Un amore di diavolo

di irene1
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** prologo ***
Capitolo 2: *** capitolo 1 ***
Capitolo 3: *** capitolo 2 ***
Capitolo 4: *** capitolo 3 - REVISIONATO ***
Capitolo 5: *** capitolo 4 - REVISIONATO ***
Capitolo 6: *** capitolo 5 - REVISIONATO ***
Capitolo 7: *** capitolo 6 - REVISIONATO ***



Capitolo 1
*** prologo ***


Nessun posto è lontano. Se desiderate essere accanto a qualcuno che amate forse non ci siete già?


Prologo:

-Driiiiiiiin!- Erano quasi 10 minuti che la sveglia suonava, quando mi svegliai ; ancora mezza addormentata scostai il lenzuolo e pigiai il bottone della sveglia, facendo sprofondare la mia stanza nell’assoluto silenzio della mattina, sempre se non si considerano gli uccellini che cinguettavano e i rumori dei maggiordomi e delle cameriere che trafficavano per preparare il tavolo della colazione.
Mi voltai verso la sveglia e guardai l’ora: le 7;30
Alle 7;40 avevo appuntamento con le mie amiche! Miseriaccia non ce l’avrei mai fatta! Non potevo certo arrivare in ritardo il primo giorno di scuola!
Quasi caddi quando scesi dal letto e corsi in bagno a lavarmi; feci il più in fretta possibile, poi tornai in camera a vestirmi e truccarmi.
-Buongiorno Signorina Raf- mi salutò Andreas il mio maggiordomo quando mi vide scendere l’enorme scalinata per andare a fare colazione
-Buongiorno Andreas; mio padre è in casa?- chiesi poco convinta; oramai sapevo già qual’era la risposta
-No signorina; il signor Serafini è partito questa mattina presto e sarà di ritorno tra due giorni. Ha lasciato questo per lei- disse porgendomi un piccolo biglietto color avorio.
“Mia piccola Raf, sono dovuto partire per impegni inprorogabili, mi spiace. Un bacio papà”
-tanto ormai ci sono abituata- sospirai al maggiordomo restituendogli il biglietto.
Prima di uscire mi avvicinai ad una cassettiera messa accanto alla parete sinistra vicina alla porta d’ingresso per prendere le chiavi e mi fermai a rimirarmi allo specchio
Durante l’estate ero cambiata molto; i capelli dorati erano cresciuti fino ad arrivare al fondoschiena mentre la mia ciocca rossa mi incorniciava la parte destra del viso fino alla spalla.
Persino il colore dei miei occhi era cambiato; da azzurro cielo era diventato di un verde acqua che faceva invidia al colore dell’acqua della barriera corallina, dove avevo passato le vacanze quell’anno.

Ero dimagrita anche, ma non avevo perso le mie curve, ed ero cresciuta di almeno 3 centrimeti… Come minimo ero alta 1 e 78.
Le persone che m’incontravano per strada non facevano altro che guardarmi.

Con un sospiro chiusi la porta di casa; chissene importava se anche ero la più bella di tutte… a cosa serviva se poi il proprio padre nemmeno ti degnava di uno sguardo… certo gli volevo bene e anche lui me ne voleva; mi trattava come una principessa, anche se a volte esagerava; il problema stava nel fatto che era sempre impegnato con il lavoro… Non era mai partito per più di due giorni ma se non era fuor per lavoro, era rinchiuso nel suo ufficio e io? Era come se non esistessi.

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-Driiiiiiiiin!- Con un pugno feci finire la sveglia contro la parete, poi mi voltai dall’altra parte e mi rimisi a dormire.
-Buongiorno signorino Sulfus; dormito bene?- chiese il mio maggiordomo mentre entrava nella mia stanza con il vassoio della colazione
-Benissimo Lucas, almeno finche quella fottutissima sveglia del cavolo non mi ha svegliato!- risposi stiracchiandomi e mettendomi a sedere; accesi la televisione e guardai l’orario che davano sul telegiornale: 7;50
-mpf… come sempre arriverò in ritardo- dissi sghignazzando a Lucas
Con tutta la calma del mondo feci colazione, mi lavai e mi vestii; dovevo farmi pur riconoscere il primo giorno di scuola… o no?!
Una volta fatta la doccia rimasi con un asciugamano allacciato alla vita a specchiarmi nel mio specchio gigante
“Mio dio ma quanto cavolo sono figo!” pensai tra me e me sogghignando
I capelli blu-neri erano arrivati fino alle spalle ma a me piacevano molto di più così che corti come tutti gli altri figli di papà; facevano colpo sulle ragazze… soprattutto abbinati ai miei occhi color ambra/miele. Poi il tocco finale lo dava il fatto che non ero grosso ma avevo degli addominali ben scolpiti… Insomma ero il più figo del quartiere. E tra meno di mezz’ora lo sarei stato anche della nuova scuola… Il liceo Golden School era tra i migliori licei della città e la retta era talmente costosa che solo le famiglie più ricche potevano permetterselo.
“E io” mi dissi con un ghigno “sono il più potente di tutti… e anche il più figo!”

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Capitolo 2
*** capitolo 1 ***


Capitolo 1:

-Era ora! Stavamo per abbandonarti al tuo destino e andarcene!- mi disse ridendo Uriè, la mia migliore amica fin dai tempi della scuola materna (ed era tanto tempo se si considera il fatto che noi ora eravamo in terza superiore),quando raggiunsi lei e Dolce( altra migliore amica solo che lei l’avevo conosciuta in prima media) davanti alla pasticceria dove ci trovavamo ogni giorno per andare a scuola. -Sei sempre la solita dormigliona!- confermò dolce con una risata
-comunque lei è mia cugina Miki… è una vera imbranata in fatto di moda, ma è una bravissima persona- ci disse poi Dolce, presentandoci una ragazza molto carina, vestita con una felpa blu e un paio di jeans bianchi
-Piacere- disse Miki mostrandoci un sorriso spontaneo a 32 denti
-Piacere io sono Raf- dissi io ripondendo anche al sorriso
-E io sono Uriè- aggiunse la ragazza, anche lei con un sorriso. Quel giorno Uriè si era vestità con un felpone giallo un pantalone di una tuta bianca, raccogliendosi i cpelli castani in una coda che aveva lasciato cadere sulla spalla destra; mentre Dolce, la “modaiola” del gruppo aveva una camicia rosa e un jeans bianco, con un cerchietto rosa abbinato alla camicia
-Miki è una classe avanti a noi quindi non sarà in classe con noi però, visto che si è appena trasferita e che, beh, io sono sua cugina, passerà molto tempo con noi
-Speriamo- dissi con un sorriso
–Un’ altra da aggiungere al gruppo! Più siamo e meglio è. Ora però è meglio se ci muoviamo ad andare a scuola… Non mi sembra il caso di arrivare in ritardo il primo giorno di scuola- le altre con un sorriso acconsentirono e, insieme, ci mettemmo in marcia verso la scuola.
Riuscimmo chissà come ad arrivare addirittura con 5 minuti di anticipo; la scuola era piena di gente… C’erano sia visi nuovi che visi che conoscevo molto bene; In fondo, seduti sugli spalti c’erano alcuni miei compagni di classe, Kabiria, Kabalè e Gas… quei tre erano i più pestiferi e casinisti della classe. Dall’altra parte c’erano Gabi, Andrea e Ginevra; loro erano simpatici, anche se non chiacchieravano mai molto con me.
La campanella suonò, e noi ci avviammo verso la nostra classe.

