Lost in Time

di ourevel
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** “Bye Bye Mahora!” ***
Capitolo 2: *** Nuovi Incontri ***
Capitolo 3: *** Speranze ***
Capitolo 4: *** “Welcome to the past!” ***
Capitolo 5: *** "Si parte!" ***
Capitolo 6: *** Piani... e Salvataggi ***
Capitolo 7: *** Ricordi ***
Capitolo 8: *** Risvegli burrascosi ***
Capitolo 9: *** Antichi Rancori ***
Capitolo 10: *** “Let's go!” ***
Capitolo 11: *** Il cavaliere Bianco ***
Capitolo 12: *** On the Way Back ***
Capitolo 13: *** Finalmente il Futuro ***
Capitolo 14: *** Da Prede a Cacciatori ***
Capitolo 15: *** Luci e Tenebre ***
Capitolo 16: *** Il Bagliore nelle Tenebre ***
Capitolo 17: *** Infine (?) ***



Capitolo 1
*** “Bye Bye Mahora!” ***


Capitolo 1 – “Bye Bye Mahora!”
 
Chao sorrise serena al suo piccolo professore “ Ti ringrazio, piccolo Negi!”.
La battaglia per l'albero del mondo era finita da poco. Il volto dei due principali contendenti era irradiato dalla bianca luce emessa dall'enorme pianta.
Come si era aspettata da quando aveva percepito la sua determinazione, aveva perso. Il suo progetto, accuratamente pianificato per due lunghi, e dolorosamente felici, anni erano appena andati in fumo.
Ma non ne era troppo delusa. Il suo scopo l'aveva raggiunto ugualmente, anche se in maniera imprevista. Glielo disse.
Quel ragazzino di dieci anni, coi capelli rossicci e lo sguardo determinato a farla rimanere, l'aveva stupita.
Lui la guardò con aria sconsolata “Aspetta...” cominciò.
“No. Non ha più senso rimanere in questo tempo, oramai... Ma non ti preoccupare: ci rincontreremo!” disse la ragazza attivando Cassiopea, un grosso orologio da taschino completamente dorato, con un quadrante decisamente singolare: aveva infatti incisi sopra i simboli alchemici dei pianeti inscritti nel cerchio delle costellazioni oltre a svariati altri simboli arcani.
Una forte luce iniziò a fuoriuscire dal cerchio di menhir sotto di loro, mentre un grande cerchio magico compariva sopra le loro teste.
Crick.
Chao poté avvertire questo lieve suono provenire dalla mano in cui teneva il congegno. Vi buttò uno sguardo, subito seguito dalla comparsa di una grossa goccia di sudore sulla fronte.
Nel macchinario si stava aprendo una piccola crepa, da cui ora fuoriusciva pure un basso fischio.
Il cerchio magico iniziò ad ondeggiare come se fosse il riflesso della luna su delle acque mosse,per poi stabilizzarsi pochi attimi dopo con un gigantesco boato e colorato di un rosso acceso.
Il suono fu seguito da un'onda d'urto abbastanza forte da scaraventare a terra tutti i presenti, compreso Negi e la ragazza cinese, facendoli cadere dai loro piedistalli.
Il terreno cominciò a tremare, scatenando il panico tra i presenti.
-Dannazione! Non riesco a disattivarlo! Ma cosa diavolo sta succedendo?- stava pensando Chao, impegnata ad armeggiare con Cassiopea, la cui crepa continuava ad allargarsi, in mezzo a tutto quel caos.
“Ragazzi...? P-perché state b-brillando?” chiese timidamente dopo essersi data una rapida occhiata in giro in cerca di Hakase.
“Uh?” Negi si guardò attorno, per poi posare lo sguardo sulle sue mani.
Era vero, sia lui che Setsuna, Chisame, Chachamaru, Kotaro che la stessa Chao avevano iniziato a risplendere di un'inquietante luce color porpora, di intensità crescente.
“Ehm... Chao... Che sta succedendo?” azzardò Hakase, più spaventata che incuriosita da quegli avvenimenti “ E perché stai brillando pure tu?”.
“Ah... io... non ne ho idea....” iniziò a rispondere con un sorriso nervoso il genio del Mahora, tornando a fissare la macchina del tempo.
Qualcosa di riconducibile ad uno schiocco secco risuonò nell'aria, dopodiché Chao sentì come la sensazione di essere sollevata.
Effettivamente si stava sollevando dal suolo, e guardandosi attorno notò che pure gli altri 'illuminati' stavano subendo la stessa sorte: una disperata Setsuna cercava di ancorarsi alla sua protetta-amica d'infanzia, che pareva abbastanza divertita dalla scena, Chachamaru si osservava con espressione incuriosita, Chisame si agitava a più non posso, sbraitando cose sull'impossibilità di ciò che le stava accadendo, mentre Negi, che pareva più spaventato che altro, si osservava attorno con aria persa.
Le loro compagne rimaste a terra osservavano la scena con fare interrogativo, senza idea di come reagire.
“Eh, ragazzi... questo... non lo dovrebbe fare, ne!” mormorò Chao con un filo di voce.
Come arrivarono ad una decina di metri da terra, si fermarono. Poi, con un accecante lampo proveniente dal cerchio magico, scomparvero.
“M-ma, dove sono finiti?” si domandò Asuna dopo alcuni istanti, come risvegliandosi da un sogno ad occhi aperti “Cioè... non doveva essere Chao o almeno, solo Chao a dover scomparire?”.
“Anche la mia Secchan è scomparsa...uff! Dove sarà andata?” esclamò seccata Konoka, subito dopo.
Scuotendo la testa, Asuna si rivolse ad Hakase, ancora intenta a fissare il punto in cui poco prima si trovavano sospese le sue compagne e il loro professore.
“Senti...io non ci capisco niente di questa roba, ma mi sai dire dov'è finito il moccioso insieme alle nostre compagne?”
“Ehm... no.” rispose semplicemente la ragazza voce bassa, senza distogliere lo sguardo.
Intanto pure i professori erano arrivati, attirati dal boato e dalla luce.
Vedendo le ragazze nel caos, cercarono di calmarle e trovare il motivo di quel trambusto.
Takamichi, primo ad arrivare dato che era nei paraggi, rimase ad ascoltare concentrato tutti i resoconti delle ragazze, per poi avvicinarsi ad Hakase “Scusa Hakase, ma quello descritto da te e dalle tue compagne sembra una forma abbastanza complessa ed antica di teletrasporto. Se così fosse, non avresti modo di rintracciarli?”.
Tirando fuori il cellulare l'inventrice provò a comporre il numero della compagna scomparsa.
“Non saprei professore... il cellulare di Chao è irraggiungibile...!” si interruppe improvvisamente per tirarsi una manata sulla fronte “Ma certo! Chachamaru! Ha un dispositivo per la localizzazione satellitare!”.
Detto questo iniziò ad aprire vari schermi olografici di fronte a sé, scorrendo rapidamente dati e informazioni.
“Ecco! Aveva ragione professore! L'ho trovata! Si trova...” continuò guardando le coordinate “ è... mhm... che strano.” si accigliò “ Deve esserci un errore... I dati indicano che è... a Istanbul!”.

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Capitolo 2
*** Nuovi Incontri ***


capitolo 2 – Nuovi Incontri
 
Buio. Buio e silenzio.
Un nero impenetrabile avvolgeva Lin Shen Chao.
Per la prima volta in vita sua si sentiva veramente confusa, spaesata. Anzi, ora lo capiva: spaventata.
Dopo quella che parve un'eternità di quel buio silente ci fu un lampo.
Colori, suoni e sensazioni la strapparono da quel limbo come un torrente in piena.
Stava cadendo. Poteva sentire il vento sulla pelle e qualcosa di bagnato, oltre che freddo, sferzarle il viso: probabilmente pioggia.
Sorrise all'ironia del destino. Nel giro di poche ore stava vivendo per la seconda volta la stessa situazione.
Poco distante da lei vide i suoi compagni di sventura: Negi stava balbettando un incantesimo, Chachamaru stava attivando i retrorazzi afferrando Chisame mentre Setsuna e Kotaro a rallentare la caduta con ali e magia.
La ragazza si sentì afferrare per le braccia. Negi l'aveva raggiunta grazie al bastone e senza il minimo sforzo gliela issò sopra, quasi non pesasse nulla.
“Uff...per un pelo!” commentò il professore coprendo i pochi metri che li separavano dal suolo.
“Ma... ma dove siamo?” continuò guardandosi attorno “Ti abbiamo forse seguito nel tuo tempo? Eppure questo non mi pare il Mahora...”.
“No. Non lo è... credo. Io... non ricordo di un posto come questo.” rispose Lin Shen.
Erano in una piccola radura, circondati da una fitte e intricata, quanto oscura, selva di alberi.
Una pioggia insistente e gelata batteva su tutti loro, mentre i primi raggi di un pallido sole illuminavano senza scaldare la fredda aria.
Chao guardò Cassiopea, ancora stretto nel suo pugno. Era immobile, una grossa crepa lo attraversava da una parte all'altra, sicuramente era ormai inutilizzabile.
“Allora dove siamo finiti? E dove sono il resto delle nostre compagne?” intervenne Setsuna ritraendo le candide ali, prima che qualcosa attirasse la sua attenzione.
Un cervo era disteso immobile al limite della radura, con qualcosa conficcato in un fianco.
Subito si mise in posizione di guardia con una mano alla katana,guardandosi circospetta in giro. Anche Kotaro sembrava teso.
Alla sua reazione pure Negi parve concentrarsi, sussurrando qualche parola.
“Setsuna! Alla tua destra, a circa venti metri, dietro quel grosso cespuglio!” esclamò dopo qualche attimo il professore.
Come un fulmine la shinmei scattò nella direzione indicatale e, dopo essersi tuffata dietro l'arbusto si sentirono i rumori attutiti di una zuffa per una decina di secondi.
“Tutto a posto professore!” sentirono chiamare Setsuna, alla fine.
Chisame si stupì della rapidità di reazione delle sue compagne: come si era accennato un pericolo Chachamaru si era parata innanzi a lei trascinando una stupita Chao dietro di sé mentre, come un fulmine, Kotaro si era posizionato affianco a Negi, guardingo.
La spadaccina riemerse dalla boscaglia: stava trascinando con sé, tenendola immobilizzata, una figura che come giunse in prossimità dei suoi amici, liberò.
Questa, trovatasi senza impedimenti, cercò di fuggire il più rapidamente possibile in direzione opposta a Setsuna, ma nella corsa urtò violentemente contro Negi, finendo a terra insieme a quest'ultimo.
Ora che era ferma e abbastanza visibile, la figura si rivelò essere un ragazzo, forse sedicenne, con un'arruffata zazzera biondiccia e con indosso alcuni semplici abiti di grossolana fattura, mentre dalla tracolla gli pendevano un grosso tascapane, un pugnale e una faretra.
“Wha! Vi prego! Non mangiatemi! Non mangiatemi!! Non sono saporito, sapete...?” cominciò a farfugliare il ragazzo vedendosi circondato, e raggomitolandosi su sé stesso e iniziando a ondeggiare lentamente.
I sei ragazzi del Mahora si scambiarono un'occhiata interrogativa: il ragazzo parlava in un inglese piuttosto masticato. Solo Negi e Chao sembravano aver capito senza problemi le sue parole.
“Ecco... Mi sa che c'è stato un malinteso!” azzardò Negi dopo qualche secondo, rialzandosi “Qui nessuno ha la benché minima intenzione di mangiarti, né tanto meno di farti del male! Ehm...” si schiarì la voce “ io sono Negi, sono un professore sai? loro sono alcune delle mie allieve e questo è un mio amico.”
Il ragazzo s'immobilizzò, guardandoli sospettoso “Voi... non volete mangiarmi?”
“No! Le persone non rientrano tra i nostri alimenti preferiti, specialmente” disse ironicamente Negi “ quelle che conosciamo, quindi... che ne dici di dirci come ti chiami?” terminò sorridendo il professore seguito da segni d'assenso delle compagne.
Il ragazzo li guardò ancora con occhi diffidenti, ma sembrò rilassarsi un poco “William. Il mio nome è William August Springfield. Quindi... voi non siete demoni? Non state cercando di trarmi in inganno con diabolici trucchi per poi rendermi vostro schiavo?”.
“Assolutamente no!” inorridì Negi “Che coincidenza! Pure io faccio di cognome Springfield! Dunque queste sono Chao Lin Shen, Chisame Hasegawa, Setsuna Sakurazaki, non nasconderti... non ti farà più nulla, puoi star tranquillo, Chachamaru Karakuri e Kotaro Inugami.” presentò negi una ad una le personi presenti.
“Ora, William August Springfield, potresti gentilmente dirci dove ci troviamo?”
Lui li guardò con un cipiglio a metà tra il sorpreso e l'imbarazzato “William. Chiamatemi solo William... e, bhe... ci troviamo nella contea di Westford, nelle grandi terre del Galles!” spiegò con orgoglio “Ma voi come ci siete arrivati qui? Che cos'era quell'enorme disegno nel cielo...?”
Una nota squillante riecheggiò nell'aria.
“Oh no! Presto! Dobbiamo andarcene! Non possiamo farci trovare con quello!” esclamò William indicando il cervo, con una nuova nota d'ansia nella voce e il terrore nello sguardo.
“Ma che...?” iniziò a chiedere Chao, ma non ebbe la possibilità di terminare, dato che il ragazzo si era già allontanato di corsa.
Senza farselo ripetere, i ragazzi si misero a corrergli dietro.
Ben presto, come prevedibile, Chisame e Chao vennero rapidamente distanziate e prima che potessero richiamare i loro compagni indietro, questi erano già scomparsi alla vista.
Pur essendo un asso negli sport infatti, la ragazza cinese non poteva competere con gli utilizzatori del ki o della magia sul piano fisico, tanto meno se ancora stanca dall'evento finale del campus.
Dopo alcuni minuti di corsa a rotta di collo, le due ragazze si fermarono ansanti.
La pioggia si sentiva meno nel fitto della foresta, ma l'aria era comunque gelata soprattutto per Chao, con ancora addosso i vestiti distrutti, oltre che fradici ora, del combattimento di poche ore prima.
Le ragazze si guardarono attorno. La luce scarseggiava, nonostante il sole si stesse alzando: dei loro compagni nessuna traccia.
“Maledizione! Ma come facciamo ad essere finite in Galles?!” sbraitò Chisame, provando ad asciugarsi gli occhiali “Quel tuo maledetto aggeggio non era una macchina del tempo?”
“Si,ne! Non lo so neanch'io perché non ha funzionato... etchiù!” commento seccata Chao “ Ecco! Ci mancava solo il raffreddore!”.
Il suono risuonò nuovamente, stavolta più vicino.
Insieme ad essa udirono pure un gran abbaiare, questa volta.
“E adesso che succede?” si domando Chisame, stizzita “Hei, che facciamo ora?” chiese allora rivolta alla compagna.
“Adesso vi nascondete e fate silenzio!” disse qualcuno alle sue spalle, afferrandola e trascinandola a terra.
Altre mani la afferrarono per le gambe e iniziarono a tirarla dietro un cespuglio, dove ritrovò Chao nelle stesse condizioni.
Appena furono nascoste una grossa muta di cani passò latrando dove fino ad un attimo prima stavano camminando loro, all'inseguimento di una volpe e con dietro un fornito numero di cavalieri, che le sorpassò senza degnare di uno sguardo il cespuglio.
Passarono alcuni secondi di silenzio, interrotti solo dallo scrosciare della pioggia che si abbatteva sulla vegetazione, poi le mani le liberarono.
Le ragazze si voltarono indietreggiando. Davanti a loro vi era un gruppo di tre uomini, completamente coperti da lunghi mantelli verde scuro, i volti in ombra sotto i cappucci.
“Fortuna che vi stavamo seguendo, signorine! Altrimenti ora sareste nelle segrete di Castel Grigio con l'accusa di bracconaggio!” la voce, di un giovane uomo, proveniva dalla più vicina delle tre figure.
“Mhm... sembra che voi non siate abituate a queste 'bellissime' giornate...” disse osservando i tremiti delle due ragazze, quindi si tolse il mantello e lo posò sulle spalle delle due ragazze. Una volta scoperto il volto, le ragazze scoprirono che apparteneva ad un, tutto sommato, bell'uomo sulla ventina, con fluenti capelli corvini, lunghi fin sotto le spalle, espressione gentile e una sottile cicatrice che gli attraversava la guancia destra verticalmente, fin sotto l'occhio.
Chao si strinse imbarazzata ad una Chiasame rosso pomodoro, lasciandosi pervadere dal calore del nuovo indumento.
“Ora...” disse sempre l'uomo con un sorriso “Io sono Marcus Holyway, e questi sono i miei compagni Erik Strongspeak e Arthur Whitehand. Voi invece siete...?”.
“Lin Shen Chao e Hasegawa Chisame.” risposero borbottando le due.
Decisamente non si aspettavano tanta gentilezza da degli sconosciuti.
“Suvvia, non siate timide! Direi che prima di farvi le domande per cui siamo qui, avete decisamente necessità di un pasto caldo e di ricongiungervi con i vostri amici!”.
Le due ragazze si lanciarono immediatamente un'occhiata allarmata a quelle parole.
“Non preoccupatevi! Sappiamo già quanti siete, e che tra voi ci sono sicuramente utilizzatori della magia, oltre che un membro del clan degli uccelli!” finì Marcus sempre con un sorriso tranquillo stampato sul volto, ma il ghiaccio negli occhi, color del miele.
“M-ma come...” provò a domandare Chisame.
“Come ho già detto, le domande a dopo! Ora vi porto al villaggio.” interruppe con fare naturale Marcus “Ah! Erik... ricordati di punire quel disgraziato di William! Quante volte gli avremo detto di non cacciare i cervi del barone?” disse volgendosi poi verso quello che aveva detto chiamarsi Strongspeak.
“Orsù, dunque: in marcia!”.
 

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Capitolo 3
*** Speranze ***


Capitolo 3 - Speranze
 
“Cosa diavolo vuole dire che sono a Istanbul?! A Istanbul? Ma avete la benché minima idea di dove sia?! Di COSA sia?”
Evangeline A.K. McDowel era furiosa, a dir poco. Aveva prestato la sua partner a quella folle inventrice di Chao Lin Shen per poco più di otto ore, e questa era riuscita a farla scomparire per poi farla riapparire dall’altra parte del globo.
Come le avrebbe potuto mettere le mani addosso… un brivido di sadico piacere le percorse la schiena.
“Calma Eva. Siamo tutti stupiti e preoccupati quanto te di ciò, ma già ci stiamo organizzando per recuperare i ragazzi. Poi lo sai… se la possono cavare in caso di necessità.” Le disse Takamichi ponendole una mano sulla testa.
“Voi non capite! E cavami quella mano dalla testa, tu!” disse scrollandosi “Quella città ha qualcosa che non va: ci sono stata una volta…” iniziò a fissare il vuoto, come persa nei ricordi “… non… non ricordo, strano! Comunque sia: è pericolosa! Lì viene insegnata magia di vecchia scuola! E sono estremamente, e sottolineo l’estremamente, gelosi dei loro segreti!”.
I presenti si scambiarono occhiate preoccupate: non avevano mai visto la vampira così preoccupata. Sembrava quasi terrorizzata al solo pensare a quella città.
“Bhe… vorrà dire che staremo attente, Eva. Ma io vado comunque a cercare quel idiota di Negi e le mie amiche.” Commentò seria Asuna.
Ai piedi dei menhir, sopra i quali si stava ormai alzando il sole mattutino, oltre i partecipanti attivi della conversazione erano presenti pure il preside e le altre ragazze a conoscenza del segreto del piccolo professore.
“Mpfh. Ragazzina, non è il discorso dello ‘staremo attenti ’. Come metterete piede in città, loro sapranno che siete lì, e agiranno di conseguenza! Sarà molto peggio che a Kyoto! E lì non avrete Eyshun col suo ramo della sezione orientale a guardarvi le spalle!” asserì acida Evangeline.
“E quindi cosa vorresti fare? Lasciarli lì al loro destino? Se è come dici tu, chissà cosa staranno facendo in questo momento alla povera Chachamaru o al tuo piccolo allievo!” controbatté Asuna imperterrita.
“Ugh…” Evangeline fece per dire qualcosa, poi abbandonò il tentativo facendosi ricadere le braccia lungo i fianchi e la testa sul petto.
-Colpita e affondata!- pensò trionfante Asuna.
“Non… non lo so, maledizione! Piccola impertinente, pensi davvero che mi piaccia star qui con le mani in mano?” fremette di rabbia e frustrazione la vampira, rialzando la testa di scatto.
“Al diavolo! Andate dove vi pare te e le tue folli compagne! E folle me!” si girò verso il preside di scatto “Vecchio!” ordinò quasi facendolo scattare sull’attenti “ Ti consiglio vivamente di trovare una maniera di farmi uscire da questa topaia che tu chiami scuola, perché io vado con loro!”.
“Suvvia Eva… lo sai anche te che le abbiamo provate tutte per scrollarti di dosso la maledizione… e niente ha funzionato.” replicò cercando di farla ragionare l’anziano preside “E ti dico subito di non aspettarti che io torni a timbrare permessi! Già una giornata intera è stata sfiancante, ma per un viaggio fino in Turchia e ritorno non se ne parla! Non ce la posso fare a livello fisico!” finì anticipandola, vedendo che stava per controbattere.
“Bhe, signore… Veramente un modo potrebbe esserci…” si intromise una voce timidamente.
Tutti si voltarono: era stata Hakase a parlare.
Vedendosi al centro dell’attenzione, prese un bel respiro prima di continuare “E-ecco… potremmo fare come durante l’ultimo giorno del festival. Anche se senza la Chachamaru originale non sarà così efficace, col supporto delle sue sorelle dovrebbe essere possibile disattivare, o perlomeno ridurre la tensione che alimenta il circuito elettrico a cui è collegato lo spirito guardiano della maledizione. Naturalmente per ora sono solo ipotesi, e il rischio è di oscurare un quartiere del campus, senza parlare di quando verrà meno il supporto magico dell’albero del mondo… ma a livello teorico dovrebbe funzionare. Secondo me vale la pena di tentare!”.
Tutti la rimasero a fissare sbalorditi.
“Ehm… ho detto qualcosa di sbagliato?” domandò imbarazzata l’inventrice.
Ancora silenzio.
“Hakase. Mi ricredo su di te!” era stata Evangeline a parlare, con aria più seria che mai.
“Mhm… soluzione brillante, signorina Saotome! Penso che la nostra piccola e bionda amica voglia provare il più presto possibile se funziona, quindi le consiglio di affrettarsi verso gli uffici della sicurezza magica, li avvertirò io del tuo arrivo!” disse con aria serena il preside, guadagnandosi mnel frattempo un’occhiataccia da Eva.
“S-sì, subito!” si affrettò a rispondere Hakase prima di partire.
“Allora…” intervenne Takamichi come la scienziata scomparve alla vista.
“Non resta che decidere chi parte.” Concluse per lui senza troppe cerimonie Yue, che era rimasta in silenzio affianco alle sue compagne di stanza fino ad allora.
“Io vado, e non provate a fermarmi!” dichiarò risoluta Asuna.
“Pure io, de gozaru!” rispose decisa Kaede.
“Wow… io non ci ho capito molto, ma questi maghi di Istanbul sembrano forti da ciò che dice Eva… quindi vengo anch’io, aru!” si unì Ku Fei.
Scuotendo la testa, pure Mana si unì alla brigata “Se ci và quella specie di ninja, non vedo perché non dovrei andarci io… Naturalmente ciò sarà addebitato alla scuola, vero signor preside?” finì fissando il povero Konoemon, che non ebbe il coraggio di risponderle.
“Anche io e No…” stava dicendo Yue quando la interruppe Takamichi “Sinceramente, non penso che sia una buona idea, che voi veniate. Se la situazione si fa pericolosa, voi non siete delle combattenti, e potreste trovarvi in situazioni decisamente ‘spiacevoli’. Vi consiglio di rimanere qui, ragazze.”.
“Ma professore! Vogliamo essere di qualche aiuto!” Yue stava pensando freneticamente a una scusa per venire con loro, quando le si accese una lampadina nella mente “… e poi con le nostre carte pactio potremmo rintracciare più velocemente il professor Negi! Più siamo a possederle, maggiori saranno le probabilità di successo se ci dividiamo!” concluse esaltata dalle sue stesse parole.
“Vorrei venire pure io a recuperare la mia Secchan!” disse allegra Konoka “Posso nonno? Cioè, signor preside?”.
“Sarebbe meglio di no, nipotina mia… ma aimè l’argomentazione della signorina Ayase è ben fondata, quindi sarebbe ingiusto da parte mia obbligarti a rimanere. Promettimi solo che starai attenta e non ti caccerai nei pasticci…” rispose non del tutto convinto il preside.
“Contando pure me ed Eva direi che siamo al completo quindi!” sentenziò infine Takamichi.
“Aspettate… Dov’è finito quel pervertito di un topo?” chiese Asuna accorgendosi in quel momento della mancanza di commenti di quel petulante essere. Tutti fecero segni di diniego con la testa, segno che non l’avevano visto.
In quel momento videro arrivare di corsa Yuuna, con la faccia più bianca di un lenzuolo.
“Professore, preside! Finalmente vi ho trovato! Non riusciamo più a trovare il professor Negi! E poi è successa una cosa stranissima! Stavamo parlando tranquillamente quando ad un certo punto Ako ha iniziato a brillare! Poi in pochi attimi si è messa a volare ed in un lampo è scomparsa! Cosa sta succedendo?”.

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Capitolo 4
*** “Welcome to the past!” ***


capitolo 4 – “Welcome to the past!”
 
Il viaggio durò per quella che sembrò un'eternità.
In un nervoso silenzio, Chao e Chisame viaggiavano affiancate proteggendosi dalle intemperie col mantello datogli, camminando in mezzo ai tre uomini.
Marcus faceva strada, con passo sicuro si apriva la strada tra arbusti ed erbacce mentre dietro, senza dire una parola, viaggiavano Erik ed Arthur.
“Ecco... posso farle ora una domanda, signor Holyway? Non centra niente col villaggio o con chi siete.” chiese Chisame, col respiro affannato. Non era abituata a tutto quel camminare.
“Certamente! Su: dimmi!” rispose lui senza voltarsi.
“Sì, insomma... ma siamo davvero in Galles? Cioè... non ricordo di queste grandi foreste, dai libri di geografia che ho studiato, insomma: ci dovrebbero essere sterminati pascoli al loro posto. E perché non abbiamo ancora incrociato una strada? Anche solo di quelle sterrate di campagna... Con un'auto faremmo decisamente prima... Mi scusi, cosa ho detto di tanto buffo?”.
“Scusa... scusa...” rispose ridacchiando Marcus “è che dici cose così... strane!Una cosa? Comunque... Sì, siamo in Galles. E, no: quello che dicono i tuoi libri di 'geografia' è decisamente errato. E' vero che sono presenti vari pascoli, ma qui il terreno è principalmente boschivo! Per quanto riguarda le strade... bhe... semplicemente non ci sono! L'unica cosa che si può chiamare strada in questo posto è quella che conduce da Castel Grigio a Cardiff, passando per il villaggio” rispose serenamente l'uomo, lasciando alquanto interdetta la ragazza con gli occhiali.
“Oh, ecco! Ci siamo!” aggiunse dopo pochi minuti: davanti a loro si aprì un dolce pendio, su cui era edificato un piccolo villaggio, con tutte le strutture principalmente in legno e quella che probabilmente sarebbe divenuta una chiesa al centro, ancora in costruzione.
Poche centinaia di metri più a monte, si ergeva il famoso castello, una massiccia costruzione in pietra completamente liscia color grigio spento, da cui effettivamente partiva un sentiero acciottolato che attraversava il paese, per poi scomparire in mezzo alla foresta.
Se non vi fosse stata la pioggia, le ragazze lo avrebbero potuto definire un luogo incantevole.
“Su, forza: siamo quasi arrivati!” le incoraggiò la loro guida.
Percorse le poche decine di metri che li separava dalle prime case, notarono come nonostante l'ora presta vi fosse un gran fermento nella piccola e pittoresca cittadina. Carri trainati da buoi passavano per la strada principale del borgo diretti o provenienti dalla fortezza soprastante, mentre alcuni abitanti si allontanavano con in mano antiquati attrezzi agricoli. La pioggia non sembrava di certo infastidire nessuno, e l'aria in città era serena.
Marcus le accompagnò attraverso alcune viuzze secondarie, sin di fronte ad un edificio massiccio, costituito da grossi tronchi di abete posti trasversalmente affacciato sulla piazzetta con l'edificio in costruzione.
Una rozza targa in bronzo con incisi due boccali la riconduceva ad un vecchio e fatiscente pub, ma una scritta quasi illeggibile posta subito sotto l'insegna la denominava come “Ostello del Magicante”.
“Nome quantomai azzeccato, nevvero signorine?” gli sussurrò l'accompagnatore con un mezzo sorriso in volto, vedendole osservare stupite la scritta “Ed ora, se permettete, vi ricondurrei dai vostri compagni.”.
Detto questo estrasse da una tasca della camicia che indossava quella che doveva essere una chiave decisamente singolare: lunga una ventina di centimetri, terminava con una piccola sfera contornata da una fascia in rilievo.
In pochi attimi la poggiò alla serratura borbottando qualcosa, poi la rimise via con la stessa rapidità.
La porta si aprì cigolando piano.
“Su, su: dentro!” le invitò l'uomo guardandosi circospetto in giro. Come le ragazze entrarono, i tre individui le seguirono e si chiusro la porta alle spalle.
L'ambiente in cui Chao e Chisame si trovavano a posare lo sguardo era un ampio salone in pietra, con piccole finestre poste quasi adiacenti al soffitto, dalle quali filtrava una limpida luce di un cielo senza nubi. A riscaldare l'ambiente vi era un grosso camino posto al centro della parete di sinistra, mentre al centro della stanza vi era un grosso tavolo in legno massiccio con una ventina di sedie attorno. Svariati arazzi ricoprivano le pareti della sala, tranne che nella parete di fronte al camino, dove vi era un'altra porta.
Diverse persone erano sedute attorno al tavolo.
Come entrarono, alcune di queste si alzarono e con sorprendente velocità gli si fiondarono addosso, abbracciandole: erano i loro compagni di sventura.
“Chao! Chisame! State bene!” Negi era sull'orlo delle lacrime “Dopo pochi minuti di corsa non vi abbiamo più viste! Siamo tornati indietro a cercarvi... ma non abbiamo trovato nulla. Sono arrivati alcuni amici di William e ci hanno condotti qui... ci hanno detto che eravate salve...” disse tirando su col naso.
“Sono felice di vedervi, ragazzi, ne... atchu!” rispose a sua volte la ragazza cinese, al contrario di Chisame, che nella stretta del professore stava lentamente cambiando colore.
“Bene! Sono lieto di vedere la vostra felicità nel ricongiungervi, e mai e poi mai vorrei interrompere tale gaudente momento...” interruppe con voce allegra Marcus, accompagnando le sue parole con ampi ed enfatici gesti, e zittendo tutti “Ma aimé, mi vedo costretto dai miei impellenti doveri a farlo. Ora vi pregherei gentilmente di sedervi... tranquilli, nessuno ha la benché minima intenzione di ledere la vostra persona, ma nonostante questo abbiamo bisogno di alcune risposte, che speriamo di ottenere tramite una pacifica collaborazione.” continuò con voce suadente.
“Marcus! Non vedi che li stai spaventando? Sono solo dei ragazzi!”.
L'intervento proveniva da una delle figure ancora sedute.
“Scusate la sua fretta, ma il vostro arrivo ha creato un bel po' di scompiglio da queste parti. Ora lasciate che mi presenti a voi, Lin Shen Chao e Hasegawa Chisame: io sono Richard Westwind. Ero uno degli 'amici' accennati prima dal piccolo Negi.” l'uomo era sulla quarantina, un ventre prominente e completamente glabro nel viso paffuto se non per un grosso paio di mustacchi color arancio.
“Scusa Richard... e scusate voi ragazzi, mai avrei voluto essere scortese. Sono solo un po'... nervoso.” Marcus sembrava davvero dispiaciuto.
“Bene, tornando a noi: la sostanza di ciò che ha detto il mio amico è vera. Quindi abbiate la cortesia di risponderci senza peli sulla lingua.”.
I ragazzi, sempre più confusi, si guardarono un secondo poi annuirono.
“Eccellente. Innanzitutto vorrei chiedervi da dove venite: questi non sono abiti di fattura gallese, poco ma sicuro. E la vostra pronuncia, a parte quella di Negi, è tutt'altro che sicura.”. Iniziò a domandare Richard, con fare calmo.
Rispose Setsuna “Proveniamo dall'istituto Mahora, in Giappone.”.
L'uomo annuì “Ho sentito parlare di una terra chiamata Nippon, là dove sorge il sole. Ma non conosco nessun 'Istituto Mahora'. E come siete arrivati qui? Anzi, meglio perché siete venuti qui?”
Fu il turno di Chao “Non lo sappiamo,ne! Nel senso: c'è stato un malfunzionamento in uno strumento magico e ci siamo ritrovati qui.”.
Richard annuì nuovamente “E posso vedere questo artefatto?”.
Il relitto di Cassiopea gli venne consegnato, e l'uomo lo esaminò con cura.
“Incredibile la fattura! Sembra uscito direttamente dalla forgia di un nano! Dovete sapere che come siete 'atterrati' qui avete scatenato un bel putiferio. Il vostro cerchio magico era visibile da tutta la vallata! Correte grossi pericoli qui. Il barone è anni che sta cercando di provare al mondo l'esistenza della magia, per poterla sfruttare contro i francesi sul fronte...”.
“Aspetti! Contro i francesi?” interruppe stupita Chao.
“S-sì. I francesi. E' ormai vent'anni che va avanti questo interminabile conflitto.” rispose interdetto Richard.
“Mi scusi... ma in che anno siamo?” chiese la ragazza, imperterrita “sa, noi utilizziamo un conteggio diverso per lo scorrere del tempo!” giustificò inventando di sana pianta.
“Siamo nell'anno del signore 1357.” rispose una voce potente e cupa. Era Erik.
Con aria frastornata la ragazza si accasciò sullo schienale della sedia, mentre gli altri cercavano di nascondere il loro stupore alla bella e meglio.
“S-scusi...vada pur avanti...” mormorò Chao.
“Ti senti bene ragazza? Hai un colorito decisamente pallido!” le chiese Richard preoccupato.
“Sì, non preoccupatevi. E' solo stanchezza: passerà”.
“Dunque, stavo dicendo: il barone ci ha provato in tutti i modi!Catturare folletti, evocare spiriti, richiamare i venti, alchimia e chi più ne ha più ne metta. Ora, se dovesse anche solo per caso mettere le mani su di voi, o su questo oggetto, rischiereste di fornirgliene la possibilità, tra artefatti, maghi e demoni che siete!... Non fate quelle facce stupite, vi abbiamo visto atterrare... Quindi ora qualsiasi cosa uscita da quel cerchio magico, cioè voi, avrà alle calcagna tutti la guardia di palazzo o qualsiasi uomo al soldo disponibile a catturarvi della contea.”
Li guardò serio “E qui entriamo in gioco noi. La nostra piccola comunità magica è finora riuscita sempre a mettere i bastoni tra le ruote al barone, ma ora la cosa si farà veramente ardua! Se dobbiamo proteggere voi, non possiamo allo stesso tempo impedirgli di proseguire le sue folli ricerche. Dei nostri informatori ci hanno per esempio appena riferito che è riuscito a persuadere un figlio della notte a prestargli servizio!”
Tutti si misero sull'attenti. Non c'era mai da scherzare quando si parlava di vampiri.
Richard si rilassò un poco “Almeno ora so che non eravate qui per lui. Capite il perché del nostro nervosismo? Cosa c'è Arthur, stai parlando con il tuo famiglio?”
Richard si voltò verso Whitehand, che stava con la testa reclinata, quasi in ascolto di qualcosa.
“Siamo nei guai. Henry dice che il barone è riuscito a catturare una strega fuoriuscita dal portale e il suo famiglio. Dice di averlo visto parlare di fronte a una guardia che stava trascinando via la strega, una ragazza coi capelli grigi e gli occhi rubino, in lacrime. Lui è invece un roditore di qualche tipo. Domani farà un annuncio ufficiale e spedirà una missiva al Re.”

