- Qualcuno sta vegliando su di me
“Sore! Sore sei sveglia” una voce impastata di lacrime mi fece rinvenire. Tre paia d’occhi mi fissavano con insistenza, manco fossi un animale bizzarro. Beth con apparente calma, ma i suoi occhi tradivano la preoccupazione. La bambina di sei anni dai capelli rosso scuro e occhi nocciola arrossì leggermente quando la guardai. La riconobbi: era Amy, la figlia di Sue, che ci faceva lì? E che era successo? E poi mi accorsi di una pressione sulla mia mano sinistra, e due occhi color ametista, liquidi di lacrime, si specchiarono nei miei del medesimo colore.
“qualcuno mi fa un riassunto?” chiesi con voce impastata, cercando di tirarmi a sedere. Dovevano avermi steso su qualcosa. Di legno, forse una panchina. Rinunciai subito, colta da un capogiro. Da quanto avevo la testa fasciata?
“Soree! Stai bene! Sono contenta” Prim non lasciava la presa, le sue manine aggrappate saldamente alla mia. Gliele accarezzo con quella libera, per poi farla salire ad accarezzarle il visino rosso, togliendo i residui di lacrime dalle guance.
“Sto bene” le dissi abbracciandola, per rassicurarla. La sentii annuire e rilassarsi. Alzai lo sguardo verso Beth.
“Ecco, Isobel” iniziò lei schiarendosi la voce. Attesi, riuscendo a tirarmi a sedere.
“Quando quelle auto sono uscite dall’ edificio hanno travolto alcune auto della polizia. Nessun morto fortunatamente. Una di loro stava per…travolgere te e Prim, ho temuto davvero il peggio” si interruppe per asciugarsi il sudore che le colava da una tempia.
“tutti abbiamo temuto il peggio. Ad un tratto però, le macchine, e dico tutte e tre, si sono schiantate contro la casa di Asami, la merciaia. La poverina non è ancora riuscita a rientrare in casa, poiché le auto hanno preso fuoco e i pompieri hanno chiesto di evacuare tutta l’area circostante” disse gesticolando con le mani in maniera teatrale, come se la situazione non fosse già assurda di per sé.
“e poi? Insomma…” Beth mi guardò stranita “come sono arrivata fin…qui?” chiesi indicando la panchina. Intanto Prim si era calmata e stava seduta sulle mie gambe, mentre io giocherellavo coi suoi capelli, cosa che mi calmava parecchio. Amy invece era seduta composta di fianco a me, fissando sua madre.
“Ah. Oh sì, che stupida. Sai un ragazzo ti ha…sollevata da terra subito dopo che le auto si sono schiantate. Sinceramente non ho idea di dove sia sbucato. Allora io mi sono avvicinata per vedere se stavi bene, e lui mi ha chiesto dove ci fosse un luogo tranquillo dove sistemarti. Hai battuto la testa contro l’asfalto cara, perdevi sangue. Prim gli ha indicato il parco ed eccoci qui” capisco, sono su una panchina del parco vicino casa mia. Ma chi era il ragazzo che mi ha portata qui? Cavoli la testa, mi gira. E se fosse…no, assurdo.
“Poi Amy ti ha fasciato la testa, Prim era troppo presa da te, poverina. Sai, oggi a lezione insegnavano il pronto soccorso e la maestra ci ha dato delle bende per te” disse indicando con orgoglio la figlia, che arrossì leggermente, nascondendo il visino tra i capelli ricci.
La guardai intenerita, spostai mia sorella e la posai sulle mie ginocchia, lei diventò più rossa di prima. “Grazie” le dissi con dolcezza stringendola a me e dandole un leggero bacio sulla nuca. Beth soffocò una risatina. Sua figlia era timidissima, forse ancora di più di mia sorella, e di una dolcezza infinita. Lei e Prim erano diventate amiche da quando mi ero trasferita a Zapan, spesso veniva a giocare a casa nostra, anche se in teoria le due dovevano fare i compiti.
