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Chiunque fosse passato di lì in quel tempo non avrebbe trovato
altro che deserto
È la prima fanfiction che scrivo su Doremì ma spero vi
piaccia. Dal prologo probabilmente non si capirà molto, ma non preoccupatevi. L’ho fatto abbastanza corto, giusto
quello che basta per introdurre una situazione che, come capirete se leggerete
anche il primo capitolo, sembra non aver collegamenti. Vi dico subito che
userò i nomi originali delle streghette che metterò all’inizio del primo capitolo, insieme
a una piccola introduzione sul tempo in cui si svolge.
Per ora vi auguro buona
lettura!
NEL NOME DI SOVERAIGN
LA RICOSTRUZIONE
DEL PASSATO
PROLOGO
Chiunque fosse passato di lì in
quel tempo non avrebbe trovato altro che deserto. Dove un tempo si
estendeva la più grande pianura di fiori del Regno delle Streghe, ora
giacevano solo gambi stecchiti, alberi sradicati come simbolo della natura
sconfitta. Ma anche le streghe, seppur vincitrici, avevano subito numerose
perdite. Gli accampamenti, sebbene spogliati d’ogni materiale utile,
rimanevano nella loro struttura. Corpi non ve n’erano in gran numero: le
squadre di soccorso avevano già provveduto a sotterrare i cadaveri, che
ora giacevano in fosse privi di nome dove nessuno sarebbe mai andato a
piangerli. I feriti erano stati trasferiti nell’ospedale e si era
provveduto a trovare la loro identità. Era successo tutto per quella
dannata guerra scoppiata ad un tratto, apparentemente senza motivo che si era
infine protratta per quattro anni, tre dei quali erano stati completamente
inutili. Uno schieramento più forte non esisteva: si combatteva alla
pari, streghe e arpie. Una battaglia la vincevano le une, una la vincevano le
altre. Le perdite erano pesanti per entrambi gli eserciti e al concludersi del
terzo anno sembrava fossero destinati ad eliminarsi definitivamente e delle due
razze non sarebbero rimasti altro che corpi esanimi. Ma qualcuno riuscì
a ribaltare il pronostico, un gruppo di giovani streghe che avevano formato
un’associazione per contrastare il nemico. Nonostante la poca fiducia che
si era data loro, alla fine si fu costretti a schierarle in campo come ultima
disperata possibilità. Questo decretò la vittoria delle streghe.
E ora, otto giorni dopo la conclusione dell’ultimo
sanguinoso scontro, colei che aveva guidato l’attacco delle streghette
è silenziosa nel cammino attraverso quella landa. Con il suo costume
rosso è l’unica figura colorata nel mezzo di quella terra triste.
Si fa largo tra i corpi rimasti nel campo di battaglia, spostandoli
delicatamente con la lunga bacchetta e recitando qualche preghiera per loro o
ringraziandoli per il contributo che hanno dato da vivi. Prega anche per i
nemici, perché possano essere perdonati del loro grande peccato. Giunta
ai resti di un accampamento, tenta di creare un unico mucchio di utensili in
buone condizioni e riutilizzabili, raggiungendo una pentolaccia d’ottone
piuttosto luminoso con la punta della bacchetta, facendola scivolare sotto il
manico per poi avvicinarlo. Una figura ci si specchia dentro, un’altra
figura viva oltre a lei.
- Chi va là? – esclama lasciando cadere con un
tonfo la pentola e voltandosi a bacchetta levata.
- Non riconosci più la tua famiglia? –
Un’altra ragazza si fa avanti, ma non si ferma a
pregare per i morti e allontana i nemici a calci o mozzando loro le teste con
lo scettro. Ci mette rabbia in questo suo gesto, ma dal volto traspare una
cruda gioia di soddisfazione.
- Non mi aspettavo di vederti qui – le risponde la
prima, osservando inorridita i modi della compagna, ma senza rimproverarla,
ripensando al valore dimostrato in guerra e il sostanziale aiuto da lei portato.
- E tu? – le chiede la seconda arrivata, ammiccandola
per lasciarle intendere la conclusione della domanda, mentre si avvicina
curiosa alla pila di oggetti raccolti, infilando la stessa pentola di ottone
nel manico della sua bacchetta e facendola roteare attorno.
- Io sono qui per ricordare…ehi ehi! Ferma, non
toccare! –
Troppo tardi, la compagna ha già colpito il tutto con
un incantesimo e ora ride di gusto osservando tutti quegli strumenti
volteggiare nell’aria colpendosi e suonando chiassosamente. La rossa, chiamiamo
così la prima per il suo costume rosso ed evitare incertezze nei
dialoghi, mantenendo la tranquillità di cui ha dato prova esser molto dotata,
riporta a terra gli utensili ricreando il mucchio e facendo in modo che i
più stabili stiano sotto a reggere la colonna. Sistemati alla meglio, si
volta verso l’altra, riprendendo il suo discorso da dove è stato
interrotto.
- Sono qui per ricordare chi ha combattuto ed è morto
per questa guerra, e non solo chi ha fedelmente servito la regina, ma anche
chi, nella sua ignoranza, le andava contro -
- Quanto sei stupida. Perdi tempo con degli inutili cadaveri
che non ti possono sentire invece che preoccuparti delle tue compagne! Da
giorni aspettiamo che tu parli ed esprima il tuo pensiero! –
- Io il mio pensiero l’ho già espresso. E la
decisione è stata unanime e tu sai qual è, Hidaka. Non farmi
tornare sui miei passi e soprattutto, smettila di aggirarmi –
- Io non ti sto aggirando Kugayama! Mi chiedo solo se questa
soluzione è necessaria! Potremmo vivere ancora, aiutare ancora se
restassimo su questa terra! –
- Il nostro potere è troppo grande, finiremmo per
abusarne. Se invece lo sigilliamo, un giorno potremo
riprenderlo, ma solo quando il nostro aiuto servirà veramente. Cerca di
comprendere la mia scelta. È la migliore per tutte noi –
- Allora, dovremo anche separarci – sussurrò
con un fil di voce, parlando tra sé, ma con l’intento di
comunicarlo anche alla rossa. Se ne va, n quel momento, la sua spavalderia:
è preoccupata, ha fallito nella missione di persuadere la compagna a
rivedere la sua decisione.
- Sì. Altrimenti saremmo sospette. Ci divideremo a
coppie e vivremo la nostra vita –
- Ma…-
- Niente ma, da adesso è ufficiale. La compagnia
è sciolta –
Sono le sue ultime parole. Si avvolge quindi nel mantello e
alzando lo scettro al cielo, in un turbinio di scintille rosso porpora si dilegua.
La strega chiamata Hidaka non risponde al rimprovero di un
superiore e non lo segue. Si siede su quella stessa pentola che poco prima ha
sollevato con la testa tra le mani. Vorrebbe urlare, afferrare lo scettro e
distruggere ciò che ancora giace, che sia vivo o morto, sulla terra su
cui si trova, ma in cuor suo sa che non servirebbe a niente.
L’associazione di cui fanno parte lei, la rossa e altre sei compagne, la
stessa associazione che ha combattuto ribaltando il pronostico, ora non esiste
più. I membri si sarebbero dispersi, giurando di non comparire mai
più. E sarebbe accaduto con una magia fatale, impossibile da spezzare da
chi l’ha creata e da chi non conosce il giusto rituale. Ma questo sarebbe
stato a portata di tutti i membri del consiglio delle streghe, nella stanza dei
cimeli, al centro delle bacheche di cristallo contenenti gli scettri delle
guerriere. E una targa dei sette colori dell’arcobaleno più uno
avrebbe sovrastato l’entrata con la scritta:
“In ricordo delle otto guerriere che salvarono il regno delle
streghe e che scomparirono lasciando solo una pergamena e gli scettri del loro potere.
In ricordo del loro coraggio, della loro determinazione e della loro forza,
segniamo indelebile su questa lastra il nome con cui si fecero conoscere.
Questo per non dimenticare mai ciò che fu, che è, e che
sarà sempre l’anima di
Soveraign”
********
Da questo prologo sarete
sicuramente rimasti con molti dubbi in testa, ma non preoccupatevi,
“presto” scoprirete tutto. Per chi si stesse
chiedendo dove è finita Doremì,
sappiate che apparirà nel primo capitolo.
Ora, io so che sono pazza
perché ho già qualche ff da portare
avanti, ma una sta per finire, un’altra ha i tempi morti e fortunatamente
la terza non sono sola a scriverla! Questa è la
quarta, ma credo riuscirò a scrivere i capitoli
in tempi decenti!
