Destino crudele

di Dem_One
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Inizio con vendetta ***
Capitolo 2: *** Il perchè ***
Capitolo 3: *** Il contratto ***
Capitolo 4: *** La caccia ha inizio ***
Capitolo 5: *** Preso! ***
Capitolo 6: *** Destino crudele ***



Capitolo 1
*** Inizio con vendetta ***


Aprì gli occhi pochi istanti prima che la sveglia iniziasse a produrre quell’orribile suono gracchiante che lo destava tutte le mattine; intanto l’aria cominciava a odorare di croissant freschi preparati dalla mamma.  -Buongiorno caro mio-. Peter disattivò la sveglia e iniziò a vestirsi. -Continui a ignorarmi?-  L’unica nota positiva di quelle mattine era la fantastica colazione della madre: Bridget lavorava in una pasticceria, e tutte quelle paste che non erano perfette le portava a casa.
-Dormito bene?- chiese dolcemente la madre. Mentre addentava un croissant fumante, Peter annuì mentendo, poiché ormai non riusciva più a riposare decentemente da due anni. –Questa tua nuova politica mi sta annoiando… lo sai benissimo anche tu che questa storia finirà entro poche ore.-
Alle 7.30 Peter prese il pullman per andare a scuola. –Come al solito non hai nessuno accanto. Povero…- -Basta!- disse sottovoce il ragazzo, -Lasciami in pace!- -Ma lo sai anche tu non posso.-

-Come avevo detto, oggi interrogo tre persone.- Peter si mise la mano davanti agli occhi, mentre sentiva la tensione crescere dentro di lui. –Allora… Martino.- disse la professoressa –Poi Justin e adesso una ragazza.- -Dai che ti è andata bene, lo so che non hai stu…- -Anzi no! Sentiamo Peter. È un po’ di tempo che non lo interrogo.-
Il ragazzo si alzò dal banco, freddo come un iceberg. –Cosa? Tutto qui? Ma lo sapevi già? No perché sembra di sì, non hai fatto una piega quando…- -Risparmi tempo prof, non ho studiato.- ammise Peter. La professoressa sbuffò, e segnò qualcosa sul registro: -Allora interrogo Milly. Peter, è da due anni che sei completamente cambiato. Lo so che te l’ho già chiesto un migliaio di volte, ma è successo qualcosa?- -Sì, sono arrivato io ahahahah.- -Da quando il suo fantasma lo perseguita non è più lui.- Tutta la classe scoppiò in una fragorosa risata. –Lo sai, vero, che a un tuo cenno quel Bob non farà mai più battute del genere?-  Peter si risedette e mosse le labbra per dire –smettila-, in modo che nessuno lo potesse sentire. –Lo avete visto tutti?- urlò Bob –Ha appena detto qualcosa al suo fantasmino. È diventato pazzo!- Un’altra risata sommerse il ragazzo come una violenta valanga. –Basta!- strillò la professoressa, –Bob, continua così e avrai una bella nota sul registro.- Poi si girò di scatto: -Martino, la situazione prima della Rivoluzione Francese.-
Durante l’intervallo Peter si chiuse in bagno. –D’accordo, come vuoi tu. Fallo spaventare, fagli qualcosa…- La campanella suonò per richiamare tutti in classe; -Ma non ucciderlo.- Queste parole furono pronunciate dal ragazzo una alla volta, scandendole e rendendole chiare il più possibile. –Lascia fare a me, ho in mente una certa cosa… ti  divertirai.-
Mentre Peter stava entrando in aula, Bob gli diede uno spintone: -Oooh scusa pazzerello! Non l’ho fatto apposta.- -Te ne pentirai.- -Cosa hai detto celebroleso?- Contro quel mostro Peter non avrebbe avuto scampo: Bob era stato bocciato tre volte, ed era il doppio di lui. Senza dire una parola tornò al suo posto. –Scappa, è meglio per te.- lo canzonò l’energumeno.
Alle 11.48 la lezione di matematica era nel pieno del suo corso: -…quindi il teorema fondamentale dice che sen quadro più cos quadro fa uno. Grazie a questa relazione noi…- -Vado!- Peter sorrise compiaciuto. Una sedia scricchiolò, e tutti si voltarono verso Bob. –Ehi ragazzo, stai bene?- chiese l’insegnante.
Bob aveva gli occhi sbarrati, la bocca aperta e la sua pelle era simile alla candida neve; oltre a ciò tremava, tremava sempre di più, facendo vibrare anche il banco e la sedia. –Ma che diavolo ti prende?- urlò il professore. Peter assisteva inorridito alla scena. Improvvisamente Bob smise di tremare, ma il suo sguardo continuava a essere fisso nel vuoto; d’un tratto le pupille gli si restrinsero ad una velocità folle, riducendosi a minuscoli pallini. Peter si coprì l’intero volto con le mani, poiché sapeva fin troppo bene cosa sarebbe successo negli istanti successivi.
Tutti i muscoli della faccia di Bob si contrassero in una smorfia di puro terrore; nel totale silenzio, lanciò un urlo potentissimo da far ghiacciare il sangue a tutti gli studenti in aula. Peter si sedette e nascose la testa tra le braccia. Bob cadde a terra senza smettere un secondo di urlare e, una volta sul pavimento, gli vennero delle convulsioni: il suo corpo si agitava, si dimenava , si contorceva come un verme in fin di vita; lo spettacolo era davvero raccapricciante. –Chiamate un’ambulanza, presto!- ordinò il professore.
Nei dieci minuti successivi, Bob non fermò neanche per un secondo le sue urla, e nulla servirono i tentativi di tenerlo fermo da parte del professore e di due altri ragazzi. Quando arrivarono i medici gli iniettarono un calmante, senza però ottenere alcun risultato; così lo portarono all’ospedale legato sulla barella come un pazzo delirante.
Ma che cosa gli hai fatto?- chiese Peter –Ti avevo detto di spaventarlo e basta, non di farlo fuori.- -Ma cosa sarà mai?! Gli ho solamente mostrato cosa lo aspetta quando la sua vita finirà…- -Lo so cosa gli hai fatto vedere, lo hai fatto anche con me quella notte.- -E allora! Tu non hai mica reagito come ha fatto lui.- -Io no, ma gli altri due miei amici sì… e adesso a Bob attende lo stesso loro futuro.- -In fondo sei stato tu a chiedermi di fare qualcosa… non sono il tipo che sbuca dall’armadio di notte e spaventa la gente. Ma questo tu lo sai. Non è che volevi che gli facessi proprio ciò che ho fatto? O mi sbaglio?- Peter non rispose e scese dal pullman.

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Capitolo 2
*** Il perchè ***


