Eternità di Porrima Noctuam Tacet433 (/viewuser.php?uid=177380)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Niccolò Machiavelli- Una fine per ogni cosa. ***
Capitolo 2: *** Billy the Kid-Cinque colpi di pistola. ***
Capitolo 3: *** John Dee- Sulla cima del mondo, mi fermerò. ***
Capitolo 1 *** Niccolò Machiavelli- Una fine per ogni cosa. ***
Niccolò
Machiavelli
Una
fine per ogni cosa
<< l’intelligenza sarà la tua
rovina. >>
Perenelle Flamel aveva pronunciato quelle parole
molti anni prima, ai piedi dell’Etna. E l’uomo alto e canuto le sentiva
pesare sul suo corpo come un macigno, ancora oggi. Perché non le aveva
mai dimenticate? Forse perché la donna lo aveva guardato con un
sentimento molto simile alla…pietà? Possibile che potesse provare pietà
per uno dei più potenti uomini al servizio degli Oscuri Signori? Le
ricordava ancora, quelle parole, in ogni dettaglio e con disagio.
Forse, in qualche modo, sapeva che erano la verità. Anche se non
avrebbe mai smesso di sforzarsi per negarlo.
Aveva sempre avuto una mente
brillante e fuori dal comune. Riusciva a vedere cose che gli altri non
vedevano. La sua scienza, la sua specialità, era sempre stata il pensiero.Si
era chiesto molte volte perché la gente non pensasse, non riflettesse
così accuratamente come lui. Col tempo era diventato molto interessante
agli occhi degli Oscuri Signori, anche se, con grande stupore di John
Dee, questo non gli dava alcuna soddisfazione. Con il suo ingegno aveva
manovrato a suo piacere intere generazioni, restando dietro le quinte.
Aveva sempre rinfacciato al mago di essere superbo. Gli aveva detto più
volte che quella sarebbe stata la sua rovina. Ma lui, Niccolò
Machiavelli, il più grande manipolatore di tutti i tempi, non aveva
saputo dire, in tutto quel tempo, quale sarebbe stata la sua
fine. Forse tutto ha una fine, e l'immortalità non fa altro che
rimandarla. Ed ora lo aveva capito, ne era sicuro. Grazie a Perenelle.
La sua intelligenza, che l’aveva tanto divertito, l’aveva portato nella
fossa. O comunque vicino ad essa. Era per queste sue capacità che Aton
l’aveva scelto tra tanti altri. L’intelligenza, la scaltrezza, l’essere
sempre di un passo avanti agli altri, la sua condanna e maledizione,
che aveva spaventato tanti uomini. I Medici, i Borgia, e molti altri
avrebbero fatto carte false pur di avere i suoi consigli strategici
dalla loro parte. Ma lui, in passato, nel profondo dell’anima, non
aveva mai sopportato di avere padroni. Il suo animo orgoglioso si
ribellava all'idea, e lui, divertito, lo lasciava fare. Fino a quel
giorno, l’inizio della fine, che era rimasto impresso, marchiato a
fuoco, nella sua memoria.
Niccolò Machiavelli camminava per le strade
strette e buie della sua città. Era stata una lunga giornata di lavoro,
e aveva fatto molto tardi. Di nuovo. E gli dispiaceva. Marietta non
glielo avrebbe comunque perdonato, e forse nemmeno i suoi figli. Si
promise di passare più tempo con loro. Trascurarli non era mai stato un
suo desiderio, amava la sua famiglia come niente al mondo. E, per la
prima volta, sentiva di avere bisogno di un po’ di tregua. Tregua. Dal
lavoro, dalla Cancelleria, dalla diplomazia e dal suo ruolo di
ambasciatore, anche se era un uomo che amava davvero il suo lavoro, e
soffriva nell’ozio e nella monotonia. Si sentiva tremendamente in
colpa. Stava accadendo troppo spesso. In un primo momento non si era
accorto di quello che stava succedendo. Ma poi, una sera, aveva sentito
Marietta piangere nella loro camera da letto. E allora aveva finalmente
capito. Lui stava fuori città troppo spesso, come ambasciatore, in un
mondo dove ogni parola sbagliata può uccidere, trattando questioni
importantissime e delicate. Si era divertito a rischiare. Ma non poteva
vederla piangere, non lei, e allora la diplomazia gli aveva rivelato
tutto il suo lato effimero. Ripensò con amarezza ai giorni in cui
avevano entrambi appena sfiorato i trent’anni, quando ancora tutte
quelle preoccupazioni e tutta quella nostalgia da parte di sua moglie
non esistevano. Accelerò il passo.
