Azzurrina

di nephylim88
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Buon compleanno, piccola mia... ***
Capitolo 2: *** La scomparsa ***
Capitolo 3: *** Il tour ***



Capitolo 1
*** Buon compleanno, piccola mia... ***


Sono seduta davanti a questo tavolo da ore. Ancora non riesco a credere che la mia piccola sia scomparsa. Sono passati 5 anni, e ora lei ne avrebbe 10. Li compirebbe giusto oggi. Non faccio altro che piangere. Mia piccola Guendalina...
Mio marito ritiene che ormai io abbia raggiunto la pazzia. Amava quella bambina, era stato lui stesso a fare in modo che venisse protetta dalle insidie della Chiesa. Una bambina con i capelli bianchi e gli occhi rossi poteva tranquillamente venire condannata per stregoneria. E la madre con lei. Ma quando è scomparsa, il mio Ugolinuccio è stato svelto nel dimenticarla. In fondo, si trattava di una bambina. Non portava certo avanti il nobile nome dei Malatesta. Vorrei tanto essere convinta di questo anch'io. Ma se penso a quel terribile giorno... le avevo detto che avevo mal di testa, che non volevo giocare con lei, e lei è sparita poco dopo... La mia Azzurrina! E' colpa mia, colpa mia, colpa mia...
Ricordo il suo dolce visetto, il suo sorriso... certe volte mi appare in sogno e fa male, tanto male... perché i sogni sono spietati, ti mettono davanti ai fatti completi, con tutti i particolari in evidenza... il suo sguardo truce quando le ho detto di non andare a giocare, perché era brutto tempo... il suo implorarmi di farle compagnia e il mio secco rifiuto... e lei, che se ne va con gli occhi colmi di lacrime di delusione...
Singhiozzo e ricomincio a piangere amaramente. Sono 5 anni che non riesco a fare altro. Mi stupisce che io abbia ancora così tante lacrime... E Ugolinuccio ha già chiamato il prete perché scacciasse il demone da dentro di me, molte volte. molte volte quell'uomo ha imposto le mani sulla mia testa pronunciando parole incomprensibili. Vorrei tanto che avesse funzionato. E ormai, Ugolinuccio si è convinto che la mia non sia possessione, ma pazzia. Credo stia addirittura pensando di annullare il nostro matrimonio, così da potersi sposare di nuovo, con una donna meno problematica. Ma non mi interessa. Non più. L'unica cosa che mi interessa è sapere dov'è mia figlia.
Mi risveglio nel mio letto. Non so come ci sono finita. Ultimamente mi capitano spesso episodi simili. Mi ritrovo in un posto e non so come ci sono finita. Forse sono i servi che, pietosi, mi raccolgono come se fossi un trovatello e mi portano al sicuro. Guardo il posto accanto a me. Vuoto, come sempre. Saranno almeno due anni che mio marito non si presenta nella mia stanza. Sospiro e guardo fuori dalla finestra. E' notte fonda, e la luna piena emana una luce argentea che illumina la mia stanza. Mi alzo e mi avvio verso il cortile. E' la prima volta che trovo il coraggio di farlo. Ma oggi sento qualcosa che mi spinge ad andare lì, dove tutto è cominciato. O finito...
Lentamente, mi avvio verso la ghiacciaia. Entro. L'oscurità permea ogni cosa, lì dentro. Accendo una torcia e guardo la stanza, con aria confusa. Non c'è nessuno. Eppure, percepisco una presenza. Il freddo mi attanaglia il cuore, tremo come una foglia... all'improvviso una voce terrorizzata... la SUA voce... "mamma..."

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Capitolo 2
*** La scomparsa ***


