Nel nome di Soveraign - La ricostruzione del passato

di Mimichan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Un nuovo inizio ***
Capitolo 3: *** LA STANZA, LA VISIONE E LA PIETRA ***
Capitolo 4: *** SITUAZIONI PERICOLOSE ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


Chiunque fosse passato di lì in quel tempo non avrebbe trovato altro che deserto

È la prima fanfiction che scrivo su Doremì ma spero vi piaccia. Dal prologo probabilmente non si capirà molto, ma non preoccupatevi. L’ho fatto abbastanza corto, giusto quello che basta per introdurre una situazione che, come capirete se leggerete anche il primo capitolo, sembra non aver collegamenti. Vi dico subito che userò i nomi originali delle streghette che metterò all’inizio del primo capitolo, insieme a una piccola introduzione sul tempo in cui si svolge.

Per ora vi auguro buona lettura!

 

 

NEL NOME DI SOVERAIGN

 

LA RICOSTRUZIONE DEL PASSATO


PROLOGO

 

Chiunque fosse passato di lì in quel tempo non avrebbe trovato altro che deserto. Dove un tempo si estendeva la più grande pianura di fiori del Regno delle Streghe, ora giacevano solo gambi stecchiti, alberi sradicati come simbolo della natura sconfitta. Ma anche le streghe, seppur vincitrici, avevano subito numerose perdite. Gli accampamenti, sebbene spogliati d’ogni materiale utile, rimanevano nella loro struttura. Corpi non ve n’erano in gran numero: le squadre di soccorso avevano già provveduto a sotterrare i cadaveri, che ora giacevano in fosse privi di nome dove nessuno sarebbe mai andato a piangerli. I feriti erano stati trasferiti nell’ospedale e si era provveduto a trovare la loro identità. Era successo tutto per quella dannata guerra scoppiata ad un tratto, apparentemente senza motivo che si era infine protratta per quattro anni, tre dei quali erano stati completamente inutili. Uno schieramento più forte non esisteva: si combatteva alla pari, streghe e arpie. Una battaglia la vincevano le une, una la vincevano le altre. Le perdite erano pesanti per entrambi gli eserciti e al concludersi del terzo anno sembrava fossero destinati ad eliminarsi definitivamente e delle due razze non sarebbero rimasti altro che corpi esanimi. Ma qualcuno riuscì a ribaltare il pronostico, un gruppo di giovani streghe che avevano formato un’associazione per contrastare il nemico. Nonostante la poca fiducia che si era data loro, alla fine si fu costretti a schierarle in campo come ultima disperata possibilità. Questo decretò la vittoria delle streghe.

E ora, otto giorni dopo la conclusione dell’ultimo sanguinoso scontro, colei che aveva guidato l’attacco delle streghette è silenziosa nel cammino attraverso quella landa. Con il suo costume rosso è l’unica figura colorata nel mezzo di quella terra triste. Si fa largo tra i corpi rimasti nel campo di battaglia, spostandoli delicatamente con la lunga bacchetta e recitando qualche preghiera per loro o ringraziandoli per il contributo che hanno dato da vivi. Prega anche per i nemici, perché possano essere perdonati del loro grande peccato. Giunta ai resti di un accampamento, tenta di creare un unico mucchio di utensili in buone condizioni e riutilizzabili, raggiungendo una pentolaccia d’ottone piuttosto luminoso con la punta della bacchetta, facendola scivolare sotto il manico per poi avvicinarlo. Una figura ci si specchia dentro, un’altra figura viva oltre a lei.

- Chi va là? – esclama lasciando cadere con un tonfo la pentola e voltandosi a bacchetta levata.

- Non riconosci più la tua famiglia? –

Un’altra ragazza si fa avanti, ma non si ferma a pregare per i morti e allontana i nemici a calci o mozzando loro le teste con lo scettro. Ci mette rabbia in questo suo gesto, ma dal volto traspare una cruda gioia di soddisfazione.

- Non mi aspettavo di vederti qui – le risponde la prima, osservando inorridita i modi della compagna, ma senza rimproverarla, ripensando al valore dimostrato in guerra e il sostanziale aiuto da lei portato.

- E tu? – le chiede la seconda arrivata, ammiccandola per lasciarle intendere la conclusione della domanda, mentre si avvicina curiosa alla pila di oggetti raccolti, infilando la stessa pentola di ottone nel manico della sua bacchetta e facendola roteare attorno.

- Io sono qui per ricordare…ehi ehi! Ferma, non toccare! –

Troppo tardi, la compagna ha già colpito il tutto con un incantesimo e ora ride di gusto osservando tutti quegli strumenti volteggiare nell’aria colpendosi e suonando chiassosamente. La rossa, chiamiamo così la prima per il suo costume rosso ed evitare incertezze nei dialoghi, mantenendo la tranquillità di cui ha dato prova esser molto dotata, riporta a terra gli utensili ricreando il mucchio e facendo in modo che i più stabili stiano sotto a reggere la colonna. Sistemati alla meglio, si volta verso l’altra, riprendendo il suo discorso da dove è stato interrotto.

- Sono qui per ricordare chi ha combattuto ed è morto per questa guerra, e non solo chi ha fedelmente servito la regina, ma anche chi, nella sua ignoranza, le andava contro -

- Quanto sei stupida. Perdi tempo con degli inutili cadaveri che non ti possono sentire invece che preoccuparti delle tue compagne! Da giorni aspettiamo che tu parli ed esprima il tuo pensiero! –

- Io il mio pensiero l’ho già espresso. E la decisione è stata unanime e tu sai qual è, Hidaka. Non farmi tornare sui miei passi e soprattutto, smettila di aggirarmi –

- Io non ti sto aggirando Kugayama! Mi chiedo solo se questa soluzione è necessaria! Potremmo vivere ancora, aiutare ancora se restassimo su questa terra! –

- Il nostro potere è troppo grande, finiremmo per abusarne. Se invece lo sigilliamo, un giorno potremo riprenderlo, ma solo quando il nostro aiuto servirà veramente. Cerca di comprendere la mia scelta. È la migliore per tutte noi –

- Allora, dovremo anche separarci – sussurrò con un fil di voce, parlando tra sé, ma con l’intento di comunicarlo anche alla rossa. Se ne va, n quel momento, la sua spavalderia: è preoccupata, ha fallito nella missione di persuadere la compagna a rivedere la sua decisione.

- Sì. Altrimenti saremmo sospette. Ci divideremo a coppie e vivremo la nostra vita –

- Ma…-

- Niente ma, da adesso è ufficiale. La compagnia è sciolta –

Sono le sue ultime parole. Si avvolge quindi nel mantello e alzando lo scettro al cielo, in un turbinio di scintille rosso porpora si dilegua.

La strega chiamata Hidaka non risponde al rimprovero di un superiore e non lo segue. Si siede su quella stessa pentola che poco prima ha sollevato con la testa tra le mani. Vorrebbe urlare, afferrare lo scettro e distruggere ciò che ancora giace, che sia vivo o morto, sulla terra su cui si trova, ma in cuor suo sa che non servirebbe a niente. L’associazione di cui fanno parte lei, la rossa e altre sei compagne, la stessa associazione che ha combattuto ribaltando il pronostico, ora non esiste più. I membri si sarebbero dispersi, giurando di non comparire mai più. E sarebbe accaduto con una magia fatale, impossibile da spezzare da chi l’ha creata e da chi non conosce il giusto rituale. Ma questo sarebbe stato a portata di tutti i membri del consiglio delle streghe, nella stanza dei cimeli, al centro delle bacheche di cristallo contenenti gli scettri delle guerriere. E una targa dei sette colori dell’arcobaleno più uno avrebbe sovrastato l’entrata con la scritta:

 

“In ricordo delle otto guerriere che salvarono il regno delle streghe e che scomparirono lasciando solo una pergamena e gli scettri del loro potere.

In ricordo del loro coraggio, della loro determinazione e della loro forza, segniamo indelebile su questa lastra il nome con cui si fecero conoscere.

Questo per non dimenticare mai ciò che fu, che è, e che sarà sempre l’anima di

Soveraign”

 

********

Da questo prologo sarete sicuramente rimasti con molti dubbi in testa, ma non preoccupatevi, “presto” scoprirete tutto. Per chi si stesse chiedendo dove è finita Doremì, sappiate che apparirà nel primo capitolo.

