DREAMERS BALL - il mondo dei sogni

di SweetLady98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Introduzione ***
Capitolo 2: *** Dear Friends, Goodbye... ***
Capitolo 3: *** Seaside Rendez-vous ***
Capitolo 4: *** Il pianeta dai tramonti verdi ***
Capitolo 5: *** A Kind of Magic - Una specie di magia ***
Capitolo 6: *** Say It's Not True - Dì che non è vero ***
Capitolo 7: *** Flash ***
Capitolo 8: *** Lost Opportunity - Occasione perduta ***
Capitolo 9: *** Torchwood ***
Capitolo 10: *** Under pressure ***
Capitolo 11: *** Avviso ***



Capitolo 1
*** Introduzione ***


                                                                              

                                                                                   DREAMERS BALL - Il mondo dei sogni

 
Di  SweetLady98
 
 
INTRODUZIONE
Questa è una storia alternativa, come ho scritto prima.
Il Dottore e Rose si conoscono come tutti sappiamo ( Run! ) ma a differenza della puntata lui è già Ten, e non torna a chiederle se vuole viaggiare con lui. Ma Rose, incuriosita da questo sconosciuto con un lungo cappotto e uno strano nome che le ha salvato la vita, lo cerca disperatamente.
Il Dottore torna a Londra per sbrigare qualche sua faccenda, Rose riesce finalmente a beccarlo, ma quando gli è vicino, lui scompare. ( mannaggia ).
 
Il Dottore cerca fino all’ultimo di tenere nascosti i suoi segreti, mentre Rose è intenzionata a svelarli. Ma alla fine lui deve rivelarle tutto quando viene risucchiata dalla fessura del Tempo aperta per sbaglio a Cardiff e viene catapultata a... Bé, non ve lo dico, questa potrebbe essere un’altra storia!
 
Comunque, Rose capisce subito che c’è Il Dottore dietro quello strano avvenimento, gli chiede spiegazioni e lui è costretto a dargliele.
Viaggiano insieme per un po’ ( se mi viene in mente qualche nuova avventura la scriverò ) ma un giorno tocca a Rose dover salvare il Dottore, che è in pericolo, con l’aiuto del mio ( amatissimo ) Jack.
( anche Jack ha una storia diversa, l’ho fatta a modo mio, in assenza di Bad Wolf )
 
Alla fine, jack sembra morto perché si è beccato due pallottole nel cuore per proteggere Rose; e a lei - mentre abbraccia il dottore, libero – sparano un colpo alla schiena.
Il Dottore riesce a salvare la ragazza per un soffio, riversando in lei un pezzo della sua vita eterna ( un qualcosa che solo i Signori del Tempo possono fare ) rimettendoci una rigenerazione.
Rose dorme per una settimana, si sveglia e scopre che è immortale .  Il Dottore le spiega tutto.
Il mio racconto inizia dopo che sono passati 3 giorni dalla trasformazione di Rose.
Buona lettura.
 
 

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Capitolo 2
*** Dear Friends, Goodbye... ***


 1° capitolo:    Dear Friends, Goodbye...
 
 
<< Dottore... >>
Il Dottore si girò, e vide Rose. Sorrise quando notò che era vestita con quella camicia da notte blu scuro, la stessa di quella sera a Cardiff. La sera in cui lei scoprì chi era veramente quello sconosciuto un po’ pazzo con un lungo cappotto e uno strano nome che le aveva salvato la vita.
Aveva detto che non l’avrebbe mai cambiata.
<< Pensavo che, diventata immortale, avrei dormito meno, ma non è così. E’ già pomeriggio! Invece di migliorare, perdo colpi >>
Appena detto quello, Rose scorse un’ombra passare negli occhi del Dottore. Per quanto lui fosse felice di sapere che l’avrebbe avuta sempre accanto,( come aveva sognato tante volte da quando l’aveva conosciuta, ma non l’avrebbe mai ammesso ) non si sarebbe mai perdonato di averla resa immortale, di averla condannata una vita eterna come la sua.
Non l’avrebbe augurata a nessuno, la sua. Solo il Dottore sapeva come poteva essere pesante l’eternità...
Ogni volta che Rose accennava a quell’argomento, tranquillamente, lui chinava il capo o guardava dall’altra parte. Lo fece anche quella volta.
Lei questo non lo sopportava. “ Avresti preferito fossi morta, Dottore? ”gli chiedeva sempre.
 Rose non capiva! Come avrebbe potuto spiegarle lui che proprio perché non avrebbe sopportato di restare senza lei che l’aveva strappata alla vita umana? Il gesto più egoista che avesse mai fatto. Aveva distrutto tutto quello che Rose amava solo per averla tutta per lui.
Si disprezzava, si odiava dal profondo. Ma continuava a dirsi che sarebbe stato peggio se l’avesse lasciata morire lì, sotto i suoi occhi, con una pallottola nella schiena.
“Se una persona ti ama non ti lascia andare, non importa quanto sia dura la situazione”
Jack, in quel delicato momento che è la trasformazione, era molto più lucido e lo stava fermando. Forse avrebbe lasciato morire la ragazza, non perché non le volesse bene, ma proprio perché gliene voleva. Jack sapeva, conosceva il dolore dell’eternità.
“ Pensaci, Dottore! Pensa a quanto ho sofferto io... Vuoi lo stesso per lei? Ma la ami davvero?”
Ma il Dottore non aveva tempo e non voleva pensare.
Quella fu la prima volta che mandò a quel paese il suo miglior amico.
Un altro immortale. Un altro sbaglio. Un altro punto fisso nel tempo.
Ogni volta che il Dottore guardava il suo viso, si specchiava in quegli occhi celesti, rivedeva la coraggiosa ragazza dai capelli d’oro con un mantello sporco di sangue, pronta a sacrificarsi per lui, per il Dottore, per l’uomo che aveva detto di amare un attimo prima.
<< Oggi dobbiamo andare a vedere un po’ di foto... Voglio togliermi questo pensiero >> disse Rose. La trasformazione da mortale e immortale e la mole di informazioni ricevute dalla mente del Dottore e un po’ della sua essenza, avevano polverizzato la maggior parte dei ricordi di Rose, i più lontani.
E ora doveva recuperarli. Come? Sfogliando qualche album di foto insieme a sua madre.
Jackie non sapeva  nulla, non sapeva cos’era diventata la figlia e quel giorno gliel’avrebbero dovuto dire. Il giorno che voleva non arrivasse mai, per il Dottore, che non sopportava la madre della sua compagna di viaggio.
Rose vide che il Dottore non le rispondeva, si avvicinò e lo abbracciò da dietro, poggiando la guancia sulla sua schiena.
Lui non si mosse, rimase immobile come una statua, non rispose al contatto, come ormai accadeva da giorni. Allora la ragazza ci rinunciò, e si accucciò sotto la tastiera del Tardis, dove il Dottore stava lavorando con qualche cosa oscura, tra frasi e algoritmi che Rose non era mai riuscita a comprendere. E dubitava ci sarebbe mai riuscita.
Perché già non capiva il Dottore.
Era diventato intrattabile da quando era successo tutto, non si riusciva a imbastire neanche una piccola conversazione con lui. Questo faceva disperare Rose, che non sapeva più che cosa fare.
Il più delle volte le diceva di lasciarlo in pace e di andare a fare un giro, e poi tornava ai suoi codici.
Non lo riconosceva più.
Ogni volta che la cacciava, lei usciva piangendo più per il non poter aiutarlo in qualche modo che per altro. Ogni volta che cercava un contatto, si scostava o si irrigidiva, tanto che neanche un carro armato sarebbe riuscito a spostarlo.
Rose gli posava una mano sulla spalla e lui se la scrollava di dosso; se provava a girarlo per guardarlo in faccia, lui si allontanava, irritato.
Tutto quello feriva enormemente Rose. Forse il Dottore non se ne accorgeva, non si accorgeva quanto lei soffriva per quella freddezza, quella lontananza anche se erano a pochi centimetri, per quel silenzio che le spaccava i timpani, interrotto ogni tanto dal tic-tic di tasti.
L’ultima conversazione decente che Rose ricordava di aver avuto col Dottore era quella di quando lui le spiegò cosa aveva fatto e che era diventata immortale. Poi basta. Ed erano passati 3 giorni.
Perché l’aveva trasformata se non le voleva più parlare? Non l’aveva fatto per averla sempre con sé? E perché ora la trattava in quel modo?
Voleva che il Dottore la stringesse, le dicesse che andava tutto bene, voleva posare la testa sul suo petto che profumava di gelsomino.
Avrebbe preferito essere morta, morta, invece che essere trattata così dall’uomo che amava.
Ora che avevano la possibilità di vivere insieme per l’eternità, lui non ne voleva sapere. Rose aveva cercato di non piangere davanti a lui, di non mostrarsi sofferente per il suo atteggiamento, perché era proprio ciò che lui voleva, aveva bisogno di qualcosa per incolparsi, per punirsi e odiarsi. Cos’era meglio delle lacrime della sua ragazza per quello scopo?
Ma quella volta Rose non ce la fece, combatté contro le lacrime per un po’, ma erano più forti di lei e fecero irruzione sul suo volto. Avrebbe fatto soffrire il Dottore ancora di più, piangendo, si sarebbe odiato perché sapeva che era lui la causa del dolore della ragazza.
I suoi singhiozzi rimbombavano nella stanza illuminata di arancione e blu, le sue lacrime inzuppavano le maniche lunghe della camicia da notte.
Il Dottore non si avvicinò, non la abbracciò, né si sedette accanto a lei, ma Rose sentiva il suo sguardo addosso. Se aveva intenzione di continuare a trattarla in quel modo, lei sarebbe rimasta a Cardiff con Jack.
Jack si era sempre preso cura di lei, le aveva fatto capire che c’era sempre in qualsiasi momento, che poteva sempre contare su di lui. Viaggiare con un Dottore come quello? Mai.
Lei rivoleva il suo Dottore, quello che la alzava da terra quando la abbracciava, che le mostrava le meraviglie dell’universo stringendole la mano e ridendo del suo stupore.
Quando i singhiozzi divennero ancora più forti, il Dottore mosse un passo verso di lei e le posò una mano sulla testa.
Ma lei si alzò, come punta da una vespa, strofinandosi le guance. Finalmente lo guardò negli occhi velati da qualcosa, qualcosa che assomigliava al dolore. Sembrava si consumassero poco a poco, come candele.
In quel momento lui le apparì un estraneo, non trovò più un motivo per restare lì e per la prima volta  se ne andò di sua iniziativa, sbattendo la porta.
Restò qualche minuto come una stupida, davanti a una cabina blu, sperando con tutta se stessa di vedere il Dottore che usciva, la abbracciava e le diceva di non andarsene, che andava tutto bene.
Ma non accadde nulla di tutto quello.
Con il volto rigato dalle lacrime, si diresse verso il Torchwood, armata da una nuova forza che le bruciava in gola, cominciando poi a correre per non farsi vedere troppo dalla gente, dato che era in camicia da notte ( anche se piuttosto lunga ) in pieno pomeriggio.
 
Bussò e le aprì Linda, la quale rimase di sasso vedendola in quello stato, ma ebbe il buon senso di non fare domande. Non la salutò neanche.
<< Capo >> chiamò con voce flebile, non togliendole gli occhi di dosso, che erano diventati grandi come due meloni per lo stupore.
<< Si? >> rispose Jack tranquillo, che era alla sua scrivania con le sue carte e non si aspettava nulla.
<< Credo che...>> non finì neanche la frase, perché Rose entrò di forza. Camminò veloce verso l’origine della voce.
Appena Jack la vide in quello stato davanti a lui, noncurante dei fogli che fece volare aggrappandosi al tavolo, corse da lei e la abbracciò.
Rose ricominciò a singhiozzare sulla sua camicia, forse anche per il sollievo di sentire un calore, una presenza amica. Il rumore attirò anche Jasmine e Hans, che si trovavano lì vicino.
<< Calma, calma dolcezza. Cos’hai? >> le sussurrò dolcemente, asciugandole poi le lacrime con le dita.
<<  Jack, Jack >> disse lei con voce soffocata, perché aveva riposato la testa sul suo petto.
Le sembrò di risentire le parole del Dottore “ Tu e Jack siete così uguali, così complementari. E’ più simile a te di quanto credi “.
A Jack era successa una cosa molto simile a quella di Rose.
Lavorava per l’Agenzia del Tempo del 51° secolo, quando lui e la sua squadra vennero chiamati con urgenza a distruggere dei BlackBlood ( mostri alati e scheletrici di colore nero ) che erano comparsi per una deviazione del passato. Un collega aveva interferito con il tempo.
“ I protettori del tempo “ li chiamava il Dottore. Aggressivi solo se minacciati. Avevano solo il compito di riportare il tempo sulla strada giusta, niente più.
Ma la poca esperienza fece la sua parte. La squadra di Jack provò a sparare e i BB si scatenarono, uccidendo tutti tranne il collega di Jack ( che nel futuro doveva restare vivo ). Jack riuscì a nascondersi ma il mostro lo trovò e gli fece un graffio profondissimo sul petto.
Non gli restava molto da vivere, quando sentì uno strano suono, una specie di una sirena e vide avvinarsi un’ombra che ogni tanto si accucciava vicino ai corpi.
Jack cercava di vedere meglio e si accorse che era una persona, un uomo con un lungo mantello, che lo guardava rapito, quasi a bocca aperta.
“ Appena incontrai gli occhi sofferenti di quell’uomo, appena vidi la sua mano tesa alla ricerca di un disperato aiuto, ebbi la visione del mio futuro, una cosa che mi era successa una volta sola nella mia vita. Mi vidi con lui al fianco. Capii che dovevo salvarlo, perché sarebbe stato la persona più importante, l’amico più fedele che avessi mai avuto “ questo disse il Dottore quando raccontò a Rose la storia del suo amico.
Allora il Dottore lo salvò, per rispettare il suo futuro e anche perché c’era qualcosa, qualcosa di strano, in quel giovane. Donò un pezzo della sua immortalità a Jack, una parte di sé. Il potere della mente di un Signore del Tempo era così forte che, pena una rigenerazione, poteva rimettere in vita una persona tramite un contatto, rendendolo però immortale.
Ma non si dovevano creare punti fissi nel tempo, il Dottore lo sapeva, era uno sbaglio, ma non era riuscito a fermarsi.
Jack aveva sofferto molto: a causa della sua trasformazione aveva perso tutti i suoi ricordi. Non sapeva neppure il suo nome. Quelli furono tempi duri, molto duri per il Dottore che aiutò Jack in tutti i modi, facendolo parlare con gli amici, mostrandogli foto e luoghi importanti per lui, sperando che qualche ricordo riaffiorasse nella sua mente. Ma qualche flashback lo avrebbe avuto tempo dopo.
Comunque, Jack iniziò una nuova vita. Non sapendo che fare, seguì il Dottore nei suoi viaggi diventando quasi più bravo di lui, ma ad un certo punto, stanco di vagabondare, scelse di rimanere nel 21° secolo e lavorare per il Torchwood di Cardiff, diventandone il capo dopo poco tempo.
Il legame tra Jack e il Dottore non riusciva a capirlo neanche Rose. Lei sapeva che il Dottore adorava Jack, lo sentiva come un figlio. Ma a volte le sembrava che un po’ lo invidiasse, che invidiasse quel bel volto giovane, così per l’eternità,  non segnato dai dolori come il suo; l’affascinate modo di fare di Jack e le sue maniere da vero gentleman. O forse i suoi sorrisi che tante volte avevano abbagliato e catturato anche Rose.
Jack, dall’altra parte, trattava il Dottore come se fosse una specie di fratello maggiore, a volte lo rimproverava ( ma sempre con affetto) o gli dava consigli, gli diceva di prendere la vita un po’ più alla leggera. “ anche il Dottore ha bisogno di una guida, di qualcuno che lo raddrizzi un po’ ” diceva Jack, con un sorriso per quel “ raddrizzi ”
<< Dimmi, Rose... Dai, non piangere e spiegami tutto >> Jack sciolse l’abbraccio, avvicinò una sedia alla sua e fece sedere la ragazza, sotto gli occhi di una preoccupata Linda, che cercava di capire il  motivo del pianto dell’amica.
Rose cominciò a raccontare, di com’era diverso il Dottore e che non ce la faceva più a vederlo così.
<< Non mi parla... Mi dice di lasciarlo in pace e mi caccia. Non so più che fare con lui, Jack >>
Lui le prese una mano e la strinse nelle sue, sistemandole una ciocca di capelli dietro l’orecchio, nel tentativo di calmarla.
<< Ascoltami. E’ successo anche con me. Ha bisogno di tempo di riprendersi. Lui vede le cose come sono, come dovrebbero essere e non essere e come saranno: tu sei uno sbaglio e gli riesce difficile anche guardarti. Bah. Non chiedermi come funziona l’assurda mente di un Signore del Tempo. Ma passerà >>
 Jack riusciva sempre a consolarla, a tranquillizzarla, qualsiasi cosa fosse successa.
Rose abbozzò finalmente un sorriso.
<< Sì, ma quando? >>
Il suo amico scrollò le spalle, vagando con lo sguardo sul pavimento.
<< Sono venuta qui proprio perché tu sei l’unico che mi può capire >> continuò Rose. Solo Jack aveva già passato quel periodo e solo lui poteva aiutarla.
<< Vieni qui >> allargò le braccia e strinse a sé la ragazza, accarezzandole il braccio, e sospirò.
<< Ci parlo io, ok? Ora vai a cambiarti... Credo ci sia qualcosa nell’armadio della terza stanza>>
Rose arrossì, ricordandosi che era vestita solo di una camicia da notte, e si alzò, sollevata.
<< Tutto bene, ragazzi? >> chiese Jasmine porgendo un fazzoletto a Rose con un debole sorriso.
<< Certo >> Jack chinò il capo, e assunse il tono di un capo che dirige una grande azienda << Potresti chiamarmi il Dottore, per favore? Fallo venire qui >> e prima che la sua aiutante si girasse << E niente scuse. Qui comando io e io lo voglio qui, ora >> sottolineò con voce grossa, risedendosi alla scrivania.
<< Certo capitano. Agli ordini, capitano. >> Jasmine cercò di nascondere una risatina, mentre si avvicinava ai computer. Ma Jack era troppo occupato per accorgersi che lo stava prendendo in giro.
Nel buio del lungo corridoio, Rose sorrise. Poteva sempre contare sul suo amico.
 
Si cambiò velocemente ( una maglietta e un pantalone chissà come dimenticati lì ) e tornò nella sala principale, nascondendosi dietro i computer.
<<  Rose è qui? >> disse una voce che la ragazza riconobbe come quella del Dottore.
<< Si, è qui. Dove, se no? Che ti è saltato in mente? >> (PS: adoro quando Jack sgrida il Dottore)
<< Dovresti chiederlo a lei, cosa le è saltato in mente di andarsene in quel modo. >> ribattè il Dottore, come se pensasse di non aver fatto nulla di male.
Jack spostò due sedie mettendole vicine.
<< E perché l’avrebbe fatto? Dimmelo! >>
Seguii un silenzio imbarazzato del Dottore. Rose avrebbe voluto vedere la sua faccia. Pensò si sarebbe arrabbiato e avrebbe detto che non era colpa sua, di nulla. Invece no, continuò Jack.
<< Perché la stai trattando malissimo. Se devi continuare così...Bè, è meglio che rimanga con me>>
<< Lo sai che non voglio >> disse il Dottore e poi, abbassando la voce ( anche se Rose lo sentii ugualmente ) << E lo sai  che non sopporterei di averla lontana >>
<< Allora non farla soffrire. Forse non te ne sei accorto, ma è in uno stato pietoso >> disse Jack in tono di rimprovero. – Io l’ho vista piangere solo due volte e tutte e due erano a causa tua. Certo, la prima non era colpa tua –
<< Perché pianse?>> il Dottore era curioso, Rose non gli aveva raccontato nulla del periodo che aveva passato con Jack. Quando capitava l’argomento, lei e il capitano si lanciavano sguardi strani e diventavano d’un tratto silenziosi, come se si fossero messi d’accordo.
<< Non ne ho idea. L’ho vista in lacrime sul piatto, una volta a cena >>
Rose non vide l’espressione del Dottore ma poteva scommettere che aveva alzato gli occhi al cielo. Lo conosceva troppo bene.
<< Sei sicuro che non fosse a causa dei tuoi orribili esperimenti in cucina? >> rise.
<< Non scherzo, Dottore >> lui smise di ridere.
Rose ricordava bene il pianto di quel giorno, non era nulla di tanto importante: si era solo lasciata prendere dalla malinconia, e pensava al Dottore così lontano da lei.
Scivolò a terra, circondandosi le gambe con le braccia. Hans si avvicinò preoccupato, chiedendole ripetutamente se stava bene, ma lei non gli rispondeva per non perdersi neanche una parola del discorso.
<< E’ un errore lo sai, la trasformazione è uno sbaglio. >>disse il Dottore, come se questo lo scusasse.
<< Dottore... >>Jack sospirò << Mi prometti che d’ora in poi non la farai più soffrire? >>
<< Jack, tu lo sai che sei il mio miglior amico?>>
<< Certo >>
<< E che sei stato fantastico come compagno di viaggio? >>
<< Sono contento di sentirtelo dire per una volta >> disse Jack acido.
<< Non ho rimorsi sull’averti salvato. L’unica volta in cui non li ho avuti. >>
<< L’unica volta? Ma... Dottore, e Rose? Non sei sicuro di aver fatto la cosa giusta salvandola? >> jack non si aspettava una frase del genere. Il Dottore aveva fatto di tutto pur di non far morire la ragazza, l’aveva pure mandato a quel paese ( cosa che non era mai successa ) quando aveva cercato di farlo ragionare.
<< E’ un caso a parte. La vita che ora avrà non è quella che avevo sognato per lei.>> si sentiva il malcontento nella voce tormentata del Dottore << Ma comunque era già tutto scritto -
<< Mi avevi detto che quello era un futuro alternativo, non quello vero >> Rose uscì allo scoperto, e lo abbracciò sedendosi sulle sue ginocchia. Chiuse gli occhi, inspirando il suo profumo di gelsomino che tanto le era mancato.
Il Dottore non sembrò molto sorpreso dal suo abbraccio, e non poté far altro che stringerla ancora di più, con il cuore che sembrò più leggero del solito.
Quanto avrebbe voluto Rose che l’avesse fatto prima! Posò l’orecchio sul suo petto e sentì i battiti dei suoi due cuori in perfetta sincronia, il suono che più amava, grazie al quale capiva che il mondo – sì, tutto il mondo – continuava a girare.
 
<<  Bè, sai... A me piacciono molto le cose alternative! >> scherzò il Dottore, passando le dita nei capelli di Rose. Pensò a come quella piccola ragazza si era fatta strada nel suo cuore, scavalcando ogni ostacolo. Era già successo un’altra volta in un altro corpo e in un’altra vita e dopo quell’esperienza il Dottore decise che non si sarebbe più avvicinato così tanto a qualcuno, che non avrebbe dato campo libero ai sentimenti.
Ma come faceva, come faceva a resistere a lei, che era finalmente ciò che aveva sempre voluto?
<< Mi dispiace, Rose... E’ stato molto difficile per me... Lo sai, ti ho raccontato tutto, la questione degli sbagli. Sei un punto fisso nel tempo, che non dovrebbe mai esistere ( Jack basta e avanza )  e questo un Signore del Tempo, che ha la visione totale dello spazio e del tempo, non lo può accettare... >> sperò con tutto se stesso che lei lo perdonasse. Rose gli sfiorò la guancia con le labbra, facendolo tacere, non riuscendo a essere in collera con lui più di qualche ora.
Lo aveva perdonato.
<< Sei davvero davvero sicura di voler partire, Rose? >> chiese jack.
Il Dottore fece una smorfia, intrecciando le sue dita con quelle della ragazza, che sobbalzò al suo tocco gelato.
<< Lei viene con me >> disse con aria di sfida per poi aprirsi in un sorriso.
<< Sicuro che voglia? E poi la prima cosa che ha detto quando si è svegliata, dopo la trasformazione, è stata il mio nome. >> A Jack piaceva moltissimo competere con il Dottore, sfidarlo anche per una piccola cosa, ma si vedeva che non faceva sul serio e che voleva solo punzecchiare un po’ il suo miglior amico.
Anche se era non era sul serio, il Dottore si rabbuiò e il sorriso scomparve dal suo volto. Non era stato molto contento quando la ragazza che gli piaceva aveva pensato prima al suo amico che a lui.
Rose fece la linguaccia a Jack con un sorriso di scuse subito dopo al Dottore ( non era molto lucida dopo la trasformazione ) che lui ricambiò, suo malgrado.
<< Perché pensavo fossi morto! >> rise lei.
Il Dottore osservava i due con divertimento e anche con un po’ di invidia.
Sapeva che il legame tra Rose e Jack, le persone che amava più al mondo, gli sbagli più belli che avesse mai fatto, era molto forte e sapeva che il distacco della ragazza dal suo amico sarebbe stato molto doloroso.
Jack era perfetto per lei. Sapeva come trattarla, non le avrebbe fatto mancare nulla e non era pieno di stranezze come lui.  Il Dottore sapeva che nemmeno Rose resisteva al suo charme e ai suoi sorrisi.
Ma quando Rose tornò a guardarlo con una strana luce negli occhi e rafforzò la stretta di mano, il Dottore capì che che la sua scelta sarebbe sempre e comunque ricaduta su di lui.
<< Noi dobbiamo andare a vedere le foto, vero Dottore? >>Rose scosse il Dottore per la manica. Prima dicevano tutto a Jackie, meglio era.
Il Dottore alzò gli occhi al cielo.
<< Lo so quanto non sopporti mia madre, ma è necessario. A dopo, Jack >> Rose fece alzare il Dottore e lo tirò verso la porta, dato che lui non si muoveva.
Lui sbuffò dietro di lei. Temeva più di ogni altra cosa la reazione della madre della ragazza, che già non era stata contenta quando lui l’aveva presa per viaggiare, ma non aveva potuto fare nulla perché Rose era rimasta fermissima sula sua decisione di partire.
Ma anche quella volta non avrebbe potuto fare molto.
A Rose non importava così tanto di quelle foto ( anche se servivano perché aveva pochissimi ricordi, e solo i più recenti ), più che altro era un pretesto per vedere sua madre... e dirle che era immortale, dirle addio. Tutto quello che non le avrebbe mai voluto dire, e che lei non avrebbe mai voluto sentire.
Già.
 
Rose sorrise, quanto permetteva la sua agitazione, mentre apriva la porta cigolante della vecchia macchina del tempo del Dottore. Lui le fece una veloce carezza sulla guancia per calmarla.
Jackie stritolò sua figlia in un abbraccio e le stampò un bacio sulla fronte. Forse pensava di trovarla da sola perché guardò stupita il Dottore, salutandolo con un cenno del capo.
<< Finalmente! E’ da tanto che non ci vediamo... Vi siete ricordati di fare un salto >> Il Dottore alzò gli occhi al cielo. Erano solo tre giorni! Ma Jackie sapeva che la colpa era sua ( a cui non faceva molto piacere andarla a trovare, era costretto ) perché Rose sarebbe passata ogni giorno dalla madre per non farla sentire sola.
<< L’idea non è stata...>> cominciò il Dottore. Rose gli diede una gomitata nelle costole prima che lui potesse finire la frase.
<< Mamma... Possiamo andare in salone? Devo... eh, dobbiamo dirti una cosa >>
Rose provò a tranquillizzare sua madre con un sorriso, che era visibilmente preoccupata. Il Dottore aspettò che Jackie andasse avanti e prese il viso della ragazza tra le mani.
<< Le parlerò io. Tu devi solo vedere le foto. >> le sussurrò fiero di sé. Era segno di grande coraggio proporsi per spiegare tutto alla madre di Rose. Era l’equivalente di combattere da solo contro due guardie mentre si sta scappando da galera, per permettere al proprio amico di mettersi in salvo.
Questioni di vita o di morte. Il Dottore avrebbe preferito trovarsi in una stanza chiusa a chiave con 100 daleks.
<<  No, Dottore, tu non sai come trattarla...>> Rose provò a farlo ragionare. Sarebbe stato peggio se avesse parlato il Dottore, contando l’ antipatia per lui che provava sua madre.
Ma lui le posò un dito sulle labbra.
<< Fammelo fare... E’ stato tutto a causa mia... E comunque, ho affrontato cose peggiori >>
Rose alzò un sopracciglio, non molto convinta. Il Dottore aveva molto più paura di quanta non ne mostrasse.
<< Va bene, va bene >> sbuffò e chinò la testa, lei l’aveva smascherato << Forse sarà la peggiore, ma che importa? Lo sai che adoro il pericolo >> Rose strabuzzò gli occhi, lo sapeva fin troppo bene. Lui le fece un sorrisetto, quella che la metteva sempre di buon umore e che annunciava l’inizio di una nuova avventura.
 