21 giugno 1375
  • Dimmi un po’, ma tu hai visto quell’incappucciato che il padrone ha ricevuto l’altro giorno?
  • Il frate?
  • Ah, era un frate?
  • Già…
I due armigeri, Domenico e Ruggero, stettero in silenzio per un po’. Il cortile era pieno delle risate della piccola Guendalina. Era piccina, per i suoi cinque anni, e molto vivace. Entrambi la guardarono ridere, saltare e correre dietro ad un fagotto di stracci. Nonostante la luce fosse piuttosto scarsa, a causa dei nuvoloni che minacciavano Montebello, i riflessi azzurri dei suoi capelli erano evidenti. Guardandola, Domenico rabbrividì. Fosse stato per lui, quella bambina sarebbe morta non appena venuta alla luce. Una bambina con i capelli bianchi e gli occhi rossi altro non poteva essere che la progenie di Satana, e qualsiasi espediente potesse usare quella strega che l’aveva messa al mondo per mascherarla non poteva nascondere l’evidenza dei fatti! L’unico motivo che gli impediva di prendere e sgozzare quel piccolo demonio era la condanna a morte che inevitabilmente ne seguiva. Per un qualche motivo, quasi sicuramente un maleficio, Ugolinuccio Malatesta, signore di Montebello, aveva a cuore quell’essere, quasi quanto gli altri suoi figli. Sicuramente la moglie lo aveva irretito grazie alla sua conoscenza molto personale di Satana, conoscenza dalla quale era scaturito quel mostricciattolo. Domenico continuò a osservare quella piccola, truce. C’erano delle volte in cui temeva per la sua anima immortale. Voleva tanto sacrificare la sua vita in nome di Cristo, e salvare la città dal quel demone coi capelli azzurri, ma qualcosa glielo impediva. Forse era sotto incantesimo anche lui. Chissà se qualcuno poteva aiutarlo… forse quel frate…
  • Secondo te, di che ordine è? – Ruggero interruppe il corso dei suoi pensieri.
  • Come, scusa? – rispose bruscamente Domenico.
  • Il frate, dico. Di che ordine sarà?
  • Non saprei proprio. Ho sentito dalla padrona che fa parte del tribunale dell’Inquisizione.
  • Allora forse è un domenicano.
  • Può darsi.
  • Ma hai visto il simbolo che portava al petto?
  • Quale simbolo? Di che cosa stai parlando?
  • Ho visto che portava al petto una croce d’oro.
  • E allora?
  • Questa croce aveva un serpente d’oro che la avvolgeva. Può darsi che sia solo il simbolo del suo monastero di provenienza, ma… - Ruggero rabbrividì.
  • Ma?
  • Beh, mi ha dato i brividi. E quegli occhi, così gelidi… - rabbrividì di nuovo. – chissà cosa ci fa, qui.
  • Avrà sentito parlare di quel piccolo demonio a cui siamo costretti a fare da balia.
  • Non dire così – sbottò Ruggero, continuando a osservare la bambina.
Domenico lo squadrò, sprezzante. Sapeva che Ruggero adorava quel piccolo mostro. La venerava, quasi! Non sopportava che qualcuno dicesse qualcosa contro la piccola Malatesta. Addirittura, quando parlava di lei, la chiamava col soprannome idiota che le aveva dato la madre: Azzurrina.
  • Buongiorno, signori. – una voce vellutata alle loro spalle li fece sobbalzare entrambi. Si voltarono. Il frate era rivolto verso di loro, con un ghigno appena visibile sotto il cappuccio. In quell’attimo, Domenico capì esattamente cosa voleva dire Ruggero riguardo agli occhi di quell’uomo. Tremò impercettibilmente. Il suo sguardo corse per un momento al petto del frate, dove scintillava la croce d’oro. Il serpente che l’avvolgeva sembrava quasi muoversi. “Buon Dio!”, riuscì a malapena a pensare.
  • S-sua eccellenza… - balbettò Ruggero, inchinandosi appena.
Il frate rispose all’inchino, poi andò avanti per la sua strada. I due armigeri tornarono a tenere d’occhio il cortile, un po’ scossi.
  • Azzurrina? – la voce di Ruggero era quasi un rantolo. La bambina non era più nel cortile.
  • Oh, e adesso dov’è finita? – sbottò Domenico, in apparenza infuriato. In realtà era impaurito. “stai calmo” pensò confusamente “è quel frate che ti ha impressionato! Sarà andata a recuperare la palla in cucina o da qualche altra parte!”
In quel momento un urlo straziante riecheggiò nel cortile.
  • AZZURRINA! – urlò Ruggero angosciato.
  • Viene dalla ghiacciaia! Andiamo! – gridò di rimando Domenico.
Corsero come due disperati nel corridoio che portava alla ghiacciaia. Aprirono la porta, praticamente sfondandola, certi di trovare Guendalina lì dentro, terrorizzata perché si era chiusa dentro per sbaglio e non sapeva più come uscirne. E invece…
  • Dannazione, non c’è! – ruggì Domenico.
  • Ma sei sicuro che venisse da qui, la voce? – domandò Ruggero, l’angoscia evidente nella sua voce.
  • Certo che ne sono sicuro!
  • Oh no, oh no, oh no, nononononononono… - il mormorio terrorizzato di Ruggero continuò per un bel pezzo…
Domenico non sapeva cosa pensare. Per un attimo provò sollievo. Forse il demonio se n’era andato da quel castello maledetto…
Non fece neanche a tempo a finire quel pensiero, che una risata gelida invase la ghiacciaia. La voce aveva un che di vellutato. Domenico si voltò verso la porta, sudando freddo. E se non fosse stata la bambina, la presenza demoniaca del castello?

