Notti d'estate

di Naco
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** La voce ***
Capitolo 2: *** Una pessima mattinata ***
Capitolo 3: *** Litigi ***
Capitolo 4: *** Una magica notte stellata ***
Capitolo 5: *** Ritorno al passato ***
Capitolo 6: *** Gelosie ***
Capitolo 7: *** Carpe diem ***
Capitolo 8: *** Il dolce suono di un carillon ***
Capitolo 9: *** Il bacio ***
Capitolo 10: *** Un'assurda scomparsa ***
Capitolo 11: *** Incomprensioni ***
Capitolo 12: *** Cupidi del XXI secolo ***
Capitolo 13: *** Una sconvolgente verità ***
Capitolo 14: *** Notte d'estate ***
Capitolo 15: *** Un'alba di feliciità ***



Capitolo 1
*** La voce ***


Questa storia fu da me scritta fra l'estate del 2000 e il maggio del 2001

Questa storia fu da me scritta fra l'estate del 2000 e il maggio del 2001. Ho avuto molte perplessità sul pubblicarla o meno. Perché questa storia è una parte molto importante di me, una fetta della mia vita.

A quell'epoca stavo vivendo un periodo di forte depressione: uno di quei periodi in cui ti senti veramente una nullità, tanti interessi e nessuna vera attitudine, tanti amici, ma nessuno che per te sia veramente più di un amico, con cui poterti veramente lasciare andare, senza paura di sentirti criticare, qualcuno che ti ami…. Insomma mi sentivo praticamente inutile.

Fu in quel periodo che scoprì quello che poi sarebbe diventato il modo per sfogare le mie paure e incertezze: scrivere. Da quel momento in poi la scrittura ha sempre avuto un potere catartico su di me: mettere la parola "fine" a una storia, significava chiudere un capitolo triste e poter ricominciare di nuovo. Infatti, benché i protagonisti della mia storia siano tutti frutto della mia fantasia, i loro caratteri sono ben scolpiti nel mio cuore, ben presenti nelle persone che mi circondano. Questo è stato il mio primo vero racconto originale.

Alla fine tuttavia ho deciso di pubblicarla su questo sito. Il motivo è molto semplice: visto che per me scrivere questa storia ha avuto un effetto così catartico, spero che possa avere lo stesso effetto su di voi. Ed è proprio a coloro che si rispecchiano nei personaggi di questa semplice e dolce storia d'amore che dedico la mia storia.

Sono cosciente che come storia non è un granchè, che ci sono molti errori e alcuni personaggi sono sviluppati male e forse un giorno la modificherò. Ma non ho ancora trovato il coraggio di farlo, troppi ricordi mi legano a questa storia e, forse, quando mi farà meno male evocarli, allora potrebbe diventare una storia più bella di quella che oggi è.

Un ringraziamento particolare va a Giucchan e a Esteliel, che hanno letto in anteprima questa storia e che mi hannospinto a pubblicarla. E un saluto anche a Speedlink, in assoluto il primo lettore di questo racconto. 

Naco chan

 

NOTTI D’ESTATE

 

 

Io ti chiesi perché i tuoi occhi

si soffermassero nei miei

come una casta stella del cielo

in un oscuro flutto.

 

Mi hai guardato a lungo,

come si saggia un bimbo con lo sguardo,

mi hai detto poi, con voce gentile:

ti voglio bene, perché sei tanto triste

 

Hermann Hesse

 

 

LA VOCE

La luna piena brillava alta nel cielo stellato, sgombro da nubi. Il mare era calmo e solo il leggero increspare delle onde turbava il silenzio che regnava attorno a lei. D’un tratto alcuni passi attirarono la sua attenzione… si voltò… alla luce della luna lo intravide… guardò i suoi capelli, si perse nei suoi occhi profondi… cercò di chiamarlo, ma le parole le morivano in gola, mentre lui si allontanava per sempre… cercava di chiamarlo, di rincorrerlo, ma non riusciva né a parlare, né a camminare… La sua ombra era ormai lontana e sentiva i suoi occhi riempirsi di lacrime.…

   -Aiutalo, ha bisogno di te!- sentì una dolce voce dirle.

   –Chi sei? Cosa vuoi da me? Chi sei?- chiedeva, ma la voce sembrava non ascoltarla

   Aiutalo!- ripeteva –Ha bisogno di te… aiutalo! Ti prego…. Ha bisogno di te…. Ha bisogno di te…. Aiutalo…

 

Sabrina sapeva di star sognando. Era circa una settimana che quel sogno la perseguitava. Ogni volta cercava di non svegliarsi, di fermare quel ragazzo, di chiamarlo, di guardarlo negli occhi, di… e ogni volta il sogno le scorreva davanti, senza che lei potesse vedere in faccia quel volto che…

     Si sedette sul letto come per scacciare quel pensiero dalla testa. Guardò il cielo attraverso la finestra e sorrise, sicura che sarebbe stata una giornata fantastica. Scese dal letto e corse ad aprire la finestra per respirare a pieni polmoni la fresca aria dell’alba. Appoggiò i gomiti al davanzale, meditabonda.

   –Oggi accadrà qualcosa- disse a se stessa con sicurezza, ma per quanto cercasse di non pensarci, quel sogno continuava a tormentarla senza che riuscisse a capirne il motivo.

 

Quella mattina il mare era più bello del solito, tanto da sembrare magico. Era una sensazione bellissima e Sabrina sapeva di averla già provata quella stessa notte… Si era alzata che erano appena le 6.00 ed era silenziosamente scesa in cucina.

   Il mare era proprio di fronte alla sua abitazione e la tentazione la spinse a vestirsi in fretta e a correre su quella spiaggia che amava con tutta se stessa, soprattutto a quell’ora in cui non vi erano bagnanti… eppure un’ombra fra le acque attirò la sua attenzione.

   Si avvicinò all’acqua per vedere meglio; non si era sbagliata: qualcuno stava nuotando verso la spiaggia e man mano che si avvicinava alla riva, potè notare che si trattava di un ragazzo più o meno della sua età. Lo vide uscire dall’acqua e prendere un asciugamano.

   Sabrina rimase a fissarlo, chiedendosi chi fosse, dato che non l’aveva mai visto e perché avesse scelto un simile orario per nuotare.

   D’un tratto quel ragazzo sembrò accorgersi di lei.

   –Beh, che hai da guardare?- chiese freddamente – Sono per caso un fantasma?

   Sabrina sentì le sue guance arrossire –No… è che…- blaterò.

   -Cosa?- chiese avvicinandolesi.

   -No… è che non avevo mai visto nessuno fare un bagno alle 6.00 e a pensarci bene rischi di buscarti un’influenza se te ne vai vestito così a quest’ora!- rispose facendosi coraggio.

   -E sono forse fatti tuoi?- chiese brusco. I suoi occhi castani sembravano di ghiaccio mentre fissava quelli dolci e spaventati della ragazza. –Ci conosciamo per caso?

   -No, ma…

   -E allora impicciati degli affari tuoi, senza contare che la stessa domanda potrei fartela io!

   -Posso dirti tranquillamente perché sono qui! Ci vengo sempre quando sono preoccupata o spaventata per qualcosa!- rispose anche lei fredda. Ma chi credeva di essere quel tipo?

   -E dimmi sei preoccupata o triste? Hai fatto per caso un brutto sogno? Forse hai sognato che il tuo ragazzo ti piantava?

   -Io non ho il ragazzo e in ogni caso non sono fatti tuoi!

   -Me lo immaginavo: sei talmente brutta! Chi si metterebbe con uno sgorbio come te?

   Sabrina sentiva la rabbia esploderle nel cuore e gli occhi inondarsi di lacrime. Lo guardò negli occhi, ma non riuscì a sostenere il suo sguardo così freddo e scappò via. Ma chi credeva di essere quello? Che colpa ne aveva lei se era fatta così? Si sentiva una sciocca. Corse a casa sua e, senza far caso al rumore salì in camera sua e si gettò sul letto esausta chiedendosi perché proprio a lei fosse capitato di incontrare un tipo del genere.

 

Sabrina non poteva definirsi una ragazza bellissima, ma neanche brutta. Aveva splendidi occhi scuri e ricci capelli castani che portava lunghi sulle spalle. Era un tipo dolce e allegro, sempre pronta a portare il buonumore e ad aiutare quelli in difficoltà.   

   Benché fosse benvoluta da tutti per la sua spontaneità, aveva tuttavia pochissima fiducia in se stessa considerandosi egoista e superficiale. Era per questo motivo, continuava a ripetersi che Michele non l’aveva mai vista come più di un’amica. Del resto come avrebbe potuto un ragazzo così carino e simpatico innamorarsi di un tipo come lei? Quel ragazzo aveva perfettamente ragione anche se non si era certamente comportato come un gentiluomo. Si sentiva una bambina sciocca e l’unica cosa che la consolava era che, molto probabilmente, quella sarebbe stata l’unica volta in cui l’avrebbe visto.

 

 

 

Bene, ragazzi, eccoci finalmente alla fine del primo capitolo. So bene che è un po' piccolino e vi avverto che i prossimi due capitoli potrete trovarli anche un po’ noiosi, ma vedrete presto la storia si movimenterà! (almeno spero! ^^).

MI raccomando, commentate! Commenti e critiche costruttive, aiutano un autore a migliorare! ^_^

 

 

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Capitolo 2
*** Una pessima mattinata ***


UNA PESSIMA MATTINATA

UNA PESSIMA MATTINATA

Sabrina aprì gli occhi e il solleone l’accecò. Si coprì gli occhi con una mano e cercò la sveglia sul comodino.

   -Le nove?!- esclamò balzando in piedi, gli occhi ancora umidi di lacrime.

   Scese giù in cucina, ma già sulle scale la colpì un forte odore di caffè.

   –Molto strano, non è orario. Ci sono ospiti!- concluse a se stessa. 

   Corse in cucina, curiosa di conoscere l’identità del visitatore, ma sulla soglia si fermò di scatto.

   Seduto sulla sedia, mentre sorseggiava il caffè in compagnia dei suoi genitori e di un altro signore c’era… LUI!

   -B… buongiorno.- salutò.

   Tutti si voltarono per risponderle, meno che lui. Sabrina lo fissò e si sorprese che lui la stesse guardando. Continuò a sostenere il suo sguardo e gli andò incontro con gli occhi che lanciavano fiamme.

    Potresti almeno rispondere!- esclamò fredda.

   Lui la guardò indifferente –E perché? Ti conosco forse? Non so neanche il tuo nome! Io non saluto chi non si è prima presentato.

   -Si saluta per buona educazione non perché una persona si conosce o meno!

   La signora Mancini, notando la discussione che era nata fra i due giovani non potè fare a meno di intervenire.

   Ma allora vedo che già vi conoscete!- disse allegramente –Sabrina, lui è Alessandro; Alessandro, lei è Sabrina. Alessandro sarà nostro ospite per un po’ di tempo. Spero che possiate diventare amici…

    Aveva terminato la frase abbassando il tono della voce piena di perplessità. Non sapeva come i due ragazzi si fossero conosciuti, ma era ben evidente che tra loro non era scoppiato il classico “colpo di fulmine”. Guardò gli occhi di sua figlia e si stupì di trovarci tanto odio quanto mai avesse potuto immaginare potesse provare.

 

Il campanello squillò quando Sabrina aveva appena terminato la sua colazione. Corse ad aprire, contenta di uscire da quella stanza divenuta all’improvviso così asfissiante. 

   Da quando era scesa in cucina, lei era stata costretta a restare lì e a sentir parlare sempre e solo di Alessandro.

   Aveva così scoperto che lui era originario di Cagliari e che aveva intrapreso gli studi scientifici, raggiungendo sempre i massimi voti. Era tuttavia un ragazzo chiuso e taciturno e i genitori avevano deciso di mandarlo per un po’ di tempo lontano dal suo ambiente, perché si aprisse di più agli altri. Lo zio, che era un vecchio amico di università di suo padre, gli aveva quindi chiesto se avrebbe potuto ospitarlo “finché non fosse diventato più espansivo”. Praticamente volevano liberarsi di lui per sempre, pensò subito Sabrina.

   Il campanello squillò una seconda volta e Sabrina si offrì di andare ad aprire –Che pessima giornata!- si ritrovò suo malgrado a pensare.

   -Cosa ti è successo Sabrina? Hai l’aria stravolta!- chiese preoccupata Valentina, la sua migliore amica, quando questi entrò ed ebbe notato il volto pallido e stanco dell’amica.

   Valentina era la sua più cara amica dai tempi delle medie. Benché avessero scelto indirizzi diversi, Sabrina il liceo classico, Valentina lo scientifico, la loro amicizia continuava ad essere forte. D’estate passavano tutto il tempo insieme ai loro amici della “summer band” –come avevano deciso di chiamarsi benché, in effetti, si incontrassero sia d’estate sia in tutte le altre stagioni.

   A quella domanda Sabrina non riuscì a resistere e fra le lacrime iniziò a raccontarle tutto ciò che era accaduto quella mattina, mentre l’amica pensierosa la lasciava sfogare fra le sue braccia.

   Guardò verso la cucina e sorprese Alessandro che le osservava impassibile.

   Valentina gli rispose con uno sguardo gelido.

   –E’ lui?- chiese infine.

   -Si - rispose guardando nella sua direzione –non so cosa fare. Mia madre vorrebbe che lo presentassi agli altri, ma io non voglio neanche parlargli.

   -Non puoi farci nulla, anzi prima lo fai prima finirà. Sai che facciamo? Io vado a riunire gli altri per un’assemblea straordinaria e tu fra un po’ lo porti da noi. Ok? Ci vediamo.- disse e uscì.

   Sabrina si asciugò gli occhi e tornò in cucina, decisa a fare come le aveva suggerito Valentina.

   -Coraggio- si disse –Male che vada mi dirà qualche brutta parolaccia.

 

-Alessandro posso parlarti?- gli chiese infine trascinandoselo dietro senza aspettare la sua risposta.

   Arrivarono in soggiorno, nonostante il ragazzo tentasse in tutti i modi di divincolarsi.

   –Insomma cosa vuoi da me?- chiese spazientito quando lei lo lasciò.

   -Ascoltami bene- disse Sabrina. I suoi occhi erano talmente seri che Alessandro non ebbe il coraggio di interromperla –Tralasciando quello che è successo stamattina, e non voglio neanche più pensarci, devo comunque dire che sei un ospite, perciò ho il dovere di essere gentile con te. Ho promesso a tuo zio che ti avrei aiutato ad ambientarti, quindi ho deciso di… di venirti incontro. L’unico modo che conosco per farti socializzare qui è di presentarti gli altri componenti della “summer band”.

   -Summer band?

   -Siamo un piccolo gruppo di ragazzi e ragazze, dei quali faccio parte anch’io. Scegliti da solo gli amici, chi ti sarà più simpatico, chi meno. Questo è tutto quello che posso – e voglio- fare per te.

   -D’accordo - rispose accondiscendente – Ma sia ben chiaro non voglio che t’intrometta più nelle mie faccende, ok?

   -D’accordo - rispose seria –Adesso, coraggio, vieni con me.

 

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Capitolo 3
*** Litigi ***


LITIGI

LITIGI

La “summer band” non era una vera e propria band, ma un nome che un gruppo di ragazzi, più o meno della stessa età., volle darsi per “distinguersi dai soliti bagnanti”.

In realtà, infatti, erano solo amici che amavano passare del tempo insieme, in estate come in inverno. Sia Valentina che Sabrina facevano parte della band, anche se la prima ad esserci entrata era stata Valentina; ad invitarla era stato Marco, un amico che conosceva da anni. Era stata lei a convincere Sabrina ad entrare.

Potrai vedere Michele - le aveva detto per convincerla – Lui è un veterano!

Dopo il loro ingresso nella band, altri ragazzi vi erano entrati e tutti erano stati accolti calorosamente.

–Più siamo meglio è!- diceva sempre Michele.

Quando Sabrina aveva presentato Alessandro ai suoi amici, tutti si erano prodigati nel rendere il suo ingresso il più piacevole possibile, ma fu un’impresa ardua, benché Valentina li avesse “psicologicamente” preparati.

-Alessandro, questi sono i membri della “summer band”: Valentina, Michele, Marco, Paola, Gaetano, Andrea… Ragazzi lui è Alessandro e sarà per qualche tempo ospite a casa mia. I miei mi hanno chiesto di farlo essere uno dei nostri - terminò Sabrina rincuorata per aver terminato il suo ingrato compito.

-Certo! - esclamò Michele sorridente – Spero che ti troverai bene con noi.

Michele era un ragazzo allegro e divertente, sempre pieno di vita. La tristezza poche volte si era permessa di intaccare la sua gioia e Sabrina amava la sua spontaneità, i suoi occhi vispi e intelligenti, i capelli ricci e la sua dolcezza, quando cercava di aiutare qualcuno a tutti i costi. Era il cuore della “summer band”, oltre che della sua classe. Tutte le ragazze lo ammiravano, ma lui le trattava tutte in egual misura, anche se provava per Sabrina una tale amicizia che non mai aveva esitato ad aiutarla.

Come Sabrina aveva immaginato, Alessandro non rispose ma si limitò ad annuire debolmente con il capo e il suo sguardo era talmente distaccato che nessuno trovò il coraggio di chiedergli qualcosa di più sui suoi amici o sulla sua famiglia.

Alessandro, dal canto suo, aveva accettato di seguire Sabrina solo perché gli era sembrato giusto. La sua voce gelida, i suoi occhi fiammeggianti, il suo odio l’avevano profondamente colpito. Nessuno, dopo quel che era successo aveva osato parlargli così o anche solo alzare la voce in sua presenza. Ma a Cagliari era diverso: lì nessuno sapeva nulla e lui era un ragazzo come tutti gli altri.

E quella ragazzina, quella mattina…. Chi le aveva detto di farsi i fatti suoi? Aveva fatto bene, si disse, a trattarla male.

Ora che l’aveva assecondata, aveva compiuto il suo dovere e quindi ora, sperava, l’avrebbe lasciato in pace, deciso più che mai a starsene da solo. Non avrebbe fatto amicizia con quegli sciocchi, decise, e nessuno gli avrebbe fatto cambiare idea.

I ragazzi della “summer Band” comunque avevano capito subito ciò che Alessandro volesse. Avevano tentato più volte di coinvolgerlo, ma visto il suo rifiuto decisero di cambiare idea, sentendo una gran pena per Sabrina che dove subirselo anche a casa.

Per Sabrina, infatti, la situazione era ben diversa: lei, nonostante cercasse di evitarlo il più possibile, chissà come mai, se lo ritrovava sempre davanti. Ogni volta che lo vedeva il sangue le ribolliva dall’odio e perciò ogni volta che parlavano finivano sempre per litigare.

-Mi passerebbe il pane? - chiese Alessandro una mattina.

La signora Mancini gli passò una michetta senza aspettarsi quel “grazie” che chiunque altro avrebbe detto: ormai aveva capito come era fatto e che soprattutto non sapeva ringraziare. Dopo tutto era ancora troppo presto per vedere dei miglioramenti…

-Perché non ringrazi? - chiese Sabrina vedendo che sua madre taceva – La lingua per criticare gli altri c’è l’hai, perché non la usi anche per ringraziare?

I coniugi Mancini si guardarono stravolti: una nuova lite stava per scatenarsi.

-Non mi rispondi eh? - incalzò notando il silenzio del ragazzo – Tu sai solo criticare e parlar male degli altri. Capisco perché i tuoi genitori ti abbiano mandato qui. Se anche a casa tua ti comporti in questo modo, non mi meraviglierei se tu a Cagliari non avessi amici. A proposito li hai? - chiese in tono canzonatorio.

Alessandro continuò a mangiare senza neanche alzare lo sguardo.

-Mi vuoi rispondere? - chiese buttandogli il tovagliolo in faccia.

-Calmati Sabrina! - cercò di fermarla la madre.

-No, mamma sono stanca: sono quindici giorni che questo maleducato vive in casa nostra e non ha ancora imparato le buone maniere. Perché non gli dite niente? - poi rivolta ad Alessandro –Quanto a te, quando faccio una domanda pretendo una risposta: li hai o no a Cagliari degli amici?

-Per favore Alessandro rispondi!- lo implorò la signora Mancini.

-Si, ne avevo uno ed è partito per Roma mesi fa, anche se non era certamente il massimo.

-Perché tu ti reputi il massimo, vero?

-Sempre meglio di quella tua sciocca “summer band”!

-Se permetti gli amici me li scelgo io, tu impicciati dei tuoi!

-Ah tu parli di non impicciarsi? Ma se sei proprio tu a cercare di immischiarti in quelli degli altri?

-Io ho parlato solo nel tuo interesse! Tu invece lo fai per ripicca!

-Basta, con te non voglio più discutere, sei solo una sciocca e una ficcanaso.

-Sempre meglio essere ficcanasi che noiosi e scontrosi!

-Noioso? Può darsi. Scontroso? Si, con i tipi come te! Mi sono scocciato, io esco!- disse e uscì dalla stanza.

Sabrina sentì la porta sbattere e il suo cuore si riempì di rabbia. Mai per nessuno aveva provato tanto odio e mai nessuno l’aveva innervosita così tanto. Lo odiava.

