Destino crudele di Dem_One (/viewuser.php?uid=183338)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inizio con vendetta ***
Capitolo 2: *** Il perchè ***
Capitolo 3: *** Il contratto ***
Capitolo 4: *** La caccia ha inizio ***
Capitolo 5: *** Preso! ***
Capitolo 6: *** Destino crudele ***
Capitolo 1 *** Inizio con vendetta ***
Aprì gli
occhi pochi istanti prima che la sveglia
iniziasse a produrre quell’orribile suono gracchiante che lo
destava tutte le
mattine; intanto l’aria cominciava a odorare di croissant
freschi preparati
dalla mamma. -Buongiorno caro mio-. Peter
disattivò la sveglia e iniziò a
vestirsi. -Continui a ignorarmi?- L’unica
nota positiva di quelle mattine
era la fantastica colazione della madre: Bridget lavorava in una
pasticceria, e
tutte quelle paste che non erano perfette le portava a casa.
-Dormito bene?- chiese dolcemente la madre. Mentre
addentava un croissant fumante, Peter annuì mentendo,
poiché ormai non riusciva
più a riposare decentemente da due anni. –Questa
tua nuova politica mi sta annoiando… lo sai benissimo anche
tu che questa
storia finirà entro poche ore.-
Alle 7.30 Peter prese il pullman per andare a scuola. –Come
al solito non hai nessuno accanto.
Povero…- -Basta!- disse sottovoce il ragazzo,
-Lasciami in pace!- -Ma lo sai anche tu non
posso.-
-Come avevo detto, oggi
interrogo tre persone.- Peter si
mise la mano davanti agli occhi, mentre sentiva la tensione crescere
dentro di
lui. –Allora… Martino.- disse la professoressa
–Poi Justin e adesso una
ragazza.- -Dai che ti è andata
bene, lo
so che non hai stu…- -Anzi no! Sentiamo Peter.
È un po’ di tempo che non lo
interrogo.-
Il ragazzo si alzò dal banco, freddo come un iceberg. –Cosa? Tutto qui? Ma lo sapevi
già? No
perché sembra di sì, non hai fatto una piega
quando…- -Risparmi tempo prof,
non ho studiato.- ammise Peter. La professoressa sbuffò, e
segnò qualcosa sul
registro: -Allora interrogo Milly. Peter, è da due anni che
sei completamente
cambiato. Lo so che te l’ho già chiesto un
migliaio di volte, ma è successo
qualcosa?- -Sì, sono arrivato io
ahahahah.- -Da quando il suo fantasma lo perseguita non
è più lui.- Tutta
la classe scoppiò in una fragorosa risata. –Lo
sai, vero, che a un tuo cenno quel Bob non farà mai
più battute del
genere?- Peter
si risedette e mosse
le labbra per dire –smettila-, in modo che nessuno lo potesse
sentire. –Lo
avete visto tutti?- urlò Bob –Ha appena detto
qualcosa al suo fantasmino. È
diventato pazzo!- Un’altra risata sommerse il ragazzo come
una violenta
valanga. –Basta!- strillò la professoressa,
–Bob, continua così e avrai una
bella nota sul registro.- Poi si girò di scatto: -Martino,
la situazione prima
della Rivoluzione Francese.-
Durante l’intervallo Peter si chiuse in bagno.
–D’accordo, come vuoi tu. Fallo spaventare, fagli
qualcosa…- La campanella
suonò per richiamare tutti in classe; -Ma non ucciderlo.-
Queste parole furono
pronunciate dal ragazzo una alla volta, scandendole e rendendole chiare
il più
possibile. –Lascia fare a me, ho in
mente
una certa cosa… ti divertirai.-
Mentre Peter stava entrando in aula, Bob gli diede uno
spintone: -Oooh scusa pazzerello! Non l’ho fatto apposta.-
-Te ne pentirai.-
-Cosa hai detto celebroleso?- Contro quel mostro Peter non avrebbe
avuto
scampo: Bob era stato bocciato tre volte, ed era il doppio di lui.
Senza dire
una parola tornò al suo posto. –Scappa,
è meglio per te.- lo canzonò
l’energumeno.
Alle 11.48 la lezione di matematica era nel pieno del suo
corso: -…quindi il teorema fondamentale dice che sen quadro
più cos quadro fa
uno. Grazie a questa relazione noi…- -Vado!-
Peter sorrise compiaciuto. Una sedia scricchiolò,
e tutti si voltarono
verso Bob. –Ehi ragazzo, stai bene?- chiese
l’insegnante.
Bob aveva gli occhi sbarrati, la bocca aperta e la sua
pelle era simile alla candida neve; oltre a ciò tremava,
tremava sempre di più,
facendo vibrare anche il banco e la sedia. –Ma che diavolo ti
prende?- urlò il
professore. Peter assisteva inorridito alla scena. Improvvisamente Bob
smise di
tremare, ma il suo sguardo continuava a essere fisso nel vuoto;
d’un tratto le
pupille gli si restrinsero ad una velocità folle,
riducendosi a minuscoli pallini.
Peter si coprì l’intero volto con le mani,
poiché sapeva fin troppo bene cosa
sarebbe successo negli istanti successivi.
Tutti i muscoli della faccia di Bob si contrassero in una
smorfia di puro terrore; nel totale silenzio, lanciò un urlo
potentissimo da
far ghiacciare il sangue a tutti gli studenti in aula. Peter si sedette
e
nascose la testa tra le braccia. Bob cadde a terra senza smettere un
secondo di
urlare e, una volta sul pavimento, gli vennero delle convulsioni: il
suo corpo
si agitava, si dimenava , si contorceva come un verme in fin di vita;
lo
spettacolo era davvero raccapricciante. –Chiamate
un’ambulanza, presto!- ordinò
il professore.
Nei dieci minuti successivi, Bob non fermò neanche per un
secondo le sue urla, e nulla servirono i tentativi di tenerlo fermo da
parte
del professore e di due altri ragazzi. Quando arrivarono i medici gli
iniettarono un calmante, senza però ottenere alcun
risultato; così lo portarono
all’ospedale legato sulla barella come un pazzo delirante.
Ma che cosa gli hai fatto?- chiese Peter –Ti avevo detto
di spaventarlo e basta, non di farlo fuori.- -Ma
cosa sarà mai?! Gli ho solamente mostrato cosa lo aspetta
quando la
sua vita finirà…- -Lo so cosa gli hai
fatto vedere, lo hai fatto anche con
me quella notte.- -E allora! Tu non hai
mica reagito come ha fatto lui.- -Io no, ma gli altri due
miei amici sì… e
adesso a Bob attende lo stesso loro futuro.- -In
fondo sei stato tu a chiedermi di fare qualcosa… non sono il
tipo
che sbuca dall’armadio di notte e spaventa la gente. Ma
questo tu lo sai. Non è
che volevi che gli facessi proprio ciò che ho fatto? O mi
sbaglio?- Peter
non rispose e scese dal pullman.
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Capitolo 2 *** Il perchè ***
Peter
-Guarda Peter, ho preso in
‘prestito’ un libro da mio
papà…- disse soddisfatto Marco. –Preso
in prestito?- ripetè Peter non molto
convinto delle parole dell’amico. –E va bene,
l’ho preso e basta.- -Che cos’è,Marco?-
Proprio in quel momento entrò anche Fred nella stanza.
–Non lo so con certezza,
ma mio padre lo teneva ben nascosto. È un libro sui demoni e
cose del genere.-
Tirò fuori dallo zaino un grosso libro nero, sciupato e
impolverato, e lo buttò
sul letto. –Ma in che lingua è scritto? Non ci
capisco niente!- osservò Peter
stupito. –Russo. Mio padre lavora là, e io
più o meno conosco la lingua.-
-Davvero?!- urlò Fred –E in tutto questo tempo non
ci hai mai detto che
conoscevi il russo?-
Marco si sedette sul letto e iniziò a leggere ad alta
voce: - ‘Come evocare un demone’.- Gli altri due
ragazzi scoppiarono a ridere.
–Spiritosi. Se avete coraggio proviamo stanotte, sempre che
voi non abbiate
troppa paura.- -Ma dai, Marco!- replicò Peter –Lo
sai benissimo anche tu che
queste cose non esistono. Ma se stanotte vuoi provare… sono
d’accordo, così ti
togli dalla mente una volta per tutte queste cazzate.- -‘Per
il rito’- continuò
a leggere –‘serve trovarsi in una città
sacra’. Beh siamo a Roma, no? ‘Candele
nere da accendere davanti a uno specchio alle tre del mattino in una
stanza
buia.’ Guarda a caso le ho portate. ‘E infine
recitare la formula sottostante.