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Capitolo 5
*** "Si parte!" ***


Capitolo 5 - “Si parte!”
 
“Direi che la situazione si è aggravata ulteriormente... Avrei preferito partire con più calma, ma il coinvolgimento di un'estranea al mondo della magia cambia le carte in tavola.” disse Takamichi accendendosi una sigaretta, dopo aver tranquillizzato ed allontanato Yuuna, con la scusa che la scomparsa dell'amica fosse frutto di un malfunzionamento di un dispositivo di Chao, e che di lì a pochi giorni si sarebbe tutto risolto.
“Allora partiamo subito, no?” domandò impaziente Asuna.
“Calma e pazienza, mocciosa. Quello che stiamo per fare non è da prendere alla leggera. E molto più spesso di quanto tu creda, non avere un buon piano è sinonimo di fallimento. Ed un fallimento è proprio ciò che non ci possiamo assolutamente permettere.” la zittì Eva.
“E' vero.” concordò Takamichi “E poi i continui combattimenti di questi giorni vi devono aver stancate, quindi vi consiglio una buona notte anzi, giorno oramai” si corresse con un sorriso accorgendosi del cambio di luce “di riposo. Direi che possiamo partire in serata, in modo da essere in Turchia di prima mattina.”.
Le altre ragazze annuirono.
“Contatterò qualche mia vecchia conoscenza là per iniziare a fare qualche ricerca e prepararci un luogo sicuro che funga da base per le nostre ricerche.” dichiarò atona Mana, incamminandosi “Vi comunicherò le novità stasera.”.
Mentre la guardavano allontanarsi, Takamichi ricevette una chiamata.
“E' Hakase” disse dopo aver risposto “Eva, dice che è riuscita ad isolare ed abbassarne la potenza, ma solo di circa del trenta per cento: per ora potrai lasciare la scuola, ma i tuoi poteri saranno praticamente nulli. Dice che dovrai utilizzare fonti magiche esterne per poter lanciare incantesimi. Naturalmente assicura che è tuttora al lavoro per restituirti tutta la tua magia.”.
“Va benissimo anche così!” disse con un ghigno la vampira “finalmente sono libera! Meglio che vada a preparare qualche pozione prima di partire, ci si vede stasera!” terminò quasi correndo al cottage, tanto era palpabile la sua gioia e impazienza nel poter partire.
 
* * *
 
L'aereo era un Jet privato di ultima generazione. Le ragazze non osarono chiedere alla mercenaria dove l'avesse recuperato, né tanto meno quanto sarebbe costato al preside.
Man mano che salivano, Mana si premurò di fornire ad ogni passeggero un piccolo auricolare e un pesante zaino, con stampata sopra l'immagine stilizzata di un paracadute.
“Per ogni evenienza.” si giustificò agli sguardi allibiti delle compagne.
Una volta che tutti furono a bordo e si furono accomodati, la ragazza iniziò a illustrare in tono professionale “Dunque. Arriveremo in vista di Istanbul verso le sei di domani mattina, fuso orario giapponese, e completeremo l'atterraggio verso le sei e un quarto. Una volta usciti dall'aereo, cammineremo con passo rapido sino all'altro lato della piazza su cui affaccia l'aeroporto, dove è situato l'albergo. Il mio contatto ha già provveduto a prenotare due camere: la trentacinque e la trentasei. Entrambe sono affacciate sul cortile esterno dell'hotel e sono adiacenti l'una all'altra. Lì decideremo il da farsi. Cambiando discorso: in base alle coordinate forniteci da Hakase, Chachamaru non si è ancora mossa di un millimetro dalla sua posizione iniziale. Dubitiamo sia stata immobilizzata, è lì da quando l'abbiamo rintracciata. Sempre secondo le informazioni ricevute, si troverebbe in un'antica cripta murata sotto la Basilica di santa Sofia. Supponiamo sia solo disattivata, anche se ne ignoriamo il motivo. Una volta recuperata possiamo estrapolare dalla sua memoria interna le informazioni necessarie per rintracciare gli altri, nel caso non siano lì con lei. Tutto chiaro?”.
“N...” stava iniziando a rispondere Ku quando venne sovrastata da un ben più deciso “Sì!” delle sue compagne.
“Bene!” sorrise per la prima volta la mercenaria “La nostra permanenza è prevista per una settimana. Vediamo di farcela bastare!”.
 
* * *
Il viaggio fu tutto sommato tranquillo. Asuna dormì per la maggior parte del tempo con accoccolata accanto Konoka, che ogni tanto mormorava sbavando il nome della sua cara Secchan, mentre Eva rimirava rapita il panorama fuori dagli oblò, stando inginocchiata sul sedile: sembrava davvero una bambina che osservava per la prima volta una meraviglia. Takamichi la osservava sorridendo mestamente: era da tempo che non la vedeva così serena, da quando era scomparso Nagi per la precisione.
Mana stava intrattenendo con Kaede un'accesa discussione, con una tranquilla Ku che osservava sorridendo, mentre Yue studiava con espressione crucciata informazioni che scorrevano sul suo artifactum. Nodoka stava invece consultando una guida turistica della loro meta, con in braccio Chachazero che ogni tanto le sussurrava qualcosa che la faceva arrossire violentemente.
Dopo molte ore di quella pace, Eva annunciò con voce seria e senza più nessuna traccia di felicità in viso “Eccola.”.
Asuna e Konoka vennero svegliate e tutti si prepararono per l'atterraggio.
La città era splendida vista dall'alto, con le sue innumerevoli cupole e splendenti minareti, coi riflessi del sole calante sullo stretto che attraversava la città. Ma loro non erano lì per turismo.
A pochi chilometri dall'aeroporto, l'aereo venne come colpito da qualcosa, che ne provocò un violento scossone, ma non abbastanza forte da farlo sbandare.
Pallida, Evangeline disse “ Sanno che siamo qui! Maledizione: non avevo previsto che avrebbero installato barriere di rivelazione magica!”.
In pochi minuti terminarono l'atterraggio.
Mana allentò la sicura alle pistole, ben nascoste sotto la giacca di pelle che indossava “Ok: andiamo!”.
E aprì il portellone.

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Capitolo 6
*** Piani... e Salvataggi ***


Capitolo 6 parte 1 – Piani...
 
“Ako... Kamo...” sussurrò realizzando Negi.
“Cosa ci fanno qui?” chiese pallidissima Setsuna.
“Non ce ne sono altre, vero?” fece in ansia Kotaro ad Arthur.
“Henry dice solo della strega e del famiglio.” rispose l'uomo, sempre con la testa reclinata.
“Grazie al cielo...” sospirò Inugami, pensando alle sue coinquiline.
“Li conoscete? Fanno parte del vostro gruppo?” chiese allarmato Richard rivolgendosi ai ragazzi.
“S-sì! Sono una nostra compagna e l'animale magico del professore...” rispose Chao, ancora abbandonata sulla sedia, fissando il vuoto. Aveva perso tutte le energie di colpo, dopo la scoperta che non solo erano finiti in una delle parti più isolate dell'Europa ma addirittura vi erano arrivati sbagliando tempo!
“... ma non è una strega! Non sa neppure dell'esistenza della magia!” terminò per lei Chisame.
-Come d'altronde non sa del salto temporale, della stessa macchina del tempo! Allo stesso modo in cui non lo dovrei sapere io! Semplicemente questa roba non dovrebbe esistere!- continuò mentalmente col suo discorso, mettendosi le mani in testa.
“Devo andare a salvarla!” scattò in piedi Negi.
“Ehi, ehi! Calma ragazzino! Qui nessuno si muove se prima non lo decidiamo noi! Non possiamo permettere che il barone vi metta le mani addosso: mi pareva di avervelo fatto già presente!” esclamò Richard alzandosi a sua volta.
“Avete detto che non è una maga, no? Allora non dovrebbe correre pericoli, nell'immediato futuro. Bisogna assolutamente evitare di esporsi!” dichiarò.
“Quindi lei mi starebbe suggerendo di abbandonare una mia allieva in una terra e in un t...” si corresse al volo “ e in un paese di cui non conosce nulla se non qualche semplice vocabolo?” Negi era furente.
Forti raffiche di vento cominciarono a vorticargli attorno, facendo ribaltare le sedie e spegnendo il camino.
Se i maghi rimasero impressionati dal potere dimostrato dal professore, non lo diedero a vedere.
“Erik.” disse semplicemente Richard.
L'uomo, di stazza decisamente imponente, dalla folta capigliatura e dalla lunga barba bionda, inspirò a fondo.
Poi, come voce simile al rombo di tuono pronunciò una singola parola arcana, carica di potere.
I venti che stavano imperversando per la stanza furono improvvisamente smorzati e Negi per un attimo si sentì come se lo avessero colpito abbastanza forte da cavargli il respiro.
Pure Setsuna e Kotaro, scattati in difesa dell'amico, sembrarono risentirne con smorfie di dolore in volto.
“Grazie Erik.” fece Richard, rimettendosi a sedere dopo aver rialzato la sedia “Ora calmati Negi, e siediti”.
Negi si guardò le mani: si sentiva come svuotato. Una sensazione che non ricordava di aver mai provato, e che sinceramente non gli piaceva affatto. Era come se gli fosse stato portato via qualcosa di veramente importante.
Cercando di capire cosa stesse succedendo, si sedette pure lui, seguendo il consiglio dell'uomo.
“Bene. Ascoltami, Negi. Non ho mai detto che non voglia aiutare la tua amica, forse hai frainteso. Come voi, è sicuramente arrivata fin qui con l'aiuto della magia, quindi sicuramente dobbiamo portarla via dalle grinfie del conte. Quello che sto cercando di dire è che dobbiamo muoverci con estrema prudenza.”.
Nella stanza si udirono due tonfi.
Osservando da dove fossero provenuti, i presenti videro Setsuna e Kotaro accasciati a terra, in preda a violenti spasmi e con espressioni di dolore lancinante in volto, mentre Chachamaru restava immobile con sguardo spento di fianco a loro.
“La... ma... gi... a” stava ripetendo sempre più flebilmente la spadaccina.
“Cosa succede? Setsuna! Kotaro!” Negi si affrettò a soccorrerli, poi capì: si sentiva svuotato dal potere magico. Anche l'aria ne era completamente priva “Ma come...?”.
“Presto Erik! Ripristina il Mana! Mi ero scordato delle stirpi di demone!”
Un altro rombo, un'altra parola tanto antica quanto potente risuonò nuovamente nell'aria.
Setsuna e Kotaro lentamente ricominciarono a respirare, via via più regolarmente, venendo scossi da alcuni ultimi spasmi, mentre con una serie di sonori “bip” Chachamaru tornò attiva, guardandosi intorno con aria spaesata.
Chao e Chisame, nel frattempo, non avevano né avvertito, né tanto meno capito nulla di quella strana scena.
Naturalmente erano preoccupate per i loro compagni, ma ciononostante non capivano il motivo di quello a cui avevano assistito.
“Come avete fatto?” chiese Negi rialzandosi, e fissando con sguardo serissimo Richard.
“Erik è l'ultimo discendente dei druidi celtici che abitarono queste terre più di un millennio fa. E' un loro segreto, e non lo condivide con nessuno, neppure noi.”.
“Scusi professore? Ma cosa è successo? Stanno bene Setsuna e Kotaro? Perch...” iniziò a chiedere Chisame con aria interrogativa e preoccupata allo stesso tempo.
“Sì, stanno bene. Vedi, in qualche modo il signor Erik è riuscito a cancellare tutto il Mana presente nella stanza. Setsuna e Kotaro, essendo mezzi demoni, vivono in parte grazie a questo elemento, che gli permette di mantenere integri i loro corpi materiali a livello inconscio, mentre per Chachamaru esso rappresenta l'energia che la sostiene” iniziò a spiegare il professore, richiamando alla memoria vari volumi letti all'accademia di magia. Ma vedendo la studentessa ancora più confusa provò a semplificare “Il corpo di un demone non è di questo mondo. Essi provengono da un altro possiamo definirlo 'piano' d'esistenza. Ora, se noi togliamo la magia, o Mana se la chiamiamo col suo nome arcaico, che funge da 'colla' col piano su cui sono richiamati, nel nostro caso il nostro, le parti demoniache tendono a tornare nel loro. Ma ciò non è possibile per i mezzi demoni, che come dice il termine posseggono pure parti umane, non in grado di viaggiare liberamente tra i piani. Il risultato è quindi come se qualcuno provasse a strappare al possessore intere parti di corpo a volte anche solo cellule o frazioni di codice genetico, provocando sofferenze atroci. Generalizzando, la cancellazione del mana nel bersaglio per il tempo del contatto, è il principio dell'artefatto di Asuna. Per questo è perfetta contro i demoni... Comunque sia, noi esseri umani abbiamo una percezione molto più approssimativa di tale energia, non devi quindi stupirti se non hai percepito nulla nella sua cancellazione. Dato che non la utilizzi regolarmente è come se per te non esistesse.”
Mentre l'allieva rimaneva affascinata dalla spiegazione e provava ad assimilarla tutta, i presenti si erano assicurati che i due stessero bene.
Dopodiché tornarono all'argomento principale.
“Come stavo dicendo prima, ovviamente ci organizzeremo per salvare la vostra amica, ma andremo solo noi. Voi dovrete restare qui al sicuro.”
“No. Verrò anch'io.” disse deciso Negi.
“Ed io andrò con lui.” asserì la spadaccina, senza più tracce di sofferenza in viso.
“Vi assicuro che avrete bisogno pure del mio aiuto!” si inserì Kotaro, con un mezzo sorriso.
“E non provate a fermarci.” sentenziò subito Negi “Non possiamo abbandonare un'amica.”. Si voltò verso Chao e Chisame “Scusatemi infinitamente, ma vorrei chiedervi di rimanere qui.” subito si affrettò a spiegare agitando le mani “N-Non perché non vi voglia con me, ma ecco... non potendo utilizzare né magia né ki...”.
“Abbiamo capito piccolo Negi, ne! Non ti preoccupare, staremo qui tranquille!” disse con un sospiro Chao, buttandosi con le braccia sulle spalle della Cyborg e della Net-idol.
La prima non sembrò molto convinta, mentre la seconda mutò una vasta serie di espressioni nell'arco di pochi secondi, che andavano dallo stupito all'adirato, passando per pochi attimi di delusione e fermandosi sul fastidio di quel contatto non richiesto.
“In quanto a te, Chachamaru” continuò Negi fissando la ragazza meccanica “Vorrei che rimanessi con loro, a proteggerle. Conto su di te!” finì sorridendo.
“S-sì. Come desidera.” rispose Chachamaru chinando lievemente il capo, con voce imbarazzata.
Negi si voltò verso i quattro maghi, con aria decisa.
“Il signorino par sì deciso, e non si può certo negare ce ogni aiuto ci possa essere scomodo, nevvero Richard?” disse con un sorriso ironico e una scrollata di spalle Marcus.
“Henry dice che la sicurezza del castello non è molto fornita, quest'oggi. Per noi possono venire.” assentì Arthur.
“Io non verrò. Meglio se avrete qualcuno a coprirvi le spalle mentre vi intrufolate nel castello del barone. La sua ira e voglia di vendetta saranno tremende quando gli scompariranno le prede, e già sappiano su chi poserà le sue prime attenzioni.” annunciò calmo Erik, col suo vocione.
“E sia, dunque.” si rassegnò dunque Richard, abbassando il capo “Venite ora. Vi mostrerò il castello e ci apposteremo poco distanti per entrare col favore delle tenebre.”.
 
* * *
 
Il villaggio era un fremere di vita. Aveva smesso di piovere ed in cielo splendeva ora un pallido sole, che illuminava le tranquille scene di vita quotidiana del paese.
Il gruppo camminava con passo tranquillo, coi ragazzi che cercavano di abituarsi ai nuovi abiti dati loro, dato che i vecchi non sarebbero affatto passati inosservati.
Ognuno aveva una camicia in lana grezza e un paio di brache beige, con sopra una ampia mantella verde, come quelle dei loro accompagnatori.
“Oh! Ragazzi! Eccovi finalmente!” sentirono una voce chiamarli dal fondo della strada. Era William, che li raggiunse di corsa “Ma dove eravate finiti? Vi ho cercati dappertutto! Mi dovete ancora dire cos'era quel grosso diseg...”.
“Carissimo William! Capiti proprio a proposito!” intervenne Marcus, interrompendolo “Proprio qualche istante fa messere Erik vi stava cercando con fare solerte. E' mio consiglio di affrettarti al suo cospetto: sappiamo bene entrambi che non è rinomato per la sua gran temperanza...” concluse con un sorriso.
“S-sì! Subito!” balbettò impallidendo il ragazzo, per poi correre via.
“Eheh...” ridacchiò l'uomo “Quasi mi dispiace per quel fanciullo, ma questa volta sicuramente si merita ciò che Erik gli serba!”
Erano da poco usciti dal villaggio, in direzione della fortezza che lo sovrastava quando una grossa carrozza nera, dall'aspetto lugubre gli sfrecciò accanto. Era trainata da due grossi cavalli neri, e il cocchiere era completamente intabarrato ed incappucciato, nonostante la temperatura abbastanza mite e il sole in cielo. Ancora più inquietante fu che la carrozza, nonostante le dimensioni non emise alcun suono al suo passaggio, se non lo scalpiccio potente dei destrieri sul terreno. Come passò, lasciò dietro di sé un gelo pungente.
Il gruppo rabbrividì.
“Chi mai può visitare Castel Grigio con siffatto mezzo? Non ricordo di signori in questa zona con gusti tanto... eccentrici.” commentò Marcus.
“Deve essere l'atteso ospite del barone... e deve essere pure parecchio potente per poter viaggiare in pieno giorno!” rispose Richard “Speriamo che la sua permanenza non superi la giornata.”.
 
* * *
 
Il castello era di notevoli dimensioni, e Negi era sicuro di averlo già visto, ma non riusciva a ricordare dove.
Era interamente costruito da blocchi di pietra grigio spento, con ampie vetrate che si intravedevano oltre le alte mura, costellate di merli e feritoie.
Setsuna e Kotaro rimasero stupiti dalla diversità architettonica rispetto ai castelli orientali, e fissarono meravigliati la fortezza per vari minuti.
Dopo un breve giro di perlustrazione, i sei compagni improvvisati concordarono che il metodo d'entrata migliore sarebbe stato volare, dopodiché si nascosero in una macchia di boscaglia poco più a monte e attesero l'imbrunire.
 
* * *
 
“Ok, hanno stabilito un piano d'entrata. Ora aspettano la notte per entrare.” riportò Chisame alle sue compagne, dopo aver messo via la carta Pactio “Addirittura la telepatia... ma pensa te!” disse poi a bassa voce scuotendo la testa.
Pure loro si erano cambiate d'abito e tutte stavano cercando di passare il tempo alla bella e meglio.
Chisame cercava di ignorare i catastrofici avvenimenti che le stavano scombussolando l'esistenza provando inutilmente ad aggiornare la sua pagina web, Chao si era messa dietro alla riparazione di Cassiopea, con scarsissimi risultati, mentre Chachamaru semplicemente osservava seduta al tavolo prima l'una poi l'altra.
Erik le aveva lasciate sole poco prima dicendo di dover sbrigare due o tre commissioni in paese, e che sarebbe rientrato in breve.
“Dicono inoltre che poco fa è arrivato il vampiro, commentando il suo il suo modo alquanto allegro di viaggiare.” continuò poi seria.
“Ah! Henry, o come si chiama, afferma di averne scoperto il nome”
-come se ci servisse a qualcosa...-
“Se vi interessa è conosciuto come Conte Herbert von Shulter direttamente nientepopodimeno che dalla Transilvania. Ne ha fatta di strada sto tipo!”.
Come lo disse vide Chachamaru alzarsi di scatto e fissarla intensamente.
“Hai detto Herbert von Shulter? Sei sicura?” chiese serissima.
“Sì, perché?” rispose interdetta Chisame.
“Lo conosci?” chiese Chao smettendo di lavorare.
“Me ne ha parlato la mia padrona, una volta sola. L'ha definito come un rifiuto della società, un folle e un violento. Ne ha parlato con un tale disprezzo ed ostilità che mai avevo udito uscire dalle sue labbra. Mi disse che era purtroppo anche 'maledettamente potente, quel dannato bastardo' citando testualmente le sue parole. Dopodiché mi proibì di tornare sull'argomento.” rispose l'androide.
“Forse è meglio se lo riferisco al professore.” disse Chisame preoccupata.
 
capitolo 6 parte 2 - ...E salvataggi.
 
La notte calò rapidamente. Nel tempo trascorso nella foresta, Richard e Marcus avevano cacciato qualche coniglio con la magia e, una volta cotti li avevano mangiati per pranzo. Il resto del tempo l'avevano passato scambiandosi nozioni magiche o sui corrispettivi luoghi d'appartenenza.
Silenziosamente, il gruppo sorvolò le mura. In un paio di viaggi grazie al bastone di Negi e un buon incantesimo di occultamento, non fu difficile.
Mentre passavano la corte esterna, videro la tetra carrozza del conte ancora lì in attesa: il cocchiere era immobile a cassetta, sempre col cappuccio abbassato sul volto e le redini in mano. Fiamme verdognole fuoriuscivano da piccoli bracieri posti ai lati del conducente, illuminandolo con riflessi spettrali.
Per quello che poterono osservare, il resto del castello era deserto: non un servitore, non una guardia a far la ronda sui camminamenti.
Una volta atterrati, si diedero un momento per ponderare la situazione.
Attorno a loro il silenzio più assoluto.
“Sento due un odore strano...” disse Kotaro annusando profondamente “L'ho già sentito in passato, sembra quello umano... ma ha un che di diverso.” tirò un altro respiro “Aspettate! C'è un odore umano anche! E' molto debole, e stranamente familiare... ma...” scosse la testa “No... niente, andiamo!”.
I sei gli lanciarono un'occhiata interrogativa sull'ultima frase, poi annuirono decisi. Decisero di entrare da una botola in legno che si apriva nel centro del pavimento.
Scesero in un piccolo corridoio, immerso in un'oscurità profonda.
“Raster maskir magister... Veniant spiritus lucis: Sagitta Magica, una lucis!” recitò a bassa voce Negi. Una piccola sfera luminosa, di un pallido azzurrino iniziò a ruotargli lentamente attorno, illuminando fiocamente l'ambiente.
La scena che gli si parò davanti li fece rabbrividire: in un angolo erano accatastati i corpi di quelle che dovevano essere le guardie, immobili, con espressioni di puro orrore sui volti inclinati in posizioni totalmente innaturali.
Kotaro s'avvicinò “Morti. Chi lo ha fatto doveva avere una forza mostruosa: i lati degli elmi sono accartocciati...” disse confermando i loro sospetti.
Sul corridoio si affacciavano tre porte tutte chiuse, ed una stretta scala a chiocciola, che scendeva nell'oscurità.
“Probabilmente la vostra amica sarà nelle segrete...” stava sussurrando Richard, quando un grido acuto risuonò nella stanza: proveniva dal fondo delle scale.
Seguirono rumori raccapriccianti e urla, che squarciarono il silenzio fino ad allora assoluto.
“Seguitemi!” li incitò Marcus, iniziando a correre giù per la scalinata.
Scesero per quelli che dovevano essere cinque piani: ad ogni pianerottolo la stessa macabra scena. Guardie, servitù o ospiti giacevano scomposti a terra, privi di vita.
“C'è un forte odore di Magia nell'aria! ” avvertì Inugami prima di discendere al piano terra “E non solo di quella! State attenti!”.
Come Negi illuminò la stanza in cui erano appena entrati, tutti ebbero un conato: il pavimento era letteralmente un lago di sangue.
Disseminati in giro, al pari di scogli, giacevano i corpi di una decina di persone, orribilmente dilaniati: profondi tagli si aprivano molteplici su tutti loro facendo fuoriuscire gli organi, che andavano ad arricchire il pavimento di pietra decorata.
“Oh mio dio...” annaspò Negi piegandosi in due e portandosi una mano alla bocca, con la sagitta magica che tremolava in procinto di spegnersi “Cosa può...”.
“Il barone!” esclamò Marcus riconoscendo la figura più lontana,massacrata davanti ad una porta sfondata.
Negli attimi di silenzio che seguirono la scoperta, si poterono chiaramente udire dei tramestii provenire dalla stanza in questione, dalla quale con calma innaturale fuoriuscì una figura dall'aspetto grottesco,che un tempo doveva avere origini umane, ma che ormai ben poche ne rifletteva: aveva arti oblunghi, sottili e muscolosi, con unghie spesse e affilate, lunghe quasi un dito del professore.
La pelle cinerea era tesa sul volto animalesco, col naso schiacciato in su e le orecchie allungate all'indietro che terminavano con punte aguzze.
Completamente glabra, la bestia li fissava con due occhietti color rubino e un ghigno feroce: le labbra quasi inesistenti mostravano l'aguzza dentatura, mettendo in risaldo i canini superiori, estremamente aguzzi.
L'essere era completamente ricoperto di sangue, come l'oggetto che teneva stretto in un pugno: un corpo di piccole dimensioni, che venne gettato malamente di lato e da cui provenne un debole gemito.
“Uh?” disse la creatura con voce gorgogliante “E voi chi sieeeete?” reclinò la testa “Un nuovo spuntino per il Conte? Arh! Arh!” alle sue stesse parole gli si illuminarono gli occhi.
“Oh siiiiì! Siete stati gentili... a risparmiare al Conte la fatica di cercarvi!” continuò quello che doveva essere il conte Herbert.
“Vade retro, essere infernale!” gli gridò contro in risposta Marcus, estraendo un lungo pugnale da un fodero nascosto.
“Igne sancta, daemonium fugit... Omne Flammans Flamma Purgatus, Domine Extinctionis et Signum Regenerationis, in Mea Manu Ens Inimicum Edat! Flagrantia Rubicans!” evocò subito dopo, con prontezza e rapidità sbalorditiva e un'espressione di assoluto disprezzo in volto.
Un'immensa fiammata color rubino partì dalla mano protesa del mago, avvolgendo il vampiro completamente.
Veloce come un lampo, Negi si tuffo a lato della fiammata, afferrando per un braccio l'ex preda del conte e trascinandola via prima che venisse incenerita.
Nel frattempo Richard aveva estratto una spada di piccole dimensioni e aveva iniziato a recitare incanti di protezione su di sé e gli altri membri del gruppo, che a loro volta avevano messo mano alle armi, o nel caso di Kotaro avvano estratto gli artigli.
“WHAAAAARGH!” il vampiro uscì in corsa dalle fiamme, col corpo in combustione ed una luce folle negli occhi.
“Maledeeeetti!” latrò “Mille, mille e ancora mille volte maledeeeetti!” e con una velocità inaspettata allungò una mano, afferrando alla gola Marcus.
Con furia, il mostro lo alzò da terra come fosse un fuscello e lo scagliò contro la parete più vicina, che venne incrinata nell'impatto.
La bestia si voltò furiosa verso un nuovo avversario, il più vicino: la spadaccina Shinmei.
Non particolarmente sicura delle sue possibilità di vittoria, Setsuna si gettò coraggiosamente all'assalto, portando un potente fendente verso il collo della creatura, che però frappose prontamente un braccio.
L'affilata lama affondo solo per qualche millimetro, come se sotto la pelle vi fosse una solida lastra di metallo, e la spadaccina non fece in tempo ad estrarla che il vampiro le arrivò un manrovescio in pieno petto che lettralmente la fece volare via, svuotandole i polmoni dalla gran botta.
Completando il movimento del braccio, Herbert provò ad artigliare Richard, quando qualcosa gli azzannò un polpaccio, sbilanciandolo: era uno dei cani d'ombra di Kotaro. Mentre il conte si liberava con uno scossone del segugio, Inugami si moltiplicò in tre copie ed iniziò a tempestarlo di colpi su tutti i lati, costringendo il mostro alla difesa.
Ruggendo di rabbia e frustrazione, l'essere scagliò a terra una delle copie con un potente pugno, mentre l'altra venne dilaniata dagli artigli, scomparendo.
Con un ghigno soddisfatto ed insanguinato si girò verso il vero, ed ora unico, Kotaro, quando qualcosa lo colpì con violenza alla schiena.
Voltandosi, fece in tempo a vedere Arthur con un arco fatto di luce in mano, che gli stava scagliando un secondo dardo magico.
Lesto, schivò il colpo e si tuffo sul mago, con un unico lungo balzo, inchiodandolo a terra per la spalla destra, infilzandolo a fondo con un'artiglio.
L'uomo gridò di dolore, e mentre attendeva il colpo di grazia, sentì il mostro alzarsi e sfilargli l'artiglio. Guardando, vide Setsuna di nuovo in piedi, malferma sulle gambe e con un rivolo di sangue che le correva sul mento, mentre col braccio sinistro si teneva stretto il costato. Attorno a lei erano sospesi sei pugnali giapponesi, avvolti da una luce dorata.
Con un gesto della ragazza, questi volarono con precisione verso il conte, mirandone la gola. Quattro vennero deviati da rapidi colpi del vampiro, ma due riuscirono a conficcarsi a fondo nelle carni dell'essere.
Con un sorriso stanco Setsuna cadde sulle ginocchia, mentre Herbert provava invano ad estrarsi le lame, gorgogliando.
“Setsuna!” Kotaro caricò il conte, facendolo cadere e dando tempo a Richard di soccorrere la ragazza.
Nel frattempo Negi si era accertato che sia l'umano che Marcus fossero vivi, dopodiché aveva iniziato a recitare vari incantesimi in rapida successione.
Come un lampo, comparve al fianco di Kotaro, affibbiando una gomitata nello stomaco al vampiro, rialzatosi, e spedendolo un paio di metri indietro.
“Scusa il ritardo!” disse all'amico.
“Fa nulla, lo avrei sistemato da solo.” rispose con un ghigno il ragazzo.
Kotaro ripartì all'attacco, mentre Negi lo supportò da dietro con un'impressionante serie di dardi magici, che aprirono più ferite nel corpo carbonizzato del mostro.
I colpi di Kotaro lo facevano arretrare sempre di più, anche per via dei pugnali ancora conficcati nella sua gola, che gli impedivano di respirare.
Con rabbia, Herbert riuscì ad assestare una forte manata al ragazzo-lupo, scaraventandolo a terra con un profondo taglio in petto.
“Ora teeeee... piiiiccolo mago!” gridò con voce acuta, girandosi.
E trovandosi a pochi centimetri dal petto un bastone da mago impugnato a due mani dal ragazzino, che stava finendo di pronunciare “... Jovis Tempestas Fulguriens!”.
Un potentissimo raggio d'energia si generò dalla punta dell'asta, accompagnato da potenti venti ed un suono basso e cupo, e con un'incredibile forza si proiettò verso la parete dietro il vampiro scavandosi violentemente una via nel suo costato.
Lo schianto con la parete fu fortissimo, e fece tremar l'edificio violentemente, pur non forando lo spesso strato di roccia che la componeva.
L'essere rimase immobile. Con aria frastornata, si osservò la voragine che aveva al posto del petto. Poi, con espressione sempre più stupita cadde sulle ginocchia.
Una serie di spasmi cominciò ad attraversare il corpo del vampiro, per poi trasformarsi in un singhiozzo gorgogliante, molto simile ad una risata.
La testa si girò a fissare il giovane mago e si poté chiaramnte udire il conte borbottare “Fooorte il ragazzino... Il Conte lo ritiene un buoooon pasto...” nonostante le evidenti difficoltà a parlare. Poi si sgretolò in polvere.
Un forte vento spalancò una porta e la voce del vampiro risuonò per la stanza “Torneraaaaà...Il Conte non si sconfigge cooosì facilmente!”, per poi cessare definitivamente, insieme allo strano ed inquietante fenomeno.
“Uff...” Negi cadde seduto, ansante. “Ma cosa diavolo era? E' così un vero vampiro?” domandò spaventato.
“No, divengono così solo quando perdono la via della ragione ed abbracciano completamente la loro nefasta natura” spiegò Marcus, che si stava rialzando, massaggiandosi il collo.
“Questo particolare immondo esemplare, non è di cero morto. Ma sicuramente ci mettere qualche tempo prima di rinascere. Questo sì. Ottimo lavoro signorino Negi.”
Si avvicinò al corpo svenuto. Apparteneva ad una ragazzina di non più di dieci anni, con lineamenti gentili e lunghi capelli mossi fin sotto la vita, anche se di colore indefinibile per via del sangue che li ricopriva. Due fori sul collo indicavano dove il vampiro si stava nutrendo.
Man mano che osservava quel volto, quello di Negi diveniva sempre più pallido.
“M-master?!” esclamò d'un tratto, riconoscendone i lineamenti e indietreggiando di scatto.
A quell'esclamazione, pure Setsuna, sostenuta da Richard, e Kotaro osservarono il corpo e le loro reazioni furono abbastanza simili.
“Eva! Ma che ci fa lei qui?” si stava domandando Setsuna, mentre Inugami rimaneva a fissarla con la bocca aperta ed espressione sconvlta.
“La conoscete?” domandò accigliato Richard, rivolto ai tre.
Agitandosi, Negi iniziò a farfugliare”Sì... c-cioè, no!... bhe, ecco... dipende...”.
“Una nostra amica è identica a lei, quindi ci siamo semplicemente confusi vedendola in volto, con questa fioca luce. Scusateci.” spiegò improvvisando Setsuna, interrompendo il professore.
“Capisco. Comunque sia questa deve essere la figlia del barone. Se non erro si chiama Evangeline Athanasia Kitty McDowell.”.
“Meglio ucciderla ora.” intervenne tranquillo Marcus “Come si sveglierà, diverrà una figlia della notte. Che destino crudele e triste per una siffatta giovane.” terminò scuotendo con aria sconsolata la testa e posizionandole il pugnale all'altezza del cuore.
“NO!” lo fermarono i tre del Mahora all'uninsuono.
I tre maghi gallesi li guardarono stupiti, Arthur li aveva raggiunti poco prima, con un bendaggio maldestro sulla spalla.
“Cioè... ecco...” continuò Negi pensando freneticamente “Lasciatela venire con noi! Nel nostro paese abbiamo una cura per questa maledizione, ed ora che il barone è... erhm... trapassato, possiamo metterci in cammino senza problemi, no?” chiese speranzoso.
I maghi si bisbigliarono qualcosa per qualche minuto.
“E' sia. Ma ricordatevi che sarà sotto la vostra diretta responsabilità. Quello che vi state accollando è un pesante fardello.” disse infine Marcus, serio “Assicuratevi di allontanarla il prima possibile dal villaggio. Tale tipo di creature non sono benaccette tra la gente comune. Ora finiamo il lavoro per cui siamo venuti.” finì con tono più dolce.
 
