E' Las Vegas, non la casa della nonna.

di Albicocca
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Un giorno Touko ucciderà Tsunami. ***
Capitolo 2: *** Perché Katy Perry ha sempre ragione. ***
Capitolo 3: *** La Droganciata colpisce, Touko impazzisce. ***



Capitolo 1
*** Un giorno Touko ucciderà Tsunami. ***


Capitolo uno.

Un giorno Touko ucciderà Tsunami


 



“Tsunami, ma io ti uccido.”
Ecco com’era iniziata la vacanza tranquilla di Touko. Lei non voleva fare altro che andare a New York per una settimana, da sola, in tutta tranquillità.
Ma no.
Tsunami aveva dovuto per forza mettersi in mezzo e auto-invitarsi, dicendo che da sola nella Grande Mela si sarebbe annoiata e lui era di grande compagnia.
Sì, come no.
Come se non bastasse quella mattina il ragazzo si era svegliato tardi, anzi tardissimo. E avevano perso l’aereo.
Ma, per riparare, Tsunami si era offerto di andare a prendere i biglietti per il volo successivo.
Non l’avesse mai fatto. 
Aveva preso quelli sbagliati. Ed infatti ora stavano per atterrare a Las Vegas.
Las Vegas, per Touko, non era di certo sinonimo di pace e tranquillità! Proprio no.
”Su dai, appena scendiamo prendiamo il primo volo per New York. Non preoccuparti.” cercò di riparare, in vano, il ragazzo dai capelli rosa. Già non sopportava volare in aereo, ma con una Touko incazzata nera non era proprio il massimo del confort.
”Spero per te che non ci siano altri intoppi.” sottolineò, tra i denti, la ragazza, fulminandolo con lo sguardo.
Tsunami rabbrividì e sorrise un po’ preoccupato. Sapeva che quando Touko ci si metteva era davvero, ma davvero pericolosa. E poi non voleva fare altro che vomitare.
Colpa dell’aereo.
Sospirò e chiuse gli occhi, mentre di fianco a lui la ragazza ringhiava dal nervosismo.
Ok, che la capiva un poco, ma perché incavolarsi così tanto? Avevano solo perso un aereo, sbagliato un altro. Niente di che, insomma!
Tutto questo non era niente a confronto con l’immensità dell’oceano.
Nel frattempo Touko stava maledicendo, imprecando, forse anche bestemmiando in tutte le lingue che conosceva. Ed erano un sacco. Non per questo suo padre era il presidente.
Perché queste cose capitavano solo a lei? Insomma, non aveva mai fatto niente di male. Era stata sempre una figlia modello e via dicendo. E allora perché il destino barra fato barra Karma barra Dio barra altre forme invisibili all’uomo, ce l’avevano con lei?
Mistero. Avrebbero dovuto fare un programma tv dove raccontava tutte le cose che le erano capitate per via della sfiga. E di Tsunami con la sua fottutissima tavola da surf.
Un giorno gliel’avrebbe bruciata, ed era una promessa.
Perché Tsunami Jousuke, con la tavola da surf, c’entrava sempre nelle piaghe di Touko Zaizen.
Quella volta, però, non lo avrebbe perdonato. Nossignore.
- Si prega ai signori e signore di allacciarsi le cinture di sicurezza, stiamo per atterrare a Las Vegas. –
Touko borbottò qualche altro insulto mentre Tsunami sembrava pronto per fare un party hard. Non vedeva l’ora di scendere dal quel trabiccolo.
“Finalmente.” sussurrò eccitato, allacciandosi la cintura con foga.
”Muori.”
Ma Touko non smontò per niente l’allegria di Tsunami, anzi, lui non se la cagò di striscio.
E questo fece innervosire ancora di più la ragazza che stava iniziando a progettare l’omicidio dell’amico.
Già erano amici. E lei come poteva essere amica di un tipo così… Tsunami? Se lo chiedeva da anni. Ma ormai lo conosceva da quattro anni e avevamo imparato molte cose su di lui.
Ma non aveva mai smesso di trovarlo infantile e troppo fissato con il mare e, soprattutto, con il surf. Insomma, sembrava la sua ragione di vita!
O forse lo era.
Pft.
Alcune volte Rika le aveva detto che sembrava gelosa del rapporto di Tsunami con la sua tavola da surf.
Lei? Gelosa? Di una tavola da surf? Ma neanche morta.
E si era chiesta quali erbe esotiche fumasse la sua migliore amica per partorire una cazzata simile.
Atterrarono e scesero dal trabiccolo infernale, o almeno secondo il ragazzo.
“Bene, ora andiamo lì e chiediamo un aereo o qualunque cosa per New York!” sbottò, tutto allegro il ragazzo alzando le braccia in aria, facendo girare metà aeroporto verso di lui. E c’era dire che gli girava la testa per via del volo.
Touko si portò una mano davanti agli occhi.
Non voleva vedere più niente.
Tsunami si avvicinò al bancone tutto pimpante.
”Scusi, signorina, il prossimo volto per New York quand’è?” chiese sorridendo.
“Controllo subito, mi dia un attimo” replicò la donna, mentre lui annuiva.
”Ehm, signore, i voli sono tutti sospesi. E riprenderanno domani nel tardo pomeriggio.”
Touko sentì l’aria mancare.
Tsunami annuì: “Va benissimo, allora prendiamo due biglietti.”
“Mi dispiace ma sono finiti.”
La ragazza era pallida.
“Uhm, quando saranno disponibili?”
“Dopodomani.”
Touko Zaizen svenne.
Jousuke sorrise tranquillamente mentre la sua migliore amica era stesa, pallida, sul pavimento della aeroporto.
“Allora prendiamo due biglietti per New York per il volo di dopodomani!”
La donna castana annuì, un po’ preoccupata per la ragazza svenuta, dando i biglietti al ragazzo, che si stava caricando sulle spalle Touko come se fosse un sacco di patate.
“Sta bene?” domandò fissando il viso pallidissimo di Touko.
“Sì riprenderà, non si preoccupi!” urlò allegro dirigendosi verso l’uscita del aeroporto.


