Ain't No Sunshine

di Summoner Luna
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** I ***
Capitolo 2: *** II. La lettera ***
Capitolo 3: *** III. Deviazione ***
Capitolo 4: *** IV. Domani è per sempre ***
Capitolo 5: *** V. La chiave di vetro ***
Capitolo 6: *** VI. La notte ha mille occhi ***
Capitolo 7: *** VII. Nonostante il domani ***
Capitolo 8: *** VIII. Dove finisce il sentiero ***



Capitolo 1
*** I ***


Disclaimer: Final Fantasy VIII e i suoi personaggi sono proprietà Square-Enix, e vengono qui utilizzati senza scopo di lucro: nessuna violazione del copyright è pertanto da ritenersi intesa.

AIN'T NO SUNSHINE
scritta da Summoner Luna, tradotta da Alessia Heartilly
I.

Sono le ventitré e quarantuno, orario di Deling, quando qualcuno bussa alla porta e vedo attraverso il vetro decorato la figura di una donna.

È passata l'ora di chiusura. L'unico motivo per cui sono in ufficio è un brutto appuntamento con una mia vecchia fiamma, e mi sono inventato una qualche scusa sul dover controllare qualcosa per un cliente per svignarmela. È stato alle ventuno e trenta, ma persino adesso, più di due ore dopo, so che lei mi starà aspettando fuori. Dormirò qui, se devo.

Stringo gli occhi. Il vetro confonde e distorce, ma la figura è davvero troppo alta per la signora che sto cercando di evitare. Beh, una di loro. Non ci è voluto molto per imparare che, a quest'ora, vale la pena evitare qualsiasi signora.

Ignoro il bussare. Ho lasciato la luce accesa. Terribile per la bolletta della luce, ma è la storia che avrà domattina.

Bussa di nuovo. Sono sempre insistenti dopo la chiusura, e vengono tutti con un tipo speciale di guai.

Il bussare finalmente si ferma, e torno alle mie carte. Non una ricerca per un cliente, ma le cose divertenti diventano più divertenti man mano che la bottiglia si svuota.

Il divertimento finisce quando sento scattare la serratura, e la porta si apre per rivelare una donna che quasi mi toglie dannatamente il respiro. È alta e bionda, i capelli in uno chignon stretto che mostra un collo in cui adorerei affondare i denti, e un vestito che le abbraccia ogni curva. E le sue gambe... La fisso da dietro la scrivania e sollevo un sopracciglio in segno d'approvazione, senza preoccuparmi di nascondere la mia opinione. Le donne bellissime che si intrufolano nel mio ufficio a mezzanotte non hanno il privilegio di ottenere il decoro della modestia.

"Credo che il cartello dica 'chiuso'," le dico, indicando il vetro dietro di lei.

"So leggere," ribatte lei arguta. "Seifer Almasy?"

"Sono io."

Lei si allunga per stringermi la mano e io noto immediatamente un anello al suo dito indice, un anello che porta un simbolo che riconosco fin troppo bene.

"Sei una mercenaria." Le fisso la mano.

"L'hai notato." Lei stringe il pugno e me lo avvicina per farmi vedere bene il simbolo. Riconoscerei quel simbolo ovunque.

"L'ufficio è chiuso. Ritorna domani mattina." Le allungo un biglietto e picchietto il dito sulla riga che indica le 'ore d'apertura'.

Lei afferra il biglietto e se lo infila nel bustino del vestito, e solleva il mento. "Posso pagare."

"Puoi pagare domani mattina." La supero avviandomi alla porta, una mano sulla maniglia e l'altra che indica il corridoio.

Lei si avvicina a me, un'espressione vacua sul viso, e io penso quasi che si arrenderà, quando lei allunga un braccio, posando la mano sulla maniglia sopra la mia, e si sporge in avanti così che il suo seno mi sfiori appena il soprabito. Sporge la testa verso di me e posa le labbra contro il mio orecchio, e sussurra, "non penso che tu capisca del tutto, signor Almasy."

Sento una mano contro il fianco e stringo gli occhi guardando i suoi capelli biondi, ma non è il peso delle sue dita a cadermi in tasca, ma svariati fogli di carta. Ritira la mano, facendola scivolare sulla mia gamba più di quando dovrebbe davvero, ed è fuori dalla porta e nella notte prima che io sappia cos'è successo.

Scuoto la testa, cercando di togliermela dalla mente, e chiudo la porta. Infilo una mano in tasca e prendo i fogli, e quasi raggelo.

Sto tenendo più soldi in mano di quanti ne porti normalmente a casa in un mese. Li apro, e sistemato ordinatamente al centro delle banconote c'è un foglio di un blocco per appunti da hotel con scritto Q. Trepe, Mercoledì, nove di mattina. Il foglio profuma di cannella, e le parole sono sigillare con la forma delle sue labbra di un rosso scuro e provocante.

*~*~*~*~*

Sono le otto e cinquantatré di mercoledì mattina e sono fuori dall'hotel del blocco per appunti, a fumare una sigaretta e guardare scorrere le vie della città. Indosso un soprabito che sfiora il marciapiede e un'espressione del viso che fa sapere alla gente che non sono in vena di saluti di cortesia. Noto una bambola con un vestito chiaro e la seguo con gli occhi fino all'angolo, quando il profumo caldo di cannella mi raggiunge dall'altro lato.

"Beh, hai capito il mio appunto, ma la discrezione non è esattamente il tuo forte, vero?"

"Signorina Trepe." Strascico le parole voltandomi, e la guardo dall'alto in basso. È avvolta in un cappotto con il colletto di pelo che si ferma appena sopra alle ginocchia, e le sue gambe sono lunghe come giorni. So di averla fissata troppo a lungo quando lei fa schioccare le dita e mi guarda duramente negli occhi.

"Mi trovo in una certa situazione, e mi serve il tuo aiuto," dice rapidamente, e si dirige alle porte dell'albergo. Non mi dà alcun ordine di seguirla, ma oh, se la seguo.

"E i dettagli di questa situazione?"

"Possono aspettare fino a quando saremo più in privato."

Più in privato davvero. Cammina davanti a me mi distraggo con quelle gambe, seguendola nell'ascensore per un viaggio che dura un anno se dura un minuto.

"Quindi puoi-"

Lei mi ferma con uno sguardo, e mi zittisco, pensando a quel pacco di soldi nella mia scrivania. Fuori dall'ascensore, mi guida alla quinta porta sulla destra, e una volta dentro va verso una valigia e ne estrae due fotografie.

Ne getta una sul letto dell'albergo, e io la sollevo immediatamente per guardarla più da vicino. È di un uomo più o meno della mia età, capelli scuri, che sembra così serio che temo che la sua fotografia stia per dirmi che ho il cancro. Indossa un'uniforme della stessa organizzazione di mercenari da cui proviene la signorina Trepe.

"Che ha?" chiedo, e lascio ricadere la fotografia sul letto.

"Mio fratello," dice, e poi mi getta l'altra fotografia.

Riconoscerei la ragazza ovunque. Qualsiasi uomo di Deling City lo farebbe.

Rinoa Heartilly. Figlia di Fury Caraway, il signore del crimine più conosciuto di Deling, e una sentenza di morte garantita per chiunque si avvicini a lei. Si diceva che lei e suo padre non la vedessero esattamente allo stesso modo sulla sua vita criminosa, ma nessuno che sia andato a indagare è mai sopravvissuto per raccontarlo.

"Stai scherzando," dico. Non voglio nemmeno toccare la fotografia. Più distanza riesco a mantenere tra me e la famiglia Caraway, più a lungo vivo.

La Trepe mi lancia la prima occhiata che non sia glaciale da quando ci siamo incontrati, e so esattamente cosa mi sta chiedendo.

"Vuoi dire che tuo fratello è stato abbastanza cretino da andar dietro alla figlia di Caraway?"

La Trepe annuisce, e di sicuro non sembra orgogliosa. "È venuta da noi chiedendo aiuto circa un anno fa. Mio fratello è stato assegnato al suo caso, e poi si è innamorato di lei. Ora i Caraway l'hanno preso, e lei è scomparsa nel nulla."

"Tuo fratello ha un nome?"

"Squall."

Guardo ancora la fotografia della signorina Heartilly, stretta in un vestito che scintilla come le stelle. È carina, ma non vale il prezzo che questo Squall sta probabilmente pagando. Nulla lo vale. Lo dico alla signorina Trepe, e le dico che nemmeno quello che sta pagando vale il rischio.

"Tuo fratello probabilmente è già morto, e se non lo è, vorrebbe esserlo. Non ha senso che ti immischi in questo." Do un'ultima occhiata alla signora davanti a me e mi chiedo perché una tipa dura, intelligente e bella come lei sia legata a un fratello così scemo, e mi dirigo alla porta.

"Non è per me," grida, e ha la voce sembra un rantolo. Mi fermo, e chiedo se stia cercando di giocarmi con qualche scena da donna ferita.

"Un enorme sacco di soldi per agire su mandato di qualcuno," dico senza voltarmi.

"Mia sorella..." Si interrompe, ed è abbastanza per farmi voltare ad affrontarla. La facciata è scomparsa, e la donna in piedi nella stanza con me è davvero nei guai. Suo fratello può essere uno scemo, ma la sorella, lei è importante.

"Non dirmi che anche lei si è incasinata con Caraway."

La signorina Trepe scuote la testa. "È davvero distrutta dalla scomparsa di nostro fratello. Le ho promesso che avrei fatto tutto ciò che è in mio potere per riportarlo a casa."

"Nessun amico che puoi assumere al Garden?" Il Garden. La mia vecchia casa.

"Sei la mia ultima possibilità, Almasy. Puoi tenere i soldi in ogni caso. Ma se non aiuti me, almeno aiuta mia sorella."

I Caraway. La più importante famiglia criminosa in tutta Deling, e questa Saba è in piedi davanti a me a chiedermi di affrontarli per un fratello con l'occhio delirante, e una sorella che non ho mai incontrato.

"Mi paghi il doppio, signorina Trepe," le dico, con quelle gambe che proprio mi implorano di rimanere nei paraggi, "e abbiamo un accordo."

*~*~*~*~*

Sono di nuovo in ufficio nel giro di un'ora, e giro il cartello sull'aperto. Non che mi servano soldi se decido di prendere questo caso, ma gli affari sono affari. Misuro abbastanza caffè da farmi superare quella che è già una lunga mattinata, e accendo il gas, certo che tutto riguarda a questa pupa sia un errore.

Fury Caraway. Ci sono un sacco di voci su come i Caraway abbiano avuto il loro potere. Alcuni dicono i soldi, altri dicono la guerra. Ho persino sentito che si è legato ad alcuni zingari e che è tutta colpa loro. Nessuno lo sa per certo. Quello che sappiamo tutti è che circa vent'anni fa il crimine in questa città è passato da gang disorganizzate a qualcosa di strutturato, unito sotto il nome di Caraway. In un certo senso, ha fatto un favore alla città. I criminali intelligenti non sono così sciatti, e i suoi ragazzi si occupano di chiunque faccia un casino prima che l'opinione pubblica sappia cos'è successo.

Ecco dove finisce il favore. C'è qualcuno che lavora per Caraway praticamente ovunque ci si volti in questa città, e non preoccupatevi di andare a chiedere aiuto alla polizia. Il Garden è tipo la vostra unica speranza se vi è stato fatto un torto per cui volete vendetta, ed è solo perché sono crudeli e tagliagole come i Caraway stessi. I Caraway assumono persino i loro mercenari a volte, se hanno bisogno che si faccia qualcosa fuori dalla città. È il loro sistema. Io non lo discuti.

E ora il bel fratellino della biondina si è fatto rinchiudere per la Principessa Caraway, e lei vuole che io lo aiuti a cavarsela.

Il caffè è pronto. Me ne vuoto una tazza e penso a cosa so di questa Famiglia. Quindi, la Principessa ha chiesto aiuto al Garden? Mi chiedo cosa abbia fatto il suo papino per farla arrabbiare così. Forse quei pettegolezzi sulla sua infelicità non sono così strani, dopo tutto?

Qualcuno bussa alla porta e mi volto, e annuisco al ragazzo delle consegne indicando la scrivania. Lui sorride e lascia cadere una busta pesante, e io gli do una moneta e lo mando via.

La busta profuma di cannello, e so di cosa si tratta senza aprirla.

Ha mandato i soldi che ho chiesto, e io li faccio scorrere con il pollice, prima di aggiungerli al pacco nel cassetto. O il Garden paga molto meglio di quanto facesse quando c'ero io, o c'è qualcosa che questa signora non mi sta dicendo. Sono pronto a scommettere che siano entrambe le cose.

C'è anche un pacco di documenti. La maggior parte ufficiali, del Garden stesso, ma ci sono anche lettere di mani diverse. Mi riempio ancora la tazza di caffè, accendo una sigaretta, e mi appoggio allo schienale della sedia, pronto a sapere di più della loro storia.

*****
Nota dell'autrice: questo è un esperimento per me, un AU e una storia a più capitoli nello stesso momento! È una sfida, ma mi ci sto divertendo molto.
Storia pubblicata per la Challenge SquallxRinoa Where I Belong.

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Capitolo 2
*** II. La lettera ***


AIN'T NO SUNSHINE
scritta da Summoner Luna, tradotta da Alessia Heartilly
II. La lettera

Il Garden, 4 aprile. Venerdì. L'anno scorso.

"Un altro per lei, signore."

Una nuova recluta sta nervosamente alla porta, e io le faccio di entrare, allungando una mano per prendere la busta che mi ha portato.

"Mi dispiace, signore. So che è tardi." La recluta sembra sinceramente dispiaciuta, e io scrollo le spalle, tenendo la cartellina e aspettando che se ne vada. Le ci vuole un secondo più di quanto mi piacerebbe perché capisca, e quando esce sembra imbarazzata. Scuoto la testa e mi chiedo perché così tanta gente qui vuole la conversazione insieme al lavoro.

Guardo la cartellina e mi acciglio, e considero l'idea di aspettare domani per aprirla. È tardi, comunque. Ma poi penso al viso di mia sorella quando l'ho congedata in fretta prima, e immagino che il lavoro sia una buona distrazione. Oltre a questo ho anche la sensazione molesta che qualsiasi cosa abbia in mano potrebbe non avere modo di aspettare.

Dentro la busta c'è una lettera, e prova che il mio istinto è corretto.

Signor Leonhart,
ho scelto te perché dicono che tu sia il migliore. Mi trovo in un guaio, e ho bisogno dell'assistenza della tua organizzazione, o più precisamente, di te. Temo di non poterti dare dettagli qui, ma voglio incontrarti subito. Ho già pagato il Garden, e posso darti altro quando ci incontreremo. Sarò al molo appena dopo la dieci, ma non potrò fermarmi a lungo. Vieni da solo e sii discreto. Ti spiegherò tutto di persona.
"Il tempo è la distanza più lunga tra due posti."
-R.H
.

L'orologio segna le nove e quarantasette, e ci sono quindici minuti di corsa fino al molo se non miro ad evitare attenzione. Piego la lettera e me la metto nella tasca del cappotto, dirigendomi alla porta.

*~*~*~*~*

Arrivo cinque minuti dopo le dieci ed esamino la zona, frustrato che questa cliente non mi abbia dato un solo dettaglio fisico da cercare. Sto per arrendermi, quando vedo una figura magra avvolta in un lungo cappotto sparire nelle ombre, e so che è il mio segnale.

Vado avanti. La donna allunga il passo come se sapesse che è seguita. Parlo non appena lei svolta in una viuzza.