* * *
 
Ako si trovava in una cella buia e puzzolente. Non sapeva da quanto tempo fosse lì, né tanto meno il perché. Non riusciva a capire nulla, da quando era scomparsa sotto gli occhi delle sue compagne e ricomparsa in mezzo ad una piazza da qualche altra parte, piena di gente che aveva iniziato ad urlare e a fuggire.
Ancora meno ci aveva capito quando due grossi signori in armatura metallica l'avevano portata lì di peso, nonostante le proteste dell'ermellino del professore, comparso da chissà dove e ancora con lei ora.
Non si era stupita neanche più di tanto che l'animale avesse parlato, tanto era frastornata.
Poco prima c'era stato un violento terremoto, ora invece stava scendendo le scale.
Incurante, rimase rannicchiata nel suo angolo a singhiozzare, quando una luce la illuminò.
“Capo!” sentì esultare Kamo sulle sue spalle.
-Cos...- si disse alzando lo sguardo.
“Ako! Grazie al cielo stai bene!” esclamò il ragazzino buttandosele al collo, dopo aver letteralmente sfondato la porta della cella.
“Professore?!” chiese incredula la ragazza con le lacrime agli occhi “M-ma cosa ci fa qui? Dove siamo?”.
Vide dalle scale scendere Setsuna sorretta da un grosso uomo “Sakurazaki! Ci sei anche tu!” ora Ako stava letteralmente piangendo dalla gioia, quando fece caso alle condizioni dei suoi compagni.
Sbiancando, allontanò da sé il professore per osservarlo meglio.
“M-ma v-v-voi siete f-ferito! S-siete ricoperto di s-s-sa....”balbettò accasciandosi a terra svenuta.
“Le avevo detto che era meglio se fossi scesa prima io...” disse con un sospiro la spadaccina.
“E' vero...” disse Negi passandosi una mano tra i capelli “Kamo! Ci sei pure tu! Ma cosa ci fai qui?” domandò all'animaletto.
“Bhe, capo... stavo seguendo questa sex... interessante ragazza vestita da infermiera, quando ci siamo trovati a volare e teletrasportati da qualche parte qui fuori.” spiegò l'ermellino.
“Capisco... Faremo il punto della situazione in locanda. Forza andiamo! Gli altri ci stano aspettando di sopra!”.

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Capitolo 7
*** Ricordi ***


Capitolo 7 – Ricordi
 
Il rientro alla locanda fu accompagnato da una calma ed un silenzio rilassanti. Mentre sorvolavano per la seconda volta quella notte le mura, notarono che la carrozza nera ed il suo inquietante cocchiere erano scomparsi.
Come entrarono furono accolti da un silenzio carico di tensione, sostituito da sgomento nei volti delle studentesse nel vedere i loro amici pesti e ricoperti di sangue.
Subito si fiondarono a soccorrerli, ma dopo che insistentemente gli fu assicurato che non c'era nulla di grave, a parte Arthur, si calmarono un poco.
Dettagliatamente vennero illustrati tutti gli avvenimenti di quella lunga notte, omettendo solo le parti più truculente nella vista del massacro.
Alla presentazione di Eva, Negi fece intendere con occhiata un'eloquente alle sue sempre più stupite allieve, che avrebbero dovuto serbare le loro domande per dopo, quando sarebbero stati soli.
Ako e la ragazzina vennero ripulite in una tinozza d'acqua calda e cambiate dalle compagne, per poi essere distese su piccoli letti nella stanza su cui dava la porta di fronte al camino.
Finito il resoconto, nella stanza calò un silenzio nervoso.
“Scusateci” iniziò Negi dopo un minuto di riflessione “Signor Richard, signor Marcus e signor Arthur... ecco... potreste lasciarci soli per qualche minuto? Non vorrei sembrare scortese, ma vorremmo discutere tra noi sul nostro futuro...”
Gli venne da sorridere all'ironia della frase appena pronunciata.
“Certo, capiamo. Non ti preoccupare. Se avrete bisogno di noi, siamo nella vera locanda.” replicò sereno Richard “Così ne approfitteremo pure per far medicare Arthur.”.
“Uh? Vera locanda? Non era questa?” chiese stupita Chao.
“No, no...” rispose Marcus ridacchiando “Questo è solo un luogo fittizio da noi creato per non essere trovati in caso di problemi. Per entrare nella vera locanda basta che esci di qui e riapri la porta senza prima colpirla con la bacchetta.”.
Detto questo, i tre si alzarono ed uscirono.
Dopo qualche attimo di silenzio, riprese la parola Chachamaru “Scusi professore, ma cosa intendeva fare prima, chiamando quella bambina come la mia signora?” chiese con voce interrogativa.
“Assolutamente nulla. Quello, semplicemente, è il suo nome. Ed ora è un vampiro. Guardala attentamente: sono identiche! Non può esserci un errore!”.
Con aria scettica tutte le ragazze si attorniarono ad Eva, osservandola.
“Effettivamente sembra lei” commentò stupita Chisame.
“Non può essere lei: ha un'aria così dolce!” asserì Kotaro.
“Invece potrebbe, dato il viaggio nel tempo. Ma questo significherebbe che è veramente antica.” considerò Chao.
“Sì! Deve essere lei! Mi aveva raccontato proprio ieri, dopo il torneo al Mahora che era vissuta in questo periodo!” confermò Setsuna, stupendosi di quanto poco fosse passato dalla loro scomparsa.
“Quindi... questo... questo vuole dire che è colpa mia, se ora è un vampiro ed ha patito secoli per questo!” sbiancò Negi, realizzando ciò che aveva fatto sottraendola per ben due volte alla morte.
“No, professore. Non è colpa sua. Se non intervenivamo, sarebbe morta lì una bambina innocente. Se proprio si vuole accusare di qualcosa, può dire di averla salvata.” lo corresse la spadaccina, calmandolo “E ora? Cosa si fa?” continuò.
“Troviamo una maniera per tornare in Giappone, direi.” propose Chisame.
“Io ho praticamente sistemato Cassiopea... temo però che possa reggere un solo salto, ne!” intervenne Chao, mostrando l'orologio.
Non aveva un gran aspetto, con alcuni quadranti montati e una lancetta mancante.
“Dobbiamo trovare solamente il più vicino dei Dodici punti Sacri, teoricamente.” finì l'inventrice.
Nessuno nel gruppo avrebbe scommesso un soldo bucato sul macchinario, ma decisero di fidarsi, data la concreta, seppur piccolissima, possibilità che rappresentava di tornare a casa.
“E di lei cosa ne facciamo?” domandò Chisame indicando col pollice la piccola figura di Eva “E cosa diciamo ad Ako?”.
“Le diremo la verità. Non avrebbe senso tenerle nascosta la magia, ora che siamo qui. Per quanto riguarda il Mast... Eva, la porteremo con noi finchè non avremo la possibilità di tornare nel nostro tempo. Non possiamo abbandonarla a sé stessa, soprattutto ora, che non ha secoli di esperienza e potere ad assicurarle un'esistenza in questi bui periodi.” rispose risoluto Negi.
“Capisco, capo. Ma cosa le direte: che siete i suoi compagni di classe provenienti da un futuro lontanissimo? Cre...” stava domandando Kamo, quando si accorse che le palpebre della ragazzina in questione stavano iniziando a tremolare “... Capo! Si sta svegliando!”.
Lentamente, gli occhi azzurri di Evangeline si aprirono, assonnati. Con aria frastornata, la ragazzina osservò uno alla volta i molteplici volti chinati su di sé.
Poi un lampo di terrore le attraversò lo sguardo, e con uno scatto improvviso indietreggiò annaspando sui gomiti, cercando di mettere più distanza possibile tra lei e gli sconosciuti.
“NO! LASCIATEMI ANDARE!” gridò proteggendosi la testa con le braccia, rannicchiandosi il più possibile ed iniziando a singhiozzare “Lasciami! Padre! Padre...” continuò sempre più flebilmente.
 
* * *
 
“LASCIAMI!” gridò Evangeline, aprendo gli occhi pieni di lacrime.
Le sue compagne si girarono verso di lei, preoccupate.
Ansante, la ragazza si guardò intorno: si trovava in una stanza di modeste dimensioni, sopra di un grosso letto a baldacchino. Una fresca brezza veniva emessa dal condizionatore installato sopra la finestra, per combattere la calura dell'estate.
Alcuni confusi ricordi iniziarono ad affiorare nella sua memoria: come quando Mana aveva aperto il portellone, e come non vi fosse nessuno ad attenderli ai piedi dell'aereo.
L'ultima cosa che ricordava era di aver posato il piede sul primo gradino della scaletta, poi si era fatto tutto buio.
Fino a quando non l'aveva rivisto. L'essere che l'aveva maledetta col vampirismo, massacrando i suoi parenti e obbligandola ad un'esistenza dolorosa e solitaria.
Però ancora non riusciva a capire come aveva fatto a salvarsi dalle sue grinfie. Aveva memoria di alcuni uomini, e di alcuni ragazzi... ma i volti di questi ultimi erano nascosti da una fitta nebbia...
“Stai bene Eva?” chiese preoccupata Asuna, avvicinandosi.
“S-sì.” rispose frastornata la vampira “Cosa... cosa è successo?”.
“Come hai messo piede fuori dall'aereo, sei crollata svenuta. Ti abbiamo portata in fretta qui all'albergo, dove è da venti minuti che mugugni disperata e nomini un certo 'Lord Herbert'...” le rispose Mana, tranquillamente “Abbiamo prvato a svegliarti, ma nessuno c'è riuscito. Cosa ti è successo? Chi è questo Herbert?” domandò quindi, con aria inquisitrice.
Arrossendo violentemente, Eva borbottò un “Nessuno...” poco convinto, quando vide che tutte le sue compagne erano ammucchiate dietro la Libraia, intente a leggere da un grosso libro sospeso, intitolato Diarius Ejus, da quanto riportava sulla costola.
“Mhm... capisco.” commentò la mercenaria dopo aver letto, senza cambiare espressione, mentre la bionda ragazzina nel letto rimaneva imbambolata con la bocca spalancata e le mani protese verso Nodoka.
“Povera Eva...” commentò Konoka con gli occhi lucidi.
“Ma chi erano le persone che ti hanno aiutato? Alcune mi sembrano stranamente familiari...” chiese curiosa Yue, guardando le immagini del libro.
“Io... non ricordo. Anzi, non riesco a ricordare. Anche a me pare di conoscerle, ma come provo a concentrarmi i loro volti si oscurano sempre di più. In più, tutti i ricordi in cui compaiono sono come sbiaditi, incompleti. Per poi terminare con un grosso vuoto.” spiegò la vampira “E' Così frustrante! Ma soprattutto non capisco perché questi particolari ricordi si ripresentino proprio ora, dovrebbero essere sepolti da un pezzo...” lo sguardo si posò sulla sua prima bambola, accasciata ai piedi del letto “Chachazero! Te ricordi qualcosa? Se non sbaglio mi sei stata data in quel periodo.”.
“I miei costruttori mi hanno posto sigilli di rimozione, padrona. Non potrò avere accesso alle memorie di quel periodo finché non sarò soggetto dell'apposito contro incantesimo.” rispose allegra la bambola, come recitando a memoria una vecchia filastrocca.
“Comunque Eva, se sei in grado di camminare, noi vorremmo iniziare a cercare Chachamaru.” le comunicò Kaede, interrompendo la brusca replica che la ragazza stava per infliggere al pupazzo.
“Sì, certo. Andiamo.” acconsentì Evangeline, scendendo dal letto.
 
* * *
 
La città turca era molto affollata. Per le strade secondarie si aprivano bazar di ogni dimensione, e con ogni tipo di merce esposta. Come fossero vere turiste, spesso le ragazze si fermavano a comprare gingilli e ricordini, o a scattare foto alle antiche costruzioni arabe e romane.
Come arrivarono di fronte ai rigogliosi giardini che circondavano la Basilica di Santa Sofia, Mana ordinò loro di attendere lì che tornasse con la guida che gli avrebbe mostrato le catacombe.
Eva era allo stesso tempo entusiasta e preoccupata da quella 'vacanza' improvvisata: non avevano ancora incontrato maghi, quindi potevano godersi la visita della città in pace, ma ciò non voleva dire che non le stessero tenendo d'occhio.
Dopo qualche minuto, la mercenaria tornò accompagnata da un uomo di bassa statura, sulla ventina, con la carnagione olivastra ed i capelli neri tagliati corti.
Vestiva un paio di jeans ed una maglietta arancione acceso, a tracolla una semplice sacca rosso papavero. Mana lo presentò come Abid Haanari ed altrettanto fece con lui, parlando in arabo.
“Bene! Se vogliamo andare... da questa parte!” tradusse la pistolera le parole uscite dalla bocca della guida.
Senza attendere una risposta, Abid si incamminò verso un cabinotto nascosto in mezzo ad una piccola macchia di alberi. Con una vecchia chiave tolse il catenaccio alla porta, ed invitò le ragazze ed il professore a scendere per la piccola scala a pioli che aveva dietro.
Una volta nei cunicoli, grazie ad una torcia ed un potente GPS, iniziò a condurle per un labirinto di cunicoli cosparso di nicchie.
In alcune ancora giacevano i loro antichi ospiti, sotto forma di scheletri.
Dopo qualche minuto di camminata, improvvisamente la guida si fermò, iniziando ad indicare una parete a mosaico e a parlare con voce calma.
“Dice che le coordinate che gli abbiamo fornito indicano un punto dietro questa parete: probabilmente c'è una stanza.” venne tradotto.
“Allora basta tirar giù questo muro, no?” chiese semplicemente Asuna.
“Bhe... sì. Ma dubito che il signore voglia c...” iniziò a rispondere Takahata.
Con uno schianto secco, la parete si sgretolò in mille pezzi, quando Ku, Asuna ed Eva lo colpirono rispettivamente coi loro mezzi.
“Proprio quello che volevo evitare...” disse nervosamente Takamichi rivolgendosi con le mani in tasca alla guida, rimasta paralizzata dalla scena.
Guardando meglio, notò che non era però quella la causa del suo imbambolamento: ma un piccolo dardo conficcato nel collo.
“Gli guardi in tasca, professore.” gli consigliò Mana, dietro di lui con ancora la pistola in mano.
Takamichi eseguì, e con un mezzo sorriso estrasse dai pantaloni una piccola bacchetta ed alcune boccette.
“Un mago eh? Grazie Mana. Ottimo lavoro, come sempre.”.
La ragazza rispose con un gesto del capo, mentre sfilava il GPS alla guida e ne raccoglieva la torcia.
La polvere del crollo finì di posarsi. Oltre il buco vi era effettivamente un'altra stanza: perfettamente circolare ed il pavimento ricoperto di polvere.
Al cento, si ergeva un grosso trono in pietra, con una figura seduta immobile sopra.
Come venne illuminata, risultò incredibilmente simile ad un manichino, con logori abiti addosso e capelli stopposi ormai senza più un colore, dall'evidente troppa mancanza di luce.
Nonostante ciò, le ragazze riconobbero in esso la loro amica Chachamaru.
Un leggero 'bip' si ripeteva ritmico, proveniente dall'androide.
Asuna provò a passare una mano davanti agli occhi spenti dell'amica. Nessuna reazione.
“Chachamaru...” Eva avanzò nella stanza, e carezzò delicatamente con una mano la guancia della partner “Cosa ti è successo?” disse sussurrando, senza rivolgersi a nessuno in particolare.
La stanza si illuminò improvvisamente. Un grosso cerchio magico si disegnò attorno al trono, spazzando via la polvere da sopra le sue linee.
Chachamaru sbatté improvvisamente gli occhi, osservando la vampira con sguardo stupito, mentre il suo corpo iniziava a ridursi in polvere.
“Pa... dro... na...” sussurrò con voce metallica e accennando un sorriso, dolce come mai ne aveva fatti. Poi il volto si distrusse nella mano di Eva.
“Chachamaru!” gridò la ragazzina, annaspando con le braccia dove fino a pochi istanti prima sedeva l'androide.
Non c'era più. Era semplicemente sparita.
“Sigilli di protezioni numeri uno, due, tre: disattivati. Blocco annullato. Autentificazione intrusi: ...confermata. Riattivazione circuiti magici: ...completata.” una voce familiare risuonò nella stanza “Benvenute, ragazze!”.
Tutti i presenti la riconobbero: era la voce di Negi.
“Immagino vi stiate chiedendo dove siamo io e le ragazze scomparse dal Mahora...” continuò la voce del professore.
“Bhe... abbiamo poco tempo... e la storia è lunga. Troppo per la batteria residua del computer di Chisame. Innanzitutto state tranquilli: stiamo tutti bene. Sono... successe molte cose, qua. Vi spiegherò meglio di persona, quando ci rincontreremo. Ho lasciato tutte le istruzioni necessarie per il nostro rientro a Chachazero. Basta che la facciate entrare nella stanza ed i suoi sigilli si spezzeranno. Mi dispiace, ma non c'era un modo più semplice...”
“Ehi! Moccioso! Cosa diavolo stai dicendo? Dove siete?...” iniziò a gridare alla voce Evangeline, con voce carica di una preoccupazione di cui lei stessa si stupì, prima da venire zittita da una mano di Takamichi sulla bocca.
“Kotaro, vi chiede gentilmente di far sapere alle sue coinquiline, in particolare a Natsumi, che sta bene. E dite a Konoka che la sua Setsuna non vede l'ora di rivederla” disse con voce divertita, mentre diversi rumori simili ad un tonfo e a del vociare si potevano udire in sottofondo.
“E... se sei lì, Master...” riprese con voce seria il ragzzino dopo un attimo di pausa “Ecco... mi dispiace. Mi dispiace infinitamente. Ora non lo capirai, ma sappi che era meglio così. Salutateci Takamichi e le altre, e dite loro che non le dimenticheremo mai.”.
Poi tutto si spense.

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Capitolo 8
*** Risvegli burrascosi ***


Capitolo 8 – Risvegli Burrascosi
 
“Calmati! Qui nessuno vuole farti del male!” cercava invano Negi di tranquillizzare la piccola Evangeline, che continuava a respingere qualsiasi tentativo di avvicinamento.
Dopo l'ennesimo rifiuto di ascoltarlo, il professore si abbandonò su un letto con aria sconsolata.
“Gli dia un po' di tempo, professore. Quello che ha passato non deve essere facile da superare.” gli disse tranquilla Chisame, avvicinandosi.
Chao e Chachamaru stavano ancora tentando a farla uscire da sotto il letto dove si era rifugiata, ma con scarsi risultati.
L'androide era sulla soglia della disperazione più totale.
In quel momento udirono la porta aprirsi, e videro rientrare Erik, che inarcò incuriosito un sopracciglio alla vista di quella strana scena: una ragazzina che cercava in tutti i modi di non farsi afferrare da due delle ragazze, la giovane con gli occhiali e i due ragazzini erano seduti su una branda poco distante mentre la spadaccina e quella che doveva essere la strega dormivano profondamente su altri due materassi.
“Salve, signor Erik.” salutò cortese Negi “non è che ci potrebbe aiutare lei a calmarla?” continuò indicando Eva con un cenno della testa. Aveva un'aria distrutta.
Una testa spuntò da dietro un braccio del possente uomo: apparteneva a William “Cosa succede Erik? Dove mi hai mai portato? Non riconosco questo posto...” domandò prima di guardarsi attorno.
Come lo fece, osservò meravigliato gli occupanti della stanza.
“Oh. Ecco dove eravate finiti tutt'oggi! Io... ecco... volevo scusarmi per stamattina: sono stato davvero scortese e...” iniziò a dire entrando.
“William. Zitto ora.” lo interruppe secco Erik.
“Sei stato portato qui perché ormai è impossibile tenerti all'oscuro. Devi sapere che noi, Marcus, Arthur e Richard non siamo semplici esseri umani. Siamo quelli che la gente comune definisce Maghi.” disse pacatamente l'omone quando ebbe l'attenzione del ragazzo, la cui espressione mutò più volte: dapprima divertita, poi come vide la serietà negli occhi dell'amico, divenne stupore, per poi stabilizzarsi su uno sguardo impaurito.
“C-cosa? M-maghi?” balbettò indietreggiando “D-dai, non essere ridicolo... V-vo...”
“Non ti sto prendendo in giro. Lo siamo. E lo siamo sempre stati. E come sai non c'è nulla da temere da noi.” lo interruppe calmo Erik.
“Ti dico ciò ora perché obbligato. Ma ti posso assicurare che te ne avremmo parlato per il tuo diciassettesimo compleanno. Comunque sia, abbiamo visto in te una grande presenza di Mana, l'abbiamo percepita nel momento stesso in cui ti abbiamo trovato. Col tuo potere latente, ed un giusto addestramento avresti la possibilità di diventare un grande stregone, tra i migliori: un Magister Magi. Ora, devi fare una scelta, forse la più importante della tua vita. Accettare questo dono, ed approfondire le tue conoscenze sull'arte arcana, o ignorarlo e seguire una vita tranquilla e comune. Nessuno ti biasimerà se sceglierai la seconda: è importante che tu lo sappia.” terminò.
I presenti fissarono il ragazzo, con espressione sbalordita. Anche Eva, sentita la calma improvvisa calata attorno a lei, fece capolino da sotto una sponda.
“I-io? Un m-mago? Ma la magia è frutto di patti col Demonio! V...”
“Assolutamente no! Non mi pare che nè io ne i miei compagni ti avessimo mai detto una cosa del genere! Sono solo dicerie di ignoranti, troppo spaventati da ciò che non comprendono! Ci hai mai forse visto nuocere qualcuno? Compiere riti empi?” lo interruppe bruscamente Erik.
“N-no... ma...” mugugnò il ragazzo.
“La magia è un'energia, che solo in pochi purtroppo sanno manipolare naturalmente. Non ne devi avere paura.” continuò con tono più pacato.
“Capisco...” non sembrava particolarmente convinto. Tirò un profondo respiro.
“Va bene. Diciamo che voglia imparare la magia, solo per ipotesi. Cosa succederebbe?” domando con voce più calma.
“Dovresti superare una prova. Dopodiché io, Arthur, Richard e Marcus ti insegneremo le vie del mana.” rispose semplicemente Erik.
“William chiuse gli occhi e rifletté qualche minuto.
Infine li riaprì e guardò fisso l'uomo “Va bene. Ci sto. Potrebbe essere interessante in fondo, no?” disse con un sorriso nervoso.
“Ben fatto! Vedrai che non te ne pentirai William!” esultò il gallese.
“Oh! Sei venuta fuori Eva!” esclamo Negi, con un sorriso rassicurante in volto, come si accorse del viso che spuntava da sotto il letto. Lentamente, le se avvicinò e le tese una mano “Vieni, su! Qui nessuno vuole farti nulla! Io sono Negi.”.
Titubante, la bambina accettò la mano e si fece tirare fuori dal suo nascondiglio “D-dove sono?” chiese, guardandosi in giro “Dov'è mio padre?”.
Un'ombra passò sul volto del professore “Tuo padre... è... è partito per un viaggio, un viaggio molto lungo. Ti ha lascito con noi: siamo suoi amici. Io sono un'insegnante, sai? E loro sono alcune delle mie allieve, anche quelle che stanno dormendo più in là. Questo invece è il mio amico Kotaro.” disse cambiando discorso Negi.
Voltandosi ed indicando verso Strongspeak e il suo omonimo, che stavano ancora discutendo, disse “Queti sono invece Erik e William.”.
La piccola, dopo qualche attimo di silenzio, sembrò accettare la spiegazione annuendo in silenzio.
“Ti senti bene?” chiese Negi, vedendola impallidire.
“S-sì. E' che... ho sete... tanta sete... AHI!” esclamò spalancando la bocca: un canino lungo e affusolato le aveva ferito il labbro inferiore.
“C-cosa mi succede?” chiese tastandosi le zanne, con aria via via sempre più terrorizzata “P-perchè sono così lunghi?”.
“Perché non sei più umana piccola Evangeline, ne.” le disse Chao, posandole una mano sulla spalla “Sei stata aggredita da un vampiro, e questi ti ha trasmesso la maledizione.”.
“Cosa?” chiese la ragazzina, spalancando gli occhi “un vampiro?”.
UN lampo le passò negli occhi, che si riempirono di lacrime e comprensione.
“Diventerò anch'io un mostro così? Non voglio!” singhiozzò “Ho paura...”.
“Tranquilla, ci siamo noi con te.” la rassicurò Chachamaru, avvicinandosi imbarazzata.
“Non accadrà nulla del genere.” le sorrise Negi.
“E te la delicatezza neanche sai dove sta di casa, vero?” disse acida Chisame verso Chao, che si mise una mano dietro la testa balbettando una blanda scusa.
“EEEEH?” sentirono tutti esclamare William, dall'altra parte della stanza.
“Hai capito bene ragazzo! Tu andrai con loro. Piccolo Negi!” chiamò poi Erik, facendo quasi scattare sull'attenti il professore “Questo scavezzacollo vi accompagnerà nel vostro viaggio di ritorno, ovunque sia la meta, come inizio del suo apprendistato, facendovi da guida. Gli farà bene. Comunque sia ti vorrei chiedere un favore: intanto che siete in viaggio, vorrei che gli insegnassi i rudimenti del Mana.”.
“S-sì, certo signor Erik.” assentì Negi, stupito.
Nel frattempo, con tutto quel chiasso, pure Ako si era svegliata.
Con calma, Negi e le compagne le si avvicinarono, e dopo una serie di abbracci e frasi tranquillizzanti, le illustrarono la situazione, mettendola a parte del segreto della magia, accompagnando il tutto con qualche dimostrazione pratica.
La ragazza, all'inizio ovviamente incredula e spaventata, sembrò comunque accettare senza repliche le loro rivelazioni.
Terminata la spiegazione, si limitò ad un solo commento, con voce atona “Quindi professore, riassumendo... per colpa del malfunzionamento di una macchina temporale di Lin Shen Chao, che viene dal futuro ed è una sua discendente, siamo stati catapultati quasi settecento anni nel passato, in un galles dove è scoppiata da poco la famigerata 'guerra dei cent'anni'. Ora, con la stessa e raffazzonata macchina, dobbiamo tornare al presente, ma per farlo abbiamo bisogno del potere magico di uno di questi 'dodici luoghi sacri', di cui ignoriamo la posizione, oltre che le eventuali date di attivazione. In più, lei stesso è un mago, Chachamaru un robot e questa ragazzina identica ad Eva, e sua omonima a quanto dice, è un neo-vampiro che ci porteremo dietro, come quel ragazzo biondiccio che sta fissando il vuoto poco più in là, anch'esso promosso a mago apprendista, giusto? Ho dimenticato qualcosa?”
“Sì! Che io e la tua compagna Setsuna siamo mezzi demoni.” replicò orgoglioso Kotaro.
“Ah, sì. Grazie. Quindi professore?”
“S-sì...” rispose impacciato Negi “Diciamo che possiamo riassumere così.”.
“Capisco.” disse allora Ako, annuendo.
“Ora, se non vi spiace, provo a svegliarmi. Ci vediamo domani in classe!”.
Detto questo si ristese nel letto, chiudendo gli occhi.
Il ragazzo lupo, con aria annoiata, si avvicinò allora silenzioso al letto, e diede un pizzicotto nel braccio alla ragazza.
“Ahi!” si tirò su di scatto la calciatrice “Ma che fai?!” chiese sfregandosi la pelle nel punto arrossato.
“Guarda che non stavamo scherzando... tutto questo è reale.” rispose stizzito Inugami.
“Sì, come no! Perché esistono maghi, vampiri e viaggi nel tempo!” la ragazza si battè una mano sul petto “Come pensate possa credere ad una cosa così assurda? Scusatemi, ma non mi pare una cosa possibile!”.
“Parole sante!” le si affiancò Chisame “ Ti avrei sostenuto fino a ieri... ma mi vedo costretta a smentire questa tua, a mio parere più che giusta, convinzione. Tutto ciò che i mocciosi hanno detto è drammaticamente vero.”.
“Anche te, Hasegawa?” domando stupita Izumi.
“Sei libera di non credermi, Ako.” disse il professore “Vedrai coi tuoi stessi occhi come usciremo.”.
Si rivolse verso Erik, rimasto a osservare la scena senza capire una parola del discorso tenuto totalmente in giapponese “Vi dà troppo disturbo se partiamo in mattinata? E... sapreste dirci dov'è il più vicino dei dodici punti sacri del mondo?”
“No, nessun problema. Per quanto riguarda il luogo, dovreste chiedere a Marcus, come torna: ha studiato nelle biblioteche Vaticane, sicuramente lo sa.”.
“Qualcuno mi ha chiamato?” chiese l'uomo in questione, entrando in quel momento.
“Che coincidenza! I ragazzi ti volevano chiedere proprio ora dov'è il più vicino dei luoghi sacri della Terra!” gli rigirò la domanda Erik.
“Uh? I luoghi sacri? E' passato decisamente molto tempo da quando li ho sentiti nominare l'ultima volta! Dunque... da qui il più vicino dista comunque tutto il continente: è il rilievo su cui è edificata la basilica di Santa Sofia, a Bisanzio!”.