”Ti uccido. Ti disintegro. Ti faccio a pezzettini minuscoli e ti faccio passare per un nuovo tipo di prosciutto…”
Touko camminava da circa mezz’ora senza fermarsi, o meglio senza respirare visto che ogni parola che diceva era attaccata ad un’altra e non si capiva niente, continuando a minacciare uno Tsunami completamente sciallo e tranquillo, che beveva tranquillamente un frappé al cioccolato, come se la situazione non lo toccasse. Anzi, era proprio così.
Il fatto che si trovassero bloccati a Las Vegas per lui non era un problema, paragonato sempre a quella stramaledetta immensità dell’oceano
”Senti, Touko, ora chiamiamo Mark. Ma siediti. Sto per vomitare tutto il frappé con tutto questo camminare.” disse tirando per un polso la ragazza e facendola sedere sulla panchina, vicino a lui.
Fortunatamente, e sottolineo questo fortunatamente, si erano messi d’accordo con Mark Kruger, il capitano della nazionale americana, che li avrebbe accompagnati per New York, un po’ come una guida turistica.
Solo che c’era un minuscolo ed insignificante problema: loro non erano a New York.
Tsunami prese il suo telefono molto tecnologico – ergo: era una specie di coso dell’età della pietra, se paragonato a quello di Touko che era un iPhone super accessoriato con anche la rete internet – e cercò il numero di Mark, nella rubrica.
Lo trovò e schiacciò il pulsante verde per chiamarlo.
- Tu, tu, tu. –
“Io, io, io.” sussurrò Tsunami e Touko gli tirò uno schiaffo dietro la nuca, urlandogli di finire di fare il cretino.
- Pronto, qui è Mark Kruger che vi parla. Chi è? - rispose.
“Maaaaaaaaaaaaaaaaaaaark.” urlò il ragazzo, allungando il nome dell’amico con ben venti ‘a’.
- Tsunami! – continuò, quello, ridendo.
“Certo, bro. Comunque volevo dirti che io e Touko abbiamo avuto un problema mentre venivamo a New York…” non finì la frase che la ragazza gli prese il telefono dalle mani con rabbia.
“Mark, questo cretino di Tsunami ha preso i biglietti sbagliati e ci ha fatti arrivare a  Las Vegas. Ti prego, ti scongiuro, salvami.”
Probabilmente, si ritrovò a pensare Touko, starà ridendo come un imbecille.
- Oh beh, succedono spesso queste cos-  non finì di parlare che incominciò, o meglio ricominciò, a ridere.
”Sono seria, Mark. Siamo in una situazione orribile. Peggio di quella delle gemelle Olsen in ‘Due gemelle on the road’, ti prego.” piagnucolò.
- Per fortuna che Dylan si trova a Las Vegas questo weekend. Quando si chiama ‘caso’ – disse il ragazzo, appena si era ripreso dalla crisi di risa.
”Cosa, Dylan è qui?” urlò la ragazza, alzandosi in piedi.
- Sì. E’ andato a trovare una vecchia zia in punto di morte, non so. Comunque ora lo chiamo e lo mando a prendervi. Las Vegas è bella, vi divertirete di certo! – e chiuse la chiamata.
Touko rimase ferma, in piedi, con il telefonino di Tsunami in mano che faceva ‘tu, tu, tu’, con un espressione a dire poco scioccata, incazzata e forse  anche pronta ad uccidere. E non solo Tsunami.
“Che ha detto?” domandò il ragazzo.
“Che chiamerà Dylan, che per chissà quale fortuna si trova a Las Vegas, per venire a prenderci.”  
“E allora perché hai quell’espressione… omicida?”
”Perché quello stronzo di Kruger mi ha posato il telefono in faccia dicendomi che Las Vegas è bella, ecco perché.”
“Beh – incominciò Tsunami – non vedo perché incazzarsi così tanto.”
”Perché io voglio andare a New York!” urlò la ragazza, in faccia all’amico che si era alzato e messo di fronte a lei.
Saranno due giorni molto lunghi, pensò Tsunami, davvero lunghi.  