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Erano le 8;30 quando uscii di casa; decisi di prendere la moto, almeno mi sarei rilassato un po prima di arrivare a scuola e iniziare la tortura.
Ci misi 5 minuti ad arrivare; la campanella suonava alle 8;25 e fuori non c’era già più nessuno.
“che rottura di palle oh” dissi tra me e me mentre salivo le scale per dirigermi in vicepresidenza; ero nuovo di li e non sapevo quale fosse la mia classe.
-TOC TOC-
-AVANTI!- La voce era femminile
-Buongiorno- mugugnai entrando in vicepresidenza e voltandomi verso la vicepreside
-sono Sulfus Zolfanelli il nuovo studente-
-ah certo… prego seguimi caro- detto ciò si alzò e uscì dalla stanza.
La seguii per tutto il corridoio, poi si fermò davanti ad un aula; guardai la targhetta: 3° D
La vicepreside (signora Puerini, lessi dalla targhetta) bussò alla porta dell’aula, poi entrò
-Mi scusi professor Mirali, questo è il nuovo studente; vieni caro, entra-
Mi stava già irritando… ma con chi credeva di aver a che fare questa? Con un bambino di 5 anni che fa il vergognoso?!
Presi un respiro profondo per calmarmi ed entrai con un ghigno stampato sul mio bel faccino;come avevo previsto tutte le femmine della classe avevano trattenuto il respiro… no aspetta non tutte… C’era una biondina che mi aveva guardato appena, poi si era girata verso la finestra; COME OSAVA!
-Lui è Sulfus Zolfanelli, figlio del famoso Lucifero Zolfanelli, che è a capo della più grande industria di cosmetici del paese- continuò la preside; quanto si notava che le interessava solo la fama mia e di quella di mio padre
-Bene ora vi lascio continuare la lezione, buona giornata-
- Molto bene Sulfus, c’è un posto libero proprio qui davanti, vicino a Raf e Uriè- disse il prof indicandogli il posto; era quello in mezzo alla biondina che mi aveva ignorato e a una ragazza con la maglia gialla che continuava a fissarmi in modo strano… Ma che avevano in quella classe?!

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Eravamo entrati da 10 minuti circa in classe e avevamo il professor Milari di economia; io mi stavo annoiando a morte quindi mi misi a ripensare a mio padre e al comportamento strano che aveva avuto in quest’ultimo periodo.
Sapevo che le cose non andavano molto bene, ma da li a rientrare tardi e andarsene via prestissimo quasi volesse evitarmi…
Ero persa in quei tristi pensieri, quando qualcuno bussò alla porta dell’aula, risvegliandomi; era la vicepreside, che presentava un nuovo alunno. Quando questi entrò aveva un ghigno malefico stampato in viso; era un bel ragazzo tutto sommato ma aveva l’aria di uno viziato, che sarebbe andato d’accordo con i diavoli della classe, o come li chiamavamo io, Uriè e Dolce “I DEVIL”.
Gli scoccai un occhiata disinteressata mentre sentivo le altre rgazze della classe (compresa Dolce) trattenere il respiro… eravamo alle solite; mi girai verso la finestra cercando di riprendere il filo dei miei pensieri quando sentii il ragazzo nuovo sedersi accanto a me.
-Ciao angioletto, come ti chiami?- mi chiese con un tono che non prometteva nulla di buono; avvertii chiaramente quel tono e avevo anche voglia di continuare a pensare ai fatti miei, tuttavia sono sempre stata una ragazza beneducata e socievole quindi tirai un sospiro mi girai e gli sorrisi
-Piacere Raf; tu sei Sulfus giusto?- Il ragazzo rimase un po spiazzato, poi mi sorrise a sua volta, anche se era più un sorriso diabolico che un sorriso rassicurante, e mi rispose
-eh già… Sai che sei davvero carina?-
-Ti ringrazio ma ti conviene seguire se non vuoi fare una brutta fine- gli risposi, senza sapere se la brutta fine l’avrebbe fatta per mano mia o del professore (era più probabile la prima opzione)
-Hey angioletto.. che caratterino!- mi disse Sulfus sorpreso, ma prima che io potessi ribattere suonò la campanella
-Ehi Raf vieni a mangiare con me, Dolce e Miki?- mi domandò Uriè alzandosi
-No scusa ma voglio stare un po da sola- le risposi con un accenno di sorriso; intanto il ragazzo nuovo continua a guardarci. Fece per parlare ma prima che riuscisse a dire anche solo una sillaba, fu circondato dai “Devil” che iniziarono a fargli domande su domande, e io ne approfittai per scappare nel mio posto preferito.
Feci tutto il terzo piano di corsa e così anche le scale fino a quando non arrivai sul terrazzo della scuola; con le cuffie nelle orecchie e la musica a tutto volume, mi sedetti in un angolino, mi abbracciai le gambe ed appoggiai la testa sulle ginocchia.
Ero stufa della situazione che si era creata con mio padre ma che ci potevo fare?! In un attimo tutta la mia frustrazione e la mia tristezza si riversarono in calde lacrime che scivolavano sulle mie guance.

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Dannazione l’avevo persa… Certo parlare con quei diavolacci mi aveva fatto bene; erano davvero molto simpatici e mi assomigliavano molto.
Però non ero stato abbastanza veloce da prendere l’angioletto. “Raf” pensai tra me e me “è proprio un bel nome… Ehi ma che dico… io che faccio i complimenti su un nome?! Ma dico siamo diventati matti?! Ho bisogno di prendere un boccata d’aria… Chissà se qui ce l’hanno un terrazzo” pensai mentre camminavo senza sapere nemmeno dove andare; poi vidi le scale che portavano al piano di sopra e le seguii. Dopo due rampe di scale finalmente mi ritrovai sulla terrazza; c’era una vista magnifica e una brezza fresca per niente male.
Mi avvicinai alla ringhiera e chiusi gli occhi per godermi appieno quella brezza magnifica, quando sentii dei singhiozzi venire da dietro “chi miseria è che viene qui a rompere le palle, oltrettutto piangendo!” pensai tra me e me voltandomi, ma quando vidi quella figura seduta in un angolino con i lunghi capelli biondi che toccavano per terra mi venne un tuffo al cuore. “Raf… ma perché piange… Che le sia successo qualcosa?” pensai mentre il cuore cominciava a battermi a mille; una vocina dentro di me diceva di fregarmene, di andarmene e lasciarla piangere perché a me non ne sarebbe venuto nulla in tasca a consolarla, però non riuscivo a darle retta. Vedere quella ragazza piangere sconsolata in un angolino mi metteva una tale tristezza e sconforto che non potei fare a meno di avvicinarmi a lei
-Raf! Stai bene?!- le chiesi ma non mi rispose… continuò a piangere ignorandomi spudoratamente, quasi come se non mi avesse sentito. La guardai per cercare di capire cos’avesse e mi accorsi che aveva le cuffie con la musica a tutto volume; ecco perhè mi aveva ignorato… Non mi aveva proprio sentito!
Dato che se le parlavo non mi sentiva, provai a posarle una mano sul ginocchio; lei sussultò alzando lo sguardo

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Capitolo 3
*** capitolo 2 ***


Capitolo 2:

Quando qualcuno mi mise una mano sul ginocchio io saltai; non mi sarei mai aspettata di veder qualcuno salire sul terrazzo. Rimasi ancora più sorpresa quando vidi chi era che mi aveva risvegliato dai miei pensieri
-Sulfus!- dissi sorpresai, poi mi ricordai che fino a 30 secondi prima io stavo piangendo
-Che ci fai qui? Non mi aspettavo nessuno.. scusa magari volevi star da solo me ne…- iniziai a dire asciugandomi gli occhi con una manica ma non feci nemmeno in tempo a finire che lui mi prese di peso e mi abbracciò
-se vuoi sfogarti fallo pure… non lo dirò a nessuno promesso- mi sussurrò mentre mi teneva stretta a lui; non ero sicura che ci si potesse fidare di lui ma a quelle parole mi sciolsi come una bambina. Iniziai a piangere e sembrava quasi che le mie lacrime non volessero smettere di scendere; per fortuna dato che era la prima settimana di scuola le lezioni dopo il primo intervallo non erano ancora tenute, perché rimanemmo li per almeno un ora, in quella posizione abbastanza scomoda per tutti e due ma che nessuno voleva sciogliere. Alla fine rimasi senza lacrime e, asciugandomi quelle che avevo sulle guancie lo guardai
-Grazie… non so che mi è preso… comunque scusa per prima sono stata una vera maleducata ti ho giudicato male…- gli dissi con un sorriso
-Figurati comunque non penso che tu abbia sbagliato a giudicarmi se mi hai risposto in quel modo angioletto, anzi… ti chiederei di non dire a nessuno che ti ho consolato perché sarei morto- le risposi con un ghigno
-smettila di fare il duro non me la dai a bere- gli dissi con un sorriso.
Evidentemente non si aspettava una risposta del genere perchè mi fissò a bocca aperta
-Se non vuoi che dica in giro che sei stato gentile con me non lo farò- aggiunsi sempre sorridendo
–ma non cercare di darmi a bere che sei una cattiva persona perché nessun ragazzo cattivo si sarebbe messo a consolare una ragazza che ha appena conosciuto, per quanto voglia portarsela a letto- Detto ciò, dato che lui rimaneva zitto a guardarmi con la bocca aperta, io spostai il mio sguardo da lui al mio orologio; Per dinci si erano già fatte le 11!
-Dannazione è tardissimo… Andreas mi starà dando per dispersa ormai! Sarà meglio che vada! Grazie Sulfus ci vediamo domani- gli dissi dandogli un piccolo bacio sulla guancia che sembrò risvegliarlo. Mi girai e iniziai a correre verso le scale quando mi prese per il polso; non strinse troppo la presa, ma abbastanza da sorprendermi e farmi girare verso di lui
-Hey angioletto aspetta, ti accopagno io- disse con un sorriso sghembo molto diverso da quello che aveva quella mattina appena entrato in classe
-sono con la moto quindi ci metteremmo solo 5 minuti-
-Mmm… va bene… ma solo perché adoro andare in moto- gli risposi ridendo e lui si unì a me.
Mentre scendevamo mi accorsi che non mi aveva ancora lasciato andare, ma la cosa non mi dava fastidio… infondo avevo appena scoperto qualcosa di nuovo su quel ragazzo dalla facciata prepotente e, strano a dirsi, quel qualcosa mi piaceva.

