Untitled

di Sixteen16
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 -Hoodoo- ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 -T.N.T- ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 -Know Your Enemy- ***
Capitolo 4: *** Capitolo 4 -Explorers- ***
Capitolo 5: *** Capitolo 5 -So Far Away- ***
Capitolo 6: *** Capitolo 6 -Snuff- ***
Capitolo 7: *** Capitolo 7 -The Modern Age- ***
Capitolo 8: *** Capitolo 8 -Song 2- ***
Capitolo 9: *** Capitolo 9 -I Know What I Am- ***
Capitolo 10: *** Capitolo 10 -Do I Wanna Know?- ***
Capitolo 11: *** Capitolo 11 -Life in Technicolor II- ***
Capitolo 12: *** Capitolo 12 -What A Shame- ***
Capitolo 13: *** Capitolo 13 -With Or Without You- ***
Capitolo 14: *** Capitolo 14 -Only ones who know- ***



Capitolo 1
*** Capitolo 1 -Hoodoo- ***


Come into my life
regress into a dreamWe will hide
build a new reality
Draw another picture
of the life you could have had
Follow your instinct
and choose the other path
 
                                              
CAPITOLO 1
Perfetto.
Cos’è c’è di più perfetto di un mix puro tra un ritardo pazzesco il primo giorno in una nuova scuola e una madre affabile ma affatto affidabile?
“Cazzo mamma! Avresti dovuto svegliarmi almeno un’ora prima!” le urlai dalla mia camera con una tazza di caffèlatte fumante, con il quale mi ustionai la lingua, in una mano mentre con l’altra tentavo di infilarmi i jeans.
“Lo so, lo so Babù! Domattina ti sveglierò presto, lo prometto! Vado a lavoro, ci vediamo dopo scuola!”
Sentii la porta sbattere.
Finalmente.
 Presi lo spazzolino e dopo all’incirca tre tentativi falliti, riuscì a metterci sopra il dentifricio e a spazzolarmi i denti. Sapete? Non c’è niente di più eclatante della frescura del dentifricio sulla lingua bruciata.
Mentre portavo in tutta fretta la tazza in cucina, notai la borsa di mia madre sul tavolo.
 Che razza di donna ingenua e sbadata.
Corsi verso la porta che si aprì all’improvviso rischiando di farmi arrivare lo spazzolino in gola.
“Se volevi uccidermi, ci stavi riuscendo!” dissi sarcastica guardandola di sbieco.
“Tesoro, è il mio primo giorno di lavoro, sono così agitata e se vado avanti così rischio di farmi venire un infarto e..”
“..una crisi isterica a chi ti sta intorno! Calmati, niente può andare storto, prendi un bel respiro e ricordati che Julia Evans non si fa fare il culo da nessuno!”
“Non so cosa farei senza di te! Ora scappo! Ah, un’ultima cosa.. non dovresti uscire fuori di casa in reggiseno!”
Detto ciò la vidi correre via verso la macchina. La guardavo e sorridevo, come stava crescendo la mia picco.. un attimo.
Non invertiamo i ruoli.
È lei la madre e io la figlia. Sicura? È passato tanto tempo e non ne sono ancora del tutto convinta. Mi presento, il mio nome è.. ok meglio tralasciarlo, sono Babù. E questa è la mia storia. Dove eravamo rimasti? Ah, si…
All’improvviso sbucò dall’angolo di casa un pullman giallo, e non uno a caso. Proprio il MIO pullman giallo. Fu tutto all’improvviso e solo dopo che il pullman uscì dalla mia visuale, metabolizzai: io in reggiseno, il mio pullman scolastico, un sacco di ragazzi miei futuri compagni di scuola ad osservare la scena dai finestrini, io che restavo li imbambolata, io che venivo lasciata a terra da quel cazzo di bus, io fregata. Fantastico. Sempre meglio questa giornata!
Tornai dentro e mi vestì alla bell’è meglio, zaino in spalla e come una furia uscì di casa.
Della serie verso l’infinito e oltre. Ma anche no.
                                                                                                             
You should never be afraid
You’re protected
From trouble and pain
Why, why is this a crisis
In you eyes, again?
 
Era una strada, una qualunque per me. Case tutte uguali, negozi tutti uguali, persino la gente era tutta uguale! Mi ero persa ed ero in perfetto ritardo. Cara, o cara Sheffield! Come puoi farmi questo? Vivo qui da appena un mese e già tradisci la mia fiducia?
 I miei pensieri furono interrotti da una mano che si appoggiò piano sulla mia spalla. La afferrai e mi girai di scatto pronta a difendermi. Ma non appena vidi che il mio presunto assalitore era un bel ragazzo, alto, moro con gli occhi scuri che mi sorrideva radioso, lasciai perdere la mia impresa.
“Non fare domande, ti ci porto io a scuola. Seguimi!” mi disse l’affascinante sconosciuto.
Cosa potevo fare? Seguirlo o no? Non avevo scelta, anche perché lui stava già correndo di parecchi metri di fronte a me.
Ovviamente, dopo uno girare a destra e uno a sinistra, arrivammo a scuola in ritardo ma appena in tempo per vedere una signora che si rivelò essere la preside con il suo triplo mento tremolante farci una sfuriata.
“..signorina Evans! Lei è nuova qui, ma un minimo di rispetto per le regole..”
Porgo le mie scuse e i miei omaggi ai suoi menti tremolanti.
“Anche lei, signor Turner..”
Dopo un’eternità di inutili parole messe una dietro l’altra, ci diede i nostri rispettivi orari.
“Bene, si inizia con storia con una certa professoressa Lee..” dissi guardando l’orario.
“Che coincidenza, anche io ho storia con lei!”
 
Come to be
How did it come to be
Tied to a railroad
You’ll have to set us free
Watch our souls fade away
Le tour bodies crumble away
Don’t be afraid
 
*TOC TOC*
“Buongiorno, scusi per il ritardo..”
“Ciao Alexander! Pensavo ti fosse successo qualcosa!” quanta zucchero c’era nelle sue parole! Credo mi fosse improvvisamente arrivato il diabete.
“Mi scusi professoressa, ho dovuto mostrare la strada a.. a..”
Cazzo, non ci eravamo ancora presentati.
 Il mio nome.. troppo assurdo per poterlo dire! Mi ero sempre adattata con un soprannome, anch’esso strano. Quasi nessuno conosceva quello vero.
“Babù” dissi con un sorriso sulla faccia.
Lui mi guardò perplesso, forse non mi credeva.
“.. a Babù.” continuò titubante.
“Tu devi essere la nuova arrivata! Qui sul registro è riportato solo il tuo cognome Evans, giusto?”
“Si è corretto” e ora la fatidica domanda come accadeva da sedici anni a questa parte, cioè da quando ero nata.
“Di grazia, posso sapere il tuo nome?” lo disse con un velo di acidità.
“Mi spiace, non mi è dato dirlo e a lei non è dato conoscerlo”
No, non saremmo andate d’accordo. Un po’ di cazzi tuoi no?
“Bene, potete accomodarvi” e lo disse con tono di sufficienza.
Trovammo posto vicini, in fondo all’aula.
Buttai sul banco lo zaino, senza nemmeno aprirlo. La professoressa Lee iniziò a spiegare e illustrarci le meraviglie della sua materia, ovviamente se così si potevano chiamare. Per disperazione lasciai cadere la testa sullo zaino, ma rivolta verso di lui.
“Come..” tentai di pronunciare una frase rivolta al mio nuovo compagno di banco.
“Silenzio la in fondo! E tu, alza la testa da quello zaino.”
Si, Miss TuttaZucchero.
Aprii lo zaino, strappai un pezzetto di carta e ci scrissi sopra ‘Come facevi a sapere che era questa la scuola a cui sono iscritta?'
Glielo passai.
Mi ritornò indietro e lessi attentamente le tre parole scritte in bella calligrafia affianco alla mia domanda scritta con una calligrafia alquanto distorta, ‘Ho solo supposto.’ era questo ciò che diceva.
Questa volta mi impegnai di più a scrivere, non volevo fare di certo brutta figura con la mia pessima scrittura, così scrissi “E quindi era lo stesso una supposizione il fatto che io non sapessi la strada”.
Lo vidi sorridere appena lesse il bigliettino. Prima di scriverci sopra scosse la testa e mi rimandò il pezzetto di carta, ancora ridendo. ‘Può essere, ma se vedi una persona in mezzo alla strada con una cartella sulle spalle che si guarda intorno spaesata, di certo non vai a pensare che sia in attesa che piovano giraffe dal cielo”.
Scrissi un semplice ‘Perché le giraffe?’.
Un nuovo sorriso. 
Presi sul serio la storia delle giraffe, non so il perché però mi stavano a cuore.
Lui mi rispose così ‘Sono carine. A chi non piacciono le giraffe?
Questa volta fui io a sorridere. ‘Quindi non solo sei un assalitore, bensì anche un pedinatore. Se non ti piacessero le giraffe probabilmente penserei male di te!’.
Avanti, se avessi avuto cattive intenzioni di certo non ti avrei portata a scuola!
Mi sembrò giusto.
Decisi di presentarmi. ‘Sono Babù, piacere!’ dopo avergli passato l’ormai stropicciato foglietto aspettai la fatidica domanda ma ciò che ritornò indietro fu questo ‘Sono Alex, il piacere è tutto mio!’ con uno smile vicino.
Quando alzai la testa con la faccia un po’ da rimbambita lo trovai a fissarmi e appena incrociò i miei occhi sorrise.
Che sorriso stupendo, il suo.
 
I will take the blow for you
 
Dopo due o tre lezioni ci incontrammo a pranzo.
Dopo aver preso da mangiare su di un vassoio lo vidi salutarmi da lontano e fare cenno di avvicinarmi.
Si, non avevo ancora fatto amicizie. Maledetta timidezza del cavolo. O forse no, probabilmente avevo la testa troppo occupata a pensare ad..
“Alex!” lo salutai allegramente. Era seduto al tavolo con altri tre ragazzi.
Guardandoli uno ad uno l’unica cosa che riuscì a pensare fu ‘Perché cazzo non mi sono trasferita prima in questa scuola del cazzo? Cazzo!’. Eh si, per calmarmi pensavo in versione ‘cazzo’. Ovviamente erano uno più bello dell’altro sennò non avrei avuto una reazione del genere.
“Lei è Babù mentre loro sono i miei amici, Matt..”
“Il piacere è mio!” disse il ragazzo che portava il nome di Matt.
Aveva dei ricci color rossiccio-marrone. Mi ispirava tanta tenerezza e probabilmente in un atto di piena follia sarei corsa li ad abbracciarlo e a difenderlo dal mondo crudele.
Oddio cosa andavo a pensare? Forse ero ammattita.
“..lui è Jamie, ma noi lo chiamiamo Cookie..”  continuò Alex.
“Lieto di conoscerti!” lui aveva il naso all’insù e con quel suo taglio particolare di capelli sembrava un folletto.
“..infine lui è Andy!” concluse il giro di presentazioni.
Mi sedetti e cominciammo a parlare come se ci conoscessimo da una vita. Non so perché, però mi davano un senso di fiducia.
“Mi sembra di averti già vista da qualche parte però!” disse all’improvviso Andy portandosi l’indice sulla bocca per pensare meglio.
“Non credo sia possibile, ho cambiato tante città prima di venire qui a Sheffield..”
Assorto nei suoi pensieri, prese la sua macchina fotografica e cominciò ad osservare tutte le foto.
“Massì! Eccoti, sei proprio tu!” esclamò d’un tratto lanciandomi la macchina fotografica che però finì dalla parte di Alex che per fortuna la prese al volo.
Mi avvicinai a lui e osservammo insieme.
Orrore.
Matt ci strappò la macchina fotografica di mano e, non appena vide, cercò di trattenere le risate senza riuscirci.
Alex mi guardava cercando di captare quale emozione mi stesse ribollendo dentro.
“Ok, voglio vedere anche io però!” disse Cookie rubando la macchina fotografica a Matt che ancora non smetteva di fissare la foto.
Piccolo maniaco.
Altro che difenderti dal mondo intero!
“Non ci credo! E io mi sono perso una scena così interessante?! Andy! Dovevi avvertirm..” Cookie non fece in tempo a finire la frase che li arrivò uno schiaffo sulla nuca da parte di Alex che per poco non gli fece finire la testa nel piatto.
Biscotti e spaghetti, divertente.
Ebbene si. La foto era di una me con la faccia intontita sull’uscio di casa e in reggiseno. Una foto fresca di questa mattina.
“Come ti senti?” mi chiese Alex facendo attenzione alle parole, come se avesse fra le mani una bomba con attivazione vocale.
“Ero in reggiseno, non ero nuda. Tutta la scuola mi ha vista? Me ne farò una ragione.”
Fanculo piccola insulsa scuola del cazzo di Sheffield.
Dopo aver finito il misero pranzo a base di spaghetti e patate fritte, ci dirigemmo tutti e cinque appassionatamente in aula di matematica.
                                                                                                             
And I’ve had recurring nightmares
That I was loved for who I am
 
“Dai dimmi di si! Non farti pregare!” era un Alex con la faccia da cucciolo che mi implorava.
“Mi spiace devo aiutare mia madre a togliere di mezzo gli scatoloni! Siamo qui da un mese ma siamo parecchio indietro.”
Scuse.
Erano tutte scuse e lo sapevo bene.
“Ma la festa è alle 21 e adesso sono appena le 16!” ancora quella faccia da cucciolo. No Alex Turner, non mi intenerirai così facilmente.
“Guarda se fosse per me ti direi di si, ma mia madre di sicuro non vorrà..”
“Eeeeehi Babù!” una donna correva nella mia direzione gridando e purtroppo, anche se avessi voluto fingere, sapevo di chi si trattava.
All’improvviso venni riportata alla realtà. Da quando eravamo usciti da scuola e avevamo salutato il resto del gruppo, io e Alex avevamo iniziato a parlare, sempre più in confidenza, e non ci eravamo accorti di essere arrivati a casa mia. O meglio, non mi ero accorta. Nel frattempo però.. Reggimi il gioco Mamma!
“Ehilà, Jù!” le sorrisi.
Julia Evans è mia madre.
È una donna molto particolare, lunatica e troppo sensibile ma speciale nel suo essere. Quando una volta andammo in visita in un museo, svenne guardando un quadro. E credetemi se vi dico che quando rinvenne l’unica spiegazione che ci seppe dare fu ‘quel quadro è di una bellezza tale da inebriarmi i sensi’, il ché non ha molto senso, ma per lei è così. Ha la compassione in tutti i pori della pelle, se vede un barbone o pensa alla fame nel mondo inizia a piangere. E non è raro trovarla con i lacrimoni agli occhi dopo aver visto Bambi in TV. Ma per me va bene così, io le voglio molto bene e le vorrei bene in qualunque modo fosse. Nonostante abbia 33 anni ha già due figlie, me di 16 anni e Lizzie, mia sorella, di 18.
“Piacere, io sono Julia, la madre di Babù!” si presentò con un sorriso a 32 denti, e come darle torto per tutta questa felicità. Il fascino Turner colpiva ancora!
“Sono Alex, molto piacere” ricambiò altrettanto entusiasta.
“Bene, io sono in casa, se vi serve qualcosa avvisatemi!” non fece in tempo a girarsi che subito Alex la fermò. Oh porca putt.. Siamo in Inghilterra, no? Userò un’esclamazione diversa. Che Dio salvi la regina! O in questo caso, me!
“Babù può venire ad una festa di inizio anno organizzata a casa di un nostro amico? Si chiama Jamie Cook, lui è molto affidabile! E poi ci sarò io a badare a sua figlia!” mi fece l’occhiolino e io per poco non svenni, per due motivi. Il primo motivo, i suoi occhi. Il secondo si può comunemente definire con un ‘Cazzo no! Glielo ha detto!’.
Nel frattempo Julia per riflettere meglio, si passava un ricciolo in mezzo ad un dito.
“I genitori di questo Cook saranno in casa?” chiese lei.
“Ecco, veramente..” non sapeva mentire. Questa carta giocava a mio favore.
“Quindi scommetto che girerà alcool per casa.” un barlume di speranza si era acceso.
“Ehm..”
Ce l’avevo quasi fatta!
“Mi basta! Divertitevi stasera alla festa e mi raccomando a mia figlia! Sai non lo regge bene l’alcool, una volta..” cominciò a raccontare una delle mia tante disavventure.
“Oooookay mamma! Torna dentro, ti raggiungo dopo!”
Mia madre scoppiò a ridere e prima di richiudersi la porta alle spalle gridò un ‘trattamela bene’ rivolto ad Alex. Ma cosa sono io, un cane per caso?
“Ok, tua madre è strana ma mi ha fatto morire dalle risate!” esclamò divertito il vittorioso Alex.
“Probabilmente se non avesse da rimettere in ordine tutto il trambusto che c’è in casa mi obbligherebbe a portarla con me alla festa, stasera!”
“Questo vuol dire che verrai?”
“Non ne ho idea..”
Alex si avvicinò sempre più a me, sentii il cuore battere. No, non poteva farlo li, in quel momento, dopo appena mezza giornata che ci eravamo conosciuti.
Chissà se avrei avuto la forza di spostarmi.
Ma invece non fece niente, si limitò a mettermi un mano sulla guancia e a spostarmi i capelli dagli occhi.
“Permettimi di farti da cavaliere” la sua voce era diventata quasi un sussurro.
Non riuscì a dire niente, ero nella morsa dei suoi occhi scuri color nocciola.
“Lo prendo come un si. Stasera verrò a casa tua alle 20.30 non farmi aspettare!”
Detto ciò se ne andò lasciandomi li imbambolata sul vialetto di casa.
 
 ..and missed the opportunity to be a better man.


 
 
 
Se vi va leggete il piccolo spazio ritagliato dalla pazza psicotica scrittrice della storia, altrimenti non fa niente, vi amerò lo stesso solo per essere arrivati a fine capitolo. *tanto amore*
 
Ciao a tutti, mi presento. Mi chiamo Effe, ma se vi va potete chiamarmi Sixteen. Perché il numero 16? Non ne ho idea, mi ispira fiducia.. come il sedicenne Matt Helders oppure le giraffe. Porta fortuna, tutto qui. I miei animali preferiti sono gli orsi e i gatti (pensavate le giraffe, ammettetelo! In realtà ho un brutto ricordo di loro.. *rabbrividisce*) mi piace molto dipingere e disegnare. Molto spesso metto le cuffie nelle orecchie e dipingo ciò che sento. Adoro gli Arctic Monkeys ma adoro moltissima altra musica! Questa storia è cominciata nella mia testa un anno fa, quando ancora non avevo scoperto questo sito, alla fine ho deciso di metterla nero su bianco e dopo qualche mese ho preso il coraggio di postarla ed eccomi qui. Adoro scrivere e sono ben accetti tutti i pareri, positivi e negativi! Aiutano a crescere, i pareri altrui.. Bene, è stato un piacere! Spero di rivedervi alla prossima!
P.S perdonate la mia scarsa fantasia ma non ho proprio la testa di scegliere ogni volta un nome per il capitolo! Quindi metterò di volta in volta il titolo di una canzone di turno che mi ispira. Questa volta ho scelto Hoodoo dei Muse (
http://www.youtube.com/watch?v=gW4NdDTg07Y ). La conosco da molto tempo ed è una canzone che merita, in tutti i sensi. Cheers!
P.S.S scusate ancora il disturbo.. non ho idea di come chiamare la storia! Panico D:

Sixteen

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Capitolo 2
*** Capitolo 2 -T.N.T- ***


See me ride out of sunset
On your colour TV screen
Out for all that I can get
If you know what I mean

 
 
CAPITOLO 2
“Perché hai detto ad Alex che potevo andarci a quella stramaledettissima festa? Contavo sul tuo buonsenso, per una volta!” le dissi guardandola male, arrabbiata com’ero.
Julia soffocò una risata.
“Il mio buonsenso?”
Ebbene si, nemmeno un briciolo di buon senso in quella testolina da canarino.
“Scusami, a volte dimentico che tu non ne sei dotata! Non volevo offendere la segatura che risiede al posto del tuo cervello” dissi ironica.
“Daai, sciocca di una figlia! Si vede da un miglio che lui ti piace, io ti ho solo dato una spinta” l’aria da innocente non le si addiceva per niente.
Alex Turner? Piacermi? Non mettevo in dubbio il fatto che fosse un bel ragazzo, ma per piacermi una persona ci voleva ben oltre di due occhi marroni da cerbiatto, così intensi..
“Pianeta Terra chiama Babù! A cosa pensavi? Forse ai suoi occhi?”
Cazzo.
Ero diventata prevedibile o cosa?
“Potresti prendere in giro anche te stessa, ma con me non ci riusciresti mai! Sono tua madre e certe cose me le sento e prima che tu faccia qualche cazzata spetta a me aprirti gli occhi.. dai, ora vieni qui e abbracciami”
Quanto aveva ragione.
Era l’unica che con un semplice sguardo era sempre riuscita a capirmi ancor prima che ci riuscissi io stessa.
“Solo se mi prometti che la finisci con questa storia, perché sia chiaro, IO NON HO UNA COTTA PER ALEX TURNER!” feci bene attenzione a sottolineare le ultime parole.
“Si, si certo..”
Mi avvicinai a lei e la strinsi forte.
Julia era più alta di me di circa 10 centimetri, quindi mi lasciai cullare sul suo petto chiudendo gli occhi.
“E comunque anche lui si è preso una bella sbandata per te!” mi sussurrò all’orecchio.
Mi allontanai da lei e la guardai male.
Questa era una delle tante volte in cui avevo desiderato avere un inceneritore laser negli occhi.
Mi buttai sul divano e chiusi gli occhi.
Pace eterna.. o forse no.
Infatti l’undicesima piaga d’Egitto era ancora in azione.
“Hai pensato a cosa indosserai stasera? Sai, nel tuo armadio c’è quel vestitino sbrilluccicoso che ti regalai e che non hai mai messo..” partì in quarta tutta entusiasta.
No.
Ti prego no.
“..oppure potresti mettere quei jeans scuri che stanno tanto bene con le scarpe con il tacco..”
Mi prendi in giro, spero.
“Oppure che ne dici di una muta da sub? Credo sia l’ideale per una festa del genere!” risposi con un mix di acidità e sarcasmo.
Mi guardò male.
“Ammazzi tutto il mio entusiasmo così”
“Mamma, non credo nemmeno che ci andrò! Perché farsi tanti problemi?”
Ancora uno sguardo, questa volta pieno di frustrazione.
“E va bene, ci vado! Basta che la smetti di assillarmi e ovviamente decido io cosa mettermi!”
Mi fece il labiale della parola ‘Vaffanculo’.
Che tenera mia mamma.
“Ti voglio bene anche io!” e le mandai un bacio volante.
Andai in camera mia facendo attenzione ad evitare tutti gli scatoloni.
Quante volte c’eravamo trasferite? Avevo perso il conto ormai. Eravamo passate in Italia, in Francia e parecchie volte in Inghilterra. Per me spostarmi non era mai stata una tortura perché in tutti i posti in cui andavo mi fermavo talmente poco da non riuscire a stringere amicizie particolarmente importanti. Non ricordavo nemmeno la mia prima casa, nemmeno il posto in cui ero nata! Non ricordavo i miei parenti e nemmeno mio padre, ovviamente se ne avevo uno. Eravamo solo noi tre, o farei meglio a dire noi due perché con la maggiore età mia sorella si era ‘ allontanata da questa dolorosa routine’, era così che aveva detto prima di andarsene.
In una scatola trovai il mio vecchio diario segreto. Quando iniziai a scriverlo avevo sette anni.
Lo aprì e cominciai a leggere la prima pagina:
Caro diario, tutti mi chiamano Babù ma il mio vero nome è..
Sentì un urlo agghiacciante e, per lo spavento, lanciai in aria il diario. Presi la prima arma che mi trovai davanti comunemente chiamata mazza da baseball e corsi nel luogo da dove mi era sembrato che provenisse l’urlo: camera di mia madre.
La porta era socchiusa e si intravedevano un sacco di vestiti buttati dappertutto: sul letto, sul comodino e per terra.
Povera Julia! Cosa le avevano fatto?!
Decisi di aprire la porta all’improvviso con la mazza in aria pronta a colpire la testa di un eventuale assassino/ladro.
Coraggio, coraggio Babù!
Lo feci e.. sorpresa!
Trovai mia madre china sugli scatoloni con un vestito in mano. Tutta la camera era in soqquadro ma nessun estraneo in giro.
“Ma sei letteralmente impazzita? Sheffield ti ha dato alla testa!?” per lo spavento mi era rimasto il cuore in gola.
 “Ce ne hai messo di tempo ad arrivare! Se mi avessero fatto un attentato probabilmente adesso sarei già morta!” disse tenendosi sulle sue.
Placai l’istinto di picchiarla con la mazza da baseball.
“Ho trovato il vestito perfetto. Rispetta i miei e i tuoi di gusti, è raffinato, non è volgare ed è semplicemente meraviglioso! Avanti provalo”
Mi spogliai e lo provai senza fare storie.
Tanto comunque l’avrebbe avuta vinta.
I vestitini.. cazzo, un po’ più complicati no?
Ahhh ironia portami via!
“Devi mettere una braccio qui.. No, aspetta hai sbagliato braccio” tentava di aiutarmi ad infilarlo ma non so chi fosse più imbranata delle due.
Fatto.
“Sei uno splendore. Cadranno tutti ai tuoi piedi” aveva gli occhi luccicanti.
Mi guardai allo specchio.
Pesavo 55 kg e per il mio metro e 65 erano piuttosto buoni, quindi il vestito mi andava perfettamente. Mi arrivava fino a metà coscia ed era di un tessuto leggero. Avete presente quei vestitini che svolazzano al vento? Ovviamente quando c’è il vento. Beh, era uno di quelli. La parte superiore sembrava quella di una canotta ed arrivava fin sotto il seno. Era nera e aveva una scollatura, ma non eccessiva. Sennò non l’avrei mai indossato, sia chiaro. Appena sotto la parte di questa ‘canotta’ iniziava la parte ‘svolazzante’ che era a fiori.
Si, mi piaceva.
“Può andare”
Julia mi sorrise soddisfatta.
 
Women to the left of me
And women to the right
Ain’t got no gun
Got no knife
Don’t you start no fight!
 
Erano esattamente le ore 20.27.
Forse c’era qualche speranza che il bel moro si fosse dimenticato dell’appuntamento.
Che poi di appuntamento non si poteva parlare, è ovvio.
Julia aveva passato tutto il pomeriggio a cercare di agghindarmi in qualche modo. Zero speranze per una ragazza femminile a modo suo! Prima i capelli lavati accuratamente con uno shampoo all’eucalipto (lezione numero uno di come farsi assalire da un koala! Scientificamente provato.) poi una leggera passata di smalto sulle unghie e infine la scelta delle scarpe. E su questo c’era stato molto da discutere.
“Tacchi.”
“No, Converse.”
“Ballerine.”
“Ripeto: Converse.”
“Stivaletti.”
“Parto con l’ultima offerta e dico.. mmmh vediamo: Converse!”
Ovviamente avevo vinto io.
“E sia per quelle maledette Converse nere!”
Dolce sapore della vittoria.
Ore 20.29
Un filo di mascara e di Alex nessuna traccia.
E se il vestito non dovesse andare bene? E se fossi troppo poco femminile? E se..
Oddio da quando mi facevo troppi problemi? Forse era il troppo caldo di quella cittadina sperduta.
“Mamma, sono le 20.30 e lui non si è ancora presentato, hai vist..” non feci in tempo a finire la frase che suonò il campanello.
Corsi giù per le scale e, ovviamente, inciampai rotolando per l’intera rampa e per finire caddi di culo a terra di fronte alla porta.
Mamma no! Non aprire quella dannata porta.. Ok, troppo tardi.
“Ciao Julia! Dov.. Oddio che ci fai li a terra Babù?!”
“Mi piace abbracciare il pavimento! È la nuova moda italiana, non lo sapevi?” mi rialzai cercando di aggrapparmi a quel poco di dignità che mi era rimasta.
Mi stava fissando. Era passato prima dai miei occhi azzurri, poi alle mie labbra di un colore leggermente rosso naturale, poi ai miei capelli castani rossicci che mi arrivavano fin sotto al seno e infine..
“Alex, di grazia, smetteresti di fissarmi le tette?” dissi sarcastica.
“È.. è che sei stupenda!” era imbarazzato.
Che tenero.
“Bene, possiamo anche andare! Ciao mamma!”
“Ciao Julia, la riporterò a casa sana e salva, tranquilla!”
Non sono di cristallo porca miseria e non sono nemmeno quel cazzo di vaso di quella stupida pubblicità che andava portato in salvo!
“Ciao ragazzi! Divertitevi e ricordatevi..”
Ora.
Se lei fosse stata una madre normale probabilmente avrebbe finito la frase con un ‘e ricordatevi di non bere’ oppure ‘e ricordatevi di tornare presto’.
Ma lei è fuori dalla norma.
“..e ricordatevi: niente seconda base al primo appuntamento!”
Si era beccata un doppio facepalm in un colpo solo.
 