<< Niccolò Machiavelli.>>
L’uomo dai capelli neri si girò di scatto. Era
sicuro di aver sentito qualcuno chiamarlo. Non vide nessuno. Un
bagliore lo accecò per un istante, pensò che fossero delle carrozze
illuminate , ma non sentì il rumore dei cavalli. Scrutò il buio, con il
solito sguardo attento e concentrato. Un uomo emerse dall’oscurità.
Era alto, avvolto in un lungo mantello nero. La
pelle sembrava essere scolpita nel bronzo, e gli occhi, di un nero
sfavillante, risplendevano lucenti alla luce della torcia che teneva in
mano. I lineamenti alteri non lasciavano trasparire l’età precisa
dell’uomo. Ma era bellissimo. I capelli rossi scendevano in un'unica
cascata, fin quasi a sfiorare le caviglie, e gli occhi, in contrasto
con il colore della chioma, luccicavano di interesse, un
interesse che a Machiavelli sembrò quasi malsano. Avrebbe voluto
andarsene, forse correre via, ma rimase congelato, fino a quando
l’individuo non parlò di nuovo.
<< Ho sentito parlare di te. E della tua
abilità. >> parlò scandendo ogni parola. Per la prima volta in
vita sua, Machiavelli non sapeva cosa dire. La voce del rosso era
profonda e penetrava nell’anima. I suoi occhi lo scrutarono come quelli
di un rapace che cerca di capire se la preda merita la sua attenzione o
meno.
<< Che cosa vuoi? >> chiese
Niccolò, facendo appello a tutto il coraggio che aveva, guardandolo
ostile. Decise di abbandonare le formalità fin da subito, visto che
l'altro aveva fatto lo stesso con lui.
<< Siete sempre così pieni di domande.
Soprattutto tu, Principe, tu ti fai tante domande. Ma mi piaci. Perché
trovi risposte.>>
Niccolò rimase interdetto. Si sentiva come se
la testa gli si fosse riempita di nebbia. Principe?
<< Tu dici? Interessante. Ora, se vuoi
scusarmi, ho persone più assennate che mi aspettano.>>
Machiavelli si stupì di esser riuscito a
pronunciare una frase intera. Si chiese, confuso, se quei suoni fossero
usciti davvero dalla sua bocca, ma ormai aveva raggiunto l’apice
dell’irritazione. Basta giochetti. Marietta lo aspettava.
<< Un animo così indomito. Difficile da
comprendere. Dimmi, signor Machiavelli…. Sei più furbo del tuo
signore?>>
Machiavelli si voltò lentamente, piantando il
suo sguardo grigio negli occhi dell’uomo. Cercò di riprendersi il
controllo sulla sua testa pesante e sulla sua mente, si sentiva come se
gliela avessero portata via. La svuotò da tutti quei dubbi, e diradò la
nebbia. Non seppe che cosa lo indusse a rispondere. Forse sapeva che
sarebbe stato l’unico modo per liberarsi di quell’individuo.
<< Si.>> bisbigliò.