"Il tempo è la distanza più lunga tra due posti."

La donna non si ferma, ma rallenta abbastanza da permettermi di raggiungerla. "Hai avuto la mia lettera," dice, e continua a camminare.

Annuisco, irritato dal fatto che non mi lasci vedere il suo viso. Si ferma infine accanto a un vecchio cassonetto e giuro che scivola nel muro. La fisso, confuso, e in pochi secondi una mano mi avvolge la caviglia nel buio e mi tira sotto la strada.

Quindi. Una porta trappola.

"Signor Leonhart?" Ha la voce affrettata, e con la luce delle stelle dentro. Mi pulisco l'uniforme e sistemo un'espressione neutrale, nonostante il buio del... dell'ovunque siamo.

"Chi sei?"

"Una persona nei guai."

C'è una sottile striscia di luce che arriva da qualche parte al di sopra delle nostre teste; immagino sia una porta in cima alle scale. Noto con fuggevole sollievo le tenui forme della stanza, che diventano riconoscibili man mano che gli occhi si abituano. Lei è a circa un metro di distanza di fronte a me, e il suo viso riluce come quello di un fantasma.

"Che tipo di guai?"

"Il tipo che ti fa ammazzare." C'è paura reale nelle sue parole, e io rilasso la mano che ho posato sull'acciaio nascosto sotto la mia giacca sin da quando mi ha tirato nella cantina.

"Dove siamo?"

"È un bar. È di un vecchio amico, ed è meglio non dire il suo nome. Ho bisogno di sapere se posso fidarmi di te."

Fidarsi di me? Penso, valutando i contro. Questa tizia mi manda una lettera chiedendomi di incontrarla con a malapena il tempo sufficiente per arrivare, e poi mi tira in una cantina e non mi dice dove sono. La mia fiducia in lei non sembra essere il problema.

"Signorina, di qualsiasi cosa hai bisogno, se hai fatto accordi con la mia organizzazione, la mia integrità non sarà un problema."

Lei ride, e sembra una campanella. Raddrizzo le spalle, assumendo una facciata di irritazione davanti al fascino.

"Sapevo che eri l'uomo per questo lavoro."

Un fiammifero si accende nel buio e lei lo tiene davanti a sé mentre si accende una sigaretta, e mi dà una visuale chiare del suo viso. Occhi neri riflettono la fiamma, e sorride un sorriso che brucia con altrettanta luminosità. Ho affrontato alcune delle cose peggiori che questa città ha da offrire, ma questa signora mi fa quasi indebolire le ginocchia, e non solo per il suo aspetto.

Mi fa l'occhiolino mentre soffia sul fiammifero, e disegna sentieri nell'aria con la sigaretta.

"Chiamami signorina Heartilly," dice, con quel sorriso ancora nella voce.

Trovo la sua mano nel buio e la stringo, e guardo la sigaretta farsi più luminosa mentre lei aspira. Il fumo si muove intorno al mio viso e nel mio naso, ma mantengo un contegno.

Heartilly. Può cambiare cognome, ma quel viso è il più desiderato e il più temuto di tutte le tizie di Deling City. Persino al Garden ho sentito pettegolezzi, i sussurri che lei voleva tirarsene fuori, e ho guardato con disinteresse le discussioni che nascevano su chi sarebbe stato il suo cavaliere bianco.

La principessa di un capobanda.

"Heartilly," ripeto infine, e le lascio la mano. "Adesso è il momento buono per darmi quell'informazione promessa nella lettera."

*~*~*~*~*

Il Garden, 5 aprile. Sabato.

Il sole sorgerà presto, e ho fretta di arrivare in ufficio prima che qualcuno mi veda. Presto Quistis sarà qui e vorrà sapere perché non sono tornato a casa ieri sera, e il fatto di aver passato la notte in ufficio è più credibile se nessuno mi vede entrare.

Ce la faccio senza problemi e chiudo la porta, e vado dritto alla caffettiera vicino alla finestra. Senza il sole di fronte, mi vedo riflesso nel vetro, e socchiudo gli occhi guardando l'uomo con un'ombra da cinque di mattina e capelli in disordine che mi fissa a sua volta. Primo giorno di questo caso, e questa ragazza già non rende le cose facili.

Ho chiesto informazioni, e, oh, me le ha date. Deve aver parlato per quasi quattro ore prima di dire finalmente che voleva dormire, e mi ha chiesto di restare nella cantina con lei e di svegliarla prima dell'alba.

Il cielo si fa azzurro e qualcuno bussa alla porta. Mi prendo il mio tempo di vuotarmi una tazza di caffè, sapendo già chi è.

"Lunga notte?" Quistis non aspetta che io risponda prima di scivolare nella stanza, e inizia a cercare tra i documenti sulla mia scrivania.

"Non sono-"

"-Affari tuoi. Sì, lo so. Tranne per il fatto che ogni volta che non torni a casa, sono io quella che deve restare sveglia con Elle per convincerla che non ci sei rimasto secco, ancora."

"Sei stata tu ad incoraggiarmi ad accettare questa promozione. Hey - ti dispiace?" Non contenta dei fogli sulla scrivania, è venuta verso di me e ha cominciato a cercarmi nelle tasche. Faccio un passo indietro, e le porgo il caffè come distrazione.

"Grazie," dice, e il suo viso si rilassa dopo averne bevuto un sorso. Sembra stanca, e io sono preso dal senso di colpa.

"Come sta?"

"Va' a chiederglielo tu stesso. Non la vedi da tre giorni." Siamo tornati al litigio di ieri, e sono troppo stanco per discutere.

"Bene. Passerò oggi."

"Mi dirai cosa ti ha trattenuto tutta la notte?"

"No," dico.

"Di sicuro vorrei che mi dicessi un giorno che si tratta di una donna, così potremmo smetterla tutti di preoccuparci."

Non mi preoccupo di rispondere e lei inizia a ridere. "Certo, conoscendoti, non saresti felice di una gonna, a meno che lei ti causi più problemi del tuo lavoro."

Si è avvicinata troppo al punto, e rifletto sul bar che la signorina Heartilly mi ha promesso essere sicuro. Nulla del suo caso mi fa sentire al sicuro, e ho pensato più di una volta da quando l'ho vista in faccia che sta lavorando per il suo vecchio, dopo tutto, e che questo non è altro che Caraway che spera di levarmi dal Garden. Ho sconfitto più di uno dei suoi uomini, e tregua o non tregua, so che sono una spina da cui sarebbe ben felice di essere libero.

"Sei venuta qui solo per controllarmi?"

"Mi assicuro solo che tu sia ancora vivo, fratellino."

"Beh, adesso lo sai. Tornerò a casa più tardi."

Non sembra che lei mi creda, e non posso dire di biasimarla. Non è che non voglia vedere Elle. Semplicemente non sopporto il modo in cui mi guarda da quando mi sono trasferito di sopra. Odio vederla così preoccupata.

Quistis lancia un'altra dura occhiata alla mia scrivania mentre se ne va, e una volta che la porta si chiude, tolgo la lettera della signorina Heartilly dal cappotto e la leggo di nuovo. Poi mi siedo, e inizio a scrivere tutto quello che mi ha detto.

*~*~*~*~*

Centro di Deling, 29 aprile. Mercoledì. Oggi.

Poso il primo blocco di appunti nella cartellina della signorina Trepe e mi verso un'altra tazza di caffè. Non molto finora, ma il faldone è spesso, e almeno ho qualche nome.

E un posto.

Conosco il bar in cui l'ha portato la Heartilly, e conosco il tipo che lo gestisce. Mi sono nascosto io stesso in quella cantina più di una volta, e lei dice che il tipo è un suo amico. Controllo l'orologio. Aprirà tra un'ora, e sento il bisogno di una pinta.

Torno ai fogli e aspetto fino a quando posso andare.

*****
Nota dell'autrice: la frase usata come parola d'ordine è di Tennessee Williams, tratta da The Glass Menagerie.

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Capitolo 3
*** III. Deviazione ***


AIN'T NO SUNSHINE
scritta da Summoner Luna, tradotta da Alessia Heartilly
III. Deviazione

Pub Maverick's, 4 e 5 aprile. L'anno scorso.

"Signorina Heartilly, adesso è il momento buono per darmi quell'informazione promessa nella lettera."

Posso a malapena distinguergli la bocca dal naso, ma so che l'uomo davanti a me sta per perdere la pazienza, e non lo biasimo nemmeno un po'.

Aspiro ancora dalla sigaretta che ho in mano, e ringrazio le stelle che sia buio e che lui non possa vedere quanto odio farlo. Ma ho qualcosa da provare, qui, e non ho paura di lavorare con quello che ho.

"Tra quanto si aspettano che ritorni?" chiedo, e faccio sembrare la mia domanda un ordine.

Non riesco a vederlo in viso, ma posso percepire che socchiude gli occhi per l'irritazione. So che è l'uomo giusto per il lavoro, lo so e basta. Non c'è nulla della sua reputazione che mi dica il contrario. Ma eccomi qui, da sola con lui al buio, e per quanto ne sa lui, del tutto al comando, e cerco di non tremare di paura.

"Sono qui finché ti servono i miei servizi," dice soltanto, e colpisce qualcosa in me che io seppellirei all'istante. Gli soffio ancora un po' di fumo in faccia e spero che distragga lui quanto distrae me.

"Signor Leonhart, immagino che tu sappia chi sono?"

Lui tace. "Sì."

"Beh, ci evita un bel po' di problemi. Siediti. Ho molto da dire."

Spengo la sigaretta e mi lascio cadere sull'ultimo gradino della scala che porta al bar. C'è un movimento, e riesco a vedere il fantasma del viso di Leonhart che si lascia cadere a terra. Immagino, ecco il Garden. Ordini che si siedano, e si siedono. So che c'è una sedia qui da qualche parte, ma lui non chiede, e io so solo che se provo a cercarla farò cadere qualcosa o cadrò io stessa, e tutta questa faccenda sarà per niente.

Lui aspetta. Il Garden di certo è qualcosa di particolare.

Di sopra sento la band della serata iniziare la prima canzone, e poi il tum tum dei piedi di chi balla. Dappertutto a Deling la gente si sta divertendo, ed eccomi qui, con tutta la città ai miei ordini, nascosta in una cantina con un uomo che preferirebbe essere altrove. Penso alle prime volte che ho sentito il suo nome, dopo che qualcuno degli uomini di papà non è tornato da un lavoro.

"Il Garden?"

"Combinazione fratello-sorella, per quel che ho sentito. La dama ti affascina e suo fratello ti mette al tappeto prima che tu te ne accorga."

"Hai un nome?"

"Solo lui. Leonhart. Quei ragazzi non hanno avuto una minima possibilità."

Nulla nella sua voce tradisce il killer di cui i tirapiedi di papà hanno paura, ma immagino che sia semplicemente parte del Garden. Saranno tutto quello che tu vuoi che siano, ed ecco perché papà li tiene vivi.

E per me va benissimo.

"In questo caso sarò molto diretta con te, signor Leonhart. Mi conosci. Ma anche io ho sentito parlare di te, e conosco la tua reputazione. Hai sconfitto più di uno dei ragazzi di mio padre, e potrei aver bisogno che tu ne sconfigga altri. Ho vissuto in quel mondo per tutta la mia vita, ed era ora che me ne andassi. Ho cercato di andarmene da sola, e papà lo scopre, mi riporta indietro, e si assicura che chiunque sia stato sorpreso ad aiutarmi se la veda con i coltelli. Quello che mi serve da te è il tuo aiuto a scomparire. Uccidimi se devi, basta che io ne esca. Non è una vita a cui intendo tornare, una volta che ne sono uscita."

Il silenzio è la sua risposta, e nonostante lo conosca da poco tempo, non ne sono sorpresa. Lui non fa domande, ma porta a termine il lavoro, ed è tutto quello che mi serve.

"Mi stai chiedendo di fare un piano, o di aiutarti con uno che hai già?" chiede infine.

"Ha importanza?"

"No. No, credo di no."

"Bene."

So che ci stiamo fissando, e continuo a guardarlo fino a quando sono abbastanza sicura che abbia distolto gli occhi per primo.

E poi inizio a parlare. Gli dico di papà e dei discorsi che sento in casa sua. La gente che va e viene, che papà chiama sempre "vecchi amici". Come mi ha insegnato a far bruciare la polvere da sparo prima che riuscissi a camminare con i tacchi. Come sparisca per settimane appena prima che qualcuno tiri le cuoia e poi ritorni come se non fosse successo nulla.

Parlo di me, e di cosa faccio per tirare avanti. E poi parlo della mamma, e dei giorni ormai lontani. Le storie che mi raccontava, e la vita che so che avrei potuto avere.

Non gli parlo di come penso che sia morta la mamma. Non ancora.

Ad un certo punto della notte la musica di sopra si ferma, e i passi sul soffitto tacciono. La luce sotto la porta infine si spegne, e si accende quella blu della cantina.

Ci vediamo l'un l'altra per la prima volta, anche se non c'è molto da vedere in questa spettrale luce blu.

Mi aspettavo che fosse bello, di certo. L'aspetto, dopo tutto, va in una certa direzione verso un lavoro completato. Ma non mi aspettavo che fosse così bello, o così giovane - insomma, ha la mia età!

Ha ancora l'uniforme nonostante l'ora, e ascolta la mia storia senza battere ciglio. Persino seduto per terra, tiene la schiena dritta come un fuso, e l'unica maniera in cui capisco che sa che la luce è accesa sono i suoi occhi che guardano il mio vestito per intero.

Quindi, mi alzo - e mi prendo davvero tutto il tempo per lasciargli vedere tutto il corpo, mi stiracchio e sbadiglio.

"Sono stanca, signor Leonhart," dico. Inizio a guardarmi intorno nella cantina come se gli stessi dando il permesso di fare lo stesso e vedere i cuscini nell'angolo in cui so che si trovano già. "Non è sicuro per me andare a casa a piedi a quest'ora. Vorrei dormire un'ora o due. Ti dispiace fare la guardia?"

Lui vede i cuscini e si avvicina, a labbra strette, e con gli occhi nascosti nelle ombre.

Per favore, voglio piacerti, penso. Non sono così ingenua - so cosa pensano di me gli uomini di questa città. Ma so che cosa si dice di Leonhart, e non posso evitare di preoccuparmi che forse sia troppo dedito al suo lavoro.

"Sicura che questo posto sia sicuro?" chiede, esaminando la cantina. Tutto quello che riesco a vedere sono scansie di bottiglie di whiskey e una scrivania nell'angolo piena di documenti di contabilità, e mi chiedo perché pensi che non lo sia.

"Svegliami tra due ore," gli dico, e mi sistemo sui cuscini. Sono sollevata che non cerchi di unirsi a me, e sorpresa di scoprirmi un po' delusa. Ma sono venuta da lui per potermi allontanare da mio padre.

E questo è tutto.

Giusto?

*~*~*~*~*

Pub Maverick's, 29 marzo. Oggi.

Il Maverick's è dall'altra parte della città rispetto al mio ufficio. Non parto troppo presto, dato che lui non fa mai nulla per pranzo, sempre che si preoccupi di aprire. La cartellina è un peso nella mia valigetta, e i soldi bruciano nella mia tasca.

Non intendo spenderli però, se non devo. Non ancora. I soldi con legami così stretti semplicemente non si spendono allo stesso modo.

"Almasy!"

Il Maverick's è gestito da un gatto di nome Kinneas, il cui accento è forte quanto la sua birra. Vengo qui sin da prima del mio congedo, ed è la mia fonte preferita sia di informazioni che di ubriachezza, e mi ha visto in entrambe le occasioni parecchie volte.