Si sedettero sulle sedie del tavolo da pranzo.
<< Rose, perché non vai a... preparare il tè? >> le chiese il Dottore, subito. Lei gli lanciò un’ occhiataccia, doveva restare lì, la sua presenza era rassicurante per Jackie.
Ma allo sguardo di fuoco del Dottore dovette cedere.
Rose sperò di non aver fatto una sciocchezza a lasciare al Dottore il compito di dire cose molto delicate. Incrociò le dita mentre apriva le bustine del tè.
Il Dottore raccontò tutto, dallo sparo alla ragazza fino alla sua trasformazione da mortale a immortale.
Naturalmente, per spiegare quell’ultimo fatto, dovette spiegare che era un Signore del Tempo e veniva da Gallifrey. Ma non l’età. Questo sorprese Rose.
Alla fine ci fu un silenzio tombale. Forse Jackie era svenuta. “ Ma no” pensò Rose “ è più forte di quanto sembra “
Andò a controllare di persona, portando le tazze al tavolo e si sedette anche lei.
Sua madre la guardò strano, non l’aveva mai guardata in quel modo, e Rose si sentì a disagio. Cercò conforto nello sguardo nel Dottore, ma anche lui era molto teso. Quindi tornò ad ammirare il verde scuro del suo tè, e girare il cucchiaino come in trans, cercando di farlo tintinnare il meno possibile.
<< Non ci credo. Mi state prendendo in giro >> Rose sapeva che avrebbe detto così, chi ci avrebbe creduto al primo colpo?
Così si girò di spalle e si tolse la maglietta, facendo vedere alla madre il buco lasciato dalla pallottola. Poi se la rimise e si girò verso Jackie. Il Dottore nascose il volto dietro la tazzina.
<< Se non fosse stato per il Dottore a quest’ ora sarei morta. >>
Jackie lo guardò con occhi enormi.
<< Come hai fatto? >> gli chiese con la poca voce che le rimaneva.
Lui alzò le spalle.
<< E ora che farai? >>
<< Mi sembra ovvio. Continuerò a viaggiare >>
Il Dottore sospirò.
<<  Ha un lavoro pronto e l’uomo perfetto per lei che è solo lì ad aspettarla >>
<< Di chi stai parlando? >> Rose alzò la voce, piegando la testa da un lato.
Lui la guardò come se le fosse sfuggito qualcosa.
<< Jack? Scherzi? >> Rose trattenne a stento una risatina
Ebbe una visione, di lei che lo presentava a sua madre “ Mamma, questo è Jack ”. Ma doveva ammettere che non le sarebbe molto dispiaciuto, ma sapeva che il suo futuro era con il Dottore.
<< E’ come lei? >> chiese Jackie al Dottore, che annuì.
Il Dottore voleva che Rose partisse con lui, ma non voleva farla sentire costretta in qualche modo: doveva vedere chiaramente le alternative che aveva.
Ma, testarda com’era...
<< Io e Jack non siamo altro che amici >> disse Rose per fermare le fantasticherie di sua madre. << E comunque, siamo qui perché devi aiutarmi. Dal passaggio da mortale a immortale ho perso molti ricordi... Bè...c’ho solo quelli degli ultimi 2 anni...>>
Jackie spalancò la bocca.
<< Cosa? >>
<< Chiedile chi è zia Mary e vedrai >> intervenne il Dottore, appoggiandosi annoiato allo schienale della sedia.
<< E tu come la conosci? >> Jackie socchiuse gli occhi, diffidente. Che ne sapeva il Dottore della sua famiglia?
<<  Esiste? >> il Dottore era sbalordito quanto lei, se non di più << Davvero? Non lo sapevo! Io ho solo tirato a indovinare! –
Rose ridacchiò, poi si fece seria.
<< Smettetela. Comunque, se me lo chiedete, non lo saprei. Mio padre, ad esempio: non ho idea di come sia >>
Il padre di Rose era morto quando lei era una bambina e aveva pochi suoi ricordi. Figuriamoci ora!
<< Per fortuna non li hai persi tutti – disse Jackie. Quello era successo a Jack, che non sapeva neppure come si chiamasse << Ma ti rifarai.... Sai, Rose, non avrei mai pensato sarebbe successa una cosa simile, ma preferisco saperti immortale che morta per sempre. >>
Rose la abbracciò, nascondendo i suoi occhi lucidi. Era sollevata che lei l’avesse presa più leggera. Nonostante a volte fosse dispettosa e impicciona, la sua era la madre migliore del mondo.
Jackie, in poco tempo, mise in ordine tutti gli album di foto sul tavolo.
Il Dottore se la vide molto, molto male. Pensava sarebbe stata una cosa un po’ più... veloce. Lì se ne sarebbero andate ore!
<< Và a giocare col Tardis. La tua parte l’hai fatta >> gli consigliò Rose, che aveva notato la sua espressione. Il Dottore sorrise. A Rose non sfuggiva mai nulla, era molto sensibile ai suoi stati d’animo. Non aveva mai conosciuto qualcuno che lo capisse come lei.
Prima di entrare nel Tardis accompagnato da lei, fece una smorfia.
<<  Però avrei voluto i capelli rossi >> si lamentò come un bambino a cui avevano regalato un ghiacciolo alla menta invece del limone. Gli si erano schiariti gli occhi, ma non i capelli come lui avrebbe voluto.
<<  Sono contenta che tu sia tornato il mio Dottore >> disse Rose abbracciandolo.
<<  Anch’io! >>
 
 
Quando il Dottore tornò, dopo un’ora e mezza, avevano finito da poco.
<< Sono sfinita >> Rose era accasciata sul divano con gli occhi chiusi – Non pensavo che la mia vita fosse così piena. Non mi sono persa granchè, comunque –
<< Hai fatto le valigie? >> le chiese a bassa voce il Dottore, restando in piedi con le mani in tasca – Sei ancora decisa  a venire con me? –
<< Smettila. Non ho cambiato idea >> La ragazza lo guardò male, poi il suo viso si distese << Voglio andare lontano. Portami via, ti prego >>
Dopo aver sistemato le valigie nella macchina del tempo, Rose abbracciò la madre, pronta a lasciarla di nuovo.
Gli addii erano sempre tristi, ma quello più degli altri, perché aveva un che di definitivo. Rose non sarebbe più tornata a vivere con la madre, non avrebbe più dormito nel suo letto, né bevuto la sera il tè con Jackie ridendo insieme dei discorsi dei vicini o parlando di quello che avevano fatto nella giornata.
Jackie sapeva che un distacco ci sarebbe stato in ogni caso: ogni figlio se ne va di casa. Ma nessuno con un alieno e una macchina del tempo, affrontando il male dell’universo. Ma Rose amava quella vita, come amava il Dottore, la madre se n’era ben accorta ( certe cose non le sfuggivano ).
<< Ti voglio bene, mamma >> le mormorò Rose, stringendola forte << Ti chiamerò e verrò a trovarti spessissimo, ogni weekend, tanto che non sentirai neanche la mia mancanza >>
La madre sorrise anche se sapeva che comunque l’avrebbe sentita, e come.
Il Dottore era molto meno sorridente, appena sentito del fatto dei fine settimana. Sperava di non vedere Jackie almeno per un mese. Almeno.
<< Stammi bene, Dottore >> lo salutò lei, cercando di essere più gentile, finalmente, alzando una mano << Credo che alla fine dovrò accettarti, dato che sei l’uomo con cui mia figlia ha deciso di passare la sua vita... eterna >>
Ma era anche l’uomo che l’aveva strappata a lei e quello, per accettarlo, ci sarebbe voluto un po’ di tempo.
<< Lo credo anch’io >> il Dottore sorrise << un giorno sono sicuro che mi perdonerai, ma ti posso assicurare che Rose non poteva capitare in mani migliori delle mie >>
Rose sorrise contenta che il Dottore e sua madre avessero finalmente sepolto le asce di guerra e che il rapporto tra loro fosse migliorato almeno di un po’.
<< Ora andiamo, dobbiamo passare a salutare Jack... Oh, mamma, se un giorno viene, Jack intendo, così per farti compagnia, chiamalo Capitano. Quando sarete in confidenza potrai usare il suo nome vero. All’inizio non vuole. >> Pensò alla prima volta che lo incontrò lui: “ Capitano Jack Harkness, miss “ e lei “ Rose Tyler. Piacere Jack “ ..” Capitano “ ribadì lui. “ Cosa? “ Rose non capiva.                 “ Voglio esser chiamato Capitano, non Jack “. E mentre lo diceva sembrava irritato.
Il Dottore rise quando seppe di quella conversazione
“ Lui e la sua ciurma! “ disse contrariato “ si crede troppo quel ragazzo... Capitano... Bah. “
“ Che male c’è a farsi chiamare Capitano? Tu ti fai chiamare Il Dottore, non pensi sia la stessa cosa? “
Lui  la guardò male. “ E’ diverso. Io vorrei ma non posso usare il mio vero nome. Fa più effetto il Dottore, no? “ le sue convinzioni assurde...
 
<<  Lo riconoscerai... ha un cappotto marrò lungo fino ai piedi e capelli scuri spettinati. >> Rose baciò la madre sulla guancia.
<<  Va bene, lo ricorderò. Ciao e a presto >> Jackie rimase lì per qualche minuto, vedendo scomparire quella cabina blu che tante volte aveva popolato i suoi sogni.
 
>> Speravo che questo momento non  arrivasse mai, ragazzi >>
Jack aprì le braccia, ma sorrideva. Aveva riunito tutta la squadra: Hans, Jasmine, Linda e Freddie.
<< Sai, Dottore, se una persona non se ne va dopo tutte le tue stranezze, i tuoi sbalzi d’umore, i tuoi errori... Faresti bene a prenderla e non lasciarla mai più. Io ad un certo punto non ce l’ho fatta più con lui, Rose, ma non mi sono mai pentito di averci viaggiato insieme. Non mi sono mai divertito così tanto. >> Jack le fece l’occhiolino e Rose lo abbracciò forte, chiudendo gli occhi per fissare in mente il suo buon odore. Sapeva di fogli di giornalini rimasti a lungo chiusi. Di antico, di polvere... e dolcissimo.
<< Mi mancherai, Jack. Tantissimo >>
<< Anche tu, dolcezza >>  lui le accarezzò la schiena << Se hai bisogno di qualcosa, mi trovi qui. E anche il tuo posto al Torchwood, sia chiaro. >>
Rose lo guardò negli occhi chiari, promettendo a se stessa che non avrebbe mai dimenticato quello che Jack aveva fatto per lei.
Se doveva essere sincera, era stata seriamente tentata di restare con lui, con il lavoro dei suoi sogni e sua madre, che avrebbe convinto a trasferirsi in quella bella città che era Cardiff. Ma Rose sapeva che se si faceva scappare il Dottore ora non l’avrebbe più rincontrato o peggio, l’avrebbe dimenticata completamente per gironzolare con un’altra bella giovane.
<<  Mi dispiace ma io ho già scelto. Voi siete fantastici, i migliori che abbia mai conosciuto. Ma io devo rispettare il mio futuro e so che è con il Dottore.
Il Dottore è la mia vita, equivale a tutto quello che potrei avere qui, o forse più. Non mi importa di vivere una vita se non è con lui, non mi importa se non mi potrà amare, ma io resterò con lui a ogni costo >>
Se non mi potrà amare... Sapeva già che cosa lei provava per lui, ma non disse nulla, la guardò profondamente colpito.
Jack la salutò sfiorandole il dorso della mano con le labbra, come un gentiluomo del 1800.
Rose si ricordò la prima che l’aveva fatto e sorrise ricordandosi quello che le aveva detto “ Non pensavo fossi così graziosa!Meravigliosa! Il Dottore ha davvero buon gusto. Pensavo fossero tutte chiacchiere!”
La ragazza pensò a quanto tempo era passato, a quanto si era divertita con i valzer esasperati di jack, le loro corse in moto per visitare Cardiff ( il Dottore non l’avrebbe mai dovuto scoprire ) e i  disastri culinari di Jack che lei era costretta a mangiare per  non mortificarlo.
<<  Ti voglio bene, Rose. >> mise una mano in tasca, ed estrasse due oggetti << Tieni, questo è un Identificatore, ti sarà utile in un posto pieno di alieni e questo un cacciavite laser nuovo di zecca. Fanne buon uso e torna a trovarmi! >>
Jack la abbracciò, e Rose dovette cacciare dentro le lacrime. Abbracciò tutta la squadra, ringraziandola.
<<  Dottore >> salutò jack assumendo la posa da soldato rispettoso << E la vostra deliziosa signorina – aggiunse con un una profonda riverenza, riferendosi a Rose
Lei rise. Non cambiava mai. Con quei suoi modi svenevoli avrebbe fatto sciogliere il più duro dei ghiacci.
<< Capitano >> ricambiò il Dottore con un cenno del capo, divertito.
 
Prima di entrare nel Tardis, Rose si voltò.
<<  Oh, jack? Leggi qualche libro di cucina, la prossima volta che vengo voglio mangiare qualcosa di decente >>
Il Dottore cominciò a ridere, chiudendosi alle spalle la porticina blu.






Vi piace? E' la mia prima fanfiction....
Se vi piace posterò anche il secondo capitolo... Che dire, questa idea mi è venuta tutta d'un tratto, questa storiella alternativa su Rose e il Dottore. Ormai da una settimana non faccio altro che scrivere scrivere scrivere, tanto che alla fine della giornata mi spara un mal di testa pazzesco...sto davvero impazzendo... Pensate che mia madre mi dice " Ma stai parlando da sola? " con aria preoccupata, sogno ogni notte o Rose o il Dottore o Jack. Mi sto davvero preoccupando.
Quello di Jack non è un vero e proprio addio... Lo amo troppo per non inserirlo in futuro, quindi aspettatevelo.

Non mi aspetto che recensiate per questo capitolo, che descrive solo l'addio di Rose ai suoi amici per lasciare definitivamente la sua vecchia vita e cominciarne una nuova... Dal secondo inizia la vera storia, prometto, non vi farò annoiare!!!
Ma comunque, un commentino non mi dispiacerebbe...

PS: questa storia è dedicata a KillerQueen86, che mi ha fatto venir voglia di cimentarmi anch'io nelle ff e che condivide il mio amore per i queen... Il titolo " Dreamers Ball " è proprio il titolo di una canzone dei Queen... Il ballo nel mondo dei sogni: è perfetto!!!

Sempre vostra

SweetLady98

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Capitolo 3
*** Seaside Rendez-vous ***


2° capitolo:          *Seaside Rendez-vous  
 
 

<< Dove andiamo? >> chiese Rose, avvicinandosi alla tastiera del Tardis. Restò di sasso quando vide il Dottore con gli occhiali, attento a leggere qualcosa. << Non sapevo che non vedessi bene da vicino >>
Lui le sorrise e se li tolse.
<<  Infatti. La mia vista è perfetta, come d’altronde me. Però mi danno quel tocco di... uhm.. >> faticò a trovare la parola, mordicchiandosi il labbro << Insomma, mi fanno più carino, non trovi? >>
Le strizzò l’occhio e le tese gli occhiali, che Rose mise e vide che erano semplici lenti non graduate.
Non osò dirgli che era bellissimo anche senza e li rimise nella custodia.
L’aveva sempre detto che il Dottore faceva strani ragionamenti.
In quel caso non seppe che dire e alzò un sopracciglio, sbirciando sullo schermo e rinunciandoci subito dopo.
<< Non capisco... Cosa sono tutti quei codici? Un giorno mi spiegherai come fai a pilotare questa nave? >>
Il Dottore scompigliò i capelli di quella sua curiosa compagna di viaggio.
<< Si, un giorno. Ora tieniti forte, atterriamo a Nizza di oggi... Che giorno è? 15 giugno 2012. >>
Rose non capì. Che andavano a fare quel giorno a Nizza, una città francese che aveva sentito solo una volta nella sua vita?
Il Dottore la portò sul lungomare, uno dei più belli che Rose avesse mai visto. E lei aveva visto poche volte il mare, ed era sicuramente più bello di un fiume. Quel profumo di acqua salata, l’immenso blu e la brezza non potevano competere con quel colore marroncino e l’umidità del Thames. ( Tamigi, in inglese nel testo).
Cominciarono a passeggiare.
<<  Allora Rose... Ho capito che vuoi continuare a viaggiare con me e lo farai per un bel po’ di tempo. Fino a ora è stato come un gioco, sapevo che potevo sempre lasciarti a casa e non tornare. Ma ora sei immortale.
Ho intenzione di prenderti davvero con me, non come una semplice compagna di viaggio, ma come una specie di altro Dottore. Un Dottore Donna Umano. Come il mio secondo in un combattimento. Hai capito? >>
La guardò serio e lei annuì con un sorriso.
<< Viaggiare comporta delle responsabilità. Per prima cosa, bisogna stare attenti al Tempo. Con il Tempo non si scherza mai.
Ci sono i paradossi dei viaggi del tempo,che tu devi sapere perché li faremo, ovvio. C’è quello di “ coerenza“. Ti spiego: se torni nel passato, incontri tuo padre e lo intrattieni, lui potrebbe perdersi l’appuntamento con tua madre e tu potresti non nascere mai.
Poi c’è il paradosso di “ conoscenza”. Cioè, per esempio, fai conoscere a un cantante la canzone che lo renderà famoso prima che lui la scriva. E’ sbagliato e non bisogna mai farlo.
I paradossi sono poi risolti perché la stessa materia non può occupare lo stesso tempo e lo stesso spazio: se trovi te stessa nel passato ci sarà la scomparsa di tutte e due perché non potrete coesistere. >>
Rose ascoltò molto attentamente quella specie di lezione, mentre si sedevano su una panchina sul lungomare.
<< Che mi dici della fessura del tempo? >> chiese la ragazza, che aveva passato guai con quella maledetta fessura.
<< Oh, bè..>> Il Dottore era in evidente difficoltà. Non lo sapeva o era troppo difficile da spiegare? Comunque, Rose gli diede un aiuto.
<<  Io ho trovato questo libro, guarda >> aprì il suo zainetto, che portava sempre dietro ed estrasse un libro, intitolato “ Lo spazio e il tempo “ di *Hector Tod.
<< Da quando ti interessi a queste cose?  >> chiese il Dottore con un sopracciglio alzato, rigirandosi il libro tra le mani, non molto convinto.
<<  Da ora >> rispose Rose precipitosamente . Il Dottore la scrutò stranito << Voglio dire, sapevo che dovevo informarmi un po’ per viaggiare...>>
Lui sfogliò velocemente le pagine, sempre non molto convinto. Poi lo chiuse con uno scatto secco e lo poggiò sulle sue gambe.
<< Allora? >>  domandò Rose, impaziente di conoscere il suo giudizio su quel libro.
<< Mediocre. Interessante. Dire interessante nella sua mediocrità. Si vede che voi terrestri siete ancora molto indietro per quanto riguarda lo spazio. Forse questo è il massimo! Comunque potevi chiedere tutto a me, non c’era bisogno di questo libro. Hector Tod? Ma chi è questo tipo?>> girò il libro cercando di vedere la faccia dell’autore o almeno una sua descrizione.
<< Come fai a dire che è mediocre? Non l’hai letto neanche! >> fece Rose,altezzosa << Hai sfogliato solo le pagine >>
<< Oh, forse non sei al corrente delle mie tante potenzialità! >> sorrise il Dottore.
<<  Delle tue tante stranezze, vorrai dire >>
Lui si mostrò divertito e accarezzò sovrappensiero la guancia di Rose con il dito.
<<  Tu ti prendi troppo confidenza, ragazzina >> le disse e anche lei sorrise << Stavo dicendo, prima che tu mi interrompessi, che una delle mie tante potenzialità è quella di leggere un libro intero sfogliandone solo le pagine >> si picchiettò la fronte << Cervello di un Signore del Tempo >>
<< Giusto. Che altro sai fare? Arrampicarti sui tetti senza mani? Accendere la luce con uno schiocco di dita? Oppure mangiare spazzatura e rigurgitarla tutta intera? >>
Il Dottore scoppiò a ridere.
<< Una volta l’ho fatto ed è stato piuttosto divertente, anche se non per il mio stomaco...>>
<< Spazzatura? >> Rose arricciò il naso, non credeva alle sue orecchie.
<< Già. Una schifezza >> fece un gesto con la mano, come per allontanare quel ricordo << E posso restare senza aria per un bel po’, dato che ho una circolazione binaria >>
Certo che il Dottore se ne usciva sempre con una nuova! E non sarebbe stata l’ultima stranezza che avrebbe sentito, ne era certa...Non le aveva mica detto tutto quando si erano conosciuti!
Forse lui intuì quello che stava pensando.
<<  Si, non te l’ho detto prima perché me l’ero scordato. Sai con tante “belle” cose in mente,uno rischia di smarrirne qualcuna per strada. La mia mente riesce a contenere tantissimi GigaByte di materiale, non pensare sia come la tua! Ma con tante altre cose da pensare... A volte mi scordo di me >>
Suonava quasi triste, invece Rose rise, dicendogli di non preoccuparsi, che ora sapeva che non l’avrebbe mai potuto uccidere soffocandolo.
<< Molto divertente >> fece il Dottore, sarcastico. << Comunque, tu e questo Hector Tod potete andare a quel pae... univeso parallelo >> si corresse con un sorriso, rimettendo il libro nella sacca della ragazza. Poi si riappoggiò allo schienale della panchina.
<< A proposito... Sei mai stato in un universo parallelo? Com’è? >>
Il Dottore annuì, mordicchiandosi il labbro.
<< Una volta, ma non dovrà mai più succedere. Sai, nei paralleli il Tardis si spegne. Quella volta ce l’abbiamo fatta per un pelo! >> sorrise, forse al pensiero.
<< Abbiamo? E chi c’era oltre te? >>
<< I miei due compagni di viaggio di allora. *Terry Lose, era molto brava, brava ragazza, l’ho lasciata su un pianeta con il suo amico, *Mitch Simkey. Mitch all’inizio mi ha dato un po’ di problemi, ma alla fine si è rivelato davvero coraggioso. >>
Rose non aveva mai sentito parlare il Dottore dei suoi vecchi compagni di viaggio, appena se ne accennava, lui cambiava argomento. Forse ora pensava fosse pronta.
<<  Ora, anche se andassi a trovarli, non mi riconoscerebbero. Ho un’altra faccia, sai, rigenerazione >> Rose annuì tra sé e sé, conosceva anche quell’altra stranezza del Dottore. “ I Signori del Tempo hanno un trucchetto per evitare la morte “ si ricordò le sue testuali parole, quando le aveva spiegato tutto ( o quasi ) di lui.
<< Erano terrestri? >>
Terry e Mitch. Rose non si capacitava davvero di quanti anni avesse il Dottore, tantissimi e di quanto avesse vissuto e viaggiato, da solo o con altri.
<< Si, tutti terrestri. C’era *Riley Jacket ( nome insolito, vero?) uno stupido integrale, un americano degli anni ’50... Insopportabile. Poi *Nan Bolden. Lei è stata poco con  me, ha trovato la sua anima gemella in un’altra epoca. Ho sfidato il tempo per lei e per farla felice così >>  poi il Dottore divenne pensieroso, abbassò gli occhi. << Ma la migliore è stata *Rosalie Gervin. Io la chiamavo Ros, anche se lei non lo sopportava. Si sacrificò per me... lasciamo stare >> 
Rose stette in silenzio, pensando a quelle parole che non le sarebbero mai state dette su Ros. Giocherellò con una piega della sua maglietta, il suo pensiero andò a tutte quelle persone che avevano viaggiato con il Dottore tra le stelle e poi, per un motivo o per un altro, se n’erano andate. Permettendo a lei di conoscerlo.
Se solo Nan, Ros o Jack fossero rimasti con lui, Rose sarebbe ancora a casa, con sua madre, con il foglietto della spesa da fare, accarezzando il gatto, senza sapere nulla di alieni, pianeti e amore, senza sapere nulla del Dottore, che l’aveva salvata e portata via dalla sua monotona vita.
Anche il Dottore pensò ai suoi vecchi compagni di viaggio, persone che si erano succedute, una dopo l’altra con le loro brevi vite, ma lasciando un segno indelebile su di lui e rendendolo l’uomo che era.
<< Dottore... Perché fai tuoi compagni di viaggio solo i terrestri? >> perché non girava un po’ anche per gli altri pianeti?
<<  Perché non sanno nulla. Mi piace vedere la vostra faccia quando capite che una semplice cabina blu della polizia è una macchina del tempo enorme; mi piace la vostra espressione stupefatta quando scoprite per la prima volta la grandezza dell’ universo. Mi piace spiegarvi ogni piccola cosa ed esser guardato con occhi pieni di ammirazione.
Sai, sugli altri pianeti studiano l’universo già da piccoli. Che gusto ci sarebbe? >>
Rose si dichiarò d’accordo, con un sorriso.
<< Non ti dirò tutto, Rose, sui viaggi e sul tempo. Molte cose le capirai, io ti ho detto quelle più facili e importanti, così che tu capisca bene che non bisogna prendere in giro il tempo, o potresti rimetterci tu l’osso del collo. >>
Dopo un po’ si alzarono e cominciarono a camminare tranquillamente, fianco a fianco, senza una meta precisa, come due turisti. Con il calare del sole le persone diminuirono fino a scomparire del tutto: in poco tempo c’era solo loro due.
In  quel momento Rose si sentì più sola che mai, nonostante avesse tutto il suo mondo, il suo universo accanto a lei. Strinse la mano al Dottore, che sorrise tra sé e sé e rafforzò la stretta.
<<  Dopo Ros, c’è stato Jack... E dopo Jack, Rose Tyler, è londinese, è meravigliosa, fantastica, la migliore che abbia mai conosciuto. >> Forse il Dottore lo disse per tirarla un po’ su di morale, e quelle frasi ebbero l’effetto desiderato.
Rose gli sorrise, battendo un motivetto sulla sua coscia e lasciandosi cullare dai pensieri più frivoli di questo mondo.
 
<< Perché mi hai portato a Nizza? >> finalmente la domanda che voleva fare Rose dall’inizio.
<< Bè, per farti vedere il mare, è una bella città. E poi solo qui l’ho trovato perfetto...>>
<<  Cosa? >> a Rose non sfuggiva una sola parola.
<< Credo di avere una cosa per te >>fece il Dottore con aria misteriosa. Ma si stava divertendo, sapeva quanto Rose odiasse l’attesa e le sorprese << Credo. Non mi ricordo dove l’abbia messo. Mi toccherà cercare in ogni stanza, abbi pazienza! >>
Rose rise. Adorava quando lui faceva così. Era strano...strano e divertente.
<<  Hai fame? >> le chiese il Dottore, e senza aspettare neanche una risposta << Io si! Vieni >> la tirò verso un ristorante alla sinistra di una bella strada larga.
<< Buonasera >> li accolse una voce maschile, che si rivelò un cameriere e indicò un tavolo in lontananza <<  C’è un posto lì >> poi guardò Rose, preoccupato << Inglesi, vero? >>
<<  Si, ma non si preoccupi, sappiamo parlare francese. >> lo rassicurò il Dottore, prendendo per mano la ragazza e portandola al tavolo indicato.
<<  Lo sapevo >> si lamentò la ragazza << Mi riconoscono tutti come una del nord Europa. Prima o poi mi tingerò i capelli >>
<< Non farlo! >> rise il Dottore << A me piacciono le bionde! >>
Rose non ricambiò il sorriso che le fece il Signore del Tempo. Certo, il tutto poteva suonare come un complimento implicito, ma lei avrebbe comunque preferito che avesse detto: “ Perché? A me piaci così! “ oppure “ Per me sei bellissima con i capelli biondi ”
<< C’è qualcosa che non va? >> il Dottore non capì quell’espressione tutto d’un tratto, e cercò di leggere il suo viso. Non gli sfuggiva mai niente, era molto difficile, quasi impossibile mentirgli, soprattutto per la sua compagna di viaggio di cui conosceva a memoria il viso; nei cui occhi leggeva l’entusiasmo, la felicità o anche quell’ombra di inspiegabile delusione.
<< Oh, nulla >> gli rispose la ragazza, tenendo gli occhi sul piatto. Si promise che prima o poi avrebbe preso il coraggio a due mani e gli avrebbe detto tutto quello che ora aveva paura di dire.
Il Dottore sapeva benissimo che c’era qualcosa che non andava e sapeva anche cosa, ma decise che avrebbe continuato a fare il finto tonto, fino a che non sarebbe arrivato il momento, che un po’ temeva...
Ed era vicino.
Il cameriere arrivò con il suo blocchetto in attesa delle ordinazioni. Rose arrossì, non avevano neanche pensato guardare il menù, lo sfogliarono imbarazzati al momento, prendendo le prime cose che capitavano.
<< Sono 10 tondi tondi >> disse il cameriere quando tornò con il conto. Rose non aveva euro e supponeva che li avesse il Dottore, che mise una mano in tasca ed estrasse una manciata di monetine rosse, pezzi di pietra verde, perline per braccialetti, aghi e bottoni e addirittura due spighe di grano.
Rose li guardò con occhi enormi, non capendo cosa lui stesse facendo. Lo vide mettere la mano nell’altra tasca e prese un sacchetto, che riversò sul tavolo.
<< Uhm... Si, aspetti un attimo >> cominciò a contare delle monetine di varie dimensioni. Le tese al cameriere, che guardò il Dottore completamente scioccato << Ecco a lei >>
<< Signore, questi sono franchi >> sottolineò l’uomo con un filo di voce, rigirandosene una tra le dita. Poi rise, poggiando una mano sulla spalla del Dottore come se fossero stati amiconi << Ahahah! Bello scherzo!Però ora mi paghi >>
<< L’ho pagata >> il Dottore indicò le monete in mano al cameriere. Quest ultimo lo squadrò, notando il suo mantello scuro moolto fuori moda e quei pezzi verdi sul tavolo.
<<  Scusi, ma lei da che epoca viene? Sono 10 euro. >>
Il Dottore guardò Rose smarrito.
<< Rose, da quando c’è questo euro? >> le sussurrò, ma il cameriere lo sentì ugualmente.
<< Credo dal 2001. Sei rimasto un po’ indietro coi tempi >>
Rose fece un sorriso di scuse al cameriere e prese dal suo portafoglio delle sterline.
<< Vado a cambiarle, torno subito >>
La ragazza si alzò un po’ titubante: non era sicura di far la cosa giusta lasciando il Dottore da solo col cameriere, che sembrava stesse per svenire. Ma doveva per forza pagare, e uscì di corda.
<< Me lo diceva sempre il buon vecchio Garibaldi! Non... >> non potè continuare perché Rose gli diede un pizzicotto sul braccio e lo fece alzare di forza, mettendo i soldi sul tavolo.
<< Lo faccia vedere da qualcuno. >>fece il cameriere, con espressione preoccupata << Delirava con Napoleone e il 1800... Oh, buonasera >> alzò una mano, guardandoli uscire dal ristorante, per poi girarsi anche lui e pensare che lo le notti in bianco facevano brutti scherzi.

<< Resta qui e chiudi gli occhi >> raccomandò il Dottore a Rose. Lei incrociò le braccia e sorrise, appoggiandosi alla tastiera del Tardis, aspettando “ quella cosa ” che lui le aveva detto di avere per lei.
<< Trovato! Spero ti piaccia >> anche se aveva gli occhi chiusi, Rose lo sentì avvicinarsi, quella specie di elettricità che si faceva sempre più forte.
<<  Posso? >> aprì gli occhi mentre lo chiedeva, e sentì qualcosa poggiarsi sulle sue spalle. Si trovò addosso un  cappotto blu cobalto con i bordi argentati. Rose lo strinse a sé, con un sorriso che andava da un orecchio all’altro.
<< Mi hai...regalato un cappotto? >>
Il Dottore sembrava soddisfatto dell’entusiasmo della ragazza << Bè.. Ho visto che ti provavi quello di Jack, un giorno. E ho pensato che ti sarebbe piaciuto averne uno, uno da vera viaggiatrice >>
<< Mi hai spiata! >> lo accusò la ragazza, ma con un sorrise abbracciò forte il suo compagno << Grazie mille, mi piace tantissimo!! >>
Lo indossò e fece una giravolta facendo svolazzare, con gli occhi che brillavano.
<< Come mi sta? >>
Il Dottore la seguì con lo sguardo, con una strana voglia di abbracciarla, ma non riuscì a rispondere quello che avrebbe voluto, perché un fischio assordante li scosse tutti e due.
<< Che succede? >> Rose non aveva mai sentito un rumore simile in tutta la sua vita che aveva passato nel Tardis e si avvicinò alla tastiera, dove il Dottore stava già digitando qualcosa di oscuro.
<<  Oh, nulla >> le sorrise, e la ragazza capì che non era nulla di preoccupante << E’ la posta >>
Che il Tardis avesse una posta non stupì Rose, ma il fatto che facesse quel rumoraccio...
<< Caspita >> non capì cosa il Dottore avesse da leggere, molto contento.
<< Bello >> disse lui, sorridendole << Stasera abbiamo un G.B>>
<< Gran Bretagna? >>
<< Ma no! >> Il Dottore rise << Gran Ballo. Su Limnos 4 >>
Rose sbattè gli occhi, scettica. << Scherzi? Da quando gli alieni ballano? >>
<< Tutti sanno ballare. Soprattutto gli alieni. Questo è il più bello, il più grande e il più famoso ricevimento di tutto l’universo, su Limnos, che è un pianeta usato per feste e party ...>>
<<  Esiste un pianeta apposta? Che forte! >> lo interruppe la ragazza.
<< Già. Questo ballo lo dà la famiglia Hoople da...secoli. La famiglia prepara il castello e l’esterno tutto l’anno solo per questi due giorni. Infatti è spettacolare, è davvero enorme. Certo, invitano  gli alieni più importanti dell’universo...>>
<< E quindi anche te >> concluse Rose.
<< Sì... E pensa che il ballo dura per due giorni, perché il sole sorge ogni due. Tutti conoscono questo evento, e tutti sperano di venir invitati. Invitano me più per abitudine che per altro, perché non ci vado mai... Solo una volta, quando ero più giovane >> più giovane per il Dottore significava secoli prima <<  Ma questa volta ci andrò, anzi, ci andremo. Perché tu vieni con me >>
<< Cosa? >> Rose non ci credeva ma non potè trattenere un sorriso.
<< Ma certo! Potresti conoscere molti tipi interessanti. E’ divertente, e poi è un privilegio.>>
La ragazza mise le mani nel suo nuovo cappotto, entusiasta per quella proposta, che, aveva capito, non era uno scherzo.
<< Per me il privilegio è andarci con te >> gli sussurrò Rose, unendo le mani dietro il suo collo, in una specie di mezzo abbraccio << Come posso ricambiare? >>continuò con voce suadente, guardandolo nei suoi meravigliosi occhi corteccia.
Le venne un’assurda voglia di baciarlo. Sentiva il suo respiro regolare, vedeva le sue lunghe ciglia castane, la piccola piega delle labbra.
Chiuse gli occhi, ispirata...
<< Oh, non c’è bisogno... >> disse lui, facendole una veloce carezza sulla guancia, poi si scostò, con il gran dispiacere di Rose e cominciò a lavorare sulla tastiera.
Lei si sedette con un sospiro sulla sedia girevole, con una ciocca di capelli sugli occhi. Sembrava stanchissima.
<< Ti porto a Londra, così ci compriamo qualcosa per stasera >> disse il Dottore, e dopo qualche minuto erano già arrivati. << Tieni >> le allungò delle sterline.
<<  Io ce li ho, i soldi >>  ribattè Rose, meravigliata dal suo gesto. Sembrava una moglie che prendeva i soldi del suo budget.
<< Fidati >> visto che lei non li prendeva, il Dottore glieli mise in mano << Ti serviranno. E comunque dato che non lavori, chi vuoi che ti dia i soldi? >>
Rose si irrigidì. Come se fosse colpa sua che non lavorava. Non voleva dipendere da nessuno. Sapeva che lui non la stava accusando, ma quella frase non le fece di certo piacere.
<< Va bene. Troverò un modo di farteli guadagnare >> le strizzò l’occhio e, prendendola per mano, la portò fuori dal Tardis.
Rose inspirò l’odore di Londra, adorava la sua città e ne conosceva ogni singolo angolo. E solo Londra aveva quel profumo meraviglioso.
<< Ci vediamo dopo >>
 


* Seaside Rendez-vous: significherebbe "incontro al mare "... non è un vero e proprio incontro... Ma mi piaceva...Andate su YouTube e sentitela, è una canzone! 
* Hector Tod: anagramma di The Doctor
* Terry Lose, Mitch Simkey, Nan Bolden, Ros Gervin, Riley Jacket: altri anagrammi, fate voi e scoprite!!!
Perdonatemi per il ritardo ma non ci sono stata tutta la settimana... Per il prossimo capitolo dovrete aspettare ancora un pò perchè lo devo prima scrivere su Word... E ora sì, che inizia la vera storia!!!