<< Certo che si. So che Firenze non è
priva di nemici. Sei più furbo di loro? >>
<< Si.>>
<< Sei più furbo di me? >>
<< Si.>> rispose Machiavelli, anche
se qualcosa dentro di lui aveva sobbalzato a ogni parola pronunciata
dal suo interlocutore. Era poi così sicuro della sua ultima risposta ?
L’uomo sorrise e batté le mani color bronzo.
<< E allora di che cosa hai paura?>>
Machiavelli rimase congelato al suo posto. Non
sapeva cosa fare, non sapeva nemmeno come pensare. Non capì, e questo
lo preoccupò seriamente. L’uomo aveva parlato come chi sa già la
risposta alla sua domanda. Machiavelli si voltò di scatto e riprese il
suo cammino a passo svelto, colto da un improvviso capogiro. Sentì
l’uomo ridere dietro di lui. Di cosa aveva paura? Dei suoi avversari
politici, dei Medici, dei sanguinari con cui doveva andare a esercitare
tutta la sua abilità diplomatica? No. Non di loro. Marietta non sarebbe
stata d'accordo con questo pensiero, lo sapeva. Ma forse... la morte
non lo spaventava quanto l'idea di poter perdere lei e i bambini. Ebbe
miracolosamente la forza di non sobbalzare, quando l'uomo parlò di
nuovo. A Niccolò parve che le parole si formassero direttamente nel suo
cervello.
<< sei una persona singolare, Niccolò
Machiavelli. Sarai uno strumento prezioso.>>
Angolo autrice...
Ho scritto questa
fic perchè sono molto affezionata a questa saga e speravo di trovare
qui altri fan.
Non ho la minima idea,
sinceramente, di come mi sia venuta questa breve storia, per questo
sarei davvero molto felice se lasciaste una recensione : ) !!!
Avrei in mente un
seguto, perchè non sono ben riuscita a trattenermi dal pensare a come
potesse continuare, ma non so se valga davvero la pena di postare altri
capitoli, anche perchè credo di dover mettere ordine ancora un po' le
idee nella mia testolina : D per ora metto "completa", poi
chissà....
Bhe, se siete
arrivati fino a qui, credo voglia dire che avete letto, quindi grazie
di cuore.
Non sono molto
esperta, anzi, non lo sono per niente, quindi il vostro parere mi
farebbe molto piacere!! ( anche le critiche sono ben accette,
naturalmente : ) )
ciao
Porrima
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Capitolo 2 *** Billy the Kid-Cinque colpi di pistola. ***
Billy
the Kid
Cinque
colpi di pistola
Billy the Kid, tu sei un fuorilegge. La tua è una
fama destinata a passare di bocca in bocca per tanto, tanto tempo. Lo
dicono i libri, lo dicono i nonni ai nipoti, lo dice Wikipedia. Sei
presente nella vita dei cittadini di tutto il mondo, e ne sei
orgoglioso. È sufficiente digitare poche parole sulla tastiera di un
computer per avere centinaia di risultati riguardanti la tua persona
sotto gli occhi. Impossibile dimenticare William Bonney, il fuorilegge,
il bandito, il ladro, il malfattore, l’assassino. Ricordi
quando sei passato davanti a uno dei tanti banchi della fiera in una
calda giornata di giugno, giunto lì per puro caso, accompagnato solo
dal ticchettio dei tuoi stivali da cow boy. Allora facevi una visita al
tuo luogo di nascita, lo stato di New York, il posto che fra tutti ti
sta più a cuore.“Venite, gente! Fate una fantastica foto con Billy
the Kid, il bandito senza scrupoli!” Ti sistemasti gli occhiali da sole
sul naso, istintivamente, mentre una strana sensazione di disagio ti si
insinuava dentro al petto.“Chi è quello,
papà?” avevi sentito chiedere ad un bambino poco lontano da te e al
settimo cielo per l’emozione." Davvero non lo sai? Billy the Kid,
il famigerato e impietoso bandito"
“Un volgare malfattore senza morale.” aveva aggiunto una donna, con
tono teatrale, un attimo prima di chinarsi sul bimbo e schioccargli un
bacio sulla guancia.