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Capitolo 9
*** Antichi Rancori ***


Capitolo 9 – Antichi rancori
 
“Moccioso!” chiamò Eva non appena venne lasciata da Takamichi. Le altre ragazze stavano ancora fissando le pareti, da cui era provenuta la voce del professore.
“Negi... Ragazze...” disse Asuna carezzando una parete.
“Cosa intendeva con quel 'non ti vi dimenticheremo'? E perché si è scusato con te Eva?” continuò “sembrava avesse commesso chissà quale orribile azione!”.
“Non lo so! Dannazione, non ho idea di cosa stesse parlando! Chachazero! Maledetto pupazzo! Cosa ti ha detto il moccioso? E soprattutto quando te lo avrebbe detto?” sbraitò la ragazza in direzione dell'angolo in cui aveva abbandonato la bambola.
Nessuna risposta.
“Chachazero!” chiamò nuovamente Eva, con voce più irritata. Mana puntò il fascio di luce della torcia verso il punto in cui stava chiamando la vampira: era vuoto.
Accigliata, uscì dalla stanza segreta e si guardò attorno:il corridoio era deserto in ambo i lati. Era sparito pure il mago turco.
“Deve essere stato Abid, sempre che quello sia il suo nome. Pensavo si sarebbe ripreso più lentamente.” disse rientrando.
Poi notò il luccichio di qualcosa appeso al soffitto. Illuminando riconobbe l'oggetto: era il Cassiopea di Lin Shen Chao. Senza una parola lo recuperò, usando il trono come scalino.
Come ridiscese, tutti gli si strinsero attorno per vedere. Era ridotto piuttosto male: mancava una lancetta, e vari quadranti erano stati rimossi, oltre ad avere una sottile patina di ruggine a ricoprirlo.
Girandolo, notarono una fine scritta incisa, dove riconobbero l'elegante scrittura di Negi. Essa riportava: 'Addì, 18 Luglio, Anno del signore 1330. Negi, Ako, Chisame, Chao, Chachamaru, Kotaro, Evangeline A.K. e William. Saluti da Bisanzio.'.
“Cos...?” iniziò a chiedere Eva, leggendo il suo nome “Chi sarebbero gli ultimi due? E che starebbe a significare 1330?” si corresse poi. Gli omonimi esistevano, per quanto improbabili, e lei non ricordava affatto dell'orologio da prima di aver incontrato Chao.
“Non lo so... ma ci penseremo dopo. Ci conviene affrettarci a recuperare la tua bambola, prima che siano i maghi di Istanbul, che per inciso abbiamo attaccato, ad accogliere il nostro professore e le nostre compagne.” intervenne secca Mana.
Un basso rombo risuonò per i cunicoli della cripta, che tremarono violentemente per qualche secondo.
Come le scosse finirono, le ragazze uscirono nel corridoio per cercare la causa di quel rumore, ma ciò che videro illuminando fu solo un fitto pulviscolo.
“Non mi piace per niente, questa situazione. Torniamo su.” disse seria Mana. Un ticchettio iniziò ad udirsi per i corridoi, mentre la mercenaria apriva la strada al gruppo. Procedevano lentamente: era difficile vedere con tutta quella polvere sospesa, che sembrava farsi via via più fitta.
Mentre ad un incrocio la ragazza stava consultando il GPS, attraversato ora da scariche elettrostatiche, notò un luccichio nell'oscurità poco innanzi a lei.
Incuriosita, illuminò la zona, e quello che vide la fece rabbrividire: il fascio di luce si rifletteva su di un grosso scheletro che stava barcollando verso di lei, con due tizzoni color smeraldo che risplendevano nelle cavità oculari.
Le mani erano protese in avanti ed artigliavano il vuoto, mentre la mandibola si apriva e si chiudeva con scatti ritmici, quasi stesse provando a parlare.
Veloce come un lampo, Mana estrasse una pistola e sparò all'essere, colpendolo ad una scapola.
Lo scheletro volò a terra, ma dopo pochi secondi si rialzò, riprendento la sua decisa marcia nonostante la mancanza di un'arto, volato a qualche metro di distanza.
“Cos'è stato? Che succede Tatsumiya?” chiese Asuna, subito dietro di lei.
“Nulla di particolare... qualche necromante sta provando a bloccarci la strada” sparò un altro colpo, stavolta distruggendo il teschio del nonmorto, che si sgretolò in polvere “e direi con alquanto blandi tentativi.” terminò voltandosi con un lieve sorriso sulle labbra.
Per poi tornare seria quando notò altri scheletri avvicinarsi dalla stessa direzione del primo. Anche questi vennero rapidamente distrutti, ma furono subito rimpiazzati da un altro piccolo gruppetto, appena spuntato.
“Ragazzi... Sono insistenti!” disse, riprendendo a sparare.
UN piccolo urlo provenne da dietro di lei, subito sovrastato da un secco schianto.
“Mana... Stanno iniziando ad arrivare pure da qua! Se non ci sbrighiamo a trovare uno spazio più ampio per poterci muovere, rischiamo di venire sopraffati dal loro numero.” le comunicò Takamichi da dietro.
“Che sta succedendo? Non vedo nulla! E non venirmi addosso mocciosa..!” stava sbraitando Eva nel frattempo, dal centro della fila.
Mana lanciò un'occhiata al GPS in cerca di uno spazio abbastanza ampio e ben difendibile: ce n'era uno, ma era dietro una spessa porta ad una ventina di metri da lì.
Sbarazzandosi degli scheletri di fronte a lei, la mercenaria gridò agli altri di seguirla. Correndo, abbatté i gruppetti che le si pararono davanti nel tragitto, finché non giunse ad un massiccio portone in pietra, con un ampio pentacolo inciso sopra.
“Aiutatemi ad aprirla!” ordinò alle sue compagne. Insieme, con enorme fatica, riuscirono a smuovere il portone di qualche millimetro.
Come ciò accadde, uno scatto metallico risuonò nel corridoio.
Prontamente, tutti si fecero di lato, quando una serie di acuminate lance spuntò dal pavimento, pronte ad infilzarle, ma nonostante ciò si udì un urlo di dolore: Yue, troppo lenta a schivare, era rimasta trafitta in un piede.
Cinerea in viso, stava balbettando qualcosa tra le lacrime di dolore, provando a non muovere il piede impalato.
“Yue!” gridò Nodoka, impallidendo pure lei.
Con un colpo secco, Nagase troncò la lancia e prese in spalla Yue, semi cosciente. Dal corridoio stavano cominciando a raggiungerli i nonmorti.
“Presto! Finiamo di aprirla!” richiamò Mana l'attenzione, riprendendo a spingere con tutte le sue forze, dopo aver distrutto tutte le rimanenti lance.
Con un ultimo sforzo, le ragazze riuscirono ad aprire uno spiraglio abbastanza ampio da permettere il passaggio.
Come entrarono, si richiusero il massiccio portone alle spalle.
Erano in un ampio salone, con l'alto soffitto sorretto da due grandi colonnati circolari. Al centro della stanza, un grosso blocco di marmo nero si innalzava per circa un metro e mezzo. Una lastra di spessore più ridotto vi era poggiata sopra: probabilmente era un sarcofago.
Ad illuminare l'ambiente ci pensavano cinque lugubri bracieri, che dondolavano pigramente appesi al soffitto, disposti a cerchio attorno al sarcofago.
“Presto! Konoka, per favore!” chiamò Nagase, posando con delicatezza la compagna ferita sul rialzo di marmo.
Rapidamente, una pozza di sangue iniziò a formarsi sotto la ferita, mentre Yue perdeva i sensi.
Konoka si affrettò ad attivare la carta pactio, e come ebbe in mano i suoi ventagli, guarì in pochi attimi il piede della compagna.
Improvvisamente, i bracieri si spensero con un sibilo. Il sangue sotto Ayase iniziò a ribollire, mentre pallidi fuochi verdastri si accendevano al posto dei vecchi tizzoni.
Eva ebbe un fremito. Una lieve brezza si alzò nella sala, mentre con uno stridio il coperchio del sarcofago scivolava di lato.
Una voce gorgogliante fu perfettamente udibile dal buco oscuro appena apertosi “Saaaalve, bocconcini!”.
Le ragazze estrassero le loro armi indietreggiando, mentre velocemente Kaede allontanava Yue dai piedi del sarcofago, dove era caduta.
Lentamente, una figura mostruosa si mise in piedi da dentro il sepolcro: un nero manto pieno di sigilli magici la ricopriva fino quasi a mummificarla.
Come se lo strappò di dosso, quasi fosse carta velina, i presenti indietreggiarono ulteriormente, intimoriti.
“Herbert...” mormorò sbiancando Evangeline e, con un lampo di puro terrore negli occhi, si rifugiò dietro Takamichi.
Questi, spiazzato dalla reazione della ragazza, le posò una mano sulla testa, facendola allontanare gentilmente un poco, per poi mettere le mani nelle tasche del completo.
Nel frattempo, la creatura aveva iniziato a farsi schioccare tutte le giunture, producendo rumori raccapriccianti, per poi bloccarsi col collo piegato intento ad annusare intensamente, con le narici dilatate.
“Vooooi...” disse inspirando ancora una volta “Sììììì! Voi avete il suuuuo odore!” urlò iniziando a saltellare con fare gioioso, con una scintilla malvagia nello sguardo “Lui ha fatto molto, mooolto male al Conte!” disse poi immobilizzandosi con un'espressione serissima e osservando i presenti con uno sguardo truce. Le ragazze si guardarono con aria interrogativa.
“S-scusi, m-ma potrebbe dirci di chi sta pa-parlando?” chiese con voce terrorizzata Nodoka.
“Il ragazzino! La preda del Conte!” sbraitò l'essere, come se fosse la cosa più ovvia al mondo “Lui ha osato sconfiggere il Conte!”.
Poi tornò ad annusare.
“Ragazzino?” chiese incuriosito Takamichi “Che ragazzino?”.
“Poootente!” disse la creatura con un ampio ed orripilante sorriso, allrgando le braccia “Con un luuungo bastone! Lo userò come spiedo: sìsì!” spiegò come se fosse l'invenzione del secolo, poi sembrò accorgersi di qualcosa “Seeento... AH! C'è pure l'altra preda! La succulenta e dooolce ragazzina!” gorgogliò con aria estatica.
“Vieni, piccola! Il Conte ha mooolta sete!” disse allungando un braccio verso Evangeline.
Le ragazze videro la compagna irrigidirsi, con le lacrime agli occhi ed i denti stretti, iniziare a camminare, con passo incerto e meccanico verso l'aberrazione.
“N-no! Non voglio! Fermatemi!” iniziò a pregare disperata la ragazza, come passò di fianco a Takamichi.
Le altre ragazze stavano assistendo stupite alla scena, quando Mana si portò dietro Eva e la fece indietreggiare violentemente, tirandola per le spalle.
Herbert fece una faccia interdetta “Mhm? E tu chi sei?” la voce del vampiro mutò radicalmente, assumendo un tono decisamente più cupo “Come osi negare al Conte la sua preda?”.
E senza attendere risposta, con velocità incredibile si scaraventò sulla mercenaria, con gli artigli protesi verso le sue braccia.
Il suo balzo fu bruscamente interrotto da un violentissimo impatto con un pugno di Takamichi, che lo scaraventò di lato.
Ringhiando, la bestia si rimise rapidamente in piedi, e subito si ritrovò bersagliato da un gran numero di shuriken e proiettili, che ne scalfirono appena la pelle.
Nuovamente, si tuffò verso Mana e Takahata reagì nuovamente con uno dei suoi potenti montanti, ma questa volta, sorprendendo tutti, il vampiro schivò il velocissimo colpo ruotando su se stesso. L'azione si svolse a velocità tale che la mercenaria ebbe il tempo di sparare due soli ultimi colpi, prima di venire atterrata dalla bestia.
Questa si rialzò rapidamente a cavalcioni della ragazza, per poi sferrargli una potente artigliata verso il viso. Mana riuscì a parare con un braccio, nel quale si aprirono tre profondissimi solchi. Un urlo strozzato gli uscì dalle labbra, mentre il vampiro sferrava un secondo colpo, che venne però bloccato da una larga e grossa lama che si frappose tra i due.
Con un colpo di polso, Asuna portò la parte affilata verso la creatura, e con un grugnito degno di un culturista fece leva sulla spada con tutta la sua forza ed il suo peso.
La lama affondò nel petto della creatura con raccapriccianti scricchiolii e schianti di ossa spezzate, prima di sollevarla dal corpo della mercenaria e scaraventarla a terra poco distante.
In pochi attimi la bestia fu nuovamente in piedi, nonostante l'addome accartocciato.
Nel frattempo Nodoka e Konoka erano accorse da Evangeline, mentre anche Fei si era buttata nella mischia, e la stavano tenendo inchiodata a terra: ancora cercava di divincolarsi per eseguire l'ordine impartitole.
“Ma cosa sta succedendo? Chi è questo mostro?” chiese Konoka mentre bloccava un braccio della ragazzina.
“E'... un Vampiro. Potente. Antico... E' lui che mi ha maledetta!” anche Eva cercava disperatamente di fermarsi, ma non riusciva a riacquistare il controllo del proprio corpo.
Fortunatamente per le sue compagne, al momento la sua forza era quella di una qualsiasi decenne, data la sua limitazione nell'uso della magia così, dopo un'occhiata d'intesa, Konoka bloccò gli arti della vampira puntellandovisi sopra coi propri, mentre Nodoka evocava il suo Diarius Ejus. “Peccato tu non sia Secchan... questa me la dovrei ricordare!” mormorò tra sé e sé la nipote del preside, con aria imbronciata.
“D-dimmi il suo n-nome, Eva! Da ciò che ha d-detto, sembra che abbia incontrato il professor Negi!” le chiese la bibliotecaria con coraggio inaspettato.
“Capisco...” disse con un ghigno Evangeline “Si chiamava Herbert von Shulter, l'ultima volta che l'ho incontrato.”.
Rapida, la bibliotecaria pronunciò il nome e subito sul libro cominciarono ad apparire immagini e scritte..
Iniziando a leggere, sembrava scritto da una mente malata. Frasi sconnesse comparivano e scomparivano sulle sue pagine, le immagini scorrevano per poi divenire larghe macchi rosso carmine. Nodoka rimase come ipnotizzata da quel vortice di follia, ma in poco si riprese ed iniziò a sfogliare indietro il diario, scavando nelle memorie del vampiro.
In un baleno si accorse di aver sfogliato più di cinquecento anni di storia: saltava ormai le pagine a blocchetti, tutti uguali, in cui era ripetuta spasmodicamente una singola parola, scritta distorta, quasi incisa dall'odio con cui era stata pensata.
Vendetta.
Poi incontrò una pagina interamente ricoperta da un'immagine: un ragazzo di probabilmente quindici o sedici anni, coi capelli rossicci ed una lunga asta appesa sulla schiena, attorniato da tre figure incappucciate, stavano sollevando una pesante lastra di marmo nero.
Il viso del ragazzo era allo stesso tempo serio e sollevato.
“Professore...” lo riconobbe Nodoka, col cuore a mille.
La data nella pagina affianco indicava il 13 agosto 1335.
“Nodoka!” sentì gridare Konoe di fianco a lei. Voltandosi, fece appena in tempo a schivare il corpo di Ku, scagliato come un sassolino da un manrovescio del vampiro.
Lo scontro era ancora in corso. Takamichi e Mana faticavano a tenere le distanze dal mostro, che non sembrava quasi minimamente risentire della pioggia di proiettili e colpi che gli si stava riversando addosso, mentre Asuna aveva appena subito la stessa sorte di Fei.
Dopo un'ulteriore raffica di shuriken lanciati da Kaede e le sue copie, una potente aura oscura iniziò ad avvolgere il vampiro.
Con un ruggito, la bestia si buttò come un proiettile verso Takamichi, che con estrema difficoltà lo schivò buttandosi a terra.
Il conte ignorò completamente il professore, per terminare il suo balzoaddosso al portone, che frantumò senza problemi.
Come uscì dalla stanza, un forte tremito scosse tutte le catacombe, seguito da un lungo lamento d'agonia. Poi tornò tutto silenzioso.
“E'... è finita?” chiese Konoka, sentendo Eva smettere di agitarsi “Cosa è successo?” continuò voltandosi.
“Credo sia fuggito...” rispose Takahata, spolverandosi il completo mentre si rialzava.
“Ra-ragazze...” chiamò Nodoka, avvicinandosi “Dite che è possibile c-che questo sia... sia il professore?” chiese mostrando la pagina del diario, che stava rapidamente sbiadendo.
“Sembrerebbe lui!” dichiarò Asuna, massaggiandosi una spalla “Anche se mi verrebbe da dire che è Nag... suo padre” si corresse.
Le altre la guardarono stupite.
“Senza occhiali sono identici!” si giustificò imbarazzata la ragazza.
“E' il moccioso. Ha il mio anello.” fece notare dopo aver osservato l'immagine Evangeline, rialzatasi.
In quel momento li raggiunse Ku, zoppicando e portando in spalla Yue.
“Però! Era forte quel signore!” esclamò divertita “Peccato che se ne sia andato!”

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Capitolo 10
*** “Let's go!” ***


Capitolo 10 - “Let's go!”
 
“A Bisanzio?” Intende la città turca?” chiese perplesso Negi.
“Sì. Forse la conoscete ancora come Costantinopoli. Volete dunque viaggiare fin lì?” confermò il mago gallese.
“Esattamente.” rispose spavaldo Kotaro, dal fianco dell'amico “Ora dovremmo poter viaggiare senza problemi, no?”.
“Certamente, signorino Kotaro. Mi stupivo solamente della meta, essendo assai distante ed ardua da raggiungere, a maggior ragione da un gruppo di sole donzelle e fanciulli, senza offesa. Sono quasi tre mesi a cavallo, trovando un passaggio via mare a Venezia, altrimenti quasi il doppio se non di più.” rispose Marcus, semplicemente.
“S-sei mesi?” chiese allibito il giovane professore, accompagnato dagli sguardi increduli delle sue allieve. Chisame era sbiancata completamente, mentre Chao sembrava una statua.
“B-bhe... non c'è scelta: andremo!” sospirò dopo qualche attimo Negi “Non possiamo rimanere qui per sempre!”.
“Bene! Vorrà dire che vi accompagnerò! La mia coscienza non mi permetterebbe mai di lasciar partire dei fanciulli per un cotale viaggio senza la protezione o la guida di un uomo fatto.” replicò allegro Marcus, battendo sonoramente le mani “In questo potrò rivedere la città e qualche vecchio amico! Quale occasione! Su, ora andate a riposare: l'alba è presta e voi non avete ancora chiuso occhio!”.
 
I ragazzi si sentirono come rinati dopo qualche ora di riposo ed in pochi minuti furono pronti a partire.
Nessuno aveva particolari bagagli: in fondo erano finiti nel passato solo con ciò che avevano indosso, al momento dentro le sacche a tracolla che gli avevano dato i maghi della locanda.
Avvolti nei loro caldi mantelli, uscirono dal rifugio.
Il villaggio era immerso nel silenzio. Probabilmente il massacro di quella sera sarebbe stato scoperto solo al risveglio.
Con poche parole e qualche lungo abbraccio, i maghi gallesi si separarono dagli avventurieri, che accompagnati dalle flebili prime luci dell'alba si avviarono.
Il paese sparì presto dalla loro visuale, venendo sostituito da verdi paesaggi collinari e intricate macchie di vegetazione.
Il gruppo chiacchierava animatamente degli argomenti più disparati: Chisame e Chachamaru erano immerse in un acceso dibattito informatico, Ako interpellava imbarazzata William su quel nuovo mondo, Kotaro e Setsuna discutevano di arti marziali, mentre Chao, Negi e Marcus riflettevano sulle tappe del viaggio.
Eva si guardava attorno silenziosa, con un solare sorriso in volto.
“Dunque...” stava dicendo l'uomo “Consiglierei di incamminarci verso Londra, una volta arrivati a Cardiff. Lì ci imbarcheremo per Calais. Una volta approdati, se saremo in grazia di Dio, troveremo un passaggio per Venezia o perlomeno delle cavalcature.”.
“Accidenti... è un viaggio davvero lungo!” disse pensoso Negi “E per farlo ci vorrà davvero così tanto?”.
“Purtroppo sì, signorino Negi. Ma non avete nulla di cui crucciarvi! I giorni passano in fretta mentre si viaggia, soprattutto se in compagnia!” rispose l'uomo con un sorriso rassicurante.
“Se non sono indiscreto, vorrei domandarvi come mai avete optato per una così... 'stravagante' meta. Non è cosa di tutti i dì partire in cerca dei luoghi sacri.”.
“Ci serve il suo potere magico per far funzionare l'oggetto che ci ha portati qui, ne!” rispose Chao “Così potremo tornare a casa!”.
“Capisco... Vi avverto subito. Molti segreti sono custoditi in quella città, alcuni molto più grandi di voi e di me. Segreti antichi e potenti che mai, e ripeto, mai dovrebbero essere svelati. Basta che ne stiate alla larga, e nessuno correrà pericoli però. Quindi state tranquilli. Ma ora pensiamo a cose più allegre! William, ragazzo mio! Vieni qui!” chiamò troncando il discorso “Penso sia ora di farti divenire un incantatore!”.
 
Verso sera arrivarono in vista di Cardiff. Era decisamente più piccola di come Negi se la ricordasse: era una cittadina da non più di qualche migliaio di anime, con case in legno e una piccola cinta di mura a proteggerla. Una piccola fortezza svettava dal centro della cittadina.
Per gran parte della giornata, Negi e Marcus avevano spiegato a William e alle ragazze interessate, cioè Ako e Chao, le basi della magia. Durante la sosta per il pranzo, l'uomo aveva distribuito a tutti una piccola bacchetta magica e le aveva invitate a provare qualche semplice incanto.
Mentre le studentesse del Mahora provavano invano ad utilizzare la magia, Negi si stupì non poco di come dopo pochi minuti sia William che Eva fossero riusciti nell'esercizio.
Ancora riflettendo sulla loro straordinaria affinità con la magia e stanchi della lunga camminata, Negi e il gruppo entrarono in città in cerca di una locanda.
Per strada vi era un gran fermento di uomini in armatura, nonostante l'ora tarda, probabilmente soldati.
“Mhm... La situazione si complica, se il richiamo della guerra è giunto fin qui.” commentò Marcus “Non sarà affatto facile attraversare le Fiandre e la Francia , col conflitto in corso. E purtroppo che non sarà neppure facile trovare una nave.”.
“Su questo pensi si sbagli, buonuomo! Se cercate una nave per la Francia, e possiedi abbastanza denaro, io salpo domani mattina!” disse una voce dietro di loro.
Apparteneva ad un uomo tozzo e barbuto, vestito di abiti dai colori sgargianti.
“Salve forestieri! Il mio nome è Clive Sealand e per caso mi è capitata all'orecchio la vostra conversazione... e, come ho già detto, se cercate un passaggio per Calais, sono l'uomo che fa per voi! Due scellini per ogni anima che sale a bordo, ed in cinque giorni sarete dai mangiarane!” disse porgendo la mano.
Gli avventori si scambiarono uno sguardo stupito.
Dopo qualche attimo di riflessione, Marcus strinse la mano dell'uomo “Cogliamo volentieri la sua proposta, e la ringrazio di cuore. Io sono Marcus Holyway, questa è la mia sposa...” disse posando un braccio sulle spalle di Chisame “E questi sono i nostri figli. Siate educati su: salutate il signore!”.
Chisame aveva assunto una tonalità rosso sgargiante,e stava aprendo e chiudendo la bocca come per dire qualcosa, mentre Negi, Eva e Kotaro, spiazzati, balbettarono un saluto.
“Loro invece...” continuò soddisfatto il mago, indicando le rimanenti ragazze e William “sono le dame da compagnia di mia moglie ed il mio primogenito.”.
Nascondendo alla meglio la loro espressione stupita, le ragazze salutarono con un inchino accennato.
“Dame di compagnia? Allora dovete essere un Lord! Che modesto che siete a non averlo detto subito! Non vi preoccupate: so tenere la bocca chiusa.” asserì strizzando l'occhio “Allora ci vediamo domani all'alba. Cercate giù al porto la 'Horsea'!” e si allontanò!
“T-t-t-tua moglie?!” sibilò inviperita Chisame, come Clive fu fuori portata d'orecchio “I-i-io sarei tua moglie? E questi mocciosi” indicando i tre ragazzini “e questo biondino” rivolto a William “i NOSTRI figli?”.
La ragazza stava quasi schiumando di rabbia.
“Su, su... Calmati Chisame!” disse sorridendo Chao, dandogli una pacca sulla schiena “Non state così male come coppia, anche se pensavo fosse Asuna quella a cui piacessero gli uomini maturi!”.
Se uno sguardo avesse avuto l'abilità di uccidere, quello che l'inventrice ricevette l'avrebbe incenerita.
Ridacchiando, Marcus intervenne “Chiedo venia, madamigella. Purtroppo mi sono visto obbligato ad improvvisare, ed altro non mi è venuto in mente per spiegare la presenza di un siffatto gruppo. Ho scelto lei per il suo portamento più da nobile, ma non vi era alcuna intenzione maliziosa, posso assicurarle.”.
“Ecco là una locanda! Andiamo... Il mast... La piccola Eva si sta addormentando in piedi!” interruppe educatamente Chachamaru.
 
La nave doveva essere originariamente stata pensata come vascello mercantile, ma evidentemente il capitano aveva trovato più redditizio il profitto ricavato dal trasporto di soldati.
Insieme al gruppo si imbarcò un nutrito gruppo di guerrieri, alcuni con un cavallo al fianco. Tutti furono fatti alloggiare nella stiva, ampia seppur ormai stipata.
Il secondo giorno di viaggio, durante il quale Chao aveva scoperto di soffrire di un forte mal di mare, intravidero la terra del vecchio continente.
“Primo scalo! Bretagna!” gridò Clive, dalla sua postazione sul ponte.
Attraccarono in un piccolo porto, dove scesero tutti i soldati, pronti a dare battaglia.
Il quarto giorno fecero nuovamente sosta, per fare rifornimento.
Quando finalmente scesero a Calais, Chao era ridotta peggio di uno straccio.
“E noi dovremmo farci quanti giorni su queste cose, per arrivare ad Istanbul?” singhiozzò “Io passo... piuttosto me la faccio a piedi...” finì portandosi per l'ennesima volta la mano alla bocca.
“Si faccia forza, signorina! Da adesso per un bel pezzo saremo ben saldi a terra!” cercò di tirarla su Marcus.
 
Calais era una città di modeste dimensioni, con mura in pietra ed una piccola fortezza su un'altura ai margini dell'abitato.
Un'incessante viavai di persone scorreva nelle vie principali, dove qualche venditore ambulante cercava di svendere pochi frutti appassiti o cenci.
La gente aveva uno sguardo spento, il volto serio e viaggiava perlopiù in silenzio. Ad ogni angolo erano appostati drappelli di guardie armate e con l'aria tesa.
“Che atmosfera cupa...” osservò a bassa voce Negi.
“E' la guerra.” replicò Marcus ”Una piaga che affligge questi luoghi da troppi anni, ormai.”
“Ora, vi pregherei di non parlare se non in francese, finché non siamo soli. Benché la città sia sotto la corona d'Inghilterra, non troppa gente ha in simpatia il nostro arrogante sovrano.”.
Tutti annuirono in silenzio.
Uscendo dal porto, il gallese li guidò attraverso quella parodia di mercato, dal punto di vista delle ragazze, fino a poco fuori dalle mura.
Qui trovarono una piccola stalla malconcia. Un'insegna sbilenca penzolava con un solo sostegno integro.
“Mhm” rifletté Marcus osservando ciò che aveva rimasto nel borsello “Sì, credo che potremo permetterci dei destrieri, anche se non posso certo definirli fieri.” commentò infine osservando i ronzini smagriti che si intravedevano dall'entrata.
Un uomo, a sentir delle voci provenir dall'esterno, sbucò dalla stalla. Gli si sarebbero potuti dare quarant'anni, se non di più: era magro e pallido, coi capelli che già iniziavano a ingrigirsi.
I due adulti iniziarono a parlare in un francese serrato, del quale neppure Negi e Chao, che conoscevano qualche parola, riuscirono a capire nulla.
Alla fine, con un sospiro, Marcus sfilò dal borsello una grossa moneta dorata e la cacciò in mano all'uomo, che la guardò con aria meravigliata.
Mentre era ancora intento a rimirarla, fece segno al suo acquirente di entrare.
Dopo alcuni minuti il gallese uscì dalla stalla tenendo per le briglie dieci cavalli sellati, e fece cenno ai ragazzi di allontanarsi.
Come furono abbastanza distanti, l'uomo commentò seccato “Bha! Per me queste cavalcature non valevano assolutamente una Sterlina intera! Comunque sia...” sospirò “Forza truppa! In sella! Ci conviene fare qualche miglio ancora prima del calar del sole.”.
Detto questo, montò in groppa ad uno dei cavalli.
“Erhm...” richiamò la sua attenzione Ako “S-scusi signor Marcus... ma noi, ecco... non sappiamo cavalcare...”.
“E devo dirle che sembra pure mooolto ondeggiante, questa cavalcatura...” disse diffidente Chao, con una mano premuta sullo stomaco.
Le altre ragazze si limitarono a osservare gli animali con aria intimorita, mentre i ragazzi ed Eva salivano in groppa agilmente ai propri destrieri.
Pazientemente, il mago smontò e spiegò loro le basi dell'equitazione, i comandi da impartire vocalmente e quelli con le briglie.
Solo come fu soddisfatto dai risultati ottenuti, rimontò e li fece partire.
Il paesaggio era perlopiù austero e spoglio, i campi abbandonati ed i pochi casali, abbandonati. Per passare il tempo, Negi decise di riprendere le lezioni di magia precedentemente interrotte, con l'aiuto di Marcus.
Insieme si rivelarono una buona coppia di insegnanti, e le ragazze sembravano capire la maggior parte degli argomenti.
Dopo l'ennesimo incanto riuscito di Evangeline, seppur da principiante, tutti si complimentarono con lei.
“Brava Eva!” le sorrise Negi “E brave pure a voi altre! Ho un'idea per rendere un po' più interessanti queste 'lezioni': sempre che il signor Marcus sia d'accordo, faremo in modo di esaudire un qualsiasi desiderio di quella persona che si sarà dimostrata la migliore come apprendista, al nostro arrivo. Ovviamente nei limiti delle nostre capacità! Questo William, vale anche per te!”.
Vedendo l'indecisione del ragazzo nel partecipare a quella stravagante gara Marcus intervenne “Mi trovi pienamente in accordo! Suvvia William! Non vorrai mica farti sorpassare da pulzelle addirittura più giovani di te?!” lo incalzò.
La sua risposta venne coperta da un'entusiasta “Sì!” delle ragazze, chi più, chi meno, eccitata all'idea di quel nuovo gioco.
 
