qualcuno carino!
Questi erano i commenti che Alessandro dalla
sua postazione ascoltava e che avrebbe molto volentieri zittito per potersi
meglio concentrare sulla partita. Amava arbitrare le partite, soprattutto
quelle di pallavolo, cercare di essere imparziale e
giudicare oggettivamente. Anche a scuola lo faceva
spesso e ormai il suo era un ruolo fisso. Un vero peccato, si trovò suo malgrado a pensare che nella vita non era stato sempre così
imparziale come un vero arbitro dovrebbe essere….
La battuta di Valentina andò
a segno e Alessandro con un fischio decretò la fine dello scontro. Dopo
i soliti “Complimenti, bella partita” “Grazie anche a voi” di convenzione tutti
decisero di riunirsi al loro bar preferito e rinfrescarsi un po’ dopo la
partita, ma i discorsi non cambiavano:
-Ho
saputo che verrà anche tuo cugino, è vero?- chiese Gaetano pieno di curiosità.
Amava conoscere gente nuova, confrontare con loro i suoi punti di vista e
migliorarsi. Era quello l’unico modo per essere veramente più felici e in
armonia con gli altri. -E’ vero?
-E com’è?- chiese
Cristina, una strana ragazzina di 13 anni, che amava unirsi a loro, anche se a
volte si rendeva insopportabile, perennemente alla ricerca dell’anima gemella e
che ogni qual volta diceva di aver trovato, lasciava dopo circa una settimana.
-Beh, capelli biondi, occhi verdi, faccia
d’angelo e terribilmente carino. Vi assicuro che se non fosse stato mio cugino
ci avrei fatto un pensierino.
Tutti si guardavano: se Paola che era sempre
così seria e giudiziosa aveva detto una cosa del genere, doveva essere davvero
un tipo speciale.
-Di cosa parlate?-
chiese una voce alle loro spalle. Tutti tacquero all’istante e guardarono
Valeria temendo il peggio.
-Di niente.- rispose gelida la festeggiata
-Solo che lunedì è il mio compleanno e darò una festa con i ragazzi della band,
ma non credo che ti interessa.
-Invece mi interessa
molto- ribatté –Posso venirci?
Paola avrebbe tanto voluto buttarle in
faccia il gelato che aveva in mano e urlarle di non presentarsi a casa sua che l’avrebbe
cacciata a pedate, ma sapeva fin troppo bene che se si
fosse comportata così, Valeria si sarebbe vendicata.
–Certo- rispose a malincuore. In che guaio
si era cacciata!
-Allora ci vediamo alle 8.30, ciao!- disse e si allontanò.
I suoi occhi brillarono di malizia:
sicuramente anche Alessandro era stato invitato alla festa e ad una festa è più
facile corteggiare un ragazzo. Perché Alessandro le piaceva, anzi la mandava in
visibilio: quei suoi occhi freddi e profondi, quell’espressione
così matura sul volto che lo faceva sembrare più grande di quanto in realtà
fosse, i capelli che sembravano miele così morbidi e
lisci, che avrebbe tanto voluto accarezzare e baciare, quelle labbra così
sensuali…
Il suo problema principale era Sabrina:
sapeva che lei era da sempre innamorata di Michele, ma si era anche accorta che
Alessandro era attratto da lei. Ma lei era sicura di
farcela. Ne aveva conosciuto tanti di ragazzi come lui
da quando era fuggita dall’orfanotrofio davanti alla cui porta era stata trovata
in una notte piovosa e senza luna. Non era forse stato uno di quei ragazzi come
lui, così belli e dolci, che le aveva fatto perdere la
verginità a 12 anni e a rimanerne addirittura incinta?E non era forse
stato uno di quelli, quando lui aveva scoperto la verità, che l’aveva convinta
a fuggire da quel luogo in cui “nessuno avrebbe accettato quel bambino”e ad
andare via con lui? E non era stato ancora lui a
lasciarla dopo pochi mesi, obbligandola a lasciar andare quella creatura che
portava in grembo? E ancora, quando, sola e disperata, decisa a non tornare più
in quel luogo in cui le avevano insegnato solo che il prossimo ti vuole bene e
che devi volerne a tutti, ma non certo quanto l’uomo può essere meschino e
crudele, non era stato forse uno tipo simile a cui si
era rivolta per trovare un lavoro abbastanza redditizio che la facesse lavorare
poco e mangiare molto?
Aveva imparato che
uomini come lui, sono i primi a cadere ai tuoi piedi, basta metterci un po’di... come dire? Sentimento? Sì, è ecco la parola giusta.
L’aveva provato con Michele, anni prima, e aveva
funzionato. Aveva provato su altri uomini e ancora i fatti le avevano dato ragione. Alessandro non sarebbe stata un’eccezione, ne era più che certa. E quella
festa le avrebbe dato ragione. E per quanto lui volesse resisterle, per quanto
lui potesse definirsi infatuato di quella mezza calzetta
che sbavava ancora dietro a Michele, quella sera lei avrebbe vinto. D’altronde una
festa è sempre un buon luogo per allontanare questi pensieri casti e puri e
“concedersi”, no?
E
lei dopo diciannove anni di vita aveva imparato come fare….
Beh, finalmente abbiamo scoperto un po’ di notizie sul
passato di Valeria! Devo dire che anche io non la sopporto proprio, però, mi
sono chiesta, se una ragazza è diventata così… come
dire? Simpatica? A tutti ci saranno delle motivazioni serie. Beh, spero che vi
faccia un po’ più pena (a me non tanto, forse perché l’ho sempre odiata dalla
prima all’ultima parola del racconto! ^^).
Ringrazio tutti coloro che hanno
letto e commentato (o anche solo letto) fin qui! Grazie a tutti e a presto!
Alessandro sospirò e
continuò a guardare quella forchetta di spaghetti che continuava a tenere in mano, incerto se mangiare o riporre nel piatto il
contenuto.
I signori Mancini lo guardarono stupiti e
per un attimo li colse la paura che avesse litigato con Sabrina. Guardarono la
figlia sperando che questa desse loro qualche delucidazione, ma dallo sguardo
stupito della figlia, come il loro del resto, capirono che neanche lei ne
sapeva niente. Lo osservarono in silenzio, timorosi
che, se lo avessero disturbato, avrebbe risposto male, anche se da un po’ ciò
non avveniva, anzi, si arrivava a ridere e a scherzare.
Fu Sabrina che decise di prendere in mano la
situazione. Mai aveva visto Alessandro in quello stato e la situazione la
preoccupava.
–Alessandro!- lo chiamò scuotendogli un
braccio –Alessandro!
Alessandro sembrò svegliarsi da un sogno
–Si?- le chiese guardandola.
-Ma si può sapere
cos’hai? E’ da ieri sera che sei strano!
Alessandro sospirò e Sabrina ebbe paura che
tornasse in quello stato di torpore da cui era appena uscito.
–E’ per Paola. Non so assolutamente cosa
regalarle per il suo compleanno.
Sabrina sorrise rassicurata
–Tutto qui? Ma te lo avrei detto io!
Alessandro la guardò riconoscente, ma il suo
problema restava. Non era solo il regalo in sé che lo preoccupava, ma il fatto
che non aveva mai fatto un regalo ad una ragazza. Non che non
fosse mai stato invitato ad una festa, ma era stato lui a non volerci mai
andare, poiché non sapeva ballare e non aveva mai avuto il coraggio di chiedere
a qualcuno di insegnarglielo e neanche aveva intenzione di farlo, dato che,
solo il pensiero che qualcuno lo vedesse compiere quei passi, lo imbarazzava e
per questo aveva sempre evitato di partecipare ad una festa. Per la
festa di una ragazza poi, era anche peggio: non sapeva e non capiva cosa
potesse piacere loro e, forse per orgoglio, non aveva mai trovato il coraggio
di chiedere aiuto ad altri.
Avrebbe rifiutato di partecipare a quella
festa se Michele e Gaetano non l’avessero convinto.
-Ma perché?- aveva
chiesto Michele quando ebbe comunicato loro la sua intenzione.
-Perché non mi
piacciono le feste.- aveva risposto vago.
-E Sabrina? Non
pensi a lei? Ci resterà male!- aveva esclamato Gaetano, cercando di convincerlo
e ci era riuscito, anche se l’impresa era stata ardua.
Ma il problema che
aveva sempre accuratamente evitato, ora gli si presentava più insormontabile
che mai: che cosa le avrebbe regalato? L’unica ragazza a cui aveva mai fatto un
regalo era stata sua sorella. Ma come poteva ignorare
i gusti di sua sorella, soprattutto se era una bambina di otto
anni?
-Coraggio!- lo esortò Sabrina toccandogli
una spalla con la mano e gli sorrise –Se vuoi possiamo
uscire insieme stasera e cercare qualcosa per Paola. Potremo fargli un regalo
insieme!- aveva sentito una vampata salirle al viso quando si era accorta di
aver detto “uscire insieme” e tutt’a
un tratto si sentì confusa. Eppure, cosa c’era di
male? Alessandro era un amico o no? Senza contare che gli
doveva ancora un favore.
Alessandro arrossì impercettibilmente e
sorrise –Grazie Sabrina-
I coniugi Mancini si guardarono: era la
prima volta che sentivano Alessandro ringraziare qualcuno.
La luce delle vetrine
illuminava il volto di Alessandro conferendogli quasi
un aspetto magico. Sabrina lo guardava attraverso la vetrina cercando di
concentrarsi sul regalo da scegliere per Paola. Fissò i suoi
occhi castani così profondi e solo allora sembrò capire perché Valeria
ne fosse rimasta così colpita. Era talmente persa nei suoi pensieri che non si
accorse che anche lui la stava fissando. Si guardarono senza che nessuno dei
due se ne accorgesse mentre il tempo scorreva senza
decidersi ad entrare per comprare quello per cui erano usciti.
Il campanile della chiesa suonò otto
rintocchi e solo allora si accorsero del tempo che passava. –Allora entriamo?- propose Alessandro prendendola per mano.
Il piccolo negozio in cui entrarono
era uno dei pochi che vendesse articoli da regalo e indubbiamente il migliore.
Proprio per questo motivo era sempre molto affollato ed era sempre più raro
trovare giorni in cui non fosse molto pieno e ancora
più rari quelli in cui fosse completamente vuoto. Fortunatamente per loro,
quella era una di queste rarissime sere.
Sabrina si guardò intorno chiedendosi come
mai ci fosse tutto quel silenzio intorno a loro. Non era abituata, quando si
recava in quel negozio, a potersi muovere liberamente fra gli scaffali e poter
ammirare con tutta calma i peluche, i biglietti
augurali e i vari oggetti esposti. Le faceva piacere guardare tutto con calma,
senza essere costretta a d affrettarsi per lasciar spazio agli altri clienti.
Guardò dietro di sé e vide Alessandro guardarsi intorno con un’aria imbarazzatissima, tanto che le faceva pena. Sorrise e
continuò il suo giro.
Non si era neanche accorta che Alessandro
aveva notato quel suo sorriso e che ne aveva inteso
benissimo il suo significato. Ma cosa poteva farci se
non era mai entrato in un negozio del genere? Si avvicinò allo scaffale dei peluche e prese in mano un coniglietto bianco con le
orecchie piccole e il musetto spaventato “Come ti capisco!” si trovò suo
malgrado a pensare.
Gli sfiorò il nasino rosa pallido e una
dolce musica si diffuse nell’aria.
Guardò il pupazzo incredulo e solo allora
capì che il suono non proveniva dal peluche, ma da tutt’altra parte. Si guardò in giro e il suo sguardo cadde
su Sabrina che stringeva fra le mani una piccola scatoletta di legno aperta e,
all’interno, una ballerina di plastica bianca che danzava.
Il dolce suono del carillon continuava ad
allietare il piccolo negozio senza che Sabrina se ne fosse
accorta. Alessandro fissò il suo volto, gli occhi chiusi, il capo che
tentennava leggermente seguendo il ritmo. Non si accorse del tempo che passava,
né di Alessandro né della padrona che la guardavano e
il ragazzo temette che si fosse addormentata.
–Sabrina!- la chiamò.
