In cerca di un sogno..

di Renegade94
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Semplicemente Serena! ***
Capitolo 2: *** Sogno infranto?? ***
Capitolo 3: *** Il ritorno ***



Capitolo 1
*** Semplicemente Serena! ***


Ho sempre detto di essere nata nel paese sbagliato. Negli ultimi anni mi immaginavo sempre più in un paesino dell’Inghilterra, amavo sin da piccola quel luogo. Avevo imparato ad amarlo attraverso i libri di scuola, quelli di inglese dove in ogni pagina colorata di verde o blu c’erano foto di tipi fighi con lo zaino sulle spalle e 10 libri in mano. In effetti non ho mai capito perché tenessero i libri in mano e lo zaino sulle spalle, bah, dettagli. Comunque fatto sta che io volevo essere una di loro, non una di quelle sulle foto, col sorriso finto, intendiamoci, volevo vivere lì. Volevo svegliarmi la mattina in una villetta con giardino, di quelle col vialetto fino alla strada senza cancelli o antifurti, perché vivi in un paesino dove si conoscono tutti e non hai bisogno di protezioni o roba simile. Volevo svegliarmi col rumore della bicicletta del ragazzo col giornale e col profumo del caffè pronto, che non bevo e che non ho la più pallida idea di chi l’abbia fatto…
Comunque era quella la vita che sognavo ma alla fine tutto si risolveva a uno sbuffo di fumo e al ritorno alla realtà, ecco chi ero io un’idiota italiana senza uno straccio di possibilità. Oxford, Londra, Inghilterra, Oceano Atlantico, e chi più ne ha più ne metta, erano tutti fuori dalla mia portata. Per cui mi richiudevo in camera e sognavo, infilando la testa nei libri fantasy che la maggior parte degli esseri viventi non conosceva, oppure ascoltando musica di gente che ugualmente non conosceva nessuno.
“…..renaaaaa…” La voce di mia madre dalle scale, che chiamava il mio nome, che avevo sentito solo a metà, mi riportò alla realtà. Richiusi il libro di storia con un tonfo.
“Adesso scendo” Urlai da sopra, lanciai il libro sul letto e scesi con un salto dal davanzale della finestra, adoravo sedermici per leggere o ascoltare musica, una volta sognavo di suonare la chitarra la sopra. Sospirai guardandola lì in un angolo a fare da bomboniera. L’avevo “rubata” a mio fratello che ormai non la usava più da quando aveva seguito mio padre nel suo bell’ufficio, mi ero ripromessa di imparare ma da sola non potevo  e le lezioni costavano troppo. Altro obiettivo rimasto nella nuvoletta. Aprii la porta  scesi le scale ovviamente c’era solo mia madre, i miei avevano divorziato quando avevo 10 anni adesso ne avevo 17 e vivevo nella stessa casa ma da sola con mia madre. Mirko, mio fratello si era trasferito da mio padre che lo aveva trasformato in uno come lui, strafottente e che pensa solo a quell’ufficio del cazzo. Scesi in cucina e vidi mia madre ai fornelli, nel frattempo che lei terminava di cucinare. io apparecchiai la tavola e mangiammo in silenzio con sottofondo uno squallido telefilm americano, e per di più doppiato uno schifo, che nessuna delle due guardava. Una volta terminato di cenare lei si accese una sigaretta e io sparecchiai lasciando i piatti sporchi nel lavandino.
“Mà, finisci tu? Ho ancora un sacco di roba da studiare per il compito di domani.” Chiesi speranzosa, dato che il libro aperto che avevo prima era solo per auto convincermi che stessi studiando.
“Si Serena, vai, faccio io.” Disse senza espressione e si avvicinò al lavandino, io sospirai e risalii le scale. Mia madre non era sempre così anzi era la mia migliore amica troppo cresciuta,sapeva farmi ridere tantissimo e rideva alle mie stupidate, a volte insieme doppiavamo i film che non ci piacevano e li facevamo diventare dei comici. In questo senso avevo un futuro nel mondo del doppiaggio. Ma quella sera era diverso era il 10 marzo, giorno in cui mio padre la lasciò ufficialmente per mettersi con una di 10 anni più giovane, si il numero 10 è quello che si può definire “numero sfortunato”.  Mi fiondai su letto a pancia in giù e aprii il libro di fronte a me. Nemmeno il tempo di leggere la prima riga che mi squillò il cellulare. Mi allungai dal letto  alla scrivania per prenderlo ma l’unico risultato fu il mio culo spiaccicato a terra.
“Mapporca…” Esclamai con un ghigno e mettendomi in ginocchio e allungando il braccio sulla scrivania per prendere il cellulare che ancora squillava, guardai chi fosse e poi risposi.
“Pronto merdina, che vuoi?”  Era la mia migliore amica, Lia, la mia merdina in pratica.
“ Nervosette??”
“Si, per colpa tua sono finita col culo per terra!”
E lei dall’altra parte non la smetteva di ridere.
“ Quando hai finito mi avvisi??”
“Scusa, scusa, non rido più. Che facevi?”
Alzai gli occhi al cielo intanto che mi risedevo sul letto.
“Quello che dovresti fare anche tu. Studiavo storia!”
“Studiavi che?”
“Oh ma sei rincretinita? Domani abbiamo la verifica di storia”
“ Mi sa che la rincretinita sei tu, la prof l’ha scritto sul gruppo di Facebook che domani non viene.”
“ Oh certo, e io lo vedevo col cazzo dato che non ho la connessione, sbaglio o ti avevo detto di aggiornarmi sulle novità??”
“OPS!”
“Ops un cazzo, mi hai fatto stare chiusa in camera tutto il giorno!”
“Scusa” Sembrava davvero dispiaciuta ma mi divertiva quando si sentiva in colpa.
“Mavvaffanculo!”
“ Eddaiii”
Scoppiai a ridere e lei: “Oh ma lo sai che sei stronza?”
“Naah dai solo un po!”
“Senti è tardi se vengo da te? Mi rompo a casa.”