Peter

-Guarda Peter, ho preso in ‘prestito’ un libro da mio papà…- disse soddisfatto Marco. –Preso in prestito?- ripetè Peter non molto convinto delle parole dell’amico. –E va bene, l’ho preso e basta.- -Che cos’è,Marco?- Proprio in quel momento entrò anche Fred nella stanza. –Non lo so con certezza, ma mio padre lo teneva ben nascosto. È un libro sui demoni e cose del genere.- Tirò fuori dallo zaino un grosso libro nero, sciupato e impolverato, e lo buttò sul letto. –Ma in che lingua è scritto? Non ci capisco niente!- osservò Peter stupito. –Russo. Mio padre lavora là, e io più o meno conosco la lingua.- -Davvero?!- urlò Fred –E in tutto questo tempo non ci hai mai detto che conoscevi il russo?-
Marco si sedette sul letto e iniziò a leggere ad alta voce: - ‘Come evocare un demone’.- Gli altri due ragazzi scoppiarono a ridere. –Spiritosi. Se avete coraggio proviamo stanotte, sempre che voi non abbiate troppa paura.- -Ma dai, Marco!- replicò Peter –Lo sai benissimo anche tu che queste cose non esistono. Ma se stanotte vuoi provare… sono d’accordo, così ti togli dalla mente una volta per tutte queste cazzate.- -‘Per il rito’- continuò a leggere –‘serve trovarsi in una città sacra’. Beh siamo a Roma, no? ‘Candele nere da accendere davanti a uno specchio alle tre del mattino in una stanza buia.’ Guarda a caso le ho portate. ‘E infine recitare la formula sottostante. Esecrit…’ eccetera eccetera. Allora, stanotte siete con me?- Fred e Peter si guardarono negli occhi per un breve istante, poi annuirono.
-Forza dormiglioni, è ora!- urlò a bassa voce Marco. I tre ragazzi si sedettero davanti allo specchio che c’era di fianco all’armadio; presero un paio di candele nere e le accesero; spensero la luce e attesero le tre in punto. –Vedrai che è tutto falso, non per prenderti in giro… ma renditi conto che è ridicolo ciò che stiamo facendo.- -Taci Peter. Se sei così coraggioso perché non cominci a leggere tu la formula?- -Ah ah mica ho paura.- Si schiarì la voce: -‘Esecrit Mortex, pulividus demetrios, sertementre… ‘ Sembra latino.- -Taci e vai a vanti!- -…‘regolayor moridus eretrec et fulligidas!’- La stanza era silenziosa come un cimitero di notte. –Magari ho sbagliato qualche accento, non lo so. O magari non succede proprio nulla! Vero Marco? Sei convinto ora che sono tutte cazzate? Cos’è? Ti aspettavi che un demone apparisse dal nulla?- Peter e Fred si alzarono per tornare a dormire, arrabbiati per aver sprecato delle preziose ore di sonno. –Ra… ragazzi?- balbettò Marco. –Ma che cosa… o porca…- Il vetro si era appannato improvvisamente. –Che cosa hai fatto idiota?- disse Peter, –Non è divertente.- -Ti giuro che non ho fatto assolutamente nulla. Improvvisamente è diventato così!-
La finestra sbattè furiosamente. –Ma non è possibile.- piagnucolò Marco. –Non c’è vento fuori. E cos’è questo freddo?- Nonostante fosse il mese di giugno, nella stanza la temperatura calò di una ventina di gradi. I ragazzi cominciarono a battere i denti. –Non mi piace, non mi piace per niente.- disse Fred invaso dal terrore, –Io esco da qui!- Si precipitò verso la porta della stanza e cominciò a girare freneticamente la maniglia: -Chiusa, è chiusa!- urlò sconvolto. Peter prese le chiavi: -Strano, nessuno di noi l’ha chiusa a chiave, ma ora rimedio io.- Le inserì nella serratura e le fece girare a vuoto un paio di volte. –Ma che…- tentò ancora una decina di volte, senza però ottenere nulla. –Hai visto?- cominciò a piangere Fred, -Siamo fottuti! Fottuti ti dico!- -Smettila!- gridò Peter che voleva far mantenere la calma, nonostante fosse anche lui spaventato a morte. –C’è una spiegazione per tutto.- -Marco!- disse Fred tra le lacrime.
Marco giaceva per terra davanti allo specchio in preda a furiosi spasmi, come se fosse stato posseduto. Peter non credeva ai propri occhi: davvero era tutto reale? I ragazzi tentarono di tenere fermo l’amico, cercando di tranquillizzarlo anche con parole rassicuranti. Improvvisamente gli spasmi cessarono. –Ottimo.- disse con calma Peter –Sicuramente si è fatto troppo suggestionare dalla cosa, ed è stato male. Ora riportiamolo sul…- Qualcosa nello specchio si mosse. –L’hai visto anche tu, vero?-  Peter si girò di scatto per capire se quella cosa si aggirava realmente nella loro stanza. -Purtroppo sì, Fred.- rispose con voce fleble e sottile. Fred si alzò e andò all’interruttore per accendere la luce: lo cliccò una ventina di volte senza ottenere alcun risultato. Entrambi tremavano più per la paura che per il freddo. –Peter, guarda.- disse Fred tra le lacrime –Le candele non si sono consumate!- Peter fece un balzo indietro dalla paura: erano le tre e venti minuti, e le due candele nere sembravano appena state accese. Qualcosa si mosse nuovamente nello specchio, come un’ombra contornata di bianco. –È tornato, è tornato!- Ormai anche Peter diventava sempre meno scettico. –Salve ragazzi.-  Una voce profonda e lugubre si sparse e si insinuò prepotentemente nei loro cervelli. -Chi è?- disse Fred con una voce che ormai sembrava essere di una ragazzina. –Chi sono? Ma se mi avete chiamato voi.- -Smettila- gli intimò Peter –chiunque tu sia la tua voce cavernosa non mi fa paura. Divertente, davvero, ma ora basta.- -Oh che coraggio. Vedremo se sarai così coraggioso dopo che vi avrò mostrato ciò che ha ridotto così il vostro amichetto là in fondo.-
Peter si trovò tutto ad un tratto completamente solo in un ambiente vuoto; tutto era nero, non vedeva più nulla. Improvvisamente davanti a sé comparve un piccolo buco rosso che pian piano si allargava sempre più, senza mai arrestarsi. Peter guardò all’interno: vide delle strane creature umanoidi, nere e contornate di bianco, in fila davanti a un pozzo incandescente. Da quell’abisso di fuoco emerse Peter, o meglio, una sua copia. Il Peter originale continuava ad osservare esterrefatto la scena dall’alto, mentre indietreggiava a gattoni per non cadere nel buco. Una di quelle creature si avventò sul Peter-clone e con il suo braccio scheletrico gli trapassò il torace come se fosse burro. Il ragazzo sentì un dolore allucinante nel petto, come se quel gesto glielo avessero fatto su di lui. La ferita in mezzo al corpo del fantoccio guarì, e anche il dolore cessò immediatamente dopo.
Una seconda creatura si fece avanti sulla copia del ragazzo; gli afferrò il braccio e con un colpo secco lo staccò, producendo il rumore di un ramo secco spezzato; il sangue uscì a fiotti, come l’acqua che esce da un buco in una diga. Peter urlò per il dolore, e istintivamente si guardò l’arto per verificare che non si fosse staccato realmente. Poco dopo anche l’altro braccio venne strappato, e il ragazzo urlò di nuovo. Come prima, il corpo del fantoccio tornò come nuovo. –Ma che diavolo è questa roba? Se non smettono penso che impazzirò dal dolore prima o poi.-
Come lupi affamati che si lanciano addosso a una facile preda, così le creature d’ombra si gettarono sul corpo del ragazzo-copia. In quel preciso istante Peter si sentì morire: tutto il suo corpo chiedeva pietà, mentre un dolore mai sperimentato in vita sua pervadeva tutte le sue membra; piangeva e supplicava di smettere, ma cercava di resistere e di non uscire di senno. Intanto, nel buco del pavimento, il fantoccio veniva dilaniato, i muscoli, le ossa e gli organi venivano letteralmente strappati e lanciati in aria, e il sangue sembrava una pioggia rossa che bagnava quelle creature; le ombre si stavano divertendo, provavano gusto a torturare così quel corpo inerme. Peter non riusciva più a controllare i movimenti del suo corpo, il dolore ormai aveva preso il sopravvento su di lui. Tuttavia rimaneva lucido, resisteva, restava attaccato al sottile filo della ragione, cercava di opporsi ai tormenti.
Inevitabilmente, il buco nel pavimento si allargò fino a far piombare di sotto Peter; il ragazzo si lasciò abbandonare all’oblio mentre precipitava verso la sua copia che nel frattempo si era ricomposta.
Peter si svegliò nella sua camera, ansimando come se avesse fatto una lunga corsa. Si alzò dal pavimento e vide sia Marco che Fred distesi per terra; quando notò che si stavano per svegliare, il suo cuore si riempì di gioia, realizzando che tutto ciò che aveva vissuto non era stato che un brutto incubo. –Fred, Marco! Allora, che brutta nottata vero? Scommetto che i fumi di quelle candele ci hanno fatto mal..- I due ceri erano spenti, ma completamente intatti. –Marco, Fred?- ripetè Peter spaventato. I due amici avevano lo sguardo perso nel vuoto, non riuscivano a focalizzare la loro attenzione su un qualsiasi oggetto. –Amici?- disse piangendo –Cosa vi sta succedendo?- -Non ti possono sentire, ormai sono persi.- Peter cadde a terra per il terrore. –Chi sei? Dove ti trovi? Che cosa hai fatto? Dimmelo!- -Con calma, ragazzo, con calma. Io sono un demone, uno di quelli che hai visto poco fa. Evocandomi mi hai chiamato a te, e ora non ti abbandonerò finche non morirai e la tua anima non sarà mia. Oppure potresti barattarla con…- -Non mi interessa, vai via! Ma prima dimmi cosa hai fatto ai miei amici, e falli ritornare come prima.- -Mi dispiace, ma non posso. Ormai hanno perso la ragione dopo che hanno visto ciò che li avrebbe attesi dopo la vita.- -Quindi quello che mi hai mostrato mi accadrà quando morirò? E perché io non sono diventato come loro?- -Sì, quello che hai visto ti capiterà se la tua anima venisse presa da un demone, come ti accadrà con me al tuo fianco. E il perché tu non ti sia lasciato andare come quei due… non ne ho idea; il novanta percento delle persone perde la ragion e si abbandona al proprio destinoe, ma c’è una piccola percentuale che rimane lucida, come te. In realtà io sono contento di seguirti fino alla tua morte, sai che noia nel mio mondo! Sempre uccidere e uccidere, squartare e squartare… all’inizio è divertente, ma col passare del tempo… uffa!- Cosa ne sarà di Marco e Fred?- Stai tranquillo! Tra pochi secondi le loro sofferenze termineranno per sempre. Ah, tra pochi secondi arriva il professore. Io fossi in te farei sparire un po’ di cose.-
Peter prese le candele, le spezzò, e le fece scendere nello scarico bagno, così come il libro. –Peter, Marco, Fred! È ora di svegliarsi!- Il professore entrò nella stanza (senza trovare alcuna difficoltà nell’aprire la porta) e rimase a bocca aperta vedendo i due ragazzi ridotti in quello stato: -Buon Dio, cosa gli è capitato? Dobbiamo intervenire subito! Perché non mi hai avvertito?- -Li ho trovati così appena mi sono svegliato, e stavo giusto venendo a chiamarla.- -Mi piacciono le bugie.- -Stai zitto!- -Come scusa?- disse il professore. –No, non stavo dicendo a lei…- -E a chi allora?- -No… no… niente. Piuttosto occupiamoci di loro.-
Pochi istanti dopo un’ambulanza portò i due ragazzi ormai morti al più vicino ospedale, mentre tutta la classe fissava Peter con sguardi accusatori. –Hai capito che nessuno può sentirmi a parte te; quindi cerca di non parlarmi in pubblico, altrimenti rischi di sembrare pazzo.- -Poche ore con te e già mi hai stufato. Esiste un modo per liberarmi di te in modo permanente?- -Sì che esiste, ma non ti piacerà.-