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Non ci potevo credere… dovevo star proprio male per essermi rammollito in quel modo… prima la consolavo, poi mi offrivo di accompagnarla a casa e, oltretutto le rispondevo anche bene e non sgarbatamente! Si, dovevo decisamente avere l’influenza.
Poi mi accorsi che non le avevo ancora lasciato la mano e, la cosa più strana in assoluto, lei non aveva ancora detto niente; eppure se n’era accorta di sicuro perché la vedevo con lo sguardo fisso sul punto in cui le nostre mani si tenevano.
-Sei mai andata in moto?- Le chiesi per distrarla… non mi dispiaceva affatto tenerla per mano (“mio dio sto proprio impazzendo”) e volevo che il momento durasse il più possibile.
-Beh…- mi guardò imbarazzata poi si guardò intorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno oltre me all’ascolto
-Questo deve rimanere tra noi… in realtà si ci sono già andata… mia cugina due estati fa mi ha insegnato a guidare e da allora ogni estate ci muoviamo solo in moto- mi disse a bassa voce, flashandomi poi con uno dei suoi mega sorrisi
-beh scusa mi hai detto che deve rimanere un segreto ma i tuoi non se ne accorgono?- solo perché lui non andava in vacanza con sua mare da quando aveva 5 anni non voleva per forza dire che valeva lo stesso per tutti… o no?!
Capii di aver commesso un errore… Gli occhi le si intristirono di colpo e si girò dall’altra parte lasciandomi la mano per asciugarseli; Mi maledissi mentalmente da solo
-S..scusa non volevo.. se non vuoi parlarne non ne parliamo, è solo che non pensavo…- iniziai a balbettare… “si può sapere cosa cavolo mi succede?!” Da quando balbettavo in quel modo?!
-No tranquillo- mi rispose voltandosi verso di me, sorridendo e riprendendomi la mano
–infondo te non puoi sapere… vedi mia mamma è morta quando sono nata e mio padre..- fece una breve pausa, ricominciando a piangere
-mio padre è quasi un anno che non mi rivolge la parola se non per bigliettini e, sinceramente non riesco proprio a capirne il motivo- mentre parlava, le porsi il casco e lei salì con tutta tranquillità sulla mia moto.
-Che strada devo prendere?-
-La terza a destra poi sempre dritto fino a quando non arrivi davanti a una enorme casa bianca-
-ok, comunque se può farti stare meglio, io mia madre non so nemmeno come si chiamava, e mio padre è da quando avevo 5 anni che non si fa vedere e mi costringe a lavorare- le dissi prima di partire… guardai sullo specchietto e vidi che lei mi fissava ad occhi sgranati.
Ci mettemmo 20 minuti ad arrivare; dovevo ammettere che la sua casa non era niente male… più piccola della mia, ma niente male.
Mi alzai la visiera mentre lei scendeva dalla moto
-Senti…- disse con voce abbastanza tranquilla –Perché non ti fermi a pranzo?- e mi sorrise.
Come potevo dire di no quando le mi sorrideva in quel modo
-Ehm… ok- dissi io abbastanza imbarazzato, anche se cercavo di non darlo a vedere; mi fece parcheggiare la moto nel garage, poi la seguii fin dentro la casa
-Sono a casa Andrew- urlò Raf con un sorrisetto
-Signorina finalmente… pensavo che l’avessero rapita!- disse il maggiordomo in tono scherzoso venendoci in contro
-A quanto pare ha un ospite quest’oggi… molto bene il pranzo sarà pronto tra 5 minuti- disse sorridendomi; ok ero imbarazzato al massimo
-Molto bene noi andiamo nella mia stanza- disse di rimando Raf
-Potrei farmi strane idee sai- le dissi con un sorrisetto e lei mi guardò di sbieco sogghignando -non penso che se noi due lottassimo io avrei molte possibilità però in questo caso c’è una cosa a mio favore-
-ah si e cosa?- dissi io ridendo
-il fatto che se urlassi e chiedessi aiuto, Andreas verrebbe a pestarti con una mazza da baseball- oramai stavamo ridendo tutti e due come pazzi, cosa che non mi era mai successa per battute del genere, tantomeno con una ragazza; quella tipa mi faceva uno strano effetto
-Eccoci- disse con un sorriso aprendo la porta; la stanza era azzurra e bianca, con un baldacchino di legno nero, le tende azzurre e le lenzuola bianche e blu notte
-Carina… - dissi con un ghigno
-Non prendere in giro la mia stanza- mi disse lei facendomi la lingua
-aspettami qui- mi disse poi, guardandomi dalla testa ai piedi e uscendo dalla stanza; tornò dopo 5 minuti e mi porse una maglia
-ti sei sporcato di mascara e di ombretto la maglia… mi spiace- mi disse imbarazzata
-Ma figurati non dovevi- dissi io gentile… poi feci un ghigno e mi tolsi la maglietta.
Lei arrossì violentemente e mi tirò un cuscino in faccia
-Maniaco ricopriti immediatamente! Disse dapprima girandosi dall’altra parte, poi guardandomi di sbieco e, infine, scoppiando a ridere.
Io la presi per i fianchi e inizia a farle il solletico fino a quando lei, dalle risate, non cadde sul letto
-Signorini, il pranzo è servito- disse il maggiordomo entrando nelle stanza
-certo Andreas arriviamo subito- disse lei asciugandosi le lacrime che le erano uscite a causa delle risate.
Scendemmo al piano di sotto e mangiammo tranquillamente, poi dato che era solo l’una, Raf propose di metterci in salotto a guardare un film e mangiare pop corn
-Oggi hai da fare?- mi chiese rubandomene uno dalle mani
-Dovrei andare a lavoro perché?-
-Ah no.. Beh sai, tra un po arrivano le mie amiche e potevi rimanere così magari ti conoscevano anche loro- disse spontaneamente
-Angelo mio solo perché mi faccio conoscere così da te, non vuol dire che voglia farmi conoscere così anche dagli altri- dissi io con un ghigno
-uff quanto sei!- La verità è che sarei voluto rimanere tutto il giorno con lei ma senza le sue amiche, però… con che faccia glielo dicevo? Infondo ci eravamo conosciuti solo quel mattino!

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Uff mi sarebbe tanto piaciuto rimanere con lui ancora, solo che non potevo dirglielo… ci conoscevamo da quanto… 5 ore? 6 forse? Avrei fatto la parte della sfacciata…
Una volta finto il film, Sulfus decise di andarsene
-Ciaoo- lo salutai sorridendogli, poi gli diedi un bacio sulla guancia che lo lasciò di stucco e rosso come un pomodoro.
Aprii la porta prima che potesse riprendersi e…
-Raf!- erano Uriè, Miki e Dolce… erano arrivate prima!
Mi guardarono stupite poi si accorsero che c’era anche il mio ospite
-Tu sei Sulfus vero?- disse Uriè dopo un attimo di smarrimento, sorridendogli
-Io sono Uriè e lei è Dolce… siamo in classe assieme… lei invece è la cugina di Dolce, Miki- Le altre due sorrisero a Sulfus e lui, d’apprima guardò me, poi loro eh
-Mpf e chissene non ce lo metti?- disse con un ghigno malefico; io alzai gli occhi al cielo.
Salì sulla sua moto e se ne andò.