Anche Alessandro provava per lei gli stessi sentimenti, ma per motivi diversi: detestava la sua curiosità e soprattutto la sua allegria, che manifestava quando incontrava i suoi amici e un po’ la invidiava. Non riusciva proprio a capire perché Valentina e gli altri le dicessero sempre "Sei unica!" quando diceva una battuta o faceva qualcosa in particolare. Cosa aveva di tanto unico che altre ragazze non avevano? Non ricordava -e forse non voleva - che anche lui aveva provato la gioia che odiava tanto in Sabrina e che da quando il suo cuore si era indurito, aveva perso tutti i suoi vecchi amici.

E odiava soprattutto Michele: come faceva ad essere sempre così allegro e disponibile? Gli sembrava che l’avesse con lui e volesse dirgli “Tu non sai cos’è la gioia. Non servi a niente!” e non riusciva più a sopportarlo.

Nessuno lo sopportava, né lui sopportava gli altri: Alessandro avrebbe voluto andarsene e gli altri, soprattutto Sabrina, dal canto loro avrebbero desiderato che fosse partito all’istante. La situazione era diventata insostenibile.

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Capitolo 4
*** Una magica notte stellata ***


UNA MAGICA NOTTE STELLATA

UNA MAGICA NOTTE STELLATA
-Esco anch'io! – esclamò allora Sabrina, la rabbia che le ribolliva dentro.
La signora Mancini guardò i due posti vuoti sospirando.
La situazione era insostenibile: non poteva rimproverare Alessandro sia perché era un ospite, sia perché non poteva farlo, e non poteva neanche biasimare sua figlia, perché aveva pienamente ragione. Avrebbe tanto voluto capire come i due giovani si fossero conosciuti per aiutare sua figlia a tornare spensierata come lo era prima, ma anche con lei aveva eretto un solido muro.
Anche Valentina era preoccupata per quello che stava accadendo e ne aveva parlato con lei per trovare una soluzione, ma se i due ragazzi non collaboravano, era tutto inutile.
-A cosa pensi? – le chiese suo marito, che in realtà aveva i suoi stessi pensieri.
-A Sabrina ed Alessandro. Mi preoccupano, i loro rapporti peggiorano di giorno in giorno. Mi chiedo se abbiamo fatto bene a…
-… a ospitarlo in casa nostra?… Maria, cosa dici? E proprio tu poi? Era… nostro… tuo… dovere. Non potevamo rifiutare. L’abbiamo promesso…!
-Hai ragione. Comunque anche Valentina e tutti gli altri sono preoccupati. Se solo trovassimo il modo per…
Il telefono squillò e il signor Mancini andò a rispondere. Restò circa dieci minuti al telefono e quando tornò in cucina il suo volto preoccupato aveva lasciato spazio ad un sorriso.
–Cara, abbiamo risolto il problema.

-Cosa? Dobbiamo restare da soli per tre giorni?!- esclamarono all’unisono Sabrina e Alessandro, visibilmente disgustati all’idea –Ma perché?
-Perché- spiegò il signor Mancini –io e Maria siamo stati invitati da alcuni amici a trascorrere tre giorni in campagna per la notte di San Lorenzo e non abbiamo potuto rifiutare.
-Ma non potrei venire con voi?- chiese Sabrina in tono supplichevole –Dopotutto sono vostra figlia!
-Non dire sciocchezze!- controbatté la madre –Alessandro è un nostro ospite, non possiamo lasciarlo completamente solo!
-Ma per me non ci sarebbero problemi…
-Senza contare che per tre giorni il mondo non casca!- continuò la donna, ignorando la protesta del ragazzo –Quindi siamo d’accordo. Noi partiremo domattina. Ok?
-Si- risposero ambedue, anche se più che una domanda era sembrato un ordine. Si guardarono disperati: come avrebbero fatto per tre lunghissimi giorni a sopportarsi a vicenda? Si consolarono pensando che almeno avrebbero potuto cercare di stare fuori casa il più a lungo possibile.
Tanto, pensò Sabrina, c’erano Valentina e la “summer band”…

-Devi… devi andare in vacanza con i tuoi!!!- aveva urlato Sabrina quasi sul punto di scoppiare in lacrime, quando Valentina le aveva raccontato che anche i suoi genitori, come tutti gli anni, avevano deciso di andare dai nonni in campagna per godersi le stelle lontano dalle luci della città.
-Come ogni anno, te ne eri dimenticata?
-E’ vero!- aveva piagnucolato quando si era ricordata la verità –E io che avevo sperato di passare il tempo con te!
-Non preoccuparti, Sabrina tanto ci sono gli altri della “summer band”!- aveva cercato di consolarla Valentina.
“Ma non è la stessa cosa senza di te!” stava pensando in quel momento Sabrina, mentre osservava il cielo, seduta in cortile sulla sedia sdraio preferita di suo padre, cercando di intravedere qualche stella cadente per esprimere un desiderio, magari quello che Alessandro se ne andasse il più presto possibile.
Era il secondo giorno che i suoi genitori erano partiti e la tristezza cominciava a farsi sentire. Senza Valentina non era la stessa cosa e lei lo sapeva: benché gli altri avessero cercato di tirarle su il morale, non ci erano riusciti.
Le estati precedenti era stato diverso: non aveva avuto un ragazzo con gli occhi di ghiaccio che non sapeva ringraziare e che la trattava male, né i suoi genitori erano partiti per una vacanza. Si sentiva sola, nonostante sentisse che i suoi amici le volevano bene. Ma non le bastava, sentiva che mancava qualcosa nella sua vita e ora più che mai riusciva a percepirlo, anche se non capiva cosa fosse.
–Ma perché Alessandro è così? Se fosse stato un altro…- bisbigliò a se stessa, mentre una stella cadeva dal cielo, ma Sabrina era talmente presa nei suoi pensieri e ormai nel dormiveglia che non se ne accorse.

Quando aprì gli occhi Sabrina si accorse di essersi addormentata sulla sedia sdraio e che aveva passato la notte all’aperto. Si alzò infreddolita e corse in casa a prepararsi una buona tazza di latte caldo. Sentì i passi di Alessandro giù per le scale ma non si scompose: da quando i suoi erano partiti, non si erano mai rivolti la parola e quella volta non fece eccezione.
Alessandro terminò la sua colazione e senza dire una parola uscì.
Sabrina terminò la sua colazione, si cambiò e uscì anche lei per raggiungere gli altri con la tristezza nel cuore.
-Coraggio Sabrina, sta allegra! Oggi è l’ultimo giorno! E poi ci siamo noi no?- cercò di consolarla Paola.
-Già- rispose soprappensiero.
Si sentiva stanca, la testa le scoppiava e perciò decise di tornare a casa e starsene un po’ da sola. Non salutò nessuno, convinta che non si sarebbero accorti della sua assenza. E invece, quando ormai si era allontanata di qualche metro si sentì chiamare. Era Michele.
-Sabrina dove vai?- chiese.
-Torno a casa. Oggi mi sento poco bene e non riesco a divertirmi.
Michele la guardò negli occhi e la scoprì mortalmente pallida e triste, come mai l’aveva vista.
–Posso accompagnarti a casa? Sei pallida, non mi piaci proprio!
-Sei gentile, ma preferisco andarci da sola.
-Sei sicura?- chiese preoccupato.
-Certo, va pure a divertirti con gli altri!
-Come vuoi!- disse allontanandosi poco convinto. Sabrina lo vide allontanarsi e sorrise. Michele era sempre lo stesso. Voleva bene a tutti, era gentile, simpatico e spiritoso. Beata la donna che l’avrebbe sposato.
S’incamminò verso casa lentamente mentre la sua mente vagava lontano. Era talmente assorta che non si era neanche accorta che le bianche e leggere nubi che fin dalla mattina avevano coperto il cielo, si erano trasformato in minacciosi nuvoloni scuri. Il vento aumentò d’intensità e i tuoni si fecero sempre più forti.
Sabrina si destò dai suoi pensieri solo quando le prime gocce iniziarono a bagnarle il volto. Alzò gli occhi al cielo e si accorse dell’imminente temporale. Iniziò allora a correre disperatamente verso casa con i vestiti inzuppati d’acqua, mentre la pioggia aumentava sempre più d’intensità.
Giunse a casa ormai fradicia. Aprì velocemente la porta e solo quando si trovò al caldo in casa, potè tirare un sospiro di sollievo. Si sentiva stanca e infreddolita e sentiva una grande voglia di addormentarsi.
“Sarà meglio che salga in camera” pensò e s’incamminò attraverso il soggiorno barcollando e con fatica iniziò a salire i primi gradini che portavano al secondo piano. Ma la scala sembrò non finire mai e Sabrina sentiva che non aveva più energie. Le forze la stavano lentamente abbandonando e tutt’a un tratto non vide più niente davanti a lei, solo il buio.

Era da tanto tempo che non lo sognava e le faceva uno strano effetto rivederlo, rivedere quella spiaggia, quella luna, quel ragazzo dopo tanti giorni in cui non aveva fatto altro che pensare alle parole di Alessandro.
Era qualcosa di magico, d’irreale rivederlo. E lo chiamava, lo chiamava con il cuore in gola, cercava di fermarlo, di chiedergli chi fosse.
–Aiutalo- ripeteva la voce –Aiutalo, ha bisogno di te!- Chi sei? Continuava a chiedere, senza ricevere una risposta. Eppure c’era qualcosa di diverso in quel sogno. Qualcuno la chiamava… una voce che lei conosceva… che conosceva bene… e se fosse stata la sua?
Aprì gli occhi lentamente ancora intontita. Si guardò intorno apatica, come se non sapesse dove fosse. D’un tratto incrociò due occhi che la guardavano sorridenti
–Alessandro!- esclamò con voce flebile.
Alessandro le sorrise e lei notò che era molto più carino quando sorrideva
–Ben svegliata!- disse –Mi stavi facendo preoccupare. Non facevi altro che urlare “non te ne andare”. Hai fatto un brutto sogno?
Sabrina arrossì leggermente. Già, anche sua madre le aveva più volte chiesto se avesse fatto un brutto sogno e cosa significassero quelle parole. Ma lei non poteva raccontare quel sogno a nessuno, era parte di lei, così annuiva mentendo. E così fece anche quella volta.
D’improvviso si rese conto che era nella sua stanza. Guardò Alessandro con tono interrogativo sedendosi al letto.
–Ma cosa ci faccio qui? Io ero… ero… dov’ero?
Alessandro sorrise –Ero in spiaggia quando ha iniziato a piovere e così ho deciso di tornare a casa. Quando ho aperto la porta ti ho visto svenuta per le scale. Accidenti mi hai fatto prendere un bello spavento! I tuoi vestiti sono là, erano completamente fradici.
-I miei vestiti?- chiese arrossendo violentemente. -Ma…
-Calma calma! Nell’armadio ho trovato quella vestaglia- disse indicandola. Lei abbassò lo sguardo e notò che aveva la vestaglia che usava la sera quando andava a letto –Non potevo lasciarti tutta fradicia, no? E in ogni caso… avevi… hai il costume…!
Sabrina sorrise e notò che anche lui era arrossito. Improvvisamente vide la stanza girare velocemente e cadde all’indietro. Alessandro le toccò la fronte e le aggiustò le coperte.
–Stai tranquilla per un po’, non ti ho detto che hai qualche linea di febbre. Tu devi essere completamente impazzita: prima ti stai tutta la notte all’aperto, poi te ne vai in giro sotto la pioggia!
-Non sono pazza!- cercò di controbattere con voce flebile. Non voleva litigare dato che non aveva forze, né tanto meno voglia: il comportamento di Alessandro l’aveva talmente colpita da lasciarla senza parole.
-Vado a prenderti qualcosa da mangiare, avrai fame- disse e uscì dalla stanza senza darle neanche il tempo per rispondere.
Sabrina aveva voglia di pensare, di capire ma sentiva la testa pesante. Lentamente sentì che anche le forze che aveva recuperato, la stavano abbandonando trasportandola nuovamente nel mondo dei sogni.

Quando Alessandro aprì la porta trovò Sabrina nuovamente addormentata. Appoggiò il vassoio sulla scrivania e si sedette accanto a lei per osservarla.
Guardò il suo viso addormentato e le accarezzò i morbidi capelli castani. Chiuse gli occhi e ripensò al colloquio che aveva avuto con Michele.
Quando aveva detto a Sabrina che era tornato a casa mentre iniziava a piovere, aveva mentito. In realtà erano stati gli altri della “summer band” a costringerlo a tornare a casa pieno di pensieri.
L’avevano fermato sulla spiaggia, accerchiandolo, in modo che non potesse scappare. In fondo era stato meglio che Sabrina era andata a casa, così loro avrebbero potuto parlare con Alessandro e costringerlo a cambiare comportamento nei suoi confronti: era evidente che quella situazione la faceva star male. Nessuno di loro voleva vedere Sabrina soffrire. Soffriva già troppo per Michele e bastava quello oltre a quella famosa faccenda che nessuno, soprattutto lei, avrebbe mai dimenticato.
A nessun membro della “summer band” era ignoto che a Sabrina piacesse Michele, tranne, naturalmente, al diretto interessato. Benché Sabrina lo amasse dal profondo del cuore non aveva mai provato gelosia nei confronti delle ragazze con cui era stato, anzi quando Michele aveva deciso di lasciare Marika per mettersi con Valeria, lei aveva cercato in tutti i modi di salvare la loro storia, offrendosi persino di andare a parlare con lui. Era questa la qualità che amavano in lei.
“Amare vuol dire voler bene a qualcuno e non esserne gelosi. Se io gli voglio bene veramente, non devo provare gelosia, ma essere felice se lui lo è. Oltretutto chi sono io per provare gelosia? Lui mica mi ama! Amare è condividere la felicità dell’altro. Questo è amore” diceva sempre Sabrina quando le chiedevano perché continuasse ad amare Michele nonostante tutto.
Così quando avevano visto Alessandro che camminava sulla spiaggia, avevano capito di aver trovato il momento giusto per parlargli.
-Che volete?- aveva chiesto in modo scontroso.
-Parlarti.- aveva risposto serio Michele –Parlarti di Sabrina.
-Io non ho nulla da dirvi soprattutto su di lei! E ora lasciatemi andare!
-No!- aveva controbattuto Gaetano, prendendolo per la maglia, cosa che faceva sempre quando perdeva le staffe, cosa che in realtà accadeva fortunatamente, molto di rado –Siamo stufi, hai capito, stufi! Ti odiamo, ti odia Sabrina, ti odiano i suoi genitori, ti odiamo tutti! Per colpa tua Sabrina è cambiata, è sempre pallida e triste e arrabbiata. Cosa le hai fatto?
-Pallida e triste? Ma se con me non fa altro che urlare!
-Ti sbagli- s’intromise Michele –tu non la conosci, è normale che parli così. Devi sapere che Sabrina, nonostante sia sempre una ragazza forte, è molto insicura e se qualcuno la critica per qualcosa, ci rimugina su, chiedendosi sempre in cosa ha sbagliato e si cruccia perché è fatta così. Ha paura di sbagliare, anche nelle cose più semplici. Ti preghiamo, t’imploriamo, falle le tue scuse se le hai fatto qualcosa o ritira quello che le hai detto, o si ammalerà a furia di pensarci! Non abbiamo altro da dirti- aveva terminato e il gruppo in poco tempo si era diradato e dopo pochi secondi era rimasto solo con i suoi pensieri.
Ma perché Sabrina era così amata da tutti i suoi amici? Cosa aveva di speciale per renderla tanto unica? Quasi senza accorgersene aveva iniziato a camminare verso casa curioso di scoprire cosa rendesse magica quella ragazza. Quando aveva aperto la porta il temporale si era già scatenato violentissimo. Era ancora scosso quando entrato in casa, si era guardato in giro cercandola. Ma poi l’aveva vista, là svenuta per le scale che conducevano al secondo piano.
–Sabrina!- aveva urlato precipitandosi a soccorrerla. Per un attimo una paura fole si era impadronita di lui. No, non di nuovo! Tutto ma non quello! Le aveva toccato la fronte, l’aveva sentita bollente e si era accorto immediatamente che era fradicia. L’aveva presa fra le braccia e l’aveva condotta nella sua stanza. Non senza imbarazzo le aveva tolto gli abiti fradici e l’aveva coperta con una vestaglia che le aveva visto spesso indossare.
Restò a guardarla mentre dormiva e solo allora per la prima volta si rese conto che Sabrina era carina. La sua pelle era rosea e i capelli sembravano cioccolata. I lineamenti erano dolci, come non li aveva mai visti. La scoprì… diversa e iniziò a chiedersi come mai una ragazza così carina, simpatica e amata da tutti potesse avere poca fiducia in se stessa.
Aveva avuto ragione Michele quando gli aveva detto che lui non la conosceva per niente. Quella era stata la prima volta in due settimane che avevano avuto una conversazione normale e forse era colpa sua. Non era questione di quell’incidente. Era così e basta.

Quella mattina Sabrina si svegliò che era appena l’alba. Si toccò la fronte convinta di aver sognato tutto e si guardò in giro. Rimase molto sorpresa quando vide Alessandro su una sedia accanto a lei appisolato. Sorrise, contenta di non aver sognato tutto e decise di alzarsi, poiché sentiva che le forze le erano tornate.
Guardò ancora una volta Alessandro chiedendosi se a mente più lucida avrebbe potuto indovinare la causa del cambiamento del ragazzo. Il suo sguardo cadde sulla sedia su cui aveva appoggiato i suoi indumenti bagnati e arrossì prima di decidersi a scendere dabbasso.
Giunse in cucina e, con la mente ancora rivolta verso Alessandro, aprì la portafinestra che dava sul giardino pieno di pini e aranceti respirando a pieni polmoni l’aria fresca dell’aurora. Gli alberi ricoperti da una leggera brina luccicavano a quel leggero chiarore, creando intorno a lei un’atmosfera magica. Sabrina guardò quel cielo estasiata e lentamente girò lo sguardo fino ad incrociare la sfera rossa solare nascente dall’acqua del mare, colorandolo di soffici tonalità fra il giallo e il rosa pallido.
Rimase a fissare quello spettacolo che ormai conosceva a memoria, ma che ogni volta le dava la stessa, magica sensazione.
-Cosa ci fai qui fuori?- sentì una voce chiederle alle spalle.
Si voltò di scatto e sorrise –Alessandro! Mi hai spaventata!
-Scusami non volevo, ma ti conviene rientrare se non vuoi riammalarti!
-Non preoccuparti ora sto bene. Piuttosto… - abbassò lo sguardo e giocherellò con le dita prima di dire –ieri non ho avuto modo di ringraziarti per quello che hai fatto per me. Sei stato davvero molto gentile.
-Non devi ringraziarmi, ho fatto solo il mio dovere. E poi….
-E poi…?
-Poi… dovevo farmi perdonare per come ti ho trattato quella mattina… sono stato scortese nei tuoi confronti… scusami.
Sabrina non seppe cosa dire, non ancora abituata al cambiamento di Alessandro.
–Non devi scusarti- disse infine –è stata colpa mia… non mi dovevo immischiare nella tua privacy. Il problema è che sono troppo curiosa! Cosa posso farci? Sono fatta così!- esclamò sorridente –Ma…- continuò mentre i suoi occhi luccivano maliziosi –giusto che siamo in tema… non è che puoi dirmi cosa facevi là a quell’ora?
Alessandro la guardò e scoppiò a ridere così forte che gli vennero le lacrime agli occhi. Ma quelle lacrime non erano, come invece credeva Sabrina, lacrime derivanti da una risata esagerata, ma era qualcosa di più.
Stava ridendo! Ridendo come non faceva da tempo. Proprio lui che aveva giurato che non avrebbe mai più riso e che non avrebbe mai più stretto amicizia con qualcuno rischiando di perderla! Cominciava proprio a capire cosa rendesse quella ragazza tanto speciale.
Sentirono il motore di un’auto avvicinarsi e dopo poco tempo videro una Tipo posteggiare davanti al cancello. La portella si aprì e Sabrina vide sua madre uscire e andarle incontro.
-E allora?- chiese la signora Mancini quando vide i due ragazzi insieme –Come sono andati questi tre giorni?
-Divinamente!- rispose Sabrina incrociando lo sguardo del ragazzo.
Il volto della signora Mancini s’illuminò dalla gioia -Davvero! Oh come sono felice! Carlo hai sentito? Come sono felice! No, non voglio saper com’è andata, l’importante è che adesso siate amici. Su, venite dentro a festeggiare!- esclamò precedendoli in casa.
-Ah a proposito!- sembrò ricordarsi d’un tratto la signora Mancini, facendo sbucare la testa dalla portafinestra –Da Giulio ho incontrato Valeria, la tua amica e ha detto che sarebbe davvero felice di rivedere te e gli altri!
Alessandro guardò Sabrina per chiederle chi fosse quella ragazza, ma non riuscì a farle alcuna domanda. I suoi occhi avevano perso tutta la loro gioia ed era impallidita di colpo.
Alessandro la guardò stupito e si chiese quale fosse il motivo di un tale cambiamento.



