Dark Nights

di BluPuffo
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Stolto mortale! ***
Capitolo 2: *** Vecchi Amici, Nuovi Nemici ***
Capitolo 3: *** E' Guerra ***



Capitolo 1
*** Stolto mortale! ***


Ormai era giunto il tramonto sulla città di Boston, ed una romantica atmosfera inondava tutta la città, anche se in alcune zone poteva sembrare tutt’altro che romantica. Baxter Road, ad esempio. Un vicolo che da sul porto, pieno di capannoni abbandonati. Il tipico vicolo nel quale si possono incontrare spacciatori e ladruncoli.
Stranamente all’interno di uno dei capannoni c’era una luce accesa. L’interno si presentava, al contrario dell’esterno squallido ed imbrattato di graffiti, come l’appartamento lussuoso di un single. La porta di quello che una volta era l’ufficio del custode, ed ormai un confortevole bagno, si aprì, rivelando la figura di un giovane pallido, alto, atletico, dai capelli corvini e dalle iridi nocciola. Con passo tranquillo, Percival LaRoche, si avviò all’uscita del capannone. Indossava una T-Shirt nera, abbastanza attillata, a maniche corte, sopra una giacca –stile abito gessato- nera, con l’interno beige, con le maniche ripiegate fino a metà avambraccio. Con un gesto pigro del dito abbassò l’interruttore della luce, ed uscì nel vicolo. Si diresse fino ad uno dei tanti container che si trovavano al porto, ammucchiati in enormi piramidi. Ne aprì uno di colore verde, ed all’interno, nonostante fosse in penombra, si notava benissimo il colore arancione metallizzato di una Ford Mustang Giugiaro. Dato il poco spazio, entrò attraverso il finestrino che lasciava appositamente aperto.
Un rombo si propagò in tutta la zona, mentre il giovane percorse la Quinta Strada, immettendosi sulla Chelsea Street. Si fermò all’incrocio, e ne approfittò per estrarre il cellulare di ultima generazione ed aprire una conversazione con un numero sconosciuto.
So cosa sei e cosa hai fatto, rilesse mentalmente il messaggio, incontriamoci nel cimitero della prima chiesa di Boston, alle dieci di martedì sera, Barkeley Street. Ti aspetto.
Sbuffò mentre spinse sull’acceleratore, svoltando e sinistra ed iniziando il viaggio: «Ma perché vuole farmi arrivare fin lì?» borbotta. Uno sguardo all’orologio della macchina. Le nove e mezza. Bene, pensò, arriverò con cinque minuti di anticipo.
Sfrecciò tranquillamente nel traffico, fino a giungere alla meta con ben dieci minuti di anticipo. «Però» sorrise soddisfatto «questa macchina mi stupisce continuamente».
Dietro la chiesa, un edificio imponente nel mezzo della strada, si trovava un piccolo cimitero, probabilmente usato solo per seppellire i parroci. Vi si poteva accedere da un piccolo cancello in ferro battuto. Tra le lapidi c’era un sentiero in ghiaia, per facilitare il percorso, e dei lampioni in stile inglese per illuminare il tutto. Percival seguì il percorso guardandosi curioso attorno, in cerca di colui o colei che gli avevo inviato il messaggio.
«Benvenuto» esclamò una voce.
C’era un uomo, nascosto nella penombra, sotto il piccolo tetto di un antico mausoleo, ed a giudicare dalla voce aveva trent’anni o più.
«Chi sei? E perché mi hai fatto venire qui? Avevo da fare, questa sera» disse Percival, scocciato.
«Sono colui che ha scoperto il tuo segreto, mio caro»
«Ovvero?»
«Ti ho visto, tre notti fa, in quel locale sulla Lopez Avenue» con un tono che tradiva la sua eccitazione «Quella ragazza, era molto bella. Come si chiamava?»
«Non ne ho la più pallida idea» rispose tranquillo Perce.
