Portami in un posto dove non serve sognare.

di allison742
(/viewuser.php?uid=155274)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Istruzioni. ***
Capitolo 2: *** Un solo sentimento: malinconia. ***
Capitolo 3: *** Io credo in te. L'ho sempre fatto. ***
Capitolo 4: *** Sorridi, come se ci credessi davvero. ***
Capitolo 5: *** Non è più un problema tuo! ***
Capitolo 6: *** Fino alla morte. ***
Capitolo 7: *** Ti amo, e questo non cambierà le cose. ***
Capitolo 8: *** Un piccolo miracolo. ***
Capitolo 9: *** Una maglietta rossa. ***
Capitolo 10: *** Solo noi due. ***
Capitolo 11: *** Non dimenticare mai che ti amo, qualunque cosa accada. ***



Capitolo 1
*** Istruzioni. ***


Istruzioni.
 
Ciao a tutte ragazze!!!
Eccovi, come promesso, una nuova ff.
Stavolta è “nuova” in tutti i sensi; perché è la prima ff Interattiva!!

 
 

 

Cosa vuol dire Interattiva?
Vuol dire che sarete voi a scegliere come andrà a finire, nelle vostre recensioni.
Per fare questo però ci sono alcune piccole “nozioni” – chiamiamole così – che dovete sapere.

 

 
 

Nozioni:
-La storia parte dal risveglio, dopo “Always”.
-Alla fine di ogni capitolo ci sarà una domanda, con due opzioni, che riguarderà la continuazione della storia.
Voi dovete, nelle recensioni, dare una risposta alla domanda, in base a cosa preferite.
Questo non toglie i complimenti!! Ahaha :P
-Io lascerò passare qualche giorno, in modo che abbiate tutti il tempo di recensire, e poi conterò i vostri voti.
-La risposta che avrà ottenuto più preferenze farà da trama al capitolo successivo.
Tutto chiaro?
[Per eventuali dubbi recensite questo “capitolo”]

 
 

 
 
Dal momento che sarete voi a decidere la continuazione della storia, io ho progettato solo il primo capitolo, dunque spero mi capiate se mi ci vorrà un po’ di tempo tra una pubblicazione e quella successiva! :D

 
 
 
Ho detto tutto!!
Ci sentiamo presto con il primo VERO capitolo!

 
 
 

Ah, quasi dimenticavo;
Se qualche domanda alla fine del capitolo vi sembrerà stupida o senza significato, ricordate:
Ad ogni azione, anche la più banale, corrisponde una conseguenza.
 
 
Un bacio, Allison <3
 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Un solo sentimento: malinconia. ***


Un solo sentimento: malinconia.
 
Eccoli! Sono loro!
Lo sapevo che li avremmo rivisti!
Quella bellissima donna sulla destra è la detective Kate Beckett. O meglio dire ex-detective.
Invece quell’uomo dall’altro lato, che la stringe in un abbraccio…
Non lo vedete?
Ma sì dai… quello con la faccia piegata di lato e con la saliva che gli esce dalla bocca… beh… lui è Richard Castle.
Il famoso scrittore, amato da tutte le donne… il play boy insomma! Anche se da come lo vedete ora non si direbbe!
E adesso vi starete chiedendo: cosa fanno questi due personaggi abbracciati nel letto?
Beh, hanno appena passato la loro "prima vera notte".
Ma forse questo lo sapevate già.
Dunque adesso sorgerà spontanea una seconda domanda: se lo sapevate già, cosa sono qui a fare?
Io sono qui per raccontarvi cosa succederà dopo…
 
 
 
6:27 am.
Kate aprì piano gli occhi, e subito si accorse di trovarsi in una strana situazione.
Aveva la testa appoggiata a qualcosa di duro, e che si alzava e abbassava in modo regolare.
Alzò gli occhi, lo vide dormire accanto a lei e ricordò tutto.
Il gesto che aveva compiuto la sera prima, arrivando da lui bagnata e con il cuore in mano.
Ricordò un suo primo rifiuto, o forse era semplicemente la confusione a farlo parlare.
Poi si ricordò di una dichiarazione; più che un discorso erano tre frasi, ma che contenevano tutto l’amore che provava per lui.
Ricordò di come si sentì il suo cuore quando Rick decise di perdonarla e di accettare le sue scuse…
E le venne in mente la notte passata insieme.
Ma se la sua mente stava ripercorrendo tutti gli ultimi avvenimenti, non ci volle molto ad arrivare a quelli successi il pomeriggio.
Aveva commesso un’azione impensabile per lei… insomma, il distretto era la sua vita.
Forse cominciava a pentirsi di quella scelta, o forse no.
Si alzò piano dal letto, per non svegliarlo.
Aveva bisogno di stare del tempo da sola, per riflettere.
Indossò una maglietta di Rick che trovò sulla sedia e scese le scale.
Arrivò in salotto e si sedette sul davanzale della finestra ad osservare la pioggia che cadeva.
Di solito a quest’ora si stava già vestendo e truccando… era strano non andare al lavoro.
Lei non sapeva cosa fosse la vacanza.
Nonostante fossero le sei e mezza di mattina la vita era molto frenetica nella strade di New York: una signora che chiamava il taxi con la mano; un anziano che passeggiava abbracciato a sua moglie; una ragazza in bicicletta, nonostante la pioggia; un uomo che salutava la moglie con un bacio; un ragazzo con la cartella… e poi li vide.
Un uomo e una donna.
In divisa.
Che bussavano ad una porta, mostrando i distintivi.
Un solo sentimento: malinconia.
Non era neanche passato un giorno e già le mancava il lavoro di detective, il distretto… la sua famiglia. O almeno un pezzo di famiglia.
Una lacrima le scese lenta sulle guance.
E pensare a come era decisa solo poche ore fa.
Ma forse aveva solo voglia di sistemare le cose con Castle, il resto non le importava più.
Adesso invece cominciava a rendersi conto dell’errore che aveva fatto. Adesso che tutte le cose si erano aggiustate. Ma era così?
Ancora non lo sapeva.
Sapeva che lo amava.
Sapeva che non avrebbe neanche più pensato ad una vita senza di lui.
Ma è troppo facile guardare in un lontano futuro.
Bisogna partire dal presente.
E lei non sapeva nemmeno come sarebbero andate le cose quando si sarebbe svegliato.
Era così immersa nei suoi pensieri che non si accorse della mano appoggiata sulla sua spalla.
«Kate?» a quel punto si voltò.
Lo vide, ancora mezzo assonnato, ma con un magnifico sorriso.
Rimase per un attimo a perdersi nei suoi occhi, poi tornò a fissare la strada affollata, appoggiandosi però al suo corpo.
«E’ tutto a posto?» chiese lui con dolcezza.
«Non lo so.»
«Oh… scusa… io… è che mi sembravi così sicura ieri sera, quando sei arrivata, sai…»
Lei si girò. Aveva frainteso tutto.
«Frena Rick. Frena. Io non sono affatto pentita per ciò che ho fatto. Sono contenta di essere qua. Con te.»
Sussurrò.
Poi si alzò, gli cinse le braccia intorno al collo, e lo baciò.
Lentamente, non come la sera prima. Ora sapevano di avere tempo.
Lui le sorrise e la portò a sedersi sul divano.
Le cinse le spalle e cominciò a giocare con i suoi capelli, ormai asciutti.
Aspettò che fosse lei a fare il primo passo, a esporre i suoi sentimenti.
«Io voglio tornare Castle!» disse tutt’un tratto voltandosi verso di lui.
«Scusa?» non capiva… tornare… dove?
«Mi sono dimessa.»
«TU COSA?!»
«Lo so, è stata una grandissima cavolata. Ma è stato un gesto impulsivo. In quel momento non avevo altro che te in mente.»
«E…»
«Mi sono dimessa.»
«…» continuava a non capire il nesso.
«Sveglia Castle! Stavo immaginando di passare la mia vita con te! E non c’erano ne distretti ne distintivi che tenevano a quel pensiero. Così quando la Gates mi ha detto che ero sospesa ho pensato "O adesso o mai più". Ho preso le mie cose e sono venuta da te. Forse con una piccola tappa al parco.» Sorrise.
Rick le prese le mani e sorrise.
«Perché ti ha sospesa?»
«Ha scoperto tutto. Ryan ha parlato.»
«Vi ha traditi.»
«Continuo a ripetermi che l’ha fatto per il nostro bene… ma non lo so… sono confusa e arrabbiata con lui in questo momento.»
«Ok, adesso non pensiamo a lui. Lo affronterai un’altra volta. Adesso rilassati.» Disse facendola tornare tra le sua braccia, baciandole la testa.
«NO!» esclamò ad un certo punto, tornando a guardarlo in faccia.
«Sono qui per te.» disse lui, capendo il suo bisogno di parlare.
«Io devo prendere una decisione… ma non so casa fare. Sono combattuta… mi piacerebbe molto tornare dalla Gates, mettere da parte il mio orgoglio, e dirle che voglio tornare… ma voglio anche passare del tempo con te… tanto tempo, riuscire a costruire un solido rapporto, una famiglia,  senza il pensiero del lavoro; senza il costante pericolo di non tornare più a casa… perché io sono ancora a rischio, e tu lo sai.»
«Potresti prenderti un po’ di tempo per noi e poi tornare al distretto.»
«Certo! Così mi metterebbe a dirigere il traffico! No, devo andare a dirgli che ho sbagliato, scusarmi e chiederle di tornare. Per quanta fatica mi costi ammettere tutto ciò, è il prezzo da pagare per tornare a fare ciò che mi piace.»
«Ma tu saresti di nuovo sotto tiro… ti prego Kate, smetti, lascia tutto! Non sopporterei l’idea di perderti per sempre. Non sopravvivrei. Lascia le cose come stanno, un volta per tutte.»
«Non lo so Rick, non lo so… Io ti amo, voglio il meglio per noi. Ma lo sai meglio di me quanto ami la omicidi. Cos’altro potrei fare?» disse ributtandosi tra le sue braccia.
«Ascolta, non voglio litigare con te per questo, abbiamo già dato. Io credo che adesso tu debba rilassarti, almeno per stamattina. Poi, se avrai preso una decisione, la affronteremo insieme più tardi. Ok?»
«Ok. Scusa. Hai ragione.» Concluse baciandolo.
Un bacio che però durò più del previsto, riportandoli in quell’universo parallelo in cui solo con il vero amore si ha accesso.
«Che ne dici dei pan-cake?»
«Mmm… ottima idea direi!» esclamò lei mentre si alzava con Rick, dirigendosi in cucina.
Si allontanarono dal divano ridendo e tenendosi per mano, come bambini.
Rick aveva ragione.
Non aveva senso rovinare quel momento.
Qualsiasi decisione avrebbe preso l’avrebbe fatto più tardi.
Ora l’unica cosa che importava era lui.
Erano loro.
 
 
 
 
 
 

«No, non è facile… Non lo è mai.
Se così non fosse sarebbe tutto più semplice: niente dolore… niente delusione… niente solitudine…
No, nulla di tutto questo è possibile, perché niente di ciò che realmente conta può essere facile.  
La gioia nasce dal sacrificio… dalle ginocchia sbucciate… dai cuori infranti…
Perché ciò che ci è stato detto da bambini non può essere vero: non ci sono favole… non ci sono eroi o grandi imprese…
C’è la determinazione di persone semplici che non si arrendono mai!»
[Fabio Volo]

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

DOMANDA: Cosa sceglierà Kate? Deciderà di tornare al distretto oppure sceglierà di vivere con Castle?

 
 
 
 
ANGOLO DI ALLISON
Ecco il tanto atteso primo capitolo!!
E la tanto attesa prima domanda!!
Cosa sceglierà Kate? Beh, sarete voi a deciderlo!! :D
Ora vi lascio recensire!!
Ci sentiamo presto!!
Un bacio, Allison <3

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Io credo in te. L'ho sempre fatto. ***


Io credo in te. L’ho sempre fatto.

