Un fiocco di neve.

di Margarita98
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Incomprensioni, sfoghi, pianti. ***
Capitolo 2: *** La stanza numero 104. ***
Capitolo 3: *** La chioma bionda. ***



Capitolo 1
*** Incomprensioni, sfoghi, pianti. ***


Sentivo il mio respiro che tonfava sulla pelle. Le lacrime che sgorgavano sulle guancie fino ad arrivare alla bocca che s’apriva riprendendo fiato. Le gambe si muovevano senza fermarsi. I capelli, un tempo tirati in una coda, si erano scompigliati, svolazzando davanti al viso e bagnandosi dal sudore che usciva dal corpo in movimento da molto tempo.

“Ma come?..Ma come poteva!..”

Corsi più veloce e una pozzanghera si scagliò contro me, scivolai e mi trovai a faccia con l’asfalto. Batti le mani contro quel ruvido muro, scaricando la mia rabbia, l’odio che provavo verso Loro. Il vento soffiava impetuoso sugli alberi che si agitavano in quella calda notte oscura.

“Signorina, ha bisogno d’aiuto?” un uomo anziano uscì dal suo negozio per gettare la spazzatura, vedendomi si preoccupò.

“No, no..grazie. Sono solo inciampata,che sciocca.”

Mi rialzai, cercando si sorridere e mi pulì i vestiti, sporchi di fango. Decisi di continuare il mio percorso ma, dove dovevo andare? Stavo scappando da quella orribile scena e..ripensandoci mi vennero solo i brividi. Le lacrime continuarono a scorrere lungo il viso. Guardai il cielo ricoperto di stelle, la luna m’illuminò il viso, una lucciola si posò sulla mia mano. L’ammirai, era stupenda. Ricordai come tanti anni prima, le rincorrevo pensando che fossero piccole fatine del sole. Poi, ricordai quella dolce mano che mi sfiorava il viso, quella che diceva che ero la sua principessa. Quel viso dolce e sincero che mi donò tutto il suo amore. Quella voce che ogni volta che sentivo, il mio cuore rimbombava a mille, orgogliosa di avere un tale dono. Ma come non mi venne in mente prima? la mia direzione era una sola, l’ospedale di Bologna.

“Coraggio Jen,basta piangere come una ragazzina, contieniti.” mi ripetei fra sé. Le gambe ripresero a muoversi, correndo verso un’unica via, avevo un posto dove andare.

 

                                                                        **************

 

Raggiunsi il cancello dell’ospedale, la prima volta che oltrepassai quelle mura era quando Tommy, il mio fratellino era nato. A quel tempo ero felice, emozionata a provare un fratello accanto, un amico a cui puoi dire di tutto. Ora, il motivo era più grave.

“Ehi Jen!che ci fai qua fuori?Entra su!.” Greta, l’infermiera cicciottella da una faccia buffa corse verso di me, m’abbracciò e mi trascinò verso quel edificio.

“Ciao Greta..” fu l’unica cosa che riuscì a dire perché mi sbatti contro qualcuno. “Oh scusi,che sbadata!. ”

“Tranquilla Jenny, tutto apposto.” Rispose quella figura posta qualche centimetro davanti a me. Quel “Jenny” lo diceva solo una persona, quella che mi aveva ferita scaricandomi di fronte a tutti con la scusa di essere innamorato di un’altra, Federico. Il ragazzo più affascinante della scuola che riuscii a conquistare ma, era il tipico donnaiolo, non si tratteneva con una ragazza per almeno due settimane. Con me, però, oltrepassò i limiti, ma bastò una bella bionda con tacchi a spillo per confondergli le idee. Voleva rimanere un “amico” ma me faceva solo schifo.