«Ma dai! Te la sei portata perfino a letto, va a finire, e non sai il suo nome? Non ci si comporta così!» con una risatina beffarda.
«E, comunque, perché hai detto “si chiamava”? Al passato.» serio.
«Su su, ho visto cosa è accaduto, sai?»
«Non so di cosa tu stia parlando. Io non…» non fece in tempo a finire la frase che fu interrotto dalla voce rabbiosa dello sconosciuto.
«NON MENTIRMI! SO BENE COSA LE HAI FATTO! TI HO VISTO!» si placò, cercando di darsi un contegno «Stavo uscendo dalla porta posteriore del Pub, nello stesso vicolo nel quale tu e quella ragazza vi stavate contorcendo come calamari» e nonostante il buio, Perce notò l’ombra di un sorriso sul volto dello sconosciuto.
«E dunque?»
«Dunque?» ridacchiò «Ero brillo, e stavo cercando di uscire dal vicolo, barcollante. Ma ho visto qualcosa di strano. Tu non la stavi baciando, tu le avevi morso il collo, e lei non gemeva dal piacere, ma dal dolore e dalla paura» serio «Ho visto il sangue scorrergli per il collo. Mi sono nascosto dietro l’angolo e ti ho osservato mentre caricavi il corpo dentro un’auto che hai trovato in quel vicolo. Hai aperto il porta bagli con una mano sola, rompendo senza fatica la serratura»
Ci fu una pausa. Perce era sicuro che l’uomo stesse per arrivare al punto, eppure era tranquillo. «Tu, mio caro, sei un vampiro!» esclamò, poi, tutto d’un tratto.
Altro attimo, di silenzio, poi Percival sorrise: «Bene. Ed ora che mi hai scoperto? Cosa vuoi fare? Denunciarmi? Alla polizia, all’FBI, alla NASA…?»
«No, assolutamente no. So il tuo segreto, ed ho intensione di sfruttarlo a mio favore»
«Cioè?» chiese con una nota nella voce che tradiva la sua curiosità.
«Semplice. Tu assassinerai per conto mio degli uomini, in modo da aprirmi la strada per una carriera che mi frutterà fama e denaro. Voglio diventare Presidente degli Stati Uniti d’America, e tu mi aiuterai. Eliminerai i miei oppositori, ed io in cambio non dirò nulla a nessuno. Io per te sarò Il Politico».
Sorrise, ma anche Perce –e questo confuse molto Il Politico- sorrise, e quasi sfociò in una fragorosa risata.
«Bene, Il Politico» tranquillo «Credi di avermi in pugno, vero? Beh, ti sbagli»
Usando la sua velocità inumana, riuscì a sposarsi in meno di un attimo alle spalle dell’uomo in penombra, e quest’ultimo sentì il fiato del ragazzo sul collo.
«Sai che sono un vampiro, sai di cosa sono capace. Hai fatto male a metterti sulla mia strada, ed ora morrai» ridacchio Perce.
«Mi sono preparato, a questa evenienza» disse l’altro, e con un’agilità impressionante estrasse dalla tasca dell’aglio, e dalla tasca sinistra un crocifisso di metallo. Perce indietreggio contro la porta del mausoleo. «Bene, ora ti ho in pugno. Non mi scappi» sorrise Il Politico mentre indietreggiò sul viottolo, così da poter osservare meglio Perce, che, pian piano, stava riacquistando una posizione eretta.
Una risata di puro divertimento ruppe il silenzio tra i due. Perce era piegato in due dalle risate.
«Aaaah, voi poveri, ingenui mortali. Così ciechi, così creduloni. Prendete tutto ciò che leggete come oro colato.» e si avvicinò camminando tranquillamente verso l’uomo. L’aglio ed il crocifisso sembravano inutili contro di lui, come se non avessero più il potere di tenerlo lontano «Voi, sciocchi mortali! Così buffi e stolti che credete a tutto ciò che leggete! Non vi è mai passato per la mente che tutto ciò che sapete su di noi è falso? Che MAGARI siamo stati proprio noi a divulgare quelle false informazioni, così da portarvi sulla strada sbagliata?» sorrise «No, certo che no. Siete troppo ottusi e così pieni di voi, che siete sicuri di ciò che voi credete essere vero.» scosse il capo. «Questo» ed afferro l’aglio dalla mano tremante dell’uomo «Possiamo buttarlo» e lo lanciò nell’oscurità, chissà dove «E questo» afferrò il crocifisso «lo mettiamo in un posto più appropriato»affermò posandolo su una lapide.