Baci, la vostra SweetLady98
 
 

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Capitolo 4
*** Il pianeta dai tramonti verdi ***


3 CAPITOLO:    Il Pianeta dai tramonti verdi
 
Rose rientrò nel Tardis canticchiando. Qualche melodia sentita per caso, o magari inventata da lei stessa. Non lo sapeva.
Trovò il Dottore steso per terra, con le mani dietro la testa, e si fermò.
<< Continua pure >> disse lui << Hai una bella voce >>
Invece di continuare, Rose si avvicinò e si stese accanto a lui.
<< Che fai qui? Per dormire c’è un letto, sai >>
<< Non sto dormendo. Penso >> le indicò il soffitto, dove si vedeva un cielo con tanti piccoli pianeti che si muovevano contemporaneamente. Rose sapeva che lui teneva d’occhio la sua costellazione, quella del suo pianeta, Gallifrey. Quando gli capitava di parlarne, i suoi occhi si riempivano di malinconia, ma quando raccontava della sua bellezza, dei suoi cieli arancioni e dei suoi alberi argentati, si illuminava.
Rose li guardò, affascinata. Pensò a come lei si sarebbe sentita se la Terra fosse scomparsa dall’ Univeso, e con lei tutte le persone che conosceva.
Tranne lei. Come si sarebbe sentita? Uno schifo.
Cercò la mano del Dottore, e la strinse.
<< Accidenti, ma sei gelato >> non ebbe però nessun istinto di ritrarla, come avrebbe fatto con qualsiasi altra mano fredda come il ghiaccio.
<< La mia temperatura corporea è di circa 15° gradi >> spiegò semplicemente lui << Perché quando mi rigenero arrivo ai 40-45°. Se fossi caldo come te forse esploderei in quel momento. Davvero >> confermò alla faccia stupita della sua compagna di viaggio.
Per un po’ nessuno parlò.
<< A che pensi? >> il Dottore si girò verso Rose, e si accorse che lei lo stava già guardando da molto.
<< A Ros >> rispose lei senza pensarci. In verità le era venuta in mente solo due secondi prima.
Il Dottore trasalì. Non se lo aspettava di sicuro.
<< Si! Mi chiedo come tu possa aver sopportato la sua morte. Cioè … Se io ti perdessi, credo che impazzirei >>
Il Dottore sospirò, riportando lo sguardo sul soffitto stellato.
<< Non ci sono parole per descrivere quel momento… Quando ti hanno sparato, l’ho rivissuto. Ho rivisto lei nei tuoi occhi, ho risentito lei nella tua stretta. Stavo rischiando di perderti, come ho perso lei. Non potevo permettere che accadesse di nuovo. Non te. >>
Guardò la ragazza negli occhi e a lei sembrò vedere delle ombre muoversi nei suoi.
<< Per un momento ho temuto di perderti, per sempre. Io ho perso tutti nei secoli: alcuni se ne sono andati di loro volontà e altri no. Nessuno è mai rimasto abbastanza per cui potessi aprirgli il mio cuore. Ma è il mio destino... Il tempo passa e io non passo mai.
Non sai quant’è difficile vedere la terra che si sgretola sotto i piedi, tutto che muore e se ne va e non poter fare nulla.. Mi consolo andando in giro a salvare la gente, ma poi penso: ne vale la pena? >>
Rose restò impressionata dal discorso del Dottore, che le aveva messo addosso una tristezza pazzesca come se quelle parole le avesse dette lei e lo abbracciò, nascondendo il viso nel suo mantello.
<< Io non ti lascerò mai >> riuscì solo a sussurrargli, con voce soffocata. Il Dottore le accarezzò i capelli.
<< Dopo Ros ero in uno stato che tu nemmeno immagini. Per fortuna trovai Jack. Fu un bene per me, gli devo molto. Se fossi rimasto solo, la solitudine mi avrebbe divorato e dopo poco sarei impazzito. Le sue barzellette un po’ squallide mi facevano ridere, mi facevano dimenticare tutte le mie sofferenze.. >>
<< Jack ti raccontava le barzellette? >> lo interruppe Rose, sorridendo.
<< Già. Barzellette americane del 51° secolo. >> Rose si scordava sempre che Jack era americano, parlava l’inglese più perfetto che lei avesse mai sentito. << Ma come, non te le ha mai raccontate? Ma cosa avete fatto tutto quel tempo insieme? >>
<< Studiare piani, parlare di te … uhm, che altro … Andare in giro in moto … che altro?? >>
<< Andare in giro in moto? >> il Dottore alzò un sopracciglio, non gli sfuggiva nulla. << Io ti affido il mio Tardis, la mia vita e lui te la fa rischiare portandoti in moto? Quello guida come un pazzo. Oh, certo, tanto alla fine quello che si salvava era lui >
<< Giusto >> Rose rise. Ormai non era più così. Si sarebbero salvati tutti e due.
<< Jack ha avuto davvero un’influenza benefica su di me.. E poi sei arrivata tu, come non paragonarti a Rosalie? All’inizio lo pensavo, ora non più. Potete sembrare simili, ma siete più diverse di quanto immaginavo >>
Rose si chiese se anche quella ragazza aveva provato le stesse cose che provava lei per il Dottore, e se lei avesse mai avuto il coraggio di dirglielo.
Poi pensò: quali possibilità aveva lei di sentirgli dire che lui la ricambiava? Nessuna. Ecco.
<< Perché? In cosa siamo diverse? >> Rose lo guardò negli occhi, chinò la testa tanto che potevano toccarsi, con i capelli che solleticavano il collo del Dottore. Lui ricambiò il suo sguardo, immobile e smarrito.
<< Oh, bè … Non saprei dirlo neanche io … Credo il modo in cui vi comportate >> Poi guardò l’orologio al polso della ragazza << E’ tardi! Dobbiamo andare >> cercò di liberarsi dalle braccia di Rose e poi la tirò su. Lei sorrise, era l’ennesimo modo per allontanarla da lui, non era affatto tardi.
Ma non era così tanto delusa. Avrebbe avuto altre occasioni…
<< Quando torno, ti aspetto con una camicia bianca, Dottore >> Rose sperava che avrebbe scelto qualcosa di più elegante del suo solito.
<< Bianca? E perché? >> lui corrugò la fronte.
<< Il bianco ti dona molto >> la ragazza gli sorrise, per salire le scale che portavano ai piani superiori.
Il Dottore mormorò un grazie di risposta, che non fu neppure udito da lei.
 
 
Quando Rose tornò, lui quasi non la riconobbe. Era magnifica con i suoi capelli dorati sciolti sulle spalle, quel suo vestito senza spalline blu… Blu? Blu Tardis?
Rose notò la sua espressione stupita, e diede spiegazioni.
<< L’ho tinto io! Ho trovato il colore uguale a quello del Tardis, così siamo in coordinato >> fece una giravolta e si appoggiò alla parete. Sembrava quasi parte integrante del muro tranne per le gambe, le braccia e il viso pallido in perfetto contrasto.
<< Non pensavo di averti contagiato con la mia pazzia >> sorrise il Dottore, prendendo per mano la ragazza. La guardò ammirato, sospirando << Sei bellissima >>
Il sangue colorò le guance di Rose, e abbassò gli occhi imbarazzata, per poi dare un’occhiata a lui.
<< Vedo che hai seguito il mio consiglio >> indicò la sua camicia bianca da sotto all’immancabile cappotto. Era perfetto quel colore chiaro con la sua carnagione olivastra e gli occhi castani. Rose guardò tutto l’insieme affascinata, constatando che era ancora più  bello vestito elegante. Come se non lo fosse già…
Lui rispose con un sorriso, passandosi velocemente una mano tra i capelli, che si scompigliarono ancora più di prima. Era quello il bello dei capelli del Dottore, non erano mai a posto. Come lui!
<< Sai, Limnos non è famoso solo per i suoi Gran Balli… Viene chiamato “ Il pianeta dai tramonti verdi”, perché quando tramonta il sole ogni due giorni, è un vero spettacolo, unico in tutto l’universo. Ci vanno in molti per vederlo. >>
Rose si abbracciò al palo mentre lui digitava le coordinate per partire.
<< Quindi questo pianeta è usato solo ed esclusivamente per le feste? >>
<< Anche per le vacanze. Già, le vacanze… Le ferie non mi farebbero male, ricordami di prendermele >>
Rose rise tra se e se, sapendo che il Dottore non si sarebbe mai fermato, perché ci sarebbe sempre stato qualcuno da salvare.
Si sentì la solita sirena del Tardis che annunciava l’atteraggio.
<< Perfetto! Il tramonto! Vieni >> prese la mano di Rose e la tirò verso la porta, lei a mala pena riuscì ad afferrare il suo mantello.
Erano su una collinetta, la ragazza vedeva dei prati estendersi per kilometri sotto di lei. Ma non era quello che doveva guardare.
Quando alzò gli occhi, vide il tramonto. Il cielo era illuminato da tutte, tutte le tonalità di verde, più di quelle che Rose immaginava. Una striscia rosa luminosa avvolgeva il sole che stava calando.
Era uno lo spettacolo più romantico che lei avesse mai visto.
<< Magnifico >> sussurrò Rose, quasi senza fiato, stringendosi al fianco dell’alieno.
Si ricordò di quando si sposò la signora Jones, la loro vicina molto amica di sua madre. Era uno dei pochi ricordi rimasti, se lo ricordava vagamente.
“ Mio marito mi porterebbe anche sulla Luna, se volessi” disse la signora al momento del discorso. Era ovviamente un modo di dire, ma Rose ci credette davvero, aveva neanche 7 anni.  Quella sera si stese sul prato a guardare luna, chiedendosi se anche lei avrebbe trovato qualcuno che prima o poi l’avrebbe portata lassù.
E non sapeva, che sì, qualcuno c’era, che la stava aspettando… Qualcuno anche per lei.
<< Torniamo nel Tardis, atterreremo più in là, dove c’è il castello >>
Rose non sapeva proprio immaginarsi quel castello di cui raccontava il Dottore, ogni volta che provava a fare un esempio lui scuoteva la testa e diceva “ E’ molto più grande di quello che pensi”
 
Appena lo vide, capì quello che intendeva il Dottore. Era immenso! Si estendeva a perdita d’occhio, sembrava non avere fine.
Il castello era color porpora, illuminato da tantissime luci verdi, che coloravano le altissime torri, che sembravano bucare il cielo ormai buio.
Ma la cosa più bella erano le centinaia di tendoni gialli che costellavano il prato blu, tutti intono al castello.
Tutto l’insieme doveva essere almeno metà di Londra, pensò Rose, non aveva mai visto qualcosa di così grande.
Ed era anche strapieno di persone…
<< Che ti dicevo? Enorme! >> Il Dottore riprese per mano Rose, camminarono per un po’ e arrivarono all’entrata.
<< Sono il Dottore >> si presentò lui ad una donna con lunghi capelli rossi raccolti in una coda, dagli strani lineamenti, porgendo un foglietto.
Lei lo lesse, e poi squadrò il Dottore.
<<  Salve. Entri pure >> poi trafisse Rose con lo sguardo, e quest ultima si sentì avvampare << E lei chi è? >>
<< La mia compagna di viaggio, Rose Tyler >> il Dottore la strinse a sé, come per proteggerla.
 
Più stavano in mezzo a tutti quegli alieni, più Rose si sentiva a disagio. Sentiva delle occhiate addosso, i bisbigli della gente quando passavano, convinta di essere coperta dalla musica di sottofondo.
Cercava di non farci caso, ma non ci riusciva..
<< Non mi piace esser guardata in quel modo >> bisbigliò, rafforzando la stretta di mano del Dottore. Lui si girò, per poi ridacchiare.
<< Ti guardano perché sei con me >>
<< Pensavo fosse perché sono diversa >>  
Il Dottore la guardò, scuotendo la testa.
<<  Gli alieni non si fanno problemi di razza. Accettano chiunque come se fosse il proprio fratello>>
Quella era una cosa bella. Magari fossero stati così anche i terrestri! Niente guerre.
<< Tiddley! >> il Dottore prese un po’ di qualcosa che sembravano confetti << Assaggia >>
Rose scoprì che sapevano di frutta. Un confetto, un frutto. Alcuni li riconosceva, altri…no. Ma erano buoni comunque.
<< Ehi, non male! Ne porterò un paio a mia madre >>  Ne prese una manciata e la fece scivolare nella tasca del suo cappotto.
<< Ma se ha rifiutato quel rarissimo pompelmo che le avevi portato da Teus?  >> Il Dottore alzò gli occhi al cielo, ma sorrideva divertito.
<<  Mia madre non è una che va pazza per i pompelmi.>> la giustificò Rose << Però poi mi ha rivelato che le è dispiaciuto non assaggiarlo neanche >>
<< Ovviamente >> il Dottore ricordava la faccia di Jackie quando gliel’aveva offerto. “ Robaccia aliena”. Sospirò. Non capiva come Rose aveva potuto viverci insieme per 23 anni. Lui non l’avrebbe sopportata neppure per una mattinata.
<< Forse pensava fosse avvelenato >>
<< Grazie per la grandiosa idea, Rose! >> il Dottore si prese uno schiaffo sul braccio, mentre lei rideva. Rose adorava quei momenti spensierati tra di loro, quando si scordavano di loro stessi e pensavano solo a ridere, ridere, ridere, fino allo sfinimento. Ricordava che avevano passato tutta una sera così.
<< Gira voce che è arrivato il Dottore. Sei tu? >> una ragazza con dei svolazzanti capelli corvini si parò davanti ai due, con un sorriso.
<< Si >> rispose semplicemente il Dottore, socchiudendo gli occhi, e osservandola con estrema attenzione. << Ci conosciamo? >>
Pazzesco quanto sapesse essere distaccato, a volte.
<< Non proprio. Mia madre mi ha mandato a cercarti. Comunque, io sono Eilidh >> si presentò, stringendo con energia le mani di tutti e due.
Sembrava umana, pensò Rose, anche se quel nome non l’aveva mai sentito.
<< Tua madre? E posso sapere chi è? >> il Dottore sembrava ancor più interessato.
<< Teresa Simkey >>
Rose piegò la testa da un lato. Aveva già sentito quel cognome… Le era familiare. Lanciò un’occhiata al Dottore. Poi vide un sorriso aprirsi sul suo viso.
<< Terry! >> ecco chi era, Terry, la vecchia compagna di viaggio del Dottore! Ma non aveva un cognome diverso? << Come sta? Si ricorda ancora di me? E si è sposata? >> fece il Dottore, entusiasta.
<< Venite con me >> Eilidh fece un cenno e li portò ad un tavolo, dove c’era una donna bionda china su dei fogli e un uomo sulla 40ina di spalle.
La donna alzò la testa appena sentì il suo nome dalla figlia, che la stava chiamando. Si vedeva che non era più giovanissima, ma neanche molto anziana. Lei spalancò i grandi occhi verdi quando capitò con lo sguardo sul Dottore.
<<  Dottore? >> si capiva che non ci credeva, da come lo stava analizzando, poi scosse la testa << Ma il Dottore è un tipo molto alto con i capelli corti e gli occhi celesti. >> fece un sorriso di scuse << Scusatemi, credo che mia figlia abbia sbagl…>>
<< Sono io >> la interruppe il Dottore, sembrava divertito dalla confusione di Terry. Eilidh le fece la linguaccia, come per dire che non aveva sbagliato un bel nulla, ed era lei a sbagliarsi. << Sono solo un po’ cambiato >>
La rigenerazione … Allora Terry aveva conosciuto il Dottore quando aveva l’aspetto precedente. Ma Rose non se lo riusciva proprio ad immaginare con i capelli corti! A lei che piacevano così folti, da passarci le mani… Non che l’avesse mai fatto, ma moriva dalla voglia di sapere se erano così morbidi come sembravano! 
 
 
 Terry non dava ancora segno di crederci, e per un attimo guardò Rose. Quest’ultima fissò intensamente i fogli che stavano sul tavolo,  imbarazzata. Ma perché le persone la dovevano sempre sezionare con lo sguardo?
<< Questo ti basta? >> il Dottore si alzò la manica per un attimo, rivelando delle lettere e dei numeri minuscoli sulla pelle del braccio. Rose sobbalzò istintivamente, e a quanto pareva anche Eilidh ne fu impressionata.
<< No, ora che ti guardo … Non ne ho bisogno >> Terry si alzò e lo guardò negli occhi << Si, i tuoi occhi… Sono più scuri, *ma sempre molto vecchi >>  E poi lo abbracciò. Il Dottore ricambiò, ma senza lasciare la mano di Rose.
<< Sai che emozione, Dottore, riabbracciarti dopo 20 anni… Anche se non sei proprio come ti ho conosciuto io! Ti trovo bene, però… Sei forse più giovane di prima >> Sorrise, con gli occhi lucidi. ( e certo, dopo 20 anni! ) Rose ebbe la sensazione che Terry era un bel tipo loquace. << E lei chi è? >> guardò la ragazza con un misto di compassione e tenerezza. Come le nonne guardano i nipoti.
<< Lei la mia compagna di viaggio, Rose >> la presentò il Dottore, poi posò lo sguardo sull’uomo seduto allo stesso tavolo che li stava osservando da molto tempo. Lui si sporse per stringere le mani dei due.
<< Gareth Grey, piacere >>
Il Dottore fece una faccia come per dire “ E chi sarebbe? ”
<< Lui è un nostro caro amico, il governatore del centro abitato più grande di Dives. Dove abitiamo io ed Eilidh… Ha ricevuto l’invito e ha portato anche noi. Rose… sei terrestre, vero, cara? >>
<< Si, sono inglese >> rispose Rose. Eilidh guardò la ragazza come se fosse un animale raro.
Terry, invece, si oscurò e abbassò gli occhi.
<< L’Inghilterra … Mitch era scozzese. >>
<< Che è successo a Mitch? >> il Dottore abbassò la voce, come se si trattasse di un segreto. Aveva notato la tristezza che Terry ci aveva messo nelle sue parole.
Mitch Simkey! L’altro compagno di viaggio del Dottore… Se Terry aveva lo stesso cognome, voleva dire che si erano sposati!
<< E’ morto due anni fa >>
<< Mi dispiace >> il Dottore le posò una mano sulla spalla.
Lei fece un cenno con il capo.
<< Sai, Dottore, per un po’ ho rimpianto la nostra vita nel Tardis, le risate che ci facevano io, te e Mitch. Poi mi sono riabituata alla vita normale. Dives è un bel pianeta, molto simile alla Terra, e la mia città è meravigliosa!! Sto molto bene lì con Eilidh… >>
<< Eilidh ti somiglia molto! Tua madre ti ha raccontato le nostre avventure? Ti sono piaciute? >> il Dottore si rivolse alla ragazza bruna, sorridendole. Lei annuì con vigore.
<< Tanto che sto scrivendo un libro a proposito >>
Gareth sospirò.
<< Una grande scrittrice >> disse in tono ironico.
<< Bè, scrivere un libro sulle avventure del Dottore non è sicuramente facile >> si intromise Rose. Gareth la guardò male, mentre Eilidh la graticò con un sorriso. Terry sembrava interessata. Dall’inizio aveva mostrato interesse per Rose. Forse si ricordava di quando era stata lei al suo posto.
<< Tu da quando viaggi insieme a lui? >>
Difficile tenere un conto. Non aveva festeggiato neanche il suo ultimo compleanno. Oh, si … Con Jack, che l’aveva scoperto per caso e aveva messo più impegno a cucinare del solito ( il tutto era quasi mangiabile )
<< Credo da due anni >>
<< Credi? Non ne sei sicura? >> il Dottore la guardò meravigliato. Ma che, credeva che tenesse un diario per ogni giorno e poi alla fine li contasse? O che avesse la mente di un Signore del Tempo?
<< Allora hai avuto molti altri compagni di viaggio, in questi 20 anni >> che conclusione brillante, Terry!
<< Un bel po’. >>
<< E tutti andati… >>
<< Male. Già >> sospirò il Dottore << Però uno c’è ancora, un grande amico… E Rose ovvio >> aggiunse dopo qualche secondo, come se l’avesse scordato per un attimo.
Terry annuì distrattamente con la testa, e guardò sovrappensiero la figlia.
<< Faccio fare un giro a Rose >> la prese sottobraccio e sorrise a Terry << E’ stato un piacere. Non pensavo di rincontrarti più, sai?  Ci vediamo qui in giro >>
<< Certo, Dottore. Spero di rincontrarti presto >>
Rose non capì perché il Dottore stesse salutando la sua amica. Lo conosceva, non avrebbe finito di parlare più con Terry. 20 anni, e chissà quante cose da dirsi!
Ma non disse niente, fece solo un sorriso a Terry ed Eilidh, e uno sguardo a Gareth, che non le stava così tanto simpatico.
 
Arrivati a una delle tante tavolate bianche, il Dottore riempì due bicchieri di una strana sostanza arancione. Rose pensò a che cosa avrebbe scoperto tra qualche attimo.
<< Bevi, è buono >> lo tese alla ragazza, che, titubante, accostò il bicchiere alle labbra provandone un sorso.
<< * M.A.C! Miele, arancia, cannella. O almeno, gusti che ci si avvicinano >> le spiegò il Dottore, lasciando vagare lo sguardo tra i tavolini e i tendoni.
Rose era tutta presa dalla sua bibita, quando sentì una mano posarsi sul suo braccio.
<< Vuoi ballare? Molla il bicchiere e fai un giro con me >> Il Dottore sorrise quasi a se stesso. Dato che lei lo guardò con tant’occhi, le tolse il bicchiere di mano, posandolo sul tavolo. << Dai, stanno ballando tutti >>
Il che non era affatto vero, c’erano pochissime persone ( diciamo ) in piedi tra i tavoli, seguendo una musica che Rose non aveva mai sentito.
<< Ma… io non sono… Non so bene… >> era stupita, nonostante quell’invito le facesse più che piacere.
Il Dottore ignorò il suo balbettio, avvolgendola con un braccio.
<< Non fare la bambina, lo sai che questa è un’esclusiva, io non faccio mai ballare nessuno. Solo quelli che mi vanno a genio >>
Rose strabuzzò gli occhi.
<< Non pensavo che avessi tempo per imparare a ballare, occupato com’eri a salvare il mondo, Dottore >>
<< Dopo 900 anni non impari soltanto il funzionamento di una penna a Gautex  >>( ps dall’autrice: mi sono inventata tutto di sana pianta, non so neanche cosa sia questa penna ).
<< Sai, per una volta la mia mente è addormentata così profondamente che non voglio svegliarla per conoscere il funzionamento di questa fantastica penna a Gautex, qualunque cosa sia >>
Rose poi restò in silenzio per ascoltare la sua risata, che amava. Era cambiata la musica, ma non se n’era accorta tanto era incantata a guardare i suoi occhi.
<< Tu sei un dottore, vero? >> un uomo dall’aria seria coi capelli brizzolati arrivò trafelato << Scusami se ti  interrompo, ma c’è mia figlia... E’ urgente >>
Il Dottore sospirò, ma dalla voce dell’uomo preoccupata sembrava davvero importante.
<< Dipende da quanto urgente >> Ma fu supplicato dagli occhi di quel tipo e cedette. Poi si rivolse a Rose, con aria dispiaciuta << Ti dispiace…? Farò subito >>
Il lavoro viene prima di tutto.
<< Figurati >> gli rispose Rose, anche se era un po’ dispiaciuta.
<< Resta qui,  non voglio che ti perda… >> le raccomandò il Dottore, facendole un sorriso di scuse.
La ragazza annuì, obbediente, sedendosi su una sedia e guardandoli allontanarsi. Sperava davvero che fosse una cosa veloce, non le andava di stare da sola sotto le occhiate della gente.
Stava sorseggiando tranquillamente il suo m.a.c, quando una voce squillante le invase le orecchie.
<< Ciao! Tutto bene? Ti ho vista qui da sola… >> Rose si girò di colpo, e vide che era la figlia di Terry, quel col nome strano… Com’era?
<< Oh, ciao… Eilidh >> grazie a Dio se l’era ricordato.
<< Non si pronuncia così >> la ragazza fece una smorfia, sedendosi su una sedia accanto a quella di Rose.
<< Eilidh! Che ho detto ?>>
Eilidh scosse la testa.
<< Vabbè, non importa… >>
<< E’ un nome insolito >> spiegò Rose, come se quello la giustificasse.
<>
<< Si, sicuro. La maggior parte della superficie è occupata dall’acqua, ma ha anche panorami meravigliosi, una vasta gamma di paesaggi, ed enormi città con altissimi palazzi di vetro >>
Eilidh spalancò gli occhi. Si vedeva che era molto interessata, e a Rose venne quell’idea.
<< Ci torno oggi, se vuoi chiedo al Dottore se ti può portare con noi >>
La ragazza annuì tutta contenta.
<< Tu sei molto legata al Dottore, vero? >>
<< Già… Ho fatto grossi sacrifici per rimanere con lui.. Ho lasciato mia madre da sola e abbandonato amici e lavoro per lui >>
Era la prima volta che Rose diceva quelle cose ad una persona che non era Jack o sua madre, gli unici che sapevano tutto.
<< Lo devi amare davvero tanto per aver fatto tutto quello >> disse Eilidh con un’occhiata di “ ho capito tutto” .
Rose non riuscì mai a risponderle qualcosa perché vennero interrotte da una voce maschile.
<< Che ci fanno due belle dame sole solette? >>
Quando le due alzarono gli occhi, videro tre persone. Rose sobbalzò quando vide che al posto dei capelli avevano dei caschi, tutti decorati e colorati. Non sembravano caschi da moto… Erano proprio parte integrante della testa… Rabbrividì al pensiero ma cercò di non farlo notare.
<< Io sono Eldegor, lui Gess e lei Siemma >>
Parlava un uomo con un casco viola decorato con piccole spirali verde chiaro. Erano colori molto accesi, ma mai come quelli della ragazza, Siemma, che lo portava giallo canarino con palline lilla.
<< Piacere, io sono Eilidh e lei è Rose. Di dove siete? >> Eilidh fu la prima a parlare perché Rose era impietrita a fissare gli occhi di Gess, arancioni e rosa come il suo casco.
<< Gadoxi nella costellazione di Horo. Piacere. Voi? >> Siemma si avvicinò a Rose e cominciò a toccarle i capelli con varie esclamazioni di meraviglia.
<< Terra e… >> Rose guardò la sua amica << Dives >> completò lei.
<< Come si chiamano questi fili che avete attaccati alla testa? >> chiese Sienna, con un boccolo biondo di Rose attorcigliato al lungo dito.
<< Siemma >> la rimproverò dolcemente l’uomo che si faceva chiamare Eldegor ( molto strano come nome ). Era il più carino, aveva degli occhi a mandorla e un’espressione dolce.
<< Si chiamano capelli. Ne vuoi un po’? >> Rose non pensava che nessuno le avrebbe creduto se a casa avesse raccontato di aver regalato una ciocca dei suoi capelli a un’aliena.
<< Appena trovo delle forbici te li do >> le sorrise la ragazza. Siemma fece sì con la testa, entusiasta, guardandola con i suoi occhi gialli e lilla. La viaggiatrice capì che quegli alieni avevano il casco e gli occhi dello stesso colore.
<< Con chi siete? >> chiese Gess. I tre misero delle sedie vicine a quelle delle ragazze.
<< Io con un mio amico, il Dottore >> rispose Rose, chiedendosi appunto dove fosse finito.
<< E tu, Ellie? >>
<< Eilidh >> lo corresse la figlia di Terry << Sono con mia madre e un suo amico. Voi… non mi sembra che siate qui per ballare e divertirvi >> Eilidh notò che erano vestiti con una tuta tutta d’un pezzo, con delle borse a tracolla.
<< No, infatti >> Eldegor tirò vicino a sé Siemma che lasciò di malavoglia i capelli di Rose, e abbassò la voce << Abbiamo rilevato un forte flusso di energia, qui. E siamo venuti a controllare >>
<< Flusso di energia? >> Rose si fece tutta d’un tratto molto interessata. Strano che il Dottore non le avesse detto nulla. << Di solito c’è nei cunicoli spazio-temporali intra e inter universo, oppure quando si apre una fessura del tempo >>
Eldegor corrugò la fronte e guardò la ragazza quasi con sospetto.
<< Vedo che sei informata su queste cose. Ci potresti aiutare… >> sussurrò tra sé e sé, mentre Gess e Siemma annuirono.
<< Che ne dici di accompagnarci a vedere da dove viene? Controlliamo e ce ne andiamo. In pochissimo tempo. L’ho rilevata dal castello >>
Rose guardò in lontananza il castello, pensando. Che male c’era ad accompagnare quei 3 alieni così gentili e simpatici e farsi un giro tra quelle magnifiche decorazioni? Il Dottore le aveva detto di non allontarsi, ma lei non era il tipo che si perdeva.
Forse, il Dottore non si sarebbe neanche accorto che se n’era andata, tanto avrebbe fatto presto. E poi, non era una bambina. Sapeva badare a se stessa, e sapeva come comportarsi in situazioni strane.
Sospirò, ormai convinta.
<< Certo >> fece una specie di sorrisetto di sfida. Prese per mano Eilidh, indossando il suo mantello blu e argento, immancabile compagno. Si alzò << Andiamo >>
 
<< Ehi, no! Io resto qui, se mia madre non mi trova qui le viene un colpo >> protestò l’amica, risedendosi a braccia incrociate.
<< Dai, Ellie! Non succederà nulla! >> cercò di persuaderla Rose, aiutata poi da Gess, che la tranquillizzò << Torneremo subito >>
Alla fine Eilidh cedette e si incamminarono verso il castello.
<< Ma voi…siete solo amici? >> non sembrava fossero legati da qualcosa di particolare.
<< Siemma è la mia sorella più piccola >> disse Gess << Ed Eldegor è un nostro amico >>
<< Ma nel castello possiamo entrare liberamente? >> chiese Rose, presa dalle cose più importanti. Aveva qualche dubbio.
<< Bè, non direi, Ma con tutto questo viavai di gente nessuno si accorgerà di noi >> sorrise Siemma.
Cercarono di passare inosservati, ma non era facile con due ragazza vestite eleganti e 3 tipi con dei caschi in testa.
<< Non abbiamo mai rilevato un’energia più forte di questo, vero, Eldegor? >>
<< Mai >> annuì a Gess << Sono proprio curioso di sapere cosa si nasconde in quel castello >>
Eilidh non era dello stesso avviso. Camminava un po’ incerta.
<< Tu quanti giri hai, Ellie? >> chiese ad un certo punto Eldegor.
<< 32 giri >> rispose lei, sorridendo.
<< 32 che? >> si intromise Rose, che non capiva. Che erano quei giri?
<< Giri >> Gess scosse la testa, stupita dall’ignoranza di quella ragazza per le cose più semplici che però sembrava sapere tutto sul tempo e lo spazio << I giri sono un’unita di misura universale ( nel vero senso della parola ) per far capire quanto hai vissuto >>
<< Ah, gli anni! >> Rose si battè una mano sulla fronte. 32 giri per Ellie? Forse anni e giri non corrispondevano, la sua amica non poteva avere 32 anni. Ne dimostrava poco più di 18!
<< Anni? >> ora era Eldegor a non capire.
<>
Stavano per entrare nel castello ( che da vicino era ancora più bello, color porpora ), e Siemma aveva ragione: era strapieno di persone, e nessuno si accorse di loro.
Dentro c’era una sala che sembrava non avere fine, dove la gente stava ballando un valzer o bevendo strani miscugli. Rose pensò che l’interno era per i pochi importanti, come governatori o principi.
Sfoderò il cacciavite sonico, vedendo che Gess aveva già un rilevatore di energia, un dischetto verde. Il cacciavite cominciò a cantare ( Jack le aveva registrato il cinguettio di un passerotto! Che pensiero carino ), indicando la strada da seguire.
<< Seguiamo il rumore del cacciavite, ci porterà alla fonte dell’energia >> Eilidh guardò l’oggetto con gli occhi enormi << Che caspita è quell’aggeggio? >> sussurrò, proprio come Eldegor.
<< Ma chi sei? >> per la prima volta l’alieno guardò Rose diffidente.
Lei rise.
<< Sono la compagna di viaggio del Dottore >>
Salirono poi in silenzio le scale, e si trovarono su un corridoio semibuio. Il cacciavite faceva luce, ma era comunque un posto da brivido, dato che avrebbero potuto sbattere da un momento all’altro al muro della fine del corridoio, che sembrava continuare per un bel po’.
Ad un certo punto, il cinguettio del cacciavite divenne fortissimo, davanti a una porta.
<< Si, è da lì che viene l’energia >> mormorò Gess, con il suo dischetto, tenendo per mano la sorella Siemma, in silenzio, forse per la paura.
<< Io non entrerei >> disse Eldegor << Muoio dalla voglia di scoprire il perché di questa forte energia, ma ho uno strano presentimento. >>
Rose, che aveva ereditato un po’ del sangue freddo del Dottore e aveva imparato a non avere paura di nulla, si avvicinò di più alla maniglia della porta.
<< No, per carità, non la aprire >> piagnucolò dietro di lei Eilidh, stringendosi al fianco di Eldegor.
Rose illuminò il suo volto.
<< Dai, Ellie. Non ci sarà nulla di tanto spaventoso dietro quella porta. Entriamo e usciamo immediatamente. E’ solo una camera, innocua. Non ci può fare del male >>
Ma Rose non sapeva ancora quanto si stava sbagliando.
Prese la mano della sua amica, stringendola forte, e dopo aver lanciato un’occhiata ad Eldegor, Gess e Siemma, spalancò la porta.