“Federico..” pronunciai quelle parole come se fossero un enigma. Anche se odiavo quel ragazzo, in realtà ne ero follemente innamorata. Mi piaceva sin dai tempi delle medie e all’idea di averlo perso per una stronzetta mi dava il voltastomaco. Greta vedendo che mi stavo sciogliendo davanti al tipo che non sopportava tagliò corto con “dobbiamo andare scusa!.” Ritornai in me e mi accorsi della situazione imbarazzante e aggiunsi un “giusto,ci si vede.”

Come mi pentì d’aver detto quel “ci si vede” non volevo vederlo! Ne sentirlo, mai più! ero troppo arrabbiata con lui, e anche se mi piaceva ancora, di certo non avrei ceduto a quel suo incantevole, “Jenny” e a quei suoi occhi luccicanti..No!..tornai in me. Presi io stavolta Greta per la mano e la tirai incominciando una conversazione mentre proseguivamo al piano successivo. Federico rimase lì fermo per un po‘, pietrificato dal mio atteggiamento, credeva che Jen fosse ancora sua, sì forse una parte di me la era, ma era la Jen vecchia, ora ne esiste un'altra, sempre soffocata da problemi, anzi maggiori di quelli precedenti.
Intanto io e Greta ci incamminammo al secondo piano. Durante il cammino mi soffocò di discorsi del tipo “Federico non mi piace proprio! Mi chiedo come fai ancora a parlarci!.” Io mi limitavo a sorridere e accettare la cruda realtà.
Lui aveva un’altra, punto.
Greta voleva solo darmi un aiuto, più che infermiera di famiglia per me era proprio una grande amica. Sapeva tutto di me, anche se l’ultima ancora non gliel’avevo raccontata. Era un problema complesso, del quale mi vergognavo.
“Ehi Jen, mi sembri dispersa, a cosa pensi? Non sarà mica per Federico?!oppure è..” si fermò. Eravamo arrivate alla stanza numero 104, quella in cui dovevo entrare. Greta continuò, “Oppure per la persona che c’è qui dentro?..”

Una lacrima mi rigò il viso, inconsapevolmente.

“Per tutto Greta, per tutto.” Lei mi strinse forte.
“Vedrai che tutto si sistemerà piccola, credici.”
Le sorrisi ed entrai nella stanza.


Spazio d'autore.

Salve!
Vorrei incominciare con il dirvi che questa è la mia prima storia pubblicata, e lunga.
Sin da piccola scrivevo storie corte e carine.
Col tempo ho smesso, lo studio si era messo in mezzo tra la mia passione: Scrivere.
Adoro farlo, mi rallegra e mi tranquilizza.
Comunque, pubblicherò il prossimo capitolo a breve, credo.
Sarà più lungo, e ci saranno più spiegazioni.
Spero vi piaccia!
Un bacio, Margarita.









 

 

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Capitolo 2
*** La stanza numero 104. ***


Era tutto rimasto come di mattina l’avevo lasciato.

Le rose bianche poste sulla scrivania, comprate questa mattina, stavano già perdendo alcuni petali. Le mele rosse, come piacevano a lei erano ancora intatte. Guardai meglio, e vidi che la sua cena era ancora posta sul tavolo, ormai fredda.
Lei, era sdraiata sul letto bianco, con i tubi d’ossigeno che le invadevano la bocca. Aveva gli occhi chiusi, stava dormendo. M’avvicinai, le presi la mano e dolcemente gliela accarezzai, osservai il suo viso, vidi quella sua cicatrice fatta un tempo da me, involontariamente, lanciandole il telecomando che l’aveva presa dritta in faccia. Ripensandoci, quella sera mi venne un colpo, vedendo tutto quel rosso che le sporgeva dalla fronte, dal telecomando sporgeva un filo di metallo che nessuno aveva mai visto, e l’aveva tagliata.

Sorrisi, povera l’avevo fatta preoccupare tantissimo credeva che la cicatrice le rimanesse per sempre e invece era ormai piccola, nessuno ci faceva caso. Le baciai la guancia, un tempo rossa piena di emozione ed energia, ora era pallida, bianca cadaverica. Toccai i suoi capelli, non più morbidi come una volta. I suoi occhi s’aprirono lentamente, e mi fissò per qualche secondo inconscia, poi capì chi le stava davanti.