"Kinneas." Mi siedo e lui mi mette davanti un bicchiere che luccica di rosso ancora prima che abbia finito di sedermi. "Sei un brav'uomo."

"Il migliore." Si toglie il cappello e si prepara un bicchiere come il mio. Facciamo un brindisi e beviamo.

"Quindi immagino che tu non sia venuto qui solo per una pinta?" Dà un colpetto all'orologio dietro di lui, ed è a malapena passato mezzogiorno.

"È stata una lunga giornata, Kinneas."

"Bevute a qualsiasi ora, Almasy. Ma vedere il tuo muso così presto? Ci sono guai in vista."

Mi guardo intorno nel pub vuoto, e colgo l'occasione finché ce l'ho. "Un giorno verrò qui per una bevuta tra amici e nient'altro, e tu non saprai cos'è successo," gli dico.

"Eggià. E io condividerò quella bevuta e brinderò a molte altre a venire." Kinneas sorride e io faccio una smorfia.

"Aprile. Lo scorso anno," gli dico, e la sua espressione si fa più scura. "So che tieni in quella cantina più cose che me quando ho bevuto una pinta di troppo, e so della porta segreta. Allora, che c'è sotto?"

I suoi occhi si spostano come i miei hanno fatto poco fa, e si sporge in avanti. "Niente porta segreta, amico, e sai perché."

Fino a questa mattina, lo sapevo. Qualche mese fa, i piedipiatti hanno cominciato a cercare in ogni via che trovavano posti in cui potevano nascondersi tipo poco piacevoli. Ho sempre saputo che c'era un qualche motivo dietro, solo non avevo mai immaginato che fosse un uomo del Garden e una gonnella con la luce delle stelle nella voce.

"Ah sì?" dico, e bevo un altro sorso, e accendo una sigaretta. "Sembra che circa un anno fa tu avessi ospiti frequenti, qui."

Kinneas si guarda ancora intorno nel bar, prima di andare infine alla porta e chiuderla.

"In cosa stai ficcando il naso, Almasy? Voci come quelle vedono presto uomini morti."

Tolgo dalla tasca parte dei soldi della signorina Trepe, e li metto sul bancone. Kinneas spalanca gli occhi e gli allungo una delle banconote. "Ho una gonnella bionda che pensa che sia molto importante che io sappia qualcosa su quello che tenevi nel bar."

Kinneas guarda la banconota e poi la lascia cadere di nuovo sul bancone. "Non ti permetterò di pagarmi per farti ammazzare."

"Allora dimmelo gratis." Kinneas cederà. Fa sempre questi giochetti, e io vinco sempre. Dice che mi fa un favore, e forse è così. Ma so che gli piace avere informazioni tanto quanto gli piace scodellarle.

Mette un altro bicchiere sul bancone e ha gli occhi che luccicano. È tutto un gioco per lui.

"Lo scorso aprile, dici?"

Annuisco, vuoto il primo bicchiere, e lo spingo verso di lui.

"Mi ricordo in effetti di una ragazza che conoscevo che mi chiedeva se potevo tenerle aperto per una volta."

"Ricordi molto di questa ragazza?"

"Una bella pupetta letale."

"Letale, eh?"

Kinneas mi fa l'occhiolino e grugnisco.

"Ti ha detto il perché?"

"Non ho l'abitudine di chiedere motivi, Almasy. Una bella ragazza dice che le serve aiuto, io aiuto." Guarda intensamente le banconote che sono ancora sul bancone e sorride.

"Altro su questa ragazza che dovrei sapere? Ha avuto compagnia mentre era qui sotto?"

"Sono affari suoi. Dice che le serve un posto, io le do un posto e non mi preoccupo di controllare."

"Non sei d'aiuto."

Lui ride.

"Ho poco tempo, Kinneas. Qualsiasi compagnia abbia avuto potrebbe restare impiccato da un momento all'altro. Ora, mi aiuti o no?"

La sua risata muore in fretta e mi guarda seriamente per la prima volta. "No."

"Sì. Ora dimmi dove trovare questa tipa."

Kinneas scrolla le spalle e sembra quasi che gli dispiaccia davvero. "Non posso aiutarti in questo. I piedipiatti hanno iniziato a girar per cantine, e non la vedo da allora. E se hanno preso quel ragazzo, sarà a terra."

"Tutto lì?"

"Le piace ballare. Viene sempre qui a ballare finché mi dice che le serve il mio aiuto."

"Ballare non è esattamente discreto."

"E il teatro. È tutto quello che ho."

Ricordo le parole nella sua lettera. "Il tempo è la distanza più lunga tra due posti." Qualcosa mi sembra familiare, e mi viene in mente che è di uno spettacolo teatrale.

"Era ora che mi dicessi qualcosa di utile." Finisco la birra e lascio una mancia che è il doppio del prezzo delle bevute. Kinneas annuisce e mi accompagna alla porta.

"Non voglio rivederti qui presto, Almasy. Ti stai facendo coinvolgere da cose più grandi di noi, ed è meglio tenerle fuori dal pub."

"Grazie della birra, Kinneas." Gli metto una mano sulla spalla, e poi me ne vado senza guardarmi indietro. Ha messo la sua vita in pericolo per me già abbastanza, non sarò io a mettergli Caraway alle calcagna.

Faccio il giro lungo per tornare, mi fermo da I Vecchi Guardiani, e sono felice di vedere che stasera c'è la prima di una spettacolo che sembra proprio per la signorina Heartilly. Compro due biglietti, e spero che alla signorina Trepe piaccia il teatro.

*~*~*~*~*

Il Garden, 2 maggio. L'anno scorso.

È passato quasi un mese da quando ho incontrato la signorina Heartilly, e non l'ho più sentita da allora. Non posso dire di non essere stato preoccupato - per lei, e per me. Per quanto ne so c'è una sola strada per lasciare i Caraway, e parlare di andarsene è un buon modo per trovare quell'unica strada.

So che è ancora viva, o almeno così ho sentito. Ma se il suo paparino ha scoperto che parla con il Garden, non so dire dove potrebbe tenerla, o chi potrebbe mettere alle calcagna di chi si offre di aiutare la sua principessa nella fuga.

Quindi non posso dire di non essere preoccupato. Mi piacerebbe dire di essere sollevato. Elle di sicuro era contenta di vedermi quando sono tornato a casa quel giorno, ed è stata felice di vedermi passare là più tempo in generale. Non ho detto a lei o a Quistis del lavoro Caraway, e non intendo farlo. Potrei dire che adorerei non sentirla mai più.

Ma poi penso a come sembravano spaventati i suoi occhi quando si è accesa la luce, e a come la ragazza coricata là a dormire non era la principessa di Caraway, ma una persona nei guai che non aveva chiesto ciò che le era stato dato.

La verità è che ho pensato a come aiutarla, anche se non la sento da un mese. Il tempo che ha è limitato, e se sopravviveremo entrambi a questo non la lascerò pensare a tutto da sola.

Allora, che cosa so dei Caraway?

So che non amano il Garden più di quanto noi amiamo loro, ma ci lasciano stare perché hanno bisogno di noi. Io e Quistis siamo stati ingaggiati da loro più di una volta per lavori da fare fuori città, e non è il tipo di lavoro che voglio prendere se non sono obbligato. L'unica cosa buona è che non sanno chi è a fare il lavoro, finché è fatto bene.

So che da quando hanno preso il potere in questa città nessuno ha mai sentito di qualcuno che li ha lasciati. E la ragazza? Uomini sono morti solo per averle parlato. Ha detto "uccidimi se devi", e potrebbe non essere troppo lontano da quello che dobbiamo fare.

Nell'ultimo mese non ho trovato molto che non sappia già su di loro. Ma c'è una storia con sua madre, qualcosa che Caraway non vuole che si scopra. E ho la sensazione che sia la nostra leva. Ho cercato di scoprire di più per me stesso, ma qualsiasi cosa sia successa con la madre è un segreto che i Caraway non divulgano, quindi per adesso me ne starò semplicemente ad aspettare, e spero che giri voce se succede qualcosa alla ragazza.

Sto per uscire dall'ufficio a fine giornata per incontrare Elle per cena, quando una messaggera mi incontra in corridoio fuori dalla porta con un unico biglietto. Non ho bisogno di leggerlo per sapere di chi è.

"Grazie," le dico, e rientro dalla porta che stavo per chiudere.

Sotto il cielo nero di mezzanotte.

L'appunto è su carta semplice, scritto a mano e senza firma. Cielo nero di mezzanotte?

La luna nuova. Le piacciono davvero gli indovinelli. Beh, almeno questo deve voler dire che è al sicuro.

Brucio l'appunto prima di lasciare l'ufficio, e mi viene in mente che la luna nuova è stanotte.

*~*~*~*~*

I Vecchi Guardiani, 29 marzo. Oggi.

"Non avrei mai pensato che il teatro fosse da te, signor Almasy," dice la signorina Trepe quando le comunico dove andiamo. "Come sapevi dove trovarmi?" aggiunge, con un sorriso negli occhi che non si abbina del tutto all'ordine nella sua voce.

Ha un cappotto scarlatto che le arriva alle caviglie, con i riccioli biondi che le danzano sul collo in maniera molto affascinante.

"Sapere come trovare le persone fa parte del mio lavoro, se hai notato," rispondo, e le offro il braccio mentre camminiamo sul marciapiede. Lei sta a cinque isolati da I Vecchi Guardiani, in un edificio che riconosco a vista, e c'è una nota nell'aria che è quasi abbastanza calda da ricordare che la primavera è in arrivo.

"Ti sto pagando per un lavoro, signor Almasy, non per piacere. Immagino ci sia un motivo per questo piccolo diversivo?"

"Mi sono ritrovato con un po' di soldi extra. Sembra che una notte in città possa fare bene a entrambi." Sollevo un sopracciglio e sorrido, e lei socchiude gli occhi. "So come fare il mio lavoro, signorina Trepe. Ora, un po' di fiducia potrebbe portarti lontano."

"Bene," ribatte lei. "Allora, cosa mi stai portando a vedere?"

"Qualcosa su un tram." Sono un po' più interessato a chi sarà tra il pubblico rispetto a chi sarà sul palco. "Vuoi dirmi un po' di più sul perché vivi dove vivi?"

"Non proprio." Il suo tono è la fine della conversazione, ma io non cedo.

"Non ti sto chiedendo di soddisfare la mia curiosità, signorina Trepe. Ma mi hai già fatto ficcare il caso in un paio di cosette che potrebbero farmi ammazzare, e ora scopro che vivi in un posto con Loire che praticamente sta seduto sul tetto. Hai legami con quella famiglia, devo sapere quali sono."

"È una domanda a cui sarà meglio rispondere un'altra volta, signor Almasy." Ci stiamo avvicinando al teatro e la folla inizia ad aumentare, ed è solo per questo motivo che lascio perdere.

Non è il nome che era una volta, ma l'eredità di Laguna Loire è ancora abbastanza forte da lasciare i suoi edifici forti e orgogliosi in questa città. Una volta era il più grande magnate del giornalismo che Deling avesse mai visto, fino a quando gli hanno sparato in pieno giorno per ragioni che nessuno ha mai chiarito. Tutta la città sa che è stato Caraway, ma è il perché il vero mistero. Di sicuro ha reso il suo nome una fortuna per le vendite degli arretrati, dato che chiunque sapesse leggere ha iniziato a compare i suoi giornali per vedere che storia doveva aver raccontato per essere ammazzato così.

All'improvviso qualcosa sui soldi che la signorina Trepe può gettare in giro ha molto più senso, e lei mi zittisce con uno sguardo ancora prima che io apra la bocca, come se sapesse cosa ho appena capito.

Abbiamo posti in un palchetto, e prendo il cappotto della signorina Trepe e quasi lo mollo a terra quando vedo quello che ha addosso sotto. Un vestito rosso lungo quanto il cappotto, con uno scollo che le disegna una V sul petto. I capelli sfiorano le spalle nude, e cerco di distrarmi con il suo cappotto, sistemandolo sulla sedia dietro di lei. Si è assicurata che chiunque degno di nota presti attenzione a lei e non a me, e non ho nemmeno dovuto chiedere.

"Quindi, intendi guardare questo spettacolo stasera?" chiede, sedendosi e guardando il pubblico.

"Guarderò quello che mi serve."

Le luci si attenuano e si alza il sipario, e non potrei dire di cosa tratta lo spettacolo. È quasi l'intervallo quando finalmente la trovo, seduta appena a sinistra dal centro, seconda fila mezzanino. Bei posti, ma probabilmente non quello a cui è abituata una ragazza con i suoi standard. È con un uomo che non conosco, spalle larghe e biondo con un brutto tatuaggio sulla faccia che vedo persino al buio.

Le luci si accendono e li indico alla signorina Trepe.

"Lei sa chi sei?" le chiedo.

La signorina Trepe li sta guardando con un'espressione che non so decifrare. Per un secondo, penso che potrebbe correre là e vendicarsi della situazione di suo fratello lì, nel mezzo dei 'Guardiani'. Poi sembra sollevata, e poi sembra che stia per piangere.

Donne.

"Beh?"

"L'ho incontrata una volta. E non è passato molto tempo."

"Bene."

Mi alzo e tiro la signorina Trepe in piedi, così che quasi mi casca addosso, e premo le labbra con forza contro le sue.

Sa di cannella, e io quasi dimentico che non è per piacere, finché sento qualcuno boccheggiare da un palco vicino ed è quasi abbastanza forte per l'effetto che volevo.

La signorina Trepe si ritrae e le faccio l'occhiolino, e faccio un cenno con la testa verso il mezzanino. Infatti, abbiamo catturato l'attenzione di più di uno spettatore, inclusa la signorina Heartilly stessa.

A loro credito, nessuna delle due donne dà a vedere di conoscere l'altra. La signorina Trepe si scusa e vedo la signorina Heartilly fare lo stesso, e sono tornate entrambe prima che si alzi il sipario.

"Se è venuta a cercarmi, non mi ha trovata," dice la signorina Trepe sedendosi, e noto con interesse che ha ancora le guance rosse.

"Ma ti ha vista," dico. Continuo a guardarli per il resto dello spettacolo, e noto con soddisfazione che lei dice qualcosa all'uomo con lei, qualcosa che sembra metterlo sulle spine.

Non mi preoccupo di cercarli quando lo spettacolo è finito.

A due isolati da casa sua, la signorina Trepe rallenta.

"Non è il mio vero fratello," dice. "Non di sangue, comunque. Ma lui e io siamo stati al Garden insieme fin da piccoli, e il vecchio mi ha accolta dopo che i miei genitori sono stati uccisi. È entrato al Garden con il cognome di sua madre per non attirare l'attenzione, ma anni fa lo avresti chiamato Loire. E adesso che lo sai, apprezzerei che non ne parlassi più."

"Non una parola, signorina Trepe."

Siamo alla sua porta ormai, e le bacio la mano e la faccio entrare. Lei non sembra affatto felice di quello che mi ha appena detto, e io non sono affatto felice di quello che ho appena sentito.

Quindi Leonhart non è solo un uomo del Garden, ma è l'unico figlio di Loire. Caraway ha preso un pesce grosso stavolta, e tirarlo fuori è appena diventato ancora più difficile.

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Capitolo 4
*** IV. Domani è per sempre ***


AIN'T NO SUNSHINE
scritta da Summoner Luna, tradotta da Alessia Heartilly
IV. Domani è per sempre

Pub Maverick's, 24 maggio. L'anno scorso.