“No, facciamo così, vengo io da te, mia madre è incazzata nera stasera.”
“Se vuoi puoi restare a dormire”
“ Va bene glielo dico e arrivo. Ci vediamo tra una ventina di minuti!”
“Ok  a dopo”

Riattaccai e scesi, mia madre era in salotto sdraiata sul divano, al buio, con l’ennesima sigaretta in bocca.
 “Mamma” la chiamai e lei si voltò segno che mi stava ascoltando. “Lia mi ha invitato a dormire da lei, posso andarci?”
“Vai dove ti pare” Uhuh, quando risponde così è proprio meglio scappare. Si mise a sedere e accese la luce.
“Vuoi che ti accompagni? E’ tardi.”
Feci spallucce.
“ Se ti va”.
“Ok vatti a preparare”
Annuii e risalii sopra, presi la borsa della scuola e il borsone dove avevo infilato pigiama spazzolino e i vestiti per l’indomani a scuola. Scesi e mia madre era ancora sul divano, senza sigaretta stavolta, adesso che la guardavo bene aveva gli occhi rossi, dopo sette anni ancora non era riuscita ad andare avanti e questa era la cosa più triste. Salimmo in macchina e in pochi minuti eravamo a casa di Lia.
“Non fare troppo tardi” Mi disse dandomi un bacio nei capelli.
“No tranquilla domani ho scuola” Lei fece un sorriso forzato e mi lasciò andare. Io bussai alla porta di casa di Lia e quando sentii aprire dall’interno feci “il pollice in su” a mia madre che riaccese il motore e ripartì.
Ad aprirmi la porta non fu Lia, ma il ragazzo più figo dell’universo….