Nelle recensioni accetto
qualunque consiglio e se ne avete (riguardo trama,
stile e altre cose) non esitate a darmeli!
Distesa sul letto a pancia in giù, con un braccio penzoloni e un
sottile filo di bava alla bocca, dormiva Doremi, rigirandosi ogni tanto
farfugliando parole che suonavano come “bistecca” e
“ancora” prima di tornare a russare con piacere
Come avevo accennato, vi do qualche informazione pratica. Allora, la vicenda inizia
dopo la fine della quarta serie, dopo le vacanze estive. Vi metto anche la
legenda dei nomi per chi non sapesse quelli originali:
Doremi = DoremiHarukaze
Bibì = PoppuHarukaze
Melody = HazukiFujiwara
Sinfony = AikoSenoo
Lullaby = OnpuSegawa
Mindy = MomokoAska
Hanna = HanaMakihatayama (ho qualche dubbio su questo cognome. Se
è sbagliato ditemelo)
I nomi originali dei
compagni di classe non li so tutti (Tetzuya = Kotake) quindi ho messo
quelli che ho trovato su internet.
Come introduzione
è tutto, i ringraziamenti alla fine! Buona lettura!
CAPITOLO
PRIMO
UN NUOVO
INIZIO
Distesa sul letto a pancia in giù, con un braccio
penzoloni e un sottile filo di bava alla bocca, dormiva Doremi, rigirandosi
ogni tanto farfugliando parole che suonavano come “bistecca” e
“ancora” prima di tornare a russare con piacere. I lunghi capelli
rosa le coprivano fastidiosamente il volto costringendola anche nel sonno a
scuotere ripetutamente il capo: ormai quel gesto le veniva naturale da quando
era iniziata l’estate e la chioma la soffocava nel sonno. Ma come la
nostra ex maghetta sapeva, ormai quella bella stagione stava giungendo al
termine e presto la scuola sarebbe ricominciata, prima di quanto purtroppo lei
ingenuamente ignorava. Quell’anno sarebbe stato più duro dei
precedenti, oltre che a causa del più altro grado d’istruzione che
della mancanza delle sue quattro migliore amiche, coloro con cui aveva
condiviso tanti bei momenti da ragazza normale e da strega. Chissà,
forse il sospiro che emise inconsciamente dando uno schiaffo al cuscino era
proprio per quella scelta che qualche mese prima era stata costretta a
compiere. Tornare una ragazza normale o restare strega per sempre, accettandone
tutte le conseguenze. Lei e le sue amiche avevano riflettuto molto, ma erano
arrivate alla conclusione che la prima possibilità sarebbe stata per
tutte la migliore. Qualche volta, spaventata cercava nelle tasche il jingleset
per poi ricordare che se n’era andato con la sua magia. La nuova scuola
sarebbe stata sicuramente un incentivo per far sì che si rendesse conto
che la sua vita era cambiata. Senza le sue amiche, circondata da ragazzi e
ragazze normali avrebbe cominciato la sua nuova vita da semplice studentessa
imbranata e pasticciona.
Stranamente quel giorno, dopo tanti rimasta inattiva, la
sveglia strimpellò un allegro motivetto che Doremi aveva scelto per
iniziare la giornata. L’aveva puntata esattamente il giorno della fine
della scuola perché sapeva che in vacanza avrebbe avuto interessi rivolti
a tutt’altro. Esatto. Quello era proprio il suo primo giorno di scuola.
Giorno in cui non doveva assolutamente arrivare in ritardo per non dare subito
una cattiva impressione ai nuovi insegnanti. Purtroppo, Doremi non sentì
la sveglia e imperterrita continuò a sognare.
- Doremi! Alzati pigrona! – urlò la sorellina
irrompendo nella sua stanza. In quei giorni Poppu era l’unica salvezza a
cui Doremi poteva ancora aggrapparsi. Non avrebbe dimenticato una data
così importante per nulla al mondo! Si aggrappò alla sorella
scuotendola a destra e sinistra senza risultato. Spalancò allora la
finestra lasciandone filtrare la luce del sole e si lanciò con un balzo
sul letto, iniziando una serie furiosa di salti e urla. Fallito anche questo
tentativo, balzò giù intraprendendo una vivace danza accompagnata
dalle parole: - Ricomincia la scuola – Non funzionò. Quel
fastidioso russare continuava imperterrito. A quel punto Poppu capì che
doveva toccare il punto debole di Doremi.
- Doremi! La bistecca è in tavola! –
- Eccomi! – gridò improvvisamente la ragazza
ribaltandosi dal letto – Cosa succede? Non c’è nessuna
bistecca! Poppu! –
- Non riuscivo a svegliarti! –
- E allora lasciami dormire! Che cosa vuoi? –
sbuffò arrampicandosi sul letto.
- Mi stai dicendo che non ti ricordi che giorno è
oggi? –
“Non è il compleanno di nessuno. Non è
l’anniversario dei miei genitori” pensò Doremi – Ma
allora cosa succede oggi? – concluse allargando le braccia sconfitta.
Poppu gonfiò il petto, inspirò profondamente
fino ad assumere un colorito rosso e quando le sue guance raggiunsero
dimensioni spaventose, lasciò andare il fiato in un urlo frastornante.
- Oggi ricomincia la scuola! -
Doremi non ebbe bisogno di prendere fiato perché il
suo grido di terrore: - Me n’ero dimenticata! Sono in ritardo! –
uscì spontaneamente.
La ragazza si precipitò all’armadio estraendone
i vestiti. Si spogliò correndo in bagno. Tornò immediatamente
sfregandosi i denti con lo spazzolino ancora schiumoso. Lo ficcò in mano
a Poppu per raccogliere i pantaloni e tentare di indossarli. Inciampò
nel tentativo di infilare un piede e mise la maglietta storta. Fece tutto
questo sotto lo sguardo vacuo di Poppu che, se non fosse stato per i capelli
che Doremi le faceva svolazzare passandole accanto, era rimasta paralizzata
nella sua posizione con lo spazzolino colante in una mano. Solo quando Doremi
rotolò fuori dalla porta e giù dalle scale urlando si
voltò, con la ferma convinzione in testa che sua sorella fosse veramente
matta.
***
C’era un grande affollamento davanti alla nuova scuola
di Doremi. Ragazzi e ragazze si spintonavano senza ritegno davanti ai
cartelloni con le liste degli studenti. Probabilmente speravano di essere
capitati in classe con gli amici. A Doremi questo non interessava: già
sapeva che né Hazuki né Aiko né Onpu né Momoko
sarebbero apparse nel suo elenco. Stringendo gli spallacci dello zaino
trattenendo la delusione, si fece avanti per scovare qualche nome conosciuto in
mezzo ad altri sconosciuti.
- Quante persone che non conosco! Emiko, Kazumi e tanti
altri. Ma chi sono? Mazumi! Meno male che la mia amica fan di Kendy è
ancora con me! E gli altri? Ecco Kotake, di lui non mi libererò mai. E
nemmeno di Masharu. Marina! Anche lei è con me! E perfino Kimura (quello
che aveva aiutato Marina con i fiori. ndMiMi) – Gli ultimi nomi avevano
fatto recuperare il buonumore a Doremi. Sapere di non essere sola contro i
nuovi compagni le infondeva coraggio.
- Doremi! Ciao! – la salutò Marina correndo
verso di lei.
- Ciao Marina! Siamo nella stessa classe! – rispose
Doremi al saluto agitando allegramente la mano.
- Meno male! Avevo paura di trovarmi da sola! Certo, per te
deve essere stato più difficile visto che…- ruppe lì il
discorso per non aggravare la situazione – Forza Doremi! –
esclamò carica – Entriamo e affrontiamo questi estranei! –
- Giusto Marina – disse Doremi con enfasi allargando
le braccia. Si può ben capire che tra una folla allargare le braccia non
è un gesto consigliato. Si potrebbe colpire qualcuno, nel peggiore dei
casi anche ferirlo. Considerando anche la smisurata sfortuna della nostra ex-maghetta
si intuisce che il suo movimento non andò a buon fine. Con la mano
sinistra schiaffò una ragazza che stava passando dietro di lei in pieno
volto. Subito Doremi si girò preoccupata per scusarsi, ma la vittima le
sferrò velocemente un possente calcio nello stomaco rivoltandola a
terra. Tutto questo successe in pochi secondi e nessuno, tranne le amiche delle
due coinvolte, si accorse di niente, impegnato com’era a cercare gli
amici o la classe. La ragazza rimase a terra massaggiandosi lo stomaco e
aprì gli occhi solo per fissarsi in testa un possibile nemico
all’interno della scuola. Era una ragazza, probabilmente della sua stessa
età. Aveva lunghi capelli verdi raccolti in una coda di cavallo e gli
occhi verdi corrugati in un’espressione minacciosa. A gambe divaricate e
il pugno ben levato troneggiava sulla figura distesa di Doremi.