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Capitolo 3
*** Il contratto ***


Peter

Era domenica, e Peter si svegliò tardi come al solito. –Che bella dormita che hai fatto! Senza nemmeno un incubo.- -Adesso cominci a fare lo spiritoso? Lo sai benissimo che è da quando ti ho evocato che sogno tutte le notti quei momenti. E tu so che provi gusto a farmi rivivere proprio la scena in cui mi dilaniano il corpo; ho notato che di notte in notte diventa sempre più vivida.- -Allora hai pensato alla mia offerta?- Peter trasse un lungo sospiro. –Sì.- -E allora cosa hai deciso di fare?- -Accetto.- Le parole gli morirono in gola. –Ottimo. Da oggi si comincia. E ricorda, una al giorno; se non rispetti le regole io non me andrò mai più e farò al tuo corpo ciò che ti ho mostrato.- -Non sia mai!-
Peter uscì a fare una passeggiata in centro città per schiarirsi le idee e per mettere in atto il suo piano. Durante le sue uscite, indossava sempre un'auricolare in modo da non sembrare pazzo se avesse cominciato a parlare da solo. –Allora, chi prendo?- Il ragazzo vide davanti a un supermercato un mendicante che chiedeva l’elemosina: –Ecco, prendi lui.- disse tristemente, -Credo che purtroppo poche persone sentiranno la sua mancanza.- -Ma che animo nobile il mio ragazzo! Vado!- Per la prima volta dopo due anni, Peter si sentì libero e leggero: non percepiva più nessuna presenza alle sue spalle, non aveva più la sensazione di avere un peso che gli gravava sulla schiena, non avvertiva più un gelido alone dietro di sé… la vita gli sembrava ricominciare.
Improvvisamente Il mendicante cadde e terra un e cominciò a contorcersi, con movimenti fin troppo famigliari per Peter. Molta gente accorse per aiutare l’innocente, tuttavia senza ottenere alcun risultato: l’uomo morì poco dopo con un’espressione di terrore dipinta sul volto. –Eccomi di nuovo qui, sono tornato. Ti sono mancato? Ti sei almeno divertito?- Peter non rispose, mentre quella sensazione di oppressione tornò più violenta che mai. -Tanto per la cronaca, il tizio, quello là morto, non aveva figli né moglie; il padre è morto quando aveva tre anni e la madre lo ha abbandonato in un istituto a cinque. Hai scelto bene, ma siccome sono io a dettare le regole, ti proibisco di farmi prendere ancora gente del genere. Cosa ci guadagno a torturare un’anima sapendo che in questo mondo nessuno soffre per la sua scomparsa?- -Sei un bastardo!- urlò il ragazzo, - Avevi detto 100 persone, non 100 persone che volevi tu! Avevi detto anche che ti bastavano le loro anime, indipendentemente da chi fossero!- -Hai ragione Peter, ma ho cambiato idea! Sai, la sincerità non è una virtù che mi contraddistingue. Dai che ne mancano solo 99! Se vuoi che me ne vada devi portare  a termine questo piccolo compito.- -Quindi per te io valgo 100 anime?- ribattè più silenziosamente. -Oh, ma certo! Ma anche di più! È rarissimo trovare un uomo che non perde il senno dopo che gli è stato mostrato il suo futuro nell’aldilà. Sai che divertimento torturare una persona del genere? Per compensare ciò, noi demoni stipuliamo sempre un contratto con i nostri evocatori, (lo stesso che hai accettato di sottoscrivere) perché vogliamo offrirvi una via d’uscita. In cambio della libertà, vi chiediamo un sacrificio di altre persone in un numero proporzionale al piacere che sarebbe scaturito nel torturare la vostra anima, altrimenti ce la prendiamo senza discutere. Mi sembra equo.-
Peter era sconvolto per quello che era accaduto quel pomeriggio: non riusciva ancora a credere che avesse accettato di uccidere 100 persone per salvare la propria vita; e ora doveva continuare.  Si buttò sul letto e cominciò ad ascoltare della musica con le cuffie, per cercare di alleggerire almeno un po’ la tensione. –Allora hai deciso quando devo prendere la prossima vittima?- Peter odiava quando gli parlava in quei momenti di relax: -Basta!- gridò. –Per oggi ti sei divertito abbastanza. Domani andremo in un'altra zona e vedremo il da farsi…- -Peter, con chi stai parlando?- disse Bridget dalla cucina. Il demone rise.
Il girono successivo, lunedì, Peter decise che se proprio doveva uccidere qualcuno quel giorno, la vittima sarebbe stata a scuola, zona parecchio distante dalla prima.
Si chiuse in bagno: -Adesso vado in una classe, e tu devi prendere il ragazzo coi capelli rossi: è un mezzo scarto di galera, quando ha commesso i crimini non era ancora diciottenne e…- -Niente servizi alla comunità, mi dispiace.- Peter sprofondò in un abisso: -Cosa hai detto? Perché?- La risata demoniaca gelò il sangue del ragazzo: -Dove credi che vadano le anime dei delinquenti e assassini se non da noi? Io quell’anima la possiedo già! Tu devi fornirmene delle nuove!-  Peter sbattè la testa contro il muro, rassegnato all’inevitabile: -Quindi tanto vale che ne scelga uno a caso?- -Esatto-  -Ehi bello!- disse qualcuno che entrò in quel momento in bagno, -Con chi stai parlando? Non dirmi che c’è un altro tipo lì dentro con te. Bleah! Che schifo!- -C’è qualcun altro che possa vederlo?- -No!- -Cosa hai detto? Mi hai forse…- -Prendi lui.- In un battito di ciglia, il locale divenne muto. Il silenzio venne rotto solo un paio di volte durante la caduta del corpo e durante ‘la presa’, quando le scarpe da ginnastica stridevano contro il pavimento per le numerose contorsioni.
-Entrambi i genitori, una sorella, un cane… bravo, qui soffrirà tanta gente, sbrigati prima che ti vedano con questo cadavere a pochi centimetri dalla tua faccia.-