* * *
 
Eva si sentì scuotere per una spalla.
“Eva! Ci sei?” era Asuna.
La ragazza scosse la testa, e ricordò di dove si trovava, di cosa era appena accaduto. Qualcosa di umido le bagnava il mento: come si asciugò, scoprì che era bava.
“Tutto a posto?” chiese Mana, avvicinandosi mentre ricaricava le armi “E' da quando hai visto l'immagine del professore che sei li imbambolata. E sembravi davvero felice...” aggiunse con un sorriso malizioso.
“Eri così carina!” rimarcò Konoka, che aveva appena finito di curare le altre “Parevi un pucciosissimo angioletto!”.
“Z-zitte, ragazzine!” sbraitò arrossendo Eva “E che mi sono ricordata... di qualcosa. Ero in viaggio... con un gruppo che conobbi all'epoca... era QUEL gruppo! Quello di cui non ricordo i volti! Ma ora sono sicura! La maggior parte erano ragazze! E c'era un uomo che ci accompagnava... Marcus si chiamava... sì! Di lui mi ricordo!” rifletté a voce alta.
Un attimo di silenzio, poi sembrò ricordarsi qualcos'altro “Stavamo venendo qui! A Bisanzio, cioè... a Istanbul!”.
“Non trovo ci sia molto utile... almeno ricordi cosa dovevate fare, una volta arrivati?” chiese Kaede.
“Scusa tanto se i miei ricordi di SEICENTO anni fa sono un po' confusi...” replicò acida la vampira “dunque... dovevamo... ah! Ecco! Dovevamo sfruttare la magia del punto sacro di questa città per... per... Maledizione! Non riesco a ricordare!” disse pestando il piede rabbiosamente.
“Punto... sacro? Come l'albero del mondo al Mahora?” chiese Asuna sèalancando gli occhi.
“Sì.” rispose Takamichi “Qui a Istanbul ce n'è un altro. Per l'esattezza è l'altopiano sotto la Basilica di Santa...” spalancò gli occhi man mano che spiegava, con voce sempre più bassa “Sofia...” mormorò, facendo cadere la sigaretta accesa poco prima.
“Ma certo!” si tirò una gran manata sulla fronte “Ci ha anche lasciato un messaggio in caso tu non ci fossi stata!” disse rivolto ad Evangeline.
Le ragazze lo guardarono interdette, poi una ad una sembrarono realizzare, e le loro espressioni mutarono nello sbalordimento più totale.
Solo Ku Fei continuava ad osservare Takamichi con aria interrogativa.
“Il Cassiopea!” esclamarono in coro.
“Ferme, ferme, ferme!” intervenne Eva, alzando le mani “Volete dire che sono nell'europa del quattordicesimo secolo? Non scherziamo! E cosa di farebbero lì?”.
“Non lo so proprio! Forse si è rotto l'orologio... guardate: è tutto scassato!” rispose Asuna, scuotendo la carcassa del Cassiopea.
“Quindi quell'E-Evangeline scritta all'interno... p-potresti essere te?” ipotizzò timidamente Nodoka.
“Non essere ridicola! Me ne ricorderei, no?” esclamò la ragazza, accompagnandosi con una risata, per poi congelarsi nell'atto della stessa per qualche istante.
“MALEDETTO MOCCIOSO!” gridò improvvisamente furibonda, facendo sobbalzare le compagne “Come gli metto le mani addosso ha finito di vivere! Gli spezzo il collo! Come ha osato...” iniziò ad inveire agitando i pugni.
Vedendo come tutte la stavano fissando, si fermò a spiegare “Mi deve aver lanciato un incantesimo per cancellarmi i ricordi, ma son sicura che abbia sbagliato qualcosa! Solo così avrebbero senso le facce annebbiate o i ricordi sfuggenti! Se solo non ci avesse infuso tanto potere quanto penso, a quest'ora l'effetto sarebbe svanito! Esattamente come quell'incapace del padre!”
“Ma perché avrebbe dovuto farlo?” chiese Asuna, confusa.
“Evidentemente riteneva ci fossero valide ragioni. Sapete anche voi, ragazze, che Negi non prenderebbe mai una decisione del genere a cuor leggero.” rispose Takamichi, osservando Eva di soppiatto “Soprattutto sapendo su chi lo faceva.”.
“Aspettate! Allora dobbiamo assolutamente recuperare Chachazero! Negi ha detto che ha assegnato a lei le informazioni per farli tornare! Andiamo! Fuori non sembrerebbe esserci più nessuno!” esclamò Asuna.

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Capitolo 11
*** Il cavaliere Bianco ***


Capitolo 11 – Il cavaliere bianco
 
Come uscirono dalla cripta, trovarono il corridoio in uno stato spaventoso: frammenti di ossa, teschi e altri pezzi di scheletro erano sparsi ovunque.
Sembrava essere passato un tifone, ma ora tutto era immerso nel silenzio.
Poi, un grido di puro terrore riecheggiò nei corridoi, seguito da alcune esplosioni.
“Di qua!” esclamò Nagase, con Yue svenuta ancora in braccio, imboccando rapidamente una serie di gallerie.
Dopo qualche interminabile minuto di corsa, trovarono l'origine di quell'urlo: la loro guida giaceva riversa a terra con la gola squarciata. In mano reggeva ancora una corta bacchetta d'osso, oltre che una piccola trasmittente gracchiante.
Poco più avanti si udì una risata stridula, poi una violenta scossa tellurica fece tremare le pareti e aprendo un grosso squarcio nel soffitto.
Un fascio di luce tagliò l'oscurità che li circondava, venendo interrotto solo per un attimo da un grosso corpo che lo coprì passandogli davanti.
“Finalmente siete arrivate!” disse ridacchiando una vocina familiare ai loro piedi “Accidenti che spettacolo! Erano secoli che non vedevo un altro vampiro! Soprattutto così potente e malvagio! Dovevate vedere come ha aperto un secondo sorriso a quel mag... Oh! Padrona! Ci siete anche voi!”.
Eva zittì la bambola con un calcio che la spedì ai piedi di Konoka, dove venne raccolta da quest'ultima.
“Presto! Seguiamolo!” comandò Takamichi, saltando fuori dalla voragine creata dalla bestia.
Come uscirono, rimasero abbagliati dalla luce improvvisa del sole a metà mattina, e come la vista si schiarì, videro solo una nera carrozza scomparire in fondo alla strada.
La gente stava correndo tutt'intorno a loro, sbucati in mezzo ad una piazza, di fianco ad una grossa fontana.
“Maledizione! E' riuscito a fuggire!” inveì Eva.
“Ce ne occuperemo dopo! Ora torniamo in albergo: presto qui si riempirà di maghi!” interruppe seria Mana, fermando un taxi dall'altra parte della strada.
 
“Dunque, piccola bambola malefica: ora ci dirai tutto ciò che il moccioso ti ha sigillato dentro seicento anni fa. Niente giri di parole, non ce ne è il tempo.”.
Erano tutte sedute in circolo attorno a Chachazero, sul tappeto della camera dell'albergo, quando Eva iniziò l'interrogatorio, convinta di dover ricorrere a tutte le sue risorse per ottenere risposte decenti.
Per tutto il viaggio la bambola aveva mantenuto il silenzio più totale, col suo sghignazzante sorriso stampato in volto.
La voce che ne fuoriuscì in risposta stupì tutti. Era incredibilmente familiare, anche se in qualche modo diversa, un pelo meno squillante: sembrava appartenere a Negi.
“Se state ascoltando questo messaggio vi ringrazio innanzitutto per ciò che state facendo, ma per motivi di sicurezza temporale, per procedere ho bisogno che venga confermato l'arco temporale ricorrente: siete voi nell'anno del signore duemilaquinto, secondo conto del calendario Gregoriano?”.
“Sì.” risposero secche le ragazze.
“E' il festival scolastico del Mahora terminato da meno di sette giorni?”.
Nuovamente la risposta fu affermativa.
“Eccellente! Ora ascoltate attentamente ciò che sto per dirvi. Non ho abbastanza tempo per ripetervi il tutto una seconda volta, ed eseguite le mie istruzioni con precisione. Bene! Iniziamo!”.
 
* * *
 
“Certo che la Francia è davvero grande da attraversare!” esclamò Kotaro.
Era ormai passato un mese da quando il gruppo del Mahora era atterrato nel medioevo europeo.
Al momento erano in vista della città di Lione. La traversata del fronte non era affatto stata semplice: in più di un'occasione avevano dovuto aggirare plotoni armati o veri e propri campi di battaglia.
Come consuetudine, ogni giorno, che fossero a cavallo o durante le pause, Negi teneva pazientemente lezioni supportato da Marcus: insegnava e spiegava le artti arcane alle ragazze interessate e a William o correggeva il loro inglese parlato, che si trovo a constatare nettamente migliorato rispetto a quando erano partiti.
Dopo qualche reticenza iniziale pure coloro che già conoscevano la magia avevano iniziato a seguire con interesse tali approfondimenti, intervenendo spesso con domande mirate. Con suo grande disappunto, pure Chisame si era fatta coinvolgere in quell'assurdo passatempo, incitata da un'esuberante Chao e un insistente Kamo. William, d'altro canto, si era subito tuffato nella nuova materia con gioia, così come la piccola Eva.
Ormai tutte erano in grado da invocare incantesimi da principiante, quindi il professore aveva deciso di passare a qualcosa di un po' più avanzato, come alcuni incanti di protezione.
“Sì.” rispose Marcus, con un sorriso “Ma oramai siamo prossimi al confine di Milano. Se è accessibile il passo sulle Alpi, dimezzeremo il tempo per arrivare a Venezia.”.
“A questo posso provvedere subito io! Basta lanciare un incantesimo di divinazione!” disse Negi, iniziando a recitare la formula.
“Sì. A quanto dice lo spirito, è possibile passarci a cavallo senza troppi problemi.” continuò dopo un minuto di concentrazione.
“Evviva...” disse con falso entusiasmo Chao “Che bello... ci imbarcheremo prima del previsto... non vedo l'ora...” continuò sarcastica.
“Oh! Ma taci!” la zittì Chisame “E pensa piuttosto a far funzionare quel maledetto orologio quando arriveremo!”.
“Su! Non litigate!” intervenne il professore “Ora ripartiamo, vediamo di arrivare in città prima che chiudano le porte!”.
 
Ci misero altri quattro giorni per arrivare al passo. Nonostante fosse una via commerciale piuttosto frequentata, al dire dell'oste della locanda dove avevano alloggiato, ancorano non avevano incrociato nessuna carovana in viaggio.
Il clima si era fatto via via più freddo e ventoso con l'aumentare dell'altitudine, e già iniziavano a vedersi le prime nevi sui ripidi pendii dei monti.
Il paesaggio era mozzafiato: potevano vedere le verdi pianurealle loro spalle per chilometri. Se si sforzavano, riuscivano a distinguere le varie città da cui erano passati.
Davanti a loro invece, incombevano i grossi blocchi granitici dei monti, grigi e cupi.
Il passo non era altro che una strada in terra battuta larga a malapena per consentire il passaggio di un carro. Un cupo ululato veniva prodotto dal vento che sferzava lo stretto cunicolo tra le vette.
“Un posto allegro!” commentò con un fischio Kotaro, guadagnandosi un'occhiataccia da Chisame.
“I-in effetti mette un po' i brividi... confermò Ako, con un leggero tremito nella voce.
“Stia tranquilla, signorina Izumi! E' solo un passaggio un po' angusto, ma dopo le garantisco che si aprirà in una vallata ben più confortante. Orsù, andiamo!” le disse Marcus, avviandosi.
Le pareti incombevano impervie su di loro mentre avanzavano, oscurando il sole e negandogli quel poco di calore diretto che finora li aveva scaldati e gettandoli in un eterno crepuscolo.
Come annunciato da Marcus, dopo qualche ora di viaggio le pareti si aprirono, permettendogli di viaggiare affiancati, con ancora spazio ai loro lati.
La sera calò in fretta, ed i viaggiatori trovarono rifugio in un'ampia grotta naturale sulla strada, che si perdeva nel cuore del monte nel quale si apriva.
Dopo aver legato i cavalli e dato loro la biada, pure i ragazzi si apprestarono a consumare una semplice cena, così come da un mese a quella parte facevano.
Mentre mangiavano, videro spirali di vapore risalire da una parte più profonda della grotta.
“Sembrano i vapori delle terme... aah! Come mi manca un bel bagno!” si lamentò Ako.
“E' vero... uff! Anche a me piacerebbe darmi una pulita come si deve!” concordò Setsuna.
Le altre ragazze si espressero con cenni d'assenso.
“Basta! Io vado a vedere!” scattò in piedi Chao dopo pochi secondi “Arrivo subito!” disse correndo via.
Dopo qualche decina di secondi sentirono un'esclamazione di sorpresa “Ragazze! Venite! Qui c'è veramente una sorgente d'acqua calda, ne!” riecheggiò la voce della cinese dal fondo della grotta.
Incredule, le altre ragazze si fiondarono dalla compagna, ma mentre i ragazzi si stavano alzando per seguirle, Chisame si parò davanti a loro con le mani sui fianchi.
“Dove credete di andare voi?” chiese, con l'aria di chi la sa lunga.
“Non penserete di fare il bagno con noi ragazze! E che non vi passi neppure per la testa l'idea di provare a sbirciare!” disse.
Con un movimento fulmineo diede un pestone in un punto ad una trentina di centimetri da lei, da dove si alzò un gemito di dolore.
“E tenete a bada il roditore, qui. Se me lo ritrovo in acqua, giuro che lo faccio diventare un paio di guanti!” disse raccogliendo Kamo, che stava cercando di passarle affianco di soppiatto, prima che la sua coda venisse intercettata, e lo gettò in mano a Negi.
“Bene, a dopo!” concluse allontanandosi.
“A volte mi fa veramente paura Capo...” disse l'ermellino massaggiandosi la coda “Quasi più della sorellona...”.
“Vorrà dire che abbiamo la serata tutta nostra, signori!” sospirò Marcus, risiedendosi con aria divertita.
 
Setsuna si rilassò appoggiando la schiena ad un masso e scivolando lentamente nell'acqua, illuminata fiocamente da alcune sfere magiche.
Con un sospiro, chiuse gli occhi e lasciò che il calore la avvolgesse, le sciogliesse la tensione e lo stress causatogli da quel nuovo e sconvolgente mondo.
“Signorina Konoka...” mormorò, ripensando alla sua protetta anzi, alla sua amica.
Si sentiva atterrita all'idea di non poterla rivedere per altri due mesi o più.
Uno schizzo d'acqua la colpì in pieno volto, facendole fare un balzo. Eva ridacchiò divertita e la schizzò di nuovo.
La spadaccina rimase interdetta da un comportamento tanto infantile da parte della ragazzina, ma subito si ricordò che in quel tempo, lei era effettivamente solo un infante.
Sorrise guardando come Chao le sbucasse silenziosamente alle spalle e di scatto la afferrasse facendogli il solletico.
Quella pausa era decisamente ciò che ci voleva: anche Chisame pareva più tranquilla.
Chachamru, silenziosa come spesso era, osservava anche lei divertita la scena.
La Shinmei fece allora per tornare a rilassarsi, ma come provò ad appoggiarsi, cadde di schiena in acqua. Stupita si rialzò: la roccia contro la quale si era appoggiata poco prima era scomparsa.
Accigliata, si guardò attorno. Una calda brezza le sollevò i capelli sul collo: era estremamente piacevole.
Impietrendo, notò che un silenzio improvviso era caduto sulla pozza. Qualcosa di umido e viscoso le colò sul collo, scorrendole per la schiena e provocandole un brivido gelido.
Lentamente, e con gli occhi sgranati, si girò.
Si trovò a fissare un'acuminata serie di zanne lunghe quanto la sua mano, da cui colava una densa bava.
Una zaffata di alito rancido fuoriuscì dalle fauci e scompigliò i capelli della ragazza, ora decisamente terrorizzata.
Due occhietti maligni, color topazio, la osservavano famelici da dietro le mostruose zanne.
Setsuna vide le sue compagne a bordo della pozza, che la osservavano indecise se intervenire o fuggire.
Raccogliendo tutto il coraggio e la calma che possedeva, la spadaccima mosse impercettibilmente una mano, sperando che le compagne cogliessero il messaggio di allontanarsi.
Chachamaru non sembrava averne la minima intenzione,, ma vedendo l'espressione terrorizzata della sua futura padrona, decise di allontanarsi in silenzio.
-Bene... e ora... che faccio?- si chiese la ragazza, con un groppo in gola.
Il mostro la osservò ancora per qualche secondo, poi le sue fauci si schiusero e ne fuoriuscì una lunga lingua biforcuta.
Con un lento movimento ascendente, l'essere la fece scorrere su tutto il corpo della spadaccina, che si impose di stare immobile e di non urlare solo grazie ad un enorme sforzo di volontà.
Dopo che che fu soddisfatto, la lingua venne ritirata, lasciando Setsuna ricoperta di un appiccicaticcio strato di saliva.
Inclinando il testone di lato, il mostro avanzò di un passo, portando il suo massiccio corpo di fronte alla spadaccina: era interamente ricoperto di grosse scaglie nere, al posto degli arti anteriori vi erano un paio di ampie ali ripiegate, su cui si poggiava. Il muso ricordava quello di un grosso rettile, pieno di creste ossee e spuntoni.
Una lunga coda uncinata scuoteva ritmicamente l'acqua.
-Una viverna!- realizzò Setsuna, indietreggiando lentamente di un passo.
Il rumore di una corsa riecheggiò nella grotta, per poi arrestarsi a pochi passi da lei.
“Setsuna!” si sentì chiamare dalla voce del professore.
Cercando di non fare movimenti bruschi, la ragazza guardò in direzione del maghetto con lacrime di gioia che le rigavano il volto: insieme a lui vi erano Marcus e Kotaro, pronti a dar battaglia, l'uno con un lungo pugnale decorato in mano, l'altro con gli artigli estratti. Poco dietro vide William e le ragazze.
Pure il mostro si era voltato a fronteggiare i nuovi venuti.
“Dovevo immaginare che cotale aberrazione avesse fatto nido tra queste vette. Ecco spiegato l'inutilizzo del passo.” spiegò il mago gallese.
“C-che facciamo, signor Marcus?” chiese Negi, rendendosi conto delle dimensioni della creatura. Essa era infatti grande pressapoco come il drago sotto il Mahora.
“Ci penso io a questa abominevole creatura. Voi preoccupatevi di allontanare la vostra amica il più in fretta possibile, signorino Negi. Pregherei invece il signorino Kotaro di far indietreggiare le altre ragazze e William.” rispose rapidamente l'uomo.
Setsuna scrutò la viverna: sembrava indecisa sul da farsi.
Aveva il capo reclinato e stava saggiando l'aria con la lingua. Come però notò kotaro darle le spalle per allontanare i non combattenti, la spadaccina vide i muscoli del mostro tendersi, pronti a farle compiere un balzo.
“Professore! Signor Marcus! Allontana...!” iniziò a gridare, ma i due la anticiparono.
Con velocità sorprendente, Negi compì un perfetto shundo che lo portò al suo fianco poi, prendendola in braccio, ne compì un secondo facendogli guadagnare l'ingresso del corridoio per la caverna principale.
“Igne Sancta, Daemonium Fugit... Mea flamma est ardens mea arma, et voluntatem in mea immobilis gladium! Qui contra voluntatem ardet, et protegam eorum qui iurasse! Invoco te, armari miles!” aveva nel frattempo finito di recitare Marcus, attirando l'attenzione della viverna.
Un forte lampo di luce balenò nella caverna, accecando momentaneamente tutti.
Come la vista tornò alla normalità, Setsuna rimase meravigliata alla vista del gallese.
Era ricoperto interamente da una corazza da cavaliere del bianco più puro che avesse mai visto. Dai lati dell'elmo alato, dietro le ricche decorazioni dorate, fuoriuscivano due guizzanti lingue di fuoco color zaffiro.
Sulla schiena, sopra una pesante mantella blu, un ampio scudo dello stesso colore dell'armatura riportava una spada stilizzata sovrapposta ad un sole blu.
In mano invece, il pugnale era divenuto una lunga spada rilucente, avvolta dlle stesse fiamme dell'elmo.
Mentre fissava affascinata lo spettacolo, sentì qualcosa venire delicatamente poggiato sulle sue spalle: era il mantello di Negi, che con un terzo spostamento istantaneo si portò al fianco del cavaliere.
Ripresa si dallo stordimento, pure la viverna scattò con un possente ruggito, buttandosi più rapidamente di quanto ci si potesse aspettare dalle sue dimensioni su Marcus.
Questi la schivò buttandosi di lato, ed in poco fu nuovamente in piedi. Con un urlo, l'uomo caricò la bestia, colpendola ad un fianco ed aprendovi un profondo squarcio.
Negi rilasciò nello stesso momento una serie di sagitte magiche, che scossero il mostro.
Quest'ultimo, in risposta, fece scattare la coda verso il maghetto, che riuscì a deviarla col bastone all'ultimo momento.
Maecus partì nuovamente all'attacco, stavolta mirando al lungo collo serpentino della bestia.
La viverna evitò il fendente ritirando rapidamente la testa indietro, ma il cavaliere, anziché colpire il vuoto deviò rapidamente l'affondo, trasformandolo in una potente stoccata diritta nel petto scoperto del dragonide.
A Setsuna parve quasi di scorgere un'espressione di sorpresa negli occhi dell'essere che, dopo qualche secondo di immobilità, si accasciò al suolo senza più muoversi.
L'acqua cristallina della pozza si tinse rapidamente di un rosso scuro.
Un altro lampo di luce, e Marcus tornò come prima, con ancora il pugnale conficcato nel petto della creatura. Del suo armamento, nessuna traccia.
“Wow... è stato fantastico, signor Marcus!” esclamò Negi “Ma come ha fatto? L'armatura, la spa...”.
“Un... Attimo...” lo interruppe ansimando l'uomo. Lentamente, si piegò con evidente sforzo e si sedette sul corpo appena abbattuto della viverna, a riprendere fiato.
“E' un incantesimo... unico del mio ordine.” spiegò dopo un minuto “Sono un membro dei Cavalieri della Lama Celeste, un ordine tanto antico quanto segreto, formato da soli maghi. Per questo non ne ho mai fatto parola. L'Ordine è molto attivo sul punto di vista dello sterminio delle aberrazioni e degli esseri malvagi che vessano le nostre amate terre.”.
Setsuna si strinse nel mantello e si avvicinò “Comunque sia, è stato grandioso! Ma perché non ha invocato l'incantesimo anche a Castel Grigio?”.
“Non immaginavo la vera potenza di quella belva, e questa è un'evocazione che richiede un considerevole dispendio di Mana per essere mantenuta. Non essendo un mago di gran potenziale, devo essere molto parco nell'utilizzarla.” rispose sorridendo l'uomo.
“Ora torniamo dalle vostre compagne. Si staranno preoccupando. E voi, signorina, vi conviene recuperare i vostri abiti e quelli delle vostre amiche, altrimenti rischiate qualche malanno!”.

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Capitolo 12
*** On the Way Back ***


Capitolo 12 – On the way back
 
Il mare scintillava, riflettendo i colori dell'alba che stava pigramente illuminando la nave.
Sul parapetto, Negi osservava il profilo lontano della costa, ed il luccichio delle cupole della basilica.
Finalmente erano in vista di Bisnzio. La città aveva un aspetto magico, misterioso, coi suoi piccoli edifici in argilla essiccata ed in pietra, sovrastati dalle imponenti strutture romane già in via di decadenza.
Si potevano scorgere l'ippodromo e varie chiese, così come l'acquedotto, il tutto sovrastato da un alto faro sulla costa.
Una massiccia cinta di mura avvolgeva la città dalla parte della terraferma in ambo le direzioni.
“E' bellissima, non credi?” chiese una voce dietro il ragazzino.
“Sì. Non ci sono parole per descriverla. Tutto a posto sottocoperta?” rispose lui senza voltarsi.
“Stanno ancora dormendo. Ho dato alla signorina Chao alcune erbe, ora sta un po' meglio.” Marcus si poggiò di schiena affianco al maghetto, sostenendosi coi gomiti.
Rimasero alcuni minuti in silenzio, a contemplare il mare.
“Ecco... io volevo ringraziarla di cuore, signor Marcus. Per tutto ciò che ha fatto...” iniziò Negi, ma le parole gli morirono in gola. Si sentiva sollevato. Ed eccitato. Finalmente sarebbero tornati a casa!
Era ormai un mese che erano imbarcati sulla 'Spirito della Laguna'.
Dopo l'incontro con la viverna avevano viaggiato sino a Venezia senza particolari intoppi, e nel giro di una decina di giorni erano arrivati alla Serenissima.
Erano tutti rimasti affascinati dalla città lagunare, con tutti i suoi colori, odori, con tutte le sue persone di ogni etnia o lingua.
In quel caos di mercanti e acqua avevano facilmente trovato un'imbarcazione diretta verso l'antica Costantinopoli, e vendendo i cavalli, erano riusciti a pagare abbondantemente il passaggio.
“Mhm...!” uscì allora sul ponte Chisame, stiracchiandosi “Maledizione a Setsuna e la sua onnipresente Konoka! Perché diavolo me la devo ritrovare avvinghiata tutte le mattine?” disse stizzita.
“Buona mattinata signorina Chisame! Le consiglio di andare a svegliare pure le sue compagne: siamo in dirittura d'arrivo.” la salutò il gallese indicandole la città in lontananza.
Con una spinte, Negi si alzò e fece un gesto con la mano.
“Lascia stare, vado io. Tu goditi pure lo spettacolo!” disse avviandosi, mentre la staffa posata lì vicino lo raggiungeva.
Sottocoperta vi erano già alcuni marinai al lavoro. Salutandoli, Negi raggiunse la stiva dove alloggiavano dall'inizio del viaggio.
La scena delle ragazze addormentate lo fece sorridere: Ako stringeva Kotaro come questi fosse un orsacchiotto, mordicchiandogli un orecchio, mentre poco più in là Setsuna aveva rimpiazzato Chisame con una ben più imbarazzata Chachamaru, alquanto indecisa sullo svegliare l'amica per farle notare che il suo nome non era 'Konochan' come continuava a farfugliare, e che il suo reggiseno, stava benissimo al suo posto. Chao era stravaccata in un angolo, con un insano colorino verdognolo in viso, che si agitava come se avesse u incubo.
William era invece poggiato ad una piccola botte, con Evangeline acciambellata sulle gambe, coperti dal mantello di lui.
Riempiendosi i polmoni, destò tutti con un potente “Sveglia! Su dormiglione! Stiamo arrivando!”, per poi tornare di sopra con una leggera corsetta e con un sorriso divertito in bocca.
 
Una volta attraccati, raggiunsero una piccola piazza vicino alla Basilica e fecero il punto della situazione.
“Quindi ora, ci basta entrare e attivare l'orologio, no?” chiese Negi, eccitato.
“Sì, in teoria sì.” rispose Chao, che ancora si stava riabituando alla sua amata terraferma.
“Bene! Andiamo allora!” entusiasta, il professore partì quasi di corsa verso il basso colle.
“E' proprio eccitato, ne!” ridacchiò l'inventrice.
“Perché?” chiese incuriosita Ako “Tu non lo sei? Finalmente torniamo a casa!”.
“Aspetti, professore!” lo seguì Chachamaru, con Eva a ruota dietro.
La Basilica era immensa,scintillante, splendida.
Le sue cupole illuminavano con riflessi spettacolari il giardino attorno.
“Bene! Qui dovrebbe andare!” affermò Marcus “Siamo esattamente al centro!”.
Chao tirò fuori l'orologio e lo settò per il balzo, poi rimase a guardarlo per qualche secondo, interdetta.
Di nuovo, provò a cambiare delle impostazioni, ma la sua espressione non mutò anzi, si fece più dura.
“Maledetto aggeggio!” borbottò, dando una pacca al Cassiopea.
“che succede? Tutto a posto Chao?” chiese con aria preoccupata Negi.
“Sì... ngh... deve essersi solo bloccata la lancetta!” rispose la ragazza provando a sforzare la manovella in questione con tutta la sua forza.
“No...” disse allora impallidendo il professore “Nonononononono! Non ora! Non dopo tutto questo!” si mise le mani nei capelli con sguardo disperato.
“Che succede professore?” accorse Setsuna. Tutte si erano fermate a guardare, pure Chao aveva smesso di tramestare.
“Non... non è Cassiopea a non funzionare... Qui... non c'è traccia di magia! Il luogo sacro ne è completamente privo! E' spento!”.
I presenti ci misero qualche attimo a collegare le due cose, e come lo fecero le loro espressioni divennero di pietra.
“Quando... quando è stata l'ultima volta che il Mana ha attraversato questo luogo?” chiese flebilmente Negi, dopo poco, con un filo di speranza nella voce.
“Tre anni fa, credo. Le voci sono lente a girare. Ma non conterei più di tanto su un vicino risveglio: c'è un detto che recita che ad un uomo non è concesso vedere due volte la bianca luce della Cupola, nella vita.” rispose piano Marcus, con aria di rammarico.
“Capisco...” sussurrò sconsolato il professore, chiudendo gli occhi.
“va bene!” disse tirandosi su di scatto, dopo qualche secondo “Forza! Vedrete che troveremo una maniera di tornare! Lasciate fare a me!”.
 
* * *
 
il mercato era affollato come al solito: bancarelle di ogni tipo e dimensione si aprivano nei loro variopinti colori sulle strette vie della città.I mercanti esponevano chiassosamente e con orgoglio le loro merci, richiamando a gran voce tutti i possibili acquirenti.
Solo in una piccola casa in argilla, lontana dal caos urbano, la quiete regnava
sovrana.
All'improvviso, quella quiete venne infranta da un basso rombo che fece tremare lievemente la struttura.
“Maledizione!” si sentì una voce gridare dall'interno, da dove aveva iniziato a fuoriuscire un leggero fumo azzurrognolo “C'ero quasi!”.
Le persone in strada guardarono incuriosite la struttura, solo due alzarono gli occhi al cielo, con aria rassegnata.
Avevano in mano due ceste appena riempite di frutta e verdure.
“Ricordami per cortesia di chi è il turno di sistemare?” chiese la prima, con un sorriso tirato in volto.
“Il tuo.” rispose seccamente la seconda.
Chao abbassò il capo con un sospiro, pensando allo stato pietoso in cui si sarebbe trovata la casa “E' sempre confortante parlare con te, Chachamaru...”.
L'androide piegò la testa con espressione interrogativa, ma la sua inventice liquidò la faccenda con un gesto.
“Forza e coraggio. Entriamo e vediamo che ha combinato questa volta il piccolo Negi.” disse la cinese, avanzando.
 
Oramai era passato un anno da quando erano rimasti bloccati nel passato. Dopo aver scoperto di non poter tornare al loro tempo, avevano deciso che la mossa migliore sarebbe stata quella di rimanere lì, nella quasi nulla speranza della riattivazione del luogo a breve distanza dalla precedente.
Marcus era riuscito a recuperare da alcune sue conoscenze in città, probabilmente altri membri del suo ordine, una piccola casa sotto le mura ovest.
Inizialmente, la vita fu abbastanza difficile per i ragazzi del Mahora, ma con l'aiuto del mago gallese ed il vicinato fortunatamente gentile e disponibile, in pochi mesi si adattarono a quella nuova situazione ed iniziarono anche ad imparare lentamente la lingua della città.
Negi non aveva mai smesso però, di cercare una soluzione per farli tornare al loro presente, e per questo aveva iniziato a studiare assiduamente le arti arcane e alchemiche, sotto la guida di Marcus e maghi suoi conoscenti. Allo stesso tempo, svolgeva piccole commissioni e trovava piccoli impieghi per portare in casa il necessario per permettersi del cibo.
 