I’m dirty, mean, I’m mighty unclean
I’m a wanted man
Public enemy number one
Do you understand
 
Avevamo parlato per tutto il tragitto. Aveva detto di volermi conoscere meglio e che li piaceva chiacchierare con me. ‘Vale lo stesso per me!’ era questo che avrei voluto rispondergli, ma ovviamente non lo feci, rimasi in silenzio abbassando la testa per nascondere un sorriso. Succedeva sempre quando ero in imbarazzo ed erano poche le persone che riuscivano a far emergere la parte più timida di me. Al ché lui mi aveva detto ‘Sei carina quando ti imbarazzi e quando le tue guancie diventano tutte rosse’. Queste parole fecero aumentare notevolmente il mio rossore.
“Siamo arrivati! Ti presento casa di Cookie!” disse con un sorriso.
Enorme era dire poco ed in più la musica si sentiva fin fuori.
Suonammo e ci aprì un Matt al quale si illuminarono gli occhi appena ci vide.
“Ciao ragazzi!” disse entusiasta.
Gli sorridemmo e Matt mi fece il baciamano. Antico ma elegante.
Dopo ciò Alex non sorrideva più bensì inceneriva con lo sguardo il povero Matt.
“Stavamo giusto aspettando voi! Sono già tutti arrivati”
“Scusami, è colpa mia! Ho fatto un po’ di ritardo e ad Alex è toccato aspettarmi”
“Ah, siete venuti insieme..”un velo di delusione nella sua voce.
“Si, qualche problema?” si inserì nel discorso Alex.
Che imbarazzo.
“Ehi ragazzi, li ci sono Andy e Cookie! Io vado da loro!” dissi.
“Vengo con te!” dissero in coro.
 
So lock up you daughter
Lock up your wife
Lock up your back door
And run for your life
The man is back in town
So don’t you mess me around
 
“Ehi Babù! Sono felice che tu sia venuta alla festa! Ti presento la mia ragazza Katie.”
“Piacere, sono Katie” disse con un sorriso a trentadue denti la ragazza di Cookie.
“Il piacere è mio, sono Babù!” le risposi con altrettanta allegria.
Le persone felici mi mettono sempre allegria.
“Ma il tuo vero nome è Babù?” mi chiese perplessa.
“No, però preferisco essere chiamata così!”
Katie stava per fare un’altra domanda ma per fortuna si intromise Andy nel discorso.
“Ciao Babù!” mi diede il cinque e poi battemmo il pugno.
“Ehilà Andy!”
“Babù, ti va di ballare?” mi chiese Matt all’improvviso.
Sguardo di Alex indecifrabile.
“Certo! Alex, Andy? Venite con noi?”
Che dovevo fare? Cercare di salvare la situazione ovviamente!
Ma il titolo di Superwoman non mi si addiceva per niente.
 
‘cause I’m T.N.T I’m dynamite!
T.N.T but I’ll win the fight!
T.N.T I’m a power load
 
Complice qualche drink di troppo, ci ritrovammo io, Alex, Matt ed Andy buttati sul prato dell’immenso giardino di Cookie in un angolo nascosto, dietro un albero.
Eravamo tutti e quattro un po’ troppo brilli.
“Vi va di giocare ad obbligo o verità?” chiese Andy all’improvviso.
Io che ero sdraiata alzai la schiena di scatto.
“Ci sto!” risposi.
“Per me va bene! Al che ne dici?” chiese Matt.
“Non saprei..” rispose titubante Alex.
“Hai qualcosa da nascondere?” chiesi io in contropiede.
“Veramente no..”
“Allora giochiamo!”
“Inizio io, vediamo un po’.. Matt! Obbligo o verità?” dissi.
“Obbligo!” era sicuro di sé il ragazzo.
“Ti obbligo ad andare vicino alla piscina, buttarti dentro e ritornare qui”
“Cosa c’è di più facile?” si alzò in piedi ridendo sguaiatamente.
Ma io non avevo ancora finito.
“Ovviamente dovrai farlo nudo”
Andy e Alex si guardarono e scoppiarono a ridere mentre io dal mio canto feci un sorriso soddisfatta. Nessuno riesce a battermi in giochi stupidi. Forse perché io sono altrettanto stupida!
Matt non era per niente scioccato, probabilmente a causa dell’alcool, anzi.. si tolse i pantaloni e i boxer e si mise una mano li davanti.
“Voglio fare un video” disse Andy che si stava strozzando dalle risate.
Matt sbucò da dietro l’albero e incominciò la corsa sfrenata verso la piscina.
La scena fu eclatante.
L’unica cosa che si vide furono le chiappe di Matt e questa scena rimase per un bel po’ nella mente di tutti i presenti.
Qualche ragazza si metteva le mani in faccia per non guardare mentre qualche altra guardava la scena divertita.
Qualche ragazzo fischiava a tutti applaudivano.
Ritornò dietro l’albero trionfante.
“Rimarrò nella storia” disse facendo finta di asciugarsi una lacrima di commozione.
“Si ma per favore, rivestiti!” dissi anche io in preda alle risate.
Dopo che si furono calmati gli animi (e dopo che Matt si fu rivestito) il gioco continuò.
“Dai, tocca a me!  Babù, obbligo o verità?” era stato Andy a parlare.
“Mmmm vediamo, verità!”
“Sei mai stata a letto con un ragazzo?” disse incominciando a ridere sotto i baffi.
Ma io ero più astuta di lui.
“Ovviamente si..”
Partirono degli ‘ohoh’ provocatori.
“..se per stare a letto con un ragazzo intendi dormirci insieme!”
Soddisfatta ancora una volta.
“Ehi ma così non vale!”
“Non hai specificato mio caro!”
Il gioco andò avanti per un bel po’ ed io ero riuscita a far baciare (ovviamente a stampo) Alex e Matt, far fare una finta dichiarazione omosessuale da parte di Andy ad un ragazzo spaventato e a scucire qualche verità scomoda al povero Alex riguardo le sue ex ragazze. Dal mio canto, quando interpellavano me, ero sempre pronta a dire ‘verità’ poiché sapevo rigirare bene le frittate a mio favore.
Fin quando..
“Obbligo o verità, Babù?” mi chiese Alex.
“Ovviamente verità!”
“Devi dirci il tuo vero nome”  questa volta furono i tre ragazzi a sorridere soddisfatti ed io messa in un angolo.
“Credo che per questa volta sceglierò l’obbligo” speravo di riuscire a svignarmela in qualche modo.
“Allora ti obbligo a darmi un bacio”
Non saprei descrivervi la scena in altro modo: Alex che mi guardava in attesa del suo bacio, Matt che guardava Alex con uno sguardo furente e Andy, ovviamente ignaro di tutto, che mi guardava divertito.
Oh santo cielo che situazione del cavolo!
“Va bene, ci sto” risposi guardando gli occhi di Alex illuminarsi.
Ah, i ragazzi! Quanto sono prevedibili da uno a cento? Ovviamente mille.
Alex era seduto con le gambe incrociate e le braccia appoggiate sul prato. Mi avvicinai lentamente e mi sedetti sulle mie ginocchia di fronte a lui.
“Chiudi gli occhi però!” gli sussurrai dolcemente.
Aspettai che li chiudesse e gli misi una mano sulla spalla e una sulla guancia. Lui era in evidente tensione, lo percepivo chiaramente, ma fece finta di rilassarsi e si protese leggermente verso di me in attesa del bacio. La sua pelle era così morbida!
Mi avvicinai lentamente e potrei giurarvi che tutti quanti stavano trattenendo il respiro in quel momento. Alex, del quale percepivo l’elettricità attraverso il contatto mano-guancia, Matt che in quel momento non vedevo ma ero certa che stesse ribollendo e Andy che probabilmente stava filmando la scena.
Ero quasi vicina alle sue labbra ma all’improvviso deviai e gli stampai un sonoro bacio sulla fronte.
Alex aprì di scatto gli occhi e vidi Matt ed Andy scoppiare a ridere.
Anche questa volta ce l’avevo fatta!
“Ehi!” protestò Alex.
“Mi dispiace Al! Tu non mi hai detto dove lo volevi questo bacio, così mi sono presa la briga di scegliere al posto tuo” ridevo anche io.
“Ci sa fare la ragazza!” disse Andy.
“Bene ragazzi! Per me si è fatto un po’ tardi, credo di dover andare” si era effettivamente molto tardi per me, soprattutto perché l’indomani ci sarebbe comunque stata scuola.
“Ti accompagno io” mi disse Alex.
“Tranquillo, non ce n’è bisogno” che tenero! Ma non volevo che si facesse strada in più solo per accompagnare me.
“Non era una domanda, era un’affermazione! Non vorrei che ti stuprassero o ti uccidessero strada facendo!”
Era riuscito a sciogliermi, completamente. Ma che razza di potere seduttivo aveva questo ragazzo? O ero io così polla da cascarci? Non credo proprio.
“No, è che non vorrei avere una morta sulla coscienza. Tutto qui.”
Ah, ecco.
“L’importante è che prometti tu di non stuprarmi! O devo ricordarti..”
“..che sono un assalitore e pedinatore, però amante delle giraffe e perciò carino? Certo che me lo ricordo!”
Anche molto modesto devo dire.
“Prometto di non fare niente.. se non sarai tu a chiedermelo.” Ancora un luccichio nei suoi occhi.
Salutai tutti.
Andy mi diede nuovamente il cinque mentre Matt mi diede un bacio sulla guancia.
“Salutatemi voi Cookie e Katie! A domani!” e li salutai ancora una volta.
 
T.N.T watch me explode!
 
“Hai freddo?” mi disse Alex con tanta premura indicando la sua felpa.
Allora, premettendo che questa scena risulta molto da film romantico/strappa-lacrime/diabetico e che io, ogni volta che vedo film del genere, non faccio altro che paraculare gli attori per le loro frasi e i loro gesti smielati, in mia discolpa posso solo dire che faceva molto, molto freddo. Perciò la mia risposta fu un ‘si, grazie’ molto imbarazzato.
Mi posò gentilmente la felpa e rimase con il braccio intorno alla mie spalle per tutto il tragitto.
Sentivo il profumo della felpa, era il suo. E ciò mi mandava letteralmente fuori di testa.
“Bene, eccoci a casa tua” mi disse fermandosi e mettendosi di fronte a me.
Non potevo incolpare l’alcool poiché lo avevo già ben smaltito. Così incolpando i suoi occhi da cerbiatto, non dissi nulla.
Alex esitò un attimo, forse pensava che fossi in attesa di qualcosa. Poi si avvicinò a me e mi diede un bacio sulla guancia più lungo del previsto. Infine si girò e se ne andò lasciandomi ancora una volta imbambolata di fronte l’ingresso di casa.
 
..just watch me explode!
 
 
 

Salve a tutti! Anche per questo secondo capitolo vorrei scrivere due righe (o forse più) alla fine, ma ovviamente se non vi va di leggere i miei lunghi viaggi/seghe mentali siete liberi di non farlo. Ancora una volta sarò felice per il semplice fatto che voi stiate seguendo o leggendo questa storia! 
 
Che dire! Sono molto contenta di essere stata recensita nello scorso capitolo (chiedo ancora perdono per i tremendi errori di ortografia che ho fatto che faccio e che farò!). Per questo invece non ho molto da dire a parte un ‘Spero che vi piaccia!’. Ho voluto postarlo oggi, a distanza di poco dal precedente, perché nei prossimi giorni non avrò modo di usare il computer (mio padre si è dimenticato di installarmi il nuovo antivirus e domani scade quello vecchio [ti voglio bene papà!]) e poi tra un po’ parto. No, non di cervello, è ovvio! Lui è partito molto tempo fa. Veramente partirò per altre ben due volte e poi inizierà la scuola, quindi non ho assolutamente idea di quando potrò continuare a scrivere e postare. Però vorrei rassicurarvi dicendo che nel frattempo Babù, Alex e gli altri continueranno la loro vita, perciò quando riprenderò la penna (o meglio, la tastiera) avrò mille cose da raccontarvi su di loro! Vorrei ringraziare tutti quei musicisti che con la loro musica continuano ad ispirarmi e a farmi crescere ogni giorni di più. Cheers!
P.S (non riesco a non mettere i p.s, sono tremenda lo so!) per quanto riguarda il vero nome di Babù, beh lei mi ha pregato di non rivelarlo (per ora!)

Sixteen
 
T.N.T degli AC/DC è una canzone che mi piace molto, se vi va ascoltatela! (non faccio altro che cantarla portando all’esaurimento tutti quanti!)

http://www.youtube.com/watch?v=hJOywrT0WXk
 

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Capitolo 3
*** Capitolo 3 -Know Your Enemy- ***


Violence is an energy                                                                                  La violenza è un’energia             
against the enemy                                                                                        contro il nemico
violence is an enemy                                                                                   la violenza è un nemico
Do you know the enemy?                                                                         Conosci il nemico?
Do you know your enemy?                                                                       Conosci il tuo nemico?
Well, gotta know the enemy!                                                                  Bene, devo conoscere il nemico!

 

CAPITOLO 3
Entrai in casa con un grosso sorriso da ebete stampato in faccia, ovviamente cercando di non far rumore per evitare che il detective Julia Evans si svegliasse e iniziasse il suo interrogatorio a quell’ora. Poggiai lentamente le chiavi sul mobile di fianco alla porta e mi tolsi le Converse. Mi guardai intorno, la luce era spenta. Buon segno, probabilmente era andata a dormire. Feci due passi e mi cadde la felpa dalle spalle. Oddio! Alex si era dimenticato di riprendersi la sua felpa! Mi venne spontaneo fare un altro sorriso al nulla. La presi e continuai il mio percorso verso le scale. Feci un passo sul primo scalino che cigolò lievemente.
“Dove sta pensando di andare?”
Si accese la luce del soggiorno e la vidi seduta sulla poltrona vicino al caminetto con una sigaretta spenta in bocca.
“Da quand’è che fumi, mamma?” mi venne spontaneo chiedere. Più la guardavo e più mi veniva da ridere.
“Faceva più effetto con la sigaretta” dopo che disse ciò scoppiai definitivamente a ridere, arrivando al punto di piangere dalle risate.
“Ma come ti sei conciata?!” dissi asciugandomi una lacrima.
Aveva un trench (tra l’altro ripescato sicuramente dal mio armadio) e una lente di ingrandimento poggiata sul bracciolo della poltrona. Si alzò di scatto e si avvicinò a me puntandomi un dito contro.
“Non cambi discorso signorina Evans!” disse con un tono autoritario che non le si addiceva per niente.
“Che ne dici se riprendiamo le vesti di mamma e figlia e andiamo su in camera mia così ti racconto come si è svolta la serata davanti ad un bicchiere di gelato?”
Le si illuminarono gli occhi. Riuscivo sempre a ricontrattare con il gelato.

                                                                                                              …

Un raggio di luce penetrava dalla finestra proprio dritto sulla mia faccia. Maledetto sole, non mi lasciava dormire in pace! Aprii gli occhi. Mentre parlavamo ci eravamo addormentate l’una di fianco all’altra. Io abbracciata alla felpa di Alex e Julia con la bocca ancora sporca di cioccolato. Quanto le volevo bene. Mi voltai dall’altra parte, verso il comodino, ed ebbi una notizia sconcertante. Erano le 7 e mezza  e avevo un quarto d’ora per prepararmi prima di perdere il pullman. Cazzo.
“Mamma! Svegliati, è tardissimo! Tra mezzora devi essere a lavoro!” le dissi scuotendola per un fianco. Lei prese il cuscino e se lo mise sulle orecchie per non ascoltarmi. Dolcemente glielo tolsi.
“Vuoi alzarti con le buone o con le cattive?” le sussurrai delicatamente all’orecchio.
Nessuna risposta.
Bene, si fa a modo mio!
“SONO LE SETTE E MEZZA!” le urlai più forte che potevo nell’orecchio. Lei sobbalzò dal letto e si guardò intorno spaesata.
“Buongiorno eh!” le dissi dandole un buffetto sulla testa.
“Quanto sei cattiva, volevo dormire solo un altro po’..” fece la faccia arrabbiata.
“Muoviti, altrimenti perdi il lavoro! E io, questa volta, non voglio arrivare tardi a scuola! Sennò chi se lo sente quel doppio mento vivente?” le dissi alzandomi dal letto e dirigendomi in bagno.
Presi lo spazzolino e anche questa volta mi cadde il dentifricio nel lavandino per ben tre volte. Che nervi. Dopo esserci riuscita, iniziai a strofinarmi i denti più veloce che potevo. Buttai l’occhio nello specchio di fronte a me. Oddio, avevo davvero quell’aspetto? Avevo due borse sotto gli occhi che avrei tranquillamente potuto mettere all’asta in un sito di alta moda, il trucco leggermente sbavato e i capelli arruffati. Sputai il dentifricio  nel lavandino e mi fiondai sotto la doccia. Solitamente quando faccio la doccia, sia d’inverno che d’estate, la temperatura dell’acqua non è mai inferiore ai 40 gradi. Però quella mattina non ebbi tempo di farla riscaldare, così insieme a me si fecero la doccia dieci pinguini e potrei giurare di aver visto anche due orsi polari tremare di freddo. Comunque, andiamo avanti.
Mi struccai in due micro secondi, in altrettanti pettinai i capelli reprimendo un urlo di dolore per tutti i nodi formatisi di notte e mi vestii. Erano le 8 meno dieci e le probabilità che il pullman non fosse ancora passato erano una su mille.
“Ciao mamma!” urlai scendendo per le scale. Lei era già pronta, con una tazza di caffè in mano. Come faceva ad essere così veloce?
“Oh, non c’è bisogno che tu vada di fretta” mi disse indicando il divano sul quale era seduto un ragazzo dall’aspetto molto familiare.
“Buongiorno Babù! Ti posso dare uno strappo a scuola se ti va” mi disse lui con un sorriso a trentadue denti e le chiavi di un auto in mano.
“Matt Helders, sei la mia salvezza. Lo sai questo, vero?” gli dissi con un sorriso che rispecchiava il suo.

                                                                                                              …

Arrivare a scuola mi provocò sentimenti contrastanti. Da una parte ero felice, tremendamente felice di poter entrare in orario e dall’altra.. beh un mix di emozioni negative.
La scena del nostro arrivo fu come quelle da film e se ci fosse stata una canzone in sottofondo probabilmente sarebbe stata Back in Black degli AC/DC. La macchina di Matt, o meglio quella che per quella mattina un suo ricco zio ospite a casa sua li aveva prestato, non era proprio una macchina che passava inosservata. Non me ne intendo molto, ma a detta di Matt un Audi r8 è un auto importante e suo zio, essendo patito di macchine, non poteva farsela mancare nella sua collezione. Insomma appena arrivati nel parcheggio della scuola, tutti si girarono a guardare sbalorditi quell’auto verde brillante che per me, a parte il colore, non aveva niente di speciale. Non mi piace essere al centro dell’attenzione e tutti quelli sguardi addosso mi fecero sentire leggermente in imbarazzo e a disagio. Uscimmo dalla macchina. Appena chiusi la portiera mi voltai e vidi vicino l’ingresso della scuola quegli occhi da cerbiatto che tanto mi facevano impazzire, però questa volta al posto della dolcezza c’era un velo di tristezza mischiato ad un po’ di rabbia. I nostri occhi si incrociarono in un minuto che a me sembrò immenso. Alzai la mano per salutarlo, ma era troppo tardi perché lui si era voltato ed era entrato nell’edificio.
“Chissà cosa è successo ad Alex” dissi a Matt mentre entravamo sotto gli occhi di tutti nella scuola.
“Sarà solo stanco per ieri..” mi rispose. Chissà perché non ci credevo.
“Senti, vado da sola in classe! Ci vediamo a pranzo!” gli sorrisi.
“Va bene Babù, ti terrò il posto” mi fece l’occhiolino.
Corsi più che potevo alla ricerca del signor tristezza. Se era arrabbiato con me avrebbe dovuto dirmelo! Forse era per la felpa..
Comunque, dove aver girato in lungo e largo la scuola in cinque minuti pieni tra gli alunni che si accingevano ad entrare nelle alule, uscì in cortile.  C’era un bel prato, tanti alberi, un campo da basket e uno da pallavolo. In quel momento ero un po’ come un tonno, stavo andando controcorrente tra tutti quei ragazzi ritardatari che entravano all’interno dell’edificio. Camminai vicino agli alberi pensando tra me e me per un bel po’ di tempo. Stavo giusto per arrendermi quando qualcuno mi prese per mano e cominciò a correre trascinandomi con sé.
Non riuscì a capire chi fosse il mio rapitore finché, dopo essere arrivati dietro un grosso cespuglio di more, ci abbassammo e lo guardai in faccia.
“Alex!” urlai stupita.
Lui mise la sua mano sinistra sulla mia bocca e portò l’indice destro sulle sue labbra per zittirmi.
“Vedi li in fondo? C’è la preside Warner.. se vuoi saltare la scuola non devi farti vedere da lei!” mi disse a bassa voce avvicinandosi a me per farsi sentire meglio.
“Ehi razza di idiota! Non volevo marinare la scuola, a dir la verità cercavo te!” dissi anche io a bassa voce con un tono offeso.
“Me?! Ma non eri impegnata con il tuo nuovo grande amico? Oppure amico è poco?” mi disse lui di rimando con un tono tra l’offeso e arrabbiato.
Era divertente vederlo ‘urlare a bassa voce’. Comunque ora era chiaro perché quella mattina al posto di salutarmi si era limitato a guardarmi in cagnesco.
“Ma che dici Al! Semplicemente questa mattina Matt è passato a prendermi a mia insaputa e io ho accettato il suo passaggio dato che, tanto per cambiare, ero in ritardo!”
I suoi occhi si illuminarono. Adoravo quando succedeva! Sembrava un cucciolo di foca.
“Che si fa ora?” mi chiese sorridendo.
“Che intendi?”
“Non penserai di entrare ora a scuola! Voglio dire..  sono le otto e mezza passate!”
“Tu che proponi?”