Ora, io so che sono pazza perché ho già qualche ff da portare avanti, ma una sta per finire, un’altra ha i tempi morti e fortunatamente la terza non sono sola a scriverla! Questa è la quarta, ma credo riuscirò a scrivere i capitoli in tempi decenti!

Nelle recensioni accetto qualunque consiglio e se ne avete (riguardo trama, stile e altre cose) non esitate a darmeli!

Alla next boys and girls! Ciauz!

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Capitolo 2
*** Un nuovo inizio ***


Distesa sul letto a pancia in giù, con un braccio penzoloni e un sottile filo di bava alla bocca, dormiva Doremi, rigirandosi ogni tanto farfugliando parole che suonavano come “bistecca” e “ancora” prima di tornare a russare con piacere

Come avevo accennato, vi do qualche informazione pratica. Allora, la vicenda inizia dopo la fine della quarta serie, dopo le vacanze estive. Vi metto anche la legenda dei nomi per chi non sapesse quelli originali:

Doremi = Doremi Harukaze

Bibì = Poppu Harukaze

Melody = Hazuki Fujiwara

Sinfony = Aiko Senoo

Lullaby = Onpu Segawa

Mindy = Momoko Aska

Hanna = Hana Makihatayama (ho qualche dubbio su questo cognome. Se è sbagliato ditemelo)

I nomi originali dei compagni di classe non li so tutti (Tetzuya = Kotake) quindi ho messo quelli che ho trovato su internet.

Come introduzione è tutto, i ringraziamenti alla fine! Buona lettura!

 

 

CAPITOLO PRIMO

UN NUOVO INIZIO

 

 

Distesa sul letto a pancia in giù, con un braccio penzoloni e un sottile filo di bava alla bocca, dormiva Doremi, rigirandosi ogni tanto farfugliando parole che suonavano come “bistecca” e “ancora” prima di tornare a russare con piacere. I lunghi capelli rosa le coprivano fastidiosamente il volto costringendola anche nel sonno a scuotere ripetutamente il capo: ormai quel gesto le veniva naturale da quando era iniziata l’estate e la chioma la soffocava nel sonno. Ma come la nostra ex maghetta sapeva, ormai quella bella stagione stava giungendo al termine e presto la scuola sarebbe ricominciata, prima di quanto purtroppo lei ingenuamente ignorava. Quell’anno sarebbe stato più duro dei precedenti, oltre che a causa del più altro grado d’istruzione che della mancanza delle sue quattro migliore amiche, coloro con cui aveva condiviso tanti bei momenti da ragazza normale e da strega. Chissà, forse il sospiro che emise inconsciamente dando uno schiaffo al cuscino era proprio per quella scelta che qualche mese prima era stata costretta a compiere. Tornare una ragazza normale o restare strega per sempre, accettandone tutte le conseguenze. Lei e le sue amiche avevano riflettuto molto, ma erano arrivate alla conclusione che la prima possibilità sarebbe stata per tutte la migliore. Qualche volta, spaventata cercava nelle tasche il jingleset per poi ricordare che se n’era andato con la sua magia. La nuova scuola sarebbe stata sicuramente un incentivo per far sì che si rendesse conto che la sua vita era cambiata. Senza le sue amiche, circondata da ragazzi e ragazze normali avrebbe cominciato la sua nuova vita da semplice studentessa imbranata e pasticciona.

Stranamente quel giorno, dopo tanti rimasta inattiva, la sveglia strimpellò un allegro motivetto che Doremi aveva scelto per iniziare la giornata. L’aveva puntata esattamente il giorno della fine della scuola perché sapeva che in vacanza avrebbe avuto interessi rivolti a tutt’altro. Esatto. Quello era proprio il suo primo giorno di scuola. Giorno in cui non doveva assolutamente arrivare in ritardo per non dare subito una cattiva impressione ai nuovi insegnanti. Purtroppo, Doremi non sentì la sveglia e imperterrita continuò a sognare.

- Doremi! Alzati pigrona! – urlò la sorellina irrompendo nella sua stanza. In quei giorni Poppu era l’unica salvezza a cui Doremi poteva ancora aggrapparsi. Non avrebbe dimenticato una data così importante per nulla al mondo! Si aggrappò alla sorella scuotendola a destra e sinistra senza risultato. Spalancò allora la finestra lasciandone filtrare la luce del sole e si lanciò con un balzo sul letto, iniziando una serie furiosa di salti e urla. Fallito anche questo tentativo, balzò giù intraprendendo una vivace danza accompagnata dalle parole: - Ricomincia la scuola – Non funzionò. Quel fastidioso russare continuava imperterrito. A quel punto Poppu capì che doveva toccare il punto debole di Doremi.

- Doremi! La bistecca è in tavola! –

- Eccomi! – gridò improvvisamente la ragazza ribaltandosi dal letto – Cosa succede? Non c’è nessuna bistecca! Poppu! –

- Non riuscivo a svegliarti! –

- E allora lasciami dormire! Che cosa vuoi? – sbuffò arrampicandosi sul letto.

- Mi stai dicendo che non ti ricordi che giorno è oggi? –

“Non è il compleanno di nessuno. Non è l’anniversario dei miei genitori” pensò Doremi – Ma allora cosa succede oggi? – concluse allargando le braccia sconfitta.

Poppu gonfiò il petto, inspirò profondamente fino ad assumere un colorito rosso e quando le sue guance raggiunsero dimensioni spaventose, lasciò andare il fiato in un urlo frastornante.

- Oggi ricomincia la scuola! -

Doremi non ebbe bisogno di prendere fiato perché il suo grido di terrore: - Me n’ero dimenticata! Sono in ritardo! – uscì spontaneamente.

La ragazza si precipitò all’armadio estraendone i vestiti. Si spogliò correndo in bagno. Tornò immediatamente sfregandosi i denti con lo spazzolino ancora schiumoso. Lo ficcò in mano a Poppu per raccogliere i pantaloni e tentare di indossarli. Inciampò nel tentativo di infilare un piede e mise la maglietta storta. Fece tutto questo sotto lo sguardo vacuo di Poppu che, se non fosse stato per i capelli che Doremi le faceva svolazzare passandole accanto, era rimasta paralizzata nella sua posizione con lo spazzolino colante in una mano. Solo quando Doremi rotolò fuori dalla porta e giù dalle scale urlando si voltò, con la ferma convinzione in testa che sua sorella fosse veramente matta.

 

***

 

C’era un grande affollamento davanti alla nuova scuola di Doremi. Ragazzi e ragazze si spintonavano senza ritegno davanti ai cartelloni con le liste degli studenti. Probabilmente speravano di essere capitati in classe con gli amici. A Doremi questo non interessava: già sapeva che né Hazuki né Aiko né Onpu né Momoko sarebbero apparse nel suo elenco. Stringendo gli spallacci dello zaino trattenendo la delusione, si fece avanti per scovare qualche nome conosciuto in mezzo ad altri sconosciuti.

- Quante persone che non conosco! Emiko, Kazumi e tanti altri. Ma chi sono? Mazumi! Meno male che la mia amica fan di Kendy è ancora con me! E gli altri? Ecco Kotake, di lui non mi libererò mai. E nemmeno di Masharu. Marina! Anche lei è con me! E perfino Kimura (quello che aveva aiutato Marina con i fiori. ndMiMi) – Gli ultimi nomi avevano fatto recuperare il buonumore a Doremi. Sapere di non essere sola contro i nuovi compagni le infondeva coraggio.

- Doremi! Ciao! – la salutò Marina correndo verso di lei.

- Ciao Marina! Siamo nella stessa classe! – rispose Doremi al saluto agitando allegramente la mano.

- Meno male! Avevo paura di trovarmi da sola! Certo, per te deve essere stato più difficile visto che…- ruppe lì il discorso per non aggravare la situazione – Forza Doremi! – esclamò carica – Entriamo e affrontiamo questi estranei! –

- Giusto Marina – disse Doremi con enfasi allargando le braccia. Si può ben capire che tra una folla allargare le braccia non è un gesto consigliato. Si potrebbe colpire qualcuno, nel peggiore dei casi anche ferirlo. Considerando anche la smisurata sfortuna della nostra ex-maghetta si intuisce che il suo movimento non andò a buon fine. Con la mano sinistra schiaffò una ragazza che stava passando dietro di lei in pieno volto. Subito Doremi si girò preoccupata per scusarsi, ma la vittima le sferrò velocemente un possente calcio nello stomaco rivoltandola a terra. Tutto questo successe in pochi secondi e nessuno, tranne le amiche delle due coinvolte, si accorse di niente, impegnato com’era a cercare gli amici o la classe. La ragazza rimase a terra massaggiandosi lo stomaco e aprì gli occhi solo per fissarsi in testa un possibile nemico all’interno della scuola. Era una ragazza, probabilmente della sua stessa età. Aveva lunghi capelli verdi raccolti in una coda di cavallo e gli occhi verdi corrugati in un’espressione minacciosa. A gambe divaricate e il pugno ben levato troneggiava sulla figura distesa di Doremi.