Esecrit…’ eccetera eccetera. Allora, stanotte
siete con me?- Fred e Peter si
guardarono negli occhi per un breve istante, poi annuirono.
-Forza dormiglioni, è ora!- urlò a bassa voce
Marco. I
tre ragazzi si sedettero davanti allo specchio che c’era di
fianco all’armadio;
presero un paio di candele nere e le accesero; spensero la luce e
attesero le
tre in punto. –Vedrai che è tutto falso, non per
prenderti in giro… ma renditi
conto che è ridicolo ciò che stiamo facendo.-
-Taci Peter. Se sei così coraggioso
perché non cominci a leggere tu la formula?- -Ah ah mica ho
paura.- Si schiarì
la voce: -‘Esecrit Mortex, pulividus demetrios,
sertementre… ‘ Sembra latino.-
-Taci e vai a vanti!- -…‘regolayor moridus eretrec
et fulligidas!’- La stanza
era silenziosa come un cimitero di notte. –Magari ho
sbagliato qualche accento,
non lo so. O magari non succede proprio nulla! Vero Marco? Sei convinto
ora che
sono tutte cazzate? Cos’è? Ti aspettavi che un
demone apparisse dal nulla?-
Peter e Fred si alzarono per tornare a dormire, arrabbiati per aver
sprecato
delle preziose ore di sonno. –Ra… ragazzi?-
balbettò Marco. –Ma che cosa… o
porca…- Il vetro si era appannato improvvisamente.
–Che cosa hai fatto idiota?-
disse Peter, –Non è divertente.- -Ti giuro che non
ho fatto assolutamente
nulla. Improvvisamente è diventato così!-
La finestra sbattè furiosamente. –Ma non
è possibile.-
piagnucolò Marco. –Non c’è
vento fuori. E cos’è questo freddo?- Nonostante
fosse il mese di giugno, nella stanza la temperatura calò di
una ventina di
gradi. I ragazzi cominciarono a battere i denti. –Non mi
piace, non mi piace
per niente.- disse Fred invaso dal terrore, –Io esco da qui!-
Si precipitò
verso la porta della stanza e cominciò a girare
freneticamente la maniglia:
-Chiusa, è chiusa!- urlò sconvolto. Peter prese
le chiavi: -Strano, nessuno di
noi l’ha chiusa a chiave, ma ora rimedio io.- Le
inserì nella serratura e le
fece girare a vuoto un paio di volte. –Ma che…-
tentò ancora una decina di
volte, senza però ottenere nulla. –Hai visto?-
cominciò a piangere Fred, -Siamo
fottuti! Fottuti ti dico!- -Smettila!- gridò Peter che
voleva far mantenere la
calma, nonostante fosse anche lui spaventato a morte.
–C’è una spiegazione per
tutto.- -Marco!- disse Fred tra le lacrime.
Marco giaceva per terra davanti allo specchio in preda a
furiosi spasmi, come se fosse stato posseduto. Peter non credeva ai
propri
occhi: davvero era tutto reale? I ragazzi tentarono di tenere fermo
l’amico,
cercando di tranquillizzarlo anche con parole rassicuranti.
Improvvisamente gli
spasmi cessarono. –Ottimo.- disse con calma Peter
–Sicuramente si è fatto
troppo suggestionare dalla cosa, ed è stato male. Ora
riportiamolo sul…-
Qualcosa nello specchio si mosse. –L’hai visto
anche tu, vero?- Peter
si girò di scatto per capire se quella
cosa si aggirava realmente nella loro stanza. -Purtroppo sì,
Fred.- rispose con
voce fleble e sottile. Fred si alzò e andò
all’interruttore per accendere la
luce: lo cliccò una ventina di volte senza ottenere alcun
risultato. Entrambi tremavano
più per la paura che per il freddo. –Peter,
guarda.- disse Fred tra le lacrime
–Le candele non si sono consumate!- Peter fece un balzo
indietro dalla paura:
erano le tre e venti minuti, e le due candele nere sembravano appena
state
accese. Qualcosa si mosse nuovamente nello specchio, come
un’ombra contornata
di bianco. –È tornato, è tornato!-
Ormai anche Peter diventava sempre meno
scettico. –Salve ragazzi.- Una voce profonda
e lugubre si sparse e si
insinuò prepotentemente nei loro cervelli. -Chi
è?- disse Fred con una voce che
ormai sembrava essere di una ragazzina. –Chi
sono? Ma se mi avete chiamato voi.- -Smettila- gli
intimò Peter –chiunque
tu sia la tua voce cavernosa non mi fa paura. Divertente, davvero, ma
ora
basta.- -Oh che coraggio. Vedremo se
sarai così coraggioso dopo che vi avrò mostrato
ciò che ha ridotto così il
vostro amichetto là in fondo.-
Peter si trovò tutto ad un tratto completamente solo in
un ambiente vuoto; tutto era nero, non vedeva più nulla.
Improvvisamente
davanti a sé comparve un piccolo buco rosso che pian piano
si allargava sempre
più, senza mai arrestarsi. Peter guardò
all’interno: vide delle strane creature
umanoidi, nere e contornate di bianco, in fila davanti a un pozzo
incandescente. Da quell’abisso di fuoco emerse Peter, o
meglio, una sua copia.
Il Peter originale continuava ad osservare esterrefatto la scena
dall’alto,
mentre indietreggiava a gattoni per non cadere nel buco. Una di quelle
creature
si avventò sul Peter-clone e con il suo braccio scheletrico
gli trapassò il
torace come se fosse burro. Il ragazzo sentì un dolore
allucinante nel petto,
come se quel gesto glielo avessero fatto su di lui. La ferita in mezzo
al corpo
del fantoccio guarì, e anche il dolore cessò
immediatamente dopo.
Una seconda creatura si fece avanti sulla copia del
ragazzo; gli afferrò il braccio e con un colpo secco lo
staccò, producendo il
rumore di un ramo secco spezzato; il sangue uscì a fiotti,
come l’acqua che
esce da un buco in una diga. Peter urlò per il dolore, e
istintivamente si
guardò l’arto per verificare che non si fosse
staccato realmente. Poco dopo
anche l’altro braccio venne strappato, e il ragazzo
urlò di nuovo. Come prima,
il corpo del fantoccio tornò come nuovo. –Ma che
diavolo è questa roba? Se non
smettono penso che impazzirò dal dolore prima o poi.-
Come lupi affamati che si lanciano addosso a una facile
preda, così le creature d’ombra si gettarono sul
corpo del ragazzo-copia. In
quel preciso istante Peter si sentì morire: tutto il suo
corpo chiedeva pietà,
mentre un dolore mai sperimentato in vita sua pervadeva tutte le sue
membra;
piangeva e supplicava di smettere, ma cercava di resistere e di non
uscire di
senno. Intanto, nel buco del pavimento, il fantoccio veniva dilaniato,
i
muscoli, le ossa e gli organi venivano letteralmente strappati e
lanciati in
aria, e il sangue sembrava una pioggia rossa che bagnava quelle
creature; le
ombre si stavano divertendo, provavano gusto a torturare
così quel corpo inerme.
Peter non riusciva più a controllare i movimenti del suo
corpo, il dolore ormai
aveva preso il sopravvento su di lui. Tuttavia rimaneva lucido,
resisteva, restava
attaccato al sottile filo della ragione, cercava di opporsi ai
tormenti.
Inevitabilmente, il buco nel pavimento si allargò fino a
far piombare di sotto Peter; il ragazzo si lasciò
abbandonare all’oblio mentre
precipitava verso la sua copia che nel frattempo si era ricomposta.
Peter si svegliò nella sua camera, ansimando come se
avesse fatto una lunga corsa. Si alzò dal pavimento e vide
sia Marco che Fred
distesi per terra; quando notò che si stavano per svegliare,
il suo cuore si
riempì di gioia, realizzando che tutto ciò che
aveva vissuto non era stato che
un brutto incubo. –Fred, Marco! Allora, che brutta nottata
vero? Scommetto che
i fumi di quelle candele ci hanno fatto mal..- I due ceri erano spenti,
ma
completamente intatti. –Marco, Fred?- ripetè Peter
spaventato. I due amici
avevano lo sguardo perso nel vuoto, non riuscivano a focalizzare la
loro
attenzione su un qualsiasi oggetto. –Amici?- disse piangendo
–Cosa vi sta
succedendo?- -Non ti possono sentire,
ormai sono persi.- Peter cadde a terra per il terrore.