È la serata delle carte, e papà ha invitato degli amici. Mi piacciono queste sere. Non mi è concesso stare in camera con loro per la serata delle carte da prima che morisse la mamma, e papà ha smesso di trovare qualcuno che mi controllasse anni fa. Di solito andavo in città a ballare, in queste serate. In questi giorni ho altri piani.

Il signor Leonhart - Squall - dice che non fa niente se non mando messaggi fino al giorno preciso. L'unica cosa che mi ha detto che lo disturba della cosa è che si chiede se sono ancora al sicuro quando passa troppo tempo senza sentirci. Lo assicuro che qualsiasi cosa mi succeda, lo saprà tutta la città.

Dice che anche quella parte lo preoccupa.

Ormai, ogni volta che torno a casa ho paura che papà sappia qualcosa. In teoria il Garden è l'unico posto in cui non ha nessuno, ma è papà, e trova il modo di sapere tutto. Anche se non ha nessuno che lavora al Garden, li usa come faccio io.

"Supponendo che ti assuma per scoprire chi vado a incontrare?" gli chiedo stasera. Sono inquieta, cammino avanti e indietro per la cantina.

"Non possono mai scegliere chi farà il lavoro," dice Squall. Lo guardo e rido nervosamente.

"Sempre così serio," dico. "Dai, andiamo a ballare." So che è rischioso uscire, ma stare qui nella cantina così mi fa sentire in trappola.

"Signorina Heartilly-"

"Oh, no," lo fermo. "Te l'ho detto l'ultima volta, adesso ci chiamiamo per nome. E adesso, signor Leonhart," strascico il più possibile il suo nome, "vorrei che mi portassi a ballare."

"Come ci aiuterà questo a fare un piano?"

"Perché questa è la quarta volta che mi incontri nella cantina, e in queste quattro volte tutto quello che abbiamo fatto è parlare del passato e di cose che potrebbero farci ammazzare. Se non possiamo ancora farmi uscire dalla casa di papà, voglio almeno uscire a vedere il cielo."

"Chiunque in questa città sa chi sei. Mettiamo un piede fuori e-"

"Shhh," gli dico, e tiro fuori dalla borsa una sciarpa e degli occhiali da sole. "Guarda. Sono una star del cinema." Gli sorrido e lui si acciglia. Non è venuto in uniforme da quella prima sera per non attirare l'attenzione, e il posto che ho in mente di certo non si preoccupa del Garden. "Ti prego?" aggiungo.

Lui sospira, ma so di aver vinto.

"Dai." Inizio a strattonarlo su per le scale. "Ce ne andiamo attraverso il pub, conosco bene il posto."

Di sopra c'è pieno di persone che ballano, e c'è un cantante sul palco che ha l'attenzione di tutti. Kinneas ci fa l'occhiolino quando gli passiamo accanto, e io gli lancio un bacio.

"Hai un piano?" mi chiede Squall per strada. Infilo un braccio guantato sotto al suo gomito e alzo il viso al cielo. Riesco a malapena a vedere tra le ombre e le luci della città, ma il cielo è la sopra, e noi siamo qui, al di sotto di esso.

"Dovresti essere tu ad avere un piano," dico, e inizio a guidarlo verso Viale Frutteto. "Conosco proprio un posto dove possiamo ballare."

*~*~*~*~*

Viale Frutteto, 30 marzo. Oggi.

Piazza Frutteto è uno spazio aperto appena a est dei moli, e lo sto esaminando, chiedendomi come qualcuno del lignaggio della signorina Heartilly sia arrivato qui, tanto per iniziare.

Il Frutteto è territorio degli zingari, per dirne una. Ricordate che ho detto che gira voce che Caraway ha avuto il potere mescolandosi agli zingari? Beh, io non me la sono mai bevuta. Durante la Guerra, Deling ha avuto abbastanza problemi per via degli zingari. Dovrei saperlo - in quei giorni, non avevo lasciato il Garden da molto, e trovare la libertà di essere un cazzone privato non era nulla a confronto del denaro regolare come mercenario del Garden. Poi è scoppiata la guerra, e all'improvviso avevo lavoro a destra e a manca, gente che perdeva denaro, proprietà, e famiglia, e un sacco di lavori giravano intorno agli zingari. Poi Caraway sale sul trono e li blocca. Li spinge sul lato est e loro non causano problemi a nessuno da questa parte dei moli. Non mi sembra nulla a cui gli zingari abbiano preso parte, visto come sono risultati sul lato sbagliato della sua buona sorte.

Ora arrivo a scoprire che la Principessa porta qui uccellini come nulla fosse, e senza incappare in alcun problema. Non ho letto che il primo pacco di appunti sui loro viaggi qui, ma dando solo un'occhiata ho capito che qui c'è qualcosa di importante.

Il Frutteto è diverso a mezzogiorno che di notte, e non vengo qui da un po'. Ora, non ho mai fatto nulla di male agli zingari, ma ho riportato abbastanza soldi ai legittimi proprietari che loro avrebbero preferito tenersi, e quindi la mia faccia non è la più apprezzata da queste parti. Ecco perché sono qui a mezzogiorno, invece di visitare le feste a cui la signorina Heartilly soleva partecipare.

C'è una panchina sul fondo della piazza che dà sulla zona e che mi sembra un buon posto in cui andare. Compro un panino e una bibita da un chiosco nella piazza, e mi siedo e tiro fuori il diario della signorina Heartilly.

*~*~*~*~*

Viale del Frutteto, 27 luglio. L'anno scorso.

La luna è chiara, stanotte, e mi illumina il vestito come stelle. Ho i capelli che mi incorniciano il viso, e un cappello getta un'ombra sui miei occhi, e mi nasconde dal resto della piazza.

"Hey," dice una voce, quasi contro la nuca. Mi sento rizzare i peli delle braccia, ma quando mi volto Squall ha già fatto un passo indietro, e sembra quasi scusarsi del suo saluto.

"Hey a te," dico. "Sono contenta che tu ce l'abbia fatta."

"Nel ricordo, sembra succedere tutto alla musica."

Sorrido, felice come sempre quando lui capisce i miei messaggi.

L'ho visto una sola volta dopo che siamo stati qui da Kinneas, e sono sorpresa di quanto io sia felice che lui sia qui stasera. Questa faccenda è iniziata come speranza di una vita migliore, ma il tempo tra i nostri incontri continua ad allungarsi, e non soltanto in giorni.

Sembra stanco stasera, e glielo dico.

"Un sacco di lavori questo mese," dice, e non ha bisogno di aggiungere altro. Il pensiero che lui non faccia granché di diverso da quello da cui sto cercando di fuggire mi ha colpito più di una volta. Gli guardo le mani, e mi chiedo quanta gente in questa città sia seduta a cena con una sedia vuota per colpa di quelle mani.

"Ah," dico soltanto, e torno a guardare il cielo. La luna mostra solo metà del viso, ma il cielo è limpido e le stelle brillano sull'acqua. Il buio si stiracchia all'infinito, e voglio perdermici dentro, per scomparire come le stelle all'alba.

"Nella tua ultima lettera, hai detto di aver avuto un'idea?" chiede, cambiando argomento. Non guarda me, ma il mare, e trovo qualcosa in lui che mi fa sentire in pace. Ho pensato in passato che forse lui è proprio come me, e forse c'è qualcosa da cui non gli dispiacerebbe scappare se ne avesse la possibilità, e ora ce l'ha scritto sul viso.

Ed è questo che lo rende diverso da papà.

"Mia madre," dico. Lui distoglie immediatamente lo sguardo dalle stelle per posarlo su di me, e sono sorpresa da quante cose vedo nei suoi occhi...

"Mi dispiace di averne parlato," inizia a dire, e io sollevo una mano per interromperlo.

"So di aver detto di non parlare mai della mamma, e mi dispiace di aver gridato quando cercavi solo di aiutarmi. Ma penso che tu possa avere ragione, e forse lei è la leva che ci serve, come hai detto tu."

Lui annuisce con cautela, e io cerco di sorridere e dirgli che va tutto bene. Ne ha parlato l'ultima volta che l'ho visto al pub, e gli ho reso ben chiaro di non parlare mai più della mamma. Ma poi mi ha fatto pensare.

"Mamma non avrebbe dovuto morire, non penso," gli dico, le parole all'improvviso difficili. Non parlo mai della mamma. Mai.

"Non devi dirmelo," dice lui, ma scuoto la testa. Sembra sempre di più quello che dobbiamo fare. "Almeno siediti." Mi guida a una panchina poco lontana, e poi continuo a parlare.

"Sai che posso venire qui senza problemi per via della mamma, vero?"

Lui annuisce, e non ne sono affatto sorpresa. Squall è un uomo che fa le sue ricerche.

"Quando cantava in queste piazze, incontrò un uomo. L'unico problema è che incontrò mio padre circa nello stesso periodo, ed era quando papà iniziava a prendere potere. E siccome mamma era così amichevole con gli zingari, a papà iniziò a piacere molto, e la sposò, e usò i suoi nuovi legami per soffocare gli altri e cacciarli dalla città. E una volta che ebbe la città, respinse anche gli zingari. Ma sai già tutto questo.

"Ma quello che probabilmente non sai è che qualche anno dopo la mia nascita lei ritrovò quest'altro uomo, e iniziarono a parlare. Ero troppo giovane per sapere davvero cosa stesse dicendo, ma ricordo solo che mi parlava del vero amore, e della vita come cantante, e mi rimane dentro e basta, quindi crescendo tutto quello a cui penso è che la casa di papà non è tutto."

"È morta in un incidente stradale, vero?"

Annuisco. "Ma questa è la parte che secondo me è stata un vero incidente. Papà scoprì che lei parlava con quest'altro uomo, e non so dire se lui sapesse o meno che lei intendeva scappare con lui, ma quando quella macchina cadde dal molo non credo che lei dovesse esserci dentro. Uno dei cecchini di papà sparì subito dopo, e so che è stato lui a sparare al suo autista, solo che ha avuto cattivo tempismo. Intendevano ammazzare l'uomo che stava vedendo mamma. E l'hanno ucciso giusto qualche giorno dopo, proprio nel mezzo della città."

"Laguna Loire." C'è qualcosa di pesante nella sua voce quando pronuncia quel nome, e distoglie lo sguardo dal mio, con il viso stretto.

"Cosa?"

"Niente," dice, troppo in fretta. Ho una mezza idea di insistere, ma quello di Loire è un nome che è meglio tacere da queste parti, così come quello di papà.

"Sembra che tu abbia una storia, qui," dico. "Ma prima che me la racconti, voglio sapere cosa dobbiamo fare per usare questa cosa a nostro vantaggio. Se mamma è morta per gli ordini di papà, penso che sia una cosa che possiamo usare. Dobbiamo solo capire come."

C'è qualcosa nel viso di Squall che sembra quasi spaventato per la prima volta da quella notte che l'ho incontrato nella cantina di Kinneas, come se quello che gli sto chiedendo gli si rivelasse infine come reale.

"Posso pagarti di più, se serve," gli dico.

Lui scuote la testa. "No. Abbiamo stabilito una cifra e lavorerò con quella."

"Beh, pensaci." Rimaniamo seduti in silenzio e il gruppo inizia una nuova canzone. "Balliamo," gli dico, e mi alzo.

"Signorina Heart-"

"Che cosa ti ho detto sull'usare il mio nome?" lo stuzzico. "Balla con me. Puoi raccontarmi dopo la storia che ti ha fatto tacere così."

Lui si alza, ma invece di permettermi di portarlo più vicino alla piazza, mi mette un braccio intorno alla vita proprio lì, dove siamo. Gli prendo l'altra mano nella mia e balliamo svariate canzoni senza dire una parola.

È solo alla fine del lento che lui posa infine le labbra sul mio orecchio e inizia a parlare.

"Signorina Heartilly," dice, e il suo respiro mi fa il solletico e mi rabbrividire ovunque. "Loire era mio padre."

Mi blocco, e quasi lo faccio cadere mentre lui cerca di continuare a muoversi nel ballo.

"Tuo-"

"E ti farò uscire da qui," continua. "Senza che ammazzino nessuno dei due."

La canzone cambia in qualcosa di veloce, ma noi continuiamo così, come se fossimo al rallentatore. Lascio che quello che mi ha appena detto mi avvolga, e il cuore mi si spezza per lui, per la mamma, per il signor Loire.

"Vieni con me," sussurro, una volta che ritrovo infine la voce. "Andremo tutti e due."

"Rinoa..." È la prima volta che mi ha chiamata per nome, e gli circondo il collo con le braccia e piego la testa.

Le sue labbra sono più morbide di quanto avessi pensato, ma il suo bacio è fermo, risoluto, ed è la risposta che sto cercando. Stringe le braccia intorno alla mia vita, e io affondo, completamente presa da questo momento. Nel suo bacio c'è libertà, luce di stelle. È camminare sull'acqua e lasciare che ci inondi entrambi, che ci porti via da papà, dal Garden. Da questa città e in un posto in cui nessuno può trovarci.

I suoi occhi si fissano nei miei quando infine ci separiamo, e sono così intensi da spaventarmi, ma non posso guardare altrove.

Gli angoli delle sue labbra si muovono come se stesse per sorridere, e toglie un braccio dalla mia vita per infilare la mano in tasca, e mi preme qualcosa sul palmo.

È una stellina, fatta interamente di vetro.

Apro la bocca per parlare, senza alcuna idea di cosa sto per dire, e alla fine dico in un respiro, "nel ricordo, tutto accade alla musica."

*****
Nota dell'autrice: ancora una volta, la frase di riconoscimento viene da The Glass Menagerie di Tennessee Williams.

Nota della traduttrice: ho sempre dimenticato di dire che, ovviamente, qualsiasi commento verrà tradotto e inviato all'autrice. Abbiamo aperto un account apposito per questo su ff.net, per cui ogni recensione sarà pubblicata con quel metodo. Ogni eventuale risposta dell'autrice sarà poi pubblicata, dove possibile, sottoforma di risposta alle recensioni. Alla prossima! - Alessia Heartilly

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Capitolo 5
*** V. La chiave di vetro ***


AIN'T NO SUNSHINE
scritta da Summoner Luna, tradotta da Alessia Heartilly
V. La chiave di vetro

Viale del Frutteto, 30 marzo. Oggi.

Chiudo le cartelline, pronto a tornare in ufficio. Non che abbia qualcosa contro le storie d'amore, ma visto che questa particolare storia d'amore è diventata un interesse per me, leggere le loro lettere e i diari in cui si guardano trasognati non è esattamente il tipo di aiuto che cercavo.

Quello che mi è d'aiuto è la faccenda della madre della signorina Heartilly, e questo richiede un altro tipo di ricerca.

Faccio scorrere ancora un po' di fogli nella cartellina della signorina Trepe, sperando che possa avermi fornito quello che sto cercando, ma non sono sorpreso quando non lo trovo.

Do un'altra occhiata alla piazza, deluso da questo viaggio. Non so cosa mi aspettavo, ma era qualcosa di più del pranzo e delle letture che avrei potuto fare in una parte della città che mi è più amica.

Comunque, è bello avere un'altra immagine da abbinare ad alcune delle parole.

Non sono ancora arrivato alla porta dell'ufficio quando noto che qualcosa non va. Mi guardo intorno nella strada, e rifletto di cambiare tragitto, ma immagino che se Caraway avesse capito e mandato uno dei suoi scagnozzi alle mie calcagna, li vedrei sul mio zerbino invece che in altre parti della città.