Albicocca
~

Ciao. Lo so, lo so, dovrei trovarmi un lavoro che non sia pubblicare quintali e quintali di mini-long e long. Lo so. Ma ehi, quando l'ispirazione chiama, Miriam risponde.
E dopo questa:
http://24.media.tumblr.com/tumblr_m7v558U0Q91r8oan1o1_500.jpg, dovete ASSOLUTAMENTE capirmi. 
L'idea iniziale era un one-shot, poi Alicchan mi ha dato l'idea di una mini-long di cinque capitoli, ed eccola qui. 
Mi ha aiutato anche MaceH, dandomi qualche idea. (MaceH è _Kya_) 
Alla fine, boh, me  li immagino troppo quei tre a spasso per Las Vegas con qualche macchina rubata (??) stile Una notte da Leoni. Non se capite. 
Va be', 
spero che vi piaccia il minimo. LOL 
Non uccidetemi, 
la vostra Miam. 

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Capitolo 2
*** Perché Katy Perry ha sempre ragione. ***



Capitolo due.
Perché Katy Perry ha sempre ragione.




Touko e Tsunami si trovavano fuori dall’aeroporto, seduti su una panchina, aspettando Dylan.
La ragazza smanettava con il suo telefono trattenendo qualche imprecazione colorita mentre il ragazzo beveva il quarto frappé al cioccolato di fila, sorridendo alle belle ragazze che passavano di tanto in tanto. 
E Dylan era in ritardo, come al solito.
Non si poteva fare affidamento su quel ragazzo, per niente. Era troppo casinista. Si metteva nei guai con la facilità in cui si cambiava le mutande, quindi, secondo la Zaizen qualche poliziotto l’aveva fermato per eccesso di velocità, probabilmente.
Perché con Dylan Keith al volante c’è sempre un pericolo costante.
A Tsunami il fatto che fosse in ritardo, che la sua amica fosse incazzata come un serial-killer e che se continuava ad andare a prendere frappé al bar di fronte, il proprietario lo avrebbe ucciso, non importava.
Era tutto tranquillo, sembrava che niente potesse turbarlo, neanche Touko incazzata. Ed era così.
Tsunami era una delle persone più menefreghiste che la ragazza avesse mai conosciuto. Non importava che cos’era successo, lui se ne fregava bellamente, finché, ovviamente non gli toccavano la sua amata tavola da surf o i suoi migliori amici.
”Arg” ringhiò la ragazza, guardando l’autostrada che portava al centro della città delle follie. Perché solo così si poteva definire Las Vegas.
La città del  divertimento, della follia, di un momento in cui la tua vita ti sembra perfetta, tra bevande alcoliche e giochi al casinò.
Las Vegas era la città perfetta per le persone che volevo divertirsi, dimenticare per pochi giorni tutti i problemi, gli amici, i familiari. Las Vegas era per le persone che amavano il caos.
Las Vegas non era per lei.
Si voltò a guardare Tsunami che sorrideva all’ennesima ragazza carina mentre ella arrossiva e lo salutava con la mano. Voleva ucciderlo. E uccidere anche quella moretta.
Ecco, Tsunami era una di quelle persone adattissime a Las Vegas; amava divertirsi, le donne e l’alcool. E lei non sapeva come tenerlo a bada, soprattutto con Dylan come “compagno d’avventura”, che non era la persona più responsabile del pianeta. Anzi, era la persona più irresponsabile che conoscesse.
Quindi quei due, come li avrebbe tenuti a bada? Non lo sapeva, ma si sarebbe dovuta inventare qualcosa perché l’ultima cosa che voleva fare era perdere Tsunami e Keith in un casinò.
E lei comunque non era un tipo da casinò. Odiava, detestava i casinò. Troppe persone che scommettevano su i propri soldi. Troppe persone ingenue. No, li odiava. E non avrebbe mai messo piede in un posto come quello.
E poi lei era astemia, quindi, anche il problema dell’alcool era risolto.
“Uffa. Che palle. Quel tizio non mi vuole da un altro frappé. Ma dai, insomma ti fai del soldi!” urlò Tsunami, buttandosi letteralmente sulla panchina in una crisi da assenza di cioccolato.
Sembrava un disperato che non vedeva cibo da anni.