–Chi sei? Dove ti
trovi? Che cosa hai fatto? Dimmelo!- -Con
calma, ragazzo, con calma. Io sono un demone, uno di quelli che hai
visto poco
fa. Evocandomi mi hai chiamato a te, e ora non ti
abbandonerò finche non
morirai e la tua anima non sarà mia. Oppure potresti
barattarla con…- -Non
mi interessa, vai via! Ma prima dimmi cosa hai fatto ai miei amici, e
falli
ritornare come prima.- -Mi dispiace, ma
non posso. Ormai hanno perso la ragione dopo che hanno visto
ciò che li avrebbe
attesi dopo la vita.- -Quindi quello che mi hai mostrato mi
accadrà quando
morirò? E perché io non sono diventato come
loro?- -Sì, quello che hai visto
ti capiterà se la tua anima venisse presa da un
demone, come ti accadrà con me al tuo fianco. E il
perché tu non ti sia
lasciato andare come quei due… non ne ho idea; il novanta
percento delle
persone perde la ragion e si abbandona al proprio destinoe, ma
c’è una piccola
percentuale che rimane lucida, come te. In realtà io sono
contento di seguirti
fino alla tua morte, sai che noia nel mio mondo! Sempre uccidere e
uccidere,
squartare e squartare… all’inizio è
divertente, ma col passare del tempo…
uffa!- Cosa ne sarà di Marco e Fred?- Stai
tranquillo! Tra pochi secondi le loro sofferenze termineranno per
sempre. Ah,
tra pochi secondi arriva il professore. Io fossi in te farei sparire un
po’ di
cose.-
Peter prese le candele, le spezzò, e le fece scendere nello
scarico bagno, così come il libro. –Peter, Marco,
Fred! È ora di svegliarsi!-
Il professore entrò nella stanza (senza trovare alcuna
difficoltà nell’aprire
la porta) e rimase a bocca aperta vedendo i due ragazzi ridotti in
quello
stato: -Buon Dio, cosa gli è capitato? Dobbiamo intervenire
subito! Perché non
mi hai avvertito?- -Li ho trovati così appena mi sono
svegliato, e stavo giusto
venendo a chiamarla.- -Mi piacciono le
bugie.- -Stai zitto!- -Come scusa?- disse il professore.
–No, non stavo
dicendo a lei…- -E a chi allora?- -No…
no… niente. Piuttosto occupiamoci di
loro.-
Pochi istanti dopo un’ambulanza portò i due
ragazzi ormai
morti al più vicino ospedale, mentre tutta la classe fissava
Peter con sguardi
accusatori. –Hai capito che nessuno
può
sentirmi a parte te; quindi cerca di non parlarmi in pubblico,
altrimenti
rischi di sembrare pazzo.- -Poche ore con te e
già mi hai stufato. Esiste
un modo per liberarmi di te in modo permanente?- -Sì
che esiste, ma non ti piacerà.-
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Capitolo 3 *** Il contratto ***
Peter
Era
domenica, e Peter si
svegliò tardi come al solito. –Che
bella dormita che hai fatto! Senza
nemmeno un incubo.- -Adesso cominci a fare lo spiritoso? Lo
sai benissimo
che è da quando ti ho evocato che sogno tutte le notti quei
momenti. E tu so
che provi gusto a farmi rivivere proprio la scena in cui mi dilaniano
il corpo;
ho notato che di notte in notte diventa sempre più vivida.- -Allora hai pensato alla mia offerta?- Peter
trasse un lungo sospiro. –Sì.- -E
allora
cosa hai deciso di fare?- -Accetto.- Le parole gli morirono
in gola. –Ottimo. Da oggi si
comincia. E ricorda, una
al giorno; se non rispetti le regole io non me andrò mai
più e farò al tuo
corpo ciò che ti ho mostrato.- -Non sia mai!-
Peter uscì a fare una passeggiata in centro città
per
schiarirsi le idee e per mettere in atto il suo piano. Durante le sue
uscite,
indossava sempre un'auricolare in modo da non sembrare pazzo se avesse
cominciato a parlare da solo. –Allora,
chi prendo?- Il ragazzo vide davanti a un supermercato un
mendicante che
chiedeva l’elemosina: –Ecco, prendi lui.- disse
tristemente, -Credo che
purtroppo poche persone sentiranno la sua mancanza.- -Ma
che animo nobile il mio ragazzo! Vado!- Per la prima volta
dopo
due anni, Peter si sentì libero e leggero: non percepiva
più nessuna presenza alle
sue spalle, non aveva più la sensazione di avere un peso che
gli gravava sulla
schiena, non avvertiva più un gelido alone dietro di
sé… la vita gli sembrava
ricominciare.
Improvvisamente Il mendicante cadde e terra un e cominciò
a contorcersi, con movimenti fin troppo famigliari per Peter. Molta
gente accorse
per aiutare l’innocente, tuttavia senza ottenere alcun
risultato: l’uomo morì poco
dopo con un’espressione di terrore dipinta sul volto. –Eccomi di nuovo qui, sono tornato. Ti
sono mancato? Ti sei almeno
divertito?- Peter non rispose, mentre quella sensazione di
oppressione
tornò più violenta che mai. -Tanto
per la
cronaca, il tizio, quello là morto, non aveva figli
né moglie; il padre è morto
quando aveva tre anni e la madre lo ha abbandonato in un istituto a
cinque. Hai
scelto bene, ma siccome sono io a dettare le regole, ti proibisco di
farmi
prendere ancora gente del genere. Cosa ci guadagno a torturare
un’anima sapendo
che in questo mondo nessuno soffre per la sua scomparsa?- -Sei
un bastardo!-
urlò il ragazzo, - Avevi detto 100 persone, non 100 persone
che volevi tu!
Avevi detto anche che ti bastavano le loro anime, indipendentemente da
chi
fossero!- -Hai ragione Peter, ma ho
cambiato idea! Sai, la sincerità non è una
virtù che mi contraddistingue. Dai
che ne mancano solo 99! Se vuoi che me ne vada devi portare a termine questo piccolo
compito.- -Quindi
per te io valgo 100 anime?- ribattè più
silenziosamente. -Oh, ma certo! Ma anche di
più! È rarissimo trovare un uomo che non
perde il senno dopo che gli è stato mostrato il suo futuro
nell’aldilà. Sai che
divertimento torturare una persona del genere? Per compensare
ciò, noi demoni
stipuliamo sempre un contratto con i nostri evocatori, (lo stesso che
hai accettato
di sottoscrivere) perché vogliamo offrirvi una via
d’uscita. In cambio della libertà,
vi chiediamo un sacrificio di altre persone in un numero proporzionale
al piacere
che sarebbe scaturito nel torturare la vostra anima, altrimenti ce la
prendiamo
senza discutere. Mi sembra equo.-
Peter era sconvolto per quello che era accaduto quel
pomeriggio: non riusciva ancora a credere che avesse accettato di
uccidere 100
persone per salvare la propria vita; e ora doveva continuare. Si buttò sul
letto e cominciò ad ascoltare
della musica con le cuffie, per cercare di alleggerire almeno un
po’ la
tensione. –Allora hai deciso quando
devo
prendere la prossima vittima?- Peter odiava quando gli
parlava in quei
momenti di relax: -Basta!- gridò. –Per oggi ti sei
divertito abbastanza. Domani
andremo in un'altra zona e vedremo il da farsi…- -Peter, con
chi stai
parlando?- disse Bridget dalla cucina. Il demone rise.
Il girono successivo, lunedì, Peter decise che se proprio
doveva uccidere qualcuno quel giorno, la vittima sarebbe stata a
scuola, zona
parecchio distante dalla prima.
Si chiuse in bagno: -Adesso vado in una classe, e tu devi
prendere il ragazzo coi capelli rossi: è un mezzo scarto di
galera, quando ha
commesso i crimini non era ancora diciottenne e…- -Niente servizi alla comunità, mi
dispiace.- Peter sprofondò in un
abisso: -Cosa hai detto? Perché?- La risata demoniaca
gelò il sangue del
ragazzo: -Dove credi che vadano le anime
dei delinquenti e assassini se non da noi? Io quell’anima la
possiedo già! Tu
devi fornirmene delle nuove!- Peter
sbattè la testa contro il muro, rassegnato
all’inevitabile: -Quindi tanto vale
che ne scelga uno a caso?- -Esatto- -Ehi bello!- disse qualcuno
che entrò in quel
momento in bagno, -Con chi stai parlando? Non dirmi che
c’è un altro tipo lì
dentro con te. Bleah! Che schifo!- -C’è qualcun
altro che possa vederlo?- -No!-
-Cosa hai detto? Mi hai forse…-
-Prendi lui.- In un battito di ciglia, il locale divenne muto. Il
silenzio
venne rotto solo un paio di volte durante la caduta del corpo e durante
‘la
presa’, quando le scarpe da ginnastica stridevano contro il
pavimento per le numerose
contorsioni.