“Ehi piccola mia, che ci fai a quest’ora della notte?” pronunciò lei a fatica.

“Ciao mamma,avevo bisogno di te..”

Ricordai che non potevo raccontarle di quella scena vista qualche ore fa, le sarebbe venuto un colpo, i dottori dicevano che le erano rimaste qualche settimane di vita, se non con un altro intervento, ma al più presto possibile, e io volevo passarle tutto il tempo con lei, sino alla fine.

Mi limitai a dire “..Volevo vederti. -aggiungendo- Sai chi ho incontrato mentre venivo qui?.”

“Chi?.” rispose lei incuriosita.

“Quell’antipatico di Federico! Ma perché mai sarà venuto all’ospedale?.”

Lei cercò di ricordare il nome, sembrava che avesse un vuoto di memoria infine esclamò:

“Aah quel ragazzo!.. Giusto, quello moro e alto? non lo so, forse a visitare suo nonno, ho saputo che ha avuto un infarto..”

“ Si è quello.” dissi rapidamente. “Comunque davvero? mi dispiace per lui..” conclusi.

“Eh già, dalla morte non scappa nessuno, è già abbastanza anziano, insomma. Ma non parliamo di loro, sprecando il nostro prezioso tempo, giusto?.. Racconta un po’, cos’è successo?

Si vede dalla tua faccia che c’è qualcosa che non va..” m’osservò.

“Hai la tuta, questo vuol dire che hai fatto la tua corsa serale, ma non ti sei cambiata prima di venire qui, e questo non è da te, visto che adori farti il tuo bagno caldo dopo la tua corsetta, e poi..” guardò bene i vestiti.

“Sei tutta sporca di fango! cos’è successo amore?”

La guardai sorridendo, mi stupivo da come quella donna riuscisse a capire tutto di me, come mi conosceva bene, ma ora cosa inventavo?

“Emh, e che volevo vederti così tanto che ho deciso di prolungare la mia corsa verso l’ospedale e farti una visita, mi manchi tanto mamma!”
L’abbracciai e i miei occhi divennero umidi, finché una lacrima cominciò a sciogliersi nel mio viso..no.. No! Non potevo piangere, non di fronte a lei, avrebbe capito che c’era qualcosa che non andava e io non potevo raccontarglielo, così cambiai discorso, asciugandomi le lacrime di nascosto.

“Ho visto che non hai toccato la cena..”
“Eh bhè non ho fame..” rispose lei.
“Mamma devi mangiare, così non avrai più forze! ti prego..”
“A cosa serve?! tanto morirò tra poco, non voglio continuare a soffrire, e sinceramente non mi và il cibo, e l‘ultima cosa a cui penso ora.” m’incolpò lei con voce brusca.

Non la vedevo cosi dispersa e arresa da molto tempo, non mi trattenei e le lacrime cominciarono a scorrere senza fine.
“Mamma non dire cosi! Forse c’è ancora una possibilità..” mi alzai e incominciai a camminare avanti e indietro frettolosamente per la camera.
“I dottori dicono che si può fare un’altra operazione, però in un altro paese, hanno proposto l’Inghilterra. Lì i chirurghi sono più bravi..”
“Jennifer..ho il cancro. E per ora ho già fatto tre operazioni, è inutile.”
“Io non mi arrendo! Nulla è inutile. Ora quando vado a casa..” mi bloccai.
Volevo dire che avrei guardato su internet e cercato qualcosa ma, io non avevo più una casa. Quella non era più la mia casa, non ci avrei mai più messo piede.

“Jen?..” m’interruppe fra i miei pensieri.
“Che stavi dicendo? Perché ti sei fermata?..”
“No, niente e che ora devo andare, a casa controllerò su internet ok? Ti voglio bene mamma.” Le diedi un bacio sulla guancia.