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Capitolo 4
*** capitolo 3 - REVISIONATO ***


Capitolo 3:

-Sarà anche carino quanto vuoi ma è antipatico!- Sbottò Miki verso la cugina, che non faceva altro che sospirare al ricordo del ragazzo che sen’era andato in moto
-Si ma è troppo figo!- le rispose Dolce, come se questo lo giustificasse; noi altre non potemmo fare a meno di scoppiare a ridere
Avrei potuto benissimo difenderlo, dir loro che non era affatto così, ma Sulfus mi aveva chiesto di non farlo… E poi c’era anche un'altra cosa che adesso mi preoccupava; nonostante quello che avevo detto a lui, non ero poi così sicura che lui mi avesse consolata senza doppi scopi.
-Ehi Raf mi hai sentito?- chiese Uriè facendomi ridestare dai miei pensieri, gli stessi che mi avevano portata lontana, fino alla scuola, a farmi preoccupare dei motivi che avevano spinto il ragazzo quel giorno a preoccuparsi per me
-No scusa puoi ripetere?- chiesi io
-Ho detto che è tardi e che quindi noi torniamo a casa bell’addormentata!- Mi rispose ridendo. Mi voltai verso l’orologio: le 18;30
Cavolo come era volato il tempo!
-Ok ragazze ci vediamo domani- dissi accompagnandole fino alla porta e salutandole con un bacio sulla guancia
Salii in camera mia e, dopo circa 10 minuti, Andreas venne a chiamarmi per la cena. Mangiai in silenzio e, una volta finito, dato che non ne potevo più di quel silenzio da deserto, decisi di andare a fare una passeggiata.
Quando uscii, il vento freddo mi rinfrescò il viso; decisi di andare in un posto abbastanza isolato, nel cuore della città, in modo da poter pensare.
Era ormai mezz’ora che camminavo e non vedeva anima viva, quando un mano mi prese per un braccio, mi trascinò di peso in un vicolo buio e, buttandomi contro il muro, iniziò a toccarmi il seno.
-Ciao bellezza… che ne dici di divertirci insieme? Sei così bella- mi sussurrò lo sconosciuto all’orecchio, facendomi venire i brividi dalla paura; la puzza di alcol e fumo mi riempiva le narici, e la mia gola, che già non riusciva ad emettere alcun suono a causa della paura, si chiuse ancora di più.
-No… ti prego lasciami!- tentai di urlare sperando che qualcuno mi sentisse.. Che corressero ad aiutarmi e a porre fine a quello che stava diventando il più grande incubo vivente della mia vita, ma era tutto inutile.. La mia voce non ne voleva sapere di uscire
-Se vuoi vivere ti conviene stare zitta!- soffiò l'uomo vicino al mio orecchio, premendo una mano sopra la mia bocca e prendendo un coltellino a serramanico con l'altra; poi avvicinò il coltellino alla mia gamba e lo premette.. Sbiancai vedendo il mio sangue colare sulla coscia.
Nonostante la paura mi attanagliasse lo stomaco come una morsa invisibile, però, mi ritornò in mente un programma che avevo visto in tv e, con uno scatto felino, gli tirai una ginocchiata nello stomaco con la gamba libera; evidentemente non si aspettava una mossa del genere perchè riuscii a prenderlo in pieno. Mi lasciò andare, facendo cadere il coltello, per premersi le braccia sullo stomaco e io corsi verso l'inizio della via.. Ero quasi in salvo, mancavano solo pochi passi.. Ma lui fu più veloce di me. Mi prese da un braccio e mi strattonò talmente forte che io persi l'equilibrio e caddi per terra, sbattendo la testa contro l'asfalto. L'essere mi diede uno schiaffo in faccia e con una mano mi tenne ferme le braccia, mentre con l'altra iniziò a toccarmi nei punti più privati, baciandomi nel mentre lungo il collo. Quei baci mi provocavano solo nausea e paura, non piacere. Tremavo e sentivo le lacrime fremere per uscire.. Ma non volevo dargli anche quella soddisfazione. Lui con una lentezza estenuante e un gigno che di umano aveva ben poco, mi toccava e accarezzava dove nessuno mai era arrivato, prendendo ciò che di più privato avevo.. Mi sentivo violata. Chiusi gli occhi cercando in tutti i modi di non pensare a ciò che quell'uomo mi stava facendo, ma era impossibile. Sentivo i suoi gemiti nel mio orecchio

Un’ora dopo, quel maledetto maniaco si riabbottonò i pantaloni e se ne andò, lasciandomi seminuda per terra, a perdere sangue; ormai l'atto era finito.. Io mi sentivo finita.. Non avevo le forze per alzarmi, ne per muovere un singolo muscolo. Nessuno sarebbe corso ad aiutarmi, così come non lo avevano fatto prima, non che me ne importasse qualcosa.. Ero in uno stato catatonico.
Calde goccie mi caddero sulla guancia; d’apprima pensai che stesse iniziando a piovere, però era strano; la pioggia non era calda, ma gelida come l’aria visto che eravamo a settembre. Poi mi accorsi che erano lacrime. Le mie lacrime.
Avevo iniziato a piangere senza nemmeno accorgermene e ora non riuscivo più a smettere. In più avevo freddo, tanto freddo.
In quel momento pensai alle mie amiche, che mi erano sempre state vicine senza aver mai chiesto nulla in cambio, perché è così che si fa in amicizia… Magari certe volte ci rinfacciavamo le cose, ma dentro sapevo che senza di loro non ce l’avrei mai fatta.
Ripensai anche a mio padre, che non mi rivolgeva più la parola da un anno a questa parte, senza nemmeno che io sapessi il motivo.
E ripensai a lui. I suoi occhi color ambra, i capelli blu che gli accarezzavano il viso.. Rimpiansi il fatto di non aver avuto più tempo per conoscerlo
Come uscito dai miei sogni, vidi il viso di Sulfus davanti ai miei occhi; lui mi chiamava, urlava il mio nome e, impossibile ma vero, aveva il viso rigato di lacrime.

Ora che avevo visto quell’immagine ne ero certa… stavo delirando, perché era impossibile che Sulfus potesse piangere in quel modo tanto disperato, soprattutto per me, che non ero niente per lui, se non una ragazza appena conosciuta.

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Uscito da casa di Raf, me ne andai a casa a cambiarmi, poi la limousine mi accompagnò a lavoro, dove rimasi fino a mezzanotte circa. Ero pieno di cose da fare e di appuntamenti dannazione!
Tutta colpa di quello stronzo di mio padre… Era solo colpa sua se dovevo lavorare!
Avevo voglia di farmi una passeggiata, quindi decisi di farmela a piedi. Ero più o meno a metà strada quando sentii dei piccoli gemiti, accompagnati da un singhiozzare abbastanza famigliare, provenienti dal vicolo accanto a me.
Mi girai e, quando la vidi, la pelle mi si accapponò.
-RAF!-era completamente nuda, distesa supina,  piena di graffi e sangue e i suoi occhi, i suoi magnifici occhi color del mare, erano fissi sul muro di fronte a lei.
-Raf ti prego rispondimi!- le sussurrai abbracciandola e scuotendola ma era sotto shock e semi incosciente, cosa che veniva dimostrata dal forte tremore e dallo sguardo fisso sul muro.
Non riuscii a farne a meno, le lacrime mi uscirono da sole; eppure non avevo mai pianto in vita mia! Velocemente presi il cellulare dalla tasca e composi il numero dell’ambulanza; sarebbe arrivata entro 20 minuti.
Mentre aspettavamo l’ambulanza, mi tolsi la giacca e gliela misi in modo da coprirle almeno il seno a la parte intima, poi mi sedetti meglio e l’appoggia sulle mie gambe, con la testa sulla spalla.
Feci passar le dita tra l’oro fuso che erano i suoi capelli, parlandole… non ero sicuro che mi sentisse, ma le parlavo lo stesso, dicendole che sarebbe andato tutto bene e che non si doveva preoccupare.
Abbassai lo sguardo sui miei pantaloni e vidi che erano pieni di sangue
“Dove si è andata a infilare sta cavolo di ambulanza!” pensai sempre più preoccupato; stava perdendo un sacco di sangue dannazione.
Finalmente in lontananza si sentì la sirena dell’ambulanza, che si faceva via via più forte. Mi alzai in piedi, asciugai le lacrime e la presi in braccio; Uscii dal vicolo proprio mentre l’ambulanza svoltava verso di noi.