L’incanto si ruppe. Sabrina aprì gli occhi e
chiuse velocemente il carillon, come se fosse stata sorpresa a compiere un
furto. Scosse la testa cercando di scacciare quella musica dai suoi pensieri,
così dolce, che l’aveva quasi ipnotizzata, rapita,
stregata el’aveva trascinata via con sé
nel mondo della fantasia.
Sospirò e ripose il carillon al suo posto,
ma prima che potesse adagiare l’oggetto sul ripiano, una mano dolce, ma decisa
la fermò.
Sabrina guardò quella mano, poi il suo
proprietario –Alessandro…- blaterò senza sapere bene cosa dire: il suo sguardo
era profondo, dolce e comprensivo, come mai l’aveva visto.
Alessandro le tolse dolcemente il carillon
di mano e lo prese fra le sue.
–Ma che cosa vuoi fare?-
chiese guardandolo stupita.
Alessandro porse il carillon verso di lei
–Regalartelo. Prendilo, è tuo.
Sabrina lo prese non sapendo cosa dire.
Alessandro le aveva fatto un regalo…. Ma perché proprio a lei?
Ammetto che questo capitolo è un po’ breve, ma posso
assicurarvi che, non dico che è fondamentale, ma diciamo, rilevante, per la
storia. Devo ammettere che, pur essendo breve, è uno dei miei preferiti e che
rileggerlo mi ha trasmesso una dolcezza infinita. Ricordo che
quando lo scrissi, non so perché, mi commossi. Spero
che piaccia anche a voi. A presto!
Nota del 12/08/2008
Qualche giorno fa, ero su youTube a sentirmi le sigle dei cartoni animati di quando ero piccina - non commentate per favore! XD Ogni tanto questi attacchi di ritorno all'infanzia mi colgono! XD E poi, devo ammettere che mi piacciono ancora! U_U - quando vidi un AMV, dove c'era una scena di Marmalade Boy nella quale Yuu, mi è parso, regala un crrillon, o qualcosa di vagamente simile, a Miki. Purtroppo non sono riuscita a trovare la puntata contenente quella scena per accertarmente io stessa; tuttavia, è indubbio, che quando ho scritto questa storia, era il periodo in cui trasmettevano quest'anime molto più spesso, e quindi è facile che abbia inserito questa scena, rendendomene conto, oppure semplciemente perché era diventata parte di me.
Sia come sia, non ricordando bene la questione, dopo quasi otto anni, onde evitare che qualcuno pensi che sono ingrata verso la Yoshizumi e gli aventi diritto, preferisco inserire questa nota; tra l'altro, siccome la scena è abbastanza importante ai fini della storia, e sinceramente dopo anni non mi va di modificare nulla, non ho molta voglia di toglierla.
Effettivamente, però, a posteriori mi rendo conto che la scena mi è piaciuta troppo per come è venuta; non poteva essere completamente frutto della mia immaginazione, sìsìsì! XD
Quella sera la luna
brillava di una luce diversa, gioiosa, quasi volesse
partecipare a quella festa che si stava svolgendo nel piccolo giardino della
casa di Paola da circa un’ora. La musica assordante portava allegria e Sabrina
si chiese perché non si sentisse felice. Il carillon. Era quello il suo chiodo
fisso, il pensiero che non l’abbandonava mai. Non riusciva a dimenticarlo e
Alessandro, il suo sguardo così dolce e gentile... Sentì
il cuore batterle all’impazzata. Era tanto tempo che non provava una sensazione
simile, da quando…
Cercò Alessandro con lo sguardo come per trovarvi
un rifugio, ma prima che riuscisse a trovarlo, due occhi verdi come il mare attirarono la sua attenzione.
“Ma quello è…. “
pensò e quasi a completare quel pensiero, la voce di Valentina esclamò
–Giacomo!
-Valentina!-
esclamò anche il nuovo arrivato e corse incontro alla ragazza, abbracciandola
calorosamente.
-Tutto avrei
immaginato tranne che trovarti qui! Così sei tu il famoso cugino di Paola!-
sorrise.
-Famoso? E perché?-
chiese rivolgendo il suo sguardo alla cugina.
Paola sorrise e
arrossì. Benché fosse suo cugino, si sentiva sempre in
forte imbarazzo quando parlava con lui. I suoi occhi verdi sembravano avere il
potere di sondare la'nimo umano e il suo sorriso così
complice e gentile faceva impazzire tutte le ragazze. Inoltre
era un ragazzo sempre allegro, con la battuta sempre pronta, la gioia nel
cuore, come Michele.
–Avanti di cosa ti lamenti? Ti ho elogiato, non ti basta?- chiese.
-Sei sempre troppo cara
tu!- Giacomo sorrise e i suoi denti bianchissimi brillavano come diamanti
alla luce lunare.
Sabrina lo guardò e ricordò il giorno in cui
Valentina glielo aveva presentato e capiva benissimo cosa Paola avesse voluto
dire quando aveva esclamato “Se non fosse mio cugino
ci farei un pensierino!”.
Guardò Valentina e si sorprese nel vedere i
suoi occhi brillare dalla gioia, uno sguardo che aveva solo quando era con
Marco. Aveva sempre saputo che gli voleva bene, ma questo la preoccupava…
-Figurati ma…- Paola sembrò solo allora
ricordarsi degli altri –Scusate ragazzi, vi presento
mio cugino Giacomo…
-… nonché mio
compagno di classe- aggiunse Valentina sorridendo. Guardò gli occhi verdi del
ragazzo e lui fissò i suoi limpidi, come quella serata d’agosto. Era sempre
felice quando era con Giacomo: allegro, spiritoso, intelligentissimo, carino,
così diverso da Marco sempre serio e riservato. Persino nell’aspetto fisico era
diverso: Giacomo alto, biondo, occhi verdi, sportivo; Marco capelli e occhi
scuri, sempre elegante e raffinato, anche nelle piccolezze, preciso e meticoloso
in tutto. Voleva bene ad entrambi e non avrebbe mai
rinunciato a nessuno dei due. Eppure amava
Marco: aveva qualcosa in più, di speciale che non riusciva, né tanto meno
voleva, spiegarsi.
-Piacere!- rispose gentilmente
all’intervento di Valentina.
Ad uno ad uno i ragazzi si presentarono
tutti e in ognuno notò una certa sorpresa mista a simpatia. Si ricordò ad un
tratto di ciò che Valentina le aveva detto sui ragazzi
della band “Sono un gruppo fantastico, dovresti conoscerli. Sono sempre pronti
ad accettare un nuovo arrivato, soprattutto Michele, ma anche gli altri non
sono da meno.”
Si, Valentina aveva avuto proprio ragione:
mentre gli passavano davanti e gli stringevano la mano, sentiva il calore
dell’amicizia in quella stretta. Ma d’un tratto il suo pensiero positivo si fermò. Il ragazzo che si era posto davanti a lui non aveva nello sguardo quell’espressione
calorosa di benvenuto, ma solo odio e rancore: la sua stretta era dura, come se
volesse sfidarlo. Sostenne quello sguardo che mandava scintille e capì.
- Tu devi essere Marco, vero?- chiese infatti –Valentina mi ha parlato molto di te.
-Si, sono io.- rispose.
La sua voce era ferma e non trapelava nessuna emozione,
ma bastava il suo sguardo perché gli altri capissero quello che stava pensando
il loro amico.
Gli occhi felini di
Valeria si guardavano in giro cercando quelli di Alessandro.
Poco le importava di quel ragazzo sbucato dal nulla che stringeva le mani di
tutti quegli sciocchi. A lei interessava solo Alessandro e quando riuscì a
scorgerlo, un’ondata di desiderio la pervase. Voleva quel ragazzo a tutti i
costi, anche giocare sporco, che oltretutto era la sua specialità.
Aspettò che il ragazzo passasse il suo turno
di saluti e si allontanasse verso il retro della casa. Gli si avvicinò
lentamente alle spalle senza che lui se ne accorgesse,
perso com’era nei suoi pensieri e lentamente posò le sue mani sugli occhi del
ragazzo.
Alessandro si girò di scatto sorprendendola
–Cosa vuoi?- chiese bruscamente.
Era stufo di quella ragazza,
non riusciva più a sopportarla. Sentiva il suo sguardo malizioso fisso
su di sé e non poteva fare a meno di rabbrividire al pensiero che lei lo volesse. Anche quella sera si era autoinvitata per vedere lui. Non l’aveva perso di vista per
un solo istante e si era subito accorto che lo stava seguendo, ma aveva fatto
finta di niente. Voleva restare solo con lei e dirle esattamente cosa pensasse di lei.
Valeria fissò il suo sguardo. Quegli occhi
così freddi e impassibili…
-Te!- rispose lentamente e gli si avvicinò
cercando le sue labbra per baciarle. Ma Alessandro non
si fece incantare da quello sguardo. Le afferrò le braccia tanto da farle male.
–Basta!- le urlò come a voler scacciare un
incubo –Lasciami in pace, non voglio più vederti, non ti
amo e non ti amerò mai, perché io sono già innamorato di un’altra ragazza!
-Questa ragazza è Sabrina,
vero?
-Non sono cose che ti riguardano, ma
permettimi di dirti una cosa: io Alessandro de Angelis
non proverò mai niente per te! Chiaro!- terminò allontanandola violentemente da
sé –Sei ripugnante!- aggiunse voltandosi e allontanandosi, felice di constatare che lei non lo stesse seguendo.
Si fermò e guardò verso la luna che brillava
alta nel cielo. Ripensò alle parole che aveva detto a Valeria pochi secondi
prima “Io sono innamorato di un’altra ragazza!”.
L’aveva detto senza pensarci, eppure sapeva
che non l’aveva detto solo per allontanarla, ma perché era la verità. E quando gli aveva chiesto se fosse Sabrina la ragazza del suo
cuore, aveva controbattuto come se fosse un bambino scoperto a rubare delle
caramelle. Si era sentito uno sciocco e aveva tanta paura di essere
arrossito.
Allora cosa provava per Sabrina? Ricordò il
primo giorno in cui l’aveva incontrata e il pomeriggio di due settimane dopo in
cui era rimasto a fissare il suo viso addormentato e il
pomeriggio di pochi giorni prima quando le aveva regalato il carillon.
Era stato il primo regalo che aveva fatto ad una ragazza e si chiese perché l’avesse fatto proprio a lei. E poi che importava saper il perché? Non avrebbe mai avuto
alcuna speranza contro Michele, oltretutto lei non conosceva la verità…
Scosse la testa deciso
a cancellare Sabrina dai suoi pensieri. Fu allora che vide, qualche metro
lontano da lui Valentina e Giacomo che parlavano insieme.
Giacomo guardò
Valentina negli occhi e la scoprì ancora più bella di come se la ricordava. I suoi occhi azzurri sembravano leggergli
nell’anima e avrebbe tanto voluto guardarli per
sempre, accarezzare i suoi capelli color dell’oro e tenerla stretta a se,
ascoltare la sua dolce voce… Ma non avrebbe mai trovato il coraggio di
rivelarle i suoi sentimenti.
-Cosa ti prende?- chiese Valentina
guardandolo con curiosità. Era sempre la stessa cosa quando erano soli: Giacomo
sembrava chiudersi in uno strano silenzio e lei non riusciva a capire perché
accadesse. Quella sera le aveva chiesto se volesse
fare una passeggiata con lui e lei aveva accettato volentieri, per dimenticare
così per un po’ Marco e tutti i suoi pensieri. Avevano iniziato a parlare di
Paola e della “summer band”.
-Perché non ti sei
mai fatto vedere alla “summer band”? Non mi hai mai
neanche detto che eri cugino di Paola!- gli aveva chiesto
e lui non le aveva risposto, ma l’aveva solo guardata negli occhi e sorriso. Non
voleva frequentare la band per un semplice motivo: là c’era Marco e lui non
voleva vederli insieme. Gli aveva parlato dei suoi sentimenti per Marco e anche
questo era il motivo per cui non le aveva detto mai
niente.
-A niente- rispose. A cosa pensava? A lei
naturalmente, ma avrebbe preferito buttarsi giù da un ponte che dichiararsi. Eppure… perché non provarci?
Valentina lo guardò seria –A volte penso che quando parli con me, tu pensi ad altro. Siamo
amici, perché non mi dici cosa ti preoccupa. Potrei aiutarti! Allora?