La porta comunque sembra a posto. Non c'è segno di guai, e immagino che se ci fosse qualcuno alle mie costole mi starebbe già aspettando dentro.

L'ufficio è come l'ho lasciato, a parte una busta sul pavimento su cui quasi pesto. La prendo e mi acciglio. La posta di solito non arriva prima di un'altra ora, il che significa che è di un messaggero privato, il che significa che probabilmente starei meglio senza quello che c'è dentro.

Mi chiudo la porta alle spalle e prendo un tagliacarte dalla scrivania, aprendo la busta. Qualsiasi cosa ci sia dentro non è solo carta, al tatto.

Quello che non mi aspetto è una stellina di vetro a malapena più grande dell'unghia del mio pollice.

Mi acciglio e la lascio cadere sulla scrivania, fissandola quasi duramente. Non c'è nulla sulla busta a parte l'indirizzo, e non c'è niente dentro a parte la stella. E nemmeno la calligrafia sulla busta è un indizio, dato che, a giudicare dalla mano, è stato dettato al messaggero e poi scritto. Di sicuro non corrisponde a nessuna delle grafie che ho visto finora nella cartellina della signorina Trepe.

Qualcuno bussa alla porta, e penso a quando ho visto la signorina Heartilly a teatro ieri sera, e inizio a chiedermi se lasciarle vedere la signorina Trepe sia stata l'idea migliore, dopo tutto.

I miei pensieri sono interrotti quando apro la porta a un pugno sulla faccia. Faccio un passo indietro troppo lentamente, e lui mi afferra, e io grido e ricambio il pugno.

Colpisco l'aria, e quando apro gli occhi sto guardando l'uomo tatuato che era con la signorina Heartilly ieri sera. È più basso di me di tutta la testa, ma è altrettanto muscoloso, e ha l'omicidio negli occhi.

"Stupido imbecille, che hai in testa?" sputo, togliendomi il sangue dalla faccia.

"Faccio io le domande qui," dice, e mi tira un altro pugno. Stavolta lo intercetto, e gli faccio fare un passo indietro. Lui contrattacca con un calcio, e poi ce le suoniamo come se non fossimo a metà giornata in un luogo di lavoro.

È quando mi spinge contro la scrivania che si ferma senza preavviso, e il suo sguardo passa da qualcosa dietro di me a me come se volesse una spiegazione. Anche a me piacerebbe una spiegazione, dal perché mi sta salutando accarezzandomi con i pugni senza nemmeno dirmi come si chiama.

"Dove l'hai presa quella?" Indica la stella sulla scrivania, e io la prendo, e mi tiro su per guardarlo dall'alto in basso.

"A te che ne frega?"

"Eri a teatro ieri sera."

"Vuoi dirmi perché vieni qui a metà giornata e mi meni come se ti dovessi dei soldi?"

Lui si imbroncia. Non mi piace.

"Come ti chiami, amico?"

"Non ti dico niente."

"Allora puoi continuare a cercare di indovinare dove l'ho presa, e accompagnarti da solo alla porta."

Sembra che stia per provare a colpirmi di nuovo, e io mi impunto a tenere la stella visibile. Lui si passa una mano tra i capelli, e sono felice di vedere che ha il labbro rotto e uno degli occhi che comincia a gonfiarsi. Mi ha menato abbastanza bene, ma non siamo così diversi.

"Appartiene a una persona che conosco, e la vorrà indietro."

"Puoi dire alla signorina Heartilly che è la benvenuta se viene a chiederla lei stessa."

Lui sobbalza, e chiudo la mano intorno alla stella, lasciandomela cadere in tasca. "Perché tu..."

"Va' a farti fottere, bullo. Non ho tempo per quelli come te." Mi accendo una sigaretta e soffio il fumo deliberatamente verso di lui.

Questo ragazzino mi piace sempre meno più rimane nel mio ufficio, ma devo dargli credito della sua discrezione. Non mi ha ancora detto niente a parte far capire che riconosce la stella della signorina Heartilly, e tutto quello è servito a evitare che mi prendesse a pugni la faccia, quindi non mi lamento.

"Zell," dice, e mi porge la mano. Tengo una mano contro la scrivania e l'altra sulla sigaretta, e gli soffio il fumo tra le dita.

"Hai dei problemi a dire ciao?"

"Eri al Frutteto prima."

"Il posto in cui stavo non ha nulla a che fare con le buone maniere. Bussi ad un ufficio, saluti l'uomo con qualcos'altro a parte il pugno, a meno che tu gli stia chiedendo di mettere pressione."

"E hai quella." Indica il mio cappotto, e io picchietto sulla tasca; la stella è a malapena visibile.

"Penso di averti detto di fotterti."

Per un minuto sembra che sia arrabbiato per qualcosa, e poi si toglie una lettera dalla tasca e me la dà. Sulla pagina c'è un'unica parola, e riconosco subito la calligrafia da metà delle lettere nelle cartellina della signorina Trepe, e - Zell, giusto? - non mi guarda negli occhi; ha un'espressione sul viso che fa sembrare che abbia appena tradito sua madre.

Poi esce senza dire una parola. Fisso la porta e poi rivolgo la mia attenzione al suo messaggio.

Ellione.

*~*~*~*~*

Garden, 9 ottobre. L'anno scorso.

È pomeriggio tardi e vengo svegliato da un brusco bussare alla porta e da qualcuno che si fionda nell'ufficio senza aspettare una mia risposta. È troppo tardi per fingere che stessi dormendo, e guardo le donne alla mia porta con la maggior irritazione possibile.

"Pensavo che il senso del bussare fosse per essere invitati ad entrare."

"Con te aspetteremmo fino a diventare vecchie. Sorprese anche solo di averti trovato qui."

Quistis mi fissa duramente da dietro Shu, il nostro Capitano, e so di essere nei guai se è venuta a trovarmi personalmente. Penso a tutto quello che ho in ufficio senza guardarmi troppo intorno, chiedendomi soltanto cosa troveranno se cominceranno a indagare.

Tutto quello che riguarda Rinoa è nel doppio fondo di un cassetto della scrivania. Sanno che ne ho uno perché ne hanno uno anche loro, e se qualsiasi cosa stiano cercando significa cercarlo lì, sono praticamente senza lavoro. Al Capitano non sono mai piaciuto molto, ma continuerà a cercare all'interno delle linee guida del Garden, a meno che abbia un motivo per pensare che debba andarmene. È una regola che abbiamo, proteggere i nostri clienti più che noi stessi, ma a volte è un po' di entrambe le cose.

"Calma, Leonhart," dice, e la fisso indifferente.

"Cosa?"

"Dormi in ufficio quasi ogni notte da un mese, e prendi più lavori di quanto secondo me sia sano. Ti ucciderai a lavorare così, e preferirei non avere la scocciatura di cercare di rimpiazzarti."

Le fisso entrambe, senza credere nemmeno per un secondo che siano qui perché si preoccupano della mia salute. "Ho avuto molti lavori. E non mi sembra di ricordare di averne lasciato uno a metà. Anzi, sembra che questi lavori abbiano portato un sacco di soldi per la velocità con cui sono stati eseguiti."

Il linguaggio del Capitano è denaro e profitto, e lo sguardo che mi lancia non è ringraziamento per averne parlato.

Lei e Quistis si guardano, e Quistis chiude la porta prima di voltarsi verso di me. "Non cercare di comportarti come se lo stessi facendo per il Garden. Metà dei lavori che entra in questo edificio finisce sulla tua scrivania adesso, e ne prendi più di quanti dovresti, e adesso non vieni nemmeno a casa la maggior parte delle notti."

Mi raddrizzo a sedere e incrocio le braccia. "Era parte degli accordi di questo lavoro. Fare più lavori."

Se intendono giocarsela come se si trattasse della mia capacità di delegare, le asseconderò.

"Apri la scrivania," abbaia il Capitano.

"Dammi un motivo."

Mi lancia un'altra occhiata dura, e io ricambio. "Non trattarmi come se non conoscessi le regole. Vuoi cercare tra i miei documenti, mi dai un motivo."

"Perché hai qualcosa lì dentro che ti farà esplodere, stupido imbecille. Ora o sputi il rospo o apri la scrivania."

Spingo indietro la sedia e indico la scrivania, poi mi alzo e la guardo mentre lavora. Quistis è ancora accanto alla porta, in silenzio per tutto il tempo, a parte quell'unico sfogo. So dall'espressione sul viso del Capitano che non è qui di sua iniziativa, e Quistis mi guarda negli occhi per farmi sapere che non le dispiace.

Shu lavora veloce con tutto ciò che ho nella scrivania, e la vedo fermarsi alla chiusura nascosta nel cassetto in fondo.

"Sarà meglio che tu abbia un buon motivo anche solo per pensare di guardare lì dentro," dico, e mi sono avvicinato e le ho quasi chiuso la mano nel cassetto prima di aver finito di parlare. Siamo a pochi centimetri di distanza ed è tesa quanto me, quando Quistis alla fine ne ha abbastanza.

"Dannazione, Squall, qualsiasi cosa tu abbia nel cassetto ti farà ammazzare, e pure il resto di noi."

Le spalle si tendono, e so che il Capitano se ne accorge.

"Hai un contratto aperto da ormai sei mesi senza mai una parola con nessuno, e noi abbiamo alcuni amici potenti in questa città che iniziano a far pressione su come gestiamo i nostri rapporti."

Mi stanno guardando entrambe stavolta, in attesa di un qualche racconto, e non lo avranno, anche se quello che dice mi gela il sangue. "Allora credo sia una buona cosa che qualcuno del mio rango stia svolgendo così tanti lavori adesso, e mostri loro come facciamo affari."

Ho Quistis addosso, con le parole pronunciate a denti stretti. "Hai un lavoro con i Caraway adesso, e non provare a mentire. Ma ascolta, Squall, hai fatto molto per loro, e lo so perché ho aiutato nella maggior parte di quei casi. Qualsiasi cosa sia che ti prende così tanto tempo, farai meglio a finirla, prima che il resto della sua banda lo capisca. Non ti avrei mai detto di prendere questo posto, se avessi pensato che saresti stato così idiota."

Ci fissiamo l'un l'altra e non è giusto vederla così fuori di sé, e c'è qualcosa di strano nell'idea di andarmene. Per tutto il tempo che ho lavorato per Caraway, preoccupato di come prendere il largo e tenerci entrambi vivi, non ho mai messo molto interesse in cosa io potrei lasciarmi alle spalle.

"Fatti un giro, Quistis. Il mio lavoro sono affari miei," è tutto ciò che dico. Sembra quasi che voglia picchiarmi, e penso che lo farebbe, ma Shu va alla porta. La guardo. "Capitano."

"Finisci questo lavoro, Leonhart. O scoprirò che cos'è, e mi assicurerò che sia l'ultimo, per te."

Quistis gira sui tacchi ed esce senza dire una parola, e il Capitano si assicura di sbattere la porta alle loro spalle.

Sospiro e fisso il vuoto, e poi apro il cassetto e inizio a scrivere una lettera. Vista la luna, dovremmo incontrarci stasera, e devo far sapere a Rinoa che non posso riuscirci.

Quello che Quistis ha detto su Caraway che ficca il naso nel Garden mi ha fatto preoccupare. Non c'è nulla che mi trattenga dall'andarmene, non adesso. Ma se è vero, potrebbe volerci ancora un po' prima di rivederla di persona. E devo alle mie sorelle il far sapere che me ne vado, e capire come farlo richiederà ancora più tempo.

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Capitolo 6
*** VI. La notte ha mille occhi ***


AIN'T NO SUNSHINE
scritta da Summoner Luna, tradotta da Alessia Heartilly
VI. La notte ha mille occhi

Torre Loire, 30 marzo. Oggi.

Oggi è la seconda volta che vedo l'interno della Torre Loire, e sono due volte in più di quante mi sia mai interessato vederla, tanto per cominciare. Per un uomo con i suoi soldi, il posto è più eccentrico che ricco, e dato che è morto c'è una buona parte di turisti ammassata dentro con le macchine fotografiche. Il primo livello è per lo più un museo, in questi giorni, e un ristorante pieno di roba delle altre nazioni in cui andava lui. Quell'uomo aveva una stranezza, di sicuro.

La verità è che la prima volta che sono mai venuto qui era quando stavo con il Garden, ed è un lavoro che preferirei dimenticare. Ero giovane, ma non ho mai pensato che la giovinezza giustifichi gli errori, e questo posto semplicemente me li ricorda. Ho imparato da quel lavoro? Ci si può scommettere. Ma non sono mai stato un uomo che si vergogna del proprio orgoglio.

L'ingresso è diverso dall'ultima volta che sono stato qui, ma quello era prima che il vecchio morisse, quindi non posso dire di essere sorpreso. Mi guardo intorno, e accanto all'ascensore, proprio dove me lo aspetto, c'è una piccoletta con un vestito accollato e un cappello in tinta che mi guarda. Sembra in tutto e per tutto la figlia di un miliardario, a parte una specie di comportamento tranquillo, come se stesse cercando di non disturbare nessuno anche se c'è il suo nome all'ingresso.

Mi avvicino a lei e sollevo la stella, e lei la guarda come se potesse iniziare a piangere prima di premere il pulsante dell'ascensore.

"Tua sorella è a casa?" chiedo. Mi guarda prudente, e non posso biasimarla. Ho ancora cappotto e cappello, e il viso mostra già un livido per l'incontro di prima, e tutto quello che ha a cui affidarsi è la speranza che sono davvero l'uomo a cui ha mandato quella stella.

"È al lavoro," dice. Sono sollevato, sapendo che questa conversazione sarà più semplice senza che lei aggiunga la sua opinione a qualsiasi cosa la signorina Loire abbia da dire. E forse un po' deluso. È bella da guardare, ed è da un po' che non incontro una donna con il suo cervello.

L'ascensore si ferma. Non sono sorpreso da questo posto, ma per essere la casa di due dei migliori mercenari del Garden, sembra così... Accogliente. Guarda la signorina Loire, che sembra molto più rilassata ora che è tornata di sopra, e non devo nemmeno chiedere chi si occupa di questo posto.

Mi indica di sedermi e va in cucina. "Posso prenderle un drink, signore?"

Sì, puoi prendermi un drink, penso. Uno bello forte. Solo stare in questo appartamento mi mette sulle spine, ma lei semplicemente non è il tipo di donna con cui ti bevi dell'alcol. "Acqua va benissimo," dico, e lei ne versa due bicchieri.

"Si sieda," dice, e lo faccio, immaginando che lei sia troppo educata per sedersi prima del suo ospite.

"Ho ricevuto una cosa strana per posta, stamattina," le dico, e lei distoglie lo sguardo. "E ho avuto una visita con un messaggio che mi portava a lei."

"Una visita? Pensavo che avesse semplicemente capito che ero io."

Ridacchio. "Mi dà troppo credito, signorina."

"Chi è stato a venirvi a trovare?" Sembra preoccupata.

"Sembra che sia un amico di una delle amiche di suo fratello, se capisce cosa intendo."

Lo fa. "Vuole dire - che cosa glielo fa pensare?"

"È il mio lavoro saperlo, signorina Loire. Ora, perché non mi dice com'è che questo ciondolo è in suo possesso, e perché le è sembrato adatto inviarmelo?" Tengo la stellina, e la lascio cadere leggermente sul tavolo tra noi.

