La guerra dei Draghi

di AxXx
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Come tutto iniziò ***
Capitolo 2: *** Viaggio di morte ***
Capitolo 3: *** Il Drago Rosso ***



Capitolo 1
*** Come tutto iniziò ***


Zieg lavorava, lavorava, lavorava. Il suo compito era lavorare la terra per i crudeli alati. Nessun riposo, nessun svago. Dall’ età di cinque anni Zieg lavorava nei campi insieme alla sua famiglia. Se  non lavoravi non mangiavi. Se non lavoravi il pezzo di terra che ti era stato assegnato gli alati non ti davano il pane, l’ unico cibo che si degnavano di gettare ad un uomo. Zieg li osservava con odio mentre ridevano guardando la gente azzuffarsi per quel poco pane che avevano. Odiava vederli gioire mentre torturavano un pover’ uomo che non aveva terminato il lavoro solo perché era troppo vecchio per lavorare velocemente. Non dimenticò mai le suppliche del povero fabbro mentre questi osservava un signore alato trascinare via la figlia per allietarsi la serata. Il fabbro sapeva che non l’ avrebbe più vista. L’alato le aveva puntato gli occhi addosso solo perché in quanto a bellezza era meglio di molte donne umane. Zieg però continuò ad ignorare tutto ciò. Lui insieme a sua madre Lenea, suo padre Darrien e sua sorella Lidia continuavano a lavorare per gli alati senza sosta sperando di rimanere nell’ ombra. Ma non fu così. Zieg aveva sedici anni quando accadde. I suoi genitori erano ormai cinquantenni, e per essere così vecchi sotto il dominio degli alati dovevi avere fortuna, ma loro non erano più forti. Non potendo più lavorare i campi lui e la sua ventenne sorella si presero carico delle terre dei genitori. Grazie a questo Lenea e Darrien non subirono la furia degli alati. Tuttavia non andò così. Dopo due anni di lavoro raddoppiato, di sforzi e sacrifici tutto fu rovinato dal malefico Melbu Frahma. Ogni dieci anni egli indiceva i ‘Giochi della rinascita’: una specie di competizione nella quale cento tra uomini e giganti (Le razze sottomesse agli alati) dovevano sfidarsi in un’ arena a Kadessa.  Zieg fu scelto, tuttavia la sorella Lidia si offrì volontaria per prendere il suo posto. Le regole erano semplici: si entrava nell’ arena-labirinto e si combatteva con tutto ciò che si trovava fino alla morte. Dopo un periodo di addestramento Lidia fu gettata nell’ arena insieme agli altri combattenti. Era tradizione che le famiglie dei partecipanti avessero l’ onore di sedere presso la tribuna privata dell’ imperatore durante gli scontri. In realtà Melbu Frahma si deliziava solo del dolore di quelle famiglie che vedevano i propri figli scannarsi gli uni con gli altri. Come premio per il vincitore: la vita. Lidia ce la mise tutta per tornare dalla sua famiglia e dopo aver affrontato uomini e giganti la giovane uscì dall’ arena come vincitrice. Per un attimo Zieg pensò di poter riabbracciare la sorella, ma il crudele re alato non aveva intenzione di lasciarla andare. Dopo la vittoria di lei Frahma aveva fatto un annuncio: avrebbe liberato la giovane se questa lo avesse sconfitto in duello con la spada. Non ci fu molto da vedere, ma lei non gli dette la soddisfazione di pregare. Il duello si concluse dopo pochi attimi: Melbu Frahma scavò nella gola di Lidia un taglio netto ma poco profondo e la lasciò a morire dissanguata nel centro dell’ arena. nel centro dell’ arena. Zieg, che era molto legato alla sorella pianse per la sua morte forse più dei suoi genitori. Passarono tre anni durante i quali Zieg perse i genitori. Gli alati avevano destinato le loro anime all’ oblio. Gli alati controllavano d’ altro canto anche la morte. Zieg ormai Non aveva altro se non la sua vita, ma ormai in lui era nato un odio viscerale verso gli alati, e soprattutto verso un alato: Melbu Frahma. Era quasi i quarto anno da quando sua sorella era morta, Zieg stava lavorando quando vide una giovane donna correre verso la tenuta dell’ alato che controllava quelle terre. In mano aveva una cesta piena di abiti candidi, probabilmente erano dell’ alato e lei stava tornando dalla sorgente dove li aveva lavati. Lei però nella fretta aveva  perso l’ equilibrio a causa di un sasso, e il contenuto della cesta era caduto per terra sporcandosi. Lei fu presa dal panico e mentre rimetteva velocemente il contenuto nella cesta un giovane alato sopraggiunse. Appena vide gli abiti sporchi a terra si lanciò sulla serva e la schiaffeggiò, dopodiché iniziò a torturarla con la magia. Lei pregò l’ alato di avere pietà e che non l’ avrebbe fatto più, ma quello sembrava divertirsi delle sue suppliche e intensificò la tortura. Fu allora che Zieg non ci vide più: accecato da quella dimostrazione di crudeltà gratuita afferrò la zappa con cui stava arando il campo e con tutte le sue forze colpì l’ alato alla testa uccidendolo sul colpo. Zieg afferrò la giovane e gli disse di dire che lui aveva tentato di usarle violenza e che nel tentativo di fermarlo l’ alato era rimasto ucciso. Non voleva rovinare la vita allla ragazza. Lei impaurita da ciò che era successo non fece altro che annuire, dopodiché scappò via. Zieg tornò a quella che era stata la casa della sua famiglia. Prese l’ arco da caccia di suo padre, qualche provvista e si dileguò. Pochi minuti dopo sentì un esplosione: la casa era esplosa e gli alati erano sulle sue tracce.
 