Se c’era una cosa che lui amava, oltre il surf, era il cioccolato. Tsunami viveva di cioccolato, ci campava di cioccolato.
“Ci credo – incominciò la rossa – gli hai svuotato tutto il piano bar.” sospirò, riprendendo a giocare a Temple Run, imprecando contro le scimmie, ogni volta che perdeva.
Era un modo per farsi passare il nervosismo.
All’improvviso si sentì, nell’aria, una canzone che proveniva da una macchina poco lontana dall’aeroporto.
Touko identificò la canzone come ‘La IslaBonita’, però la cover fatta da Ricky Martin e Naya Rivera, in una puntata di Glee. Sì, lei vedeva Glee.
E anche Dylan. Quindi ci vollero due secondi per connettere, fare due più due, insomma.
Sì, quello con un automobile da antiquariato, con a palla una canzone metà inglese e metà spagnola, era proprio Dylan Keith.
”Yaaaaaaaaaaay, belli!” parcheggiò di fronte a loro e scese tutto spigliato. I capelli biondi chiari erano tagliati corti, gli occhiali enormi erano messi a mo di cerchietto e i suoi grandi e vispi occhi azzurri erano puntati su i due giapponesi.
La prima cosa che fece Tsunami fu buttarsi addosso all’amico, dandogli il cinque.
Touko invece rimase in disparte, finché, il biondo non si avvicinò a lei per salutarla, e prendere le  valigie che aveva ai suoi piedi per caricare in auto.
“Touko, sempre più bella!” trillò candidamente l’americano, mettendo non poco in imbarazzo la rossa.
Lei balbettò un grazie e salì in auto, mentre Tsunami smanettava con lo stereo.
Allora, ce da dire che la macchina in possesso da Dylan fosse un rottame, ma un rottame con un impianto stereo fantastico, o almeno secondo  Tsunami. A Touko sembrava solo un buon creatore di  mal di testa.
C’erano due enormi casse che riproducevano il cd di Glee come se non ci fosse un domani. O cd di Micheal Jackson, Maroon 5, Coldplay perfino di Demi Lovato, Miley Cyrus, Selena Gomez e Tsunami giurò di aver visto un cd di Justin Bieber e quello degli One Direction.
Dylan Keith era un fissato barra appassionato barra qualsiasi cosa che aveva a che fare con la sua amatissima musica. Dylan non ci viveva senza musica. E Mark. E il calcio.
Ma la musica poteva benissimo sostituire sia Mark che il calcio.
Si diceva pure che sapesse cantare, ma non lo aveva mai ammesso pubblicamente.
Comunque qualunque cosa assomigliasse vagamente a musica, Dylan doveva possederlo. E lui aveva il record mondiali di “posseditore di cd”.
Ne aveva circa duemila o di più. Ma questo non è importante.
Appena caricate le due valigie di Touko e quella di Tsunami – che era minuscola e Touko pensava ci avesse infilato solo due paia di mutande -, salì in auto e mise in moto.
”Cosa volete vedere? Las Vegas è nelle vostre mani.” domandò eccitato.
Tsunami non fece in tempo a rispondere che Touko aveva già replicato con un “La stanza di un albergo fino a dopodomani.” smontando tutto l’entusiasmo di Dylan e quello di Jousuke.
“M-ma siamo a Las Vegas!” gridò il surfista.
”Non vi permetterò di combinare guai.”
“Ma è venerdì sera!” continuò Dylan, indicando il piccolo calendario appeso in auto.
“Embé?”
“Embé che? E’ venerdì. Ed il venerdì si fa festa. Lo dice Katy Perry!” sbottò, lasciando il volante e mettendosi a cercare chissà quale cd.
Rischiarono la vita per cinque minuti buoni visto che nessuno, e dico nessuno, stava guidando l’auto.
Appena trovato lo mise, e boom, Last Friday Night di Katy Perry si sentì per tutti gli Stati Uniti.
Se c’erano delle regole che Dylan rispettava con dedizione, erano quelle che dava Katy Perry, il suo idolo, o meglio, amore platonico.
Quindi, secondo le leggi di Katy Perry, il venerdì notte non c’erano scuse, ci si divertiva e basta.
E Touko avrebbe imparato molto presto che mettersi contro Dylan, quando si parla di Katy Perry, era la cosa più sbagliata del mondo.