Sembra ancora che stia per piangere, come nell'ingresso, e sto perdendo la pazienza. Il mio interesse per le donzelle in difficoltà è profondo quanto la loro disponibilità a mostrarmi il portafoglio. I soldi della signorina Trepe possono anche venire dallo stesso posto di quelli di questa bambolina, ma per quanto mi riguarda, la signorina Loire non ha fatto altro per me che tentarmi con una briciola ed esitare a darmene un'altra.

"Perché è tutta colpa mia!" sbotta infine, e ora ha la mia attenzione.

"Colpa sua?"

Annuisce, e iniziano a scendere le lacrime. Contro la mia volontà, tiro fuori un fazzoletto e glielo allungo, dandole qualche altro minuto che posso perdere.

Ecco cosa ho imparato con le signore. Ci sono quelle che piangono perché pensano che questo possa far loro ottenere qualcosa. Poi ci sono quelle che piangono perché sono proprio turbate, e non c'è dubbio che la signorina Loire sia una di queste. Quindi aspetto e le lascio ritrovare un contegno sufficiente a cominciare a parlare.

"Mi dispiace. È solo che mio fratello-" Tira su di nuovo con il naso. "Non che fossi d'accordo con ciò che stava per fare, ma non ho mai voluto questo."

Adesso la ascolto. Lacrime o non lacrime, qualsiasi cosa abbia da dire deve essere utile in qualche modo.

*~*~*~*~*

Torre Loire, 16 gennaio. Lo stesso anno.

La corsa dell'ascensore verso l'appartamento finisce troppo presto, e ho una mezza idea di tornare giù e rimanere semplicemente al lavoro fino a quando ce ne andremo. Poi si apre la porta, e non ho altra scelta, perché è quello che abbiamo aspettato, comunque.

Entro nell'appartamento, ed Elle è seduta al pianoforte, guardando la porta, come se sapesse che stavo arrivando. Ci fissiamo per alcuni minuti, e il pensiero di darmela a gambe comincia a sembrare di nuovo una buona idea.

"Lascio il Garden," dico, e non faccio un altro passo nella stanza.

"Quando?"

"Presto."

Si alza e va in cucina, e mette un bollitore sul gas. Io mantengo la mia posizione, e la guardo prendere due tazze da tè mentre aspetta che l'acqua bolla.

"Elle-"

"No, Squall. Non puoi farti vivo e dirmi che te ne vai e non preoccuparti nemmeno di sederti e parlarmene."

Il bollitore inizia a fischiare e lei vuota l'acqua, e aspetta. Sospiro, e cammino rigidamente fino al tavolo, sedendomi davanti a lei.

"È un lavoro, vero? Quello per cui ho sentito litigare te e Quistis?"

Annuisco. Posso mentire ai tizi più potenti e pericolosi della città, ma non posso mentire a Elle. Anche se ci provassi, lei mi scoprirebbe, e la sto ferendo abbastanza.

"Sapevo che un giorno ti saresti imbattuto in qualcosa che ti avrebbe fatto ammazzare."

"Non mi sto facendo ammazzare, Ellione." Spero.

Lei ride debolmente. "Tu e papà siete proprio uguali. A parte per il fatto che lui si è affatto ammazzare inseguendo sogni, e tu ti farai ammazzare scappando dai sogni."

"Non sto scappando-"

"Sì, Squall. Papà è morto, e Quistis ha preso il comando, e io... hai cercato un motivo per andartene fin da allora."

"Non hai nulla a che fare con questo, Elle. Tu..." Mi fermo. Il piano era di non dirle niente. Deluderla e ferirla, certo, ed era semplicemente qualcosa con cui dovevo convivere. Ma prima che nostro padre morisse, io e lei eravamo più vicini che mai. È stato solo dopo... beh, l'ha presa male.

"So che ti ho lasciato per un po' dopo la morte di papà, ma sono tornata. Non devi lasciarmi anche tu."

"Non è te che sto lasciando, Elle."

"Che cos'è questo lavoro?"

"Sai che non posso dirtelo."

"Perché non permetti a Quistis di aiutarti?"

"Non può, ok?" dico, molto più forte di quanto voglia, ed Ellione rovescia un po' del suo tè. Mi guarda per un secondo, e poi comincia a urlare a sua volta.

"Beh forse potrebbe, se tu chiedessi mai aiuto a qualcuno!"

"Quello che chiunque può fare per aiutarmi in tutto questo è non parlarne più. Ho detto che me ne vado, e finisce lì."

"Squall-"

"NO."

Faccio sbattere il bicchiere, rompendolo contro il tavolo. Lei sembra sul punto di piangere, e tutto quello a cui riesco a pensare è che tutta questa faccenda sia un errore.

"Se sei nei guai, non ti permetterò di svignartela. So che Caraway ce l'ha con te da quell'ultimo lavoro che hai fatto, e l'unica cosa che ti tiene al sicuro è che sei al Garden. Te ne vai e sei un uomo morto, e non ti permetterò di farmelo vivere di nuovo."

"Addio, Ellione." Mi volto, e la mia tazza rotta mi sfiora l'orecchio e si frammenta contro la porta.

"NO!" La sua voce è stridula, adesso, e non l'ho mai vista così.

"Senti, dannazione. Sono venuto qui perché volevo che tu sapessi che me ne andavo di mia volontà, così non avresti pensato che era successo qualcosa. Sei tu quella che mi dice che devo smettere di lavorare così tanto, quindi mi fermo. Me ne vado di mia spontanea volontà, esco dalla città, sembra che sia sul lato sbagliato di un lavoro e Caraway fa un passo indietro. Io rimango qui, continuo a prendere lavori e potrebbe non essere una bugia."

"Squall..."

Corre verso di me e mi preme la faccia contro la maglietta, e la abbraccio, desiderando di poterle dire la verità.

"Starò bene, Elle. Tu prenditi cura di Quistis, ok? Tienila lontano dai guai?"

Dirlo a Quistis sarà doloroso in un modo diverso, e un modo a cui non penso molto. Se Elle e io eravamo legati prima della morte di papà, è successo dopo con Quistis. Abbiamo avuto lavori insieme per così tanto tempo che è senza strappi, e probabilmente mi ucciderà con le sue mani piuttosto che farmi andare via.

"Non penso che sappia come stare lontana dai guai. Lo ha preso da te."

"Lei è una cattiva influenza."

"Promettimi che rimarrai vivo?"

"Farò del mio meglio."

Mi stringe le braccia intorno e io la spingo via dolcemente.

"Ciao, Elle."

"Stai lasciando tutta la tua roba," sottolinea lei.

"Ne prenderò altra." Scrollo le spalle ed Ellione sorride.

"Va' alla luna, sognatore egoista."

Sorridiamo, e sparisco attraverso la porta per l'ultima volta.

*~*~*~*~*

Pub Maverick's, 16 gennaio. Lo stesso anno.

Kinneas ha la luce azzurra accesa quando arrivo, e vedo Squall seduto in fondo agli scalini non appena entro in cantina.

Sono passati mesi, e non capisco fino a che punto mi è mancato fino a quando alza lo sguardo e incontra i miei occhi.

"Ciao," dice, e si alza.

"Ciao," ripeto io. C'è qualcosa di strano in lui, ma non ho tempo di pensarci prima che mi attiri a sé e prema le labbra contro le mie in un bacio tanto disperato quanto appassionato.

Quando ci separiamo, lo guardo, una specie di sguardo senza fiato, e c'è qualcosa nei suoi occhi che non ho mai visto prima. Qualcosa di quasi dolente, e penso alle sue lettere, e so cosa deve aver fatto oggi.

Alzo una mano e gliela passo tra i capelli. Sono più lunghi di quando ci siamo incontrati la prima volta, e più selvaggi, e ha il viso stanco.

"Puoi rimanere, sai," gli dico. Non dico davvero e lui lo sa, ma che lui lasciasse la sua famiglia non è mai stata parte del patto.

"No, non posso," dice.

"Mi tiri fuori e hai fatto il tuo lavoro. Più tardi potrai venire, quando non dovrai andartene in segreto."

"Rinoa, ce ne andremo insieme." Mi posa la mano sul viso e io mi ci appoggio, e volto la testa per baciargli le dita.

"Quindi glielo hai detto?"

"Elle," dice. Non ho mai incontrato le sue sorelle, e probabilmente non succederà mai. Non ho mai nemmeno sentito parlare molto di loro, fino a quando mi ha mandato un messaggio qualche mese fa in cui mi ha raccontato di sé più di quanto abbia fatto in tutto il nostro tempo insieme, e da allora mi chiedo cos'ho fatto. Immagino che tale madre, tale figlia. Mamma ha fatto ammazzare suo padre, ed eccomi qui a portarlo via al resto della sua famiglia.

"Forse un giorno-"

"Non posso pensare così," mi ferma lui. "Ho detto addio."

Annuisco. Siamo arrivati a questo punto, e la parte difficile deve ancora venire.

Mi sporgo per un altro bacio. Questa è la notte giusta, davvero. La prossima volta che lo vedrò dovremmo essere dall'altro lato di Deling City, e se le cose andranno male allora non ci sarà una volta successiva. È quello di cui nessuno dei due vuole parlare, e io almeno non ho la testa per pensarci. Siamo insieme stanotte, e se fosse l'ultima volta, beh, allora che conti, no?

La luce passa da azzurra a rossa senza preavviso, e io mi separo di scatto, guardando Squall a occhi spalancati e con il cuore che galoppa.

"Cosa-" inizia a dire, ma so che non c'è tempo.

"Va' di sopra e in fretta," gli dico, e lo spingo sugli scalini.

"Rinoa-"

"È papà. Va' di sopra e sparisci."

"E il re-"

"Aspetteranno. Kinneas ti aiuterà se ne avrai bisogno."

Siamo in cima agli scalini, e il gruppo sta ancora suonando alla grande. Nessuno sa che c'è qualcuno qui, ma non abbiamo comunque molto tempo.

"Io vado per prima, inizio a ballare e forse qualcuno lo noterà. Cercheranno me, dopo tutto," gli dico, e lui mi guarda in modo strano, come se non mi credesse davvero. Invece mi bacia, e io apro la porta.

"Quando-?" inizia a chiedere, e gli poso un dito sulle labbra.

"La luna e mezza, più uno," dico, e supero il bar e vado verso il gruppo, e non mi guardo indietro.

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Capitolo 7
*** VII. Nonostante il domani ***


AIN'T NO SUNSHINE
scritta da Summoner Luna, tradotta da Alessia Heartilly
VII. Nonostante il domani

Deling City, 31 marzo. Oggi.

Il sole è quasi sorto, e sto finendo gli ultimi appunti della signorina Trepe con il viso accigliato quando sento che c'è qualcuno alla porta. Sento profumo di cannella e caffè, e apro la porta prima che lei abbia il tempo di bussare.

"Hai visto mia sorella ieri," dice, e mi dà una tazza di caffè.

"Te l'ha detto lei?"

"Non ce n'era bisogno. Non ti pago per andare in giro a far piangere mia sorella."

"Sembra che se la cavi bene a farlo da sola."

Il caffè è meglio della roba che tengo in ufficio, e la ringrazio per questo. Mi guarda basso al di sopra della sua tazza, e si accomoda.

"Ho letto tutti i tuoi appunti. E poi li ho letti di nuovo, e c'è qualcosa che non riesco a capire del tutto."

"E sarebbe?"

"Secondo questi appunti, e quello che ha detto ieri tua sorella lo conferma, sembra che questi due siano scomparsi in gennaio. Ma so che hai visto la signorina Heartilly da allora, e non è passata una settimana da quando hai bussato alla mia porta. E né tu né tua sorella mi sembrate il tipo che aspetterebbe due mesi per parlare. Ora, non dico che non devi portarmi il caffè, ma spero che il motivo per cui ti vedo all'alba sia che puoi dirmi quello che manca in questi appunti."

Lei solleva un sopracciglio, e io ricambio fissandola.

"Un po' troppo presto per fare domande la mattina, signor Almasy," dice, un sorriso furbo sul bordo della tazza.

"Sono un detective, tesoro. Le domande sono il mio lavoro. Quindi puoi dirmi questo, o dirmi perché tua sorella pensa che sia colpa sua."

"Per quanto la riguarda, lo è."

"Così ha detto. E poi passa a dirmi di loro che litigano, e quando ha finito piangeva così forte che era troppo difficile dirmi cosa è successo dopo. Secondo i tuoi appunti, la notte del loro litigio è stata l'ultima volta che ha incontrato la signorina Heartilly, e non penso che sia una coincidenza. E mi perdonerai per la domanda, ma mi accorgo che non mi hai mai detto come fai a sapere che tuo fratello è con Caraway. Hai mai pensato che forse se ne sono semplicemente andati?"

Il suo sorriso svanisce, e quando ho finito di parlare lei è chiusa com'era la prima notte che è entrata qui dentro. Non mi piace vedere una signora turbata, soprattutto non se è venuta qui da me per avere aiuto. E decisamente non se si occupa di una sorella che piange e affronta la scomparsa di un fratello. La signorina Trepe è una buona compagnia, e inizio a desiderare di averla incontrata in qualche altro modo. Ma non troverò suo fratello a meno che lei cominci a parlare, e se non parlerà, caffè o non caffè, non sarò suo amico.

"Non l'hanno fatto," dice soltanto, un tono sobrio nella voce a cui non ho altra scelta che credere. Ha gli occhi duri, e sta giocando al mio gioco. "Dice che il loro litigio è diventato piuttosto rumoroso, e crede che siccome è stato fatto il nome di Caraway, li abbia sentiti la persona sbagliata, e che lui sia stato seguito al pub. E potrebbe essere vero, ma sapevamo al Garden che i Caraway stavano cercando di saperne di più su un lavoro, e non è colpa sua se c'era qualcuno a origliare. Quindi a quale domanda vuoi avere risposta, dopo?"

"Sai dov'è stato tuo fratello dalla notte del sedici gennaio?"

Scuote la testa. "Non è mai tornato a casa, e non è mai tornato al lavoro. Elle mi ha raccontato del loro litigio e che ha detto di volersene andare. Se l'avessi visto, l'avrei ucciso per non avermi nemmeno parlato, credimi. In particolare dopo che Shu ha scassinato la sua scrivania e abbiamo trovato i biglietti che ha avuto e immaginato perché se ne sia andato e con chi sia."

Annuisco, e immagino bene che scena debba essere stata. Shu e io ci siamo addestrati insieme al Garden. Abbiamo fatto alcuni lavori, e bevuto dalla stessa bottiglia per anni. Lei si è spostata al piano di sopra più o meno quando me ne sono andato, e non l'ho più vista da allora. Era una tipa fredda, ma sono contento di sapere che c'è ancora.

"Quindi per un mese e mezzo penso quello che hai appena detto tu. Che quel cretino di mio fratello è scappato con la Principessina Caraway senza dire una parola a me o al suo lavoro, e sono furiosa come non mai, ma immagino che, se non ho sentito niente, devono essere usciti dalla città senza attirare troppa attenzione, e spero che stia bene."

"E poi?"

"E poi è arrivata una lettera al Garden indirizzata a mio fratello, ed è finita sulla mia scrivania, e tutto quello che ho visto è stato un pezzo di carta con un indovinello. Solo che ormai avevamo tutto quello che aveva nella sua scrivania archiviato, al Garden, e non mi ci è voluto molto per capire chi aveva mandato il biglietto, e che se lei pensava che fosse ancora al Garden, di sicuro non era con lei."

"E l'hai incontrata?"

"In un certo senso. Immaginavo di seguire il biglietto, sperare di poterla trovare e farle qualche domanda. Solo che sono arrivata troppo tardi."

"Quando è stato?"