- Dimmi chi ti manda! Perché mi hai colpita? – le gridò furente. Doremi, dal canto suo, non intuiva la rabbia di quella ragazza. Uno schiaffo involontario non era un reato.

- Mi dispiace. Non l’ho fatto apposta. Ma c’era bisogno di atterrarmi? –

- E così non l’hai fatto apposta?  Perché dovrei crederti? –

In soccorso di Doremi intervenne Marina: - Ha allargato le braccia e sbadatamente ti ha colpita! Non l’ha fatto intenzionalmente –

- Emiko, basta. Non ne vale la pena di prendersela con queste qui – la richiamò l’amica della ragazza dai capelli verdi. Doremi spostò lo sguardo sulla nuova arrivata. La cosa che colpiva subito erano i suoi lunghissimi capelli castani. Indossava una leggera giacchetta nera su una gonna a scacchi, al contrario dell’amica che aveva le braccia scoperte che spuntavano da un gilet blu abbinato ad un paio di pantaloni grigi. Una cosa che le accomunava era l’atteggiamento superiore che mantenevano nei confronti della ex-maghetta e dell’amica.

- Hai ragione Kazumi, andiamocene –

Le due si allontanarono senza salutare, spintonando e rimproverando chiunque si mettesse sulla loro strada.

- Che ragazze antipatiche! – sbottò Marina – Ti ha fatto male quella Emiko? -

- Solo un pochino – borbottò Doremi visibilmente dolorante – Adesso facciamoci forza e andiamo in classe, altrimenti l’insegnante ci prende in antipatia già il primo giorno –

Alzatasi a fatica aiutata dall’amica, Doremi riuscì a raggiungere l’aula per cominciare il primo, movimentato giorno di scuola. Percorsero tutti i corridoi e salirono e scesero più volte le scale prima di individuare la targa della loro sezione. Fortunatamente Kotake le chiamò vedendole passare di corsa altrimenti chissà quando sarebbero arrivate! L’aula non era molto diversa da quella dove Doremi aveva studiato negli anni precedenti. I banchi in fila, leggermente distanziati tra loro, la cattedra di fronte e la lavagna dietro ad essa. Questa somiglianza rincuorò Doremi, la quale si sentì a casa, in un posto familiare. Insieme a Marina e i suoi vecchi compagni prese posto negli ultimi posti vicino alla finestra, per potersi distrarre osservando il paesaggio durante le lezioni più noiose. A mano a mano che anche i nuovi compagni entravano, Doremi li squadrava uno per uno per ricordarsi i loro volti e fare ipotesi sul loro rendimento a scuola o sulle loro passioni. Marina e Mizumi giocavano con lei, facendosi grasse risate. Entrò un ragazzino basso e tarchiato con la cartella in spalle e una pila di libri in mano che Marina targò come “il secchione” e una ragazza snella, con lunghi capelli biondi che ricadevano morbidi sulle spalle che Doremi appellò come la “Seconda Reika”. Infine arrivò il turno di Mizumi.

- Questa è la “sportiva” - esclamò per la terza entrata richiamando l’attenzione delle due amiche. Per poco Doremi non cadde dalla sedia. La ragazza che aveva appena varcato la soglia, era proprio Emiko, quella svitata che le aveva assestato un calcio accusandola d’attacco premeditato, seguita dall’altra amica, Kazumi. Ricordò di aver letto sull’elenco i loro nomi, ma non pensava che fossero proprio loro due. Si fece piccola piccola per non farsi notare, ma fortunatamente le due attaccabrighe scelsero i primi posti. Altri studenti varcarono la soglia, ma alla ex-maghetta era veramente passata la voglia di giocare. Per ultima entrò l’insegnante richiudendosi la porta alle spalle. Dopo il saluto e l’inchino, si presentò.

- Il mio nome è Miyako Mikami e per voi sarò la signora Mikami o professoressa Mikami. Mi aspetto da voi impegno e serietà… -

Doremi non ebbe la pazienza di ascoltare l’intero discorso dell’insegnate. Faceva quasi ridere, pensò Doremi, con i capelli rossi tutti raccolti dietro la nuca in un gigantesco cignon (appena imparo a scriverlo correggo!). Oltretutto aveva anche un bizzarro abbigliamento: una lunga gonna verde a pieghe con dei ricami sull’orlo e una camicia bianca con le maniche a sbuffo sotto ad un gilet della stessa tinta della gonna. Sembrava che fosse stata invitata a ballare invece che andare ad insegnare.

- Tu, là in fondo, cos’hai da ridere? -

- Dice a me? – rispose Doremi alzandosi in piedi. Tutti gli sguardi erano puntati su di lei, compresi quelli delle due altezzose.

- Proprio a te con i capelli rossi e i codini. Facci ridere tutti –

- Mi dispiace, non lo farò più – si scusò Doremi.

 

***

 

Al suono della campanella, tutti i ragazzi lasciarono la scuola chi correndo chi con calma e Doremi si trovava nel secondo gruppo insieme alle sue due amiche. Discutevano sull’abbigliamento eccentrico dell’insegnante, sul comportamento che aveva tenuto nei confronti di Doremi, sui loro nuovi compagni. Nessuna aveva più accennato a quelle due ragazze sedute in prima fila: evitavano volentieri l’argomento. Presto si salutarono, e la nostra protagonista intraprese una via diversa da quella delle altre e continuò la strada verso casa da sola. Lei sapeva bene la strada per arrivare a casa, ma al bivio in cui avrebbe dovuto voltare a destra, optò per la sinistra, che l’avrebbe condotta alla meta più velocemente purché avesse fatto attenzione al feroce cane che sorvegliava la seconda casa. Fece molta attenzione nel passarci davanti e l’operazione ebbe successo, almeno inizialmente. Infatti il proprietario del cane fece scattare il cancello automatico per uscire con la macchina e con grande terrore di Doremi, il cane approfittò della situazione e si lanciò sulla ragazza indifesa. D’istinto fuggì urlando aiuto e voltandosi ogni tanto indietro per vedere il mastino sempre più vicino, disobbediente agli ordini del padrone di tornare da lui. Purtroppo la sua velocità non poteva competere con quella della bestia che in breve tempo le fu addosso. Doremi cadde e si coprì il volto, ormai certa che la sua fine fosse giunta e finendo con un ultimo disperato urlo. Il cane non la raggiunse mai. Risollevata la ragazza si rialzò per vedere l’animale impegnato a lottare con un’altra ragazza che evitando i suoi attacchi e sferrandone di più potenti, ebbe immediatamente la meglio.

- Grazie mille! Se non ci fossi stata tu chissà dove sarei a quest’ora - la ringraziò aggirandola per vederne il volto.

- Sei stata fortunata che fossi qui al momento giusto, Doremi! –

- Kazumi! – esclamò la ex-streghetta sorpresa di vedere lì quell’antipatica compagna di classe, ma ancora più sorpresa dalla brutalità e la tecnica con cui aveva steso l’animale.

- Esatto. Vedi di stare più attenta. Non posso soccorrerti sempre, non ho poteri magici –

“Io ce li avevo una volta. E avrei potuto benissimo rendere inoffensivo questo cane allora” ricordò tristemente Doremi. – Già, la magia non esiste! – dichiarò poco convinta a Kazumi, o meglio, in direzione di Kazumi che però se n’era già andata. “Antipatica! Non mi ha neanche salutata!” sbuffò allontanandosi da lì in direzione di casa. “Ciò che è certo è che non prenderò più questa scorciatoia. Non so se perché non voglio farmi mangiare dal cane o per non farmi più salvare da Kazumi. Poco importa, meglio qualche passo in più. Invece, ancora non capisco chi siano quelle due ragazze. Emiko e Kazumi. Certamente non frequentavano la mia stessa scuola, sicuramente non le ho mai viste in giro. Non è da me farmi di questi problemi! Ce ne sono di persone che non conosco nel nuovo istituto! Però loro sono riuscite a colpirmi subito. Così diverse da tutti gli altri. Inoltre non capisco come possano essere delle lottatrici tanto forti, soprattutto Kazumi. La prima volta che l’ho incontrata sembrava una ragazzina tanto composta. E ora mi salva, tra tutti quelli che potevano passare di qui proprio lei. Nonostante tutto non le sono molto simpatica, e lei non lo è a me. Io forse ero una strega, ma lei lo è mille volte più di me!”