 
Salve gente, Allora volevo dirvi che questa storia l'ho scritta di getto per cui non so come continuerà ne cosa succederà.
Anche se volessi non posso dare nessun anticipazione. 
Spero che almeno un pochino vi piaciucchia perchè se no mi sentirei davvero in imbarazzo a pubblicare una cosa che non si fila nessuno.
Conclusione? Se recensite e mi dite che ne pensate e soprattutto se devo contunuarla oppure bruciarla e gettarmi da un ponte, mi farebbe taaanto piacere ù.ù 
E vabbeh poi boh, ciao! ù.ù

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Capitolo 2
*** Sogno infranto?? ***


Ad aprirmi la porta non fu Lia, ma il ragazzo più figo dell’universo..
“Hey Lia” Chiamò a gran voce. “E’ arrivata la tua amica” Poi mi guardò con un sorriso sarcastico e continuò come se io non fossi lì davanti a lui. “ Com’è che si chiama? E’ quella che sembra la stupidità in persona.”
Io sbuffai stizzita e finalmente Lia si degnò di venire a liberarmi da quella rottura di scatole.
“ Oh finalmente, glielo dici tu di levarsi dalle palle o vuole che glielo spiego io con un bel calcio dove non batte il sole?” Dissi poi facendogli un sorriso finto.
“Togliti dai coglioni Alex!” dissi facendomi spazio tra lui e la porta di casa e dirigendomi verso la mia amica. Lui chiuse la porta ridendo e se ne andò scodinzolando in cucina.
“I tuoi?” le chiesi cortesemente, ci conoscevamo da qualche anno e i suoi erano sempre stati molto gentili con me. Era la tipica famiglia del mulino bianco e la cosa spesso mi dava il voltastomaco, anche se devo ammettere che spesso li invidiavo dato che poteva esserlo anche la mia se mio padre non fosse così stronzo.
“Sono in cucina” Storsi il naso, andare in cucina significava altri grattacapi da parte del bello e impossibile Alex. Eggià era il tipico ragazzo desiderato da tutte (tranne che da me), sapeva di essere bello e non faceva altro che mettersi in mostra. Ed io preferivo stagli alla larga dato che per lui ero la piccolina a cui rompere le scatole.
“Ci vado dopo, quando tuo fratello leva le tende” Lei rise e mi fece segno di seguirla in camera sua.  Io presi posto sul letto.
“Che facciamo?” Chiesi guardandola.
“ Ti va se accendiamo il pc?”
“Si dai, sono settimane che non spio le spice girls”.