"Il tre marzo."

"E sei venuta da me solo adesso?"

"Signor Almasy, non me l'hai mai detto, ma io so che eri del Garden, ed è per questo che sono venuta prima da te. Abbiamo un problema con un uomo del Garden, lo terremo segreto finché potremo, e so che non è qualcosa che dovrò ripeterti." Ha la voce secca, e io sorseggio il mio caffè, con gli occhi che vagano ancora sull'anello che porta al dito.

I problemi del Garden sono del Garden, ha ragione su questo. Probabilmente è stata Shu a fare il mio nome, se cerca aiuto esterno.

"Quindi cosa è cambiato?"

"Mi dispiace di non avertelo dato prima." Mi allunga una lettera che sembra sporca di sangue.

Questo è un avvertimento. Tra una settimana esatta inizieremo a mandare il resto.

La rileggo e socchiudo gli occhi, e guardo la signorina Trepe quando ho finito. Sembra colpevole e spaventata.

"Questo sangue?" chiedo.

"Questa è arrivata al Garden indirizzata a me, e nella busta c'era l'anello del Garden di mio fratello e un dito mignolo. È datata ventiquattro marzo."

Controllo e ricontrollo il mio calendario, e guardo duramente la signorina Trepe. "Quando l'hai ricevuta?"

"Circa un'ora prima che venissi da te venerdì scorso."

"Beh, signorina Trepe-"

Vengo interrotto dal rumore di qualcuno alla porta. Mi alzo, pronto a dire che chiunque sia aprirò solo tra due ore, ma perdo la parola quando vedo che è Rinoa Heartilly, la Principessa Caraway in persona, che entra nel mio ufficio e si ferma appena oltre la soglia, con la sua guardia del corpo tatuata alle costole.

*~*~*~*~*

Viale Frutteto, 3 marzo. Lo stesso mese.

Ho un brutto presentimento su stasera, ma non ho visto né sentito Squall dal raid da Kinneas, e se c'è una possibilità che ce l'abbia fatta, lo aspetterò qui. So che papà non l'ha mai catturato, o l'avrei saputo. Papà che prende un uomo del Garden è una cosa mai successa, anche se quell'uomo del Garden può averlo fatto arrabbiare troppe volte.

Ma lui lo sa, e ho avuto lividi più che sufficienti a dimostrarlo dall'ultima volta che sono tornata a casa.

"Quanto pensi di aspettare?" Il signor Dincht è sulle spine. Non riesco mai a capire se è nervoso o cerca di menare le mani, ma stasera penso che siano tutte e due le cose. Ha un modo diverso di fare le cose da chiunque al Garden, è sicuro, e non gli è piaciuto quando gli detto a cosa poteva andare incontro, ma a nessuno piace sentire di andare contro papà. Ma sa che tutto quello per cui è stato assunto sono i muscoli, e a parte dire che venivo qui a incontrare un vecchio amico, non gli ho detto nulla su Squall o sui nostri piani di fuga.

"Tutto il tempo che serve," dico. Forse non mi ha capita? O forse se n'è già andato e mi aspetta da qualche parte e sono io a prendermela comoda. Lo aspetto qui da più di un'ora oltre l'orario solito dei nostri incontri, e nessuno nella piazza somiglia minimamente a lui.

Sto pensando di dire a Zell esattamente cosa c'è di così importante in stasera, quando mi spinge dietro di lui e vedo due cose in una volta sola.

La prima è una bionda che mi viene incontro con un cappotto rosso e uno sguardo che mi blocca. Il secondo sembra cogliere il suo sguardo non appena lei coglie il mio, e mi sento il cuore fermo in petto. Due uomini con il cappotto stanno camminando in fretta lungo la piazza, e non devo vedere chi hanno preso di mira per sapere che è Squall, che è venuto, ma che gli uomini di papà stanno aspettando.

"Andiamo," dice Zell, e mi stringe un braccio. Provo a scrollarmelo di dosso, ma lui mi sposta il braccio sulla vita, e quasi mi fa cadere cercando di portarmi via dalla piazza.

"Questo è-"

"Se vogliono lui, farai meglio a sperare che non ti vedano, o è un uomo morto."

Guardo la mia guardia del corpo; sembra spaventato, ma ha detto una cosa vera. Poi guardo la bionda oltre lui: ha il viso addestrato in qualcosa di impassibile e so senza dubbio chi è.

"Io vado," dico a Zell, "ma ho bisogno che tu dia qualcosa a quella donna."

Lui mi guarda ma annuisce comunque, e gli do un biglietto e la mia stellina, e scompaio nella notte.

*~*~*~*~*

Deling City, 31 marzo. Oggi.

Il signor Almasy e la bionda della piazza mi fissano come fossi una condannata non appena supero la porta. E suppongo di esserlo, per loro.

Ci fissiamo più a lungo del necessario, ma non ho idea di cosa dire. La sorella di Squall - Quistis, penso che abbia detto lui - ha la stessa espressione sul viso di quella notte in piazza, e senza nemmeno parlarle posso capire che non è passiva come spera lei. Sono la ragione di tutto, per quanto ne sa lei, e non la biasimo per essere arrabbiata.

"Buongiorno!" È il signor Almasy a spezzare il silenzio, con un sorriso improvviso sul volto a cui nessuno crede nemmeno un secondo, a parte lui stesso, forse. Si alza e viene verso di me, mi mette un braccio intorno alla vita e mi indica il divano dov'è seduta Quistis. "Non posso dire che non mi aspettassi che saresti comparsa prima o poi, anche se sono sorpreso che prima non ti sia fatta cercare." Torna alla scrivania e vedo che lui e il signor Dincht si scambiano un'occhiata che spiega l'occhio nero con cui è tornato Zell ieri sera. Io lo guardo a mia volta, e lui non fa altro che scrollare le spalle a mo' di scusa.

"Allora se immaginavi che mi avresti visto, penso non serva che spieghi perché sono qui."

"Direi che hai delle spiegazioni che vorrei sentire," dice Quistis, e si volta verso di me con uno sguardo che ghiaccerebbe una fiamma. Zell fa un passo verso di lei, ma il signor Almasy inizia ad alzarsi dalla sedia e lo ferma dov'è.

"Va tutto bene, Zell," dico, e incontro gli occhi di Quistis. "Non ho niente da dirti a parte che mi dispiace, e che io e te abbiamo uno scopo comune adesso. Non ti biasimo se sei arrabbiata, ma penso che insieme possiamo tirarlo fuori."

Posso intuire che non mi crede, e non mi interessa. Avrei seguito Squall io stessa fin dall'inizio, se non che le parole di Zell mi sono sembrate vere, e so, grazie a tutti gli anni in cui ho vissuto a casa di papà, che una volta che non ha motivo di tener vivo un uomo, è solo una perdita di tempo aspettare a ucciderlo. Se il mio nascondermi è ciò che tiene Squall su questa terra, allora continuerò semplicemente a nascondermi.

"Scusami, principessa, ma a meno che tu abbia un'idea di dove possa essere il fratello della signorina Trepe, la tua presenza qui peggiorerà solo le cose." Il signor Almasy accende una sigaretta, e so che con lui non è solo una finzione.

"Ecco perché sono qui," gli dico, e alzo il mento.

"Sai dov'è?"

Mi volto verso la signorina Trepe. "Non pensi che sia venuta qui alla luce del sole per dirvi quello che so che sapete già, vero?"

Lei socchiude gli occhi e beve un sorso di caffè.

"Allora parla," dice il signor Almasy, e sposta qualche documento sulla scrivania. Vedo la mia calligrafia, e quella di Squall, e mi dà un tale senso forte di tristezza per ciò che deve succedergli che devo prendermi una pausa.

"Beh?" Il signor Almasy alza gli occhi, e io abbasso i miei. "Bene. Inizia a dirmi perché hai dato alla signorina Trepe un biglietto che raccontava la tua ultima notte al pub."

"Ho chiesto a Squall di tenere un registro," gli dico, e vedo Zell spostare il peso sui piedi, accanto alla porta. Da quella notte nella piazza l'ho sorpreso a farlo un sacco di volte, e anche se lui può vedere bene quanto me che il signor Almasy ha già in documenti tutto quello che posso dire, so che non gli piace particolarmente che ne parli ad alta voce.

"Un registro?"

"Signor Almasy. So che non sei nuovo dell'ambiente, o Quistis non ti avrebbe mai assunto, quindi so che sai una cosa o due su mio padre. Se pensi di metterti contro di lui, pensi anche di tenerti qualcosa nel caso le cose vadano male. Dopo quella notte avevamo una possibilità di uscirne, e se non fosse successo, uno di noi, o entrambi, sarebbe stato fatto fuori senza una parola. Gli ho chiesto, dopo che abbiamo iniziato a pensare di andarcene insieme, di tenere un registro di tutto, in caso fosse successo questo."

"Bella mossa audace, signorina Heartilly."

Guardo il signor Almasy dritto negli occhi. "Conosco mio padre, signor Almasy. Scopro che Squall ha due sorelle e non corro il rischio che lui scompaia e lasci la sua famiglia senza la minima idea di dove sia andato. E sono i miei appunti a portarci tutti qui adesso. So cosa sarebbe potuto succedere, ma non è successo, e potreste volerne essere grati."

"Sarò grata quando mi dirai dove tuo padre tiene i prigionieri."

Faccio un brusco respiro e sposto gli occhi dal signor Almasy a Quistis. "Roshfall, 823." Mi guardano come se non mi credessero, quindi continuo. "Papà ha più di un posto dove tiene i suoi bersagli, uno in periferia e due verso i moli. Solo che nessuno sa del secondo, e a lui piace così. Quelli che porta a Roshfall sono quelli che non pensa di tenere, e so che l'unico motivo per cui Squall è ancora là è che spera di usarlo come esca per attirarmi. Non appena metto piede dove i suoi uomini possono vedermi, Squall è morto e io sarà fortunata se rivedrò il cielo. Roshfall non è nemmeno un posto di cui dovrei sapere, ed ecco perché so che è là che tiene Squall."

"Come mai non ho mai sentito di questo posto?"

"Penso di avertelo appena detto."

Il signor Almasy mi guarda a lungo prima di spostare gli occhi sulla signorina Trepe. Passano alcuni secondi silenziosi a parlarsi l'un l'altro in un modo che mi porta a chiedermi quanto bene siano arrivati a conoscersi da quando lui se n'è andato, e poi lui torna a guardarmi. So cosa sta per succedere, e mi toglie il respiro.

"Prenderemo il tuo uomo. Sarà meglio che tu sia pronta ad andare non appena sarà con noi."

"Sono pronta da mesi, signor Almasy. Solo non ho mai immaginato che non sarei andata sola."

Lui annuisce, e persino Quistis ha un'espressione che penso possa essere una specie di approvazione.

"Rimani qui con Elle. Per quanto ne sappiamo, tuo padre non sa che il signor Almasy è coinvolto, e ha già fatto sorvegliare casa nostra. La manderò qui, e saremo qui il prima possibile."

"Vai anche tu?"

"Io e mio fratello abbiamo fatto un sacco di lavori insieme prima che arrivassi tu, signorina Heartilly, e non intendo lasciarlo solo per questo."

Zell si schiarisce la gola dalla porta, e tutti ci voltiamo improvvisamente su di lui.

"Hai un problema se rimane qui?" dice il signor Almasy, pronto a colpire.

"Vorrei venire con voi, se per te non è un problema." Lui e il signor Almasy hanno un'altra battaglia di sguardi, e vedo di nuovo quella parte di Zell che mi fa sempre pensare che gli prudano le mani per quanto vuole lottare. Sarebbe un buon mercenario al Garden, penso, anche se per me è una buona cosa che invece abbia scelto la via privata.

"Scusa. Non abbiamo spazio per altri, e la signorina Heartilly non ti paga per lasciarla qui da sola."

C'è una pausa pesante nella stanza, rotta solo dal rumore di Quistis che beve il caffè, e il signor Almasy che fa cadere la cenere in un portacenere sulla scrivania. Io guardo ciascuno di loro e infine sposto l'attenzione al pavimento, e penso eccoci.

O vedrò Squall stasera, o nessuno di noi vedrà di nuovo sorgere il sole.

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Capitolo 8
*** VIII. Dove finisce il sentiero ***


AIN'T NO SUNSHINE
scritta da Summoner Luna, tradotta da Alessia Heartilly
VIII. Dove finisce il sentiero

Roshfall 823, 31 marzo. Oggi.

Siamo seduti poco dopo i moli al tramonto, e sto guardando gli ultimi cenni di tramonto nelle nuvole chiedendomi se sarà l'ultima volta che vedrò i colori del cielo. Via Roshfall non è difficile da trovare, anche se non è un posto che si vuole vedere. Sarei persino sorpreso se Caraway fosse mai stato qui di persona. Per quanto sia insalubre la sua Famiglia, a Roshfall manca una certa classe - una volta, era un posto preferito dalle classi basse di Deling City, e oggi sento parlare solo di puttane e spacciatori di erba. Nulla per cui un uomo stimato di Caraway perderebbe tempo. A parte, si direbbe, quando cerca un modo semplice per gettare la sua spazzatura in mare.

La signorina Heartilly ci ha assicurato che è una prigione e nient'altro. Non sono sicuro di quanto creda a queste assicurazioni, più so di lei. Non penso che la bambolina menta, ma quello che non sa su suo padre potrebbe riempire un libro, e immagino che a lui piaccia così.

Ma quello che ha è migliore e più veloce di qualsiasi cosa abbia scoperto da solo, e quello che faremo stanotte è quello per cui la signorina Trepe è venuta da me, in ogni caso.

Spengo una sigaretta contro l'asfalto ed entro.

Questo lavoro qui? È il motivo per cui ho lasciato il Garden. Sono buoni soldi e non c'è sangue cattivo. Ma c'è un punto a cui arriva un uomo in cui ci si deve rendere conto che il lavoro che si fa è del tipo che ti fa ammazzare, e lavorare per te stesso ti dà gli strumenti per evitare quel tipo di cose. Ora, dopo tutti questi anni fuori da quel giro, sono qui a lavorare per la migliore amica di Shu e a cercare di salvare comunque un uomo del Garden. Chi lo sa. Forse Leonhart e io saremmo stati amici. O forse ci saremmo odiati. Credo che sia una di quelle cose a cui si deve pensare e basta una volta che la possibilità è persa.

Sono concentrato, e vado dentro. L'edificio è abbastanza abbandonato, e i miei sospetti sul discorso della signorina Heartilly si fanno sempre più forti man mano che entro. Faccio segno attraverso la finestra alla signorina Trepe, ed eccoci qui, o sul punto di farci ammazzare o a perdere il nostro tempo.

"Ciao, bellissimo," dice una voce nel buio, e mi blocco. La signorina Trepe non è troppo indietro, e si ferma anche lei, silenziosa, contro il muro.

"Ciao." Strascico la voce e raddrizzo la schiena, voltandomi fino a quando vedo infine la fonte della voce in una piccoletta appoggiata allo stipite. "Posto davvero terribile per passare il tempo per una pupetta come te," le dico avvicinandomi. La signorina Trepe è ancora sulla scala, e penso che non mi seguirà.

È ancora più piccola di quanto sembrasse all'inizio quando mi avvicino, e questa cosa da sola mi dice che non è qualcuno che voglio far incazzare. Caraway non sprecherà più uomini del dovuto in un posto che nessuno in teoria dovrebbe conoscere, ma chiunque metta qui è qualcuno che può far fuori chiunque si perda in questa parte della città. Il fatto che sia una donna, e pure piccola, è tutto ciò che mi serve sapere per avvicinarla come farei con una bomba pronta ad esplodere.