Soddisfatta di aver trovato un appellativo anche per la mora, varcò la soglia di casa rendendo noto il suo ritorno e ripetendo tra sé: - Strega, le sta proprio bene –

 

***********************************************

 

Spero non essere stata troppo lenta ma come sa chi sta leggendo la mia ff I.S.D.M. su SK ho passato un periodo di no-ispirazione e quando mi è tornata mi sono anche ammalata quindi…

Un ringraziamento particolare ad Akemichan che è stata la prima a commentare. (Come hai visto scrivo al passato. Solo il prologo è al presente!). Naturalmente ringrazio anche bi-chan92 (anch’io sono una dilettante per questo mi fanno piacere i consigli! Sono contenta che ti piaccia ma spero non averti fatto passare le notti in bianco…), Mao chan (ma tu sei dappertutto? Scherzo! Mi fa piacere che mi segui sempre!) e tsubasa, ultima ma non meno importante (visto che ti è anche piaciuta la ff! Thank you!).

Un ringraziamento invece non basta per Shark Attack alla quale dovrei inchinarmi toccando per terra con la punta del naso. Se sono arrivata fin qui, è solo grazie a lei, che mi ha sostenuta dall’inizio (in un altro sito), ha letto e commentato tutte le mie ff, e mi sta fornendo tuttora le informazioni che mi servono su Doremi ovvero quelle che io ho dimenticato. Oltretutto mi sta mettendo la carica perché senza di lei io sarei ancora più lumacosa di quanto non sia già.

 

Detto questo vi saluto! Ora tocca a voi scrivere (i commenti^^)! Alla prossima e prometto che cercherò di farmi viva più in fretta (promessa da marinaio…)!

Ciao!                 MiMi

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Capitolo 3
*** LA STANZA, LA VISIONE E LA PIETRA ***


Erano già passati alcuni giorni dall’entrata di Doremi nella nuova scuola e questa poteva dirsi soddisfatta

CAPITOLO 2

 

LA STANZA, LA VISIONE E LA PIETRA

 

 

Erano già passati alcuni giorni dall’entrata di Doremi nella nuova scuola e questa poteva ritenersi soddisfatta. I risultati non erano e non sarebbero mai stati dei migliori, ma stava lentamente cominciando ad abituarsi alla mancanza delle sue amiche. Naturalmente, qualche pomeriggio poteva incontrarsi con Hazuki, ma le occasioni non erano molto frequenti, a causa dei pomeriggi sempre molto impegnati della giovane violinista.

Qualche volta, Doremi, usciva di casa e tornava a visitare il vecchio negozio Maho, ormai abbandonato, dove poteva, però ricordare tanti momenti di quella che era stata l’esperienza più bella di tutta la sua vita. Dentro era tornato quel lugubre negozio dove aveva messo piede per la prima volta quattro anni prima, scoprendo quella curva vecchina sulla sedia a dondolo con una bella gatta bianca in grembo. Era cominciato tutto improvvisamente e improvvisamente era finito, così come la scuola elementare. La ragazza ora si sedeva in mezzo a tanti tavoli impolverati, scaffali e altrettante sedie pensando al passato. In quei momenti provava esclusivamente gioia, e seppur la malinconia tentasse di farsi strada tra i suoi sentimenti, veniva brutalmente repressa.

Fu proprio in uno di questi giorni in cui desiderava visitare il negozio, che decise di salire le scale per raggiungere la porta che un tempo celava il varco per il regno delle streghe. Le scale scricchiolavano e la polvere si appiccicava infida alle mani di Doremi, quando si poggiavano sul corrimano. A passi lenti si avvicinò titubante, tastando la porta con familiarità, come se avesse finalmente ritrovato una vecchia amica. Posò la mano sulla maniglia, ma la mano era sudata e sentiva il freddo metallo scivolare sotto di essa. Perché non si decideva ad abbassarla e spalancare quella porta? Pensava forse che si sarebbe rimessa in contatto con il regno delle streghe?

“In fondo, perché sono tornata qui?”

Il respiro si era fatto irregolare ed era l’unico rumore tra quelle mura così silenziose. Sentiva distintamente il ritmo veloce del battito del suo cuore, e la superficie bagnata e scivolosa sotto la sua mano. Un semplice gesto avrebbe concluso tutta quella sofferenza, ma la giovane ex-maghetta non riusciva a compiere un semplice movimento.

Improvvisamente, risuonò secco il rumore di un passo. Doremi sussultò, presa in un momento di grande tensione e lasciò andare un grido e, mollando la maniglia, si piegò sulle gambe portandosi istintivamente le mani sopra la testa.

- Tranquilla, sono io – con queste parole chi aveva tanto spaventato la povera ragazza uscì dal suo nascondiglio dietro l’angolo che portava alle scale. – Non volevo spaventarti -

I lunghi capelli verdi, raccolti  come sempre in una voluminosa coda di cavallo, fecero capolino da dietro l’angolo. Vestita con una leggera maglia viola, abbottonata da soli tre bottoni neri, molto grossi nel centro e con un paio di pantaloni da pescatore blu scuro, tenuti stretti da una cinghia bianca, Emiko stava ora in piedi di fronte a Doremi, la quale, poverina, non si era ancora ripresa dallo spavento. Alzò la mano e punto il dito tremante contro la sua compagna di classe.

- Che cosa ci fai qui? – disse, cercando di evitare il più possibile che la lingua si fermasse sul palato nel pronunciare la lettera “C”.

- Nulla – rispose tranquillamente l’altra, battendo energicamente le mani sui vestiti per togliere la polvere – Ti ho vista entrare qui dentro e ti ho seguita. Mi stavo proprio chiedendo che cosa ci fossi venuta a fare –

Si avvicinò a Doremi e senza badarla abbassò la maniglia e spinse avanti la porta. Fu investita dall’oscurità più totale, ma a mano a mano che gli occhi cominciarono ad abituarsi al buio, vi potè scoprire solamente qualche scopa, malamente appoggiata nell’angolo destro, di fianco uno, due secchi e a sinistra alcuni oggetti rotti o vecchi. Nell’angolo giaceva uno specchio rotto e vicino ad esso una cuccetta per i gatti.

- Come mai volevi entrare qui? – domandò Emiko portandosi una mano sul volto per coprire lo starnuto.

- Non volevo entrare qui – rispose Doremi sbrigativa, affacciandosi anche lei a spiare l’interno della stanza – Mi stavo solo chiedendo cosa ci fosse dietro questa porta –

- Perché? Cosa ci sarebbe dovuto essere secondo te? –

- Io…non lo so –

Era tutto come sempre. Emiko rivolgeva una di quelle domande avvelenate seguite da occhiate gelide e Doremi si fermava. Aveva paura. Quella ragazza dai dolci occhi verdi, sapeva tramutarsi improvvisamente in serpente, e da verde smeraldo, le iridi passavano al verde della vipera. Doremi non riusciva più a spiccicare parola, la voce le si mozzava in gola e la lingua s’incollava al palato.

“Perché mi fa questo effetto? Devo reagire” ripeteva Doremi dentro di sé, ma senza risultato.

- Doremi! Devi dirmi che cosa pensavi di trovare dietro questa porta! – ringhiò Emiko con un’esplosione della voce.

- Non te ne deve importare Emiko! Sei solo una stupida strega come la tua amica Kazumi! –

Aveva urlato disperatamente e con uno schiaffo aveva colpito la guancia sinistra dell’altra. Immediatamente le aveva voltato le spalle e piangendo a dirotto si era lanciata giù dalle scale aprendo la porta con furia e sbattendola dietro di sé allo stesso modo. Dovette coprirsi gli occhi, quando fu investita dalla calda luce solare, ma questo non le impedì di continuare a correre.