Come le ragazze entrarono, trovarono il giovane mago colorato di un azzurro brillante, che stava freneticamente raccogliendo alambicchi e scatole, mentre Eva, con espressione divertita, spuntava fuori da dietro un tavolo rovesciato, anch'esso ora di un uniforme tinta celeste.
Nel resto della stanza sembrava passato un uragano.
“Ragazze! Bentornate!” salutò Negi, correndole incontro incurante del proprio aspetto “L'ho trovata! Ce l'ho fatta! Ho una soluzione!”.
Le due ragazze si guardarono per un secondo, poi tornarono a posare lo sguardo sul ragazzino tutto eccitato, per poi farlo scorrere su Evangeline.
“Non guardate me! E' così da poco dopo che siete uscite... improvvisamente ha gridato 'E' vero! Perché non ci ho mai pensato?' e poi si è messo al banco per creare qualcosa, ma si è rifiutato di dare qualsiasi spiegazione.” disse la ragazzina stringendosi nelle spalle.
“E' una cosa ovvia! Mi vergogno di me stesso per non averlo capito subito!” stava intanto continuando Negi.
“Calmati, piccolo Negi!” lo interruppe Chao “E spiegaci cosa è così ovvio!”.
“Io... non posso. Non ora. Prima devo creare il siero!” e mostrò loro una boccetta piena per metà di un liquido azzurro evidenziatore, leggermente denso.
In quel momento rientrarono pure gli altri inquilini, anch'essi di ritorno dal mercato.
“Wa! Ma che è questo casino?” saltò indietro Chisame, vedendo lo stato dell'alloggio.
“Oh! Ci siete tutti!” esclamò il maghetto saltellandogli incontro “Ho trovato una maniera per tornare! Mancano ancora un paio di dettagli, ma dovrebbe funzionare!”.
“Cosa? Davvero?” disse Ako portandosi le mani alla bocca, con una scintilla di speranza negli occhi “Potremo tornare dalle nostre amiche? Dalle nostre famiglie?”.
“Potrò rivedere la signorina Konoka?” chiese arrossendo Setsuna.
“Sì! Ora vi spiego. Ma prima ho bisogno di parlare con lei, signor Marcus. Da solo.” disse lasciando interdette le ragazze, piene di nuove speranze.
Ciononostante, nessuno contestò quando i maghi si allontanarono in una stanza adiacente per discutere.
Una volta chiusa la porta alle loro spalle, Negi cominciò “Innanzitutto mi deve perdonare, signor Marcus. Io... non le ho mai detto tutto sul nostro luogo d'origine. Vede... la verità è che noi non apparteniamo a quest'epoca. So che è difficile da credere, quasi assurdo, ma noi veniamo da quello che per voi risulta essere il 'Futuro'.” si fermò un attimo. Marcus lo stava osservando serio, senza commentare. Con un gesto lo invitò a proseguire.
Annuendo, il professore racconto del Giappone moderno, del Mahora e del festival, di come fossero finiti lì. Cercò di essere comprensibile nei confronti dell'uomo, e le ore volarono nel discorso.
“... avevamo dunque bisogno del potere magico del luogo sacro per attivare la macchina del tempo. Ora, riflettendo su quanto è accaduto, ho trovato cosa accomuna noi 'viaggiatori': mentre nella vita del Mahora non avevamo legami particolari, durante il Festival abbiamo tutti fatto ricorso al potere del Cassiopea! Questo, è il centro di tutta la faccenda! Il suo utilizzo ci ha come... 'segnati'. Ed è proprio grazie a questi segni che intendo farci tornare a casa!” terminò il professore, speranzoso della comprensione del cavaliere.
Marcus, che fino ad allora aveva ascoltato impassibile e silenzioso, se non per qualche sporadica domanda, annuì pensieroso.
“Credo... credo di capire. Non è facile, è vero, ma non percepisco menzogne nelle tue parole. Quindi, supponendo che tutto sia come dici, illuminami: come intendi utilizzare questi 'segni'?” disse infine.
“Bhe... Qui viene il difficile. Intendo usare questi marchi come 'fari', se così è possibile definirli, per un evocazione e per l'incanto stesso. Provo a spiegarmi meglio. Intendo creare una sorta di 'ponte' temporale tra due Cassiopea distinti: quello del presente, cioè il vostro futuro, e quello del passato, cioè quello che ho qui in tasca, oggi. In questa maniera possiamo venire evocati dal varco direttamente da questo tempo, usando come focalizzatori questi segni, così da poter essere individuati e prelevati con facilità e senza errore dagli spiriti dell'incantesimo. Ora sorge un solo problema...”.
“Cioè che nessuno ha mai neppure sfiorato l'idea di un simile incantesimo, rendendo necessario doverlo creare da zero.” concluse per lui Marcus.
“Esatto. Ed il tempo non ci è amico. Mi perdono il gioco di parole e la pessima battuta, ma è così.” disse il professore sorridendo amaramente all'ironia di ciò che aveva appena detto.
“Parte della soluzione l'ho ricavata da uno dei libri dei vostri amici qui a Bisanzio. Si tratta di una pozione dalle peculiari proprietà, che ho finito di distillare poco fa: essa fa cadere in un lungo sonno coloro che la assumono, confinandoli in un incantesimo di stasi che rallenta lo scorrere del tempo al suo interno quasi fino a fermarlo, e quindi i suoi effetti sul soggetto. Purtroppo l'effetto dura non più di una decade, e non è possibile assumerla più volte senza incorrere in seri rischi per il corpo posto sotto stasi.” riprese il professore con sguardo triste “ era da quando l'ho scoperta che riflettevo sull'usarla, ma ora che so cosa devo cercare, so che funzionerà!”.
“Quindi deduco che tu non abbia intenzione di assumerla, ma intendi farla bere solo ai tuoi compagni. Mentre loro dormono tu resterai invece sveglio a creare la formula necessaria. Sbaglio forse qualcosa?” chiese il gallese inarcando un sopracciglio.
“No. E' tutto esatto.” disse Negi scuotendo la testa “Almeno, se funziona, quando torneremo non saremo invecchiati troppo rispetto ai nostri amici.”.
“E cosa ne sarà della piccola Eva?” chiese allora il mago “Da ciò che mi hai detto, non la potrete portare con voi.”.
“Corretto pure questo. Vede... Evangeline nel nostro tempo è una delle mie allieve, quindi ho la certezza che sopravviverà ai secoli, con le basi magiche che le ho dato. Questo ad una condizione: che la storia che le ha permesso di giungere al ventunesimo secolo non venga alterata, cosa purtroppo successa quando ci ha incontrato. Purtroppo ho solo un modo per rimettere tutto a posto: per quanto odi me stesso nel doverlo fare, devo modificarle i ricordi in modo che non serbi memoria di noi ragazzi fino al momento giusto. Infatti sarà lei, anche se inconsapevolmente, a farci tornare. Inoltre, devo fare in modo che non torni assolutamente qui prima del tempo, altrimenti rischierebbe di rovinare la nostra ultima possibilità di rientro, sbloccando accidentalmente i suoi ricordi. Ora che sa tutto, le devo chiedere solo un ultimo favore: che decida di aiutarmi o meno, non faccia parola di queste ultime cose dette. La prego.” terminò facendo un profondo inchino.
 
“Maledizione,ne! Hanno sempre parlato in gallese stretto!” sbuffò Chao scostandosi dalla porta, dove le ragazze erano tutte accalcate.
“Per me passate guai se vi beccano ad origliare...” le chiamò Eva dalla stanza principale, mentre con un panno ridava al tavolo il suo colore originale “Poi non dite che non ve l'avevo detto!”.
Chao mise su una faccia imbronciata e, seguita dalle altre, tornò a pulire, appena in tempo prima che la porta si aprisse e ne uscissero i due maghi.
“Bene ragazze! Venite! Dobbiamo sbrigarci coi preparativi! Chisame! Mi potresti prestare il tuo portatile?”.

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Capitolo 13
*** Finalmente il Futuro ***


Capitolo 13 – Finalmente il futuro
 
“E' tutto pronto?” chiese Takamichi, finendo di disegnare con un gessetto il cerchio magico sul pavimento della stanza.
“Sì. Stanno portando dentro ora il corpo.” rispose Asuna, che osservava incuriosita e fremente la complicata operazione svolta dal docente.
“A me continua a sembrare assurdo! Non posso dire di non crederci, ma il non ricordare NULLA proprio non aiuta, in questa situazione...” dichiarò Evangeline, stesa al contrario su di un divanetto, con la testa quasi a terra.
Erano due giorni che preparavano il rientro del professore e delle loro compagne, seguendo accuratamente tutte le istruzioni impartite dalla voce di Negi proveniente da Chachazero.
L'ultimo ordine impartito, prima di svelare la formula magica da invocare, era stato quello di portare uno dei corpi di Chachamaru dal Mahora sin lì.
Come Mana rientrò portandosi un ingombrante sacco nero sulle spalle, Yue scattò in piedi.
“Bene! E' il momento! Fatevi da parte!” comandò eccitata e sempre più nervosa.
In quel momento avrebbe dato milioni per un rinfrescante succo ai funghi con estratto di cetriolo. Era il rimedio migliore per distendere i nervi.
Negi aveva chiesto espressamente di lei per l'incantesimo: non poteva assolutamente fallire.
Deglutì e si schiarì la voce.
“Practe Bigi Nair... O spiritus ventum et spatium! Festina ad me et sequi mandata mea! Sulcata ventis saeculum et quod confractum fuerat reparata! Ire per alto et infinitas deserti, ut adducerent lignum perdidit semina! Transiens temporibus!” recitò scandendo accuratamente le parole, in piedi al centro del grosso cerchio, pieno di numeri e simboli arcani, contornato da un ampio anello di candele aromatiche dai profumi intensi ed esotici.
Improvvisamente, le fiamme iniziarono a turbinare con un basso rombo attorno alla ragazza, innalzandosi e alimentandosi fino a coprirla.
Yue si portò le mani a proteggersi il volto con un piccolo urlo, ma i guizzi la lambirono senza bruciarla.
Le luci artificiali della stanza tremolarono, mentre l'intensità del suono aumentava. Dalla tasca della maghetta volò al centro del cerchio il Cassiopea, iniziando a risplendere di un intenso rosso carmine.
Una scarica di piccoli fulmini attraversò il turbine infuocato e, quando terminò, al suo posto vi era rimasto un piccolo squarcio sospeso in aria.
La ragazza guardò spaventata ed incuriosita dentro il buco, che sembrava aperto sul nulla e nel nulla, subito sotto Cassiopea: era di un nero profondo, più scuro di qualsiasi cosa da lei mai vista. Lo si sarebbe potuto definire il Niente, lo Zero.
Poi, quel nero cominciò a pulsare, di fiochi lampi di luce, nera anch'essa per quanto paradossale, prima lentamente, poi via via con maggiore frequenza.
Con uno schiocco, le fiamme vennero risucchiate dallo squarcio sfrecciando attorno a Yue, senza però sfiorarla.
Ora che poteva nuovamente vedere le sue compagne, scorse in loro la stessa espressione di stupore e timore che pure lei condivideva in quel momento, davanti a quegli eventi così innaturali.
Per un secondo, tutto tacque.
Poi, all'improvviso, sette grosse sacche composte interamente da quell'inquietante luce nera furono proiettate fuori dallo squarcio e poggiate delicatamente da forze invisibili a terra, dopodiché, con altrettanta rapidità, il portale si richiuse e nella stanza tornò a regnare la quiete.
Nessuno sapeva che fare, e proprio mentre Asuna stava aprendo bocca per rompere quel momento di tensione, tutti poterono osservare le sacche iniziare a svanire. Come fumo dissipato da una leggera brezza, rivelando dei corpi al loro interno.
“Negi! Ragazze!” sussultò la ragazza come riconobbe le figure, apparentemente addormentate.
Yue sentì le lacrime inumidirgli gli occhi, probabilmente di gioia e sollievo.
Il mago era decisamente diverso però da come era quando era sparito pochi giorni prima, così come quel moccioso scalmanato di Kioto: avevano le sembianze di quindicenni, con corpi snelli ed atletici, anche se con espressioni tirate sul viso, che avevano quasi un che di vissuto.
Vestivano morbidi vesti bianche, con una fascia blu che gli attraversava diagonalmente il petto. Un ampio mantello anch'esso di candida tonalità li avvolgeva, ricalcando in parte il profilo di due lunghi pugnali dall'elsa elaborata appesi in cinta.
Le ragazze invece, erano praticamente le stesse con cui aveva scherzato e riso alla fine del festival, tranne che per il semplice vestiario medioevale.
“Secchan!” gridò Konoka da dietro di lei, catapultandosi sul corpo dell'amica e stringendolo in un caloroso abbraccio, facendo volare via una piccola sacca di pelo bianco dalle sue vesti.
“Aspetta Konoka!” la richiamò Takamichi ridacchiando “Forse è meglio se prima la svegliamo, che ne dici?”.
Anche lui era visibilmente sollevato nel rivedere i ragazzi scomparsi sani e salvi.
“No professore! Almeno così non scappa!” rispose candidamente la nipote del preside.
 
Volgendo lo sguardo al soffitto, Asuna si avvicinò, e dopo aver raccattato con due dita Kamo e averlo gettato sul letto affianco a Chachazero, tirò fuori di tasca una boccetta contenente un liquido viola acceso.
Delicatamente, e borbottato un “Ma guarda te che mi tocca fare...”, sollevò il capo del suo coinquilino, per poi versargli la miscela nelle labbra dischiuse.
Non vedendo nessuna reazione, si chiese se la pozione fatta da Eva funzionasse davvero. In fondo l'aveva distillata in fretta e furia con gli scarsi ingredienti di cui disponevano...
“Sii fiduciosa, ragazzina! So fare il mio lavoro!” ribatté stizzita la vampira, anche lei in trepida attesa li affianco, come se le avesse letto nel pensiero.
Asuna stava per rispondere a tono, quando notò un fremere delle palpebre di Negi.
Lentamente, gli occhi del docente si schiusero, sbattendo più volte per mettere a fuoco.
“A... su... na?” chiese biascicando con voce impastata dal sonno il ragazzo.
“Asuna!” ripeté subito dopo, questa volta più sveglio, tirandosi di scatto a sedere.
Il professore si diede un rapido sguardo attorno, per poi rimanere a fissare la ragazza, che arrossì sotto quello sguardo penetrante. Per qualche ragione le tornarono in mente i ricordi di qualche giorno prima, quando al festival aveva finto un appuntamento con quello stesso ragazzino, che aveva quelle stesse sembianze...
“Asuna!” gridò stavolta, saltandole letteralmente al collo e mandandola a terra, mentre l'abbracciava con forza.
“Non... respiro!” annaspò la ragazza, scrollandoselo di dosso sotto lo sguardo divertito degli altri presenti.
“Ragazze! Takamichi!” sorrise allora Negi, scorrendo lo sguardo e mettendosi a ridere “Ha funzionato! Maledizione, lo sapevo che avrebbe funzionato!” disse con lacrime di gioia agli occhi, mentre si rialzava.
“P-professore...” iniziò a mormorare Nodoka, imbarazzata “Bentor...!”
“Miyazaki! Che gioia rivederti!” la interruppe il mago stringendola a sé in un forte abbraccio.
La ragazza prima assunse un'espressione tra la stupita e la sognante, per poi colorarsi di un rosso acceso come si rese conto della realtà e fisicità di quel gesto.
Ma prima che potesse anche solo borbottare qualcosa, Negi era già passato a Yue, riservandole lo stesso saluto, così come fece con tutti.
Solo con Evangeline tenne un atteggiamento diverso: malcelando la sua espressione gioiosa le riservò un profondo inchino occidentale sussurrandole qualcosa in latino.
La ragazza, che si era imposta di mantenere un'espressione truce e contrariata fino ad allora, non riuscì a trattenersi dallo spalancare gli occhi e stupirsi di quel saluto.
Nel frattempo, Kaede e Mana stavano provvedendo a risvegliare pure le altre ragazze e Kotaro.
Il risveglio delle sua allieve fu una delle scene più gioiose a cui Negi avesse mai preso parte: Ku si fiondò su un intontita Chao che ancora si stava rialzando, rotolando insieme a lei sul pavimento in un riso di felicità allo stato puro mentre Ako e Chisame, in ginocchio al centro della stanza, si stavano stringendo le mani ridendo di gusto
“Konochan!” si sentì esclamare Setsuna poco più in la, mentre stringeva a sé la sua principessa senza esitazione, piangendo a dirotto tutte le lacrime dell'anno passato lontano da lei. Konoka, prima stupita da quella reazione a dir poco inusuale, poggiò la testa sulla spalla della spadaccina sussurrandole all'orecchio mentre questa era scossa dai singhiozzi, con un dolcissimo sorriso sul viso.
Nel frattempo Kotaro aveva raggiunto Negi da dietro e gli batté una mano sulla spalla “Ce l'hai fatta! Ci hai riportati indietro, eh?” gli disse con un un'espressione serena.
“No. Ce l'abbiamo fatta.” lo corresse con un sorriso Negi “E sì. Siamo a casa, amico mio.”.
 
* * *
 
“Bene moccioso. Credo sia ora che tu ci dia qualche spiegazione.” cominciò Evangeline, seduta a gambe incrociate sul letto, come tutti si furono accomodati.
“Sì, certo. Mi pare giusto.” rispose il professore con una smorfia “E dal tuo sguardo, piccola E... Master, temo di intuire che il mio incanto non... abbia funzionato a dovere.”
“al contrario. Ha funzionato, e funziona, anche troppo! Quindi ora sbrigati a sciogliere i sigilli! Rivoglio i miei ricordi!” minacciò la ragazzina “E PRETENDO chiarimenti!” puntualizzò.
“Anche noi, piccolo Negi.” si aggregò Chao, sostenuta da cenni d'assenso delle sue compagne “Cosa ci hai fatto?”.
Alzando le mani, il mago rispose, tornando serio “Ho capito, ho capito. Ma lasciatemi spiegare prima agli altri cosa è successo al nostro arrivo, ok?”.
E cominciò a raccontare. Il discorso fu lungo, disse loro di Richard, Marcus e di William, del salvataggio di Ako e quello della piccola Evangeline.
“Quindi eravate davvero voi! E ora mi spiego come mai sono viva!” commentò la vampira “Complimenti moccioso! Non è da tutti stendere un vampiro del calibro di Herbert!”.
“Grazie Master, ma non l'ho sconfitto da solo.” disse voltandosi verso Kotaro e Setsuna, seduta affianco a Konoka, mano nella mano con lei “E soprattutto non per sempre, ma ora ci arrivo.” rispose con tono amaro Negi.
Continuando il racconto, disse loro del piano di Chao e del viaggio, delle difficoltà nell'attraversare la Francia e dell'incontro con la viverna. Elogiò ancora Setsuna per il suo coraggio e passò a descrivere Venezia.
Sul viaggio in mare fino a Bisanzio non c'era molto da dire, ma così non fu per il loro arrivo e la tragica scoperta dell'assenza di magia. Narrò allora dell'anno trascorso nella città turca, mentre disperatamente cercava una via per tornare.
Le domande furono poche, e perlopiù chiarimenti. Tutti ascoltavano affascinati le avventure del gruppo di viaggiatori temporali.
Infine, fu la volta del Piano.
“Era azzardato, e non ero sicuro del suo successo. Per questo ho deciso di parlarne solo a Marcus, chiedendogli di tenervene all'oscuro. Non vi chiederò egoisticamente di perdonarmi, so che ciò che ho fatto è oltremodo scorretto e riprovevole, ma di provare a capire le mie ragioni, questo sì. Prima di intervenire rispondetemi: avreste mai accettato di bere il siero di stasi, sapendo che sarei rimasto solo a cercare una soluzione per portarvi a casa?” terminò il professore.
Le ragazze, fino ad un momento prima pronte ad obbiettare, abbassarono lo sguardo silenziosamente.
“Abbiamo iniziato dunque i preparativi per lasciare le nostre tracce nella storia, come per esempio la sala nelle catacombe, o Chachazero.” disse indicando la bambola “Poi, a loro insaputa, ho fatto bere il siero alle ragazze.”.
“Ma il mio olfatto mi ha fatto capire che c'era qualcosa che non andava nella bevanda che stavo per bere, così finsi solo di mandar giù e rimasi sveglio.” disse orgoglioso Kotaro.
“Ne lo somministrai a Chachamaru, alla quale spiegai poi la situazione.” riprese la parola Negi.
“Col suo aiuto feci un backup delle sue memorie e della sua personalità nell'hard disk del computer di Chisame, e le chiesi di attivare il suo dispositivo di localizzazione nella sala appena costruita, dove nel frattempo avrebbe sorvegliato fino al risveglio, in caso di insuccesso, le sue compagne addormentate, nascoste dietro le pareti.”.
Guardandosi attorno chiese “A proposito... Avete portato il corpo di Chachamaru che avevo chiesto? Così la riattiviamo...”.
“Sì, certo.” rispose Mana, aprendo il sacco posato ai piedi del letto.
Dentro vi era un corpo di piccole dimensioni, probabilmente uno di quelli delle sorelle dell'androide.
“Chisame... scusa se te lo chiedo... Ma potresti pensarci te? Io non saprei dove mettere le mani...” domandò imbarazzato Negi, con una mano dietro la testa.
Con uno sbuffo, la ragazza si alzò e si affiancò al robot, iniziando ad armeggiare col portatile, attaccato lì vicino a ricaricarsi.
“Grazie. Dove ero... ah! Sì! Cominciai dunque in maniera frenetica a ricercare una formula per collegare i due tempi su cui ci trovavamo. Girai tutte le case dei maghi della città, spesso accompagnato da Evangeline e Kotaro, mentre Marcus chiedeva alle sue conoscenze. Allo stesso tempo, insegnavo a William incantesimi sempre più avanzati. Anche te Master, imparavi con incredibile velocità.
Cinque lunghi anni passarono in questo modo, prima che riuscissi a creare una formula che mi soddisfacesse, unendo vari incanti raccolti in quel tempo. E' pure vero che durante il terzo anno vi fu un arresto delle ricerche e distruzione di parte del materiale, il tutto a causa di una nostra vecchia conoscenza...” pronunciando quelle parole, il mago si era fatto mortalmente serio, la voce si era caricata d'ira. Il suo sguardo pareva una tempesta.
“Herbert. In quei quattro anni si era rimesso in forze. Era diventato troppo potente... e ci dava la caccia. Lo affrontammo nelle catacombe verso metà anno. Fu una dura battaglia. Tragica. Ma riuscimmo a sconfiggerlo nuovamente, grazie al Signore. Purtroppo il suo potere era tale che ci fu impossibile scacciarlo e distruggerlo definitivamente, coi nostri mezzi, così lo sigillammo qua sotto!” disse battendo un piede per terra a mo' di indicazione “Dopodiché, oltre alla formula, mi misi a studiare un modo per bandirlo da questo mondo in via definitiva. Ci misi quasi un anno e mezzo, ma sono sicuro che funzioni!”.
“Temo... che allora ci sia un problema.” intervenne Takamichi.
“Quale?” chiese incuriosito Negi, cambiando completamente umore, con la velocità del lampo.
“Questo vampiro... Herbert... era racchiuso in un sarcofago nero?” domandò il collega.
“Sì, perché?”.
“Bhe... mi dispiace dirti che è fuggito due giorni fa, dopo che ci eravamo rifugiati nella sala per sfuggire da un necromante.” rispose con un sorriso nervoso Asuna.
In quel momento, qualcuno bussò alla porta.

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Capitolo 14
*** Da Prede a Cacciatori ***


Capitolo 14 – Da prede a Cacciatori
 
Rapida, Mana scattò alla porta gesticolando di tacere agli altri, e silenziosamente guardò allo spioncino.
Subito fuori dalla porta era in attesa un nutrito gruppo di uomini.
Un nuovo rumore di nocche sul legno dell'uscio.
La mercenaria buttò allora lo sguardo con una silenziosa domanda negli occhi verso i docenti, che annuirono.
Lentamente, la ragazza aprì uno spiraglio.
Innanzi a lei era in piedi un giovane uomo, probabilmente sulla ventina. Aveva la pelle abbronzata ed i capelli biondicci. Indossava una t-shirt con sopra una camicia a quadri sbottonata, con appesi un paio di appariscenti occhiali da sole color arancio acceso.
“Salve signorina.” esordì in un perfetto inglese “Mi spiace disturbarla, ma mi vedo costretto a chiedere a voi e alle persone all'interno della camera di seguirci.”.
“E perché dovremmo? Chi siete voi?” chiese in risposta Mana, tenendo una mano sulla porta.
“Signorina...” il ragazzo la guardò con un'occhiata eloquente “Voi sapete perfettamente chi siamo, così come sapete che è conveniente per tutti che voi veniate con noi senza fare resistenza.”.
“La devo prendere come una minaccia?” domandò allora la mercenaria con un mesto sorriso.
“Sia mai!” rispose divertito il giovane “Chiediamo solo la vostra collaborazione per un po'. Ora, se gentilmente vorreste...” e fece un passo di lato, accennando alla porta.
“Io credo proprio di...” iniziò a rispondere secca Mana.
“...Sì. Non è vero, capitan Tatsumiya?” Negi le si era affiancato, mettendole una mano sulla spalla.
“Questi signori si sono scomodati per venire sin qui a prenderci, non c'è bisogno di essere così scortesi!” continuò spingendola gentilmente di lato.
“Prego, prego! Accomodatevi!” li invitò allora ad entrare il professore aprendo la porta “Come possiamo esservi d'aiuto? A proposito: io sono Negi. Negi Springfield.”.
Il giovane rimase come interdetto da quell'interruzione, ma in poco si decise ed accettò l'offerta con un sorriso.
Ordinò agli uomini dietro di lui qualcosa in arabo, poi entrò presentandosi “Molto piacere signor Springfield. Il mio nome è Mohad Jassif.”.
Detto questo si accomodò su di una poltrona rimasta libera, quasi fosse stato lì da sempre, e si guardò intorno.
Facce incuriosite e sospettose lo osservavano da tutta la stanza.
“Bhe... in verità non vi è molto da dire. In nome della comunità Magica di Istanbul e in quanto Mano dei Tredici vi dichiaro in arresto per crimini contro l'umanità ed omicidio.” disse con semplicità come fu sicuro di avere la completa attenzione di tutti “Rinnovo quindi la mia richiesta di seguirci senza opporre resistenza.”.
“Omicidio? Crimini contro l'umanità?” saltò su Chisame, esterrefatta “Cos'altro avete combinato in questi due giorni?”.
“Su che prove si basano le accuse?” chiese serio Takamichi dopo qualche attimo.
“Secondo le nostre fonti ed i nostri osservatori, avete liberato una creatura millenaria pervasa da un'insaziabile sete di sangue in pieno centro città e ucciso la guida da noi assegnatavi. Siete inoltre maghi non dichiarati all'entrata in città, cosa esplicitamente proibita dal regolamento magico in vigore sulla regione.” lesse calmo Jassif da un piccolo Taccuino tirato fuori da una tasca.
“Capisco...” disse pensoso Negi, mentre gli altri viaggiatori del tempo fissavano sbalorditi le loro compagne.
“Posso allora farle un paio di domande in privato, prima di partire?” chiese quindi il giovane professore, chiamando con un gesto Kotaro, che lo raggiunse silenziosamente.
“Certo.” rispose il giovane alzandosi e facendosi guidare in una seconda stanza.
Quando le passò accanto, Asuna fu sicura di vedere un lungo pugnale infilato nella cintura dell'uomo, nascosto dagli svolazzi della camicia.
 
* * *
 
“Rispiegatemi perché siamo qui.”.
Chisame stava battendo nervosamente a terra un piede. Finalmente aveva potuto farsi un bagno caldo in una vera vasca, e cambiarsi con veri vestiti, caldi e moderni.
Niente pesanti mantelli o ruvide maglie, niente duri stivali in cuoio da trascinare in giro e soprattutto niente maledettissimi e puzzolenti cavalli tutt'intorno a lei.
Finalmente poteva udire il suono di una vera città, sentirne gli odori, assaporarne la vista.
Finalmente aveva potuto rimettere mano alla sua amata tecnologia.
Eppure ora, invece di essere a mettere sotto i denti un vero pasto in uno dei tanti fast-food o ristorantini che vedeva li intorno, erano li in piedi, sotto il caldo sole del tardo pomeriggio, di fianco ad un grosso buco nel terreno con una fontana scassata di fianco.
“Stiamo cercando di capire dove sia andato Herbert.” rispose Takamichi come fosse la cosa più naturale al mondo, inginocchiato a pochi metri da lei ad esaminare alcune tracce del vampiro e della sua carrozza.
Sempre più nervosa la ragazza sbuffò.
“Intendo: perché stiamo facendo ciò?” riprovò.
“Perchè altrimenti in questo momento saremmo a marcire in una cella turca, senza traccia di poteri magici ed in attesa di una sentenza di morte.”.
Stavolta fu Asuna a rispondere.
“Ok... ma come è saltato in mente al professore di andare a CERCARE quel mostro? E quale persona sana di mente gli avrebbe dato ascolto quando ha esplicitamente rifiutato qualsiasi aiuto esterno offertogli?” esclamò esasperata.
“Questo proprio non saprei...” rispose Yue, anche lei in cerca di tracce del veicolo.
“Ho trovato qualcosa!” la voce di Chachamaru provenne da qualche metro dietro la net-idol “A quanto pare la carrozza è stata avvistata nei pressi del cimitero esterno della città, l'ultima volta.”.
“Bene!” disse Chao rialzandosi e scrollandosi la polvere di dosso “Allora vado a chiamare il p... Negi.”.
-Certo... Piccolo non lo si può certo più definire...- pensò Chisame, ancora amareggiata dal colpo basso inferto le quando era nel passato.
Lui, Setsuna, Konoka, Kotaro ed Evangeline erano all'imbocco della via dove il veicolo era scomparso.
Li fissò di sottecchi. Eva e Negi erano leggermente in disparte rispetto agli altri, e sembravano immersi in un'animata discussione, condotta soprattutto dalla biondina.
“E' diventato un ragazzo decisamente affascinante, non trovi Chisame?” le sussurrò qualcuno nell'orecchio, all'improvviso.
Questa fece un balzo, divenendo rossa come un pomodoro “C-co-cosa?”.
Mana la osservò divertita “Su, andiamo. Dobbiamo stanare quel mostro! Ho ancora un conto in sospeso con lui...”.
“Ragazze!” si sentirono chiamare dal professore, nel frattempo raggiunto da Chao e Chachamaru “Venite! Meglio arrivare li prima di sera!”.
 
* * *
 
Il cimitero era a qualche chilometro dalla città, nella sua parte europea. Era circondato da un massiccio muro arancio spento e giallo ocra. Oltre la cinta si potevano vedere sbucare i massicci sepolcri o le alte cime dei cipressi, scosse da una dolce brezza proveniente dal mare, una scintillante massa d'acqua nel tramonto.
Vista dalla collina su cui sorgeva il camposanto, la città pareva davvero magica. La corrente del canale gettava riflessi multicolori su tutte le costruzioni li edificate, facendogli assumere sfumature spettacolari.
Allo stesso modo, le varie moschee della città, con le loro cupole metalliche, irradiavano le tonalità più disparate in tutto il circondario.
Il piccolo furgoncino bianco che li aveva scarrozzati per tutta la città, si fermò nel vuoto parcheggio del cimitero.
Anzi, quasi vuoto. Solo altre due vetture erano lì.
Un silenzio assoluto regnava in quel luogo: non un cinguettio, non un frinire di cicale.
“E' qui.” sentenziò Eva, con un brivido.
“Però avverto più presenze all'interno.” commento Kaede, concentrandosi un poco.
“E vi è anche un forte odore di magia, ma non quella del Conte.” proseguì Kotaro. Vedendo le facce perplesse delle compagne spiegò “E sì. E' anche lui un mago, e bello tosto aggiungerei, quindi state attente. Comunque, devono essere state lanciate magie in giornata qui.” ipotizzò.
Negi si fece scuro in volto. Era tornato ad indossare il suo caratteristico completo, uno di quelli che aveva utilizzato nei panni di Nagi durante il festival scolastico. Nonostante le proteste di Asuna però, si era rifiutato di separarsi dal pugnale, ben saldo anche ora alla cinta del mago.
“Jassif mi ha detto che aveva mandato vari uomini a controllare in città, ma di un paio si sono perse le tracce.” guardò le alte vetture nel parcheggio “Mi sa che li abbiamo trovati. E' quasi la prima veglia: questo luogo è chiuso da ore.” disse amaramente volgendo lo sguardo al cielo sempre più scuro.
I ragazzi si allontanarono dal furgone.
“Ricordate che sebbene abbiano un aspetto umano, rimangono vampiri quelli all'interno. Non sottovalutateli assolutamente!” si raccomandò Negi.
In risposta, tutti imbracciarono o evocarono i loro armamenti.
“Bene! La caccia è aperta!” disse con un ghigno Kotaro.
 