Però c’era una cosa che ancora non riuscivo a capire. Spostai il mio sguardo su Prim
“Prim, perché correvi verso le fiamme?” le chiesi con voce pacata. Non volevo che si rimettesse a piangere. Ma non bastò, visto che i suoi occhi diventarono lucidi e il labbro inferiore iniziò a tremarle leggermente.
”M-mi avevi det-to che saresti andata in quell’edificio per c-conto del museo e mi s-sono spaventata. Pensav-vo che t-tu…” abbassò lo sguardo. Cavoli aveva ragione. Io e lei saremmo andate a visitare il primo piano di quel palazzo d’epoca, dopo la scuola per conto del museo. Mi battei la mano sulla fronte, che stupida. Era ovvio che fosse preoccupata per me, o non avrebbe iniziato a chiamarmi in quell’inferno, sarebbe rimasta senza ombra di dubbio con le maestre. Le sorrisi, felice di aver chiarito e la feci sedere sulle mie gambe. Accarezzai la testa ad entrambe e le stinsi a me.
“Scusate se vi ho fatta preoccupare bambine, davvero ora sto bene…” colta da un illuminazione aggiunsi “Volete fare merenda? Vi preparo la macedonia” gli occhi delle due brillarono, guardandomi con un sorrisone a trentadue denti, per poi iniziare a correre per il parco ridendo come due sceme.
Avevo trovato un modo per distrarle (Credo che si sia capito che mi piacciono i bambini).
Beth mi offrì della frutta per la macedonia, gratis, tornate alla bancarella, stranamente intatta, forse tutti erano accorsi per vedere l’incendio. La chiuse e ci avviammo verso casa mia. Le due erano ancora intente a rincorrersi per tutto il mercato. Erano passate due ore da quando ero svenuta ed era tornato quasi tutto alla normalità.
Eppure non capivo come io e Prim potessimo essere ancora lì. Chi era il ragazzo sbucato dal nulla? Il ricordo di un paio di occhi neri come la notte, il mio ultimo ricordo dell’ incidente, mi tormentava senza tregua. Forse era collegato con colui che mi aveva portato al parco. Ma più ci pensavo, meno capivo. L’ unica cosa che potevo fare, date le circostanze, era di chiedere a Beth di raccontarmi tutto ciò che sapeva, dirmi per filo e per segno cosa era successo dal mio svenimento al mio rinvenimento. La conoscevo abbastanza da sospettare che si fosse trattenuta dal dirmi qualche cosa in presenza delle bambine. Dopo l’accaduto era normale che cercasse di non spaventarle ma distrarle, come stavo facendo io in quel momento.
La capivo. Dopotutto aveva avuto un trauma adolescenziale, solo che nessuno l’ aveva aiutata. Per trauma ne intendo uno vero e proprio, uno di quelli che ti segnano. Perdere un genitore da giovani non era raro, io ne ero un esempio, ma che entrambi i tuoi genitori venissero uccisi e fatti a pezzi in più di cinquanta parti a mani nude dal loro assassino no.
Già, parlo di Johnes "Lo Sventratore".
Non le ho mai chiesto nulla di quell’episodio della sua vita, so grazie ad Amy che ogni tanto sua mamma ha degli incubi e si sveglia piangendo, urlando i nomi dei suoi genitori. Semplicemente non le voglio portare a galla certi ricordi toppo dolorosi.
Sospirai, chiamando le bambine ed entrando in casa con i sacchetti della frutta in mano, aiutata da Beth. Non parlammo mentre preparavamo la macedonia, aspettavamo entrambe il momento giusto.
“E’ pronto!” urlai alle due in giardino. Mi guardavano entrambi con gli occhioni, cosa che mi fece aumentare la porzione di frutta nelle loro tazze. Finita, corsero subito fuori in giardino.
“Bambine vado a lavarmi le mani, voi andate pure a giocare. Amy cerca di non farti male” aggiunse Beth, consapevole che l’ultima volta che avevano giocato sullo scivolo tutte e due, sua figlia si era sbucciata entrambe le ginocchia.