 
 
 
 
 
Sentite,lo so’, forse è un po’ corto, e poi non capivo come trovare il codice html, ma spero che vi piaccia. Vorrei sapere cosa ne pensate quindi recensioni a non finire. GRAZIE. Inoltre questa è proprio una riedizione visto che il primo tentativo era venuto tutto attaccato
P.S.: Se mi volete dare qualche consiglio siete ben accetti.     

 

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Capitolo 2
*** Viaggio di morte ***


Zieg scappò più veloce che poté. Sapeva che gli alati non avrebbero abbandonato le ricerche. Non di uno che aveva ucciso un alato, specie se quel qualcuno era un umano. Zieg non aveva dubbi su ciò che lo attendeva: lo avrebbero torturato fino a che non avesse avuto più voce per gridare, dopodiché lo avrebbero giustiziato in pubblico, per poi essere destinato alle pene degli inferi a cui gli alati lo avrebbero destinato nella città della morte. Però che cosa poteva fare ora? Non aveva famiglia, nessun amico, nessuna idea di dove andare, non aveva nemmeno la libertà del suicidio: non poteva certo uccidersi, gli alati che controllavano la città dei morti lo avrebbero riconosciuto e lo avrebbero destinato agli inferi. Disperato tentò di ragionare lucidamente, ma la sua testa sembrava ribellarsi, quasi a voler rimanere chiusa nel bozzolo do disperazione che la avvolgeva. Zieg si concentrò allora su un sasso che aveva tre i due piedi e si mise a respirare profondamente nel tentativo di regolare il battito cardiaco. Dopo alcuni minuti riuscì a pensare di nuovo in maniera logica. Tuttavia non c’ erano altre soluzioni: finché rimaneva nel dominio non aveva alcuna possibilità di fuggire. Se solo avesse potuto avere qualche possibilità, l’ avrebbe colta al volo. ‘Devo pensare: c’ è ancora qualche luogo che gli alati non hanno conquistato?’ Si chiese Zieg. La risposta arrivò improvvisa: Gloriano. Il regno governato da Diaz. Era ancora ufficialmente libero, anche se per qualche ragione sconosciuta Melbu Frahma non lo aveva già ridotto in macerie. Zieg però sapeva che si trovava a nord oltre il mare. Lu avrebbe dovuto superare Tiberoa e il confine letale per raggiungere le terre ghiacciate del Nord. Tuttavia non aveva altra scelta e animato da quella piccola speranza si incamminò verso Nord lasciandosi alle spalle la sua vecchia vita. ‘Non importa dove andrò, come vivrò o quando morirò.’ Pensò mentre si avviava lungo un tortuoso sentiero di montagna che si snodava sui monti che dividevano Serdio in due. ‘Io non mi sottometterò più agli alati.’ Questo giurò a se stesso. Giurò a se stesso di non sottomettersi alle bestie che gli avevano portato via la famiglia e che torturavano la sua gente. Non voleva essere un eroe, ne un condottiero, ma voleva essere libero, nei suoi ultimi attimi di vita voleva essere libero. Uccidere quell’ alato lo aveva liberato. Come tutti lui viveva schiacciato dalla paura di quelle creature che nessuno si pensava avrebbe potuto abbattere, ma lui l’ aveva fatto. Aveva sconfitto un alato, e se ne aveva ucciso uno poteva ucciderne anche altri. Ormai deciso si diresse verso i monti più alti.