-Signore, è da cinque ore che mi sto scervellando con questa roba. Non riesco a cavarne un ragno dal buco.- Il commissario lo guardò con aria di sufficienza: -Dieci persone morte in dieci giorni in un raggio di una trentina di chilometri. Non è possibile che non esista una connessione. Cerca ancora!- Rudy sbuffò: -E se si rattasse di una coincidenza? Non hai detto anche tu che le autopsie hanno decretato come causa della morte il soffocamento? Sarà una strana malattia, non so.- -Non credo alle coincidenze!- sbraitò Check sbattendo i pugni sul tavolo e facendo sobbalzare il povero Rudy. –Mi rimetto subito al lavoro, capo.- sibilò mestamente.
Rudy riguardò per la trentaquattresima volta tutti i filmati di tutte le telecamere di sorveglianza nelle vicinanze dei dieci omicidi, e alla fine notò qualcosa di interessante; preparò dei brevi frammenti video e li mise uno in fila all'altro: -Capo, venga qui!- esclamò soddisfatto, -Guardi, ho trovato un collegamento tra gli omicidi. Questo è il primo filmato, lo guardi attentamente. E questo è il secondo. Poi abbiamo il terzo che riguarda il penultimo omicidio. Infine il quarto per l’ultima vittima. Notato nulla?- Il viso di Check si illuminò come una lampadina: -C’è sempre un ragazzo in tutte queste riprese. Nella prima è chiaro il suo volto, poi cerca di non farsi riconoscere, ma è sempre lui. Bravo Rudy, ora rintraccialo e fallo venire qui!-

-Molto bene, siamo arrivati a dieci. Ancora novanta e ti lascerò per sempre.- -Mi chiedo se tutto ciò abbia un senso.- -Caro ragazzo, forse dimentichi cosa ti succederebbe se infrangessi il patto. E poi non vorresti dormire almeno una notte?-  Peter pagò il panino che aveva appena finito di mangiare: -Ok, ma il pensiero che quella povera gente farà quella fine… è meglio che subisca io quella sorte invece di altre cento persone. In fondo uno è molto minore di cento.- Il demone rise: -Prego, accomodati! Ordinami di prenderti l’anima in questo preciso istante, forza!- Il ragazzo esitò e non rispose, cambiando argomento:  –Perché devo essere io decidere le vittime? Non sarebbe più semplice che scegliessi tu le persone che vuoi senza che io ne senta la responsabilità?- -Certo che potrei, ma il contratto prevede che sia tu che debba sceglierle.- -Questo contratto ha delle nuove clausole di giorno in giorno, non mi sembra corretto.- -Sono io che detto le regole, punto e basta.-
Prese il pullman 34 per tornare a casa, evitando scrupolosamente di non addormentarsi nemmeno per un istante, nonostante la tentazione fosse davvero forte.
Quando imboccò la via di casa, Peter notò subito una vettura della polizia parcheggiata davanti alla sua abitazione; capì immediatamente che in qualche modo erano risaliti a lui. –Se non ti presenti desterai ulteriori sospetti.- Detestava ammetterlo, ma il demone questa volta aveva ragione. –Qualcosa non va agenti?- disse gentilmente il ragazzo. Check lo squadrò dalla testa ai piedi: -In effetti cercavamo proprio te. Devi seguirci alla centrale.- Prima che Bridget potesse proferire parola, Peter la rassicurò, dicendole che sarebbe tornato entro massimo un’ora, e che non si doveva preoccupare di nulla.

-Bene, ragazzo, spiegaci per quale ragione sei presente in questi quattro filmati delle telecamere in concomitanza con quattro decessi.- La stanza degli interrogatori era piccola, grigia e terribilmente calda; vi era solamente un tavolo di metallo e tre sedie, con quattro videocamere negli angoli alti della camera. –Forza, e adesso cosa rispondi? Che li hai uccisi tu? O meglio, che li ho uccisi io?- Peter trasse un lungo respiro: -Cosa vi posso dire? Io quelle persone non le conoscevo affatto, e nemmeno le ho toccate. Non posso averle uccise io.- -Qui nessuno ha accusato nessuno.- rispose seccamente Rudy. –Oh certo,- rise Peter –se vi dicessi che sono coincidenze mi credereste sicuramente.- Nella stanza piombò il silenzio. –Però conoscevi il ragazzo che è morto nella tua scuola, no?-  continuò l’agente. –Certo, ma solamente di vista, non ero un suo amico. Non so nemmeno che classe frequenta… frequentava.- Check si alzò in piedi: -D’accordo, possono essere delle coincidenze, ma devi riconoscere anche tu che sono davvero strane. Sei sempre stato presente a tutte quelle morti, tutte e dieci, potrei giocarmi la carriera. Aspetta solo che scopra cosa centri tu con le vittime e…- -E?- lo incalzò sfrontatamente Peter –E non hai notato nulla di sospetto, di strano in quei giorni?-Il ragazzo sorrise e scosse la testa.
Dopo un altro paio di domande, con tutta la calma del mondo, Peter uscì dalla stanza e si avviò verso casa.
-Capo, ma come fa a lanciare accuse del genere? Quel ragazzo è stato solamente sfortunato a passare vicino a quelle persone. Inoltre sono decedute per soffocamento, e lui non le ha mai nemmeno sfiorate! Come ha fatto? Le ha uccise con la forza del pensiero?- Check si sedette pesantemente sulla sedia d’acciaio: -Non lo so, non lo so. Ma mi sembra strano quel tipo. Non dobbiamo perderlo di vista, è l’unica pista che abbiamo.

Nonostante la sua apparente calma, Peter si sentiva osservato, aveva la sensazione di essere sempre più vicino per essere identificato come l’assassino di cento persone.
-Il papà torna stanotte tardi, ha appena telefonato. Ma cosa volevano da te in centrale?-  -Niente mamma, sanno che conosco il ragazzo che è morto, così mi hanno fatto delle domande su di lui.- -Ma non mi avevi detto che non lo conoscevi?- Peter arricciò il naso: -Beh sì… infatti mi hanno convocato per il semplice motivo che era nella mia stessa scuola, penso che prima o poi interrogheranno tutti.-
Dopo mangiato, il ragazzo si mise al computer per cercare di risolvere la sua situazione. –‘Come uccidere un demone…’ vuoi sbarazzarti di me? Credevo che fossimo diventati amici.’- -Non mi farò rovinare ulteriormente la vita da uno come te.- disse Peter furioso. –Oggi ho avuto la prova che la polizia sta indagando su di me, e se dovesse rivedermi accanto ad un altro cadavere… non so perché non ci abbia pensato prima, ma stanotte tu non sarai più un problema per me.- -Stai sprecando tempo prezioso.- -Andrò da un esorcista e ti farò tornare da dove sei venuto.- -Ma io non posseggo il tuo corpo, non servirebbe.- -Allora cercherò il contro-rituale. Come sei venuto qui, te ne devi andare.- Strinse i pugni per la gioia: -Eccoci qui. Questo è il libro tradotto con il quale ti ho evocato. Mi basta sfogliare un po’ di pagine e ti dirò per sempre addio.- Il demone rimase in silenzio. –Hai paura?- lo schernì il ragazzo –Se taci significa che sono vicino alla soluzione… ci siamo!- Peter si mise comodo sulla sedia e cominciò a leggere ad alta voce lo schermo: -‘Quello che ho appena descritto è il rituale per evocare un demone. Attenzione! Esso tenterà di rubarvi l’anima mostrandovi cosa accadrà al vostro corpo una volta morti; se resisterete, il demonio vi proporrà una specie di patto: sarete salvi se scambierete la vostra anima con quella di altre persone innocenti; il numero è deciso dal demone. Purtroppo non ho ancora trovato un modo per sciogliere l’accordo, queste sono le mie ultime parole. Ho deciso di suicidarmi ed essere dannato per l’eternità, poiché ritengo che sia meglio che vivere e avere sulla coscienza 128 persone. Spero che questo mio libro sia da monito a tutta quella gente che non vuole credere al sovrannaturale. Addio.’-
Le ultime parole Peter le lesse tra le lacrime: se nemmeno l’autore di quel libro conosceva una soluzione, chi altro poteva possederla? –Se smetto, finisco dannato per l’eternità; se continuo la polizia prima o poi troverà una scusa per trattenermi più di una giornata, e così infrangerò di nuovo il contratto; se faccio prendere la polizia stessa quando sono incarcerato, sarò ucciso a vista. In un modo o nell’altro mi avrai, tanto vale che mi prendi…- -Cacciamo di notte.- Peter rimase ammutolito, mentre le ultime lacrime finivano la loro corsa sulla sua faccia umida. –Le telecamere non mi riconoscerebbero se per sbaglio finissi di nuovo in uno dei loro obiettivi.- Guardò la sveglia luminosa: era la una e sette del mattino. –Andiamo!- sussurrò.