Le spice girls erano quattro ragazze della nostra classe tutte trucco e minigonna che non facevano altro che organizzare e partecipare a feste super cool, ma che in verità non si filava nessuno e che si sentivano le migliori dell’istituto, non in fatto di cervelli, ovviamente. Così Lia prese il pc e si sdraiò accanto a me e cominciammo a spulciare il profilo Facebook di ognuna di loro. C’erano cose tipo “ Shopping sfrenato”, “Serata bollente” e le altre tre rincoglionite commentavano, cose tipo “ pazzesco, da ripetere”. E io e Lia ci scompisciavamo dalle risate. Per non parlare delle foto. Dopo un po ci stufammo di prendere in giro le 4 idiote e accendemmo la tv, ma dato che non c’era nulla di buono proposi di spararci una maratona di tutti i film di Harry Potter. Lei annuì e disse: “Andiamo a prepararci i pop corn? Così saluti anche i miei ti volevano vedere.”
“OK, andiamo!” Andammo in cucina e c’erano i genitori di Lia che giocavano a carte accompagnati da risate e una bottiglia di vino rosso quasi vuota. Di Alex nemmeno l’ombra.
“Ah, vi date da fare!” Esclamò Lia entrando in cucina ridendo, poi continuò “..siamo venute a farci i pop corn e poi Serena voleva salutarvi”. Io sorrisi e mi accomodai al tavolo da cucina.
“ Tutto bene cara?” Chiese la madre, non ebbi  nemmeno il tempo di rispondere ch intervenne Lia.
“ Cara? Mamma quanti anni hai 80??” disse ridendo.
“Ma come sei antipatica, volevo essere gentile.”
“Non si preoccupi”
 dissi con un sorriso.
“Mi sa che sono ubriachi, andiamocene va” incalzò Lia e io non potei trattenermi dal ridere. Poi la seguii in camera sua e ci sedemmo sul pavimento mangiando i pop corn e cominciammo la maratona di Harry Potter. In pratica ci addormentammo al 3 film, facevamo proprio schifo! Al mattino seguente ci svegliammo doloranti, ancora vestite della sera prima e con i pop corn tra i capelli. Avevamo dormito per terra.
“Opporcavacca, non mi sento più nemmeno un muscolo!” Imprecai. Ci mettemmo  a sedere e poi scoppiammo a ridere. Lia spense il Dvd che era andato in standby dopo la fine del film, che non avevamo guardato. In seguito ci facemmo una doccia veloce e una volta aver terminato di prepararci uscimmo di corsa senza fare colazione dirette verso la fermata dell’autobus.
“Lia senti io vorrei partecipare al concorso della scuola per “vincere” il viaggio per l’Inghilterra. Che ne pensi?” Le chiesi titubante, a scuola avevano aperto una specie di gara e il vincitore sarebbe potuto andare in Inghilterra per un viaggio studio. Unico problema? Le spese. La scuola metteva a disposizione solo il budjet per le spese scolastiche (pari a zero in pratica) mentre il volo e la permanenza erano a nostro carico. Per cui era un vero e proprio suicidio solo pensare che ci potesse essere una minima possibilità di andarci.
"Si, dai! Provaci." mi disse Lia.
"Eh ma come me lo pago il volo e le spese per restare li?"
Mia madre di certo non guadagnava abbastanza mi ero già rassegnata.
"Giusto" Disse pensierosa.
"Lascia stare va, non ci andrò mai in Inghilterra"
"Maddai non dire cosi, un modo lo troverai!"
“Speriamo"
dissi poco convinta.
Una volta preso l'autobus e passate le 5 ore scolastiche tornai a casa per pranzo. Mia madre mi lasciò la pasta nel microonde. Storsi il naso e guardai in frigo se c'era qualcosa di commestibile, ovviamente no. Scaldai la pasta e ne mangiai metà, poi salii in camera e feci i compiti. Una volta finito, accesi il pc con la speranza che fosse tornata la connessione internet. Niente da fare. Sbuffai e spensi il pc. Scesi di sotto e accesi la tv aspettando mia madre per la cena. Arrivò una ventina di minuti più tardi.
"Hey mami ciiiiiiaoo" dissi saltandole la collo.
"Che ti serve Serena?" disse sorridendo, almeno non era arrabbiata già di suo.
"Devo per forza volere qualcosa per abbracciare la mia mammina?" dissi facendole gli occhi dolci, mentre lei andava in cucina a prepararsi il caffè ed io mi sedetti al tavolo della cucina a guardarla.
"Si se mi chiami 'mammina'" disse guardandomi negli occhi.
"E va bene.." dissi abbassando lo sguardo, non ero riuscita a sostenere il peso del suo e le spiegai del concorso, poi continuai.
"Non volevo dirtelo perche so che non possiamo permettercelo..” dissi guardandola per comprendere la sua reazione. Aveva gli occhi tristi, lei mi avrebbe preso la luna se glielo avessi chiesto, continuai ancora.
“Però lo sai che è il mio sogno da quando avevo tre anni!” Dissi colma di speranza anche se mi sentivo una carogna perché la stavo facendo sentire in colpa. Io abbassai lo sguardo, mi sentivo davvero male perché lei si sarebbe buttata sotto un ponte per mandarmi in Inghilterra. Lei mi si avvicinò, alzai lo sguardo, avevo gli occhi colmi di lacrime.
“Perché piangi? Per l’Inghilterra?” Chiese asciugandomi le lacrime, che cominciavano a scorrere, anche quando la facevo sentire in colpa, era così buona con me , e ciò mi faceva sentire peggio.
“Anche..” Solo quelle due sillabe riuscii a formare.
“ E per cos’altro?” Disse prendendomi n bicchiere d’acqua, faceva sempre così quando mi vedeva piangere. Mi asciugai le lacrime e bevvi un sorso.
“Allora?” mi esortò.
“Niente mamma, scusa, è che mi sento in colpa perché tu fai tanto per me e poi mi presento io con una nuova richiesta ogni giorno, dovrei fare io qualcosa per te e invece so soltanto chiedere l’Inghilterra di qua e di là.” Sputai tutto d’un fiato e lei scoppiò a ridere.
“Ti faccio tanto ridere?” Lei smise e mi si avvicinò.
“Ascoltami, la mia vita è piena solo di te, se non ci fossi tu io sarei perdutamente sola, e poi è normale che tu ci voglia andare è il tuo sogno, lo capisco. Io proverò a mettere qualcosa da parte, ma non so se ci riuscirò in tempo.” Mi abbracciò. In quel momento suonò il campanello.
“Ho ordinato la pizza” disse andando alla porta. Dopo cena rimanemmo in silenzio a guardare la TV, finchè io decisi di andare a letto. Il giorno dopo a scuola affissa alla bacheca, nel salone principale, c’era la lista per i candidati al concorso per il viaggio-studio a seconda della media scolastica. Al 4 posto c’era Serena Esposito. Ero io! Cominciai a saltellare qui e la. Ero tra i primi 5 e ciò significava solo una cosa, se avessi trovato i soldi in tempo sarei andata in Inghilterra per due mesi interi! Ma ovviamente era troppo bello per essere vero: il biglietto aereo dovevo farlo entro 10 giorni. Tornai a casa che non sapevo se essere felice o scoraggiata.
“Che hai?” Chiese mia madre vedendomi stravaccata sul divano. Quel giorno non lavorava.
“Hanno dato la lista dei candidati al viaggio-studio”
“E allora? Non dirmi che non ci sei? Sei una delle più brave”
Si allarmò lei.
“No e sono anche una delle prime..”
“Ma?”
Mi esortò.
“Dobbiamo fare il biglietto aereo entro 10 giorni”
“Oh..”
Disse lei pensierosa.
“Eh” sospirai io. Mi ero già arresa all’idea che un altro tentativo di andare in Inghilterra era andato a puttane. Mi alzai dal divano e comunicai a mia madre di non avere fame e me salii in camera, mi chiusi dentro e misi l’mp3 a tutto volume, mi infilai a letto e mi addormentai.
Al mattino seguente attaccata al monitor del pc c’era una busta bianca su cui c’era scritto con la calligrafia squadrata di mio padre: ‘Serena’ .