I giorni passarono veloci: decine di alati setacciavano i monti. Ma Zieg era forte ed agile appena sentiva qualcosa si addentrava nel sottobosco per poi arrampicasi su un albero. Gli alati battevano i sentieri, spinti più dal desiderio di cacciare che di vendicare il loro compagno ucciso. Zieg invece si nascondeva con astuzia e attenzione: assicurandosi di non lasciare niente al caso: copriva meticolosamente i suoi rifugi con fogliame e cespugli, camminava in acqua per non lasciare impronte od odori e non si addormentava fino a che non aveva la certezza di essere al sicuro. Ormai viveva alla stregua di un animale: per non farsi vedere non accendeva il fuoco quindi mangiava carne cruda e beveva acqua contaminata. Tuttavia non aveva rimorsi, la sua vita precedente non era diversa: mangiava poco, beveva poco ed aveva paura. Ma questa volta era lui a decidere di vivere così, non era qualcosa che gli veniva imposto. Passarono i giorni, poi le settimane, poi i mesi, alla fine perse la cognizione del tempo. In due anni aveva raggiunto i monti di Tiberoa: una catena montuosa che divideva il desertico territorio Tiberoano dalle terre dei giganti. Le terre dei giganti erano tutte sotto il controllo degli alati a parte un piccolo territorio dove un gruppo di giganti viveva ancora libero. Zieg aveva passato gli ultimi mesi viaggiando nel deserto di Tiberoa. Aveva ucciso due alati. Il primo era morto al confine tra Serdio e Tiberoa. Quello lo aveva riconosciuto mentre attraversava il confine. Eccitato non aveva pensato che un umano lo avrebbe aggredito, quindi gli voltò le spalle per chiamare i suoi compagni. Ma non fu mai in grado di dire un’ altra parola. Zieg afferrò una freccia, e tenendola in mano come un pugnale la conficcò con tutta la forza nella gola dell’ alato. La bocca del soldato si riempì di sangue ancora prima che lui potesse rendersi conto dell’ accaduto. Rantolò cercando disperatamente di arginare lo scorrere del sangue per qualche secondo, dopodiché cadde a terra morto. Tutto era avvenuto così in fretta che Zieg faticava a crederci: aveva ucciso un altro alato senza che questi potesse fare alcunché per fermarlo. Si sentì euforico mentre correva velocemente verso una formazione rocciosa per evitare che altri alati lo scoprissero. Il secondo però fu diverso. Si trovava vicino ad una tenuta alata. Si era nascosto su un albero perché aveva sentito dei passi nella foresta. Fu con stupore che si rese conto che era stato un bambino a fare quel rumore. Era un bambino alato che con la madre si stava divertendo a svolazzare a pochi centimetri da terra, facendo capriole a mezz’ aria mentre la madre lo guardava con tenerezza. Quello sguardo. A Zieg ricordava sua madre, che lo guardava con la stessa tenera intensità da fargli venire le lacrime agli occhi anche prima che lei morisse. Fu un attimo: un alato maschio si era avvicinato alla donna e al figlio sorridendo, alzò lo sguardo verso il cielo e lo vide. Gli occhi di Zieg e dell’ alato si incontrarono per una frazione di secondi. Zieg fu preso dal panico e si gettò dai cinque metri di albero che lo separavano dal suolo. Fu una fortuna che non si ruppe una caviglia, ma l’ impatto fu comunque doloroso. Non si guardò nemmeno attorno; afferrò il bambino che non si era nemmeno accorto della sua presenza e lo frappose tra lui e l’ alato che stava per lanciare una palla di fuoco contro di lui.  La mano tesa spense il fuoco magico, ma rimase tesa. Questa volta era una preghiera. Zieg fu colto da un ricordo: gli occhi di quell’ alato erano uguali agli occhi di suo padre mentre gli portavano via la figlia per gettarla nell’ arena. Iniziò a sudare freddo, gli tremavano le mani e il suo cervello cominciò a non lavorare in maniera corretta. Era perso in quello sguardo che solo un padre premuroso rivolge all’ aguzzino di suo figlio: disperato, disposta a dare tutto per suo figlio. Zieg si distrasse il bambino gli sfuggì dalle mani e con le sue piccole aluccie luminose tentò di raggiungere la madre che si era messa in ginocchio da un lato con le lacrime agli occhi.