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Capitolo 4
*** La caccia ha inizio ***


Peter

-Capo, le morti non si sono ancora fermate: siamo arrivati a 73 decessi per soffocamento. La cosa è davvero strana, adesso tutte di notte, ma la zona non è cambiata. Una malattia?- Check si grattò la testa nervoso: -Ah sì? Una malattia dici? E guarda a caso colpisce una vittima al giorno tutti i giorni. E secondo te è una coincidenza che da quando abbiamo interrogato quel ragazzino muoiono persone solo di notte?- Rudy prese un paio di secondi prima di rispondere: -Ok, ammetto che sia strano, ma come farebbe a ucciderle? Con la mente forse? Oppure ordina a una entità invisibile di farlo al posto suo? Sia realista capo!- Era evidente che Check stava scoppiando dalla rabbia: faceva movimenti rapidi e bruschi in cerca di qualcosa, e quando finalmente ebbe trovato il telecomando, accese la televisione. –Trasmettiamo in diretta dal luogo in cui si è consumata stanotte l’ennesima morte misteriosa. L’autopsia continua a rilevare che la causa della morte è il soffocamento, tuttavia sui corpi non sono mai stati riscontrati segni di lotta, come se si trattasse di una malattia. In compenso le autorità tenderebbero a escludere questa pista, poiché i decessi si verificano con una certa regolarità: infatti stanotte è la 63° di seguito in cui muore una persona. Le vittime non rientrano in una categoria ben specifica e…- Check spense l’apparecchio: -Hai visto? Tutti ne parlano, e parlano di un assassino. Si aspettano che noi lo prendiamo, e lo faremo caro mio Rudy. Penso di partire dagli unici elementi che abbiamo: da stanotte voglio almeno un agente che sorvegli la casa di quel ragazzo; se non scopre nulla, ricominceremo totalmente zero.-

-Sono in posizione, capo!- -Ottimo agente Bravo, ora aspetta, se non succede nulla nelle prossime cinque ore puoi rientrare.-
Verso le due del mattino accadde qualcosa: l’agente nascosto in un’auto parcheggiata accanto alla casa di Peter notò del movimento sospetto. –Capo, ho visto qualcuno uscire da una finestra dell’abitazione… lo inseguo?- -Certo, stupido!- sbraitò Check nell’auricolare del pover uomo. Scese dalla macchina e iniziò l’inseguimento: -Sta… correndo e… va molto… veloce. Spero che si… fermi prima o… poi.- Per fortuna di Bravo, Peter si fermò dopo circa 800 metri. –Tutto ok agente?- chiese Check dubbioso. –Sì, solo che ho bisogno di… riprendere un po’ il fiato.- L’agente si ammutolì all’improvviso, come se avesse visto un fantasma. –Il ragazzo sta parlando da solo. Sembra incredibile ma è così. Siamo in una piccola via della città, poco illuminata, e non sono assolutamente certo, ma credo che non abbia un’auricolare addosso.- -Hai sentito Rudy?- disse Check con un tono che lasciava trasparire un ‘te l’avevo detto’. –Il ragazzo è pazzo.- continuò, -e tra poco vedremo come fa a uccidere le persone. L’espressione allibita di Rudy non cambiò, anzi, venne accentuata dopo le parole del capo.
-Adesso cammina verso la fine della via, mentre continua a parlare al vento… non riesco a sentire ciò che dice, magari mi avvicino un po’ se riesco.- Con passi felpati, l’agente riuscì ad avere Peter in un raggio di 10 metri. –Ma che diavolo, parla a bassissima voce, anche se sono molto vicino non riesco a sentire nulla!- Check sbuffò innervosito: -Non importa.- disse – Continua a seguirlo.-
Bravo si nascose dietro un’auto parcheggiata sul marciapiede della via: -C’è un’altra persona in fondo alla strada e il ragazzo ricomincia a parlare. Ma che…- -Cosa c’è agente Bravo?- urlò Check. –L’obiettivo si è fermato appena ha visto l’uomo e poi ha allungato il braccio verso di lui, come se volesse indicarlo a una terza persona.- Rudy si alzò dalla sedia per avvicinarsi al vivavoce in centro sul tavolo di cristallo, dal quale, ne era sicuro, avrebbe ascoltato qualcosa di straordinario. –O mio Dio, o mio Dio!- -Ma che cosa c’è da piagnucolare in quel modo, eh? Si può sapere?- urlò ancora più forte Check. Con una voce sottile, quasi da bambino, l’agente rispose: -Sta succedendo, capo, sta succedendo proprio davanti ai miei occhi! L’uomo si sta contorcendo per terra e sta soffocando. Sta…. Sta… sta morendo!- La bocca di Rudy e di Check si spalancò; i due si guardarono negli occhi stupiti: -Presto, arresta il ragazzo!- -Ma se non ha nemmeno toccato l’uomo!- ribattè Bravo sicuro di ciò che aveva appena visto –Non m’importa!- replicò duramente Check –L’hai visto o no indicare quell’uomo e poi morire, no? Allora arrestalo!-
L’agente si fece coraggio e uscì allo scoperto: -Polizia!- gridò a Peter –Sei in arresto per l’omicidio di quell’uomo, ti ho colto sul fatto, è inutile negare. Ora metti le mani lentamente dietro la testa e non porre alcuna resistenza. Ogni cosa che dirai…- -Lo so che questo non conta.- sussurrò cinicamente Peter –Ma prendilo ugualmente.-
-Bravo, mi ricevi? Cosa stai dicendo, non ti capiamo! Non ansimare, scandisci bene le parole! Cosa è successo?- Silenzio. –Bravo?! Bravo?! Mi ricevi?- Check sbattè violentemente il pugno sul tavolo: -Rudy, prepara la macchina. Credo che abbiamo perso Bravo.-


-Andiamo.- disse Peter con tono freddo e distaccato. –Le due e tre minuti. Bell’orario per cacciare.- Il ragazzo aprì la finestra e uscì nel suo giardino per non svegliare nessuno della famiglia; scavalcò il cancello con molta cautela e iniziò a correre. Peter adorava l’aria fresca della notte sulla pelle, era come una pioggia lenitiva che gli lavava via tutte le fatiche e i pensieri: in quei momenti esisteva solo lui e il buio, nessun altro. Dopo quasi un chilometro si fermò improvvisamente: -Comincerò da qui la ricerca.- -Così vicino casa? Non credi che i poliziotti si insospettiranno ancora di più?- -Ah sì?- replicò scherzosamente –E, dimmi, con quali prove mi incastreranno?- Il demone tacque. –Qui in fondo alla via c’è sempre qualcuno che passeggia da solo a quest’ora, magari un ubriacone che sta tornando a casa.- -è la prima volta che lo dico a un umano, ma tu hai una coscienza davvero forte: non ti importa quante persone hai ucciso per salvare te stesso, sembra che sia una faccenda normale.- -Questa mia insensibilità spaventa molto anche me. Non pensavo di poter reggere psicologicamente tutte queste crudeltà che sto compiendo solo per salvarmi la pelle. Sono davvero uno schifoso egoista. Ma quando tutto questo finirà, sarò di nuovo libero, nessuno più condizionerà la mia vita.- Secondo me stai impazzendo.- Peter rise: -Può darsi, anzi, hai ragione, se fossi una persona sana di mente mi sarei suicidato già da tempo.- Il sorriso si trasformò in un ghigno: -Però io sono così.-
Improvvisamente Peter si fermò, e allungò il braccio verso un uomo in fondo alla via: -Vai, prendi lui.- Il ragazzo ultimamente sceglieva i suoi bersagli il più lontano possibile, cosicché il demone rimanesse più tempo distante da lui: questi piccoli momenti di libertà erano diventati come una droga, ne voleva sempre di più, e sempre di più lunghi; avrebbe fatto veramente qualsiasi cosa per liberarsi da quel flagello infernale che lo opprimeva da così tanto tempo.
La scena era sempre la medesima: la vittima cadeva a terra e cominciava a contorcersi disperatamente nel vano tentativo di sfuggire alla sua visione demoniaca. Peter era ormai talmente abituato a quel patetico teatrino che non ci faceva quasi più caso. –Bene, ne hai uccisi 74. Ne mancano 26 alla tua libertà. Domani ne mancheranno 25, dopodomani 24, tra tre giorni…- -Polizia!- Un uomo sbucò da dietro un auto parcheggiata non troppo distante da Peter. Il ragazzo rimase meravigliato, ma per nulla spaventato anche se sapeva perfettamente di essere stato colto in flagrante. Sorrise, e sussurrò a bassa voce: -Lo so che questo non conta. Ma prendilo ugualmente.- Pochi secondi più tardi l’agente si trovò a terra, morto, davanti ai piedi del suo assassino. Nell’osservare quel corpo, immobile e privo di vita, lungo tutta la spina dorsale di Peter si insinuò un brivido, un gelido brivido di piacere.
-Adesso cosa intendi fare? A casa di certo non potrai più tornarci.- -Lo so.- rispose freddamente –Tuttavia mi mancano sollo 26 persone. Ho soldi abbastanza per vivere da solo.- -Con me…- 