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Capitolo 3
*** Il tour ***


21 giugno 2015
 
  • Ed eccoci arrivati alla tappa finale del nostro giro nel castello. – Lisa sospirò di sollievo. Si era sempre annoiata alle visite guidate. Cazzo, aveva 21 anni! Che senso aveva essere costretta a seguire ancora i genitori in gite così stupide e noiose? E per di più, quell’uomo aveva un modo di spiegare così patetico! - Vi avevo promesso una storia di fantasmi, no? Ebbene, eccola! Questo è il cortile in cui, esattamente 640 anni fa, il 21 giugno del 1375, la piccola Guendalina Malatesta, detta Azzurrina ha giocato a palla per l’ultima volta. Azzurrina era figlia del signore locale, Ugolinuccio Malatesta. – qualcuno, nella calca di gente che ascoltava, ridacchiò – sì, lo so – continuò la guida, con l’aria di aver sentito la quella reazione centinaia di migliaia di volte – il nome del signore era alquanto buffo. Ad ogni modo, la bambina era affetta da albinismo. E suo padre faceva di tutto per proteggerla.
  • Proteggerla? Perché? – domandò una signora anziana.
  • Beh, dai raggi solari, no? – intervenne un anziano a fianco a lei.
  • No, no, no! – esclamò la guida - Cioè, sì, anche, ma il motivo principale era un altro: vedete, gli albini erano molto temuti, nel medioevo. Nessuno conosceva le ragioni mediche di questo particolare difetto genetico, sapevano soltanto che ogni tanto qualcuno nasceva con i capelli bianchi e gli occhi rossi. E il fatto che la loro pelle si scottasse alla luce del sole fece sì che gli albini venissero visti come figli di Satana molto più facilmente rispetto a una persona normale. Così Malatesta e sua moglie fecero in modo di proteggere la piccola Guendalina come meglio poterono. La moglie, in particolare, cominciò a tingere i capelli con varie tinte naturali. Ma la tinta, naturale o meno, non attacca sul capello di un albino. Il massimo che la donna riuscì a ottenere con quell’espediente fu un riflesso azzurro sulla chioma della bambina, riflesso che le valse il soprannome di Azzurrina. Ma torniamo a quel giorno – la guida si spostò al certo del cortile – Azzurrina si trovava proprio qui, in questo punto preciso. Era tenuta sotto stretto controllo da due armigeri. All’improvviso… beh, non possiamo sapere esattamente cosa accadde, possiamo solo fare ipotesi. Forse la palla le era sfuggita di mano. Fatto sta, che entrò nella ghiacciaia, e non ne uscì più.
  • Come, non ne uscì più? Vuole dire che entrò e non fu più in grado di uscirne? – chiese Lisa, alzando la mano.
  • Oh, no, signorina. La bambina scomparve. Pare che i due armigeri avessero sentito un urlo provenire dalla ghiacciaia oltre al corridoio lì in fondo. – indicò un punto alle spalle del gruppo. – andarono a vedere cosa fosse successo alla bambina, ma non la trovarono mai. Era scomparsa nel nulla.
  • Scomparsa nel nulla? – la voce di Lisa si era fatta molto scettica.
  • Scomparsa nel nulla.
  • Com’è possibile? Magari era scappata! – Lisa ormai era decisamente polemica. Sua madre le tirò una gomitata nelle costole.
  • Non c’erano altre uscite, come vedrete fra poco.
  • Perché? Cosa vedremo fra poco? – intervenne nuovamente la signora anziana di poco prima.
  • Vedremo il luogo in cui la piccola scomparve senza lasciare traccia.
  • Ma andiamo! – sbottò Lisa, ignorando i sibili minacciosi di sua madre e la piccola folla che nel frattempo si era girata a guardarla. Un bambino biondo, di circa cinque anni, fece per parlare, ma sua madre, una donna alquanto giovane con una maglietta rossa, gli tappò la bocca con la mano – non vorrà mica dirmi che lei crede a questa sciocchezza! Probabilmente è stato un infanticidio commissionato dalla Chiesa o da qualche signorotto avversario, che ha messo in circolo la voce che la bambina… puff!!! Magia!