«Dov’è la farina?»
«Lì, nella mensola sulla sinistra.»
Kate provò ad allungarsi ma era troppo bassa.
«Ahaha! Certo che senza tacchi sei proprio un puffo! Ahaha!» sghignazzo Castle.
«Visto che ridi tanto vieni qui tu a prenderla!» lo sfidò lei.
«Non ti conviene mettermi alla prova! Guarda che l’ho messa io lì in cima; dunque, a rigor di logica, dovrei riuscire anche a riprenderla. Tu vuoi i pan-cake, tu prendi la farina!»
«Ma sentitelo! Mr. Rigor di logica, venga qua. Mi tiri su! FORZA!»
Castle non se lo fece ripetere due volte e, avvicinatosi a lei, le cinse la vita e la alzò da terra.
Kate prese la farina e, prima di rimettere i piedi sul pavimento, la versò sulla testa di Rick.
«Ahaha!! Eccoti la farina! Adesso voglio proprio vedere cosa ti dirà di fare il tuo Rigor di logica…»
Non riuscì a terminare la frase perché Rick, preso un uovo, glielo ruppe in testa.
«Questo!» rispose, prima di scoppiare a ridere.
E guerra fu.
«Ti lascio cinque secondi…»
«Per fare cosa?»
«PER SCAPPARE!» Urlò Kate prima di rincorrerlo per il loft.
Essendo lei, fisicamente, più agile, non fece fatica a raggiungerlo.
Si lanciò letteralmente su di lui e lo prese per le braccia.
Castle si girò per cercare di liberarsi e, con una mossa che nemmeno lui sapeva da dove usciva, le prese i polsi e la avvicinò a se.
Come la sera prima.
Le risate vennero soppresse dall’attrazione magnetica dei loro sguardi.
Si avvicinarono lentamente.
Un istante prima di annullare le distanze dissero contemporaneamente "Ti amo", per poi sorridere.
Fu un bacio lento e dolce, di quelli che trasmettevano i sentimenti più romantici.
Fu un bacio che però venne interrotto, o meglio dire, sorpreso da una porta che si apriva.
«ODDIO! Scusate… io non sapevo che…» disse una bellissima ragazza dai capelli arancioni. «KATE!» Urlò poi, rendendosi conto di chi fosse la persona tra le braccia di suo padre.
Lasciò cadere le borse e corse da lei, la quale si staccò dal corpo di Rick per stringere Alexis in un abbraccio.
«KATE! Come sono contenta che sia tu… che voi insomma… cavolo, non riesco a parlare… oh Kate!» farfugliò con la faccia immersa nei sui capelli.
«Anche io ne sono felice.» Sussurrò Kate accarezzandole la schiena, guardando Rick negli occhi.
«OK! OK! Ho capito! Vado a finire i pan-cake – o ciò che ne è rimasto – e vi lascio sole.» Disse lui sparendo nell’altra stanza.
«Devo proprio essermi persa quell’articolo che diceva che le uova fanno bene ai capelli!» rise Alexis accomodandosi sul divano.
«Ahah! No, c’è stata una guerra.»
«L’avevo notato… Oh mio dio! Come sono felice… ma raccontami, com’è accaduto tutto ciò?»
«Parli della lotta farina-uova?»
«Ahah! NO! Di voi due!»
«Oh, Capisco la tua curiosità, ma non c’è molto da raccontare.  Insomma, ieri, dopo essermi dimessa sono…»
«TI SEI DIMESSA?!»
«Stessa espressione di tuo padre! Comunque sì, ma è stato un gesto impulsivo… me no sto quasi pentendo… ma non so cosa fare. Insomma, vorrei tornare, sai cosa significa per me la Omicidi, ma vorrei anche passare la vita con Rick… tuo padre…»
«Capisco i tuoi dubbi, vorrei aiutarti, ma non saprei proprio come…»
«Non preoccuparti, non è un problema che spetta a te risolvere… ci penserò più tardi…»
«Ok. E poi? Cosa è successo?»
«E poi niente… sono venuta qui e gli ho detto che mi dispiaceva, che avevo sbagliato. Mi sono scusata e lui mi ha perdonata. Il risultato è stata una guerra aperta in casa Castle!» concluse ridendo.
«Sono davvero felice Kate.» Disse prendendole le mani.
«Lo so.» Sussurrò.
 
«LA COLAZONE E’ PRONTA!» esclamò Rick dalla cucina.
Le due donne si alzarono e lo raggiunsero.
«Scusa papà, ma io ero passata solo a lasciare le borse e cambiarmi. Vado a fare colazione al bar con le mie amiche, e starò fuori tutto il giorno.» Disse facendo l’occhiolino a Kate.
«Ok, vorrà dire che c’è né più per noi!» rispose lui dandole un bacio sui capelli.
Lei si allontanò verso la sua camera, tornado pochi minuti dopo.
«Allora io vado. Ci vediamo stasera, e spero di vedere entrambi.»
«Ciao Tesoro!»
«Ciao Alexis!»
Lei urlò un ultimo saluto, posò una busta sul tavolino e uscì dalla porta.
 
Venti minuti dopo Kate e Rick erano abbracciati sul divano a guardare la tv, non avendo niente di meglio da fare in mattinata.
Arrivò la pubblicità e Kate ne approfittò per cercare di rubare un bacio, e fece meno fatica del previsto.
Rick però si staccò di colpo.
La sua attenzione venne attirata da un foglio bianco appoggiato sul tavolino, con al centro scritto "Kate".
«Che c’è?» chiese stupita.
«Credo che quella sia per te.» rispose facendo un cenno alle sue spalle.
Lei si voltò e la vide.
Una busta bianca con il suo nome scritto.
Si staccò da Rick e si sporse per afferrarla, per poi tornare fra le sue braccia.
La girò per aprirla, ma si trovò davanti alcune righe scritte in bella calligrafia.
 

«Cara Kate. Prima ho detto di non saperti aiutare nella tua scelta;
ma poi ho pensato di farti leggere il discorso che avevo scritto per il diploma.
Non è un gran che, lo so; ma forse può farti vedere le cose da una prospettiva diversa.
Io credo in te, l’ho sempre fatto.
E so che, dopotutto, prenderai comunque la decisione migliore.
Ti voglio bene, Alexis.»
 

Kate guardò Rick con una dolcezza infinita.
Poi la curiosità superò tutto il resto e aprì la busta.
Lesse tutto d’un fiato.
E ciò che lesse, probabilmente, le cambiò la vita.
 

«C'è una verità universale che tutti dobbiamo affrontare, sia che lo vogliamo o no.
Tutto quanto finisce ad un certo punto.
Per quanto abbia atteso questo giorno, non mi sono mai piaciute le conclusioni.
L'ultimo giorno d'estate, il capitolo finale di un bel libro, separarsi da un caro amico.
Ma le conclusioni sono inevitabili.
Le foglie cadono. Tu chiudi il libro. Dici addio.
Oggi è uno di quei giorni per noi.
Oggi diciamo addio a tutto quello che era familiare, tutto quello che era confortevole.
Stiamo andando avanti.
Ma solo perchè stiamo andando via, e fa male.
Ci sono alcune persone che sono parte di noi a tal punto che saranno con noi, sempre e comunque.
Loro sono la nostra terraferma, la nostra stella polare, e le piccole ma chiare voci nei nostri cuoi che saranno con noi... sempre.»

 
Ora sapeva cosa doveva fare.
 
 
«Vai da sola?»
«Preferisco, grazie» rispose lei dandogli in bacio e scendendo dall’auto.
Si trovò davanti, in tutta la sua maestosità, il 12° distretto.
«Ehi!»
Si girò verso l’auto.
«Se hai bisogno di me, io sono sempre qui.» Disse battendosi la mano sul cuore.
Lei sorrise, poi si voltò e fece il primo passo verso il suo futuro.
All’entrata le guardie la salutarono come al solito, ignare della sospensione e delle dimissioni.
Lei fece finta di niente, e, come d’abitudine, arrivò al piano della Omicidi.
Tutti erano già al lavoro.
Solo due scrivanie erano vuote: la sua e quella di Ryan ed Esposito.
Ecco un altro problema da affrontare, ma a quello avrebbe pensato dopo.
Si avvicinò decisa alla porta della Gates e bussò.
Nessuno rispose, ma lei entrò lo stesso.
Victoria Gates alzò lo sguardo gelido, la vide, e lo riabbassò sui suoi documenti.
«Sei venuta a prendere il pezzo di orgoglio che hai dimenticato ieri?» chiese fredda continuando a compilare i moduli.
Kate mandò giù quel boccone amaro e, raccogliendo tutte le energie in suo possesso disse: «Veramente sono qui per scusarmi, ieri ho agito d’impulso, non dovevo, mi dispiace.»
«Le scuse non bastano a riavere pistola e distintivo.»
«Lo so, sono sospesa. Sono solo venuta a scusarmi e a dirle che non ho alcuna intenzione di lasciare il distretto. Ma sono pronta ad accettare la punizione che mi merito.»
Finalmente la Gates alzò gli occhi, per postarli su quelli di Kate.
«Ammettiamo che tu non ti fossi dimessa, dove dovresti essere adesso?» chiese con una freddezza indescrivibile.
Lei rimase un attimo spiazzata da quella strana domanda, poi, incerta rispose: «A casa, presumo…»
«Esatto. E dunque ci torni. Ci vediamo tra due settimane Detective Beckett.»
Poi tornò a guardare i documenti.
«Grazie, Signore.» Mormorò prima di uscire dall’ufficio.
Quando chiuse la porta tornò a respirare regolarmente.
Ed ecco che un problema si era risolto, e anche più facilmente del previsto.
Ora mancavano i fattori Ryan ed Esposito.
Si avvicinò a una tenete.
«Dov’è il Detective Ryan?»
«Ha chiesto una settimana di permesso.»
«Oh… Ok, grazie. Arrivederci.»
«Arrivederci Detective Beckett.»
Uscì dal distretto con un solo pensiero: doveva parlare a uno dei due, doveva sistemare le cose.
Loro erano la sua famiglia, e in una famiglia tutto ti aggiusta, prima o poi.
Ma qualcuno deve fare il primo passo, è inevitabile.
E questa volta toccava a lei.
 
 
 
 
 
 
 

"Per anni ho aspettato l’inizio ma con stupore un giorno mi si presentò la fine.
Pensai ad uno sbaglio, «io non ho ancora iniziato! Sto aspettando ancora!» dissi.
Ma improvvisamente capii; l’inizio non lo si aspetta, l’inizio lo si crea decidendo il momento. 
Sono io l’inizio, decido io l’inizio; l’inizio di un viaggio, di una storia, di un’amicizia, di un sogno… 
Quante stupide motivazioni ho trovato per rimandare; «non ho tempo», «non è il momento giusto», «sono senza forze», « come faccio», «non sono capace»…
Ora mi rendo conto che erano solo scuse; scuse per mascherare una paura, un disagio, una mancanza di coraggio…
Scuse per non affrontare la vita che intanto scorre via come acqua fra le dita."
[L’Effimera]

 
 
 
 
 
 
 

DOMANDA: Con chi sceglierà di parlare prima Kate? Con Esposito o con Ryan?

 
 
 
 
 
 
ANGOLO DI ALLISON
Ciao ragazze!!
Sono lieta di annunciarvi che per un totale di 25 a 3 ha vinto il distretto!!
Ed ecco la continuazione della storia!
Vi è piaciuta? Che ne dite?
Siete ancora convinte che questa ff interattiva sia una buona idea?
Lascio a voi la parola!
A presto!
Un bacio, Allison <3

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Sorridi, come se ci credessi davvero. ***


Sorridi, come se ci credessi davvero.
 
Castle la stava aspettando appoggiato alla macchina con in mano due caffè.
La vide uscire dal distretto a passo veloce.
Cercò di decifrare il suo sguardo, ma era identico a quello con cui era entrata.
«Ehi. Com’è andata?»
«Sono ancora sospesa, ma almeno faccio parte di nuovo del distretto.» Rispose con un sorriso, il primo da quando era entrata al 12°.
«Sono contento, soprattutto perché non saprei davvero cosa fare tutto il giorno senza avere un caso da risolvere.»
«Risolvere?» chiese Kate scettica.
«Ok… diciamo aiutare a risolverlo… ma devi ammettere che sono utile…»
«Mmm… solo un po’…» rispose prendendosi il suo caffè dalle mani di Rick ed entrando in macchina.
«Ehi! Ehi! Cosa vuol dire solo un po’?!» chiese correndo all’altra portiera.
«Niente, Castle, niente.» Rispose sospirando.
«Stai bene?»
«Sì.» Disse poco convinta.
«…»
«Ok, hai vinto. No, non sto bene! Non posso stare bene sapendo che stando qui a far niente, molto probabilmente non rivedrò mai più metà della mia famiglia. Non posso star bene mentre sono con le mani in mano a sperare che qualcosa di sovrannaturale agisca per noi. NO! Non sto bene!» confessò scoppiando in lacrime.
Lui le prese la mano e le asciugò le lacrime.
«Sai cosa facciamo adesso? Adesso ti porto a casa di Ryan e sistemi tutto, ok?»
Lei ci pensò un attimo, lo guardò negli occhi, raccolse tutta la forza che quell’uomo le stava dando e annuì.
 