Dopo circa un quarto d’ora, Check e Rudy giunsero sul luogo del duplice omicidio. Una volta scesi dalla vettura, nessuno dei due osò parlare davanti a quell’orribile spettacolo: entrambi fissavano i corpi, ammutoliti e spaventati, come se avessero appena appreso la notizia che l’Uomo Nero che tanto li spaventava da bambini fosse esistito davvero. –Ora che facciamo?- chiese Rudy timoroso. Check, riacquistate improvvisamente le forze, prese di scatto la ricetrasmittente che teneva alla cintura: -Qui è Check che vi parla. Urgente! Caccia all’uomo immediata, si tratta di un ragazzo giovane di nome Peter Ivy, abita in questo paese al numero 12 di Road street. Ripeto, mobilitate tutte le volanti, mettete in allerta tutti gli uomini disponibili e avvisate i media; potete trovare una sua immagine nell’annuario della scuola Barton.-  


-Interrompiamo la trasmissione per darvi una notizia importantissima. Questo ragazzo, di nome Peter Ivy, la cui foto potete vederla sui vostri schermi, è responsabile di pluriomicidio. Per cui, per favore, chiunque lo veda non esiti a chiamare la polizia al numero in sovraimpressione. Invitiamo gli ascoltatori a non rivolgere per nessun motivo la parola all’assassino, poiché le autorità sostengono che sia altamente instabile….-
-Guarda un po’. Sono già famoso.- -Eh sì. E anche molto. Questo lo vedono tutto lo Stato.- Peter restava nascosto tutto il giorno in luoghi poco frequentati, e rientrava in città solo per comprare il necessario; indossava una felpa con il cappuccio, un paio di grosse cuffie e dei grossi occhiali neri.
 –Sono 26 e 45 in totale.- disse gentilmente la cassiera di un piccolo negozio in periferia. Il ragazzo pagò come sempre in contanti per evitare di essere rintracciato; ringraziò e uscì lentamente per non essere sospetto. Si girò per dare un’ultima occhiata al negozio e notò qualcosa di insolito: dopo pochi secondi capì che la cassiera non era più dietro al bancone. Come un felino, scattò e cominciò a darle la caccia. Trovarla non fu difficile: la povera donna era rannicchiata sotto la cassa, tremava e tentava di comporre un numero sul cellulare. Peter la guardò dall’alto verso il basso, e quasi provò pena per lei vedendola così spaventata e indifesa. –Ti prego, non farmi del male!- disse con le lacrime agli occhi. -Ho due bambini, un lavoro, un marito, devo mantenere la mia famiglia.- Il ragazzo scosse la testa: -Credi di essere la prima che mi dice così? In fondo, a me, cosa dovrebbe importare di tutto ciò?- La cassiera scoppiò di nuovo in lacrime mentre batteva lentamente i pugni sul pavimento. –Ok, dimmi cosa stavi facendo col cellulare. Sii sincera che magari…- Come un lampo di luce nell’oscurità, la donna si asciugò il viso e credette in quella flebile illusione: -Io stavo chiamando la polizia. Ma adesso non lo faccio più, promesso, e se vuoi ti dò anche il mio cellulare, così sei sicuro che non lo faccio per davvero.- Peter guardò il soffitto, assumendo un’aria pensierosa, mentre le speranze della sua vittima crescevano sempre più. –Quindi ora io me ne vado e tu non chiami la polizia, giusto?- La donna annuì con la testa sorridendo. –E ti aspetti che io ti creda?- le urlò in faccia facendola scoppiare di nuovo in lacrime. –In fondo è colpa tua.- continuò pacatamente –Se avessi aspettato qualche minuto a chiamare la polizia, io me ne sarei andato, gli sbirri non mi avrebbero mai trovato e soprattutto tu- fece una piccola pausa –non saresti morta.- Il locale si riempì di urla di disperazione. –Forza, mio diletto, prendila e portala con te!- disse facendo ampi cerchi con le braccia come se stesse recitando all’opera -Non mi sono mai divertito così tanto! Mi spiace doverti abbandonare tra pochi giorni.-
Peter si gustò la scena: a ogni convulsione, a ogni verso strozzato della donna che stava per morire, provava piacere; adorava proprio il momento in cui la scintilla della vita abbandonava il corpo, quando le persone si trasformavano in cadaveri vuoti senza anima.
-Tanto che ci sono…- Peter aprì la cassa con la chiave che trovò nella tasca della gonna azzurra della donna e prese tutto il suo contenuto. –Avrei dovuto farlo prima.- disse Peter con un macabro sorriso, -perché non ci ho mai pensato? Adesso ho soldi a sufficienza per sparire da questo posto schifoso.- -Ti ricordo che sei ricercato in tutto lo Stato. Come pensi di fare per andartene?- Assalito da un improvviso impeto di rabbia, gettò violentemente a terra i soldi appena rubati e uscì dal negozio.

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Capitolo 5
*** Preso! ***


Peter -Allora.- si schiarì la voce Check, -Abbiamo costatato che il ragazzo può uccidere con lo sguardo.  Sembra impossibile, ma è così: ha guardato la sua vittima, ha pronunciato una sorta di formula magica, e ha ucciso.- Rudy lo osservava con aria scettica e distaccata, come se riteneva  di sapere come si fossero svolti realmente i fatti. Check se ne accorse: -Cosa vuoi dire con quella faccia da ‘io so tutto’?- Rudy si spaventò, probabilmente perché non si era reso conto di aver assunto quell’espressione da saccente. –No, è che…- balbettò –Mi appare così strano tutto ciò… mi sembra una cosa sovrannaturale.- Check si sedette sconsolato: -Lo so. Ma è tutto ciò che abbiamo. Dobbiamo prendere quel figlio di buona donna di sorpresa, in modo che non si renda conto di cosa gli stia capitando.- -Prima però bisogna trovarlo.- -Infatti. È davvero bravo a nascondersi nonostante abbia già raggiunto le 108 vittime in totale. Tuttavia sono convinto che commetterà un errore, e noi saremo lì a sfruttare l’occasione.-

-Caro mio, siamo arrivati a 99.- -Ne ho uccisi di più.- -99 per il contratto. Non mi importa se…- -A me invece sì!- urlò infastidito, tanto che un passante si girò per capire la fonte e la causa di quel grido. Peter accelerò il passo. –Guarda che lo so che una parte di te si sta divertendo.- Il ragazzo non replicò, o meglio, non volle replicare a quella provocazione. –Ancora un giorno e sei libero.- Già pregustava quel momento: niente più voci nel cervello, pesi invisibili da sopportare, paure nel vedere la sua anima dannata per l’eternità e finalmente avrebbe potuto dormire senza più incubi di terrore: in poche parole tornava a vivere.  –Come pensi di riinserirti nella vita quotidiana? Ricordati che sei ricercato.- Peter rise: -Dimentichi che nessuno ha prove. Avrei ucciso le mie vittime con lo sguardo? O con la voce? Un buon avvocato, e tutto è risolto. –Il poliziotto che hai ucciso sicuramente sarà stato in contatto con qualcuno alla centrale.- -Vero, ma siamo da capo. Chi crederebbe a un uomo che dice di avermi visto uccidere con delle parole. La nostra società è ancora troppo ancorata alla scienza, e queste cose non sono assolutamente scientifiche. Ripeto, un buon avvocato e tutto si risolve. Un giorno ancora.-