* M.A.C : miele, arancia e cannella. Già, l’ho inventato, ma qualcuno mi può fare il piacere di provare il miscuglio e poi dirmi com’è? Io non ho gli ingredienti.
Grazie!
( se è una schifezza mi scuso in anticipo )
 
 
 
Allora….Cosa c’è oltre quella porta? Siete curiosi di scoprirlo?
Rose lo saprà tra qualche secondo… Ma voi?
Dove capiterà e, soprattutto, riuscirà ad uscirci…???
 
Se volete che io continui il racconto, e magari scoprire cosa si nasconde in quel castello, dovete solo dirmelo con una piccola recensione. Se non volete… Bè, affari vostri! Ihihihih!
 
Accetto critiche di qualsiasi tipo, se mi aiutano a migliorare!! Fatemi sapere… Io ho pronti tutti gli altri capitoli, voglio solo sapere se siete interessati e volete proseguire la lettura…
 
Baci dalla sempre vostra SweetLady98!
 

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Capitolo 5
*** A Kind of Magic - Una specie di magia ***


4 CAPITOLO:        A KIND OF MAGIC
                                                         Una specie di magia
 
Questo è il primo ma non ultimo capitolo fatto dal punto di vista di Rose. Mi riusciva più facile in 1 persona. Ci vediamo sotto!
 
( Rose )
 
Una luce accecante mi colpì così forte che mi accecò. Poi mi sentii scaraventata lontana, in aria, e aspettavo il momento in cui avrei sbattuto contro qualcosa.
Provai a urlare, ma non mi sentivo.
Ad un certo punto, sentii la presa di Eilidh allentarsi e, disperatamente, cercai di rafforzarla, ma invano, perché persi la sua mano.
Sembrava che migliaia di mani mi premessero sul corpo, cercassero di soffocarmi: mi dibattevo ma loro continuavano.
Fino a che non toccai qualcosa di duro e liscio sotto i gomiti.
Aspettai un po’ ad aprire gli occhi, perché la testa mi girava come una trottola. E quando li aprii, era buio, tutto completamente buio.
<< Rose? >> una voce spaventata mi chiamò da un punto imprecisato di quel buio, ma era più o meno vicino.
<< Eilidh? Stai bene? Ci sono gli altri? >>  tastai il pavimento ( era un pavimento ) ma non toccai nulla. Mi alzai in piedi, feci un passo e sentii un grido.
<< Ahia! La mia mano!! >>
Alzai subito il piede. Avevo beccato proprio Eilidh.
<< Ellie >> sussurrai << Lo so che sei qui vicino, se allunghi il braccio dovresti trovare la mia gamba >>
<< Sono stesa per terra >> si lamentò lei, e avvertii una mano stringersi intorno alla mia caviglia << Ehi! Sento qualcosa di duro! Sei tu? >>
<< Eilidh? Rose? >> la voce di Eldegor rimbombò nella stanza.
<< Siamo qui >> era la cosa più stupida che potessi dire in quel momento, ma fu la prima che mi venne in mente << Voi state bene? >>
<< Si >> rispose la voce di Siemma << Non c’è qualcosa per fare luce? Rischiamo di andare uno addosso all’altro >>
Bè, se stavamo attenti, no, perché sentivo l’aliena più lontana di Eilidh, che era proprio sotto di me.
<< Aspettate un attimo che prendo il cacciavite sonico >>
Ci fu silenzio. Frugai in tutte e due le tasche alla ricerca del cacciavite, ma non lo trovavo. Impossibile, l’avevo con me pochi minuti prima!
<< Non lo trovo >> sussurrai, disperata. Senza il mio strumento mi sentivo più persa di quanto non mi sentissi già.
<< Non è possibile, cerca meglio >>
<< Ellie, le tasche sono due, e ti dico che non c’è! >> le dissi arrabbiata. La mia amica grugnì. Poi toccai qualcosa di duro e liscio << Oh! Ho il cellulare! >> che sollievo. L’unica cosa che poteva far luce in quel momento era lo schermo di un cellulare.
<< Per fortuna >> sentii borbottare Ellie sotto di me.
Spinsi un tasto e ci fu la luce.
Trovai la mia amica stesa sotto di me, con la mano ancora attaccata alla mia caviglia.
La aiutai ad alzarsi, e guardammo i nostri amici.
<< O…Mio… Dio >>  riuscii solo a dire.
 
<< Cosa c’è? >> chiese preoccupata Siemma. Poi si mise una mano sulla bocca quando il suo sguardo cadde su suo fratello Gess. Gli indicò con mano tremante la sua testa.
Lui d’istinto si mise una mano su con un’espressione inorridita.
I tre alieni avevano i capelli…
<< Cosa sono? Cosa sono? >> cominciò a balbettare Eldegor, accarezzandosi i suoi capelli corvini, i più neri e lucenti che avessi mai visto. Gess li aveva brizzolati, mentre Siemma castani ramati.
<< Sono quelli che abbiamo noi terrestri, capelli >> mi avvicinai a loro, perplessa. Notai che i loro occhi si erano ingranditi e diventati di un colore normale ( tutti marroni cioccolato). Sembravano umani…
<< Impossibile… >>
Certo che era impossibile. Era come se quella stanza buia li avesse trasformati in umani. Ma perché? L’unica cosa che avevano uguale erano le loro tute. Anch’io avevo lo stesso vestito blu ed Eilidh il suo nero e bianco.
Siemma cominciò a passare le mani nei suoi capelli liscissimi, meravigliata ma con un sorriso che si allargò sul suo volto.
<< Sono bellissimi… >> poi aggrottò la fronte << Ma perché? E dove siamo? >>
Io ed Eilidh distogliemmo a fatica lo sguardo dalla capigliatura degli alieni e ci guardammo attorno.
Era una grande stanza completamente vuota. C’era una  porta… Ma non traspariva luce.
<< Non ne ho idea. Che sia la stanza in cui volevamo entrare? >> dissi confusa. Si, ma questo non giustificava la trasformazione dei nostri amici.
<< Credo di sì. Ora quindi riusciamo da quella porta. Non c’è nulla qui >> Eldegor si diresse, ma fu fermato dalla voce di Gess.
<< Qualcuno ha visto il mio rilevatore di energia? >> cominciò a girare per la stanza.
<< No… Ehi, Rose, guarda, c’è uno specchietto laggiù >> Eilidh lo raccolse e me lo portò.
Da dove era spuntato uno specchio? Lo rigirai tra le mani, senza trovare però cose strane. Un semplice specchietto.
<< Andiamo? >> ci richiamò Eldegor, con la mano sulla maniglia. Si vedeva che voleva tornare in fretta al ballo, dato che non avevamo trovato nulla.
Ora che avevo la luce cercai bene nelle tasche il cacciavite. Ma avevo solo… un rossetto! Non avevo rossetti nel cappotto. Mai avuti.
Ripresi Eilidh per mano senza dire niente e aprimmo la porta. Mi aspettavo di risentire quella sgradevole sensazione di stritolamento di prima, ma nulla.
Ci trovammo davanti a un’altra stanza, più grande della precedente. Sembrava fossimo capitati in una casa, perché di fronte a noi, dopo qualche metro, c’era la porta d’uscita. La luce filtrava dai sottili spazi tra il muro e la porta.
E voleva dire che c’era qualcosa là dietro. Qualcosa di luminoso.
Senza pensarci neanche un momento e seguita dai miei amici, la aprii. E quando vidi quello che c’era, mi saltò il cuore in gola.
 
Cosa? Londra?
 
 
Io ero nata a Londra, e lì avevo vissuto la mia vita fino a che non conobbi il Dottore.  Lì avevo i miei parenti, la mia casa, i miei amici. Non sarei voluta vivere in una città che non fosse Londra.
Magica Londra.
Quindi come potevo sbagliarmi? Eravamo a Piccadilly Circus.
Vedevo chiarissimo il cartello del metrò in lontananza. E il Criterion Theatre.
Le persone passavano tutte indaffarate senza fare caso a noi, per fortuna. Uscimmo tutti dalla “casa” e quando ci chiudemmo la porta alle spalle, ci girammo, e non c’era più.
 
Come facevamo ad essere a Londra se qualche minuto prima eravamo su Limnos 4? Se era un viaggio nel tempo e nello spazio, era strano, perché non avevamo scelto la meta, quindi sarebbe dovuta essere casuale. Perché la Terra, e perché proprio la mia città?
 
<< Dove siamo? >> Siemma si guardò curiosa attorno, osservando le macchine sfrecciare vicine a noi senza però fare nessun rumore.
<< E’ Londra, sulla Terra… Non capisco proprio come siamo potuti arrivare qui >> per la prima volta non mi sentii a casa come al solito, quando tornavo nella città per salutare mia madre.
<< Ehi, la porta è scomparsa >> sentii dire a Gess, che toccava il muro bianco, dove prima c’era la porta.
<< Bene, e ora come torniamo indietro? >> Eldegor si guardò spaventato intorno. Chissà come era diverso tutto dal loro pianeta. << Perché io voglio tornare indietro! >>
Siemma cercò di calmarlo, posandogli una mano sulla spalla.
<< Non ti preoccupare, ricomparirà… >>
Io avevo un forte dubbio che non sarebbe ricomparsa. Non ora, almeno. Ma comunque prima volevo dare un’occhiata in giro. Se eravamo arrivati saremmo potuti anche tornare indietro.
<< Sulla Terra, che bello! >> Eilidh era l’unica felice e contenta. Era il suo sogno….
<< Ora state calmi, non ci succederà nulla di male >> sorrisi ai miei amici per tranquillizzarli, anche se, in verità, la più preoccupata ero io. << Ora chiediamo informazioni e vedremo >>
Camminammo per un po’, alla ricerca di qualcuno a cui poter chiedere, ma tutti andavano così di fretta…
Oh, eccolo, quello che faceva per me! C’era un uomo seduto a gambe accavallate ad aspettare un pullman, stava leggendo un giornale in tutta tranquillità.
Certo, sarebbe stato più facile comprare un giornale, ma non avevo uno straccio di penny con me. Figurarsi gli altri. O Ellie, che mi avrebbe chiesto “cosa sono i penny?” , e se erano cose da mangiare. Attravesammo la strada velocemente e ci avvicinammo a lui.
<< Salve >> sfoderai il sorriso più affabile che sapessi fare << Mi sa dire che giorno è? Sono in vacanza e non tengo più molto conto dei giorni >> feci con aria quasi annoiata. Scusa poco convincente, ma non importava.
L’uomo distolse gli occhi dal giornale e mi guardò come se fossi pazza.
<< 15 giugno, no? >>
Oh, bene. Il 15 giugno era il giorno in cui partii con il Dottore. Ora importava l’anno! E come chiederlo senza sembrare ancora più matta?
<< E l’anno? 2012, vero? >>
<< Certo cara, quale se no? >> socchiuse gli occhi, come per inquadrarmi.
<< Grazie! >> sussurrai, lasciandolo al suo giornale, stupito e tornai dai miei amici.
<< Ragazzi, questa è la mia epoca. Niente futuro, niente passato. Abbiamo fatto un viaggio nello spazio >>
L’idea che quella stanza su Limnos fosse una specie di Tardis mi sfiorò la mente per la prima volta, ma non la ritenevo possibile.
<< Come può essere successo? Non abbiamo settato le coordinate. >> Gess aveva ragione, come sempre.
<< Appunto >> mi strofinai la fronte, come alla ricerca di qualche idea grandiosa << E non capisco come possiamo esser capitati proprio a Londra, con tutto l’universo a disposizione >>
<< Sembra quasi quasi che la scelta non sia stata casuale. Che qualcuno sapesse di te e ti abbia mandata nella tua città >> disse Eldegor intento a guardarsi nello specchietto che avevamo trovato nella stanza buia. Ancora non credeva di avere quei fili morbidi attaccati alla testa! << E poi, vogliamo parlare della nostra trasformazione in umani? >> Continuò quasi disgustato.
<< E della trasformazione degli strumenti >> avevo capito, finalmente. Il mio cacciavite sonico era diventato quel famoso rossetto che avevo trovato nella tasca! E l’ Identificatore di Jack era il cellulare << Di solito, nei viaggi nel tempo e/o nello spazio le cose non vengono tramutate. A quanto vedo, le uniche cose che sono rimaste uguali sono i nostri abiti >>
Siemma si toccò sovrappensiero la sua tuta verde militare.
<< Che facciamo? Il Dottore non ti ha insegnato qualche trucchetto? >> Eilidh mi guardò speranzosa.
Risi amara << Non ci servono trucchetti. >>
<< Cosa farebbe lui in questa situazione? >>
<< Bella domanda, Ellie. Si farebbe venire in mente qualcosa di geniale. Ma la mia testa ha ben poco di geniale >> le risposi alzando le spalle. << Se avessimo il cacciavite sarebbe tutto più facile…>>
<< Ma non l’abbiamo e dobbiamo trovare un altro modo. E magari in fretta, si sta facendo buio >> Siemma osservò il cielo, che infatti si stava scurendo. Mica potevamo dormire sulle panchine come i barboni!
Ma se era il 2012… Anche se un po’ strano…
<< Ho un’idea! >> Eilidh risollevò la testa, con sguardo attento << Andiamo a casa mia, da mia madre. Almeno per oggi, poi troveremo la soluzione.>>
Gess mi sorrise, mettendo in mostra i suoi perfetti denti bianchi.
<< Chi ha detto che la tua mente ha poco di geniale? >>
<< Si, ma come spiegherai la nostra presenza? >> mi chiese Eldegor. Io alzai le spalle, quella era la mia ultima preoccupazione.
<< Siete degli amici venuti da lontano. Mia madre non si stupirà così tanto, tenendo in considerazione le mie amicizie molto… ehm… fuori dal comune >>
Eilidh rise, prendendomi a braccetto.
<< Andiamo, allora >>
 
Ci incamminammo verso *Powell Estate e dopo una mezz’ora arrivammo. Almeno,vedere mia madre mi avrebbe tranquillizzata.
<< Che carino! Tu abiti qui? >> Eldegor e Gess trotterellavano accanto a me, mentre Siemma rimaneva a volte indietro a osservare le case intono.
<< Si, venite che saliamo >> il portone era come sempre aperto, anche se c’era un cartellino che diceva espressamente di chiuderlo. Salimmo le scale e arrivammo alla porta di casa.
La prima cosa che mi stupii era che non c’era il cognome accanto al campanello, noi l’avevamo sempre avuto.
Suonai.
<< Si? Desiderate? >> ci aprì una signora sui 60 anni con dei bigodini tra i capelli biondi ( ovviamente tinti ). Sentii Eilidh trattenere una risatina.
Ma… dov’era mia madre? La casa era quella, anche se non i mobili e la loro disposizione, vedevo quel piccolo difetto sul muro che c’era sempre stato.
Mi accorsi che avevo la bocca semi aperta e la chiusi immediatamente.
<< Cerco i Tyler. Jackie Tyler. Non abita qui? >>
Lei scosse la testa, poi rise. La guardai di traverso, e lei smise subito.
<< No, niente, scusami… Non sei di qui, vero?>>
<< Sono americana >> fu la prima cosa che mi venne in mente e assunsi immediatamente l’accento americano un po’ strascicato, che avevo imparato da jack. Avevo detto che lui parlava un inglese perfetto, ma quando si lasciava andare  l’accento veniva naturale.
<< Oh, ecco perché! Tutti sanno dove abita il polito inglese più famoso >>
Il politico inglese più famoso? Ma di chi stava parlando? Di mia madre sicuramente no.
Forse stava confondendo il cognome con qualche altro.
Il politico inglese più famoso? Ma di chi stava parlando? Di mia madre certamente no.
Di sicuro stava confondendo il cognome con qualche altro.
<< Come, scusi? >>
<< Non li conosci? >> sgranò gli occhi << Pete Tyler e la sua famiglia >>
Qui non quadrava qualcosa. Anzi, molto.
Mio padre era morto in un incidente d’auto quando ero una bambina. Allora…Non era la mia realtà. Quella era casa mia, non di quella signora, e mio padre sarebbe dovuto essere morto.
<< Sono un’amica di Rose Tyler, la sua penfriend. Mi ha invitato da lei ma credo di aver scritto male l’indirizzo >>
Non sapevo di essere così brava a recitare. Anche Ellie sembrò sorpresa dalla mia trovata brillante.
<< Logan Place n°1. E’ una delle ville più belle, all’inizio della strada, una traversa di West Cromwell Road, a Kensington. Non puoi sbagliarti >>
Kensington. Ci sarebbe voluto un sacco per arrivarci.. Almeno un’ora e mezza, o più. Londra non era Cardiff. E io lo sapevo bene!
<< Grazie >> abbassai la testa, vergognandomi di quello che stavo per dire << Noi abbiamo solo dollari… Dovremmo prendere un pullman… Lo so che siamo estranei, ma non potrebbe darci qualche sterlina? Prometto che poi le restituiremo tutto >>
Speravo che la signora non mi scambiasse con una povera che elemosinava. O che mi sbattesse la porta in faccia.
Ma sembrai convincente.
<< Oh, cara… Non ce n’è bisogno! >> sembrava quasi commossa << Mio figlio vi può portare con la macchina fin lì! Tom! >> chiamò.
<< Non vorrei disturb… >>
<< Figurati! >> la donna mi sorrise, e arrivò alla porta un uomo robusto con l’aria un po’ assonnata. Ci guardò incuriosito. << Questa ragazza e i suoi amici sono appena arrivati dall’ America e non sanno come arrivare a Kensington…>> prima che la madre potesse finire, lui sorrise.
<< Non c’è problema, vi accompagno io >> sparì un attimo e poi ricomparve con le chiavi.
<< Grazie, non so davvero come ricambiare.. Siete troppo gentili >> dissi senza dimenticare di calcare sull’accento americano.
<< Niente! Poi dicono che noi londinesi siamo sempre freddi e scostanti coi turisti. Venite >> uscimmo dal portone e aprì la porta di un furgoncino bianco. Ci fece entrare e in poco arrivammo davanti a quella mitica villa di Logan Place.
<< Grazie! Ci ha salvato la vita! >> sorrisi a Tom, che fece un gesto con la mano, come per dire “di nulla”.
<< Per così poco! E’ stato un piacere…? >> mi tese la mano, e mi accorsi che io sapevo il suo nome ma lui non il mio. La strinsi, e dissi il primo nome che mi venne in mente: << Samantha >>
<< Allora buonasera Samantha, anche ai tuoi amici >>.
Scendemmo dal furgoncino e aspettammo che lui mettesse in moto e girasse l’angolo per poi citofonare.
<< Ciao mamma, sono Rose, ci fai entrare? >> fu un sollievo non sforzarmi più con l’americano.
Sentii la porta sbloccarsi ed entrammo. Rimasi a bocca aperta.
C’era un bellissimo giardino all’inglese, perfettamente curato, degli alberi verdissimi dalle foglie grandi che facevano ombra su una fontana in marmo bianco dove scorreva incessantemente l’acqua. Ecco perché quel rumore.
E la casa… La casa era ancora più bella. Era alta due piani color mattone, la più bella che avessi mai visto. Anche i miei amici ne rimasero incantati.
<< Rose? Ma come ti sei vestita? >> la voce di mia madre mi scosse ed attraversammo il vialetto che portava all’entrata di casa. Mi guardò stupita.
Oh, dimenticavo di avere ancora il vestito da sera blu…
<< Ehm >> non sapevo proprio che dire.
<< Ma è bellissimo! >> Jackie si avvicinò a me e toccò il tessuto << E poi, il colore è magnifico. >>
<< Blu Tardis, non lo riconosci? >>
<< Blu che? Dove l’hai preso? >> come, blu che? Sapeva benissimo cos’era il Tardis, anzi, ero stupita che non l’avesse riconosciuto al primo colpo.
<< Ce l’avevo da tempo >> poi passai alle cose più importanti << Mamma, perché sei qui? Mi hanno detto che abitiamo in questa villa. Ti sei trasferita senza dirmi nulla? >>
<< Oh, sei arrivata, Rose? >>
Una voce inconfondibile che non sentivo da anni, si avvicinò al mio orecchie. Ebbi un brivido freddo lungo la schiena.
Mio padre.
Osservai le sue mani grandi che tante volte avevano tenuto le mie, il suo sorriso e i suoi occhi chiari che avevo ereditato. Lo abbracciai stretto senza pensarci un secondo, inspirando il suo profumo inebriante di cannella, sempre lo stesso. Dovetti fare uno sforzo per non piangere, o sarebbe parso strano.
Lui tossicchiò imbarazzato.
<< Come mai così contenta di vedermi, tesoro? >>
Alzai le spalle. Mica potevo dirgli “ Perché forse sono 14 anni che non ti vedo dato che dovresti essere morto?”
<< Non so…così >> mi allontanai di un passo da lui, e presentai i miei amici << Loro sono Gess, Eldegor, Siemma ed Eilidh >> che era ancora attaccata al mio braccio << Sono vecchie amicizie, venuti da lontano, possono restare qui con me? >>
Mia madre sorrise.
<< Certo, aggiungo i posti a tavola! Pete, hai chiamato Julie e Mary? >>
<< Mary chi? >> mi intromisi. E ora questa Mary da dove spuntava? Non conoscevo nessuno con quel nome.
<< Come “Mary chi?”. Tua sorella! >> fece mio padre con un sorriso sghembo.
Mia sorella? Ma io di sorella ne avevo solo una, Julie. Julie aveva 4 anni più grande di me e si era sposata qualche anno fa… Avevo sentito molto la sua mancanza, avrei preferito fosse rimasta ancora un po’ con me.
“ Ti affido mamma, Rose: falle sempre compagnia e rendila fiera di te” mi aveva detto Julie quando se ne andò. Non le dissi mai che non avevo fattò né compagnia né avevo resa fiera di me mia madre, anzi, tutto il contrario. L’avevo lasciata sola. In quel momento mi sentii stranamente molto in colpa.
E fui contentissima di vedere mia sorella. Lei attraversò a grandi passi il giardino, e alzò una mano in segno di saluto.
Non mi sarebbe dovuta saltare al collo? Non ci vedevamo da tantissimo tempo e da bambine eravamo state molto unite, migliori amiche.
Poi mi accorsi che era seguita da una ragazza in jeans, con dei corti capelli castani. Mary? Sembrava avere sui 15-16 anni. Oh, avevo sempre desiderato una sorella minore!
<< Ciao, Julie! Da quanto tempo! >> la abbracciai e lei mi guardò meravigliata.
<< Ma se ci siamo viste ieri? >> Julie rise, pensava stessi scherzando << E voi chi siete? >>
I miei amici si presentarono.
<< Ehi, Mary. Tutto bene? >>
Mary mi scrutò con i suoi grandi occhi nocciola. << Si, tutto bene >> c’era qualcosa di familiare in lei.
<< Sei venuta da sola, Julie? E tuo marito? >>
Julie scoppiò a ridere, quella sua risata cristallina che adoravo << Marito? Oggi sei in vena di scherzi! Io non mi sposerò mai, sorellina! >>
<< Se è per questo neppure io >> sussurrai, ma mi feci sentire lo stesso.
Allora era il passato: mia sorella non si era ancora sposata. Ma non poteva essere passato, perché era il 15 giugno 2012.
Che confusione…
<< Parla quella che si deve sposare tra poco più di una settimana! >> Mary mi diede una pacca simpatica sulla spalla.
Cosa??
Eilidh mi guardò con tant’occhi. Dovevo parlarle al più presto, qui la situazione mi stava sfuggendo di mano.
Sentimmo il suono del citofono. Oh, si, stavamo aspettando sicuramente qualcuno, la tavola imbandita sul patio era troppo piccola per sole 9 persone.
Ero proprio curiosa di chi…
<< Vai tu, Rose, tanto è lui! >> Mi urlò mia madre da dentro casa ( che poi avrei dovuto esplorare da cima a fondo ).
Lui? Lui chi? Forse un collega di papà… Un amico di Julie, magari. Non mi capacitavo mai di quanti amici avesse quella ragazza.
Corsi alla porta, e quando mi trovai davanti l’ultima persona che avrei mai immaginato di vedere lì, il cuore smise per un attimo di battere…
 








* Powell Estate: da Piccadilly Circus , centro di Londra, e Peckham, periferia( dove c’è appunto la casa di Rose ) ci vuole molto più di una mezz’ora. Ma per far quadrare tutto ho dovuto accorciare le distanze.
 
 
Saluti a tutti!
Scrivere questo capitolo è stato un po’ faticoso, era difficile descrivere la confusione e la perplessità  di Rose e ancora ora ( questa è la 3 volta che lo riscrivo ), non ne sono pienamente soddisfatta…
 
Ma vabbè! Comunque spero vi piaccia e me lo facciate sapere con un commento, ho sempre paura che ogni nuovo capitolo che metto sia una schifezza!
 
Julie è la sorella di Rose, nella serie TV non esiste, lei è figlia unica. Ma mi è servita..
Mary è la sorella minore… Ogni personaggio da ora è importante fate attenzione a cosa pensa di ognuno la nostra Rose.
Capirete il perché della loro esistenza… Prima o poi.
 
Sarei contenta se immaginaste chi Rose trova alla porta e me lo facciate sapere… Chissà se indovinate!
 Baci baci,
la vostra SweetLady98!!
 

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Capitolo 6
*** Say It's Not True - Dì che non è vero ***


5° CAPITOLO:               SAY  IT’S  NOT  TRUE

                                                                  Dì  che non è vero…
 
<< Dottore…? >>
 
Prima che potessi saltargli al collo e dire “ Grazie a Dio, Dottore, ci hai salvati! Portaci via di qui, per favore, non sai cosa sta succedendo!” lui mi cinse il fianco e mi baciò. Un bacio veloce, da abitudine, ma non per questo meno dolce.
All’inizio rimasi immobile, sconcertata per il suo gesto. Se mi avesse voluto baciare, l’avrebbe potuto fare in qualsiasi altro momento, magari al ballo, non lì.
Poi lo abbracciai. La prima cosa che mi stupii era che non aveva il solito profumo di gelsomino.
<<  Ci hai trovati! Come hai fatto, sei venuto con il Tardis? >> gli chiesi, guardandolo nei suoi bei occhi castani.
<< Tardis? Cosa sarebbe? >> alzò un sopracciglio << Sai, non è difficile arrivare a casa di tuo padre! >>
Ora ero io quella stupita. Mi stava prendendo in giro?
<< Dai, Dottore, lo sai benissimo cos’è! >>
<< Dottore? >> il sorriso che prima illuminava il suo volto si spense. Poi si girò verso mia madre, che lo stava salutando.
<< Oh, John caro! Entra pure, è quasi tutto pronto! >>
John caro? John?
Aspettò che lo seguissi, prendendomi per mano, e alla luce mi guardò da capo a piedi.
<< Ti messa elegante per me? >> ridacchiò << Sei bellissima con questo vestito… Si, lo sei sempre, però… così! >>
Mi sentii le guance infuocate, non ero abituata a sentirmi dire certe cose, soprattutto da uno che sarebbe dovuto essere il Dottore.
<< Ciao, John! Come sta il mio quasi-cognato? >> mia sorella Julie si avvicinò a noi tutta pimpante.
Il Dottore ( o dovrei chiamarlo John? ) sorrise, e mi accarezzò la guancia, sembrava soddisfatto.
Io no. Cognato? Il cognato non era il marito della sorella?
Ecco chi devo sposare tra una settimana e mezzo. Dio, fa che non svenga ora.
Julie mi guardò preoccupata.
<< Rose, ti senti male?>>
 << Sto benissimo >> squittii.
<< Oh! Eri diventata più bianca di un foglio di carta per stampante. >>
Speravo che non se ne fossero accorti… Invece sì!
Eilidh arrivò al mio fianco, con un sorriso. Strabuzzò gli occhi quando il suo sguardo si posò sul Dottore. Io mi misi un dito sulle labbra, per farle capire che non doveva dire nulla.
<< Lei è Eilidh, te la ricordi? La figlia di Terry >> dissi a John. Lui scosse la testa. << Terry? Ti stai confondendo. No, mi dispiace, non la ricordo. Comunque, piacere >>
Ma ormai avevo capito che non era il Dottore, non rimasi meravigliata. Eppure… Era uguale: stessi capelli, stesso viso, voce identica… E stessi occhi, anche se un altro sguardo quando si posava su di me, mi faceva arrossire.
Una copia, ma solo fisicamente. Non conosceva Ellie, il che sarebbe stato impossibile se fosse stato il vero Dottore.
Strinsi di più la mano di John, come per reggermi. Non mi sentivo più le gambe.
<< Stai bene, tesoro? >> John mi scostò i capelli dal viso per guardarmi bene. E per la prima volta non ebbi conforto specchiandomi nei suoi occhi profondi. Mi fecero sedere su una sedia… Chissà quanto sembravo sconvolta, allora.
Eilidh si accucciò vicino a me,
<< Devo parlare un attimo con Rose, posso? >> la sua espressione diceva chiaramente “in privato”.
Julie e John si allontanarono un po’, ma sempre tenendomi d’occhio.
<< Rose, ma quello non è il Dottore? >>
<< No >> chinai la testa.
<< Come no, è uguale! >> lo riguardò.
<< Non in quel senso, Ellie! E’ uguale da fuori, ma il suo nome è John, è quasi mio marito. Comincio a credere che questo sia un mondo parallelo. Anzi, ne sono sicura. Devo parlare con Gess ed Eldegor >> feci per alzarmi, ma la mia amica mi fermò con la mano.
<< Tu resti qui seduta, hai un colorito cadaverico. Non so cosa sia questo mondo parallelo ma credo che tu abbia ragione >> mi sorrise, per calmarmi.
<< Non vedi il problema… Negli universi paralleli si entra ma non si esce! E il Tardis, se ci arriva, si spegne >> mi ricordavo quello che mi aveva detto il Dottore a proposito dei mondi paralleli. << Siamo bloccati qui >>
Mi terrorizzava solo dirlo.
<< Ne usciremo…>> Ellie mi strinse la mano, come per farmi sapere che lei c’era sempre, a sostenermi. << Stai calma >> continuò con voce bassa e dolce. Mi fece stare meglio.
 