Eh, sì, devo dire che con questo capitolo il periodo di noia è finito e inizia la storia vera e propria! Mi scuso per aver creato capitoli così noiosi! (però erano piccolini, vero? ^_^ Mentre questo è stato più lungo e, credo, più divertente!). Quando creai la storia, non mi resi conto di questo squilibrio interno! Eh sì, devo dire che pubblicarlo mi aiuta a capire meglio gli errori commessi.
Ringrazio anticipatamente tutti coloro che leggeranno e commenteranno (o leggeranno solo) questa mia storia. Grazie di cuore a tutti!

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Capitolo 5
*** Ritorno al passato ***


RITORNO AL PASSATO

RITORNO AL PASSATO

Quella mattinata non avrebbe potuto essere più strana, pensava Alessandro mentre beveva il suo caffelatte e non aveva tutti i torti.

   Se da un lato i genitori di Sabrina erano al colmo della gioia perché lui e Sabrina erano diventati amici, dall’altro la ragazza non sembrava condividere la loro gioia, anzi, sembrava quasi che volesse alzarsi e urlare di piantarla e di tacere.

   Continuava a guardarla con la coda dell’occhio e si chiese come mai quel nome, Valeria, l’avesse così spaventata. Avrebbe tanto voluto chiederglielo, ma sapeva di non avere il coraggio di farlo, eppure sentiva che non doveva lasciarla in quello stato, che doveva fare qualcosa.

   Quando la vide alzarsi e salire in camera sua per cambiarsi per andare al mare, capì che era giunto il momento opportuno.

   Si alzò da tavola con un semplice –Vado a farmi una doccia- come scusa, percorse il salotto correndo, salì le scale e si diresse verso la stanza di Sabrina, ma giunto davanti alla porta della sua stanza, ebbe paura di bussare.

   Solo i singhiozzi di Sabrina che sentiva provenire dalla stanza, gli diedero il coraggio di farlo.

    –Sono Alessandro- aggiunse sperando che avrebbe aperto.

   A quelle parole magicamente la porta si aprì e Alessandro vide gli occhi della ragazza pieni di lacrime.

   -Cosa c’è?- chiese con tono preoccupato e persino Sabrina nell’ascoltare quelle parole ne rimase colpita.

   Cosa c’era che non andava? C’era che rischiava di rivivere un passato per lei doloroso, di ricordare ciò che avrebbe tanto voluto dimenticare, ecco cosa c’era. Ma non riuscì a dire niente perché aveva troppa paura di ricordare, di rivivere…

   Guardò gli occhi di Alessandro, così dolci, rassicuranti e preoccupati e, senza accorgersene, si ritrovò a piangere fra le sue braccia.

   Alessandro la strinse forte, incerto se fargli quella famosa domanda. Sentì le sue lacrime bagnargli la mano mentre le accarezzava una guancia, e solo allora si decise:

   –Sabrina… cosa c’è? Perché quel nome ti ha tanto scossa?  Dimmi cosa c’è!

   Sabrina alzò lo sguardo verso di lui e nonostante tutto sorrise: non si era ancora abituata a quel cambiamento e a dirla tutta non ci credeva ancora. Si staccò da lui e si andò a sedere sulla punta del letto, mentre Alessandro prendeva posto sulla sua sedia preferita.

   -Tutto è cominciato tre anni fa- iniziò asciugandosi gli occhi con una mano – Quell’estate arrivò una nuova ragazza nella “summer band”, Valeria, appunto. Era una ragazza molto bella, alta, dai lunghi capelli rossi e gli occhi di un verde che faceva quasi paura. Ma era quello sguardo, talmente misterioso, che affascinava i ragazzi e in particolar modo Michele. Tu lo conosci no? La sua allegria è contagiosa e ben presto Valeria s’invaghì di lui e, nonostante fosse più grande di lui di due anni si misero insieme. Per lei lasciò persino Marika. Tu non la conosci, ma era una ragazza fantastica, dolce e amica di tutti. Fece parte della “summer band” solo quell’anno. Quando Michele decise di lasciarla per Valeria, lei abbandonò il gruppo e da allora l’ho vista qualche volta in giro, ma ogni volta che mi vede cerca di evitarmi. Poverina, è da parecchio che non la vedo più.

   Tornando a Valeria, come ti ho detto, si misero insieme. Ma Valeria non era la dolce ragazza che voleva farci credere. Quei suoi occhi felini nascondevano un’altra natura. Una natura ribelle, violenta, aggressiva… e trasgressiva. Ben presto, infatti, tutti quanti ci accorgemmo che Michele stava perdendo tutta la sua allegria, la sua gioia, i suoi occhi avevano perso quella lucentezza che… che…

   -… che ti aveva fatto innamorare- terminò Alessandro.

   Sabrina lo guardò negli occhi, sicura che avrebbe capito –Esatto- disse annuendo –All’inizio ne parlai con Valentina, chiedendomi se fosse stata soltanto una mia impressione. Anche Valentina aveva avuto la stessa sensazione e capì che non era soltanto la nostra fantasia. Lei vuole bene a Marco e quindi la sua impressione, diversamente dalla mia, era oggettiva. Ne parlammo con gli altri e scoprì che anche loro erano d’accordo. Capimmo subito che la colpevole di tutto era Valeria, così una sera ci dividemmo in gruppi decisi a spiarli - Sabrina inghiottì e proseguì –E scoprimmo il vero mondo di Valeria... non discoteche e spinelli. Ma alcolici e droghe vere, notti intere a… a…- Sabrina non riuscì più a continuare, le lacrime le scendevano lungo le guance e gli occhi che guardavano lontano, su quella spiaggia, quella notte, mentre Michele e Valeria… 

   -Capimmo subito che dovevamo fare qualcosa. Così la mattina seguente prendemmo Valeria da parte e la costringemmo ad andarsene e a lasciare in pace Michele, ma ben presto scoprimmo che si vedevano di nascosto. Fu allora che raccontammo tutto ai suoi genitori e finalmente grazie al loro aiuto riuscimmo ad allontanarlo da lei. Ma non era finita. Per tutto l’anno Michele continuò quella vita, a bere e a fumare erba… rischiò di perdere persino l’anno…  il primo al liceo classico… Noi non volevamo e tentammo di aiutarlo in tutti i modi. E fortunatamente ce la facemmo.

   L’estate seguente Michele era tornato il solito Michele. Nessuno parlò più di quella storia e nessuno ne sapeva niente tranne noi della band, i suoi genitori e gli insegnanti. Nel frattempo i suoi genitori fecero ricerche su di lei. Non c’era nessuna Valeria, probabilmente era fuggita da casa e viveva allo sbaraglio. Ma non glielo dicemmo mai. Michele era tornato lui e questo ci bastava.

   E… e adesso è tornata! Cosa vuole da noi? No, Michele non deve vederla, non deve!- esclamò e Alessandro potè chiaramente notare negli occhi di Sabrina quello sguardo inconfondibile di coloro che amano.

    -Per me dovresti avvisare gli altri. Dovete evitare che la veda. Se vuoi… se vuoi vi aiuterò io- disse abbassando il tono della voce quasi in un soffio.

   Sabrina lo guardò e i suoi occhi erano peni di riconoscenza –Grazie Alessandro… grazie.

 

 -Stai scherzando spero!- urlarono in coro i ragazzi della band.

   -Purtroppo no, è stata mia madre a dirmelo. L’ha incontrata a casa di amici e lei ha affermato che un giorno di questi sarebbe venuta a trovarci.

   -Non è possibile! E’ un incubo!- esclamò Valentina, appena tornata dai nonni.    Aveva trovato Sabrina e Alessandro attenderla davanti alla porta di casa.

   –Cosa c’è che non va? Avete due facce!- aveva chiesto e in pochi minuti tutta la gioia di rivedere Sabrina e chiederle cosa era successo con Alessandro, si perse e dimenticò tutto ciò che avrebbe voluto chiedere alla sua amica.

   -E a Michele come lo diremo?- chiese Marco preoccupato.

   -Non dobbiamo dirglielo, non deve vederla, dobbiamo allontanarlo per qualche giorno… non deve, non deve vederla!!

   -Ma Sabrina, è impossibile!- ribatté Andrea, molto più realistico –Non sappiamo quando verrà e poi che scusa inventeremmo con Michele?

   -Ma… secondo me dovrebbe vederla….

   Le parole di Gaetano caddero come una doccia fredda. Lo guardarono come se avesse parlato ostrogoto.

   –Cosa?- chiesero in coro –Cosa intendi dire?

   -Intendo dire che secondo me Michele non l’ha dimenticata del tutto. Lo conosco dai tempi dell’asilo, è naturale che lo sappia. Molte volte lo vedo perso nei suoi pensieri… e poi se ci pensate bene da quando ha lasciato Valeria non si è messo con nessun’altra. Deve rivederla, deve superare quello shock, deve rivivere il suo passato!

   -Gaetano ha ragione- approvò Alessandro –Sono pienamente d’accordo con lui.

   Tutti lo guardarono stupiti da quelle parole così sagge e si chiesero se fossero state le loro parole a cambiarlo così: non avrebbero mai creduto che ciò che loro gli avevano detto avrebbero avuto un tale effetto su di lui. Ma quello che era più importante era che Sabrina fosse nuovamente tranquilla. Se non fosse stato per Valeria! Sapevano quanto amasse Michele e quanto avesse sofferto per colpa di quella ragazza. Certo a nessuno era sfuggita la forza con cui aveva pronunciato quelle parole e la luce che brillava nei suoi occhi. Sicuramente sarebbe stata una bella coppia se solo Michele si fosse accorto di lei.

   -Forse hai ragione ma è pericoloso, troppo pericoloso! E se non ce la fa? Sapete tutti quanto ha amato Valeria, quindi potete immaginare cosa accadrebbe se…

   -Cosa vi dite di bello?- chiese una voce alle loro spalle. Tutti si voltarono spaventati: davanti a loro c’era Valeria in persona.

 

Benché Alessandro non l’avesse mai vista, appena incrociò il suo sguardo capì che lei era la famosa Valeria. Notò subito lo sguardo felino che la contraddistingueva e riconobbe che era una ragazza bella, ma certo il tipo di cui non si sarebbe mai innamorato.

   Doveva avere circa diciannove anni, alta, con i capelli rosso fuoco, troppo per essere naturale. Indossava una minigonna di quelle che più corte non si può, un top che le ricopriva solo il seno e un paio di scarpe da ginnastica. Il suo sguardo era freddo ma divertito, e sembrava nascondere qualcosa di misterioso che… che sembrava uccidere.

   Valeria notò subito il suo sguardo indagatore ma non si scompose più di tanto anzi –Cos’hai? Mi vuoi mangiare con gli occhi?- domandò.

   Alessandro sostenne il suo sguardo malizioso senza scomporsi. Sabrina lo guardò e ricordò il primo giorno in cui l’aveva incontrato. Quello sguardo freddo e indagatore, dimostrava che lui non era stato colpito da quello sguardo ammaliatore e di questo era contenta.

   Fu Valeria a scostare per primo il suo sguardo. Si guardò in giro e il suo sguardo cadde su Sabrina –Ho incontrato i tuoi genitori ieri. Salutali da parte mia.

   -Cosa ci fai qui? Non ti avevamo ordinato di non farti più vedere? Sparisci! Non vogliamo avere niente a che fare con te!

   -Ma io invece volevo rivedervi! Sono tre anni che non ci vediamo!- esclamò e scoppiò a ridere –A proposito dov’è Michele?

   -Michele non c’è e in ogni caso noi impediremo che tu lo veda- esclamò Gaetano pieno di rabbia –lo hai fatto soffrire anche troppo e non abbiamo alcuna intenzione di farti tornare con lui!

   -Oh ma su questo non c’è alcun pericolo: ero rimasta solo colpita solo dalla sua allegria, ma ora mi è passata completamente.

   -A me non invece.- esclamò una voce dietro di lei.

   Valeria si girò e tutti poterono guardare il pallido viso di Michele fissare quello della sua ex ragazza.

   –Ciao Valeria.

   Alessandro non potè fare a meno di guardare verso Sabrina e la scoprì che fissava Michele con occhi pieni di paura e incertezza.

   -Ciao Michele- ripose senza scomporsi –Vedo che sei cresciuto un bel po’ dall’ultima volta che ci siamo visti. Sembri un uomo adesso.

   -Perché prima ero un bambino vero?- rispose il ragazzo con voce dura. Era bella come quando l’aveva conosciuta, anzi la sua bellezza era aumentata. Il suo volto era truccato, i suoi lineamenti perfetti e i suoi occhi emanavano ancora quella sensazione misteriosa che l’aveva stregato. Ma ora tutto era cambiato, Michele se ne rese conto. Ricordava ancora le luci psichedeliche della discoteca, l’alcol entrargli nelle vene e Valeria davanti a lei, bellissima come al solito. Erano pensieri che non l’avevano mai abbandonato, ricordi che l’avevano accompagnato per tre anni e che non era riuscito a dimenticare. Ma ricordava anche, e questo non l’avrebbe mai dimenticato, le notti trascorse a sognarla, a chiamarla, a chiedere il suo aiuto, che lo portasse via con sé e i suoi amici e i suoi genitori che cercavano di fermarlo, che gli urlavano di piantarla, di tornare in sé. Ripensava a quando, spariti gli effetti dell’astinenza, passava le sue notti con Marco e Sabrina che cercavano di fargli recuperare le lezioni perdute e quella promozione così sofferta. Ricordava tutto troppo bene per ricadere nello stesso errore. Ormai era finito il tempo dei sogni e dei ricordi, doveva affrontare la realtà e allontanare dal suo animo quel fantasma che lo assillava da tre anni –Rispondimi! Perché prima ero un bambino vero?- chiese in realtà più a se stesso che alla ragazza –Un bambino a cui fare, con cui fare quello che volevi, una marionetta ai tuoi ordini pronta a fare qualsiasi cosa per te, pronta a morire per te! No, non sono più quella marionetta, sono un ragazzo di diciassette anni, con un cervello, oltre che con un cuore, che ha imparato la lezione. Esci dalla mia vita e non rientrarci mai più!

   Michele non avrebbe mai creduto di avere tanto coraggio e allo stesso tempo tanta rabbia nel suo cuore e questo, se da un alto lo spaventava, dall’altro lo inorgogliva.

   Guardò gli occhi della ragazza senza timore di restarci stregato e notò che era rimasta colpita dalle sue parole.

   Mai, mai Valeria si sarebbe aspettata un tale coraggio da parte sua. Se lo ricordava un ragazzino sciocco e pronto a fare qualunque cosa per lei, che la serviva e la venerava come se fosse una dea. Si chiese allora cosa ne fosse stato di quegli occhi ancora da bambino, i capelli ribelli, il naso un po’ all’insù e chi fosse quel ragazzo davanti a lei, pallido, con gli occhi seri che la guardavano gelidamente.

   Spostò il suo sguardo sugli altri e capì che Michele era cresciuto quello stesso istante in cui aveva pronunciato quelle parole. Ed era vero. Neanche gli altri avevano visto Michele così serio. Quel ragazzo, così allegro, intelligente e spiritoso e ancora un po’ bambino era diventato uomo.

   -Va bene- rispose tornando a guardare Michele –Me ne vado, ma permettimi di dire una cosa. Credi davvero che fossi venuta per te? Sei un illuso!- aggiunse e poi guardando verso gli altri aggiunse –Ci vediamo.- poi si girò verso Alessandro e sorrise maliziosa aggiungendo –Ci vediamo bel fusto!- e se ne andò.

   Sabrina la guardò allontanarsi e poi posò il suo sguardo su Alessandro perplessa: aveva un brutto, bruttissimo presentimento…..

 

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Capitolo 6
*** Gelosie ***


GELOSIE

GELOSIE

Fu la sera del 15 agosto che Sabrina capì che il suo non era stato solo un presentimento, ma qualcosa di più.

Erano tutti sulla spiaggia davanti al falò e Michele e Marco suonavano la chitarra, mentre loro cantavano. La luna era una fetta di melone anzi sembrava quasi che ridesse della loro festa, pensò Sabrina mentre la guardava.

Fin da piccola le era sempre piaciuto guardare le fasi della luna cambiare da un giorno all’altra e a diciassette anni non aveva ancora perso quell’abitudine. Eppure quella sera la luna non le faceva lo stesso effetto: c’era qualcosa di strano. Sentiva un blocco allo stomaco, come se avesse mangiato troppo. Ricordò lo sguardo di Valeria mentre guardava Alessandro e ripensò a quel suo saluto. Non faceva altro che pensarci e non riusciva a togliersi quella scena dalla testa.

Cosa voleva da Alessandro? Trattarlo come aveva trattato Michele? No, non poteva permetterlo! Si guardò in giro e la vide mentre parlava con altre due papere degne di lei e fissava maliziosamente Alessandro. Incrociò il suo sguardo e un’ondata di odio la colpì. Non avrebbe permesso che un altro ragazzo innocente cadesse nella sua trappola. Non l’avrebbe permesso…

-A che pensi?- sentì una voce domandarle e vide Valentina sorriderle.

Rispose al sorriso rassicurata. Quella ragazza bionda, dagli occhi azzurri sembrava quasi leggerle nel cuore. Per Sabrina era tutto. Non sapeva proprio come avrebbe potuto fare senza di lei, i suoi preziosi consigli, la sua spalla su cui aveva pianto tante volte, la sua forza per superare i momenti di sconforto. La conosceva meglio di se stessa e si era accorta subito che in quel momento i suoi pensieri erano altrove.

-Guarda come fissa Alessandro! Ho l’impressione che voglia provarci con lui!

-Non preoccuparti, lui non è Michele e tu lo sai meglio di me.

Sabrina sospirò e asserì con il capo –Hai ragione ma… io ho ugualmente paura. Valeria è affascinante e non vorrei che nonostante tutto ci cascasse anche lui.

-Non succederà. E poi Alessandro è innamorato di te non hai motivo di preoccuparti.

Una vampata di calore le salì sul volto –Non dire sciocchezze- blaterò confusa –Alessandro non può… non è possibile che… e poi… e poi perché invece di dire cavolate non ti decidi a dire a Marco che ti piace!

Lo sguardo di Valentina prima così allegro, cambiò improvvisamente –Non dire sciocchezze! Siamo soltanto amici, niente di più!

-Scusa ma cosa ne sai? Te lo ha detto lui!

-No, però….

-Secondo me devi dirglielo. Vi conoscete da tanto tempo… possibile che non riesci a capire che anche lui prova per te quello che provi per lui!

-Racconti frottole!- esclamò e poi tornò a guardare Marco e Michele che suonavano.

Valentina e Marco si conoscevano da quando frequentavano la scuola elementare. Sapevano tutto l’uno dell’altro, tranne ovviamente che si amavano. Ambedue avevano paura che l’altro non provasse gli stessi sentimenti e che per questo la loro amicizia potesse finire. Eppure sempre più spesso si accorgevano che molto spesso restavano muti senza sapere cosa dire, come se un muro invisibile li dividesse. Nessuno dei due però immaginava che con un semplice “Ti amo” quel muro sarebbe crollato per sempre e Sabrina come tutti gli altri lo sapeva. Avrebbe dato qualsiasi cosa perché loro due si decidessero a parlarsi chiaramente, ma tutti i loro piani erano falliti. Nessuno era riuscito a ideare un piano giusto, forse avrebbe potuto provarci Alessandro…

Decisero di parlarne con lui di vedere se sarebbe stato d’accordo. Lo trovò che beveva un bicchiere di coca cola staccato dal gruppo mentre osservava silenzioso i due chitarristi. In breve gli raccontò tutto e fu molto delusa dalla risposta.

-Secondo me ti immischi troppo nelle faccende di Valentina e Marco. Questo è il tuo difetto: cerchi di aiutare gli altri, ma non ti accorgi che con il tuo atteggiamento rendi nervose le persone che ti circondano. Lasciali in pace, alla fine accadrà qualcosa che li farà chiarire. E’ solo questione di tempo.

-Forse hai ragione- disse anche se non molto convinta –Sai non credevo t’intendessi di problemi di cuore!- fece una breve pausa poi –E tu non sei mai stato con una ragazza?- domandò.

Alessandro alzò lo sguardo da terra e i suoi occhi profondi poterono leggere la curiosità in quelli di Sabrina. Gli piaceva quello sguardo, così curioso e birichino, persino un po’ infantile e, sebbene la domanda fosse alquanto imbarazzante, rispose –Vedi, come ti stavo appunto dicendo sei troppo curiosa.

Sabrina abbassò lo sguardo, incerta. Alessandro aveva pienamente ragione e lei si chiese da dove diavolo le fosse uscita una domanda del genere. Sentiva il cuore batterle all’impazzata, come se avesse voluto scappare dal suo petto mentre rispondeva –Hai ragione… non avrei dovuto farti una domanda del genere, ma mi stavo chiedendo se a Cagliari… avessi qualcuna che… che ti aspetta… una… una ragazza ad esempio…

-No, non ho nessuna che mi aspetta…. Anzi… preferirei non tornare più a Cagliari e restare sempre qui.

Sabrina lo guardò –Ma perché? Lì c’è la tua famiglia, i tuoi amici. Perché non vuoi tornare a casa?

Lo sguardo di Alessandro si velò leggermente ma lei non se ne accorse –Vedi perché…

Si girò di scatto senza terminare la frase, sentendosi osservato e come aveva immaginato là dietro di lui c’era Valeria che li fissava.

-Oh scusate… non volevo disturbare la vostra intimità!… ma prego continuate pure! Non mi date alcun fastidio!