Fu un attimo…
Zieg temette di perdere l’ unica speranza di salvezza e si allungò per afferrare di nuovo il piccolo alato.
 un attimo…
Il padre del piccolo temendo per la vita del figlio estrasse una spada corta e si gettò su Zieg con tutta la forza.
Solo un attimo…
Zieg si abbassò istintivamente evitando la punta della lama ritrovandosi all’ altezza della cintola dell’ alato.
Un attimo indimenticabile…
Zieg estrasse un pugnale fatto con una pietra levigata.
Un attimo terribile…
Zieg piantò il pugnale nel petto dell’ alato uccidendolo sul colpo.
Un attimo troppo orribile per essere dimenticato.
Zieg guardo il corpo dell’ alato a terra poi la madre e il bambino che piangevano accasciati al limite della radura: guardandolo con un misto di odio e paura. Zieg si avvicinò: voleva consolarli, dire che non voleva, che si stava solo difendendo, che gli dispiaceva.
Ma come poteva?
Non era stato tanto più umano di un cane: cosa rendeva lui e Melbu Frahma diversi ora? Ora che aveva separato una famiglia, che aveva ucciso un padre separandolo dall’ amore del figlio.
 Lui non era diverso.
Inorridito fuggì tra gli alberi graffiandosi nei cespugli del sottobosco versando lacrime maledicendosi per il terribile atto commesso. Corse per minuti, ore, forse giorni, ma a lui non importava, si sentiva un mostro, e più che mai sentiva di meritarsi l’ inferno a cui era destinato dopo la morte. Si fermò in una radura dove continuò a piangere fino ad addormentarsi. Il giorno dopo si incamminò di nuovo senza meta. Attraversò per mesi zone desertiche e brulle ripensando a ciò che era successo, quasi desiderando di essere catturato. Ma qualcosa in lui era rimasto, qualcosa che lo spinse a non arrendersi, ad andare avanti. Non sapeva ancora cos’ era, ma per qualche ragione continuò a nascondersi. Era difficile: il corpo e la mente sembravano più pesanti, quasi a volersi ribellare da quella mente che aveva distrutto la felicità di una famiglia. Ma alla fine, nonostante condividesse quest’ odio verso se stesso raggiunse i monti ad est di Tiberoa. Era lì quando si voltò indietro per osservare le pianure desertiche ‘Tornerò mai?’ si chiese quasi malinconico di dover abbandonare quelle terre brulle. Quella sera si accampò presso un boschetto.  Quella sera si rese conto di non sentirsi bene: cominciò a tremare all’ improvviso, si toccò la fronte e si accorse di scottare: ‘Maledizione.’ Pensò con rabbia. ‘non riuscirò mai a superare le montagne ammalato, devo trovare una soluzione.’ Ma non l’ aveva. Tentò di riposare ma la febbre gli impediva di dormire. Cercò allora nello zaino delle erbe medicinali per alleviare il dolore e abbassare la temperatura, ma non le aveva. I giorni passarono molto lentamente, non potendo tornare indietro a causa degli alati che lo stavano cercando continuò ad avanzare tra le montagne. Avanzò a fatica, più andava avanti più freddo faceva, più freddo faceva più la sua temperatura corporea aumentava. Tentò di usare la neve per alleviare il dolore, ma non funzionava. La notte non riusciva a mangiare né a dormire, aveva sempre più sete e la neve non lo dissetava. Di notte veniva preso dalle convulsioni, e a poco a poco cadeva nell’ incoscienza. Fu la quinta mattina di febbre che si svegliò di soprassalto. Era ancora febbricitante, molto, ma a svegliarlo non era stata la febbre, ma il rumore di una battaglia che si stava svolgendo oltre un costone di roccia a non più di qualche centinaio di metri da lui.
 