Lo sguardo di Giacomo l’avvolse dolcemente,
ma lei non se ne accorse. Abbassò gli occhi, colpito
da quelle parole.
–E’ per una ragazza vero?
Dì la verità, ti sei innamorato! E
chi è? E’ una nostra compagna di classe? La conosco?- I suoi occhi azzurri esprimevano la curiosità e nella foga di porgli tante
domande nello stesso istante, non si era resa conto che il suo viso era
vicinissimo a quello del ragazzo… troppo vicino…
Giacomo appoggiò le sue mani sulle spalle
della ragazza e abbassò il suo viso verso il suo. Le loro labbra si sfiorarono,
ma Giacomo si accorse subito che non la ricambiava. Si allontanò da lei,
pallido come un lenzuolo.
–Scusami- disse con
un filo di voce.
Valentina abbassò lo sguardo, imbarazzata,
ma la sua voce non mostrò alcuna emozione –E di che
cosa?- chiese.
-Di averti…- era imbarazzatissimo
e Valentina se ne accorse –Di averti… baciata senza il
tuo permesso. Non so cosa mi sia successo, ma la verità è che…
Valentina gli si avvicinò e gli pose
dolcemente l’indice sulle labbra –No, Giacomo non dire altro. Lo sai io… sono già innamorata di…
Giacomo abbassò lo sguardo e la sua voce si
velò di tristezza.
-…di Marco, lo so. Non fare quella faccia,
anche se mi hai detto che è l’amico a cui tieni di più, io ho capito la verità,
si capisce da come me ne parli. Ma io dovevo parlarti
dei miei sentimenti… non potevo più tacere… e quando ho visto il tuo viso così
vicino al mio… istintivamente… Mi odierai lo so, ma non è colpa mia se mi sono
preso una cotta per te!
Valentina l’aveva ascoltato in silenzio
sorridendo dolcemente.
–Non ti odio Giacomo, anzi ti stimo… tu hai
avuto il coraggio di rivelarmi i tuoi sentimenti, invece io… io non trovo il
coraggio di rivelare a Marco i miei. Sono una codarda…- i suoi occhi si riempirono di lacrime –eppure… ho paura che lui non provi
per me gli stessi sentimenti e non voglio rischiare di perdere la sua amicizia.
Ma io…- Valentina si portò le mani sugli occhi per
nascondere le lacrime –Mi sono innamorata di lui e ne soffro terribilmente!
Giacomo le cinse le braccia intorno alle
spalle cercando di consolarla. Sentì i suoi singhiozzi e non potè fare a meno di sospirare: capiva perfettamente quello
che stava provando.
–Mi spiace, non volevo
farti piangere.
-Non importa, anzi. Era da tanto che non mi
sfogavo con qualcuno. Ti ringrazio. Giacomo… ti voglio bene- chiuse
gli occhi e sentì le lacrime scorrerle lungo le guance.
“Ti voglio bene”. Era così facile dirlo a
Giacomo. Ma perché allora non trovava il coraggio di
dirlo a Marco?
Beh, immagino che alcuni di voi avessero sperato
che il titolo riguardasse Alessandro e Sabrina. Mi spiace deludervi, ma è
ancora presto. Dalle varie recensioni lette (e colgo l’occasione per ingraziare
tutti voi che leggete e commentate questa mia storia), ho avuto modo di constatare che Alessandro sta riscuotendo notevole successo.
Beh, sono contenta, è il mio personaggio preferito e, ragazze, non ci
crederete, farei non so cosa per conoscere un ragazzo
così! Ricordo che durante la stesura di questo racconto, ero totalmente persa
per lui! (quando si dice che un personaggio prende
vita! ^^). Spero che anche gli altri personaggi possano attirare l vostre simpatie. Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate!
Michele si guardò in
giro e sospirò. Erano circa tre giorni che non vedeva Marco in spiaggia e
questo lo preoccupava enormemente. L’ultima volta che l’aveva visto era stato
alla festa di Paola e anche allora gli era sembrato strano, forse per colpa di
Giacomo. L’aveva visto allontanarsi verso il retro della casa, poi non l’aveva
più visto, probabilmente se ne era andato senza
salutare nessuno.
Si, ma allora perché aveva deciso di non
andare più in spiaggia? Giacomo non aveva certo chiesto di far parte della “summer band”! Aveva telefonato a casa sua, ma sua madre
aveva sempre risposto che non era in casa o che stava dormendo, scuse, questo
era ovvio. Aveva cercato anche di rintracciarlo sul cellulare, ma l’aveva
sempre spento. Ma perché?
Depresso, non sapendo più cosa pensare,
decise di giocare la sua ultima carta.
-Valentina, hai
per caso visto Marco in questi giorni?
Valentina alzò gli occhi dalla rivista che
stava leggendo e incrociò lo sguardo preoccupato di Michele.
Abbassò gli occhi e appoggiò il giornale
accanto a lei –No, e la cosa mi preoccupa molto-
rispose –Gli ho telefonato più volte a casa, ma la madre mi ha sempre risposto
che non era in casa e sul cellulare stessa storia: né risponde ai messaggi, né
quando lo chiamo. E’ lui che non vuole farsi trovare, lo conosco troppo bene.- aggiunse in un soffio. Era vero lo conosceva da molto,
eppure aveva paura di non conoscerlo per niente. Era da un po’ di tempo che non
riuscivano più a comunicare e si chiedeva se la loro amicizia non dovesse finire così.
A complicare il tutto si era messo anche
Giacomo con quella dichiarazione. Quanto avrebbe voluto che a fargliela fosse
stato Marco! L’avrebbe baciato, abbracciato e avrebbe accettato felicissima.
Invece era stato
Giacomo e per giunta lui era sparito dalla circolazione. Perché?
Non poteva essere Giacomo la causa di tutto, Marco non poteva
essere geloso di lei… o forse si? Ma se era quello il motivo
voleva dire che….Ma
no, impossibile! Altrimenti perché avrebbe dovuto avercela anche con Michele?
C’era qualcos’altro e lei era decisa a scoprire
cos’era.
La villa in cui
abitava Marco era all’estrema periferia del paese, in aperta campagna. Ogni
volta che ci si recava, Valentina non poteva fare a meno di sorridere: quante
volte avevano corso a perdifiato per quei campi e poi stanchi ma felici e
accaldati si erano tuffati nelle limpide acque del mare a pochi passi da loro!
Quante nuotate aveva visto quel tratto di costa e
quante volte avevano corso su quelle spiagge, d’estate e d’inverno, terminati i
loro compiti!
Valentina non poteva fare a meno di
ricordare quei momenti con una nota di nostalgia. Ricordava ancora quel giorno, undici anni prima, quando lei aveva rischiato
di affogare in quelle acque e lui l’aveva salvata, benché avesse più o meno la
sua stessa età. Poi, scherzo del destino, si erano trovati nella stessa classe
poche settimane dopo.
Valentina sospirò, chiedendosi se mai quei
momenti felici sarebbero ritornati e suonò il campanello. Gli aprì una donna di
mezz’età dall’aspetto simpatico e lo sguardo intelligente.
Valentina non potè
fare a meno di sorriderle e abbracciarla calorosamente. –Signora che piacere
vederla! Marco è in casa?
Il volto allegro e affabile della donna si
contrasse in una smorfia di disappunto.
–Mi dispiace, Marco non c’è, non so proprio
dove possa…
-Per favore signora!- implorò Valentina con
le lacrime agli occhi –So che Marco è qui, lo conosco!
La prego! Devo parlargli urgentemente! Siamo tutti molto preoccupati per lui,
perché non viene più in spiaggia? Cosa gli è successo?
Non voglio bugie come per telefono! Sono qui per sentire la verità!
La signora Piovante
abbassò lo sguardo preoccupata: anche lei si era
accorta che Marco non era più lo stesso, ma se ne stava sempre in camera sua
senza parlare con nessuno –Non ci sono per nessuno!- era stata l’ultima frase
che aveva pronunciato prima di chiudersi nel suo mutismo da cui nessuno era
riuscito a liberarlo.
–Valentina io… non so neanche io cosa sia successo a mio figlio. Se ne sta sempre in camera sua
senza parlare con nessuno. Neanche Giulia con la sua allegria è riuscita a
distrarlo. Si è chiuso in se stesso e tu sai quanto
sia timido di natura. Avete per caso litigato?
Valentina rimase interdetta, pur sapendo
bene che la risposta era negativa –No, è per questo
che lo cerco. Potrei almeno provare… per favore…
La signora Piovante
asserì con la testa: gli occhi di Valentina esprimevano quel sentimento così
dolce che si prova soltanto da adolescenti, quando ti batte il cuore e non sai
come fermarlo e hai paura ti voglia sfuggire dal petto.
–D’accordo, provaci.
Valentina sorrise e
lasciò che la donna la lasciasse entrare.
-Valentina! Che bello vederti!- esclamò la voce di una bambina di dieci
anni dai capelli castani.
-Giulia!-
Valentina sorrise vedendo la piccola: l’aveva vista nascere e crescere e le
voleva bene come se fosse sua sorella – Come stai?
-Io bene, ma è Marco che sta male! Non parla più, è così diverso! Fallo ragionare tu!
-Ci proverò!- sorrise accarezzandole i
capelli –Ma tu non ti spaventare se senti che litighiamo. Voglio capire cosa è
successo e sarà impossibile non farlo!
Giulia accennò di sì con il capo e tornò in
cucina rincuorata. Valentina era l’unica a poter aiutare suo fratello, ne era certa!
Valentina salì le scale che portavano al secondo piano e aprì la porta. Si stupì di trovarla
aperta e si chiese se Marco non avesse ascoltato la sua conversazione con la
sorella e la madre. Entrò lentamente e lo trovò steso sul letto che gli volgeva
le spalle, come se dormisse. Ma non dormiva e lei lo
sapeva bene.
-Ciao Marco- lo salutò
gentilmente Valentina, ma lui non si mosse –Sono venuta per vedere come stavi,
visto che non ti fai più vedere… e non far finta di dormire che so che stai
fingendo!- disse, ma quando vide che lui restava impassibile, alzò il volume
della voce, gli occhi lucidi.
-Ma perché fai
così? Cosa c’è che non va? Ci conosciamo da tanto
tempo perché non me ne parli, potrei aiutarti!
Marco balzò giù dal letto come se fosse una
molla. I suoi occhi erano freddi come il ghiaccio –Non voglio più sentirti
affermare che mi conosci da tempo perché non è vero.
Non ci conosciamo per niente e tu lo sai meglio di me!
Valentina non credeva alle proprie orecchie:
ma cosa diavolo gli era successo? Cosa voleva dire con
le sue parole? Non capiva.
-Che cosa vuoi
dire? Non ti capisco! Che ti è successo?
-Non mi è successo niente,
sono calmo, calmissimo, non vedi?
-Balle!- urlò Valentina
con le lacrime agli occhi –C’è l’hai con me? Dimmelo chiaro e tondo! Non
so neanche cosa vuoi, spiegati! Perché non vieni in
spiaggia, perché non ti fai trovare? Voglio una risposta, capito!
-Ah, ma allora ti sei accorta che io non
c’ero! Pensavo fossi troppo presa da Giacomo!
-Giacomo? Che c’entra Giacomo? Non mi dire che sei geloso di Giacomo?
-Io geloso di te? Ma chi ti credi di essere! Non crederai che solo perché sei bionda
tutti i ragazzi debbano cadere ai suoi piedi! Perché
non vengo in spiaggia? Perché non voglio più vederti, perché credevo di avere
un’amica che invece non ho! Ma
ora che ci penso sono uno sciocco: sembra quasi che sia io il colpevole. Mi
perdo gli amici e il divertimento per colpa tua, per una….
Valentina non gli lasciò finire la frase,
anche perché ne immaginava il termine e scappò via piangendo. Ma cos’era successo al ragazzo che amava con tutto il cuore?
Marco la vide
allontanarsi da dietro la tenda e infine sparire all’orizzonte. Richiuse la
tenda e si guardò in giro, cercando la sua chitarra. La prese e iniziò a
suonare qualcosa senza sapere quale motivo stesse
suonando. La sua mano istintivamente toccava le corde dello strumento e intanto
la sua mente volava lontano da quella stanza e ritornava indietro di tre
giorni, fino a quella fatidica sera in cui aveva capito chi fosse veramente
Valentina.