- Dimmi chi ti manda! Perché mi hai colpita? –
le gridò furente. Doremi, dal canto suo, non intuiva la rabbia di quella
ragazza. Uno schiaffo involontario non era un reato.
- Mi dispiace. Non l’ho fatto apposta. Ma c’era
bisogno di atterrarmi? –
- E così non l’hai fatto apposta?Perché dovrei crederti? –
In soccorso di Doremi intervenne Marina: - Ha allargato le
braccia e sbadatamente ti ha colpita! Non l’ha fatto intenzionalmente
–
- Emiko, basta. Non ne vale la pena di prendersela con
queste qui – la richiamò l’amica della ragazza dai capelli
verdi. Doremi spostò lo sguardo sulla nuova arrivata. La cosa che colpiva
subito erano i suoi lunghissimi capelli castani. Indossava una leggera
giacchetta nera su una gonna a scacchi, al contrario dell’amica che aveva
le braccia scoperte che spuntavano da un gilet blu abbinato ad un paio di
pantaloni grigi. Una cosa che le accomunava era l’atteggiamento superiore
che mantenevano nei confronti della ex-maghetta e dell’amica.
- Hai ragione Kazumi, andiamocene –
Le due si allontanarono senza salutare, spintonando e
rimproverando chiunque si mettesse sulla loro strada.
- Che ragazze antipatiche! – sbottò Marina
– Ti ha fatto male quella Emiko? -
- Solo un pochino – borbottò Doremi
visibilmente dolorante – Adesso facciamoci forza e andiamo in classe,
altrimenti l’insegnante ci prende in antipatia già il primo giorno
–
Alzatasi a fatica aiutata dall’amica, Doremi
riuscì a raggiungere l’aula per cominciare il primo, movimentato
giorno di scuola. Percorsero tutti i corridoi e salirono e scesero più
volte le scale prima di individuare la targa della loro sezione. Fortunatamente
Kotake le chiamò vedendole passare di corsa altrimenti chissà
quando sarebbero arrivate! L’aula non era molto diversa da quella dove
Doremi aveva studiato negli anni precedenti. I banchi in fila, leggermente
distanziati tra loro, la cattedra di fronte e la lavagna dietro ad essa. Questa
somiglianza rincuorò Doremi, la quale si sentì a casa, in un
posto familiare. Insieme a Marina e i suoi vecchi compagni prese posto negli
ultimi posti vicino alla finestra, per potersi distrarre osservando il
paesaggio durante le lezioni più noiose. A mano a mano che anche i nuovi
compagni entravano, Doremi li squadrava uno per uno per ricordarsi i loro volti
e fare ipotesi sul loro rendimento a scuola o sulle loro passioni. Marina e
Mizumi giocavano con lei, facendosi grasse risate. Entrò un ragazzino
basso e tarchiato con la cartella in spalle e una pila di libri in mano che
Marina targò come “il secchione” e una ragazza snella, con
lunghi capelli biondi che ricadevano morbidi sulle spalle che Doremi
appellò come la “Seconda Reika”. Infine arrivò il
turno di Mizumi.
- Questa è la “sportiva” - esclamò
per la terza entrata richiamando l’attenzione delle due amiche. Per poco
Doremi non cadde dalla sedia. La ragazza che aveva appena varcato la soglia,
era proprio Emiko, quella svitata che le aveva assestato un calcio accusandola d’attacco
premeditato, seguita dall’altra amica, Kazumi. Ricordò di aver
letto sull’elenco i loro nomi, ma non pensava che fossero proprio loro
due. Si fece piccola piccola per non farsi notare, ma fortunatamente le due
attaccabrighe scelsero i primi posti. Altri studenti varcarono la soglia, ma
alla ex-maghetta era veramente passata la voglia di giocare. Per ultima
entrò l’insegnante richiudendosi la porta alle spalle. Dopo il
saluto e l’inchino, si presentò.
- Il mio nome è Miyako Mikami e per voi sarò
la signora Mikami o professoressa Mikami. Mi aspetto da voi impegno e
serietà… -
Doremi non ebbe la pazienza di ascoltare l’intero
discorso dell’insegnate. Faceva quasi ridere, pensò Doremi, con i
capelli rossi tutti raccolti dietro la nuca in un gigantesco cignon (appena
imparo a scriverlo correggo!). Oltretutto aveva anche un bizzarro
abbigliamento: una lunga gonna verde a pieghe con dei ricami sull’orlo e
una camicia bianca con le maniche a sbuffo sotto ad un gilet della stessa tinta
della gonna. Sembrava che fosse stata invitata a ballare invece che andare ad
insegnare.
- Tu, là in fondo, cos’hai da ridere? -
- Dice a me? – rispose Doremi alzandosi in piedi.
Tutti gli sguardi erano puntati su di lei, compresi quelli delle due altezzose.
- Proprio a te con i capelli rossi e i codini. Facci ridere
tutti –
- Mi dispiace, non lo farò più – si
scusò Doremi.
***
Al suono della campanella, tutti i ragazzi lasciarono la
scuola chi correndo chi con calma e Doremi si trovava nel secondo gruppo
insieme alle sue due amiche. Discutevano sull’abbigliamento eccentrico
dell’insegnante, sul comportamento che aveva tenuto nei confronti di
Doremi, sui loro nuovi compagni. Nessuna aveva più accennato a quelle due
ragazze sedute in prima fila: evitavano volentieri l’argomento. Presto si
salutarono, e la nostra protagonista intraprese una via diversa da quella delle
altre e continuò la strada verso casa da sola. Lei sapeva bene la strada
per arrivare a casa, ma al bivio in cui avrebbe dovuto voltare a destra,
optò per la sinistra, che l’avrebbe condotta alla meta più
velocemente purché avesse fatto attenzione al feroce cane che
sorvegliava la seconda casa. Fece molta attenzione nel passarci davanti e
l’operazione ebbe successo, almeno inizialmente. Infatti il proprietario
del cane fece scattare il cancello automatico per uscire con la macchina e con
grande terrore di Doremi, il cane approfittò della situazione e si
lanciò sulla ragazza indifesa. D’istinto fuggì urlando
aiuto e voltandosi ogni tanto indietro per vedere il mastino sempre più
vicino, disobbediente agli ordini del padrone di tornare da lui. Purtroppo la
sua velocità non poteva competere con quella della bestia che in breve
tempo le fu addosso. Doremi cadde e si coprì il volto, ormai certa che
la sua fine fosse giunta e finendo con un ultimo disperato urlo. Il cane non la
raggiunse mai. Risollevata la ragazza si rialzò per vedere
l’animale impegnato a lottare con un’altra ragazza che evitando i
suoi attacchi e sferrandone di più potenti, ebbe immediatamente la
meglio.
- Grazie mille! Se non ci fossi stata tu chissà dove
sarei a quest’ora - la ringraziò aggirandola per vederne il volto.
- Sei stata fortunata che fossi qui al momento giusto,
Doremi! –
- Kazumi! – esclamò la ex-streghetta sorpresa
di vedere lì quell’antipatica compagna di classe, ma ancora
più sorpresa dalla brutalità e la tecnica con cui aveva steso
l’animale.
- Esatto. Vedi di stare più attenta. Non posso
soccorrerti sempre, non ho poteri magici –
“Io ce li avevo una volta. E avrei potuto benissimo
rendere inoffensivo questo cane allora” ricordò tristemente
Doremi. – Già, la magia non esiste! – dichiarò poco
convinta a Kazumi, o meglio, in direzione di Kazumi che però se
n’era già andata. “Antipatica! Non mi ha neanche
salutata!” sbuffò allontanandosi da lì in direzione di
casa. “Ciò che è certo è che non prenderò
più questa scorciatoia. Non so se perché non voglio farmi
mangiare dal cane o per non farmi più salvare da Kazumi. Poco importa,
meglio qualche passo in più. Invece, ancora non capisco chi siano quelle
due ragazze. Emiko e Kazumi. Certamente non frequentavano la mia stessa scuola,
sicuramente non le ho mai viste in giro. Non è da me farmi di questi
problemi! Ce ne sono di persone che non conosco nel nuovo istituto! Però
loro sono riuscite a colpirmi subito. Così diverse da tutti gli altri.