                                                                                                              …

Il piano era correre fino al campo da basket, acquattarsi dietro dei cespugli e infine scavalcare il cancello che recintava la scuola. La cosa più importante era non farsi vedere da miss Warner aka occhio di falco. Non so chi mi fece accettare questo piano alquanto bislacco. Oh si, lo so. Quel tizio a cui, pur conoscendolo da soli due giorni, non riuscivo a dire di no. Maledetta me!
“Bene sei pronta?” mi chiese un Alex divertito.
“E se ci scoprono?” chiesi a mia volta.
“Moriremo insieme!” questa volta mi fece l’occhiolino.
Mi prese nuovamente per mano e iniziammo la nostra corsa contro il tempo, contro occhio di falco, contro tutto.
Riuscimmo in tutto, solo scavalcare fu un po’ più difficile. Alex era già dall’altra parte mentre io ero seduta in cima al cancello. Non era molto alto, ma credetemi da lassù anche per voi due metri e mezzo di muretto sarebbero sembrati 300 metri.
“Dai salta! Non ti succede niente, è basso!” mi implorava.
“Soffro di vertigini! È difficile per me, sai?”
“Ti prendo io, tranquilla!”
La guardai per un momento e poi decisi di buttarmi chiudendo gli occhi, non volevo di certo vedere la mia morte in faccia.
Attesi di sentire il cemento freddo sul mio corpo ma, al contrario, sentii qualcosa di morbido e caldo.
“Apri gli occhi Babù!” era la sua voce.
Gli aprii e notai di essere fra le sue braccia, avvinghiata al suo collo e con la testa nella sua spalla.
“Oh, scusami” ero in imbarazzo. Saltai giù dalle sue braccia e raccolsi lo zaino, nascondendomi dietro i miei capelli per evitare che notasse il mio imbarazzo sulle guancie.
“Ehi! Neanche un grazie mi merito?” mi chiese facendo il finto offeso.
“Grazie mille” e gli diedi anche un bacio sulla guancia.
Ci allontanammo dalla scuola perché c’era ancora il rischio di essere scoperti.
“Dove andiamo di bello?” chiesi mentre camminavamo tra le vie più strette e meno popolate di Sheffield.
“Non so, dimmi tu”
“Eh no caro mio, tu mi hai convinto a fuggire da scuola e tu mi porti da qualche parte!” lo punzecchiai.
“Sei proprio sicura di voler lasciare decidere me?” mi guardò con un sorriso di sfida.
“Mi illumini, signor Turner”
Detto ciò, Alex mi prese per mano e facemmo marcia indietro verso la periferia di Sheffield. La mia mano era così piccola, quasi da bambina, nella sua così grande e virile. Le strade si facevano sempre più larghe e le case avevano giardini sempre più grandi. Durante il tragitto si soffermava a descrivermi i vari punti più importanti della città e a fare qualche battuta sul mio pessimo senso dell’orientamento. Io ero troppo in imbarazzo per il contatto tra le nostre mani che il più delle volte non riuscivo a controbattere o semplicemente non trovavo le parole giuste. Riusciva ad ammutolirmi e questa era un’impresa in cui pochi riuscivano. D’altro canto lui non mi aiutò di certo, quando decise di mettermi un braccio sulla spalla.
“Ehi, tutto bene?” mi chiese.
Perché sono una totale frana in queste cose? Perché?! Mi ero irrigidita per l’imbarazzo, cazzo.
“Tranquilla, siamo quasi arrivati! Ti sto portando in un posto stupendo!” era entusiasta, forse non si accorgeva del mio leggero disagio. Infatti prese il mio braccio e se lo mise intorno alla vita, tra lo zaino e la sua schiena.
Non che non mi facesse piacere questo contatto, sia chiaro. Ma ero timida tutto qui. Stupida timidezza del cazzo.
Svoltammo in un’ultima via e ci trovammo di fronte ad una villa.
“Eccoci arrivati!”
“È casa tua?” chiesi allarmata. Forse era ammattito. Se ci scoprivano eravamo entrambi nella merda.
“No, è casa di mia nonna. Lei ora è in viaggio, così a lasciato a me le chiavi.” Sorrise soddisfatto.
Lo guardai alzando le sopracciglia.
“Sono un bravo ragazzo, si fida di me” fece spallucce.
“E come mai mi hai portata qui?”
“Perché è estate, fa ancora caldo e il giardino di mia nonna è fantastico!”
“Bene, allora che aspettiamo?” adesso ero anche io entusiasta.
Aprì il cancelletto e percorremmo il giardino anteriore fino alla porta d’ingresso. Aperta anche quella mi si prospettò davanti una casa molto all’antica con tantissime foto sulle pareti.
Mi soffermai su una foto enorme in particolare e mi venne da ridere. Alex, che nel frattempo era andato avanti, ritornò da me.
“Ehi, che hai da ridere?”
“Sei bellissimo in questa foto” dissi tra il sincero e l’ironico, scoppiando definitivamente.
Nella foto c’era un Alex, probabilmente a 5 anni, con un vestito rosso a pois gialli da pagliaccio alquanto ridicolo, con abbinata una parrucca riccia verde e la faccia da cane bastonato mentre una donna anziana, forse sua nonna, tentava di truccargli le guancie e mettergli il naso rosso da pagliaccio. Era tenerissimo.
“Ero tenero da piccolo” fece il finto offeso.
“Daaai, non ti offendere! Ho detto che eri bellissimo!”
Mi fissò a lungo con le braccia incrociate.
“Che c’è?” chiesi titubante.
Continuò a fissarmi senza darmi una risposta. Poi all’improvviso sembrò arrivargli un’idea geniale e scomparve dietro una porta.
Mi tolsi lo zaino dalle spalle, come aveva fatto lui pochi attimi prima, e lo seguì dove era andato. Entrai in una cucina spaziosa e luminosa, ma di lui nessuna traccia.
“Alex?” provai a chiamarlo.
Nessuna risposta.
C’erano altre due porte, una di esse dava sul giardino posteriore. Scelsi la porta interna ed entrai in uno sgabuzzino.
Ancora niente.
L’unica possibilità era uscire all’esterno.
Vuoi giocare Alex? E allora giochiamo!
Feci scorrere lentamente la porta-finestra. Misi un piede all’esterno e mi guardai intorno. Il giardino era effettivamente un oasi. C’erano alberi che facevano ombra, un’amaca, una grossa piscina con delle sdraio intorno e anche un barbecue.
Mi tolsi le scarpe per non far rumore sul pavimento.
Poteva essersi nascosto dietro un albero o forse dietro il barbecue.
Vidi di fianco ad una sdraio le sue scarpe. Quel genio del male aveva avuto la mia stessa idea!
Mi avvicinai con cautela alla piscina. Avevo due possibilità e scelsi la prima.
“Aah!” scivolai a terra accanto al bordo della piscina. Chiusi gli occhi e attesi con ansia.
“Babù! Oh mio dio!” sentii la sua voce in lontananza.
Lo sentì sempre più vicino finché non si chinò su di me.
“Babù, mi senti?!”
Scacco matto. Aprì gli occhi e fu tutto così veloce.
Dato che eravamo vicino al bordo della piscina, lo spinsi in acqua. Poi prima che potesse trascinarmi con lui mi alzai e mi allontanai di scatto.
Lo vidi riemergere dall’acqua. Che dire, avevo un sorriso trionfante!
“Te l’ho fatta!” esultai.
“Tu dici?”
Forse avrei dovuto prevedere quello che successe dopo.
Uscì dalla piscina e ancor prima che potessi accorgermene mi venne incontro correndo. Mi abbracciò grondante d’acqua e mi prese di peso sulla spalla. Cercavo di divincolarmi ma niente, non ci riuscivo. Cazzo se quel ragazzo era forte!
“No, Alex no! Non buttarmi! Se mi butti mi incazzo!” gridavo più che potevo.
Arrivato al bordo della piscina mi chiese se fossi nei miei ‘cinque giorni’ e io come una stupida, senza pensarci troppo risposi di no. Ok, lo ammetto. Non proprio senza pensarci.
Così, senza il minimo sforzo, mi lanciò in acqua.
Io non vidi più niente a parte l’azzurro cristallino della piscina. L’unica cosa di cui mi accorsi fu il fatto che, subito dopo, Alex si era buttato su di me.
“Sei un bastardo!” gli schizzai l’acqua sulla faccia.
“Chi la fa, l’aspetti!” mi disse mentre si sedeva sul bordo.
Mi sedetti anche io e lui cominciò a spogliarsi. In un primo momento rimasi a fissare le sue spalle. Erano un qualcosa che molto probabilmente era stato creato con lo scalpello da un qualche essere divino, o forse semplicemente da Michelangelo. Erano larghe al punto giusto e la sua schiena era altrettanto perfetta. I miei ormoni meditavano di saltargli addosso ma una vocina nella mia testa non me lo permise, per fortuna.
“Ehi se continui a fissarmi in quel modo finisce che mi consumo!” scherzò.
Cazzo.
“Non ti stavo fissando! Mi sa tanto che qui c’è qualcuno con manie di protagonismo!” deviai il discorso.
Si mise a ridere, poi si alzò e iniziò a sbottonarsi anche i pantaloni.
“Che fai?!” chiesi sbigottita.
“Mi spoglio, no?” disse tranquillamente abbassandosi i jeans ormai zuppi.
“E perché ti staresti spogliando?”
“Perché odio nuotare con i vestiti! E poi ora li metto al sole così per dopo saranno asciutti” mi sorrise.
Rimase solamente con un paio di boxer grigi e anche qui avrei tanto da dire, ma tralasciamo i particolari.
Lo vidi allontanarsi e stendere i suoi vestiti al sole. Poi ritornò da me vicino al bordo piscina.
“Sai, dovresti spogliarti anche tu..” mi disse ciò e poi si buttò con un tuffo perfetto di testa in acqua.
 Mi alzai e andai vicino allo stendi panni. Feci tutto con molta calma.
Tanto aveva già visto una mia foto in reggiseno, no? Alla fine, non cambiava niente. E poi effettivamente se non volevamo essere scoperti, i nostri vestiti si sarebbero dovuti asciugare in tempo quindi questa era l’unica soluzione.
Mi tolsi la maglietta e la appesi. Per fortuna oggi non avevo indossato biancheria con orsetti vari! Avevo un semplice reggiseno nero di pizzo (comprato da Julia ovviamente. Pensai che tornata a casa avrei dovuto ringraziarla.) e degli slip neri. Sbottonai i jeans. Me li tolsi con fatica poiché erano completamente zuppi e li appesi.
Poi mi girai e vidi quel piccolo pervertito di Alex Turner appoggiato con i gomiti al bordo della piscina, mentre mi fissava il culo.
“Se continui a fissarmi in quel modo finisce che mi consumo!” lo imitai con una vocina che non somigliava per niente alla sua.
“Gli occhi sono fatti per guardare, no?” mi sorrise malizioso.
“Bene, allora guarda altrove!” e mi tuffai anche io.
Non ero una tuffatrice provetta ma il mio tuffo fu perfetto quasi quanto quello di Alex.
Comunque, riemersi dall’acqua e ancora una volta non lo vidi.
Dove era andato a finire?
 Non feci in tempo a girarmi che qualcuno mi abbracciò da dietro.
“Alex! Mi hai fatto prendere un colpo!”
Il contatto delle sue mani sulla mia pancia e sui miei fianchi mi fece venire la pelle d’oca.
Mi girai ed ebbi per la prima volta il suo viso a così stretto contatto con il mio. Ci separavano solo due centimetri. I suoi occhi erano qualcosa di indescrivibile.
“Hai la pelle d’oca” notò. 
Silenzio.
 “ Per caso hai freddo?” mi chiese poi premuroso.
Ma si.. diamo la colpa al freddo!
“A dir la verità un po’ si” risposi.
In realtà se non fossimo stati in acqua, probabilmente grazie a quello stretto contatto sarei evaporata.
“Allora abbracciami, così ci riscaldiamo!”
Ecco qualcuno più bravo di me a rigirare le frittate. Ma comunque, come dire di no? Ne approfittai e misi le braccia intorno a quelle spalle che prima i miei ormoni avevano tanto bramato.
Lui mi strinse più forte a se in modo da far aderire i nostri corpi.
I suoi occhi erano così dolci, ma deviai ugualmente lo sguardo e poggiai la testa nell’incavo del suo collo.

                                                                                                              …

Sentii tamburellare sulla porta.
“Ma quanto cavolo ci metti?” urlò Alex dall’altra parte.
“Ho quasi finito! È solo che non trovo lo shampoo!” urlai di rimando.
“Cercalo nel..”
“Trovato, trovato!” urlai da sotto la doccia.
Eravamo rimasti nella piscina per non so quanto tempo, tanto da farmi arrivare per davvero i brividi di freddo. Poi, complice la fame, uscimmo dall’acqua.
“Sbrigati! Ho talmente fame che mangerei un bisonte intero..” lo sentii sbuffare.
Mi affacciai dalla tenda della doccia e mi guardai intorno.
“Sapresti dirmi dove posso trovare un asciugamano?”  gli chiesi urlando.
“Te l’ho poggiato vicino al lavandino prima che entrassi sotto la doccia”
Oh, eccolo.
Lo presi e mi ci avvolsi. O almeno tentai di farlo.
“Lo hai fatto apposta?” chiesi arrabbiata.
 “A far che?” chiese con tono innocente.
“Questo asciugamano è leggermente striminzito!” ero furiosa.
Lo sentii sghignazzare.
“Accontentati. È l’unico asciugamano rimasto! Ma se proprio non ti va bene puoi anche uscire nuda.. a me non da fastidio, tranquilla!”
Che idiota.
Mi pettinai i capelli e li strizzai nel lavandino. Mi guardai allo specchio.. era davvero piccolo quell’asciugamano, mi copriva giusto da sopra al seno fino a meno della metà della coscia!
Alex Turner, questa me la paghi.
Aprii di scatto la porta e lo trovai con un asciugamano stretto in vita appoggiato alla parete.
“Avrai la mia vendetta” dissi acida.
Mi guardò e scoppiò a ridere.
“Non c’è niente da ridere, cretino!”
“Sto ridendo perché sei bellissima anche senza trucco e appena uscita dalla doccia..”
Gli sorrisi timida.
“..e poi a me non dispiace se giri in casa mezza nuda, figurati!” concluse.
“Depravato!” gli tirai uno schiaffo sulla testa.
“Dai, andiamo a mangiare!” disse mentre si massaggiava il punto in cui l’avevo colpito.
Entrati in cucina, ci fu una lunga discussione su chi dei due dovesse cucinare.
Cucinai io, ovviamente. Mentre mi muovevo tra i fornelli, ogni tanto buttavo l’occhio nella sua direzione e lo trovavo a fissarmi. E questa volta non le gambe (o il fondoschiena), bensì ogni mio movimento, ogni mio gesto. E allora io mi giravo a sorridergli, perché in fondo era molto dolce.
“Ecco, è tutto quello che sono riuscita a trovare nel frigo” dissi porgendogli un piatto di uova strapazzate con una fetta di bacon.
Poi presi il mio piatto, riempito solo di uova, e mi sedetti di fronte a lui.
“Tu non lo mangi il bacon?” mi chiese con finta aria distratta.
“A dir la verità sono vegetariana” risposi anche io noncurante.
“Sai, anche se ci conosciamo da soli due giorni mi sembra di conoscerti da una vita..”
Ora mi guardava dritto negli occhi.
“Ma non conosci tante, troppe cose di me”
Questa volta ero io che ero riuscita a chiuderlo nella mia morsa di mistero.
“Tipo il tuo nome! Avanti a me puoi dirlo, terrò la bocca chiusa promesso”
“Troppo facile così! Devi prima guadagnarti la mia fiducia!” gli sorrisi, sembrava un tenero bambino curioso.
“E cosa dovrei fare per guadagnarmela?”
“Scoprilo da solo” gli feci l’occhiolino.

                                                                                                              …

 

Passammo tutto il tempo in giardino a fare gli scemi, perché dopotutto era quello che eravamo. Ci sedemmo sul prato, all’ombra. Mi aveva fatto stendere e appoggiare la testa sulle sue gambe e poi aveva iniziato ad accarezzarmi i capelli. Mi stava raccontando un sacco di cose su di sé, sulla sua famiglia, sui suoi amici. Scoprii che suonava in una band con Matt, Jamie ed Andy nella quale lui cantava e suonava la chitarra, che per le sue canzoni si lasciava ispirare dalle storie altrui, che non riuscivano a trovare un nome per la band, che..
“Babù! Svegliati, è tardi” sentii la sua voce vellutata nell’orecchio e una mano accarezzarmi il braccio.
Aprii gli occhi e.. cazzo, mi ero addormentata. Colpa delle sue storie così avvincenti da iniziare a farmi fantasticare su di esse, colpa delle sue mani sui miei capelli, colpa della sua voce dolce.
“Quando dormi sei meravigliosa” mi sorrise.
Gli sorrisi anche io.
“Ho detto qualcosa mentre dormivo, per caso?”
Ebbene si, io parlo nel sonno. Dico molte cose senza senso però.
“Hai detto qualcosa al riguardo dello scultore Michelangelo, hai parlato di spalle, chitarre, e..”
“..e?” chiesi impaziente.
“..hai detto anche ‘aiuto! Le scimmie dell’artico mi inseguono!’. Cosa stavi sognando?”
Cosa stavo sognando? Bella domanda!
Ah, si ora ricordo.
Scoppiai a ridere.
“Ho sognato che tu, Andy, Matt e Cookie eravate quattro scimmie dal pelo bianco, che mi inseguivate nella neve e spaccavate chitarre contro gli alberi!” che sogno ridicolo.
Iniziò a ridere anche lui.
“Sai, il nome Arctic Monkeys suona bene, non credi?” mi chiese.
“Si è un nome simpatico! Perché me lo chiedi?”
“Credo di aver trovato il nome per la band, i ragazzi ne saranno entusiasti!”
“Felice di averti aiutato grazie ai miei sogni strampalati!” mi alzai ancora ridendo per andare a prendere i miei vestiti oramai asciutti.
“Ah, e hai nominato più volte una persona” mi disse questa volta serio.
Mi fermai senza voltarmi.
“Chi?”                       
Pausa di silenzio.
“Me” disse soddisfatto.
Scossi la testa con un sorriso e continuai a camminare.
Prendemmo i nostri vestiti e io corsi a chiudermi in bagno per indossarli.
Misi li slip, i jeans e..
Calma. Dov’è il mio reggiseno?
“ALEX!” urlai.
Sentii i suoi passi dietro la porta.
“Che c’è?” questa volta non si preoccupò nemmeno di risultare innocente, iniziò direttamente a ridere.
“Rivoglio il mio reggiseno, ora.”
“E tu che mi dai in cambio?” chiese malizioso.
Che brutto idiota.
Pensa, pensa, pensa. Trovato!
Mi infilai la maglietta e aprii la porta, lo trovai a giocherellare con il mio reggiseno. Appena si accorse di me lo invitai ad avvicinarsi con un gesto delle mano.
Appena fu ad un centimetro da me gli misi una mano sulla guancia e incominciai ad avvicinarmi pian piano a lui, in modo da lasciargli capire le mie intenzioni.
Mentre le mie labbra si avvicinavano sempre più alle sue afferrai il reggiseno e spostai la bocca.
Ma lui fu più veloce di me e se lo riprese.
“Eh no. Mi dispiace ma questa volta non mi freghi” fece un sorrisetto.
“Sei una rogna, lo sai?” dissi scocciata.
“Voglio sul serio un bacio e questa volta sulle labbra” sentenziò.
Non c’erano vie d’uscita.
“Come faccio ad essere sicura che tu me lo ridarai?” dissi indicando ciò che era mio.
“Io mantengo sempre la parola data”
Momento di silenzio.
“Bene, chiudi gli occhi” dissi oramai arresa.
Poggiò il reggiseno sulla mia spalla e mi prese le mani. Forse si aspettava che bagnassi leggermente le dita e gliele premessi sulle labbra a mo di bacio. E devo dire che non ci avevo nemmeno pensato.
Le nostre dita erano intrecciate e lui aveva le palpebre chiuse, in attesa.
Mi avvicinai a lui e premetti le mie labbra sulle sue. Fu un bacio innocente, come tra bambini.
Mi staccai e feci per allontanarmi, ma lui mi mise una mano sulla nuca e mi riavvicinò a sé. Lo lasciai fare, intontita com’ero, e lui mi baciò di nuovo, questa volta in modo molto più passionale.
 


 
 
Yo gente!
Ci ho messo un po’ a scrivere questo capitolo, non perché mi mancasse l’ispirazione ma perché non ho avuto tempo e modo così mi sono ritrovata a scrivere di notte o nei buchi di tempo. È stato molto bello però lasciare che le mie dita e la mia mente fossero guidate dall’odore della pioggia notturna e dal canto delle cicale.
Nel capitolo è successo quel che è successo e, come dice il preside della scuola di Sana in Kodocha, sarà quel che sarà!
Comunque, la mia idea era quella di far fare un bagno a Babù e Alex nel mare oppure ancor meglio in un lago/fiume. Quando però da genio del male quale sono ho riflettuto e fatto mente locale mi sono ricordata che la nostra cara Sheffield non è bagnata da alcunché, se non da piogge torrenziali (ma era alquanto stupido far fare loro il bagno in una pozzanghera). Così mi son chiesta: dove potrebbero fare un bagno per dire addio all’estate? E la risposta è arrivata di conseguenza.
Vorrei ringraziare il mio tenero fratello palestrato per avermi consigliato un’auto qualunque da affidare a Matt, quindi grazie signor Pompelmo Pompato.
Poi vorrei ringraziare chi recensisce, chi mi segue e chi semplicemente fa la parte del lettore silenzioso, grazie di cuore a tutti.
Vorrei aggiungere che io amo tutto e tutti in questo mondo fantastico popolato di tante tenere creature come gli unicorni. Si, sto impazzendo perché tra un po’ ricomincia la scuola e dovrò riprendere un profilo serio e in questa ultima settimana perciò mi sto dando troppo (un po’ troppo) alla pazza gioia.
La canzone che ho scelto per questa volta è Know Your Enemy dei Green Day. Che dire, li amo!
Alla prossima!
Sixteen

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Capitolo 4
*** Capitolo 4 -Explorers- ***


Once I hoped                                                                                                 
To seek the new and unknown                                                                             
This planet’s overrun                                                                                  
There’s nothing left for you or for me                                                 
Don’t give in, we can                                                                                  
Walk through the fields                                                                                             
And feeling nature’s glow                                                                        
But all the land is owned                                                                           
There’s none left for you or for me                                                      
Who will win?                                                                                                
‘Cause I concede                                                                                          
Free me                                                                                                           
Free me                                                                                                           
Free me from this world                                                                           
I don’t belong here                                                                                     
It was a mistake imprisoning my soul                                                   
Can you free me                                                                                           
Free me from this world      
                                                                     
 
 
CAPITOLO 4

Di quel bacio non ne parlammo più. Ma del resto, perché parlarne? Lui mi aveva chiesto un bacio solo per mettermi alle strette e io, in un certo senso, ero stata costretta a darglielo.
La verità? Ci pensavo ogni volta che lui mi passava davanti. Non capivo il perché, ma ci pensavo. Pensavo alle sue dita tra i miei capelli, le mie mani sulle sue spalle. E la solita domanda mi sorgeva spontanea in testa: perché? Perché mi aveva baciata?
Per quanto riguarda l’aver fatto X a scuola.. beh, che dire!
Quando ero tornata a casa ero in fibrillazione. L’elettricità si poteva avvertire semplicemente sfiorandomi e Julia, che purtroppo conosce tutto di me ed è come se mi leggesse nel pensiero, se n’era accorta. E poi non si sa come, ma i suoi sensi sono iper sviluppati, manco fosse una cane tartufo. E qui di tartufi ce n’erano tanti da scovare.
“Oh, guarda! I tuoi capelli si sono schiariti!” disse Julia all’improvviso mentre le passavo davanti con lo zaino in spalla.
Non mi fermai e feci finta di niente.
“Hai fatto ginnastica oggi per caso?” si alzò dal divano e mi seguì in cucina.
“Perché me lo chiedi?” le chiesi senza voltarmi.
“Perché così si spiegherebbe il perché dei tuoi capelli più chiari! Solitamente ti diventano così quando passi molto tempo al sole!” mi osservava mentre mi preparavo un panino.
“Oh si certo..” le risposi senza guardarla.
Attese qualche attimo e poi tornò all’attacco.
“Mmmmh che strano odore!”
Non le risposi.
“E’ molto buono, mi ricorda molto.. rose! Si, ecco è proprio profumo di rose!”
“Eh già! Le ultime rose estive..”
“Ma.. non ricordo di aver visto rose nel giardino della tua scuola!” contrattaccò.
Merda.
“Si, ma oggi ho fatto un tragitto diverso per tornare a casa e nel viale in cui sono passata ce n’erano molte!” le sorrisi riponendo con cura il barattolo della Nutella nella dispensa.
“Nutella? Da quando mangi la Nutella?” mi guardò fingendo di essere stupita.
Alzai le spalle e addentai il panino.
“Oh oh oh, qualcuno qui si è preso una bella cotta!” mi cantilenò.
“Ma che dici! Solo per della cioccolata!”
“La cioccolata e l’amore sono a stretto contatto, sai?” mi sorrise.
La oltrepassai guardandola male.
 “A me non la dai mai a bere, lo sai questo vero?” mi disse con tono di sfida.
Sussultai nel trovarmela dietro.
“E con questo che vuoi dire?”
“Che oltre alla tua palese voglia di affetto da un certo signor Turner, ho capito che hai passato la mattinata con lui in qualche piscina! La puzza di cloro dai vestiti non scompare così in fretta come credi! Altro che profumo di rose!” incrociò le braccia e mi guardò severa.
Poi potete immaginarvi come è andata avanti. Certo per quanto riguarda il filone dopo qualche giorno aveva smesso di scocciarmi, ma per quanto riguarda Alex.. nemmeno se le avessi detto che Bono Vox era in città sarei riuscita a farla smettere.
Era fermamente convinta che io provassi qualcosa per Alex.
Il punto era capire cosa.
Il mio più grande problema è sempre stato capire i miei sentimenti. Con il tempo ho imparato a non farmi mai aspettative su niente, a non illudermi con le mie stesse emozioni. Si può dire che io abbia avuto da sempre timore di giocare con il fuoco, paura di scottarmi.
Il continuo assillarmi di Julia mi aveva portato a farmi ancora più domande, del tipo ‘e se dovesse piacermi sul serio e io non dovessi piacergli?’. Lei, sempre pronta a fornire consigli utili quanto quei set formati da cinquanta pentole, tredici coltelli e trentacinque pelapatate diversi che fanno vedere alle televendite, mi diceva ‘take it easy baby’.
Comunque c’era una questione ancora più grande che mi premeva.
Questo grande e grosso problema era alto più o meno sul metro e settanta, riccio di capelli e aveva uno ricco zio con un auto verde brillante.
Si, proprio Matt Helders.
“Ehi Babù!” mi chiamò da lontano.
Sgranai gli occhi. Stava parlando con me? Non mi rivolgeva la parola da quando gli avevo dato bidone a pranzo, o  meglio da quando aveva scoperto che la causa del mio suddetto bidone portava il nome di Alex Turner.
“Ho trovato un modo con cui puoi farti perdonare!” mi disse soddisfatto.
“Avanti, spara.”
“Esci con me!”
Uscire con lui? Niente di più facile! Certo che se la situazione fosse stata al contrario e io fossi stata in Matt probabilmente ne avrei approfittato fino all’ultimo.
Che mente da approfittatrice criminale.
Comunque il commento di mia madre su questa storia era stato ‘credevo che ti piacesse Alex, che centra ora Matt?’ e così le avevo semplicemente risposto che io e Matt eravamo amici e quindi non c’era nulla di male nell’uscire insieme.
Sosteneva che Matt volesse uscire con me come un qualcosa di più che una semplice amica.
Ma ovviamente non poteva essere così.
 
                                                                                                              …
 
“E’ arrivato Matt!” sentii urlare Julia dal salotto.
 “Arrivo! Mi sto mettendo le scarpe!” mentii.
In realtà ero ancora avvolta nell’accappatoio e mi stavo mettendo il mascara.
Era quasi novembre e di pomeriggio faceva piuttosto fresco. Così presi una felpa per evitare la situazione imbarazzante del ‘Hai freddo? Se vuoi posso abbracciarti così ti riscaldi!’.
Stupida Julia! Ma che idee mi metteva in testa? Ovviamente non sarebbe successo nulla di tutto questo.
Le avrei dimostrato che l’interesse di Matt nei miei confronti era solo semplice amicizia e che molto probabilmente durante quel pomeriggio si sarebbe vendicato su di me. Giusto per farsi quattro risate.
Dopo essermi vestita scesi di corsa giù e trovai un Matt perfettamente tirato a punto con un fiore in mano.
Potrei giurare che si fosse anche pettinato..
..e messo tre quintali di profumo.
Mon dieu.
Quella donna aveva il potere della preveggenza.
No, no e no. E’ tutto frutto della mia malata immaginazione mischiato alle folli idee di Julia.
Mi sorrise e mi porse il fiore, interrompendo il mio monologo interiore (fortunatamente).
“Oh come sei gentile, proprio non dovevi Matt” ricambiai il sorriso un po’ a disagio.
“Andiamo?” mi chiese poi.
Cercai con lo sguardo gli occhi di Julia. Sperai che il fumo che stava uscendo dalle mie orecchie a causa del surriscaldamento del mio cervello le arrivasse come un’esplicita richiesta di aiuto.
 Lei scoppiò in una risata silenziosa. Che stronza.
“Certo” risposi.
“Tutta tua! La affido a te e tornate quando volete!” disse lei dando una pacca sulla spalla di Matt.
Questa me la paghi Julia, sei una donna morta.
Uscendo di casa ci incamminammo nel viale. Eh si, se faceva freddo!
“Dove andiamo di bello?” chiesi per rompere il silenzio, o forse per evitare che il mio cervello continuasse ad elaborare ipotesi e tesi infondate.
“Ti va di venire a casa mia? I miei non ci sono..”
Mi andò di traverso la saliva e cominciai a tossire. Porca miseria.
“Tutto bene?! Hai frainteso, tranquilla, non ho cattive intenzioni! Volevo farti vedere come suono la batteria, mi serve un parere” mi sorrise e mi fece l’occhiolino.
Mi rilassai, o quasi.
Camminammo e constatai che nemmeno Matt abitava poi tanto lontano da casa mia. Ma in un paese come quello probabilmente tutti avrebbero potuto abitare nei paraggi di casa.
Ci fermammo di fronte ad una casetta con i muri bordeaux scuro e gli infissi bianchi.
“Eccoci arrivati!” mi disse aprendomi gentilmente la porta per farmi entrare all’interno.
Aveva un soggiorno molto carino e spazioso, ma c’era un qualcosa che carpiva tutta la mia attenzione.
Dipinti, tanti dipinti. E io li amo!
“Oh Matt! Questi quadri sono bellissimi!” gli dissi con gli occhi luccicanti, persa in un particolare paesaggio ad aquerelli.
“Beh, ecco.. grazie!” rispose imbarazzato grattandosi la testa.
Guardai le iniziali del pittore in basso a destra, M.H.
Mi voltai a guardarlo con la bocca spalancata.
“Non dirmi che li hai dipinti tu!”
“A dir la verità si.. la maggior parte sono miei ma ce n’è anche qualcuno di mia madre” mi sorrise.
 “Un giorno dovremmo farlo insieme! Adoro dipingere, mi ricorda molto i vecchi tempi..” sospirai malinconica.
Fu un atto che non gli sfuggì, così sorridendomi, mi prese per mano.
 “Dai vieni, ora ti faccio vedere un posto speciale!” disse per cambiare discorso.
Se devo essere sincera ero un po’ spaventata da che tipo di ‘posto speciale’ intendesse, ma lo lasciai fare.
Mi accompagnò vicino ad una scala a chiocciola.
“E’ un po’ buio giù, ma tu segui me. Ok?”
Annuii.
Primo gradino, secondo gradino e terzo gradino.
La luce era spenta e non si vedeva nulla.
Ottavo gradino, nono gradino e infine il decimo.
Matt mi lasciò la mano e io mi fermai di botto.
“Matt?” chiamai, ma nessuno mi rispose.
Poi si accese la luce.
 “Benvenuta nel rifugio delle scimmie!” sorrise soddisfatto.
Non so quante chitarre tra acustiche ed elettriche, una batteria, bassi, qualche microfono e amplificatore, un mini bar, un divano di stoffa blu e qualche centinaio di cavi.
Non potei fare altro che ammirare quel luogo.
 “Sei la prima ad entrarci! A parte me, Alex, Jamie ed Andy si intende ovviamente!”
Aveva un non so ché di magico e mi sentii un po’ un intrusa in quel posto speciale.
“Sei sicuro che i ragazzi non si arrabbieranno quando sapranno che ci sono stata anche io qui giù?”
“Ma no, figurati! Ti adorano tutti, è impossibile essere arrabbiati con te!” mi accarezzò una guancia e mi fissò negli occhi a due centimetri dal mio naso.
Tum tum.
Cazzo.
Sentimmo suonare alla porta d’ingresso.
Sia ringraziata quella santa persona che ha suonato alla porta!
“Arrivo subito, mettiti comoda nel frattempo!” mi disse con un tono di voce leggermente scocciato.
Caspita se faceva caldo ora.
Lui risalì le scale e io mi tolsi la felpa rimanendo con una semplice maglietta a maniche corte bianca.
E se.. ok, no. Basta! Basta pensare! Dovevo trovare qualcosa per evitare di pensare a ciò che diceva Julia.
Così mi guardai intorno. C’era una cosa che richiamò la mia attenzione più di tutte. Una chitarra, quella chitarra. Acustica, nera con la tastiera di legno chiaro. Senza pensarci due volte la imbracciai e mi sedetti sul divano. Improvvisai Wonderwall degli Oasis. E’ sempre stata una canzone che è riuscita ad affascinarmi, sin dal primo momento.
Iniziai a suonare.
Sentivo delle voci provenire dal piano di sopra. Che fossero tornati i genitori di Matt?
Meglio così! Si, insomma.. se avesse voluto provarci non avrebbe potuto con i suoi in casa.
Mi considerai salva per un pelo.
Ma poi per quale assurdo motivo avrebbe dovuto provarci?!
Decisi di concentrarmi solamente sulla canzone, estraniandomi dal mondo.
Mi fermai di scatto quando sentii una voce maschile attaccare con il ritornello della canzone.
“Because maybe you’re gonna be the one who saves me? And after all you’re my wonderwall” cantò fissandomi con i suoi occhi intensi.
Sembrò come se le parole uscite dalla sua bocca le avesse dette per me, solo per me.
C’erano le quattro scimmie al completo e la persona che aveva cantato era proprio Alex.
Mi guardarono severi.
Non riuscì a parlare, ero impietrita. Non solo ero nel loro ‘rifugio segreto’, ma avevo anche imbracciato una loro chitarra. Merda.
Ci sono punizioni severe per questo tipo di cose?
 