Rivide il giardino della casa di Paola e la
luna piena brillava alta nel cielo. Sentì ancora una volta la voce di Valentina
pronunciare il nome di Giacomo e rivide lo sguardo della ragazza vivo e
allegro, come se non lo vedesse da anni.
Aveva sentito molto spesso Valentina
parlare di Giacomo anche se non l’aveva mai incontrato di persona. Glielo aveva
sempre descritto come un ragazzo veramente affascinante e molto simpatico.
–Ma non essere
geloso!- aveva esclamato notando il suo sguardo indagatore –Tu resterai sempre
l’amico a cui tengo di più e ti racconterò sempre tutto, te lo prometto!
“Ti racconterò sempre tutto”… come no? Dopo
ciò che aveva visto quella sera non avrebbe mai
creduto a nessuna promessa che gli sarebbe stata fatta.
-Ti consiglio di fare in fretta o la
perderai per sempre!- gli aveva detto Alessandro
tornando da una passeggiata. Lì per lì non aveva capito cosa avesse voluto dire
dato che era sempre così enigmatico e nessuno riusciva
a capirlo. Poi si era guardato intorno e ad un tratto aveva compreso le parole di Alessandro: Valentina e Giacomo erano spariti e lui era
chiesto che fino avessero fatto.
Era tornato in casa cercando di riordinare
le idee circa il suo rapporto con Valentina, quando il suo sguardo aveva colto
qualcosa che accadeva fuori dalla finestra: si era
avvicinato lentamente, augurandosi che non lo sentissero, poco probabile visto
come ridevano e si divertivano e poi… si erano baciati! Non era riuscito a
capire cosa si fossero detti dopo, ma quella scena era più che abbastanza. Se n’era andato via senza salutare nessuno con il cuore gonfio di
tristezza e d’amarezza.
Smise di suonare e posò la chitarra per
terra accanto al letto. Il suo sguardo era risoluto come se avesse preso una
seria decisione. Ed era così: avrebbe dimenticato
quella ragazza, ma non l’avrebbe certo fatto nascondendosi, anzi. L’indomani
sarebbe tornato fra i suoi amici della band.
-Sabrina,
Alessandro scendete! E’ pronto in tavola!- esclamò
piena di gioia. Già immaginava i loro volti quando avrebbero visto quel piatto
di pennette all’arrabbiata che amavano tanto.
-Arriviamo!- rispose
Sabrina con voce squillante.
Buttò sulla coperta le carte che aveva in
mano, cosicché Alessandro potesse vedere i semi delle carte
–Allora?- chiese –Ti ho battuto eh? Poker
d’assi!
Alessandro sorrise
malizioso –Niente male, ma non hai speranze con me, bimba. Scala reale!-
esclamò mostrando le carte –Mi spiace, ma con me non
hai scampo! Non riuscirai mai a battermi!
Era stato suo padre ad insegnargli a giocare
a poker e lui ora lo stava insegnando a Sabrina. Si divertiva un mondo nel
vederla dimenarsi per la rabbia perché non riusciva a sconfiggerlo.
-Non ti sopporto! Sei troppo bravo!
-Non sono bravo,
sei tu ad essere una schiappa!
Il viso di Sabrina si contrasse in una
smorfia di disappunto. Che colpa ne aveva se non aveva
mai giocato a poker?
Alessandro le diede un
colpetto sulla spalla –Coraggio andiamo a mangiare! Tua madre ci ha chiamato!- disse per tirarle su il morale.
Senza troppa convinzione scese giù dal letto
e s’incamminò verso l’uscio della porta.
–Continueremo dopo- aggiunse
prima di uscire dalla stanza –E sta sicuro che ti batterò!- Concluse con uno
sguardo di sfida. L’avrebbe battuto alla fine, di questo ne
era certa.
Alessandro sorrise e scosse la testa: anche
lui l’aveva ripetuto tante volte quando il padre gli aveva
proposto di giocare e lui irrimediabilmente perdeva. Ricordava ancora la gioia
che provava quando si sentiva sicuro della vittoria e la delusione quando
vedeva il suo sogno sfumarsi –Non è giusto! Sei troppo forte!- urlava imbronciato, ma neanche due minuti
dopo, era già pronto per una nuova sfida.
Quelli sì che erano bei
tempi, che non sarebbero mai più tornati e questo lo riempiva d’infinita
tristezza.
Fu il suono del campanello a distoglierlo
dai suoi pensieri.
–Chi sarà a quest’ora?-
chiese quasi a se stesso, mentre poggiava il piede sull’ultimo scalino della
prima delle due rampe.
-Non lo so!- rispose
Sabrina correndo a rispondere.
Girò la chiave nella toppa della serratura e
la porta si aprì. Non ebbe neanche il tempo di guardare chi fosse,
che Valentina le cadde fra le braccia singhiozzando.
-Valentina… ma che
succede… perché piangi?- chiese stupita e preoccupata
allo stesso tempo.
Valentina alzò gli occhi e Sabrina potè leggervi la disperazione e la delusione –L’ho perso! L’ho perso per sempre! E
non so cosa fare! Mi odia lo conosco! E’ finita!
-Calmati Valentina e raccontami quello che è
successo.
Valentina si asciugò gli occhi con il dorso
della mano –Sono… sono andata a casa di Marco per sapere cosa gli era successo…
all’inizio non voleva farsi trovare… poi … non ha fatto altro che dirmi
cattiverie… parlava di Giacomo, ma io non lo capivo… pensavo che fosse per
quella sera e lui… ha iniziato ha dirmi parolacce e a
insultarmi… sosteneva che ho tradito la nostra amicizia, anzi che non è mai
esistita!Cosa
devo fare! Sono disperata!
-Giacomo?…
Amicizia?… Ma che vuol dire…?- chiese Sabrina senza capirci nulla.
Alessandro ebbe un sussulto “amicizia…
Giacomo…”.
La sua mente tornò alla
sera della festa quando aveva visto Valentina e Giacomo insieme e aveva
consigliato a Marco di darsi da fare se non voleva rischiare di perderla. Era
colpa sua? Eppure Marco non era un tipo impulsivo… non poteva aver avuto quella
reazione solo perché li aveva visti insieme… ma qual
era allora la causa di tutto?
-Potrei… andare a parlare
con Marco per sapere qualcosa di più- propose Alessandro in un soffio.
Le ragazze lo guardarono sbigottite
–Davvero…?- chiese Valentina tra le lacrime –Davvero lo faresti?
-E’ un’idea
splendida! Porta Michele con te, dato che lo conosce meglio!- propose Sabrina felice.
-Certo- rispose a
malincuore. Ecco, Michele tornava a rivendicare prepotentemente il suo posto
nel cuore di Sabrina. Avevano passato una splendida mattinata, da soli. E ora? Michele tornava al primo posto nei pensieri di
Sabrina. Del resto, cosa voleva? Era stata lei stessa a parlarle dei suoi
sentimenti per Michele… Ma in fondo cosa importava?
Per amore dell’amore non gli importava di soffrire.
Valentina se ne andò
anche se poco convinta: conosceva troppo Marco per non capire che era tutto
inutile.
-Allora ragazzi, come mai ci avete messo
tanto? Chi era al campanello? Allora siete contenti? Vi ho preparato il vostro
piatto preferito…- la gioia della signora Mancini andava diminuendo sempre di
più –Ma ragazzi cosa vi è successo?- le loro facce non
promettevano nulla di buono.
Non ci fu bisogno di
cercarlo. La mattina dopo Marco, con grande sorpresa
di tutti, apparve in spiaggia. Nessuno, saputa più o
meno da Sabrina la storia, si aspettava di vederlo. Marco come se nulla fosse salutò tutti e si guardò in giro, cercando…
Cercando lei, naturalmente come d’abitudine,
era più forte di lui, era come una forza che lo costringeva a guardarsi in giro
e cercarla, anche se lui non voleva.
-Oggi non è venuta- gli
disse una voce alle sue spalle.
Si voltò e vide Alessandro e Michele dietro
di lui.
-Non mi interessa-
mentì.
-Bugiardo!- gli inveì contro Michele
prendendolo per la maglietta –Ma che cavolo ti è preso
da un po’ di tempo? Era parecchio che non ti vedevamo e oggi di punto in bianco
ti troviamo qui. Cosa ti è
successo?
Marco non rispose, non
sapendo cosa dire, benché, secondo lui, avesse validi argomenti a suo
favore.
-Non rispondi?- urlò
Michele quasi a voler sovrastare le lacrime che volevano sgorgargli dalle
guance, desideroso che il suo amico tornasse quello di prima –Perché? Perché ti comporti così?
Marco continuò a tacere e Michele alzò il
pugno pronto a colpirlo in pieno viso, ma Alessandro prontamente lo fermò
–Basta Michele, calmati!
-No, Alessandro lascialo stare, è bene che
si sfoghi prima che io gli racconti tutto. Perché non mi sono più fatto trovare? Perché
una ragazza che voi conoscete bene mi ha tradito, ha tradito la mia amicizia e
io non so più in chi o cosa credere. Questo è tutto.
-Non mi dirai che ti riferisci a Valentina?-
chiese Alessandro che iniziava a vederci chiaro in tutta quella faccenda –Cosa
ti ha fatto? Non ti starai… non ti starai riferendo a
Giacomo, vero? Non crederai che loro stiano insieme? Lei non ti farebbe mai una
cosa del genere. Lei…
-No Alessandro ti stai sbagliando- gli rinfacciò quasi mettendosi a piangere –Li ho visti io, ma
voi non potete capire cosa significa. No, Michele, non puoi capirmi neanche tu:
Valeria e Marika ti hanno
amato e Sabrina ti ama. Anche tu Alessandro: Valeria è
cotta di te, molte ragazze in spiaggia ti guardano. Ma per me è diverso:
Valentina ed io siamo sempre stati insieme, la
consideravo un’amica e invece si è dimostrata una vera vipera. E ora che sapete
tutto, lasciatemi in pace e non toccate più questo argomento.
-E allora perché sei
tornato?- chiese Michele senza fiato. Ma che
diavolo stava succedendo?
-Perché ho capito che in
fondo il colpevole non sono io, ma lei. Perché
mi dovrei nascondere allora?
-E questo l’hai
scoperto aggredendo Valentina che era venuta a trovarti, vero? Ma dove lo trovi tutto questo cinismo?
Marco li guardò come se fossero degli
estranei –Allora è stata lei a mandarvi da me! E voi
credete più alle sue parole che alle mie? Bene, pensavo che almeno voi mi
avreste capito. Addio- salutò e si allontanò più triste di come
era arrivato.
Salve a tutti! Domando a tutti voi perdono
per il ritardo con cui posto questo capitolo, ma il modem mi ha dato non pochi
problemi in questi ultimi giorni. Spero solo che adesso sia tutto a posto!
Spero che questo capitolo, per quanto breve, vi sia piaciuto!
Commenti e critiche sono sempre ben accetti!
-No, basta sono stufo di vedervi in questo stato. Svegliatevi!- esclamò
Andrea battendo un pugno sul tavolo, al colmo dell’esasperazione.
Era passata una settimana dall’ultimo
incontro – peraltro burrascoso– fra Valentina e Marco e il malumore aveva
contagiato un po’ tutti: Marco da quella famosa mattina non si vedeva più in
giro né si faceva trovare in casa e anche Valentina aveva smesso di andare in
spiaggia per paura di incontrarlo o di ricevere commenti sarcastici.Michele, Sabrina, Paola e Alessandro erano
taciturni: i due ragazzi perché convinti che Marco si fosse sentito tradito
dalle loro parole, soprattutto Alessandro che aveva accennato alla visita della
ragazza, Sabrina perché non era riuscita ad aiutare la sua migliore amica.
Paola invece si sentiva colpevole perché era dalla sua festa che erano iniziati
i loro guai.
Andrea e soprattutto Gaetano, che era amico
di Marco e Michele da molti anni, avevano cercato di
tirarli su di morale, ma inutilmente.