“ Si dice che abbia ucciso tante persone quanti erano i suoi anni di
età.”avevi sentito aggiungere, in tono sapiente, da quello
che doveva essere il fratello maggiore, subito rimbeccato da uno
sguardo accusatorio della madre. Evidentemente quest'ultima non voleva
rischiare di spaventare troppo il bambino più piccolo.
Ora osservi la statua di cera che ti è davanti,
fuorilegge; sono passati ben cinque anni da quel giorno, ma il tuo
aspetto è rimasto lo stesso, come potrebbe non essere così? Ti sembra
che anche la statua non sia cambiata, ti sembra che sia quasi identica
ad allora. Forse ti ritrae di qualche anno più giovane. È così
terribilmente simile a quella di quel giorno, a distinguerla solo
qualche particolare, perfettamente trascurabile ai tuoi occhi. Anche le
parole che vibrano nell’aria intorno a te sono rimaste le stesse. Sei
ancora il volgare criminale senza scrupoli, Billy the Kid.
Stringi i pugni, con rabbia. Sai che per domani all’alba la statua di
cera sarà trovata con cinque proiettili a sfigurargli la faccia, una
bella statua rovinata per sempre, nessun bambino potrà mai più
accomodarsi per fare una foto.
Mentre alzi la pistola nel cuore della notte,
William Bonney, non sai se il tuo gesto sia dovuto al bisogno di
mantenere l’anonimato o a qualche altro sentimento, e non te ne
importa. È strano vedere i propri lineamenti scolpiti su qualcosa che
non è il tuo corpo con tanta maestria. Quel volto è identico a come ti
vede la gente, non puoi negarlo. Impassibile davanti ad ogni cosa,
privo di sentimenti. Un giorno potresti diventare così anche tu. La
verità è che quel viso ti fa paura, più di molte altre cose,
sicuramente molto più pericolose di due occhi azzurri scolpiti nella
cera.
Premi il grilletto, perché Billy the Kid non ha paura di niente.
Un colpo, due, tre. Basterebbero, se tu fossi disposto a
fermarti. La tua mano è rigida, tu sai che non tremerà mai… non davanti
a una dannata e falsa statua. Il silenziatore fa il suo dovere, ma tu
immagini lo stesso i tuoni che dovrebbero squarciare l’aria quando
parte il proiettile, con tetra soddisfazione.
Al
quarto colpo il fumo sottile ti fa storcere il naso. Eppure ti senti
libero, leggero, in pace. Ti senti di nuovo sereno come sempre, e
sollevato.
Cinque. Come avevi stabilito. Sul tuo viso si apre
improvvisamente un sorriso ironico e sfrontato. Da quando hai scambiato
un primo sguardo con la statua non si è più dipinto sulle tue labbra.
Esattamente sei ore e trentanove minuti prima. Troppo tempo con
un'espressione pensierosa e inevitabilmente cupa, Billy, non è da te.
Fin da
ragazzo hai sempre aprezzato l'astuzia, anche se delle volte portava ad
azioni che superavano i confini tracciati dalla morale. La tua
esistenza è sempre stata così. Sospesa tra Angeli e Demoni. Non hai mai
ignorato i tuoi Angeli, ma nemmeno hai mai disprezzato i tuoi Demoni.
Ma quel giorno sfigurare quegli occhi inespressivi che non hanno niente
di simile ai tuoi era la tua unica necessità. Tu non sei solo un
bandito, c’è molto di più in te, e ci è sempre stato. La gente si
sbaglia, lo sai. Ti piace essere considerato una leggenda passata alla
storia, ma sai di essere diverso da come credono. Diverso dagli Oscuri
Signori, diverso da alcuni immortali, diverso da un assassino senza
morale e senza anima.
Tu credi
ancora nella vita umana, Billy the Kid, tu hai rispetto, sei capace di
provare pietà.