- Ferma -

Emiko l’aveva raggiunta afferrandola per un braccio. Doremi si voltò verso di lei incredula. Non poteva averla raggiunta, solo lanciandosi dalla finestra ci sarebbe riuscita, ma questo era impossibile. Innanzitutto i vetri e le persiane erano entrambi chiusi e le maniglie talmente arrugginite dal tempo che pensava impossibili da aprire in pochi istanti. Invece quella ragazza l’aveva sorpresa ancora una volta. Era riuscita nell’impresa e aveva saltato da un’altezza non trascurabile per poi raggiungerla e fermarla nella sua corsa. La guancia rossa che ancora bruciava per lo schiaffo.

- Che cosa vuoi da me? Perché non mi lasci sta…-

Non finì mai la frase perché cadde a terra tra spruzzi di sangue. La ragazza dai capelli verdi le aveva sferrato ancora una volta uno di quei colpi micidiali. Con una forza spaventosa le aveva tirato un pugno sul naso facendola rivoltare a terra.

- Questo è per il tuo schiaffo non giustificato. Per il resto, tu puoi chiamare me e la mai amica stupide streghe anche per il resto della tua vita ma noi rimarremo sempre e comunque due stupide streghe dieci passi avanti a te! – ruggì, scoccando a Doremi uno sguardo gelido. E detto questo la lasciò finalmente da sola, sparendo una volta per tutte dietro un angolo come quello da cui era arrivata. La ragazza, a terra, dolorante, si alzò a fatica, spingendo un fazzoletto contro la narice per fermare l’emorragia. Non si era mai sentita così male. Quando Emiko l’aveva guardata, in quel momento, con i suoi occhi gelidi, nella sua mente erano apparse immagini orribili. Una casa in fiamme era in primo piano. Aveva confusamente visto alcune persone in fiamme gettarsi dalle finestre e contorcersi. Ad un tratto, in mezzo alla confusione, un pianto; un pianto disperato di una bambina sovrastava le altre voci e riempiva la mente di Doremi. E improvvisamente quella visione era sparita, lasciandole il sudore freddo scenderle dalla fronte. Non doveva e non voleva pensarci. Sicuramente, continuava a ripetersi, era così turbata che la mente le aveva giocato un brutto scherzo. Cercò di cacciare dalla testa quelle immagini e quelle precedenti, in cui Emiko le chiedeva insistentemente cosa avrebbe dovuto esserci dietro quella porta. Sicuramente, pensò Doremi, se al posto di un’invadente come Emiko ci fosse stata una qualsiasi altra persona, avrebbe pensato che quella sapesse del portale segreto per il regno delle streghe e che fosse lì per indurla a confessare la sua doppia natura, quella che, però non esisteva più. Si avviò trascinandosi pesantemente verso casa, evitando accuratamente di prendere alcuna scorciatoia e voltandosi dall’altra parte se per caso incrociava dei passanti; voleva infatti evitare che qualche curioso osservasse troppo a fondo il suo naso e mettesse in allarme il resto del quartiere. Accelerò il passo quando si accorse, e lo fece in ritardo, che il fazzoletto era ormai fradicio e sporco. Di fronte a casa pensò velocemente ad una scusa da inventare con la madre per giustificare quel guaio e poi spinse il dito contro il campanello. Seguì la solita, monotona disputa per andare ad aprire la porta, visto che nessuno si offriva mai volontario, ma alla fine apparve Poppu alla porta con la faccia annoiata. Le si illuminarono gli occhi alla vista della sorella sanguinante e guizzò in cucina inorridita annunciando la sua morte. Doremi fu costretta a correre su dalle scale prima che il padre e la madre la fermassero con mille domande e a precipitarsi in bagno per srotolare qualche metro di carta igienica da impiegare come tampone. La mamma accorse immediatamente e mettendo in pratica tutto ciò che aveva imparato con il corso al soccorso veloce, sistemò temporaneamente il naso della sua figlia maggiore che, capita la gravità della situazione, era stata seduta buona senza urlare o agitarsi per il dolore. Poppu aveva assistito alla scena con gridolini acuti come se fosse lei a provare dolore e per questo la mamma fu costretta a tenerla fuori dal bagno.

- Doremi – disse la signora Harukaze una volta portato a termine il bendaggio – come ti sei procurata questa ferita? –

- Stavo correndo lungo la strada del ritorno e sono inciampata. Non ho avuto il tempo di mettere avanti le mani e ho sbattuto la faccia. – squadrò la mamma preoccupata. L’avrebbe presa come vera o avrebbe scoperto la bugia?

- Doremi, devi stare attenta! Sei stata fortunata ad essertela cavata con poco! Se avessi sbattuto la testa…oh, non voglio nemmeno pensarci! E meno male che nemmeno il naso è rotto! Adesso chiamerò il dottore per chiedergli consigli, tu rassicura Poppu, era così preoccupata poverina -

La signora Harukaze si alzò e uscì dal bagno, lasciando spazio a Poppu che entrò turbata. Ma per Doremi il peggio era passato: il naso era sistemato e sua madre aveva creduto a quanto le era stato raccontato; ciò che ancora la intimoriva era la strana visione che aveva avuto quel giorno e il pensiero che avrebbero potuto essercene ancora in futuro.

 

***

 

Il giorno seguente, a scuola, tutta l’attenzione dei compagni di classe di Doremi era puntata sul suo naso. La ragazza era stata costretta a raccontare più di una volta come fosse inciampata lungo il ritorno e avesse sbattuto la faccia a terra. Le sarebbe piaciuto alzarsi nel mezzo della lezione, puntare l’indice contro Emiko e gridare che era stata lei, in realtà, a provocarle quella ferita, ma poi ci ripensava, ripiegava la testa sul quaderno, e continuava a scrivere. Persino l’acida insegnante si era tolta gli occhiali e aveva avvicinato vertiginosamente il lungo naso a punta a quello di Doremi borbottando: - Non pensare che per questo avrò riguardi nei tuoi confronti –

Tuttavia la lezione trascorse tranquilla, senza eventi particolari, tranne quando l’insegnante aveva fatto un balzo spaventoso sulla sedia per aver notato un grosso calabrone ronzare proprio sopra la sua testa e Kazumi, con estrema precisione, l’aveva schiacciato alla parete con un calcio cimentandosi poi in una macabra analisi delle sue viscere che, se non fosse stato per Mizumi che prontamente l’aveva afferrato per le ali lanciandolo dalla finestra, avrebbe portato allo svenimento sia l’insegnante che Maki, la “seconda Reika”.

Al suono della campana che segnava la fine delle lezioni, Doremi fu trattenuta in classe dall’insegnante per sistemare l’aula, quello, infatti, era il suo giorno. Non fu un lavoro lungo e in una mezzora riuscì a sistemare tutto; poi raccolse le sue cose, le infilò nello zaino, e lasciò la scuola, avviandosi verso casa.

Stava passando davanti al parco, teatro di tante avventure da strega, quando una voce familiare attirò la sua attenzione. Kazumi era circondata da tre ragazzi della loro scuola della quarta classe. Erano dei brutti ceffi che se la prendevano con quelli dei primi anni per derubarli o picchiarli. In quel momento sembravano interessati a qualcosa che Kazumi portava al collo e che la ragazza difendeva stringendo tra le mani e imprecando contro di loro. Oltre ad opporre resistenza, li stava anche provocando con quei continui insulti e Doremi capì che in quel modo la sua “amica” non se la sarebbe cavata senza parecchi lividi. Anche se sapeva che sarebbe stato inutile, sentì il bisogno di intervenire e sdebitarsi definitivamente con quella strega.

- Ehi voi – urlò in direzione dei bulli – tornatevene a casa e smettetela di disturbare la gente! -

- Doremi sei impazzita? Non immischiarti! Vai via! – urlò Kazumi visibilmente spaventata per l’improvvisa apparizione dell’amica – Vattene prima che ti picchino a sangue! Tu non sai difenderti! –

Per quanto Doremi si sentisse offesa da quell’affermazione, non se ne andò e rimase lì, in piedi, a gambe divaricate in gesto di sfida. Evidentemente, però, i tre bulletti non si sentirono assolutamente intimiditi dalla presenza della ragazza e le si avvicinarono minacciosi battendosi un pugno sul palmo dell’altra mano. solo a quel punto la ex apprendista capì in che guaio si era cacciata per tentare inutilmente di salvare la sua amica. Ad un certo punto uno di essi emise un verso di dolore e sgranò gli occhi assumendo un’espressione di puro dolore. Cadde a terra sbattendo la faccia e sollevando la polvere. I due amici lo fissarono atterriti cercando di scoprire la causa di quello spasimo.