«Kate, mi offrirei volontario per venire con te, ma penso che sia meglio se tu gli parli da sola.»
«Hai ragione. Senti, se hai altro da fare puoi pure andare… torno a casa con la metropolitana. Ci vediamo a pranzo, ok?»
«L’unica cosa che ho da fare oggi è stare con te; dunque no, non me ne andrò. Quando uscirai sarò esattamente qui ad aspettarti.»
«Ti amo» sussurrò sfiorandogli la guancia.
Poi uscì dall’auto.
Vide che il portone era aperto, dunque decise di entrare.
Dopo un breve saluto con il portiere arrivò nell’ascensore e premette il pulsante del piano.
Mancavano solo pochi minuti, pochi minuti che la dividevano da un momento decisivo per la sua vita.
Aveva provato mille discorsi nella sua mente, ma non ne aveva trovato nessuno adatto.
Si convinse che sarebbe andato tutto bene, che avrebbe detto ciò che le sarebbe venuto in mente nel preciso istante in cui l’avrebbe visto, che avrebbe messo da parte tutta la rabbia che ancora cresceva dentro di lei e sarebbe stata umile, non la solita testarda.
Si convinse che per fare il primo passo bisognava accettare il fatto di abbassare la testa ed essere pronti a qualsiasi reazione.
La campanella dell’ascensore interruppe i suoi pensieri.
Le porte si aprirono.
E si trovò davanti un uomo.
L’ultimo uomo che si sarebbe mai aspettata di trovare lì.
«Javi?!»
«Ehi Beckett! Che ci fai qui?»
«Sono qui per parlare con Ryan… come te, immagino.»
«No, io sono qui per spaccargli la faccia.» Rispose serrando i pugni lungo i fianchi.
A quanto pareva non gli era ancora andato giù il comportamento del suo partner.
Ma, in fondo, come biasimarlo?!
«Dai, calmati. Non mi sembra il caso che tu gli parla in questo stato. Devi far passare del tempo e tornerai quando sari più tranquillo e vedrai le cose da un’altra prospettiva.»
«PROSPETTIVA?! Forse non te ne sei accorta, ma lui ci ha traditi, ENTRAMBI!» urlò sottovoce per non attirare l’attenzione del detective, che se ne stava sul divano oltre quella porta.
Così però stava mettendo a dura prova Kate, che cercava in tutti i modi di sopprimere la rabbia e di convincersi che l’aveva fatto per il suo bene.
Prese un bel respiro e rispose: «Prova a ragionare Javi! Non sarei qui se non fosse stato per lui!»
«Smettila Kate! Non ci credi neanche tu a ciò che stai dicendo!»
«E’ vero, hai ragione, sono arrabbiata, e forse anche più di te. Ma non voglio rovinare così un’amicizia, non voglio tagliare via così una parte della mia famiglia, della mia vita. E per questo sono disposta a mettere da parte l’orgoglio e la rabbia. Pensi che io non soffra? Pensi che non mi sia mai passata per la testa l’idea che lui ci abbia traditi nel profondo, che abbia tradito la nostra fiducia?» ora si stava scaldando anche lei.
«No Kate, io non lo penso, io sono certo che questi pensieri siano ancora nella tua testa; in qualche angolino remoto, forse, perché sopraffatti da una falsa convinzione che ti porta a vedere le cose non per quelle che sono. Lui ci ha traditi! Soprattutto come amici, e tu dovresti capirlo più di tutti! Eri a tanto così da scoprire tutta la verità, la verità di una vita! E lui ha rovinato tutto! Devi accettarlo Kate!»
«Io l’ho accettato! Ed è proprio per questo che non me la sento di rovinare un rapporto!»
«Sai che ti dico? Fai come meglio credi. Io me ne vado!»
Percorse il corridoio e svoltò l’angolo.
Forse se n’era andato per sempre.
Sospirò, meravigliandosi di quanti rapporti si potessero rovinare in pochi giorni.
Quell’incontro con Esposito non le era stato d’aiuto, aveva fatto riaffiorare la rabbia nei confronti di Ryan.
Aveva paura che per una minima opposizione da parte del detective lei sarebbe esplosa, e gli avrebbe rinfacciato tutto.
Ma orami era lì, non poteva tirarsi indietro, non sarebbe stato un comportamento da Kate Beckett.
Si posizionò davanti alla porta.
Si ripassò a mente le parole che sua madre le diceva sempre quando era in una situazione poco piacevole: «Sorridi, come se ci credessi davvero.»
Alzò il braccio verso il campanello.
Si preparò una falso sorriso, come bandiera bianca.
Poi suonò.
Uno, due, tre, quattro secondi… e ancora nessun segno di vita;
Cinque, sei, sette,otto… ancora niente;
Nove, dieci, undici… sarebbe tornata un’altra volta.
Proprio mente stava per andarsene vide la maniglia girarsi.
Trattenne il respiro.
Non era mai stata così agitata.
Quando la porta si aprì si trovò davanti un Ryan nuovo, diverso, spento.
«Ehi!» disse lei riprendendo quel falso sorriso.
«Cosa vuoi?» chiese lui gelido.
Lei respirò a fondo, cercando, per l’ennesima volta, di mantenere la calma.
«Sono venuta per parlare.»
«Per scusarti, vorrai dire.» Continuò con il tono di prima, distaccato e freddo. Quasi cattivo.
E qui le paure di Kate si avverarono.
«SCUSARMI? IO? Hai idea di cosa stai dicendo?»
«Io ho fatto la cosa giusta.»
«No, Ryan, no! Ci ha traditi!  Me, Javi, Roy, mia madre… TUTTI!»
«Ah, è così che lo chiami adesso salvare la vita? Lo chiami tradire?!»
«Ti rendi conto? Ero a un passo dal sapere tutta la verità! E tu me l’hai impedito!»
«No Kate, forse sei tu quella che non si rende conto!»
«Rendermi conto di cosa?! Del fatto che sono venuta qua per sistemare ciò che tu hai rovinato? Del fatto che ho messo da parte l’orgoglio solo per non mandare all’aria la nostra amicizia? Del fatto che quello arrabbiato sei tu, mentre dovrei essere solo io?!»
«Continua pure con la tua sceneggiata se vuoi, io so quello che ho fatto. E lo rifarei, lo rifarei all’infinito.»
«Speravo in un briciolo di comprensione da parte tua! Speravo che avresti capito cosa significava per me quel caso! Pensavo di averti dalla mia parte. Ma a quanto pare mi sbagliavo.»
«Qui quella che deve avere comprensione sei solo tu! Davvero non lo capisci?!»             
«Capire cosa?! Che sono stata tradita dal mio migliore amico?!»
«No, capire che se non avessi fatto quello che ho fatto, adesso  saresti tre metri sotto terra!  Consapevole della verità, certo, ma MORTA! Non saremmo qui a litigare, non avresti passato la sera con Castle, non avresti discusso con Esposito qui fuori!» stava ancora urlando.
Lei era già pronta a replicare, ma si zittì all’istante: come poteva sapere…
«Come sai di Castle?» chiese in un sussurro, senza intonazione.
«Te lo si legge in faccia Kate! Nei tuoi occhi, dietro a tutta quella rabbia c’è una nuova luce, brillano, nonstante tutto.»
«No… tu non sai leggere nei miei occhi.»
«Sì invece, perché per quanto tu insista nel dire il contrario, sei parte della mia famiglia. Noi siamo una famiglia! E come tale capisco sempre cosa provi, come ti senti.»
Lei ebbe un colpo al cuore.
Avrebbe voluto abbracciarlo e digli che era tutto passato.
Ma la rabbia e la delusione prevalsero di nuovo.
«Una famiglia che si è appena sciolta.» Sussurrò gelida prima di voltarsi e sparire nel corridoio.
Una lacrima le scese lungo la guancia.
Fece le scale velocemente.
Arrivò al portoncino, lo aprì e vide Rick in macchina.
Il passo veloce si trasformò in una corsa.
Quando Castle la vide uscire stravolta scese dall’auto.
Lei corse verso di lui.
«Cosa è successo?»
«Abbracciami Rick!» rispose prima di buttarsi tra le sue braccia e scoppiare in  lacrime.
«Shhh… adesso calmati ok? Tutto si sistemerà…» sussurrava dolcemente mentre le accarezzava i capelli.
Lei nascose il suo viso nella spalla di Rick, facendosi cullare dalle sue parole e dal suo tocco.
Pian piano il pianto si fece silenzioso e poi cessò.
Alzò leggermente il viso, giusto per vedere la strada.
Stava ricominciando a piovere.
Cercò con lo sguardo la finestra di Ryan, e lo vide che fissava un punto indefinito nel cielo.
Quella era stata la sua ultima possibilità di aggiustare le cose.
Quella era stata la sua ultima possibilità di riavere indietro la sua famiglia.
Ma apparentemente ora era troppo tardi.
Forse ci sarebbero state altre occasioni, o forse no.
Ma la vita va avanti.
Sorridi, come se ci credessi davvero.
 
 
 
 
 

 
"Se un giorno riuscirò a dimenticarti,
e se qualcuno mi chiederà cosa significa avere un amico,
abbasserò lo sguardo per paura di ricordare."
[Anonimo]

 
 
 



DOMANDA: Rick vuole fare qualcosa per consolare Kate e per capire cosa è successo davvero in quell’appartamento. Solo non sa dove portarla, se a casa oppure al quel ristorante che piace tanto al lei.
Voi cosa scegliereste?

 
 
 
 


ANGOLO DI ALLISON
Hola chicas!!
Come state?
Mi perdonerete mai per l’enorme ritardo?
Ho dovuto studiare davvero un sacco in questa settimana!
Però adesso eccomi qui!! ;)
Cosa ne dire del capitolo?
Vi ho fregato eh? Pensava che parlasse con Ryan prima, e invece?
D’altronde Esposito ha vinto 14 a 8 su Ryan, stando ai vostri voti! :D
Non uccidetemi per come ho fatto svolgere i fatti… poi scoprirete come vanno a finire davvero le cose.
Ah, ecco a voi un esempio di domanda stupida… ma dovete sapere che qualunque cosa rispondete comporterà delle grosse conseguenze… sta solo a voi!
Ho parlato anche troppo per stavolta!
A presto!
Un bacio, Allison <3

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Non è più un problema tuo! ***


Non è più un problema tuo!

«Forza Kate, adiamo…» le sussurrò in un orecchio trascinandola fino al sedile del passeggero.
«Dove?» chiese atona, una volta che la macchina partì.
«Nello stato in cui sei adesso io andrei a casa…»
«Ma ho fame… Non ha aperto un nuovo bar sulla diciannovesima strada?» continuò, anche se non sembrava lei a parlare, ma piuttosto un automa.
«Fidati Kate, non mi sembra il caso di andare in qualche locale… potremmo andarci domani.»
«Come vuoi.» Si rassegnò accennando un sorriso.
Passarono dieci minuti in silenzio, in un terribile e opprimente silenzio.
Tutti e due volevano cominciare un discorso, ma non sapevano come.
«Rick…»
«Che c’è?»
«Hai sbagliato strada… casa tua è da quell’altra parte!»
Lui si picchiò la testa con una mano.
«Ecco perché c’era qualcosa di strano… mi confondo sempre in questa zona della città!»
Lei sorrise e scosse la testa… sempre il solito; ma in fondo era anche per questo che lo amava così tanto.
«Beh, avrò sbagliato strada ma almeno sono riuscito a farti sorridere…»
«Tu ce la fai sempre… a volte in modi ridicoli – come questi – e altre con il preciso intento di regalarmi momenti di felicità.» Rispose prendendogli la mano libera.
«La mia vita non potrebbe avere un motivo migliore di questo.»
Le strinse a sua volta la mano finchè non arrivarono al semaforo, dove si girò verso di lei e la guardò negli occhi.
«Cosa è successo?»
Lei sospirò e abbassò lo sguardo: «Abbiamo litigato… ho litigato. Con entrambi. Ho distrutto la mia famiglia, i miei amici… il mio orgoglio e la mia rabbia hanno prevalso un’altra volta, impedendomi di vedere il quadro completo, impedendomi di abbassare la testa e accettare le conseguenze… Ho chiuso, forse per sempre, un capitolo della mia vita.»
Aveva trattenuto le lacrime fino a quel momento, poteva bastare.
Castle si sporse verso di lei e l’abbracciò.
«Io ci sono e ci sarò. Sempre e comunque.»
«Lo so…» riuscì a sussurrare tra un singhiozzo e l’altro.
Rimasero abbracciati finchè un clacson gli ricordò che era scattato il verde.
A quel punto la macchina ripartì.
«Sai Rick… non mi era mai capitato di arrivare al punto di dire BASTA!; di rassegnarsi, di mollare tutto…»
«No Kate, no… tu non ti sei rassegnata, tu non hai mollato… tu ce la farai, riconquisterai tutto ciò che si è rovinato in questi ultimi giorni… io sono con te.»
«Lo so, ma non basta. Sento che è  finito ormai… tanto vale mollare tutto.»
«NO! Tu non stai ragionando, la Kate Beckett che conosco io non avrebbe mai detto uno cosa del genere! La Kate di cui mi sono innamorato non sa neanche che cosa significhi la parola arrendersi
«Forse allora non mi conosci davvero!» stavano pian piano alzando la voce.
«Non dire sciocchezze! Smettila! Tu non lascerai perdere niente, io te le impedirò! E se vorrai abbandonare tutto farò in modo che l’unica cosa che ti rimanga sia la speranza, perché così deve essere e cosi sarà!»
«La speranza? Sai almeno cosa vuol dire? Vuol dire stare fermi ad aspettare che qualcuno o qualcosa di sovrannaturale faccia le cose al posto nostro… vuol dire illudersi per tutta la vita, aspettando invano un qualcosa che non arriverà mai, e in fondo al cuore sapere comunque che non accadrà nulla! Se si cade in questo oblio è quasi impossibile risalire, e fidati, io l’ho provato. Hai idea di quante volte pregavo perché mia madre tornasse in vita? Hai idea di quanto abbia sperato di riaverla con me un giorno? E a cosa è servito? A peggiorare le cose e a soffrire il doppio, perché alla fine, quel briciolo di razionalità che mi era rimasta sapeva già dall’inizio che tutto ciò in cui speravo sarebbe stato impossibile. E ora che sai tutto ciò, non ti sarà difficile comprendere il perché io preferisca arrendermi che continuare a sperare!»
«No, ti sbagli! Qui non si tratta di riportare in vita una persona, qui non si tratta di cambiare la rotazione dei pianeti… stiamo parlando di riallacciare un rapporto… e per questo c’è sempre speranza… per questo il destino può agire! E noi ne siamo la prova!»
«Noi non siamo la prova di un destino che non esiste! Noi adesso siamo qui perché io ieri sera mi sono accorta di quanto sia stata stupida ad aspettare così tanto, non perché una forza inesistente mi ha portata davanti a casa tua!» era esasperata… e forse non sapeva neanche quello che diceva…
«Basta Kate… ne parleremo più tardi… quando sarai in grado di ragionare.» Dichiarò accendendo la radio…
«…Incidente a catena sulla diciannovesima strada… 15 morti e 21 feriti che si contano in tutto per ora. Stiamo aspettando ancora gli ultimi soccorsi. Ci aggiorniamo tra poco…»
«Ma la diciannovesima non è quella…»
«Non dirlo Castle!»
«Sì! È quella in cui ha aperto il nuovo locale in cui volevi andare tu! Pensa se ti avessi dato retta, non saremmo qui ora!» continuò allegro.
«Non significa nulla…»
«Non significa nulla? Davvero non ammetti neanche adesso l’esistenza del destino?»
«Non è distino, è semplicemente un coincidenza. Una fortunata coincidenza, direi.»
«E’ inutile… non riuscirò a farti cambiare idea!»
«No, non ce la farai, e sai perché? Perché a quanto pare non mi conosci affatto! Se davvero mi amassi accetteresti anche questa mia scelta!»
E qui ricominciarono le urla e i battibecchi.
«Stai insinuando che non ti amo?»
«Dovrei chiederlo a te!»
«E’ ovvio che ti amo, ma forse non ti è chiaro…»
«Sai quante volte la gente dice Ti amo  ma non lo pensa davvero? Lo sai?»
«Davvero credi che io non ti ami? Stai mettendo in dubbio anche questo? Allora forse hai ragione, non ti conosco affatto!»
«Bravo! L’hai ammesso finalmente! E se ti importasse qualcosa di me non saresti qui a urlarmi contro, non staremmo litigando!»
«Io sto urlando perché sono preoccupato! Sto urlando perché non ho la più pallida idea di cosa ti stia accadendo in questo momento! Stiamo litigando perché tu non sei più te stessa!»
«Ecco, allora forse è meglio se la finiamo qui!»
«Cosa intendi? Che vuoi rompere? Vuoi davvero affrontare tutto da sola?»
«Non lo so cosa voglio, non ancora! Forse è per questo che è meglio finirla qui, in tutti i sensi. Accosta.»
«Non ci penso neanche, non ti lascio in mezzo alla città da sola e in questo stato…»
«ACCOSTA!»
A quel punto non poté far altro che obbedire.
Rallentò e si avvicinò al marciapiede.
«Cosa intendi fare?»
«Non è più un problema tuo!» rispose sbattendogli la portiera in faccia.
Si allontanò velocemente dall’auto, si alzò il cappuccio, si mise le mani in tasca e svoltò l’angolo.
Sola.
Di nuovo.
Come non lo era mai stata.
 