Inoltre non capisco come possano essere delle lottatrici tanto forti,
soprattutto Kazumi. La prima volta che l’ho incontrata sembrava una
ragazzina tanto composta. E ora mi salva, tra tutti quelli che potevano passare
di qui proprio lei. Nonostante tutto non le sono molto simpatica, e lei non lo
è a me. Io forse ero una strega, ma lei lo è mille volte
più di me!”
Soddisfatta di aver trovato un appellativo anche per la mora,
varcò la soglia di casa rendendo noto il suo ritorno e ripetendo tra
sé: - Strega, le sta proprio bene –
***********************************************
Spero non
essere stata troppo lenta ma come sa chi sta leggendo la mia ffI.S.D.M. su SK ho passato un
periodo di no-ispirazione e quando mi è tornata mi sono anche ammalata
quindi…
Un ringraziamento particolare ad Akemichan
che è stata la prima a commentare. (Come hai visto scrivo al
passato. Solo il prologo è al presente!). Naturalmente ringrazio anche
bi-chan92 (anch’io sono una dilettante per questo mi fanno piacere i
consigli! Sono contenta che ti piaccia ma spero non
averti fatto passare le notti in bianco…), Maochan (ma tu sei dappertutto? Scherzo! Mi fa piacere che mi
segui sempre!) e tsubasa, ultima ma non meno
importante (visto che ti è anche piaciuta la ff!
Thankyou!).
Un
ringraziamento invece non basta per SharkAttack alla quale dovrei inchinarmi toccando per terra con
la punta del naso. Se sono arrivata fin qui, è solo grazie a lei, che mi
ha sostenuta dall’inizio (in un altro sito), ha
letto e commentato tutte le mie ff, e mi sta fornendo
tuttora le informazioni che mi servono su Doremi
ovvero quelle che io ho dimenticato. Oltretutto mi sta mettendo la carica
perché senza di lei io sarei ancora più lumacosa di quanto non
sia già.
Detto questo vi
saluto! Ora tocca a voi scrivere (i commenti^^)! Alla
prossima e prometto che cercherò di farmi viva più in fretta
(promessa da marinaio…)!
Capitolo 3 *** LA STANZA, LA VISIONE E LA PIETRA ***
Erano già passati alcuni giorni dall’entrata di Doremi
nella nuova scuola e questa poteva dirsi soddisfatta
CAPITOLO
2
LA STANZA, LA VISIONE ELA PIETRA
Erano già passati alcuni giorni dall’entrata di
Doremi nella nuova scuola e questa poteva ritenersi soddisfatta. I risultati
non erano e non sarebbero mai stati dei migliori, ma stava lentamente
cominciando ad abituarsi alla mancanza delle sue amiche. Naturalmente, qualche
pomeriggio poteva incontrarsi con Hazuki, ma le occasioni non erano molto
frequenti, a causa dei pomeriggi sempre molto impegnati della giovane
violinista.
Qualche volta, Doremi, usciva di casa e tornava a visitare
il vecchio negozio Maho, ormai abbandonato, dove poteva, però ricordare
tanti momenti di quella che era stata l’esperienza più bella di
tutta la sua vita. Dentro era tornato quel lugubre negozio dove aveva messo
piede per la prima volta quattro anni prima, scoprendo quella curva vecchina
sulla sedia a dondolo con una bella gatta bianca in grembo. Era cominciato
tutto improvvisamente e improvvisamente era finito, così come la scuola
elementare. La ragazza ora si sedeva in mezzo a tanti tavoli impolverati,
scaffali e altrettante sedie pensando al passato. In quei momenti provava
esclusivamente gioia, e seppur la malinconia tentasse di farsi strada tra i
suoi sentimenti, veniva brutalmente repressa.
Fu proprio in uno di questi giorni in cui desiderava
visitare il negozio, che decise di salire le scale per raggiungere la porta che
un tempo celava il varco per il regno delle streghe. Le scale scricchiolavano e
la polvere si appiccicava infida alle mani di Doremi, quando si poggiavano sul corrimano.
A passi lenti si avvicinò titubante, tastando la porta con
familiarità, come se avesse finalmente ritrovato una vecchia amica.
Posò la mano sulla maniglia, ma la mano era sudata e sentiva il freddo
metallo scivolare sotto di essa. Perché non si decideva ad abbassarla e
spalancare quella porta? Pensava forse che si sarebbe rimessa in contatto con
il regno delle streghe?
“In fondo, perché sono tornata qui?”
Il respiro si era fatto irregolare ed era l’unico
rumore tra quelle mura così silenziose. Sentiva distintamente il ritmo
veloce del battito del suo cuore, e la superficie bagnata e scivolosa sotto la
sua mano. Un semplice gesto avrebbe concluso tutta quella sofferenza, ma la
giovane ex-maghetta non riusciva a compiere un semplice movimento.
Improvvisamente, risuonò secco il rumore di un passo.
Doremi sussultò, presa in un momento di grande tensione e lasciò
andare un grido e, mollando la maniglia, si piegò sulle gambe portandosi
istintivamente le mani sopra la testa.
- Tranquilla, sono io – con queste parole chi aveva
tanto spaventato la povera ragazza uscì dal suo nascondiglio dietro
l’angolo che portava alle scale. – Non volevo spaventarti -
I lunghi capelli verdi, raccolticome sempre in una voluminosa coda di
cavallo, fecero capolino da dietro l’angolo. Vestita con una leggera
maglia viola, abbottonata da soli tre bottoni neri, molto grossi nel centro e
con un paio di pantaloni da pescatore blu scuro, tenuti stretti da una cinghia
bianca, Emiko stava ora in piedi di fronte a Doremi, la quale, poverina, non si
era ancora ripresa dallo spavento. Alzò la mano e punto il dito tremante
contro la sua compagna di classe.
- Che cosa ci fai qui? – disse, cercando di evitare il
più possibile che la lingua si fermasse sul palato nel pronunciare la
lettera “C”.
- Nulla – rispose tranquillamente l’altra,
battendo energicamente le mani sui vestiti per togliere la polvere – Ti
ho vista entrare qui dentro e ti ho seguita. Mi stavo proprio chiedendo che
cosa ci fossi venuta a fare –
Si avvicinò a Doremi e senza badarla abbassò
la maniglia e spinse avanti la porta. Fu investita dall’oscurità
più totale, ma a mano a mano che gli occhi cominciarono ad abituarsi al
buio, vi potè scoprire solamente qualche scopa, malamente appoggiata
nell’angolo destro, di fianco uno, due secchi e a sinistra alcuni oggetti
rotti o vecchi. Nell’angolo giaceva uno specchio rotto e vicino ad esso
una cuccetta per i gatti.
- Come mai volevi entrare qui? – domandò Emiko
portandosi una mano sul volto per coprire lo starnuto.
- Non volevo entrare qui – rispose Doremi sbrigativa,
affacciandosi anche lei a spiare l’interno della stanza – Mi stavo
solo chiedendo cosa ci fosse dietro questa porta –
- Perché? Cosa ci sarebbe dovuto essere secondo te?
–
- Io…non lo so –
Era tutto come sempre. Emiko rivolgeva
una di quelle domande avvelenate seguite da occhiate gelide e Doremi si
fermava. Aveva paura. Quella ragazza dai dolci occhi verdi, sapeva tramutarsi
improvvisamente in serpente, e da verde smeraldo, le iridi passavano al verde
della vipera. Doremi non riusciva più a spiccicare parola, la voce le si
mozzava in gola e la lingua s’incollava al palato.
“Perché mi fa questo
effetto? Devo reagire” ripeteva Doremi dentro di sé, ma senza
risultato.
- Doremi! Devi dirmi che cosa pensavi
di trovare dietro questa porta! – ringhiò Emiko con
un’esplosione della voce.
- Non te ne deve importare Emiko! Sei
solo una stupida strega come la tua amica Kazumi! –
Aveva urlato disperatamente e con uno
schiaffo aveva colpito la guancia sinistra dell’altra. Immediatamente le
aveva voltato le spalle e piangendo a dirotto si era lanciata giù dalle
scale aprendo la porta con furia e sbattendola dietro di sé allo stesso
modo. Dovette coprirsi gli occhi, quando fu investita dalla calda luce solare,
ma questo non le impedì di continuare a correre.