Ecco, quello era il momento ideale.
”Beth” iniziai incerta. Lei mi guardò, consapevole di ciò che le stavo per chiedere. Sorrise.
“Vieni, sediamoci”
Ci accomodammo sul divano del soggiorno, uno splendido due posti in faggio del settecento con tappezzeria d’ epoca, comprato assieme a due poltrone della stessa fattura in ottime condizioni, ripescati in un mercatino dell’usato. Un vero affare, dato che il ragazzo che mi aveva venduto i mobili non si intendeva né di storia né di arte. Il loro valore reale sul mercato dell’antiquariato sarebbe stato almeno cinque volte superiore a quello speso da me. Mi dispiaceva davvero tanto aver approfittato della sua inesperienza, ma mi ero appena trasferita e avevo un disperato bisogno di mobili.
”Isobel? Tutto bene?” scossi la testa, mi ero persa tra i ricordi. Non dovevo pensare ai mobili di casa mia, non ora.
“Sì e no. Voglio sapere” la guardai negli occhi con determinazione, non si sarebbe alzata dal divano per un bel po’. Tanto Amy stava giocando fuori con Prim, non aveva scusanti.
“Cosa?” era una domanda retorica, ma le risposi lo stesso.
“Tutto. Tutto ciò che hai visto, e anche quello che hai provato, tutto insomma” replicai impacciata.
Beth mi sorrise, chiudendo gli occhi per ricordare con maggiore precisione ogni particolare.
“Dunque” iniziò ”le auto stavano per investire sia te che tua sorella, quando ad un tratto si sono
schiantate contro la casa affianco. Non ho visto bene, è successo tutto in meno di un secondo, prima le auto erano davanti a me e ad un tratto a venti metri di distanza. Ho avuto una gran paura. Tenevo Amy stretta poiché temevo che sarebbe corsa verso di voi ma poi…” si fermò per vedere la mia reazione. Non avevo sicuramente un bell’aspetto, era successo solo poco fa, non mi ero ancora ripresa dallo shock iniziale. Mi torturai le mani, in attesa che il racconto riprendesse
“Poi?” chiesi incitandola ad andare avanti
“Poi…dal nulla è sbucato quel ragazzo. Io stavo guardando le auto in fiamme, quando ho guardato verso di te era lì in piedi che vi fissava. Eravate distese a terra, tu eri svenuta e tenevi Prim tra le tue braccia che piangeva. Non ho la più pallida idea da dove sia sbucato. Mi sono avvicinata per controllare le vostre condizioni, con Amy, ci ha notato e mi ha chiesto se c’era un posto sicuro da lì. Prim ti scuoteva cercando di svegliarti, era terrorizzata. Quando ha notato il sangue poi…Amy è andata a chiedere delle bende alla maestra e ti ha fasciato il capo”. Ogni volta che nomina la figlia il suo viso cambia espressione e gli occhi le si illuminano.
“Il ragazzo non smetteva di fissarti, inespressivo, metteva quasi soggezione. Quando Prim ha proposto di andare al parco, ti ha sollevata da terra e l’ha seguita. Ti ha appoggiata sulla prima panchina che ha visto. Ha chiesto se avevamo ancora bisogno ma ho detto che ci saremmo occupate noi di te, così se n’è andato” sospirò, come si fa dopo una lunga corsa. Ero abbastanza soddisfatta della sua versione.
“Com’era?” chiesi
“Cosa?” mi guardò stralunata, mi aveva già detto tutto.
“Il ragazzo. Che aspetto aveva?” almeno l’aspetto, volevo sapere com’era il nostro salvatore. Semmai lo avessi rincontrato, lo avrei ringraziato di cuore. Prim era la cosa più preziosa per me, come Amy lo era per Beth. Ci aveva salvate entrambe. Il cuore mi batteva all’impazzata, forse per l’emozione. Dopo un’esperienza del genere eravamo vive. Vive, e grazie a lui.