La situazione era diventata insostenibile e
Andrea decise che era tempo di agire. Non potevano
rovinarsi il resto delle vacanze, né tanto meno far sciogliere la loro band.
Michele alzò la testa
distolto dai suoi pensieri e guardò il ragazzo.
–Cosa?- chiese.
-Dico- rispose
spazientito mentre i suoi capelli castani ondeggiavano al vento –Che non
sopporto più questa situazione. Dobbiamo agire!- esclamò
battendo nuovamente il pugno sul tavolo del gelataio dove si erano seduti come
facevano di solito quando la giornata era molto calda.
-E cosa proponi per
migliorare questa situazione?- chiese Sabrina poco convinta. Parlava
bene lui: doveva trovarsi al loro posto!
Andrea sorrise -Si,
un’idea c’è l’ho, ma ho bisogno soprattutto di voi, Michele e Sabrina. Mi
aiuterete?
-Certo!- esclamarono all’unisono
– Conta pure su di noi.
Il telefono squillò
per la quarta volta e solo allora Marco si accorse che
era stato quello a svegliarlo. Chiamò sua madre affinché rispondesse, avendo
paura che qualcuno lo cercasse. Con suo grande
dispiacere si ricordò che i suoi erano fuori e che lui era solo. Che fare? Ma in fondo che importava
se fosse lui il destinatario della telefonata? Se
fosse stato così, avrebbe chiuso il telefono.
-Pronto?- rispose con voce sonnolenta. Per
tutta la notte era rimasto sveglio e solo allora si era assopito un po’, ma non
era durata a lungo.
-Pronto, sono Andrea, c'è per caso… oh Marco
ma sei tu! Sapessi quanto mi fa piacere trovarti in
casa! Come va?- Marco voleva attuare il suo proposito ma si
fermò –Bene grazie.- ringraziò sorvolando sulle frecciatine
del suo amico.
-Ti ho chiamato per invitarti a una festa, sai non è proprio una festa, ma più che altro
una rimpatriata fra di noi. Devo partire per quindici giorni
con i miei e prima di partire volevo stare una sera con voi. E’ per
domani, che fai, ci vieni?
-… viene anche Valentina?- chiese come se
non gliene importasse molto, ma in realtà era tutto per lui.
-No, ha detto che non poteva venire. Perché?
-No, niente- sospirò di sollievo: almeno
Alessandro e Michele avevano avuto la compiacenza di non dire nulla agli altri
e fargli fare una figuraccia! E
in fondo… perché rifiutare? –D’accordo accetto. Grazie per l’invito.
La conversazione terminò con i soliti saluti
e solo allora si chiese se avesse fatto la cosa giusta. Si prese la testa fra
le mani, meditabondo. Era da circa una settimana che non sentiva la voce degli
altri e gli aveva fatto piacere parlare con Andrea. Da quando
aveva visto Valentina e Giacomo insieme, aveva tagliato i ponti con tutti,
litigato con Michele e Alessandro, li aveva chiamati traditori e aveva accusato
Sabrina di credere solo a Valentina. Ma che
colpa aveva Sabrina in tutto questo? Se fosse stato al
suo posto, non avrebbe cercato di aiutare la sua amica in qualsiasi modo? Anche Alessandro e Michele erano innocenti: Sabrina aveva
certamente chiesto loro aiuto e ambedue avrebbero fatto qualsiasi cosa per lei.
Conosceva Michele e quanto gli era grato per quanto l’aveva aiutato e
immaginava i sentimenti di Alessandro verso di lei.
Si, doveva in tutti i modi cercare di fare la pace con entrambi e soprattutto
con Michele. Possibile che una ragazza avesse potuto rovinare un’amicizia che
durava da una vita?
Prese la cornetta e compose il numero di
Michele, deciso a ripristinare il loro vecchio legame.
Sabrina controllò
l’orologio per l’ennesima volta. Le 20.00! Se Valentina non si fosse sbrigata
il loro piano sarebbe andato il fumo!
–Avanti, sbrigati!- la incitò.
-Un attimo solo!- esclamò Valentina, sempre
indecisa su cosa indossare.
Erano le 20.10 quando Valentina si decise a uscire dalla stanza e a incamminarsi verso la casa di
Andrea.
Valentina sapeva che non si sarebbe
divertita, ma voleva lo stesso tentare. Aveva tirato un sospiro
di sollievo quando Sabrina l’aveva avvertita che Marco non sarebbe
andato alla festa: vederlo le avrebbe aperto una ferita che lei preferiva far
cicatrizzare completamente. Rivedere i suoi occhi, così diversi ora da quelli
che aveva conosciuto anni prima, sentire di nuovo le sue parole offensive era troppo per lei. Scosse la testa cercando per quella sera
di divertirsi e non pensare ad altro.
-Siamo arrivati!- esclamò
Sabrina e Valentina persa com’era nei suoi pensieri non si rese conto di quella
nota euforica che trapelava dalle sue parole.
La festa era già cominciata quando le due
ragazze entrarono nel vasto salone della casa di Andrea.
Nella confusione generale Valentina si accorse che anche Michele era assente.
Si guardarono intorno e poi si buttarono nella mischia ballando a ritmo di
musica.
L’atmosfera era allegra e serena e Sabrina
era felice di notare sul viso della sua amica un sorriso sincero. Si guardò in
giro con noncuranza e ben presto incontrò lo sguardo di Alessandro.
Il ragazzo sorrise e fece segno d’assenso con il capo.
Sabrina gli rispose con un sorriso e si diresse verso Valentina.
–Vale, potrei
parlarti per favore?
Michele suonò il
campanello nel momento stesso in cui ricevette lo squillo di Alessandro.
Era agitatissimo: un qualsiasi errore avrebbe compromesso tutto. Doveva fare
attenzione e soprattutto cercare di evitare l’argomento “ragazze”.
Marco corse giù come un lampo e dopo pochi
secondi erano già sulla strada, diretti alla casa del loro amico.
Le abitazioni dei due ragazzi non erano
molto distanti, ma in quel frangente doveva trovare qualcosa di cui parlare.
Fortunatamente fu Marco a prendere l’iniziativa.
–Ti chiedo scusa Michele- iniziò
–Sono stato ingiusto con te e Alessandro, ma questa storia mi ha fatto stare
molto male. Per fortuna ora è tutto passato.
-Davvero?- chiese Michele incredulo.
-Si- rispose quasi
a volerlo confermare a se stesso, ma sia lui sia Michele sapevano che non era
vero.
Stettero un po’ in silenzio e Michele lo
conosceva troppo bene per non capire che stava pensando a Valentina.
Considerando che era il momento opportuno, uscì dalla tasca il suo cellulare e
aspettò finché non sentì lo squillo, poi chiuse la
chiamata.
-Chi chiami?- chiese Marco cogliendolo di
sorpresa.
-Gaetano. L’ho
avvertito che stiamo arrivando.
Sabrina
accese la luce e fece accomodare Valentina nel salone. La stanza era
abbastanza grande con gran balcone che si affacciava sulla spiaggia. Valentina
si avvicinò alla finestra e fissò la luna rispecchiarsi nel mare.
–E’ meraviglioso!- esclamò
estasiata.
-Sapevo che ti sarebbe piaciuto e quando
Andrea me l’ha mostrato ho pensato subito di farti una sorpresa.
-E’ meravigliosa,
ti ringrazio. L’ultima volta che ho visto uno spettacolo del genere
ero con Marco… Sabrina- la ragazza si voltò verso di lei –Cosa ha detto Marco a
Michele e ad Alessandro quel giorno? Non me l’hai ancora detto.
Sabrina fu colta alla sprovvista: non le
aveva raccontato nulla per non farla soffrire
ulteriormente e ora non sapeva che fare.
Fortunatamente il suono del campanello
giunse propizio.
-Chi sarà?- chiese Valentina.
-Forse è Michele- rispose prontamente –lui
potrà esserti d’aiuto più di me. Aspettami qui, vado a
veder se è lui!- e senza dare il tempo a Valentina di replicare, corse via
chiudendo la porta dietro di sé.
Michele suonò il
campanello tremando: quando sarebbero usciti da quella casa qualcosa sarebbe
cambiata in bene o male, sperando che tutto andasse nel migliore dei modi.
Andrea aprì la porta sorridendo –Ciao
Michele! Oh Marco, ci sei anche tu?! Che bello
vederti! E’ da parecchio che non ti fai vedere in
giro, eh? Sono felice che sia venuto, ieri pensavo che
avresti cambiato idea! Avevi una voce! Su, dai, vieni,
ho qualcosa da mostrarti!
-Cosa?- chiese ancora stupito da quella
calorosa accoglienza che mai avrebbe immaginato tale.
-Il nuovo PC che mi ha
comprato mio padre. Vieni!
Marco lo seguì malvolentieri: ma perché
correva così? Il computer non scappava! Ma in fondo
era bello veder che qualcuno gli voleva davvero bene…
Andrea giunse davanti alla porta del salone e
si voltò verso il suo amico.
–Eccoci. Dai, entra
prima tu, voglio veder che effetto ti fa!- si scostò
dalla porta e lasciò che l’amico l’aprisse.
Marco l’aprì e subito Andrea lo spinse
dentro chiudendolo all’interno, poi si allontanò canticchiando. (NdNaco: Lo so, lo so, non è esattamente una cosa
carina… ma non sapete quante volte avrei voluto farlo a persone che sono più
testarde di un mulo! Lasciatemelo fare almeno qui!! *_*)
Marco si voltò verso
la porta e la trovò chiusa. Si avvicinò e cercò di aprirla ma non ci riuscì.
–Ma che scherzo è
questo!- esclamò ad alta voce.
Valentina si voltò spaventata da quella voce
così familiare che l’aveva distolto dai suoi pensieri. E
pensare che i suoi pensieri erano rivolti proprio a lui!
I suoi grandi occhi azzurri lo fissarono
spaventati, ma non riuscì a parlare.
–Marco…- bisbigliò infine.
Marco si girò e i loro sguardi
s’incrociarono. Nessuno dei due sapeva cosa fare, cosa dire, poiché davanti a
loro c’era la persona che non avrebbero mai immaginato di incontrare e che non
avrebbe mai voluto trovare.
Il primo a riprendersi fu Marco che
improvvisamente assunse un’aria dura come mai Valentina l’aveva visto.
–Cosa ci fai qui?
-Cerco di divertirmi e di non pensare a ciò
che mi hai detto. E tu cosa ci fai qui?- Era la prima
volta che si vedevano dopo quella scenata a casa di Marco.
-Invece dovresti
pensarci e in ogni caso sono qui per divertirmi. E’ strano che tu sia qui per
divertirti. Per farlo bastava Giacomo!
-Giacomo!-
Valentina sgranò gli occhi. –Ancora Giacomo! Ma cosa
c’entra Giacomo? Perché continui a parlarne? Cosa t’importa di lui?
-A me, niente, a te... Dimmi
un po’ da quando non vi fate una bella passeggiata sulla spiaggia? Da quando
non vi date un bel bacio come quello che vi deste alla
festa di Paola?
-… baciati….! Ma allora tu ci hai spiati! Ma come hai potuto farmi
una cosa del genere?- esclamò, ma benché tentasse di nascondere le lacrime,
queste ormai scendevano copiose sulle sue guance.
-Ah e piangi anche!- urlò
arrabbiato –Ma come osi! Io dovrei piangere dopo esser stato tradito da te, da
quella che credevo un’amica! Ci conosciamo da tanti
anni e non ti sei neanche degnata di raccontarmi niente! Perché?
Eri convinta che non ne starei stato felice? Il tuo
primo vero ragazzo e non mi dici niente! Credevo che mi volessi bene!
Valentina scoppiò in singhiozzi, nonostante
fosse innocente –E te ne voglio ed è proprio per
questo che, quando lui mi ha baciata, io l’ho respinto! Mi ha chiesto di uscire
con lui e io ho rifiutato, perché lo considero un amico, caro, ma solo un
amico! Tu dici di essere stato tradito e io cosa dovrei dire? Hai proprio una
bella fiducia in me! Come hai potuto pensare che non ti avrei detto nulla? Che non mi sarei confidata con te?