Quando tornai dai miei, John mi guardava stranito e preoccupato insieme. Anche mio padre, che parlava animatamente con lui.
Sembrava che i miei genitori andassero molto d’accordo con il mio quasi marito. Vidi come mia madre poggiò la mano sul braccio di John, ero sicura che lo adorassero.
Cercai di allentare la tensione con un sorriso, che lui ricambiò. Era al 100% il sorriso del Dottore. Ma quella volta non mi fece battere il cuore, come al solito. Forse ero troppo scombussolata.
<< Ci siamo tutti? >> chiese Mary a mia madre. Cercai con lo sguardo i miei 3 amici alieni, intenti a chiacchierare con Julie.
<< Manca solo… Oh, eccolo! >> la voce di Jackie fu coperta da un citofono. Mi chiesi cosa avrei scoperto anche quella volta.
Mary andò ad aprire. Era una figura alta, il volto era in ombra, camminò verso di noi.
<< Salve, gente! >>
Come non riconoscere la sua voce??
<< Jack! Per fortuna sei venuto tu! Ti ha avvisato il Dottore e sei arrivato col vortex? >>
Jack, la mia salvezza! Era proprio lui, i capelli bruni stranamente in ordine, il sorriso luminoso e un giubbotto al posto del cappotto. Lo abbracciai stretto, poi mi scostai e gli presi il volto tra le mani << E’ un universo parallelo… Il Dottore si chiama John, ho una sorella in più, e abito  qui… >>
Lui mi guardò con gli occhi sbarrati, forse non capì nulla per come parlavo veloce…
<< Rose, che ti prende? Che stai blaterando? >>
No… Non potevo dubitare anche di Jack.
<< Jack… Qual è la cosa che odi di più al mondo? >>
Gli chiesi una cosa che solo il vero Jack poteva sapere. Se era una copia, l’avrei capito con la sua risposta.
<< Uhm… non saprei… il pollo fritto?! >> piegò la testa  con la fronte aggrottata, non stava capendo perché gli stessi facendo quelle domande.
Io abbassai la testa. La cosa che più odiava al mondo era non essere chiamato Capitano quando veniva presentato agli estranei.
Pensava che quella parola mettesse in soggezione la gente e per questo venisse ancor più rispettato, quasi adulato.
Invece, quello che si guadagnava non era un inchino o simili, ma una risatina in faccia.
 
Le lacrime cominciarono a scorrere silenziose sul mio viso, tenute dentro per troppo tempo.
Se anche Jack era… strano come gli altri, non sapevo davvero più che fare. Nessuno ad aiutarmi. Ero sola
Non era il vero Jack. Jack Harkness, si, non il Capitano Jack, il mio miglior amico, il mio confidente, il mio protettore, a cui potevo dire qualunque cosa…
<< Rose? Stai bene? >> si tolse il giubbotto, e si scoprì una divisa di poliziotto.
Un poliziotto? Jack, che odiava tutti quelli in divisa, che avrebbe preso quasi a parolacce?
Fece per abbracciarmi, ma io mi allontanai, andando a finire nelle braccia del Dottore, dietro di me. Mi strinse al suo petto, e questo mi fece piangere ancora di più. Era morbido, caldo, umano: un uomo che si chiama John, non un Signore del Tempo con una cabina blu. Lo capii davvero quando sentii un solo cuore battere nel suo petto.
<< Vieni, Rose >> mi sussurrò nel mio orecchio. Eilidh e gli altre 3 arrivarono al mio fianco, preoccupati.
John si girò verso la tavola, dove tutti ci guardavano sbalorditi.
<< Scusateci, noi andiamo, Rose non sta molto bene >>
Jack continuava a guardarmi perplesso. << Si, è meglio che vai, John >>
Il “Dottore” mi portò verso l’uscita, quando Gess lo fermò mettendogli una mano sulla spalla.
<< Ehi, noi veniamo con lei >>
<< Si, vengono anche loro… Ellie >> la chiamai al mio fianco, e lei mi strinse la mano. John li guardò un po’ pensieroso, era incuriosito da quei 3 strani tipi.
<< Va bene >>
Mi girai, dando un’ultima occhiata ai miei. Mi dispiaceva soprattutto per mia madre, che non aveva detto nulla visibilmente scioccata, a cui avevo rovinato la bella cena a Logan Place.
Entrammo in un’auto. Fu strano vederlo fare una cosa così banale come guidare una macchina, lui che riusciva a pilotare una macchina del tempo!
<< Dove andiamo? >> chiesi con voce piccola, passandomi una mano sotto gli occhi per asciugarmi le lacrime.
Ellie, dietro di me, sembrava che si stesse chiedendo la stessa cosa.
John mi guardò come se non ce la facesse più e sospirò.
<< A casa nostra, no? >>
Casa nostra? Per nascondere la mia espressione sbalordita girai il viso per vedere fuori dal finestrino.
Avevamo una casa? E ci vivevamo solo noi due?
 
Nella mia vita avevo sempre aspettato di avere 20 anni per andarmene via di casa, come mia sorella, andare ad abitare con il mio ragazzo…
Cosa che poi non è successo, dato che conobbi il Dottore.
Bè, in un certo senso potevo dire di vivere con il Dottore, nel Tardis… In un certo senso, eh!
 
In una decina di minuti arrivammo, ci fermammo davanti a un palazzo color mattone con deliziose finestre al 15 di Savile Row, a MayFair.
Non avevo mai abitato in un quartiere così “in”, io, abituata alla periferia. Gli appartamenti qui erano enormi e piuttosto costosi, avevo soltanto lontanamente sognato di vederne uno, figuriamoci abitarci!
 
Quando entrammo in casa,  mi chiesi se l’avessi arredata io. Mi riconoscevo nei colori, i mobili li avrei messi esattamente dov’erano.
<< Vai a letto, ti porterò qualcosa da mangiare. >>
Non capì la mia meraviglia di vedere quel grande salone dipinto di rosa pallido. Non sentivo quella davvero casa mia, nonostante mi piacesse tanto.
E poi, dividere un letto con una persona che sarebbe dovuto essere l’uomo che amavo, ma che era solo una sua copia e che io sentivo del tutto estraneo.
<< Voi potete andare nella camera degli ospiti, ci sono due letti, un divano letto e un divano semplice >> sentii dire al John, non mancava di essere gentile anche se non era contentissimo di avere quelle persone in casa. Poi si diresse in cucina, e io mi avvicinai a Gess ed Eldegor, in piedi in mezzo al salone, un po’ spaesati.
<< Di questa casa so quanto voi… Se avete fame ci sarà sicuramente qualcosa, o chiedete al Dottore, chiamandolo John. Eilidh? >> riportai alla realtà la mia amica, assorta a guardare un quadro che raffigurava Venezia appeso al muro. Lei si girò, sorridendomi. << Dobbiamo parlare, tutti. Tra un po’ vengo, fatemi spiegare tutto al Dottore. >>
I 3 alieni annuirono, sedendosi sul divano, in silenzio.
 
Arrivai nella camera di letto. Era molto carina, si affacciava sul cortiletto.
Mi buttai sul letto senza neanche aprirlo, e per la prima volta riuscii a pensare.
Mio Dio… In che situazione ci eravamo cacciati! Guardai il rossetto sul mio comodino che prima era stato il cacciavite sonico, e sospirai.
Quella trasformazione degli oggetti non era mai successo, né il Dottore me ne aveva mai parlato.
 
Vidi la porta aprirsi e John con un vassoio in mano. Mi aveva portato un bicchiere di latte e dei biscotti. Com’era caro!
<< *Biscottini all’albicocca, lo so che ti piacciono! >>
Vero, li adoravo, ma come faceva a saperlo? Non lo avevo mai detto neanche al Dottore, dubitavo che a lui importasse qualcosa dei biscotti.
<< Grazie >> dissi solo, sedendomi a gambe incrociate sul letto. Non toccai nulla, nonostante tutto fosse di mio gradimento. Non avevo fame. Ero troppo confusa.
<< Non hai fame? >> chiese stupito, accendendo la sua luce sul comodino e stendendosi accanto a me.
<< Non molta. Puoi approfittarne >> gli tesi un biscotto, che lui accettò e cominciò a sgranocchiare.
Feci un bel sospiro. << Ti devo parlare >>
<< Si, credo che tu mi debba delle spiegazioni, Rose >> disse John un po’ acido.
Gli raccontai tutto dall’inizio, dell’uomo con il cappotto lungo e una nave spaziale travestita da cabina blu, che amavo con tutta me stessa. Di tutti i fantastici viaggi che avevamo fatto insieme.
Della mia vita, insomma. Perché la mia vita iniziò davvero quando conobbi il Dottore.
John cominciò a ridere. Come, avevo disperato bisogno di supporto, e lui rideva ? Smise quando lo guardai infuriata.
<< Scusami se rido >> mi accarezzò la guancia << Ma è tutto così assurdo, tesoro >>
Mi trattenni dal fare una faccia disgustata al suo “tesoro”.
<< Non è assurdo, Dott… Oh dio >> cominciai a sbriciolare un povero biscotto, improvvisamente aggressiva.
Il suo volto si oscurò e io sospirai, sconfitta.
Non credevo che sarei mai stata capace di chiamarlo con un nome. Anche se un giorno mi svelasse il suo vero nome io lo chiamerei sempre e comunque Dottore. Ero abituata.
<< Tu mi chiami come lui. Posso essere uguale di aspetto, a quanto mi dici, ma io non sono il Dottore, Rose! Il mio nome è John e tu l’hai sempre usato. Oggi sei…strana >>
Guardò il soffitto bianco con le dita incrociate sul petto.
<< Certo, dato che ad un tratto sono stata catapultata in questo universo parallelo! Vorrei vedere te!>> dissi risentita.
<< Tu vedi troppi film. Ok, devo vietarti di vedere *The Time Traveller’s Wife ( “Un amore all’improvviso” in italiano ) d’ora in poi. Niente fantascienza, se hai queste reazioni >> alzò un sopracciglio, forse in fondo divertito.
<< Pensi che stia scherzando, vero? >> gli gridai. Odiavo che le persone non mi prendessero sul serio. << Che cosa ci guadagnerei a raccontarti cose inventate, eh? >> gli lanciai uno sguardo di fuoco.
Lui si pentì subito di aver preso tutto come scherzo. Mi tolse il vassoio dalle gambe per abbracciarmi.
<< No, no, Rose >> cominciò ad accarezzarmi i capelli, cosa che il Dottore faceva sempre quando ero nervosa, ma John aveva un altro tocco e il suo abbraccio era soffocante per me, abituata al corpo freddo dell’alieno.
<< Semplicemente, dico che hai fatto un sogno. Si, ieri notte, molto molto vivido che sembrava reale. Solo in un sogno possono esistere alieni, macchine del tempo a forma di cabine blu più grandi all’interno e amici immortali. Come puoi pensare Jack un affascinante Capitano DiNonSoChe del 51° secolo, quando invece è un semplice poliziotto che non fa altro che girare in città per farsi ammirare in divisa? >> mi parlò con voce dolce e sicura, come si parla ad un bambino che ha avuto un incubo per convincerlo che era solo un incubo.
Forse temeva che mi rimettessi a piangere, per questo quel tono di voce.
Ma il peggio era passato… O doveva ancora venire.
<< Ma lo era! E io lo adoravo perché era così >> pensai con nostalgia al suo profumo, ai suoi occhi e al suo sguardo, così diversi in quell’altro Jack.
<< E’ un sogno… >> cantilenò John. << Hai sognato tutto. Rose, tu da qui non te ne sei mai andata! Ci sei sempre stata. Tu sei la mia ragazza, ci conosciamo da più o meno un anno e mezzo… Ti ho vista ad una festa, sei la migliore amica di una mia collega >> lui notò la mia espressione confusa e ne fu davvero << Non ti ricordi.. niente? >>
Sarebbe stato orribile rispondere con un “no” secco, quindi stetti zitta e quel silenzio pesò molto.
<< Almeno ti ricordi quando ti ho chiesto di sposarmi? >>
“Chissà come sarà stato” mi rattristai al pensiero che non sapevo neppure com’era stato.
La risposta che quell’altra Rose aveva dato era ovvia ma avrei voluto vedere come e dove l’aveva fatto…
Scossi la testa.
<< Dio, Rose! Qui la situazione è grave. Domani andiamo da qualcuno >> sciolse l’abbraccio, si vedeva che era preoccupato o almeno confuso quanto me.
<< Scusami, ma se è stato tutto un sogno che mi dici di Eldegor, Siemma, Gess e Eilidh? Eh? Sono spuntati come funghi? >>
Questa me la doveva spiegare. Certo, sarebbe stato più facile fargli capire che esistevano gli alieni se i miei amici avessero avuto i caschi, ma sfortuna aveva voluto che si trasformassero in umani. << E non posso avere solo sognato il Dottore >>
Il pensiero che quell’uomo potesse non essere reale mi terrorizzava.
<< Questo non lo so. Stasera sei tornata a casa con quei tuoi amici, eri solo andata a fare una passeggiata >>
Sembrava che non mi fossi mai mossa da quel mondo.
<< Ho sentito che ci sposiamo… Tra poco più di una settimana >> ma perché, perchè ero finita in quella situazione? Dannazione.
Lui sorrise, con una luce che non gli avevo mai visto negli occhi.
<< Non posso >> gli sussurrai. Mi dispiaceva deluderlo in quel modo, ma come potevo sposarmi se non sapevo neanche come ci eravamo conosciuti?
John mi posò una mano sulla guancia, poi mi si avvicinò e cominciò a baciarmi.
Avevo sempre desiderato baciare il Dottore, anche se non avevo mai avuto il coraggio. Non avrei mai immaginato che il primo non l’avrei dato a lui, ma a una sua copia in un universo parallelo.
Certo che le cose che mi capitano sono incredibili.
Passai una mano nei suoi capelli e finalmente scoprii che erano morbidi proprio come avevo sempre pensato. Il suo corpo non profumava di gelsomino: sapeva di bagnoschiuma, ma mi andava bene comunque, volevo solo averlo vicino, con le sue labbra bollenti sulle mie.
 
John mi amava davvero, e tanto. Questo l’avevo sempre voluto e ora che l’avevo, invece di sentirmi soddisfatta, non ero felice…
Forse perché non era il vero Dottore?
Una domanda mi venne spontanea. Perché amavo il Dottore? Perché aveva una macchina del tempo, mi aveva portata via dalla mia vita piatta, era avventuroso, inafferrabile? Mi attraeva solo la sua diversità, perché non rientrava nelle leggi della normalità?
E se fosse stato umano ( così umano ) io l’avrei amato comunque?
John era… troppo normale per me? No, era solo tutto quello che avevo sempre voluto, l’uomo che avevo sempre sognato di incontrare quando ero una ragazzina. Sogno spazzato via quando avevo conosciuto quel folle del Dottore, e da allora non avevo mai voluto nessun altro se non lui.
<< Dottore… >>  all’improvviso la voce del Signore del Tempo mi riempì le orecchie. La sentivo lontana, come appartenuta a un passato molto molto remoto. Come in un sogno, quando ci si sveglia. Lo dissi senza volerlo, d’istinto.
John si staccò da me immediatamente, rabbuiato.
<< Non posso baciarti sapendo che tu stai pensando di farlo con un’altra persona >> era più scuro di una sera di temporale, mi stava guardando malissimo. Dopo di che si alzò e scomparì in bagno.
L’avevo davvero ferito nel profondo. Non se lo meritava, mi amava… E tutto quello che otteneva era il sapere che pensavo di baciare un altro. Un altro uguale a lui, ma non dentro.
 
Con questi pensieri mi alzai anch’io e andai in salone. Trovai i miei amici seduti comodamente sul divano, stavano guardando la TV con molto interesse.
Gess fu il primo ad accorgersi di me, e vedendo la mia faccia afflitta, mi fece spazio accanto a sé, posandomi una mano sulla spalla come per consolarmi.
<< John ha detto che è stato tutto un sogno. Ma io non ci credo, i ricordi sono molto vividi. Sono sicura. >>
Eldegor chinò il capo, annuendo. Mi scrutò attentamente con quei suoi occhioni cioccolato.
<< Non è stato un sogno >>
<< Ma questo è il mondo parallelo,vero? >>
<< Credo proprio di sì >> intervenne Siemma, scuotendo i lunghi capelli rossicci << L’energia indicava proprio l’esistenza di un tunnel >>
<< Vuoi dire che in quella stanza c’era un tunnel spazio-temporale? >> era proprio quello che pensavo, ma mi sembrava molto strano che ci fosse in un castello su un pianeta per feste e divertimenti.
<< Esatto >>
<< E come torniamo indietro, dunque? >>
<< Se ti dicessi che non ne ho idea, Rose, credo ti arrabbieresti >> Gess fece un sorrisino triste.
<< Certo che mi arrabbierei! Non avete nessuna colpa, anzi… Però, pensate, sono bloccata in un mondo parallelo, tra poco mi devo sposare con una copia del Dottore che si chiama John Smith… E non possiamo tornare indietro, perché la porta è scomparsa! >>
Tutto il mio nervosismo e la mia rabbia vennero fuori in quelle frasi.
<< Ci inventeremo qualcosa… Facciamo così, Rose, tu ci dormi su e anche noi, e domani con calma vediamo che fare. >>
Sbadigliai, non vedevo l’ora che finisse quella terribile giornata.
Li salutai tutto, raccomandando di dormire bene per avere la mente fresca il giorno dopo, e tornai a letto.
La luce in camera era spenta, era in effetti tardi. Non sapevo se John era sveglio o meno, ma non mi rivolse una parola. Indossai una camicia da notte molto simile a quella che avevo a casa.
Mi stesi sul letto. Gli diedi la schiena e mi portai le gambe al petto, mi addormentavo sempre bene facendo così, come una bambina piccola.
E in quel momento mi sentii sola e sperduta, come una bambina dimenticata a scuola. Che aspetta che qualcuno la venga a prendere.





* Biscottini all'albiccocca: li adoro, sono l'ottava meraviglia del mondo!

Questo è l'altro capitolo, spero che non vi abbia deluso o annoiato ( se no fatemi un commentino! ).

"Say it's not true " è un' altra canzone dei Queen... Con un altro cantante, però!

Bè, saluti e tanti baci dalla vostra SweetLady98!!!






 
 

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Capitolo 7
*** Flash ***


6° CAPITOLO:                                              FLASH
 
 
 
Quando mi svegliai, ero ancora, purtroppo, in quella maledetta stanza dalle pareti celesti. Una debole luce traspariva dalla pesante tenda ( ps: gli inglesi non hanno le tapparelle, io sono attenta ai dettagli ) e mi accorsi che ero sola nel letto. Me l’aspettavo.
 
L’orologio sul mio comodino segnava le sette e mezza, ma dato che non avevo idea di che lavoro facessi ( o non facessi proprio ), decisi di prendermela piuttosto comoda.
E poi, se fossi dovuta andare a lavorare, qualcuno mi avrebbe svegliato prima.
 
Il mio pensiero, come al solito, andò al Dottore. Chissà se mi stava cercando. Quel ballo su Limnos durava due giorno consecutivi, me l’aveva detto lui e avrebbe avuto quindi tutto il tempo per cercarmi.
Mi stiracchiai, più per abitudine che per sgranchirmi davvero, quel letto era veramente comodo! Potevo anche restarmene lì facendo pensare che stavo ancora dormendo, ma ero curiosa di sapere che cosa avevano escogitato i miei amici per uscire da quel mondo parallelo.
Si, una soluzione ci doveva pur essere!
 
Mi diressi verso la mia bella cucina luminosa. La sera prima non avevo avuto tempo di guardarla per bene, e ora constatai che era bellissima.
Trovai tutti seduti al tavolo. Ellie sorseggiava normalmente il suo tè, ( sicuramente sapeva già cos’era e forse l’aveva già assaggiato prima di quel giorno ) mentre gli altri tre giravano i cucchiaini nelle tazze non molto convinti.
<< ‘Giorno >> salutai e loro mi risposero con la mia stessa formula. I miei capelli dovevano essere orribili perché Eldegor li guardò con un sorriso sghembo, e li sistemai meglio che potevo.
<< E tu? Non mi saluti? >> feci una smorfia divertita. Era in piedi appoggiato alla cucina. Vidi che era vestito solo di una maglietta grigia a maniche corte e dei lunghi pantaloni color fango.
Non lo avevo mai visto senza il suo cappotto e una camicia ( il Dottore vero le adorava ) e doveva ammettere che era sempre bellissimo anche con due cose semplici come quelle addosso.
<< Ciao >> disse semplicemente. Lo abbracciai, ma era rigido. Mi chiesi se era ancora arrabbiato per ieri. E non aveva tutti i torti, ma ormai io avevo cambiato piano.
Avevo deciso di abituarmi a quella mia strana vita e far finta che sia stato tutto un sogno. Tanto, anche se ne parlavo con John, non solo mi prendeva per matta, ma non concludevo comunque nulla.
Dovevo invece parlarne con i miei 4 amici. Loro sì che mi potevano aiutare.
<< Sei arrabbiato con me? >> dissi con una voce infantile, guardandolo negli occhi per scoprirlo. Di solito mi riusciva facile leggere gli occhi del Dottore ( cosa che lo infastidiva perché forse ero troppo brava ) ma quella volta non ci riuscii. Il suo sguardo era indecifrabile.
<< Ah, te lo chiedi anche? Bè, sì, se pensi di star abbracciando il Dottore e non me >> rispose secco, senza però sciogliere l’abbraccio.
<< Il Dottore? Il Dottore chi? Chi è? >> speravo davvero che si vedesse il mio stupore. Una specie di finta tonta. Come quando tua madre vede uno sbaffo di cioccolata sul mento e tu dici che la cioccolata non sapevi neanche che ci fosse.
Sembrava proprio che lui ci avesse creduto, perché corrugò la fronte.
<< Ma… Come… Ieri sera non hai fatto altro che parlare di lui… Deliravi dicendo che questo è un mondo parallelo e dovevi tornare da lui… Non ricordi? >> mi guardò confuso, e io scossi la testa.
Dovevo davvero valutare di iscrivermi ad un corso di recitazione. Ero un talento sprecato!
<< Oddio, davvero? E che dicevo esattamente? >>
Con la coda dell’occhio vidi Eilidh con la bocca semiaperta, non capiva il perché di quella bugia. Le avrei spiegato tutto dopo, ora era importante che John si rendesse conto che ero tornata normale… Un po’ meno strana, dovrei dire, perché normale non lo ero già da un bel pezzo.
<< Bè, se non ricordi, è meglio che non ti faccia tornare in mente nulla >>
<< Allora saprai tutto tu… >> gli sussurrai imbronciata, ma divertita.
<< Per fortuna sei tornata quella di sempre! Una bella dormita è servita, allora. Mi stavo seriamente preoccupando >> Si vedeva, era sollevato, il suo viso era di nuovo luminoso.
<< Ma no, non dovevi, sarà stato un sogno >> dissi con aria di sufficienza, scompigliandogli i capelli e poi ridendo per la piega che avevano preso. Lui mise a tacere le mie risate con un bacio.
Eilidh tossì, per l’imbarazzo o forse perché le era andato il tè di traverso.
 << Ehm… Scusateci >> John si staccò da me, ma tenendomi per la vita, arrossendo un po’ << Non siamo abituati ad avere ospiti >>
<< Oh, figurati! Potete fare quello che volete, è casa vostra… Anzi, siete stati fin troppo gentili ad ospitarci, non vorremmo darvi fastidio… >>
<< Ma che fastidio! >> interruppi la mia amica,avvicinandomi a lei e dandole un paio di pacchette amichevoli sulla spalla.
<< Hai fame, Rose? Ci sono nella dispensa ancora i biscotti di ieri. Intanto ti preparo un caffè >>
Premuroso, il mio maritino! Nessuno, neppure mia madre mi coccolava in quel modo. Al massimo, sarei stata io a preparare a lei la colazione.
Già, mia madre… Mi dovevo ricordare di  scusarmi con lei per ieri.
 
Comunque, quella frase di John mi stupì.
Perché? Ve lo dico subito.
Io sono inglese fino alla punta dei capelli, ma non amo il tè. Strano, vero?
Ma la cosa che dicono tutti,  che gli inglesi si scolano litri di tè ogni giorno e non saprebbero che fare senza, è una grande idiozia.
Da quando feci un viaggio con mia sorella Julie in Italia, non ho voluto altro che caffè. Lo bevevo a tutte le ore , gli italiani lo sanno fare magnificamente.
 
Mi stupiva che John sapesse di quella mia preferenza, al Dottore non avevo mai detto nulla, nel Tardis preparavo sempre il tè perchè gli piaceva di più, e di conseguenza lo bevevo anch’io.
Poi dicevo che non sapevo nulla del Dottore… Era lui che non sapeva niente di me!
 
<< Grazie! >> intanto sistemai i miei adorati biscotti all’albicocca al centro della tavola. << Voi avete dormito bene? >> chiesi rivolgendomi ai miei amici e sedendomi vicino a Siemma.
<< Magnificamente >> Eldegor fece un bel sorriso. Ci credetti, avevano tutti un’aria riposata tranne Gess, che continuava a sbadigliare.
Cominciai a mangiucchiare un biscotto mentre John mi versava il caffè nella tazzina.
<< Oh, tesoro, è tardi! Vado a vestirmi, devo andare >> guardò distrattamente l’orologio con una smorfia, e mi baciò i capelli. Era strano vedere il Dottore ( solo fisicamente, ovvio ) dare importanza al tempo. Feci un sorrisetto tra me e me.
<< Dove? >> quella domanda mi venne spontanea, e mi morsicai la lingua subito dopo, maledicendola.
<< Al lavoro, no? >> mi guardò come se fossi una ritardata.
<< Ah, giusto >> rimediai, occupando la bocca con un biscotto prima che mi potesse sfuggire qualcos’altro. Come per esempio… Che lavoro faceva? Ero proprio curiosa! E chissà il mio di lavoro…
John uscì dalla cucina e finalmente potevamo parlare in tutta tranquillità.
<< Rose, spero che sia stata tutta una commedia… Vero? >> mi sussurrò Eilidh spaventata.
Avevano paura che avessi davvero dimenticato tutto? Dimenticato loro e la mia vera vita?
<< Ma certo! >> mi affrettai a rassicurarli e loro tirarono un sospiro di sollievo. << E’ meglio che John non sappia nulla, oppure mi ricovera da qualche parte. Non dobbiamo dire nulla a nessuno, perché nessuno ci capirebbe >>
Gess annuì, facendo una cosa molto saggia, inzuppare il biscotto nel tè.
 << Io ho pensato tutta la notte a come uscire da qui… E lo vedi anche dalla mia faccia >> indicò la sua faccia stanca.
<< E ti sono grata dei tuoi sforzi… Quindi? >> bevvi un altro sorso del mio caffè, con gli occhi spalancati aspettando che parlasse. Aveva trovato la soluzione?
<< Vuoi sapere se ho capito come uscire da qui? >> rise, lasciando il cucchiaino nella tazza, e poi guardandomi dispiaciuto << Magari, Rose! Di solito come si esce da un universo parallelo? Eppure, all’inizio mi eri sembrata tu la più informata >>
Scrollai le spalle. Infatti rimpiangevo di non aver chiesto al Dottore più informazioni su quei mondi quando me l’aveva accennato…
<< Ho viaggiato per quasi due anni, ma non ero mai capitata in una situazione simile! E mai ero rimasta da sola… O senza cacciavite >> abbassai gli occhi.
Uno squillo di telefono ci distrasse.
<< Si? >>
<< Ehi Rose! >> rispose una voce squillante dall’altra parte, che non riconoscevo. Quindi azzardai a chiedere…
<< Chi è? >>
<< Ma come chi è? Sono Mel! >>
Rimasi di sasso. Mel? Conoscevo qualcuno con quel nome?
<< Oh… C-ciao Mel >> balbettai, non avendo la pallida idea di chi fosse. Un’amica, forse.
<< Allora, è confermato stamattina alle 10? >>
Ehi, calma, piano, calma! Che cosa è confermato stamani alle 10?
<< Alle.. 10? Stamattina? >> chiesi titubante
<< Non è oggi la prova per il tuo vestito da sposa e il mio da damigella? >>
Mer… Dio, non voglio essere volgare… Ma ora ci sta davvero…
Merda!
Vestito da sposa? Confusione più totale.
<< S-si. E’ oggi >> mi uscì una strana voce stridula e cominciai ad imprecare tra me e me con parole inventate, tormentando una piega della tovaglia.
<< Perfetto! >> urlò Mel nel telefono, tanto che dovetti allontanare la cornetta dall’orecchio << Alle 10 da Liberty, allora! Viene anche tua sorella, no? Lei è l’altra damigella. >>
<< Mary>> in quel caso mi chiedevo quale sorella intendeva e scelsi la più piccola << Ehm… Si, certo >>
<< Ok! Ci vediamo lì! >>
<< Certo, Mel >> Stavo per chiudere la chiamata quando la sua voce mi fermò.
<< Oh, Rose, dimenticavo: vuoi venire da me oggi per un tè? >> oh, no, altro tè! << Naturalmente anche Mary >>
<< Con piacere! >> ero proprio curiosa di conoscere questa Mel, mi stava simpatica, anche se avevo scambiato solo poche parole con lei… E poi un tè non mi avrebbe uccisa! << Ciao, a dopo>>
Quando abbassai la cornetta, sospirai, pensando a quante cose dovevo fare quel giorno.
 Avevo non pochi impegni, e scommettevo che per quella prova del vestito se ne sarebbe andato molto tempo! E dovevo anche pensare un modo per tornare al ballo su Limnos!
Liberty? Non sapevo vendesse abiti da sposa, oppure ero io poco informata. Certo, quando mai mi era passato per la mente di sposarmi e quindi comprare l’abito? Mai, ecco.
Per fortuna quel negozio era vicino, a Carnaby Street, ci volevano al massimo 5 minuti per arrivarci.
 