Si rivolse all'uomo che tremava di paura, ormai indifeso «Bene.» Iniziò «Guarda in che guaio ti trovi ora: sei con un vampiro, che non ti trova per nulla simpatico, che anzi freme dalla voglia di ucciderti; sei in un cimitero; non hai nulla con cui tenermi lontano per salvarti la pelle e, cosa più importante di tutte, mi hai fatto alquanto irritare con le tue pretese assurde» parò con voce calma ed al contempo minacciosa.
«N-no, t-t-ti prego! F-farò tutto ciò che vuoi, ma l-lasciami andare!» implorò inginocchiandosi sulla ghiaia, con le mani unite come in preghiera «G-giuro che non dirò mai a nessuno cosa sei! Lo giuro! Sparirò da Boston, non sentirai più parlare di me, ma ti prego…» piagnucolò, ma tu interrotto dal Perce, spazientito.
«Taci, verme» stizzito «Ed assumiti le tue responsabilità per quella che, sono sicuro, è la tua prima volta»
«No no no! Ti prego!»
«Hai fatto il furbo con l’essere sbagliato!»
Detto questo, non attese, si chinò in avanti, lo afferrò dalle spalle e lo mise in piedi con estrema facilità. L’uomo urlò di dolore. Aveva entrambe le spalle rotte. Percival si sporse in avanti e diede un morso al collo dell’uomo, che aprì la bocca per urlare, ma non uscì alcun suono.
Le undici meno dieci. Perce stava percorrendo la Beacon Street, costeggiando il Boston Common. Era in cerca di un qualche Pub nel quale trovare la sua prossima vittima. Un’occhiata alla specchietto retrovisore, e vide che aveva le labbra più rosse del normale, ed una goccia di sangue ancora scivolava sul mento. Estrasse un fazzoletto da una tasca interna della giacca e si pulì. Fece una smorfia al pensiero de Il Politico, che ora giaceva in fondo Charles Rive Basin con una pietra al posto dei polmoni, ed al gusto del suo sangue. Beh, pensò, era meno schifoso di quello che mi aspettavo.
Parcheggiò proprio sotto l’insegna luminosa di un Night Club in Kingstone Street. Per rifarmi le labbra, pensò sorridendo mentre scendeva dall’auto e si avvicinava all’entrata del club, ho bisogno del dolce, caldo sangue di una spogliarellista.


All by ME,
commenti e critiche sono ben accetti :)



N.A. Nonostante tutti i luoghi siano reali, i personaggi descritti NON sono reali!

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Capitolo 2
*** Vecchi Amici, Nuovi Nemici ***


Un’altra notte serena a Boston. Downtown, il quartiere più elegante ed esclusivo di Boston era pieni di persone che camminano per le strade. Sono appena le undici: la notte è giovane.
Di tutti i palazzi, il più vistoso e curioso era sicuramente quello che si ergeva sulla High Street. Un’enorme struttura in vetro, cemento ed acciaio che si alzava nel cielo con i suoi cinquanta piani, con una bizzarra forma, a metà tra la sfera ed il rettangolo.
D’innanzi alla graziosa ragazza alla Reception si presenta un ragazzo alto, magro, pallido dai capelli corvini e dalle iridi nocciola.
«Posso esserle utile, signore?» domandò con voce squillante.
«Vorrei vedere Dutch» rispose con voce suadente Percival.
«Intende il signor Thomas?» stupita da tutta quella confidenza. Perce, dal canto suo, si lasciò andare ad una risata tanto divertita quanto elegante.