 
 
OK, non uccidetemi è la mia prima Fanfiction. Forse dovevo provare qualcosa di più semplice, ma scrivere di Zieg mi ispirava, soprattutto di come si fossero conosciuti lui e Rose. Spero che vi piaccia, fate tante recensioni.  
 
 

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Capitolo 3
*** Il Drago Rosso ***


                                      Il Drago Rosso

 

 

 

 

 

 

 

Fiamme... fuoco...

Dietro il costone di roccia un'enorme creature dalle squame rosse come il vino, due ali ampie come una strada, lungo come due elefanti messi in fila come minimo, le fauci avrebbero potuto ingoiare almeno cinque o sei uomini con un solo morso e sputava fiammate lunghe più di cento metri.

Era circondata da una decina di alati che attaccavano con spade lunghe ed affilate, lanciando magie di ghiaccio e fuoco contro quella creatura che sembrava invincibile.

Le avevano già aperto una profonda ferita nel fianco della creatura, ma ancora combatteva con incredibile vigore, tanto che non sembrava risentire dell'attacco subito.

Due alati cercarono di avvicinarsi, ma l'immenso avversario li falciò con violenza usando la coda per bruciarne vivi altri due con una fiammata.

Zieg rimase sbigottito dalla potenza di quella creatura che riusciva a tenere testa agli alati con una furia incredibile, rimase affascinato ad osservare lo scontro in cui gli alati venivano fatti fuori uno ad uno, chi squarciato dagli artigli , chi bruciato vivo dalle fiamme, chi sbranato senza pietà, fino a che non ne rimasero solo due.

Il mostro, erò, era ormai allo stremo: dopo quasi mezz'ora di combattimento aveva perso molto sangue e iniziava a non reggere più gli attacchi degli alati che lo bombardavano a distanza con le loro magie.

A poco a poco, la creatura cadde a terra stremata con un ringhio, mentre Zieg osservava impotente la sua sconfitta.

"Capitano, questo drago ci ha dato parecchi problemi... ma ora la pagherà..." Disse uno dei due alati atterrando vicino alla testa dl mostro estraendo la spada.

"Fa in fretta, prima che si riprenda o dovremmo chiamare rinforzi..." Disse l'altro atterrando poco lontano.

Zieg ebbe un fremito e non poté fare a meno di osservare che, lui avrebbe potuto intervenire.

In quella creatura vedeva un essere ancora libero che per la libertà combatteva e si ribellava, non era simile alla sua situazione?

Doveva intervenire... ne sentiva l'obbligo.

Con un urlo disumano estrasse il coltello e lo piantò in testa al capitano degli alati uccidendolo sul colpo.

L'altro alato aveva alzato la lama per piantarla nella gola del drago, ma, sentendo il rumore del proprio compagno si voltò appena in tempo per vedere la pietra levigata diretta verso il suo icchio sinistro.

Colto di sorpresa lui non ebbe il tempo di reagire: sangue e materia grigia macchiarono il terreno, con schizzi ampi, mentre il corpo del soldato cadeva a terra morto.