Quando arrivarono nell’albergo in cui Dylan soggiornava, Touko avrebbe voluto tentare il suicidio.
Se l’auto le era sembrato un oggetto preistorico, quell’albergo era una catapecchia. Ma una di quelle catapecchie vere. Sembrava tipo la versione brutta del hotel del film Monte Carlo. Eppure quell’albergo era la cosa peggiore del mondo.
In confronto a quello che aveva di fronte, quelli le sembrava il paradiso.
”Tu s-soggiorni qui? “ domandò, rompendo il silenzio e facendo voltare sia Dylan – che si era messo in una posizione, come dire, trionfante, come ad essere orgoglioso di quella…catapecchia – che Tsunami.
“Sì, non è il massimo, ma mi posso permettere solo questo. In più sto sempre fuori per via di  mia zia che è in ospedale dall’altra parte della città, quindi ci sto poco. Solo per dormire, sì.” rispose il biondo, passandosi una mano tra i capelli biondi.
”Ah.” sospirò.
”Entriamo dai!” urlò il ragazzo giapponese tirando con sé sia un Dylan divertito che una Touko depressa.
Arrivati nella loro camera – che non era altro che la camera dell’americano con due letti in più, messi dai ‘camerieri’ – posarono le valige e Touko si buttò sul suo letto.
Almeno non era pieno di povere, pensò.
”Voglio uccidermi.”
“Come sei pessimista, su dai!” disse Tsunami aprendo la sua valigia. Che Touko lo volesse o no, sarebbe andato in giro per Las Vegas.
La ragazza chiuse gli occhi e iniziò a massaggiarsi le tempie con le  mani, cercando di calmarsi.
Ne aveva passate troppe in una sola giornata.
“Stasera ci divertiremo.”
“Stasera non usciamo.”
“Non mi sfidare Zaizen.” continuò Dylan, seduto di fronte a lei “Stasera si va in giro per Las Vegas. Che tu lo voglia o no. Non succederà niente, dai!”
“Ho già detto no.”
“Allora dovrò usare le maniere forti..” sussurrò tra se e se l’americano con un sorriso un tantino malvagio.
Ecco, mai mettersi contro Dylan Keith.  









Albicocca~
Salve. 
Non ci credo. 
Ho aggiornato dopo un giorno. UN GIORNO. Rendiamoci conto!
Forse perché sono ispirata e questa mini-long mi piace. 
Spero che anche il terzo capitolo - quello che darà il via alla follia - arriverà in fretta.
Questo capitolo è un po' un introduzione alla faccenda e a Dylan.
Lo amo :''D 
Nel terzo capitolo avremo l'idea folle di  Dylan per Touko. E una Touko strafiga. *vede immagine nel capitolo precendete* 
Beh,  spero vi sia piaciuto. 
Ringrazio tutti quelli che seguono questa storia, yay. 
Un bacio, 
Miam! <3 

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Capitolo 3
*** La Droganciata colpisce, Touko impazzisce. ***


Capitolo tre.
La Droganciata colpisce, Touko impazzisce.