«Quanto è strano sentirlo chiamare così! Comunque sì, lui» sorrise.
«Mi spiace, signore» ancora mezza confusa «Il signor Thomas è molto impegnato, e non credo che a quest’ora sia propenso ad accettare visite»
«La prego, provi. Dica che Percival LaRoche chiede di vederlo» suadente.
«Va bene, ma non le prometto nulla» e detto ciò afferrò il telefono e compose il numero cinquanta. Sentì il telefono squillare, e dopo pochi attimi una voce profonda parlare.
«Che c’è?» sentì grazie al suo udito.
«Mi scusi per averla disturbata, signor Thomas» iniziò la ragazza «Ma c’è qui un signore che la vuole vedere»
«E chi sarebbe? Lo conosco?» curioso.
«Non so se lo conosce. Si chiama Percival LaRoche, signore»
Seguirono alcuni secondi di silenzio.
«Ehm… Signore? E’ ancora al telefono?» domandò dubbiosa la ragazza dopo un po’.
«Sì sì! Sono qui!» rispose veloce «Cosa aspetti a mandarmelo su, stupida?! Fallo salire, immediatamente!» urlò.
«S-sì! Subito!» e chiuse il telefono. Si rivolse a Percival «Mi scusi, signore. Può salire. L’appartamento del signor Thomas è all’ultimo piano» imbarazzata.
«Stia tranquilla… Sophie» lesse la targhetta appuntata sul petto della ragazza e sorrise «Dutch è sempre stato un po’…» cercò la parola giusta «Scortese» sorrise. La osservò ancora qualche attimo, dunque chiamò l’ascensore. Aveva trovato la sua prossima vittima.
Pochi minuti dopo Perce bussò alla porta di legno pregiato che aveva disegnate con grande eleganza le lettere “WD” ad altezza occhio. Sorrise mentre sentiva dei passi avvicinarsi con grande velocità alla porta. Quando questa si aprì, Perce poté vedere la figura di un uomo alto poco meno di lui, meno robusto e dalla pelle scura. Indossava una camicia bianca sbottonata fino al petto, abbastanza sottile da lasciar intravedere il proprio fisico atletico, un paio di Jeans stretti e delle scarpe eleganti bianche, il tutto coronato da un foulard marroncino.
I due vampiri si strinsero in un abbraccio fraterno, poi Dutch spinse dentro l’appartamento l’amico e chiuse la porta.
«Dio, Perce! Quanto tempo è passato?!» chiese mentre si accomodarono su un elegantissimo divano ad angolo che avrebbe potuto ospitare tranquillamente una decina di persone. L’attico era un appartamento molto elegante, che aveva come muri perimetrici solo finestre, in grado di aprirsi su un vasto balcone. I muri non erano altro che sottili strisce di cartongesso. Tutto era all’insegna della lussuria.
«Da tantissimo, Dutch! Circa seicento anni!» sorrise Perce, afferrando il bicchiere di Brandy che l’amico gli porgeva.
«Già, è vero! Bei tempi quelli! Abbiamo schiacciato i Draghi Cinesi in poche ore!» rise.
«Vero! Quei vampiri asiatici non erano niente di che! Loro avevano le arti marziali, noi l’esperienza dataci da una vita da vampiro!» ridacchia «Non hanno avuto scampo!» sorrise.
«Ma dimmi, dimmi. Cosa ti porta qui in America, da me, oggi?» curioso.
«Sinceramente sono duecento anni che ormai vivo qui» ridacchiò Perce «Ero solo passato per salutare» tranquillo «Vedo che sei ancora nei Diavoli Bianchi» sorrise «Da quello che ho capito, ora, sei anche il loro capo!» ridacchiando.
I Diavoli Bianco non erano altro che una delle tante bande di vampiri sparse in tutto il mondo, banda nella quale si sono fatti strada Dutch e Perce, fino a diventare, per usare un termine militare, i vice del vecchio boss Stephan. Perce aveva riconosciuto Dutch in un’intervista fatta da un programma di alta finanza, nella quale lo etichettavano come “nuovo re del business americano”.