Zieg si avvicinò al drago che si stava riprendendo, per assicurarsi che le ferite non fossero mortali.

Non provava paura per avvicinarsi alla mole di quella bestia pur sapendo che avrebbe potuto ucciderlo con una sola zampata, in realtà sapeva che sarebbe morto presto e preferiva farlo così che in qualche altro modo.

Fu un attimo: il drago si rialzò di scatto nonostante l'immenso corpo e con una zampa lo buttò a terra, senza però, ucciderlo.

Sentì una voce, mentre una presenza incredibilmente pesante che gli entrava nella mente sussurrando di tempi antichi, parole arcan: ricordo di tempi andati in cui creature come lei, perché allora aveva capito che quella era una femmina, fominavano sulla terra.

'Umano... ti opponi agli alati... da mille anni non accadeva... che le ferite mi abbiano ingannata? No... ti percepisco... sei reale.... Perché mi hai salvata?" Sussurrò la dragonessa lasciandolo andare lentamente.

Zieg, passata l'adrenalina, sentì di nuovo gli effetti della febbre e dovette farsi forza per alzarsi.

'Debole... sei malato e debole... eppure resisti... il tuo nome... Zieg... eri un contadino... ed hai visto tutta la tua famiglia morire per mano degli alati...' Disse la creatura muovendosi con pesantezza a causa delle ferite.

"Aspetta... se ti alzi adesso rischi di aggravarla!" Disse il giovane, rendendosi conto di quanto fosse sciocco a dire così.

La dragonessa lo osservò con i suoi imperscrutabili occhi rossi come ua lama incandescente forgiata da poco, dopodiché lo afferrò delicatamente tra le unghie e lo trasportò ad un'altura vicina, dove si trovava una grotta.

'Questa è casa mia...' Sussurrò la creatura entrando, seguita dal giovane uomo.

La volta della caverna era incredibilmente alta, probabilmente scavata, data la regolarità di certe rocce, il terreno era abbastanza pulito, tranne alcune ossa, ma l'oggetto che più attirò Zieg fu l'ovale rosso completamente regolare che si trovava stretto tra alcune rocce in fondo alla caverna.

"È... è un uovo... il tuo uovo?" Chiese ammirando le sfaccettature ed i riflessi rossi e lucidi che rimandava l'oggetto.

'Sì... quello... quello è il mio cucciolo." Disse la femmina di drago agonizzante.

"Tu... tu stai morendo!" Urlò Zieg notando che la ferita si era aperta ancora di più.

'Gli... gli alati... gli alati hanno intinto le loro armi con un... veleno... in effetti... sto davvero morendo' Sussurrò la dragonessa sdraiandosi.

Zieg rimase seduto, mentre la febbre gli appesantiva sempre di più la testa, impedendogli di pensare lucidamente.

Lui avrebbe fatto di tutto per salvare quella creatura, sapeva che la malattia l'avrebbe ucciso, ma se fosse riuscito a salvare lei dalla morte, allora non avrebbe avuto rimpianti.

"Del cibo... del cibo potrebbe rinvigorirti?" Chiese con voce tremante per il freddo e la malattia.

'Forse...' Rispose lei mentre il veleno le scorreva in corpo spegnendo la fiamma della vita di quella magnifica creatura.

"Io... io potrei essere... potrei bastare per salvarti?' Chiese mentre si sdraiava e si posizionava in posizione fetale a causa del freddo.

La dragonessa lo scrutò imperscrutabile, con espressione ferma e risoluta, altera persino dinnanzi alla morte.

'Hai coraggio ha offrirti per salvarmi... Perché vorresti morire?' Chiese la dragonessa, mentre Zieg sentiva una strana sensazione di curiosità farsi strada nella mente della dragonessa.

"Io... io non... io non pretendo di vivere a lungo... so che morirò presto... e so cosa mi accadrà... ma se saprò di essere morto... per aver salvato una famiglia... allora andrò all'inferno... senza rimpianti..." Disse tra i colpi di tosse che ormai lo soffocavano.

Passarono alcuni secondi...

Poi un minuto...

poi due...

tre...