-Ma perché non ci lasci in pace? Gurda che ho notato come guardi Alessandro! Non vorrai per caso ricominciare con il tuo vizio!- urlò, senza sapere perché fosse così seccata da quell’interruzione.

-Ma scusa sei per caso la sua ragazza che parli così?

-Questo non…- iniziò, ma Alessandro la fermò –Non è cosa che ti riguardi e in ogni caso sappi che non potrei mai innamorarmi di una ragazza come te! Ne ho sentite anche troppe sul tuo conto!

-Davvero? Peccato che tu sappia solo la loro versione, non la mia! Te l’ha detto Sabrina non è vero? Ma lo sai che lei ha una cotta per Michele? Direbbe male anche di Valentina se si mettesse con lui! Dammi retta scegliti un'altra più matura di lei! Carino come sei non avresti difficoltà!- terminò e ridendo si allontanò.

Sabrina la guardò allontanarsi con gli occhi che mandavano lampi. Uno strano fuoco le ardeva dentro e non sapeva spiegarsi il motivo di tanta rabbia. Forse la causa di tutto era Valeria o forse le parole che aveva detto su Michele. Continuava a pensare senza trovare una risposta, senza neanche immaginare che ciò che stava cercando era proprio lì, accanto a lei.

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Capitolo 7
*** Carpe diem ***


CARPE DIEM

CARPE DIEM

Marco posò dolcemente la chitarra per terra e si sedette accanto all’amico. Come Gaetano anche lui conosceva Michele da anni e aveva subito compreso quali fossero i suoi pensieri. Gaetano non aveva esagerato quando aveva sostenuto che pensava ancora a Valeria, anzi anche lui s’era accorto, nonostante lo conoscesse solo da sei anni –cioè da quando Michele, Gaetano e Andrea, cugino di Gaetano, avevano fondato la band.- e come aveva suonato quella sera ne era la prova: mai aveva suonato così male, tanto che lui si era più volte chiesto se il ragazzo che gli stava accanto fosse Michele o piuttosto un sosia. Certo non aveva potuto fare a meno di notare quello sguardo perso nel vuoto, la mano che suonava senza entusiasmo, gli sguardi che lanciava verso Valeria e di come si era raggelato quando l’aveva vista parlare con Alessandro e Sabrina. Nonostante tutto ciò che aveva detto quel giorno con tanta convinzione, l’amava ancora. Del resto non è facile dimenticare una persona che si ama da tanto tempo…

   -Stai pensando ancora a Valeria.- disse. Non era una domanda ma una constatazione.

   -Si- sospirò e chinò la testa. Era inutile mentire a Marco e a se stesso: Marco aveva ragione. Era quello il motivo per cui non era riuscito a mettersi con altre ragazze dopo di lei –Credevo che sarebbe stato più semplice dimenticare, ma ora mi accorgo che non è così. Mi ero illuso. Dopo tre anni la amo ancora, nonostante mi abbia fatto molto male.

   Marco sussultò. Erano le stesse parole che una volta aveva pronunciato Sabrina “Gli voglio bene sempre di più… nonostante mi abbia fatto soffrire quando si è messo con Valeria.”

   -Credo che non riuscirai mai a dimenticarla. Devi imparare a convivere con il suo ricordo, cercando di andare avanti lo stesso.- disse mentre la sua mente pensava a Sabrina… anche per lei doveva essere la stessa cosa…

   -Hai ragione, eppure è difficile. Se solo trovassi una ragazza che me la facesse dimenticare...

   -Eppure non hai bisogno di andare lontano. La ragazza giusta forse è proprio qui, accanto a te, e tu la stai perdendo- disse in un sussurro.

   Michele lo guardò stupito –Ma di chi parli?

   Marco sospirò senza speranza: inutile, Michele non avrebbe mai capito, era troppo preso da Valeria. E pensare che se Michele non avesse conosciuto Valeria, forse Michele e Sabrina in quel momento avrebbero potuto già stare insieme.

   –Parlo di una ragazza che ha cercato sempre di aiutarti nei momenti di difficoltà e che tu continui a vedere solo come un’amica.

   Michele continuava a guardarlo come se parlasse arabo –Ma di chi diavolo parli? Non riesco proprio a capire! Piuttosto… visto che siamo in tema…- iniziò con quello sguardo malizioso e curioso che Marco conosceva bene e Sabrina amava tanto –E a te come va? Da quanto tempo non parli con Valentina?

   -Sei bravo a voltare la frittata, comunque… - lo sguardo di Marco sembrò cercare Valentina senza trovarla -… è da un bel po’ che non riusciamo a parlare come prima. Ultimamente, benché stiamo sempre insieme, non riusciamo a scambiarci una parola. E quando riusciamo a parlare sembra che un muro ci divida. – si passò una mano tra i capelli castani e guardò il fuoco scoppiettare allegramente mentre gli altri divisi in gruppo parlottavano fra loro.–E così strano: ci conosciamo da tanto tempo, ma non riesco a capire perché accada.

   -Ne sei sicuro?

   I loro sguardi s’incontrarono.

   Che vuoi dire?- chiese.

   -Sei sicuro che non riesci a capire perché accada?  Non è che tu lo sai e che non vuoi ammetterlo? Dì la verità: tu ti sei innamorato di Valentina, ma hai paura di dirlo a lei e a te stesso!

   Marco guardò lontano e i suoi occhi improvvisamente s’illuminarono: eccola lì, Valentina, con il suo vestito bianco a fiori, i capelli biondi lasciati al vento, gli occhi azzurri che sorridevano mentre parlava con Paola. Si fermò a contemplarla, ad ammirare la sua eleganza e a ricordare i bei pomeriggi che avevano passato insieme, alle loro lunghe corse in bicicletta… sembrava quasi essersi addormentato e Michele si chiese se avesse ascoltato la sua domanda.

   -Hai ragione- rispose all’improvviso –E’ che... non voglio rovinare il nostro rapporto. Io… io voglio che la nostra amicizia non finisca mai… che duri per sempre.

   -Sta già finendo! Ti rendi conto che se continui così la perderai lo stesso? Un giorno potrebbe stancarsi di aspettarti e allora anche la vostra amicizia finirà! “Carpe diem” scrisse Orazio e io sono pienamente d’accordo con lui. Cogli l’attimo, non indugiare, vivi il presente, non pensare al futuro! Quello che stai vivendo è il presente… vivilo in pieno e non lasciartelo fuggire! Io l’ho provato di persona.- aggiunse in un soffio.

   Marco lo guardò pieno d’ammirazione. Gli stava dando consigli d’amore, proprio lui che l’aveva perso? Possibile che lui invece non aveva neanche il coraggio di parlare alla ragazza che amava dei suoi sentimenti?  Michele quel giorno aveva avuto il coraggio, anche se con difficoltà, di scacciare il suo passato.

   Guardò il fuoco e il suo sguardo sembrò animarsi della sua forza. Sì, decise, avrebbe rivelato a Valentina i suoi sentimenti, l’avrebbe fatto, a costo di scoprire una brutta realtà. Del resto sempre meglio sapere che vivere nel dubbio. L’unico problema era trovare il momento opportuno per farlo.

 

Marco credette quasi che il destino avesse voluto dargli una mano quando la mattina dopo Paola propose loro una festa.

   Quella mattina l’aria era fresca ma ancora estiva, visto che dal ferragosto il tempo iniziava inesorabilmente a cambiare, adatta per le buone notizie.

   Ogni membro della band era, come al solito sulla spiaggia, benché la sera precedente, per via della festa, avevano fatto molto tardi. Ma il pensiero dell’acqua salata in cui tuffarsi e degli amici da ritrovare era troppo forte per restare a poltrire nel letto.

   In momento era in corso la finale del torneo di beach volley: le squadre sfidanti erano composte l’una da Marco e Michele, l’altra da Sabrina e Valentina.

   Erano ormai agli sgoccioli della partita –una partita emozionante che continuava a svolgersi in totale parità, con il risultato di 12 a 12 nel set decisivo- quando Paola, appena arrivata, si avvicinò ad Alessandro e gli sussurrò qualcosa nell’orecchio.       

   Alessandro sorrise e fischiò –La partita s’interrompe per qualche minuto: Paola ha qualcosa da dirvi.

   Tutti guardarono nella sua direzione, aspettando le sue parole. Sentiva gli sguardi degli amici fissi su di lei e questo la turbava: non era abituata ad essere al centro dell’attenzione di tutti, ciò nonostante parlò con voce tranquilla.

   -Come tutti voi ben sapete lunedì prossimo è il mio compleanno e io… avevo intenzione di organizzare una festa… ci verrete?

   Il coro di “Urrà!” e “Auguri!” che esplose quando ebbe terminato la domanda, le fece indovinare subito la risposta.

   -A che ora?- chiese Valentina, sempre la più pratica del gruppo.

   -Va bene alle 8.00?

   Un nuovo scoppio di gioia evitò la risposta, per altro già scontata.

   Tutti ormai erano presi dall’euforia del momento e dai pensieri che una festa comporta: il regalo da comprare, il vestito da indossare… tutti sembravano essersi dimenticati della partita, ma il fischio dell’arbitro riportò tutti alla realtà.

    –Allora si gioca o no?- Alessandro chiese in tono serio, perfettamente calato nel suo ruolo. 

   Sabrina sorrise mentre se lo immaginava in un vero stadio, mentre ammoniva un giocatore per un fallo. Si figurava la sua immagine alta e snella che con sguardo vigile guardava i giocatori in campo, mentre il pubblico esultava in delirio e lui, fermo, impassibile nel suo ruolo…

   -Ehi Sabrina svegliati!- la chiamò Alessandro facendo seguire alle parole un potente fischio. Sabrina sembrò solo allora accorgersi di essere ancora in campo e arrossì all’idea, poco probabile, che Alessandro avesse potuto leggere i suoi pensieri.

   La partita riprese, ma ormai gli spettatori erano con la mente altrove

   -Cosa le regaliamo?

  -Pensavo ad una borsa, cosa ne dici?

   -Non so, però è una buona idea!

   -Come ti vestirai?

   -Io non lo so ancora, e tu?

   -Spero che abbia invitato qualcuno carino!

   Questi erano i commenti che Alessandro dalla sua postazione ascoltava e che avrebbe molto volentieri zittito per potersi meglio concentrare sulla partita. Amava arbitrare le partite, soprattutto quelle di pallavolo, cercare di essere imparziale e giudicare oggettivamente. Anche a scuola lo faceva spesso e ormai il suo era un ruolo fisso. Un vero peccato, si trovò suo malgrado a pensare che nella vita non era stato sempre così imparziale come un vero arbitro dovrebbe essere….

   La battuta di Valentina andò a segno e Alessandro con un fischio decretò la fine dello scontro. Dopo i soliti “Complimenti, bella partita” “Grazie anche a voi” di convenzione tutti decisero di riunirsi al loro bar preferito e rinfrescarsi un po’ dopo la partita, ma i discorsi non cambiavano:

   -Ho saputo che verrà anche tuo cugino, è vero?- chiese Gaetano pieno di curiosità. Amava conoscere gente nuova, confrontare con loro i suoi punti di vista e migliorarsi. Era quello l’unico modo per essere veramente più felici e in armonia con gli altri. -E’ vero?

   -E com’è?- chiese Cristina, una strana ragazzina di 13 anni, che amava unirsi a loro, anche se a volte si rendeva insopportabile, perennemente alla ricerca dell’anima gemella e che ogni qual volta diceva di aver trovato, lasciava dopo circa una settimana.

   -Beh, capelli biondi, occhi verdi, faccia d’angelo e terribilmente carino. Vi assicuro che se non fosse stato mio cugino ci avrei fatto un pensierino.

   Tutti si guardavano: se Paola che era sempre così seria e giudiziosa aveva detto una cosa del genere, doveva essere davvero un tipo speciale.

   -Di cosa parlate?- chiese una voce alle loro spalle. Tutti tacquero all’istante e guardarono Valeria temendo il peggio.

   -Di niente.- rispose gelida la festeggiata -Solo che lunedì è il mio compleanno e darò una festa con i ragazzi della band, ma non credo che ti interessa.

   -Invece mi interessa molto- ribatté –Posso venirci?

   Paola avrebbe tanto voluto buttarle in faccia il gelato che aveva in mano e urlarle di non presentarsi a casa sua che l’avrebbe cacciata a pedate, ma sapeva fin troppo bene che se si fosse comportata così, Valeria si sarebbe vendicata.

   –Certo- rispose a malincuore. In che guaio si era cacciata!

   -Allora ci vediamo alle 8.30, ciao!- disse e si allontanò.

   I suoi occhi brillarono di malizia: sicuramente anche Alessandro era stato invitato alla festa e ad una festa è più facile corteggiare un ragazzo. Perché Alessandro le piaceva, anzi la mandava in visibilio: quei suoi occhi freddi e profondi, quell’espressione così matura sul volto che lo faceva sembrare più grande di quanto in realtà fosse, i capelli che sembravano miele così morbidi e lisci, che avrebbe tanto voluto accarezzare e baciare, quelle labbra così sensuali…

   Il suo problema principale era Sabrina: sapeva che lei era da sempre innamorata di Michele, ma si era anche accorta che Alessandro era attratto da lei. Ma lei era sicura di farcela. Ne aveva conosciuto tanti di ragazzi come lui da quando era fuggita dall’orfanotrofio davanti alla cui porta era stata trovata in una notte piovosa e senza luna. Non era forse stato uno di quei ragazzi come lui, così belli e dolci, che le aveva fatto perdere la verginità a 12 anni e a rimanerne addirittura incinta?  E non era forse stato uno di quelli, quando lui aveva scoperto la verità, che l’aveva convinta a fuggire da quel luogo in cui “nessuno avrebbe accettato quel bambino”e ad andare via con lui? E non era stato ancora lui a lasciarla dopo pochi mesi, obbligandola a lasciar andare quella creatura che portava in grembo? E ancora, quando, sola e disperata, decisa a non tornare più in quel luogo in cui le avevano insegnato solo che il prossimo ti vuole bene e che devi volerne a tutti, ma non certo quanto l’uomo può essere meschino e crudele, non era stato forse uno tipo simile a cui si era rivolta per trovare un lavoro abbastanza redditizio che la facesse lavorare poco e mangiare molto?

Aveva imparato che uomini come lui, sono i primi a cadere ai tuoi piedi, basta metterci un po’di... come dire? Sentimento? Sì, è ecco la parola giusta. L’aveva provato con Michele, anni prima, e aveva funzionato. Aveva provato su altri uomini e ancora i fatti le avevano dato ragione. Alessandro non sarebbe stata un’eccezione, ne era più che certa. E quella festa le avrebbe dato ragione. E per quanto lui volesse resisterle, per quanto lui potesse definirsi infatuato di quella mezza calzetta che sbavava ancora dietro a Michele, quella sera lei avrebbe vinto. D’altronde una festa è sempre un buon luogo per allontanare questi pensieri casti e puri e “concedersi”, no?

E lei dopo diciannove anni di vita aveva imparato come fare….

 

 

 

Beh, finalmente abbiamo scoperto un po’ di notizie sul passato di Valeria! Devo dire che anche io non la sopporto proprio, però, mi sono chiesta, se una ragazza è diventata così… come dire? Simpatica? A tutti ci saranno delle motivazioni serie. Beh, spero che vi faccia un po’ più pena (a me non tanto, forse perché l’ho sempre odiata dalla prima all’ultima parola del racconto! ^^).

Ringrazio tutti coloro che hanno letto e commentato (o anche solo letto) fin qui! Grazie a tutti e a presto!

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Capitolo 8
*** Il dolce suono di un carillon ***


IL DOLCE SUONO DI UN CARRILLON

IL DOLCE SUONO DI UN CARILLON

Alessandro sospirò e continuò a guardare quella forchetta di spaghetti che continuava a tenere in mano, incerto se mangiare o riporre nel piatto il contenuto.

   I signori Mancini lo guardarono stupiti e per un attimo li colse la paura che avesse litigato con Sabrina. Guardarono la figlia sperando che questa desse loro qualche delucidazione, ma dallo sguardo stupito della figlia, come il loro del resto, capirono che neanche lei ne sapeva niente. Lo osservarono in silenzio, timorosi che, se lo avessero disturbato, avrebbe risposto male, anche se da un po’ ciò non avveniva, anzi, si arrivava a ridere e a scherzare.

   Fu Sabrina che decise di prendere in mano la situazione. Mai aveva visto Alessandro in quello stato e la situazione la preoccupava.

   –Alessandro!- lo chiamò scuotendogli un braccio –Alessandro!

   Alessandro sembrò svegliarsi da un sogno –Si?- le chiese guardandola.

   -Ma si può sapere cos’hai? E’ da ieri sera che sei strano!

   Alessandro sospirò e Sabrina ebbe paura che tornasse in quello stato di torpore da cui era appena uscito.

   –E’ per Paola. Non so assolutamente cosa regalarle per il suo compleanno.

   Sabrina sorrise rassicurata –Tutto qui? Ma te lo avrei detto io!

   Alessandro la guardò riconoscente, ma il suo problema restava. Non era solo il regalo in sé che lo preoccupava, ma il fatto che non aveva mai fatto un regalo ad una ragazza. Non che non fosse mai stato invitato ad una festa, ma era stato lui a non volerci mai andare, poiché non sapeva ballare e non aveva mai avuto il coraggio di chiedere a qualcuno di insegnarglielo e neanche aveva intenzione di farlo, dato che, solo il pensiero che qualcuno lo vedesse compiere quei passi, lo imbarazzava e per questo aveva sempre evitato di partecipare ad una festa. Per la festa di una ragazza poi, era anche peggio: non sapeva e non capiva cosa potesse piacere loro e, forse per orgoglio, non aveva mai trovato il coraggio di chiedere aiuto ad altri.

   Avrebbe rifiutato di partecipare a quella festa se Michele e Gaetano non l’avessero convinto.

   -Ma perché?- aveva chiesto Michele quando ebbe comunicato loro la sua intenzione.

   -Perché non mi piacciono le feste.- aveva risposto vago.

   -E Sabrina? Non pensi a lei? Ci resterà male!- aveva esclamato Gaetano, cercando di convincerlo e ci era riuscito, anche se l’impresa era stata ardua.

   Ma il problema che aveva sempre accuratamente evitato, ora gli si presentava più insormontabile che mai: che cosa le avrebbe regalato? L’unica ragazza a cui aveva mai fatto un regalo era stata sua sorella. Ma come poteva ignorare i gusti di sua sorella, soprattutto se era una bambina di otto anni?

   -Coraggio!- lo esortò Sabrina toccandogli una spalla con la mano e gli sorrise –Se vuoi possiamo uscire insieme stasera e cercare qualcosa per Paola. Potremo fargli un regalo insieme!- aveva sentito una vampata salirle al viso quando si era accorta di aver detto “uscire insieme” e tutt’a un tratto si sentì confusa. Eppure, cosa c’era di male? Alessandro era un amico o no? Senza contare che gli doveva ancora un favore.

   Alessandro arrossì impercettibilmente e sorrise –Grazie Sabrina-

   I coniugi Mancini si guardarono: era la prima volta che sentivano Alessandro ringraziare qualcuno.

 

La luce delle vetrine illuminava il volto di Alessandro conferendogli quasi un aspetto magico. Sabrina lo guardava attraverso la vetrina cercando di concentrarsi sul regalo da scegliere per Paola. Fissò i suoi occhi castani così profondi e solo allora sembrò capire perché Valeria ne fosse rimasta così colpita. Era talmente persa nei suoi pensieri che non si accorse che anche lui la stava fissando. Si guardarono senza che nessuno dei due se ne accorgesse mentre il tempo scorreva senza decidersi ad entrare per comprare quello per cui erano usciti.

   Il campanile della chiesa suonò otto rintocchi e solo allora si accorsero del tempo che passava. –Allora entriamo?- propose Alessandro prendendola per mano.

   Il piccolo negozio in cui entrarono era uno dei pochi che vendesse articoli da regalo e indubbiamente il migliore. Proprio per questo motivo era sempre molto affollato ed era sempre più raro trovare giorni in cui non fosse molto pieno e ancora più rari quelli in cui fosse completamente vuoto. Fortunatamente per loro, quella era una di queste rarissime sere.

   Sabrina si guardò intorno chiedendosi come mai ci fosse tutto quel silenzio intorno a loro. Non era abituata, quando si recava in quel negozio, a potersi muovere liberamente fra gli scaffali e poter ammirare con tutta calma i peluche, i biglietti augurali e i vari oggetti esposti. Le faceva piacere guardare tutto con calma, senza essere costretta a d affrettarsi per lasciar spazio agli altri clienti. Guardò dietro di sé e vide Alessandro guardarsi intorno con un’aria imbarazzatissima, tanto che le faceva pena. Sorrise e continuò il suo giro.

   Non si era neanche accorta che Alessandro aveva notato quel suo sorriso e che ne aveva inteso benissimo il suo significato. Ma cosa poteva farci se non era mai entrato in un negozio del genere? Si avvicinò allo scaffale dei peluche e prese in mano un coniglietto bianco con le orecchie piccole e il musetto spaventato “Come ti capisco!” si trovò suo malgrado a pensare.

   Gli sfiorò il nasino rosa pallido e una dolce musica si diffuse nell’aria.   