“Ah sì, ora chiamo Greta e la obbligo a farti mangiare qualcosa! Ciao mamy..!”
Lei rimase lì, non capendo niente, urlò un “Ciao!.”

E io uscì, chiudendo la porta. Chiamai Greta e le spiegai che mamma doveva mangiare.

“Certo, ci penso subito, buonanotte Jen!” rispose lei.
“Grazie, buonanotte anche a lei Greta.”

E a passo veloce scappai da quel ospedale.

 

                                                                                              ************

 

Guardai il telefono, era pieno di chiamate da papà, e un messaggio:


“Jen non è come sembra, ti prego torna a casa ti spiego tutto”.

“Non è come sembra?!” urlai ad alta voce.

Una coppietta che passò accanto a me mi squadrò e passò davanti.

Frugai nelle tasche, avevo lasciato a casa il portafoglio, quindi niente hotel. Sbuffai esausta.

Ah ma certo!

Presi il telefono, che avevo riposto in tasca, mi sedetti su una panchina del parco difronte l’ospedale e cercai nella mia rubrica qualcuno da cui poter passare la notte.

Andrea,Veronica, Sara, Elisabetta..no, nessuna di queste erano vere amiche da quei poter rifugiarsi.

Il telefono vibrò, un sms, Monica:

“Jen dove sei?! Tuo padre mi avrà chiamata mille volte, pensa che tu sia da me! Cos’è successo? Rispondi presto un bacio, Mony.”

Digitai frettolosamente:

“Posso venire da te oggi? ti spiego tutto.

P.S. non dire niente a mio..padre. ”

Lei rispose subito:

“Certo, ti aspetto, ma se tuo padre mi scopre mi fa fuori ha detto che se ho tue notizie di chiamarlo subito.”

Lessi l’sms, misi il telefono in tasca e incominciai a correre.

Monica abitava vicino all’ospedale,“che fortuna”, sospirai.

Raggiunsi la sua casa in pochi minuti e bussai.

Sentì “Arrivoo!” Monica si precipitò alla porta, i suoi erano in vacanza e quindi non dovevo dare spiegazioni a loro, visto che erano anche amici di famiglia.

Monica era un’amica d’infanzia, a cui raccontavo tutto e volevo tanto bene, frequentavamo le superiori insieme ed eravamo al quarto anno, il prossimo sarebbe stato l’ultimo.

La porta si aprì.

“Ehi bella, entra e racconta su, vuoi un tazza di the calda?”

“Si grazie..e se hai anche dei vestiti di ricambio visto che..” indicai i miei tutti sporchi e sicuramente non profumati.

“Oh cielo,che hai fatto? Certo, fruga pure nel mio armadio.”

Andai al piano di sopra entrai nella sua camera, la luce era accesa, il computer in standby, mi sedetti difronte a lui e digitai:

“Inghilterra chirurghi per il cancro.”

Trovai alcuni numeri che mi scrissi su un foglietto, poi andai all’armadio e presi un pigiama che Mony teneva per gli ospiti, entrai in bagno mi sciacquai il viso e il corpo infangato.

Misi i miei vestiti in lavatrice, e scesi di sotto.

Mony aveva finito di preparare il the, ci sedemmo sul divano in salotto.
“Allora, ti senti in grado di raccontare? O vuoi tempo? So che è abbastanza grave, l’ho percepisco dal tuo sguardo.”

“No, tranquilla Mony, mio padre è il solito bastardo, l’ho beccato con la nuova infermiera, Olga. A pensare che quella schifosa creatura era anche amica di mamma..” mi bloccai.

Certo, era amica di mamma solo per portarsi suo marito a letto.

“Mi fa schifo.” conclusi la frase dopo qualche istante.