Ma ora il vero problema era scoprire dove abitava Mel. Non potendo chiedere a nessuno, presi il cellulare e arrivai alla M. Mel Proulx, era lì, con il rispettivo numero.
Mi armai di carta, penna, un paio di biscotti e quel masso che erano le *pagine gialle ( non credo che gli inglesi abbiano le pagine gialle, ma avranno qualcosa di simile, no? ) e trovai anche l’indirizzo della mia amica, che trascrissi subito: Emmeline Proulx, 14 Rosary Gardens, South Kensington.
<< Rose, puoi leggere questa lettera? Sono in un ritardo enorme! Ci vediamo a pranzo >> John mi sfiorò la guancia con le labbra, posando un busta color avorio sul tavolo. Tanto ero assorta che non lo avevo sentito avvicinarsi.
<< Va bene, a pranzo >> dissi a mò di saluto, prendendo subito la lettera e girandola per vedere il mittente.
Per: John Smith, 15 Sevile Row, MayFair, London.
E finora era tutto normale.
Da: Michael Smith, 5 Lünenburger Strasse, Berlin.
 
Il nome mi lasciò a  bocca aperta. Michey? Berlino? Michey scriveva a John? Cosa? Lacerai immediatamente la busta.
 
Caro John,
Ti scrivo a nome di tutti noi, come sai mamma e papà sono Joni e me da una settimana. Non sai quanto ci ha fatto piacere ricevere l’invito al vostro matrimonio! Mamma faceva salti di gioia e papà abbracciava chiunque gli capitasse a tiro. Anche Joni, e lo sai che non gli va molto a genio!
Comunque, all’inizio temevo che non ce l’avrei fatta a venire al matrimonio per il lavoro / sai come sono i tedeschi ) però sono riuscito a liberarmi. Quindi prendiamo il volo per Londra e il 24 sono lì da voi! Naturalmente mamma e papà arrivano lunedì!
Può venire anche Joni, vero? Vorrebbe tanto conoscere la tua mogliettina e non la vorrei lasciare sola.
Sai, John, non mi stancherò mai di dirti quanto sei stato fortunato a trovare Rose! Spero proprio che riuscirà a tenerti a bada. Quando la vedo la metto in guardia su quello a cui sta andando incontro sposandoti!
Scherzo, naturalmente…
Spero di trovarvi bene, e tanti baci e auguri da mamma, papà, io e Joni.
 
PS: Sono sicuro che ti piacerà la mia ragazza!
 
 Tuo fratello  Michey che-dovrebbe-essere-tuo-fratello-ma-non-gli-scrivi-mai Smith!

                        
 
Appena lessi le ultime parole, il biscotto che mi stavo portando alla bocca cadde con un tonfo sul tavolo, sbriciolandosi un po’.
I miei amici erano stupiti e preoccupati, forse pensavano che avessi ricevuto una brutta notizia o simili, ma non fecero domande.
<< Rose? Tutto bene? >> provò Eilidh, e io neanche la sentii.
Michey… Il mio amico d’infanzia, e poi mio vecchio ragazzo, nella realtà ( realtà o sogno? Cominciavo ad avere quel dubbio anch’io ) in quel mondo era il fratello di mio marito!
Incredibile… Stesso cognome… Non ci avevo mai pensato!
Ed era impossibile immaginare Michey il fratello del Dottore, loro che si erano visti una volta di sfuggita e già si odiavano!
 
Michey è stato sempre d’accordo con mia madre ( che se l’è lavorato ben bene, cosa che non è riuscita a fare con me ) sul fatto che il Dottore era un pazzo sbucato da chissà dove per portarmi lontana da loro.
Questo non è vero, perché scelsi io di andare con lui. E non mi sono mai pentita!
 
Quel mondo parallelo continuava a stupirmi.
Però, in fondo… Mi piaceva! Avevo una bella casa, amici che mi volevano bene, la mia famiglia e la possibilità di crearmene una con l’uomo che amavo.
 
Il 24… Domenica… Doveva essere quello il giorno del mio matrimonio!
Joni? E chi era Joni? La ragazza di Michey… Che strano nome.
Rilessi velocemente la lettera e notai un particolare che prima non avevo visto, un numero: 24.
Era quello, il giorno del mio matrimonio? Tra solo una settimana?
<< Rose! >> mi richiamò Siemma, sventolandomi una mano sotto gli occhi, mi ero incantata.
<< Si, si, calma Em >>
<< Em? Carino! >> disse Gess, guadagnandosi uno scappellotto dalla sorella, per nulla contenta, che incrociò le braccia.
<< Non mi piace per niente! Non lo usare mai più! >> mi sgridò, con un’occhiata di rimprovero, ma quando vide che ridevo, si unì a me.
<< Ragazzi, io oggi non ho tempo di stare con voi a pensare alla soluzione. Dio solo sa quante cose ho da fare… Scusarmi con i miei, prendere mia sorella, andare a provare l’abito, fare la spesa, cucinare… >>
Dovevo sembrare davvero disperata perché Eilidh mi mise una mano sul braccio, rassicurandomi.
<< Non preoccuparti, ti aiuteremo noi. Io e Siemma possiamo comprare il cibo e magari cucinarlo, lo facevo spesso a casa.>>
Ringraziai Ellie con un sorriso. In fondo erano ospiti, sarei dovuta essere io a occuparmi di tutto… Ma non potevo farcela.
<< Gess e io, invece, cercheremo ogni piccola cosa che ci può essere utile, per esempio foto e documenti. Va bene? >>
<< Grazie, Eldegor… Non saprei che fare senza di voi! >> ero commossa, si offrivano di fare tutto solo per aiutarmi!
Misi tutte le tazze nella lavastoviglie e pensai alla prima cosa da fare: scusarmi con mia madre.
 
<< Se chiama o citofona qualcuno, voi non rispondete. Continuate quello che state facendo, ok? >> dissi quando tornai, pronta per uscire.
Erano seduti al tavolo grande del salone, con tanti album di foto e cartelline, parlottando fra loro.
<< Aspetta, Rose, guarda qui! >> la voce di Siemma mi fermò, stavo mettendo la chiave nella toppa.
Mi avvicinai a lei e mi mostrò una foto: c’eravamo io, John e Jack, in divisa. Sorridevamo, eravamo felici.
E per la prima volta capii davvero che in quel mondo ci avevo vissuto, prima che arrivassi coi miei amici e prendessi il posto della vecchia Rose…
Ci ero nata, ci ero cresciuta, ci ero vissuta, lì!
<< Carino questo qui, è il tuo amico di ieri? >>
<< Si, è Jack >> lo guardai con tristezza, quell’universo parallelo non eravamo amici come lo eravamo nella realtà, e questo mi dispiaceva molto. << Ora vado. Non mettete troppo disordine! >> 
Raccomandazione inutile dato che il tavolo era sommerso da fogli e Eilidh quasi non si vedeva, nascosta da una pila di album di foto, e sorrisi
Pensai che da quel momento in avanti mi sarei cacciata nei guai con loro più spesso, se erano capaci di mettermi sempre di buon umore, cosa che non riusciva quasi mai a fare nessuno.
 
Con la metropolitana ci misi davvero poco ad arrivare a casa dei miei. Non ero riuscita a pensare ad altro che a quello che avrebbe detto mia madre.
<< Sono Rose, posso?  >> dissi rispondendo al citofono.
Mi aprì mio padre e lo abbracciai subito.
Mi stavo abituando pian piano a tutto, ma  non credevo che a quello mi sarei mai abituata, vedere mio padre vivo dopo tanti anni. Era stata un’emozione troppo forte. Avrei voluto stringerlo e non lasciarlo mai più, in quel momento.
<< Ciao Rose…Come mai qui? >>
Lo ricambiai col suo stesso sorriso.
<< Mi sembra ovvio… per ieri… sai >> non sapevo come continuare e arrossii.
<< Ah! No, non preoccuparti! Ansia da pre-matrimonio… E’ normale avere un po’ di confusione ora, tesoro! Anche tua madre l’ha avuta… ma non esattamente come te, ovvio >>
<< Cosa ho avuto io, Pete? >> mia madre uscì da casa, piazzandosi sul patio con le mani sui fianchi.
<< Niente, Jackie, niente >> mio padre aveva ragione a rimangiarsi le parole di prima, mia madre battibeccava per ogni piccola cosa….
<< Si, invece, hai detto qualcosa >> i  suoi occhi castani divennero due fessure.
Sapevo che stava scherzando, infatti un sorriso si allargò sul suo volto. Mi erano mancati i loro piccoli bisticci! Ah, avrei tanto voluto tornare una bambina di 7 anni, per rigodermi tutti quei momenti tra i miei genitori!
<< Ma nulla >> ripetè mio padre con calma << Ho detto un po’ di confusione >>
Jackie mi sorrise e mi abbracciò. Un abbraccio diverso da quelli che mi dava. Di solito mi stritolava, come se non ci vedessimo da mesi.
Sempre così, un abbraccio a me e un sano schiaffetto al Dottore. Per punirlo da qualcosa che mi aveva fatto, mi stava per fare o pensava di farmi. Diceva “ se non lo fai tu lo faccio io”.
E non lo faceva con delicatezza, tanto che avevo preso l’abitudine di mettermi davanti a lui per poi non vederlo nel Tardis con un segno rosso sulla guancia….
Già, mia madre era unica… E più speciale di ogni pianeta che avevo visitato.
<< Mamma, scusami per ieri, ti ho rovinato la bella serata che avevi programmato. Mi dispiace tanto! >>
Mi diede un buffetto sulla guancia.
<< Figurati! L’ importante è che tu sia tornata come prima. Ora va tutto bene, vero? >>
<< Benissimo. C’è Mary? Stamattina vado con Mel a prendere l’abito da sposa, bisogna scegliere anche il suo >> e con quella frase mia madre si convinse completamente che fossi tornata normale.
<< E’ in camera sua, vai >> mi indicò il piano superiore della villa.
 
Finalmente avevo l’occasione per guardare da dentro la casa. Il piano terra era occupato da un enorme salone, la cucina e la sala da pranzo.
Al piano di su c’erano le stanze da letto e i bagni.
Bussai alla prima porta che trovai, sperando vivamente che fosse quella di Mary…
<< Ciao, Rose! >> era proprio Mary, che sollievo. Aveva i capelli castani tutti scompigliati e masticava una gomma con aria annoiata.
<< Datti una bella pettinata e vieni con me. Devi prenderti o no l’abito da damigella? >> la guardai divertita.
I suoi occhi si illuminò e mi saltò al collo.
<< Grazie, sorellina! Pensavo che avresti voluto solo Mel come damigella! Grazie, grazie! >> gridò tutta pimpante, stampandomi un bacio sulla guancia e fece entrare nella sua stanza.
Non era grandissima, ma era molto ordinata e aveva una bella vista sul giardino.
<< Dimmi, non dovresti essere a lavoro? >> chiese mia sorella,infilandosi in jeans con abilità-
<< No… H-ho preso ferie >>
Qualcuno poteva dirmi qual era questo mio mitico lavoro? Speravo che i miei amici l’avessero scoperto.
<< Ah! Ti faranno bene, devi pensare al matrimonio, no? >>
Mi sedetti sul suo letto, sospirando.
<< Si, ho molto da pensare >> e non solo al matrimonio, stavo per aggiungere, ma mi fermai in tempo.
 
Salutammo i miei e alle 10 precise da Liberty. Era impossibile non riconoscere quel negozio, era troppo particolare!
Aspettavamo Mel, che sembrava non arrivare… Fino a che non vedemmo una figura in lontananza che agitava una mano. Era lei. Quando si avvicinò di più la guardai bene: una semplice ragazza bruna, carnagione chiara, con un bel sorriso luminoso.
Ci abbracciò e insieme entrammo nel negozio.
Ci divertimmo un mondo tra gli abiti da sposa, non ricordavo neanche più quanti ne avevo provati, ma non mi convinceva nessuno.
Fino a che non trovai quello perfetto… Gonna voluminosa, bustino stretto decorato con minuscole perline bianche, scendeva attillato lungo i fianchi, dove cadeva con morbide pieghe a formare lo strascico.
Feci scorrere una mano sul tessuto, sovrappensiero. Meraviglioso. L’altra me nello specchio mi sorrise.
Non mi ero mai vista con qualcosa di così bello addosso e specchiarmi in quel momento mi emozionò. Stavo per sposarmi. E ancora non ci credevo.
 
Matrimonio, anelli, invitati, cena… Cose da persone normali. E per un attimo rimpiansi di non aver scelto una vita normale, nella mia realtà.
Perché, perché il Dottore se potevo trovarmi qualcuno… Qualcuno come John? Umano e ordinario, ma capace di amare.
Una vita senza problemi, senza ostacoli, senza lacrime. E felice, né troppo lunga né troppo corta, godendosi ogni singolo istante. Meglio, sicuramente meglio sapere di dover morire ad un certo punto, e per questo vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo…
Me l’aveva sempre detto Jack. Non gli avevo mai creduto, non pensavo che ci fosse qualcosa di meglio dell’immortalità.
 
Perché volevo sempre le cose più complicate?
 
Mi ricordai quando mia madre mise via il suo vestito da sposa. Lei prese una scatola, lo piegò e lo chiuse lì, davanti a me, come per farmi un dispetto. Come per dirmi “ tu non lo userai mai”.
E aveva completamente sbagliato!
<< Rose! >> la voce squillante di mia sorella Mary mi fece tornare alla realtà.
<< Si? >>
<< Ti piace? >> Mel lo guardò ammirata.
<< Tantissimo. Credo che prenderò questo >> mi girai per guardare come mi stava da dietro. Ancora meglio! << Ma ora pensiamo ai vostri, di abiti >>
Quando tornai a casa, a mezzogiorno, ero sfinita. La mia amica e mia sorella erano troppo esigenti! Solo all’ultimo momento avevano trovato un vestito che andava bene per tutte e due.
<< Sono tornata! >> gridai, ma non mi rispose nessuno, e si sentiva uno strano odore di carne con qualche altra cosa. Sperando che non avessero combinato nulla di strano, o che mi avessero fatto saltare la cucina, andai a vedere.
<< Hey, Rose. Com’è andata? >> Eldegor fu il primo ad accorgersi di me, notando la grande busta che avevo in mano.
 << Benissimo! Ma… che state combinando? >> vidi Eilidh e Siemma trafficare con delle padelle.
<< Ti ho preparato il pranzo! >> sorrise la mia amica, facendomi cenno di avvicinarmi a lei. Guardai quello che stava facendo tra quei vapori << Cottage pie! >>
Rimasi a bocca aperta << Scherzi? Da dove l’hai imparato? >>
Il cottage pie era un pasticcio di carne e patate, non facile da preparare, tipico piatto inglese.
Lei mi strizzò l’occhio << Mia madre! >>
<< Tua madre è forte! >> mi chiesi se Terry cucinava quelle cose nel Tardis… Bè, data la golosità del Dottore, forse sì!
<< Il cottage pie era la sua ricetta d’emergenza, quando non sapeva che fare. >>
Ah, bene, d’emergenza… Chissà le altre cose, allora!
<< Grazie Ellie, sono curiosa di assaggiarlo. E voi, scoperto qualcosa? >> chiesi rivolgendomi a Gess ed Eldegor, che stavano ancora leggendo fogli.
Gess annuì, sorridendomi.
<< Sì, sappiamo che lavoro fai: giornalista al The Guardian. >>
Giornalista? Quello che avevo sempre voluto fare e per di più al The Guardian, famoso giornale inglese!
<< Il lavoro dei miei sogni! Che bello! >>
Eldegor rise al mio entusiasmo sul mio volto.
<< Già! Oh, e poi ha squillato il telefono ben tre volte. >>
<< Allora vado a vedere chi era. E grazie infinite per il pranzo, Ellie >>
 
Il numero mi era sconosciuto, e pensai che se era qualcuno che mi cercava così disperatamente da chiamarmi per ben 3 volte, avrebbe continuato.
Lanciai il telefono sul divano, mi sarei volentieri buttata anch’io lì, ma dovevo andare a mettere a posto il vestito da sposa, ben incartato in una scatola avorio.
 
<< Ciao a tutti! >> salutò una voce che avrei riconosciuto tra mille. Sentii dei passi dirigersi in cucina << Dov’è Rose? >>
<< Sono qui >> uscii dalla stanza da letto e abbracciai John. << Com’è andata… al lavoro? >>
Lui sorrise, sistemandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
<< Bene! I ragazzi mi hanno fatto impazzire, come sempre! >>
Ragazzi?
<< Ehm… E come mai? >> cercai di fargli dire qualcosa in più senza far vedere che non sapevo di cosa stesse parlando.
<< Non capivano i passaggi per risolvere l’equazione. Li ho dovuti spiegare almeno 4 volte! >>
Ora capivo tutto. Era un professore! Un professore! Scoppiai a ridere, non riuscivo a fermarmi. Era così incredibile!
Non me lo vedevo proprio a insegnare, sgridare i ragazzi, correggere compiti…
<< Cosa ridi? >>
<< No, niente >> ingoiai le risate che volevo ancora uscire << E’ che anch’io ho avuto dei problemi con la matematica! >>
<< Lo so, lo so >> fece lui come per dire “sei negata in matematica, lo sappiamo tutti! ”<< Però sei brava in tutto il resto, no? >> mi diede un bacio divertito e mi sorpassò, entrando in camera.
<< Allora l’hai preso, il vestito! >> disse indicando la scatola, sorridendomi contento. << A proposito, hai letto la lettera? >>
Mi appoggiai allo stipite della porta, guardandolo.
<< Si, era tuo fratello… Ha detto che il 24 è qui, ma i tuoi genitori vengono lunedì >>
Oddio, i suoi genitori! Chissà com’erano! Nella lettera c’era scritto che sua madre mi adorava… E come si chiamava? Come li avrei dovuti chiamare? Come comportarmi con Michey?
John alzò gli occhi al cielo.
<< Sono sempre gli stessi… Avevo detto loro di venire solo un paio di giorni prima! Non abbiamo tante stanza per gli ospiti >>
Ah, si preoccupava della presenza dei miei amici?
<< Tanto loro se ne andranno prima >> rassicurai il mio fidanzato << La stanza sarà libera >>
Mi rispose con un semplice “ok” e andò in bagno.
 
Bella bugia. E se non trovavamo la soluzione prima di lunedì, dove avrei sistemato i miei amici?
E se non l’avessimo mai trovata?
Forse non mi sarebbe così tanto dispiaciuto…
 
Mangiammo tutti al tavolo della cucina, in silenzio. Quel pasticcio di Ellie era davvero buono, me lo doveva insegnare! Mica potevo essere una moglie che sa fare solo il tè e un uovo!
Una moglie…
<< Oggi pomeriggio vado da Mel, ti dispiace? >>
John scosse la testa e sorrise.
<< Perché dovrebbe dispiacermi? >>
<< Ti lascio solo soletto >>
<< No, figurati, ho un sacco di cose da fare… E poi avremo un sacco di tempo da passare insieme!>>
<< Sicuro >> feci con voce dolce.
 
Il pomeriggio da Mel andò bene, ci divertimmo molto, parlando di un po’ di tutto, come si fa tra amiche.
Per più di una volta  mi trovai in imbarazzo perché non ricordavo di quella festa, di quel sabato… di cui lei parlava. Volevo capire di più. Volevo sapere le cose belle che mi ero persa.
O che avevo vissuto, ma non ricordavo…
 
Quando rientrai a casa erano le sette. Eilidh mi saltò al collo, gridando frasi in una lingua che non capivo, euforica, e facendomi saltare con lei in mezzo al salone
<< Che c’è? Che c’è? >> ripetei più volte, coperta dalla sua voce, cercando di fermarla.
<< Rose! Rose! Abbiamo trovato il modo per uscire! >>
 
<< Spiegati bene, Eldegor >>
Eravamo tutti seduti sul divano, John era uscito.
L’alieno fece un bel respiro per cominciare a parlare.
<< Mi è venuto in mente poco fa. Ho pensato a quando hai detto che questo era un mondo parallelo ma era strano perché si erano trasformati i nostri oggetti…
Ho fatto ricerche accurate e ho letto che negli universi paralleli non si arriva tramite una porta e non si trasformano gli oggetti… e noi. >> indicò i suoi capelli << E poi, saremmo dovuti essere nella Tua Londra per raggiungere quest’altra Londra.Sono sicuro che la città e Limnos4 non abbiano nessun legame.
Infine: perché siamo capitati nella tua città? E non nella nostra? In quella di Eilidh?
E mi è scattata la scintilla, quando hai esclamato: “ questo è il lavoro dei miei sogni!”. Capito, Rose? Dei tuoi sogni!
Quello che vedi qui è tutto quello che tu hai desiderato. Tuo marito, tuo padre vivo, una bella casa… Non hai detto che hai sempre voluto una sorella minore? Una cara amica sempre disponibile? Capito? Hai sempre sognato tutto questo.. E qui ce l’hai.>>
<< Vuoi dire che… questo è il mio mondo dei sogni? >>
<< Esatto. >> Eldegor fece un sorriso stiracchiato << Non so cosa ci fosse in quella stanza… Non sapevo neanche dell’esistenza di questi mondi dei sogni, quando ho studiato gli universi paralleli e co… Ma ora ne sono sicuro. >>
Aveva assolutamente ragione.
Qui avevo tutto quello che volevo. Una vita perfetta.
<< Eilidh parlava di soluzione… Quindi avete capito come uscirne? >>
Siemma sospirò.
<< Non proprio… Ma se è un mondo dei sogni… Ecco… Bisogna svegliarsi >>
Svegliarsi??
<< E come? Svegliarsi? Mi sono addormentata ieri notte ma al risveglio ero qui >>
<< Non in quel senso. Dobbiamo provare a rinunciare a tutto questo. A chiedere intensamente di tornare alla realtà. Ora proviamo. Chiudiamo tutti gli occhi, e ognuno di noi dirà che vuole rinunciare a tutto, anche se bellissimo e che vuole tornare al ballo su Limnos >>
<< Sicuro che funzionerà? >> non ero molto convinta…
Gess alzò le spalle e non mi rispose, chiudendo gli occhi.
Li chiusi anch’io.
 
Rinuncio a Mel.
Si, è una cara amica, ma ho Eildh, ora.
Rinuncio a mia sorella Mary.
Ho sempre voluto una sorellina, lei mi sta simpatica… Ma non importa…
Rinuncio a mio padre.
E questo è difficile. Io voglio mio padre. Voglio le sue carezze, i suoi sorrisi, i suoi sguardi.. Voglio che tenga compagnia alla mamma quando io viaggio con il Dottore.
Voglio che stia con me, però vivo.
Non voglio rinunciare a mio padre…
 
Vorrei tornare dal Dottore… Ma non mi manca. Cioè, si, mi manca, ma non mi manca il suo mondo. Le sue stranezze, le sue follie, no. La sensazione di non avere un posto fisso, l’essere sballottata di qua e di là, viaggiare senza una meta… Non mi manca.
Essere sempre la timida ragazza al fianco del grande, mitico Dottore o vivere come protagonista una vita, che era solo mia?
 
Certo, ero grata al Dottore per avermi salvato… All’inizio pensavo che non mi avesse fatta morire perché in fondo mi amava.
Non me l’ha mai dimostrato.
Amare un uomo che… forse non mi amerà mai? Eravamo troppo diversi. Non avevamo nessun punto in comune.
Non sapevo più cosa lui ci trovasse in me, e io cosa in lui.
 
Rinuncio a Jack.
Questo Jack poliziotto. Non mi piace.
Voglio il vero Jack. Il mio guardiano, il mio custode, il mio angelo. Pronto ad aiutarmi. Rivoglio il mio migliore amico. Mi manca tanto. Lo rivoglio, portatemelo, e la mia felicità sarà al culmine.
Solo lui non mi piace in questo mondo dei sogni. Portatemelo e sarò completamente soddisfatta.
 
Voglio John. Voglio passare tutta la mia vita con lui. Mi ama, me lo dimostra.
Perché dovrei lasciarlo?
Non rinuncio a John… No. Questo no. Mai.
Voglio stare qui. Con lui. Non voglio la stupida realtà. E forse neanche il Dottore.
 
 
 
Finii di pensare e aprii gli occhi. Un flash mi accecò.
E quando riuscii a vedere, lanciai d’istinto un grido, non credendo ai miei occhi.
 
 
 
 
 
 


Ecco qui il sesto capitolo…
Le frasi in corsivo sono i pensieri di Rose. Non vi scandalizzate, in questo momento Rose è molto abbattuta, non capisce più cosa lei ci trovi nel Dottore avendo conosciuto John... Lo so, neanche io la capisco, ma è stato fatto apposta...
Capirete, capirete che ragioni ho avuto per farle dire quelle cose.
 
Finale con suspence… Già! Mi piace! Chissà che ha Rose da gridare, accidenti! Chi ha visto? E’ tornata al ballo? Saprete tuuuuutto nel proximo capitolo!
 
Scusate per il titolo un po’ scemo… Ma non sapevo proprio che mettere! Flash è un’altra canzone dei Queen. 
 
Ringrazio con tanti tanti saluti a Mars88, la mia fedele lettrice, che non manca mai di scrivermi una recensione... galassie di baci!!
E altri baci a tutti quelli che mi seguono e leggono in silenzio…
 
E’ stato un parto questo capitolo… spero sia venuto bene. Voglio sapere che cosa ne pensate!
Ditemelo, è’ un ordine!!! XD scherzo scherzo…
 
Ma comunque passerete a farmi un commentino, vero? Gratttttttieeeeeee ( occhi da cucciolo )
Dalla vostra

SweetLady 98

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Capitolo 8
*** Lost Opportunity - Occasione perduta ***


7° CAPITOLO:                    LOST OPPORTUNITY
                                                      Occasione perduta
 
 
 
Ciao a tutti e scusatemi per gli errori dell’altro capitolo… Purtroppo mi accorgo degli sbagli sempre dopo che ho postato. Ci vediamo sotto.
 
 
Rose aprì gli occhi, aspettandosi il corridoio buio del castello su Limnos 4. Invece un flash la accecò e non riuscì a vedere nulla per alcuni secondi.
E quando vide, lanciò un grido, d’istinto.
 
La figura che era comparsa nel salone si girò di scatto, facendo ondeggiare il lungo cappotto.
<< O mio dio >> continuava a ripetere la ragazza con una mano sulla bocca.
Com’era… Com’era potuto succedere?
La figura la guardò con occhi spalancati, stupito almeno quanto lei.
<< Rose? >>
<< Jack, sei tu? >> disse Rose con voce tremante, non credendoci. Si raggomitolò sul divano, come se avesse paura. << Qual è… la cosa che più odi al mondo? >> fu la prima cosa che le venne in mente e soprattutto il modo per scoprire se era davvero lui.
Jack corrugò la fronte.
<< Che… Ma che domande sono? E comunque… Non essere chiamato Capitano quando vengo presentato agli estranei >>
Appena finì di dirlo, Rose si lanciò letteralmente nelle sue braccia, sentendo delle lacrime solcarle le guance, ma questa volta non di tristezza, ma di felicità.
<< Non il pollo fritto? >> singhiozzò la ragazza, e poi cominciò a ridere per il sollievo. Forse perché aveva detto una cosa stupida, o perché stava abbracciando Jack, il suo migliore amico, e non la sua copia. Il suo profumo, poi, era inconfondibile.
Lui la allontanò, stringendole i polsi con tutte e due le mani.
<< No, quello è il secondo! Rose, che succede? Dove siamo? >>
Lei fece per rispondere, ma venne fermata da un rumore di chiavi.
<< Sono tornato! >>
Perché proprio ora? Perché doveva tornare proprio ora?
John mise le chiavi in un vassoio trasparente e alzò una mano in segno di saluto, meravigliato alla vista di Jack, che salutò con un semplice ciao.
Jack, dal canto suo, non rispose neanche, restando a guardarlo a bocca aperta.
<< Dott… >>
Prima che potesse finire, Rose diede una forte pacca sulla spalla al suo amico che cominciò a tossire. Aveva pensato che la gomitata sarebbe stata più visibile.
<< Ciao John! Ehm… Mi è venuto a trovare Jack.>>
John scrollò le spalle non impressionato. Poi il suo sguardo corse sui divani.
<< E gli altri? >>
Già, e gli altri? Erano insieme poco tempo prima….
Per mascherare il suo stupore e anche la sua preoccupazione, Rose sorrise.
<< Sono andati! Si, se ne sono andati! >> disse a voce un po’ troppo alta, ma John non sembrò sospettare nulla << Te l’avevo detto stamattina >>
<< Ah, ok >> rispose soltanto John, togliendosi la giacca e appendendola con calma nell’armadio.
<< Devo parlare con Jack…Ci vediamo tra un po’, va bene? >>
John non aveva nulla da obiettare, e Rose tirò il suo amico verso la porta, dato che non si muoveva.
<< Allora? >> chiese Jack, impaziente, appena misero piede in strada.
Rose non sapeva neanche lei bene che dirgli… Se l’era trovato lì davanti. Non era al ballo su Limnos, non poteva essere entrato dalla porta… Ed era comparso direttamente nel suo salone.
Perché? Forse perché… l’aveva “chiamato”?
Perché aveva desiderato intensamente che venisse lui, invece di svegliarsi e tornare alla realtà?
 
E gli altri? Gli altri erano tornati? E perché lei no? Rose aveva rinunciato!
“Non a tutto” fece una vocina nella sua mente. Vero… Non aveva rinunciato né a suo padre, né a John.
Perché voleva rimanere nel suo mondo dei sogni. E infatti perché andarsene? Ora aveva anche Jack! Il suo mondo era completo, perfetto!
 
<< Ora ti racconto tutto >> lo rassicurò Rose, e cominciò a raccontargli come era arrivata in quel mondo dei sogni e chi c’era.
<< Ma come fa ad esserci su quel pianeta che dici qualcosa che ti ha portata in un mondo dei sogni?>>
<< Non lo so! E’ questo che mi chiedo. Comunque, oggi pomeriggio i miei amici mi hanno detto che avevano trovato forse il modo per tornare e abbiamo provato… Loro ce l’hanno fatta >>
<< Ma tu non sei tornata >> la interruppe Jack.
<< No, infatti >>
<< E perché? >>
La ragazza sospirò.
<< Perché io voglio vivere qui >>
Lui si fermò.
<< Che cosa? Tu devi tornare immediatamente alla realtà. Il Dottore sarà molto preoccupato. Ti cercherà dappertutto! >>
Lei alzò le spalle. << Non m’importa >> sussurrò. Aveva scelto, ormai, la sua vita, e quella voleva.
Jack scosse la testa. Le strinse il braccio, costringendola a fermarsi.
<< Dov’è finita la mia migliore amica? >> le prese il volto tra le mani, osservandola preoccupato. << Quella che ha sfidato la sorte per rimanere con il suo Dottore? Che ha rinunciato a tutto pur di viaggiare? >>
Rose si tirò indietro, irritata.
<< La tua amica ha scelto un’altra vita. Qui ho John, non voglio lasciarlo, io sono felice con lui >>
<< Oh, ho capito il tuo problema! “John” ti ama, vero? E anche tu >> Rose annuì leggermente << Bene, ti dico subito che a te piace perché è il Dottore. O, almeno, è uguale da fuori. >>
<< Prima lo pensavo anch’io, Jack! Poi, però, ho capito che è molto meglio…>>  abbassò gli occhi, d’ un tratto intristita.
<< Meglio? Tu sei fuori, Rose. Il Dottore ti ama, in un modo che neanche immagini! >>
<< Non parlare di cose che non sai >> Rose continuò a camminare come niente fosse.
Il suo amico la rincorse.
<< Aspetta… E comunque, John non John, che cosa c’entro io in questo tuo mondo dei sogni? >>
<< Senti, Jack. Qui ho tutto quello che ho sempre voluto. Mio padre, John, un lavoro che adoro. Ma non ho te, o almeno, la tua copia… Uno che se va in giro con la pistola nella fondina si sente chissà chi! Io volevo proprio te, non lui!
E quindi ti ho chiamato, ti ho tanto desiderato, e tu sei apparso. Non so come >>
Jack rimase in silenzio, con le mani nelle tasche. Sembrava concentrato, come se stesse cercando di ricordarsi qualcosa.
<< La teoria del risveglio! Sì, so come funziona >> disse ad un certo punto con l’aria di chi la sa lunga.
<< Cosa? Come lo sai? >>
<< Ho letto tanto tempo fa un libro sul mondo dei sogni, ce l’aveva il Dottore nel Tardis… Mi piaceva molto. E mi ricordo che il risveglio funziona una volta sola. I tuoi amici l’hanno sfruttato e tu no… Scusa, Rose, da stupida. Purtroppo non so dove sia quel libro. Ora chissà come faremo a tornare… >> Jack le lanciò un’occhiataccia “per colpa tua”.
Ecco perché non era rimasto scioccato così tanto quando Rose gli aveva detto che erano nel suo mondo dei sogni. Aveva letto qualcosa a proposito.
<< Io non voglio andarmene! >> ribadì la ragazza, sospirando. Non capiva o non voleva capire?
<< Allora tornerò da solo >>
<< No! >>
Jack la inchiodò con i suoi occhi celesti, che a Rose a volte facevano impressione perché erano di un colore molto simile ai suoi.
<< Dimmi perché no, Rose >> la guardò di traverso aspettando una risposta soddisfacente.
<< Perché… Perché con te il mio mondo è completo, perfetto! Mi mancavi… >>
<< Ah, sì? Ti mancavo? Ma io ti ho mai detto di essere d’accordo a vivere con te in questo mondo? Hai fatto tutto da sola. Non penserai che abbandonerei il mio lavoro e tutti i miei amici per un tuo capriccio, vero? >>
Rose si pentì amaramente di aver fatto arrabbiare Jack, che la fissava con occhi di fuoco.
<< Sei una vera egoista, Rose. Tu vuoi il meglio per te e non ti importa niente degli altri. Né del Dottore, né di me. E sei anche un’ingrata! Si! Il Dottore ti ha salvato la vita e tu preferisci un idiota con la sua faccia! >> Jack la guardò un’ultima volta, disgustato, per poi girarsi e allontanarsi.
 