  • Signorina – la guida si voltò verso di lei, lo sguardo gelido. Lisa rabbrividì impercettibilmente – capisco pienamente il suo punto di vista, ma il mio scopo è rendere questa gita interessante. – si rivolse anche al resto del gruppo - E converrete tutti con me che se mi mettessi a parlare di infanticidi commissionati da persone reali, il tour sarebbe molto meno interessante, non vi pare? – annuirono tutti, e si levò una lieve risatina.
  • Ad ogni modo – continuò allegramente la guida, come se non fosse mai stato interrotto – il mistero non è certo finito con la scomparsa di Azzurrina! Dovete sapere che dal 21 giugno 1375, ogni 5 anni esatti, una voce di bambina si leva dalla ghiacciaia. Una voce impaurita che chiama la mamma.
  • Ogni 5 anni esatti? – domandò la madre di Lisa.
  • Esattamente.
  • Quindi oggi si sentirebbe quella voce?
  • Se siamo fortunati, sì! Se volete seguirmi…
Il gruppo seguì la guida in un corridoio alquanto stretto e buio. Arrivarono in una stanza ancora più oscura, dove la temperatura era nettamente inferiore rispetto all’esterno.  – Silenzio – sussurrò la guida – ascoltate… - suo malgrado, Lisa si mise in ascolto. Uno o due minuti dopo una voce spezzò il silenzio. Non era molto alta, ma si capiva chiaramente che era un bambino che piangeva. Qualcuno mandò un gridolino. La guida rise e li accompagnò fuori. Lisa andò al suo fianco – beh, - disse con un ghigno, guardando l’uomo – se volevate spaventare la gente dovevate inventarvi qualcosa di meglio!
  • Cosa vorrebbe dire? – rispose la guida, guardandola.
  • Andiamo, si sentiva chiaramente che era una voce registrata! C’era persino il ronzio delle casse! – rise di gusto.
  • Ne sei così sicura?
Lisa tacque. Per la prima volta in tutto il giro, notò che la guida aveva una voce molto dolce, vellutata. Ma le comunicava un che di pericoloso…
  • Mi scusi, signore? – la donna con la maglietta rossa si avvicinò alla guida con aria preoccupata.
  • Mi dica – rispose lui.
  • Non trovo più mio figlio.
  • Come si chiama?
  • Gianluca.
  • È quel grazioso bambino biondo, vero?
  • Sì. Non capisco, era a fianco a me, ma quando siamo rientrati in cortile non c’era più. Non è da lui.
  • Non si preoccupi, signora, vedrà che lo ritroveremo. Probabilmente se n’è andato a esplorare qualche stanza da solo.
Per due ore, l’intero gruppo girò in lungo e in largo il castello, chiamando il piccolo Gianluca a gran voce, inutilmente. Il bambino sembrava essersi volatilizzato. Ormai sua madre era in preda al panico più totale. La polizia era in arrivo “ma probabilmente sarà tutto inutile, nemmeno le guide e gli addetti alla sicurezza l’hanno trovato! E loro conoscono benissimo questo posto!” pensò Lisa, appoggiata stancamente ad un muretto. “ma allora” continuò a ragionare “dove sarà finito? Come può un bambino di cinque anni essersi allontanato così tanto in pochi minuti? E se…” si sentì uno sguardo addosso. La guida la stava guardando. Era una sua impressione, o aveva uno sguardo perfido stampato in viso? Come se lui sapesse cos’era successo al piccolo? Come se ne fosse lui stesso la causa della scomparsa? Per un attimo, Lisa si sentì completamente terrorizzata da quell’uomo. Come obbedendo ad un impulso il suo sguardo cadde sul petto di quel tizio che la inquietava così tanto. Al collo portava una croce d’oro avvolta da un serpente.

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