- Ferma -
Emiko l’aveva raggiunta
afferrandola per un braccio. Doremi si voltò verso di lei incredula. Non
poteva averla raggiunta, solo lanciandosi dalla finestra ci sarebbe riuscita,
ma questo era impossibile. Innanzitutto i vetri e le persiane erano entrambi
chiusi e le maniglie talmente arrugginite dal tempo che pensava impossibili da
aprire in pochi istanti. Invece quella ragazza l’aveva sorpresa ancora
una volta. Era riuscita nell’impresa e aveva saltato da un’altezza
non trascurabile per poi raggiungerla e fermarla nella sua corsa. La guancia
rossa che ancora bruciava per lo schiaffo.
- Che cosa vuoi da me? Perché
non mi lasci sta…-
Non finì mai la frase
perché cadde a terra tra spruzzi di sangue. La ragazza dai capelli verdi
le aveva sferrato ancora una volta uno di quei colpi micidiali. Con una forza
spaventosa le aveva tirato un pugno sul naso facendola rivoltare a terra.
- Questo è per il tuo schiaffo
non giustificato. Per il resto, tu puoi chiamare me e la mai amica stupide streghe
anche per il resto della tua vita ma noi rimarremo sempre e comunque due
stupide streghe dieci passi avanti a te! – ruggì, scoccando a
Doremi uno sguardo gelido. E detto questo la lasciò finalmente da sola,
sparendo una volta per tutte dietro un angolo come quello da cui era arrivata.
La ragazza, a terra, dolorante, si alzò a fatica, spingendo un
fazzoletto contro la narice per fermare l’emorragia. Non si era mai
sentita così male. Quando Emiko l’aveva
guardata, in quel momento, con i suoi occhi gelidi, nella sua mente erano
apparse immagini orribili. Una casa in fiamme era in primo piano. Aveva
confusamente visto alcune persone in fiamme gettarsi dalle finestre e
contorcersi. Ad un tratto, in mezzo alla confusione, un pianto; un pianto
disperato di una bambina sovrastava le altre voci e riempiva la mente di Doremi.
E improvvisamente quella visione era sparita, lasciandole il sudore freddo
scenderle dalla fronte. Non doveva e non voleva pensarci. Sicuramente,
continuava a ripetersi, era così turbata che la mente le aveva giocato
un brutto scherzo. Cercò di cacciare dalla testa quelle immagini e
quelle precedenti, in cui Emiko le chiedeva insistentemente cosa avrebbe dovuto
esserci dietro quella porta. Sicuramente, pensò Doremi, se al posto di
un’invadente come Emiko ci fosse stata una qualsiasi altra persona,
avrebbe pensato che quella sapesse del portale segreto per il regno delle
streghe e che fosse lì per indurla a confessare la sua doppia natura,
quella che, però non esisteva più. Si avviò trascinandosi
pesantemente verso casa, evitando accuratamente di prendere alcuna scorciatoia
e voltandosi dall’altra parte se per caso incrociava dei passanti; voleva
infatti evitare che qualche curioso osservasse troppo a fondo il suo naso e
mettesse in allarme il resto del quartiere. Accelerò il passo quando si
accorse, e lo fece in ritardo, che il fazzoletto era ormai fradicio e sporco.
Di fronte a casa pensò velocemente ad una scusa da inventare con la
madre per giustificare quel guaio e poi spinse il dito contro il campanello.
Seguì la solita, monotona disputa per andare ad aprire la porta, visto
che nessuno si offriva mai volontario, ma alla fine apparve Poppu alla porta
con la faccia annoiata. Le si illuminarono gli occhi alla vista della sorella
sanguinante e guizzò in cucina inorridita annunciando la sua morte.
Doremi fu costretta a correre su dalle scale prima che il padre e la madre la
fermassero con mille domande e a precipitarsi in bagno per srotolare qualche
metro di carta igienica da impiegare come tampone. La mamma accorse
immediatamente e mettendo in pratica tutto ciò che aveva imparato con il
corso al soccorso veloce, sistemò temporaneamente il naso della sua
figlia maggiore che, capita la gravità della situazione, era stata seduta
buona senza urlare o agitarsi per il dolore. Poppu aveva assistito alla scena
con gridolini acuti come se fosse lei a provare dolore e per questo la mamma fu
costretta a tenerla fuori dal bagno.
- Doremi – disse la signora Harukaze
una volta portato a termine il bendaggio – come ti sei procurata questa
ferita? –
- Stavo correndo lungo la strada del
ritorno e sono inciampata. Non ho avuto il tempo di mettere avanti le mani e ho
sbattuto la faccia. – squadrò la mamma preoccupata.
L’avrebbe presa come vera o avrebbe scoperto la bugia?
- Doremi, devi stare attenta! Sei
stata fortunata ad essertela cavata con poco! Se avessi sbattuto la
testa…oh, non voglio nemmeno pensarci! E meno male che nemmeno il naso
è rotto! Adesso chiamerò il dottore per chiedergli consigli, tu
rassicura Poppu, era così preoccupata poverina -
La signora Harukaze si alzò e uscì dal bagno,
lasciando spazio a Poppu che entrò turbata. Ma per Doremi il peggio era
passato: il naso era sistemato e sua madre aveva creduto a quanto le era stato
raccontato; ciò che ancora la intimoriva era la strana visione che aveva
avuto quel giorno e il pensiero che avrebbero potuto essercene ancora in
futuro.
***
Il giorno seguente, a scuola, tutta l’attenzione dei
compagni di classe di Doremi era puntata sul suo naso. La ragazza era stata
costretta a raccontare più di una volta come fosse inciampata lungo il
ritorno e avesse sbattuto la faccia a terra. Le sarebbe piaciuto alzarsi nel
mezzo della lezione, puntare l’indice contro Emiko e gridare che era
stata lei, in realtà, a provocarle quella ferita, ma poi ci ripensava,
ripiegava la testa sul quaderno, e continuava a scrivere. Persino l’acida
insegnante si era tolta gli occhiali e aveva avvicinato vertiginosamente il
lungo naso a punta a quello di Doremi borbottando: - Non pensare che per questo
avrò riguardi nei tuoi confronti –
Tuttavia la lezione trascorse tranquilla, senza eventi
particolari, tranne quando l’insegnante aveva fatto un balzo spaventoso
sulla sedia per aver notato un grosso calabrone ronzare proprio sopra la sua
testa e Kazumi, con estrema precisione, l’aveva schiacciato alla parete
con un calcio cimentandosi poi in una macabra analisi delle sue viscere che, se
non fosse stato per Mizumi che prontamente l’aveva afferrato per le ali
lanciandolo dalla finestra, avrebbe portato allo svenimento sia
l’insegnante che Maki, la “seconda Reika”.
Al suono della campana che segnava la fine delle lezioni,
Doremi fu trattenuta in classe dall’insegnante per sistemare
l’aula, quello, infatti, era il suo giorno. Non fu un lavoro lungo e in
una mezzora riuscì a sistemare tutto; poi raccolse le sue cose, le
infilò nello zaino, e lasciò la scuola, avviandosi verso casa.
Stava passando davanti al parco, teatro di tante avventure
da strega, quando una voce familiare attirò la sua attenzione. Kazumi
era circondata da tre ragazzi della loro scuola della quarta classe. Erano dei
brutti ceffi che se la prendevano con quelli dei primi anni per derubarli o
picchiarli. In quel momento sembravano interessati a qualcosa che Kazumi
portava al collo e che la ragazza difendeva stringendo tra le mani e imprecando
contro di loro. Oltre ad opporre resistenza, li stava anche provocando con quei
continui insulti e Doremi capì che in quel modo la sua
“amica” non se la sarebbe cavata senza parecchi lividi. Anche se
sapeva che sarebbe stato inutile, sentì il bisogno di intervenire e
sdebitarsi definitivamente con quella strega.
- Ehi voi – urlò in direzione dei bulli –
tornatevene a casa e smettetela di disturbare la gente! -
- Doremi sei impazzita? Non immischiarti! Vai via! –
urlò Kazumi visibilmente spaventata per l’improvvisa apparizione
dell’amica – Vattene prima che ti picchino a sangue! Tu non sai
difenderti! –
Per quanto Doremi si sentisse offesa da
quell’affermazione, non se ne andò e rimase lì, in piedi, a
gambe divaricate in gesto di sfida. Evidentemente, però, i tre bulletti
non si sentirono assolutamente intimiditi dalla presenza della ragazza e le si
avvicinarono minacciosi battendosi un pugno sul palmo dell’altra mano.
solo a quel punto la ex apprendista capì in che guaio si era cacciata
per tentare inutilmente di salvare la sua amica. Ad un certo punto uno di essi
emise un verso di dolore e sgranò gli occhi assumendo
un’espressione di puro dolore. Cadde a terra sbattendo la faccia e
sollevando la polvere. I due amici lo fissarono atterriti cercando di scoprire
la causa di quello spasimo.