-Entrambi i
genitori, una sorella, un cane… bravo, qui
soffrirà tanta gente, sbrigati prima
che ti vedano con questo cadavere a pochi centimetri dalla tua faccia.-
-Signore,
è da cinque ore che mi sto scervellando con
questa roba. Non riesco a cavarne un ragno dal buco.- Il commissario lo
guardò
con aria di sufficienza: -Dieci persone morte in dieci giorni in un
raggio di
una trentina di chilometri. Non è possibile che non esista
una connessione.
Cerca ancora!- Rudy sbuffò: -E se si rattasse di una
coincidenza? Non hai detto
anche tu che le autopsie hanno decretato come causa della morte il
soffocamento? Sarà una strana malattia, non so.- -Non credo
alle coincidenze!-
sbraitò Check sbattendo i pugni sul tavolo e facendo
sobbalzare il povero Rudy.
–Mi rimetto subito al lavoro, capo.- sibilò
mestamente.
Rudy riguardò per la trentaquattresima volta tutti i
filmati di tutte le telecamere di sorveglianza nelle vicinanze dei
dieci
omicidi, e alla fine notò qualcosa di interessante;
preparò dei brevi frammenti
video e li mise uno in fila all'altro: -Capo, venga qui!-
esclamò soddisfatto,
-Guardi, ho trovato un collegamento tra gli omicidi. Questo
è il primo filmato,
lo guardi attentamente. E questo è il secondo. Poi abbiamo
il terzo che
riguarda il penultimo omicidio. Infine il quarto per l’ultima
vittima. Notato nulla?-
Il viso di Check si illuminò come una lampadina:
-C’è sempre un ragazzo in
tutte queste riprese. Nella prima è chiaro il suo volto, poi
cerca di non farsi
riconoscere, ma è sempre lui. Bravo Rudy, ora rintraccialo e
fallo venire qui!-
-Molto bene, siamo
arrivati a dieci. Ancora novanta e ti lascerò per sempre.- -Mi
chiedo se
tutto ciò abbia un senso.- -Caro
ragazzo,
forse dimentichi cosa ti succederebbe se infrangessi il patto. E poi
non
vorresti dormire almeno una notte?-
Peter
pagò il panino che aveva appena finito di mangiare: -Ok, ma
il pensiero che
quella povera gente farà quella fine…
è meglio che subisca io quella sorte
invece di altre cento persone. In fondo uno è molto minore
di cento.- Il demone
rise: -Prego, accomodati! Ordinami di
prenderti
l’anima in questo preciso istante, forza!- Il
ragazzo esitò e non rispose,
cambiando argomento: –Perché
devo essere
io decidere le vittime? Non sarebbe più semplice che
scegliessi tu le persone
che vuoi senza che io ne senta la responsabilità?- -Certo che potrei, ma il contratto prevede che sia
tu che debba
sceglierle.- -Questo contratto ha delle nuove clausole di
giorno in giorno,
non mi sembra corretto.- -Sono io che
detto le regole, punto e basta.-
Prese il pullman 34 per tornare a casa, evitando
scrupolosamente di non addormentarsi nemmeno per un istante, nonostante
la
tentazione fosse davvero forte.
Quando imboccò la via di casa, Peter notò subito
una
vettura della polizia parcheggiata davanti alla sua abitazione;
capì
immediatamente che in qualche modo erano risaliti a lui. –Se
non ti presenti desterai ulteriori sospetti.- Detestava
ammetterlo, ma il demone questa volta aveva ragione.
–Qualcosa non va agenti?-
disse gentilmente il ragazzo. Check lo squadrò dalla testa
ai piedi: -In
effetti cercavamo proprio te. Devi seguirci alla centrale.- Prima che
Bridget
potesse proferire parola, Peter la rassicurò, dicendole che
sarebbe tornato
entro massimo un’ora, e che non si doveva preoccupare di
nulla.
-Bene,
ragazzo, spiegaci per
quale ragione sei presente in questi quattro filmati delle telecamere
in concomitanza
con quattro decessi.- La stanza degli interrogatori era piccola, grigia
e
terribilmente calda; vi era solamente un tavolo di metallo e tre sedie,
con
quattro videocamere negli angoli alti della camera. –Forza,
e adesso cosa rispondi? Che li hai uccisi tu? O meglio, che li
ho uccisi io?- Peter trasse un lungo respiro: -Cosa vi posso
dire? Io
quelle persone non le conoscevo affatto, e nemmeno le ho toccate. Non
posso
averle uccise io.- -Qui nessuno ha accusato nessuno.- rispose
seccamente Rudy.
–Oh certo,- rise Peter –se vi dicessi che sono
coincidenze mi credereste
sicuramente.- Nella stanza piombò il silenzio.
–Però conoscevi il ragazzo che è
morto nella tua scuola, no?- continuò
l’agente. –Certo, ma solamente di vista, non ero un
suo amico. Non so nemmeno
che classe frequenta… frequentava.- Check si alzò
in piedi: -D’accordo, possono
essere delle coincidenze, ma devi riconoscere anche tu che sono davvero
strane.
Sei sempre stato presente a tutte quelle morti, tutte e dieci, potrei
giocarmi
la carriera. Aspetta solo che scopra cosa centri tu con le vittime
e…- -E?- lo
incalzò sfrontatamente Peter –E non hai notato
nulla di sospetto, di strano in
quei giorni?-Il ragazzo sorrise e scosse la testa.
Dopo un altro paio di domande,
con tutta la calma del mondo, Peter uscì dalla stanza e si
avviò verso casa.
-Capo, ma come fa a lanciare
accuse del genere? Quel ragazzo è stato solamente sfortunato
a passare vicino a
quelle persone. Inoltre sono decedute per soffocamento, e lui non le ha
mai
nemmeno sfiorate! Come ha fatto? Le ha uccise con la forza del
pensiero?- Check
si sedette pesantemente sulla sedia d’acciaio: -Non lo so,
non lo so. Ma mi
sembra strano quel tipo. Non dobbiamo perderlo di vista, è
l’unica pista che
abbiamo.
Nonostante
la sua apparente
calma, Peter si sentiva osservato, aveva la sensazione di essere sempre
più
vicino per essere identificato come l’assassino di cento
persone.
-Il papà torna stanotte tardi,
ha appena telefonato. Ma cosa volevano da te in centrale?- -Niente mamma, sanno che
conosco il ragazzo
che è morto, così mi hanno fatto delle domande su
di lui.- -Ma non mi avevi
detto che non lo conoscevi?- Peter arricciò il naso: -Beh
sì… infatti mi hanno
convocato per il semplice motivo che era nella mia stessa scuola, penso
che
prima o poi interrogheranno tutti.-
Dopo mangiato, il ragazzo si
mise al computer per cercare di risolvere la sua situazione. –‘Come uccidere un
demone…’ vuoi sbarazzarti
di me? Credevo che fossimo diventati amici.’- -Non
mi farò rovinare
ulteriormente la vita da uno come te.- disse Peter furioso.
–Oggi ho avuto la
prova che la polizia sta indagando su di me, e se dovesse rivedermi
accanto ad
un altro cadavere… non so perché non ci abbia
pensato prima, ma stanotte tu non
sarai più un problema per me.- -Stai
sprecando tempo prezioso.- -Andrò da un esorcista
e ti farò tornare da dove
sei venuto.- -Ma io non posseggo il tuo
corpo, non servirebbe.- -Allora cercherò il
contro-rituale. Come sei venuto
qui, te ne devi andare.- Strinse i pugni per la gioia: -Eccoci qui.
Questo è il
libro tradotto con il quale ti ho evocato. Mi basta sfogliare un
po’ di pagine
e ti dirò per sempre addio.- Il demone rimase in silenzio.
–Hai paura?- lo
schernì il ragazzo –Se taci significa che sono
vicino alla soluzione… ci
siamo!- Peter si mise comodo sulla sedia e cominciò a
leggere ad alta voce lo
schermo: -‘Quello che ho appena descritto è il
rituale per evocare un demone.
Attenzione! Esso tenterà di rubarvi l’anima
mostrandovi cosa accadrà al vostro
corpo una volta morti; se resisterete, il demonio vi
proporrà una specie di
patto: sarete salvi se scambierete la vostra anima con quella di altre
persone
innocenti; il numero è deciso dal demone. Purtroppo non ho
ancora trovato un modo
per sciogliere l’accordo, queste sono le mie ultime parole.
Ho deciso di
suicidarmi ed essere dannato per l’eternità,
poiché ritengo che sia meglio che
vivere e avere sulla coscienza 128 persone. Spero che questo mio libro
sia da
monito a tutta quella gente che non vuole credere al sovrannaturale.