Rudy entrò nell’ufficio gridando e sventolando un foglio: -Capo, capo! L’ho trovato!- -Check si girò di scatto, allarmato ma fiducioso: -Cosa, chi hai trovato?- Con il fiatone, il collega gli porse un documento: -Ha avuto ragione! Il ragazzo ha fatto un errore, e adesso sappiamo dove si trova.- Dopo aver letto, Check saltò in piedi in preda all’euforia: -Domani non ucciderà nessun altro. Si sogna il 109. Rudy, prepara la macchina. Voglio che sia preso entro la mezzanotte, quindi abbiamo solo due ore; sbrigati. Operazione 34.- -34?- ripetè sbigottito. –Ma la 34 non è quella…- -Sì, sì e quella. Sbrigati.-

Peter trovò un posto abbastanza confortevole dove nascondersi: si trattava di un vecchio ponte ormai in disuso per la costruzione di un altro nuovo poco più distante. Ogni sera il ragazzo cambiava rifugio, così da lasciare meno tracce possibili della sua presenza. –Guarda un po’- disse sorpreso –c’è una macchina là in fondo. Strano, nessuno viene da queste parti; sarà una coppietta in cerca di un po’ di privacy, e chissà, se rimarranno lì fino a domani, magari tra poche ore non saranno più una coppia.- -Ma che crudeltà… quasi mi spiace lasciarti domani, anzi, tra poco. Dovremmo festeggiare, non credi?- Peter rise: -Festeggiare cosa? La fine di un incubo? La ritrovata libertà? Le 100 vittime? Tutto ciò non sarebbe successo se non avessimo letto quello strafottuto libro. Eravamo piccoli, idioti. Non c’è nulla da festeggiare.-
Un suono, simile a un battito di mani, risuonò nella brezza notturna molto vicino a Peter; il ragazzo non fece in tempo a girarsi nella direzione di quel rumore che sentì un grosso ago infilarsi nella gamba destra. Cadde sulle ginocchia, mentre le palpebre cominciavano a chiudersi; capì immediatamente ciò che stava accadendo: -Prendili…- disse con un filo di voce –Prendili tutti.-

Peter si svegliò in una stanza completamente bianca, con dei materassi al posto delle pareti. Cercò di muovere le braccia, ma restarono immobili cingendogli il torace. –Fatemi uscire!- urlò con tutto il fiato che aveva in gola. Provò a divincolarsi dalla camicia di forza, inutilmente. –Finalmente ti abbiamo preso.- Peter guardò il soffitto della cella e vide che in un angolo spuntava un altoparlante con una telecamera. –Bravi.- rispose sfacciatamente, –Peccato che io non abbia fatto nulla.- -Davvero?- disse la voce metallica. –Davvero?- -Certo, non avete alcuna prova contro di me.- -A parte la testimonianza di un agente…- -Morto!- urlò. –Vero, ma le immagini non mentono mai.- Il cuore di Peter fece un tuffo nel vuoto. –Non avete nulla, state bluffando, volete solo una mia confessione.- La voce rise: -Allora ascolta. Qualche giorno fa sei entrato un piccolo supermercato e hai ucciso una giovane cassiera. Non basta: le hai anche fatto credere che avrebbe avuto una possibilità di scampo se non avesse chiamato la polizia. Poi hai derubato il negozio, però dopo hai gettato a terra i soldi inspiegabilmente.- Il ragazzo rimase scioccato e la paura cominciava a prendere il sopravvento su di lui. –Ohi, ohi! Ti hanno preso! Adesso come farai?- Trasse un lungo respiro per cercare di calmarsi: -Avete trovato il cadavere e avete ipotizzato questa storiella, e non avete nessuna immagine.- -Facciamola breve.- tagliò corto la voce –Quel negozio non aveva un impianto di sorveglianza, come ben saprai; tuttavia la donna, per la sua sicurezza, ha installato due microcamere all’interno della cassa, una che riprendeva davanti, e una che riprendeva di dietro. Una volta che abbiamo visto come ti eri camuffato è stato un gioco da ragazzi seguirti con le telecamere della città fino al tuo nascondiglio.- La collera pervase ogni singola cellula del corpo del ragazzo: -Ti avevo detto di prenderli tutti! Perché non lo hai fatto! Rispondi bastardo!- -Ma con chi stai parlando?- Ti sei dimenticato una importante condizione: sei obbligato a vedere le tue vittime.- Peter si rannicchiò sul morbido pavimento e cominciò a piangere. –Questa è come una confessione. 108 vittime sono davvero troppe.- lo canzonò la voce. –Abbiamo prove a sufficienza, resterai chiuso qui dentro per l’eternità, non vedrai più una figura umana fino alla fine dei tuoi giorni.- Fece una pausa di una decina di secondi, poi riprese: -C’è soltanto una cosa che non riusciamo ancora a capire: come hai fatto a uccidere tutte quelle persone senza nemmeno sfiorarle?- -Non sono stato io.- -Cosa?- strillò la voce. –Se volete saperlo, almeno consentitemi di dire addio ai miei genitori.- -D’accordo!- replicò di scatto, -Entro oggi li vedrai entrambi, ma poi dovrai dirci come hai fatto.- -Promesso.- sogghignò il ragazzo.

-Sarà corretto lasciargli vedere la mamma?- chiese Rudy con aria malinconica. Check era ancora assorto nei suoi pensieri: fissava e rifissava il pulsante per accendere e spegnere il microfono che comunicava con la cella in cui era rinchiuso Peter. –In fin dei conti non è un animale. Ha diritto pure lui di…- -Non è un animale?!- ripetè aggressivamente Rudy, -Mi sbaglio o sei stato tu, capo, a volere un codice 34, quello degli animali selvatici in libertà?- Check sbattè i pugni sul tavolo come suo solito quando era furioso: -Certo! Dimenticavo che è arrivato il commissario Rex tra di noi! Perché non sei andato là tu ad arrestarlo? Perché non ti sei presentato faccia a faccia con quell’assassino dicendogli ‘alto le mani sei in arresto’? Hai dimenticato cosa ha fatto all’agente che ha tentato di seguirlo? Gli sono bastate un paio di parole per ammazzarlo!- Poi riacquistò la calma: -Ritengo che la visita dei suoi genitori sia il minimo… non vedrà più nessuna anima viva per il resto della sua vita se lo giudicassero colpevole. E poi ha promesso di dirci come fa a uccidere con le parole. Chiamali, e di’ loro che è urgente.-