   Guardò il pupazzo incredulo e solo allora capì che il suono non proveniva dal peluche, ma da tutt’altra parte. Si guardò in giro e il suo sguardo cadde su Sabrina che stringeva fra le mani una piccola scatoletta di legno aperta e, all’interno, una ballerina di plastica bianca che danzava.

   Il dolce suono del carillon continuava ad allietare il piccolo negozio senza che Sabrina se ne fosse accorta. Alessandro fissò il suo volto, gli occhi chiusi, il capo che tentennava leggermente seguendo il ritmo. Non si accorse del tempo che passava, né di Alessandro né della padrona che la guardavano e il ragazzo temette che si fosse addormentata.

    –Sabrina!- la chiamò.

   L’incanto si ruppe. Sabrina aprì gli occhi e chiuse velocemente il carillon, come se fosse stata sorpresa a compiere un furto. Scosse la testa cercando di scacciare quella musica dai suoi pensieri, così dolce, che l’aveva quasi ipnotizzata, rapita, stregata e  l’aveva trascinata via con sé nel mondo della fantasia.

   Sospirò e ripose il carillon al suo posto, ma prima che potesse adagiare l’oggetto sul ripiano, una mano dolce, ma decisa la fermò.

   Sabrina guardò quella mano, poi il suo proprietario –Alessandro…- blaterò senza sapere bene cosa dire: il suo sguardo era profondo, dolce e comprensivo, come mai l’aveva visto.

   Alessandro le tolse dolcemente il carillon di mano e lo prese fra le sue.

   –Ma che cosa vuoi fare?- chiese guardandolo stupita.

   Alessandro porse il carillon verso di lei –Regalartelo. Prendilo, è tuo.

   Sabrina lo prese non sapendo cosa dire. Alessandro le aveva fatto un regalo…. Ma perché proprio a lei?

 

 

Ammetto che questo capitolo è un po’ breve, ma posso assicurarvi che, non dico che è fondamentale, ma diciamo, rilevante, per la storia. Devo ammettere che, pur essendo breve, è uno dei miei preferiti e che rileggerlo mi ha trasmesso una dolcezza infinita. Ricordo che quando lo scrissi, non so perché, mi commossi. Spero che piaccia anche a voi. A presto!


Nota del 12/08/2008
Qualche giorno fa, ero su youTube a sentirmi le sigle dei cartoni animati di quando ero piccina - non commentate per favore! XD Ogni tanto questi attacchi di ritorno all'infanzia mi colgono! XD E poi, devo ammettere che mi piacciono ancora! U_U - quando vidi un AMV, dove c'era una scena di Marmalade Boy nella quale Yuu, mi è parso, regala un crrillon, o qualcosa di vagamente simile, a Miki. Purtroppo non sono riuscita a trovare la puntata contenente quella scena per accertarmente io stessa; tuttavia, è indubbio, che quando ho scritto questa storia, era il periodo in cui trasmettevano quest'anime molto più spesso, e quindi è facile che abbia inserito questa scena, rendendomene conto, oppure semplciemente perché era diventata parte di me.
Sia come sia, non ricordando bene la questione, dopo quasi otto anni, onde evitare che qualcuno pensi che sono ingrata verso la Yoshizumi e gli aventi diritto, preferisco inserire questa nota; tra l'altro, siccome la scena è abbastanza importante ai fini della storia, e sinceramente dopo anni non mi va di modificare nulla, non ho molta voglia di toglierla.
Effettivamente, però, a posteriori mi rendo conto che la scena mi è piaciuta troppo per come è venuta; non poteva essere completamente frutto della mia immaginazione, sìsìsì! XD

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Capitolo 9
*** Il bacio ***


IL BACIO

IL BACIO

Quella sera la luna brillava di una luce diversa, gioiosa, quasi volesse partecipare a quella festa che si stava svolgendo nel piccolo giardino della casa di Paola da circa un’ora. La musica assordante portava allegria e Sabrina si chiese perché non si sentisse felice. Il carillon. Era quello il suo chiodo fisso, il pensiero che non l’abbandonava mai. Non riusciva a dimenticarlo e Alessandro, il suo sguardo così dolce e gentile... Sentì il cuore batterle all’impazzata. Era tanto tempo che non provava una sensazione simile, da quando…

   Cercò Alessandro con lo sguardo come per trovarvi un rifugio, ma prima che riuscisse a trovarlo, due occhi verdi come il mare attirarono la sua attenzione.

   Ma quello è…. “ pensò e quasi a completare quel pensiero, la voce di Valentina esclamò –Giacomo!

   -Valentina!- esclamò anche il nuovo arrivato e corse incontro alla ragazza, abbracciandola calorosamente.

   -Tutto avrei immaginato tranne che trovarti qui! Così sei tu il famoso cugino di Paola!- sorrise.

   -Famoso? E perché?- chiese rivolgendo il suo sguardo alla cugina.

   Paola sorrise e arrossì. Benché fosse suo cugino, si sentiva sempre in forte imbarazzo quando parlava con lui. I suoi occhi verdi sembravano avere il potere di sondare la'nimo umano e il suo sorriso così complice e gentile faceva impazzire tutte le ragazze. Inoltre era un ragazzo sempre allegro, con la battuta sempre pronta, la gioia nel cuore, come Michele.

   –Avanti di cosa ti lamenti? Ti ho elogiato, non ti basta?- chiese.

   -Sei sempre troppo cara tu!- Giacomo sorrise e i suoi denti bianchissimi brillavano come diamanti alla luce lunare.

   Sabrina lo guardò e ricordò il giorno in cui Valentina glielo aveva presentato e capiva benissimo cosa Paola avesse voluto dire quando aveva esclamato “Se non fosse mio cugino ci farei un pensierino!”.

   Guardò Valentina e si sorprese nel vedere i suoi occhi brillare dalla gioia, uno sguardo che aveva solo quando era con Marco. Aveva sempre saputo che gli voleva bene, ma questo la preoccupava…

   -Figurati ma…- Paola sembrò solo allora ricordarsi degli altri –Scusate ragazzi, vi presento mio cugino Giacomo…

   -… nonché mio compagno di classe- aggiunse Valentina sorridendo. Guardò gli occhi verdi del ragazzo e lui fissò i suoi limpidi, come quella serata d’agosto. Era sempre felice quando era con Giacomo: allegro, spiritoso, intelligentissimo, carino, così diverso da Marco sempre serio e riservato. Persino nell’aspetto fisico era diverso: Giacomo alto, biondo, occhi verdi, sportivo; Marco capelli e occhi scuri, sempre elegante e raffinato, anche nelle piccolezze, preciso e meticoloso in tutto. Voleva bene ad entrambi e non avrebbe mai rinunciato a nessuno dei due. Eppure amava Marco: aveva qualcosa in più, di speciale che non riusciva, né tanto meno voleva, spiegarsi.

   -Piacere!- rispose gentilmente all’intervento di Valentina.

   Ad uno ad uno i ragazzi si presentarono tutti e in ognuno notò una certa sorpresa mista a simpatia. Si ricordò ad un tratto di ciò che Valentina le aveva detto sui ragazzi della band “Sono un gruppo fantastico, dovresti conoscerli. Sono sempre pronti ad accettare un nuovo arrivato, soprattutto Michele, ma anche gli altri non sono da meno.

   Si, Valentina aveva avuto proprio ragione: mentre gli passavano davanti e gli stringevano la mano, sentiva il calore dell’amicizia in quella stretta. Ma d’un tratto il suo pensiero positivo si fermò. Il ragazzo che si era posto davanti a lui non aveva nello sguardo quell’espressione calorosa di benvenuto, ma solo odio e rancore: la sua stretta era dura, come se volesse sfidarlo. Sostenne quello sguardo che mandava scintille e capì.

   - Tu devi essere Marco, vero?- chiese infatti –Valentina mi ha parlato molto di te.

   -Si, sono io.- rispose. La sua voce era ferma e non trapelava nessuna emozione, ma bastava il suo sguardo perché gli altri capissero quello che stava pensando il loro amico.

 

Gli occhi felini di Valeria si guardavano in giro cercando quelli di Alessandro. Poco le importava di quel ragazzo sbucato dal nulla che stringeva le mani di tutti quegli sciocchi. A lei interessava solo Alessandro e quando riuscì a scorgerlo, un’ondata di desiderio la pervase. Voleva quel ragazzo a tutti i costi, anche giocare sporco, che oltretutto era la sua specialità.

   Aspettò che il ragazzo passasse il suo turno di saluti e si allontanasse verso il retro della casa. Gli si avvicinò lentamente alle spalle senza che lui se ne accorgesse, perso com’era nei suoi pensieri e lentamente posò le sue mani sugli occhi del ragazzo.

   Alessandro si girò di scatto sorprendendola –Cosa vuoi?- chiese bruscamente.

   Era stufo di quella ragazza, non riusciva più a sopportarla. Sentiva il suo sguardo malizioso fisso su di sé e non poteva fare a meno di rabbrividire al pensiero che lei lo volesse. Anche quella sera si era autoinvitata per vedere lui. Non l’aveva perso di vista per un solo istante e si era subito accorto che lo stava seguendo, ma aveva fatto finta di niente. Voleva restare solo con lei e dirle esattamente cosa pensasse di lei.

   Valeria fissò il suo sguardo. Quegli occhi così freddi e impassibili…

   -Te!- rispose lentamente e gli si avvicinò cercando le sue labbra per baciarle. Ma Alessandro non si fece incantare da quello sguardo. Le afferrò le braccia tanto da farle male.

   –Basta!- le urlò come a voler scacciare un incubo –Lasciami in pace, non voglio più vederti, non ti amo e non ti amerò mai, perché io sono già innamorato di un’altra ragazza!

   -Questa ragazza è Sabrina, vero?

   -Non sono cose che ti riguardano, ma permettimi di dirti una cosa: io Alessandro de Angelis non proverò mai niente per te! Chiaro!- terminò allontanandola violentemente da sé –Sei ripugnante!- aggiunse voltandosi e allontanandosi, felice di constatare che lei non lo stesse seguendo.

   Si fermò e guardò verso la luna che brillava alta nel cielo. Ripensò alle parole che aveva detto a Valeria pochi secondi prima “Io sono innamorato di un’altra ragazza!”.

   L’aveva detto senza pensarci, eppure sapeva che non l’aveva detto solo per allontanarla, ma perché era la verità. E quando gli aveva chiesto se fosse Sabrina la ragazza del suo cuore, aveva controbattuto come se fosse un bambino scoperto a rubare delle caramelle. Si era sentito uno sciocco e aveva tanta paura di essere arrossito.

   Allora cosa provava per Sabrina? Ricordò il primo giorno in cui l’aveva incontrata e il pomeriggio di due settimane dopo in cui era rimasto a fissare il suo viso addormentato e il pomeriggio di pochi giorni prima quando le aveva regalato il carillon. Era stato il primo regalo che aveva fatto ad una ragazza e si chiese perché l’avesse fatto proprio a lei. E poi che importava saper il perché? Non avrebbe mai avuto alcuna speranza contro Michele, oltretutto lei non conosceva la verità…

   Scosse la testa deciso a cancellare Sabrina dai suoi pensieri. Fu allora che vide, qualche metro lontano da lui Valentina e Giacomo che parlavano insieme.

 

Giacomo guardò Valentina negli occhi e la scoprì ancora più bella di come se la ricordava. I suoi occhi azzurri sembravano leggergli nell’anima e avrebbe tanto voluto guardarli per sempre, accarezzare i suoi capelli color dell’oro e tenerla stretta a se, ascoltare la sua dolce voce… Ma non avrebbe mai trovato il coraggio di rivelarle i suoi sentimenti.

   -Cosa ti prende?- chiese Valentina guardandolo con curiosità. Era sempre la stessa cosa quando erano soli: Giacomo sembrava chiudersi in uno strano silenzio e lei non riusciva a capire perché accadesse. Quella sera le aveva chiesto se volesse fare una passeggiata con lui e lei aveva accettato volentieri, per dimenticare così per un po’ Marco e tutti i suoi pensieri. Avevano iniziato a parlare di Paola e della “summer band”.

    -Perché non ti sei mai fatto vedere alla “summer band”? Non mi hai mai neanche detto che eri cugino di Paola!- gli aveva chiesto e lui non le aveva risposto, ma l’aveva solo guardata negli occhi e sorriso. Non voleva frequentare la band per un semplice motivo: là c’era Marco e lui non voleva vederli insieme. Gli aveva parlato dei suoi sentimenti per Marco e anche questo era il motivo per cui non le aveva detto mai niente.

   -A niente- rispose. A cosa pensava? A lei naturalmente, ma avrebbe preferito buttarsi giù da un ponte che dichiararsi. Eppure… perché non provarci?

   Valentina lo guardò seria –A volte penso che quando parli con me, tu pensi ad altro. Siamo amici, perché non mi dici cosa ti preoccupa. Potrei aiutarti! Allora?

   Lo sguardo di Giacomo l’avvolse dolcemente, ma lei non se ne accorse. Abbassò gli occhi, colpito da quelle parole.

   –E’ per una ragazza vero? Dì la verità, ti sei innamorato! E chi è? E’ una nostra compagna di classe? La conosco?- I suoi occhi azzurri esprimevano la curiosità e nella foga di porgli tante domande nello stesso istante, non si era resa conto che il suo viso era vicinissimo a quello del ragazzo… troppo vicino…

   Giacomo appoggiò le sue mani sulle spalle della ragazza e abbassò il suo viso verso il suo. Le loro labbra si sfiorarono, ma Giacomo si accorse subito che non la ricambiava. Si allontanò da lei, pallido come un lenzuolo.

   Scusami- disse con un filo di voce.

   Valentina abbassò lo sguardo, imbarazzata, ma la sua voce non mostrò alcuna emozione –E di che cosa?- chiese.

   -Di averti…- era imbarazzatissimo e Valentina se ne accorse –Di averti… baciata senza il tuo permesso. Non so cosa mi sia successo, ma la verità è che…

   Valentina gli si avvicinò e gli pose dolcemente l’indice sulle labbra –No, Giacomo non dire altro. Lo sai io… sono già innamorata di…

   Giacomo abbassò lo sguardo e la sua voce si velò di tristezza.

   -…di Marco, lo so. Non fare quella faccia, anche se mi hai detto che è l’amico a cui tieni di più, io ho capito la verità, si capisce da come me ne parli. Ma io dovevo parlarti dei miei sentimenti… non potevo più tacere… e quando ho visto il tuo viso così vicino al mio… istintivamente… Mi odierai lo so, ma non è colpa mia se mi sono preso una cotta per te!

   Valentina l’aveva ascoltato in silenzio sorridendo dolcemente.

   –Non ti odio Giacomo, anzi ti stimo… tu hai avuto il coraggio di rivelarmi i tuoi sentimenti, invece io… io non trovo il coraggio di rivelare a Marco i miei. Sono una codarda…- i suoi occhi si riempirono di lacrime –eppure… ho paura che lui non provi per me gli stessi sentimenti e non voglio rischiare di perdere la sua amicizia. Ma io…- Valentina si portò le mani sugli occhi per nascondere le lacrime –Mi sono innamorata di lui e ne soffro terribilmente!

   Giacomo le cinse le braccia intorno alle spalle cercando di consolarla. Sentì i suoi singhiozzi e non potè fare a meno di sospirare: capiva perfettamente quello che stava provando.

   –Mi spiace, non volevo farti piangere.

   -Non importa, anzi. Era da tanto che non mi sfogavo con qualcuno. Ti ringrazio. Giacomo… ti voglio bene- chiuse gli occhi e sentì le lacrime scorrerle lungo le guance.

   “Ti voglio bene”. Era così facile dirlo a Giacomo. Ma perché allora non trovava il coraggio di dirlo a Marco?

 

 

 

Beh, immagino che alcuni di voi avessero sperato che il titolo riguardasse Alessandro e Sabrina. Mi spiace deludervi, ma è ancora presto. Dalle varie recensioni lette (e colgo l’occasione per ingraziare tutti voi che leggete e commentate questa mia storia), ho avuto modo di constatare che Alessandro sta riscuotendo notevole successo. Beh, sono contenta, è il mio personaggio preferito e, ragazze, non ci crederete, farei non so cosa per conoscere un ragazzo così! Ricordo che durante la stesura di questo racconto, ero totalmente persa per lui! (quando si dice che un personaggio prende vita! ^^). Spero che anche gli altri personaggi possano attirare l vostre simpatie. Mi raccomando, fatemi sapere cosa ne pensate!

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Capitolo 10
*** Un'assurda scomparsa ***


UN’ASSURDA SCOMPARSA

UN’ASSURDA SCOMPARSA

Michele si guardò in giro e sospirò. Erano circa tre giorni che non vedeva Marco in spiaggia e questo lo preoccupava enormemente. L’ultima volta che l’aveva visto era stato alla festa di Paola e anche allora gli era sembrato strano, forse per colpa di Giacomo. L’aveva visto allontanarsi verso il retro della casa, poi non l’aveva più visto, probabilmente se ne era andato senza salutare nessuno.

   Si, ma allora perché aveva deciso di non andare più in spiaggia? Giacomo non aveva certo chiesto di far parte della “summer band”! Aveva telefonato a casa sua, ma sua madre aveva sempre risposto che non era in casa o che stava dormendo, scuse, questo era ovvio. Aveva cercato anche di rintracciarlo sul cellulare, ma l’aveva sempre spento. Ma perché?

   Depresso, non sapendo più cosa pensare, decise di giocare la sua ultima carta.

   -Valentina, hai per caso visto Marco in questi giorni?

   Valentina alzò gli occhi dalla rivista che stava leggendo e incrociò lo sguardo preoccupato di Michele.

   Abbassò gli occhi e appoggiò il giornale accanto a lei –No, e la cosa mi preoccupa molto- rispose –Gli ho telefonato più volte a casa, ma la madre mi ha sempre risposto che non era in casa e sul cellulare stessa storia: né risponde ai messaggi, né quando lo chiamo. E’ lui che non vuole farsi trovare, lo conosco troppo bene.- aggiunse in un soffio. Era vero lo conosceva da molto, eppure aveva paura di non conoscerlo per niente. Era da un po’ di tempo che non riuscivano più a comunicare e si chiedeva se la loro amicizia non dovesse finire così.

   A complicare il tutto si era messo anche Giacomo con quella dichiarazione. Quanto avrebbe voluto che a fargliela fosse stato Marco! L’avrebbe baciato, abbracciato e avrebbe accettato felicissima.

   Invece era stato Giacomo e per giunta lui era sparito dalla circolazione. Perché? Non poteva essere Giacomo la causa di tutto, Marco non poteva essere geloso di lei… o forse si? Ma se era quello il motivo voleva dire che….  Ma no, impossibile! Altrimenti perché avrebbe dovuto avercela anche con Michele? C’era qualcos’altro e lei era decisa a scoprire cos’era.

 

La villa in cui abitava Marco era all’estrema periferia del paese, in aperta campagna. Ogni volta che ci si recava, Valentina non poteva fare a meno di sorridere: quante volte avevano corso a perdifiato per quei campi e poi stanchi ma felici e accaldati si erano tuffati nelle limpide acque del mare a pochi passi da loro! Quante nuotate aveva visto quel tratto di costa e quante volte avevano corso su quelle spiagge, d’estate e d’inverno, terminati i loro compiti!

   Valentina non poteva fare a meno di ricordare quei momenti con una nota di nostalgia. Ricordava ancora quel giorno, undici anni prima, quando lei aveva rischiato di affogare in quelle acque e lui l’aveva salvata, benché avesse più o meno la sua stessa età. Poi, scherzo del destino, si erano trovati nella stessa classe poche settimane dopo.

   Valentina sospirò, chiedendosi se mai quei momenti felici sarebbero ritornati e suonò il campanello. Gli aprì una donna di mezz’età dall’aspetto simpatico e lo sguardo intelligente.

   –Valentina!- esclamò vedendola –Che piacere rivederti!   

   Valentina non potè fare a meno di sorriderle e abbracciarla calorosamente. –Signora che piacere vederla! Marco è in casa?

   Il volto allegro e affabile della donna si contrasse in una smorfia di disappunto.

   –Mi dispiace, Marco non c’è, non so proprio dove possa…

   -Per favore signora!- implorò Valentina con le lacrime agli occhi –So che Marco è qui, lo conosco! La prego! Devo parlargli urgentemente! Siamo tutti molto preoccupati per lui, perché non viene più in spiaggia? Cosa gli è successo? Non voglio bugie come per telefono! Sono qui per sentire la verità!

   La signora Piovante abbassò lo sguardo preoccupata: anche lei si era accorta che Marco non era più lo stesso, ma se ne stava sempre in camera sua senza parlare con nessuno –Non ci sono per nessuno!- era stata l’ultima frase che aveva pronunciato prima di chiudersi nel suo mutismo da cui nessuno era riuscito a liberarlo.

   –Valentina io… non so neanche io cosa sia successo a mio figlio. Se ne sta sempre in camera sua senza parlare con nessuno. Neanche Giulia con la sua allegria è riuscita a distrarlo. Si è chiuso in se stesso e tu sai quanto sia timido di natura. Avete per caso litigato?