Rose rimase immobile, mentre una vocina continuava a ripeterle una sola parola…
Egoista.
Era arrabbiata, non con lui, non perché le avesse detto quelle cose, ma perché in fondo sapeva che Jack aveva ragione.
Non le importava che gli altri stessero male a causa sua. Voleva solo la sua felicità, a quel paese quella degli altri!
E ora, si era guadagnata anche il disprezzo dell’unico amico vero che si ritrovava.
Brava.
<< Dove vai? Non sai neanche dov’è casa tua! >> gli gridò dietro.
Lui fece un gesto con la mano come per dire “ Non è importante”.
<< La troverò >>
 
<< Aspetta! >> Corse da lui e lo abbracciò. E, con grande stupore, Jack non la allontanò, anzi, la strinse di più << Scusami >>
<< No, scusami tu, Rose >> sussurrò l’amico tra i capelli della ragazza << Non intendevo davvero dirti quelle parole… >>
 << Hai ragione, Jack! Sono una grandissima egoista! Ma non riesco a non esserlo! >> gli occhi blu di Rose scintillavano per le lacrime.
<< Lo so, non è colpa tua. L’ho capito, è il sogno, è questo mondo che ti fa essere così. La vera Rose avrebbe combattuto per tornare dal Dottore. Questo mondo ti sta cambiando e tu non te ne stai accorgendo. Ti sta convincendo che questa è la vita che hai sempre desiderato, e non è così perché tu una vita normale non l’hai mai voluta! >>
<< Cosa? Il sogno mi sta cambiando? >>
Jack annuì, asciugandole una lacrima con il dito.
<< Si, esatto! Più rimani in questo mondo dei sogni più ne diverti parte. Comincerai a ricordare quello che hai fatto qui e a scordarti sempre più la realtà >>
Rose scosse la testa.
<< Ah, no? Facciamo una prova. Qual’ è la prima parola che ti disse il Dottore quando ti salvò dai manichini? >>
La ragazza si concentrò, ma i ricordi della realtà sembravano più sbiaditi, sfocati, come se li stesse guardando con delle lenti sbagliate.
Tempo prima non avrebbe esitato un attimo prima di rispondere. E ora si sentiva in imbarazzo, non ricordandolo.
<< Jack, io… >>
<< Non lo sai >> concluse lui, con un sospiro << Ora è meglio che vai a casa. Sono passate le otto. Poi il tuo fidanzatino idiota si preoccupa >> a Rose scappò una risatina, anche quando offendeva jack era divertente << O meglio, prima accompagni me a casa. Sperando che non viva con qualcuno, se no ti ritroverai con qualche arto in meno >>
Rose lo guardò meravigliata, attaccandosi al suo braccio.
<< No? Non ti annoieresti solo soletto? E se ti trovi a casa una bella rossa?>>
<< Rossa? Uhm… Non mi dispiacerebbe! >> scherzò Jack << Ma come disse un mio vecchio “amico”, nella mia squadra manca una bionda. Io ho subito pensato a te! >>
<< Ne sono lusingata >> Rose alzò gli occhi al cielo e  lo tirò, visto che lui era rimasto fermo a sorriderle come un ebete e a guardarle i capelli << Ora muoviti, se no si fa notte! >>
Rose, fortunatamente, sapeva dove abitava, aveva dato un’occhiata anche al suo indirizzo quando aveva cercato quello di Mel. Il 24 di Weymouth Street era vicinissimo e anche bellissimo: una casetta bianca con la bow window ( finestra ad arco ) .
Anche Jack ne rimase incantato, poi frugò nella tasca.
<< Non troverai il cacciavite, se è quello che stai cercando >> lo avvisò Rose, spiegandogli che gli oggetti si trasformavano, tranne i vestiti << Dovresti avere le chiavi al suo posto >>
Infatti, così era.
<< Vivo in un quartiere molto chic >> commentò Jack, sorridente, mentre poggiava le chiavi su un tavolino basso dell’ingresso << E devo dire che questa casa è magnifica. Sembra non ci sia nessuno… >> non c’erano segni di altre persone, era tutto perfettamente in ordine.
<< Credo che tu viva solo >> Rose lo seguì nel salottino.
<< Strano! Non ho mai avuto problemi con le donne >>
<< Non ho dubbi >> ridacchiò Rose, dando un’occhiata alla cucina. << E’ molto car… >>
<< Rose! >>
Jack le mostrò un cappellino, con aria schifata, tenendolo con due dita come se fosse stato un topo morto.
<< Ah, già… >> la ragazza non sapeva come dirglielo, temeva la sua reazione << Ecco.. Sei un poliziotto!>> disse infine con finta allegria.
<< Che cosa? >>
Rose si trattenne dal ridere alla sua espressione.
<< Lo so! Non è proprio il lavoro adatto a te, ma.. >> gli mise il cappellino << Sei molto carino con questo! >>
Jack incrociò le braccia, offeso, ma poi sorrise alla sua immagine nello specchio.
<< Vuoi dire che non lo sono già? Ma io sono molto più che carino! >> si tolse il cappello, aggiustandosi i capelli con attenzione.
Rose lo ignorò, ma era divertita << Riesci a cucinarti qualcosa o salta la casa? >>
<< Molto divertente, Rosie. Ce la farò, non preoccuparti >> Jack cercò di scompigliarle i capelli con fare affettuoso ma lei si tirò prontamente indietro.
<< Rosie? Da dov’è uscito questo nomignolo? >>
<< Non ti piace? >> il suo amico spalancò gli occhi, meravigliato, togliendosi il cappotto e lanciandolo sulla sedia.
<< Si… Lo usava sempre mio padre, o dovrei dire, lo usa >> si corresse pensierosa Rose, poi trasalì, come se prima fosse stata immersa nei pensieri << Comunque vado, prima che inizi col tuo spogliarello >>
<< Perché? Non ti piacerebbe assistere? >> la stuzzicò Jack, beccandosi uno scappellotto dalla sua amica.
<< Naturalmente no! >> rise Rose, andando verso la porta accompagnata da lui, poi fermandosi << Jack? >>
<< Si? >>
<< Non te ne andrai… Vero? >>
Lui le fece il suo sorriso largo, che usava quando voleva risollevarle un po’ il morale, e infatti Rose ricambiò.
<< Ma certo, che amico sarei se ti lasciassi sola? E soprattutto in questo mondo quasi sconosciuto? Ce ne andremo insieme. >>
<< Se riusciremo… >> Rose sperava che non avrebbe mai trovato la soluzione… O magari l’avrebbe trovata dopo tanto tanto tempo.
<< Si, riusciremo, perché non ho alcuna intenzione di rimanere qui per sempre. E neanche tu, e sono sicuro>> disse convinto Jack, sorridendole.
Rose decise di non ribattere, era stanca. << Grazie. Se hai bisogno sono al 15 di Sevile Row. Strada dritta e poi la laterale, ok? E’ facile. >> gli diede un veloce bacio sulla guancia e si incamminò verso casa.
 
<< Io ho cominciato. Ti ho aspettata, ma non arrivavi… >> si giustificò John, che stava mangiando.
<< Scusami >> Rose si lasciò cadere pesantemente su una sedia e cominciando a mangiare di malavoglia quel pezzetto di carne << Sarò una moglie orribile >>
<< Ma che dici! Sei la migliore! E comunque, ti ricordi dei miei? Vengono domani mattina >>
<< Tu ci sei, vero? >> chiese speranzosa Rose, non voleva stare da sola con quei due sconosciuti che avrebbe dovuto conoscere benissimo, ma di cui non sapeva neanche i nomi.
<< Certo, domani è domenica!! >> John la guardò stranito con una foglia di insalata a mezz’aria << ehm… Dovremmo riordinate e pulire un po’ >> il suo sguardo si soffermò sul tavolino pieno di fogli e tutta quella polvere sui mobili.
<< Credo anch’io >> Con quel “dovremmo” Rose sapeva che intendeva “dovresti”. La fame svanì del tutto pensando a quello che doveva fare in casa… Si era totalmente scordata dei genitori di John, con la scomparsa dei suoi amici e la venuta di Jack. << Te l’ho detto che non sarò il massimo come moglie… >>
<< Non dire così, non è vero >> cercò di consolarla John << E poi i miei ti adorano. Ti ricordi cosa mi dissero una delle prime volte che vennero? >>
Rose si trovò, ancora una volta, in difficoltà.
<< Uhm… Rinfrescami la memoria >>
<< “ Questa è la ragazza perfetta per te, John! Sono sicuro che prima o poi la sposerai!” >> le spiegò imitando la voce grossa di suo madre, poi tornò normale. << Bè, che ha detto Jack? >>
<< Niente di che, una chiacchierata come tutte le altre >> Rose restò sul vago, John non avrebbe mai dovuto sapere che il Jack che conosceva era stato scambiato con quello della sua realtà.
<< Mi è sembrato… strano. Mi guardava a bocca aperta. >>
Ma come accidenti faceva a notare tutto?
Rose decise di negare su tutta la linea.
<< Ma no, tesoro >> evitò però di guardarlo negli occhi temendo capisse che stava mentendo.
<< Ok, mi sarò sbagliato >> John scrollò le spalle, impilando i piatti sul lavandino.
 
 
Il tempo rimanente Rose lo impiegò mettendo a posto e pulendo un po’ la casa. Ora capiva perché, a casa,  sua madre si lamentava sempre che doveva cucinare, pulire, magari dare una pulita al pavimento… E Rose rideva, lanciandole una pantofola e dicendole che era il dovere di ogni donna, moglie e madre.
Ma ora capiva, sì. Non era piacevole, non era un bel passatempo, al massimo potevi distrarti sentendo un po’ di musica… O sentire la TV che guarda il tuo fidanzato spaparanzato sul divano senza alcun riguardo, che poi tu dovrai sistemare.
<< Io ho finito >> disse finalmente Rose, distrutta. << Vado a dormire >>
<< Non mi dai neanche un bacio della buonanotte? >> sussurrò con voce mielosa John, che la abbracciò, cominciando a baciarle il collo, facendola rabbrividire, per poi risalire verso le labbra.
<< Certo che si.. >> la mano di Rose era impegnata nell’immancabile gesto di passare nei suoi capelli.
Quel modo in cui lui la baciava la faceva sentire strana, ma felice; si sentiva al sicuro, a casa. Cosa che non avvertiva abbracciando il Dottore, forse perché John era molto più caldo. Un abbraccio freddo come quello dell’alieno poteva sembrare distaccato.
“ E forse lo era” pensò tristemente Rose. Ma non ci doveva più pensare. Non importava più, ormai. Ora aveva un abbraccio caldo tutto per lei.
<< Devo andare… >> cercò di sussurrargli la ragazza.
<< Di già? >> John fece una smorfia, e la lasciò << Quasi quasi vengo anch’io, sono stanco >>
E per la prima volta, per Rose, e la milionesima, per John, si addormentarono abbracciati.
 
 
<< Rose! Vai tu, io mi sto cambiando! >> gridò dalla camera John alla sua fidanzata, appena appena si sentì il campanello suonare.
Rose non sapeva davvero cosa dovesse cambiare, era pronto fino a qualche secondo prima!
Aprì la porta, sapeva benissimo chi era.
<< Ciao! >> invece si trovò davanti Jack, con una valigia in mano e due persone dietro di lui che parlavano ad alta voce.
<< Cosa ci fai qui… Oh, salve! >> Rose non finì di dire che una donna sui cinquant’anni la abbracciò forte.
<< Cara Rose! >> quando si allontanò di un passo la ragazza riuscì a guardarla meglio. Aveva corti capelli castani e occhi dello stesso colore. Niente di particolare ma neanche da buttare via.
Il marito, invece, doveva essere stato davvero bello da giovane, una fotocopia di John, ma con gli occhi tendenti al verde.
<< Come va… >> Rose guardò Jack che le sillabò un nome alquanto strano e lei pregò che non lo sbagliasse se no sarebbero stati problemi << April? >>
Lei corrugò la fronte e il cuore di Rose perse un colpo.
<< Chiamami Lily, lo hai sempre fatto! >> le sorrise poi << Sto benissimo! >>
Cosa c’entrasse Lily con April, Rose ne sapeva poco. Strinse la mano all’uomo, e il suo nome gli venne spontaneo: *Matt.
 << E John? >> chiese quest’ ultimo, venendo poi accontentato dalla comparsa del figlio, che li salutò tutti e due abbracciandoli.
<< Com’è andato il viaggio? ... Jack? Che ci fai qui? >> fece John, stupito dalla sua presenza.
<< Ah, lui? >> Lily mise affettuosamente una mano sulla spalla di Jack  << Che caro ragazzo, mi ha portato la valigia >>
Jack sorrise imbarazzato, alzando il bagaglio.
<< Ehm… Vado a lasciare questo. Rose, mi fai strada per piacere? >>
Rose non se lo fece ripetere due volte e lo portò nella stanza degli ospiti. Chiuse la porta e incrociò le braccia.
<< Ora mi vuoi spiegare tutto? >>
<< Ma niente. Ci siamo incontrati all’angolo della strada, e vedendo che ci eravamo fermati tutti e tre alla tua porta mi hanno chiesto se anch’io dovessi andare dagli Smith. Io ho risposto di sì e ho preso il bagaglio di quella povera signora, è proprio stanca. Bè, a quanto pare mi ha presa in simpatia. >>
Rose sospirò.
<< Le hai sorriso, vero? >>
<< Bè, si. Anche un paio di complimenti. Cosa da me. >>
<< Sei irrecuperabile! >> rise Rose, abbracciandolo << Ma perché sei venuto? >>
Jack aprì la bocca per cominciare a parlare, ma venne fermato dall’entrata di John.
<< Rose? Ti stanno aspettando di là >> posò per terra un’altra valigia, un po’ più piccola e aspettò che Rose lo seguisse, con Jack al suo fianco.
La mattinata passò tra chiacchiere e risate, anche momenti in cui Rose non sapeva che dire per l’imbarazzo o per non ricordarsi qualcosa. Jack cercava sempre di aiutarla in qualche modo o di sviare il discorso, guadagnandosi occhiate di riconoscenza.
<< April è un bel nome, mi piace molto >> stava dicendo Rose, tranquillamente.
<< Lo daresti a tua figlia? >>
Cosa poteva rispondere? Non c’era nulla di male << Certo >>
April fece degli occhi dolci e sorrise.
<< Allora lo aspettiamo. Non voglio fare alcun torto a tua madre… ma magari puoi farne due, così metti anche il suo! >>
Jack, invece di aiutarla, la fissò con una strana espressione, e lei fece un grosso sforzo per non ridergli in faccia.
Poi divenne bordò quando capì il vero senso della frase. << Non ho…ehm, in programma figli, per ora… >>
<< Ma noi vorremmo tanto un bel nipotino, vero Matt? >> April posò la sua mano su quella del marito, che alzò un sopracciglio. << Bè, è ancora presto, no? Prima falli sposare. >>
In quel momento, Rose apprezzò molto di più Matt, regalandogli un sorriso di gratitudine.
 
Jack e Rose riuscirono a parlare in bagno, l’unica porta che si poteva chiudere a chiave, solo quel pomeriggio piuttosto tardi.
<< Allora >>
<< Senti un po’… Mi sono ricordato dov’è quel libro. >>
<< Quale libro? >>
<< Come, quale libro? Il libro sui mondi di sogni! Con tutte le soluzioni>>
<< Ebbè? >>
<< E’ al Torchwood. Il Dottore me lo regalò e io me lo portai. Lo misi nella biblioteca. >>
Rose lo guardò confusa poi cominciò a ridere.
<< Forse non hai capito, Jack: noi non possiamo tornare alla realtà e di conseguenza non possiamo andare al Torchwood! >>
<< Non il mio Torchwood… Questo del mondo dei sogni. Ce n’è uno. >> Jack annuì alla faccia sbalordita della sua amica << Guarda >> prese un foglietto dalla tasca e lesse <>
<< Un Torchwood dei miei sogni?>> Rose sbuffò.
<< Si! Io voglio andare a vederlo. Lì c’è la biblioteca e ci sarà. >>
<< Che ne sai? Quel libro l’hai lasciato al tuo Torchwood. Pensi di ritrovarlo qui? Non credo >>
<< Io penso di trovare una copia di quello reale. D’altronde, in questo mondo non ci sono tutte le copie delle persone? E allora ci saranno quelle delle cose >>
Jack sembrava molto convinto di quello che diceva, ma Rose non capiva ancora dove il discorso doveva andare a parare. << E quindi? >>
<< Quindi, domani noi andiamo e ci facciamo assumere. Cerchiamo il libro. Se non c’è… Bè, non so che fare. Ma noi proviamo. Che ne dici? >>
<< Tu sei pazzo >> Rose scosse la testa.
Era l’ultima cosa che voleva fare, trovare un modo per tornare alla realtà. Cioè trovare quel libro. Non voleva andarsene.
Quello lo capì anche Jack, dalla sua espressione.
<< Io ci vado, tu fai come vuoi. Ma ricorda: io ho ancora il risveglio a disposizione e posso usarlo quando voglio, lasciandoti sola qui. O me o questo mondo dei sogni, Rose. Non puoi averci tutti e due. >> Jack le fece una carezza sulla guancia.
<< Va bene >>
 
“ Dio, ti prego, fa che quel libro non esista. O che  abbia fatto la fine più brutta che un libro possa fare.”







* Matt Smith: ironia della sorte ehehehehe
 
Ri-ciao a tutti! Ho aggiornato un giorno prima, vedete quanto vi voglio bene?
Questo capitolo non mi soddisfa granchè…Ma è carino, dai.
 E’ venuto Jack, amo Jack e non potevo non metterlo in questa storia… ha un ruolo fondamentale, e siamo tutti con lui.
E’ l’unico che può riuscire a far cambiare idea Rose… Ci riuscirà? E come? Lo scoprirete nel prossimo capitolo.
E il libro? Lo troveranno? Come sarà questo Torchwood dei sogni?
Prossimamente!
Ora vi lascio, sono sicura che appena postato avrò dimenticato di dire qualcosa, ma non importa!
Tanti baci a tutti quelli che mi leggono! Non scordatevi una recensione anche piccola piccola!
 
Dalla vostra
SweetLady98
 
Ps: tutti i luoghi in questa storia citati sono reali.

 

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Capitolo 9
*** Torchwood ***


8° CAPITOLO :                                                 TORCHWOOD



La mattina dopo erano lì, davanti a quello stadio che sarebbe dovuto essere il Torchwood, stando a quello che diceva Jack. Il buon senso e l’esperienza di Rose le avevano suggerito di non fidarsi troppo di Jack e delle sue supposizioni, ma quella volta era stata costretta.
Aveva ceduto, anche se in cuor suo sapeva che non avrebbero mai trovato lì il libro che cercavano… O almeno sperava.
<< Secondo me non ci fanno neanche entrare, anzi, non risponderanno. Dovrebbe essere un’ organizzazione segreta, non credi? Se qualcuno fosse venuto a bussare al tuo Torchwood, tu che avresti fatto? >> Rose fece una smorfia, scuotendo la testa come per dire “ è inutile anche provarci”.
Jack scese dalla moto blu e bianca che aveva “preso in prestito” come soleva dire, passandosi una mano nei capelli, il vento aveva scompigliato, nel vano tentativo di rimetterseli a posto.
<< Smettila >> Jack lanciò un’occhiataccia alla sua amica, che ricambiò senza alcun problema << Nessuno sa resisterci. Vedrai, ci prenderanno in un batter d’occhio >>
Rose non ne era tanto convinta e fermò Jack che si stava già avvicinandosi a grandi passi verso l’entrata dell’edificio.
Era uno stadio, si vedeva chiaramente, anche se fa fuori era in pessimo stato, sembrava stesse per cadere da un momento all’altro. Ed era proprio quello l’effetto che dovevano dare le persone che lavoravano lì per evitare che si avvicinasse gente.
<< Come risponderemo quando ci chiederanno come conosciamo il Torchwood? Per tutti è uno stadio inutilizzato e in rovina. Naturalmente non diremo che abbiamo trovato l’indirizzo al 30° risultato scrivendo “Torchwood, Londra”. >>
Jack rise, alla preoccupazione e al sopracciglio alzato di Rose, smettendo quando vide il suo sguardo assassino.
<< Non fare lo scemo, è importante! >>
<< Calmati, Rosie! Diremo che abbiamo… delle conoscenze, ecco. E se non ci fanno entrare dico che vado a spifferare tutti i fatti loro >> le fece un sorrisetto, prendendola per mano.
<< Sei spietato! >> Rose  non trattenne una risata << Ma, ricordati, se succede qualcosa… >>
<< La colpa è mia, sì >> finì Jack stancamente, come se avesse detto quella frase almeno un migliaio di volte. << Ma andrà tutto per il meglio, vedrai >>
<< Lo spero per te >> borbottò Rose, camminando verso l’entrata al suo fianco, con un profondo sospiro.
Jack diede segno di aver sentito facendo un mezzo sorriso, ma non rispose.
<< Ah, Jack? >> lo richiamò la ragazza, prima che lui spingesse quel tasto che doveva essere il citofono. Lui si girò << Non flertare con le ragazze >>
Jack sbuffò, aprì la bocca per parlare, ma lei lo fermò alzando una mano.
<< No, neanche con i ragazzi >>
<< Ma… >>
<< Jack! >> Rose gli lanciò un’occhiata di fuoco. << Lo so che nessuno sa resistere al tuo fascino, a parte me, ma usalo solo quando è necessario, intensi? >>
<< E va bene >> si arrese lui << Ma non è vero che tu mi resisti! >>
( a questo punto se fossi stata Rose lo avrei schiaffeggiato… povero Jack, ma se le cerca )
<< Oh, non è vero, sta zitto! >> Rose alzò gli occhi al cielo, sapendo benissimo che stava mentendo, spesso Jack le faceva uno strano effetto a causa del suo comportamento, da quando l’aveva conosciuto, praticamente.
<< Non solo devo fare qualcosa che non voglio, devo anche ascoltare i tuoi discorsi senza senso! >>
<< Ok, sarò più sopportabile d’ora in poi >> Jack le mise una mano sulla spalla, come per scusarsi.
Suonarono il citofono, ma non rispose nessuno per almeno i primi cinque minuti.
<< Hai visto? >> fece Rose con aria trionfante. << Te l’avevo dett… >>
<< Sì? >> rispose una voce femminile un po’ strana. << Chi è? >>
Jack rimase interdetto per un attimo << Capitano *James Harper e Rosalind Tamblyn >> rispose poi.
Rose divenne di vari colori. Doveva trattenersi dall’uccidere il suo amico in quel momento ( ps: voi non immaginate gli schiaffi che si danno nel fuori scena ehehe ).
Si era permesso di inventarsi il suo nome falso! Non le aveva chiesto nulla!
<< Jack! >> mormorò a denti stretti, stringendogli forte il polso e sperando di fargli male, ma lui non emise un lamento.
<< Ssh… Non ti lamentare, ti ho inventato un nome bellissimo! >>
<< Stasera facciamo i conti >>
Jack le sorrise, una splendida faccia da schiaffi, che Rose avrebbe volentieri usato per allenamento.
<< Chi siete? >> continuò la donna al citofono.
<< Siamo qui perché dobbiamo parlare con il capo… >>
<< Qui non c’è nessun capo. Noi stiamo lavorando per rendere lo stadio di nuovo utilizzabile >> disse la voce velocemente, come se fosse una specie di copione. Jack, ovviamente, non se la bevve, anche perché anche lui aveva detto tante volte qualcosa di simile.
<< Senta, non mi prenda in giro! Sappiamo benissimo cosa fate là dentro! >>
<< Ora senta lei, non capisco… Io sto lavorando, non ho tempo per ascoltare le sue pazzie! >> rispose la voce irritata.
Jack sospirò, ma non voleva assolutamente mollare, non era da lui.
<< O ci fa entrare o andiamo a dire in giro del Torchwood e cosa fate dentro questo stadio. Ha capito bene? >> intervenne per la prima volta Rose, e arrivò subito al punto, era inutile girarci attorno.
Jack le fece un grande sorriso e le sussurrò qualcosa, che suonò come un “sei degna di essere mia amica”.
<< Io non… >> la voce venne coperta da un’altra, maschile.
<< Si può sapere chi è? >> questa non era più tanto gentile.
<< Con chi sto parlando? >>
<< Lei prima mi dica chi è, qui le cose le chiedo io! >>
Jack aveva trovato davvero qualcuno pronto a farlo andare in escandescenza, cosa che non era facile… Qualcuno che osava ordinargli qualcosa e se ne infischiava delle sue domande!
<< Va bene, lo ripeto… Il Capitano James Harper e Rosalind Tamblyn. >>
Rose fece una risatina. Qualunque nome usasse Jack, non rinunciava mai a Capitano, anzi, in quel caso lo marcò con la voce.
<< Piacere…? Noi stiamo lavorando nello stadio. Cosa desiderate? >>
Stavano tutti così tanto insistendo che quasi quasi Rose ci credette.
<< Ehi, forse è vero! >> cercò di dire, ma Jack la zittì con un gesto della mano.
<< Perché non ci fate entrare? Solo per dare un’occhiata a questo…stadio >>
<< Non possiamo far entrare nessuno >>
Jack fece, suo malgrado, un sorrisetto, era sicuro di spuntarla alla fine.
<< Questo ce l’ha detto anche la sua collega. L’unica cosa che non ha capito è che noi sappiamo tutto di voi >>
<< Non capisco >> certo che quest uomo era proprio bravo…
<< No? E se vi dicessi che in questo periodo state lavorando a… >> jack si morsicò il labbro << sugli Ood. Se sapete cosa sono, sapete cos’è il Torchwood. Io lo so! E appena me ne andrò di qui, tutti in Gran Bretagna sapranno chi siete. E questo non lo volete, vero? >>
<< A meno che… >> Rose pensò che non era giusto terrorizzarli fino a quel punto.
<< A meno che non apra questa benedetta porta >>
Si sentì un sospiro profondo.
<< Entrate >>
Jack fece l’occhiolino a Rose e un sorriso sghembo che gli scavò una fossetta sulla guancia.
<< Non cantare vittoria >> lo avvertì la sua amica.
 
Da dentro, quel Torchwood era grande quanto uno stadio, completamente coperto. Era molto simile a quello reale…
Si trovarono davanti una donna abbastanza giovane, capelli lunghi biondo cenere spettinati ed espressione severa.
<< Cosa volete da noi? >> chiese immediatamente, chiudendo subito la porta alle loro spalle e incrociando le braccia.
<< Sono quei due pazzi del citofono, Sarah? >> urlò una voce in lontananza. C’era una ragazza con una cascata di capelli ricci seduta a un tavolo, attenta a guardarsi le unghie.
Jack alzò un sopracciglio, non gli andava molto essere considerato “pazzo”.
<< Tu continua a lavorare, Belle! >> la sgridò un uomo, con voce autoritaria, avvicinandosi a Rose e Jack. La ragazza, Belle, non rispose e prese un foglio sbuffando.
<< Il capo, presumo. >> Jack fece un cenno con la testa. Si capiva da come aveva parlato alla riccia. Era brizzolato, sui sessant’anni e quell’espressione che ti intimidisce. << Sono… Harper. Il Capitano James Harper >>
Il capo e la donna si lanciarono un’occhiata divertita.
<< E’ un appassionato di James Bond? >>
Jack era esattamente James Bond, solo che nel mondo di Star Trek.
<< N-no… E’…è il mio nome! >>
Rose non aveva mai visto il suo amico, di solito così sicuro di sé anche se mentendo, balbettare e quindi fece un sorrisetto. Sapeva che lui per attimo aveva temuto che lo avessero riconosciuto.
E poi, dalla sua faccia, si capiva chiaramente che non aveva la più pallida idea di chi fosse quel James Bond.
<< Sì, gli piace molto, vero? Io sono Rosalind Tamblyn, piacere >>
Jack la ringraziò con un sorriso, per averlo tolto da quel momento di imbarazzo. Il capo strinse la mano della bionda lentamente, guardandola e facendola diventare rossa cercando di inquadrarla.
<< Piacere. Steven McCoy. Ora venite nel mio ufficio, voglio vederci chiaro >>
Fece cenno ai due di seguirlo seguiti dallo sguardo curioso di Sarah e Belle, che intanto era tornata alle sue unghie.
<< Non pensavo che un vecchio rimbambito fosse a capo del Torchwood. James Bond? Cosa si è bevuto stamattina? >> borbottò Jack, guardando nelle stanze ai lati del corridoio largo.
<< Sta zitto >> Rose gli diede un leggera gomitata, non era il caso che McCoy li sentisse.
 