-Dev’essere stata violentata!- Risposi quando uno degli infermieri mi chiese cosa fosse successo, poi salii in ambulanza e mi sedetti accanto lei.

*************************************************************

 
C’era luce… troppa luce! E anche tanto rumore; tante voci che si moltiplicavano nella mia testa, che sembrava dovesse esplodermi da un momento all’altro
-fuori pericolo- disse una di quelle voci. Con chi ce l’aveva?
-…la famiglia…- non riusciva a collegare le frasi ne a riconoscere le voci, era troppo doloroso. La luce sparì.
Dopo quella che parve un eternità riaprii gli occhi… La testa non mi faceva più così male come prima, ma in compenso sentivo un lieve pizzicore al polso sinistro; Mi girai e vidi la causa del mio fastido. Avevo una flebo attaccata al braccio. Cercai di ricordare cos'era successo ma era ancora intorpidita
-Ti sei svegliata finalmente- disse una voce facendola saltare… Era Sulfus; era seduto su una sedia e, a quanto pareva, doveva essersi appena svegliato visto che con una mano si grattava gli occhi ancora più assonnati della voce.L’altra mano, notò con felicità Raf, era chiusa attorno alla sua.
"Cos'è successo?" Stavo per chiedere,ma non feci in tempo ad aprire le labbra che ogni singolo istante di quella orribile nottata mi si riversò addosso. I miei occhi orripilanti e spaventati incontrarono quelli preoccupati di lui e si riempirono nuovamente di lacrime.
Quel giorno avevo versato ormai tante lacrime quante non sapevo di averne e, capii avrei continuato a versarne ancora.
-Ssh- mi disse lui sedendosi sul letto e abbracciandomi –ora è finita dai-
Non avrei mai detto che sarebbe potuto essere così gentile. Mentre mi consolava, sentii la porta aprirsi di scatto
-RAF!- erano le mie amiche. Com’era prevedibile, rimasero davvero sorprese a vedere Sulfus che mi abbracciava e mi consolava
-Raf che ti è successo… la professoressa ha detto che eri in ospedale e che non saresti venuta per un po a scuola!- disse Uriè sedendosi sul letto  guardandomi
-Io… i..o…- non riuscivo a parlare così lo fece Sulfus al posto mio
-L’ho trovata ieri sera in un vicolo… stando ai dottori c’e l’ha fatta per miracolo- disse continuando a fissarmi… Possibile che avesse gli occhi lucidi?!
-Oh mio dio!- sussurrò Miki, che nel frattempo si era spostata con Dolce ai piedi del letto
- E mio padre?- gli chiesi tra un singhiozzo e l’altro
Qualcosa parve irritarlo- è venuto solo Andreas, mi ha ringraziato e ha detto che sarebbe tornato domani a trovarti- poi si girò
-Io me ne vado fuori… ciao- disse con il suo solito tono glaciale
Una volta uscito, le mie amiche aspettarono che mi calmassi poi ripresero
-Dai adesso dimentichiamoci di tutta questa storia ok- mi dissero, riuscendo a farmi finalmente sorridere.
rimasero con me fino alle 18 ;30 e Sulfus non si fece più vedere; oramai doveva essersene già andato.
Ero felice che si fossero preoccupate per me, ma mi sarebbe anche piaciuto poter parlare da sola con lui.
Mentre riflettevo qualcuno bussò alla porta, poi, senza attendere la mia risposta, aprì
-Ehi angelo mio ti ho portato la cena- disse Sulfus con un sorriso sghembo; allora non se n’era andato.
-g..grazie- dissi io guardandolo stupita. Lui si avvicinò dopo aver richiuso la porta, e mi posò il vassoio sulle ginocchia
-I..io volevo ringraziarti- dissi guardandolo negli occhi
-Figurati… non era proprio il caso che tu assaggiassi il cibo da ospedale… fa veramente schifo- disse con una mezza risata
-Intendevo per avermi aiutata…- precisai io abbassando lo sguardo sulle mie mani
-Ah figurati.. solo promettimi una cosa- rispose lui facendosi serio all’improvviso e mettendo una mano sopra le mie
-C..cosa?-
-Non azzardarti mai più ad andare in giro da sola di notte! Ti rendi conto che potevi morire? E se fossi uscito più tardi dal lavoro? E se non ti avessi trovato? Cosa sarebbe successo?- wow era davvero preoccupato per me allora
Si stoppò quando vide i miei occhi inumidirsi; prese un bel respiro e mi sorrise
-Dai ora non pensiamoci più… l’importante è che ora stai bene- poi guardò l’ora –Ora sarà meglio che vada… devo tornare in ufficio a…- non continuò; si girò sorpreso verso di me, guardando le nostre mani e cercando di capire perché gliel’avevo presa e, soprattutto, perché non gliela lasciavo
-T…ti prego… non andare via- dissi imbarazzata al massimo, diventando tutta rossa -io…io ho.. p..paura- dissi guardando di sbieco nella direzione opposta
Sulfus, che era rimasto fermo nell’atto di alzarsi, mi guardò dapprima come se fossi impazzita, poi mi sorrise e si sedette; prese il cellulare dalla tasca e digitò un numero
-Sono il Signor Sulfus; oggi non verrò in ufficio- disse in tono gelido alla persona che aveva risposto, poi chiuse e mi guardò
-Hai intenzione di aspettare che il cibo arrivi da solo nel tuo stomaco?- mi chiese poi ridendo
Passammo tutta la serata a chiacchierare e, verso le 20;55, si presentò il medico
-Salve Raf, come andiamo?- mi chiese con tono amichevole
-Molto meglio dottore, la ringrazio- risposi con un sorriso; accanto a me Sulfus si girò dall’altra parte, infastidito da non so cosa
-Molto bene… sono venuto ad avvertirti che entro pochi giorni dovresti essere già in grado di poter tornare a casa- disse poi guardando la cartellina che teneva in manio
-Ma è fantastico! Non è vero Sulfus?- mi girai verso di lui sorridendogli e lui ricambiò.
-Già; così potrai andare a festeggiare con il tuo ragazzo- disse poi indicando Sulfus – beh ragazzi vi saluto devo andare a fare visita ad altri pazienti- aggiunse poi uscendo e richiudendosi la porta alle spalle.

Io e Sulfus ci guardammo, poi distogliemmo lo sguardo, rossi come due pomodori maturi.
Che imbarazzo… qual dottore da strapazzo lo vorrei strozzare!
Però una soddisfazione c’è stata almeno… anche Raf è arrossita come me; chissà perché.
-Ehi angelo si è fatto un po tardi non trovi?- dissi gurdando l’orologio… erano le 23 passate
-Già ma non ho molto sonno… il che è comprensibile dato che ho dormito per un giorno intero- disse lei con un sospiro; era davvero bellissima. Senza rendermene conto mi avvicinai a lei.
Raf si girò verso di me e, vedendo un lampo nei suoi occhi, capii che aveva capito ciò che volevo fare. Ma allora perché non mi fermava? Perché mi studiava le labbro nello stesso modo in cui io studiavo le sue? Possibile che io le piacessi? Intanto eravamo sempre più vicini… oramai era soltanto questione di millimetri.
Con una mano le accarezzai un ciuffo biondo che si era posato sulla sua guancia; ecco c’eravamo quasi…
-Scusate ragazzi ma è ora di spegnere le luci!- disse un infermiera entrando senza nemmeno bussare; non ci guardò nemmeno e, finita la frase se ne riuscì.
Raf mi guardò, ancora imbarazzata
-Sai hai ragione, forse è meglio dormire- poi mi guardò, studiò un attimo la stanza e, con un sospiro si sposto tutta su un lato
-Dai mettiti pure tu- disse, facendo crescere l’imbarazzo di tutti e due
-Non ci sono altri letti, o divani qui e, visto che ti ho chiesto io di restare, mi sembra il minimo almeno farti dormire disteso- aggiunse
Io rimasi a guardarla un attimo, poi mi distesi accanto a lei; nonostante tutto quello che le era successo, profumava di vaniglia.
CAPITOLO REVISIONATO IL 15 agosto 2016

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Capitolo 5
*** capitolo 4 - REVISIONATO ***


Capitolo 4:

-Allora, sei pronta?- mi chiese Sulfus quando uscii dal bagno della mia camera
-Si- risposi io sorridendogli
-Bene dai muoviti e mettiti il casco così andiamo a scuola- rispose al mio sorriso
I giorni di ricovero erano finiti, passati in fretta grazie all’aiuto di Sulfus e delle mie amiche che restavano con me tutti i giorni dopo la scuola.
Avevano deciso di dimettermi di mattina presto e, dato che di stare a casa tutto il giorno non ne avevo proprio voglia e avevo perso un sacco di giorni, mi ero fatta portare la divisa di scuola da Andreas, in modo da poter andare direttamente a scuola.
Arrivata davanti alla Golden School, vidi quasi tutti gli alunni del liceo girarsi a gurdarmi, e,d’istinto, mi strinsi vicino a Sulfus, deglutendo nervosamente.
-Raf!- era Uriè
-Che bello Raf ti hanno dimesso!- mi disse con un sorriso
-Già… ehm… Uriè ma che hanno tutti da fissarmi?- le chiesi sottovoce
-Beh si è sparsa la voce del tuo… ehm… incidente ecco…- disse guardandomi in modo enigmatico
Bene.
In quel momento la campanella suonò e io mi diressi il più infretta possibile verso la porta, guardandomi i piedi
TONF. Andai a sbattere contro qualcuno
-Ops scusa- alzai lo sguardo. Era Kabiria
-Ehi ciao… come stai?- mi chiese con uno sguardo preoccupato;non potevo crederci
-Ehm molto meglio grazie- risposi io facendomi piccola piccola; ero sicura che ci fosse qualcosa sotto
-Beh meno male; spero che quel dannato porco lo arrestino. Comunque sono contenta di vedere che stai meglio- mi disse sorridendomi, e se ne andò. Mi voltai verso Uriè e, entrambe, ci guardammo con la bocca aperta
-Beh che ti aspettavi… anche loro hanno un cuore eh- mi disse Sulfus con il suo solito sorriso strafottente
La mattina passò tranquilla, piena di sguardi, e, per l’ora di pranzo mi rintanai in terrazza, per evitare altre occhiate.
Le mie amiche mi seguirono e così anche Sulfus e, incredibile ma vero, i ”Devil”.
Conoscendoli meglio, non erano poi così male come mi aspettavo, anzi sarebbero stati anche simpatici, se non fosse che andavano matti per gli scherzi di cattivo gusto.
Mangiammo sulla terrazza, scherzando e ridendo; finito di mangiare ogniuno se ne andò per conto suo, fino a quando non rimanemmo solo io, Sulfus e Uriè.
-Beh ragazzi io devo andare… Sulfus la riaccompagni tu a casa?-
-hm… se proprio devo…- disse con il solito tono glaciale che riservava per quando eravamo con qualcuno. Uriè alzò gli occhi sbuffando e se neandò
Sulfus si girò verso di me, fece uno sbuffo e io scoppiai a ridere
-Cos’hai da ridere te- mi disse con un sorriso si sbiego
-Perché, mo è vietato ridere?!- gli risposi facendogli la lingua
-vuoi vedere che mo ti faccio ridere io?- mi disse con un lampo negli occhi, trasformando il sorriso in un ghigno
-prima mi devi prendere, gli dissi io alzandomi e iniziando a correre a destra e sinistra; lui mi venne in contro cercando di acchiapparmi ma io, con una finta, riuscii a scansarlo.
Ero quasi arrivata vicino al muro che senti le sue mani sulle spalle.
-No lasciami!- gridai io tra le risate, sia mie che sue, mentre lui spostava le mani dalle spalle ai fianchi, iniziando a farmi il solletico.
Non ce la facevo più, ridevo come una matta e senza accorgermene, finii con la schiena contro il muro; mi lasciai scivolare fino a sedermi per terra e lui smise di farmi il solletico, e per un attimo restammo fermi a prendere fiato, le sue mani ancora sui miei fianchi.
-Non mi sfidare angelo perché sono abituato a vincere- mi disse con il suo solito sorriso sghembo, quello che mi lasciava senza fiato e che mi faceva palpitare il cuore.
Non mi capacitavo di me stessa; com’era possibile che in soli 4 giorni io potessi essermi affezzionata a lui? Per 2 motivi semplice.. Mi aveva salvata ed era sempre passato a vedere come stavo.
E poi era dolce e sensibile, anche se non lo voleva ammettere; mi aveva consolata quando mi aveva vista piangere, nonostante mi conoscesse da solo alcune ore.. mi aveva salvata ed era rimasto quando ne avevo bisogno, saltando anche il lavoro se necessario, fino a che non mi avevano dimessa dall’ospedale.
Mentre pensavo a tutto ciò, lo guardavo; lo fissavo, o meglio, fissavo le sue labbra e, notai con piacere, che lui faceva lo stesso con le mie.
Era successa la stessa cosa in ospedale e, per poco, non ci eravamo baciati; ci eravamo fermati solo perché era entrata l’infermiera.
Ci stavamo avvicinando a poco a poco; oramai era questione di secondi e le nostre labbra si sarebbero toccate.
Come aveva fatto in precedenza, lui portò una mano all’altezza del mio viso ma, al contrario dell’altra volta, non mi toccò i capelli, bensì la guancia; me l’accarezzò piano, continuando ad avvicinarsi
-sei bellissima- mi sussurrò a fior di labbra, rendendomi in un istante felicissima, poi accorciò le distanze e posò le sue labbra sulle mie.
Iniziammo a mordicchiarci il labbro a vicenda, poi lui infilò la sua lingua nella mia bocca.
Anche il maniaco aveva fatto lo stesso, ma questo era completamente diverso! Mi suscitava emozioni indescrivibili, tanto che le nostre lingue iniziarono una danza sfrenata e passionale; io misi le mie mani sulla sua testa e gli accarezzai i capelli. Erano morbidissimi al tatto… insomma una vera gioia toccarli. Lui invece mi accarezzava i fianchi e la schiena.

Non volevamo, ma dovemmo fermarci per riprendere fiato.

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Avevo baciato un sacco di ragazze, ma non avevo mai provato sensazioni del genere; baciarla era stato… indescrivibile.
La guardai e notai che era leggermente rossa, e che non mi guardava; doveva essere imbarazzata. Il mio sguardo si fece dolce e con una mano le accarezzai la guancia; quando lei mi guardò, io le sorrisi. Fu un sorriso dolce, che non avevo mai fatto a nessuno in vita mia fino ad allora, tanto che rimasi sorpreso io stesso di poterlo fare.
Raf mi sorrise a sua volta e mi diede un altro bacio, un pò più imbarazzato e a stampo, questa volta, ma pur sempre dolcissimo; guardò l’orologio, che segnava ormai le 15;47.
-Mi sa che è meglio se andiamo… o rischiamo che ci chiudano dentro la scuola- disse con un sorrisetto
-Va bene dai… muoviti lumaca che ti accompagno- dissi prendendola per mano e facendola alzare, ma, non appena fu in piedi, le mie braccia la circondarono e lei appoggiò la testa sul mio petto.
-Sai… s… sono felice di averti conosciuto- mi disse imbarazzata
-anche io- risposi arrossendo a mia volta, poi la presi per mano e, dopo aver ritirato la nostra roba, scendemmo le scale fino ad arrivare in cortile.
-Senti ho un idea!- dissi fermandomi di colpo e lei mi guardò inarcando un sopracciglio.
-Dato che io sono venuto a casa tua, che ne dici se oggi vieni te da me?- le chiesi con il mio sorriso sghembo, dato che avevo capito che quando lo facevo non riusciva a dirmi di no.
-V..va bene; aspetta che avverto a casa- ecco appunto.
Dopo che ebbe chiamato Andreas per avvertirlo, le porsi il casco, salimmo sulla moto e sfrecciammo verso casa mia.
Quando arrivammo davanti al cancello, la sentii trattenere rumorosamente il respiro; una volta posata la moto in garage, ci dirigemmo verso l’entrata, sempre tenendoci per mano.
-Buongiorno signorino Sulfus, com’è andata a scuola oggi?- chiese Lucas sentendoci entrare in casa.
-Direi perfettamente- dissi sogghignando, mentre ripensavo a poco prima, sul terrazzo; non ero l’unico, visto che Raf era arrossita e si era girata a fissare i quadri appesi nell’ingresso.
-Capisco… Beh il pranzo è pronto se volete seguirmi- disse lui, gentilmente
-veramente noi abbiamo già pranzato… andiamo in camera mia a vedere un film- risposi, poi, vedendo che Raf si era incantata in un ritratto di mio padre e non aveva sentito nemmeno una parola di quello che avevo detto a Lucas, la trascinai verso le scale.