Addio.’-
Le ultime parole Peter le
lesse tra le lacrime: se nemmeno l’autore di quel libro
conosceva una
soluzione, chi altro poteva possederla? –Se smetto, finisco
dannato per
l’eternità; se continuo la polizia prima o poi
troverà una scusa per
trattenermi più di una giornata, e così
infrangerò di nuovo il contratto; se
faccio prendere la polizia stessa quando sono incarcerato,
sarò ucciso a vista.
In un modo o nell’altro mi avrai, tanto vale che mi
prendi…- -Cacciamo di notte.- Peter
rimase
ammutolito, mentre le ultime lacrime finivano la loro corsa sulla sua
faccia
umida. –Le telecamere non mi riconoscerebbero se per sbaglio
finissi di nuovo
in uno dei loro obiettivi.- Guardò la sveglia luminosa: era
la una e sette del
mattino. –Andiamo!- sussurrò.
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Capitolo 4 *** La caccia ha inizio ***
Peter
-Capo, le morti non si sono
ancora fermate: siamo arrivati a 73 decessi per soffocamento. La cosa
è davvero
strana, adesso tutte di notte, ma la zona non è cambiata.
Una malattia?- Check
si grattò la testa nervoso: -Ah sì? Una malattia
dici? E guarda a caso colpisce
una vittima al giorno tutti i giorni. E secondo te è una
coincidenza che da
quando abbiamo interrogato quel ragazzino muoiono persone solo di
notte?- Rudy
prese un paio di secondi prima di rispondere: -Ok, ammetto che sia
strano, ma
come farebbe a ucciderle? Con la mente forse? Oppure ordina a una
entità
invisibile di farlo al posto suo? Sia realista capo!- Era evidente che
Check
stava scoppiando dalla rabbia: faceva movimenti rapidi e bruschi in
cerca di
qualcosa, e quando finalmente ebbe trovato il telecomando, accese la
televisione. –Trasmettiamo in diretta dal luogo in cui si
è consumata stanotte
l’ennesima morte misteriosa. L’autopsia continua a
rilevare che la causa della
morte è il soffocamento, tuttavia sui corpi non sono mai
stati riscontrati
segni di lotta, come se si trattasse di una malattia. In compenso le
autorità
tenderebbero a escludere questa pista, poiché i decessi si
verificano con una
certa regolarità: infatti stanotte è la
63° di seguito in cui muore una
persona. Le vittime non rientrano in una categoria ben specifica
e…- Check
spense l’apparecchio: -Hai visto? Tutti ne parlano, e parlano
di un assassino.
Si aspettano che noi lo prendiamo, e lo faremo caro mio Rudy. Penso di
partire
dagli unici elementi che abbiamo: da stanotte voglio almeno un agente
che
sorvegli la casa di quel ragazzo; se non scopre nulla, ricominceremo
totalmente
zero.-
-Sono in
posizione, capo!-
-Ottimo agente Bravo, ora aspetta, se non succede nulla nelle prossime
cinque
ore puoi rientrare.-
Verso le due del mattino
accadde qualcosa: l’agente nascosto in un’auto
parcheggiata accanto alla casa
di Peter notò del movimento sospetto. –Capo, ho
visto qualcuno uscire da una
finestra dell’abitazione… lo inseguo?- -Certo,
stupido!- sbraitò Check
nell’auricolare del pover uomo. Scese dalla macchina e
iniziò l’inseguimento:
-Sta… correndo e… va molto… veloce.
Spero che si… fermi prima o… poi.- Per
fortuna di Bravo, Peter si fermò dopo circa 800 metri.
–Tutto ok agente?-
chiese Check dubbioso. –Sì, solo che ho bisogno
di… riprendere un po’ il
fiato.- L’agente si ammutolì
all’improvviso, come se avesse visto un fantasma.
–Il ragazzo sta parlando da solo. Sembra incredibile ma
è così. Siamo in una
piccola via della città, poco illuminata, e non sono
assolutamente certo, ma
credo che non abbia un’auricolare addosso.- -Hai sentito
Rudy?- disse Check con
un tono che lasciava trasparire un ‘te l’avevo
detto’. –Il ragazzo è pazzo.-
continuò, -e tra poco vedremo come fa a uccidere le persone.
L’espressione
allibita di Rudy non cambiò, anzi, venne accentuata dopo le
parole del capo.
-Adesso cammina verso la fine
della via, mentre continua a parlare al vento… non riesco a
sentire ciò che
dice, magari mi avvicino un po’ se riesco.- Con passi
felpati, l’agente riuscì
ad avere Peter in un raggio di 10 metri. –Ma che diavolo,
parla a bassissima
voce, anche se sono molto vicino non riesco a sentire nulla!- Check
sbuffò
innervosito: -Non importa.- disse – Continua a seguirlo.-
Bravo si nascose dietro
un’auto parcheggiata sul marciapiede della via:
-C’è un’altra persona in fondo
alla strada e il ragazzo ricomincia a parlare. Ma che…-
-Cosa c’è agente Bravo?-
urlò Check. –L’obiettivo si è
fermato appena ha visto l’uomo e poi ha allungato
il braccio verso di lui, come se volesse indicarlo a una terza
persona.- Rudy
si alzò dalla sedia per avvicinarsi al vivavoce in centro
sul tavolo di
cristallo, dal quale, ne era sicuro, avrebbe ascoltato qualcosa di
straordinario. –O mio Dio, o mio Dio!- -Ma che cosa
c’è da piagnucolare in quel
modo, eh? Si può sapere?- urlò ancora
più forte Check. Con una voce sottile,
quasi da bambino, l’agente rispose: -Sta succedendo, capo,
sta succedendo
proprio davanti ai miei occhi! L’uomo si sta contorcendo per
terra e sta
soffocando. Sta…. Sta… sta morendo!- La bocca di
Rudy e di Check si spalancò; i
due si guardarono negli occhi stupiti: -Presto, arresta il ragazzo!-
-Ma se non
ha nemmeno toccato l’uomo!- ribattè Bravo sicuro
di ciò che aveva appena visto
–Non m’importa!- replicò duramente Check
–L’hai visto o no indicare quell’uomo
e poi morire, no? Allora arrestalo!-
L’agente si fece coraggio e
uscì allo scoperto: -Polizia!- gridò a Peter
–Sei in arresto per l’omicidio di
quell’uomo, ti ho colto sul fatto, è inutile
negare. Ora metti le mani lentamente
dietro la testa e non porre alcuna resistenza. Ogni cosa che
dirai…- -Lo so che
questo non conta.- sussurrò cinicamente Peter –Ma
prendilo ugualmente.-
-Bravo, mi ricevi? Cosa stai
dicendo, non ti capiamo! Non ansimare, scandisci bene le parole! Cosa
è
successo?- Silenzio. –Bravo?! Bravo?! Mi ricevi?- Check
sbattè violentemente il
pugno sul tavolo: -Rudy, prepara la macchina. Credo che abbiamo perso
Bravo.-
-Andiamo.- disse Peter con tono
freddo e distaccato. –Le due e tre
minuti. Bell’orario per cacciare.- Il ragazzo
aprì la finestra e uscì nel
suo giardino per non svegliare nessuno della famiglia;
scavalcò il cancello con
molta cautela e iniziò a correre. Peter adorava
l’aria fresca della notte sulla
pelle, era come una pioggia lenitiva che gli lavava via tutte le
fatiche e i
pensieri: in quei momenti esisteva solo lui e il buio, nessun altro.
Dopo quasi
un chilometro si fermò improvvisamente:
-Comincerò da qui la ricerca.- -Così
vicino casa? Non credi che i
poliziotti si insospettiranno ancora di più?- -Ah
sì?- replicò
scherzosamente –E, dimmi, con quali prove mi incastreranno?-
Il demone tacque.
–Qui in fondo alla via c’è sempre
qualcuno che passeggia da solo a quest’ora,
magari un ubriacone che sta tornando a casa.- -è la
prima volta che lo
dico a un umano, ma tu hai una coscienza davvero forte: non ti importa
quante
persone hai ucciso per salvare te stesso, sembra che sia una faccenda
normale.-
-Questa mia insensibilità spaventa molto anche me.
Non pensavo di poter
reggere psicologicamente tutte queste crudeltà che sto
compiendo solo per
salvarmi la pelle. Sono davvero uno schifoso egoista. Ma quando tutto
questo
finirà, sarò di nuovo libero, nessuno
più condizionerà la mia vita.- Secondo
me stai impazzendo.- Peter rise:
-Può darsi, anzi, hai ragione, se fossi una persona sana di
mente mi sarei
suicidato già da tempo.- Il sorriso si trasformò
in un ghigno: -Però io sono
così.-
Improvvisamente Peter si
fermò, e allungò il braccio verso un uomo in
fondo alla via: -Vai, prendi lui.-
Il ragazzo ultimamente sceglieva i suoi bersagli il più
lontano possibile,
cosicché il demone rimanesse più tempo distante
da lui: questi piccoli momenti
di libertà erano diventati come una droga, ne voleva sempre
di più, e sempre di
più lunghi; avrebbe fatto veramente qualsiasi cosa per
liberarsi da quel
flagello infernale che lo opprimeva da così tanto tempo.