"Mi sono persa," dice, con un broncio che potrebbe essere credibile se fossi semplicemente capitato qui.

"Beh, lascia che ti mostri l'uscita," dico. Vuole fare la debole, io farò il contrario. Mi avvicino abbastanza lentamente da non farmi cogliere di sorpresa, ma abbastanza in fretta da dirle che penso di avere la meglio. Spero solo che ci sia una possibilità che sia così, e che non abbia visto che non sono solo.

Siamo quasi faccia a faccia, e ci vuole solo uno sguardo per sapere che non sarà lei a spezzarsi per prima. Non sto cercando sangue, almeno non stasera, ma mi vedrà a terra prima di cedere.

"Beh, signorina. È stato bello incontrarti," dico, e faccio un passo indietro in tempo per evitare la lama con cui lei vuole colpirmi alle costole. Si risistema prima che io abbia finito di muovermi, ed estraggo anch'io un pugnale, e ci meniamo fendenti a turno. So prima di cominciare che non posso farcela con lei, e lei lo dimostra in fretta, e presto sanguino. È piccola e veloce, e non mi chiedo come mai Caraway abbia messo solo lei di guardia qui.

Ma quello che ancora non sa è che non sono qui da solo, e lo scopre quando cerca di ficcarmi quel coltello nel rene, e si becca uno dei proiettili della signorina Trepe nella gamba. Lei cade all'indietro per l'impatto, e la signorina Trepe gliene dà altri due, uno per spalla, e la killer di Caraway è seduta per terra in un lago di sangue, e ci guarda come se potesse ucciderci con gli occhi.

"Hai qualcosa che cerco," le dico, e do un calcio al coltello che tiene in mano, facendolo scivolare sul pavimento.

"Non vuoi farlo," dice lei.

"Oh, penso di sì." La signorina Trepe avanza fino a quando ha i tacchi quasi nel sangue della ragazza, e le tiene la pistola puntata contro il bel faccino. Lei fa un cenno della testa verso la stanza, e io entro, ed eccolo lì.

Leonhart non è il primo ostaggio che abbia mai liberato, ma è il primo che io abbia mai ripreso dalla banda, e sarei felice che fosse l'ultimo. L'unico modo per cui so che l'uomo che ho davanti è quello delle fotografie della signorina Trepe è ciò che mi ha portato qui, perché di sicuro sembra diverso da quei primi giorni al Garden. Capelli più lunghi appiccicati alla faccia, e guance vuote, e non mi sorprende che probabilmente non lo abbiano nutrito più del dovuto. Mi guarda attraverso occhi gonfi, e ha tagli sulla guancia e sul petto che so essere un regalo della civetta che c'è all'ingresso. Potrebbero non sembrare chissà cosa, ma non c'è dubbio su quanto facciano male. Mi chiedo quanti altri tagli così abbia, e immagino che sia una domanda a cui farei meglio a non conoscere la risposta.

Non dico una parola. Ho il coltello ancora in mano, e lo uso per tagliare le corde che lo tengono sulla sedia, e so di alcune donne che saranno felici di vedere che gli manca solo un dito. Mi mette un braccio intorno alle spalle, e non so dire dalla sua espressione se sia grato o semplicemente sconfitto. Per un uomo innamorato, non sembra che ci sia un grammo di speranza sul suo viso.

"E lei?" chiede la signorina Trepe una volta che siamo all'ingresso, e non diresti mai dalla loro reazione che si conoscano. Lei lo guarda come se fossero gioielli rubati che ho tolto dalla stanza, e lui ha il viso ancora più vuoto di lei. Per quanto possano essere vicini, posso vedere gli anni di lavoro insieme come una squadra in quest'unico momento.

"Finestra aperta." Faccio cenno con la testa alla stanza alle mie spalle, e mi dirigo alle scale, con Leonhart ancora contro la spalla. Sento un altro sparo e poi il suono attutito di qualcosa di pesante che colpisce il mare, e infine i passi veloci della signorina Trepe dietro di me.

*~*~*~*~*

Deling City, 31 marzo. Oggi.

Sono appena passate le dieci quando sentiamo qualcosa fuori dalla porta, e ci guardiamo tutti come se fosse l'uomo nero. Non c'è stato molto di cui parlare mentre Quistis e il signor Almasy erano via, o non molto che io voglia dire, in ogni caso.

Mi piace Ellione, ma cosa posso dirle, quando suo fratello è stato preso da papà e sua sorella potrebbe essere uccisa nel cercare di riprenderlo? Quindi parliamo di quello che possiamo senza dire molto, e alla fine passiamo le ore seduti in silenzio, sobbalzando ogni volta che sentiamo qualcuno fuori.

L'ufficio del signor Almasy è piccolo, e non ha davvero molti posti in cui nascondersi, anche se ci hanno dato il tempo di trovare un posto nascosto. Quindi quando aprono la porta siamo io e Elle sedute spaventate sul divano, e Zell in piedi dall'altra parte. Mi chiedo se abbia in mente di fare lo scudo umano, perché di sicuro non farà danni se è qualcuno che non vogliamo che entri.

Quistis entra per prima, e mi alzo dal divano, spingendo via Zell prima che sia entrata del tutto, e incontro la migliore e peggiore vista che potessi mai sperare di avere.

"Squall," dico in un respiro, e sono bloccata sul posto mentre lo guardo entrare zoppicando verso di me con l'aiuto del signor Almasy. Alza lo sguardo quando mi sente, e mi ci vuole solo uno sguardo ai suoi occhi per cominciare a piangere.

"È-"

"Starà bene," dice burbero il signor Almasy, e lo aiuto a portare Squall sul divano. Penso che anche Ellione stia piangendo, ma si alza così Squall può stendersi, e io mi metto a trovare ogni taglio e livido che ha addosso, spaventata da quello che papà potrebbe avergli fatto.

"Rin...oa..." Ha la voce spezzata, ma è il suono più bello che io abbia mai sentito. Alza lentamente una mano e io la prendo tra le mie, boccheggiando.

"Il suo dito!"

"Sii contenta che gliene manca solo uno," dice Quistis, non senza un po' d'irritazione nella voce. "Che hai in mente adesso?" Si rivolge al signor Almasy, e li ascolto solo a metà. Squall ha gli occhi aperti, e sto cercando di smettere di piangere abbastanza per guardarlo, e c'è qualcosa che inizia a farmi sorridere.

"Che c'è?" sussurra lui, con la mano ferita sulla mia gamba.

"È la prima volta che ti vedo alla luce," dico. "Prima erano luci azzurre, o il Frutteto." Lui chiude gli occhi, ma muove le labbra in una minuscola idea di sorriso. Gli tocco il viso, le labbra, e lui mi bacia la punta delle dita.

"Avrete un sacco di tempo per vedervi una volta che sarete fuori da qui," dice il signor Almasy, e alzo gli occhi, e ho mezzo dimenticato che siamo ancora qui.

"Fuori?" chiedo.

"Non ci vorrà molto prima che il tuo paparino capisca che non è dove dovrebbe essere, e farai meglio a sperare di non essere in città quando succederà."

"Ma e..." Guardo Quistis, Elle e il signor Almasy, e sono investita da domande e senso di colpa, al pensiero di tutto quello che hanno fatto, tutto perché un anno fa ho avuto l'idea di lasciare qualcosa in cui sono nata. "Verrà a cercarti."

"Non se non ha un motivo per farlo," dice Quistis, con un'espressione tetra. "C'è un treno merci in partenza da Deling City tra tre ore. Per come la vedo io, tutto quello che dovrà fare il tuo papino è pensare che Squall sia su quel treno, e ce ne siamo già occupati. Tutto quello che devi fare è portarlo via da qui."

Guardo ancora il divano dove Squall è steso a occhi chiusi.

"Lascia fare a me," dice Ellione, e faccio un passo indietro, e la vedo metterle qualcosa sui tagli. Mentre lavora mi volto del tutto verso Quistis e il signor Almasy, e ascolto cosa hanno in mente.

Penso che non ci sia modo che funzioni, ma anche se il loro piano non è pulito come sperano, non c'è verso che restiamo in città.

"Devi provarci, signorina," dice il signor Almasy, e guarda Ellione. "Come sta?"

"Sarà fuori tra poco," dice, e la vedo sorridere per la prima volta.

"Ha un'ora per dormire. Poi voi due avrete un treno da prendere."

*~*~*~*~*

Fuori Deling City, 1 aprile. Oggi.

Il treno sta uscendo dalla stazione mentre Rinoa mi spiega cos'hanno pianificato per noi Quistis e il cazzone che ha assunto, e tutto quello a cui riesco a pensare con il mio mal di testa è che è per questo che non permetto agli altri di fare piani. Non lo dico ad alta voce, perché posso sentire Rinoa che mi dice che i miei piani mi hanno fatto perdere un dito e ci hanno messo in questa situazione, tanto per cominciare, e avrebbe ragione.

Ma è per questo che non permetto agli altri di fare piani.

"Tuo padre non noterà che è stata più di una persona a venire a prendermi?" le chiedo, cercando di mettere insieme i pezzi.

"Papà ti sta alle costole da anni," dice. Sta facendo qualcosa in un angolo del vagone merci, e penso di sentire odore di polvere da sparo. "Ha abbastanza tirapiedi da non sentire la mancanza della ragazza che han fatto fuori, e se pensa di avere la sua vendetta, basterà. Papà non ha mai avuto un problema con il Garden fino a quando sei arrivato tu, e non ne avrà senza di te."

Il treno prende velocità, e Rinoa si inginocchia accanto a me.

"Pronto?" mi chiede, e mi aiuta ad alzarmi.

"Non so se ti sia mai servito aiuto per andartene, è così?" le chiedo, e mi guardo intorno. Il vagone è vuoto, ma quell'odore è ancora nell'aria. Attraverso la porta aperta, il terreno inizia a confondersi.

"Avevo bisogno di te," dice, con la voce seria e gli occhi fissi dritti nei miei. "È ora."

Deling City non sembra abbastanza lontana, e glielo dico.

"Fidati di me," mi dice, e lo faccio.

Mi prende la mano e la stringe, e facciamo un lungo respiro, e poi saltiamo giù dal treno. Il terreno mi colpisce ogni graffio e livido, e la sento gridare di dolore da qualche parte dietro di me, prima che tutto sia assorbito dal rumore del treno che esplode, e lo scoppio ci colpisce anche più del terreno.

"Dai." Trovo la sua mano, e anche se non riesco a sentire e vedo a malapena, riusciamo a spostarci fino ad essere nascosti dai binari e dalla strada. Sanguino dappertutto, dove la piccola tirapiedi di Caraway mi ha colpito e anche altrove, e sono abbastanza sicuro di avere più di una costola rotta. Anche attraverso il cappotto posso intuire che c'è qualcosa che non va nella spalla di Rinoa, e ha mezza faccia rossa e con segni di ustione. I nostri vestiti sono strappati e fa male muoversi, ma mi allungo verso di lei e la attiro tra le braccia, e ci sediamo, e inizio a sentire una libertà che non ricordo di aver mai avuto prima nella mia vita.

E lì, seduti tra le rocce e gli alberi, con il calore dell'esplosione ancora sulla pelle e il ronzio nelle orecchie, la guardo, e iniziamo tutti e due a ridere.

*~*~*~*~*

Deling City, 1 aprile. Oggi.

Sono al confine della città con la signorina Trepe, e lei mi stringe il braccio mentre guardiamo salire il treno, e so che stiamo entrambi cercando le forme di due persone che scappano dall'esplosione. Non le vediamo mai.

"Pensi che ce l'abbiano fatta?" mi chiede. Indossa il suo cappotto rosso e degli occhiali da sole, e il vento le ha scomposto la pettinatura e i capelli quasi le si avvolgono intorno al viso.

"Scelgo di pensare di sì," le dico.

"I soldi sono tuoi, Almasy, che sia salvo o no. L'hai liberato da Caraway, hai fatto il tuo lavoro."

"Non sono preoccupato dei soldi, signorina Trepe. Lo dico sinceramente."

"Che cosa ti rende così sicuro?"

"Avevano un motivo per vivere."

Lei mi lancia un'occhiata strana, e io le faccio l'occhiolino e stendo il braccio.

"Tua sorella starà bene?"

La signorina Trepe mi prende il braccio, e iniziamo a tornare in città. "Ce la farà. Immagino che lui abbia fatto quello che non è riuscito a fare loro padre, o immagino che lei la vedrà così. Ora che sappiamo cos'è successo, pensa che sia romantico."

"Tu no?"

"Penso che quello che ha fatto sia stato avventato, e se mai lo rivedrò lo picchierò per averci fatto passare tutto questo. Ma sì, immagino che 'romantico' sia una parola che si può usare. Non dirmi che sei stato coinvolto da questo?"

"Sono coinvolto dal lavoro, signorina Trepe."

"È una cosa che hai comune con un sacco di gente coinvolta in questo casino."

"È la vita. A proposito, ho sentito che prenderai la guardia del corpo della signorina Heartilly al Garden?"

Lei annuisce. "Ha seguito gli ordini oggi e l'ha tenuta al sicuro. Shu pensa che possa essere utile." Colgo uno sguardo nei suoi occhi mentre lo dice, e guardo dritto davanti a me.

"Di' a Shu che la saluto, quando torni."

Siamo quasi alla Torre Loire, e lei inizia a rallentare il passo. "Puoi sempre dirglielo tu stesso."

Scuoto la testa. "Quello è il passato, signorina Trepe. Quello che ho adesso è più che sufficiente per me." Sembra quasi delusa, e non posso dire di non sentire un po' la stessa cosa anch'io.

"Se mai cambiassi idea sul tornare, sai come trovarci."

Ci siamo fermati agli scalini di casa sua, ma c'è qualcosa in questo che non sembra la solita fine di un caso.

"Non direi di no a fare da consulente per te, di tanto in tanto, ti servisse mai una fonte esterna."

Lei sorride, e le prendo la mano portandomela alle labbra. "Signorina Trepe, è stato un piacere." Le bacio le dita, e il profumo di cannella delle sue dita guantate rimane anche dopo che le lascio la mano.

"Abbi cura di te, signor Almasy." Si volta e inizia a salire le scale, e la guardo, spostando gli occhi dalle sue gambe al modo in cui i capelli danzano sulle sue spalle. Non è nemmeno a metà scala quando la chiamo e le faccio cenno di scendere.

"Che c'è adesso?" chiede con un sorriso nella voce.

"Stavo solo pensando che c'è un uomo che ha un pub a cui devo dire grazie. Non ha ancora aperto, ma una tazza di caffè nel frattempo?"

"Pensavo che non l'avresti mai chiesto," dice lei maliziosa. Si spinge indietro i capelli e mi prende sottobraccio, e mentre la città si sveglia intorno a noi camminiamo insieme lungo la strada.

*~ FINE ~*

*****
Nota della traduttrice: Come al solito, ringraziamenti alla mia beta Little_Rinoa e ogni commento verrà tradotto e inoltrato all'autrice originale, e ogni eventuale risposta sarà ritradotta e inserita come risposta alla recensione nei siti che lo permettono. Inoltre, piccolo momento di "promozione" personale: ho aperto anche una pagina Facebook mia, dove segnalo gli aggiornamenti delle traduzioni - tutte, anche di altri fandom - e delle mie storie (i cui aggiornamenti sono più rari, ma vabbè...): la pagina è questa :) Alla prossima! - Alessia Heartilly

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