«In realtà no» ridacchiò Dutch.
«Come no?» domandò curioso.
«In realtà, Stephen ha lasciato ad un altro il comando. Un ragazzo che per lui era come un figlio e che ha lasciato i Diavoli Bianchi per andare in giro per il mondo a divertirsi.» ammiccò a Perce.
«C-cosa?! Ha lasciato il comando… A me?» domandò, sconvolto.
«Già! Io ho mandato vampiri in tutto il mondo a cercarti! Intanto ho preso le redini della situazione io!» sorrise.
«Wow! Beh, hai fatto un bel lavoro! Ma dimmi, che fine ha fatto Stephen? E’ andato a cercare un luogo tranquillo dove vivere? Era da tanto che voleva farlo, da quanto mi ricordo»
«Beh, non proprio… Sai…» s’incupì «Ti ricordi i Vampiri di Mezzanotte?»
«Uhm? Quel gruppo di vampiri sfigati che bazzicava in scozzia?» domandò curioso.
«Sì, proprio loro…» si alzò e si avvicinò alla vetrata, osservando dall’alto la città «E ti ricordi Jean?»
«Jean, ma certo! Lo scorbutico ed arrogante Jean, come dimenticarlo?» sorrise.
«Beh, Jean, quando ha saputo che non sarebbe stato lasciato a lui il comando –sai no, lui stava da prima di noi nei Diavoli Bianchi- ha deciso che non aveva senso continuare a stare con noi.» pausa «Una notte è andato in camera di Stephen con al scusa di dover parlare con lui, e l’ha ucciso a tradimento» finì, velocemente.
«C-cosa?» paralizzato «Nooo! E’ impossibile! Stephen ammazzato da Jean? Jean non ha mai saputo combattere!»
«Beh, ha imparato. Ed ora è anche bravo. Sta di fatto che noi andiamo a chiamare Stephen per la solita battuta di caccia, e lo troviamo morto in camera, e Jean era sparito.» serio «Tempo dopo alcune delle nostre spie ci riferiscono di Jean che gironzola per la Scozia con quei Vampiri di Mezzanotte, e diventa uno di loro, affermando di aver ucciso Stephen»
«E voi? Non avete fatto nulla per vendicarlo?» si alzò, avvicinandosi a Dutch. La rabbia iniziava a ribollire. «C’abbiamo provato. Ma nel tempo impiegato per organizzare un attacco ben pianificato, Jean è diventato il capo dei Vampiri di Mezzanotte, ed ha insegnato a tutti loro a combattere. Ora sono il gruppo di più bravi combattenti mai visti. Li abbiamo attaccati, e siamo riusciti a cacciarli dalla Scozia solo perché eravamo in maggioranza, altrimenti avremmo perso. Sta di fatto che Jean ed alcuni dei suoi fuggirono.» pausa «Abbiamo avuto sue notizie solo due anni fa. Era venuto qui a Boston ed era diventato un magnate degli affari. Subito ci siamo mobilitati e siamo venuti qui. Ed ora ci prepariamo per attaccarlo.»
Osservò Perce, che non faceva altro che guardare il cielo nero. Spostò le iridi su Dutch.
«Qual è il piano?» chiese, serio.
«Stiamo formando un esercito per attaccarli e distruggerli»
«No.» il tono di Perce era fermo, era entrato in modalità “boss” «Dobbiamo prima indebolirlo. Lo distruggeremo pian piano.» serio «Prima il suo imperio finanziario, poi i suoi uomini. Li prenderemo uno ad uno. Dobbiamo accompagnarlo in un lento declino, per poi schiacciarlo come il viscido insetto qual è. Deve essere una nullità quando morirà, in modo che nessuno ricordi il suo nome, in modo che sia solo un ennesimo vampiro morto, un nome fra tanti, che nessuno ricorderà mai.» serio, subdolo. «Dutch, giuro sul mio onore che porterò i Diavoli Bianchi alla vittoria, e che schiaccerò quel bastardo di Jean in onore di Stephen»
Tutto si poteva aspettare, tranne di vedere l’amico sorridere.