Kazumi.

Kazumi era ritta in piedi dietro al ragazzo che giaceva a terra, con una gamba sollevata, parallela al terreno. Era scura in volta e guardava Doremi con rimprovero.

- Ti avevo detto di non immischiarti – disse a denti stretti, riabbassando la gamba e avvicinandosi agli altri due che immediatamente fuggirono abbandonando il loro compagno più sfortunato. La ragazza rivoltò il suo corpo con un calcio. – È vivo, non c’è nulla di cui preoccuparsi. Si riprenderà tra qualche minuto – disse a Doremi, che lo guardava preoccupata. – Forza, vieni, ti riaccompagno a casa. I due che sono scappati potrebbero prendersela con te per vendicarsi di me -

Battè qualche colpo sulla spalla di Doremi perché si riprendesse ma alla fine fu costretta ad afferrargliela costringendola a girarsi e camminare.

Mentre camminavano, Doremi non poteva fare a meno di scoccare rapide occhiate alla sua compagna di classe. Non c’era un motivo preciso per questo comportamento, solitamente è tipico di due persone che camminano o sono sedute vicine e non si conoscono e ognuna delle due è curiosa di vedere la sua vicina e forse anche per Doremi era così. Nonostante frequentassero la stessa classe, si parlavano molto raramente e non stavano mai insieme, né durante gli esercizi di ginnastica, né nei lavori di gruppo. Si potevano considerare quasi come due estranee, conosciutesi solo per le situazioni di pericolo in cui già due volte Doremi si era trovata a essere salvata da Kazumi.

Doremi, in una delle occhiate che aveva rivolto alla compagna (perché non si poteva propriamente definirla amica) non aveva potuto fare a meno di notare la collana che questa portava al collo. Aveva la catena d’oro e il pendente era una pietra completamente nera, lavorata a forma di prisma romboidale. Non si intendeva di collane e pietre ma ad occhio pareva valere molto.

- È per quella che quei ragazzi se l’erano presa con te? – chiese Doremi indicando l’oggetto prezioso.

- Esatto. Non è una pietra comune, anzi, si potrebbe addirittura dire che non esiste. Ma delle persone grezze come loro, non possono nemmeno capirne il valore. Vedono una catena d’oro, una pietra che appare preziosa e già pensano quanto possa valere. Poi se è portata da un’inoffensiva ragazzina rubarla sarà uno scherzo. Quanto è stupida la mente…- fece una pausa – Ascolta, questa pietra non vale nulla, e se te lo dico io che la possiedo da parecchi anni, ti devi fidare. Ho dimenticato chi me l’ha donata ed è solo per questo che la tengo. Può sembrare un motivo stupido, ma sono sicura che sia legata a qualcosa, e io voglio scoprire cosa. Inoltre è impossibile rubarmela –

- Già! Ho visto – la interruppe Doremi – Tu ed Emiko siete due lottatrici eccezionali. Mi fate davvero paura –

Kazumi non rispose, si limitò a fissare per un attimo Doremi con compassione. Poi tornò a guardare avanti e il loro cammino continuò muto com’era iniziato.

- Eccoci Doremi. Siamo arrivati -

Ma questa volta fu Doremi a non dire niente. Rimuginava a testa bassa fissando, apparentemente molto concentrata, prima le scarpe e poi la sua casa.

- Ascolta Kazumi – disse poi, assumendo un tono e un’espressione più seri – Tu sei una mia compagna di classe, ma io non so nulla di te. Fin dal primo giorno di scuola tra noi non scorre buon sangue, ma secondo me siamo solo partite con il piede sbagliato e adesso è ora di ricominciare daccapo – si fermò per aspettare una risposta, ma Kazumi la stava ascoltando così continuò – Penso che potremmo iniziare facendo merenda insieme, che ne dici? -

Aspettò con ansia la risposta dell’altra che manteneva uno sguardo accigliato. Ma poi, lentamente, la fronte si distese e le sopracciglia si alzarono; gli angoli della bocca si sollevarono e con gli occhi illuminati di una nuova luce: - Sì – rispose – può essere una buon’idea –

 

***********************************************

Non so neanche più quanto tempo sia passato…come ho già detto ho avuto qualche problema che non sto nemmeno a dirvi!

Comunque, all’altro capitolo sono rimasta veramente di sasso! Non mi aspettavo tutti questi commenti! I’m very happy! Quando avevo deciso di postare questa ff ero un po’ preoccupata: nella sezione Doremi i commentatori non sono molti! Cami_chan ero sicura che l’avrebbe letta (visto che mi passa tutte le informazioni del cartone che io ho dimenticati) però poi non sapevo…quindi grazie a tutte di commentarmi! So che sono un po’ lenta ma spero che questo non vi faccia mollare! Allora vi aspetto al prossimo chap, che sto già scrivendo e vi assicuro che ne vedrete delle belle!

 

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Capitolo 4
*** SITUAZIONI PERICOLOSE ***


- Mamma, Poppu, sono tornata

CAPITOLO TERZO

SITUAZIONI PERICOLOSE

 

- Mamma, Poppu, sono tornata! -

Doremi e Kazumi entrarono in casa. Dalla cucina proveniva il rumore di un frullatore, che unito alle chiacchiere della televisione, confermava che in casa doveva sicuramente esserci qualcuno. Doremi invitò l’amica a seguirla in cucina perché questa sembrava un po’ a disagio in una casa sconosciuta.

- Non preoccuparti, mia mamma sarà molto felice di conoscerti! Sicuramente ti farà molte domande, ma non preoccuparti, ci penserò io a liberarti – scherzò Doremi trascinandola verso la cucina. – Mamma! – gridò giunta in cucina per sovrastare quella confusione. La signora Harukaze sobbalzò, ma attratta subito da quella figura sconosciuta spense il frullatore, abbassò il volume della televisione e puntò gli occhi su Kazumi.

- Tu devi essere una nuova compagna di Doremi! Era da tanto che non portava nuove amiche a casa nostra! Come sono felice di conoscerti! Io sono la mamma di Doremi, puoi chiamarmi Minako*. Hai fame? Vuoi qualcosa da mangiare? Oh, che distratta, non ti ho nemmeno chiesto come ti chiami! –

- Kazumi – rispose questa evidentemente stordita da quella raffica di domande.

- Mamma – disse Doremi per fermare una nuova raffica di domande a cui sua madre stava per dare il via. – Sarebbe molto bello se ci preparassi una merenda, ma intanto io e Kazumi andiamo di sopra-

- D’accordo. Allora vi preparerò un tè e dei biscotti! Andate pure a divertirvi!

Doremi uscì velocemente dalla cucina lanciandosi sulle scale, mentre Kazumi la seguiva composta e lenta. Ogni tanto lanciava qualche veloce occhiata intorno perché, nonostante tutto, la curiosità di esplorare un luogo sconosciuto l’aveva. Anche per sentirsi più sicura. Seguì la compagna di classe sulle scale lasciando scorrere la mano sul -----. L’altra la stava già aspettando impazientemente davanti alla porta della sua stanza.

- Vieni vieni! – le disse facendole segno di entrare.

Kazumi storse un po’ il naso alla vista della confusione che regnava nella stanza e Doremi, forse accortasi di questo, si scusò immediatamente ma, come le spiegò subito, spesso sua sorella entrava per provarsi i suoi vestiti o cercare giochi che le erano stati nascosti.

- Hai una sorella? - domandò Kazumi incuriosita alzando un quaderno dal tavolo e iniziando a sfogliarlo.

- Sì, se vuoi te la presento, ma stai attenta perché è un vero mostro! –

- Doremi! Chi sarebbe il mostro? –

Eccola lì. Poppu, attirata dalla novità di una seconda voce che conversava con sua sorella e di cui non identificava il proprietario, era sgusciata fuori dalla sua stanza per spiare. Chiamata in causa, era subito intervenuta.

- La mia amica voleva conoscerti e ho pensato di avvertirla del pericolo che correva. Lei è Kazumi -

disse a Poppu indicandole l’altra. – E lei è…Kazumi non ti senti bene? –

Kazumi infatti non aveva più detto una parola da quando era comparsa Poppu. I suoi occhi sgranati si erano puntati su di lei, le labbra tremavano incapaci di parlare e le braccia pendevano rigide lungo i fianchi. Riuscì a muovere indietro un passo, ma inciampò e cadde a terra. Questo riuscì solo a sbloccarla.