“Sia lui che lei, soprattutto lui, quando mamma è in questa condizioni bisogna solo starle accanto, e non tradirla alle spalle, giuro che se le succede qualcosa per lui, sarà la sua fine.”

Monica mi guardava sbalordita, non sapeva che dire.

Aveva sempre ammirato mio padre, un uomo d’affari, affascinante e ricco. Invece eccolo, che lurida bestia.

Le avevo detto la verità su lui.

La sua reazione è stata del tipo:

“Wow, Jen mi spiace tantissimo..non so che dire, cosa fare, voglio aiutarti, tu per me ci sei sempre stata, dalla mia rottura con Riccardo alle litigate con i miei genitori …”

In effetti Mony litigava spesso con i suoi genitori, perché era testarda, e loro erano troppo severi sul fatto di “dormire fuori” ,

ma alla fine la lasciavano e ne approfittavano della sua assenza.

Nella mia famiglia tutto il contrario, mia madre ha il cancro, mio padre la tradisce, mio fratello è a Los Angeles sino a fine estate,

ed io eccomi qui, da sola, con la mia tazza di the.

“.. Jen, ricordati che io ci sono per te, e puoi contare su di me.” disse Mony sorridendo e dandomi un colpetto sulla spalla.

Io ero tra i miei pensieri a caddi giù dal divano.

“ Ehii! ” urlai.“Te la faccio pagare!”

Presi un cuscino e la buttai a terra. Incominciò una vera e propria battaglia a cuscinate, finché esauste, ci sdraiammo sul letto dei suoi genitori, bello grande e comodo.

“Grazie.” le sussurrai.

“Di cosa?” rispose lei.

“Perché sei una vera amica, e posso contare su di te, perché cerchi di non farmi pensare troppo alla mia famiglia, e non mi fai sentire sola, beh, grazie.” Le sorrisi.

“Oh, figurati, per te questo è anche poco, sto solo facendo il ruolo d’amica! ora dormi, buonanotte Jen.”

“Buonanotte.” le sussurrai, e calai nel sonno profondo.
 

 


Spazio d'autore. 


Bentornata gente!
Eccovi come promesso il capitolo 2.
Spero vi piaccia e come vedete ci sono più spiegazioni, di tutto.
Ovviamente non si sa ancora cosa farà la nostra Jennifer.
Rincontrerà il padre? Oppure qualcun altro?
Tutto questo, nel prossimo capitolo!
Aspetto qualche recensione!
Un bacio, Margarita.







 

 

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Capitolo 3
*** La chioma bionda. ***


“Correvo, scappavo da qualcosa, qualcuno.

Una mano mi strinse le gambe e mi trascinò giù, nell’oscurità. pell 

Poi c’era il silenzio, il nulla. Il buio si era trasformato in una sfera, bianca. Ed io ero dentro essa. Sembrava che un ombra invisibile mi spingesse dentro la sfera, e io rimbalzavo, e non riuscivo a fermarmi e poi un urlo,e..”

“Io ti ho svegliata accendendo la musica, si okay, però ti ho salvata da questo incubo, no? mi stai quasi mettendo terrore.” finì Mony la frase.

“Si.” dissi scocciata. “Avevo ancora sonno!” protestai.

“E dai Jen, sono già le 8:05, non sapevo che fare, allora ci mettiamo a guardare la tv o andiamo a fare shopping?”

“Ahah, bella ora che mi hai svegliata, andiamo a correre!”

Mi alzai dal letto e corsi in bagno, la lavatrice aveva finito di lavare, così stesi la mia roba.

“Ma daaai! Uffa, come sei noiosa!” sentì Monica sbuffare.

“Mony, non discutere” risi. “Piuttosto hai una tuta da prestarmi??” urlai dal bagno.

“Si, certo, ma sei sicura di andare a correre?” mi disse con una faccia scioccata.

“Certo! Hai già messo su qualche chiletto vedo!” scherzai.