Sapete perché è bello camminare sotto la pioggia?
Provate a chiederlo alla detective Kate Beckett, e sicuramente vi risponderà che è bello perché nessuno nota che stai piangendo.
Sì, esatto: piangendo.
Perché erano ore che le sue lacrime scendevano incessantemente lungo le guancie, andando a mescolarsi con le gocce di pioggia.
Erano ore che camminava senza una meta, e, a dire il vero, senza la più pallida idea di dove si trovasse.
Erano ore che pensava e ripensava alle cavolate che aveva fatto.
Erano ore che si malediceva per l’assurda litigata avuta con Castle.
Aveva perso anche l’ultima persona che la amava davvero, incondizionatamente.
Era arrivata a sperare di trovarselo davanti per poterlo abbracciare e chiedergli scusa.
E se era arrivata a sperare, di conseguenza era arrivata a soffrire, perché, come ben sapeva, lui non era tornato.
Nessuno era tornato.
E il bello era che non pensava davvero a tutto ciò che gli aveva detto!
Era stato solo uno sfogo di tutta la pressione e la frustrazione che aveva accumulato con le litigate precedenti.
Solo che si era sfogata con la persona sbagliata, e nel peggiore dei modi.
Ora come ora avrebbe fatto di tutto per rimediare a quel disastro.
Avrebbe voluto essere tra le sue braccia, al caldo sul divano, non da sola, di sera, sotto la pioggia in una strada deserta.
Sentì il rumore di un' auto provenire da dietro di lei…
Si voltò, con il cuore che batteva a mille al pensiero che fosse Lui.
Due fari la accecarono, impedendole di vedere l’auto.
Questa rallentò a accostò di fianco a lei.
Non era Rick.
Un uomo scese dalla portiera del passeggero.
A quel punto si rese conto di essere in pericolo.
Sì, in pericolo perché quell’uomo aveva il volto coperto da un passamontagna.
In pericolo perché lei non era armata.
Fece l’unica cosa che tutti avrebbero fatto in quel caso: scappare.
Ma l’uomo fu più veloce di lei e la prese per un braccio.
Cercò con tutte le sue forze di divincolarsi e di lottare, ma invano.
Sentì due braccia possenti stringersi intorno al suo collo.
La vista le si offuscò, il respiro cominciava a mancare.
Sentì una voce, apparentemente lontana.
«Non devi ucciderla! Ricorda gli ordini!»
Sentì la presa allentarsi, ma solo per un secondo.
Sentì un fazzoletto bagnato davanti alla bocca.
Tutto diventò nero.
I rumori della notte stavano pian piano svanendo.
Poi, il nulla.
 
 
 




"Non perdere mai di vista ciò che intendi raggiungere,
non perdere mai di vista chi sei tu in realtà…"
[Sergio Bambaren]

 


 
 

 DOMANDA: Rick se ne torna a casa, ignaro di tutta la faccenda o la segue di nascosto arrivando a scoprire il rapimento, ma, forse, mettendosi in pericolo anche lui?
 

 
 
 
ANGOLO DI ALLISON
Ciao ragazze?
Come va?
Vi è piaciuto il capitolo?
Ahhh…. Lo so, non vi aspettavate una continuazione del genere… sembra davvero che tutto vada solo di male in peggio… ma state a vedere!!
E’ tardi, e ho parlato anche troppo!
Lascio parlare voi!
Un bacio, Allison <3

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Fino alla morte. ***


Vi siete avventurate in questa pazzia, se così vogliamo chiamarla, e ora dovete stare alle regole.
Vi avevo avvisato che ci sarebbero state domande stupide e altre alle quali è quasi impossibile dare una risposta.
La domanda che sarà alla fine di questo capitolo sarà della seconda categoria.
Ora, riconoscendo la mia malvagità nel chiedervi una cosa del genere, capirò ognuna di voi se deciderete di astenervi dal rispondere.
(Ciò non toglie la recensione)
Buona lettura.
 

 
 
 
 
 
 
Fino alla morte.
 
«Non posso lasciarla andare… non posso. La amo troppo. Non mi perdonerei mai se le succedesse qualcosa…» Questi furono i pensieri di Richard Castle da quando Kate gli sbatté la portiera in faccia.
E così decise di seguirla.
Di nascosto, certo, ma non la perse di vista un attimo.
La vide girovagare per il parco, fermarsi davanti ad un Cafè, senza però entrare; la vide incantarsi davanti ad una coppia che passeggiava tenendosi per mano sotto un unico ombrello.
La vide piangere, nonostante la pioggia.
La vide soffrire, esattamente come lui.
Castle sapeva, o per lo meno sperava, di non averla persa per sempre.
No, non doveva finire così.
Quattro anni buttati al vento per nulla? Non lo avrebbe permesso, mai!
Le ore passarono, e con esse anche la speranza di Castle di trovare una logica nei movimenti di Kate.
Vagava, senza una meta.
Finchè non la vide fermarsi.
Non capì il suo comportamento fino al momento in cui non riuscì a scorgere una macchina nera in lontananza.
La prima reazione di Kate fu di speranza, una speranza subito seguita dalla curiosità.
Questa curiosità però durò pochi secondi, per essere rimpiazzata dalla preoccupazione.
Che subito dopo divenne paura.
Ma la vera tragedia fu quando questa paura divenne vero e proprio terrore.
Castle assisté in diretta al rapimento di Kate, senza poter fare nulla.
Aveva paura che uscendo alla scoperto avrebbero potuto farle del male.
Decise così di seguirli.
Con le lacrime agli occhi, un ombra di terrore sul volto e il cuore che batteva a mille, ingranò la marcia e scomparve nel buio.
 
Voci.
Voci lontane.
Ombre.
Ombre senza un contorno che si muovevano intorno a lei.
Sbatté gli occhi più volte, e finalmente riuscì a mettere a fuoco.
Era per terra in un ampia sala, di un magazzino probabilmente.
Cercò di sollevarsi ma il fatto di aver legati polsi e caviglie glielo impedirono.
Allora alzò lo sguardo e riuscì a vedere due uomini.
Uno lo riconobbe, era quello che l’aveva presa.
Nonstante poche ore prima – quanto tempo era passato? – avesse il passamontagna, l’odore di colonia era inconfondibile.
Adesso invece riusciva a vederlo in faccia.
Era un omone grosso, che avrebbe potuto tranquillamente fare il body guardò. Aveva la classica faccia da cattivo dei film.
Sopracciglia folte, occhi quasi serrati, pochi capelli spettinati, le labbra socchiuse.
Il resto del mondo avrebbe avuto paura di lui, lei no.
Lei era Kate Beckett, non aveva paura dei giganti.
Voltò lo sguardo verso l’altro uomo.
Lui era più magro del primo, più tenuto.
I capelli neri ben pettinati, una mano in tasca e l’altra, ricoperta di anelli, che accarezzava lentamente il mento.
Il classico mafioso insomma.
Anche se Kate era sicura che il mandante non era nessuno dei due.
L’unica cosa che la mise davvero in allarme era il fatto che nessuno dei due portava il passamontagna, dunque probabilmente non sarebbe uscita viva da lì.
«Bentornata tra noi Detective» sghignazzò l’omone.
«Dove sono?» chiese con disprezzo, lei non sarebbe mai passata ai pianti e alle preghiere… non gli avrebbe mai dato questa soddisfazione.
«Per adesso non è importante.»
«Chi siete?»
«I tuoi assassini. Ma solo se non collaborerai. Dunque ora devi dirmi alcune cose. Per esempio dove sono i documenti che riguardano l’uomo che mi ha mandato a prenderti.»
«Chi è quest’uomo?»
«Ma brava detective! Pensi di essere furba?! Qui non siamo in una sala interrogatori, se non te ne fossi accorta. Qui sono io a fare le domande, e tu rispondi. Dunque, dove sono i documenti?»
«Non so chi sia il vostro uomo.» Si limitò a dichiarare lei.
«Vero, non sai la sua identità, ma sai esattamente a chi e a quali file mi riferisco… o sbaglio?» quell’omone si era avvicinato, era a pochi passi da lei.
«Non so nulla.»
Ed era vero… in fondo era stato Rick a fare quel patto con il signor Smith, non lei. Non aveva idea ne di dove fossero i documenti ne di che faccia avesse la persona che, tramite un accordo – e un ricatto – la stava proteggendo.
«Muori stronza!»
Lei, di pronta risposta, gli sputò in faccia.
Lui, che stava già per andarsene, si rivoltò verso di lei e cominciò a prenderla a calci.
«Non permetterti mia più! Brutta puttana! Mi hai mancato di rispetto!» questi furono gli insulti che si susseguirono per vari minuti, accompagnati da calci e pugni nel petto e nella schiena di Kate.
«Forse questo ti è servito per rinfrescarti la memoria… allora? Dove sono i documenti?»
Lei non rispose, l’aria non aveva più spazio per uscire, doveva avere qualcosa di rotto, probabilmente le costole.
Sentiva dolore in ogni parte del corpo.
«Se non rispondi sarò costretto ad ucciderti.»
Lei raccolse tutte le forse che aveva e sussurrò un debole «Fai pure.»
«Ah, allora vuoi morire? Non hai una famiglia a cui pensare? Degli amici?» chiese, anche se sapeva la sua vita a memoria.
«Non più.» E qui una lacrima minacciò di scendere.
«Bene! Non ti importa morire? Vediamo cosa ne pensi del dolore!» e ricominciò a prenderla a calci nello stomaco, togliendole il respiro ad ogni colpo.
Cominciò pian piano a non sentire più dolore…  in fondo a tutto ci si abitua no?
Ma la verità era che lei era già morta.
Sì, era morta esattamente nel momento in cui scese da quell’auto; nel momento in cui chiuse la porta in faccia alla persona più importante della sua vita.
L’unica persona che sapeva farla star bene, che sapeva farla ridere.
L’unica persona che l’aveva ritrascinata a galla da quell’oblio di tristezza e solitudine in cui si era rifugiata per anni, non accorgendosi che si stava autodistruggendo.
L’unica persona che la amava più di se stesso.
La stessa persona che, molto probabilmente, se ne stava seduta sul divano, ignara di tutto.
Non sapeva quanto si sbagliava.
 