                                                                                                              …
 
Sentivo il mio cuore battere.
Tum tum.
Chissà se anche loro lo riuscivano a sentire.
I secondi passavano.
Decisi di contarli in attesa del giudizio universale.
1, 2, 3, 10, 24..
Oh, al diavolo! Non avevo mica fatto qualcosa di male!
E poi.. aspetta un attimo.
Quei piccoli bastardi erano scoppiati in una sonora risata, tranne Matt.
“Ehi! Cosa vi fa tanto ridere?” chiesi.
“Avresti dovuto vedere la tua faccia! Era un qualcosa tipo ‘oddio cosa cazzo mi faranno ora?’” disse Andy tra le risate.
Jamie aveva addirittura le lacrime agli occhi, mentre Alex che era piegato in due, si lasciò cadere sul divano accanto a me.
“Scusami Babù, gli avevo detto che oggi ero impegnato!” disse Matt arrabbiato incenerendo i tre con lo sguardo.
Jamie andò verso il mini bar ancora ridendo, prese delle birre e ne lanciò una per ciascuno.
Quando toccò a me, Alex mi si lanciò praticamente addosso per evitare che la lattina sfasciasse la chitarra o che mi arrivasse in faccia.
“Ehi attenzione a quello che fai!” disse Alex minaccioso indicando la chitarra.
Poi guardò me.
“Ciò che è mio non si tocca” disse, tutto d’un fiato, questa frase piena di doppi sensi. Della serie chi vuol capire, capisca!
Se fossi rimasta un solo altro secondo sul quel divano, probabilmente i ragazzi sarebbero stati costretti a raccogliermi con un cucchiaino. Stavo letteralmente andando a fuoco. Così mi alzai e rimisi la chitarra al suo posto.
 “Ragazzi, cioè io.. ecco, forse dovrei andare! Si, insomma sono un’intrusa qui!” dissi inciampando tra le mie stesse parole.
“Ma che diavolo dici! Ormai sei di casa tra noi!” mi disse Andy bevendo un sorso dalla sua lattina.
“Infatti! Conosci i nostri segreti, perché non dovresti conoscere anche il nostro posto segreto?” annuì Jamie.
“E poi sono stato io ad invitarti, perché dovresti andartene?” mi sorrise radioso Matt.
Alex mi prese una mano e mi trascinò sul divano accanto a lui.
“Da qui non ti muovi senza di me!” mi soffiò poi il bruno con la sua voce calda nell’orecchio.
Un brivido mi percorse dall’orecchio fino alla schiena.
 
                                                                                                              …
 
“Suoni bene ragazza!” mi disse Jamie.
Sorrisi con le guancie in fiamme. Alex mi passò un braccio intorno alla spalla e mi attirò a sé, per farmi appoggiare meglio a lui.
Posso anche evitare di descrivervi la faccia di Matt.
Cazzo ma perché Alex doveva peggiorare la situazione?
 “Talmente bene che credo che un giorno di questi potremmo anche sostituire uno dei nostri chitarristi! Che ne dici Andy? Magari sostituiamo direttamente Alex! Scommetto che Babù ha anche una bella voce!” disse duro il riccio strizzando gli occhi in direzione di Alex.
Dal canto suo Alex rise di gusto e scosse la testa.
“Naah, non ci credo che sapresti fare meglio di me”  mi disse poi.
“Mi stai sfidando?” risposi sicura di me.
“Oh oh.. un cobra e una mangusta in azione!” esultò Andy entusiasta posizionandosi meglio di fronte a noi due per non perdersi la scena.
Fissai negli occhi Alex.
Che marrone intenso, mi ci perdevo dentro.
Ma non era questo il momento di farsi prendere da smancerie! Mi era appena stata lanciata una sfida, e io non mi tiro mai indietro.
“Allora? Che ne dici?”   
“Troppo facile! Non ci sarebbe gusto poi!” mi rispose lui facendo un sorriso ironico.
“Hai paura di perdere contro una ragazza Turner?” lo provocai.
Scosse ancora la testa.
Feci scivolare il suo braccio dalle mie spalle e mi alzai in piedi.
Silenzio.
Persino Andy stava zitto una volta tanto.
“Prego, è tutta tua la scena!” mi disse sghignazzando, sicuro di sé.
C’è una parte di me che odio ma che puntualmente non può far altro che uscire quando vengo punta nell’orgoglio ed è la mia competitività.
Dovevo stracciarlo.
Bene stabilito ciò, cosa suonare? Cosa cantare?
Feci mente locale delle canzoni con cui avrei potuto fargli cambiare idea.
“Trovato! Ragazzi, potreste aiutarmi?”
Mi avvicinai e poggiai le braccia sulle loro spalle lasciando in disparte Alex.
“Highway to Hell degli AC/DC” dissi con un sorriso vittorioso in partenza.
Mi fissarono tutti e tre con occhi scintillanti e un sorriso enorme sulla faccia.
“L’ho sempre detto che tu giochi duro, ragazza!” Andy mi diede il cinque.
Bene, Turner preparati a ricrederti.
Jamie afferrò una Fender Stratocaster blu, Matt si posizionò alla batteria ed Andy imbracciò un basso nero e bianco.
“Mi concede l’onore di utilizzare la sua chitarra?” mi rivolsi ad Alex.
“Ma certo, madamoiselle” mi indicò la sua Gibson Les Paul nera.
Afferrai la chitarra e mi posizionai dando le spalle ad Alex (che tra l’altro era rimasto a sghignazzare sul divano). Poi fissai negli occhi Matt.
Lui ricambiò il mio sguardo e mi fece un sorriso di incoraggiamento.
Che dio me la mandi buona!
Mi voltai e cominciai a suonare.
Poi attaccò Matt.
“Leaving easy living free season ticket on a one way ride! Asking nothing leave me be taking everything in my stride..”
Ho sempre suonato. Non ricordo da quanti anni, ma sin dai miei primi ricordi c’è sempre stata una chitarra.
 “..don’t need reason don’t need rhyme, there ain’t nothin’ that I’d rather do! Going down, party time my friends are gonna be there too..”
Sono stata anche in diverse band ma mai per troppo tempo. Ovviamente la causa erano i miei numerosi trasferimenti.
 “I’m on the highway to hell, on the highway to hell! Highway to hell! I’m on the highway to hell!” sentii la voce di Matt unita alla mia.
Vidi l’espressione sul volto di Alex mutare. Non rideva più. Che fosse stupito?
Vedevo i suoi occhi su di me, sulle mie mani che scorrevano veloci sulla chitarra. Mi venne spontaneo sorridere fiera.
Quando finimmo la canzone scoppiai a ridere, senza un motivo valido.
“Cazzo! E chi lo sapeva che tu sapessi suonare così bene?” Jamie mi abbracciò.
Andy mi diede nuovamente il cinque e Matt mi guardava sorridente.
“Bene, signor Turner. Ora è convinto delle mie doti di cantante?” lo guardai stuzzicandolo.
Era immobile, come se stesse lottando contro se stesso e il desiderio irrefrenabile di fare qualcosa.
Poi si alzò piano, sorridendo, mi tolse la chitarra di mano e la poggiò per terra.
“Arriviamo subito” disse rivolgendosi agli altri ma guardando me dritto negli occhi.
Non capivo che cosa volesse fare ma non feci in tempo a chiederglielo che, prendendomi per mano, mi trascinò su per le scale sotto lo sguardo delle restanti tre scimmie.
Sentii il loro sguardo penetrarmi la schiena finché non fummo arrivati al piano terra.
Ma che cazz..?
Si diresse verso le altre scale.
“Alex, fermati! Dove stiamo andando?” gli chiesi mentre mi portava al primo piano della casa.
Non mi ascoltò ma si limitò a stringere ancora più forte la mia mano.
Sfrecciammo in un corridoio tappezzato di foto.
Passammo di fronte due o tre porte ma entrammo in una stanza che supposi fosse quella di Matt.
Mi lasciò andare per un secondo, giusto il tempo di chiudere la porta a chiave, poi si girò fissandomi.
“Alex! Cosa diavolo..?” ma non feci in tempo a finire la frase.
Mi ritrovai con le sue labbra poggiate sulle mie.
Il mio cuore si era fermato per un momento e poi aveva cominciato a battere all’impazzata. Ero pietrificata.
Cazzo!
Il mio cervello aveva cominciato ad urlare.
Alex non si azzardò a fare la seconda mossa. Forse aspettava un segnale da parte mia.
Riflettendoci meglio, quante volte avevo immaginato di rincontrare nuovamente la sua bocca morbida?
Decisi di seguire l’istinto. Poco importava se in quel momento mi trovassi nella camera di un mio probabile ‘ammiratore’, poco importava se quello che facevo era sbagliato. Se ero sull’autostrada per l’inferno allora ci sarei arrivata in bellezza e lui con me. Avrei osservato dopo le conseguenze, in quel momento anche io desideravo le sue labbra.
Chiusi gli occhi e portai una mano sui suoi capelli e l’altra sul suo collo.
Lo sentii sorridere contro di me. Probabilmente era proprio ciò che voleva.
Dischiuse le labbra e così feci anche io.
Cominciò a baciarmi seriamente. Questo bacio non aveva niente a che vedere con quello dell’altra volta. Era dolce ma allo stesso tempo travolgente.
Percepivo la sua esitazione, nel toccarmi e nello stringermi. Come se avesse paura di fare qualche movimento sbagliato che mi allontanasse da lui.
Lo rassicurai stringendolo di più.
Che avesse apprezzato questo gesto? Non lo so, sta di fatto che spostò una mano dietro la mia nuca, sfiorandomi i capelli.
Quel brivido che mi percorse la schiena mi fece impazzire.
Stavo per andare letteralmente fuori di testa. Sarà perché io ho una certa tendenza a rimbecillirmi con i baci, ma forse l’ipotesi più probabile è quella che i baci del chitarrista sono qualcosa di afrodisiaco.
Proprio nel momento in cui le nostre lingue si stavano per sfiorare, qualcuno cominciò a bussare  insistentemente alla porta.
Ignorammo ciò che voleva entrare con la forza in quello spazio riservato a noi due.
Ma chiunque vi fosse stato dietro la porta non demordeva e un rumore che sembrò quello di qualcuno che stesse prendendo a spallate la porta per buttarla giù, ci fece staccare.
Alex mi guardò cercando di cogliere l’espressione sul mio viso. Poi mi sorrise e, lasciandomi un bacio delicato di sfuggita sulla guancia, andò ad aprire la porta.
Fece giusto in tempo a scansarsi perché Andy, che come volevasi dimostrare stava tentando di distruggere la porta, si fiondò dentro inciampando tra i suoi stessi piedi e finendo sul letto.
Si alzò e si ricompose.
Fissò prima me, poi Alex, ancora una volta me e di nuovo Alex.
Diavolo! Andy smettila prima che ti spacchi la faccia!
Infine scoppiò a ridere dando una pacca sulla spalla ad Alex,  come a volersi congratulare.
“Scusate! Non volevo disturbarvi, solo che Matt ha avuto una sottospecie di crisi isterica e ha iniziato a suonare violentemente la batteria.. Io e Cook abbiamo scommesso su quanti minuti impiegherà nel romperla!”
“Cosa? E per quale motivo?” chiesi allarmata.
Mi beccai un face palm dal bassista.
“Ma davvero non ti accorgi proprio di nulla tu? Sei così ingenua!” mi disse con un sorriso che mi lasciò spiazzata.
Feci per controbattere ma decisi di fermarmi.
Effettivamente, se era come temevo, si collegavano un bel po’ di cose! E se Julia ci avesse davvero visto giusto? Se Matt provasse davvero qualcosa per me? Ma come potevo saperlo io? Tutte le volte che mi sono ritrovata a giudicare dai fatti mi sono bruciata! Mi ricordo ancora le parole di mia madre ‘La tua innocenza è luce, gioia! Mi vien voglia di proteggerti ogni volta che non ti accorgi di qualcosa di così chiaro come il sole! Eppure non è così sbagliato, se ti trovi in difficoltà ascolta le parole e non guardare i fatti!’
“Io ehm, ecco.. forse dovrei scendere da lui..” dissi presa da un improvviso senso di colpa.
“Lascialo perdere per oggi, vedrai che entro domattina gli passa!” mi disse Andy sicuro di quello che diceva.
Mi soffermai a pensare ad Alex.
Anche lui aveva agito per fatti e non per parole, anche lui non mi aveva dato certezze! Pensai al rapporto tra il batterista ed il chitarrista, due amici inseparabili insomma.
Allora perché Alex si comportava così? Perché mi aveva baciata se io piacevo a Matt? Del resto non ci sarebbe stato motivo di portami quassù e baciarmi.
Le soluzioni erano due: o Alex era un insulso piccolo bastardo approfittatore di povere ragazze ingenue, per di più dispettoso nei confronti del suo migliore amico oppure io.. gli piacevo.
“Babù, tutto bene?” mi chiese l’oggetto della mia accurata analisi mentale.
Lo fissai.
“Si, ecco.. credo che tornerò a casa!” dissi con ancora la testa fra le nuvole.
“Se vuoi ti accompagno..” mi propose.
“Tranquillo, nessun problema!” gli sorrisi.
Non controbatté e gliene fui grata, avevo bisogno di una passeggiata al fresco da sola.
Scendemmo tutti e tre le scale in silenzio.
Migliaia di domande stavano nascendo nella mia testa.
Alex mi accompagnò alla porta, mentre Andy, salutandomi con un cenno della mano, scese nel seminterrato.
“Bene, io vado!” gli dissi provando a sorridergli.
Poi mi girai e feci per andarmene, ma lui mi fermò mettendomi una mano sulla spalla.
“Aspetta! Sei venuta senza giacca? Così ti prenderai una polmonite!”
Si sfilò la sua felpa e me la infilò, avvolgendomi con il suo profumo.
Scossi la testa, sorridendo e infilando le braccia nelle maniche.
Mi andava larghissima, ma mi faceva sentire protetta come se fosse lui stesso ad abbracciarmi.
“La mia felpa è di sotto..”
“Tranquilla, te la porto domani a scuola” mi sorrise.
“Allora a domani!” dissi.
Mi mise il cappuccio in testa e mi diede un bacio sulla fronte, soffermandosi più del dovuto.
“A domani allora!”
Ci sorridemmo.
Mi voltai e me ne andai, infilando le mani nelle tasche della felpa.
Adesso avevo l’urgente bisogno di vedere una persona, quella persona.
 
 
 
 
Hola!
Ecco a voi quello che dovrebbe essere il quarto capitolo. Dico dovrebbe perché in realtà mai niente è come sembra, tutto è un’illusione. Così lo è anche per Babù. Quella sciocca di una ragazza (che per tanti versi mi assomiglia ma per tanti altri è molto distante da me) non riesce a capacitarsi di come due ragazzi come Matt e Alex possano essersi infatuati di lei, probabilmente non le è mai successo di trovarsi in un triangolo amoroso ma a noi questo non è dato saperlo.
Premetto che il quarto capitolo non avrebbe dovuto parlare di questo, ma in un momento di particolare euforia post studio ho deciso di stravolgere tutto.
Spero di non aver fatto errori.. Non vi posso assicurare nulla perché sono le 23 di sera e ho finito di studiare all’incirca mezzora fa quindi il mio cervello è un po’ fuso, spero apprezzerete comunque il mio sforzo!
Dato che in questo periodo mi faccio tante domande, ne pongo una anche a voi (che non ha nulla a che fare con la storia).
Cos’è la felicità?
Intendo anche nelle piccole cose, o se preferite in grande!
Ringrazio tutte quelle persone che recensiscono la mia storia o che semplicemente la leggono facendo la parte (come anche io molto spesso faccio per storie di altri) degli utenti silenziosi.
Ringrazio anche la mia compagna di banco che mi sopporta sempre (anche quando la scoccio parlando sempre di musica e concerti). Grazie pinguino!
Un bacio e alla prossima!
Sixteen
 
 
P.S buon inizio scuola a tutti! Che Zeus sia con voi!
 
La canzone che ho scelto è Explorers dei Muse. Fa parte del nuovo album The 2nd Law che è uscito il primo di ottobre. Mi sembrava un buon modo per inaugurarlo! E poi questa canzone mi è entrata nel cuore. 

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Capitolo 5
*** Capitolo 5 -So Far Away- ***


A final song, a last request                                                        Un’ultima canzone, un’ultima richiesta
A perfect chapter laid to rest                                                    Un capitolo perfetto sepolto
Now and then I try                                                                        Ogni tanto cerco
To find a place in my mind                                                         Di trovare un posto nella mia mente
Where you can stay                                                                      Dove tu possa stare
You can stay awake forever                                                      Tu possa stare sveglio per sempre
How do I live without the ones I love?                                  Come posso vivere senza quelli che amo?
Time still turns the pages of the book its burned               Il tempo gira ancora le pagine del suo libro bruciato
Place and time always on my mind                                         In ogni luogo e in ogni tempo sempre in mente
I have so much to say but you’re so far away                     Ho così tante cose da dirti ma sei così lontano
 
 
 
CAPITOLO 5.
 
Cazzo, cazzo, cazzo, cazzo.
Come avevo fatto a finire in quella situazione? Ci doveva essere un dannato motivo!
Riepilogando il tutto: Alex, Babù, Matt.
Alex ci prova con Babù (e ditemi voi se portarmi su in quella stanza e baciarmi in quel modo non vuol dire provarci). Ma anche Matt è in propenso di Babù. Il punto è, Babù che caspita vuole?
Che cosa da sfigati parlare di sé in terza persona.
Comunque, mentre tornavo a casa aveva iniziato a piovere leggermente. Per fortuna avevo la felpa di Alex, che oltre a confortarmi, mi riparava anche dalla pioggia. Quel poveretto era rimasto senza felpa per me, probabilmente, oltre che la mia eterna gratitudine per non avermi fatto avere uno scontro faccia a faccia con Matt, si sarebbe preso una bronco polmonite. O forse si sarebbe potuto  mettere la mia felpa.
Risi al pensiero di Alex con una felpa da donna. Ma immaginatevelo, con quei suoi capelli un po’ lunghi e ribelli..
Basta. Concentrazione! Ogni volta che penso a quel piccolo bastardo la mia mente inizia a vagare oltre il consentito e, diamine, io non sono una maniaca! Se Julia fosse stata nella mia testa probabilmente si sarebbe fatta due risate e poi avrebbe detto ‘Ora si che ti riconosco, figlia mia!’.
Ma tornando seri, arrivai a casa giusto in tempo per non inzupparmi del tutto.
“Bonjour Madamoiselle” mi urlò Julia dalla cucina.
“Bonsoir maman!” le dissi alle spalle, facendola sobbalzare.
“Razza di scema! Rischiavi di farmi bruciare!” mi disse mettendosi una mano sul cuore e poggiando la teglia bollente sul tavolo.
“Ecco, così una buona volta ti decidi a lasciar cucinare me!” eh no, tra tutte le buone qualità di Julia, quella della cucina proprio non c’era. Ma nemmeno a volerla pagare o comprare a rate.
“Ma ti ho fatto i biscotti, ingrata!” mi disse dandomi un bacio sulla guancia.
Ne presi uno e lo assaggiai, effettivamente non era male, era migliorata molto.
“E il tuo cavaliere? Non si è nemmeno degnato di accompagnarti a casa?” chiese mentre si sedeva di fronte a me, pronta ad ascoltare e a commentare la serata.
“Ehm, a dire il vero..”
“Che cosa hai combinato, Babù?” mi chiese mettendosi una mano sulla faccia.
“Ehi perché credi che sia colpa mia?!” chiesi indignata.
“Perché è sempre colpa tua, tesoro” mi sorrise e mi incitò a continuare. Dal canto mio, incassai e proseguii.
“Diciamo che non è stato un vero e proprio appuntamento, o almeno lo è stato per metà! Poi ..”
“..si è intromesso Alex, giusto?” terminò lei la frase al posto mio.
La guardai sbigottita chiedendo spiegazioni con gli occhi.
“Ma si, è semplice! Fai due più due e vedrai che ci arrivi!” mi disse sorridendo.
“Scusa, quando hanno distribuito il dono della lettura del pensiero io ero in fila per altro” commentai sarcastica.
“E certo, per l’ingenuità! Alex era a conoscenza dell’appuntamento tra te e Matt?” chiese cercando di mettere in moto il mio cervello.
Beh, si che lo sapeva. Alex ed  io eravamo molto amici e parlavamo sempre di tutto e niente, quindi parlando di questo e di quell’altro glielo avevo accennato di sicuro. Risposi a me stessa, nella mente, ma lei sembrò cogliere comunque la risposta.
“E quando glielo hai detto gli hai fatto capire che per te non era un appuntamento serio?”
Beh, ovvio! Perché per me non lo era stato finché non eravamo arrivati a casa sua. Finché Matt non mi aveva fatto capire le sue intenzioni.
 “E quando è arrivato ha iniziato a fare lo spavaldo, vero? Ci metterei la mano sul fuoco!”
Cavolo, certo che si! Pensai a quando eravamo seduti sul divano, il suo braccio intorno alle mie spalle, la faccia incazzata di Matt, il suo tono provocatorio..
“Ma perché?” chiesi più a me stessa che a lei.
“Semplice, perché è un ragazzo! Voleva ‘marcare il suo territorio’” disse con forza, mordendo un biscotto per accentuare l’enfasi del discorso.
“Ehi, momento momento momento! Io non sono ‘suo territorio’, ne tantomeno ‘di sua proprietà’!” esclamai facendo le virgolette con le mani.
“In più, secondo me, il fatto che non lo considerassi come un appuntamento ha portato Alex a pensare che la tua fosse una ‘richiesta di aiuto’ da parte sua.. Del tipo ‘Alex ti prego non lasciarmi da sola con lui’!” continuò lei, ignorando ciò che avevo detto io e imitando la mia voce.
La guardai tra il male e il divertito, certi ragionamenti potevano uscire solo dalla sua testa.
“E sicuramente aveva qualcosa da dimostrare a te..” mi sorrise ancora, guardandomi come se fossi l’idiozia fatta persona. Ma forse non aveva tutti i torti.
“E cosa mai avrebbe voluto dimostrarmi? Sentiamo..” dissi, ancora sarcastica.
“E’ geloso, tesoro. Geloso! Se fosse stato un semplice amico non avrebbe mai rovinato il tuo appuntamento, non si sarebbe mai presentato dal suo migliore amico pur di mettersi in mezzo ed evitare che succedesse qualcosa tra te e lui! Le donne ne sanno una più del diavolo, ma credimi a volte nemmeno gli uomini scherzano!”
Geloso? Alex?
“Quindi questo vuol dire che..” chiesi titubante.
“Si, esattamente. Tu piaci ad Alex ed è così evidente che poco manca ai manifesti per strada! Sai, potrebbero farci un film su questa storia! Lui, il povero ragazzo che non sa comunicare ciò che prova a parole e lei, la ragazza scema che non sa leggere tra le righe..”
Lei proseguì con le sue fantasie mentali, ma io ormai ero persa tra le mie e avevo smesso di ascoltarla quando aveva detto quelle quattro parole. Tu. Piaci. Ad. Alex. Era davvero così? In quale mondo parallelo sarebbe potuta accadere una cosa simile?
“Fatto sta che vuoi o non vuoi sei nel cosiddetto triangolo amoroso!”
“Eh?” chiesi riprendendomi improvvisamente dai miei pensieri ovattati.
“Tu, Alex e Matt. Diciamo che tu sei il vertice di questo triangolo”
“Mamma, ma i triangoli hanno tre vertici..”
“Si, ma questo è un triangolo isoscele.. tu sei nella punta in alto e ricevi attenzioni in modo uguale ma diverso allo stesso tempo da entrambi i baldi giovani. Sai, si potrebbe anche paragonare ad una montagna.. tu sei sulla cima e Alex e Matt sono nella valle. Spetta a te decidere da che lato buttarti, ma sappi che non sarà un bell’atterraggio! In ognuno dei casi, uno dei due ci resterà male e anche tu di conseguenza! Perché ti conosco bene e i tuoi sensi di colpa non hanno limiti!” concluse soddisfatta della sua riflessione appena partorita. La immaginai mentre si dava un cinque da sola.. che pensiero stupido.
“In poche parole?” chiesi.
“In poche parole sei fregata!”
Fantastico.
Uno dei due si sarebbe fatto male, ma chi ero io per intaccare la loro amicizia? La loro amicizia era più importante di una ragazza, no? Sorrisi e mi sorrise di rimando anche lei.
“Per andare a scuola domani mattina mi serve un mantello dell’invisibilità o se ti fa più comodo una tuta da ninja”
“E perché mai?” vidi il suo sorriso affievolirsi e il suo sguardo farsi pensieroso.
“Ma è ovvio! Se quei due non mi vedranno in giro per un po’, eviteranno di pensare a questa situazione, così la loro amicizia resterà intatta!” sorrisi convincente e tornò anche a lei il sorriso.
“Ne sono certa, ma dimmi.. queste cazzate te le scrivi in momenti in cui sei sotto effetto di qualche stupefacente o le sforni così su due piedi?” disse ironica, trattenendo le risate.
“Donna di poca fiducia!” obbiettai scoppiando a ridere e lei mi fece una linguaccia.
“Dai, basta a perderci in chiacchiere! Vai a dormire, su..” disse abbracciandomi.
“Posso dormire con te stanotte?” chiesi in un momento di particolare dolcezza. Mi sorprendevo da sola.
“Davvero me lo chiedi? Pensavo che avresti dormito tutta la notte abbracciata alla felpa del tuo adorato..” mi punzecchiò.
“Sei un’idiota!” le tirai un pizzicotto.
“E tu molto più di me, cara mia”
“Da qualcuno devo pur aver preso, no?” e scoppiammo a ridere entrambe.
 