Kazumi.
Kazumi era ritta in piedi dietro al ragazzo che giaceva a
terra, con una gamba sollevata, parallela al terreno. Era scura in volta e
guardava Doremi con rimprovero.
- Ti avevo detto di non immischiarti – disse a denti
stretti, riabbassando la gamba e avvicinandosi agli altri due che
immediatamente fuggirono abbandonando il loro compagno più sfortunato.
La ragazza rivoltò il suo corpo con un calcio. – È vivo,
non c’è nulla di cui preoccuparsi. Si riprenderà tra
qualche minuto – disse a Doremi, che lo guardava preoccupata. –
Forza, vieni, ti riaccompagno a casa. I due che sono scappati potrebbero
prendersela con te per vendicarsi di me -
Battè qualche colpo sulla spalla di Doremi
perché si riprendesse ma alla fine fu costretta ad afferrargliela
costringendola a girarsi e camminare.
Mentre camminavano, Doremi non poteva fare a meno di
scoccare rapide occhiate alla sua compagna di classe. Non c’era un motivo
preciso per questo comportamento, solitamente è tipico di due persone
che camminano o sono sedute vicine e non si conoscono e ognuna delle due
è curiosa di vedere la sua vicina e forse anche per Doremi era
così. Nonostante frequentassero la stessa classe, si parlavano molto
raramente e non stavano mai insieme, né durante gli esercizi di
ginnastica, né nei lavori di gruppo. Si potevano considerare quasi come
due estranee, conosciutesi solo per le situazioni di pericolo in cui già
due volte Doremi si era trovata a essere salvata da Kazumi.
Doremi, in una delle occhiate che aveva rivolto alla
compagna (perché non si poteva propriamente definirla amica) non aveva
potuto fare a meno di notare la collana che questa portava al collo. Aveva la
catena d’oro e il pendente era una pietra completamente nera, lavorata a
forma di prisma romboidale. Non si intendeva di collane e pietre ma ad occhio
pareva valere molto.
- È per quella che quei ragazzi se l’erano
presa con te? – chiese Doremi indicando l’oggetto prezioso.
- Esatto. Non è una pietra comune, anzi, si potrebbe
addirittura dire che non esiste. Ma delle persone grezze come loro, non possono
nemmeno capirne il valore. Vedono una catena d’oro, una pietra che appare
preziosa e già pensano quanto possa valere. Poi se è portata da
un’inoffensiva ragazzina rubarla sarà uno scherzo. Quanto è stupida la mente…- fece una pausa
– Ascolta, questa pietra non vale nulla, e se te lo dico io che la
possiedo da parecchi anni, ti devi fidare. Ho dimenticato chi me l’ha
donata ed è solo per questo che la tengo. Può sembrare un motivo stupido, ma
sono sicura che sia legata a qualcosa, e io voglio scoprire cosa. Inoltre
è impossibile rubarmela –
- Già! Ho visto – la interruppe Doremi –
Tu ed Emiko siete due lottatrici eccezionali. Mi fate davvero paura –
Kazumi non rispose, si limitò a fissare per un attimo
Doremi con compassione. Poi tornò a guardare avanti e il loro cammino
continuò muto com’era iniziato.
- Eccoci Doremi. Siamo arrivati -
Ma questa volta fu Doremi a non dire niente. Rimuginava a
testa bassa fissando, apparentemente molto concentrata, prima le scarpe e poi
la sua casa.
- Ascolta Kazumi – disse poi, assumendo un tono e
un’espressione più seri – Tu sei una mia compagna di classe,
ma io non so nulla di te. Fin dal primo giorno di scuola tra noi non scorre
buon sangue, ma secondo me siamo solo partite con il piede sbagliato e adesso
è ora di ricominciare daccapo – si fermò per aspettare una
risposta, ma Kazumi la stava ascoltando così continuò –
Penso che potremmo iniziare facendo merenda insieme, che ne dici? -
Aspettò con ansia la risposta dell’altra che
manteneva uno sguardo accigliato. Ma poi, lentamente,
la fronte si distese e le sopracciglia si alzarono; gli angoli della bocca si
sollevarono e con gli occhi illuminati di una nuova luce: - Sì –
rispose – può essere una buon’idea –
***********************************************
Non so neanche più quanto tempo sia
passato…come ho già detto ho avuto qualche problema che non sto
nemmeno a dirvi!
Comunque, all’altro capitolo
sono rimasta veramente di sasso! Non mi aspettavo tutti questi commenti! I’mvery happy! Quando avevo deciso di postare questaff ero un po’
preoccupata: nella sezione Doremi i commentatori non
sono molti! Cami_chan ero sicura che l’avrebbe letta (visto che mi passa tutte le informazioni del
cartone che io ho dimenticati) però poi non sapevo…quindi grazie a
tutte di commentarmi! So che sono un po’ lenta ma
spero che questo non vi faccia mollare! Allora vi aspetto al prossimo chap, che sto già scrivendo e vi assicuro che ne
vedrete delle belle!
Doremi e Kazumi entrarono in casa. Dalla cucina proveniva il
rumore di un frullatore, che unito alle chiacchiere della televisione,
confermava che in casa doveva sicuramente esserci qualcuno. Doremi
invitò l’amica a seguirla in cucina perché questa sembrava
un po’ a disagio in una casa sconosciuta.
- Non preoccuparti, mia mamma sarà molto felice di
conoscerti! Sicuramente ti farà molte domande, ma non preoccuparti, ci
penserò io a liberarti – scherzò Doremi trascinandola verso
la cucina. – Mamma! – gridò giunta in cucina per sovrastare
quella confusione. La signora Harukaze sobbalzò, ma attratta subito da
quella figura sconosciuta spense il frullatore, abbassò il volume della
televisione e puntò gli occhi su Kazumi.
- Tu devi essere una nuova compagna di Doremi! Era da tanto
che non portava nuove amiche a casa nostra! Come sono felice di conoscerti! Io
sono la mamma di Doremi, puoi chiamarmi Minako*. Hai fame? Vuoi qualcosa da
mangiare? Oh, che distratta, non ti ho nemmeno chiesto come ti chiami! –
- Kazumi – rispose questa evidentemente stordita da
quella raffica di domande.
- Mamma – disse Doremi per fermare una nuova raffica
di domande a cui sua madre stava per dare il via. – Sarebbe molto bello
se ci preparassi una merenda, ma intanto io e Kazumi andiamo di sopra-
- D’accordo. Allora vi preparerò un tè e
dei biscotti! Andate pure a divertirvi!
Doremi uscì velocemente dalla cucina lanciandosi
sulle scale, mentre Kazumi la seguiva composta e lenta. Ogni tanto lanciava
qualche veloce occhiata intorno perché, nonostante tutto, la
curiosità di esplorare un luogo sconosciuto l’aveva. Anche per
sentirsi più sicura. Seguì la compagna di classe sulle scale
lasciando scorrere la mano sul -----. L’altra la stava già
aspettando impazientemente davanti alla porta della sua stanza.
- Vieni vieni! – le disse facendole segno di entrare.
Kazumi storse un po’ il naso alla vista della
confusione che regnava nella stanza e Doremi, forse accortasi di questo, si
scusò immediatamente ma, come le spiegò subito, spesso sua
sorella entrava per provarsi i suoi vestiti o cercare giochi che le erano stati
nascosti.
- Hai una sorella? - domandò Kazumi incuriosita
alzando un quaderno dal tavolo e iniziando a sfogliarlo.
- Sì, se vuoi te la presento, ma stai attenta
perché è un vero mostro! –
- Doremi! Chi sarebbe il mostro? –
Eccola lì. Poppu, attirata dalla novità di una
seconda voce che conversava con sua sorella e di cui non identificava il
proprietario, era sgusciata fuori dalla sua stanza per spiare. Chiamata in
causa, era subito intervenuta.
- La mia amica voleva conoscerti e ho pensato di avvertirla
del pericolo che correva. Lei è Kazumi -
disse a Poppu indicandole l’altra. – E lei
è…Kazumi non ti senti bene? –
Kazumi infatti non aveva più detto una parola da
quando era comparsa Poppu. I suoi occhi sgranati si erano puntati su di lei, le
labbra tremavano incapaci di parlare e le braccia pendevano rigide lungo i
fianchi. Riuscì a muovere indietro un passo, ma inciampò e cadde
a terra. Questo riuscì solo a sbloccarla.