Tsunami fissò per bene Dylan, incredulo. Lo studiò memorizzando ogni movimento che faceva come se l’amico fosse pazzo. O forse lo era.
Guardò ancora una volta il ghigno spaventoso sul volto del biondo e poi sussurrò “Tu sei matto! Non puoi farlo sul serio!” stando attento a non farsi sentire da Touko, che si trovava nell’altra stanza.
Certo, anche lui voleva uscire e divertirsi ma il modo che gli aveva suggerito l’americano sembrava un tantino pericoloso, anche perché non sapevano come potesse reagire una tipa come Touko a quello. Ma Dylan sembrava abbastanza convinto. Anzi, era convintissimo.
E sì, il sorriso che aveva stampato sul visto era davvero inquietante.
“Su, dai, Tsunami! Lo so che  lo vuoi anche tu. E’ una bastardata, però cazzo, lo dice Katy Perry! Non si vai mai contro la regina!” bisbigliò Dylan, mettendo un po’ di strana polvere bianca nell’arancia che gli aveva chiesto Touko.
Mossa assolutamente sbagliata e pericolosa.
Ma infondo Touko non sospettava niente, anche perché nessuno pensava che Dylan, per rispettare ciò che diceva il suo idolo, fosse capace di tanto.
Era vero che alcune volte era matto da legare ma Tsunami, osservandolo,  non poteva credere ai suoi occhi.
Si passò una mano sul viso.
Katy Perry non dice di drogare le persone perché non vogliono uscire, Dylan. E poi dove l’hai presa questa roba? E’ cocaina?”
L’americano sbuffò, girando con il cucchiaio l’intruglio che aveva preparato mentre Tsunami osservava la bustina ormai vuota.
“Oh va be’, non importa – borbottò –, comunque no, non è una droga pericolosa, penso. Fa andare per un paio di ore il cervello a puttane, come se la persona fosse sotto effetto di alcool. Me l’ha data mia zia.”
“Tua zia spaccia droga?” domandò Jousuke, un tantino sconvolto. Ora capiva perché la zia fosse in ospedale..
“Ehm… non lo so. Comunque rifiliamo questa cosa a Touko.” disse, odorando l’aranciata.
Tsunami fissò Dylan, e poi sorrise, mentre l’amico gli passava il bicchiere pieno di aranciata e droga. Ariaroga? Droganciata? Non sapeva come chiamarla.
Cosa poteva succedere di tanto pericoloso? Niente. O almeno cercava di pensare positivamente. 
Un po’ – pochissima – di droga leggera e Touko sarebbe diventata un’altra almeno per quella sera.
E poi non era niente in confronto all’immensità dell’oceano. O almeno Tsunami tentava di auto-convincersi.
“Allora?” Keith lo risvegliò dai suoi pensieri.
“E va bene. Ma se lo scopre dirò che è tutta colpa tua. Già sta macchinando il mio omicidio.” sussurrò il giapponese alludendo alle minacce dell’amica.
Lì, l’americano rise, dicendo qualche parola nella sua lingua.
Roba sconosciuta a Tsunami, praticamente. Sì, perché Tsunami non sapeva una sola parola di americano, o meglio, sapeva solo dire “Hi”. E c’era voluto circa un mese, per fargliela imparare.
Tachimukai voleva tentare il suicidio, dopo. Fortunatamente Endou era riuscito a salvarlo prima che si buttasse giù dal tetto della Raimon. 
Appena uscirono dal bagno, in cui erano stati chiusi circa mezz’ora – e Touko, a dir la verità, si era fatto un paio di filmini mentali poco casti -, la ragazza giapponese li guardò.
“La mia aranciata?” alzò un sopracciglio fissando entrambi. Ovviamente il fatto che l’aranciata l’avevano presa in bagno, e ripeto in bagno, non fece insospettire la rossa.
Tsunami rise nervoso e porse il bicchiere all’amica che lo guardò stranita.
“Vi sentite bene?”
“Benissimo!” urlò l’americano tutto tranquillo.
La Zaizen annuì poco convinta, ma poi alzò le spalle e incominciò a sorseggiare  la bevanda, sfogliando un giornale che si era portata da casa.
A Tsunami e a Dylan non mancava altro che aspettare e vedere l’effetto della droganciata – Tsunami aveva optato per quel nome, visto che suonava meglio - su Touko.
Dylan già progettava quello che sarebbe successo quella sera. Un po’ di casinò, un giro per la città e poi se tutto andava bene sarebbe ritornati in motel. E in tutto questo la giapponese non avrebbe ricordato niente.  Sorrise a Jousuke e lì l’altro ricambiò, sicuro che non sarebbe successo niente di grave. Più o meno.
 Nel frattempo, Touko, sembrava esser e in un altro mondo. Sorseggiava quella strana aranciata – perché aveva un sapore diverso – e leggeva il giornale ignorando i due ragazzi che la fissavano da dietro, in attesa di qualcosa. Ma lei non sapeva cosa e quindi aveva deciso di ignorarli.
 Pochi secondi dopo si ritrovò a ridere e l’aranciata le cadde addosso. Ma a lei non importò.
Dylan sorrise ancora di più.
“Bene, sta già facendo effetto” sussurrò senza che Touko lo sentisse.