                                                                                                              …
 
Per non so quale opera divina la mattina seguente mi svegliai in perfetto orario, azzarderei dire in anticipo. Avevo dormito, se così si può dire, tutta la notte stesa sul braccio di Julia e inoltre, non chiedetemi come, ma il mio braccio si era ritrovato sotto la sua testa perdendo del tutto la sensibilità. Certamente me lo avrebbero amputato, questa volta. Maledissi quel momento in cui le avevo chiesto di dormire insieme e appuntai a mente: mai dormire con Julia Evans, può causare numerosi ed atroci effetti collaterali. Uno tra questi sarebbe stato sicuramente il fatto che probabilmente sarei dovuta arrivare a scuola con la schiena piegata in avanti e un braccio mozzato. Ma erano tutte stupidaggini in confronto alla mattinata che mi si prospettava. Innanzitutto non sapevo se Matt mi avrebbe parlato e forse la cosa più assurda è che non sapevo se io avrei voluto parlarci! Poi c’era la questione di Alex.. come chiarirla?
Mi alzai di scatto, reprimendo un urlo di dolore.
Un bel filone sarebbe stata la scelta più adatta.
“Buongiorno tesoro..” mi disse Julia sbadigliando.
“Buongiorno” le sussurrai.
“Oggi è giovedì, non devo andare al lavoro, ti accompagno io a scuola”
Come non detto, addio filone. Maledetto dono della lettura del pensiero di Julia! Mi appuntai a mente anche questo: mai fare pensieri inopportuni nei paraggi di tua madre, i tuoi piani di conquista del mondo potrebbero fallire solo perché lei è magica (o forse perché tu sei prevedibilmente scema).
Andai nel bagno di camera mia e aprii il rubinetto, una bella doccia bollente era ciò che ci voleva per allentare i muscoli in tensione. Lasciai che l’acqua aiutasse i miei pensieri a sbrogliarsi, ma la matassa era troppo stretta e confusa.
Qualcosa dovrò pur dire a Matt! Oppure devo aspettare che sia lui a venire da me? O, ancor meglio, aspettare che sia Alex a chiarire con Matt?
Immaginai Alex, senza peli sulla lingua, che diceva al suo migliore amico di avermi baciata.
In camera sua.
E per di più che quello non era il nostro primo bacio.
Un brivido mi drizzò la schiena. Non potevo lasciare che fosse Alex a parlare con lui!
 E se invece l’avesse già fatto?! Del resto ieri sera aveva avuto tutto il tempo.. ma per fortuna c’erano Andy e Cookie.
O forse no.
Uscii dalla doccia con ancor più dubbi di prima e con la tensione alle stelle.
Mi pettinai i capelli davanti allo specchio e li lasciai cadere su una spalla. Avevo il tipico aspetto da serial killer uscito da un film horror, ma niente di anormale.. Mi servivano solo dei dischetti di ovatta per togliere tutto il trucco sbavato.
“Mamma!” urlai dal bagno.
Nessuna risposta.
Ma perché mai quella donna non c’è quando serve?
“Julia!” tentai di urlare ancora più forte, ma ovviamente nessuna risposta.
Decisi di uscire dal bagno per cercarla.
Aprii la porta e.. cazzo.
Cazzo.
 Due individui seduti sul mio letto, a chiacchierare tranquillamente come se niente fosse.
Cazzo.
Ringraziai quel momento in cui avevo deciso di mettermi l’accappatoio addosso.
“Buongiorno Babù!” dissero quasi all’unisono i due, a tal punto da spaventarmi.
Mi misi una mano sugli occhi e senza dire niente uscii di fretta e furia fuori in corridoio alla ricerca di quella donna che così come mi aveva messa al mondo, voleva togliermi di mezzo procurandomi un infarto.
La trovai in cucina e non so grazie a chi, ma riuscii a non metterle le mani al collo.
“Ma sei impazzita?! Quale razza di madre permetterebbe a due ragazzi di entrare in camera della figlia quando si sta facendo la doccia?! Avrebbero potuto vedermi nuda!” urlai a bassa voce.
 “Oh dai.. sono grandi abbastanza e poi non credo che non abbiano mai visto una ragazza nuda in vita loro!”
Sgranai gli occhi. Forse era ammattita sul serio.
“Dove hai trovato il coraggio per uscire in quel modo?” disse soffocando le risate e indicando i miei occhi.
“Non lo sai? E’ una nuova moda il nero sulle palpebre.. io ci ho messo molto a truccarmi ma se vuoi ti risparmio tempo! Non ci metto nulla a darti due pugni sugli occhi!” dissi offesa.
“Dai, quanto sei scema! Vieni in camera mia così ti strucchi e ti vesti..” sospirò prendendomi per mano.
Salendo le scale e passando per il corridoio, feci ben attenzione a non farmi vedere da quei due tizi che erano rimasti in camera mia a combinare non si sa che cosa.
Mentre mi struccavo e Julia trovava qualcosa da mettermi sentii una melodia arrivare dalla mia camera.
C’era dell’incredibile ma stavano allegramente suonando! Tralasciando il fatto che per trovare la mia chitarra avevano dovuto rovistare nel mio armadio, non sembravano per nulla arrabbiati l’uno con l’altro! Anzi..
“Va bene questo?” mi chiese Julia prendendo un vestito dai colori sgargianti.
“Mamma, siamo quasi in inverno! E poi non lo metterei mai comunque!” le risposi guardandola male.
Uscii da camera sua e ritornò dopo un paio di secondi da me porgendomi biancheria, un paio di jeans aderenti e la mia maglia preferita. Forse cercava di comprarmi.
 Ma io non ero già più arrabbiata con lei, era una cosa umanamente impossibile tenerle il broncio!
Mi vestii in tutta fretta per andare ad asciugarmi i capelli nel mio bagno e ovviamente affrontare i due che mi aspettavano nel mio mondo.
Entrai di soppiatto in camera con Julia al seguito e li guardai circospetta.
“Cosa ci fate voi due qui? Conosco bene la strada per arrivare a scuola, non mi serve il vostro aiuto” dissi osservandoli mentre si sentivano colti in flagrante.
“Oh vedo che la tua faccia è tornata di un colore naturale!” disse Alex scoppiando a ridere.
Sentii mia madre che rideva dietro di me. Avrebbero potuto formare una coppia perfetta se lei avesse avuto circa 15 anni di meno.
Incrociai le braccia e attesi comunque una risposta alla mia domanda, che per fortuna arrivò presto.
“Ehi, sveglia! Oggi è sabato non si va a scuola!” mi rispose Matt sorridendomi radioso.
Non so se mi sconvolse di più il fatto di aver perso la cognizione del tempo oppure il fatto che Matt non ce l’avesse ne con me, ne con Alex.
Julia si batté una mano sulla fronte.
“Cazzo! È vero! Oggi è sabato, il che vuol dire che devo andare a lavoro!” disse uscendo di corsa dalla mia camera per andare a prepararsi.
Rimanemmo tutti e tre immobili per qualche istante.
“Non so chi sia più strana tra te e tua madre..” commentò Alex.
E poi scoppiammo a ridere.
Ma ridendo e scherzando mi avvicinai di più a loro.
“Siete nei guai, lo sapete vero?” dissi smettendo improvvisamente di ridere e tornando seria mentre indicavo la mia chitarra.
I due si guardarono.
“E’ tutta colpa di Matt!”
“Ma che dici razza di idiota! È stato Alex ad insistere!”
“Ma solo perché si intravedeva la chitarra dal tuo armadio! Dovresti tenere più in ordine qui dentro, sai?”
Sembravano una tenera coppietta! Che cosa.. diabetica.
Incrociai le braccia e li guardai con un sopracciglio alzato.
Beh, almeno non avevano rovistato nel cassetto della mia biancheria, o ancor peggio non avevano trovato il mio diario.
Gli sorrisi per allentare la tensione e attaccai il phon alla presa, poi guardai fuori dalla finestra.
“Ehi, giù c’è una macchina sospetta!” dissi osservando una macchina blu scura mezza distrutta parcheggiata nel mio vialetto.
“Quella? Nulla di sospetto! È la nuova macchina di Matt! Dentro ci sono Andy e Cookie” mi rispose Alex avvicinandosi alla finestra per osservare meglio.
“Da dove salta fuori?” chiesi stupefatta.
“Pagata tutta di tasca mia! Devo ancora apportare qualche modifica ma ti assicuro che dentro è meravigliosa!” mi sorrise Matt soddisfatto e fiero di se.
“E dove avete intenzione di portarmi?” chiesi interrogativa, in più chiedendo a me stessa se una macchina del genere avrebbe retto un viaggio pari a 1 km.
“Io sto andando!” urlò Julia passando dal corridoio, poi si ricordò improvvisamente di qualcosa e sbucò dalla porta.
“Ehi, voi tre! Non avrete intenzione di rimanere qui in casa, vero?” ci guardò circospetta socchiudendo gli occhi.
“No mamma, non ti preoccupare!” le sorrisi sperando che non facesse allusioni di alcun genere, come suo solito.
“Sta tranquilla, Julia! Sappiamo noi dove portarla!” le sorrise Alex facendole un occhiolino per nulla convincente.
“Bene, allora la affido a voi! Ci si vede stasera ragazzi!”
Guardai interrogativa prima Matt e poi Alex. Dove cavolo avevano intenzione di portarmi assieme a quegl’altri due scellerati che stavano di sotto?
“Fidati di noi” fu l’unica risposta che ricevetti.
Ma chissà per quale motivo qualcosa mi diceva di non fidarmi. E chiamatemi scema!
 
                                                                                                              …
 
“Cazzo! Ragazzi, Andy ne ha sganciata un’altra!” urlò Matt abbassando il finestrino con la manovella della sua auto mezza distrutta.
Però effettivamente mi ero dovuta ricredere, l’interno era di gran lunga migliore rispetto all’esterno!
Eravamo noi cinque, in un viaggio on the road e mi sentivo bene. Andy aveva letteralmente rotto le scatole per sedersi avanti e noi, sotto una mezza occhiata di sbieco di Matt che non riuscii a decifrare, acconsentimmo. Dal canto mio pensavo di aver avuto il posto migliore, seduta tra Cookie e Alex che non facevano altro che cantare, ridere e fare battute mezze oscene.
Tra una risata e l’altra però mi veniva spontaneo chiedere ‘dove stiamo andando?’ oppure mi scappava un ‘siamo arrivati?’ ma quei quattro bastardi avevano intenzione di farmi soffrire ancora e ancora per un po’, così si limitavano a cambiare discorso oppure a darmi risposte vaghe.
Dopo non so quanto tempo però, avevo cominciato a scocciarmi.
“Ragazzi, per l’ultima volta.. dove cavolo mi state portando?!” dissi arrabbiata incrociando le braccia.
“Cinque minuti di pazienza!” mi sollecitò Jamie.
“E sei io avessi esaurito tutta la mia pazienza con quattro idioti rapitori di povere ragazze innocenti?”
 “Ma quanto sei scema! Vieni a vedere qui piuttosto!” sentenziò Alex.
Non mi diede nemmeno il tempo di controbattere che mi trascinò addosso a lui per farmi vedere meglio fuori dal finestrino.
Guardai e rimasi a bocca aperta.
“State scherzando, vero?” dissi con gli occhi che avevano cominciato a brillarmi.
Scoppiarono a ridere tutti quanti, ma io non mi stavo più curando di loro. Ero rapita da ciò che avevo di fronte ai miei occhi.
“Allora, n’è valsa la pena fare un viaggio così lungo?” mi chiese Matt mentre continuava a guidare, probabilmente esausto.
“Per Londra percorrerei mille mila chilometri!” dissi entusiasta.
Non ci potevo credere, davvero.
 
                                                                                                              …
 
Era pomeriggio inoltrato ed eravamo tutti sfiniti. Tutti tranne una persona e cioè io.
Era stata una delle giornate più assurde che avessi vissuto nei miei sedici anni di vita. Ovviamente non avevamo potuto visitare tutto.. ma mi accontentai.
Per tutta la giornata Matt e Alex non avevano minimamente litigato, non si erano scambiati nemmeno un’occhiataccia, una sola parola di sfida, nulla. Anzi, amici più di prima! E ne rimasi piacevolmente sorpresa. Anche se il tutto risultava un po’ troppo strano.
Evidentemente la sera prima, a casa di Matt, i due avevano avuto tutto il tempo di parlare e arrivare ad una conclusione. Insomma, la stessa a cui ero arrivata io probabilmente e cioè che non avrebbero dovuto litigare per una ragazza. Mi sembrava più che logico, in questo modo ci avrei rimesso solo io. Ma non importava, ero abituata ad incassare colpi!
“Ragazzi, ma siete proprio degli scansafatiche! Siamo a Londra cazzo!” esultai.
Ricevetti tre occhiatacce e uno sguardo assassino da parte di Andy. Infatti se gli altri tre erano riusciti a sopportare la mia euforia londinese e per la maggior parte avevano acconsentito ai miei capricci, Andy era quello che avrebbe preferito legarmi ad un palo, abbandonarmi li e andare a cazzeggiare per sale giochi e cose del genere, per poi ritornare a prendermi solo a fine serata.
“Lo sai che ti voglio bene” lo abbracciai cercando di addolcirlo un po’, ed effettivamente ci riuscii.
Ci stavamo dirigendo verso il parcheggio, dove avevamo lasciato la macchina, ma mi fermai all’improvviso.
“Cosa è successo?” mi chiese Cook.
E ancora una volta avevo trovato qualcosa da fare!
“Vi prego, dobbiamo salirci assolutamente!” dissi con gli occhi sognanti guardano il London Eye, immenso di fronte ai miei occhi.
“Oh, te lo scordi!” sentenziò Andy.
“Ma non possiamo non salirci!” mi lamentai.
 “Babù, mi spiace.. devo fare una telefonata a Katie!” si scusò Cook.
Così mi girai verso gli altri due, facendo gli occhioni da cerbiatto.
Alex era fermo, di marmo, letteralmente sbiancato mentre guardava la ruota panoramica.
“Al che ti è successo?!” chiesi preoccupata, ma decisa verso il mio scopo.
Matt scoppiò a ridere dando una pacca sulla spalla di Alex.
“Il signor qui presente soffre di vertigini! Ti accompagno io, tranquilla..” mi rispose Matt.
Mi irrigidì di colpo.
Guardai ancor più preoccupata Alex e cercai di autoconvincermi che non c’era assolutamente nulla di male.
Nulla di male a fare un romantico giro su di una romantica ruota panoramica durante un romantico tramonto della romantica Londra con un tuo probabile ex romantico corteggiatore.
Proprio nulla di male!
Ma ormai ero in pasto ai leoni, o meglio, in pasto alle mie trastullerie mentali e non potevo farci proprio niente.
Decisi di contare i respiri per calmarmi.
Uno, due e tre respiri.
Pagammo i biglietti.
Quattro, cinque e trentatre respiri.
Stranamente quel giorno non c’era coda, così salimmo subito nella cabina. Lui si sedette, mentre io rimasi in piedi.
Un milione.. oh al diavolo avevo perso il conto!
Sentivo il mio battito accelerare e quando la ruota fu messa in funzione decisi di tentar di parlare per evitare di lasciar trapelare il mio imbarazzo. Ma scelsi la tattica sbagliata, perché una volta aperta bocca non riuscii più a chiuderla. Insomma, incominciai a vaneggiare.
Maledetta boccaccia!
“E’ molto bella Londra vista da qui, non credi? Che cosa fantastica, si riesce a vedere proprio tutto! Anche il Tower Bridge la in fondo.. Si muove proprio in fretta questa ruota, eh? Siamo già a buona altezza, le persone sembrano così piccole da quassù! Guarda si riescono a vedere Alex ed Andy! Cook invece sta parlando con Katie, stanno proprio bene insieme quei due..”
“Babù!” mi interruppe Matt.
“Dimmi, Matt” dissi girandomi verso di lui mostrando un sorriso per mascherare tutto ciò che in realtà frullava nella mia testa.
“Io, ecco.. volevo parlarti. Ma oggi proprio non c’è stata occasione!” disse in evidente imbarazzo.
O cazzo.
La tensione si poteva tagliare con un grissino, un po’ come il tonno.
Annui perché non sapevo cos’altro fare. Ero rimasta pietrificata.
“Ieri sera io e Alex abbiamo parlato..” cominciò, grattandosi la testa e abbassando lo sguardo.
Cazzo.
‘Avanti sputa il rospo!’ avrei voluto gridargli, ma poi me ne sarei pentita sicuramente. Cosi non lo feci e rimasi ferma e immobile al mio posto. Anche perché non ero molto sicura di voler sapere cosa si erano detti.
“Ecco, la situazione è un po’ delicata.. te ne sarai accorta credo..”
Credi proprio bene!
Annuii ancora.
Era tutto così fantastico finché io e la mia mente criminale non avevamo deciso di fare questo benedetto giro panoramico. Ma non potevo avere idea che si sarebbe rivelato un giro della morte e quella assassinata sarei rimasta proprio io.
“Non so di cosa abbiate parlato tu e Alex ieri sera, quando eravate sopra in camera mia intendo..” proseguì lui, acquistando un po’ più di fiducia nel discorso che stava facendo.
Beh, di bocche si poteva parlare di sicuro, ma non credo che l’azione più precisa fosse parlare.. comunque non sarei stata io a parlarne con Matt. Se Alex non gli aveva detto nulla del nostro bacio c’era un motivo e io avevo deciso di rispettarlo.
“Io e Alex ci siamo fatti una promessa..”
All’improvviso si alzò in piedi e si avvicinò a me, prendendomi una mano.
Stavo sudando freddo e non avevo idea di cosa fare, o cosa lui avesse intenzione di fare.
Quello era uno di quei momenti in cui avevo desiderato avere un kit per la sopravvivenza contenente un paracadute di fuga apposito per saltare da ruote panoramiche e un manuale intitolato ‘Evita di metterti nei guai, idiota! Come scampare al pericolo in caso di necessità”
Mi fissò negli occhi.. un po’ come aveva fatto la sera prima. Non riuscivo a distoglierne lo sguardo, perché per quanto volessi mentire a me stessa, anche gli occhi di Matt in un certo senso riuscivano a rapirmi.
E poi lo fece.
Lo fece per davvero questa volta.
Si, mi baciò. Mi baciò quasi con rabbia e io non capii. Non sapevo cosa fare..
Le sua mani passarono sulla mia schiena provocandomi dei brividi e confondendomi ancora di più.
Aveva le labbra morbide ma leggermente screpolate dal freddo. Il suo bacio fu diverso da quello di Alex, Matt non mi aveva chiesto il permesso di nulla. Si era semplicemente preso ciò che voleva e anche se ancora una volta non volevo ammetterlo, io glielo avevo lasciato fare.
Quando le nostre lingue si incontrarono mi strinse ancor di più a sé con un braccio, mentre l’altra sua mano finì sulla mia guancia ad accarezzarmi il viso.
Si staccava da me solo per prendere fiato, ma poi ritornava all’attacco non lasciando a me il tempo di respirare. Ma nemmeno di formulare un pensiero di senso compiuto.
Solo in quel momento mi accorsi che le mie mani erano finite tra i suoi capelli. Ma cosa stavo facendo?
Si allontanò da me non prima di avermi tirato un morso al labbro, e ancora brividi.
Mi fissò ancora un secondo senza lasciarmi, con il respiro affannato e un sorriso soddisfatto sulla bocca.
“Io non ho intenzione di rinunciare a te.. e nemmeno lui. Quindi, che vinca il migliore!” sentenziò dandomi un altro bacio a fior di labbra, leggero, e poi liberando l’abbraccio.
Il migliore? Vincere che cosa?
Si staccò giusto in tempo per l’apertura delle porte e fummo costretti a scendere.
Camminammo per qualche metro senza parlare e infine giungemmo dove ci stavano aspettando gli altri.
Guardai Alex, lui guardò me. Aveva un sorriso sulle labbra, ma dal suo sguardo trapelava ansietà e preoccupazione.
Scossi la testa.
Ero in mezzo ad una guerra e a quanto pare lo sporco premio di battaglia ero proprio io.
                                                                                                              …
Quando arrivammo vicino alla macchina ero di umore pessimo. Cercavo di non darlo a vedere, ma era più forte di me. Così avevo insistito per far sedere Cookie al centro mentre io mi ero seduta vicino al finestrino e non avevo aperto bocca per il piccolo tragitto che eravamo riusciti a fare.
Si, parlo proprio di piccolo tragitto perché mentre stavamo per uscire da Londra la macchina si era fermata, annunciando con un sonore rumore continuo che la benzina era finita.
Insomma, di male in peggio.
“Oh merda!” aveva detto Matt cercando invano di farla ripartire. Ma niente.
“E ora che cazzo facciamo?!”
Dopo un quarto d’ora di disperazione e qualche telefonata ai nostri genitori eravamo giunti alla conclusione che nei paraggi non c’era alcuna stazione di servizio, era sera inoltrata, tutti eravamo stanchi e quindi l’unica soluzione era quella di andare a stare in un Bed&Breakfast proprio li di fronte per quella notte e che la mattina successiva avremmo deciso cosa fare.
Fantastico.
Sbuffai scendendo dalla macchina, poi entrammo nel locale per chiedere subito una stanza. Per quanto riguarda i pagamenti dato che non avevamo così tanti soldi con noi, avrebbero provveduto i nostri genitori tramite telefono. Ovviamente a casa li aspettava una ramanzina di quelle micidiali, ma non per me per fortuna. Io avevo Julia e lei a sedici anni aveva fatto cose molto peggiori, tipo rimanere incinta.
“Buonasera! Posso fare qualcosa per voi?” mi sorrise una signorina con chignon e rossetto alla perfezione.
Certo, tutto ciò che può fare è darmi una stanza e levarsi dalle palle, grazie!
“Non so se ha ricevuto la chiamata da un certo signor Turner oppure dalla signora Evans..” per fortuna parlò Alex al posto mio.
“Oh si, voi siete quei cinque ragazzi, giusto? Bene, seguitemi” disse sorridendo con finta cortesia. Era scocciata, glielo si leggeva in faccia.
La seguimmo su per una scala di legno, erano tutti curiosi di vedere le stanze ed eccitati di passare una notte fuori.. tranne io. E chissà perché poi!
“Ecco la vostra stanza, domattina la sala per la colazione apre alle 8.. arrivederci e buonanotte!”
Momento.
Ha parlato di stanza, una sola stanza, oppure ho sentito male io?!
Le scimmie si ammassarono sulla porta per entrare. Solo io rimasi fuori.
Mi decisi ad entrare solamente quando Andy mi venne a trascinare di peso all’interno. C’era un unico, enorme letto matrimoniale. Chiusi gli occhi e inspirai a fondo. Ma perché diavolo dovevo sempre trovarmi io in queste situazioni?
“Tutto apposto?” mi chiese Alex cercando di fare il carino con me, perché ero certa che si fosse accorto del mio pessimo umore.
“Si, tutto a posto! Devo solo chiamare Julia..” e detto ciò, cercando di risultare anche io gentile, mi fiondai nel bagno e chiusi la porta a chiave.
Digitai velocemente il suo numero e attesi.
Il primo squillo andò a vuoto.
Attesi il secondo, ma anche quello andò a vuoto.
Per fortuna rispose al terzo con una voce mezza assonnata dato l’orario che mi fece sentire terribilmente in colpa. Ma io avevo bisogno di lei per calmarmi.
“Tesoro, cosa è successo?”
“Mamma..” inspirai prima di partire con la lunga descrizione dettagliata di tutto, anche del bacio di Alex della sera precedente.
 