Il tempo si dilatò fino a sembrare uno scorrere indefinito di attimi indistinti in cui un umano e un drago morenti si osservavano.

Poi, senza preavviso, la dragonessa si alzò in tutta la sua stazza e si avvicinò a Zieg.

'Pregherò affinché tu possa rivelarti la persona giusta.' Disse.

Senza preavviso, senza nemmeno lasciare il tempo al giovane di capire quelle parole, alzò la zampa si aprì uno squarciò con gli artigli all'altezza del cuore.

"No! Cosa fai!?" Urlò Zieg avvicinandosi a lei per soccorrerla, ma venendo respinto con veemenza.

'Fa silenzio umano... io... io spero che tu sia all'altezza... di... ciò che ti sto dando.' Disse lei con la mente annebbiata dal dolore.

Il sangue scorreva a fiumi dal petto della dragonessa, ma lei sembrava non curarsi del dolore che si stava autoinfliggendo, continuando a scavare, mentre Zieg si allontanava dal liquido rosso.

'Bevilo... ti guarirà...' Ordinò la dragonessa, mentre dalle sue fauci uscivano ringhi e bassi ruggiti di dolore.

Lui era disgustato da un azione del genere e, se non fosse stato per il tono perentorio con cui gli era stato ordinato, non l'avrebbe fatto, ma, con titubanza si chinò e, con le mani, prese il qualche goccia di sangue portandosela cautamente alla bocca.

Il suo corpo reagì in maniera incredibile: le ferite si chiusero e la febbre svanì di colpo mentre i suoi muscoli riprendevano energie permettendogli di stare in piedi senza barcollare.

'Ottimo... ora... prendi questo...' Sussurrò la dragonessa accasciandosi al suolo, mentre, dalla ferita che si era inferta usciva un oggetto stranamente luminoso.

Zieg afferrò la strana pietra, liscia al tatto ed incredibilmente leggera, emanava un tenue bagliore rossastro, molto simile al colore delle squame della dragonessa.

"Cos'è?" Chiese affascinato, mentre la luce si faceva sempre più forte.

'Quello... quello è lo spirito di drago... l'essenza di ogni drago... essa si sprigiona solo negli ultimi attimi di vita di uno della mia razza... esso può... può donare un potere immenso... alle altre razze... Io do a te la possibilità... la possibilità di vendicarti... con quel potere... avrai... la possibilità di sconfiggere Melbu Frahma... ma... devi promettermi... promettimi che il... mio cucciolo... sopravviverà e te ne prenderai cura... tu...' Sussurrò la dragonessa morente, appoggiando il muso ad una pietra levigata.

Zieg, scioccato, commosso e triste, si avvicinò a lei e le abbracciò il collo, iniziando a piangere.

"Perché... Perché lo dai a me?" Chiese tra le lacrime, triste per non poter salvare quella madre.

'Perché tu... tu sei uno dei pochi... che si sarebbe immolato per un altro... senza chiedere nulla e senza sapere chi fosse l'altro... tu rispetti la vita... e questo... ti rende diverso... e degno ai miei occhi... forse ho sbagliato... ma... ti prego... prometti... prometti che salverai il mio cucciolo... salva Dragoch... lui... è la... la cosa che amavo di più... a questo mondo.' Sussurrò lei rannicchandosi.

A quella supplica di madre, il giovane umano non poté che sentirsi in obbligò di fare il giuramento: "Hai la mia parola... me ne prenderò cura io." Disse solennemente asciugandosi le lacrime.

'Bene... si schiuderà tra poco... non dimenticare... mio... figlio...' Sussurrò infine la dragonessa, mentre la sua anima lasciava il mondo diretta alla Città della Morte, lasciando Zieg ed il suo cucciolo per sempre.











Rieccomi dopo decine di settimane di assenza su questa storia, ma, che dire: ringrazio Alexander che mi ha fatto tornare il desiderio di riprenderla in mano.
So che siete pochi su questo fandom, ma vi prego, una recensioncina, lasciatemela, perché fa sempre piacere a presto!
AxXx








Rieccomi 

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