“Stasera che si fa, bei maschioni?”
“Ci si diverte, baby!”
Touko rise per la millesima volta, attaccata al braccio di Dylan. Erano ancora in motel, ma da lì a cinque minuti sarebbero scesi a fare pazzie per Las Vegas.
Tsunami pensò che la droga della zia di Keith fosse davvero forte. La Zaizen sembra davvero un’altra. Un’altra a cui non importava niente, anzi sembrava molto propensa a divertirsi quella sera.
Si erano preparati in fretta e in fuori. E Touko, senza tanti preamboli, sembrava una puttanella
La gonna nera era vertiginosamente corta mentre il pezzo di sopra era un top che assomigliava ad un reggiseno. E i tacchi.. beh, quelli erano vertiginosi. E la Touko Zazien drogata sapeva portarli molto bene, constatò Jousuke sorridendo.
Sì, sembrava una donna dai facili costumi, ma lui non l’aveva mai vista così bella, pronta a godersi la vita.
“Prima di uscire, però – inizio la rossa – brindiamo!” e da chissà dove fece uscire una bottiglia di vodka con i rispettivi bicchierini. Dylan rise e Tsunami lo seguì.
“A questa notte, che spero sia magica!” urlò l’americano e buttarono giù la vodka, come se niente fosse.
Beh, Touko si era vendicata, anche se senza saperlo.
“Allora andiamo?” rise la ragazza.
I due ragazzi la seguirono fuori dal motel ed entrarono nell’auto di Dylan, pronti a darsi alla pazza gioia.
“Prima però andiamo a cena! Vi porto in uno dei migliori ristoranti di Las Vegas!” urlò Dylan, mentre il vento gli sfiorava la faccia, per via della velocità con cui andavano.
Touko rise – come se sapesse fare altro – e Tsunami la seguì a ruota.
Da lì inizio una serie di eventi che beh, la Touko non drogata non avrebbe mai fatto.





Albicocca 
Salve gente!
Ho da poco finito di vedere il film di GO sclerando e piangendo un po'. 
Quel film è stupendo! E gli accenni alla Tenma/Aoi mi hanno fatto impazzire, perché sì, loro sono la mia OTP di GO. ♥
E li amo. 
Comunque passando al capitolo... i due drogano Touko. E sì, ma seriviva ai fini della stroia, anche se poi Touko si vendica anche se non lo sa, ma è un'altra storia. 
Ieri ho visto Una Notte da Leoni e quindi il prossimo capitolo avrà delle somiglianze, ma poche. Anche perché alla fine io mi sono ispirata a quel film - e anche a Percy Jackson - quindi..
Beh, questo capitolo fa cagare e ne sono completamente consapevole, ma ok! Ed è anche molto corto °u° 
Spero almeno che piaccia a voi! 
Don't worry, go to Las Vegas and ... be drunk! 
La grammantica inglese non è il mio forte, 
va be, 
un bacio, Miam. 

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