                                                                                                              …
 
Quando uscii dal bagno, per inciso circa tre quarti d’ora dopo, stavo di gran lunga meglio.
Stavano tutti e quattro seduti sul letto in mia attesa, ed io ero più che sicura che due tra loro avevano avuto per tutto il tempo le orecchie tese a tentare di carpire qualche mia parola.
Non avevo più uno sguardo assassino e se ne accorsero, vidi addirittura Matt fare un sospiro di sollievo.
“Bene, come ci si sistema per la notte?” chiesi cercando di distogliere l’attenzione da me.
“Matt e Alex dormono fuori, tu e Cook potete dormire per terra, mentre io mi prendo il letto!” scherzò Andy.
Nessuno rise, c’era troppa tensione nell’aria.
“Se dormiamo in orizzontale ci entriamo tutti e cinque! A meno che Andy non preferisca dormire nella doccia.. “ propose Cookie.
Accettammo tutti la proposta di Jamie. Poi li vidi fiondarsi sul materasso per accaparrarsi il posto migliore, ovviamente se ne esisteva uno!
Cookie fu schiacciato da tutta la prorompente esuberanza di Andy contro la spalliera del letto, vicino a loro si disposero prima Alex e poi Matt. Però tra i due rimase uno spazio vuoto e io di primo impatto non riuscii a capire la loro intenzione..
“E io dove dovrei mettermi?” chiesi titubante come se stessi maneggiando una bomba ad orologeria.
“Tra me e Alex!” disse Matt sbattendo piano con una mano sopra il materasso nel luogo dove io avrei dovuto dormire.
Ovvio, avrei dovuto aspettarmelo in un certo senso.
E come uscire da questa situazione?!
“Io ehm ecco..” dissi cercando di far arrivare il colpo di genio, sotto lo sguardo confuso dei presenti.
Colpo di genio, cazzo, colpo di genio!
Trovato!
“Si! Io devo fare una doccia.. Tranquilli, voi iniziate a dormire e mettetevi comodi! Appena finisco mi butto nel primo buco vuoto che trovo..” e mi richiusi di nuovo in bagno per evitare che cercassero di controbattere, tirando ancora una volta un sospiro di sollievo.
Stetti più tempo che potevo in bagno, non fraintendetemi, la feci per davvero una doccia bollente e rilassante! Solo che cercai di metterci più tempo del previsto per lasciare il tempo a quei quattro di addormentarsi!
Il bagno di quella stanza era uno dei più brutti che io avessi mai visto, non c’era spazio per nulla figuriamoci per muoversi! Ringraziai il fatto che almeno ci fosse una finestra.
Mentre facevo scorrere l’acqua per riscaldarla, mi legai i capelli per evitare che si bagnassero, poi mi infilai nella doccia e chiusi gli occhi nel piacere del getto bollente.
La situazione era questa, Julia aveva ragione. Sia Matt che Alex provavano qualcosa per me e non avevano intenzione di arrendersi.. ‘Che vinca il migliore!’ aveva detto Matt, ma io non ero un cazzo di premio e non avevo voglia di stare al loro gioco! Ma comunque ora si spiegava il comportamento civile dei due e una tessera del grande quadro generale andava al suo posto.
La soluzione era comportarsi normalmente e far finta di nulla, negare fino all’ultimo! Oppure c’era una seconda possibilità e cioè affrontare con maturità e serietà la situazione..
Scoppiai a ridere da sola! Maturità e serietà non erano vocaboli esistenti nella famiglia Evans..
All’improvviso sentii l’acqua gelida sulla mia schiena e fui costretta a mettermi una mano sulla bocca per evitare di urlare!
Maledetto albergo!
Uscii in tutta fretta e mi misi il primo accappatoio che trovai appeso, sperando che almeno quello fosse decente.
Persi tempo rivestendomi e pettinandomi i capelli, cercando di sciogliere tutti i nodi.
Ma la matassa di nodi nella mia mente era ancora troppo ingarbugliata, ancora una volta e più di prima!
Dopo non so quanto tempo, mi decisi ad uscire. Ovviamente dopo essermi accertata che stessero dormendo!
Le voci non si sentivano più, l’unico rumore di sottofondo era il profondo russare da orso in letargo di Andy.
Mi avvicinai al letto e mi accorsi che dormivano davvero, come quattro bambini persi nel mondo dei sogni avevano una faccia angelica di un meritato riposo dopo una giornata più che stancante.
Cook aveva la bocca aperta e stava sbavando sul cuscino, Alex stava dormendo con una mano sulla faccia ed Andy di faccia sul materasso.
Insomma, uno più normale dell’altro!
Matt nel  frattempo si era addossato ad Alex e così fui costretta a prendere posto ai piedi del letto.
Ma proprio mentre mi infilai sotto il lenzuolo, Matt si voltò e mi cinse la vita con un braccio.
Fantastico.
Questo ragazzo ha l’innata capacità di provarci con me anche nel sonno, inconsciamente.
Che fosse un segno? Il segno di cosa poi, non lo so.
Chiusi gli occhi in attesa che il sonno si impossessasse di me, ma niente. La mia mente non aveva intenzione di darmi tregua! Ma in quel buco di stanza, con Andy che russava e Matt appiccicato non riuscivo a pensare e di conseguenza a dormire. Ero troppo agitata e stressata.
Avevo bisogno di una boccata d’aria fresca, così mi alzai piano, liberandomi dal braccio che mi stringeva la vita.
“Babù..” rantolò Matt.
Cazzo, lo avevo svegliato!
“Matt, torna a dormire..” gli sussurrai dolcemente.
Lo sentii pronunciare qualcosa di incomprensibile e poi girarsi dall’altra parte in posizione fetale.
Sorrisi, nonostante tutto era impossibile non volergli bene.
Sgusciai fuori dalle coperte e presi il primo paio di scarpe che trovai. Ero più che decisa ad uscir fuori sul balcone.
Camminai a passi felpati e prudenti per evitare di fare rumore e pensai di avercela fatta davvero.
Ma evidentemente non era così perché il mio piede si trovò nel punto sbagliato al momento sbagliato. O meglio, le chiavi della macchina di Matt si trovarono proprio sotto il mio piede in un momento più che inopportuno. Era come se avessi pestato un mattoncino di lego.
“Cazzo!” mi lasciai sfuggire le scarpe che finirono per terra mettendomi subito una mano sulla bocca mentre con l’altra mi massaggiavo il piede.
Mi guardai ancora intorno, ma per fortuna a parte un grugnito da uno dei quattro, nessuno si accorse di nulla.
Presi nuovamente le scarpe e finalmente arrivai di fronte al mio obbiettivo. Le infilai e aprii la finestra richiudendomela alle spalle.
Mi appoggiai alla ringhiera e maledissi il momento in cui non avevo preso la felpa da dentro, ma ormai era troppo tardi per rientrare.
Sospirai o sbuffai, non lo sapevo nemmeno io e mi accorsi di quanto potesse essere bella Londra di notte.
Un giorno mi sarebbe piaciuto tornare a vivere li.
Sentii un passo dietro di me e il rumore della finestra che si richiudeva, ma non mi girai. Avevo paura di sapere chi fosse il mio interlocutore, chi aveva avuto il coraggio di interrompere il criceto che girava sulla ruota nella mia testa.
 “Che ci fai qui fuori? Prenderai freddo..” riconobbi subito la sua voce forse un po’ impastata dal sonno.
Non risposi ma mi lasciai sfuggire un sorriso timido verso il nulla che per fortuna lui non poté vedere.
“Avanti, prendi la mia felpa su..” mi disse dopo essersi affiancato e a me appoggiando la schiena alla ringhiera.
“Di quante felpe sono in debito con te?” chiesi ironizzando e bloccando la sua mano che era già pronta sulla zip della felpa.
Mi fece uno di quei sorrisi che mi sciolse e pensai a quanto fossi stupida.
Stupida perché mi facevo tanti problemi, ma lui mi faceva sentire bene e male allo stesso tempo. Perché sapevo che se avessi risposto a me stessa con un si, alla domanda che mi ronzava da un bel po’ in testa sarei stata irrimediabilmente fottuta. Quella domanda era tabù, nemmeno Julia si era azzardata a farla!
“Tranquilla, ho un maglione qui sotto.. non morirò certo di freddo! Tu piuttosto, sei impazzita ad uscire d’inverno a mezze maniche?!” disse liberandosi della mia mano per sfilarsi la felpa e invitandomi ad infilar mici dentro.
Sospirai, non avevo voglia di controbattere e in più faceva troppo freddo. Così infilai le braccia e misi il cappuccio per riscaldarmi, poi ritornai alla mia postazione osservando ancora la meraviglia di Londra.
Rimanemmo per pochi minuti entrambi affascinati dallo spettacolo che avevamo davanti. Mi stupii del fatto che bastava esser soli per far sparire la sua sfacciataggine e sorrisi ancora a quel pensiero, ma sfortunatamente lui se ne accorse.
“Che hai da ridere?” mi chiese in contropiede, però un po’ me lo aspettavo.
“Ci sei mai stato qui? Qui a Londra intendo..” chiesi un po’ per confonderlo, un po’ per cambiare discorso.
“Si, tante volte.. e ogni volta mi ripromettevo che la volta successiva in cui sarei venuto, sarei venuto per stare su di un palco. Si, insomma.. hai capito ciò che intendo” disse scuotendo la testa forse per soffiar via i pensieri di troppo.
Si riferiva alla band. E come dargli torto? Londra è il sogno di ogni musicista che si rispetti!
“Ce la farete.. io ne sono convinta!” dissi per rassicurarlo, anche se in realtà non li avevo mai sentiti suonare per davvero.
“E da cosa lo deduci? Non basta un bel ragazzo per incantare la gente” sorrise indicando la sua faccia.
Eh già, che idiota che era! Dovetti ricredermi sulla sua sfacciataggine.
“Alex, avete determinazione.. se non ci fosse quella allora si che sareste fottuti per davvero!” sentenziai.
Mi sorrise, un po’ più convinto di prima, ma il buon’umore non era ancora tornato. Così decisi di giocare sporco.
“E poi hai ragione, Matt non basta per affascinare tutte le fan!”
Forse volevo solamente vedere la sua reazione, ma subito mi pentii di ciò che avevo detto perché lui mi fissò con i suoi occhioni assonnati da cerbiatto.
Matt gli aveva parlato di ciò che era successo al Londo Eye? Non potevo saperlo.. ma sperai di no. Ero complice di troppi segreti, ma la cosa più irritante era che anche se non avessi voluto mi ci stavano spingendo sempre più dentro, contro la mia volontà! E come tirarsene fuori? Julia mi avrebbe detto di fare una scelta, ma a quanto pareva qui l’unica che non poteva decidere ero proprio io.
“Certo che sei proprio una stronza!” mi sorrise dandomi un finto pugno sul braccio.
Quasi sospirai di sollievo, il suo sorriso mi riempiva di gioia. Evidentemente non sapeva nulla.
 “Ho imparato dal migliore, no?” dissi ricambiando il pugno e il sorriso.
Poi di nuovo silenzio. Da parte mia era sicuramente un silenzio imbarazzato.
“E tu come mai sei qui fuori?” mi chiese.
Distolsi lo sguardo dai suoi occhi, perché era proprio li che risiedeva ciò che gli permetteva di scavarmi a fondo, ciò con il quale riusciva a carpire ogni singolo pensiero di me.. e io non volevo.
“Non riuscivo a dormire..” risposi.
Si girò anche lui, poi annuendo si limitò a dire un ‘Certo’ più che poco convincente.. non gliel’avevo data a bere.
Sentii la sua mano sfiorare la mia e subito si aprì un contatto elettrico tra noi. Eravamo un po’ come due calamite caricate rispettivamente di carica positiva, lui, e di carica negativa io. Riusciva ad attrarmi a lui con dei semplici gesti ma mi confondeva, sempre di più. O forse ero io che mi rifiutavo di capire? Probabilmente aveva ragione Julia, non sapevo leggere tra le righe.
Intrecciò le dita con le mie, ma non si mosse.
“Se ti serve una spalla su cui piangere, qualcuno che ti ascolti.. insomma per qualunque cosa, sappi che io ci sono per te” parlò piano, sottovoce, come se mi stesse rivelando un segreto mondiale, parlò con la stessa delicatezza con cui si tocca un oggetto di cristallo. E mi stupii.
Ma come poteva esserci per me se il vero motivo di tutto quello struggersi mentale era per metà lui e l’altra metà invece si trovava oltre il muro di quel balcone, a dormire, ignaro di tutto?
Sospirai ancora, ma lo feci involontariamente. Però poi sorrisi, perché in fondo in fondo tutto sta nel far capire agli altri che si sta bene, di essere persone forti.
“Sei tutta strana tu.. prima sospiri e poi sorridi, poi sospiri ancora e ancora una volta mi sorprendi sorridendo!”
Alzai le spalle e poi scoppiammo tutti e due a ridere cercando di non far rumore.
“Forse è meglio se entriamo..” dissi tirando su con il naso che aveva cominciato a colarmi per il troppo freddo.
Alex annuì, e si diresse verso la finestra. La aprii silenziosamente e solo dopo che fui entrata anche io la richiuse.
Quando ci avvicinammo al letto notammo che nel frattempo le posizioni erano leggermente cambiate: Cook che non si sa come era finito ai piedi del letto e Matt che aveva abbracciato da dietro Andy.
Forse era una mania di Matt abbracciare tutto ciò che gli capitava a tiro mentre dormiva!
Dovetti mettere una mano sulla bocca di Alex per evitare che scoppiasse a ridere!
 Comunque, ci adattammo alla situazione. Si infilò prima Alex sotto le coperte e poi io, che mi misi di spalle a lui. Eravamo talmente vicini che riuscivo a sentire il suo respiro sui miei capelli.
Sperai che lui non riuscisse a percepire i brividi che mi stava provocando sulla schiena.
“Scusa.. non so proprio dove mettere questa mano!” mi soffiò nell’orecchio cingendomi la vita con un braccio.
‘Certo, tutte scuse Turner! Ritenta, la prossima volta sarai più fortunato!’ avrei voluto dirgli. Ma non so per quale motivo non lo feci.
La cosa strana è che mi accorsi solamente quando fummo abbracciati che le nostre mani non si erano lasciate nemmeno per un secondo.
 
 
 
 
 
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Ce l’ho fatta! Non ci credo neanche io, ma finalmente ce l’ho fatta!


 
Ancora una volta vi ripeto che siete liberi di non leggere tutto ciò che va oltre questa nota! (Vi ringrazio lo stesso per essere arrivati a fine capitolo!)
 
 
Salve a tutti, anche se in ritardo buon natale e buon inizio 2013.

Stranamente, a differenza degli altri anni, quel numerino che cambia a fine data non mi turba minimamente.
Comunque, ancora una volta ciò che avevo in mente per il capitolo non era neanche lontanamente ciò che ho scritto per davvero. Però sono fatta così, come si stravolge la mia vita, si stravolge anche quella dei personaggi. E diciamo che il natale ha incentivato la mia bontà e così ho deciso che per questo capitolo era meglio non fare la cattiva. Ma prima o poi la mia cattiveria dovrà trovar posto in questa storia, no?! E succederà ben presto.. muahahhah *risata malefica*.
Non ho altro da scrivere, anche perché non avrei tempo! Oggi sarà la prima volta che suonerò con la chitarra di fronte ad un pubblico e quindi devo andare a fare le prove, ma non ho resistito e (maledetta la mia impazienza) ho deciso di pubblicare lo stesso il quinto capitolo. Ma voi lo sapete meglio di me che la gatta frettolosa fa i figli ciechi! Quindi perdonate ogni errore che ho fatto.. D: Siate gentili con me (ma non troppo!)..
Ringrazio chi ha continuato a leggere (non avrei mai pensato che una storia nata così su due piedi sarebbe stata letta da tante persone, quindi thank you *lacrime di gioia*), chi recensisce ma anche chi pensa ‘ma ‘sta qui non c’ha di meglio da fare che scrivere cose senza senso?!’. Ringrazio tutti! :D
Il titolo di questo capitolo è So Far Away della nota canzone degli Avanged Sevenfold. Mi sembrava giusto mettere il titolo di questa canzone dato che il 28 dicembre è stato l’anniversario di morte del batterista The Rev e questa canzone è stata dedicata a lui dalla band.  Insomma, volevo ringraziarlo anche io a modo mio per la sua musica.

Sixteen

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Capitolo 6
*** Capitolo 6 -Snuff- ***


Bury all your secrets in my skin
Come away with innocence
And leave me with my sins
The air around me still feels like a cage
And love is just a camouflage
For what resembles rage again

 
 
CAPITOLO 6

Eravamo in dicembre, le foglie marroni e secche lasciavano posto ai quei fiocchi di neve che tanto mi facevano sognare ad occhi aperti.
Sheffield era letteralmente sovrastata dal candido manto e io continuavo a chiedermi se questa stupida vena malinconicamente poetica fosse dovuta proprio a questo oppure semplicemente era lo strato di dolcezza che ricopriva il mio cuore.
Londra era ormai una storia dimenticata, Alex e Matt continuavano a battibeccare allegramente sul più e sul meno e su un argomento in comune, Cookie era ancora alle prese con Katie più innamorati che mai ed Andy sperava ancora di trovare una ragazza.
Io? Io ero semplicemente sospesa in tutta quella neve che non ricordavo di aver mai visto così bella.
“Babù, guarda!” Alex mi aveva improvvisamente svegliato dal tepore invernale.
“Dove?” avevo chiesto semplicemente intontita guardandomi intorno.
“Li, alla finestra! Sta nevicando!!”
“Ne-nevica?” avevo detto con stupore ed entusiasmo, quasi commossa.
“E’ così bella! E’ anche così soffice come si dice?” avevo chiesto, poi, incantata dal vortice di fiocchi.
“Non hai mai visto la neve?!”
Ebbene si, l’unica neve che ero riuscita a vedere era quella sporca ai lati della strada, ormai piena di passi e fango. Durante i miei vari viaggi di trasloco chissà perché d’inverno capitavo sempre in luoghi troppo caldi.
In ogni caso, la neve rendeva tutto magico.
Non che prima già non lo fosse, ma i pomeriggi con le scimmie non mi erano sembrati mai così belli.
Forse perché il gelo esterno contribuiva a riscaldare i cuori?
Chi lo sa! Eravamo tutti più vicini che mai.
Le prime decorazioni natalizie cominciavano ad essere appese ai balconi, ai pali della luce e a scuola. Rendendo tutto gioioso e festoso. Ma l’aria di festa non era visibile solo da questi piccoli ed importanti dettagli ma anche da inviti a feste, regali e..
“Il ballo d’inverno? Ma che cazzo è ‘sta roba?” avevo chiesto mostrando tutta la mia eleganza degna di Elisabetta II.
“Babù, adoro quando emerge il tuo lato da scaricatrice di porto!” feci un inchino verso a Matt.
“Dai.. il ballo d’inverno! Vestiti eleganti, luci soffuse, i ragazzi che si dannano l’anima per invitare la ragazza dei loro sogni..” aveva detto Cookie con la testa visibilmente altrove. Ma che tenero romanticone.
“Tu sta zitto! Almeno sai chi invitare!!” disse Andy con la faccia sprofondata nella sua cioccolata calda.
“Perché non ci provi con Sue? Quella ragazza ti adora dalle elementari!”
“Ma l’hai vista bene in faccia Cook?”
“Caro mio, nel tuo caso non c’è che dire: ‘in tempi di guerra, ogni buco è trincea!’” commentò Jamie.
Ritiro il mio ‘ma che tenero romanticone’.
Il tempo trascorreva allegro come uno dei nostri soliti pomeriggi a casa di Jamie. Niente avrebbe potuto intaccare uno quei momenti che ti sembrano così perfetti nella loro semplicità, niente.
O almeno credevo.
“E’ d’obbligo andarci?” chiesi d’un tratto sovrappensiero, inorridendo all’idea di dover presenziare a qualcosa di così troppo elegante.
Vidi le facce dei quattro ragazzi girarsi verso di me. Andy era perplesso, Cookie aveva alzato un sopracciglio, Matt sembrava piuttosto allarmato e Alex, invece, piuttosto divertito.
“Ragazzi andateci piano con me! Sono poco esperta di queste cose”
“No, non è obbligatorio ma è una bella esperienza” mi rispose Alex penetrandomi con il suo sguardo.
“Bella esperienza?! Ma parla per te che le hai le ragazze da invitare, Turner!”
“Ma che dici razza di idiota? Sei tu che non ti sai dar da fare!”
“Con darsi da fare intendi dire frasi sdolcinate e fare il super figo della situazione?” aveva ribattuto Andy buttandola sul ridere.
Si, effettivamente se darsi da fare voleva dire fare il super figo, allora Alex ci sapeva proprio fare alla grande!
Scoppiammo tutti a ridere, tranne qualcuno che pareva piuttosto inquieto quel pomeriggio.
“O forse intendi soffiare sotto al naso la ragazza che piace al tuo migliore amico?” si era aggiunto al discorso Matt.
La cioccolata calda mi andò di traverso ed Andy mi batté un pugno sulla schiena.
 “Oh no, mi spiace Matt. Quella è una tua prerogativa! Lo sai”
Deglutii piuttosto rumorosamente e sperai che nessuno se ne fosse accorto.
Ed evidentemente era davvero così perché erano tutti presi e forse preoccupati dallo spettacolo distruttivo che ci sarebbe stato a momenti.
“Ragazzi, smettetela. Non è questo il momento di parlare di certe cose” aveva asserito Cookie, ma nessuno se ne curò.
“Una mia prerogativa? Questa è bella!”
“Forse devo rinfrescarti la memoria, Helders?”
Era come guardare una partita di tennis, prima Alex e poi Matt, Matt e poi Alex.
 “Mi sa che le tua manie di egocentrismo ti stanno portando a confondere me con te stesso Turner”
A qualcuno toccava incassare e adesso era toccato ad Alex. Aspettavamo tutti la battuta di rilancio.
“Certamente, ma ora rispondimi, ti ricorda qualcosa ciò che è successo due settimane fa?”
Due settimane fa?
Cos’era successo due settimane fa?
Babù metti in moto quel cazzo di criceto in prognosi riservata che hai al posto del cervello!
Se oggi è 18, togliendo 14 giorni si arriva alla settimana del 4 e cioè la settimana di…
…Londra.
Cazzo.
Questo significava che Alex sapeva del bacio sul London Eye!
Merda, merda, merda.
“Oh certo.. ma già che ci siamo vorrei farti anche io una domanda, cosa si prova a tradire il proprio migliore amico in camera sua quando lui è praticamente nella stanza accanto eh? Sentiamo!”
Anche Matt sapeva del bacio tra me e Alex.
Volevo sprofondare.
 “Non vedi che ti stai dando da solo la zappa sui piedi? Lei è una mia priorità, tu forse dovresti rivedere le tue e lasciare in pace gli altri!” in un impeto di rabbia Alex si era alzato in piedi.
Mi alzai di scatto anche io e tutti si girarono verso di me, ricordandosi che in mezzo a tutto quel casino c’ero anche io.
Non volevo saperne più niente.
“Credo che sia il caso che io vada”
Alex mi bloccò per un braccio.
“Io..”
Mi sottrassi a lui, non volevo che mi fermasse.
“Scusami Babù” disse poi abbassando lo sguardo.
Per la prima volta in vita sua non era riuscito a reggere i miei occhi.
Matt si era alzato e aveva tentato un passo per raggiungermi.
“Matt non serve, sto bene” dissi più per convincere me stessa che lui.
Appellai tutti i santi, Gesù, Zeus, Apollo e Buddha, ma soprattutto Julia.
Come poteva quella donna centrare sempre il bersaglio?
Lei aveva capito tutto sin dall’inizio e aveva tentato di avvertirmi, ma io come una stupida non l’avevo ascoltata.
Quindi l’unica cosa da fare era pensare a cosa avrebbe fatto lei in un momento come quello e comportarmi da tale.
Mi incamminai verso l’ingresso infilandomi il giubbotto e poi, all’ultimo, mi voltai.
“Ah Andy, ti invito personalmente al ballo d’inverno. Sappi che non accetterò un no come risposta”
E detto questo mi girai e me ne andai in un’uscita degna della figlia di Julia Evans.
Corsi più che potevo, non volevo che mi seguissero, che provassero a giustificarsi, anche se dubito l’avrebbero fatto.
Presi fiato solo quando fui arrivata a casa mia, ma invece di entrare mi buttai sulla neve, in giardino, e mi lasciai incantare da quel vortice di fiocchi che cadevano lenti tra i miei capelli.
 
                                                                                                              …

                                                                                                                                             So if you love me let me go
And run away before I know
My heart is just too dark to care
I can’t destroy what isn’t there
Deliver me into my fate
If I’m alone I cannot hate
I don’t deserve to have you
My smile was taken long ago
If I can change I hope I never know

 
 
Quando Julia si accorse di me, mi trovò piuttosto sconvolta.
Forse per il troppo freddo che avevo preso o semplicemente per ciò che era accaduto quel pomeriggio.
“Babù, sono le dieci di sera! Da quanto eri stesa lì al freddo sotto la neve?” disse togliendomi il giubbotto e facendomi sdraiare sul divano.
“Neve? Non è divertente come parola? Neve neve neve, se lo dici tante volte di fila non ha più un senso!” dissi piuttosto seria e concentrata.
Mi girava la testa ed ero in uno stato di evidente confusione.
Non ricordo granché, se non che la mia adorata salvatrice mi spogliò e mi buttò sotto le coperte del mio letto.
 
                                                                                                              …

                                                                                                                                             I still press you letter to my lips
                                                                                                                                             And cherish them in parts of me
                                                                                                                                             To savor every kiss
                                                                                                                                            I couldn’t face a life
 Without your light
                                                                                                                                             But All of that was ripped apart
                                                                                                                                             When you refuse to fight!

 
 
Mi svegliai sbattendo ripetutamente le palpebre, ero piuttosto intontita e la testa continuava a girarmi, ma meno di prima.
“Ma buongiorno razza di scema!” mi disse Julia che era seduta di fianco a me sul letto con una tazza fumante di the.
“Buongiorno mammina, che ore sono? Devo andare a scuola..” avevo asserito tentando di alzarmi.
Ma lei prontamente mi aveva spinto con la schiena contro il materasso.
“Tesoro, dato che ieri sei ammattita, non che prima non lo fossi su questo non avevo dubbi ma Sheffield gioca brutti scherzi alla tua sanità mentale, e dato che hai tentato di emulare.. non so, un orso polare? Un pinguino? Dubito un’orca assassina, so che odi i pesci..”
“Puoi arrivare al punto gentilmente? Ho la testa che mi scoppia”
“..e dato che ti sei addormentata per circa quattro ore sotto la neve, ti sei presa una febbre da cavallo che nemmeno ti immagini!”
Ecco spiegato il giramento di testa.
“Stai dormendo da circa ieri sera”
“E di grazia, che ore sono?”
“Mmm vediamo, sono circa le sei di pomeriggio!”
Fantastico.
Chiusi gli occhi e mi massaggiai le tempie.
Silenzio.
Strano, molto strano.
Riaprii gli occhi e la trovai assorta nei suoi pensieri mentre mi fissava preoccupata.
“La smetti di guardarmi a quella maniera? Cominci seriamente a farmi paura” asserì.
“Sei tu che cominci a far paura a me! Non ti vedevo in questo stato da non so quanti anni!”
“Ho una salute di ferro, non mi ammalo mai” deviai il discorso anche se sapevo che era impossibile.
“Lo sai bene che non mi riferisco alla febbre..”
Ovvio.
“Sto bene” mentii.
“Si certo, ora se la smetti di fare la sostenuta, mi diresti semplicemente il perché? Anche se in fondo in fondo credo di aver capito..”
E quando mai non capisce qualcosa?
“Le solite cose”
“Con le solite cose intendi assistere ad una litigata furibonda, scappare, e addormentarti sotto la neve? Hai una vita piuttosto anormale, ragazza”
“Come fai a saperlo?” chiesi stupita, ma poi mi ricordai che in realtà stavo parlando con Julia e lei sapeva sempre tutto.
“Della tua vita piuttosto anormale?”
“Deficiente! Della litigata, di tutto!”
“Diciamo che ho i miei informatori”
 “Chi precisamente?” chiesi allarmata.
“Perché ti interessa saperlo?”
“Perché ti interessa sapere come sto se poi non mi aiuti a stare meglio?”
Mi guardò contrariata.
 “Okay va bene, va bene! Sono venuti Alex e Matt ma li ho mandati via”
“Sono venuti insieme?”
“Certo che no, è venuto prima Matt che mi ha raccontato la sua versione..”
Mi pecca in ovvietà il signorino, non sapeva mantenere un maledettissimo segreto.
“..e poi Alex. Ma con lui c’ho messo un bel po’ per scucirli tutte le informazioni”
Era impossibile sapere qualcosa da Alex, in certe situazione era peggio di una tomba! Di fatti non mi spiegavo il perché avesse raccontato a Matt di quella sera.. e chissà se gli aveva raccontato anche del giorno in cui facemmo filone! Mon dieu.
“E la tua conclusione è che..?”
“Sei una perfetta idiota”
“Quello sempre, ma mi riferivo alla situazione nello specifico”
“Si può sapere come ti è saltato in mente di invitare Andy al ballo?”
“Non lo so, mi faceva tanta tenerezza perché non aveva una ragazza da invitare e poi..”
“..volevi pararti il culo in modo tale che né Alex né Matt ti invitassero al ballo” concluse lei.
“Esattamente”
“Sei degna di essere chiamata mia figlia” disse scoppiando a ridere.
Risi anch’io, finalmente.
“Comunque è meglio che tu rimanga a casa un po’ di giorni.. e non lo dico solo per la tua saluta fisica ma anche perché credo che manchi poco alla tua definitiva bollatura di deviata mentale” disse alzandosi dal letto.
Mormorai qualcosa ma non mi sentì, ma all’ultimo sull’uscio della porta, come avevo fatto io il giorno prima, si girò.
“Hai detto qualcosa?” mi chiese premurosa.
“Grazie” ripetei a voce più alta, per quello che potevo.
“Di nulla amore mio, ora dormi che quando scendi giù ti aspetta una bella sorpresa..” mi disse ma forse fui solo io a fraintendere perché ero di nuovo calata nel mondo dei sogni.
 