Scoppiai a ridere, mentre lei quasi cadeva per colpa mia; mi fece la linguaccia e mi seguì.
Quando entrammo nella mia stanza, rimase imbambolata.

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Quando arrivammo davanti a casa sua, trattenni il respiro; era tre volte casa mia!
Il giardino era favoloso, con una fontana gigantesca al centro e tanti fiori rossi e blu; “il giardiniere ha buon gusto” pensai con un sorrisino.
Quando entrammo, fummo accolti dal maggiordomo che chiese a Sulfus se avesse passato una buona giornata a scuola; io mi voltai imbarazzata, ripensando al bacio, e iniziai a guardare i ritratti appesi alle pareti con molto interesse.
Il mio sguardo venne catturato da un quadro appeso subito davanti a me; lo sfondo era grigio scuro, e metteva in risalto un uomo dai lineamenti marcati, ma giovanile.
Aveva gli occhi di un marrone intenso che, ad un’occhiata meno approfondita, poteva sembrare rosso; i capelli, invece, erano di un nero scuro dai riflessi blu. C’era qualcosa in quel quadro, che mi era molto familiare; quasi come se avessi già visto l'uomo ritratto.
Non feci nemmeno in tempo a formulare quel’ultimo pensiero, che venni strattonata da Sulfus, finendo quasi per terra.
Lui mi guardò e scoppiò a ridere e io gli feci la lingua e poi lo seguii; la scalinata era simile a quella di casa mia, solo molto più larga.
Proseguimmo lungo un corridoio a destra, lasciandoci alle spalle molte stanze, poi Sulfus si fermò ed aprì una porta alla sua sinistra; io varcai la soglia e rimasi imbambolata a guardarmi attorno.
La stanza aveva le stesse dimensioni della mia, ma aveva le pareti rosse e nere, cosa però che non la rendeva scura, anzi era molto luminosa.
Il letto era di legno bianco e le lenzuola erano rosse; sotto la finestra c’era una scrivania di un marrone scuro, piena di fogli messi ben in ordine in cartelline nere di pelle, e, dall’altro lato della stanza, c’era un enorme armadio nero e rosso, nel cui centro era stato incollato un enorme specchio. Subito accanto c’era una porta, che doveva dare sul bagno
-Wow- dissi sorpresa –è… è molto bella!- dissi guardandolo
-Grazie- disse lui ridendo
-Scusa ma io ti faccio i complimenti e tu ti metti a ridere?- gli chiesi alzando un sopracciglio
-S…scusa ma dovevi vedere che faccia avevi- disse sempre ridendo, poi imitò la mia faccia e allora anche io scoppiai a ridere
-Beh che si fa?- gli chiesi una volta finito di ridere, arrossendo un pochino; ero ancora in imbarazzo per il bacio di prima.
-Non so… vuoi guardare un film?- chiese gentilmente sorridendomi e prendendomi la mano, facendo sparire ogni inquietudine.
-Certo- risposi io ricambiando il sorriso.
Ci mettemmo distesi, lui con un braccio attorno alle mie spalle e io con la testa sul suo petto, a guardare il film, o almeno a provarci; io continuavo a ripensare a prima, sul terrazzo, e alle sensazioni che avevo provato quando mi aveva baciato… Era stato bellissimo, e ora, il mio corpo ne reclamava ancora.
Il mio cuore batteva all’impazzata, mentre cercavo di calmarmi, tanto che non mi accorsi da subito che anche il suo cuore era impazzito come il mio; mi girai verso di lui, e vidi che anche lui mi guardava.
Poi mi avvicinò e mi baciò di nuovo.
Io gli accarezzai i capelli con una mano, mentre il nostro bacio si faceva sempre più frettoloso.
Lui mi prese di peso e mi spostò sopra di lui, facendo intrecciare le nostre gambe e accarezzandomi la schiena.
Non era per niente come quando ero stata toccata dal maniaco; quei tocchi mi provocavano paura, inquietudine e ribrezzo, mentre questi solo piacere e pura estasi.
Sotto di me, sentivo la sua erezione, ma Sulfus non cercò mai di spogliarmi; solo baci e carezze.
Passò circa mezz’ora, in cui ogni tanto ci staccavamo per riprendere fiato, ma non ci spostavamo mai; riuscivo a sentire il suo calore sotto di me, ed era molto piacevole. Però poi il mio telefono vibrò due volte; era un messaggio.
Il mittente era Andrew;
-È Andrew… chissà cosa…- poi mi zittii leggendo il messaggio.
“Signorina, suo padre è appena arrivato a casa e ha chiesto di vederla immediatamente”
-Cosa dice?- chiese Sulfus quando alzaii lo sguardo verso di lui, ma io non avevo forze per parlare… Ero esterrefatta; gli porsi il cellulare e lasciai che leggesse da solo. Quando finì, mi guardò
-ok capito ti accompagno- disse prendendomi la mano e tirandomi su di peso, poi mi circondò con le braccia e mi diede un lungo, tenero bacio.
-io… io non voglio vederlo- gli dissi, abbassando lo sguardo sulle mie mani, appoggiate al suo petto.
-Ma devi! Magari ti dirà cos’è successo in questo periodo e perché era così impegato- mi disse lui sorridendomi dolcemente
-i..io… e va bene- risposi guardandolo, anche se era evidente che non sprizzavo felicità da tutti i pori.
Prendemmo i caschi e salimmo sulla moto, poi ci dirigemmo verso casa mia; una volta arrivati davanti al cancello, Sulfus si aspettava che io scendessi, ma io non lo feci.

 
CAPITOLO REVISIONATO IL 15 AGOSTO 2016

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Capitolo 6
*** capitolo 5 - REVISIONATO ***


Capitolo 5:
 