Marco si sentì un verme mentre vedeva
Valentina che piangeva. Come aveva potuto credere che Valentina non gli avrebbe
detto nulla? Si ricordò di quando in quinta elementare era corsa da lui perché
un bambino le aveva chiesto se poteva accompagnarla a
casa e lei non aveva saputo cosa fare. –Vuoi che vi segua di nascosto?- le aveva chiesto per farle piacere e lei gli aveva sorriso
felice.
Le si avvicinò e
l’abbracciò commosso anche lui.
–Ti prego, Valentina, non
piangere, è tutta colpa mia. Sono stato uno sciocco nel credere che tu
non mi avresti raccontato nulla. Perdonami…. Altro che mancanza di fiducia, era
solo gelosia.
Valentina alzò i suoi
occhi verso quelli scuri del ragazzo. Si guardarono intensamente senza
parlarsi, ma capendosi con lo sguardo, come avevano imparato a fare fin da
quando erano piccoli.
Marco chiuse gli occhi e avvicinò il suo
viso a quello della ragazza.
–Ti voglio bene- le
bisbigliò prima di baciarla. –Ti ho sempre voluto bene e mai come ora me
ne sono reso conto.
Salve a tutti!
Spero tanto che questo
capitolo vi sia piaciuto almeno la metà di quanto io
mi sono divertita a scriverlo. Marco e Valentina mi sono
sempre piaciuti e sono contenta che finalmente
si sono chiariti e hanno capito una buona volta di amarsi!
Dal prossimo
capitolo in poi, inizierà l’ultima parte di questa storia, dove finalmente ci
saranno nuove e choccanti rivelazioni che porteranno
al finale. Spero che sarete
ancora qui a leggere e non scapperete prima!
Ringrazio ancora una
volta tutti coloro
che leggono e commentano questa storia. Grazie di cuore, mi rendete davvero
felice!
Sabrina guardò i suoi
due amici abbracciati mentre ballavano un lento e sorrise,
felice di averli riuniti. Ricordò le parole che Alessandro le aveva detto la sera di ferragosto e dovette ammettere che
aveva avuto ragione: la loro era stata solo una minima parte in quella
riconciliazione, il resto lo avevano fatto da soli, parlando e chiarendosi.
Alessandro… guardò verso di lui e sorrise
senza accorgersene. Ripensò a quel ragazzo che l’aveva fatta soffrire e che
poi, inspiegabilmente era cambiato e diventato il suo migliore amico… migliore
amico… quante volte aveva sentito Valentina
pronunciare quelle due parole… e ora lei e Marco erano insieme… chissà se anche
lei e Alessandro…
Scosse la testa per allontanare quel
pensiero assurdo dalla testa e si accorse che Michele la stava guardando.
Sorrise e si allontanò colpita dall’episodio che le era capitato. Quanto
avrebbe dato, pochi mesi prima, perché Michele la
guardasse così! Sarebbe stata la ragazza più felice del mondo, ma ora… perché
non aveva provato quella stessa sensazione che prima, quando lui le parlava o
la guardava, sentiva nel cuore? Cosa
le stava accadendo? Lentamente senza accorgersene aveva dimenticato quel
ragazzo che l’aveva fatta soffrire per anni, non amandola e per
cui aveva dato tutta se stessa dopo che Valeria lo aveva lasciato? Perché? Come mai proprio ora e non prima? Cosa,
o piuttosto chi era intervenuto ad aiutarla a dimenticare?
Persa nei suoi pensieri, senza sapere come,
si ritrovò sulla spiaggia deserta come in quella mattina in cui aveva
conosciuto Alessandro…. Ma perché continuava a pensare
a lui? Possibile che fosse lui la persona che le aveva fatto
dimenticare Michele? Allora voleva dire che…?
-Sabrina-
si sentì chiamare.
Si voltò con il cuore palpitante
–Michele…
-Scusami, non volevo
spaventarti- mentì. Lo sapeva, quando l’aveva chiamata, che Sabrina si sarebbe
spaventata, sentendosi chiamare. La conosceva e riusciva a capire quando la sua
mente volava lontano. Ma era quello che voleva, spaventarla o più di tutto
svegliarla, capire cosa le era accaduto, perché da un
po’ di tempo si stava allontanando da loro o piuttosto farle comprendere bene
cosa volesse, cosa cercasse, o chi…. –Volevo solo complimentarmi per la
riuscita della missione.
-Perché dici così-
arrossì –Anche tu, Andrea e Alessandro avete avuto un ruolo determinante in
questa storia.
-Già, ma conoscendoti, ero convinto che non
c’è l’avresti fatta a tenere nascosta la verità a Valentina!-
la punzecchiò ridendo.
-E, infatti, è solo grazie all’aiuto di Alessandro che non ho parlato. Conoscendomi mi è stato
sempre accanto affinché non parlassi e non sai quante volte ero
sul punto di farlo! E’ stato davvero un caro amico.
-Solo?- la domanda di Michele cadde come un
macigno sul cuore di Sabrina e proprio come Michele aveva
immaginato, arrossì violentemente.
-Che vuoi dire?
Michele la fissò e il suo cuore iniziò a
battere all’impazzata –Ci stai lasciando, Sabrina.
Alessandro per te sta diventando più importante di noi, dei tuoi amici che ti
conoscono e che conosci da sempre e se da una parte mi dispiace, dall’altra
sono felice per te. Dacché ti conosco sei sempre stata una
ragazza allegra e spontanea su cui poter sempre contare. Per me eri e
sarai sempre una grande amica, che mi ha aiutato nei
momenti di difficoltà e che non mi ha mai abbandonato. Ti sarò sempre grata per
questo e per questo voglio che tu sia felice con lui.
-Ma io non…
-Non sai quel che vuoi e hai paura di
sbagliare. Conosco quella sensazione di sconforto e indecisione, l’ho provata
anch’io. Prova a guardare nel tuo cuore senza aver paura di
scoprire la verità. Ti stai innamorando di lui.- non
era una domanda, ma un’affermazione.
-Non lo so, non lo so!- urlò
coprendosi le orecchie con le mani –Ho paura di scoprire la verità e non so
perché… sto cambiando!
Michele le posò una mano sulla spalla e
sorrise dolcemente –Brava, hai capito! Stai crescendo e stai cambiando, è
naturale che non ti senta più sicura di nulla, ma coraggio, noi ti staremo
sempre accanto, comunque vada.- la baciò sulla fronte
e se ne andò lasciandola lì a cercare di capire cosa Michele avesse voluto
dirle implicitamente.
-Complimenti!- esclamò
una voce alle sue spalle mentre ancora fissava la figura di Michele che si
allontanava all’orizzonte.
Si voltò e il suo voltò assunse una posa
acida e antipatica.
–Cosa vuoi Valeria?
- chiese con voce fredda –Ci hai spiati, vero?
Le sue labbra s’inarcarono in un sorriso
malizioso che Sabrina conosceva bene e che non prometteva nulla di buono.
Ricordava di averlo già visto anni prima, quando
Michele aveva annunciato al gruppo che Valeria era diventata la sua ragazza e
quando poche settimane prima l’aveva rivista. Aveva un brutto presentimento.
-Non vi ho spiati,
diciamo così, ho solo involontariamente ascoltato la vostra conversazione sul
futuro e sull’amore.
-Ma cosa vuoi?
-Complimentarmi! Michele ti ha detto che ti
vuole bene, non sei contenta? Erano anni che aspettavi che ti dicesse che eri
importante per lui! Brava, l’hai conquistato! Ma con
Alessandro sarà diverso!
-Ma cosa dici! Non
capito nulla di ciò che Michele mi ha detto e poi lascia stare Alessandro! Lui
non proverà mai nulla per te, perché ti conosce!
-Davvero? E tu lo
conosci? Allora dimmi, tu sai il vero motivo per cui
Alessandro abita in casa tua?
-Perché i suoi genitori vorrebbe
che lontano da casa diventasse più aperto.- rispose acida.
Valeria rise –Credi davvero che Alessandro sia venuto qui per un motivo talmente sciocco? La verità è un’altra… vuoi sapere quale?
-No!- esclamò voltandosi e allontanandosi.
-Alessandro è
venuto qui perché ha perso i suoi genitori in un
incidente stradale e non ha più nessuno.
Sabrina si fermò e si voltò di scatto –Stai mentendo, vero? E poi chi te
lo avrebbe detto?
-E’ stato lui.
Circa due settimane prima che arrivasse qui, è rimasto
orfano e i tuoi genitori hanno deciso di prendersi cura di lui finché non
raggiungerà la maggior età, cioè fino alla prossima settimana. Poi ti lascerà,
tornerà al suo paese natio e lì io lo raggiungerò!
Sabrina la guardò mentre le lacrime le
scendevano copiose lungo le guance –Stai mentendo!-
esclamò senza forza.
-Non ci credi? Chiediglielo! Mi dispiace, so
come ti senti, ma cosa vuoi? Ha scelto me…
Sbrina si coprì le
orecchie con le mani per non ascoltare quella sua risata maligna da vincitrice
e corse via. No, non poteva essere vero, stava mentendo! E
se invece avesse detto la verità? Ma perché l’aveva
rivelato proprio a lei? Rivide il volto di Michele quando anni prima cercava
Valeria con lo sguardo e le sue crisi… vide il volto di Alessandro
sovrapporsi a quello di Michele. Scosse la testa negando a se stessa tutto. No,
era una bugia, era falso… eppure non riusciva ad averne la certezza matematica.
Valeria la guardò
allontanarsi e sorrise certa di avere la vittoria in pugno. Ormai Sabrina aveva
perso tutta la sua fiducia in Alessandro e lei l’avrebbe
conquistato più facilmente in quel momento in cui, dopo aver perso i suoi,
avrebbe perso anche la ragazza che amava….
“Io, Alessandro de Angelis
non proverò mai niente per te!”… le aveva detto giorni
prima alla festa di Paola e lui non avrebbe mai potuto immaginare che quelle
sue parole cariche di odio l’avrebbero portato proprio da lei.
Alessandro de Angelis…
aveva già sentito quel nome… ma dove? Poi mentre camminava era passata accanto a un giornalaio e allora i suoi ricordi si erano fatti più
chiari. Lentamente quella pagina di cronaca nera le era affiorata nella mente e
in particolare quell’articolo in fondo alla pagina in
cui si raccontava di un tragico incidente stradale che era
costato la vita ad una famiglia di Cagliari e di cui l’unico superstite
era stato il primogenito e che, essendo minorenne, aveva trovato ospitalità
presso amici dei genitori. Era apparsa anche la foto del ragazzo e lei
immediatamente aveva pensato che “avrebbe tanto voluto
conoscere un ragazzo come lui e magari farci qualcosa”.
Era stato davvero un colpo di fortuna che si
era trasferito proprio lì e che non avesse raccontato mai a Sabrina la verità…
Capirlo non era stato difficile: più volte Sabrina gi aveva chiesto notizie
sulla sua famiglia e questo spiegava che era all’oscuro di tutto e la sera di
ferragosto aveva avuto la grande fortuna di
interrompere la loro conversazione proprio mentre, probabilmente, lui le stava
per raccontare la verità. Una fortuna che non si sarebbe certo lasciata
sfuggire.
La
signora Mancini stava leggendo un articolo, distesa sul divano, cercando
di rilassarsi dopo una dura giornata di lavoro, quando Sabrina entrò nel
soggiorno piangendo, mentre gli occhi mandavano lampi di rabbia.
–Mamma, è vero che Alessandro ha perso i
genitori in un incidente stradale e che per questo è venuto qui?-
le chiese mettendolesi di fronte, cosicché non
potesse scappare.
La signora Mancini
si tolse gli occhiali e li depose sul giornale sul tavolino avanti a lei e la
guardò.
–Sì, è tutto vero- sospirò
–Immaginavo che alla fine l’avresti saputo e che mi avresti chiesto
spiegazioni. Quel giorno eri al campeggio con i tuoi amici e io in cucina che
lavavo i piatti, quando squillò il telefono e andai a rispondere: era una
vicina di casa di Alessandro che ci chiedeva di andare
immediatamente a Cagliari perché era accaduto qualcosa di grave a Giuseppe e a
Caterina.