                                                                                                              …
So save your breath I will not hear
I think I made it very clear
You couldn’t hate enough to love
Is that supposed to be enough?
I only wish you weren’t my friend
That I could hurt you in the end
I never claimed to be a saint
Oh my love was banished long ago
It took the death of hope to let you go
 

 
Quando mi svegliai la seconda volta la testa mi faceva molto meno male ma il rimbambimento da febbre era ancora rimasto perché quando scesi le scale e arrivi in soggiorno avevo le allucinazioni.
Mi buttai sul divano non curante di ciò che la mia immaginazione mi faceva credere di vedere intorno a me.
“Come ti senti?” mi chiese Julia porgendomi una tazza fumante di non so cosa.
“Molto meglio ma non riesco a capire perché ho le allucinazioni” risposi prendendo la tazza.
Bevvi un sorso, era the verde, il mio preferito.
“Allucinazioni? Cosa vedi di così anormale?”
“Non so, vedo un sacco di fiori in ogni angolo del soggiorno!”
“Che tipo di fiori vedi?” mi chiese ancora, ridendo sotto i baffi in modo sospetto.
“Rose rosse, tante, troppe!” dissi esasperata al ché scoppiò definitivamente in una fragorosa risata.
“Si può sapere perché cazzo stai ridendo?” dissi massaggiandomi le tempie e chiudendo gli occhi.
“Ma certo che sei proprio scema eh! Apri gli occhi menomata di una figlia! Non stai avendo le allucinazioni..” mi rispose buttandomi qualcosa addosso.
Lo afferrai e notai con grande stupore che si trattava di una rosa. Rossa. Vera.
Alzai lo sguardo e mi guardai intorno, questa volta con più attenzione.
Ogni singolo angolo del soggiorno era tappezzato di grossi mazzi di fiori di un rosso vivo mai visto.
“Chi..?” non feci in tempo a finire che Julia mi lanciò in testa qualcos’altro: un lettera presumibilmente.
Aprii la busta che la conteneva e una serie di parole confuse si mostrarono davanti a me.
“L’hai già letta?” chiesi a bassa voce come se stessi per leggere un segreto nazionale.
“No, però sono curiosa quanto te! Quindi leggi ad alta voce su su..” mi disse avvicinandosi repentinamente e posizionandosi comoda al mio fianco.
Cominciai.
 “’Cara Babù,
 mi spiace davvero per ciò che è successo ieri, non sarebbe dovuto accadere. O almeno, non di fronte a te! Ho voglia di sapere come stai, ma Julia questo pomeriggio mi ha impedito di salire in camera da te. Spero davvero che non sia a causa mia, o meglio nostra, perché tutto questo casino è stato provocato da me e lui, tu non centri proprio nulla. Anche se spetta a te la decisione finale. Mi serve una sola serata per riuscire a rimediare quindi, ti andrebbe di venire al ballo con me?
Matt
P.s spero che i fiori ti siano piaciuti!’

Conclusi la lettera.
Io e Julia ci guardammo.
“Dovrebbero esserci più ragazzi come lui” disse lei sognante.
“Ma che cazzo dici?! Tutta questa dolcezza può mettersela nel..”
“Babù!”
“Quando ci vuole ci vuole!” dissi sprezzante.
La lettera non aveva fatto altro che farmi incazzare ancora di più, perché si, io non ero una delusa e triste povera donzella che aveva bisogno di affetto in un tragico momento serie Kiss Me Licia, io ero una fottutissima ragazza che, quando serviva, sapeva tirare fuori le palle.
“Non dirmi che non ti ha smosso nemmeno un po’”
“Per nulla!”
Mi guardò malissimo.
“Spiegami come dovrei reagire allora! Tu non hai assistito alla litigata di ieri, sembravo un oggetto, merce di scambio!” sbottai offesa incrociando le braccia.
Sospirò.
“Quindi hai preso una decisione?” mi chiese titubante.
“Riguardo cosa di preciso?”
“Non so.. per esempio il ballo”
“Al ballo ci andrò con Andy, su questo non si discute, fine della storia!” risposi decisa.
Sospirò ancora.
“Devo avvertirti nuovamente..”
“Lo fai ogni due per due, ormai ci sono abituata!” me la stavo prendendo anche con lei e non avrei dovuto, lo so.
“Sono tua madre e questo è il mio compito!”
“Lo so mamma, mi dispiace.. è che mi fanno terribilmente incazzare queste cose” dissi abbassando la testa.
“Vieni qui..” disse abbracciandomi.
Attesi il suo verdetto.
“Sta attenta” disse dopo una lunga pausa di riflessione.
“Tutto qui?!” chiesi sgranando gli occhi.
“Perché, cosa ti aspettavi?” scoppiò a ridere.
“Qualcosa del tipo ‘non mettere in mezzo Andy’ oppure ‘scegli uno dei due e basta’ ma anche ‘sei una deficiente’! Mi hai stupita, davvero” dissi sorridendole.
“Va bene che devo darti avvertimenti ma questo non vuol dire che debbano sempre essere lunghi e noiosi, a volte con due semplici parole si può esprimere tutto” mi sorrise di rimando.
“Sappi che..” aggiunse poi.
“Lo sapevo che da qualche parte c’era l’inganno!” la punzecchiai.
Dopo avermi dato un leggero ceffone dietro la nuca riprese.
“Sappi che ci sarò sempre. Ogni errore che farai io raccoglierò sempre con te i cocci, giusto o sbagliato che sia”
La abbracciai più forte.
Lasciarmi senza parole in quei momenti era molto facile e lei lo sapeva.
“Bene, dopo questa tragedia greca stile Euripide una domanda mi sorge spontanea.. cosa ce ne facciamo di tutti questi fiori se la tua risposta definitiva è no?” mi chiese.
Lei era dolce, e le romanticherie le facevano girare la testa, una lettera d’amore l’avrebbe portata a perdonare anche un assassino, ma i fiori no.
Gli odiava. Si, Julia odiava i fiori.
“Tranquilla, si rimandano direttamente al mittente!” le dissi sorridendole.
 
 

                                                                                                                                                         So break yourself against my stones
                                                                                                                                                         And spit your pity in my soul
                                                                                                                                                         You never needed any help
                                                                                                                                                         You sold me out to save yourself
                                                                                                                                                         And I won’t listen to your shame
                                                                                                                                                         You ran away and your all the same
                                                                                                                                                         Angels lie to keep control
                                                                                                                                                         Oh my love was punished long ago

                                                                                                                                                        If you still care don’t ever let me know    

IF YOU STILL CARE DON’T EVER LET ME KNOW    
 
 
 
 
 
Bene, dopo una serie di sfortunati eventi sono riuscita a terminare il capitolo.
“E meno male!” urla qualcuno, “era ora!” dice qualcun altro. Sappiate che concordo pienamente con voi!
Dico una serie di sfortunati eventi perché in realtà il capitolo era pronto già da un mesetto ma caso ha voluto che il mio adorato, tenero e preistorico pc si rompesse. E ovviamente, dopo che ho aspettato per non so’ quanto tempo, la notizia mi è giunta con lentezza stile gufo di Harry Potter (ma anche Poste Italiane eh): pc rotto, memoria andata, capitolo andato.
Al diavolo!
Ho dovuto riscriverlo tutto e si sa, nulla è mai uguale una seconda volta! Così ho fatto correzioni, aggiunte ho tolto parecchie cose e per altre mi son detta “no, è ancora troppo presto!”.
Tra l’altro ho dovuto anche riscriverlo sul mini computer di mia madre!
Fatto sta che questo è il sesto capitolo, ve lo affido, siete libere/i di criticarmi (perché ammettiamolo in fondo in fondo dopo tutta questa attesa me lo merito ahahahha).
Non siate crudeli con me!
Peace and Love
Sixteen
 
 
 
La canzone che ho scelto come titolo del capitolo è Snuff degli Slipknot.
Me ne sono innamorata! Metto qui sotto il link, nel caso vi vada di ascoltarla :D

http://www.youtube.com/watch?v=rPD7wh-6vT8

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Capitolo 7
*** Capitolo 7 -The Modern Age- ***


Leavin’ just in time
Stay there for a while
Rolling in the ocean
Trying to catch her eye
Work hard and say it’s easy
Do it just to please me
Tomorrow will be different

SO I’LL PRETEND I’M LEAVING.
PER CUI FARÒ FINTA DI ANDARMENE.

 

 

 
CAPITOLO 7
Bevvi lentamente un sorso di the dalla mia tazza e fissai il mio interlocutore mentre si intestardiva sempre più sull’argomento di conversazione che, in quel momento, trovavo piuttosto noioso.
Sbadigliai.
“Hai finito?” chiesi assonnata.
Mi lanciò uno sguardo contrariato.
Il mal di testa da febbre non mi era ancora del tutto passato, cosa pretendeva? Che allegramente rispondessi a tutti i suoi interrogativi gradevoli quanto un cactus nel deretano?
“Babù, sono giorni che non ci vediamo..” mi disse poi arrendendosi definitivamente e poggiandosi allo schienale della poltrona.
“Lo so Andy, lo so.. e tu sai, invece, che rimango sulle mie decisioni”
“Decisioni di cosa?! Sai meglio di me che quello con cui vuoi andare al ballo non sono io..” sentenziò duro.
 “Ma ti faccio davvero così schifo? E porca miseria! Voglio solo divertirmi con i miei amici non è mica un appuntamento!” dissi quasi indignata.
“Babù, lo sai che non è quello che intendo! Sarei davvero felice di venire al ballo con te ma.. sai loro due.. io.. io non centro nulla!”
“Loro due cosa?! Ma fammi il piacere..”
“Forse non te ne rendi conto ma ci tengono davvero a te”
Sospirai rumorosamente.
“Ti ho chiesto di venire al ballo con me, punto. Se desideri rifiutare il mio invito puoi farlo”
Mi guardò con attenzione.
“Non andrò al ballo ma non me ne importa nulla.. mi spiace solo che Julia ci rimarrà male..” continuai.
Meditò in silenzio.
“Senti, verrò al ballo con te solo se prometti di chiarire una volta per tutte questa situazione con Matt ed Alex!”
Alzai le sopracciglia.
“Siamo entrati in un circolo vizioso Andy! Cavolo ti ho detto che non ci voglio nemmeno parlare con quei due!”
“In realtà sai anche tu che non è così..”
C’era qualcosa che mi bruciava dentro come non mai e lui l’aveva capito perché sapeva.
“Senti.. mettiamo bene in chiaro le cose..” cominciai.
“Qui non c’è da mettere in chiaro proprio nulla! Babù è tutto così evidente.. Matt che si presenta a casa tua, ti invia fiori, ti scrive lettere, ti chiama ogni giorno e tu non lo degni di risposta mentre tutti sappiamo che Alex non si sta facendo vivo e questo ti fa male!”
Colpita e affondata.
“Ma..”
“Ma un tubo! Il tuo cervello ha preso una santissima decisione, perché non risolvi un po’ di problemi a tutti quanti e non lo chiarisci anche a te stessa?”
Abbassai lo sguardo.
“Babù, devi farlo..” quasi mi implorò.
Respirai a lungo prima di rispondere.
“Andy.. come faccio a chiarire con una persona che dice di volerti bene, di tenerci a te e alla prima litigata non fa nulla per rimediare? Non ha senso tutto questo!” risposi calma.
All’improvviso qualcuno bussò alla porta d’ingresso.
Oh merda.
Rimasi immobile.
Anche Andy lo era.
 “Ehm Babù dubito la porta si apra da sola..” mi disse cauto.
Lo guardai, sospirai e mi alzai con il cuore a mille, ben avvolta nella coperta.
Tum tum tum tum tum tum.
Era il mio cuore che batteva unito ai battiti sulla porta.
Certo che chiunque ci fosse stato li dietro era proprio un bel seccatore!
Poggiai la mano sulla maniglia, presi un bel respiro profondo e…
..SBAM! Mi ritrovai spiaccicata tra la porta e la parete.
“Ma che cazz.. oh ciao Andy!” sentii un’allegra voce familiare salutare il mio amico che intanto soffocava le risate.
“Ciao Julia, dammi.. ti aiuto con le buste della spesa!”
“Ma Babù che fine ha fatt.. oh eccoti! Ma che ci fai li dietro?”
Premurosa e rimbecillita, un miscuglio perfetto.
“E’ un nuovo tipo di ballo.. si chiama ‘il-ballo-del-geco-schiacciato-dietro-la-porta’!!” risposi sarcastica.
“Tesoro credo che la febbre ti sia alzata di nuovo”
La guardai male e seguii i due in cucina.
“Oh Andy.. ho preparato tutto per il ballo! Dato che Babù aveva la febbre le comprerò domattina io il vestito, sarà bellissima vedrai e poi..”
Mentre Julia continuava a blaterare guardai Andy.
Lui guardò me.
Te l’avevo detto, io.
“..che poi forse è meglio l’azzurro rispetto al pesca, che è ugualmente un colore fantastico ma..”
Avanti Andy, dalle la brutta notizia se ne hai il coraggio!
Feci per aprire bocca ma lui mi fece segno di no con la testa, leggermente allarmato.
s-e-n-z-a-p-a-l-l-e scandii sottovoce.
“Mamma, Andy deve dirti una cosa” dissi poi.
Che volete da me, era una settimana che non torturavo nessuno e non potendolo fare con Alex con qualcuno avrei dovuto pur farlo!
Julia si interruppe e lo fissò con gli occhi sbrilluccanti.
“Cosa devi dirmi Andy?” disse cercando di trattenere l’entusiasmo.
“Si, Andy.. avanti, cosa devi dirle?”
Mi fissò contrariato.
“Il mio abito è nero semplicissimo quindi per il vestito di Babù andrà bene un colore qualsiasi” sentenziò alla fine, arrendendosi dopo un minuto di meditazione.
“Oh Andy sono così felice!” disse mia madre abbracciando il ragazzo mezzo sconvolto.
Si, bastava poco per farla felice.
“Dimmi che resti a cena così organizziamo tutte le ultime cose!” propose poi.
“No, mi spiace devo proprio andare.. stasera ho le prove con la band” rispose lui.
Le prove con le scimmie.. quanto mi mancavano!
Lo guardai malinconico ma non potevo farci nulla.
Non mi sarei presentata da Matt nemmeno se farlo sarebbe servito a portare la pace nel mondo, il ché era molto probabile dato che nel mio di mondo in quel periodo c’era la guerra.
Accompagnai Andy alla porta e mi fermai sull’uscio.
“Ci vediamo domani” dissi poggiandomi sullo stipite.
Annuì e si girò.
Una macchina mezza distrutta di colore blu scuro si era fermata proprio di fronte al mio vialetto.
Non volli nemmeno vedere se oltre al proprietario della suddetta macchina, che tra l’altro stavo cercando di evitare, ci fosse qualcun altro. Non m’importava.
Sospirai.
“Buonanotte” dissi poi chiudendomi lentamente la porta alle spalle.
 

 
Sentii qualcuno scuotermi per la spalla.
“Babù! Su dai, svegliati tesoro..”
Mugugnai qualcosa di indecifrabile.
“Dai su.. sono le 5 del mattino!”
Ma perché cazzo svegliarmi a quest’ora?
Aprii a fatica gli occhi ancora impastati di sonno e guardai con una probabile faccia da rimbambita Julia.
“Si può sapere che cazzo ti è saltato in mente di chiamarmi così presto?”
“Babù dobbiamo partire..” mi disse mentre si allontanava da me per accendere la luce.
Socchiusi gli occhi.
“Do-dove dobbiamo andare?” chiesi confusa mettendomi a sedere.
“Ti porto a conoscere una persona” mi disse aprendo per terra una valigia e cominciando a mettere i vestiti che trovava nel mio armadio.
“Chi devo conoscere?” chiesi perplessa ma non ricevetti risposta.
Attesi, ma ancora nulla.
“Mamma.. fermati un attimo!” mi alzai e la raggiunsi ma lei non mi diede ascolto.
“Julia!”
Si fermò e mi guardò.
“Dimmi tesoro..”
“Dove e da chi stiamo andando?” chiesi allarmata.
Mi accarezzò una guancia, sorridendomi.
“Ti faccio conoscere mia madre”
“Tua madre..? Intendi mia nonna?”
“No intendo madre natura”
Alzai un sopracciglio.
“Certo scema che non sei altro! Se è mia madre è anche tua nonna!” mi sorrise.
Panico.
 “Ma perché così di fretta e senza preavviso? Voglio dire.. non sono pronta..”
Non conoscevo nessun parente. Julia si era sempre rifiutata di presentarmeli o addirittura di parlarmene rimandando sempre ‘al momento più opportuno’. Questo voleva dire che quel momento  era arrivato?
“Oh dai Babù.. non c’è bisogno di essere pronti! Per queste situazioni lo si è e basta! Muoviamoci perché tra qualche ora dobbiamo prendere l’aereo” disse sorridendomi ancora.
“Ma la scuola?” chiesi ancora.
“Non importa..” disse lanciando qualche altra maglietta nella valigia.
“E il ballo?”
“Babù ti prometto che torneremo in tempo, fidati di me! Ora scendi giù a fare colazione!”
Non obbiettai e percorsi il corridoio e le scale.
Nonostante il buio notai un’altra valigia vicino all’ingresso.
A che ora si era svegliata per preparare tutto?
Quella donna continuerà a stupirmi fino alla fine dei miei giorni.. e cioè nell’esatto momento in cui prenderò un infarto a causa di queste sue uscite degne di cosa non so lo so nemmeno io.
Sospirai.
Non facevo altro in questi giorni!
 

 
Stiracchiai leggermente le gambe e aprii gli occhi.
“Da quanto sto dormendo?” chiesi ad una Julia che guardava distrattamente fuori dal finestrino dell’aereo.
“Non saprei..”
“Ma siamo arrivate? Sto morendo di fame..”
Mi porse un pacco di biscotti e tornò a fissare il vuoto fuori dal finestrino.
Perché era così turbata?
Avrei dovuto esserlo io diavolo!
Appoggiai la testa sulla sua spalla.
“Tesoro..” disse accarezzandomi la guancia mentre io le sorridevo.
 “Mamma, ma verrà a prenderci all’aeroporto?” chiesi con il panico che cominciava a salirmi.
Respira.
“No, le faremo una sorpresa..” mi disse.
“Una sorpresa?! Quindi non sa che stiamo andando da lei?!”
Fece segno di no con la testa.
Un dubbio mi assalì e cominciò a farmi sudare freddo.
“Julia..”
“Dimmi”
“mai lei.. si, voglio dire..”
“Cosa?”
“Lei.. lei sa che esisto?”
Mi guardò attentamente prima di darmi una risposta.
“Ma certo” disse poi sorridendomi.
“Si prega di allacciare le cinture di sicurezza. L’atterraggio avverrà a breve”
Mi staccai dalla sua spalla e allacciai la cintura.
“Dai, ci siamo quasi!” mi disse, questa volta più sicura di prima.
 

 
Era una casa.
Una qualunque.
Non aveva nulla di speciale o almeno era questa la mia prima impressione.
Julia alzò una mano per bussare alla porta.
Prima di farlo, però, si girò verso di me.
“Sei pronta?”
Non è un tantino tardi per chiedermelo?!
Oh al diavolo tutto!
“Certo che sono pronta!” risposi fiduciosa.
Che poi tutta questa fiducia da dove derivasse non lo so.
La vidi prendere un sospiro e..
..la porta si aprì da sola senza che Julia avesse bussato.
Una signora forse sulla cinquantina ci fissava nella penombra.
“E ce ne avete messo di tempo per decidervi ad entrare perdio!” esclamò.
“Le cattive abitudini son vecchie a morire” disse Julia sorridendo.
“La mia porta è sempre aperta per te e per.. vediamo, lei dovrebbe essere..”
“Babù!” esclamai tutto d’un fiato.
Mi scrutò con i suoi occhi marroni, uguali in tutto e per tutto a quelli di Julia, ma poi mi sorrise.
“Vi ho visto arrivare..”
“Spero dalla finestra!”
“No.. l’hai detto anche tu che le cattive abitudine sono vecchie a morire!”
Guardavo il botta e risposta tra le due.
Non avevano poi così tanto in comune ma non me ne stupii.
“Avete deciso di rimanere fuori al freddo? Perdio siamo a Bristol si o no? Su entrate entrate..”
Entrammo togliendoci i cappotti e assaporando il tepore che proveniva dall’interno della casa.
Ci accompagnò in soggiorno dove ci fece accomodare su un vecchio divano.
“Vi aspettavo da un po’.. avete ritardato di qualche ora..” disse poi versandoci il tè in due tazze già ben sistemate di fronte a noi.
Poi mischiò delle carte e cominciò a sistemarle di fronte a sé.
“Colpa dell’aereo” si giustificò Julia.
“Sospettavo”
Non riuscivo a proferir parola.
Avrei voluto chiederle un sacco di cose ma  qualcosa me lo impediva.
Era così concentrata su quelle carte che rompere quello strano incantesimo mi sembrava alquanto eretico.
Guardai Julia, anche lei era fissa concentrata sulle carte.
Tornai a guardare quella che a quanto pare era mia nonna e che aveva appena sollevato una carta.
Scosse la testa e sorrise, poi la poggiò e mi guardò.
“Che scortese, non mi sono presentata! Dato che il nome Theodor non esiste al femminile sono stata chiamata Teddy. Ti basta sapere solo che faccio la cartomante per il resto avremo tempo di conoscerci meglio” disse sorridendomi a 36 denti.
Le sorrisi anche io.
Poi prese un’altra carta e la scrutò con attenzione.
“Oh Babù, credo che qualcuno di importante voglia parlare con te..”
La guardai confusa.
Presa un’altra carta.
“Un certo.. Alexander? O si, proprio Alexander” disse poi ridendo.
Pensai seriamente di essere finita nella casa di una psicopatica.
Alex non mi avrebbe mai chiamata, non lo aveva fatto per tutta la settimana e non lo avrebbe fatto nemmeno ora.
Julia doveva averle detto qualcosa e anche se avrei dovuto essere arrabbiata perché in fondo aveva spifferato tutto ad una donna che anche se a quanto pare era mia nonna era comunque una perfetta sconosciuta, mi sentivo solo intontita.
Mi alzai di scatto e nel mentre lo facevo il mio telefono squillò.
Mi congelai, letteralmente.
“Non vedi chi è il tuo interlocutore?” mi chiese Teddy.
La guardai mentre il cellulare continuava a squillare insistente.
Non era Alex, non poteva esserlo e per appurarlo presi il cellulare e glielo piazzai di fronte agli occhi ad un palmo dal naso.
“Non è Alex” dissi.
“Mi sa che dovrai ricrederti, guarda bene..” mi disse ridendo.
Non poteva prendermi in giro in questo modo!
Girai il cellulare e fissai il display.
“Alex..” sussurrai incredula.
 
 
 
 
 





 
E anche questa volta ce l’ho (abbiamo) fatta!
Continuo ad implorare umilmente perdono per tutta l’attesa. Il capitolo non è un granché lo so, ma è utile per quello successivo che ho già ben in mente come strutturarlo (e spero materialmente di riuscirci). Non ho molto da dire, l’ingresso di Teddy mi tornerà utile in futuro e inoltre era ora che dessi delle basi alla famiglia di Julia e Babù (anche se magari non ve ne frega una beneamata cippa, ma pazienza non parlerò a lungo di lei/loro).
Un bacio a tutti coloro che continuano a seguirmi/recensire/leggere anche se magari vorrebbero uccidermi perché ci metto davvero troppo, troppo tempo ad aggiornare.
Ci vediamo alla prossima! :D
Sixteen
 
 
Come al solito vi linko la canzone che ho deciso di mettere come titolo al capitolo, spero vi piaccia come piace a me (o magari già la conoscete visto che come sapete gli Arctic prima di diventare famosi facevano cover degli Strokes)

http://www.youtube.com/watch?v=cfamwv1kR4M

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Capitolo 8
*** Capitolo 8 -Song 2- ***


When I feel heavy metal
And I’m pins and I’m needles
Well I lie and I’m easy
All of the time but I never sure
When I need you
Pleased to meet you!

 
 
 
CAPITOLO 8
“Alex..” sussurrai incredula.
No, no, no e poi no.
Si stavano tutti prendendo gioco di me, non poteva essere altrimenti.
Ma può una persona appena conosciuta arrivare a questo punto? Può già conoscere i tuoi sentimenti in quel modo ma, cosa ancor peggiore, conficcare la freccia nel tuo punto debole?
No!
Quindi questa ipotesi era da scartare.
Allora quel qualcuno che voleva prendersi gioco di me era con l’orecchio spiaccicato dietro il telefono di Alex e attendeva che io rispondessi per poi riattaccare o magari urlarmi frasi insensate.
Opzione più che convincente.
Julia e Teddy mi guardavano e aspettavano.
La cosa più esilarante è che il mio stupido monologo interiore andava avanti già da qualche minuto ma colui o colei che mi chiamava sembrava non avesse la benché minima idea di premere quel maledetto pulsante con la cornetta rossa.
Feci un mezzo sorriso di circostanza e andai verso quella che si rivelò essere la cucina.
Chiusi la porta, arrendendomi al fatto che quell’insulsa parete non sarebbe servita a nulla visto che per quel che conoscevo Julia sapevo sarebbe stata con le orecchie in agguato pronta a captare ogni singolo sussurro fosse uscito dalla mia bocca.
Babù non è Alex che ti sta chiamando, prendine atto. Lo sai bene che non ti chiamerebbe mai.
Presi un sospiro e premetti il tasto con la cornetta verde.
“Pronto?” sussurrai.
“Babù?”
“Alex?!” quasi urlai per la sorpresa.
“C’è una nota di felicità nella tua voce..” disse quasi compiaciuto.
Mi ricomposi.
“Non pensavo fossi tu. Che vuoi?”
“Sto chiamando dal mio cellulare, chi altro avrebbe potuto essere?”
“Che vuoi?” chiesi di nuovo, con una punta di acidità.
“Andy è con te?”
“No”
“Ah..”
All’incirca un minuto di silenzio più che imbarazzante.
E nel frattempo, ovviamente, cominciavo ad innervosirmi.
“Beh? Mi hai chiamata solo per sapere dov’è Andy?”
“Dato che siete diventati molto amici e non si è presentato alle prove, credevo fosse con te” rispose calmo.
“Tutto qui?”
“Tutto qui”
“Bene, allora cia..”
“ASPETTA!” quasi urlò.
“Non ho tempo da perdere Alex”
“Perché non sei venuta a scuola? Andy mi ha detto che oggi saresti tornata..”
“Ho avuto un contrattempo”
“Domani torni?”
“Non penso”
“E dopodomani?”
“Nemmeno”
“Al ballo ci sarai?”
“Perché me lo chiedi?”
“Per Andy”
“Ma non lo avevi dato per disperso?”
“E’ appena arrivato, ti saluta”
 “Ricambio”
“Allora?”
“Allora che?”
“Ci verrai al ballo?”
“Di ad Andy che Julia ha detto che faremo in tempo a tornare”
“Allora sei partita?”
“Lo vuoi sapere tu oppure Andy?”
“Andy”
“Si, sono partita”
“E se lo volessi sapere io?”
“Allora in tal caso ciao..”
“Aspetta!” urlò ancora una volta.
“Che vuoi?”
“Dove sei?”
“E’ sempre Andy a volerlo sapere?”
“Si”
“A Bristol”
“Che ci stai a fare a Bristol?!” chiese sorpreso.
Silenzio.
“Ah ovviamente è Andy che te lo chiede”
“Me lo passeresti Andy?”
“Dobbiamo iniziare le prove, mi spiace”
“Quindi tu puoi parlare al telefono e lui no?”
“Si deconcentra”
“Va bene allora ciao!”
“Ciao Babù..” disse e riattaccò.
Rimasi cinque buoni minuti appoggiata al tavolo della cucina a fissare il cellulare che avevo ancora in mano.
Era Alex, ok.
Presi un respiro e composi velocemente un numero.
Al secondo squillo già rispose e quasi mi sorpresi.
“Andy?”
“Ehi Babù ciao!”
“ Stai facendo le prove?”
“Le prove? No no, oggi ci siamo presi un giorno di pausa”
“Ah, capisco..”
Brutto piccolo bugiardo bastardo di un Alex.
“Come mai non sei venuta a scuola?”
“Sono a Bristol, Julia mi ha portato a conoscere sua madre”
“Tua nonna?!”
“Si proprio lei”
“Sicura di star bene?”
“Credo di si..”
Al momento ciò che più mi turbava non era la conoscenza di Teddy ma la chiamata di Alex.
“Anche se solitamente di queste cose ne parli con Alex, sappi che ci sono”
“Grazie mille Andy, credo andrà tutto bene comunque..”
“Ne sono sicuro.. senti ma quindi per il ballo?” avvertivo una punta di speranza nella sua voce.
Sorrisi.
“Julia ha detto che torneremo in tempo”
“Oh..”
“Dai ci divertiremo”
“Tu più di me”
“Fammi andare dai.. ti tengo aggiornato!”
“Va bene, ciao Babù!”
Riattaccai.
Ero più che esasperata.
Mi avvicinai alla porta e la aprii.
Di Julia e Teddy nemmeno l’ombra.
Guardai in basso e le trovai accovacciate.
“Avete origliato”
“Ma certo che no Babù” disse Julia.
“Non potremmo mai farlo!” continuò Teddy.
Eh no, mi ero proprio sbagliata quando avevo detto che quelle due avevano poco in comune.
Avevano TROPPO in comune, ma mi piaceva.
“La mia non era una domanda, era un’affermazione”
Le guardavo, mi guardavano.
“Oh avanti che ho parecchio da raccontare!” sentenziai oltrepassandole e buttandomi sul divano.
 