-Come hai richiesto, tua madre è già qui, tuo padre arriverà tra pochi minuti. Ora dicci il tuo segreto.-  Una piccola finestrella si aprì all’altezza del viso di Peter, mostrando il viso della madre in lacrime: -Non preoccuparti, riuscirò a tirarti fuori di qui, sono sicura che…- -Io non ho mai ucciso nessuno.- la interruppe con freddezza, -Voi non potete vederlo, e neanch’io, ma di fianco a me si trova un demone.- Nessuno osava parlare, gli agenti restavano immobili, come se le sue parole fossero la loro linfa vitale. –Posso solo sentire la sua voce. Io ordino chi uccidere, e lui lo fa; lui mostra loro cosa li aspetta una volta morti, e lo stress psicologico è talmente grande che il cervello è come se si disattivasse, dimenticandosi di svolgere le solite funzioni, come il respirare o il battito cardiaco. Voi non lo sapete, ma nell’aldilà il vostro corpo sarà sottoposto alle più terribili torture; verrà dilaniato, sfilacciato, i demoni ne trarranno piacere mentre soffrirete tremendamente.- Check scosse la testa, pensava che era totalmente pazzo. –Uccido perché ho redatto una sorta di patto con questo bastardo demone: lui ritiene che la mia anima ne valga altre 100; gli fornisco queste vittime, e lui mi lascerà andare, altrimenti sarò io a patire tutte quelle atrocità. E io non voglio.- Rudy accese il microfono, infuriato: -Se ciò fosse vero, sei comunque un assassino! Renditi conto che sei una persona sola, una! Invece tu ne hai uccise più di 100. Che coscienza devi avere? Come fai a sopportare tutte queste morti innocenti?- Peter abbozzò un piccolo sorriso: -Non sono stato il primo a stipulare questo tipo di contratto. Dovete sapere che c’è stato sicuramente almeno l’autore del libro prima di me. Questo demone è stato evocato grazie a un errore che ho compiuto circa due anni fa attraverso un libro. L’autore, dopo aver visto cosa comportava avere un demonio affianco, ha scritto quel volume, affinchè nessun altro compiesse i suoi errori.- -E che fine ha fatto quel tizio?- chiese Check incuriosito. –Lui si è suicidato poiché non ha retto lo stress psicologico.- -Se quell’uomo non ha resistito, come hai fatto a farlo tu, un ragazzino?- -Ciò credo che sia stato possibile grazie a un nuovo stratagemma del demone: ritengo che quasi tutte le persone con cui ha stipulato il contratto, prima o poi, si siano suicidate. Così ha fatto in modo che il patto venisse sempre rispettato: ha soppresso alcune emozioni umane, come la pietà e la compassione, poi ha reso il senso di libertà come una droga che crea una fortissima dipendenza; con queste premesse hai in testa solamente il giorno in cui ucciderai la centesima vittima.- -Allora te ne sei accorto… ma che bravo che sei.- Check non riusciva a credere a quelle parole, e dalle espressioni di Rudy nemmeno lui le giudicava veritiere. –Mi spieghi, allora, un’altra cosa?- disse l’agente con un tono che stava a significare ‘questo metterà in difficoltà le tue cazzate’, -Perché non hai ucciso le persone standotene a casa tua senza girovagare per la città? Oh, ma sai la matematica? Le tue vittime sono 108, hai già superato il fatidico 100…- Peter non sembrava affatto infastidito, né in difficoltà, cosa che fece saltare i nervi di Check. –Il mio contratto prevede che io uccida una persona sola al giorno, e che la scelga io. Se per necessità, come è successo con il vostro agente che mi ha pedinato, ne ho mandate altre agli inferi, beh… quelle non contano, sono incidenti di percorso. Ah, dimenticavo che io devo vedere mentre la vittima comincia a morire, altrimenti il demone non la va a prendere.-
-Hai sentito Rudy?- strillò Check col microfono spento. –‘Incidente di percorso’ ha chiamato la morte del nostro agente, incidente di percorso. Ma chi si crede di essere quel bastardo? Eh? Crede che noi stiamo qui a berci tutte queste storielle horror? Stai certo che questo non vedrà mai più la faccia di una persona, e nemmeno la luce del giorno.- Poi, lentamente, riprese la calma: -Tanto vale che gli chiedo un’ultima cosa.- Spinse il pulsante rosso del microfono: -Ascoltami, quindi oggi sarebbe il tuo ultimo giorno per trovare l’ultima vittima. Come hai intenzione di fare? Il tuo ‘demone’ resterà accanto a te per l’eternità.- Peter scuoteva la testa sorridendo mentre teneva gli occhi chiusi. L’ira invase ancora una volta Check: -Credi che noi adesso ti liberiamo e ti facciamo scorrazzare in giro per la città? Chi ucciderai? Me? Rudy?- Rudy impallidì. –Non puoi, pazzo! Se credi nelle tue stupide regole, devi vederci morire, e non potrai mai farlo! Chi pren…- Le ultime parole gli morirono in gola, soffocate; rimase immobile, pietrificato, con gli occhi sbarrati. Rudy gli si avvicinò: -Capo stai bene?- Check sussurrò qualcosa a bassissima voce. –Non ho capito, puoi…- L’agente girò la testa e guardò il suo collega con uno sguardo vuoto, pieno di dolore e rassegnazione: -Non c’è più tempo.- A quel punto anche Rudy intuì il piano di Peter e, senza emettere alcun suono, con le labbra articolò ‘la madre’.
Peter fissava negli occhi Bridget, e la osservava avidamente. Storpiò la bocca in quello che non si potrebbe mai definire un sorriso, e sibilò: -Vai, prendi la tua ultima vittima, dammi la libertà!-

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Capitolo 6
*** Destino crudele ***


Peter Peter si svegliò in una stanza completamente bianca, con dei materassi al posto delle pareti. Cercò di muovere le braccia, ma restarono immobili cingendogli il torace. Si alzò lentamente e vide il corpo di sua madre attraverso una finestrella, immobile, come se fosse addormentato. –Mamma?- disse avvicinandosi. Un lampo gli trafisse il cervello, provocandogli un dolore atroce: si mise in ginocchio e lanciò un breve urlo; subito dopo l’immagine di Bridget che lentamente moriva apparve nitida, come se fosse davanti ai suoi occhi. –Che… che cosa ho fatto?- balbettò. –Mamma? Mamma ti prego…- Schiacciò il viso contro il vetro per vederla meglio. Gradualmente il ragazzo ricordò tutte le persone che aveva ucciso, i loro visi, i loro sguardi poco prima di morire, le loro sofferenze… tutto era così chiaro e limpido, solamente non riusciva a comprendere come avesse potuto fare tutto ciò da solo. Ma lo aveva fatto. La pressione psicologica gli piombò addosso violentemente, provocandogli una crisi di pianto isterico: singhiozzava, faceva movimenti frenetici, a scatti, non riusciva più a controllare né il suo corpo né la sua mente.
Check, osservando quella scena, fu mosso da un sentimento di pietà, nonostante sapesse che razza di mostro era quel ragazzo. –Adesso non è più pericoloso.- disse malinconicamente –La sua pena saranno gli anni che gli rimangono da vivere.- -D’accordo, ma non possiamo lasciarlo andare.- intervenne Rudy. –Certo che no! Lo faremo ricoverare da qualche parte: nessun uomo, tanto meno un ragazzo come lui, può sopportare la responsabilità di così tanti omicidi; poi l’ultimo è stato il più orribile. Ripeto, ora che si è reso finalmente conto di ciò che ha fatto non nuocerà più a nessuno.- Rudy sbuffò: -E ai media cosa diciamo? Abbiamo preso l’assassino e non lo processiamo nemmeno? E poi chi ti ha detto che non è davvero più pericoloso? Se stesse solamente facendo finta?- Check rise: -Ti preoccupi troppo  caro mio. Con i media diremo qualcosa, qualsiasi cosa, inventeremo una storia credibile… come se fosse la prima volta che lo facciamo.- Fece una pausa. –Mi prendo tutta la responsabilità: se ti dico che non è più pericoloso, non è più pericoloso. Guardalo.- allungò l’indice verso il monitor, –Non riesce più nemmeno a parlare, si muove solo avanti e indietro, e piange come un neonato. Forza, toglietemi quel corpo da lì e trovate un buon ospedale psichiatrico per il ragazzo.-

-Allora, infermiera, come va col paziente 66?- -Vede, dottore, la nostra terapia ha funzionato inizialmente: è giunto qui completamente pazzo, non riuscivamo nemmeno a dargli da mangiare, continuava a piangere e a gridare.- -Poi cosa è successo?- -Dopo un mese si è stabilizzato: stava fermo la maggior parte del tempo, quasi non piangeva più e mangiava regolarmente. Sembrava quasi guarito, anche se non ha mai detto nemmeno una parola.- -E adesso, invece?- -Ora ha cominciato a parlare.- -Ottimo! Allora perché ha la faccia così triste?- -Vede dottore, la situazione è peggiorata contrariamente a quanto si possa pensare: il paziente parla, è vero, ma con un amico invisibile, e per giunta sta tramando qualcosa. L’assenza della parola, come lei già sa, non è un sintomo di pazzia…- -E invece crearsi un ente invisibile e per giunta parlarci assieme sì.- -Esatto dottore. Noi monitoriamo i nostri pazienti 24 ore su 24; il ragazzo parla di continuamente di contratti, e che dovrebbe uccidere 200 persone, altrimenti verrebbe torturato nell’aldilà. Cosa suggerisce di fare?-

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