Tu non
avrai mai un cuore di cera, fuorilegge.
Angolino
di Rima
torno a rompere con un'altra one-shot di questa saga...
questa volta il fortunato (?) è stato Billy the Kid, personaggio che mi
è sempre piaciuto.
mio malgrado... la tentazione di scrivere qualcosa su questi personaggi
in questo periodo è troppo forte
non so come mi sia venuta in mente una storia simile... ha qualcosa
di...lievemente (?) patetico, lo so, ma l'ho pubblicata perchè
sarei davvero molto contenta di sapere cosa ne pensate, ovviamente
anche le critiche sono più che gradite.
la verità è che questa one- shot è stata pubblicata perchè, un pochino,
mi ci sono affezionata : D
E quindi... un graziespeciale
a tutti quelli che hanno letto queste breve one- shot!!!
Ciao!!!
Rima N.
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Capitolo 3 *** John Dee- Sulla cima del mondo, mi fermerò. ***
John
Dee
Sulla
cima del mondo, mi fermerò.
Il dottor
John Dee non era mai stato in grado di sentire la mancanza di una
persona. Non
l’aveva fatto secoli prima, quando era solo un ragazzo, un adolescente.
Aveva
scelto il suo destino senza guardarsi indietro, rendendo insoddisfatto
suo
padre iscrivendosi ad una colta scuola inglese, invece di prodigarsi
nel
mestiere che la sua famiglia aveva scelto per lui. Non aveva sentito la
mancanza del padre quando era morto, o della madre, mentre era
impegnato a
studiare e ad accrescere la sua cultura. Per decenni, aveva fatto di
tutto per
non provare malinconia ripensando a Virginia Dare, ed era riuscito a
superare
anche quell’ostacolo. Perché John Dee era un uomo di ampie ed alte
ambizioni, e
non aveva tempo di guardarsi alle spalle. Il mondo era una meraviglia
da
scoprire, la vita stessa era un gioco. Chi arrivava prima, godeva di
più
privilegi. Chi arriva prima vince il gioco, e sulla terra esistevano
persone
che non sarebbero mai arrivate dove era arrivato lui. Alcuni segreti
sarebbero
rimasti tali al mondo intero, e su questo Dee non aveva niente da
ridire.
Segreti celati al mondo, forse, ma non a lui.
Perché Dee sognava in grande, e gli piaceva pensare che i suoi
non
fossero solo sogni, era arrivato al punto di definirli “certezze”.
<< Che cosa speri
di
diventare? Un intellettuale? Non sarai niente di quello che sogni di
essere, e
avrai solo perso tempo. >>
<< Lo vedrete,
padre. Non sono
come voi, e la vostra vita non fa per me. >>
Una risata di scherno.
John stringe
i pugni, e si riempie la testa di giuramenti tra se e se, per il suo
futuro.
<< Ah, sì? Perché,
sono troppo
in basso per te? La mia ambizione è troppo arida? >>
<< Esatto.
>>
Prende un respiro.
<< Smetterete di
guardarmi
come se avessi il destino già segnato, come se non potessi fare altro,
come se
non potessi scegliere la mia vita! Vi
sorprenderò, non ho nessuna intenzione di rimanere inchiodato qui!
>>
L’uomo serra la mascella.
Quando
parla di nuovo, la sua voce è come un sibilo.
<< Non mi renderai
comunque
fiero di te. >>
<< Allora renderò
fiero me
stesso. >>
Davvero suo padre pensava
di
convincerlo con quelle parole?
<< John… >>
l’uomo lo
guarda negli occhi, un avvertimento preoccupato si nasconde
nell’espressione
impassibile.
<< Non ne avrai mai
abbastanza, di conoscenza…. E ti metterai nei guai. >>
<< Forse… >>
inizia il
giovane, abbassando lo sguardo e riducendo la voce a un sussurro. Poi,
spinto
dall’orgoglio e dalla determinazione, rialza la testa di scatto.