La luce che entrò dalle alte finestre del magazzino la costrinsero ad aprire gli occhi: era già mattina; ma orami non teneva più il conto del tempo.
Gli stessi due uomini del giorno prima erano seduti su una sedia vicino a lei.
«Si è decisa a confessare?» chiese l’omone prendendola in giro.
«Non ho nulla da dire.» Eccola, un’altra fitta nei polmoni.
«Non ti è bastato prima? Vuoi fare un altro giro?»
«Uccidetemi, o torturatemi fino alla morte se preferite. Non mi importa. Io non so nulla.» Sussurrò.
Non avrebbe ceduto. Non gli avrebbe accontentati supplicandoli di smettere o di lasciarla libera.
Avrebbe mantenuto il suo solito comportamento da dura, da vera detective, anche sotto tortura.
Fino alla morte.
«D’accordo, abbiamo capito che le torture non sono di tuo gradimento… che ne dici di una scelta?»
«Che tipo di scelta?»
«Oh, fidati, non ti piacerà!» rispose con un ghigno, seguito da una risata terrificante.
«Che tipo di scelta?» insistette lei decisa.
«Se proprio vuoi saperla… un mio vecchio amico mi deve un favore. E guarda caso questo amico ha proprio una pistola carica, che aspetta solo un mio ordine. Ora, l’altro giorno stavo proprio pensando ai tuoi due amichetti… i detective…»
«Loro non centrano nulla! Lasciateli stare!» lo interruppe Kate, che aveva già capito l’antifona, anche se sperava di sbagliarsi di grosso.
«Oh mia cara, tutti quelli che ti conoscono centrano in questa storia… comunque, dicevo, questi detective… Ryan ed Esposito, sbaglio? Sarebbero i destinatari perfetti per quella pallottola… ma c’è un piccolo problemino» disse avvicinando pollice e indice «non so scegliere! Sarebbe fantastico farli fuori tutti e due, ma aimè mi deve solo in favore. E qui entri in gioco tu, mia cara. Forza, scegline uno!»
«MAI!» riuscì ad urlare nonstante il dolore lancinante.
«Mi dispiace, risposta sbagliata.»
«Non poteri mai scegliere una cosa del genere! Uccidetemi, prendete me! Ma lasciate stare loro!»
«Non posso proprio sai… tu mi servi, loro no. Dunque scegli, hai cinque minuti.»
«E se non scegliessi?»
«Allora uccideremo lui!» disse l’altro uomo, che non aveva parlato fino a quel momento, puntando il dito verso la porta.
Aveva la voce più acuta, ma pur sempre terrificante.
In quel preciso istante entrarono due uomini che ne trascinavano un terzo.
L’ultima persona che avrebbe voluto lì: Castle.
«NO! LASCIATELO!» urlò dimenandosi a terra. «RICK!»
«KATE!» rispose lui incatenando gli occhi nei suoi.
«E adesso detective? Cosa fai? Hai tre possibilità: o ci dici dove sono i file, o scegli il detective fortunato o il tuo fidanzato morirà!»
«Quali file?» chiese Castle, sperando di essere di aiuto.
«Taci scrittore! Non sei stato interpellato!» urlò uno dei due uomini che lo tenevano, colpendolo al petto.
«Uccidetemi!» disse Kate «Prendete me e lasciate stare gli altri.» Le sembrava la cosa più sensata da fare, non sarebbe mai stata in grado di scegliere.
«Sarebbe troppo facile.»
«Non so dove sono i documenti!» ripetè per l’ennesima volta.
«Allora scegli!»
«NO!»
L’omone fece un cenno agli scagnozzi.
Questi buttarono Castle per terra e mentre uno gli storceva le braccia, l’altro lo prendeva a calci.
Le urla di Rick risuonarono per tutto il magazzino.
«NO!» urlò Kate disperata, piangendo.
«Avanti così finchè non trarrà l’ultimo respiro.»
Castle cercava di trattenere le urla, doveva farlo per Kate, ma il dolore era troppo forte.
Strinse i denti, ma non durò per molto, presto tornò a urlare dal male.
Kate non sapeva cosa fare, doveva salvarlo.
Guardò gli uomini: quattro. E chissà quanti nella altre stanze.
Riuscire a scappare in quel momento era fuori discussione.
C’era solo una cosa da fare.
«FERMI!» urlò a squarciagola.
L’uomo con gli anelli al dito fece cenno di smettere agli scagnozzi, poi si rivolse a Kate, aspettando che parlasse.
Lei trasse un respiro profondo, guardò Rick negli occhi, e poi tornò a fissare l’uomo.
«Sceglierò.»
 
 
 
 
 
 

«Mi domando perché le decisioni si debbano sempre prendere su due piedi. La risposta è semplice: perché è così che si decide.
Chi si concede del tempo per decidere sta solo rinviando il momento della decisione, venuto il quale deciderà comunque su due piedi.»
[Anonimo]

 
 
 
 
 
 
 

DOMANDA: Chi sceglierà Kate? Ryan o Esposito?

 
 
 
 
 
 
 
 
 
ANGOLO DI ALLISON
Vi prego non uccidetemi!
Come vi ho detto all’inizio vi capirò se non volete rispondere…
Però la cosa stava diventando alquanto "guidata" secondo me… insomma, le vostre scelte alla fine erano sempre condizionate da ciò che IO volevo far accadere.
Ora, per questa volta, la scelta è completamente VOSTRA.
Qui non ci sono vie di mezzo, la risposta che vincerà avrà un ruolo importante e decisivo per la storia.
E se pensate che io non abbia il coraggio di scegliere e che stia scaricando la scelta a voi ricordate, questo è il ruolo della ff interattiva!
A presto!
Un bacio, Allison <3

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Ti amo, e questo non cambierà le cose. ***


Ti amo, e questo non cambierà le cose.
 
«Sceglierò».
Quella singola parola risuonò nell’aria, facendo ammutolire tutti i presenti.
«Perfetto, non attendevo altro.» Disse l’omone sogghignando.
«NO! Kate, no! Digli quello che vogliono sapere!» urlò Castle disperato… in fondo erano i suoi migliori amici.
«Stanne fuori Rick, ti prego, stanne fuori.» Lo pregò lei.
L’ultima cosa che le serviva era che peggiorasse le cose.
«Forza detective, aspettiamo solo lei.»
Le guardò negli occhi Rick, che le faceva cenno di no con la testa.
Sapeva che era la cosa più orribile che una persona potesse fare… ma amava troppo Castle per vederselo ammazzare davanti agli occhi.
Doveva convincersi che era per il SUO bene.
Per il bene dell’uomo che amava.
E magari nel frattempo sperava che quell’unico colpo mancasse il bersaglio.
Si voltò di nuovo verso i suoi rapinatori, che la incitarono nuovamente a scegliere.
«Ryan.»
«NO!» urlò Castle, mentre lo portarono in un’altra stanza.
«Aggiudicato!» urlò l’altro uomo, quello che parlava poco.
«No! Fermi! Dove lo portate?! Avevate detto che non l’avreste ucciso!» sbraitò lei vedendo la scena.
«Oh, non lo uccideremo.»
«E dove lo portate?! RICK!»
«Se ci tieni tanto a saperlo… Ehi! Tornate qua! Mettete anche la signorina al fresco!» disse rivolgendosi agli scagnozzi che tenevano Castle per le braccia.
Le si avvicinò uno dei due e, tiratola su di peso, la trascinò fino alla porta.
Li condussero attraverso vari e infiniti corridoi.
C’era odore di muffa e di chiuso.
Ma soprattutto c’era odore di morte.
«Eccoci arrivati! La corsa è finita.» Dissero ridendo.
Li buttarono, letteralmente, in una piccola stanzetta buia.
Caddero a terra, e l’ultima cosa che sentirono fu il rumore della porta che si chiudeva.
 
«Ma si può sapere come ti è venuto in mente?!» non era un tono arrabbiato, ma piuttosto sconvolto.
«Non lo so Rick… non lo so...» rispose scoppiando in lacrime.
«Ehi, vieni qui dai…» disse avvicinandosi a lei cingendole le spalle.
Adesso che erano risusciti a togliersi le corde a vicenda era più facile abbracciarsi.
Lei affondò la faccia nel suo petto, non essendo minimamente intenzionata a smettere di piangere.
«Non lo so davvero… non so neanche perché ho scelto Ryan e non Esposito… forse perché ho un rapporto più profondo con Espo, o forse perché sono ancora stupidamente convinta che Ryan ci abbia traditi… non lo so…» riuscì a dire tra i singhiozzi.
«Shh… ehi, tranquilla, ci sono io adesso, ci sono io…» continuò Castle cullandola tra le braccia.
Ma lei non si diede per vinta.
Per una ragione sconosciuta aveva il bisogno di spiegargli la sua scelta, o magari aveva bisogno di spiegarla a se stessa: «L’ho fatto per te… per noi… non avrei mai voluto che succedesse tutto questo… mi dispiace…» ma non riuscì a finire il discorso perché le lacrime e i singhiozzi presero di nuovo il sopravvento.
Rick si limitò a stringerla tra le braccia e a coccolarla.
«Oh mio Dio!» esclamò Kate ad un certo punto.
«Che c’è?»
«Non ti ho neanche chiesto scusa…»
«Non preoccuparti di questo adesso, non importa…»
«Invece sì che importa! Mi sono comportata da stronza poche ore fa, e tu mi hai seguita ugualmente quando potevi tranquillamente andartene a casa e fregartene di quello che mi sarebbe successo; invece ti sei cacciato in questo guaio più grande di noi solo per me. Ed io non ti ho chiesto scusa. E ora, ti prego, non dirmi che non importa, perché lo so che ci sei rimasto male…»
«Sì, è vero. Non ci sono rimasto male, di più. Potevi evitare certe risposte e certi toni. Tu avevi completamente torto, mentre io avevo ragione. Sei stata insensibile, e per quanto io cercassi di comprendere il fatto che eri sotto pressione, non riuscivo proprio a motivare i tuoi comportamenti. Ma questo non significa che io non ti ami. Rimarrai comunque la mia fidanzata, sempre se tu lo vorrai, indipendentemente dalle litigate e dai brutti momenti.
Te l’ho già detto ieri e te lo ripeto, non dovrei essere in nessun altro posto che qui, al tuo fianco. Anche se "al tuo fianco" volesse dire una squallida stanzetta di non so quale magazzino abbandonato.
Ti amo, e questo non cambierà le cose.»
Lei, che lo aveva guardato negli occhi per tutto il discorso, si avvicinò per far incontrare le loro labbra.
Dio quanto gli era mancato.
Non avrebbe mai pensato che potesse mancare in quel modo la presenza di una persona, neanche dopo la morte di sua madre.
Non avrebbe mai pensato di amare così tanto un uomo nella sua vita.
Lo fissò in quel blu intenso che erano i suoi occhi, gli sussurrò un "Ti amo" e si riappoggiò sul suo petto, chiudendo gli occhi.
E, per quanto lo si possa essere in una prigione, era in pace.
Ma quella sensazione di pace svanì all’improvvisa presenza del ricordo della sua scelta.
Ryan… no, non poteva… non doveva morire!
Dovevano fare qualcosa, subito!
«Rick! Alzati! Dobbiamo uscire di qui!»
«Sei impazzita per caso?! Forse tu non hai visto, ma c’è un esercito in questo magazzino… scappare è praticamente impossibile.»
«Non per noi… ce la siamo sempre cavata,anche in situazioni peggiori di questa; ce la faremo, insieme.»
«E come pensi di fare?! Forse non hai notato neanche questo, ma ci hanno picchiati poco fa… non siamo neanche in condizioni di lottare!»
«Tu lotti?!» chiese alzando un sopracciglio.
«Sorvoliamo…» colpito e affondato.
Lei rise sotto i baffi.
«Non importa in che condizioni siamo, dobbiamo salvare Ryan! Capisci? Dobbiamo salvarlo!»
Rick la guardò.
Era bellissima quando cercava di fare tutto ciò che poteva per raggiungere l’obiettivo, quando cercava di essere razionale ma allo stesso tempo voleva sfidare l’impossibile.
Era bellissima sempre.
Decise di accontentarla.
Tanto valeva provare… in ogni caso sarebbero morti lo stesso, lo sapeva da quando era entrato in quel posto.
«Usciamo di qui!» furono le sue ultime parole.
Lei sorrise.
Erano una coppia, erano partner, erano insieme.
E ce l’avrebbero fatta.
 
«Forza Rick, più forte!» lo incitò lei, mentre lo scrittore cercava di abbattere la porta.
«Mi fa male la spalla… e poi qui c’è pochissima luce… non vedo dove vado a sbattere!» si lamentò come un bambino.
Lei lo prese per un braccio e le fece mettere da parte.
Ciò che avvenne in seguito durò più o meno tre secondi, ma furono i tre secondi più brutti ed umilianti della vita di Castle.
Kate fece un passo indietro, alzò una gamba e caricò il colpo.
Diede un calcio e la portà si spalancò.
Un calcio solo.
«Femminuccia» commentò prima di uscire, lasciando Castle a raccogliere tutti i pezzi del suo ego brutalmente sgretolato.
Camminarono per il corridoio attaccati alle pareti.
Stava andando tutto bene… quasi troppo bene.
Infatti Kate sentì dei rumori provenire da dietro l’angolo.
Con un braccio fermò Rick, che era dietro di lei, e fece segno con il dito di fare silenzio.
Videro un uomo passare dritto davanti a loro… ma probabilmente era troppo ubriaco per accorgersi.
Trassero un respiro di sollievo.
Lei si voltò, e lo trovò con le mani giunte, mimando una pistola.
«Mi chiamo Castle, Richard Castle» sussurrò.
Lei alzò gli occhi al cielo, sorrise, e riprese a camminare.
Svoltarono varie volte, cambiarono strada e varcarono molte porte… il tutto senza avere la più pallida idea di dove stessero andando.
Finchè non videro della luce provenire da una stanzetta poco distante da loro.
Si avvicinarono in punta di piedi e Kate sbirciò all’interno.
Era vuota, ma la luce proveniva da una botola sul soffitto.
Fece entrare Rick e chiuse la porta dietro di loro.
Forse aveva appena scoperto la loro unica via di fuga.
 