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Capitolo 3
*** Il ritorno ***


Staccai la busta e la aprii, all’interno vi era una gran somma di denaro, sufficiente per un volo e una lunga permanenza (guarda caso). Dal piano di sotto sentii la possente voce di mio padre. Presi la busta e scesi velocemente le scale. Lui era in cucina seduto al tavolo che guardava verso mia madre la quale appoggiata al lavello rideva, probabilmente per qualcosa che lui aveva detto. Io rimasi sulla porta e lanciai la busta a mio padre che mi guardo incredulo. Così mi affrettai a risolvere gli interrogativi che gli erano appari sulla fronte.
“Non ho bisogno della tua elemosina!” Dissi guardandolo disgustata.
“Serenaa!!” Mi rimproverò mia madre, tornando seria, ma non le diedi retta, ero furiosa, non c’era mai stato e non volevo nulla da lui, non era dandomi i soldi del viaggio che avrebbe ricomprato la mia fiducia. Mi voltai per uscire senza dire altro ma delle valigie davanti alla porta d’ingresso attirarono la mia attenzione.
“E quelle?” chiesi allarmata.
“Ecco, Serena.. io sono venuto per restare” Rispose mio padre alzandosi e avvicinandosi. Io feci un passo indietro, scuotendo la testa. Quella situazione stava raggiungendo il limite della follia. Guardai mia madre per rivolgermi a lei.
“Non avrei mai immaginato che dopo tutto quello che ti ha fatto tu l’avresti perdonato. Due giorni fa piangevi e ora sei tutta contenta del suo ritorno e in più gli chiedi i soldi per il mio viaggio?” La mia voce stava diventando acuta, isterica, non riuscivo a crederci, ci avevo messo anni per accettare che lui per noi non c’era più e non ci sarebbe mai più stato, e poi me lo ritrovo in cucina che cerca di fare l’amico. Ingoiai quella caramella amara e risalii le scale. Notai che la porta della camera da letto di mio fratello era aperta. Anche lui era tornato per restare?? Mirko sentì i miei passi e si affacciò ma io non dissi nulla, mi voltai e tornai in camera mia. Due secondi dopo sentii bussare, non risposi. La porta si aprì comunque.
“Hey mostro, che fai non mi saluti?” Era Mirko ovviamente ma io ero distesa a pancia in su sul letto e feci finta di non sentirlo. Lui mi si avvicinò e si sedette su un lato del letto.
“Serena…” Le lacrime cominciarono a scorrere e lui mi carezzò i lunghi capelli castani. Io lo guardai negli occhi.
Perché adesso? Ora che tutto stava andando bene, che avevo accettato che lui aveva scelto di andare via, e di portarsi anche te?”
“Di portarsi anche me? Ma che stai dicendo?”