La scena era sempre la
medesima: la vittima cadeva a terra e cominciava a contorcersi
disperatamente
nel vano tentativo di sfuggire alla sua visione demoniaca. Peter era
ormai talmente
abituato a quel patetico teatrino che non ci faceva quasi
più caso. –Bene, ne hai
uccisi 74. Ne mancano 26 alla
tua libertà. Domani ne mancheranno 25, dopodomani 24, tra
tre giorni…- -Polizia!-
Un uomo sbucò da dietro un auto parcheggiata non troppo
distante da Peter. Il
ragazzo rimase meravigliato, ma per nulla spaventato anche se sapeva
perfettamente di essere stato colto in flagrante. Sorrise, e
sussurrò a bassa
voce: -Lo so che questo non conta. Ma prendilo ugualmente.- Pochi
secondi più
tardi l’agente si trovò a terra, morto, davanti ai
piedi del suo assassino.
Nell’osservare quel corpo, immobile e privo di vita, lungo
tutta la spina
dorsale di Peter si insinuò un brivido, un gelido brivido di
piacere.
-Adesso cosa intendi fare? A casa di certo non
potrai più tornarci.- -Lo
so.- rispose freddamente –Tuttavia mi mancano sollo 26
persone. Ho soldi
abbastanza per vivere da solo.- -Con
me…-
Dopo circa un quarto d’ora,
Check e Rudy giunsero sul luogo del duplice omicidio. Una volta scesi
dalla
vettura, nessuno dei due osò parlare davanti a
quell’orribile spettacolo:
entrambi fissavano i corpi, ammutoliti e spaventati, come se avessero
appena
appreso la notizia che l’Uomo Nero che tanto li spaventava da
bambini fosse
esistito davvero. –Ora che facciamo?- chiese Rudy timoroso.
Check, riacquistate
improvvisamente le forze, prese di scatto la ricetrasmittente che
teneva alla
cintura: -Qui è Check che vi parla. Urgente! Caccia
all’uomo immediata, si
tratta di un ragazzo giovane di nome Peter Ivy, abita in questo paese
al numero
12 di Road street. Ripeto, mobilitate tutte le volanti, mettete in
allerta
tutti gli uomini disponibili e avvisate i media; potete trovare una sua
immagine nell’annuario della scuola Barton.-
-Interrompiamo la trasmissione
per darvi una notizia importantissima. Questo ragazzo, di nome Peter
Ivy, la
cui foto potete vederla sui vostri schermi, è responsabile
di pluriomicidio.
Per cui, per favore, chiunque lo veda non esiti a chiamare la polizia
al numero
in sovraimpressione. Invitiamo gli ascoltatori a non rivolgere per
nessun
motivo la parola all’assassino, poiché le
autorità sostengono che sia altamente
instabile….-
-Guarda un po’. Sono già famoso.- -Eh sì.
E anche molto. Questo lo vedono
tutto lo Stato.- Peter restava nascosto tutto il giorno in
luoghi poco
frequentati, e rientrava in città solo per comprare il
necessario; indossava
una felpa con il cappuccio, un paio di grosse cuffie e dei grossi
occhiali
neri.
–Sono 26 e
45 in
totale.- disse gentilmente la cassiera di un piccolo negozio in
periferia. Il
ragazzo pagò come sempre in contanti per evitare di essere
rintracciato;
ringraziò e uscì lentamente per non essere
sospetto. Si girò per dare un’ultima
occhiata al negozio e notò qualcosa di insolito: dopo pochi
secondi capì che la
cassiera non era più dietro al bancone. Come un felino,
scattò e cominciò a
darle la caccia. Trovarla non fu difficile: la povera donna era
rannicchiata
sotto la cassa, tremava e tentava di comporre un numero sul cellulare.
Peter la
guardò dall’alto verso il basso, e quasi
provò pena per lei vedendola così
spaventata e indifesa. –Ti prego, non farmi del male!- disse
con le lacrime
agli occhi. -Ho due bambini, un lavoro, un marito, devo mantenere la
mia
famiglia.- Il ragazzo scosse la testa: -Credi di essere la prima che mi
dice
così? In fondo, a me, cosa dovrebbe importare di tutto
ciò?- La cassiera
scoppiò di nuovo in lacrime mentre batteva lentamente i
pugni sul pavimento.
–Ok, dimmi cosa stavi facendo col cellulare. Sii sincera che
magari…- Come un
lampo di luce nell’oscurità, la donna si
asciugò il viso e credette in quella flebile
illusione: -Io stavo chiamando la polizia. Ma adesso non lo faccio
più,
promesso, e se vuoi ti dò anche il mio cellulare,
così sei sicuro che non lo faccio
per davvero.- Peter guardò il soffitto, assumendo
un’aria pensierosa, mentre le
speranze della sua vittima crescevano sempre più.
–Quindi ora io me ne vado e
tu non chiami la polizia, giusto?- La donna annuì con la
testa sorridendo. –E
ti aspetti che io ti creda?- le urlò in faccia facendola
scoppiare di nuovo in
lacrime. –In fondo è colpa tua.-
continuò pacatamente –Se avessi aspettato
qualche minuto a chiamare la polizia, io me ne sarei andato, gli sbirri
non mi
avrebbero mai trovato e soprattutto tu- fece una piccola pausa
–non saresti
morta.- Il locale si riempì di urla di disperazione.
–Forza, mio diletto,
prendila e portala con te!- disse facendo ampi cerchi con le braccia
come se
stesse recitando all’opera -Non mi
sono
mai divertito così tanto! Mi spiace doverti abbandonare tra
pochi giorni.-
Peter si gustò la scena: a ogni convulsione, a ogni verso
strozzato della donna che stava per morire, provava piacere; adorava
proprio il
momento in cui la scintilla della vita abbandonava il corpo, quando le
persone
si trasformavano in cadaveri vuoti senza anima.
-Tanto che ci sono…- Peter aprì la cassa con la
chiave
che trovò nella tasca della gonna azzurra della donna e
prese tutto il suo
contenuto. –Avrei dovuto farlo prima.- disse Peter con un
macabro sorriso,
-perché non ci ho mai pensato? Adesso ho soldi a sufficienza
per sparire da
questo posto schifoso.- -Ti ricordo che
sei ricercato in tutto lo Stato. Come pensi di fare per andartene?- Assalito
da un improvviso impeto di rabbia, gettò violentemente a
terra i soldi appena
rubati e uscì dal negozio.