- Mika – balbettò in un sussurro – cosa ci fai tu qui? -

- Mika? – ripetè Doremi a voce alta per sciogliere quella tensione. – Ma no, guarda che ti sbagli! Lei si chiama Poppu! Vuoi che ti aiuti a rialzarti – le porse la mano, ma l’altra la ignorò e si rialzò da sola.

- Mika – continuò indietreggiando ancora – tu…tu non dovresti essere qui. C’è anche Shoko? Si, ovvio, che domanda sciocca –

Doremi e Poppu la fissavano allibite e al tempo stesso spaventate. Non capivano il senso di quello che stava dicendo Kazumi. Tutti quei nomi sconosciuti…ad un tratto Poppu ricordò qualcosa.

- Forse ho capito Kazumi – le disse sotto lo sguardo grato della sorella – Devi avermi confuso proprio con una mia compagna di classe che si chiama Mika. Adesso che ci penso poteva venirmi in mente prima. Ci confondono spesso perché ci assomigliamo molto. Ma tu la conosci? -

Kazumi non le rispose. Si alzò in fretta e furia travolgendo la bambina per uscire dalla stanza e si precipitò giù dalle scale senza nemmeno curarsi di salutare la mamma di Doremi che le stava salendo con un vassoio in mano.

- Aspetta Kazumi! – fu l’unica cosa che riuscì a dirle prima che la ragazzina, infilate velocemente le scarpe, aprisse la porta e uscisse correndo.

- Kazumi! – gridò anche Doremi carambolando giù dalle scale ma fermandosi vicino a sua madre quando capì che ormai era troppo tardi.

- Doremi! Cosa hai fatto alla tua amica? Non ho mai visto un’espressione di tale terrore prima d’ora! – chiese la signora Harukaze sconvolta. Salì le scale appoggiò il vassoio di lato e si piegò all’altezza di Poppu che era anche lei paralizzata. – Poppu che cosa è successo qui? –

Ma nessuno parlava perché, in effetti, non c’era niente da dire. Un nome, solo un nome aveva scatenato tutto e la somiglianza di Poppu con questa Mika. Doremi proprio non capiva. Non aveva mai visto Kazumi perdere il controllo in quel modo. Nonostante l’incredibile tecnica nel lottare, pareva una ragazza ben educata, intelligente, studiosa. Perché allora tutt’a un tratto questo cambiamento?

- Scusa mamma, ma non so nemmeno io cosa sia successo – si infilò in camera sua buttandosi sul letto lasciando Poppu a piangere con la madre. Poi le venne in mente una cosa, si alzò e buttò le mani sulla scrivania. – Si è tenuta il quaderno -

 

***

 

Il giorno seguente Kazumi non si presentò a scuola. E nemmeno Emiko. L’insegnate fu visibilmente impressionata da ciò perché fino a quel momento le due ragazze avevano frequentato le lezioni assiduamente. Segnò incredula una A (assente) sui loro nomi e proseguì la lezione con visibile noia. Suonata l’ultima campanella, bloccò Doremi sulla porta, prima che si fondasse fuori insieme a tutti i suoi compagni. La ragazzina capì immediatamente il motivo di quella sosta obbligata.

- Doremi, dovrei chiederti un piacere – disse la maestra con un tono molto più dolce e gentile del solito. – Mi preoccupa che Kazumi ed Emiko abbiano saltato le lezioni oggi perché non è mai successo e nessuno ha avvisato la scuola. Inoltre non voglio che rimangano indietro con i compiti. Potresti gentilmente recarti a casa loro e informarle sui nuovi argomenti? -

Doremi fece solo un cenno con la testa perché non era sicura di cosa avrebbe potuto rispondere.

- Grazie bambina mia. Sono contenta che tu abbia accettato. Poi domani fammi sapere d’accordo? -

E detto questo la lasciò andare tra mille sorrisi e ringraziamenti ficcandole in mano un pezzo di carta raccomandandole di non perderlo.

Bambina mia, gentilmente, grazie, erano tutte parole che non immaginava sarebbero uscite da quella bocca anche per lei un giorno. Ma la cosa non le faceva per niente piacere. Erano spudoratamente false, infilate una dietro l’altra con quel tono mellifluo solo per convincerla a svolgere il suo dovere. Dovere che era di qualcun altro, ma ora era inevitabilmente suo. Avrebbe voluto rispondere – Ci vada lei – oppure – Perché non le adotta visto che le ama tanto? – ma poi aveva preferito trattenersi perché ora aveva una scusa per andare a casa di Kazumi e dell’altra strega e aveva pure migliorato la sua immagine davanti all’arpia.

Srotolò il foglio che le aveva consegnato l’insegnante per leggere l’indirizzo. Era scritto in stampatello con una penna rossa. Aveva forse paura che non riuscisse a leggerlo? Sotto aveva addirittura disegnato una piccola mappa del quartiere dove abitavano le due ragazze e aveva cerchiato la loro casa. Tutto sommato la cartina si rivelò utile perché non aveva la minima idea di dove si trovasse quella via. Si trovava in un quartiere antico della città dove i condomini non erano ancora riusciti a farsi spazio tra le grandi, vecchie case. Secondo quanto c’era scritto sul foglio e il numero appeso sopra un piccolo e arrugginito citofono doveva essere arrivata. Quello che aveva di fronte era un vecchio minshuku**, ormai in disuso che era rimasto solo come casa con “terme private”. In confronto alla casa di Doremi, quella era veramente enorme. Aveva un bel giardino (poco curato a dir la verità) e si ergeva su due piani, anzi, uno e mezzo, perché il secondo piano non occupava tutto lo spazio del primo ma solo una parte. Il piano terra aveva grandi finestroni, che uno accanto all’altro, davano l’idea di una parete trasparente. Infine, era recinta da uno steccato di canne che si interrompeva con un arco con una caratteristica tettoia, che era la prima entrata della casa. Sul lato sinistro di questo c’era il citofono che la ragazza suonò più volte ma che probabilmente era rotto perché nessuno venne ad aprire e non si sentì nemmeno il trillo provenire dall’interno.

Un po’ titubante Doremi entrò e aggirò la casa dal giardino portandosi sul retro. Gridava i nomi delle sue compagne nella speranza che la sentissero e venissero a prendersi quei maledetti quaderni. Ma niente. Silenzio assoluto, in quella casa non volava una mosca. Si sedette sul gradino che collegava la casa al giardino, fece cadere i libri per terra e affondò la testa tra le mani. Magari stavano dormendo, si diceva, o forse non avevano voglia di uscire e fingevano di non esserci. Così lei era andata lì per niente.

- E va bene Kazumi ed Emiko! Se non venite fuori voi verrò dentro io! -

Non era molto corretto quello che stava facendo: in fondo era sempre violazione di domicilio, ma lei avrebbe portato a termine la sua missione. Altrimenti la signorina Mikami cosa le avrebbe detto? Non poteva credere che le due non fossero in casa. L’avrebbe interpretata come una bugia e si sarebbe fatta di Doremi un’opinione ancora più cattiva di quella che già aveva.

Spinta da tutti i suoi buoni propositi, Doremi si decise a varcare la soglia. Non voleva ammetterlo, ma era anche molto curiosa di vedere la famiglia delle due ragazze, di vedere la loro casa, le loro camere e di parlare con Kazumi di quello che era successo l’altro giorno e magari anche riprendersi il quaderno.

Percorse il primo corridoio attenta a non fare troppo rumore per non spaventare le ragazze ma guardandosi intorno curiosa al tempo stesso. Doremi era abituata alle pareti intonacate di bianco, ai pavimenti piastrellati, alle case della nuova generazione. Invece lì era tutto vecchio e usurato: il pavimento in palchet scricchiolava ad ogni passo, le pareti erano scrostate e di un bianco sporco fino a metà, mentre continuavano in rovinate assi di legno fino al soffitto. Strinse i quaderni al petto e oltrepassò qualche stanza vuota lanciando sempre fugaci occhiate all’interno. A metà corridoio, uno scalino sbucava tra le pareti. Doremi si fermò davanti alla scala, indecisa se salire oppure no. Appoggiò il piede su una vecchia asse di legno scricchiolante. Pensò di salire. Probabilmente le loro camere erano al piano di sopra. Fece più piano che poté, ma quella vecchia scala ce la metteva tutta per ostacolarla. Il piano superiore era stato costruito sopra solo una parte di quello inferiore, infatti molto meno esteso. Le uniche quattro porte erano tutte chiuse meno una. La ragazzina si affacciò dentro quello voltandosi a destra e sinistra. Fece anche qualche passo verso l’interno per capire la funzione di una stanza come quella. Un tavolino sovrastato da fogli, stampe e giornali stava nel mezzo, con affianco due cuscini. A destra c’era un frigorifero e a fianco una distesa di lattine e bicchieri, alcuni vuoti altri mezzi pieni, uno rovesciato sul pavimento.