- Mika – balbettò in un sussurro – cosa
ci fai tu qui? -
- Mika? – ripetè Doremi a voce alta per
sciogliere quella tensione. – Ma no, guarda che ti sbagli! Lei si chiama
Poppu! Vuoi che ti aiuti a rialzarti – le porse la mano, ma l’altra
la ignorò e si rialzò da sola.
- Mika – continuò indietreggiando ancora
– tu…tu non dovresti essere qui. C’è anche Shoko? Si,
ovvio, che domanda sciocca –
Doremi e Poppu la fissavano allibite e al tempo stesso
spaventate. Non capivano il senso di quello che stava dicendo Kazumi. Tutti
quei nomi sconosciuti…ad un tratto Poppu ricordò qualcosa.
- Forse ho capito Kazumi – le disse sotto lo sguardo
grato della sorella – Devi avermi confuso proprio con una mia compagna di
classe che si chiama Mika. Adesso che ci penso poteva venirmi in mente prima.
Ci confondono spesso perché ci assomigliamo molto. Ma tu la conosci? -
Kazumi non le rispose. Si alzò in fretta e furia
travolgendo la bambina per uscire dalla stanza e si precipitò giù
dalle scale senza nemmeno curarsi di salutare la mamma di Doremi che le stava
salendo con un vassoio in mano.
- Aspetta Kazumi! – fu l’unica cosa che
riuscì a dirle prima che la ragazzina, infilate velocemente le scarpe,
aprisse la porta e uscisse correndo.
- Kazumi! – gridò anche Doremi carambolando
giù dalle scale ma fermandosi vicino a sua madre quando capì che
ormai era troppo tardi.
- Doremi! Cosa hai fatto alla tua amica? Non ho mai visto
un’espressione di tale terrore prima d’ora! – chiese la
signora Harukaze sconvolta. Salì le scale appoggiò il vassoio di
lato e si piegò all’altezza di Poppu che era anche lei
paralizzata. – Poppu che cosa è successo qui? –
Ma nessuno parlava perché, in effetti, non
c’era niente da dire. Un nome, solo un nome aveva scatenato tutto e la
somiglianza di Poppu con questa Mika. Doremi proprio non capiva. Non aveva mai
visto Kazumi perdere il controllo in quel modo. Nonostante l’incredibile
tecnica nel lottare, pareva una ragazza ben educata, intelligente, studiosa.
Perché allora tutt’a un tratto questo cambiamento?
- Scusa mamma, ma non so nemmeno io cosa sia successo
– si infilò in camera sua buttandosi sul letto lasciando Poppu a
piangere con la madre. Poi le venne in mente una cosa, si alzò e
buttò le mani sulla scrivania. – Si è tenuta il quaderno -
***
Il giorno seguente Kazumi non si presentò a scuola. E
nemmeno Emiko. L’insegnate fu visibilmente impressionata da ciò
perché fino a quel momento le due ragazze avevano frequentato le lezioni
assiduamente. Segnò incredula una A (assente) sui loro nomi e
proseguì la lezione con visibile noia. Suonata l’ultima
campanella, bloccò Doremi sulla porta, prima che si fondasse fuori
insieme a tutti i suoi compagni. La ragazzina capì immediatamente il motivo
di quella sosta obbligata.
- Doremi, dovrei chiederti un piacere – disse la
maestra con un tono molto più dolce e gentile del solito. – Mi
preoccupa che Kazumi ed Emiko abbiano saltato le lezioni oggi perché non
è mai successo e nessuno ha avvisato la scuola. Inoltre non voglio che
rimangano indietro con i compiti. Potresti gentilmente recarti a casa loro e
informarle sui nuovi argomenti? -
Doremi fece solo un cenno con la testa perché non era
sicura di cosa avrebbe potuto rispondere.
- Grazie bambina mia. Sono contenta che tu abbia accettato.
Poi domani fammi sapere d’accordo? -
E detto questo la lasciò andare tra mille sorrisi e
ringraziamenti ficcandole in mano un pezzo di carta raccomandandole di non
perderlo.
Bambina mia, gentilmente, grazie, erano tutte parole che non
immaginava sarebbero uscite da quella bocca anche per lei un giorno. Ma la cosa
non le faceva per niente piacere. Erano spudoratamente false, infilate una
dietro l’altra con quel tono mellifluo solo per convincerla a svolgere il
suo dovere. Dovere che era di qualcun altro, ma ora era inevitabilmente suo.
Avrebbe voluto rispondere – Ci vada lei – oppure – Perché
non le adotta visto che le ama tanto? – ma poi aveva preferito
trattenersi perché ora aveva una scusa per andare a casa di Kazumi e
dell’altra strega e aveva pure migliorato la sua immagine davanti
all’arpia.
Srotolò il foglio che le aveva consegnato
l’insegnante per leggere l’indirizzo. Era scritto in stampatello
con una penna rossa. Aveva forse paura che non riuscisse a leggerlo? Sotto
aveva addirittura disegnato una piccola mappa del quartiere dove abitavano le
due ragazze e aveva cerchiato la loro casa. Tutto sommato la cartina si
rivelò utile perché non aveva la minima idea di dove si trovasse
quella via. Si trovava in un quartiere antico della città dove i
condomini non erano ancora riusciti a farsi spazio tra le grandi, vecchie case.
Secondo quanto c’era scritto sul foglio e il numero appeso sopra un
piccolo e arrugginito citofono doveva essere arrivata. Quello che aveva di
fronte era un vecchio minshuku**, ormai in disuso che era rimasto solo come
casa con “terme private”. In confronto alla casa di Doremi, quella
era veramente enorme. Aveva un bel giardino (poco curato a dir la
verità) e si ergeva su due piani, anzi, uno e mezzo, perché il
secondo piano non occupava tutto lo spazio del primo ma solo una parte. Il
piano terra aveva grandi finestroni, che uno accanto all’altro, davano
l’idea di una parete trasparente. Infine, era recinta da uno steccato di
canne che si interrompeva con un arco con una caratteristica tettoia, che era
la prima entrata della casa. Sul lato sinistro di questo c’era il
citofono che la ragazza suonò più volte ma che probabilmente era
rotto perché nessuno venne ad aprire e non si sentì nemmeno il
trillo provenire dall’interno.
Un po’ titubante Doremi entrò e aggirò
la casa dal giardino portandosi sul retro. Gridava i nomi delle sue compagne
nella speranza che la sentissero e venissero a prendersi quei maledetti
quaderni. Ma niente. Silenzio assoluto, in quella casa non volava una mosca. Si
sedette sul gradino che collegava la casa al giardino, fece cadere i libri per
terra e affondò la testa tra le mani. Magari stavano dormendo, si
diceva, o forse non avevano voglia di uscire e fingevano di non esserci.
Così lei era andata lì per niente.
- E va bene Kazumi ed Emiko! Se non venite fuori voi
verrò dentro io! -
Non era molto corretto quello che stava facendo: in fondo
era sempre violazione di domicilio, ma lei avrebbe portato a termine la sua
missione. Altrimenti la signorina Mikami cosa le
avrebbe detto? Non poteva credere che le due non fossero in casa.
L’avrebbe interpretata come una bugia e si sarebbe fatta di Doremi
un’opinione ancora più cattiva di quella che già aveva.
Spinta da tutti i suoi buoni propositi, Doremi si decise a varcare
la soglia. Non voleva ammetterlo, ma era anche molto curiosa di vedere la
famiglia delle due ragazze, di vedere la loro casa, le loro camere e di parlare
con Kazumi di quello che era successo l’altro giorno e magari anche
riprendersi il quaderno.
Percorse il primo corridoio attenta a non fare troppo rumore
per non spaventare le ragazze ma guardandosi intorno curiosa al tempo stesso.
Doremi era abituata alle pareti intonacate di bianco, ai pavimenti
piastrellati, alle case della nuova generazione. Invece lì era tutto
vecchio e usurato: il pavimento in palchet scricchiolava ad ogni passo, le
pareti erano scrostate e di un bianco sporco fino a metà, mentre
continuavano in rovinate assi di legno fino al soffitto. Strinse i quaderni al
petto e oltrepassò qualche stanza vuota lanciando sempre fugaci occhiate
all’interno. A metà corridoio, uno scalino sbucava tra le pareti.
Doremi si fermò davanti alla scala, indecisa se salire oppure no.
Appoggiò il piede su una vecchia asse di legno scricchiolante.
Pensò di salire. Probabilmente le loro camere erano al piano di sopra.