<< Forse è quello
che voglio! >>
Che cosa
avrebbe detto il suo vecchio se avesse saputo che suo figlio era
arrivato al
punto di sconfiggere la morte, e aveva passato già diverse vite su
questa
Terra?
L’ambizione,
l’arroganza, la presunzione erano profondamente radicati nel suo
essere. Sapeva
di avere qualcosa di più rispetto agli altri, era speciale, e lo
sarebbe
diventato sempre di più. La voglia di essere superiore a tutti, e la
soddisfazione di riuscirci, lo avevano spinto ad incrementare dentro il
suo
animo un insaziabile desiderio di conoscenza e potere. La sua
determinazione
era infinita, perché alla fine, quando vivi per l’eternità, devi
trovare
qualcosa per cui vale la pena vivere, e per lui poter vedere dall’alto
tutto
ciò che gli era inferiore era più che sufficiente.
No, John
Dee non era mai stato in grado di sentire la mancanza di una persona,
perché
sapeva pensare solo a se stesso. Era egocentrico, egoista, superbo, ma non se ne vergognava, sapeva che la sua
arroganza l’avrebbe portato esattamente dove voleva arrivare. In cima
ad un
mondo ospite di una civiltà che non lo avrebbe mai superato.
Nella sua
vita non c’era posto per la pietà. Serviva i suoi padroni con devozione
e
ambizione, e non aveva fatto fatica a scrollarsi di dosso tutti gli
scrupoli
che fanno parte della natura umana. John Dee era stato umano, ma adesso
era
qualcosa di più. La pietà impone limiti, Dee non ne aveva e non avrebbe
mai
voluto averli. Perché la pietà, per i suoi gusti, si guardava troppo
alle
spalle, e troppe volte distoglieva lo sguardo da quello che davvero
contava, il
traguardo finale. La vita era un gioco, e se non si gioca bene, si
arriva
ultimi. Se non si punta a vincere, il gioco perde il suo senso.
John Dee ne
era convinto da quando era ragazzo, e allora molte persone ancora
dubitavano
delle sue capacità. Non sarebbe mai più successo, perché lui aveva
dimostrato
al mondo quanto valeva, ed era pronto a rifarlo.
Per questo
non capiva Machiavelli, che diceva di sentirsi umano e di “ non aver
mai
dimenticato le sue radici”. Per quanto
potesse essere fuori dal comune, l’italiano era proprio come tutti gli
altri.
Perché sentirsi umani quando si poteva essere qualcosa al di là di ogni
immaginazione? Che cosa ci trovava negli homines di così speciale?
<< Gli homines sono
destinati
a lasciare il posto ad esseri più potenti di loro, a quelle esistenze
che hanno
sempre ignorato, che non hanno mai saputo scoprire. Stiamo giocando una
partita
dove si perde tutto o si vince tutto. E loro non vinceranno mai.
Saranno
distrutti dalla loro stessa umanità. >>
Machiavelli inclina
leggermente la
testa, impassibile.
<< Perdere è
facile. Vincere
non è poi così difficile. Saper perdere, saper lottare, questo è
davvero lodevole.
Non pensi, dottore? >>
<< La sconfitta è
per i
deboli. >>
<< Per i deboli o
per i
pietosi, dottore? >>
<< Non c’è
differenza. >>
John Dee sente bruciare
la rabbia
dentro il petto, i suoi occhi incendiano il ghigno divertito di Niccolò
Machiavelli. La sua aura divampa per un istante, spargendo nell’aria il
fetore
di uova marce.
<< Che hai da
ridere? >>
<< Nessuno ha
ancora detto che
non si può ridere davanti a situazioni potenzialmente tragiche, John.