-Angelo, si può sapere che hai ora?- gli chiesi vedendo che non si decideva a scendere.
-Io… non è che.. avresti voglia di restare con me?- balbettò rossa come un pomodoro; io la fissai per un attimo, cercando di capire cosa le passava per la testa
-Va bene- risposi alla fine con un sospiro… era impossibile capirla.
-Grazie- disse lei alzando le nostre visiere e dandomi un bacio a stampo.
Parcheggiai la moto in garage ed entrammo in casa.
-Signorini ben arrivati!- disse Andrew, bianco come un lenzuolo
-Andrew, dov’è mio padre?- chiese Raf con tono gelido, ma stringendo un po’ più forte la mia mano.
-È nel suo ufficio signorina- rispose Andrew voltandosi e dandoci le spalle
Raf mi strattonò su per le scale, poi, a metà strada, si fermò.
-I… io ho un po’ paura…- disse Raf guardandosi i piedi
-Come mai?- gli chiesi sorpreso; non è normale aver paura di parlare con il proprio padre.
-Non è mai successo che mi chiamasse in questo modo, tantomeno che Andrew fosse così preoccupato! Ho paura di quello che potrebbe dirmi- rispose lei, abbrcciandomi.
-Coraggio calmati ora- le dissi dolcemente, ricambiando l’abbraccio e sentii che lei si rilassava fra le mie braccia.
-È per questo che ti ho chiesto di rimanere… tu riesci a farmi calmare, anche se non so come- mi disse alzando la testa e sorridendomi; io le presi il viso tra le mani e la baciai a stampo.
-Qualsiasi cosa succeda, io sono con te-
Ci riprendemmo per mano e ricominciammo a camminare, fino ad arrivare ad una porta in fondo al corridoio.
-TOC TOC-
-Avanti!- era una voce burbera…
Raf fece un grosso sospiro ed entrò.
-Buongiorno papà… volevi vedermi?- chiese Raf, sempre con tono glaciale
-Si cara… ma in privato- disse guardandoci con la coda dell’occhio, mentre scriveva su un quaderno.
-Puoi parlare tranquillamente… lui è il mio raga... È un mio amico- disse Raf arrossendo e stringendomi un pò di più la mano; era davvero imbarazzata! Beh, anche io ero diventato rosso, ma continuai a guardare quel vecchio.
-ah… Andrew non mi aveva detto che ti eri fidanzata- disse Archan Serafini guardandomi, anzi no, SCANDAGLIANDOMI, con lo sguardo.
-Perché noi nonsiamo fidanzati… allora perché mi hai fatto chiamare?- sempre quel tono glaciale
-Beh… sai che sono stato molto impegnato in quest’ultimo anno…- disse il vecchio, indicandoci con una mano le due sedie di fronte alla sua scrivania.
-Certo- disse lei guardandomi con la coda dell’occhio
-beh vedi… purtroppo in quest’ultimo anno le cose per la nostra azieda non sono andate molto bene…- disse Archan con uno sguardo triste
-Capisco- disse Raf; non lo aveva ancora guardato in faccia.
-Purtroppo non sono riuscito a sistemare tutti i debiti…- Ora il vecchio non la guardava nemmeno.
-Questo cosa vuol dire?!- chiese lei, abbandonando il tono gelido e sgranando gli occhi, fiutando il pericolo tra quelle parole.
-Significa che dobbiamo vendere la casa e licenziare il personale… ho già comprato una casa in Spagna; è più piccola ma andrà lo stesso benissimo - continuò il vecchio, sempre senza guardarla.
Ci fu un attimo di silenzio, nel quale trattenemmo tutti e tre il respiro; Archan per vedere la reazione della figlia, Raf per incassare la notizia ed io… beh non sapevo nemmeno io come reagire.
La mia mente in quei pochi secondi di silenzio riuscì a pensare solo ad una cosa… “è uno scherzo”. Doveva perforza essere uno scherzo perché non poteva dire sul serio.
-E TU, DOPO CHE NON TI SEI FATTO VEDERE PER QUASI UNA ANNO, HAI ANCHE IL CORAGGIO DI VENIRE A DIRMI CHE DOVREMMO TRASFERIRCI IN SPAGNA SOLO PERCHÈ TU TI SEI INDEBITATO?!- iniziò ad urlare Raf facendo saltare il padre e riportandomi bruscamente con i piedi per terra; “ma come fa ad urlare in questo dannato modo!” pensai tra me e me guardandola di sbieco.
-Raf calmati..- cercai di dire, ma invano
-Calmarmi?! Come posso calmarmi!- mi rispose, poi si girò verso il padre e continuò.
-Ascoltami bene perché non lo ripeterò una seconda volta- disse puntandogli il dito contro; ok, ora faceva veramente paura.
-Io non ho nessuna intenzione di trasferirmi in Spagna! Che ne sarebbe dei miei amici, della scuola e di tutto quanto?!- disse.
-Mi spiace ma non c’è altra soluzione… e poi si tratta solo di un anno, giusto il tempo di sistemare tutto!-
-Si che c’è!- m’intromisi io, colto da un idea; un asssurda, folle e strabiliante idea. Chissà come mi venivano… ero proprio un genio.
-Potrei ospitare io Raf!- aggiunsi, sorridendo a Raf; lei mi guardò a bocca aperta, incredula.
-C… come scusa?- chiese il padre, alzando un sopracciglio e guardandomi sbalordito.
-L’ha detto lei che si tratta solo di un anno no? Beh, se la ospitassi io, lei non perderebbe la scuola!- dissi inventando una balla.
-Ha ragione!- mi aiutò Raf
-M…ma tu sei un ragazzo! E poi sarebbe troppo disturbo e magari i tuoi genitori non vogliono nemmeno! Cominciò Archan a tavoletta, cercando di trovare una scusa buona per dire di no.
-Nessun disturbo e i miei genitori non diranno assolutamente niente- dissi io con un ghigno.
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Andai in camera a preparare le valige, ma ero talmente sovrappensiero che dovetti tirare fuori le cose per ben due volte, per farci stare tutto.
Non potevo credere alle mie orecchie! Io che andavo a vivere con Sulfus!
Era una cosa … STRANA! Non che mi dispiacesse, intendiamoci; però era stranissima. Ci conoscevamo da un mese, stavamo assieme da un giorno e già andavamo a vivere insieme..
“ecco cosa vuol dire fare le cose di fretta” pensai con un ghigno, “magari fra due mesi ci sposeremo”. A quei pensieri respirai bruscamente; “Raf ma che diavolo di pensieri ti vengono!”
Scesi di sotto e vidi che Sulfus stava parlando al telefono; appena mi vide, chiuse e venne ad aiutarmi con le valigie
-Ho avvertito a casa che avremo ospiti- disse sorridendomi
-grazie- gli risposi dopo un attimo di smarrimento, causato dalla vista del suo sorriso –dico davvero.. grazie di tutto-
-Aspetta a ringraziarmi angelo mio- disse lui con un gigno – almeno aspetta finchè non avrai conosciuto i miei- continuò e, non so per quale motivo ma le sue parole mi fecero venire i brividi.

CAPITOLO REVISIONATO IL 15 AGOSTO 2016

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Capitolo 7
*** capitolo 6 - REVISIONATO ***


Capitolo 6:
 
Il viaggio in macchina durò non più di 20 minuti, ma tanto era il silenzio che, quando arrivammo a casa di Sulfus, mi sembrava passata un eternità; ero preoccupata per quello che mi aveva detto poco prima di uscire da casa mia, perché non riuscivo a capire cosa intendesse dire con quelle parole.
-Lentona ci sei?- esclamò il ragazzo con un gigno, e solo allora mi accorsi che ero rimasta immobile vicino alla macchina mentre lui e Andreas erano già davanti all’entrata.
-Eccomi arrivo!- risposi
-Signorina, vuole che le tenga io le valigie?- chiese il mio adorato e fidatissimo maggiordomo che, come sempre, si preoccupava per me
-Tranquillo Andreas ce la faccio- gli risposi con un sorriso.
Sapere che ci sarebbe stato anche lui con me mi rassicurava molto; non perché non volessi stare sola con Sulfus, anzi.. Però trasferirmi in una casa nuova da un giorno all’altro era pur sempre un cambiamento drastico per me, e avere il maggiordomo che si era preso cura di me fin da quando avevo 2 anni, era.. come dire.. rassicurante.
Mentre riflettevo, intanto, eravamo entrati in casa e il maggiordomo di Sulfus venne a prendere i miei bagagli.
-Grazie Lucas- gli disse distrattamente il ragazzo, impegnato a guardarmi..
Peccato che io fossi troppo distratta dal dipinto vicino a me, quello su cui mi ero incantata anche la prima volta che ero entrata in quella casa; non avrei saputo dire ma l’uomo di quel dipinto mi era completamente estraneo e, allo stesso tempo, molto familiare.
-È la seconda volta che vieni a casa mia.. ed è la seconda volta che ti fissi con il ritratto di mio padre.. devo considerarmi geloso?- mi chiese con un gigno Sulfus, abbracciandomi da dietro
-No è solo che.. in qualche modo ti assomiglia nei lineamenti e nel portamento.. per questo sono rimasta incantata.. mi ricorda tanto te, anche se non c’è da stupirsi dato che è tuo padre-
Mai cosa detta fu più sbagliata.
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 A quelle parole mi irrigidii e mi staccai dall’abbraccio che io stesso avevo iniziato.
-Non è assolutamente vero che gli assomiglio, non dire stupidaggini!- mi accalorai e Raf si voltò a guardarmi.
Come aveva potuto dirmi una cosa del genere?! Ma dico era diventata pazza a considerarmi simile a QUELL’UOMO?!
-Tu non lo conosci, per questo dici così! Quello è l’uomo più meschino, prepotente e stronzo che conosca!- dissi; sapevo di star superando il limite e capii dallo sguardo di Raf che le stavo mettendo paura, ma non potevo farne a meno. Odiavo essere paragonato a LUI.
-Ti prego Sulfus calmati.. mi dispiace- mi rispose la ragazza con le lacrime agli occhi e, solo allora, mi resi conto che l’avevo presa per i gomiti e glieli stavo stringendo fino a farle male.
-No.. scusami tu- le dissi in un sussurro, lasciandola andare di scatto e passandomi una mano sugli occhi.
-odio quell’uomo ma non è una scusa buona per aggredirti- dissi tristemente.
Lei mi fissò in silenzio, dopodiché mi abbraccio e mi sussurrò un “tranquillo” all’orecchio.
-Non pensiamoci più- continuò poi dandomi un leggero bacio a stampo.
-Perché non mi mostri la mia stanza-

CAPITOLO RVISIONATO IL 15 AGOSTO 2016

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