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Capitolo 5 *** Preso! ***
Peter
-Allora.- si schiarì la voce Check, -Abbiamo costatato che
il ragazzo può uccidere con lo sguardo. Sembra
impossibile, ma è così: ha guardato la sua
vittima, ha pronunciato una sorta di formula magica, e ha ucciso.- Rudy
lo osservava con aria scettica e distaccata, come se riteneva
di sapere come si fossero svolti realmente i fatti. Check se ne
accorse: -Cosa vuoi dire con quella faccia da ‘io so
tutto’?- Rudy si spaventò, probabilmente
perché non si era reso conto di aver assunto
quell’espressione da saccente. –No, è
che…- balbettò –Mi appare
così strano tutto ciò… mi sembra una
cosa sovrannaturale.- Check si sedette sconsolato: -Lo so. Ma
è tutto ciò che abbiamo. Dobbiamo prendere quel
figlio di buona donna di sorpresa, in modo che non si renda conto di
cosa gli stia capitando.- -Prima però bisogna trovarlo.-
-Infatti. È davvero bravo a nascondersi nonostante abbia
già raggiunto le 108 vittime in totale. Tuttavia sono
convinto che commetterà un errore, e noi saremo
lì a sfruttare l’occasione.-
-Caro mio, siamo arrivati a 99.- -Ne ho uccisi di più.- -99
per il contratto. Non mi importa se…- -A me invece
sì!- urlò infastidito, tanto che un passante si
girò per capire la fonte e la causa di quel grido. Peter
accelerò il passo. –Guarda che lo so che una parte
di te si sta divertendo.- Il ragazzo non replicò, o meglio,
non volle replicare a quella provocazione. –Ancora un giorno
e sei libero.- Già pregustava quel momento: niente
più voci nel cervello, pesi invisibili da sopportare, paure
nel vedere la sua anima dannata per l’eternità e
finalmente avrebbe potuto dormire senza più incubi di
terrore: in poche parole tornava a vivere. –Come
pensi di riinserirti nella vita quotidiana? Ricordati che sei
ricercato.- Peter rise: -Dimentichi che nessuno ha prove. Avrei ucciso
le mie vittime con lo sguardo? O con la voce? Un buon avvocato, e tutto
è risolto. –Il poliziotto che hai ucciso
sicuramente sarà stato in contatto con qualcuno alla
centrale.- -Vero, ma siamo da capo. Chi crederebbe a un uomo che dice
di avermi visto uccidere con delle parole. La nostra società
è ancora troppo ancorata alla scienza, e queste cose non
sono assolutamente scientifiche. Ripeto, un buon avvocato e tutto si
risolve. Un giorno ancora.-
Rudy entrò nell’ufficio gridando e sventolando un
foglio: -Capo, capo! L’ho trovato!- -Check si girò
di scatto, allarmato ma fiducioso: -Cosa, chi hai trovato?- Con il
fiatone, il collega gli porse un documento: -Ha avuto ragione! Il
ragazzo ha fatto un errore, e adesso sappiamo dove si trova.- Dopo aver
letto, Check saltò in piedi in preda all’euforia:
-Domani non ucciderà nessun altro. Si sogna il 109. Rudy,
prepara la macchina. Voglio che sia preso entro la mezzanotte, quindi
abbiamo solo due ore; sbrigati. Operazione 34.- -34?- ripetè
sbigottito. –Ma la 34 non è quella…-
-Sì, sì e quella. Sbrigati.-
Peter trovò un posto abbastanza confortevole dove
nascondersi: si trattava di un vecchio ponte ormai in disuso per la
costruzione di un altro nuovo poco più distante. Ogni sera
il ragazzo cambiava rifugio, così da lasciare meno tracce
possibili della sua presenza. –Guarda un po’- disse
sorpreso –c’è una macchina là
in fondo. Strano, nessuno viene da queste parti; sarà una
coppietta in cerca di un po’ di privacy, e chissà,
se rimarranno lì fino a domani, magari tra poche ore non
saranno più una coppia.- -Ma che
crudeltà… quasi mi spiace lasciarti domani, anzi,
tra poco. Dovremmo festeggiare, non credi?- Peter rise: -Festeggiare
cosa? La fine di un incubo? La ritrovata libertà? Le 100
vittime? Tutto ciò non sarebbe successo se non avessimo
letto quello strafottuto libro. Eravamo piccoli, idioti. Non
c’è nulla da festeggiare.-
Un suono, simile a un battito di mani, risuonò nella brezza
notturna molto vicino a Peter; il ragazzo non fece in tempo a girarsi
nella direzione di quel rumore che sentì un grosso ago
infilarsi nella gamba destra. Cadde sulle ginocchia, mentre le palpebre
cominciavano a chiudersi; capì immediatamente ciò
che stava accadendo: -Prendili…- disse con un filo di voce
–Prendili tutti.-
Peter si svegliò in una stanza completamente bianca, con dei
materassi al posto delle pareti. Cercò di muovere le
braccia, ma restarono immobili cingendogli il torace. –Fatemi
uscire!- urlò con tutto il fiato che aveva in gola.
Provò a divincolarsi dalla camicia di forza, inutilmente.
–Finalmente ti abbiamo preso.- Peter guardò il
soffitto della cella e vide che in un angolo spuntava un altoparlante
con una telecamera. –Bravi.- rispose sfacciatamente,
–Peccato che io non abbia fatto nulla.- -Davvero?- disse la
voce metallica. –Davvero?- -Certo, non avete alcuna prova
contro di me.- -A parte la testimonianza di un agente…-
-Morto!- urlò. –Vero, ma le immagini non mentono
mai.- Il cuore di Peter fece un tuffo nel vuoto. –Non avete
nulla, state bluffando, volete solo una mia confessione.- La voce rise:
-Allora ascolta. Qualche giorno fa sei entrato un piccolo supermercato
e hai ucciso una giovane cassiera. Non basta: le hai anche fatto
credere che avrebbe avuto una possibilità di scampo se non
avesse chiamato la polizia. Poi hai derubato il negozio,
però dopo hai gettato a terra i soldi inspiegabilmente.- Il
ragazzo rimase scioccato e la paura cominciava a prendere il
sopravvento su di lui. –Ohi, ohi! Ti hanno preso! Adesso come
farai?- Trasse un lungo respiro per cercare di calmarsi: -Avete trovato
il cadavere e avete ipotizzato questa storiella, e non avete nessuna
immagine.- -Facciamola breve.- tagliò corto la voce
–Quel negozio non aveva un impianto di sorveglianza, come ben
saprai; tuttavia la donna, per la sua sicurezza, ha installato due
microcamere all’interno della cassa, una che riprendeva
davanti, e una che riprendeva di dietro. Una volta che abbiamo visto
come ti eri camuffato è stato un gioco da ragazzi seguirti
con le telecamere della città fino al tuo nascondiglio.- La
collera pervase ogni singola cellula del corpo del ragazzo: -Ti avevo
detto di prenderli tutti! Perché non lo hai fatto! Rispondi
bastardo!- -Ma con chi stai parlando?- Ti sei dimenticato una
importante condizione: sei obbligato a vedere le tue vittime.- Peter si
rannicchiò sul morbido pavimento e cominciò a
piangere. –Questa è come una confessione. 108
vittime sono davvero troppe.- lo canzonò la voce.
–Abbiamo prove a sufficienza, resterai chiuso qui dentro per
l’eternità, non vedrai più una figura
umana fino alla fine dei tuoi giorni.- Fece una pausa di una decina di
secondi, poi riprese: -C’è soltanto una cosa che
non riusciamo ancora a capire: come hai fatto a uccidere tutte quelle
persone senza nemmeno sfiorarle?- -Non sono stato io.- -Cosa?-
strillò la voce. –Se volete saperlo, almeno
consentitemi di dire addio ai miei genitori.- -D’accordo!-
replicò di scatto, -Entro oggi li vedrai entrambi, ma poi
dovrai dirci come hai fatto.- -Promesso.- sogghignò il
ragazzo.
-Sarà corretto lasciargli vedere la mamma?- chiese Rudy con
aria malinconica. Check era ancora assorto nei suoi pensieri: fissava e
rifissava il pulsante per accendere e spegnere il microfono che
comunicava con la cella in cui era rinchiuso Peter. –In fin
dei conti non è un animale. Ha diritto pure lui
di…- -Non è un animale?!- ripetè
aggressivamente Rudy, -Mi sbaglio o sei stato tu, capo, a volere un
codice 34, quello degli animali selvatici in libertà?- Check
sbattè i pugni sul tavolo come suo solito quando era
furioso: -Certo! Dimenticavo che è arrivato il commissario
Rex tra di noi! Perché non sei andato là tu ad
arrestarlo? Perché non ti sei presentato faccia a faccia con
quell’assassino dicendogli ‘alto le mani sei in
arresto’? Hai dimenticato cosa ha fatto all’agente
che ha tentato di seguirlo? Gli sono bastate un paio di parole per
ammazzarlo!- Poi riacquistò la calma: -Ritengo che la visita
dei suoi genitori sia il minimo… non vedrà
più nessuna anima viva per il resto della sua vita se lo
giudicassero colpevole. E poi ha promesso di dirci come fa a uccidere
con le parole. Chiamali, e di’ loro che è urgente.-
-Come hai richiesto, tua madre è già qui, tuo
padre arriverà tra pochi minuti. Ora dicci il tuo
segreto.- Una piccola finestrella si aprì
all’altezza del viso di Peter, mostrando il viso della madre
in lacrime: -Non preoccuparti, riuscirò a tirarti fuori di
qui, sono sicura che…- -Io non ho mai ucciso nessuno.- la
interruppe con freddezza, -Voi non potete vederlo, e
neanch’io, ma di fianco a me si trova un demone.- Nessuno
osava parlare, gli agenti restavano immobili, come se le sue parole
fossero la loro linfa vitale. –Posso solo sentire la sua
voce. Io ordino chi uccidere, e lui lo fa; lui mostra loro cosa li
aspetta una volta morti, e lo stress psicologico è talmente
grande che il cervello è come se si disattivasse,
dimenticandosi di svolgere le solite funzioni, come il respirare o il
battito cardiaco. Voi non lo sapete, ma
nell’aldilà il vostro corpo sarà
sottoposto alle più terribili torture; verrà
dilaniato, sfilacciato, i demoni ne trarranno piacere mentre soffrirete
tremendamente.- Check scosse la testa, pensava che era totalmente
pazzo. –Uccido perché ho redatto una sorta di
patto con questo bastardo demone: lui ritiene che la mia anima ne valga
altre 100; gli fornisco queste vittime, e lui mi lascerà
andare, altrimenti sarò io a patire tutte quelle
atrocità. E io non voglio.- Rudy accese il microfono,
infuriato: -Se ciò fosse vero, sei comunque un assassino!