>>
Il Mago rimane in
silenzio, stringe
i pugni, a dir poco infastidito, mentre per l’ennesima volta si ritrova
a
pensare a quanto sia irritante e insopportabile quell’uomo che parla
sempre per
enigmi. Ma niente di quello che l’italiano ha da dirgli gli importerà
mai, in
fin dei conti.
John Dee
sapeva vedere ben oltre ciò che era visibile. Era anche un idealista,
tra le
altre cose. Lo era sempre stato, e aveva deciso di impegnarsi più di
ogni altro
per dimostrare il proprio valore nel momento in cui aveva capito che in
molti
ridevano dei suoi sogni, dei sogni che all’inizio non erano stati
nemmeno molto
ambiziosi.
Era come se
quel ragazzo apparentemente come tutti gli altri avesse già sentito il
peso del
futuro che lo aspettava, fin dai quindici anni. Era vero, John Dee era
diventato superbo, arrogante, tremendamente ambizioso e di un egoismo
radicato,
o forse lo era sempre stato. Tutte qualità che la gente considerava
profondamente negative e malsane. Alla fine, però, John Dee, il mago,
il
negromante, sarebbe arrivato più in alto di tutti loro. Questo suo
spirito così
fuori da ogni schema lo aveva portato agli Oscuri Signori, alla magia,
al
potere.
E, tempo
addietro, lo aveva portato anche davanti
ad un portone di una via parigina, dove tutto era iniziato, e i
suoi
sogni si erano realizzati.
<< Nicholas
Flamel? >>
L’uomo gli sorride,
benevolo.
<< Sì, sono io. Che
cosa posso
fare per voi? >>
John Dee
chiuse gli occhi per un istante. Tutto era partito da quel portone,
quando
ancora il mago non era nessuno. Aveva riesaminato per una vita intera,
per
diverse vite in realtà, i suoi ricordi, per trovare qualcosa che gli
fosse
utile a catturare Flamel. Dee era stato capace di fare tutto. Tranne
sconfiggere l’ Alchimista. E questo non riusciva ad accettarlo, perché,
in
fondo al cuore, temeva che suo padre avesse sempre avuto ragione. Tutti
hanno
paura, non è così? Persino gli Oscuri Signori. La paura, un nemico che
Dee non
poteva distruggere.
<< Vorrei diventare
vostro
allievo, signore. >>
Si guardano negli occhi
per alcuni
istanti, l’azzurro chiarissimo trafigge il grigio pietra. Poi, il corpo
magro
dell’Alchimista si fa leggermente da parte.
<< Qual è il vostro
nome? >>
<< John Dee.
>>
<< Entrate. >>
Angolino
di Rima
Eccomi di nuovo a rompere, miei cari “ due o forse
tre” fans
di questa saga! Per prima cosa, mi scuso per il titolo, ogni volta
trovarne uno
adatto e decente è una battaglia senza speranza di successo.
Per tanto tempo sono rimasta incerta se continuare
o no la
raccolta. Ora mi sono finalmente decisa
* suonano le trombe* ed ecco a voi… John Dee! Questo personaggio è
stato forse
anche più difficile da mettere su carta di Billy The Kid o Machiavelli, forse perché non è il mio personaggio
preferito. Comunque, volevo scrivere assolutamente qualcosa su di lui,
anche se
ho cambiato o aggiunto pezzi di storia almeno quaranta volte! (quindi
sarò
grata in eterno a chi mi farà sapere come sono andata con questa One
shot : D)
La voglia di scrivere su questa saga è davvero
tanta, ma ho
deciso che questa piccolissima raccolta finisce qui. Le altre storie (
perché non
ce la faccio a non scriverle : D ), le pubblicherò a parte. Un altro
titolo per
Eternità potrebbe essere “ antagonisti che hanno affascinato di più
Porrima “,
per questo ha solo tre capitoli.
Grazie
a chi avrà voglia di recensire, o chi semplicemente leggerà
questa
storia ( lo so, lo dico sempre) !
Ciao!
Rima ; )
|
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