“Non è veroo! Va bene, facciamo questa corsetta, ma prima, andiamo a fare colazione!” strillò soddisfatta.

Si precipitò in cucina e cominciò a preparare sandwich, io mi feci il mio solito frullato alla frutta. Finita la colazione uscimmo di casa.

“Dove andiamo a correre?” domandò Mony carica di energia.

“Al parco, facciamo qualche giro e poi, io devo andare a casa..”

“ Sei sicura di voler tornare lì?” mi chiese lei stupita.

“Devo Mony, ho da prendere i miei vestiti, il portafoglio, e altre cose..Non posso vivere per sempre da te o usare sempre roba tua, sei stata anche troppo gentile.” le risposi.

“Jen, guarda che io non ho problema a condividere la casa con te o i miei vestiti” mi disse lei facendomi l’occhiolino.

“No, grazie, ma non posso accettare.” le sorrisi.

Vidi la sua faccia rattristarsi.

“Dai, però, un alloggio forse mi servirà.” Le diedi un colpetto sulla spalla sorridendole.

Lei sorrise a sua volta “Certo Jen, sia chiaro, tu sei sempre la benvenuta!”.

I giri intorno il parco finirono in soli 20 minuti.

“Vuoi proseguire?.” domandai a Mony.

“No, no, grazie, sto già morendo così.” rispose lei senza fiato.

Io risi. “Poverina.” dissi in modo sarcastico.
“Dai allora io vado, ci sentiamo per messaggio, okay?”

“Okay” rispose lei sdraiandosi per terra.

“Alzati pigra!” le urlai e corsi a prendere il primo autobus,che mi avrebbe portata a casa Wilder.

 

                                                                                                     ************

 

Scesi dall’autobus e mi diressi verso quella grande villa, dove ero stata cresciuta, ed educata. Entrai, non volevo farmi vedere da nessuno e quindi mi precipitai subito in camera mia, dove incontrai Teresa, la donna delle pulizie.

“Jennifer!” esclamò lei sbalordita.

“Teresa!” la ricopiai ironicamente.

“Ma dove eri finita? Tuo padre mi ha detto che sei scappata così, senza preavviso..” disse lei.

“Tranquilla, è tutto apposto.” le risposi.

“Ma cos’è successo? Dove eri andata? E dove andrai?” si precipitò lei a interrogarmi.

“Calma Teresa, sto’ bene, diciamo che ho litigato con mio padre, e non voglio più stare qui, non voglio vederlo per un po’, mi devo calmare, e forse, in futuro parlarci, ma non per il momento.”

Teresa mi guardò e annuì con faccia misteriosa.

Mi feci una doccia
siccome dopo la corsetta avevo sudato e mentre preparavo la valigia infilandoci di tutto e di più chiacchieravo con Teresa che stava finendo le pulizie.

Io e lei parlavamo spesso, lei era sposata con un camionista e
siccome lui passava tutta la settimana fuori, a parte i week-end, lei si trovò un lavoretto, ovvero passava le giornate a casa Wilder, a pulire, sistemare e cucinare da mangiare. Ormai era diventata un membro di famiglia, e tutti le volevano bene.

Mi raccontò di dove era andata sabato con Gerardo, suo
marito, che la portò in un ristorante sui portici e dopo andarono in un albergo dove trascorsero una romantica notte.

Teresa era una donna simpatica, aveva circa 40 anni, capelli castani corti e un sorriso d’oro. Non era magra, diciamo che non le importava del suo

aspetto fisico, un marito che l’amava già l’aveva, e lei era felice così.


“Hai fame?” le domandai d’un tratto, il mio stomaco brontolava ed era già

ora di pranzo.

“Un po’ sì.” disse lei sorridendo.

“Vado a mettere l’acqua a bollire, tu f
inisci pure quello che devi fare.” le dissi sorridendo,  e mi precipitai al piano di sotto.


Cucinammo insieme della pasta al ragù, Teresa finì presto i suoi lavori.