“Com’era eh? Mh, aveva degli strani vestiti con delle specie di sfere gialle attaccate. Aveva capelli neri lunghi, molto, più grande di te di qualche anno, credo. Ma ciò che mi ha colpita di più erano i suoi occhi: grandi e nerissimi. Il suo viso era quasi una maschera, non aveva espressione. Però quando mi ha fissata…” Beth rabbrividì leggermente “ho sentito una strana sensazione, come se ti scavassero in fondo all’anima. Non era una bella sensazione. Mi sentivo in pericolo con lui accanto. Per questo gli ho chiesto di andarsene e lasciarti alle nostre cure”
La fissai sbigottita. Stava dicendo che il ragazzo che ci aveva salvato la vita voleva farci del male? Non mi sembrò una cosa sensata da dire. Ma queste erano le sensazioni che aveva avuto. Non le chiesi altro. La sua prima impressione in fondo, si capiva che era stata negativa. Eppure…volevo incontrarlo per ringraziarlo. Se era pericoloso come pensava Beth, avrei preso delle precauzioni.
Beth sbuffò sonoramente, sapendo che non avrei ascoltato i suoi avvertimenti
“Io non mi fido, ma se vuoi cercarlo per ringraziarlo fai pure. Rimarrà in città qualche giorno. Me lo ha detto lui. Sembra interessato a te” ok, forse avevo capito male “insomma, ti guardava in un modo…come un cieco che vede per la prima volta il sole” arrossì mentre parlava, a volte era talmente schietta che ti lasciava senza parole. Forse era una persona che abitava nella mia vecchia città di cui non mi ricordavo il volto, anche se nessun ragazzo che conoscevo aveva un aspetto simile. Anzi, non conoscevo proprio nessun ragazzo, né qui né in altre città. Arrossii, in effetti non avevo mai avuto rapporti veri e propri con ragazzi, qualche cotta da adolescente, ma ora ci avevo a che fare solo per lavoro e con uomini decisamente più grandi di me. Ero troppo riservata e complicata per loro.
“grazie Beth, ora ho le idee più chiare” chiamammo le bambine, oramai era sera. Salutammo Beth e Amy avviarsi per le vie della città, per poi prepararci per andare a dormire. Non cenammo nemmeno, nessuna delle due aveva fame. Avvisai il lavoro che mi sarei presa un paio di settimane di ferie, dopotutto era estate e me le meritavo. La ragazza della segreteria, Karin, fu più gentile e disponibile del solito, forse aveva saputo dell’ incidente.
“Sore…” stavo per andare a letto quando notai Prim ferma sulla porta di camera mia. Mi guardava con i suoi occhioni viola, messi ancora di più in risalto dal pigiamino leggero rosa. Teneva in braccio il suo gatto di pezza preferito, nero con le zampe e musetto bianchi, con un fiocco viola attorno al collo.
“Certo, vieni” sapevo che aveva ancora paura, per quella notte avrebbe dormito con me. Non era la prima vota che succedeva. Il primo anno a Zapan dormiva sempre da me per mancanza di mobili, poi col tempo, anche avendo una stanza tutta per sé, era diventata un’ abitudine. Era già da qualche mese che cercavo di farla dormire sola, non poteva dormire per sempre con me.
La invitai a stendersi accanto a me e coprii entrambe col lenzuolo. Nonostante fosse estate, di sera era fresco.
“cercherai il tipo strano?” domandò a bassa voce avvicinandosi di più
“Sì. Sai dove potrei trovarlo?” chiesi a mia volta
“Mh, ha accennato al centro storico” disse con un espressione adorabile
“Bene, allora domani inizierò lì. Tu finisci la scuola dopodomani, ma dopo quanto è accaduto potresti terminare le lezioni anche domani” non mi rispose, si era addormentata. Le accarezzai i capelli sorridendo, per poi scivolare anch’io tra le braccia di Morfeo. |