«Così mi fai male! Ahia, il collo! No Kate, aspetta, mi spezzerai un braccio! AAAHH!! I capelli!» Castle era un continuo lamento.
Aveva Kate sulle spalle che cercava in tutti i modi di aprire la botola.
Niente, non c’era nulla da fare… e sicuramente Castle non era d’aiuto.
Si fece rimettere con i piedi per terra e ispezionò la stanza.
Era vuota, completamente.
Mentre girava toccando le pareti vide del fumo.
Si voltò: Castle.
«Si può sapere cosa stai facendo?! FUMI?»
«Oh, non preoccuparti, è a vapore acqueo… in pratica è finta.»
«Ho capito, ma servono per smettere di fumare, non per cominciare!» era sconvolta.
«Ma non è mia, l’ho rubata hai rapinatori. Pensavo che se le meritassero dopo quello… Kate? Kate! Ma mi stai ascoltando?»
La detective si era girata di colpo verso la parete… qualcosa aveva attirato la sua attenzione.
Si accorse che in un certo punto del muro il fumo entrava, come se venisse aspirato.
E subito capì.
«Castle… qui, guarda! Questa parete è finta! Forza, colpisci… NO! Aspetta, forse è meglio se faccio io…» disse dandole una gomitata.
Il muro si crepò, e concluse l’opera con un calcio.
Entrarono con cautela dall’altra parte della stanza… non c’era molto, solo tanti scaffali vuoti.
«Un buco nell’acqua… o nel muro se preferirci.» Commentò Castle.
Lei lo incenerì con lo sguardo.
«Beh, per lo meno uno scaffale si lamenterà meno di te nel caso dovessi salirci con i piedi… forza, aiutami a spostarlo.»
Lo sollevarono e lo portarono esattamente sotto la botola.
Kate salì fino in cima… ora era comoda!
Da questo punto di vista, e soprattutto ferma, riuscì a capire com’era chiusa.
Aveva un lucchetto, un vecchio e arrugginito lucchetto.
C’era solo un problema, il lucchetto era all’esterno.
«Cavolo…»
«Cosa c’è?»
«La botola è chiusa con un lucchetto esterno… non credo ci sia modo di aprirlo da qui…»
«A meno che…» disse Castle.
«A meno che?»
«A meno che non passi qualcuno!»
«Oh, gran bella idea Castle, davvero! I nostri rapinatori potrebbero arrivare da un momento all’altro e noi abbiamo il tempo di stare qui ad aspettare che qualche buon uomo arrivi ad aprirci… no dico, un’idea geniale!» disse facendo una finta espressione ammirata.
«Donna di poca fede…»
Lei sbuffò e scese dallo scaffale.
«OH! ECCO! ECCO!» urlò Castle puntando il dito verso la botola.
«E adesso che c’è?!»
«Beh, non è esattamente un "buon uomo", ma forse potrebbe andar bene comunque…»
 
 
 
 
 

 
«Mai nessuna notte è tanto lunga da non permettere al sole di sorgere.»
[Paulo Coelho]
 

 








DOMANDA: Cosa avrà visto Castle? Un essere vivente oppure un oggetto che potrebbe aiutarli in qualche modo?

 









ANGOLO DI ALLISON:
Ciao belle!!
Eccomi con un nuovo capitolo!
Per stavolta ho deciso di tornare ad usare un po’ di ironia… spero che vi piaccia lo stesso, e che non lo troviate fuori luogo con il contesto…
Lascio parlare voi!
A presto!
Un bacio, Allison 
♥ 

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Un piccolo miracolo. ***


Un "piccolo" miracolo.
 
«Beh, non è esattamente un "buon uomo", ma forse potrebbe andar bene comunque…» disse Castle puntando il dito verso la botola.
Kate si voltò ma non vide nulla di tanto eccezionale.
«E sarebbe?»
«Come, non lo vedi?!»
«No Castle, no. Non vedo nulla che potrebbe aiutarci.»
«Guarda bene la, in alto…» disse avvicinandosi, mentre con una braccio le cingeva la vita e con l’altra mano prese la sua per indicare un punto nel cielo «vedi quella palla gialla che splende?» sussurrò baciandole il collo.
«Il sole?!» chiese scettica voltandosi bruscamente e rovinando quel magico momento.
Le dispiaceva da morire, ma non era il caso; Non ora.
«Sì Kate, il sole.» Rispose lui deluso dal suo comportamento.
«E come potrebbe mai aiutarci il sole? Dubito fortemente che scenda con una scaletta giusto per aprirci la botola.» Lo canzonò.
«Da solo no, non può aiutarci; ma con questo forse potremmo uscire.» Esclamò estraendo uno specchietto per truccarsi.
«Tu porti uno specchio nella giacca?!» chiese Kate ridendo sotto i baffi.
«Certo! Se sono in giro e devo sistemarmi come potrei farlo? Nel riflesso degli occhiali da sole?!»
«Ahah, Rick! Ma quello è uno specchietto per truccarsi! Ahah» quella risatina sommessa era diventata una vera e propria risata.
«Lo so! Infatti è di Alexis, me lo ha prestato!» rispose orgoglioso del suo specchietto.
Dalla bocca di Kate non riuscivano ed uscire altro che risate.
«E smettila di ridere! Questo ci salverà la vita.»
«Ok…Ok…» riuscì a dire, ancora tra le risate.
«Dunque… vediamo un po’…» sussurrò a se stesso Castle mentre puntava lo specchio verso il sole, per creare un riflesso.
Passarono alcuni minuti e ancora non accadeva niente.
«Quanto pensi di stare in quella posizione?»
«Finchè qualcuno non vedrà questo segnale e non verrà a salvarci.»
«Ah beh, allora… aspetta e spera. Vedi solo di non farti beccare da qualche guardia, altrimenti siamo già morti.» Concluse sedendosi a terra, aspettando in un miracolo.
 
«Li senti?» gridò Castle ad un certo punto.
«Cosa?»
«Dei passi! Sopra di noi!» urlò eccitato.
«Non esultare tanto… potrebbero essere i nemici.» Rispose alzandosi e andandogli vicino. «Metti giù quell’ affare!»
Rimasero in silenzio, ad ascoltare.
«Ecco, si sta avvicinando.» Sussurrò Rick all’orecchio della detective.
Ad un certo punto il rumore cessò.
«Dici che si è fermato, chiunque sia?»
«Può darsi, ma per adesso stai fermo qui.» Lo ammonì, prevedendo già una sua reazione.
Aspettò qualche secondo prima di disubbidire all’ordine.
Si arrampicò sullo scaffale e si sporse il più possibile per vedere ci c’era fuori da quella botola.
Apparentemente nessuno.
Fece leva con le braccia, guadagnando ancora qualche centimetro.
Ancora niente.
Non era possibile, i passi li avevano sentiti entrambi.
«Dai Rick, scendi da lì, rischi di farti male!»
«Ancora un attimo mammina!» la prese in giro.
Lei alzò gli occhi al cielo; non sarebbe mai cambiato.
Si spostò leggermente verso destra e finalmente scoprì a chi appartenevano i passi.
E si trovò davanti l’ultima persona che si sarebbe aspettato di vedere.
 
«Ehi! Riesci a sentirmi?» urlò Castle.
Un piccolo bambino asiatico, con i capelli scuri come la pece, annuì.
«Perfetto! Ora, riesci a tirarci fuori di qui?»
Il bimbo si guardò intorno in cerca di qualche attrezzo che avrebbe potuto aiutarlo.
Era piccolo, avrà avuto si e no otto anni.
Si voltò di nuovo verso Rick e fece segno di no.
Kate intanto guardava a bocca aperta la scena.
Forse doveva ripensarci a quella cosa del destino.
O forse era semplicemente una questione di coincidenza, condita con un pizzico di fortuna.
«Kate c’è un problema.» Annunciò Rick svegliandola dai suoi pensieri.
«Sì?»
«Il bambino non riesce a trovare niente che gli possa essere utile per aprire la botola.»
«Prova a dirgli di andare a cercare qualcosa in giro… basterebbe anche sono un blocco di cemento, giusto per sfondare il vetro.»
«E brava la mia detective!» esclamò, prima di riportare la sua attenzione sul bambino. «Ascolta piccolo, devi cercare qui intorno qualcosa di molto resistente, in modo che possa sfondare il vetro.»
Il bambino annuì e sparì dalla sua vista.
«Allora?» chiese Kate, che si trovava ai piedi dello scaffale.
«E’ andato a cercare…»
«Speriamo bene…»
«Adesso speri?!» chiese Rick stuzzicandola.
«Taci, non è il momento.» Troncò in partenza il discorso, preferendo evitare una litigata come quella del giorno prima.
Dopo dieci o dodici minuti videro ricomparire il bimbo con una mazza da hockey.
La mostrò allo scrittore e alzò un sopracciglio.
«E’ perfetta!» esclamò Rick, attirando anche l’attenzione di Kate.
«Bravo, adesso ascoltami bene» continuò «al mio via devi colpire più forte che puoi il vetro. Anche più di una volta se ce n’è bisogno. Devi romperlo, intesi?»
Il bimbo annuì.
«Bravo. Sei pronto? Al tre! Uno…»
«RICK!» esclamò Kate.
«Cosa c’è?!»
«Ma ti sembra il posto migliore dove stare mentre un bambino rompe una botola che, guarda caso, E’ PROPRIO SOPRA LA TUA TESTA!»
«Giusto.» Commentò scendendo dallo scaffale. Preso dall’emozione di uscire aveva dimenticato quel piccolo particolare.
«Ricominciamo! Uno… due… TRE!» urlò, per poi raggiungere Kate nella stanzetta in parte, dove si era rifugiata.
Sentirono il rumore della mazza che colpiva il vetro, ma nessun segno di cedimento da parte di esso.
«DI NUOVO! PIU’ FORTE!» urlò Kate.
Il bambino riprovò più volte, e al quinto tentativo il vetro si ruppe e mille pezzettini di vetro caddero davanti agli occhi della coppia.
Rick si sbrigò a dare un bacio veloce a Kate.
«Ma ti sembra questo il momento?»
«Non potevo farmi scappare l’occasione! Quando mai ci ricapiterà una pioggia di cristalli di vetro?! E’ romantico.» Si giustificò.
Kate sorride, scosse la testa e gli diede un altro bacio; poi uscì per vedere il risultato del lavoro del bambino.
Castle si riprese da quel gesto di affetto improvviso e la raggiunse.
Alzarono entrambi gli occhi e videro quel bellissimo bimbo che gli sorrideva e gli tendeva la mano.
«Sei stato bravissimo piccolo!» lo complimentò Kate.
Poi si arrampicò sullo scaffale.
Arrivata in cima, mise la mani fuori dalla botola, fece leva e si issò all’esterno.
Era finalmente libera; mancava Rick.
Guardò in basso e lo vide che si arrampicava.
Il problema si presentò quando dovette uscire dalla botola.
Non che non ci passasse, non era così grasso.
Solo non era tanto agile da riuscire ad issarsi fino al tetto.
Provò più volte, ma inutilmente.
Kate provò a tendergli una mano.
Castle la afferrò, ma era troppo pesante per riuscire a trascinarlo di peso.
Kate puntò i piedi e tirò più forte che poteva finchè non riuscì ad avvertire i primi risultati: Rick stava cominciando a salire.
Era quasi uscito del tutto dalla botola, quando Kate si sentì due manine stringere sui fianchi.
Si voltò e vide il bimbo che cercava di aiutarla a far salire Castle.
Gli sorrise, un sorriso sincero, e lui ricambiò.
Era palese che la sua forza non sarebbe servita a niente, non in quel caso; ma lei rimase colpita dal comportamento, da quel gesto tanto gentile quanto dolce.
Si rivoltò verso Rick e, con un ultimo strattone, riuscì a portarlo all’esterno.
«Wow…. Grazie Kate!»
«Non devi ringraziare me, la lui.» Rispose lei facendo un passo di lato, permettendo a Rick di vedere il bimbo.
Sul viso del piccolo si aprì uno straordinario sorriso.
«Sei stato fantastico, senza di te non ce l’avremmo mai fatta!» esclamò Rick.
Il bimbo, senza smettere di sorridere, portò una mano al mento e, subito dopo, la allungò verso di loro.
Kate capì all’istante.
Il bambino era muto.
Il gesto che aveva appena fatto significava grazie.
Gli rispose subito.
Castle rimase esterrefatto vedendo la sua fidanzata parlare il linguaggio dei segni con il bambino che li aveva salvati.
«Che gli hai detto?» chiese quando il bimbo se ne era andato correndo via, non prima di averli salutati con cenno della mano.
«Niente di particolare, gli ho solo detto che gli siamo grati per l’aiuto. Poi lui mi ha risposto che doveva proprio andare, altrimenti suo padre lo avrebbe sgridato. Così ci ha salutati ed è tornato esattamente com’è venuto.»
«Wow… non sapevo parlassi il linguaggio dei segni.»
«Svelato il segreto!» scherzò lei.
Castle la guardò è sorrise.
Sorrise per la sua bellezza.
Sorrise perché era felice di essere finalmente libero.
Sorrise quando vide, in lontananza, il bimbo correre via.
Sorrise perché era riuscito a trovare più dolcezza in quella piccola creatura che li aveva aiutati senza sapere chi fossero, che in tutte le persone che conosceva.
Sorrise, perché erano questi i piccoli gesti che rendevano la vita una cosa meravigliosa; i piccoli gesti come un semplice grazie.
Sorrise, pensando al piccolo miracolo in cui, a sua insaputa, Kate sperava.
Sorrise perché, in fondo, forse non si trattava soltanto di coincidenze.
 
 
 
 
 
 




"I bambini trasformano situazioni difficili in un gioco,
gli adulti riescono a trasformare un gioco in una guerra senza confini."
[L’Effimera]

 
 
 






DOMANDA: Cosa faranno Kate e Rick? Cercheranno di scappare il più in fretta possibile per salvare Ryan, ma rischiando altamente di venire scoperti; oppure usciranno da quel luogo con una precisa strategia, senza farsi cogliere dai nemici?