Mentre mangiavamo mi venne in mente una cosa che avrei dovuto chiederle subito.


“Quasi dimenticavo!” dissi con la bocca piena. Masticai più velocemente, sicuramente la mia faccia era sembrata buffa. Inghiottì.

“Sai mica quando viene papà? Non vorrei essere qui al suo ritorno” esclamai con faccia esasperata.

Guardai Teresa, che stava masticando, si massaggiò la fronte ed indicò la finestra. “Credo sia arrivato.”

Il mio sguardo passò dove le sue dita indicarono, mio padre stava scendendo dalla sua Ford e stava salendo le scale di casa. “Merda.” mi sfuggì. “Devo andare.” farfugliai.

“Sarà qui a momenti, come farai?” sbottò lei agitata.

“Non lo so Teresa, dai io vado, alla prossima.”

L’abbracciai e mi precipitai dall’altra parte della casa, dove c’era una porta secondaria che portava all’uscita, ma purtroppo mi vide di sfuggita e urlò sorpreso “Jennifer?”.

Lo ignorai, e strisciai fuori dal cancello con la valigia che si scagliava contro il pavimento del viale. Ero già intenta a scappare quando vidi una chioma bionda che spuntava dalla Ford di mio padre, Olga.

"Come poteva quella presuntuosa presentarsi a casa mia? Ma chi si credeva di essere?" pensai.

Non mi trattenei, e mi precipitai dritta verso quella macchina nera.

Piombai davanti al finestrino da cui sporgevano quei capelli biondi sciupati, e la guardai con disgusto. Olga mi guardò spaventata, non sapeva che dire, cercò con lo sguardo James, mio padre, ma sicuramente lui era già entrato pensando che fossi rientrata anch’io.

“Oh.” pronunciò lei.

“Sei solo una lurida troia. Sparisci dalla mia vita, e dalla mia famiglia!!” le urlai contro. Mi dovevo sfogare, e la prima con cui dovevo farlo era lei.

Vidi Olga diventare rossa di rabbia e vergogna, ma non parlò. Alla fine si decise.

"Senti, so che sei sopresa e in questo momento mi odi e anche a tuo padre, ma noi ci amiamo da tempo e beh, aspettavamo il momento giusto per dirtelo, non volevamo che scoprissi la nostra relazione così. Mi dispiace per tua madre, ma se tuo padre non l'ama più cosa ci posso fare io?".

"Non azzardare a tirare fuori mia madre. Quella meravigliosa donna che nessuno potrà mai sostituire, quella che sta lottando tra vita e morte e quella che mio padre dovrebbe amare e apprezzare sino all'ultimo capello!" le urlai dinuovo.

Ero arrabbiata, confusa, schifata da come Olga diceva quelle parole come se fossero delle cose ovvie. No, qui non c'era nulla di ovvio. Suo padre era un gran bastardo, conclusi. E Olga invece di scusarsi, per aver distrutto una famiglia si stava giustificando, pensando d'aver ragione. Lei era un'amante, non la moglie. Infine aggiunsi:

"Loro sono ancora sposati, mia cara. E tu non sei nessuno. Cosa ti piace di mio padre, eh? La sua ricchezza? O la sua fama? Oppure vuoi aspettare la sua morte per ottenere la sua eredità? Guarda che mio padre lascerà tutto a me e mio fratello e tu ne starai fuori." mi girai, e proseguì a passo veloce, diretta alla fermata dell'autobus.





 Spazio d'autore.  




Ehilà bella gente!

Mi scuso enormamente per il ritardo!

Ho avuto un po' da fare, sorry.


Come vedete Jennifer ha incontrato Olga, l'amante di suo padre.

Spero che vi piaccia questo capitolo, anche se è un po' povero e non succedono molte cose!

Non so quando pubblicherò il 4, credo il più presto possibile!

Aspetto qualche recensione.


Un bacio, Margarita.












 

 

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