Fece più piano che poté, ma quella vecchia scala ce la metteva
tutta per ostacolarla. Il piano superiore era stato costruito sopra solo una
parte di quello inferiore, infatti molto meno esteso. Le uniche quattro porte
erano tutte chiuse meno una. La ragazzina si affacciò dentro quello
voltandosi a destra e sinistra. Fece anche qualche passo verso l’interno
per capire la funzione di una stanza come quella. Un tavolino sovrastato da fogli,
stampe e giornali stava nel mezzo, con affianco due cuscini. A destra
c’era un frigorifero e a fianco una distesa di lattine e bicchieri,
alcuni vuoti altri mezzi pieni, uno rovesciato sul pavimento.
- Se mia mamma vedesse un tale disordine – si disse
Doremi – mi caccerebbe via da casa! -
Spostò lo sguardo a sinistra. Le parve di essere
entrata in un’altra stanza. Una scrivania di legno scuro stava appoggiata
alla parete, e sopra di essa una simpatica abatjour gialla la illuminava.
Alcuni quaderni erano ordinatamente impilati su un lato e le penne erano
infilate in un contenitore. Doremi si avvicinò all’unico lato
ordinato di quella stanza dall’ipoetica funzione. Il suo sguardo si
puntò sul quaderno aperto nel centro della scrivania. C’era una
foto, una foto attaccata sulla pagina: la sua foto! Una foto di qualche hanno
prima, sicuramente. Ma chi e quando gliel’aveva scattata? E perché
era in quella casa attaccata su quel quaderno? Con il sudore che le bagnava la
fronte lo prese in mano e provò a leggere quello che stava sotto alla
foto.
- Doremi Harukaze. Undici anni. Altezza, peso, data di
nascita, gruppo sanguigno – e più andava avanti più trovava
informazioni sul suo conto. – Cosa significa questo? – gridò
perdendo il controllo sulla sua voce. Dalla stanza accanto provenne un rumore.
Qualcuno doveva averla sentita, ma ormai le faceva solo piacere. Voleva delle
spiegazioni e subito! Si girò di scatto e urtò l’abatjour.
Fortunatamente la riprese al volo, ma si accorse che non era affatto calda
quindi qualcuno stava studiando la sua vita o uno degli altri quaderni da poco
da quando era entrata in casa e sentendola arrivare si era nascosto. Kazumi od
Emiko? O i loro genitori? Di questo non le importava molto. Raramente le capitava
di arrabbiarsi con qualcuno, ma questa era una di quelle volte.
Uscì da quella stanza e scelse una delle altre tre.
Ma ormai perché non uscivano allo scoperto? Perché avevano paura
di mostrarsi? Era casa loro! Sarebbe stata lei quella nel torno qualsiasi cosa
fosse successa! Spalancò la porta, ma non c’era nessuno.
Aprì la seconda porta, il bagno. Nessuno nemmeno lì. Allora
dovevano essere per forza dietro l’ultima. Esitò un attimo prima
di aprirla, ma poi l’aprì senza indugio.
A ricambiare il suo sguardo non trovò né
Kazumi né Emiko, ma una ragazzina della loro età con gli occhiali
e una lunga treccia blu dall’aria impaurita, che cercava disperatamente
di aprire la finestra. Riacquistò un po’ di vigore scoprendo che
era stata Doremi a trovarla.
- E tu chi sei? – le domandò Doremi delusa di
non aver trovato le altre due.
- Potrei farti la stessa domanda – rispose
l’altra, allontanandosi dalla finestra e facendo un sorrisetto di
scherno. – Non mi risulta che questa sia la tua casa –
- Sei la sorella di Emiko e Kazumi? –
- Sorella? – scoppiò a ridere. Una risata
strana. Arrogante, ma con un fondo di paura e tensione – Come potrei
essere la sorella di due che non sono sorelle? – e continuò la sua
risata.
Era la seconda stranezza del giorno per l’ex-maghetta.
Scopriva di essere la protagonista di un quaderno in casa di due sue compagne
di classe che ora scopriva non essere nemmeno sorelle.
- Ma il cognome…-
- Inventato, come tutto del resto – non la smetteva di
ridere, mentre il suo volto diceva chiaramente che aveva paura.
- Ma tu allora chi sei? –
- Una vecchia amica. Sono passata a trovarle, ma loro non
erano in casa –
- Allora perché eri appesa alla finestra? –
- Avevo caldo – disse, con una nota di terrore nella
voce.
- E perchè non sei uscita se hai sentito che
c’era qualcuno? – quella situazione proprio non la convinceva.
Quella ragazza stava cercando di imbrogliarla. Per tutta risposta quella le
sfilò il quaderno dalle mani e lo aprì.
- Tu stavi rubando – disse fingendo indifferenza e
aprì il quaderno. Immediatamente sbarrò gli occhi.
- Cosa c’è? Cosa succede? Tu sai perché
che la mia foto lì sopra? –
- Io, io non posso crederci. Forse ci sono arrivate…-
Non finì la frase. Kazumi ed Emiko stavano
attraversando il viottolo rientrando in casa. Lanciò un’occhiata
terrorizzata a Doremi e si precipitò fuori dalla stanza spingendola per
terra. Chiuse la porta con uno scatto e la serrò con la chiave.
- Ma cosa fai! Fammi uscire -
Nessuno le rispose. Ormai quella se n’era andata,
forse saltando dalla finestra di un’altra stanza per non farsi vedere. Ma
adesso Doremi era veramente in una brutta situazione. Le due proprietarie
stavano rientrando in casa e l’avrebbero colta con le mani nel sacco
proprio in camera di una delle due. Per di più quella ragazza aveva
rubato il quaderno con la sua foto e lei ne sarebbe stata sicuramente
incolpata. Per non parlare del fatto che rischiava anche una denuncia! Doveva
trovare un modo, se c’era, di uscire da lì, ma la paura le aveva
paralizzato le gambe, le braccia, tutto il corpo. Sentì i passi sulle
scale e le voci delle due ragazze risuonare lungo il corridoio. Erano sempre
più vicine, lo sapeva, ma non poteva fare niente.
- Kazumi, guarda! – sentì gridare proprio fuori
dalla porta – la lampada è accesa -
Poi dei passi svelti si allontanarono, probabilmente dentro
la stanza per sentire se la lampadina era calda…o fredda.
- Emiko qualcuno è entrato in casa! -
Come si aspettava l’avevano capito. La porta della
camera tremò e la maniglia scattava su e giù come impazzita. La
porta tuonava sotto i colpi delle due ragazze che tentavano di aprirla urlando
minacce a chiunque ci fosse lì dentro.
Ovvero Doremi.
La quale ormai in preda al panico stava per mettersi a
piangere, a urlare per mettere la parola fine a tutta quella brutta situazione.
Aprì la bocca, mentre le scendevano le prime lacrime, ma quando stava
per tirare fuori il fiato una mano le tappò la bocca e
“come” per magia la stanza, la porta, le grida, le minacce
sparirono.
Vide solo un bagliore di luce, e poi…Hana.
* non so come si chiama la mamma di Doremi, Minako me lo
sono inventato.
**minshuku = una pensione giapponese
Gentili
lettori, buona sera, benvenuti ad una nuova edizione del tgMimi
La prima
notizia è che è stato ufficialmente riconosciuto che la
sottoscritta Mimichan è un’assoluta lumaca, ritardataria e indecisa.
E con questo si sente si dover fare le più sentite scuse a tutti coloro
che la stanno seguendo (se anche voi scrivete cercate di capirmi T_T)
La seconda
notizia è che finalmente è successo qualcosa in questa storia che
cominciava a prendere la piega di Harry Potter ovvero capitoli iniziali in cui
non succede assolutamente nulla di interessante. Ma sapete com’è,
per ingranare la storia…
La terza
notizia è che finalmente nel prossimo capitolo verrà ripreso il
pezzo che ho usato come introduzione. Quindi chiunque abbia iniziato a leggere
invogliato magari da quello dopo il prossimo capitolo sarà appagato V_V
La quarta
notizia è che il mio blog è stato ufficialmente aperto (e questo
che c’entra con la fic ndtutti). Attualmente non c’è gran
che ma presto scriverò qualcosa su tutte le fic, magari informerò
sugli aggiornamenti, e se volete farmi domande che le regole rigide di EFP non
prevedono tra le recensioni venite pure lì^^ (www.tsubasamimi.splinder.it)
Ultima
notizia: ringrazio tutti quelli che pazientemente mi recensiscono! Grazie
mille, trovare le vostre recensioni mi fa sempre tanto felice (soprattutto in
una sezione abbandonata come quella di Doremi)
Il tgMimi
finisce qui, vi aspettiamo tra un tempo indeterminato. (bye *_°)