   Valentina rimase interdetta, pur sapendo bene che la risposta era negativa –No, è per questo che lo cerco. Potrei almeno provare… per favore…

   La signora Piovante asserì con la testa: gli occhi di Valentina esprimevano quel sentimento così dolce che si prova soltanto da adolescenti, quando ti batte il cuore e non sai come fermarlo e hai paura ti voglia sfuggire dal petto.

   –D’accordo, provaci.

   Valentina sorrise e lasciò che la donna la lasciasse entrare.

   -Valentina! Che bello vederti!- esclamò la voce di una bambina di dieci anni dai capelli castani.

   -Giulia!- Valentina sorrise vedendo la piccola: l’aveva vista nascere e crescere e le voleva bene come se fosse sua sorella – Come stai?

   -Io bene, ma è Marco che sta male! Non parla più, è così diverso! Fallo ragionare tu!

   -Ci proverò!- sorrise accarezzandole i capelli –Ma tu non ti spaventare se senti che litighiamo. Voglio capire cosa è successo e sarà impossibile non farlo!

   Giulia accennò di sì con il capo e tornò in cucina rincuorata. Valentina era l’unica a poter aiutare suo fratello, ne era certa!

    Valentina salì le scale che portavano al secondo piano e aprì la porta. Si stupì di trovarla aperta e si chiese se Marco non avesse ascoltato la sua conversazione con la sorella e la madre. Entrò lentamente e lo trovò steso sul letto che gli volgeva le spalle, come se dormisse. Ma non dormiva e lei lo sapeva bene.

   -Ciao Marco- lo salutò gentilmente Valentina, ma lui non si mosse –Sono venuta per vedere come stavi, visto che non ti fai più vedere… e non far finta di dormire che so che stai fingendo!- disse, ma quando vide che lui restava impassibile, alzò il volume della voce, gli occhi lucidi.

   -Ma perché fai così? Cosa c’è che non va? Ci conosciamo da tanto tempo perché non me ne parli, potrei aiutarti!

   Marco balzò giù dal letto come se fosse una molla. I suoi occhi erano freddi come il ghiaccio –Non voglio più sentirti affermare che mi conosci da tempo perché non è vero. Non ci conosciamo per niente e tu lo sai meglio di me!

   Valentina non credeva alle proprie orecchie: ma cosa diavolo gli era successo? Cosa voleva dire con le sue parole? Non capiva.

   -Che cosa vuoi dire? Non ti capisco! Che ti è successo?

   -Non mi è successo niente, sono calmo, calmissimo, non vedi?

   -Balle!- urlò Valentina con le lacrime agli occhi –C’è l’hai con me? Dimmelo chiaro e tondo! Non so neanche cosa vuoi, spiegati! Perché non vieni in spiaggia, perché non ti fai trovare? Voglio una risposta, capito!

   -Ah, ma allora ti sei accorta che io non c’ero! Pensavo fossi troppo presa da Giacomo!

   -Giacomo? Che c’entra Giacomo? Non mi dire che sei geloso di Giacomo?

   -Io geloso di te? Ma chi ti credi di essere! Non crederai che solo perché sei bionda tutti i ragazzi debbano cadere ai suoi piedi! Perché non vengo in spiaggia? Perché non voglio più vederti, perché credevo di avere un’amica che invece non ho! Ma ora che ci penso sono uno sciocco: sembra quasi che sia io il colpevole. Mi perdo gli amici e il divertimento per colpa tua, per una….

   Valentina non gli lasciò finire la frase, anche perché ne immaginava il termine e scappò via piangendo. Ma cos’era successo al ragazzo che amava con tutto il cuore?

 

Marco la vide allontanarsi da dietro la tenda e infine sparire all’orizzonte. Richiuse la tenda e si guardò in giro, cercando la sua chitarra. La prese e iniziò a suonare qualcosa senza sapere quale motivo stesse suonando. La sua mano istintivamente toccava le corde dello strumento e intanto la sua mente volava lontano da quella stanza e ritornava indietro di tre giorni, fino a quella fatidica sera in cui aveva capito chi fosse veramente Valentina.

   Rivide il giardino della casa di Paola e la luna piena brillava alta nel cielo. Sentì ancora una volta la voce di Valentina pronunciare il nome di Giacomo e rivide lo sguardo della ragazza vivo e allegro, come se non lo vedesse da anni.

    Aveva sentito molto spesso Valentina parlare di Giacomo anche se non l’aveva mai incontrato di persona. Glielo aveva sempre descritto come un ragazzo veramente affascinante e molto simpatico.

   Ma non essere geloso!- aveva esclamato notando il suo sguardo indagatore –Tu resterai sempre l’amico a cui tengo di più e ti racconterò sempre tutto, te lo prometto!

    “Ti racconterò sempre tutto”… come no? Dopo ciò che aveva visto quella sera non avrebbe mai creduto a nessuna promessa che gli sarebbe stata fatta.

   -Ti consiglio di fare in fretta o la perderai per sempre!- gli aveva detto Alessandro tornando da una passeggiata. Lì per lì non aveva capito cosa avesse voluto dire dato che era sempre così enigmatico e nessuno riusciva a capirlo. Poi si era guardato intorno e ad un tratto aveva compreso le parole di Alessandro: Valentina e Giacomo erano spariti e lui era chiesto che fino avessero fatto.

   Era tornato in casa cercando di riordinare le idee circa il suo rapporto con Valentina, quando il suo sguardo aveva colto qualcosa che accadeva fuori dalla finestra: si era avvicinato lentamente, augurandosi che non lo sentissero, poco probabile visto come ridevano e si divertivano e poi… si erano baciati! Non era riuscito a capire cosa si fossero detti dopo, ma quella scena era più che abbastanza. Se n’era andato via senza salutare nessuno con il cuore gonfio di tristezza e d’amarezza.

   Smise di suonare e posò la chitarra per terra accanto al letto. Il suo sguardo era risoluto come se avesse preso una seria decisione. Ed era così: avrebbe dimenticato quella ragazza, ma non l’avrebbe certo fatto nascondendosi, anzi. L’indomani sarebbe tornato fra i suoi amici della band.

 

 

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Capitolo 11
*** Incomprensioni ***


INCOMPRENSIONI

INCOMPRENSIONI

-Sabrina, Alessandro scendete! E’ pronto in tavola!- esclamò piena di gioia. Già immaginava i loro volti quando avrebbero visto quel piatto di pennette all’arrabbiata che amavano tanto.

   -Arriviamo!- rispose Sabrina con voce squillante.

   Buttò sulla coperta le carte che aveva in mano, cosicché Alessandro potesse vedere i semi delle carte

   –Allora?- chiese –Ti ho battuto eh? Poker d’assi!

   Alessandro sorrise malizioso –Niente male, ma non hai speranze con me, bimba. Scala reale!- esclamò mostrando le carte –Mi spiace, ma con me non hai scampo! Non riuscirai mai a battermi!

   Era stato suo padre ad insegnargli a giocare a poker e lui ora lo stava insegnando a Sabrina. Si divertiva un mondo nel vederla dimenarsi per la rabbia perché non riusciva a sconfiggerlo.

   -Non ti sopporto! Sei troppo bravo!

   -Non sono bravo, sei tu ad essere una schiappa!

    Il viso di Sabrina si contrasse in una smorfia di disappunto. Che colpa ne aveva se non aveva mai giocato a poker?

   Alessandro le diede un colpetto sulla spalla –Coraggio andiamo a mangiare! Tua madre ci ha chiamato!- disse per tirarle su il morale.

   Senza troppa convinzione scese giù dal letto e s’incamminò verso l’uscio della porta.

   –Continueremo dopo- aggiunse prima di uscire dalla stanza –E sta sicuro che ti batterò!- Concluse con uno sguardo di sfida. L’avrebbe battuto alla fine, di questo ne era certa.

   Alessandro sorrise e scosse la testa: anche lui l’aveva ripetuto tante volte quando il padre gli aveva proposto di giocare e lui irrimediabilmente perdeva. Ricordava ancora la gioia che provava quando si sentiva sicuro della vittoria e la delusione quando vedeva il suo sogno sfumarsi –Non è giusto! Sei troppo forte!- urlava imbronciato, ma neanche due minuti dopo, era già pronto per una nuova sfida.

   Quelli sì che erano bei tempi, che non sarebbero mai più tornati e questo lo riempiva d’infinita tristezza.

   Fu il suono del campanello a distoglierlo dai suoi pensieri.

   –Chi sarà a quest’ora?- chiese quasi a se stesso, mentre poggiava il piede sull’ultimo scalino della prima delle due rampe.

   -Non lo so!- rispose Sabrina correndo a rispondere.

   Girò la chiave nella toppa della serratura e la porta si aprì. Non ebbe neanche il tempo di guardare chi fosse, che Valentina le cadde fra le braccia singhiozzando.

   -Valentina… ma che succede… perché piangi?- chiese stupita e preoccupata allo stesso tempo.

   Valentina alzò gli occhi e Sabrina potè leggervi la disperazione e la delusione –L’ho perso! L’ho perso per sempre! E non so cosa fare! Mi odia lo conosco! E’ finita!

   -Calmati Valentina e raccontami quello che è successo.

   Valentina si asciugò gli occhi con il dorso della mano –Sono… sono andata a casa di Marco per sapere cosa gli era successo… all’inizio non voleva farsi trovare… poi … non ha fatto altro che dirmi cattiverie… parlava di Giacomo, ma io non lo capivo… pensavo che fosse per quella sera e lui… ha iniziato ha dirmi parolacce e a insultarmi… sosteneva che ho tradito la nostra amicizia, anzi che non è mai esistita!  Cosa devo fare! Sono disperata!

   -Giacomo?… Amicizia?… Ma che vuol dire…?- chiese Sabrina senza capirci nulla.

   Alessandro ebbe un sussulto “amicizia… Giacomo…”.

   La sua mente tornò alla sera della festa quando aveva visto Valentina e Giacomo insieme e aveva consigliato a Marco di darsi da fare se non voleva rischiare di perderla. Era colpa sua? Eppure Marco non era un tipo impulsivo… non poteva aver avuto quella reazione solo perché li aveva visti insieme… ma qual era allora la causa di tutto?

   -Potrei… andare a parlare con Marco per sapere qualcosa di più- propose Alessandro in un soffio.

   Le ragazze lo guardarono sbigottite –Davvero…?- chiese Valentina tra le lacrime –Davvero lo faresti?

   -E’ un’idea splendida! Porta Michele con te, dato che lo conosce meglio!- propose Sabrina felice.

   -Certo- rispose a malincuore. Ecco, Michele tornava a rivendicare prepotentemente il suo posto nel cuore di Sabrina. Avevano passato una splendida mattinata, da soli. E ora? Michele tornava al primo posto nei pensieri di Sabrina. Del resto, cosa voleva? Era stata lei stessa a parlarle dei suoi sentimenti per Michele… Ma in fondo cosa importava? Per amore dell’amore non gli importava di soffrire.

   Valentina se ne andò anche se poco convinta: conosceva troppo Marco per non capire che era tutto inutile.

   -Allora ragazzi, come mai ci avete messo tanto? Chi era al campanello? Allora siete contenti? Vi ho preparato il vostro piatto preferito…- la gioia della signora Mancini andava diminuendo sempre di più –Ma ragazzi cosa vi è successo?- le loro facce non promettevano nulla di buono.

 

Non ci fu bisogno di cercarlo. La mattina dopo Marco, con grande sorpresa di tutti, apparve in spiaggia. Nessuno, saputa più o meno da Sabrina la storia, si aspettava di vederlo. Marco come se nulla fosse salutò tutti e si guardò in giro, cercando…  

   Cercando lei, naturalmente come d’abitudine, era più forte di lui, era come una forza che lo costringeva a guardarsi in giro e cercarla, anche se lui non voleva.

   -Oggi non è venuta- gli disse una voce alle sue spalle.

   Si voltò e vide Alessandro e Michele dietro di lui.

   -Non mi interessa- mentì.

   -Bugiardo!- gli inveì contro Michele prendendolo per la maglietta –Ma che cavolo ti è preso da un po’ di tempo? Era parecchio che non ti vedevamo e oggi di punto in bianco ti troviamo qui. Cosa ti è successo?

   Marco non rispose, non sapendo cosa dire, benché, secondo lui, avesse validi argomenti a suo favore.

   -Non rispondi?- urlò Michele quasi a voler sovrastare le lacrime che volevano sgorgargli dalle guance, desideroso che il suo amico tornasse quello di prima –Perché? Perché ti comporti così?

   Marco continuò a tacere e Michele alzò il pugno pronto a colpirlo in pieno viso, ma Alessandro prontamente lo fermò –Basta Michele, calmati!

   -No, Alessandro lascialo stare, è bene che si sfoghi prima che io gli racconti tutto. Perché non mi sono più fatto trovare? Perché una ragazza che voi conoscete bene mi ha tradito, ha tradito la mia amicizia e io non so più in chi o cosa credere. Questo è tutto.

   -Non mi dirai che ti riferisci a Valentina?- chiese Alessandro che iniziava a vederci chiaro in tutta quella faccenda –Cosa ti ha fatto? Non ti starai… non ti starai riferendo a Giacomo, vero? Non crederai che loro stiano insieme? Lei non ti farebbe mai una cosa del genere. Lei…

   -No Alessandro ti stai sbagliando- gli rinfacciò quasi mettendosi a piangere –Li ho visti io, ma voi non potete capire cosa significa. No, Michele, non puoi capirmi neanche tu: Valeria e Marika ti hanno amato e Sabrina ti ama. Anche tu Alessandro: Valeria è cotta di te, molte ragazze in spiaggia ti guardano. Ma per me è diverso: Valentina ed io siamo sempre stati insieme, la consideravo un’amica e invece si è dimostrata una vera vipera. E ora che sapete tutto, lasciatemi in pace e non toccate più questo argomento.

   -E allora perché sei tornato?- chiese Michele senza fiato. Ma che diavolo stava succedendo?

   -Perché ho capito che in fondo il colpevole non sono io, ma lei. Perché mi dovrei nascondere allora?

   -E questo l’hai scoperto aggredendo Valentina che era venuta a trovarti, vero? Ma dove lo trovi tutto questo cinismo?

   Marco li guardò come se fossero degli estranei –Allora è stata lei a mandarvi da me! E voi credete più alle sue parole che alle mie? Bene, pensavo che almeno voi mi avreste capito. Addio- salutò e si allontanò più triste di come era arrivato.

 

 

Salve a tutti! Domando a tutti voi perdono per il ritardo con cui posto questo capitolo, ma il modem mi ha dato non pochi problemi in questi ultimi giorni. Spero solo che adesso sia tutto a posto!

Spero che questo capitolo, per quanto breve, vi sia piaciuto! Commenti e critiche sono sempre ben accetti!

Ah dimenticavo… buone vacanze a tutti!

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Capitolo 12
*** Cupidi del XXI secolo ***


CUPIDI DEL XXI SECOLO

CUPIDI DEL XXI SECOLO

-No, basta sono stufo di vedervi in questo stato. Svegliatevi!- esclamò Andrea battendo un pugno sul tavolo, al colmo dell’esasperazione.

   Era passata una settimana dall’ultimo incontro – peraltro burrascoso– fra Valentina e Marco e il malumore aveva contagiato un po’ tutti: Marco da quella famosa mattina non si vedeva più in giro né si faceva trovare in casa e anche Valentina aveva smesso di andare in spiaggia per paura di incontrarlo o di ricevere commenti sarcastici.   Michele, Sabrina, Paola e Alessandro erano taciturni: i due ragazzi perché convinti che Marco si fosse sentito tradito dalle loro parole, soprattutto Alessandro che aveva accennato alla visita della ragazza, Sabrina perché non era riuscita ad aiutare la sua migliore amica. Paola invece si sentiva colpevole perché era dalla sua festa che erano iniziati i loro guai.

   Andrea e soprattutto Gaetano, che era amico di Marco e Michele da molti anni, avevano cercato di tirarli su di morale, ma inutilmente.

   La situazione era diventata insostenibile e Andrea decise che era tempo di agire. Non potevano rovinarsi il resto delle vacanze, né tanto meno far sciogliere la loro band.

   Michele alzò la testa distolto dai suoi pensieri e guardò il ragazzo.

   Cosa?- chiese.

   -Dico- rispose spazientito mentre i suoi capelli castani ondeggiavano al vento –Che non sopporto più questa situazione. Dobbiamo agire!- esclamò battendo nuovamente il pugno sul tavolo del gelataio dove si erano seduti come facevano di solito quando la giornata era molto calda.

   -E cosa proponi per migliorare questa situazione?- chiese Sabrina poco convinta. Parlava bene lui: doveva trovarsi al loro posto!

   Andrea sorrise -Si, un’idea c’è l’ho, ma ho bisogno soprattutto di voi, Michele e Sabrina. Mi aiuterete?

   -Certo!- esclamarono all’unisono – Conta pure su di noi.

 

Il telefono squillò per la quarta volta e solo allora Marco si accorse che era stato quello a svegliarlo. Chiamò sua madre affinché rispondesse, avendo paura che qualcuno lo cercasse. Con suo grande dispiacere si ricordò che i suoi erano fuori e che lui era solo. Che fare? Ma in fondo che importava se fosse lui il destinatario della telefonata? Se fosse stato così, avrebbe chiuso il telefono.

   -Pronto?- rispose con voce sonnolenta. Per tutta la notte era rimasto sveglio e solo allora si era assopito un po’, ma non era durata a lungo.

   -Pronto, sono Andrea, c'è per caso… oh Marco ma sei tu! Sapessi quanto mi fa piacere trovarti in casa! Come va?- Marco voleva attuare il suo proposito ma si fermò –Bene grazie.- ringraziò sorvolando sulle frecciatine del suo amico.

    -Ti ho chiamato per invitarti a una festa, sai non è proprio una festa, ma più che altro una rimpatriata fra di noi. Devo partire per quindici giorni con i miei e prima di partire volevo stare una sera con voi. E’ per domani, che fai, ci vieni?

   -… viene anche Valentina?- chiese come se non gliene importasse molto, ma in realtà era tutto per lui.

   -No, ha detto che non poteva venire. Perché?

   -No, niente- sospirò di sollievo: almeno Alessandro e Michele avevano avuto la compiacenza di non dire nulla agli altri e fargli fare una figuraccia! E in fondo… perché rifiutare? –D’accordo accetto. Grazie per l’invito.

   La conversazione terminò con i soliti saluti e solo allora si chiese se avesse fatto la cosa giusta. Si prese la testa fra le mani, meditabondo. Era da circa una settimana che non sentiva la voce degli altri e gli aveva fatto piacere parlare con Andrea. Da quando aveva visto Valentina e Giacomo insieme, aveva tagliato i ponti con tutti, litigato con Michele e Alessandro, li aveva chiamati traditori e aveva accusato Sabrina di credere solo a Valentina. Ma che colpa aveva Sabrina in tutto questo? Se fosse stato al suo posto, non avrebbe cercato di aiutare la sua amica in qualsiasi modo? Anche Alessandro e Michele erano innocenti: Sabrina aveva certamente chiesto loro aiuto e ambedue avrebbero fatto qualsiasi cosa per lei. Conosceva Michele e quanto gli era grato per quanto l’aveva aiutato e immaginava i sentimenti di Alessandro verso di lei. Si, doveva in tutti i modi cercare di fare la pace con entrambi e soprattutto con Michele. Possibile che una ragazza avesse potuto rovinare un’amicizia che durava da una vita?

   Prese la cornetta e compose il numero di Michele, deciso a ripristinare il loro vecchio legame.

 

Sabrina controllò l’orologio per l’ennesima volta. Le 20.00! Se Valentina non si fosse sbrigata il loro piano sarebbe andato il fumo!

   –Avanti, sbrigati!- la incitò.

   -Un attimo solo!- esclamò Valentina, sempre indecisa su cosa indossare.

   Erano le 20.10 quando Valentina si decise a uscire dalla stanza e a incamminarsi verso la casa di Andrea.

   Valentina sapeva che non si sarebbe divertita, ma voleva lo stesso tentare. Aveva tirato un sospiro di sollievo quando Sabrina l’aveva avvertita che Marco non sarebbe andato alla festa: vederlo le avrebbe aperto una ferita che lei preferiva far cicatrizzare completamente. Rivedere i suoi occhi, così diversi ora da quelli che aveva conosciuto anni prima, sentire di nuovo le sue parole offensive era troppo per lei. Scosse la testa cercando per quella sera di divertirsi e non pensare ad altro.

   -Siamo arrivati!- esclamò Sabrina e Valentina persa com’era nei suoi pensieri non si rese conto di quella nota euforica che trapelava dalle sue parole.

   La festa era già cominciata quando le due ragazze entrarono nel vasto salone della casa di Andrea. Nella confusione generale Valentina si accorse che anche Michele era assente. Si guardarono intorno e poi si buttarono nella mischia ballando a ritmo di musica.

   L’atmosfera era allegra e serena e Sabrina era felice di notare sul viso della sua amica un sorriso sincero. Si guardò in giro con noncuranza e ben presto incontrò lo sguardo di Alessandro. Il ragazzo sorrise e fece segno d’assenso con il capo. Sabrina gli rispose con un sorriso e si diresse verso Valentina.

   Vale, potrei parlarti per favore?