“Sto dicendo che io e te prima eravamo una cosa sola, potevamo contare l’uno sull’altra, poi tutto ad un tratto mio padre fa lo stronzo e tu sparisci con lui. E non dire che non è vero sono anni che non chiami, nemmeno per vedere come stava mamma, nemmeno per vedere come stavo io!” Dissi tutto d’un fiato erano cose che avevo sempre voluto dirgli le avevo ripetute così tante volte nella mia mente, Mirko era il mio migliore amico, oltre che mio fratello e quando aveva scelto di andare con mio padre il cuore mi si era spezzato in tanti piccoli pezzi.
“Serena mi dispiace, non potevo e lo sai. Papà non ti ha detto nulla?”
“No cosa avrebbe dovuto dire? Ha solo detto ‘Sono venuto per restare’”
Dissi mettendomi a sedere ed imitando la voce di mio padre. Lui rise e si sistemò sul letto.
“Ok allora te lo spiego io.” Sospirò e io lo guardai.
Non potevo chiamare perché quella strega di Felicia me lo impediva. Io ci ho provato anche di nascosto, dalle cabine telefoniche ma in qualche modo lei riusciva sempre a mandare tutto a monte e papà non se ne rendeva conto. Io cercavo di fargli capire che lei puntava solo all’azienda che era per quello che diceva di amarlo, ma che invece l’unica che lo amava veramente è solo la mamma. Purtroppo l’ha capito troppo tardi..”
“In che senso? Che è successo?” Chiesi preoccupata, avevo sempre saputo che Felicia, la donna che aveva rubato mio padre all'amoe di mia madre, non era la donna giusta per mio padre che era solo un’approfittatrice.
“E’ riuscita a farsi dare metà della quota aziendale e sta cercando di mandare in fallimento papà. E quando lui gliel’ha fatto notare lei ha pensato bene di sbatterci fuori. Non siamo qui perché vuole riconquistare la mamma, sa di aver sbagliato.”
“E ora cosa dovrei fare scendere giù e abbracciarlo come se non fosse successo nulla?? Non ci riesco!”

No, non resettare tutto, è normale che sei arrabbiata e lo capisco se lo sei anche con me, ma piano piano cerca di riavvicinarti a lui, prova a conoscerlo, sono 7 anni che non lo vedi, è cambiato.”
“Sta di fatto che non posso accettare i suoi soldi, non voglio che pensi che è con l’Inghilterra che può riavere la mia fiducia, e poi se è vero quello che dici, che sta fallendo l’azienda quei soldi servono di più a lui.”