Devi sapere che Caterina era
stata una mia grande amica e tuo padre molto presto divenne amico di
Giuseppe, il suo fidanzato. A quei tempi eravamo inseparabili e anche in
seguito, quando loro erano tornati a Cagliari, ci tenemmo sempre in contatto,
almeno per i primi tempi, poi più nulla, ma non ne siamo rimasti offesi: erano
persone chiuse che non sapevano farsi amici, un po’ come il figlio d'altronde,
e non amavano i contatti a distanza. Sapevamo che quando conoscevano una
persona e si sentivano compresi, davano il meglio. Coppia strana, ma veri
amici.
Ti dicevo erano chiusi e proprio per questo
noi eravamo gli unici amici a cui credessero veramente
e di cui sapevano di potersi fidare. Saputa la notizia non esitammo
a correre a Cagliari. Arrivati la vicina ci spiegò che la famiglia de Angelis aveva avuto un incidente stradale mentre
accompagnavano il loro primogenito ad una festa. Erano stati loro a chiederle
di chiamarci. La vicina ci raccontò la dinamica dell'incidente:
la loro auto si era scontrata con un’altra che andava controsenso. La piccola
Lucia era morta sul colpo mentre i genitori erano in gravissimo stato
all’ospedale. Solo Alessandro, il più grande, era rimasto illeso, riportando
solo qualche contusione.
Ci precipitammo all’ospedale, ma ormai era
tardi: Giuseppe era morto pochi minuti prima e
Caterina non avrebbe superato la notte. Quando mi vide mi chiamò con filo di
voce e piangendo mi disse queste parole: -Maria… ti prego… prendetevi cura di Alessandro finché non sarà grande abbastanza per
cavarsela da solo… vi prego…- e spirò. Alessandro era lì nella stanza: fermo,
impassibile, ma abbiamo capito subito che stava soffrendo e che si sentiva in
colpa per l’accaduto.
Fu lui a chiederci di non dirti nulla
perché, ci disse, non voleva che provassi compassione per lui. Come puoi
immaginare l’uomo che lo accompagnò quella mattina non era
lo zio, ambedue i genitori erano figli unici, ma il marito della vicina che ci
aveva avvisato.
Povero ragazzo, si era sentito responsabile
per la morte dei suoi familiari ed era questo il motivo della sua freddezza e
maleducazione… ma per fortuna adesso è completamente passata,
visto che ti ha raccontato tutto…
-No, non mi ha raccontato
nulla!- urlò balzando in piedi –L’ha raccontato a Valeria, a quella
puttana! Ha preferito raccontarlo a lei e dopo quello
che ci ha fatto…lo odio! Non voglio più vederlo!- e corse via lasciando la
madre a chiedersi quale fosse il ruolo di Valeria in
tutta quella storia.
Sabrina spalancò la
porta della stanza di Alessandro, convinta che fosse
rientrato, ma la trovò vuota. Si fermò, con gli occhi frementi dall’ira, decisa
ad aspettarlo finché non fosse tornato. Si guardò attorno meravigliata: da
quando Alessandro l’aveva occupata, non aveva messo più piede in quella stanza
e si stupì nel trovarla identica, a parte i libri di Alessandro
sul tavolo, la fotografia dei suoi genitori sul comodino e i suoi abiti
nell’armadio.
-Mi cercavi?- chiese
una voce alle sue spalle.
Nell’ascoltare quelle parole, tutta la
rabbia che aveva accumulato esplose in un attimo.
Si voltò di scatto, gli occhi scintillanti
–Perché non mi hai detto nulla?- chiese urlando fra le
lacrime –Perché non mi avevi detto che i tuoi genitori erano morti in un incidente
stradale e che tu eri l’unico sopravvissuto?
Alessandro la guardò stupito –Chi te l’ha detto?
-E’ stata Valeria.
-Valeria… ma cosa?
-Si, Valeria. Tutto proprio tutto avrei potuto immaginare tranne che avresti raccontato la tua
storia proprio a lei invece che a me o a qualcun altro! Perché
non me lo hai detto? Altro che commiserazione! Tu non volevi la mia di
commiserazione, ma quella di Valeria sì! Perché lei sa
come consolare la gente, vero? Dopotutto quello che ci ha fatto, come hai potuto…!
– urlò e gli tirò uno schiaffo –Non volevi raccontarlo a me? C’era Michele,
Marco e se proprio cercavi una ragazza c’erano Paola e Valentina. Ma lei sa come consolarti! Dimmi, l’hai già fatto o aspettavi la maggiore età? Hai sfruttato me e i miei genitori
e volevi farlo fino ai tuoi 18 anni e poi? Poi andare
via con Valeria! Ti credevo diverso e invece scopro
che siete tutti uguali! Ti odio! Ti odio!- e accompagnava
le parole, già vere e proprie frustate, con schiaffi prima su una guancia poi
sull’altra, forti, troppo forti per una ragazza, ma forse a renderli tali c’era
la forza della disperazione e dell’odio nei confronti di quella ragazza che le
aveva rovinato la vita e quel ragazzo che aveva creduto di conoscere e di cui
forse era anche innamorata.
Alessandro restava immobile, perso in quegli
occhi di fuoco, chiedendosi cosa fosse successo alla ragazza dolce che
conosceva e chi fosse quella che gli stava di fronte.
-Calmati!- urlò infine bloccandole le mani
–Calmati Sabrina! Io non ho mai raccontato nulla a Valeria! Deve averlo
scoperto da sola! In quei giorni i giornali ne parlarono, anche se per poco
tempo e lei deve esserselo ricordato! Calmati! Secondo
te perché avrei dovuto raccontarlo a lei?- chiese, ma lei continuava a
dimenarsi e a scuotere la testa.
–Perché proprio lei, perché?- continuava a
chiedere senza aver neanche ascoltato le parole di Alessandro
–Ti odio! Ti odio!
Alessandro cercava di trattenerla, ma le sue
forze stavano diminuendo, mentre quelle della ragazza sembravano aumentare
–Sabrina ti prego calmati!
Sabrina continuava a dimenarsi e Alessandro
sentì il cuore gonfio di tristezza. Michele… era per lui che Sabrina era in
quello stato e pensare che lui invece… come sarebbe stato bello se lei l’avesse
dimenticato e con lui tutta quella brutta storia… e invece…
–Calmati!- le urlò dandole uno schiaffo e in
quell’atto riversò tutta la sua tristezza e amarezza
come se, attraverso quell’atto, volesse cancellare la
sua sofferenza e renderla realmente felice e allegra, come
tutti la consideravano… allegra? No, Sabrina non era una ragazza
allegra, ma bisognosa di un affetto superiore a quello di un amico e di una
band… lei aveva bisogno d’amore.
A quello schiaffo Sabrina sembrò tornare in
sé –Non voglio più vederti- ripeté e corse via senza
neanche accorgersi di aver investito i suoi genitori, saliti nel sentire i
ragazzi litigare.
–Ma cosa è successo?-
chiese la signora Maria.
Alessandro li guardò
–Signori Mancini, devo parlarvi.
ç_ç So di essere davvero sadica nel far passare
ad Alessandro tanti dolori e perdite. Ma osa volete? Sono
i personaggi che scelgono la loro strada e, quando ho creato il suo personaggio,
sapevo che sarebbe finita così. Nonostante anche i, poi, mi sia commossa per la sua storia!o stesso!
Ringrazio ancora una volta tutti color che commentano e commenteranno questa
storia.. grazie ragazzi, mi rendete davvero felice!
Per Melanto.: hai ragione i ragazzi sono tutti uguali! ><
Sabrina si svegliò con
il cuore che batteva all’impazzata, gli occhi spalancatii
per la paura o piuttosto per la sorpresa che aveva provato…
Di nuovo quel sogno! Quella donna, quel
ragazzo! Quella spiaggia, quella voce, quella figura… erano mesi che non la
sognava, da quando, tempo prima, svegliatasi, aveva
scoperto un nuovo Alessandro, completamente diverso da quel ragazzo così freddo
che aveva visto sulla spiaggia…
Non era stata la sorpresa a svegliarla, no…
anzi ne era stata contenta di risentire quella voce
calda e gentile di donna… ma questa volta qualcosa era diverso….
Quella donna… dove l’aveva già vista?
–Non lasciarlo andar via! Non lasciarlo
andare! Lui ha bisogno di te… e tu hai bisogno di lui… non lasciarlo andar
via!- le aveva detto e questa volta l’aveva vista, aveva visto i suoi capelli
castani, a tratti grigi, il suo sorriso dolce… lo stesso volto che aveva visto
la sera precedente nella stanza di Alessandro… sul suo
comodino… e immediatamente aveva riconosciuto il volto del ragazzo del sogno…
era….
Scosse la testa per allontanare il volto di Alessandro dai suoi pensieri. Si sedette a letto e solo
allora si accorse di essersi addormentata vestita e che, solo in seguito,
qualcuno l’aveva coperta per non farle prendere freddo.
Si alzò dal letto barcollando, ancora
distrutta per la scenata della sera precedente. Si appoggiò alla scrivania e
scosse la testa per allontanare il volto di Alessandra
dai suoi pensieri. No, non poteva essere lui il ragazzo del sogno! Voleva
dimenticare quel ragazzo dagli occhi tanto profondi, che l’aveva
tradita in quel modo… sentiva di odiarlo con tutto il cuore…
Scosse la testa e il suo sguardo cadde sul
carillon che le aveva regalato… rivide quel negozio, la figura alta e
sorridente di Alessandro che prendeva il cofanetto con
le sue mani “ te lo regalo io” le aveva detto…
-No!- urlò con le lacrime agli occhi
cercando di dimenticare e in uno scatto d’ira, lo fece cadere con una manata.
Il cofanetto si aprì e la stanza fu invasa
dalla sua dolce melodia. Chiuse gli occhi e si lasciò andare a quella musica…
una strana dolcezza nel cuore come la prima volta che aveva ascoltato quella
melodia… Alessandro… non riusciva a non pensarci e capì che più lo allontanava,
più lui ritornava prepotente nella sua mente… ma perché era finito tutto così?
Perché la festa di Andrea aveva avuto un tale esito?
Prima Michele, poi Valeria e lei era esplosa e non aveva ascoltato più nulla,
solo il suo odio…ma in fondo aveva
ragione?
Come in un sogno ascoltò le parole che
Alessandro le aveva detto la sera prima e che lei non
aveva ascoltato.
“Può averlo scoperto da sola”. E se fosse stato vero? Credeva più a Valeria che ad
Alessandro?E poi
quello schiaffo… e i suoi occhi… dolci, tristi, pieni di dolore allo
stesso tempo… uno sguardo che aveva visto tante volte nei giorni precedenti
negli occhi di Valentina… e nei suoi quando, dopo aver versato tante lacrime,
si fermava davanti allo specchio per riordinarsi prima di tornare da Michele e
Marco per riprendere a studiare nelle loro lunghe notti insonni… e negli occhi
di Michele durante le sue crisi… occhi da innamorato che vede fuggir via
l’unica persona a cui tiene più della sua vita per una bugia, per
un’incomprensione… uno sguardo che non poteva mentire… diversamente dalle
parole….
E lei? Cosa aveva fatto? Gli aveva urlato in faccia che l’odiava,
che non poteva più vederlo… ma era la verità o piuttosto una bugia per
ingannare se stessa? Chiuse il carillon e lo depose dolcemente sulla scrivania.
A mente lucida ricordò come si era svolta
esattamente la scena la sera prima e si portò le mani sul volto: cosa aveva
fatto? Perché l’aveva trattato così? Si sentiva
sciocca e stupida e ormai il pianto aveva preso il sopravvento. Come avrebbe
mai potuto perdonarla dopo tutto ciò che gli aveva
detto? Avrebbe mai potuto salvare la loro amicizia? Doveva scoprirlo subito,
anche se non era certo l’ora più adatta per chiarire tutto…
Quando
Sabrina entrò nella stanza rimase stupita nel trovarla vuota. Si guardò in giro
e si accorse che sul comodino la foto dei genitori di Alessandro
non c’era più. Uno strano presentimento la colpì: spalancò le ante dell’armadio
e come aveva purtroppo intuito, si accorse che questo era vuoto.
Sabrina si guardò in giro cercando un biglietto,
qualcosa che le indicasse dove fosse andato… perché
non poteva essersene andato…
Uscì dalla stanza e si precipitò in quella attigua dei suoi genitori.