 

Michele suonò il campanello nel momento stesso in cui ricevette lo squillo di Alessandro. Era agitatissimo: un qualsiasi errore avrebbe compromesso tutto. Doveva fare attenzione e soprattutto cercare di evitare l’argomento “ragazze”.

   Marco corse giù come un lampo e dopo pochi secondi erano già sulla strada, diretti alla casa del loro amico.

   Le abitazioni dei due ragazzi non erano molto distanti, ma in quel frangente doveva trovare qualcosa di cui parlare. Fortunatamente fu Marco a prendere l’iniziativa.

   –Ti chiedo scusa Michele- iniziò –Sono stato ingiusto con te e Alessandro, ma questa storia mi ha fatto stare molto male. Per fortuna ora è tutto passato.

   -Davvero?- chiese Michele incredulo.

   -Si- rispose quasi a volerlo confermare a se stesso, ma sia lui sia Michele sapevano che non era vero.

   Stettero un po’ in silenzio e Michele lo conosceva troppo bene per non capire che stava pensando a Valentina. Considerando che era il momento opportuno, uscì dalla tasca il suo cellulare e aspettò finché non sentì lo squillo, poi chiuse la chiamata.

   -Chi chiami?- chiese Marco cogliendolo di sorpresa.

   -Gaetano. L’ho avvertito che stiamo arrivando.

 

Sabrina accese la luce e fece accomodare Valentina nel salone. La stanza era abbastanza grande con gran balcone che si affacciava sulla spiaggia. Valentina si avvicinò alla finestra e fissò la luna rispecchiarsi nel mare.

   E’ meraviglioso!- esclamò estasiata.

   -Sapevo che ti sarebbe piaciuto e quando Andrea me l’ha mostrato ho pensato subito di farti una sorpresa.

   -E’ meravigliosa, ti ringrazio. L’ultima volta che ho visto uno spettacolo del genere ero con Marco… Sabrina- la ragazza si voltò verso di lei –Cosa ha detto Marco a Michele e ad Alessandro quel giorno? Non me l’hai ancora detto.

   Sabrina fu colta alla sprovvista: non le aveva raccontato nulla per non farla soffrire ulteriormente e ora non sapeva che fare.

   Fortunatamente il suono del campanello giunse propizio.

   -Chi sarà?- chiese Valentina.

   -Forse è Michele- rispose prontamente –lui potrà esserti d’aiuto più di me. Aspettami qui, vado a veder se è lui!- e senza dare il tempo a Valentina di replicare, corse via chiudendo la porta dietro di sé.

 

Michele suonò il campanello tremando: quando sarebbero usciti da quella casa qualcosa sarebbe cambiata in bene o male, sperando che tutto andasse nel migliore dei modi.

   Andrea aprì la porta sorridendo –Ciao Michele! Oh Marco, ci sei anche tu?! Che bello vederti! E’ da parecchio che non ti fai vedere in giro, eh? Sono felice che sia venuto, ieri pensavo che avresti cambiato idea! Avevi una voce! Su, dai, vieni, ho qualcosa da mostrarti!

   -Cosa?- chiese ancora stupito da quella calorosa accoglienza che mai avrebbe immaginato tale.

   -Il nuovo PC che mi ha comprato mio padre. Vieni!

   Marco lo seguì malvolentieri: ma perché correva così? Il computer non scappava! Ma in fondo era bello veder che qualcuno gli voleva davvero bene…

  Andrea giunse davanti alla porta del salone e si voltò verso il suo amico.

  Eccoci. Dai, entra prima tu, voglio veder che effetto ti fa!- si scostò dalla porta e lasciò che l’amico l’aprisse.

   Marco l’aprì e subito Andrea lo spinse dentro chiudendolo all’interno, poi si allontanò canticchiando. (NdNaco: Lo so, lo so, non è esattamente una cosa carina… ma non sapete quante volte avrei voluto farlo a persone che sono più testarde di un mulo! Lasciatemelo fare almeno qui!! *_*)

 

Marco si voltò verso la porta e la trovò chiusa. Si avvicinò e cercò di aprirla ma non ci riuscì.

   –Ma che scherzo è questo!- esclamò ad alta voce.

   Valentina si voltò spaventata da quella voce così familiare che l’aveva distolto dai suoi pensieri. E pensare che i suoi pensieri erano rivolti proprio a lui!

   I suoi grandi occhi azzurri lo fissarono spaventati, ma non riuscì a parlare.

   –Marco…- bisbigliò infine.

   Marco si girò e i loro sguardi s’incrociarono. Nessuno dei due sapeva cosa fare, cosa dire, poiché davanti a loro c’era la persona che non avrebbero mai immaginato di incontrare e che non avrebbe mai voluto trovare.

   Il primo a riprendersi fu Marco che improvvisamente assunse un’aria dura come mai Valentina l’aveva visto.

   Cosa ci fai qui?

   -Cerco di divertirmi e di non pensare a ciò che mi hai detto. E tu cosa ci fai qui?- Era la prima volta che si vedevano dopo quella scenata a casa di Marco.

   -Invece dovresti pensarci e in ogni caso sono qui per divertirmi. E’ strano che tu sia qui per divertirti. Per farlo bastava Giacomo!

   -Giacomo!- Valentina sgranò gli occhi. –Ancora Giacomo! Ma cosa c’entra Giacomo? Perché continui a parlarne? Cosa t’importa di lui?

   -A me, niente, a te... Dimmi un po’ da quando non vi fate una bella passeggiata sulla spiaggia? Da quando non vi date un bel bacio come quello che vi deste alla festa di Paola?

   -… baciati….! Ma allora tu ci hai spiati! Ma come hai potuto farmi una cosa del genere?- esclamò, ma benché tentasse di nascondere le lacrime, queste ormai scendevano copiose sulle sue guance.

   -Ah e piangi anche!- urlò arrabbiato –Ma come osi! Io dovrei piangere dopo esser stato tradito da te, da quella che credevo un’amica! Ci conosciamo da tanti anni e non ti sei neanche degnata di raccontarmi niente! Perché? Eri convinta che non ne starei stato felice? Il tuo primo vero ragazzo e non mi dici niente! Credevo che mi volessi bene!

    Valentina scoppiò in singhiozzi, nonostante fosse innocente –E te ne voglio ed è proprio per questo che, quando lui mi ha baciata, io l’ho respinto! Mi ha chiesto di uscire con lui e io ho rifiutato, perché lo considero un amico, caro, ma solo un amico! Tu dici di essere stato tradito e io cosa dovrei dire? Hai proprio una bella fiducia in me! Come hai potuto pensare che non ti avrei detto nulla? Che non mi sarei confidata con te?

   Marco si sentì un verme mentre vedeva Valentina che piangeva. Come aveva potuto credere che Valentina non gli avrebbe detto nulla? Si ricordò di quando in quinta elementare era corsa da lui perché un bambino le aveva chiesto se poteva accompagnarla a casa e lei non aveva saputo cosa fare. –Vuoi che vi segua di nascosto?- le aveva chiesto per farle piacere e lei gli aveva sorriso felice.

   Le si avvicinò e l’abbracciò commosso anche lui.

   –Ti prego, Valentina, non piangere, è tutta colpa mia. Sono stato uno sciocco nel credere che tu non mi avresti raccontato nulla. Perdonami…. Altro che mancanza di fiducia, era solo gelosia.

Valentina alzò i suoi occhi verso quelli scuri del ragazzo. Si guardarono intensamente senza parlarsi, ma capendosi con lo sguardo, come avevano imparato a fare fin da quando erano piccoli.

   Marco chiuse gli occhi e avvicinò il suo viso a quello della ragazza.

   –Ti voglio bene- le bisbigliò prima di baciarla. –Ti ho sempre voluto bene e mai come ora me ne sono reso conto.

 

 

Salve a tutti!

Spero tanto che questo capitolo vi sia piaciuto almeno la metà di quanto io mi sono divertita a scriverlo. Marco e Valentina mi sono sempre piaciuti e sono contenta che  finalmente si sono chiariti e hanno capito una buona volta di amarsi!

Dal prossimo capitolo in poi, inizierà l’ultima parte di questa storia, dove finalmente ci saranno nuove e choccanti rivelazioni che porteranno al finale. Spero che sarete ancora qui a leggere e non scapperete prima!

Ringrazio ancora una volta  tutti coloro che leggono e commentano questa storia. Grazie di cuore, mi rendete davvero felice!

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Capitolo 13
*** Una sconvolgente verità ***


UNA SCONVOLGENTE VERITA'

UNA SCONVOLGENTE VERITA'

Sabrina guardò i suoi due amici abbracciati mentre ballavano un lento e sorrise, felice di averli riuniti. Ricordò le parole che Alessandro le aveva detto la sera di ferragosto e dovette ammettere che aveva avuto ragione: la loro era stata solo una minima parte in quella riconciliazione, il resto lo avevano fatto da soli, parlando e chiarendosi.

   Alessandro… guardò verso di lui e sorrise senza accorgersene. Ripensò a quel ragazzo che l’aveva fatta soffrire e che poi, inspiegabilmente era cambiato e diventato il suo migliore amico… migliore amico… quante volte aveva sentito Valentina pronunciare quelle due parole… e ora lei e Marco erano insieme… chissà se anche lei e Alessandro…

   Scosse la testa per allontanare quel pensiero assurdo dalla testa e si accorse che Michele la stava guardando. Sorrise e si allontanò colpita dall’episodio che le era capitato. Quanto avrebbe dato, pochi mesi prima, perché Michele la guardasse così! Sarebbe stata la ragazza più felice del mondo, ma ora… perché non aveva provato quella stessa sensazione che prima, quando lui le parlava o la guardava, sentiva nel cuore? Cosa le stava accadendo? Lentamente senza accorgersene aveva dimenticato quel ragazzo che l’aveva fatta soffrire per anni, non amandola e per cui aveva dato tutta se stessa dopo che Valeria lo aveva lasciato? Perché? Come mai proprio ora e non prima? Cosa, o piuttosto chi era intervenuto ad aiutarla a dimenticare?

   Persa nei suoi pensieri, senza sapere come, si ritrovò sulla spiaggia deserta come in quella mattina in cui aveva conosciuto Alessandro…. Ma perché continuava a pensare a lui? Possibile che fosse lui la persona che le aveva fatto dimenticare Michele? Allora voleva dire che…?

   -Sabrina- si sentì chiamare.

   Si voltò con il cuore palpitante –Michele…

   -Scusami, non volevo spaventarti- mentì. Lo sapeva, quando l’aveva chiamata, che Sabrina si sarebbe spaventata, sentendosi chiamare. La conosceva e riusciva a capire quando la sua mente volava lontano. Ma era quello che voleva, spaventarla o più di tutto svegliarla, capire cosa le era accaduto, perché da un po’ di tempo si stava allontanando da loro o piuttosto farle comprendere bene cosa volesse, cosa cercasse, o chi…. –Volevo solo complimentarmi per la riuscita della missione.

   -Perché dici così- arrossì –Anche tu, Andrea e Alessandro avete avuto un ruolo determinante in questa storia.

   -Già, ma conoscendoti, ero convinto che non c’è l’avresti fatta a tenere nascosta la verità a Valentina!- la punzecchiò ridendo.

   -E, infatti, è solo grazie all’aiuto di Alessandro che non ho parlato. Conoscendomi mi è stato sempre accanto affinché non parlassi e non sai quante volte ero sul punto di farlo! E’ stato davvero un caro amico.

   -Solo?- la domanda di Michele cadde come un macigno sul cuore di Sabrina e proprio come Michele aveva immaginato, arrossì violentemente.

   -Che vuoi dire?

   Michele la fissò e il suo cuore iniziò a battere all’impazzata –Ci stai lasciando, Sabrina. Alessandro per te sta diventando più importante di noi, dei tuoi amici che ti conoscono e che conosci da sempre e se da una parte mi dispiace, dall’altra sono felice per te. Dacché ti conosco sei sempre stata una ragazza allegra e spontanea su cui poter sempre contare. Per me eri e sarai sempre una grande amica, che mi ha aiutato nei momenti di difficoltà e che non mi ha mai abbandonato. Ti sarò sempre grata per questo e per questo voglio che tu sia felice con lui.

   -Ma io non…

   -Non sai quel che vuoi e hai paura di sbagliare. Conosco quella sensazione di sconforto e indecisione, l’ho provata anch’io. Prova a guardare nel tuo cuore senza aver paura di scoprire la verità. Ti stai innamorando di lui.- non era una domanda, ma un’affermazione.

    -Non lo so, non lo so!- urlò coprendosi le orecchie con le mani –Ho paura di scoprire la verità e non so perché… sto cambiando!

   Michele le posò una mano sulla spalla e sorrise dolcemente –Brava, hai capito! Stai crescendo e stai cambiando, è naturale che non ti senta più sicura di nulla, ma coraggio, noi ti staremo sempre accanto, comunque vada.- la baciò sulla fronte e se ne andò lasciandola lì a cercare di capire cosa Michele avesse voluto dirle implicitamente.

 

-Complimenti!- esclamò una voce alle sue spalle mentre ancora fissava la figura di Michele che si allontanava all’orizzonte.

   Si voltò e il suo voltò assunse una posa acida e antipatica.

   Cosa vuoi Valeria? - chiese con voce fredda –Ci hai spiati, vero?

   Le sue labbra s’inarcarono in un sorriso malizioso che Sabrina conosceva bene e che non prometteva nulla di buono. Ricordava di averlo già visto anni prima, quando Michele aveva annunciato al gruppo che Valeria era diventata la sua ragazza e quando poche settimane prima l’aveva rivista. Aveva un brutto presentimento.

   -Non vi ho spiati, diciamo così, ho solo involontariamente ascoltato la vostra conversazione sul futuro e sull’amore.

   -Ma cosa vuoi?

   -Complimentarmi! Michele ti ha detto che ti vuole bene, non sei contenta? Erano anni che aspettavi che ti dicesse che eri importante per lui! Brava, l’hai conquistato! Ma con Alessandro sarà diverso!

   -Ma cosa dici! Non capito nulla di ciò che Michele mi ha detto e poi lascia stare Alessandro! Lui non proverà mai nulla per te, perché ti conosce!

   -Davvero? E tu lo conosci? Allora dimmi, tu sai il vero motivo per cui Alessandro abita in casa tua?

   -Perché i suoi genitori vorrebbe che lontano da casa diventasse più aperto.- rispose acida.

   Valeria rise –Credi davvero che Alessandro sia venuto qui per un motivo talmente sciocco? La verità è un’altra… vuoi sapere quale?

   -No!- esclamò voltandosi e allontanandosi.

   -Alessandro è venuto qui perché ha perso i suoi genitori in un incidente stradale e non ha più nessuno.

   Sabrina si fermò e si voltò di scatto –Stai mentendo, vero? E poi chi te lo avrebbe detto?

  -E’ stato lui. Circa due settimane prima che arrivasse qui, è rimasto orfano e i tuoi genitori hanno deciso di prendersi cura di lui finché non raggiungerà la maggior età, cioè fino alla prossima settimana. Poi ti lascerà, tornerà al suo paese natio e lì io lo raggiungerò!

   Sabrina la guardò mentre le lacrime le scendevano copiose lungo le guance –Stai mentendo!- esclamò senza forza.

   -Non ci credi? Chiediglielo! Mi dispiace, so come ti senti, ma cosa vuoi? Ha scelto me…

   Sbrina si coprì le orecchie con le mani per non ascoltare quella sua risata maligna da vincitrice e corse via. No, non poteva essere vero, stava mentendo! E se invece avesse detto la verità? Ma perché l’aveva rivelato proprio a lei? Rivide il volto di Michele quando anni prima cercava Valeria con lo sguardo e le sue crisi… vide il volto di Alessandro sovrapporsi a quello di Michele. Scosse la testa negando a se stessa tutto. No, era una bugia, era falso… eppure non riusciva ad averne la certezza matematica.

 

Valeria la guardò allontanarsi e sorrise certa di avere la vittoria in pugno. Ormai Sabrina aveva perso tutta la sua fiducia in Alessandro e lei l’avrebbe conquistato più facilmente in quel momento in cui, dopo aver perso i suoi, avrebbe perso anche la ragazza che amava….

   “Io, Alessandro de Angelis non proverò mai niente per te!”… le aveva detto giorni prima alla festa di Paola e lui non avrebbe mai potuto immaginare che quelle sue parole cariche di odio l’avrebbero portato proprio da lei.

   Alessandro de Angelis… aveva già sentito quel nome… ma dove? Poi mentre camminava era passata accanto a un giornalaio e allora i suoi ricordi si erano fatti più chiari. Lentamente quella pagina di cronaca nera le era affiorata nella mente e in particolare quell’articolo in fondo alla pagina in cui si raccontava di un tragico incidente stradale che era costato la vita ad una famiglia di Cagliari e di cui l’unico superstite era stato il primogenito e che, essendo minorenne, aveva trovato ospitalità presso amici dei genitori. Era apparsa anche la foto del ragazzo e lei immediatamente aveva pensato che “avrebbe tanto voluto conoscere un ragazzo come lui e magari farci qualcosa”.

   Era stato davvero un colpo di fortuna che si era trasferito proprio lì e che non avesse raccontato mai a Sabrina la verità… Capirlo non era stato difficile: più volte Sabrina gi aveva chiesto notizie sulla sua famiglia e questo spiegava che era all’oscuro di tutto e la sera di ferragosto aveva avuto la grande fortuna di interrompere la loro conversazione proprio mentre, probabilmente, lui le stava per raccontare la verità. Una fortuna che non si sarebbe certo lasciata sfuggire.

 

La signora Mancini stava leggendo un articolo, distesa sul divano, cercando di rilassarsi dopo una dura giornata di lavoro, quando Sabrina entrò nel soggiorno piangendo, mentre gli occhi mandavano lampi di rabbia.

   –Mamma, è vero che Alessandro ha perso i genitori in un incidente stradale e che per questo è venuto qui?- le chiese mettendolesi di fronte, cosicché non potesse scappare.

   La signora Mancini si tolse gli occhiali e li depose sul giornale sul tavolino avanti a lei e la guardò.

    –Sì, è tutto vero- sospirò –Immaginavo che alla fine l’avresti saputo e che mi avresti chiesto spiegazioni. Quel giorno eri al campeggio con i tuoi amici e io in cucina che lavavo i piatti, quando squillò il telefono e andai a rispondere: era una vicina di casa di Alessandro che ci chiedeva di andare immediatamente a Cagliari perché era accaduto qualcosa di grave a Giuseppe e a Caterina.

   Devi sapere che Caterina era stata una mia grande amica e tuo padre molto presto divenne amico di Giuseppe, il suo fidanzato. A quei tempi eravamo inseparabili e anche in seguito, quando loro erano tornati a Cagliari, ci tenemmo sempre in contatto, almeno per i primi tempi, poi più nulla, ma non ne siamo rimasti offesi: erano persone chiuse che non sapevano farsi amici, un po’ come il figlio d'altronde, e non amavano i contatti a distanza. Sapevamo che quando conoscevano una persona e si sentivano compresi, davano il meglio. Coppia strana, ma veri amici.

   Ti dicevo erano chiusi e proprio per questo noi eravamo gli unici amici a cui credessero veramente e di cui sapevano di potersi fidare. Saputa la notizia non esitammo a correre a Cagliari. Arrivati la vicina ci spiegò che la famiglia de Angelis aveva avuto un incidente stradale mentre accompagnavano il loro primogenito ad una festa. Erano stati loro a chiederle di chiamarci. La vicina ci raccontò la dinamica dell'incidente: la loro auto si era scontrata con un’altra che andava controsenso. La piccola Lucia era morta sul colpo mentre i genitori erano in gravissimo stato all’ospedale. Solo Alessandro, il più grande, era rimasto illeso, riportando solo qualche contusione.

   Ci precipitammo all’ospedale, ma ormai era tardi: Giuseppe era morto pochi minuti prima e Caterina non avrebbe superato la notte. Quando mi vide mi chiamò con filo di voce e piangendo mi disse queste parole: -Maria… ti prego… prendetevi cura di Alessandro finché non sarà grande abbastanza per cavarsela da solo… vi prego…- e spirò. Alessandro era lì nella stanza: fermo, impassibile, ma abbiamo capito subito che stava soffrendo e che si sentiva in colpa per l’accaduto.

   Fu lui a chiederci di non dirti nulla perché, ci disse, non voleva che provassi compassione per lui. Come puoi immaginare l’uomo che lo accompagnò quella mattina non era lo zio, ambedue i genitori erano figli unici, ma il marito della vicina che ci aveva avvisato.

   Povero ragazzo, si era sentito responsabile per la morte dei suoi familiari ed era questo il motivo della sua freddezza e maleducazione… ma per fortuna adesso è completamente passata, visto che ti ha raccontato tutto…

   -No, non mi ha raccontato nulla!- urlò balzando in piedi –L’ha raccontato a Valeria, a quella puttana! Ha preferito raccontarlo a lei e dopo quello che ci ha fatto…lo odio! Non voglio più vederlo!- e corse via lasciando la madre a chiedersi quale fosse il ruolo di Valeria in tutta quella storia.

 

Sabrina spalancò la porta della stanza di Alessandro, convinta che fosse rientrato, ma la trovò vuota. Si fermò, con gli occhi frementi dall’ira, decisa ad aspettarlo finché non fosse tornato. Si guardò attorno meravigliata: da quando Alessandro l’aveva occupata, non aveva messo più piede in quella stanza e si stupì nel trovarla identica, a parte i libri di Alessandro sul tavolo, la fotografia dei suoi genitori sul comodino e i suoi abiti nell’armadio.