 
 
 






ANGOLO DI ALLISON
Hola!
Ecco il nuovo capitolo!
Mi dispiace un sacco di aver ritardato, ma con il grest mi era quasi impossibile riuscire a scrivere.
In ogni caso… ecco a voi!
Aspetto le vostre risposte.
Vi avviso subito che domani mattina parto, e vado una settimana in Inculandia, dunque non avrò modo di aggiornare.
Mi farò perdonare quando torno! :P
Ah, e per chiunque abbia strani dubbi… Mari NON ha scritto questo capitolo con me!! Ahaha
E troppo brava per questo! :D
Ahaha ok, basta! :D
A presto!

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Una maglietta rossa. ***


Una maglietta rossa.
 
«Castle!» lo chiamò risvegliandolo dai suoi bellissimi pensieri.
«Sì?»
«Forza, sveglia! Dobbiamo andarcene!» disse prendendolo per mano e trascinandolo verso i confini del tetto.
«Aspetta, aspetta. Non pensi sia miglio elaborare un piano prima di muoverci?»
«No, non ne abbiamo il tempo… per quanto ne sappiamo Ryan adesso potrebbe già essere sotto tiro. Dobbiamo scappare in fretta e salvarlo!»
«Sei sicura?  Potrebbero prenderci se non abbiamo un piano di fuga.»
«Non preoccuparti, adesso ce ne andremo così velocemente che non si accorgeranno neanche della nostra assenza.» Lo tranquillizzò lei.
«Se lo dici tu…» assentì poco convinto.
«Ecco, guarda… potremmo saltare, non saranno più di tre metri e mezzo.» Disse sporgendosi dal tetto.
«Scherzi?! Se atterro male potrei passare il resto dei miei giorni con qualcuno che mi imbocchi e che mi vesta la mattina!» esclamò vedendo la distanza tra loro e la terra.
«Non guardare me! Sarò ben contenta di assumere un’assistente.» Scherzò subito prima di prendere la rincorsa e saltare nel vuoto.
Castle la fissò con la mascella che sfiorava il pavimento.
E adesso?
Aveva solo una scelta: saltare.
«Forza Rick, sbrigati, dobbiamo andarcene da qui.» Lo incitò lei.
«Disse la donna tre metri più in basso.» Commentò.
«Eh dai!»
«Ok, ok. Salto. Al tre!»
«Conto io, così non fai scherzi.» Disse Kate «Uno… due…» e qui Castle fece un passo indietro «…TRE!» esclamò.
Rick fece i due passi di rincorsa e saltò chiudendo gli occhi.
Ma li riaprì subito quando sentì un senso di vuoto sotto i piedi.
Senso che, tra l’altro, durò solo pochi secondi, perché poi atterrò più o meno in piedi, facendo seguire subito dopo una specie di capriola.
«Sei ancora tutto intero?»
«Scherza pure. Intanto sono io quello che ha quasi rischiato la sedia a rotelle.»
«Esagerato!» gli rispose.
Subito dopo sentì un rumore di passi; prese Castle per un braccio e si accovacciarono entrambi dietro un mucchio di terra li vicino.
«Ehi, ma che cos…» tentò di protestare lui.
«Shhh! Stanno arrivando!» gli disse mettendogli una mano sulla bocca.
Mentre la guardia passava davanti a loro la sua radiolina gracchiò.
Poco dopo ne uscì una voce, resa metallica dal ricetrasmittente, che disse: «Allarme! Sono scappati! Ripeto, i due prigionieri sono scappati! Non lasciamoli sfuggire!»
La guardia rispose con un semplice «Ricevuto», ignara di avere i due ricercati neanche a un metro di distanza.
Castle sbiancò, e prese la mano della detective che cercava nel frattempo di rimanere immobile.
Poi la radiolina parò di nuovo.
E i loro peggior incubi si avverarono.
«Li abbiamo visti saltare dal tetto, nel lato sud del capannone. Trovateli!»
La guardia si arrestò immediatamente e cominciò a guardarsi intorno.
Era lui nel lato sud.
Poi d’un tratto di fermò di colpo con lo sguardo rivolto verso il cumolo di terra.
Fece un passo verso quest’ultimo.
Kate decise che era ora di muoversi, o non avrebbero avuto scampo.
Neppure per la vita.
«Al mio segnale scappa!» disse a Castle con le labbra.
«E tu?» sussurrò lui.
«Scappa!» ripetè.
Non aveva altra scelta che obbedire.
«Ora!» urlò per fare il segnale a Rick e, nel contempo, per attirare verso di se l’attenzione della guardia.
Rick saltò fuori da dietro la loro copertura e scappò a gambe levate, come gli aveva detto Kate.
Lei uscì subito dopo e cercò di attaccare la guardia saltandogli addosso.
Ma qualcosa andò storto.
La guardia estrasse la pistola e la puntò verso Castle, sparando.
Il colpo andò a segno.
Colpì il polpaccio dello scrittore.
Non era un colpo mortale, ma un colpo molto doloroso e che impediva la fuga.
Kate urlò dalla disperazione vedendo Rick accasciarsi a terra tenendosi la gamba.
Fu questione di un attimo.
Mirò subito al collo dell’uomo, che strinse finchè non lo sentì allentare i muscoli delle braccia, a quel punto scattò e gli prese la pistola di mano.
Lui naturalmente provò a ribellarsi, e il tutto finì nel peggiore dei modi.
Uno sparo.
Un colpo.
Un morto.
Castle guardava da lontano, e non riusciva a scorgere chi dei duo fosse stato colpito, perché erano entrambi a terra.
E fu così che, per la prima volta nella sua vita, pregò.
Non urlò, non chiamò il nome della sua fidanzata, non chiuse gli occhi per paura di vedere.
Semplicemente pregò.
Pregò che Kate fosse ancora viva, pregò che quella pallottola non avesse colpito il suo bellissimo corpo.
Poi vide qualcosa muoversi.
E in quell’istante pregò ancora di più.
Cercò di scorgere chi dei due si stava muovendo.
Nessuno si alzò.
Ma ciò che vedeva muoversi era di color verde.
Fece mente locale.
Kate indossava dei jeans scuri e una maglietta color… rosso.
Una maglietta rossa.
Una maledetta maglietta rossa.
 
 
«Vattene da qui!» urlò Jenny lanciandogli una scarpa, con il tacco.
«Dai, possiamo parlarne…» cercò di dissuaderla Ryan.
«No, non mi interessa cosa vuoi dire. Ti sei ubriacato e mi hai trattata come una tua schiava per tutto il giorno.»
«Non è vero!»
«NON LO PUOI SAPERE, NON PUOI RICORDARTI, ERI UBRIACO!» sbraitò lei ancor più arrabbiata.
«Dai amore…»
«Non chiamarmi amore! Sparisci!»
«Prova a capirmi… ho perso tutto, i miei amici, i rapporti…»
«E il tuo modo di risolvere tutto è bere fino ad ubriacarti? No, non sei l’uomo che pensavo. Vattene!» urlò per lì ennesima volta, con le lacrime che scorrevano lungo le guance.
«Mi perdonerai un giorno?»
«Non lo so, ora sparisci da questa casa!»
 
 
                                                                                         
 
 


"Non c'è speranza senza paura né paura senza speranza."
[Benedetto Spinoza]

 
 
 
 
 
 

DOMANDA: Ryan, ignaro di tutto, nel frattempo litiga con Jenny. Una volta fuori da casa non sa dove andare. Buttarsi a capofitto nel lavoro o cercare un bar per farsi l’ennesimo drink?

 
 
 
 



ANGOLO DI ALLISON
Ciao ragazze!
Non uccidetemi, vi prego….
Ho pensato che un po’ di suspense mancasse in questa storia, dunque… ecco a voi!
Lo so che il capitolo è molto corto ed è per questo che, se va tutto bene, pubblicherò dopodomani… e spero vivamente che vada tutto bene.
A presto!
Vi voglio bene!
Un bacio, Allison ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** Solo noi due. ***


Solo noi due.
 
Tutte le speranze e le preghiere di Castle vennero smontate nel preciso istante in cui vide muoversi il corpo con la maglietta verde.
Non poteva credere di aver perso Kate.
La sua Kate.
Non poteva pensare che fosse davvero andata così.
E adesso che ne sarebbe stato di lui?
Che significato avrebbe avuto la sua vita senza quella meravigliosa donna?
Una lacrima sfuggì al suo controllo.
E poi accadde tutto troppo velocemente.
La maglietta verde si alzò ma subito dopo ricadde di lato.
Come un miraggio Kate si rialzò da terra e corse verso di lui.
Ma allora non era vero niente?
Sono già morto?
Cosa mi succede?
Questa erano le domande che viaggiavano nella mente dello scrittore.
Non importa, ora che lei è viva non importa più nulla.
«Rick, stai bene?» gli chiese preoccupata inginocchiandosi accanto a lui.
Castle non riuscì a emettere nessun verso.
Era ancora terribilmente scosso dagli ultimi avvenimenti.
Non aveva ancora realizzato che Kate era sopravissuta.
«Rick…» sussurrò lei spaventata. «Ti prego di qualcosa…»
Lui si risvegliò di colpo e, d’istinto, la abbracciò.
Forte.
Il dolore alla gamba non importava, non lo sentiva più.
Ora c’era solo lei.
Kate.
La detective rispose al fantastico abbraccio e lo strinse forte a se.
Avevano entrambi bisogno di sentire il corpo dell’altro stretto al proprio.
«Ti amo…» disse piano Kate nell’orecchio di Rick.
Lui annuì e la strinse ancor più a se.
«Ho avuto paura di perderti… ho avuto paura di non vedere più quella meravigliosa luce nei tuoi occhi; ho avuto paura anche solo di pensare ad una vita senza di te.» confessò Castle.
«No! Non accadrà, non dirlo neanche per scherzo.» Lo ammonì dolcemente accarezzandogli una guancia.
D’un tratto sentirono un rumore di pneumatici.
Realizzarono che erano ancora in pericolo.
Erano ancora nel loro territorio.
«Ce la fai ad alzarti e camminare? Dobbiamo andarcene il prima possibile di qua!»
«Penso di sì.»
«Forza, appoggiati a me.» si offrì lei facendolo alzare.
Lui le mise un braccio intorno alle spalle e si rese conto solo in quel momento di quanto gli facesse male.
Riusciva a camminare, ma non veloce come avrebbe voluto.
Con l’aiuto di Kate riuscirono a raggiungere i cancelli.
Ora il problema era scavalcarli.
«E adesso?»
«Questo è un bel problema.» Ammise la detective mentre si scervellava per cercare una possibile soluzione.
«Kate, guardami…» iniziò Castle distraendola dai suoi pensieri. «Sappiamo entrambi, e forse tu meglio di me, che non posso farcela a scavalcare. Non ce la faccio in condizioni normali, figuriamoci con una pallottola nella gamba! Ma tu devi andare. Tu devi sal…»
«NO! Non se ne parla neanche, non ti mollo qui da solo.»
«Kate, dammi retta; posso farcela, ce l’ho sempre fatta. Tu devi salvare Ryan da morte certa. Io posso nascondermi, e aspetterò che verrai con la squadra a salvarmi. Io mi fido di te. Ti aspetterò.»
«Togliti dalla testa questa stupidissima idea… oltre al fatto che non ti lascerei mai da solo, ferito e con le persone che ti vogliono morto, separarci è la peggiore delle idee. Siamo solo noi due, non siamo un gruppo. Potrebbe accadere qualsiasi cosa che nessuno saprà mai le condizioni dell’altro. Dobbiamo stare uniti.»
«Ok, ammettiamo che tu abbia ragione… come usciamo?»
«Questo ancora non lo so… dammi un secondo e trovo una soluzione.»
Lui rimase in silenzio a ripensare alle parole della detective.
Forse aveva ragione, forse non conveniva separarsi.
Si guardò intorno in cerca di qualunque cosa li avesse potuti aiutare.
E poi la vide, una scala.
«Kate! Guarda! Prendi quella scala! Così forse riusciamo a scavalcare.»
«Castle, c’è un piccolissimo e insignificante dettaglio che forse non hai calcolato.»
«E sarebbe?»
«La scala è fuori dalla recinzione.»
«Oh, giusto.» Preso dall’emozione di una possibile via di fuga non aveva notato quel particolare.
«Anche se…» cominciò Kate.
«Anche se?» La incitò Castle.
«No… non funzionerà.» Disse scuotendo la testa.
«Almeno prova a dirmelo.»
«Potrei scavalcare e poi passarti la scala da sopra.»
«Geniale.»
«Sì, geniale. E poi mi spieghi come fai da solo a salire, con quella gamba?»
«Potresti tornare da questo lato tu e aiutarmi.» Aggiunse, orgoglioso della sua trovata.
«Si potrebbe fare… ma non mi convince…»
«Kate, non abbiano così tanto tempo da trovare un piano che ti convinca… Ryan sta per essere ucciso! Noi stiamo per essere uccisi!»
«Ok, hai ragione… vado!» concluse arrampicandosi sulla rete di ferro.
Atterrò dall’altra parte e, presa la scala, la passò a Castle che la adagiò a terra.
Una volta tornata dalla stessa parte di Rick, lo aiutò a salire i pioli della scala.
Quando Castle arrivò in cima si guardarono.
«Come faccio a scendere?»
«ECCO! Te l’avevo detto che c’era qualcosa che non mi convinceva… se avessi aspettato un altro minuto adesso non saremmo in questa situazione.»
«No, ce la faccio.»
«E come?»
«Salto.» Disse semplicemente, subito prima di lanciarsi verso terra.
Non saranno stati più di due metri, ma con una gamba inferma non atterrò nel migliore dei modi.
Trattenne a stento un urlo; non voleva spaventarla.
Kate, da parte sua, non riuscì neanche ad obiettare la sua scelta, che lo scrittore aveva già toccato terra.
Scuotendo la testa, lo raggiunse.
«Stai bene? Perché lo hai fatto?»
«Perché non avevamo tanta scelta… prima ti sei sacrificata tu, adesso toccava a me.»
Lei sorrise a quel pensiero tanto dolce.
«Non dimenticare che siamo una squadra. Solo noi due.»
«Solo noi due.» Assentì lei stringendogli la mano.
 