–Dov’è Alessandro?-
chiese.
-Ma cosa… chi…?- blaterò
sua madre ancora addormentata.
Sabrina si precipitò sul letto dei genitori
prima che la donna si fosse completamente svegliata.
–Dov’è Alessandro? Dov’è?
-Se n’è andato- disse con voce sonnolenta il
padre –Ha deciso di partire dopo quello che è successo
ieri sera. Si è sentito in colpa per non averti detto nulla. Pensa che tu si rimasta choccata per qualcosa
che è accaduto anni fa –cosa non ha voluto dircelo. Non ha detto neanche a noi
dove andava.
Sabrina sentì le lacrime tornare a bagnarle
le guance. Se n’era andato per lei, per non farla
soffrire! Ma lui non poteva andarsene, aveva bisogno
di lui, della sua serietà, della sua dolcezza…
Corse fuori dalla
stanza e i due coniugi sentirono dopo poco la porta d’ingresso sbattere
violentemente.
Sabrina sentiva gli
occhi annebbiarsi per colpa delle lacrime, il cuore batterle furiosamente, le
gambe correre all’impazzata cercando un ragazzo che aveva conosciuto ancor
prima di incontrarlo.
Corse sulla spiaggia mentre albeggiava, la
mente che volava indietro nel tempo, a quella mattina in cui l’aveva
incontrato… a come l’aveva trattata… e il giorno di ferragosto, quando gli
aveva chiesto di aiutarla a migliorare i rapporti fra Marco e Valentina e lui aveva rifiutato… e poi le cose si erano si sistemate da
sole… grazie a una festa… Una bella festa… almeno per loro…
La mente vagava tra i ricordi, mentre le sue
gambe correvano veloci e i suoi occhi cercavano Alessandro senza riuscire a
trovarlo, attraversando le strade deserte e rischiando di essere
spesso investita da quelle rare automobili che correvano per la città.
Correva a perdifiato, piangendo, ricordando,
vedendo il suo volto, quello sguardo che forse non avrebbe mai più rivisto.
Chiuse gli occhi senza più speranza e iniziò
a correre all’impazzata senza sapere dove andasse, ma
solo pregando.
–Ti prego mia buona fata
del sogno, ti prego! Fa che lo raggiunga in tempo! Ti prego…
Aprì gli occhi ormai stremata: era davanti
alla stazione.
Salve a tutti! Scusate
il ritardo con cui posto questo capitolo, ma ormai con gli impegni di studio e
di frequenza all’università, non ho molto tempo!
Siamo ormai giunti al
penultimo capitolo di questa storia. Lo so che è un po’ breve, ma ho preferito
dividere la scena finale in due capitoli per aumentare un po’ la tensione (mi rendiconto di essere un po’ sadica ^^).
Ringrazio ancora una
volta tutti coloro che leggono commentano questa
storia, e anche chi la legge soltanto. Grazie di cuore a tutti e, al prossimo,
ultimo capitolo!
Alessandro posò la sua
valigia per terra e si voltò per salutare quel paese che gli aveva regalato
tante gioie, che l’aveva così radicalmente cambiato, che gli aveva fatto
conoscere l’amore, ma che ormai non poteva dargli altro che dolori.
Pensò con orrore a quello che sarebbe
accaduto quella mattina: Valeria avrebbe raccontato a tutti la sua storia e gli
altri l’avrebbero giudicato un opportunista, un bugiardo e un ingrato, visto
che “aveva preferito raccontare la verità a Valeria, piuttosto che a Sabrina”.
Sentì un tuffo al cuore al pensiero che non
avrebbe più rivisto Sabrina, ascoltato la sua voce. Ma non poteva restare dopo
ciò che era accaduto la sera prima… e soprattutto quello schiaffo… ma perché lo
aveva fatto? Perché non si era trattenuto? Se le parlato ciò che provava per
lei sarebbe stato meno imbarazzante. Perché quello non era stato uno schiaffo
come tanti… era stato uno schiaffo in cui le aveva rivelato i suoi sentimenti…
come se fosse stato un bacio. Quella mattina avrebbe anche potuto spiegarle
tutto e cercare di riconquistare la sua fiducia, ma dopo quello schiaffo, come
avrebbe potuto spiegarle la verità senza rivelare tutto ciò che si agitava nel
suo cuore? Cosa avrebbe potuto dire se lei avesse capito cosa in realtà
quell’atto voleva dirle? Lei voleva bene a Michele, perché complicarle la vita,
parlandole dei suoi sentimenti? Meglio sparire, essere dimenticato e odiato,
che vedere Sabrina soffrire per colpa sua. Non stava fuggendo, ma solo salvando
la sua Sabrina.
Ormai fra lui e Sabrina era tutto finito:
le aveva detto addio la sera prima quando, dopo aver pressappoco raccontato ai
genitori della ragazza di come Sabrina avesse sofferto “per una brutta faccenda
capitatale per colpa di Valeria”, aveva con loro convenuto che sarebbe stato
meglio che lui fosse partito.
Aveva preparato tutto velocemente e poi,
silenziosamente, era entrato nella stanza di Sabrina per vederla per l’ultima
volta; l’aveva coperta dolcemente cercando di non svegliarla e l’aveva baciata
sulla fronte senza che lei se ne fosse accorta; aveva salutato i due coniugi
ringraziandoli di tutto e se n’era andato con il cuore gonfio di tristezza.
Aveva raggiunto la spiaggia, quella stessa su cui aveva trascorso tante
giornate felici e spensierate, e si era tuffato, rischiarato dalla luce della
luna.
Sorrise. Era proprio
lì, su quella sabbia dorata che era iniziato tutto, in una giornata come tante.
Quella mattina aveva deciso di tuffarsi in quelle chiare e fresche acque,
chiedendosi come sarebbe stata la sua nuova vita, tra persone che non
conoscevano né lui, né il suo passato. Era l'unico modo che avesse per
allontanare i pensieri tristi, come aveva potuto scoprire lui stesso alcuni
giorni dopo la morte dei suoi.
-Smettila di angustiarti così, Sandro.-
stava tentando quella sera di fargli coraggio una sua vicina, una donna tanto
cara, mentre camminavano insieme sulla spiaggia poche ore prima della partenza
-Non puoi pensare che sia colpa tua. Lasciati andare. Non sei mai stato un
ragazzo molto espansivo, però…
-Basta, basta!- aveva urlato scuotendo la
testa e si era tuffato lì, con gli abiti ancora addosso, pur di non sentire
quella voce amica, ma noiosa, cercare di consigliarlo e con poche bracciate si
era allontanato dalla costa, quasi a voler allontanare tutto, il passato, il
presente, il futuro incerto, cercando di dimenticare il suo dolore. Avrebbe
tanto desiderato non ritornare più indietro e lasciarsi tutto alle spalle, ma
non era la soluzione migliore, se ne era reso conto subito, così era ritornato
indietro, deciso ad andare avanti. E così doveva fare anche in quest'occasione,
si era detto cercando di farsi coraggio.
Infine, dopo una nuotata, che tuttavia non
aveva avuto l'effetto calmante sperato, era arrivato alla stazione e, stremato
dalla stanchezza e dalla sofferenza, aveva cercato, inutilmente di
addormentarsi su una panchina: Sabrina era sempre nei suoi pensieri.
Guardò il biglietto di sola andata per
Roma, incerto sul suo futuro. Pochi giorni dopo sarebbe stato il suo compleanno
e automaticamente avrebbe potuto disporre di tutto e fino ad allora avrebbe
passato un po’ di giorni a Roma da Enrico, un suo amico. Più volte l’aveva
invitato a passare da lui qualche giorno e adesso era giunto il momento di
accettare quell’invito e di fargli una sorpresa. In seguito, quando sarebbe
diventato maggiorenne, sarebbe tornato a Cagliari e avrebbe ereditato tutto il
patrimonio, nel frattempo gestito dai genitori di Sabrina, come aveva voluto
suo padre. Ma cosa ne avrebbe fatto? Non sapeva cosa fare, se proseguire gli
studi o vendere tutto e andarsene da quel luogo così triste. Non sapeva nulla,
ma in quel momento la cosa più importante era andarsene da lì.
Attraverso l’altoparlante lo speaker
annunciò che il treno per Roma era in partenza dal binario 6.
Alessandro si guardò indietro per l’ultima
volta poi prese la valigia e s’incamminò verso il suo binario.
Sabrina guardò la
struttura della stazione e la speranza si riaccese nel suo cuore.
–Ma certo! La stazione!- corse all’interno
pregando che non fosse ancora partito.
D’un tratto sentì una voce che pregava i
signori passeggeri in partenza per Roma a recarsi al binario 6.…
-Roma! Ma certo!- esclamò a se stessa.
Ricordò una delle tante discussioni avute
con Alessandro quando ancora non potevano sopportarsi.
“Si, ho un amico, ma si è trasferito a Roma
mesi fa e comunque non era il massimo” . Conoscendo il suo carattere dei primi
tempi, avrebbe dovuto capirlo subito che in realtà erano grandi amici… e se
avesse avuto intenzione di andare a trovarlo?
Iniziò a correre verso il binario 6, benché
ormai le gambe non la reggessero più e fosse completamente priva di forze.
Girò l’angolo e allora lo vide, mentre si
accingeva a salire sul treno.
–Alessandro!- gridò, ma la sua voce fu
coperta da quella dello speaker che ripeteva l’invito ad avvicinarsi al binario
6. Cercò di aumentare la velocità, ma ormai era sfinita.
–Alessandro!- urlò con tutta la voce che
aveva in corpo –Alessandro!!
Alessandro si girò e si chiese se non
stesse sognando e se fosse veramente Sabrina la ragazza che correva verso di
lui.
–Sa... Sabrina!- esclamò andandole
incontro giusto in tempo per prenderla fra le sue braccia ed evitare che,
sfinita, cadesse.
-Sabrina… ma cosa ci fai qui? Chi ti ha
detto che ero qui?- le chiese stringendola forte a sé.
-Tu… me l’hai detto tu… e tua madre… me
l’ha detto lei…
-Ma cosa c’entra mia madre? Lei è…
-L’ho sognata… me l’ha detto… mi disse
anche che saresti arrivato prima che ti conoscessi… Alessandro, mi dispiace…
non avrei dovuto trattarti così ieri sera… sono stata una stupida… stupida…
potrai mai…?
-Non devi scusarti- bisbigliò dolcemente,
accarezzandole i morbidi capelli castani –Capisco benissimo… è per via di
Michele- gli si stringeva il cuore nel pronunciare quel nome, ma in fondo
doveva rassegnarsi –Non scusarti. E’ stata tutta colpa mia, non avrei mai
dovuto tenerti all’oscuro di una simile faccenda… avrei dovuto dirti tutto, ma
avevo paura che…- le parole gli morirono in gola e allora capì che parlare non
serviva a nulla, che l’importante era esser lì, abbracciati, felici, che la
loro amicizia avesse superato le perfidie di Valeria… ma era solo amicizia?
-Sabrina- bisbigliò Alessandro alzando il
viso della ragazza verso il suo e i loro sguardi s’incrociarono –Sono stato uno
sciocco, ho rischiato di perdere il tuo sorriso, la tua gioia, la tua…
-Non aggiungere altro- lo zittì –Sono
felice così- e a queste parole chiuse gli occhi e lo baciò.
Il capostazione
fischiò per l’ennesima volta chiedendosi se quel ragazzo avesse avuto
intenzione di salire o meno. Si avvicinò lentamente e solo quando era a pochi
metri dai due ragazzi capì.
–In carrozza!- urlò salendo sul treno.
Le porte del treno si chiusero, mentre il
fischio della locomotiva si perdeva in quell’alba di felicità.
FINE
E finalmente siamo giunti alla fine di questa storia. Spero che vi sia
piaciuta almeno un po’, e che vi abbia fatto vivere bei momenti. Questi
personaggi sono stati miei amici per più di un anno e devo confessare che, arrivata alla fine, mi commossi un
po’.
Ringrazio ancora una volta tutti coloro che hanno commentato
questa mia piccola storia e anche coloro che l’hanno soltanto letta.