Renditi conto che sei una persona sola, una! Invece tu ne hai uccise
più di 100. Che coscienza devi avere? Come fai a sopportare
tutte queste morti innocenti?- Peter abbozzò un piccolo
sorriso: -Non sono stato il primo a stipulare questo tipo di contratto.
Dovete sapere che c’è stato sicuramente almeno
l’autore del libro prima di me. Questo demone è
stato evocato grazie a un errore che ho compiuto circa due anni fa
attraverso un libro. L’autore, dopo aver visto cosa
comportava avere un demonio affianco, ha scritto quel volume,
affinchè nessun altro compiesse i suoi errori.- -E che fine
ha fatto quel tizio?- chiese Check incuriosito. –Lui si
è suicidato poiché non ha retto lo stress
psicologico.- -Se quell’uomo non ha resistito, come hai fatto
a farlo tu, un ragazzino?- -Ciò credo che sia stato
possibile grazie a un nuovo stratagemma del demone: ritengo che quasi
tutte le persone con cui ha stipulato il contratto, prima o poi, si
siano suicidate. Così ha fatto in modo che il patto venisse
sempre rispettato: ha soppresso alcune emozioni umane, come la
pietà e la compassione, poi ha reso il senso di
libertà come una droga che crea una fortissima dipendenza;
con queste premesse hai in testa solamente il giorno in cui ucciderai
la centesima vittima.- -Allora te ne sei accorto… ma che
bravo che sei.- Check non riusciva a credere a quelle parole, e dalle
espressioni di Rudy nemmeno lui le giudicava veritiere. –Mi
spieghi, allora, un’altra cosa?- disse l’agente con
un tono che stava a significare ‘questo metterà in
difficoltà le tue cazzate’, -Perché non
hai ucciso le persone standotene a casa tua senza girovagare per la
città? Oh, ma sai la matematica? Le tue vittime sono 108,
hai già superato il fatidico 100…- Peter non
sembrava affatto infastidito, né in difficoltà,
cosa che fece saltare i nervi di Check. –Il mio contratto
prevede che io uccida una persona sola al giorno, e che la scelga io.
Se per necessità, come è successo con il vostro
agente che mi ha pedinato, ne ho mandate altre agli inferi,
beh… quelle non contano, sono incidenti di percorso. Ah,
dimenticavo che io devo vedere mentre la vittima comincia a morire,
altrimenti il demone non la va a prendere.-
-Hai sentito Rudy?- strillò Check col microfono spento.
–‘Incidente di percorso’ ha chiamato la
morte del nostro agente, incidente di percorso. Ma chi si crede di
essere quel bastardo? Eh? Crede che noi stiamo qui a berci tutte queste
storielle horror? Stai certo che questo non vedrà mai
più la faccia di una persona, e nemmeno la luce del giorno.-
Poi, lentamente, riprese la calma: -Tanto vale che gli chiedo
un’ultima cosa.- Spinse il pulsante rosso del microfono:
-Ascoltami, quindi oggi sarebbe il tuo ultimo giorno per trovare
l’ultima vittima. Come hai intenzione di fare? Il tuo
‘demone’ resterà accanto a te per
l’eternità.- Peter scuoteva la testa sorridendo
mentre teneva gli occhi chiusi. L’ira invase ancora una volta
Check: -Credi che noi adesso ti liberiamo e ti facciamo scorrazzare in
giro per la città? Chi ucciderai? Me? Rudy?- Rudy
impallidì. –Non puoi, pazzo! Se credi nelle tue
stupide regole, devi vederci morire, e non potrai mai farlo! Chi
pren…- Le ultime parole gli morirono in gola, soffocate;
rimase immobile, pietrificato, con gli occhi sbarrati. Rudy gli si
avvicinò: -Capo stai bene?- Check sussurrò
qualcosa a bassissima voce. –Non ho capito, puoi…-
L’agente girò la testa e guardò il suo
collega con uno sguardo vuoto, pieno di dolore e rassegnazione: -Non
c’è più tempo.- A quel punto anche Rudy
intuì il piano di Peter e, senza emettere alcun suono, con
le labbra articolò ‘la madre’.
Peter fissava negli occhi Bridget, e la osservava avidamente.
Storpiò la bocca in quello che non si potrebbe mai definire
un sorriso, e sibilò: -Vai, prendi la tua ultima vittima,
dammi la libertà!-
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Capitolo 6 *** Destino crudele ***
Peter
Peter si svegliò in una stanza completamente bianca, con dei
materassi al posto delle pareti. Cercò di muovere le
braccia, ma
restarono immobili cingendogli il torace. Si alzò lentamente
e
vide il corpo di sua madre attraverso una finestrella, immobile, come
se fosse addormentato. –Mamma?- disse avvicinandosi. Un lampo
gli
trafisse il cervello, provocandogli un dolore atroce: si mise in
ginocchio e lanciò un breve urlo; subito dopo
l’immagine
di Bridget che lentamente moriva apparve nitida, come se fosse davanti
ai suoi occhi. –Che… che cosa ho fatto?-
balbettò.
–Mamma? Mamma ti prego…- Schiacciò il
viso contro
il vetro per vederla meglio. Gradualmente il ragazzo ricordò
tutte le persone che aveva ucciso, i loro visi, i loro sguardi poco
prima di morire, le loro sofferenze… tutto era
così
chiaro e limpido, solamente non riusciva a comprendere come avesse
potuto fare tutto ciò da solo. Ma lo aveva fatto. La
pressione
psicologica gli piombò addosso violentemente, provocandogli
una
crisi di pianto isterico: singhiozzava, faceva movimenti frenetici, a
scatti, non riusciva più a controllare né il suo
corpo
né la sua mente.
Check, osservando quella scena, fu mosso da un sentimento di
pietà, nonostante sapesse che razza di mostro era quel
ragazzo.
–Adesso non è più pericoloso.- disse
malinconicamente –La sua pena saranno gli anni che gli
rimangono
da vivere.- -D’accordo, ma non possiamo lasciarlo andare.-
intervenne Rudy. –Certo che no! Lo faremo ricoverare da
qualche
parte: nessun uomo, tanto meno un ragazzo come lui, può
sopportare la responsabilità di così tanti
omicidi; poi
l’ultimo è stato il più orribile.
Ripeto, ora che
si è reso finalmente conto di ciò che ha fatto
non
nuocerà più a nessuno.- Rudy sbuffò:
-E ai media
cosa diciamo? Abbiamo preso l’assassino e non lo processiamo
nemmeno? E poi chi ti ha detto che non è davvero
più
pericoloso? Se stesse solamente facendo finta?- Check rise: -Ti
preoccupi troppo caro mio. Con i media diremo qualcosa,
qualsiasi
cosa, inventeremo una storia credibile… come se fosse la
prima
volta che lo facciamo.- Fece una pausa. –Mi prendo tutta la
responsabilità: se ti dico che non è
più
pericoloso, non è più pericoloso. Guardalo.-
allungò l’indice verso il monitor, –Non
riesce
più nemmeno a parlare, si muove solo avanti e indietro, e
piange
come un neonato. Forza, toglietemi quel corpo da lì e
trovate un
buon ospedale psichiatrico per il ragazzo.-
-Allora, infermiera, come va col paziente 66?- -Vede, dottore, la
nostra terapia ha funzionato inizialmente: è giunto qui
completamente pazzo, non riuscivamo nemmeno a dargli da mangiare,
continuava a piangere e a gridare.- -Poi cosa è successo?-
-Dopo
un mese si è stabilizzato: stava fermo la maggior parte del
tempo, quasi non piangeva più e mangiava regolarmente.
Sembrava
quasi guarito, anche se non ha mai detto nemmeno una parola.- -E
adesso, invece?- -Ora ha cominciato a parlare.- -Ottimo! Allora
perché ha la faccia così triste?- -Vede dottore,
la
situazione è peggiorata contrariamente a quanto si possa
pensare: il paziente parla, è vero, ma con un amico
invisibile,
e per giunta sta tramando qualcosa. L’assenza della parola,
come
lei già sa, non è un sintomo di
pazzia…- -E invece
crearsi un ente invisibile e per giunta parlarci assieme
sì.-
-Esatto dottore. Noi monitoriamo i nostri pazienti 24 ore su 24; il
ragazzo parla di continuamente di contratti, e che dovrebbe uccidere
200 persone, altrimenti verrebbe torturato
nell’aldilà.
Cosa suggerisce di fare?-
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