Presto si resero conto che erano stati rinchiusi, più che in capannone, in un edificio anonimo nelle vie di New York, vicino al centro.
«Dove andiamo ora?»
«A salvare Ryan, dobbiamo trovarlo prima noi di loro.» Rispose lei.
«Sì, ma dove sarà adesso? A casa o al distretto?»
Kate alzò lo sguardo verso un campanile e vide che erano le cinque e venticinque.
«Teoricamente dovrebbe essere al distretto, ma probabilmente si sarà preso una settimana di ferie, dunque dovrebbe essere a casa.»
«Perfetto! C’è un solo problema, siamo kilometri e kilometri distanti da casa sua.»
«E’ vero, come ci arriviamo senza neanche un soldo?» domandò Kate più a se stessa che a Castle.
«Potremmo fare l’autostop.» Propose Rick.
«Non se se parla neanche! Per poi magari finire di nuovo nelle mani di quelle persone… aspetta, ho trovato!»
«…»
«Potremmo andare al distretto, che è abbastanza vicino a noi e da lì ci facciamo accompagnare, con una squadra, a casa di Ryan.»
«Mi sembra sensato, andiamo!» esordì Castle.
E, prendendosi per mano, si misero a "correre" per le vie di New York.
 
Ryan era arrivato emotivamente distrutto al 12°, ma decise comunque di mettersi al lavoro.
Due ore e trenta documenti compilati dopo, pensò che forse era ora di tornarsene a casa.
Ma quale casa?
Non poteva tornare da Jenny, doveva far calmare le acque.
Da Javi e da Beckett non se ne parlava… doveva per forza passare la notte al distretto.
Guardò l’orologio: le cinque e venti.
Ok, forse era presto per dormire, avrebbe fatto un giro a piedi e poi sarebbe tornato per dormire sul divano della sala relax.
Prese l’ascensore e in pochi secondi raggiunse il piano terra.
Poi si accorse di aver lasciato la giacca con il portafogli di sopra.
Riprese l’ascensore e tornò al piano della Omicidi.
Nel ripercorrere il corridoio si affacciò alla finestra per valutare se prendere solo il denaro oppure anche il giubbino.
Nell’osservare la strada una macchina attirò la sua attenzione.
Era un fuoristrada nero, con i vetri oscurati.
La classica macchina da rapine.
Pensò automaticamente.
Ma forse si sbagliava; forse era solo la sua mente da detective, un po’ annebbiata dall’alcool, doveva ammettere.
Non sapeva sa andare a controllare o se continuare ciò che stava facendo.
Molto probabilmente non era niente, ma c’era qualcosa che non gli tornava.
Forse è meglio che vada a vedere…
Pensò mentre continuava ad osservare l’auto, che per ora rimaneva immobile.
No… sono sicuro che saranno tutte paranoie, forse è meglio se mi riposo un po’…
Eppure…
 
 
 

 


«Quando non si può tornare indietro,
bisogna soltanto preoccuparsi del modo migliore per avanzare.»
[Paulo Coelho, L’Alchimista]

 
 
 
 
 





DOMANDA: Ryan deciderà di dare peso a ciò che ha appena visto, ovvero la macchina, oppure deciderà che non è nulla di minaccioso e continuerà la sua passeggiata?

 
 





ANGOLO DI ALLISON
E con grandissima meraviglia, soprattutto da parte mia, ho pubblicato dopo due giorni dall’ultimo aggiornamento.
DUE GIORNI, CAPITE?!
E’ un occasione unica, che non ricapiterà mai nella vita!
Ma, d’altronde, ve l’avevo promesso!
Ora scappo, devo guardare la terza stagione di Sex and the city….
A presto!
Un bacio, Allison ♥

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** Non dimenticare mai che ti amo, qualunque cosa accada. ***


Non dimenticare mai che ti amo, qualunque cosa accada.
 
«Agente Jordan?»
«Dica detective.»
«La vede quell’auto nera laggiù, vicino al marciapiede?»
«Sì…»
«Ecco, faccia un controllo sulla targa.»
«Agli ordini!» obbedì la giovane agente allontanandosi da Ryan.
C’era ancora qualcosa che non quadrava… molto probabilmente non era nulla di cui preoccuparsi, ma in fondo non aveva niente di meglio da fare…
Passarono circa venti minuti, e dell’agente non si vide neanche l’ombra.
Vuoi vedere che si è dimenticata?
Pensò mentre tornava a controllare se l’auto era ancora davanti al distretto.
Infatti era immobile, nello stesso punto in cui era mezz’ora fa.
Ok, basta… adesso scendo io e vado a controllare di persona.
E, convinto della sua scelta, si diresse verso l’ascensore; non prima di essere passato per l’ufficio della Gates, che era a casa per malattia.
Doveva prendere una cosa.
Scese i piani uno dopo l’altro, e il tempo sembrava non scorrere mai.
Arrivò finalmente al piano terra.
Salutò il ragazzo del centralino e uscì dalla porta.
Da qui in poi sarà questione di attimi.
Prima magari sarete con il fiato sospeso, poi probabilmente vi verrà l’istinto di intervenire nella scena, e infine, forse, verserete qualche lacrima: non venitemi a dire che non siete stati avvertiti.
 
Arrivarono in fretta la distretto.
«E adesso?» chiese Castle.
«Adesso entriamo, io avviso il centralino dell’urgenza e tu vai da Lanie, che chiamerà un ambulanza.»
«No, sto bene. Non ti lascio sola.»
«Non discutere! Un proiettile ti ha attraversato la gamba, fai fatica a camminare. Tu vai in infermeria!»
«E tu?»
«Te l’ho già detto.»
«Lo so, ma io non voglio lasciarti fare tutto da sola… non adesso che qualcuno sta cercando di ucciderti; di ucciderci!»
Lei capì perfettamente cosa intendeva.
Era quello che provava tutti i giorni nei suoi confronti.
Gli prese le mani e piantò gli occhi nei suoi.
«Ascoltami Rick, io me la caverò, come sempre. Mi farò aiutare da una squadra. Sopravviveremo. Entrambi.»
Lui indugiò un attimo, poi annuì.
In fondo al cuore sapeva che quella era la scelta migliore.
«Ok, d’accordo.» Poi le posò un bacio sulla fronte. «Solo una cosa.»
«Cosa?»
«Non dimenticare mai che ti amo, qualunque cosa accada.»
«Non lo farò.» E sorrise.
«Dobbiamo dividerci, ce la fai a camminare da solo fino alla porta dell’obitorio?»
«Penso di sì.»
«Ok, allora andia…»
Si interrupe di colpo.
Il suo sguardo venne attratto improvvisamente dall’entrata dell’edificio.
Questo non era nei piani.
Pensò.
Realizzò il pericolo in pochi secondi.
La macchina nera parcheggiata vicino al marciapiede.
Ryan che usciva dal distretto.
La sua bocca si azionò ancora prima della sua mente.
«RYAN!»
Ma non fu abbastanza veloce.
Un secondo prima che l’urlo arrivasse alle orecchie del detective, il finestrino dell’auto si abbassò; spuntò la canna di una pistola.
Sparò un colpo.
Uno solo.
Questo prese il petto di Ryan, che cadde a terra, immobile.
Il finestrino si richiuse e l’auto sfrecciò via.
 
Ryan sentì chiamarsi da una voce familiare.
Si voltò per individuare da dove venisse.
Nello stesso istante sentì uno sparo, seguito da un dolore lancinante al petto. Nel cuore.
Non riusciva a reggersi in piedi.
Le gambe cedettero, cadde a terra.
L’ultima cosa che sentì fu il rumore di pneumatici che sgommavano e la voce di Kate che urlava disperata il suo nome.
 
«NO! RYAN! NO!»
Fece per correre verso il corpo del suo amico, ma una presa sul braccio la bloccò.
«Lasciami Rick, lasciami!»
«Ferma, potrebbero essercene altri. Ci vogliono morti Kate, non possiamo esporci!»
«No! Ryan… dobbiamo soccorrerlo…»
«Kate! Kate, ascoltami…» cercò di parlare mente lei si dimenava. «Kate, ferma. Colpiranno anche noi!»
«RICK! È colpa mia! È solo colpa mia!»
«No, smettila… non avevi scelta…»
«Lasciami, ti prego…. Devo andare…» ormai la sua voce era un sussurro, rotta da un pianto disperato.
«Kate…» continuava a chiamarla.
«Magari se corriamo possiamo salvarlo… può rimanere in vita…»
«Kate… Kate… Kevin se n’è andato…» disse con dolcezza, mentre la stringeva a se.
Stava soffrendo tantissimo, ma doveva essere forte. Per lei.
«No…no…» continuava a sussurrare lei.
«Dobbiamo andarcene da qui… siamo molto a rischio. Potrebbero davvero ucciderci…»
«E cosa facciamo con Ryan?» chiese tra i singhiozzi strozzati nel suo petto.
«Stanno uscendo altri poliziotti, avranno chiamato l’ambulanza. Noi dobbiamo andare…»
Lei si fece stringere ancora per un po’, poi si aiutarono a vicenda a camminare e girarono le spalle a quella che era stata la loro vita per anni.
A tutto ciò che era stata la loro famiglia, il posto in cui si sentivano a casa.
Non sarebbero più tornati in quel distretto.
Dovevano andarsene, forse per sempre.
O per lo meno finchè chi li voleva morti non veniva neutralizzato.
Tra lacrime, singhiozzi e cuori spezzati lasciarono la città di New York.
 
Tre giorni dopo…
 
Con l’aiuto di Esposito che li procurò delle false identità riuscirono ad andarsene.
La Gates valutò la gravità della situazione e decise che dovevano andarsene il prima possibile.
Non li permise neanche di rimanere fino al funerale.
Riuscirono a far trasferire i conti di Castle in un altro fondo, in modo che potessero ricostruirsi una vita.
Prima di partire per l’aeroporto salutarono tra le lacrime Alexis e Martha.
Probabilmente non le avrebbero riviste ne sentite per un bel po’ di tempo.
Poi fu il turno di Esposito.
«Metti un fiore sulla tomba anche per me.» lo pregò Kate mentre si abbracciavano.
«Fosse l’ultima cosa che faccio.» Rispose stringendola forte a se. «Indagheremo, scaveremo finchè non troveremo il responsabile di tutto questo. A quel punto voi tornerete e tutto tornerà come prima. O quasi. Ve lo prometto.» Disse con determinazione e con un accenno di lacrime agli occhi.
Annuirono.
Era un segreto, solo queste poche persone sapevano che avrebbero preso altre identità.
Per il resto del mondo erano morti, in un incidente.
Ora si trovavano all’aeroporto, con due passaporti di persone e con due valigie.
Era l’inizio di una nuova vita.
Si presero per mano e si diressero verso l’entrata dell’aereo.
Insieme.
«Sei pronta?»
«Come sempre.»
«Ce la faremo, vedrai.»
Lei strinse più forte la sua mano.
Sì, ce l’avrebbero fatta.
E sarebbero tornati.
Perché alla fine, per quanto ne dica Kate, tutto ciò che accade è segnato dal destino.
E il destino è dalla parte dei buoni.
Sempre.
 
 
 
               - Fine prima parte -
 
 
 
 
 
 
 
 

"Ho sempre sentito dire che ogni fine è anche un inizio,
solo che in quel momento non lo sappiamo.
Mi piacerebbe pensare che è vero." 
[Emily Prentiss]

 
 
 
 
 





DOMANDA: Vi è piaciuta l’idea di questa ff? La continuazione la preferite interattiva o normale?
 

 
 
 






ANGOLO DI ALLISON
Ciao ragazze!
Eccovi qui l’ultimo capitolo della prima parte.
Infatti vi avrò lasciato con molti dubbi sull’identità della persona che vuole morti Rick e Kate.
Si risolverà tutto nella continuazione!
Vi chiederete perché l’ho fermata qui… ecco, perché sto scrivendo una ff, che però voglio completare prima di pubblicare, e non riesco a fare tutto insieme.
Se siete arrabbiate con me per Ryan ricordate, l’avete scelto voi!  ;)
Ringrazio tutte le ragazze che hanno letto questa storia… spero di vedervi anche nel seguito!
Ah, e mi scuso se nel capitolo precedente c’erano alcuni errori… probabilmente l’ho scritto un po’ di fretta.
Invece mi sono accorta adesso che il titolo non c'entra proprio niente con la storia... va beh dai, non potevo sapere cosa succedeva perchè l'avete scelto voi, dunque un titolo a caso direi che va benissimo! Ahaha ;)
Quanto ho scritto?!
Niente, vi lascio.
Alla prossima!
Un bacio enorme, Allison ♥

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1064428