   -Mi cercavi?- chiese una voce alle sue spalle.

   Nell’ascoltare quelle parole, tutta la rabbia che aveva accumulato esplose in un attimo.

   Si voltò di scatto, gli occhi scintillanti –Perché non mi hai detto nulla?- chiese urlando fra le lacrime –Perché non mi avevi detto che i tuoi genitori erano morti in un incidente stradale e che tu eri l’unico sopravvissuto?

   Alessandro la guardò stupito –Chi te l’ha detto?

   -E’ stata Valeria.

   -Valeria… ma cosa?

   -Si, Valeria. Tutto proprio tutto avrei potuto immaginare tranne che avresti raccontato la tua storia proprio a lei invece che a me o a qualcun altro! Perché non me lo hai detto? Altro che commiserazione! Tu non volevi la mia di commiserazione, ma quella di Valeria sì! Perché lei sa come consolare la gente, vero? Dopotutto quello che ci ha fatto, come hai potuto…! – urlò e gli tirò uno schiaffo –Non volevi raccontarlo a me? C’era Michele, Marco e se proprio cercavi una ragazza c’erano Paola e Valentina. Ma lei sa come consolarti! Dimmi, l’hai già fatto o aspettavi la maggiore età? Hai sfruttato me e i miei genitori e volevi farlo fino ai tuoi 18 anni e poi? Poi andare via con Valeria! Ti credevo diverso e invece scopro che siete tutti uguali! Ti odio! Ti odio!- e accompagnava le parole, già vere e proprie frustate, con schiaffi prima su una guancia poi sull’altra, forti, troppo forti per una ragazza, ma forse a renderli tali c’era la forza della disperazione e dell’odio nei confronti di quella ragazza che le aveva rovinato la vita e quel ragazzo che aveva creduto di conoscere e di cui forse era anche innamorata.

   Alessandro restava immobile, perso in quegli occhi di fuoco, chiedendosi cosa fosse successo alla ragazza dolce che conosceva e chi fosse quella che gli stava di fronte.

   -Calmati!- urlò infine bloccandole le mani –Calmati Sabrina! Io non ho mai raccontato nulla a Valeria! Deve averlo scoperto da sola! In quei giorni i giornali ne parlarono, anche se per poco tempo e lei deve esserselo ricordato! Calmati! Secondo te perché avrei dovuto raccontarlo a lei?- chiese, ma lei continuava a dimenarsi e a scuotere la testa.

   –Perché proprio lei, perché?- continuava a chiedere senza aver neanche ascoltato le parole di Alessandro –Ti odio! Ti odio!

   Alessandro cercava di trattenerla, ma le sue forze stavano diminuendo, mentre quelle della ragazza sembravano aumentare –Sabrina ti prego calmati!

   Sabrina continuava a dimenarsi e Alessandro sentì il cuore gonfio di tristezza. Michele… era per lui che Sabrina era in quello stato e pensare che lui invece… come sarebbe stato bello se lei l’avesse dimenticato e con lui tutta quella brutta storia… e invece…

   –Calmati!- le urlò dandole uno schiaffo e in quell’atto riversò tutta la sua tristezza e amarezza come se, attraverso quell’atto, volesse cancellare la sua sofferenza e renderla realmente felice e allegra, come tutti la consideravano… allegra? No, Sabrina non era una ragazza allegra, ma bisognosa di un affetto superiore a quello di un amico e di una band… lei aveva bisogno d’amore.

   A quello schiaffo Sabrina sembrò tornare in sé –Non voglio più vederti- ripeté e corse via senza neanche accorgersi di aver investito i suoi genitori, saliti nel sentire i ragazzi litigare.

   –Ma cosa è successo?- chiese la signora Maria.

   Alessandro li guardò –Signori Mancini, devo parlarvi.

 

 

ç_ç So di essere davvero sadica nel far passare ad Alessandro tanti dolori e perdite. Ma osa volete? Sono i personaggi che scelgono la loro strada e, quando ho creato il suo personaggio, sapevo che sarebbe finita così. Nonostante anche i, poi, mi sia commossa per la sua storia!o stesso!

Ringrazio ancora una volta tutti color che commentano e commenteranno questa storia.. grazie ragazzi, mi rendete davvero felice!

Per Melanto.: hai ragione i ragazzi sono tutti uguali! ><

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Capitolo 14
*** Notte d'estate ***


NOTTE D’ESTATE

NOTTE D’ESTATE

Sabrina si svegliò con il cuore che batteva all’impazzata, gli occhi spalancatii per la paura o piuttosto per la sorpresa che aveva provato…

   Di nuovo quel sogno! Quella donna, quel ragazzo! Quella spiaggia, quella voce, quella figura… erano mesi che non la sognava, da quando, tempo prima, svegliatasi, aveva scoperto un nuovo Alessandro, completamente diverso da quel ragazzo così freddo che aveva visto sulla spiaggia…

   Non era stata la sorpresa a svegliarla, no… anzi ne era stata contenta di risentire quella voce calda e gentile di donna… ma questa volta qualcosa era diverso….

   Quella donna… dove l’aveva già vista?

   –Non lasciarlo andar via! Non lasciarlo andare! Lui ha bisogno di te… e tu hai bisogno di lui… non lasciarlo andar via!- le aveva detto e questa volta l’aveva vista, aveva visto i suoi capelli castani, a tratti grigi, il suo sorriso dolce… lo stesso volto che aveva visto la sera precedente nella stanza di Alessandro… sul suo comodino… e immediatamente aveva riconosciuto il volto del ragazzo del sogno… era….

   Scosse la testa per allontanare il volto di Alessandro dai suoi pensieri. Si sedette a letto e solo allora si accorse di essersi addormentata vestita e che, solo in seguito, qualcuno l’aveva coperta per non farle prendere freddo.

   Si alzò dal letto barcollando, ancora distrutta per la scenata della sera precedente. Si appoggiò alla scrivania e scosse la testa per allontanare il volto di Alessandra dai suoi pensieri. No, non poteva essere lui il ragazzo del sogno! Voleva dimenticare quel ragazzo dagli occhi tanto profondi, che l’aveva tradita in quel modo… sentiva di odiarlo con tutto il cuore…

   Scosse la testa e il suo sguardo cadde sul carillon che le aveva regalato… rivide quel negozio, la figura alta e sorridente di Alessandro che prendeva il cofanetto con le sue mani “ te lo regalo io” le aveva detto…

   -No!- urlò con le lacrime agli occhi cercando di dimenticare e in uno scatto d’ira, lo fece cadere con una manata.

   Il cofanetto si aprì e la stanza fu invasa dalla sua dolce melodia. Chiuse gli occhi e si lasciò andare a quella musica… una strana dolcezza nel cuore come la prima volta che aveva ascoltato quella melodia… Alessandro… non riusciva a non pensarci e capì che più lo allontanava, più lui ritornava prepotente nella sua mente… ma perché era finito tutto così? Perché la festa di Andrea aveva avuto un tale esito? Prima Michele, poi Valeria e lei era esplosa e non aveva ascoltato più nulla, solo il suo odio…  ma in fondo aveva ragione?

   Come in un sogno ascoltò le parole che Alessandro le aveva detto la sera prima e che lei non aveva ascoltato.

    “Può averlo scoperto da sola”. E se fosse stato vero? Credeva più a Valeria che ad Alessandro?  E poi quello schiaffo… e i suoi occhi… dolci, tristi, pieni di dolore allo stesso tempo… uno sguardo che aveva visto tante volte nei giorni precedenti negli occhi di Valentina… e nei suoi quando, dopo aver versato tante lacrime, si fermava davanti allo specchio per riordinarsi prima di tornare da Michele e Marco per riprendere a studiare nelle loro lunghe notti insonni… e negli occhi di Michele durante le sue crisi… occhi da innamorato che vede fuggir via l’unica persona a cui tiene più della sua vita per una bugia, per un’incomprensione… uno sguardo che non poteva mentire… diversamente dalle parole….

   E lei? Cosa aveva fatto? Gli aveva urlato in faccia che l’odiava, che non poteva più vederlo… ma era la verità o piuttosto una bugia per ingannare se stessa? Chiuse il carillon e lo depose dolcemente sulla scrivania.

   A mente lucida ricordò come si era svolta esattamente la scena la sera prima e si portò le mani sul volto: cosa aveva fatto? Perché l’aveva trattato così? Si sentiva sciocca e stupida e ormai il pianto aveva preso il sopravvento. Come avrebbe mai potuto perdonarla dopo tutto ciò che gli aveva detto? Avrebbe mai potuto salvare la loro amicizia? Doveva scoprirlo subito, anche se non era certo l’ora più adatta per chiarire tutto…

 

Quando Sabrina entrò nella stanza rimase stupita nel trovarla vuota. Si guardò in giro e si accorse che sul comodino la foto dei genitori di Alessandro non c’era più. Uno strano presentimento la colpì: spalancò le ante dell’armadio e come aveva purtroppo intuito, si accorse che questo era vuoto.

   Sabrina si guardò in giro cercando un biglietto, qualcosa che le indicasse dove fosse andato… perché non poteva essersene andato…

   Uscì dalla stanza e si precipitò in quella attigua dei suoi genitori.

   –Dov’è Alessandro?- chiese.

   -Ma cosa… chi…?- blaterò sua madre ancora addormentata.

   Sabrina si precipitò sul letto dei genitori prima che la donna si fosse completamente svegliata.

   Dov’è Alessandro? Dov’è?

   -Se n’è andato- disse con voce sonnolenta il padre –Ha deciso di partire dopo quello che è successo ieri sera. Si è sentito in colpa per non averti detto nulla. Pensa che tu si rimasta choccata per qualcosa che è accaduto anni fa –cosa non ha voluto dircelo. Non ha detto neanche a noi dove andava.

   Sabrina sentì le lacrime tornare a bagnarle le guance. Se n’era andato per lei, per non farla soffrire! Ma lui non poteva andarsene, aveva bisogno di lui, della sua serietà, della sua dolcezza…

   Corse fuori dalla stanza e i due coniugi sentirono dopo poco la porta d’ingresso sbattere violentemente.

 

Sabrina sentiva gli occhi annebbiarsi per colpa delle lacrime, il cuore batterle furiosamente, le gambe correre all’impazzata cercando un ragazzo che aveva conosciuto ancor prima di incontrarlo.

   Corse sulla spiaggia mentre albeggiava, la mente che volava indietro nel tempo, a quella mattina in cui l’aveva incontrato… a come l’aveva trattata… e il giorno di ferragosto, quando gli aveva chiesto di aiutarla a migliorare i rapporti fra Marco e Valentina e lui aveva rifiutato… e poi le cose si erano si sistemate da sole… grazie a una festa… Una bella festa… almeno per loro…

   La mente vagava tra i ricordi, mentre le sue gambe correvano veloci e i suoi occhi cercavano Alessandro senza riuscire a trovarlo, attraversando le strade deserte e rischiando di essere spesso investita da quelle rare automobili che correvano per la città.

   Correva a perdifiato, piangendo, ricordando, vedendo il suo volto, quello sguardo che forse non avrebbe mai più rivisto.

   Chiuse gli occhi senza più speranza e iniziò a correre all’impazzata senza sapere dove andasse, ma solo pregando.

   –Ti prego mia buona fata del sogno, ti prego! Fa che lo raggiunga in tempo! Ti prego…

   Aprì gli occhi ormai stremata: era davanti alla stazione.

 

 

Salve a tutti! Scusate il ritardo con cui posto questo capitolo, ma ormai con gli impegni di studio e di frequenza all’università, non ho molto tempo!

Siamo ormai giunti al penultimo capitolo di questa storia. Lo so che è un po’ breve, ma ho preferito dividere la scena finale in due capitoli per aumentare un po’ la tensione (mi rendiconto di essere un po’ sadica ^^).

Ringrazio ancora una volta tutti coloro che leggono commentano questa storia, e anche chi la legge soltanto. Grazie di cuore a tutti e, al prossimo, ultimo capitolo!

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Capitolo 15
*** Un'alba di feliciità ***


UN’ALBA DI FELICITA’

UN’ALBA DI FELICITA’

Alessandro posò la sua valigia per terra e si voltò per salutare quel paese che gli aveva regalato tante gioie, che l’aveva così radicalmente cambiato, che gli aveva fatto conoscere l’amore, ma che ormai non poteva dargli altro che dolori.

   Pensò con orrore a quello che sarebbe accaduto quella mattina: Valeria avrebbe raccontato a tutti la sua storia e gli altri l’avrebbero giudicato un opportunista, un bugiardo e un ingrato, visto che “aveva preferito raccontare la verità a Valeria, piuttosto che a Sabrina”.

   Sentì un tuffo al cuore al pensiero che non avrebbe più rivisto Sabrina, ascoltato la sua voce. Ma non poteva restare dopo ciò che era accaduto la sera prima… e soprattutto quello schiaffo… ma perché lo aveva fatto? Perché non si era trattenuto? Se le parlato ciò che provava per lei sarebbe stato meno imbarazzante. Perché quello non era stato uno schiaffo come tanti… era stato uno schiaffo in cui le aveva rivelato i suoi sentimenti… come se fosse stato un bacio. Quella mattina avrebbe anche potuto spiegarle tutto e cercare di riconquistare la sua fiducia, ma dopo quello schiaffo, come avrebbe potuto spiegarle la verità senza rivelare tutto ciò che si agitava nel suo cuore? Cosa avrebbe potuto dire se lei avesse capito cosa in realtà quell’atto voleva dirle? Lei voleva bene a Michele, perché complicarle la vita, parlandole dei suoi sentimenti? Meglio sparire, essere dimenticato e odiato, che vedere Sabrina soffrire per colpa sua. Non stava fuggendo, ma solo salvando la sua Sabrina.

   Ormai fra lui e Sabrina era tutto finito: le aveva detto addio la sera prima quando, dopo aver pressappoco raccontato ai genitori della ragazza di come Sabrina avesse sofferto “per una brutta faccenda capitatale per colpa di Valeria”, aveva con loro convenuto che sarebbe stato meglio che lui fosse partito.

   Aveva preparato tutto velocemente e poi, silenziosamente, era entrato nella stanza di Sabrina per vederla per l’ultima volta; l’aveva coperta dolcemente cercando di non svegliarla e l’aveva baciata sulla fronte senza che lei se ne fosse accorta; aveva salutato i due coniugi ringraziandoli di tutto e se n’era andato con il cuore gonfio di tristezza. Aveva raggiunto la spiaggia, quella stessa su cui aveva trascorso tante giornate felici e spensierate, e si era tuffato, rischiarato dalla luce della luna.

Sorrise. Era proprio lì, su quella sabbia dorata che era iniziato tutto, in una giornata come tante. Quella mattina aveva deciso di tuffarsi in quelle chiare e fresche acque, chiedendosi come sarebbe stata la sua nuova vita, tra persone che non conoscevano né lui, né il suo passato. Era l'unico modo che avesse per allontanare i pensieri tristi, come aveva potuto scoprire lui stesso alcuni giorni dopo la morte dei suoi.

   -Smettila di angustiarti così, Sandro.- stava tentando quella sera di fargli coraggio una sua vicina, una donna tanto cara, mentre camminavano insieme sulla spiaggia poche ore prima della partenza -Non puoi pensare che sia colpa tua. Lasciati andare. Non sei mai stato un ragazzo molto espansivo, però…

   -Basta, basta!- aveva urlato scuotendo la testa e si era tuffato lì, con gli abiti ancora addosso, pur di non sentire quella voce amica, ma noiosa, cercare di consigliarlo e con poche bracciate si era allontanato dalla costa, quasi a voler allontanare tutto, il passato, il presente, il futuro incerto, cercando di dimenticare il suo dolore. Avrebbe tanto desiderato non ritornare più indietro e lasciarsi tutto alle spalle, ma non era la soluzione migliore, se ne era reso conto subito, così era ritornato indietro, deciso ad andare avanti. E così doveva fare anche in quest'occasione, si era detto cercando di farsi coraggio.

    Infine, dopo una nuotata, che tuttavia non aveva avuto l'effetto calmante sperato, era arrivato alla stazione e, stremato dalla stanchezza e dalla sofferenza, aveva cercato, inutilmente di addormentarsi su una panchina: Sabrina era sempre nei suoi pensieri.

   Guardò il biglietto di sola andata per Roma, incerto sul suo futuro. Pochi giorni dopo sarebbe stato il suo compleanno e automaticamente avrebbe potuto disporre di tutto e fino ad allora avrebbe passato un po’ di giorni a Roma da Enrico, un suo amico. Più volte l’aveva invitato a passare da lui qualche giorno e adesso era giunto il momento di accettare quell’invito e di fargli una sorpresa. In seguito, quando sarebbe diventato maggiorenne, sarebbe tornato a Cagliari e avrebbe ereditato tutto il patrimonio, nel frattempo gestito dai genitori di Sabrina, come aveva voluto suo padre. Ma cosa ne avrebbe fatto? Non sapeva cosa fare, se proseguire gli studi o vendere tutto e andarsene da quel luogo così triste. Non sapeva nulla, ma in quel momento la cosa più importante era andarsene da lì.

   Attraverso l’altoparlante lo speaker annunciò che il treno per Roma era in partenza dal binario 6.

   Alessandro si guardò indietro per l’ultima volta poi prese la valigia e s’incamminò verso il suo binario.

 

Sabrina guardò la struttura della stazione e la speranza si riaccese nel suo cuore.

   –Ma certo! La stazione!- corse all’interno pregando che non fosse ancora partito.

   D’un tratto sentì una voce che pregava i signori passeggeri in partenza per Roma a recarsi al binario 6.…

   -Roma! Ma certo!- esclamò a se stessa.

   Ricordò una delle tante discussioni avute con Alessandro quando ancora non potevano sopportarsi.

   “Si, ho un amico, ma si è trasferito a Roma mesi fa e comunque non era il massimo” . Conoscendo il suo carattere dei primi tempi, avrebbe dovuto capirlo subito che in realtà erano grandi amici… e se avesse avuto intenzione di andare a trovarlo?

   Iniziò a correre verso il binario 6, benché ormai le gambe non la reggessero più e fosse completamente priva di forze.

   Girò l’angolo e allora lo vide, mentre si accingeva a salire sul treno.

   –Alessandro!- gridò, ma la sua voce fu coperta da quella dello speaker che ripeteva l’invito ad avvicinarsi al binario 6. Cercò di aumentare la velocità, ma ormai era sfinita.

   –Alessandro!- urlò con tutta la voce che aveva in corpo –Alessandro!!

   Alessandro si girò e si chiese se non stesse sognando e se fosse veramente Sabrina la ragazza che correva verso di lui.

    –Sa... Sabrina!- esclamò andandole incontro giusto in tempo per prenderla fra le sue braccia ed evitare che, sfinita, cadesse.

   -Sabrina… ma cosa ci fai qui? Chi ti ha detto che ero qui?- le chiese stringendola forte a sé.

   -Tu… me l’hai detto tu… e tua madre… me l’ha detto lei…

   -Ma cosa c’entra mia madre? Lei è…

   -L’ho sognata… me l’ha detto… mi disse anche che saresti arrivato prima che ti conoscessi… Alessandro, mi dispiace… non avrei dovuto trattarti così ieri sera… sono stata una stupida… stupida… potrai mai…?

   -Non devi scusarti- bisbigliò dolcemente, accarezzandole i morbidi capelli castani –Capisco benissimo… è per via di Michele- gli si stringeva il cuore nel pronunciare quel nome, ma in fondo doveva rassegnarsi –Non scusarti. E’ stata tutta colpa mia, non avrei mai dovuto tenerti all’oscuro di una simile faccenda… avrei dovuto dirti tutto, ma avevo paura che…- le parole gli morirono in gola e allora capì che parlare non serviva a nulla, che l’importante era esser lì, abbracciati, felici, che la loro amicizia avesse superato le perfidie di Valeria… ma era solo amicizia?

   -Sabrina- bisbigliò Alessandro alzando il viso della ragazza verso il suo e i loro sguardi s’incrociarono –Sono stato uno sciocco, ho rischiato di perdere il tuo sorriso, la tua gioia, la tua…

   -Non aggiungere altro- lo zittì –Sono felice così- e a queste parole chiuse gli occhi e lo baciò.

 

Il capostazione fischiò per l’ennesima volta chiedendosi se quel ragazzo avesse avuto intenzione di salire o meno. Si avvicinò lentamente e solo quando era a pochi metri dai due ragazzi capì.

   –In carrozza!- urlò salendo sul treno.

   Le porte del treno si chiusero, mentre il fischio della locomotiva si perdeva in quell’alba di felicità.

 

 

FINE

 

 

E finalmente siamo giunti alla fine di questa storia. Spero che vi sia piaciuta almeno un po’, e che vi abbia fatto vivere bei momenti. Questi personaggi sono stati miei amici per più di un anno e devo confessare che, arrivata alla fine, mi commossi un po’.

Ringrazio ancora una volta tutti coloro che hanno commentato questa mia piccola storia e anche coloro che l’hanno soltanto letta.

Grazie a tutti e a presto.

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