Avvicinandosi, notarono che il cancello principale era aperto. Le sue sbarre gettavano cupe ombre sulle prime lapidi.
Silenziosamente, Kaede e Kotaro scattarono dentro in perlustrazione, con gli altri alle spalle.
Fatto un breve giro del complesso, di più che modeste dimensioni, si fermarono davanti ad una piccola chiesetta romanica a ridosso del muro.
“Questo è l'unico posto in cui non abbiamo controllato” disse piano Negi “Se non ricordo male, da qui si accede ad alcuni complessi sotterranei antecedenti addirittura ai romani.”. Agli sguardi stupiti delle alunne si giustificò “Bhe... li ho esplorati in cerca di testi o riferimenti riguardo le mie ricerche...”.
“Bene.” interruppe Takamichi “Allora propongo di dividerci. Io, Yue, Nodoka, Chao, Kaede, Chachamaru, Chisame e Ako rimarremo qui nel caso la nostra 'preda' fosse nascosta qua fuori. Voialtri andate a cercarli nei sotterranei.”.
“Noi...!” iniziarono a protestare Yue, Nodoka e Chachamaru.
“Voi” le fermò l'uomo “Non sareste di grossa utilità contro quel mostro. Rischiate solo di farvi del male. Per quanto riguarda Chachamaru, so che vorresti andare con Eva, ma ci serve qualcuno capace di combattere pure qui nel caso avessi ragione nella mia prima ipotesi. In caso sorgessero problemi, Yue e Nodoka, potete sempre contattare Negi col vostro pactio e viceversa.” terminò.
Le ragazze non parvero molto convinte, ma decisero di non commentare: non era il momento di fare i capricci.
Con un piccolo sforzo, il secondo gruppo aprì i battenti della chiesetta e vi entrò, richiudendoseli alle spalle.
 
La temperatura all'interno dell'edificio era decisamente inferiore rispetto a quella esterna, piccoli bracieri mandavano riflessi verdastri ad illuminare fiocamente il piccolo ambiente.
Negi evocò un piccolo globo di luce, e subito se ne pentì. La scena era praticamente identica a quella vissuta a Castel Grigio sei anni prima. Le panche erano divelte e spezzate, ammassate sulle pareti in grosse cataste. Sparsi per il pavimento ed incastrati tra i legni vi erano diversi corpi massacrati indiscriminatamente: uomini e donne, vecchi e bambini.
Con macabro gusto estetico, il crocefisso antistante l'altare era stato sostituito da un cadavere appeso per i piedi con le braccia allargate da un lungo bastone infilato nelle maniche di ciò che restava della giacca.
Dalle mani inerti, gocciolava lentamente del sangue che andava a raccogliersi sui primi gradini di una stretta e ripida scaletta di pietra, originariamente nascosta da un lastrone del pavimento, ora spezzato e gettato ad alcuni metri.
“Non guardi, Signorina!” esclamò subito Setsuna, coprendo gli occhi della protetta.
“Uh... che succede Secchan? Dai... non mi pare il momento per questi giochetti!” chiese stupita Konoka, cercando di liberarsi.
“Non stiamo giocando, mocciosa.” disse tetra Evangeline “Ma se desideri non avere incubi per il resto dei tuoi giorni, ti consiglio di star buona e farti guidare in silenzio.”.
Senza un commento, il gruppo si avviò per lo stretto passaggio.
 
* * *
 
“Non trovate che si sia rinfrescato parecchio qui?” chiese Chao sfregandosi le braccia nude, carezzate dalla brezza serale.
“E' vero.” riconobbe Yue, ancora imbronciata per la sua impossibilità nel seguire il professore.
Effettivamente, stava rabbrividendo pure lei nella sua maglietta nera della CelticMoon.
Rapidamente, tornò ai suoi precedenti ragionamenti: il professore.
Ultimamente le era sempre in testa.
Ancora non voleva credere a ciò che era avvenuto sull'isola della biblioteca appena cinque giorni prima. L'aver confessato a Nodoka che anche a lei piaceva Negi la faceva certo sentire un po' meglio, ma ciononostante aveva la sensazione di essere veramente una pessima amica. Poi quella stessa notte aveva avuto quel sogno...
Un brivido le corse lungo la schiena. Meglio non pensarci.
Restava il fatto che Negi l'attraeva, e non sapeva neppure lei il perché.
“... e poi è decisamente sbagliato tra professore ed alunne!” mormorò persa nelle sue riflessioni.
Guardò di sottecchi la sua migliore amica. Nodoka stava parlando tranquillamente con Ako.
-Lei ha decisamente più speranze... è carina, dol...- si interruppe notando uno scintillio nell'oscurità dietro le due.
Osservando meglio, vide una luce molto soffusa illuminare una loggia poco più in la.
“Professore!” chiamò allora Takamichi, tirandogli lievemente una manica.
“Dimmi Yue.” chiese lui, voltandosi.
“Cos'è quella luce laggiù, secondo lei?” disse indicando la direzione con un movimento del capo.
Takahata osservò dubbioso “Sembra un inca...!”.
Non fece in tempo a terminare che una grossa scarica di saette lucenti partì dalla loggia diretta verso il gruppo.
“Scansatevi!” avvertì il docente, tirando Yue dietro di sé.
In pochi attimi Chachamaru fece lo stesso con Nodoka, mentre Chao, Chisame ed Ako pronunciavano rapide un incantesimo di difesa, creando una cupola scintillante sulle loro teste, dove le saette si infransero esplodendo in un bianco accecante.
Come la cupola fu sciolta, Kaede scattò verso il porticato dividendosi in quattro copie, che sparirono nell'ombra con degli shuriken in mano.
Dopo qualche secondo però, uscirono con aria interrogativa, a mani vuote.
“...Éla , ymeís skiés ti̱s nýchtas ! Pagidev̱ménos se maiándrous sas apó tous antipálous mou kai na ta katapioún cho̱rís na emfanistoún xaná ! Kalá skiés séles !” riecheggiò una voce dietro di loro.
Subito il gruppo guardò nella direzione da cui era provenuto l'incantesimo, ma l'unica cosa che vide fu una grossa macchia nera che si stava allargando sotto di loro, inglobando e divorando le loro ombre.
Con terrore, le ragazze scoprirono di non riuscire a muoversi e lentamente, iniziarono a sprofondare in quella strana macchia, inconsistente e più nera della notte.
“Kaede!” gridò Takamichi alla ninja, che stava guardando sbigottita.
“Subito!” si riscosse la studentessa, dividendosi in ulteriori copie.
Di corsa si gettò ai lati della pozza e, stando attenta a non toccarla, tirò fuori con estrema fatica i suoi amici.
Mentre l'ultima copia estraeva con uno strattone Chao, una nuova serie di dardi magici, stavolta di un nero assoluto, li bombardò, distruggendo le varie copie della ragazza.
Due figure uscirono lentamente dall'ombra di una loggia poco distante. I vestiti erano laceri in più punti, ma la pelle sottostante era intatta e candida.
“Skiá peinasménoi , poté ikanopoii̱ménos Skiá ... Sas epikaloúntai , tsekoúri tou Skótous !” finirono di recitare a bassa voce i due.
Una coppia di grandi asce color dell'ossidiana comparve improvvisamente nelle loro mani. Le lame erano avvolte da dense spire di fumo, che parevano far parte dell'essenza stessa delle armi.
“E questi chi sono?” chiese seccata Chisame.
“Devono essere i due maghi scomparsi.” rispose serio Takamichi “E dai loro incantesimi direi che sono molto bravi nel loro lavoro.”.
“Di bene in meglio...” commentò Nagase rialzandosi: era riuscita ad evitare le sagitte buttandosi di lato.
“C-che possiamo fare?” domandò tremando Nodoka “M-mi fanno abbastanza paura...”.
Gli uomini parvero cogliere le parole della bibliotecaria, nonostante queste fossero state poco più che un mormorio, e risposero sfoderando un sorriso sadico.
Nelle ultime luci del sole morente, inquietanti bagliori furono riflessi dai lunghi canini nelle loro bocche.

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Capitolo 15
*** Luci e Tenebre ***


Capitolo 15 – Luci e Tenebre
 
Il corridoio era stretto ed angusto. Un continuo ticchettio di acqua riecheggiava nelle pareti di pietra, illuminate dalla piccola sfera azzurrognola.
Erano ormai vari minuti che camminavano per quel dedalo di cunicoli,e nessuno aveva ancora aperto bocca: la tensione si poteva quasi tagliare col coltello.
All'improvviso, il passaggio si aprì in un ampio salone col soffitto a volta, sostenuto da quattro robuste colonne.
L'ambiente era illuminato da grandi bracieri scoppiettanti, che rendevano visibile un pavimento viscido e cosparso di ossa.
Nella cripta aleggiava un forte tanfo di decomposizione e sangue, tanto intenso da provocare conati nei ragazzi.
In un angolo, una grossa figura era accucciata con la faccia rivolta alla parete emettendo risucchi e suoni raccapriccianti.
Con un gesto secco, gettò qualcosa dietro di sé, e l'oggetto finì ai piedi di Negi, che apriva la fila.
Il ragazzo guardò in basso ed inorridì per l'ennesima volta in quella lunga serata. Quello davanti a lui era ciò che rimaneva di una mano, scarnificata e sanguinolenta, con chiari segni di zanne sulle ossa rosicchiate.
Con faccia furiosa, calciò la mano e la rispedì in testa alla creatura in fondo alla stanza, che ancora li ignorava.
“HERBERT. VON. SHULBERT!” chiamò minacciosamente il professore, con voce fremente d'odio. Asuna non l'aveva mai visto tanto alterato, neanche quando sconfinò nell'overdrive magico era in quello stato.
L'essere si bloccò e piegò la testa all'indietro, guardandoli con interesse.
“Mhm? Il Conte ha visite?” gorgheggiò entusiasta.
Si alzò barcollante: grondava sangue, probabilmente appartenente al piccolo corpo dilaniato che teneva in mano.
A quella spaventosa vista, Konoka e Ku indietreggiarono di un passo con espressione di puro orrore in viso, mentre gli altri si prepararono a dare battaglia.
“Oooooh! Sono le ragazziiiine! E la preeeda!” gorgogliò avanzando lentamente la creatura.
“Taci mostro!” lo sovrastò Negi “Con oggi finirai di vessare queste terre con la tua presenza! Preparati a morire!”.
“Che arrogaaaanza!” commentò con voce in falsetto il conte, arrivandogli di fronte e squadrandolo dall'alto in basso.
“Sai che ti dico, piccoletto? Che ti mangio per primo, iniziando dalla tua fastidiosissima lingua!” gli sussurrò minaccioso abbassando la testa fino ad alitare direttamente in faccia al professore “Poi posso passare al demone coi pugnali, eh? Che ne dici? Sembra tenera!” disse sbirciandogli dietro, in direzione di Setsuna.
“Che ne dici di assaggiare un altro po' di piombo? Mi sembrava ti fosse piaciuto giù nelle cripte...” rispose con un ghigno Mana, puntando una pistola verso il mostro.
Il conte si voltò, lanciandole un'occhiata di sufficienza.
“Tu non sfiorerai le mie allieve neanche con un dito.” ringhiò sempre con maggiore rabbia Negi.
“Ma stavolta non vedo quel fastidiosissimo umano pronto a salvarti...” continuò ignorandolo, picchiettando con una mano insanguinata su un fianco al ragazzo “Sarai tuuuuto mio! Avevi un sangue... unico!” si leccò le labbra “Delizioso!”.
Il giovane mago stava letteralmente tremando , ribollente di furia a malapena contenuta.
“Non... osare... toccarmi...” un forte vento iniziò a vorticare attorno ai due, sollevando un fitto polverone che li occultò alla vista.
“Negi! Calmati!” chiamò Kotaro, avanzando “Stai solo facendo il suo gioco!”.
Con uno schianto secco, una figura venne scaraventata fuori dal vortice, arrestando il suo volo contro una parete: era il vampiro.
Mentre questi si rialzava, il turbine si calmò e ne emerse Negi, ansimante e col bastone in mano.
“Tutto a posto, moccioso?” chiese Evangeline, seria “Che ti è preso?”.
“E'... una vecchia storia.” rispose il ragazzo con un sorriso tirato, mentre provava a pulirsi il sangue rimastogli sulla giacca.
“Se lo dici te...” Asuna lo controllò con sguardo preoccupato, ma decise di credergli “Bene... direi che si comincia!”.
In quel momento infatti il conte si avventò con furia su Negi, che lo schivò spostandosi di lato e dandogli un forte colpo di bastone sulla schiena.
Il vampiro venne schiantato al suolo ed iniziò ad essere bersagliato dai colpi di Mana.
Con un fluido movimento, Herbert allungò un braccio verso Asuna, che si stava avvicinando per colpirlo, e la afferrò saldamente per una caviglia. Con un colpo di reni si riportò poi in piedi, trascinandosi dietro la ragazza, che si lasciò sfuggire un verso di sorpresa, ma non l'artefatto.
Mana smise di sparare sulla creatura, per non rischiare di colpire l'amica, mentre questa tentava di liberarsi agitandosi e riempiendo la mano che la imprigionava di calci.
Rapido, Negi si portò con uno shundo di fronte al conte caricando un montante.
Non fece in tempo a completare il colpo però, che venne investito da Asuna, usata a mo' di mazza, scaraventandolo a vari metri, mentre la ragazza accusò il potente impatto con un'esclamazione di dolore.
“Lasciala!” Kotaro portò a segno un pugno carico di ki alle spalle del vampiro, sbilanciandolo, mentre Ku lo sbalzò via con un calcio, facendogli mollare la presa sull'amica.
Questa cadde a terra tenendosi la gamba, inerte e con forma decisamente innaturale dove l'essere l'aveva stretta, per venir subito soccorsa da Konoka, rimasta in disparte.
“...Skiá zo̱ntanós !” si sentì borbottare Herbert in quel momento, mentre si rialzava.
Le fiamme dei bracieri si smorzarono improvvisamente.
Senza un sol suono, dalle pareti si staccarono sette grosse e tremolanti ombre. Queste accerchiarono il gruppo del Mahora, per poi iniziare a sciogliersi, rivelando qualcosa al loro interno.
Sotto gli sguardi stupiti dei ragazzi, le ombre lasciarono il posto ad una copia perfetta di ogni persona nella stanza, eccezion fatta per Negi ed il conte.
Le copie e gli originali si guardarono con aria stupita per qualche secondo, studiandosi, poi le prime saltarono letteralmente addosso ai secondi.
Anche Negi era rimasto interdetto nel vedere i suoi amici raddoppiati, ma venne riscosso violentemente dal conte, che gli si era fiondato addosso e gli aveva affibbiato un forte pugno nello stomaco.
“Sei miooooo!” gridò con un ghigno sadico l'essere, innalzandosi sul professore annaspante.
“Raster Maskir Magister... Cantus Bellax!” pronunciò dolorante il giovane, rimettendosi in posizione eretta.
I due iniziarono a scambiarsi una feroce serie di colpi, accompagnati da occasionali scoppi magici, mentre attorno a loro era il caos.
 
Mana esplose l'ultimo colpo del caricatore.
“Maledizione!” borbottò tuffandosi di lato, evitando due proiettili provenienti dalla sua copia. Si senti fischiare il piombo tra i capelli.
Con una capriola atterrò mettendosi in ginocchio.
Estrasse un caricatore dalla tasca e ricaricò mentre un altro sibilo le fece fischiare l'orecchi destro.
Si rialzò aprendo il fuoco: la sua copia schivò con destrezza tutti i colpi.
Lanciò di soppiatto un'occhiata alla sala: tutti erano impegnate da quelle strane ombre, praticamente indistinguibili dalle originali, tanto da impedirle di sparare in sicurezza.
Schivò all'ultimo un proiettile buttandosi a terra di schiena.
Mentre con un balzo tornava eretta augurò mentalmente fortuna alle sue compagne.
 
“Ma lasciami in pace!” esclamò Eva scocciata, scrollandosi di dosso la sua copia, che stava provando a buttarla a terra da quando le si era avvinghiata addosso.
Di fianco a lei, due Asuna stavano menando potenti fendenti che sprizzavano un mare di scintille, digrignandosi addosso qualcosa di incomprensibile.
-Umpf... quanto è rozza quella ragazza...- pensò con una punta di disprezzo.
Scorse lo sguardo più in là e non poté credere ai suoi occhi: le due Setsuna si stavano combattendo ferocemente con tutti i loro mezzi, mentre qualche passo indietro le due Konoka erano affiancate ad ammirare il duello con occhi luccicanti ed un sorriso beato in volto. Ogni tanto partivano entusiaste grida di incoraggiamento rivolte alle spadaccine, che le accoglievano con espressioni imbarazzate.
Senza parole, alzò gli occhi al cielo, mentre respingeva l'ennesimo assalto della sua copia.
“Maledizione ragazzine! Non mi pare il momento per...” iniziò a gridare verso il gruppetto, ma venne bruscamente interrotta quando un corpo le si schiantò addosso, proveniente dalle sue spalle.
“Scusa Eva!” sentì chiamare la voce di Ku, mentre dolorante strisciava via da sotto il corpo di un Kotaro.
 
Ku si stava divertendo, nonostante fosse cosciente della serietà della situazione.
Insieme al Kotaro reale stava affrontando quelle strane ombre da alcuni minuti ormai.
Erano forti: più di qualunque avversario avessero mai affrontato. Bhe... avrebbe potuto dire che erano al suo stesso livello.
“Meglio!” disse tra sé e sé con un sorriso, spedendo la sua copia indietro di qualche metro con un calcio carico di ki.
“Meglio cosa?” chiese il ragazzo-lupo, riprendendo fiato mentre il suo avversario si rialzava.
“Uh? Nulla, nulla!” rispose con una risata imbarazzata la combattente, abbassandosi in tempo per evitare un calcio che probabilmente le avrebbe spezzato il collo se fosse andato a segno, inferto dalla sua controparte.
“Uh-oh!” sentì il compagno esclamare, mentre si rialzava.
“Che succede?” domandò incuriosita.
“L'altro me ha deciso di impegnarsi...” spiegò pallido Kotaro, indicando il suo doppio.
Un'oscurità improvvisa cadde sulla stanza, oscurando tutto per alcuni secondi.
Quando questa si dissipò, tutti si voltarono per cercarne l'origine.
Al posto del secondo Kotaro, vi era ora una figura racchiusa in una pesante armatura a piastre, nera come la pece. Un'ampia mantella lacera gli svolazzava dalle spalle, animata da un vento inesistente.
Dai lati dell'elmo, di fattezza spigolosa ed appuntita, si innalzavano due intense fiamme color rubino, mentre un basso ringhio proveniva da dove doveva essere la bocca.
Con ambo le mani brandiva un grosso spadone dall'aspetto rozzo, avvolto da una guizzante fiammata rossa.
“Ma cos...” iniziò a domandare la cinese, ma non poté finire che venne buttata a terra da Kotaro.
Immediatamente dopo qualcosa di bollente le passò sopra, sfiorandole la schiena e bruciandone parte degli abiti.
Quando rotolo per osservare, piccole fiammelle ancora illuminavano l'aria rovente.
 
Negi stava osservando preoccupato le sue allieve. Era riuscito ad atterrare momentaneamente il conte, ma non avrebbe potuto continuare con quel ritmo: il vampiro era troppo potente, soprattutto ora che era pieno di potere magico.
Un lampo illuminò la cripta. Il professore si buttò di lato in tempo per evitare una grossa colonna di fuoco color del sangue, che incendiò l'aria dove si trovava fino a pochi istanti prima.
“Kotaro!” chiamò rivolto all'amico “Attiva anche te l'incantesimo!” disse schivando un colpo della bestia, che nel frattempo si era ripresa ed era ripartita all'attacco.
“Ma...” protestò il ragazzo.
“Fallo! Non potete fermarlo, senza!” rimarcò Negi, assestando a sua volta un calcio nel costato al vampiro, che incassò indietreggiando alcuni passi.
“Eh? Quale incantesimo, moccioso?” domandò Eva dall'altra parte della sala, da sotto la sua copia.
“Adesso lo vedrai!” ringhiò il ragazzo, parando col bastone un potente colpo del conte.
“Mea flamma est ardens mea arma, et voluntatem in mea immobilis gladium! Qui contra voluntatem ardet, et protegam eorum qui iurasse! Invoco te, armari miles!” pronunciarono velocemente i due ragazzi, estraendo i rispettivi pugnali dalle loro cinte.
Un lampo di luce pervase la sala, illuminandola a giorno.
Le ombre evocate dal vampiro tremolarono e si attenuarono, ma ad un gesto di questi tornarono salde e terribilmente fisiche.
Come tutto tornò alla normalità, sia Negi che Kotaro erano rivestiti di una lucente armatura bianca, molto simile a quella dell'ombra, ma con le fiamme zaffiro e ricche decorazioni dorate.
Come la copia, anche il ragazzo-lupo brandiva una grossa spada a due mani avvolta da fiamme celesti, mentre il giovane mago reggeva il suo astone, la cui cima era divenuta un'affusolata testa d'ascia, con una lunga ed elegante lama ricurva, anch'essa infiammata di un azzurro intenso.
“Uuuuhh! Il moccioso ha nuooovi trucchi!” gorgogliò la bestia, imitando una faccia stupita “Non valeeee! Tu i miei li conosci già!” sghignazzò mostrando le zanne.
Due aloni neri gli ricoprirono gli avambracci, staccandosi dalle ombre proiettate dai bracieri.
“E' la tua ora demonio!” rispose Negi, incurante dei commenti dell'essere. E caricò il vampiro.
Con rapidità menò un potente fendente con la sua nuova arma addosso alla bestia, che però lo evitò con una facilità sorprendente, abbassandosi.
In risposta un pugno colpì il giovane mago allo stomaco, togliendogli il respiro.
Un grugnito provenne dal conte, che indietreggiò tenendosi la mano.
Negi sogghignò “Fatto male? Sai... questa è un'armatura benedetta...” poi si guardò il punto dove era stato colpito, che ancora gli doleva.
Una sottile ragnatela di crepe si irradiava dal punto dell'impatto.
“Tsk!” il sorriso gli scomparve dalle labbra, per comparire su quelle di Herbert.
“Heheheh! Sììììì! Mi stuzzica la coooosa! Cibo in scatolaaa!” gracchiò con tono divertito, e ripartì alla carica.
Mentre attaccava, i due aloni sulle braccia presero rapidamente la forma di due aguzzi spuntoni, protesi sopra i suoi pugni.
Negi evitò i colpi, deviandoli con l'ascia o scansandosi semplicemente: non poteva permettersi di incassare ulteriormente. Non con quella potenza.
E doveva anche concludere in fretta quel duello: stava consumando troppa energia per tenere attivo l'incantesimo ed i pactio delle ragazze, senza contare i vari incanti di poco prima.
Questi pensieri lo distrassero quel tanto che bastava per permettere al vampiro di assestare un altro colpo, diritto alla spalla sinistra.
Un dolore acuto attraversò il corpo del professore ed un liquido caldo iniziò a bagnargli il braccio: la punta sopra al pugno del conte doveva aver perforato l'armatura e aperto un taglio.
Ignorando con uno sforzo di volontà il dolore, rispose assestando una gomitata nel plesso solare del mostro, facendolo indietreggiare con un'espressione a metà tra la stupita e la sofferente.
Terminando il movimento, si fece perno sulla gamba d'appoggio e avanzò un passo, ruotando su sé stesso e caricando un fendente con l'ascia. Con una leggera spinta dello stesso piede, ora dietro, si sbilanciò in avanti, aumentando così la forza del colpo e accorciando la distanza con il nemico.
Questi si era ripreso in fretta dal colpo di kenpo, ma non abbastanza: poté solo guardare impotente l'arma che si abbatteva su di lui.
Nella sala calò il silenzio, seguito da un tonfo sordo.
Negi, ansimante, alzò lo sguardo: ai suoi piedi giaceva un braccio.
Una piccola pozza di sangue nero come la notte si stava allargando alla base dell'arto reciso, mentre vari schizzi dello stesso liquido gli macchiavano il viso e l'armatura.
Il conte era lì, in piedi di fronte a lui che si stava osservando il moncherino da cui zampillavano densi fiotti di sangue scuro.
Con volume crescente, l'essere iniziò a emettere un verso inumano, di dolore allo stato puro, che velocemente si mutò in rabbia.
Parole uscirono dalla bocca del vampiro, un linguaggio talmente antico e potente che il terreno stesso tremò nell'udirlo.
Lamenti d'agonia furono chiaramente udibili tutt'attorno alla cripta, mentre una fiamma nera avvolgeva l'essere.
Le ombre che fino a qualche momento prima stavano combattendo contro i ragazzi si affievolirono fino a scomparire ed un forte vento iniziò a sferzare la sala, spegnendo i bracieri e lasciando il compito di illuminare l'ambiente ai due cavalieri e a quelle inquietanti vampate oscure.
La voce del vampiro era diventata il rombo del tuono, ed il solo udirla provocava nei ragazzi brividi gelati per la schiena.
Improvvisamente come era iniziato, tutto cessò, facendo calare la sala nel silenzio.
“Ora, ragazzino, conoscerai il vero significato di terrore...” sibilò qualcuno all'orecchio del professore.

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Capitolo 16
*** Il Bagliore nelle Tenebre ***


Capitolo 16 – Il bagliore nelle tenebre.
 
Takamichi stava ansimando pesantemente mentre con la mano opposta si stringeva il braccio sinistro, là dove la camicia era macchiata di rosso.
Un tuono echeggiò in lontananza.
“Tutto... a posto, professore?” sentì una voce chiamare da dietro una grossa lapide.
“Sì. Sono come... scomparsi.” rispose l'uomo dopo essersi guardato attorno per l'ennesima volta.
Dei loro avversari non era rimasta letteralmente traccia, se non i segni evidenti delle loro asce e dei loro incanti sull'ambiente circostante.
Era accaduto tutto all'improvviso, a qualche minuto dalla comparsa dei maghi, che si stavano dimostrando avversari più che ostici per il docente e le ragazze.
Mentre però il gruppetto del Mahora stava per essere sopraffatto, i due si erano improvvisamente accasciati al suolo, senza un lamento, e sotto un improvviso cielo temporalesco si erano come dissolti in nere spire di fumo.
“Intendevo lei...” continuò Ako, facendo capolino da dietro il riparo “Mi sembrava fosse stato colpito...”.
Alla vista del sangue però, le parole le morirono in gola e la sua pelle prese un colorito molto pallido. Qualcuno la tirò indietro.
Spolverandosi i vestiti, Chisame si rialzò dal fianco della compagna, osservando cupa il cielo.
“E' impossibile! Erano qui fino ad un minuto fa!” borbottò scocciata.
Un lampo illuminò il cimitero.
Con un urlo di terrore, le ragazze nascoste e la net-idol scattarono fino a rifugiarsi di fianco al professore, che nonostante il suo sangue freddo temprato dalle battaglie, aveva anche lui percepito un brivido gelato scorrergli per la schiena: con la luce, su tutte le lapidi ed i loculi li attorno erano stati illuminati lugubri volti spettrali, deformi e giganteschi, con occhi vuoti e lattiginosi e dai tratti marciscenti.
“C-co-cos'erano?” domandò con voce quasi inudibile Nodoka.
“Nulla... tranquilla...” provò a rassicurarla Takamichi.
Un altro lampo.
Davanti al sorriso forzato del professore venne illuminato improvvisamente uno di quegli spaventosi volti, mentre altri stavano accerchiando interamente il gruppo.
A stento, il docente trattenne un grido di sorpresa.
“Forse... è meglio se entriamo pure noi.” consigliò allora alle ragazze, sempre più agitate.
Con un rombo assordante, una grossa saetta nera come la pece squarciò l'aria, schiantandosi sulla facciata della chiesetta, demolendola.
Un lugubre lamento s'innalzò tutt'attorno a loro, mentre il terreno tremava violentemente.
Tutti i volti erano ora chiaramente visibili e, come sotto l'effetto di un potente vento, crearono qualcosa di simile ad un grosso turbine, che venne risucchiato con forza all'interno dei resti della struttura romanica, le cui macerie lasciavano libera solo una piccola botola davanti all'altare.
“Uhhhh...” risuonò una voce all'orecchio di Takamichi “Ma qui ce ne sono altri! Venite! Venite dal Conte...” terminò scomparendo.
“Professore!” chiamò Yue, con le lacrime agli occhi “Ma che sta succedendo? Di chi era quella voce?”.
La studentessa si stava guardando freneticamente attorno.
“Éla se ména , to kápnisma exapáti̱si̱ . Synchýsei tous echthroús mou kai enstalázei trómo tous apó to vathý . Apateó̱nas míasma .” poterono tutti chiaramente udire.
Una densa nube di fumo verdastro fu esalata dal terreno, avvolgendo le studentesse.
La cortina impediva totalmente la vista alle ragazze, che intimorite si strinsero ancora di più.
 
Dopo circa un minuto il fumo si diradò con una folata.
Yue aveva il cuore in gola. Non riusciva a capire ciò che le stava accadendo intorno, e questo la spaventava più di quanto lasciava trasparire.
“Cos'è successo?” chiese voltandosi.
Come lo fece però, notò che nessuno era in grado di rispondergli anzi, non c'era proprio nessuno dietro di lei. Era sola.
Iniziò a tremare.
“Ragazze...” chiamò debolmente.
Fece un timido passo indietro.
Squatch.
Qualcosa di caldo le schizzò sulla gamba, una sensazione di bagnato le risalì dal piede.
Un brivido le percorse la schiena.
Con timore, la ragazza abbassò lentamente lo sguardo: aveva messo il piede in una larga pozza tinta di un denso rosso scuro, che si estendeva per buona parte del selciato.
Un oggetto tondeggiante le sbatté ai piedi, dopo aver rotolato per alcuni metri.
-Non può essere vero! Non può essere vero! Non può essere ve...- iniziò a dirsi ossessivamente con lacrime di terrore agli occhi.
Raccogliendo i suoi ultimi residui di coraggio, Yue si abbassò a raccogliere l'oggetto. Come però ne osservò la natura, lo scagliò con uno scatto il più lontano possibile da lei, utilizzando tutta la sua forza, cadendo all'indietro e allontanandosi freneticamente dalla pozza, ansimando.
“Povera Ako... vero?” sentì una voce che ben conosceva sussurrarle da dietro “Ma non preoccuparti per lei...” qualcosa di freddo le punse un lato del collo “La raggiungerai presto!”.
 
* * *
 
Setsuna inspirò profondamente. Quel fumo le metteva un'inquietudine che mai aveva provato prima, amplificata dal fatto di non essere in grado di vedere i suoi compagni.
Neanche le fiamme del professore o di Kotaro riuscivano ad illuminare più di tanto.
Sentì dei passi alla sua destra.
“Chi va là?” chiese nervosa, mettendosi in guardia.
Nessuna risposta.
Un'ombra passò in mezzo alla nebbia, seguita da una bassa risata gorgogliante.
-Trovato!- pensò con un mezzo sorriso.
Silenziosamente avanzò dietro l'ombra, finché non la scorse a circa un metro da lei.
In un attimo, caricò il ki nel suo corpo e svuotò la mente: avrebbe posto fine a tutto in un sol colpo.
“Whaaa!” con un urlo improvviso, la spadaccina shinmei scattò verso il bersaglio, allungando la spada verso l'ombra e rilasciando tutta l'energia accumulata.
L'impatto fu violentissimo: la lama si fece strada nelle carni come fossero burro, per poi sfilarsi senza un rumore quando il corpo volò dopo il colpo, quando Setsuna si fermò ansimante.
Solo un gemito sorpreso accompagnò il tutto.
-Ce l'ho... fatta?- si domandò sorpresa dopo qualche secondo -E' morto?-.
“Professore!” chiamò a gran voce, alzando le braccia per farsi edere meglio “Profes...”.
La voce le si spense però quando vide la sua spada. Essa era infatti tinta di un intenso rosso rubino, che lentamente stava gocciolando ai suoi piedi, congiungendo il liquido accumulato con una pozza poco distante.
“Aspetta! Ma il vampiro non aveva il sangue nero?” si accigliò.
Un forte senso di ansia le attanagliò il petto, insinuando nella sua mente un terribile sospetto.
“No... non può essere...” si disse con una risata che rasentava l'isteria “E' semplicemente impossibile!”.
Ma il dubbio rimaneva. Un dubbio che la stava divorando.
Poi c'era quella nebbia, quella maledettissima nebbia.
Senza di lei sarebbe stata sicura.
Prese a tremare, intorno a lei tutto taceva.
Timorosa, fece un passo avanti: l'ombra giaceva a ridosso di una parete.
Ancora un passo. La vista si schiarì un po'.
Con impressionante lentezza, coprì gli ultimi passi che la separavano dal corpo ad occhi chiusi.
Come fu certa di esserci di fronte, si fece coraggio e li aprì.
 