«Ecco» disse Dutch «Questo è il capo che tutti noi aspettavamo. Sono sicuro, che non perderemo, con te!» Perce tornò ad osservare la città dall’alto. Trema, Jean, pensò, la tua fine sta per giungere. Da questa guerra si deciderà qual è la banda più forte del mondo, e non ho il minimo dubbio riguardo la nostra vittoria. Dunque trema, verme schifoso, perché la tua ora, sta per giungere.


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Capitolo 3
*** E' Guerra ***


Dutch era disteso sul costosissimo divano bianco a quattro posti, in netto contrasto con il colore della propria pelle. Aveva il capo appoggiato al bracciolo della poltrona, rilassato. Si sarebbe addormentato, se solo ne avesse avuto bisogno.
Un veloce sguardo alle lancette dell’orologio in argento purissimo al muro della lussuosa ed inutilizzata cucina per rendersi conto dell’ora. Le undici di sera.
«Mmm… Perce avrebbe già dovuto finire…» borbottò, allungandosi per prendere il telefonino posato sul tavolino in legno di quercia poco distante. Nessun messaggio o chiamata persa «Bah!» commentò posandoselo sull’addome «Chissà com…» non fece in tempo a finire la frase che l’apparecchio vibrò e il led si illuminò segnalandogli l’arrivo di un messaggio. Era di Perce.
Che bella serata!, lesse Dutch, e aprì l’immagine inviatagli. Attese qualche attimo, poi sullo schermo apparve la foto dell’amico assieme alla ragazza della reception, Sophie. Entrambi sorridevano, lei guardava in camera, mentre Perce le osservava avido il collo di sottecchi.
«Dovevo immaginarlo!» ridacchiò «Ora che è tornato, mi toccherà cambiare una segretaria la settimana!» dunque si alzò e si diresse al bar che aveva in salotto, per prepararsi qualche drink.

La notte seguente Perce si presentò alla porta dell’attico di Dutch alle dieci e mezzo in punto.
«Arrivo arrivo! Diavolo Perce, stavo sotto la doccia!» esclamò appena aprì la porta, con indosso solo un asciugamano bianco legato attorno alla vita.
«Beh? Sapevi che sarei passato a quest’ora» fece spallucce l’altro, entrando nell’appartamento dell’amico e dirigendosi subito al bar per prendere qualcosa da bere.
«Allora?» gli domandò chiudendo la porta.
«Allora cosa?» curiosando tra le bottiglie di alcol «Hai mica del Jack Daniels?»
«Dietro il Ruhm.» indicandoglielo con la mano mentre si avvicinava al bar prendendo posto su uno degli scabelli rivestiti di stoffa rossa «Sophie? Dove l’hai lasciata?»
«E’ di sotto, al suo posto» tranquillo versando il liquido ambrato in un bicchiere.
«Non l’hai bevuta?» domandò Dutch, tanto perplesso quanto stupito «Amico non è da te!»
«Avanti, lo sai che quando sono innamorate il sangue delle ragazze diventa irresistibile! Tempo due giorni e sarà morta.»rispose Perce bevendo in un sol sorso il contenuto del bicchiere.
«Tzè! Non ti smentisci mai, amico!» ridacchiò, quando qualcuno bussò alla porta «Chi mai sarà?» ma prima che Dutch potesse fare più di cinque passi, Perce lo superò velocemente ed aprì la porta rivelando la presenza di Sophie.
«Buonasera signor Thomas» lo salutò la ragazza, tranquilla.