- Se mia mamma vedesse un tale disordine – si disse Doremi – mi caccerebbe via da casa! -

Spostò lo sguardo a sinistra. Le parve di essere entrata in un’altra stanza. Una scrivania di legno scuro stava appoggiata alla parete, e sopra di essa una simpatica abatjour gialla la illuminava. Alcuni quaderni erano ordinatamente impilati su un lato e le penne erano infilate in un contenitore. Doremi si avvicinò all’unico lato ordinato di quella stanza dall’ipoetica funzione. Il suo sguardo si puntò sul quaderno aperto nel centro della scrivania. C’era una foto, una foto attaccata sulla pagina: la sua foto! Una foto di qualche hanno prima, sicuramente. Ma chi e quando gliel’aveva scattata? E perché era in quella casa attaccata su quel quaderno? Con il sudore che le bagnava la fronte lo prese in mano e provò a leggere quello che stava sotto alla foto.

- Doremi Harukaze. Undici anni. Altezza, peso, data di nascita, gruppo sanguigno – e più andava avanti più trovava informazioni sul suo conto. – Cosa significa questo? – gridò perdendo il controllo sulla sua voce. Dalla stanza accanto provenne un rumore. Qualcuno doveva averla sentita, ma ormai le faceva solo piacere. Voleva delle spiegazioni e subito! Si girò di scatto e urtò l’abatjour. Fortunatamente la riprese al volo, ma si accorse che non era affatto calda quindi qualcuno stava studiando la sua vita o uno degli altri quaderni da poco da quando era entrata in casa e sentendola arrivare si era nascosto. Kazumi od Emiko? O i loro genitori? Di questo non le importava molto. Raramente le capitava di arrabbiarsi con qualcuno, ma questa era una di quelle volte.

Uscì da quella stanza e scelse una delle altre tre. Ma ormai perché non uscivano allo scoperto? Perché avevano paura di mostrarsi? Era casa loro! Sarebbe stata lei quella nel torno qualsiasi cosa fosse successa! Spalancò la porta, ma non c’era nessuno. Aprì la seconda porta, il bagno. Nessuno nemmeno lì. Allora dovevano essere per forza dietro l’ultima. Esitò un attimo prima di aprirla, ma poi l’aprì senza indugio.

A ricambiare il suo sguardo non trovò né Kazumi né Emiko, ma una ragazzina della loro età con gli occhiali e una lunga treccia blu dall’aria impaurita, che cercava disperatamente di aprire la finestra. Riacquistò un po’ di vigore scoprendo che era stata Doremi a trovarla.

- E tu chi sei? – le domandò Doremi delusa di non aver trovato le altre due.

- Potrei farti la stessa domanda – rispose l’altra, allontanandosi dalla finestra e facendo un sorrisetto di scherno. – Non mi risulta che questa sia la tua casa –

- Sei la sorella di Emiko e Kazumi? –

- Sorella? – scoppiò a ridere. Una risata strana. Arrogante, ma con un fondo di paura e tensione – Come potrei essere la sorella di due che non sono sorelle? – e continuò la sua risata.

Era la seconda stranezza del giorno per l’ex-maghetta. Scopriva di essere la protagonista di un quaderno in casa di due sue compagne di classe che ora scopriva non essere nemmeno sorelle.

- Ma il cognome…-

- Inventato, come tutto del resto – non la smetteva di ridere, mentre il suo volto diceva chiaramente che aveva paura.

- Ma tu allora chi sei? –

- Una vecchia amica. Sono passata a trovarle, ma loro non erano in casa –

- Allora perché eri appesa alla finestra? –

- Avevo caldo – disse, con una nota di terrore nella voce.

- E perchè non sei uscita se hai sentito che c’era qualcuno? – quella situazione proprio non la convinceva. Quella ragazza stava cercando di imbrogliarla. Per tutta risposta quella le sfilò il quaderno dalle mani e lo aprì.

- Tu stavi rubando – disse fingendo indifferenza e aprì il quaderno. Immediatamente sbarrò gli occhi.

- Cosa c’è? Cosa succede? Tu sai perché che la mia foto lì sopra? –

- Io, io non posso crederci. Forse ci sono arrivate…-

Non finì la frase. Kazumi ed Emiko stavano attraversando il viottolo rientrando in casa. Lanciò un’occhiata terrorizzata a Doremi e si precipitò fuori dalla stanza spingendola per terra. Chiuse la porta con uno scatto e la serrò con la chiave.

- Ma cosa fai! Fammi uscire -

Nessuno le rispose. Ormai quella se n’era andata, forse saltando dalla finestra di un’altra stanza per non farsi vedere. Ma adesso Doremi era veramente in una brutta situazione. Le due proprietarie stavano rientrando in casa e l’avrebbero colta con le mani nel sacco proprio in camera di una delle due. Per di più quella ragazza aveva rubato il quaderno con la sua foto e lei ne sarebbe stata sicuramente incolpata. Per non parlare del fatto che rischiava anche una denuncia! Doveva trovare un modo, se c’era, di uscire da lì, ma la paura le aveva paralizzato le gambe, le braccia, tutto il corpo. Sentì i passi sulle scale e le voci delle due ragazze risuonare lungo il corridoio. Erano sempre più vicine, lo sapeva, ma non poteva fare niente.

- Kazumi, guarda! – sentì gridare proprio fuori dalla porta – la lampada è accesa -

Poi dei passi svelti si allontanarono, probabilmente dentro la stanza per sentire se la lampadina era calda…o fredda.

- Emiko qualcuno è entrato in casa! -

Come si aspettava l’avevano capito. La porta della camera tremò e la maniglia scattava su e giù come impazzita. La porta tuonava sotto i colpi delle due ragazze che tentavano di aprirla urlando minacce a chiunque ci fosse lì dentro.

Ovvero Doremi.

La quale ormai in preda al panico stava per mettersi a piangere, a urlare per mettere la parola fine a tutta quella brutta situazione. Aprì la bocca, mentre le scendevano le prime lacrime, ma quando stava per tirare fuori il fiato una mano le tappò la bocca e “come” per magia la stanza, la porta, le grida, le minacce sparirono.

Vide solo un bagliore di luce, e poi…Hana.

 

* non so come si chiama la mamma di Doremi, Minako me lo sono inventato.

**minshuku = una pensione giapponese

 

 

 

Gentili lettori, buona sera, benvenuti ad una nuova edizione del tgMimi

La prima notizia è che è stato ufficialmente riconosciuto che la sottoscritta Mimichan è un’assoluta lumaca, ritardataria e indecisa. E con questo si sente si dover fare le più sentite scuse a tutti coloro che la stanno seguendo (se anche voi scrivete cercate di capirmi T_T)

La seconda notizia è che finalmente è successo qualcosa in questa storia che cominciava a prendere la piega di Harry Potter ovvero capitoli iniziali in cui non succede assolutamente nulla di interessante. Ma sapete com’è, per ingranare la storia…

La terza notizia è che finalmente nel prossimo capitolo verrà ripreso il pezzo che ho usato come introduzione. Quindi chiunque abbia iniziato a leggere invogliato magari da quello dopo il prossimo capitolo sarà appagato V_V

La quarta notizia è che il mio blog è stato ufficialmente aperto (e questo che c’entra con la fic ndtutti). Attualmente non c’è gran che ma presto scriverò qualcosa su tutte le fic, magari informerò sugli aggiornamenti, e se volete farmi domande che le regole rigide di EFP non prevedono tra le recensioni venite pure lì^^ (www.tsubasamimi.splinder.it)

Ultima notizia: ringrazio tutti quelli che pazientemente mi recensiscono! Grazie mille, trovare le vostre recensioni mi fa sempre tanto felice (soprattutto in una sezione abbandonata come quella di Doremi)

Il tgMimi finisce qui, vi aspettiamo tra un tempo indeterminato. (bye *_°)

 

 

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