 
 
“NOOOOOOOO!”.
“Setsuna!” scattò Negi, voltandosi in direzione del grido.
Quei fitti fumi gli impedivano di capire cosa fosse successo alla sua allieva.
Scuotendo l'ascia di piatto provò a disperdere alcune spire, ma senza successo.
“Vado io!” sentì Asuna poco distante.
Negi si sentì rincuorato dalla presenza dell'amica. Dio solo sapeva quanto le era mancata. Come tutte le altre sue allieve, naturalmente.
Rimase in attesa per circa un minuto, nel quale si sforzò di cercare le altre o rintracciare il mostro, che pareva essersi volatilizzato.
“Negi!” sentì nuovamente chiamare la coinquilina “Non la trovo! No... aspetta...” si sentirono come dei passi sul bagnato.
“Oh mio Dio! Ku!” sentì la voce disperata di Asuna dopo qualche attimo.
Il mago si sentì morire. Col cuore in gola corse nella direzione della voce, circondato da quella nebbia molesta.
All'improvviso sbatté contro qualcuno: era Asuna.
Con le lacrime agli occhi e le mani sulla bocca stava osservando qualcosa poco più in là.
Negi volse lo sguardo seguendo quello della ragazza.
In una larga pozza di sangue giaceva il corpo straziato della cinese, con profondi squarci aperti dappertutto.
“Cos...?” iniziò a balbettare facendo un passo avanti, ma un gemito gorgogliante dietro di lui lo fece voltare di scatto.
Asuna era sollevata da terra di mezzo metro abbondante, sostenuta da un grosso sperone nero che le perforava il petto.
Lo sguardo era vitreo ed il mento gocciolava gocce rubino sul terreno.
Dietro di lei, la grossa figura sghignazzante del conte.
“Asuna...” sussurrò Negi disperato “ASUNA!” gridò subito dopo, con voce pervasa da rinnovata furia.
“MALEDETTOOOO!” un forte vortice di vento lo circondò, facendo sferzare le fiamme dell'armatura.
Con un ruggito, si gettò sul vampiro.
 
 
 
“Negi! Fermati!” gridò per l'ennesima volta Asuna, schivando il colpo d'ascia che le mancò la testa di pochi centimetri.
Il professore cambiò improvvisamente la direzione dell'arma, voltando la lama verso il collo della ragazza ed abbassandola con forza.
La spadaccina riuscì a schivare nuovamente per un pelo, buttandosi a terra.
“Setsuna! Aiutami!” chiamò. Ma la ragazza non parve sentirla, impegnata com'era a piangere davanti ad un braciere rovesciato.
“Maledizione!” esclamò quando vide che stava estraendo un pugnale e se lo stava poggiando allo stomaco.
Con uno scatto si buttò addosso all'amica, appena in tempo per evitare un affondo del professore.
La shinmei la guardò con aria stupita, gli occhi erano rossi per il pianto.
“A-Asuna? Ma che...?” iniziò a chiedere, sbattendo gli occhi mentre l'altra le gettava via il pugnale dalle mani.
“Dopo!” rispose la ragazza coi codini spingendola indietro, e facendo così mangiare il vuoto alla lama fiammeggiante di Negi.
Stupita e spaventata, Setsuna osservò il punto da lei occupato fino ad un'istante prima, ora occupato dalla grossa arma “Cos...?”.
“Maledizione Negi!” venne sovrastata da Asuna, che rifilò un potente colpo di piatto con la sua grossa spada al ragazzo in armatura “Ti vuoi svegliare?”.
Il professore volò a terra, mandando un forte clangore metallico.
“Uff!” la ragazza sia asciugò il sudore sulla fronte, rialzandosi “Ma che è? Siete impazziti tutti?” chiese rivolta a Setsuna.
“Eh? Perché? E dov'è la Signorina? Era ai miei piedi e io... io...” chiese questa ricominciando a singhiozzare.
“Konoka? Sta bene, guarda! E' lì con Eva” rispose Asuna indicandole.
La biondina, le altre ragazze e Kotaro erano a ridosso di una parete, che stavano discutendo. Tutti sembravano alquanto scossi.
“Dopo che il vampiro ha recitato l'incantesimo avete iniziato a comportarvi in modo assurdo! Urlavate, piangevate e altro! Quell'idiota di Negi ad un certo punto a iniziato a provare di ammazzarmi!”.
“Ahioooo...” si udì debolmente la voce del professore da terra.
Lentamente si rialzò tenendosi la testa “Ma che è successo? Perché mi hai colpito?” chiese alla compagna.
“Lascia perdere...” gli rispose stizzita “A proposito... dov'è finito quel bastardo di un vampiro?”.
Negi si guardò incuriosito in giro “Io... non ne ho idea.”.
Mentre finiva di parlare, le ragazze lo videro portarsi le mani alla testa ed emettere un basso gemito.
“No-Nodoka... Yue...” mormorò riprendendosi “Presto! Sono state attaccate!”.
 
* * *
 
Chacahmaru fece partire un'altra raffica dal suo braccio sinistro, trasformatosi in una grossa mitraglia, che nuovamente fu schivata dall'essere fuoriuscito dai resti della chiesetta.
Preoccupata, gettò lo sguardo al porticato dove aveva nascosto le sue compagne ed il professore, dopo che erano come impazziti a causa di quella nebbia di chiara origine magica.
Le due bibliotecarie si stavano al momento concentrando poggiate ad una colonna, con le loro carte schiacciate sulla fronte.
Le altre ragazze si stavano ancora riprendendo dagli effetti dell'incantesimo, aiutate da Takamichi, che era stato il primo a riprendersi.
Un ringhio le fece riportare l'attenzione su quello che supponeva essere Herbert von Shulter.
Sicuramente aveva visto giorni migliori: era ricoperto di piccole ferite, la pelle era annerita in più punti. Addirittura gli mancava un braccio.
Ma il fuoco che gli ardeva negli occhi era tutto un altro discorso.
Era uno sguardo di pura follia, miscelata con un odio profondo e una furia a stento contenuta.
Con uno scatto Herbert azzerò la distanza dall'androide, che non poté fare altro che guardarlo sorpresa.
Sull'avambraccio del conte si formò rapido un grosso sperone nero, che con egual velocità trafisse Chachamaru dove un normale umano avrebbe avuto il cuore.
Con una serie di scintille, il generatore principale della ragazza si spense, facendola accasciare inerme e priva di energia al suolo.
Senza voltarsi, il conte terminò la sua corsa, fino a trovarsi di fronte alle altre ragazze, terrorizzate.
Takamichi provò ad attaccare l'essere con un'incalzante serie di pugni, ma questi o li schivava o li parava senza accennare il minimo sforzo.
“Petáxte .” pronunciò secco il mostro, e sferrò un poderoso colpo in petto al professore, facendolo volare per diversi metri.
“Kai tó̱ra eímai dipsasménos ...” sogghignò osservando le sue nuove prede, incapaci di muoversi.
Giusto Nagase tentò di lanciare degli shuriken, ma questi rimbalzarono sulla pelle del vampiro, il cui ghigno si fece ancora più ampio e diabolico.
Quasi come avesse a disposizione tutto il tempo del mondo, inspirò profondamente, emettendo un verso di soddisfazione.
“Tha!” dichiarò, allungando una mano verso Ako.
Questa prese ad allontanarsi strisciando indietro, ma il braccio dell'essere fù più lesto.
Afferrandola per una spalla, le piantò gli artigli nella carne, facendola urlare di dolore, e la alzò da terra, portandosela di fronte al viso.
Ako tremava violentemente mentre a fatica inspirava le zaffate putrescienti di alito del mostro.
Un secondo dopo, sentì qualcosa perforarle il collo, e le forze iniziarono a venirle rapidamente meno.
Poi tutto si fece buio.
 
Chao era letteralmente paralizzata dal terrore. Mai le era capitato in vita sua di provare una paura così viscerale.
Quell'essere risvegliava in lei, con la sua sola presenza, un senso di pericolo che nemmeno un cannone puntatole al viso dal suo più acerrimo nemico le provocava. Non che le piacesse neppure quello, ma di certo lo avrebbe preferito, in quel momento.
E quella magia di prima l'aveva scossa troppo per permetterle di agire con prontezza.
Nulla poté quindi fare quando Herbert affondò i lunghi canini nel collo della sua amica, se non guardare impotente.
Si sentì malissimo nel non agire, stava provando in tutti i modi a convincere i suoi muscoli a muoversi, ma questi erano letteralmente bloccati.
“LASCIALA. SUBITO. ANDARE!” urlò con voce potente qualcuno alle spalle del conte.
Un forte bagliore illuminò il porticato, mentre Kotaro le si fermava affianco, risplendendo nella sua armatura.
Chao si sentì scaldare il cuore alla vista di quelle fiamme blu, che scacciavano quelle ombre opprimenti che l'avevano fino ad allora circondata.
“Kotaro?” si stupì ad alta voce vedendo il volto dall'elmo aperto.
“Dopo le spiegazioni. Ora venite con me. Qui la faccenda si sta per scaldare!” detto questo prese su di peso le ragazze e le allontanò dalla loggia.
 
All'udire la voce, Herbert si girò, lasciando cadere il corpo esanime di Ako.
Negi stava ansimando davanti alla chiesetta, usando l'ascia come appoggio per sostenersi.
Il conte si ripulì il sangue residuo sulle labbra con l'avambraccio “Eíste enochli̱tikó koutsoúvelo. Estremamente irritante.” disse passando all'inglese.
Con un vortice, le ombre che circondavano il vampiro si condensarono attorno al suo moncherino, andando a formare un nuovo arto, di colore completamente nero.
“Arketá . La finiremo qui. Ora.” riprese, con voce roca.
“Sì.” concordò il ragazzo “Ragazze... via di qui. Ora.” disse in un tono che non ammetteva repliche alle altre sue allieve alle sue spalle.
“Negi...” iniziò Asuna, preoccupata “Va bene!” si interruppe poi, annuendo.
Insieme a Setsuna recuperò i corpi delle loro compagne a terra e si allontanarono.
“Non fare stupidaggini!” sussurrò all'insegnante, quando gli passò affianco.
Lui le accennò un sorriso tirato.
“A noi!” disse poi risoluto, rivolto ad Herbert.
Come lo disse, questi scattò, pronto a piantare un artiglio nel ventre del ragazzo.
Negi rapidamente spostò la testa dell'ascia per utilizzarla a mo' di scudo, parando il colpo del vampiro, per poi sfruttare la leva generata per sferrargli un veloce colpo con l'asta direttamente sulle gambe.
Il conte incespicò in avanti, ma con una torsione del busto provò ad arrivare un pugno nella schiena del mago.
Questa volta il professore non riuscì a schivarlo, ma per fortuna la piastra dorsale assorbì la maggior parte dell'impatto, seppur accompagnandolo con rumori poco rassicuranti.
Il colpo lasciò Negi senza fiato, ma lui non poteva permettersi di star fermo.
Con agilità cambiò l'impugnatura dell'arma, poi facendosi perno sul piede destro compì mezza rotazione del busto tenendo tesa l'arma.
Il vampiro si accorse all'ultimo dell'attacco in arrivo, ma con uno scatto felino riuscì a cavarsela solo con un taglio sulla schiena.
I due presero distanza e si studiarono per alcuni attimi. Poi fu la volta di Negi di attaccare.
Tenendo la lama rasoterra caricò l'essere azzerando in un attimo le loro distanze.
Come fu di fronte all'avversario s'inchiodò ed alzò l'ascia in un potente montante, sfruttando l'inerzia della lama per aumentare la velocità del colpo.
Herbert, che aveva atteso il ragazzo pronto a colpirlo con un destro munito di uncino, si vide costretto ad indietreggiare per evitare il colpo.
“...Skoupíste makriá ta empódia brostá mou . katastrépsei af̱tó pou eímai antíthetos ! Skiá tou ekkremoús!” pronunciò rapido il conte, rimettendosi in guardia.
Una grossa colonna di fumo comparve dinanzi a lui, larga circa un metro e alta sino alle nubi. Con un semplice gesto del vampiro, essa iniziò a muoversi sempre più velocemente, distruggendo tutto ciò che incrociava il suo cammino.
Negi lo schivò semplicemente facendosi di lato, per poi fiondarsi addosso al conte, ancora concentrato a mantenere l'incanto. Come gli saltò addosso però, questi si dissolse in una nube di fumo verdastro.
Interdetto, il professore si osservò intorno alla ricerca del suo avversario.
Solo allora notò che la colonna si stava dirigendo a gran velocità verso di lui.
Questa volta fu decisamente più difficile da schivare.
Mentre Negi si toglieva dalla traiettoria dell'incantesimo, dall'interno d quest'ultimo si catapultò fuori il conte, mirando all'avversario.
Con uno shundo, il ragazzo si proiettò diversi metri avanti, facendo cadere Herbert a terra, senza nulla tra le grinfie.
 
“Ormai è al limite.” disse Eva, mentre osservava il combattimento dalla cima del muretto dove l'aveva depositata Kotaro.
“Devo andare ad aiutarlo!” si divincolò Asuna, trattenuta dalle forti braccia del suo amato Takamichi.
“Non essere sciocca, ragazzina! Anche la tua mente da primate arriva a capire che quell'essere è troppo forte per te.”.
“Ma...” incominciò a replicare.
“Saresti solo d'intralcio!” rimarcò duramente la piccola vampira “La cosa più utile che potresti fare al momento è disattivare il pactio, per risparmiargli energie.”.
La ragazza provò a liberarsi un'ultima volta, poi cedette con un sospiro alle parole di Evangeline e fece scomparire il suo equipaggiamento.
“Maledizione!” esclamò frustrata tirando un forte pugno al muretto, crepandolo.
“Uhhh... Eva... qui c'è un problema!” si sentì chiamare la piccola vampira da Konoka, accucciata poco più in la, sul corpo di Ako.
“Ecco... io ho provato con tutte le magie che conosco... ma non si sveglia!”.
Il tono della ragazza era decisamente preoccupato “E' pallida... e respira a malapena...”.
Eva gettò un'occhiata alla compagna stesa.
“Se la caverà, non ti preoccupare. Lasciala solo riposare.” non ebbe il coraggio di dirgli la verità, decisamente peggiore.
Forse perché neppure lei voleva riconoscere in qualcun altro la sua stessa sorte, forse perché in cuor suo provava una gran pena per quella giovane vita rovinata da quel folle vampiro.
Anche Setsuna, come le altre viaggiatrici temporali, parevano aver intuito la bugia.
Lo si poteva capire dai loro volti scuri, dalle loro espressioni via via più consapevoli.
“Io vado!” ringhiò Kotaro, fremendo d'ira “Questa non gliela perdono!”.
Le fiamme risplendettero con rinnovato vigore, mentre il ragazzo correva verso la mischia.
 
La fatica stava iniziando a farsi sentire. Negi stava arrancando sempre di più per mantenere la stessa velocità del vampiro, ed i suoi colpi erano sempre meno precisi e potenti.
Una scarica di magia lo rinvigorì improvvisamente: sentì che le ragazze avevano disattivato i pactio.
Con l'ascia deviò l'ennesimo colpo del conte.
Lui non sembrava per niente affaticato, anzi: la furia e la forza che metteva nei suoi attacchi faceva sempre più trasparire la loro differenza di livello.
Quando però un potente diretto di Herbert passò le sue difese, capì che era finita.
Chiuse gli occhi e si preparò all'impatto, che però non arrivò.
Come aprì le palpebre vide il pugno nero del conte bloccato a due mani da Kotaro, che stava facendo un'evidente sforzo per tenerlo fermo lì.
“Cosa stai aspettando? Ora Negi!” gli gridò l'amico.
“Sì!” ringraziando mentalmente il cielo e l'amico per l'occasione, con un rapidissimo movimento estrasse da sotto una piastra un foglietto con sopra disegnato un complesso pentacolo, e tramite una piccola lama di luce comparsa gli in mano, lo piantò nel pugno chiuso del vampiro, che emise un lungo e rabbioso verso d'agonia.
Con uno shundo, i due ragazzi si allontanarono, mentre Negi recitava:
“Raster Maskir Magister... Spiritus Temporis, invoco te! Commoda viribus ad punire qui offendisse! Privatelodierum, cassari eius voluntatem! Agnoscere cogitur eius spiritus ante! Damnaret temporis!”.
Un basso rombo risuonò per il cimitero.
Il conte si era bloccato, come intento ad ascoltare qualcosa.
Poi, un fulmine porpora squarciò l'aria, schiantandosi ai piedi della creatura.
Incurante, questa continuò nel suo far nulla.
Improvvisamente, spalancò gli occhi ed iniziò a toccarsi dappertutto lanciando un basso lamento, di sempre maggiore intensità, finché esso non sovrastò l'ululato del forte vento che si era alzato dal nulla.
A vista d'occhio, la pelle del conte iniziò a seccarsi e rattrappirsi, per poi sgretolarsi al solo tocco delle folate.
La sua figura s'ingobbì, le ossa, rimaste esposte, velocemente si polverizzarono.
Ma l'urlo continuò. Un grido di disperazione, dolore e odio. Un odio assoluto.
In pochi attimi tutto era finito. Di Herbert von Shulter, o qualunque fosse stato il vero nome di quell'antica creatura, non era rimasto nulla, se non la distruzione da lui causata.
Il petto del giovane mago fu come alleggerito da un gravoso fardello, rimpiazzato da una gratificante sensazione di pace. Ce l'aveva fatta.
Si sentiva stanchissimo e dolorante, le palpebre gli si erano fatte pesantissime. Aveva anche freddo, ma non gliene importava.
Sentì sciogliersi l'incantesimo dell'ordine, e le sue ginocchia, seguite dal resto del suo corpo toccarono pesantemente terra.
Qualcuno lo chiamò.
-Solo il tempo di riprendere fiato...- pensò di rispondergli, prima di chiudere gli occhi.

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Capitolo 17
*** Infine (?) ***


Capitolo 17 – Infine (?)
 
Bip.
Negi girò la testa, infastidito da quel suono acuto.
Bip.
“Mhm...” mugugnò stringendo gli occhi.
Un rumore di passi risuonò accanto a lui, poi quello di una porta.
Bip.
Di nuovo la porta sbatté, l'ambiente fu pervaso da un gran scalpiccio.
“Ma è davvero lui?” udì bisbigliare la voce di qualcuno di familiare.
“Ma sì che è lui! Come fate a non riconoscerlo?” rispose irritata un'altra voce.
“...”.
“E'-è lui!” confermò timidamente un'altra persona.
“Ma non avevi detto che si stava svegliando?” intervenne un'ulteriore tono.
Due piccoli pesi si accomodarono sulle gambe del professore.
Negi, pian piano schiuse gli occhi, assonnato.
“Uh? Ma che...” era circondato da una moltitudine di volti. Volti che da anni sognava di rivedere.
Sentì gli occhi bagnarsi di lacrime.
“Fuuka! Fumika! Scendete subito! Non vedete che gli fate male?” risuonò l'inconfondibile voce della capoclasse.
“Ragazze...” sussurrò Negi, poi si riscosse, tirandosi a sedere.
Si trovava in un ampio letto d'ospedale, attorno a lui era riunita praticamente tutta la terza A, salvo le sue compagne di Istanbul, che lo stava fissando dopo un sussulto di stupore.
Nodoka, poco più indietro rispetto alle altre, era diventata paonazza.
Il professore la guardò con aria interrogativa, poi notò Kotaro in un angolo, che gli gesticolò di abbassare lo sguardo.
Quando si era alzato, le coperte gli erano scivolate in vita, ma solo guardandosi si rese conto di non avere nulla a coprirgli la parte superiore del corpo, bendata dove il vampiro l'aveva trafitto.
Imbarazzato si tirò su il lenzuolo, ma lo sguardo delle ragazze rimase sul suo fianco destro.
“Negi...” disse Asuna pallida, da una poltroncina sotto la finestra “Come te la...”.
“E' una vecchia storia.” l'interruppe semplicemente lui.
“Ragazze!” disse poi rivolgendosi alle sue alunne “Che gioia rivedervi! Mi fa un immenso piacere che siate qui... qui... qui dove, a proposito? Che è successo?”.
Non fece in tempo a finire che fu travolto dall'affetto delle ragazze, anche se un po' troppo esternato per un normale convalescente. Con un coro di gioia, le ragazze gli saltarono addosso tutte insieme ad abbracciarlo, sotto lo sguardo allibito di Asuna e Nodoka, le uniche ancora al loro posto.
“Aiut...” stava cercando disperatamente di far capire alle due Negi con un braccio quando fu salvato da un bussare alla porta.
Erano il preside e Takamichi, seguiti dalle restanti ragazze. C'era pure Chachamaru, nel corpo di un'altra delle sue sorelle.
“huhuhu! Mi fa piacere sapere che siete così interessate alla salute del professor Springfield, ma temo ragazze, che questa non sia proprio la cura di cui il vostro insegnante ha bisogno! Mi sa inoltre che questa stanza è al momento leggermente sovraffollata, per gli standard di un ospedale...” disse arzillo l'anziano docente.
“Su, ora. Tornate al dormitorio! E tardi e comunque sia lo rivedrete presto a lezione!”.
Le ragazze sembrarono voler protestare, ma dopo qualche attimo decisero di lasciar perdere e dare ascolto al preside.
Come l'ultima fu uscita chiudendosi la porta alle spalle, nella stanza rimasero solo coloro che avevano partecipato allo scontro con Herbert. Anche Ako era presente, con la testa china e seminascosta dietro Takamichi.
“Signor preside!” Negi fece per scendere dal letto, ma venne fermato da un gesto di Konoemon.
“Comodo, professore. Comodo.” un'ampia poltrona comparve accanto a quella dove era seduta Asuna, per poi venire occupata dall'anziano mago.
“Innanzitutto: bentornato! Ha dormito decisamente un bel po': è stato a letto per ben tre giorni, professor Negi. E' stato trasportato qui al Mahora insieme alle sue compagne la notte stessa dello scontro, ricevuto il via libera dalle autorità turche. Devo dire di essere particolarmente soddisfatto di come lei abbia gestito la situazione nel passato. Oh, non stupitevi! Il signorino Kotaro e le vostre allieve mi hanno fornito un dettagliato resoconto delle vostre imprese e dei vostri viaggi. Vi hanno descritto in maniera eccellente!” cominciò il preside.
“G-grazie...” rispose stupito Negi.
“Allo stesso modo, devo complimentarmi per la brillante soluzione trovata per il ritorno al nostro tempo, questo sicuramente dimostra quanta esperienza ha accumulato nel suo tirocinio!”.
“No. Non è stata brillante.” lo interruppe il giovane mago “Avrei potuto arrivarci in molto meno tempo, se mi fossi ricordato subito che i luoghi sacri hanno periodi di attivazione limitati!”.
“Non si biasimi. Quella in cui si trovava non era affatto una situazione semplice. Comunque sia, il signorino Kotaro ha ribadito che per terminare il rapporto riguardante il passato, avremmo dovuto attendere il vostro risveglio.”.
Negi guardò l'amico, che annuì.
Con un sospiro, iniziò a raccontare:
“Come immagino Kotaro vi abbia detto, al terzo anno della nostra permanenza nel passato fummo attaccati dal conte, ripresosi dalla sconfitta a Castel Grigio e potenziatosi, ma fortunatamente non carico di magia come quattro giorni fa.
Ci colse di sorpresa: stavamo esplorando una serie di cripte in cerca di riferimenti sui viaggi temporali quando ci assaltò alle spalle. Lo scontro fu durissimo: Kotaro e William furono sopraffatti quasi subito, e io li seguii rapidamente. Mentre però per gli altri due si sentì soddisfatto nel metterli fuori gioco, io dovevo soffrire. Rappresentavo una sconfitta. Gliela ricordavo.
Così decise di umiliarmi come io avevo fatto con lui, infliggendomi questa ferita.”.
Detto ciò mostrò ciò che nascondeva sotto il lenzuolo: sul suo fianco vi era una grossa cicatrice, larga almeno due dita umane, dai bordi frastagliati, che si allungava restringendosi fin sulla schiena.
Le ragazze sbiancarono a quella vista, Nodoka e Ako distolsero lo sguardo con espressione afflitta.
Il professore riprese:
“Per mia fortuna poco distante vi era Marcus, che prontamente intervenne ed attaccò il conte, riuscendo a metterlo alle strette. Furente, questo fuggì dando alle fiamme le librerie che stavamo consultando. Si ripresentò qualche settimana dopo, ma quella volta eravamo preparati.
Fu una battaglia difficile, ma riuscimmo a sopraffarlo e a sigillarlo grazie ad un incantesimo di Holyway. Gli impose una maledizione il cui sigillo si sarebbe sciolto solo quando gli sarebbe stato donato del sangue.
Dopo il combattimento, Marcus ritenne opportuno iniziarci all'ordine della Lama Celeste. Successivamente...” Negi sembrò sul punto di aggiungere qualcosa, ma poi continuò scuotendo la testa ed arrossendo lievemente, ma nessuno ci fece troppo caso.
“Successivamente non successe nulla di particolare. Trovai una formula che pareva funzionante, la memorizzai in una marionetta che comprai al mercato e la regalai alla piccola Eva: sì, quella era Chachazero. Sigillai i ricordi della ragazzina e li rimpiazzai con memorie artificiali e sensazioni sgradevoli collegate alla città, in maniera che non venisse mai a cercarci. Poi assunsi pure io il siero. Il resto lo sapete.”.
Negi prese un profondo respiro, poi ricominciò prima che qualcuno potesse intervenire “Mi scuso inoltre per aver messo in pericolo le mie allieve a causa del mio sciocco ed egoistico desiderio di chiudere i conti con la creatura. Non ho parole per giustificare la mia mancanza di giudizio quando ho proposto l'alternativa alla reclusione.” disse scendendo dal letto ed inchinandosi profondamente “Punitemi come riterrete più opportuno.”.
“Si alzi professor Negi!” disse dopo qualche attimo Konoemon “E non dovete scusarvi con me, ma al massimo con le ragazze, anche se devo dire che nonostante le difficoltà incontrate non paiano rammaricate della loro scelta di seguirla.” continuò volgendo un sorriso verso Ako, che annuì debolmente.
Il professore alzò lo sguardo stupito.
“Ha capito bene. Lei non ha obbligato nessuno ad aiutarla anzi, ha rifiutato persino di coinvolgere esterni. Queste ragazze la stimano molto, e lei dovrebbe essere fiero di averle come alunne. La seguirebbero in capo al mondo se solo glielo chiedesse. Negi, lei ha dimostrato più volte di essere una persona affidabile, onesta e giudiziosa, anche se effettivamente tende a farsi trascinare più dal cuore che dalla mente. Ma nessuno la critica per questo, al contrario! Questo è ciò che dimostra la sua umanità.” gli sorrise il preside.
Il giovane si voltò verso le sue alunne, che sorridendo gli fecero sicuri cenni d'assenso.
“Tuttavia, ciò che ha detto è vero. Anche se non era sua intenzione ha esposto ad un gran pericolo queste giovani, e purtroppo non tutte ne sono uscite incolumi.” riprese serio l'anziano.
Il sorriso si congelò sul volto del professore, che si sentì stringere il petto in una terribile morsa.
“La nostra giovane Ako è purtroppo caduta vittima della sete di sangue del conte. Grazie al suo pronto intervento non ne è rimasta uccisa, però è stata maledetta come figlia della notte.” dicendo questo il preside fece un cenno a Takamichi, che gentilmente spinse l'alunna di fronte a Negi.
Questa pareva terribilmente a disagio e borbottava frasi sconnesse, senza sapere esattamente cosa dire. Non se la sentiva di accusare il professore della sua condizione, oltretutto dopo che l'aveva salvata ben due volte. Allo stesso modo voleva qualcuno su cui scaricare la propria disperazione: non voleva rimanere per sempre una ragazza di terza media, costretta a bere sangue per sopravvivere, senza avere nessuno che potesse aiutarla e senza poter condividere quel fardello.
“Questa è la sua punizione. Sapere che a causa di una sua scelta mal ponderata vi è rimasta vittima una persona a lei cara. Sarà compito suo trovare una scusa accettabile da riferire alla famiglia per la nuova condizione di loro figlia e lei stessa sarà sotto la sua diretta responsabilità finché non sarà in grado di provvedere a sé stessa e a proteggersi da sola dai pericoli magici ai quali è stata introdotta.” terminò Konoemon.
“Eh?” Ako fece un salto indietro, scuotendo le mani “Nonono! Non ce n'è assolutamente bisogno! Io... me la posso cavare...”.
Negi era silenzioso, i pugni stretti ed il viso abbassato.
“Certo.” rispose tirando su il capo.
Poi, all'improvviso, s'inginocchiò in stile cavalleresco ai piedi della ragazza, con un pugno a terra e uno sul cuore.
“Imploro umilmente il vostro perdono, madamigella Izumi, per la mia inadempienza in quanto tutore e quindi protettore. Se vorrete negarmelo, nessuno avrà nulla da biasimarvi.” recitò serio, con gli occhi bassi “Credimi, Ako. Farò tutto ciò che è in mio potere per porre rimedio.” sussurrò.
Tutti erano rimasti a bocca aperta alla reazione di Negi, compresa la stessa Izumi, che più rossa di un pomodoro annuì incerta.
“Aspetta moccioso! Tu non puoi proprio far nulla? In fondo hai distrutto Herbert...” lo chiamò Evangeline, che fino ad allora era rimasta muta.
“No.” rispose il professore, frustrato, senza muovere un muscolo “Sono desolato. Posso al massimo provare con la maledizione che ho imposto al conte, ma rischio solo di aggravare la situazione.”.
“Perché? Cosa fa quell'incanto?” chiese riflettendo Eva.
“Ristabilisce il processo d'invecchiamento nel bersaglio, facendogli assumere la sua vera età. Praticamente annulla l'immortalità, e con poche modifiche può anche accelerare lo stesso processo d'invecchiamento. Per questo non posso usarlo per annullare la vostra maledizione, Master. Il problema con Ako è simile: essendo lei una viaggiatrice temporale, è effettivamente esistita su più epoche distinte. Ciò rende imprevedibili gli effetti dell'incantesimo, in quanto ristabilirebbero la vera età, nonostante lo stesso incanto le rimuova pure la maledizione.” rispose il mago prontamente.
“La prego professore...” lo incitò Ako, imbarazzata “Si rialzi...”.
“Bene ragazzi, vi lascio riposare. Ho disturbato anche troppo.” disse allora il preside, uscendo con un mesto sorriso insieme a Takamichi “Ci vediamo tra qualche giorno!”.
Mentre si rialzava, Negi chiese stupito “Aspettate... ma cosa avete detto alla classe per farle accettare il mio aspetto e quello di Kotaro?”.
“Ecco...” rispose Chao, ridacchiando “Quando hanno saputo che siete effettivamente invecchiati a causa del malfunzionamento di una mia invenzione, che per inciso è pure la verità, nessuno ha messo in dubbio nulla, ne!”.
“A volte sono così... Bha! Non esiste un termine adatto!” esclamò irritata Chisame.
“Comunque sia, vieni Negi. Bentornato a casa!” dichiarò Asuna, consegnandogli il suo completo.
 
* * *
 
“Spero che in cinque anni ti sia passato quel viziaccio di intrufolarti nei letti altrui!” esclamò Asuna seria, mentre apriva la porta dell'appartamento.
“Ehrm... Certo!” rispose Negi “Eheh... è vero che mi capitava, quando ero qui!”.
“Ti capitava?! Ma se era tutte le notti!” rispose secca l'altra aprendo l'uscio.
“Scusa... ma perché è dall'ospedale che ci segui, Ako? Hai bisogno di qualcosa?” chiese incuriosita Konoka, lì con loro, rivolta alla silenziosa ragazza dai capelli grigi dietro di loro.
“Ecco... il preside mi ha detto che non posso più stare in stanza con le mie amiche a causa della mia s-se-sete... sai... rischio di morderle nel sonno, dato che da sveglia mi rifiuto di bere s-sangue...” rispose con espressione triste “B-buffo vero? Un vampiro che ha paura del sangue...” grosse lacrime le comparvero negli occhi.
I tre coinquilini si guardarono un momento negli occhi, poi circondarono la ragazza per consolarla.
“E quindi? Dove andrai ora?” chiese Asuna.
“I-il professor Takahata mi ha detto di trasferirmi da lei professore, dato che potete aiutarmi in caso di problemi, e che non rappresento una minaccia per voi...”.
“COSA?” fu il grido stupito della spadaccina che riecheggiò nei corridoi.
Effettivamente, dentro la stanza era presente un letto aggiuntivo, subito dietro il divanetto, con sopra due grosse valigie.
“Prometto che non darò fastidio!” s'inchinò Ako davanti alle sue nuove coinquiline.
 
 
FINE

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