«Dutch, ti comunico che avrò bisogno del tuo letto per il resto della nottata, quindi se vuoi andartene non ci offendiamo» sorrise compiaciuto Perce, e mentre accompagnava la ragazza verso le scale per salire in camera da letto strappò via l’asciugamano dalla vita dell’amico, lasciandolo nudo in mezzo al salotto, quindi fece voltare la ragazza con una piroetta per farle osservare il datore di lavoro. Lei restò pietrificata dall’imbarazzo, diventando paurosamente paonazza, poi finalmente Perce la fece rigirare e presto entrambi sparirono sulle scale.
Dutch rimase immobile nel salotto, con le mani sui fianchi alzando gli occhi al cielo, per niente turbato dall’accaduto e si limitò ad urlare verso le scale «Devo vestirmi, e si dia il caso che il mio armadio sia di sopr…» ma non finì la frase che una camicia ed un pantalone volarono fino a metà scala, seguiti da un paio di scarpe complete di calze. Salì per raccoglierle «Ottimo! Ma sai, avrei bisogno anche delle mutande» urlò ancora, e questa volta un paio di slip neri lo colpirono in faccia «Grazie, Perce»

Ormai la primavera era arrivata anche su Boston, e la sera del 17 Aprile ha portato con sé una pioggia leggera. Dutch e Perce si trovano nell’attico del palazzo della loro banda di vampiri, seduti al bar che discutevano su un’intervista andata in onda quel pomeriggio.
Appena dopo pranzo, verso le due, era andato in onda il servizio di una giornalista molto attraente, dai capelli rossi, che aveva subito attirato l’attenzione di Perce, anche se questa poi venne rapita completamente dall’uomo che andava ad intervistare.
«Oggi è qui con noi il signor Jean McGibson, per parlarci dell’accordo tra la sua fondazione, la Midnight’s Association, e la rivale White Danger.» Perce riconobbe subito l’uomo e chiamò Dutch dandosi appuntamento da quello per quella stessa sera.
«Ma di che accordo si tratta?» stava chiedendo Perce all’amico, curioso.
«Come hai potuto vedere, le nostre associazioni sono tra le più ricche del mondo, dunque per i media è normale che ci sia guerra tra noi, ma visto che il nostro vero scopo è quello di arrivare a Jean, abbiamo deciso di fare una specie di accordo, di fusione, tra le due società, così che quando lui sparirà dalla circolazione, potremo rilevare facilmente la sua fondazione. In sintesi, ammazziamo lui e ci prendiamo tutto ciò che ha, semplice, no?»
«Dutch, sei proprio un genio!» esclamò battendogli una mano sulla spalla.
«Sei tu il capo, però. Cosa si fa?»
«Uno dei tuo ha seguito un pezzo grosso di quel verme di Jean, dice che lo definisce uno dei suoi migliori uomini, dunque io direi di andare… A testarlo!» e gli fece l’occhiolino.
«Ok, quando?»
«Ora»
«Ok… Aspetta, cosa? Ora?»
«Sì, ora»
«Ma, sai dove si trova, che tipo è, e che non sia scortato da un esercito?»
«No»
«Ma…»
«Suvvia Dutch! Non ti ricordavo così cagasotto!» disse alzandosi e dirigendosi alla porta «Quando avrai raccolto le tue palle, che hai lasciato dietro il bar, allora raggiungimi di sotto» ed uscì, lasciando Dutch a vergognarsi.
Naturalmente l’altro non avrebbe mai abbandonato l’amico, infatti nel giro di dieci minuti erano già in macchina a sfrecciare sulla Atlantic Avenue.
«Dove andiamo?» domandò Dutch.
«Boston Harbor Hotel»
«Ma non è un posto molto affollato?»
«Sì, ma hai mai notato che i posti di quel tipo hanno sempre annesso un vicolo poco illuminato e nascosto fatto proprio al caso nostro?» sorrise.
«Bah… Non ne sono così convinto…» borbottò l’amico, mentre osservava il lussuoso Hotel «Come lo attiriamo fuori?»
«E lì fuori, non lo vedi?»
«Quale?» domandò osservando il gruppo di uomini fuori dal locale «Quello magro e con l’aria da idolo delle donne?» indicando l’uomo che più sembrava un vampiro.