Arrivarono in quell’ufficio, non era grande come quello del Torchwood reale, ma molto più ordinato. I due amici rimasero in piedi, in mezzo alla stanza.
<< Prego >> il capo si sedette alla scrivania e indicò due poltroncine color perla.
 << Allora? Il motivo che vi ha portato qui a romperci le scatole e addirittura a minacciarci? Qual è? >>
McCoy guardò pensieroso Jack, che ancora non rispondeva.
<< Bè? La lingua che aveva prima? La vedo preoccupato, Capitano >> pronunciò l’ultima parola con una punta di scherno << Cosa c’è, ha lasciato la sua nave in seconda fila? >> fece un sorrisetto divertito. A Jack non piacque affatto quella frase e rispose immediatamente, punto nel vivo.
<< Mi chiedo se è diventato il capo di questo posto facendo il simpaticone. Oppure sono proprio da lei queste battutine squallide… Se è così, le consiglio di tirarsi un po’ su >>
Rispondere male già alla prima domanda non era il modo migliore per cominciare, anche se Jack era molto, molto suscettibile.
<< Ja…James! >> Rose gli mandò un’occhiataccia.
<<  Non si preoccupi, signorina >> McCoy fece un gesto a mezz’aria con la mano << Risponderò al suo amico: si, sono diventato capo di questo posto facendo il simpaticone! >>
Cominciò a ridere e Jack si unì, invitando con un’occhiata anche Rose, che non ci trovava assolutamente niente da ridere.
<< Passiamo alle cose serie >>
<< Vuole sapere come facciamo a conoscere il Torchwood >> sospirò Jack e il capo annuì. << Abbiamo delle… conoscenze >>
<< Quali conoscenze, se posso? >>
<< No, non può >> A Rose sfuggì un sorriso alla frase dell’amico, che non si faceva scrupoli a rispondere ( anche male) al capo. Immaginò cosa avrebbe fatto se qualcuno avesse risposto così a lui.
<< Lo devo sapere. Questo… qualcuno potrebbe dirlo in giro e non sarebbe bene. >>
<< Oh, non lo farà >> “anche perché questa persona non esiste” pensò Rose. Rispose lei al posto di Jack per evitare che lui dicesse qualche altra cosa non molto gentile << Può stare tranquillo >>
<< Posso essere sicuro che voi non direte nulla di noi? >> il capo li guardò attentamente tutti e due.
<< Non lo faremo >> lo tranquillizzò Jack, appoggiandosi allo schienale della poltrona << A patto che…lei ci assuma. >>
McCoy spalancò gli occhi e per paio di secondi non riuscì a dire nulla.
<< Io… assumere voi? >> ridacchiò << Questa è bella! E perché dovrei farlo, sentiamo >> incrociò le braccia aspettando una risposta soddisfacente.
<< Perché lei ha bisogno di  noi >> fu l’unica cosa che venne in mente a Rose, ma neanche lei sapeva bene cosa volesse dire e non si stupì del sorriso divertito che comparve sul volto del capo.
<< Ah sì? >>
<< Si! Due persone in più, credo che lei ne abbia poche qui. O sbaglio? >> Jack stava letteralmente parlando a vanvera, non sapeva quanti dipendenti ci fossero in quel Torchwood, ma il suo intuito non sbagliava quasi mai. << e poi, non abbiamo pretese. Ci può pagare quanto vuole, se lo vuol fare ovviamente >>
<< Ci mancherebbe che non lo facessi. Voi lavorate e io pago, mi sembra normale >> McCoy appoggiò i piedi sulla scrivania, una posa che a Rose ricordò molto Jack, ma che non era molto adatta a un uomo di quell’età.
<< Allora ci prende? >> la ragazza sfoderò la sua voce più seducente, che aveva scoperto da poco di possedere, di solito convinceva le persone con due occhi grandi.
Steven li guardò pensieroso, mordicchiandosi il labbro.
<< Vi piacerebbe così tanto lavorare qui? Non è divertente, vi avverto >>
Stava cedendo e forse anche grazie alla consapevolezza che se non avesse fatto quello che Jack e Rose volevano, nel giro di poco tempo tutti avrebbero saputo di quell’organizzazione segreta che era il Torchwood.
<< E’ il nostro sogno, faremmo qualsiasi cosa per ottenere quei due posti >>
E quando Jack diceva qualsiasi cosa, era davvero qualsiasi cosa.
<< E’ un ricatto quello che mi avete fatto, lo sapete? >> McCoy riprese una posa composta, per fortuna, perché Rose si era stancata di fissare il numeretto 41 sulla suola della scarpa.
<< Ne siamo consapevoli. Ho detto, qualsiasi cosa >> ribadì Jack, era ormai certo che avrebbe accettato.
<< Bene, siete decisi. Mi piace. Voglio proprio vedere cosa riuscite a fare…Ho una piccola prova per voi. Ora venite, vi faccio conoscere gli altri >> con un sospiro il capo si alzò e li portò nella stanza principale.
Jack fece l’occhiolino alla sua amica, prendendola per mano.
<< Hai visto? Nulla di tanto difficile >>
<< Solo perché l’abbiamo ricattato e terrorizzato. Anche tu avresti accettato vedendo due ragazzi che si presentano alla tua porta dicendo “ fateci entrare o vi riveleremo a tutto il mondo!” >> rispose Rose in un’imitazione non proprio perfetta di Jack, facendo subito dopo una smorfia.
 
McCoy chiamò tutti, erano due ragazze e due ragazzi, tutti piuttosto giovani.
<< Sono cinque. Sarah Leary, Isabelle Lange, Finn Greenfield e Luke Haywood. >> li presentò << Loro sono James Harper e Rosalind Tamblyn, d’ora in poi lavoreranno qui >>
Rose riconobbe la prima coi capelli biondicci, Sarah e quella riccia con le unghie perfette, Belle, che la osservò con aria di sufficienza, mentre a Jack lanciò un’occhiata incuriosita.
 Prima che Rose si potesse chiedere perché il capo aveva detto “sono cinque” quando di persone ne vedeva solo quattro, arrivò un’altra ragazza. Non la conosceva, era una rossa con grandi occhi color cioccolato, che si presentò come Melissa Brown e strinse energicamente la mano a tutti e due.
<< Potete chiamarmi Lissy, però, lo preferisco >>
Rose le sorrise, le stava già simpatica, non sapeva bene perché.
<< Io sono Rose e lui è James >>
Lissy annuì, l’aveva forse già sentito prima.
<< Ci siamo incontrati già da qualche parte? Hai un viso familiare >> continuò riferendosi a Jack. << No, non mi pare >>
<< Se conosci ragazzi così, Lissy, vengo volentieri con te a fare un giro in città la prossima volta >> intervenne Belle, che aveva perso per un momento interesse per il suo french e accanto a lei Sarah rideva.
<< Grazie >> disse Jack con un sorriso << Possiamo fare un giro… o no? >> pensò bene di mettere fine a quelle osservazioni, che, se pur piacevoli, era alquanto imbarazzanti.
<< Certo. Luke? Accompagneresti il nostro *Mid Atlantic ( vedi fine ) e la sua ragazza a visitare il Torchwood? >>
L’ennesimo tentativo di McCoy di fare il simpatico fallì miseramente, solo Rose e Belle azzardarono una risatina.
<< Cosa vorrebbe insinuare a riguardo del mio inglese? >> Jack non capiva come mai McCoy ce l’avesse così con lui, come se volesse farlo ridere a qualunque costo. O forse fargli capire che lì lui era l’unico a cui era permesso scherzare.
Sostenne lo sguardo del capo finchè quest’ultimo lo posò su Luke, facendogli cenno di andare.
<< Si! James, Rosalind, venite con me. Lissy, mi puoi aiutare? Lo sai che sei più brava tu a spiegare le stranezze di qua >>
Lissy accettò di buon grado, e dopo che Rose ebbe tirato la manica a Jack per fargli smettere di guardare male McCoy, si allontanarono dal gruppetto.
<< E dai, che vuoi che sia? Mid Atlantic… che bella trovata >> sussurrò Rose quando erano già lontani. Già non sopportava quei continui battibecchi tra i due.
<< Ha offeso il mio inglese perfetto > le rispose l’amico con una smorfia, seguendo Lissy e Luke in una stanza.
<< Quando ti alteri, non è più così perfetto >> sorrise Rose, poi si zittì perché Luke stava presentando la biblioteca. E che biblioteca! C’erano migliaia di libri ben ordinati negli scaffali, e alcuni ancora negli scatoloni.
<< Come vedete, dobbiamo ancora sistemarne molti. Lo spazio scarseggia… E’ una biblioteca enorme ma tutta piena! >>
Non bisognava scordarsi che era proprio un libro, benedetto libro, il motivo per cui Rose e Jack erano andati al Torchwood. Sicuramente per non lavorare!
E infatti, quei due non si stavano perdendo una parola.
<< Potremmo farlo noi, intendo mettere a posto questo pandemonio >> jack interruppe la spiegazione del ragazzo castano, senza accorgersi dell’occhiata fulminante di Rose, la quale non aveva alcuna voglia di passare il tempo tra la polvere e soprattutto i vaneggiamenti di Jack ( anche se divertenti, dopo un po’ stancavano ). Sarebbe stato meglio che avesse parlato solo per sé, ma lei le aveva detto che doveva fare tutto quello che diceva senza obbiettare.
Luke si illuminò alla proposta di Jack.
<< Vi piacerebbe? Davvero? Grazie Mid… James, ci faresti un gran favore, devi parlarne al capo >> Jack sospirò, era proprio l’ultima cosa che voleva fare << Ora continuamo il giro, venite >>
Quel Torchwood era davvero grande, Rose non ricordava neanche più come erano arrivati in quella stanza piena di strani oggetti, che Jack prendeva in mano, riconosceva e commentava sotto l’espressione sgomenta di Luke.
<< Tu e Mid…ehm, voglio dire James, state insieme? Insomma, hai questo gran pezzo di… uomo e siete solo bravi  e cari amici? >> Lissy alzò un sopracciglio appena sentì la risata della bionda.
Sapeva che prima o poi qualcuno glielo avrebbe chiesto.
<< Bè, non proprio >>
Pensandoci, era molto più credibile un ragazzo che convince la fidanzatina a lavorare insieme…
<< Non proprio? McCoy ha detto “ la sua ragazza” >>
<< McCoy? Ecco perché è un po’ montato, voi date così tanta importanza a quello che dice… Credo sia stato per indicarmi >>
<< Hai un nome >> puntualizzò giustamente Lissy, scuotendo i lunghi capelli rossi << E fai bene a non dare molta importanza a Steven. Ho notato che James non lo sopporta >>
<< Non so perché, ma si diverte a punzecchiarlo. E James è un tipo piuttosto suscettibile. Devi sapere come trattarlo e magari non toccare alcuni argomenti >>
Rose guardò il suo amico, ricordando che era sempre stato paziente con lei, la scusava quando diceva qualcosa che non gli piaceva molto. E non aveva lo stesso comportamento con il Dottore.
<< Oh, non preoccuparti. Ha fatto così con tutti, vuole capire il carattere di ognuno. A me, continuava a toccare i capelli. Ma alla fin fine, è un buon capo >>
Un buon capo pazzo.
 
<< Questo è davvero forte >> Luke scelse una boccettina tra i tanti strani oggetti della stanza, alcuni che Jack già conosceva e, come in quel caso, non aveva mai visto.
<< Cos’è? >> non c’erano inscrizioni all’esterno.
<< Leggi qui >>
Era un foglio scritto fitto fitto, e quando Jack lesse, un’idea gli balzò in mente e un sorriso gli venne spontaneo.
 
Aveva un piano.
Si, Jack Harkness, o meglio James Harper – Jack rise dentro di sé pensando a quelle volte che aveva usato quel nome falso – aveva un piano.
Uno che avrebbe fatto impallidire anche quelli così geniali del Dottore.
Ci stava pensando già da un po’, a come convincere Rose a tornare alla realtà. ( se ovviamente avessero mai trovato il libro, tra quelle migliaia ).
Doveva lavorarsela ben bene, e più tempo trascorrevano insieme, meglio era … E quella boccettina, gli fece venire in mente il pezzo di piano, più importante, che mancava.
Quella boccetta con un liquido insignificante, forse chissà per quanto tenuto lì dentro, era la sua salvezza.
La loro salvezza.
 
 
<< L’hai sognato per davvero un capo così insopportabile, Rose? >> secondo Jack, un mondo dei sogni doveva essere perfetto in tutto… Comprese le persone. Poteva parlare liberamente, c’erano solo loro due nella biblioteca.
Rose alzò le spalle, prendendo dei libri gialli da uno scatolone.
Jack aveva chiesto, obbligatissimo, a McCoy se potevano occuparsi della biblioteca, e la risposta del capo “ cominciate da oggi, certo”. Con quel plurale, Rose aveva capito che era inclusa anche lei in quel lavoro. Il più noioso del mondo.
<< No, McCoy non l’ho mai desiderato. Ci mancherebbe! Sarà quello sbaglio che c’è un tutto ciò che è perfetto >>
<< Credo che sarebbe contento di distinguersi, anche come sbaglio. >> Jack impilò tutti i libri e ne lesse i titoli << Ho la sensazione che qui ci metteremo un bel po’ di tempo…  >>
<< Sei tu che ti sei offerto di occuparti della biblioteca..  mettendo in mezzo anche me! Se non fosse per te, io non sarei qui, non mi importa nulla di questo libro che cerchi. Io tolgo solo i libri dagli scatoloni, il resto lo fai tu, sia chiaro >>
Jack le accarezzò i capelli, ridendo della sua espressione.
<< Ma dai, vuoi lasciarmi solo a leggere i titoli di tutti i libri di qui? >> le fece il sorriso che a lei piaceva tanto. << Una volta ti ho aiutata, ora tocca a te >>
<< Bravo, rivangare ricordi e poi farmi sentire in colpa! >> Rose incrociò le braccia, e si sedette pesantemente sulla sedia.
Il suo amico le strizzò l’occhio << Ho imparato da te! >>
 

 






·         James Harper, nome usato da Jack in una puntata del Torchwood
·         Mid Atlantic: un mix tra l’inglese britannico e l’inglese americano ( perfetto per Jack, che non vuole assolutamente sentirselo dire )
 
Ehi!!!
Sono in un ritardo mostruoso, e questo capitolo non è venuto grandioso… Non così male, ma sono certa che avrei potuto fare di meglio.
Non ho più molto tempo ( compiti, puff… ) e quell’oretta al pc me la devo giocare bene XD, infatti una buona parte del tutto l’ho scritta a scuola.
 
Siete curiosi di scoprire qual è il piano geniale di zio Jack? Eh?
 
Vi avverto che i prossimi capitoli non saranno lunghi come i precedenti, perché ci saranno altri problemi più in là e preferisco concentrarmi su quelli, che sono certa vi piaceranno di più.
Ma questo non vuol dire che ci scriverò una misera paginetta! Eh nono
 
Baci a tutti quelli che recensiscono ( sante Killer e Mars <3 <3 ), che mi seguono o leggono ogni tanto!
Non scordatevi un commentino se passate di qui!
 

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Capitolo 10
*** Under pressure ***


9 CAPITOLO:                     UNDER PRESSURE
 
 


Ma vi siete chiesti che sta succedendo dall’altra parte, eh?
Premessa: un giorno in quel mondo dei sogni equivale a dieci minuti circa su Limnos4.
 

( Dottore )

 
<< Ma… Io non sono un dottore, io sono il Dottore >>
L’uomo che mi era accanto sbatté gli occhi color topazio.
<< Appunto, un dottore >> disse confuso e poi fece un sorriso che modificò le pieghe ( o meglio, squarci ) sulla sua guancia destra. Poverino, chissà cosa gli era successo. Ricordavo che un Gaimerlan riusciva a fare cose simili e non far rimarginare le ferite.
 
Va bene, quello che avevo detto non significava un bel nulla, quindi riprovai con qualcosa di più sensato.
<< E’ il mio nome, non sono un vero e proprio il Dottore >>
Tentativo fallito.
Lui alzò le spalle e continuò a camminare. Si vedeva che pensava che stessi cercando una scusa per non andare con lui ( dove, non si sapeva )
<< Non vi preoccupate, tornerete presto dalla vostra bella dama >> mi tranquillizzò l’alieno. Non potevo e non riuscivo a negare il mio aiuto a qualcuno, soprattutto se preoccupato come lui. Rose avrebbe aspettato, l’aveva sempre fatto…
<< Posso sapere il tuo nome? >>
Lui mi guardò meraviglioso, forse per il mio uso non formale.
<< Mi chiamo Calimon. Il vostro? >> 
<< L’ho detto, il Dottore >>
Finalmente ci fermammo, davanti a una donna, con lunghissimi capelli carota, le arrivavano fino a metà coscia e gli occhi come quelli dell’uomo. Dai tratti del suo viso si capiva che era una Quenya, erano molto rare, ed era la prima volta che ne vedevo una. Aveva un’espressione preoccupata.
<< Eruanna >> si presentò, poi mi mise una mano sulla spalla << Siete il Dottore, vero? Aiutatemi, per favore. Mia figlia Rasalhaye >>
Si spostò, e vidi una bambina seduta su una sedia con la testa poggiata allo schienale, con gli occhi chiusi. Doveva avere non più di otto anni.
Le sfiorai la fronte. Respirava normalmente, ma era calda. O ero io troppo freddo. Non conoscevo bene la loro specie e non sapevo la temperatura corporea media.
<< Non sapete proprio cosa ha? >>
Calimon scosse la testa. Che grande aiuto. Se avessi saputo il problema avrei trovato la soluzione, ma andare a tentativi… No.
<< Dottore! >>
Mi girai immediatamente, e mi trovai davanti Eilidh, la figlia di Terry.
Aveva il fiatone e si appoggiò a me. Le stavano dietro tre persone con dei caschi colorati. Uno di questi spalancò gli occhi.
<< John? >>
Mi voltai, a chi stava parlando? No, guardava proprio me.
Eilidh cominciò a picchiettarmi la schiena per avere la mia attenzione. Chissà quanto aveva corso per arrivare da me, ma perchè?
<< Dottore… Rose… Sogno… >> riuscì a dire soltanto, poi cominciò a tossire.
Sussultai al nome di Rose. Forse pensava di trovare anche lei con me, ci doveva dire qualcosa.
<< Rose? L’ho lasciata più in là, se la vuoi >>
La bruna scosse la testa, e si sedette su una sedia. Un altro tipo col casco le allungò un bicchiere di MAC, che lei bevve a piccoli sorsi prima di parlare.
 
<< Rose, è nei guai… E’ in un mondo dei sogni! >>
Non facendo caso alla mia bocca spalancata, cominciò a raccontarmi tutto, del castello, del corridoio, di quel mondo, e ogni tanto quei tre amici aggiungevano un particolare per aiutarla.
<< E così, abbiamo trovato il modo per tornare. Dopo, noi ci siamo ritrovati nel corridoio del castello, ma lei non c’era. Siamo corsi qui da te, solo tu puoi fare qualcosa >>
<< Ma perché lei non è tornata come voi? >>
Eilidh guardò titubante Eldegor e Gess, poi comparì una specie di tristezza nei suoi occhi scuri. Avevo la sensazione che non fosse una cosa bella quella che stava per dirmi.
<< Lei… Voleva rimanere lì >>
Un colpo al cuore.
<< E perché? >>
La ragazza ebbe un fremito.
<< Perché quel mondo le piaceva più di questo >>
Un colpo, ma all’altro cuore.
Rimasi paralizzato. Prima dalla notizia che era in pericolo. La paura della morte era ormai ( e per fortuna ) superata, ma rimaneva il fatto che era lontana, sola, e con la possibilità che potesse non tornare. Me lo stava facendo capire Eilidh con il suo sguardo preoccupato.
Il talento di Rose di cacciarsi nei guai era unico. Anche a pochi metri da me, le poteva succedere qualcosa. O a causa della sua troppa curiosità, o, purtroppo, a causa mia.
Ma quella volta era totalmente sua. Non potevo allontanarmi un attimo che già spariva? O meglio, era in un altro mondo?
 
Ma la cosa che non digerii fu sapere che lei aveva preferito quella sua bella vita da sogno alla nostra. Avevo sempre pensato che quello che vogliono le donne, alla fine, è una casa e una famiglia: Rose mi diceva che non era vero. Lei, per esempio no.
Disprezzava il modo di vivere di sua madre. Voleva viaggiare col Tardis.
Era davvero ancora la Rose che diceva quelle cose? Com’ era possibile, cambiare idee tutte d’un tratto?
<< Lì c’era John, uguale a te, ma solo fisicamente. La voleva sposare, era così innamorato di lei…>> disse Eilidh come per rispondere al mio pensiero.
Aveva preferito lui a me. Lui, perché l’amava, perché le dava tutto quello che io non le avevo dato.
Eppure Rose me l’aveva fatto capire così chiaramente…
Bravo Dottore, davvero brillante, intelligente!
Mi presi la testa fra le mani e chiusi gli occhi.
<< Stando così non concluderai niente, Dottore  >>
<< Dottore, stai bene? >> riconobbi la voce di Calimon e vidi la sua ombra allungarsi verso di me.
<< No >> risposi soltanto, e mi alzai << Mi dispiace, ma non so proprio cosa fare con vostra figlia. Vedrò di trovare qualche essenza, va bene? Eilidh, e voi tre, venite con me >>
<< E dove? >> sentii chiedere da uno degli alieni. Dovevo tornare nel Tardis, anche se non sapevo a fare che. Mi aveva sempre dato una risposta, un aiuto, e me l’avrebbe dato anche questa volta.
Comincia a camminare spedito, senza preoccuparmi di scusarmi con la gente che urtavo, quando Eilidh mi fermò tirandomi la manica.
<< Ehi! Aspetta, io ho corso fin qui! Rallenta, per favore, se arrivi dopo alla tua macchina del tempo, non cambierà nulla >>
Come aveva capito che stavo andando lì?
<< Mi dispiace, Dottore, è stata colpa mia… Non avrei dovuto coinvolgere anche Rose, mi dispiace>> Gess aveva superato lo shock iniziale e aveva cominciato a blaterare scuse una dopo l’altra, cercando di stare al mio passo.
<< Smettila, non è stata colpa tua. Se lei non si fosse fatta abbindolare così, ora questo problema non ci sarebbe! >>
<< Basta, Dottore! >> Eilidh mi mise una mano sulla spalla e mi fece girare << Insomma, se tu ti fossi ritrovato a Gallifrey, con tutto quello che avevi prima e poi hai perso, saresti tornato qui? >> i suoi occhi scuri scintillarono.
Quella ragazza mi stupiva ogni minuto di più. Sicuramente Terry le aveva raccontato qualcosa.
<< Fiabe della buonanotte, eh? >> le sussurrai rabbioso.
<< Mi piacevano… Ma non è importante, rispondimi! >>
I tre alieni, intanto, erano ammutoliti.
Sospirai << Si, sarei tornato qui, perché questa è la mia vita ormai >>
Lei mi guardò negli occhi per qualche secondo interminabile, poi alzò impercettibilmente un sopracciglio.
<< Bugiardo >>
Se le facessi conoscere Jack, sarebbero una coppia perfetta. Tutti e due hanno la capacità di mandarmi fuori dai gangheri.
Tolsi la sua mano dalla mia spalla, abbastanza irritato. Si, mi dava fastidio, perché aveva capito tutto, va bene? Certamente sarei rimasto, avrei avuto un solo pensiero: Rose.
<< Senti ragazzina, io non ti conosco, e tu non conosci me. Tua madre può averti raccontato di tutto, non m’importa, tu ora devi credere a me >>
Eilidh scosse la lunga chioma bruna e il suo sguardo si perse lontano. Io continuai a fissarla, soddisfatto. L’avevo zittita, bene. 
<< Se avete finito di litigare, possiamo continuare a camminare… >> si intromise Eldegor, che ci osservò stupito.
<< Siamo arrivati >> indicai la mia cabina blu in lontananza. Vederla mi fece bene, era molto più di una macchina del tempo, era l’amica più fidata che avessi.
<< E’ aperta? >> mi chiede Eilidh, e io annuì.
<< Allora sarò la prima ad entrarci! >> rise e cominciò a correre.
<< Sei una bambinetta! >> le urlai dietro, ma un sorriso cominciava a spuntarmi sul volto.
 << Ho solo freddo >>  prese tra le dita il lembo del vestito. Bè, in effetti, era abbastanza corto, e la temperatura abbastanza fredda.
Come pensavo, rimase a bocca aperta. La cabina della polizia più grande all’interno, protagonista di tutte le storie che ascoltava quando era piccola.
<< Allora, fa caldo? Ho acceso da poco il riscaldamento >> scherzai, ma lei non rispose, i suoi occhi vagavano per la stanza.
<< Questo è…? >>
<< Tardis >> mi strinsi nelle spalle, e i tre alieni mi guardarono confusi << Time and relative dimension in space >>
<< Chi ha dato questo nome? >> Eilidh parlò per la prima volta e si buttò sulla mia sedia girevole come se fosse casa sua.
<< E’ una lunga storia. Ora, non so cosa sono venuto a fare qui…. Pensavo di avere un’illuminazione, o qualcosa di simile. Dobbiamo pensare a qualcosa >>
Dopo ci fu il silenzio più totale.
<< Oh, Dottore, sei tu quello dalle idee geniali >> Eilidh mi fece un sorriso stiracchiato, neanche lontanamente intenzionata a lasciarmi la sedia.
Mi mordicchiai il labbro, ignorandola  << Gess, Eldegor, Siemma, andate al secondo piano, nella terza porta a sinistra c’è un piccolo scaffale con tante boccette. Trovate una con questo numero >> presi la mano di Gess e gliela scrissi su con la penna, ma vidi che la sua pelle assorbiva l’inchiostro, quindi fui costretto a segnarla su un foglio.
Ubbidienti, salirono le scale, dopo avergli raccomandato di non perdersi.
<< Scusami per prima Dottore, non volevo farti stare male nominando Gallifrey. E’ vero, io non ti conosco >> cominciò la ragazza titubante, strofinandosi le mani.
<< Non importa. E’ solo che avevi ragione… >> abbassai la testa << E forse, capisco anche Rose >>
<< Era la vita che ha sempre desiderato >>
<< Ma io pensavo che desiderasse… me, molto di più >>
Eilidh accennò un sorriso.
<< Non lo metto in dubbio, infatti ha creato una tua copia in quel mondo. Lei desiderava te, ma pensava che tu non volessi lei allo stesso modo, dato che non hai fatto  nulla per farglielo capire >>
Passai stancamente una mano nei miei capelli e mi sedetti per terra.
<< Non è stato facile per me, Ellie. Sapessi cos’è successo… >>
<< Sono sicura che non lo è stato neanche per lei… Anzi, le è toccata la parte peggiore, vero? >>
Ricordai le sue labbra sporche di sangue, stesa su quel pavimento mentre cercava la mia mano per stringerla l’ultima volta.
Annuii.
<< Sono tutti riusciti a proteggerla, tranne me >>
 Eilidh lasciò la sedia e si sedette accanto a me, posandomi solo una mano sulla spalla, per consolarmi.
<< Non dire così, Dottore, perché non è vero. >> mormorò con voce dolce << Ora pensiamo alla soluzione, poi ne riparleremo. >>
<< Giusto! >> non serviva a niente sprofondare nei sensi di colpa, e la aiutai ad alzarsi.
Ma da dove iniziare?
<< Tu non sai proprio nulla sui mondi dei sogni? Ogni piccola cosa può essere utile, ricorda. >>
Scossi la testa. Non avevo mai approfondito quell’argomento, sapevo solo che erano illusioni e abbastanza pericolose, poi nient’altro.
<< Non hai qualcosa che ci può aiutare? >>
Socchiusi gli occhi, e nella mia mente comparve un libro. Certo, il libro! Ne avevo migliaia nel Tardis, impossibile non ce ne fosse uno che parlasse dei sogni.
<< Si, Ellie! Un libro… Aveva la copertina verde, me lo ricordo! >> le strinsi il polso, senza accorgermi del lamento di dolore che aveva emesso.
<< E dov’è? Nella biblioteca? >> spalancò gli occhi, già pronta a correre lì appena le avessi risposto di sì.
Risposta che non arrivò.
<< No, credo di averlo dato a Jack, molto tempo fa >> mi ricordavo la passione di Jack per i libri verdi,aveva la fissa del verde. << Mi aveva detto che era molto interessante, quasi magico, e voleva portarlo nel Torchwood, per poi rileggerlo qualche volta >>
<< Jack? Per caso è un poliziotto, molto carino, coi capelli neri? >>
Sghignazzai. << Davvero era un poliziotto nel mondo dei sogni? >> chissà cosa avrebbe detto se l’avesse saputo. Mi sarebbe piaciuto vederlo furioso.
<< Si, e Rose non ne è stata molto contenta >>
Mi avvicinai alla tastiera, cominciando a settare le coordinate del Torchwood. Dovevo andare lì, dovevo prendere quel libro, dovunque esso fosse.
<< No! Fermati, cosa stai facendo? >> urlò Eilidh, e mi spostò le mani << Non puoi andartene via da qui. E se Rose riesce a trovare il modo di uscire, chi troverà al suo ritorno? C’è il telefono, chiama Jack, no? >>
Ero così poco abituato a usare il telefono, che quasi mi dimenticavo di averlo.
 
<< Torchwood 3, buongiorno >>
<< Ciao, Jasmine! Sono il Dottore, passami Jack, è urgente >>
<< Dottore, che piacere! Jack non c’è. Dovrebbe tornare tra poco, è andato a fare un giro >>
Bene! Quando avevo bisogno di lui, non c’era mai, e quando non volevo vederne neanche l’ombra, mi stava sempre tra i piedi.
Un giro! Potevo scommettere che era andato a comprare il caffè che gli piaceva.
<< Quando torna, fammi chiamare immediatamente >>
Sentii Jasmine parlottare con qualcuno accanto a lei.
<< Jasmine! >>
<<  Che succede, Dottore? Posso aiutarti? >>
<< Riguarda Rose… Ma è complicato, devo parlare col capo. Ricordati di richiamarmi >>
 
<< E ora? >> chiese Ellie un secondo dopo che ebbi chiuso la chiamata.
<< Si aspetta >> alzai le spalle. La pazienza non era il mio forte…
 
<< Pronto, Dottore? >>
<< Jasmine, è passata un’ora intera! >>
<< Lo so! Ma Jack non torna, non sappiamo che fine abbia fatto. Lo abbiamo chiamato, e non risponde! Io mi sto preoccupando, non ci ha avvertito… >>
Sentii qualcuno che le stappava il telefono di mano << Dottore? Sono Hans. Ho cercato Jack, ma non lo rilevo… >>
<< Rilevo? >> ma di che accidenti stavano parlando?
<< Si, intendo che in città non c’è >>
<< Come non c’è, mica può sparire da un momento all’altro! >>
<< E’ come se non fosse mai uscito da qui. Digitiamo il suo nome, e non compare nulla. Esatto, come sparito. >>
Mi posai una mano sulla fronte, e sospirai.
<< Io devo venire lì… >>
<< Tu non vai da nessuna parte, Dottore! >> avevo appena sussurrato, ma Eilidh mi aveva sentito e rimise a posto la cornetta. << Provaci, e sarà l’ultima cosa che farai >> aggiunse minacciosa.

<< Allora andiamo al castello ed entriamo nel mondo dei sogni di Rose! Almeno capiremo cosa fare per uscire >>
Eilidh scosse la testa << Ancora peggio, Dottore. E se non capissimo cosa fare per uscire? Rimarrebbe non solo lei intrappolata lì, ma anche noi, senza nessun aiuto. >>
<< Che noi già non abbiamo >>
 
Jack ci avrebbe potuti sicuramente aiutare, ma aveva avuto la magnifica idea di sparire! Anche lui!
 
 
Non sapevo più che pesci pigliare.


















Buonasera!
Ecco qui l’altro capitolo, dalla parte del Dottore.
Jack è sparito, certo, è nel mondo dei sogni con Rose!
 
 
Ps: “ Ricordai le sue labbra sporche di sangue, stesa su quel pavimento mentre cercava la mia mano per stringerla l’ultima volta.”
Non scordatevi che in questa storia alternativa Rose stava morendo, per questo il Dottore l’ha trasformata.
 
Questo è tutto, spero che vi sia piaciuto! Allego tanti baci a Mars, e a tutti voi che leggete.
Anche se non mi fate sapere nulla, io vi ringrazio comunque tantissimo.

 
 

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Capitolo 11
*** Avviso ***


Bentrovati a tutti!!

Vi volevo solo dire che per ora la storia è in standby...
Oltre al poco tempo che ho per scrivere e poi ricopiare sul pc, ho cominciato lavorare su qualcosa, qualcosa di difficile quanto fantastico, che mi piacerebbe proporvi per il prossimo anno 2013...

Ma non preoccupatevi, riprenderò prima che posso questa mia fanfiction!

Tanti baci, 
SL

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