Mirko sorrise.
“Ascoltami Serena, quei soldi sono meglio spesi se tu vai in Inghilterra e fare ciò che hai sempre desiderato che nelle mani di papà. L’azienda è ancora nelle mani di Felicia e ciò vuol dire che quei soldi se non li prendi tu finiranno nell’armadio della sanguisuga sottoforma di scarpe e abiti alla moda. Realizza il tuo sogno, sii felice.”
Mentre parlavamo la porta si aprì nuovamente stavolta era mio padre.
“Io devo andare, volevo salutarvi.” Disse rimanendo sulla porta.
“Ma come non rimani?” Chiesi facendo fatica a guardarlo negli occhi.
“No piccola, non è il caso.” Sorrise amaramente e poi si rivolse a Mirko.
“Vai a riprendere le tue cose, sono in salotto, non lasciarle in giro, sistemati in camera tua, avrete tutto il tempo per parlare!”
 Mirko annuì e mio padre uscì senza dire altro. Poi Mirko si guardò intorno e cominciò a ridere.
“Che hai??”  chiesi curiosa.
“E’ ancora qui!! Non l’hai proprio toccata?” Disse indicando la chitarra posta nell’angolo della stanza.
“Ah ecco. Comunque no, non so suonarla, a volte la apro la osservo e poi la richiudo e torna nel suo angolino.” Lui sorrise e la prese. Si sedette sul letto e cominciò ad accordarla. Una volta fatto io mi sedetti sul davanzale della finestra e lo osservai pizzicare quelle corde e i movimenti precisi delle dita sulla tastiera della chitarra. Dopo un po’ cominciò a cantare con la sua calda voce, una canzone dalla dolcezza assurda, tanto da farmi commuovere.
 
 
Se tu promettessi di rimanere qui per sempre
Potresti contare su di me, sarò sempre tuo.
E ad ogni giorno che passa, potremo sentirci gli stessi,
Perché il nostro amore è destinato ad esistere.
 
C’è una luce forte che brilla nei tuoi occhi
E’ così luminosa che riesco a malapena a vedere
Riflette tutte le cose che nascondi nel tuo animo
Cose che ti rendono veramente libera.
 
C’è una ragione se siamo qui stanotte,
C’è una ragione per stare svegli tutta la notte
Non abbiamo bisogno di andare da nessuna parte
Perché la notte è tutta nostra e brilla, stanotte.
 
E mi rendo conto che non vi è nulla di cui avere paura, adesso
Fino a che so che tu sei qui
Appena sei entrata dalla mia porta mi è stato chiaro che tu sei vera
Tu sei il respiro dentro di me.
 
 
C’è una ragione se siamo qui stanotte,
C’è una ragione per stare svegli tutta la notte
Non abbiamo bisogno di andare da nessuna parte
Perché la notte è tutta nostra e brilla, stanotte.
 
Ti prego, non lasciare che le luci si spengano
Trasforma i tuoi sussurri in urla
Vieni un po’ più vicino adesso
La notte è nostra
Non voglio dirti mai addio
Resta ancora un po’ piccola
Tieniti forte alla luce
La notte è nostra stanotte.
Lo sai..
Non ti lascerò mai andare!
 
C’è una ragione se siamo qui stanotte,
C’è una ragione per stare svegli tutta la notte
Non abbiamo bisogno di andare da nessuna parte
Perché la notte è luminosa e nostra stanotte.
 
Resta ancora un po’ stanotte!
 
Resta ancora un po’ stanotte!
Perché la notte è nostra….
 

 
Saltai giù dalla finestra quando notai che sulla porta c’era la mamma che applaudiva silenziosamente.
“Mamma hai visto quanto è bravo?? E poi questa canzone è bellissima.” Lei annuì sorridendo, contenta di rivederci insieme e Mirko sorrise imbarazzato.
“Si è vero questa canzone è bellissima” Si alzò per riposare la chitarra.
“Mi raccomando a cosa ho detto!” Mi disse puntandomi il dito con fare intimidatorio. Io risi e annuii. Lui uscì e andò a sistemare le sue cose in camera sua. La giornata passò così, tra scatoloni e vecchi ricordi. Andai a dormire che ero stanca morta e col conto alla rovescia per lo scadere del tempo massimo in cui fare il biglietto aereo. Mancavano 7 giorni. Ed io non sapevo ancora cosa fare. Mi addormentai con il ricordo della voce di mio fratello che cantava…
 
 
“Cause the night is ours..” 

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