«No, quello affianco. L’armadio quattro per quattro con i capelli alla militare, biondi»
«Però… Massiccio il tipo» disse scendendo dalla macchina.
«Più grandi sono, più rumore fanno quando cadono» buttò lì Perce «Ora vai ed attiralo nel vicolo, ti aspetterò lì»
«Ok» iniziando a camminare verso il tipo.
Appena si trovò a portata di udito (da vampiro, ovviamente), Dutch sussurrò al vento «Ehilà bestione… So che sei un vampiro, così come lo sono io. Mi manda Jean. Hai un compito, incontriamoci nel vicolo vicino.» e dunque corse a raggiungere Perce. Quando l’omone arrivò solitario nel vicolo, si ferò ad osservare Dutch, perplesso «Cosa vuole da me Jean? Oggi è il mio giorno libero.»
«Jean si scusa per il disturbo, Bob, ma ha un lavoro urgente per te» disse con la voce più controllata che aveva.
«Che tipo di incarico?»
«Devi far fuori un vampiro, Percival LaRoche»
«Ne ho sentito parlare» disse l’altro «Farò in fretta. Dove si trova?»
«Qui» disse Perce, apparso alle spalle dell’uomo.
Quello non fece in tempo a voltarsi che il ragazzo l’aveva già colpito con un poderoso pugno scagliandolo qualche metro avanti, facendolo finire a terra lungo disteso.
«Chi siete voi?» domandò lui, alzandosi.
«La tua missione» sorride Dutch, sferrandogli un calcio al viso.
Ma Bob era duro ad arrendersi, e si dimostrò un vampiro molto ostinato. Si rialzò e si decise ad affrontare i due, e dalla posizione che assunse Perce dedusse che fosse un vecchio Boxeur. Sorrise.
«Bob, da quant’è che sei vampiro? Una ventina d’anni, no? Si vede da come ti muovi, da come combatti e ci guardi» rispose alla silenziosa curiosità dell’altro «Se fossi un vampiro di tanti secoli, come me, sapresti che la Box è la meno adatta forma di combattimento.»
«Lo vedremo!»
«Come vuoi…» sospirò. Dunque si portò dietro la schiena di quello, e si voltò per schivare la gomitata dell’omone, che si era accorto del movimento, ma così facendo quello aveva l’asciato il fianco sinistro scoperto, e Perce ne approfittò piantandogli un pugno al costato. Il vampirò sentì un paio di costole rompersi ed alcune incrinarsi.
«Vedi? Punti sul fatto che sei un vampiro. Ma lo sono anche io, quindi non funziona la cosa… Sono più abile, più veloce e più forte di te… Per non dire più intelligente!» dunque gli sferrò una serie di pugni veloci al naso, rompendogli anche quello, dunque dalla tasca della giacca estrasse un guanto di pelle nera che indossò sulla mano destra, e poi si infilò un anello d’oro al medio e si avvicinò all’uomo inginocchiato ed ansante.
«Forse Jean non te l’ha detto… Noi vampiri siamo allergici all’oro…» e dunque gli sferrò un poderoso montante al mento, facendolo cadere a terra, in una pozzanghera abbastanza grande da contenerlo tutto. Sotto il mento gli rimase impresso, come un marchio a fuoco, il simbolo dell’anello, con una piccola scritta che recitava “Percival LaRoche”.
«Questa volta, Bob, ti lascio andare, così potrai portare i miei saluti a Jean» calmo mentre osservava l’altro disteso a terra e faceva segno a Dutch di iniziare ad andare in macchina. Fece per voltarsi, quando la voce del vampiro disteso a terra lo fermò «Devo… Dirgli… Altro?»
«Sì, è guerra.» dunque riprese a camminare verso la macchina «Buon proseguimento di serata, amico mio».


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N.A.
Mi scuso per la mia assenza, ma ho avuto un periodo alquanto complicato! >.<

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