 
“Quindi rifacciamo il punto della situazione” disse Julia.
“Alex ti ha chiamata per due motivi” riprese Teddy.
“Motivo uno: voleva sentirti perché era preoccupato per te” continuò Julia.
“Motivo due: voleva sapere se andrai al ballo” concluse Teddy.
Un botta e risposta tra madre e figlia che mi lasciò incantata.
“Si dev’essere assolutamente così, non c’è altra soluzione”
“Ma dimmi tu cosa ne pensi?”
“Io?” chiesi ricordandomi di non essere invisibile.
“No, parlo con l’aria dietro di te” mi rispose Julia.
“Non ne ho proprio idea”
“COSA?” Julia quasi si strozzò con il panino che stavamo mangiando per cena.
“Dai non dirmi che non ha intenzione di perdonare quel povero ragazzo..”
“Teddy davvero, non so cosa risponderti al momento..”
“Il problema è che c’è di mezzo un altro ragazzo”
“Oh si.. l’avevo intuito”
“Con le carte?” chiesi.
“No no.. è che mi ricorda molto una delle tante avventure di tua madre! Per esempio una volta..”
“Mamma!” urlò Julia, alzandosi dal divano per tapparle la bocca.
Mi venne in mente un deja-vu e scoppiai a ridere.
“Dai ora andate tutte e due a dormire, avete fatto un lungo viaggio e sarete piuttosto stanche” disse Teddy deviando il discorso.
Ci alzammo tutte e tre e seguimmo Teddy su per le scale.
“Noto che camera mia è rimasta intatta” commentò Julia non appena Teddy spalancò una porta.
Una camera abbastanza piccola si prospettò di fronte ai miei occhi.
C’era un letto ad una piazza e mezza attaccato alla parete sinistra, che occupava quasi tutta la stanza, una scrivania ma soprattutto tanti, tantissimi poster, foto, disegni, bandiere e chi più ne ha più ne metta appesi alla parete.
Ne rimasi incantata.
“Ho sempre pensato che una piccola parte di te sarebbe rimasta qui dentro e la restante, invece, sarebbe tornata prima o poi, poiché attratta da quella parte che continuerà a far parte di Bristol, di questa casa, ma soprattutto del mio cuore” disse Teddy facendo scorrere gli occhi all’interno della stanza.
Julia fissò sua madre e poi l’abbracciò.
“Mi sei mancata” sentii sussurrare.
“Anche tu” rispose Julia con la voce spezzata.
Quello era uno di quei momenti magici in cui puoi vedere tutto ciò che i tuoi occhi non potranno vedere mai.
Tua madre che improvvisamente ha la tua età, catapultata nel suo mondo e tu ti senti un’estranea che sta rubando uno di quei momenti così speciali.
Abbassai lo sguardo quasi per rispetto.
Ma improvvisamente sentii due braccia che mi circondavano le spalle e m’invitavano a partecipare a quel momento di dolore e felicità insieme.
Le abbracciai entrambe ed anche se non ne sono propriamente sicura, una lacrima mi rigò il viso.
 
 
 
 
 
 
 
 
ATTENZIONE
P.S (vi mancavano eh? Ma anche no) (Che tra parentesi i p.s vanno alla fine ma oggi ne metterò uno all’inizio per evidenziarne l’importanza. Il resto potete anche non leggerlo. Anzi, non leggetelo che è meglio ahahha)
Oggi è un anno che scrivo questa fan fiction e ci tengo davvero a ringraziare chi mi ha sopportata, chi ha continuato a recensire, chi a fare il lettore silenzioso e chi sta seguendo la mia storia. Ma un ringraziamento speciale va a coloro che, anche se sanno che per aggiornare ci metto decenni (ma che dico, millenni!), continuano ad aspettare i miei capitoli.
Quindi ehi tu, si proprio tu che ti sei preso la briga di leggere, GRAZIE ANCHE A TE <3

 
 
 
 
 
 
Angolo dell’autrice (si fa per dire eh) disperata:
Ed anche l’ottavo è finito.
In realtà questo con il prossimo avrebbe dovuto formare un unico capitolo, ma poi ho pensato che in realtà non mi andava di far succedere troppe cose insieme (anche perché nel prossimo forse si scoprirà qualcosa su un argomento che forse non si può trattare con leggerezza. Ma questo è ancora tutto da vedere, non preoccupatevi mica! :D ) Alex è un piccolo bugiardo, ma fa tanta tenerezza e non riesco proprio a capire come Babù faccia ad essere arrabbiata con lui! Forse si riappacificheranno (forse) ma forse no e allora forse mi ritroverò tante persone incavolate sotto casa con i forconi. Ma dico forse eh (Sto vaneggiando, non prendetemi mai troppo sul serio eh) In ogni caso.. mi manca Matt, cavolo! E Cookie? Anche lui (“perdio” cit. Teddy)! Nel prossimo capitolo riappariranno magicamente anche loro e quindi.. rimanete sintonizzati! :D
(E intanto continuo a ripetermi di smettere di vaneggiare, ma vabbè.. è andata così anche questa volta!)
(Quanti “forse” ho detto? O mio dio.. non contateli potreste rimanere piacevolmente spaventati)
Sixteen

 
 
La canzone per questo capitolo è Song 2 dei Blur <3
http://www.youtube.com/watch?v=SSbBvKaM6sk

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Capitolo 9
*** Capitolo 9 -I Know What I Am- ***


Gasoline saccharine
I got no reason for the state I'm in
But I know what I am
They know what they are so let me be

 
 
CAPITOLO 9
Erano ormai due giorni che mi trovavo a Bristol.
I risvegli mattutini non erano mai stati così piacevoli: la voce di Teddy che risuonava mentre preparava il caffè, l’odore di rock’n’roll che emanava la camera di Julia, Bristol innevata ed il natale.
Il natale di quell’anno me l’ero immaginato diverso, molto diverso da quella che era la realtà dei fatti.
Pensavo che l’avrei trascorso a Sheffield, con i miei amici, intorno ad una tavola imbandita di dolci tutti a ridere e scherzare.
Con Cookie e le sue pessime battutacce ed Andy ancora alla ricerca di una ragazza!
Forse Matt ci avrebbe deliziato con una performance canora natalizia, e magari Alex l’avrebbe potuto accompagnare con la chitarra..
Sospirai e mi ristesi sul letto.
Non fraintendetemi!
Non c’erano parole per descrivere la felicità che provavo nell’aver conosciuto finalmente qualcuno della mia famiglia, che fino a quel momento per me era sempre stata formata solamente da Julia.
Teddy era davvero una persona speciale e Julia aveva preso molto da lei. Una delle tante cose era sicuramente il suo senso dell’umorismo che da sempre l’aveva contraddistinta.
Quando le guardavo riuscivo davvero a vedere me in Julia e Julia in Teddy e tutto questo mi sembrava davvero meraviglioso.
Ma nonostante questo non facevo altro che ripensare ad Alex.
Dopo quella telefonata non c’eravamo più sentiti e forse era davvero meglio così perché molto probabilmente avrei finito con lo sbraitargli al telefono.
E Matt?
Beh, mentirei se dicessi che pensavo a lui tanto quanto pensavo ad Alex.
Non mi chiamava più ed i suoi messaggi si erano notevolmente ridotti.
Che si stesse arrendendo?
Decisi di alzarmi dal letto e mi diressi verso la piccola e disordinata libreria della camera di Julia.
C’erano un sacco di libri, quaderni e foto ognuna più magica dell’altra.
Una cosa in particolare colpì il mio occhio: un diario segreto.
Feci per prenderlo.
E se Julia leggesse il tuo di diario?
Accarezzai il bordo di quel piccolo quaderno.
Su avanti, non ti sentiresti tradita?
Toccai il lucchetto di metallo freddo e pensai a quante volte avevo perso le mie chiavi ed ero stata costretta a scassinarlo da sola.
E’ una cosa sbagliata Babù!
La porta si aprì d’un tratto ed io lasciai cadere il diario.
“Buon natale tesoro!” mi disse Julia.
“Buon natale anche a te mammina!” le risposi tutta sorridente.
Mi abbracciò con vivacità e m’invitò a scendere in soggiorno.
Per fortuna non si era accorta di niente ed ancora una volta l’avevo scampata bella.
“Buon natale Teddy!”
“Buon natale Babù” mi rispose sorridendo entusiasta.
Forse aveva passato gli ultimi non so quanti natali da sola perché nei suoi occhi c’era un mix di imbarazzo e allegria spropositata che non avevo mai visto in nessuno.
“Ho un piccolo regalo per voi..” disse poi progendoci un piccolo pacchetto.
“Oh Teddy!”
“Shhh” ci zittì euforica.
“Dai Babù, ti concedo l’onore di aprirlo!” disse Julia mettendomi tra le mani il regalo.
Tolsi la carta rossa luccicante e quello che mi si rivelò davanti agli occhi fu..
“Una scatola! Oh Teddy non dovevi davvero, grazie mille!”
Si mise una mano sulla fronte.
“Hai preso troppo da tua madre, anche la stupidità vedo!”
“Ehi!” reclamò Julia facendo la finta offesa.
“Va aperta la scatola” disse scoppiando a ridere.
Le sorrisi.
“Lo avevo capito, vi stavo mettendo alla prova!”
“Certo certo.. ora apri però”
Aprii la scatolina e dentro vi trovai una chiave.
“Una chiave?!” esclamammo in coro io e Julia spaesate.
“No, è un asciugacapelli” ci rispose di rimando.
Alzammo un sopracciglio.
Deviò lo sguardo imbarazzata.
“Beh si, insomma.. penso che in questi due giorni ci siamo divertite tutte e tre insieme e quindi, beh..”
“Si?” chiese mia madre sorridendo a 36 denti che, come al solito, aveva capito tutto.
“Si.. cioè è la chiave di questa casa! E’ un modo per dirvi che potete tornare quando volete!”
“Teddy dici sul serio?” chiesi.
Annuì sorridendomi ed io corsi ad abbracciarla e Julia mi seguì a ruota.
“Teddy è uno dei regali più belli che potessi farci, davvero” le dissi commossa.
 

 

Flick flack no slack
I got the wit that my enemies lack
But I know what I am
They know what they are so let me be

 
 
Il telefono squillò ma il numero era a me sconosciuto.
“Pronto?”
“Sono Babù, chi parla?”
“Ciao Babù, sono Matt!”
“Oh ciao Matt da quanto tempo! Sono felice di sentirti!” risposi entusiasta.
“Tu.. tu sei felice di sentirmi?”
Lo ammetto, era natale e tutta l’euforia di quella mattina mi aveva fatto dimenticare di essere arrabbiata.
“Si, cioè no.. va bene, un po’ si, ma solo perché è natale! Sono ancora arrabbiata..” risposi.
“Giusto..”
“Già..”
“Volevo farti gli auguri!”
“Buon natale anche a te Matt” risposi.
Ero felice di sentirlo, davvero.
Mi mancavano tutti e quattro e non potevo negarlo.
“Quindi sei a Bristol..”
“Certo che le voci girano in fretta!” dissi sorpresa.
“Me lo ha detto Andy”
“Immaginavo”
“Sai che al ballo di fine anno suoniamo?”
“Voi scimmie?”
“Certo, non vedo l’ora! Sono così in ansia”
“Non devi esserlo, avete talento e ve lo meritate.. è la prima volta che suonate dal vivo?”
“Diciamo di si.. Ci sarai a sostenermi?”
“A sostenerVi.. certo che ci sarò”
“Ti aspetto al tuo ritorno”
“Ci becchiamo li”
“Mi manchi Babù, non fare l’insensibile”
“Non sto facendo proprio nulla!”
“Ah? Allora perché non hai risposto a nemmeno una telefonata che ti ho fatto mentre ti sei precipitata a rispondere ad Alex?”
“A questa ho risposto”
“Era una chiamata anonima, non sapevi fossi io”
“Nemmeno quando mi ha telefonato Alex sapevo fosse lui”
“Era il suo cellulare”
“Credevo mi voleste fare uno scherzo!”
Come rovinare un’allegra giornata, parte 1.
“Allora riformulo la frase: manchi a tutti qui a Sheffield”
“Anche a me mancate tutti” mi lasciai sfuggire.
“L’hai ammesso”
Sospirai.
“Quando torni?”
Sussurrai un ‘mai più spero’ ma per fortuna non mi sentì.
“Non so, entro il ballo sicuramente.. non posso lasciare Andy da solo”
“Già, Andy..”
“Tu hai trovato una ragazza?” chiesi a bruciapelo.
“No, andrò al ballo per suonare e se mi va bene potrei provare a soffiare sotto il naso l’accompagnatrice di qualche mio amico”
Sospirai di nuovo e scossi la testa.
“Comunque il ballo è domani, farai in tempo?” mi chiese preoccupato.
“Julia me lo ha promesso”
“Va bene Babù, non ti rubo altro tempo..”
“Buon natale ancora Matt”
“Anche a te piccola..” e riattaccò.
Piccola.
Piccola?!
Ma quando mai gli avevo dato il permesso di chiamarmi ‘piccola’?!
Sbuffai e ricomposi il numero ma mi fermai.
Non valeva la pena peggiorare la situazione.
 “Mamma?” mi girai verso Julia.
“Oh si tranquilla, mi aveva anticipato tutto Teddy!” mi sorrise.
Le sorrisi di rimando.
“Ho anche io un regalo per te..”
“Davvero?”
“Tieni..” e mi porse anche lei una scatola, solo che questa volta era molto più grande.
La aprii e tolsi via tutta la carta che avvolgeva qualcosa di morbido.
“Julia..” dissi estraendo il mio regalo.
“Dimmi tesoro mio” disse con gli occhi sbrilluccicanti.
Ma a questa donna non fanno altro che brillare gli occhi?
“Julia, ti ringrazio davvero ma.. non credi sia un po’ esagerato?” chiesi guardandomi allo specchio e posizionando il vestito per il ballo sopra la mia figura.
“Sarai bellissima” disse, ovviamente ignorandomi.
“Ma è pieno di trasparenze e.. cos’è questa diavolo di scollatura?!” chiesi allarmata.
“Oh e non fare storie! Il ballo è una volta l’anno..”
“Due” la corressi.
“Poco importa bisogna sempre essere stupende!”
“Ma..”
“Ti prego, fallo per me! Al ballo dei miei sedici anni non ho potuto partecipare, lo sai bene..”
“Non è colpa mia se sei rimasta incinta”
“Quanto sei insensibile”
“Oh madonna santissima, non sono io quella insensibile! Al contrario, siete voi troppo sensibili!”
Mi guardai di nuovo allo specchio e le mie guancie si colorarono di un rosso acceso al pensiero di me con quell’abito.
Poi tornai a fissare Julia che mi sorrise.
“Sei già bellissima ma con quell’abito fidati che li stendi tutti”
“Se voglio stenderli posso usare il mio gancio destro”
“Come sei femminile tesoro”
Sospirai e tornai allo specchio.
“Lo metterai?”
Maledetta Julia! Lo sapeva che non volevo deluderla e che per lei avrebbe significato molto.
“E va bene” dissi sbuffando.
“Giuralo”
Le feci l’eco con una smorfia sulla faccia poi le afferrai il mignolo con il mio.
“Lo giuro”
 

 

Trick some just begun
Giving you more when you only want one
Cause I know what I am
They know what they are so let me be

 
 
“Guarda attentamente questa carta: indica l’avverarsi di un avvenimento indesiderato in tempi molto brevi”
“Ma come fai a capirlo? C’è un semplice disegno sopra! E poi non riesco proprio a comprendere la disposizione di quelle carte!”
Una disperata Teddy cercava di insegnarmi la nobile arte della cartomanzia.
“Sei proprio bacata nipote mia”
“Non sono io bacata.. E’ che è così complicato!” dissi forse riferendomi non solo alle carte disposte sul tavolo.
Julia, appena entrata in cucina, ci fissava poggiata allo stipite della porta sorridendo.
Forse non sarei mai riuscita a capire il significato che aveva per lei vedere sua madre e sua figlia insieme. Forse era una decisione avventata quella che l’aveva spinta a portarmi qui o forse no. Forse era davvero il momento opportuno. Era davvero come diceva lei: non si è mai pronti per certe cose, si fanno e basta. Quello che sicuramente avrei aggiunto io è ‘poi si affrontano le conseguenze’. Ma per il momento non vedevo conseguenze da affrontare e non volevo nemmeno pensarci ad essere sinceri!
“Teddy, posso rubarti per un secondo Babù?” chiese lei d’un tratto senza smettere di sorridere.
Le due si scambiarono uno sguardo d’intesa ma quello di Teddy celava un velo di preoccupazione.
“Oh è il momento..! Vi lascio qui in cucina, stavo giusto andando a farmi un bel bagno caldo” e detto ciò se ne andò, non prima di aver raccolto le sue preziose carte.
“Cosa è successo Julia?” chiesi non riuscendo a trattenere quella preoccupazione che mi saliva dentro.
Si sedette di fronte a me e mi prese le mani.
“Babù ti sei mai chiesta perché ci siamo trasferite tante volte?”
“Si, ma..”
“Bene, non è certo questo il momento per raccontartelo. Voglio solo che tu sappia che ti voglio troppo bene per sottrarti quella felicità che hai, abbiamo costruito nel tempo. Riesci a comprendermi?”
“Credo di si. Ma cosa centra tutto questo ora?”
“Non è il momento di pormi domande, ma di rispondere”
Annuì.
“Sei felice a Sheffield, vero?” mi chiese.
Non riuscivo a capire il perché di quella domanda e la guardai perplessa.
Certo che era felice a Sheffield! Era uno di quei pochi posti che era riuscita a chiamare davvero casa e ad avere dei veri amici.
Aveva paura.
Non aveva mai affrontato l’argomento con Julia prima di trasferirci in un altro posto ma le sue intenzioni le sembravano piuttosto chiare.
Come avrebbe fatto a spiegare tutto ai suoi amici?
Come avrebbe fatto a mettere in chiaro le cose con Alex e Matt?
“Si, sono felice a Sheffield” risposi cercando di non spezzarmi fuori così come era successo dentro.
“Ti piace vivere li?”
“Si”
“Ed i tuoi amici? Ti trovi bene con loro?”
“Certo!”
“E allora chi sono io per impedirti di essere felice!?”
Non risposi.
Forse era ammattita.
Anzi no, lo era sempre stata.
“Te lo dico io: proprio nessuno! Ecco chi sono!” mi disse sorridendomi.
“Mamma, che succede? Hai preso una botta in testa?”
“Eh no! Niente domande, ricordi?”
Annuì ancora.
“Bene, da giugno, cioè da quando siamo qui, non ti ho mai vista così felice e.. serena! Certo, ne hai passata tante da quando ti sei innamorata di Al..”
“Mamma!” sbottai.
Non ero innamorata di Alex, questo proprio no.
Per arrivare a provare qualcosa come quella ci voleva ben altro!
E poi non era di certo una stupida che si lasciava abbindolare.
“In ogni caso, rimarremo a vivere a Sheffield. Voglio che tu sia tranquilla riguardo ciò ma soprattutto che tu continui a fidarti di me”
Presi un sospiro di sollievo.
“Comunque ciò non toglie che..”
“No, lo sapevo! Il ballo! Vuoi dirmi che non potrò andarci? E allora perché mi hai comprato il vestito?” chiesi pensando ad Andy.
“Era proprio di questo che volevo parlarti. Tu andrai al ballo..”
Ancora un sospiro di sollievo.
Allora perché allarmarsi tanto e farmi un’introduzione senza ne capo ne coda?
“..solo che io non verrò con te ma resterò qui a Bristol per un altro po’ di giorni”
“Oh” sussurrai.
Ecco perché la storia del trasferimento.
Se non fosse stato per me non avrebbe nemmeno esitato a fare le valigie per andarsene per sempre.
“Per quanto tempo?” chiesi.
“Non lo so tesoro, proprio non lo so”
“Ed io come farò?”
“Babù sai cavartela benissimo da sola, come hai sempre fatto del resto!”
“Ma questa volta sarà diverso, lo sai che ho bisogno di te”
“Ma io ci sarò sempre! L’unica cosa per cui sarà diverso è che non ti sarò fisicamente vicina”
“E come farò in una casa tanto grande a non sentirmi sola?”
“Ma no, sciocca.. non dovrai stare a casa nostra. Non ti lascerei per nulla al mondo trascorrere le vacanze da sola. Dopo il ballo ci sarà qualcuno ad aspettarti, tranquilla”
“Posso sapere chi, di grazia?”
“E rovinarti la sorpresa? Mai sia!”
Sorrisi tristemente e abbassai lo sguardo.
“Babù lo sai che vorrei tornare con te, ma non posso”
“Lo so, l’ho sempre saputo”
“Ogni famiglia ha i propri segreti e..”
“..bisogna aspettare il momento giusto per svelarli!” termina io la frase al posto suo.

 

But it's alright it's ok
I got the time but the time don't pay
It's alright it's ok
I got the time but the time don't pay!

 
 
Erano più o meno le tre ed io ero affacciata alla finestra del soggiorno mentre vedevo la neve sugli alberi.
Sentii il cellulare vibrare.
Chi mai avrebbe chiamato a quell’ora della notte?
“Pronto?”
“Ehi” riconobbi subito la sua voce e mi sentii per un momento meno sola.
Nonostante non fosse li vicino era come se sentissi il suo sguardo penetrante addosso, così abbassai la testa com’ero solita fare.
“Ti ho svegliata?” chiese poi premuroso.
“No, guardavo la neve”
Lo sentii ridere dolcemente dall’altra parte del telefono.
“Dovresti dormire, sai? Immagino che domani ti aspetti un lungo viaggio visto che c’è il ballo ed hai detto che saresti tornata in tempo”
Già, il viaggio quello che avrebbe fatto da sola.
“Non riuscivo a dormire”
“Com’è Bristol?” chiese per cambiare discorso.
“Carina”
“Meglio di Sheffield”
“Direi di no”
Silenzio.
“E’ successo qualcosa?”
Si.
“No, non direi” dissi sospirando.
“Ecco ora è tutto apposto! Mi sembrava strano non sentirti sospirare!”
“Sei scemo? Ma se sei sempre il primo a dire che sospiro troppo!”
“Appunto”
“Si, ma dal fatto che ti lamenti sempre deduco che ti dia fastidio”
 “Come potrebbe darmi fastidio? Mi piace sentirti sospirare, ti conferisce quell’aria misteriosa che.. beh, adoro!”
Ebbene si, mi sciolsi.
Poteva quel ragazzo avere così tanto ascendente su di me?
“Ohoh vedo che ti ho lasciata senza parole!” disse rovinando l’atmosfera.
Mi ricomposi.
“Alex, sei un perfetto idiota”
“Ma almeno ti ho fatto tornare il sorriso!” disse vittorioso.
Era vero, si era accorta di star sorridendo solo quando glielo aveva detto.
“Come fai ad esserne sicuro? Non mi stai mica guardando”
“Conosco bene i miei polli”
Sbuffai.
Ero troppo prevedibile porca miseria.
“Comunque, ti è già arrivata la notizia?”
“Quale?” chiesi disorientata.
Scoppiò a ridere.
“Meglio per me allora! Ci sarà più da divertirsi”
“Alex, che notizia?”
“Oh a tempo debito..”
“Stai parlando del fatto che suonerete al ballo, vero?”
“Ma certo, si si proprio quello”
“Non prendermi in giro”
“Io? Prenderti in giro? Non lo farei mai”
“Alex”
“Dimmi”
“No no, tu devi dirmi di che si tratta!”
“Sei una rompi cazzo”
“Mai quanto te! Lo sai che non con me non si può iniziare un discorso e non finirlo”
“Certo”
“Dimmelo”
“Cosa?”
“Cosa ‘cosa’? Dimmelo”
“Buonanotte”
“Non ti azzardare a riattaccare!”
“Babù?”
“Che vuoi razza di stupido?”
“Buonanotte amore mio”
E riattaccò.
 
 

IT’S ALRIGHT, IT’S OKAY!

 
 
 
Yo a tutti!
Ho scritto gli ultimi tre capitoli (compreso questo) in tempi relativamente poco distanti l’uno dall’altro e mi meraviglio di me stessa.
Non ho molto da dire, anzi, a dire il vero proprio nulla!
Quindi affido alla vostra lettura (e attento giudizio) il nono capitolo.
Peace and love (e vi adoro tutti, dal primo all’ultimo, sappiatelo!)

Sixteen
 

 
 
Nell’ultimo periodo mi sono molto avvicinata ad una band che nonostante abbia pubblicato ancora solo due album (e quindi nonostante siano molto giovani e con tanta strada davanti a loro) penso meriti davvero un posto nella mia playlist, sono i Band of Skulls e spero possano piacere a voi quanto a me!
Questa è la canzone 
http://www.youtube.com/watch?v=kfwvpyrAW60

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Capitolo 10
*** Capitolo 10 -Do I Wanna Know?- ***


I’VE DREAMT ABOUT YOU NEARLY EVERY NIGHT THIS WEEK
HOW MANY SECRETS CAN YOU KEEP?
‘CAUSE THERE’S THIS TUNE I FOUND THAT MAKES ME THINK OF YOU SOMEHOW AND I PLAY IT ON REPEAT
UNTIL I FALL ASLEEP
SPILLING DRINKS ON MY SETTEE

 

CAPITOLO 10
Andy scese dalla macchina, fece il giro e mi aprì lo sportello da vero gentiluomo.
“Grazie per il passaggio signor Nicholson!”
“Di nulla e.. divertitevi!” mi rispose lui con tono allusivo e occhiolino per farmi arrivare meglio il concetto.
Il ragazzo mi porse la mano.
“Pà sta zitto una buona volta!” disse poi, sconsolato.
La afferrai e solo dopo che il padre di Andy fu fuori dalla nostra vista ci girammo a fissare il cancello addobbato della nostra scuola.
“Sei sicura di farcela, con quelle scarpe, fino alla palestra? È tutto pieno di pietre qui!”
“Oh figurati, saranno si e no 20 metri!”
Feci un passo e barcollai pericolosamente.
Per fortuna Andy mi afferrò in tempo!
Mi sorrise.
“Appoggiati a me, così almeno siamo sicuri di arrivarci all’ingresso!”
Gli sorrisi di rimando.
Avevamo fatto un patto: lui mi avrebbe salvata da “situazioni scomode” ed io non gli avrei rovinato la piazza.
Mi sembrava un compromesso più che giusto.
Giungemmo di fronte l’ingresso della palestra.
“Sei pronta?”
Presi un sospiro.
“Sono nata pront..”
“Ehi voi due!”
Non feci in tempo a finire la frase che un grosso omaccione con un’altrettanta grossa macchina fotografica ci aveva fermato.
“Foto per l’annuario!”
Guardai il mio accompagnatore.
“Non sei obbligato..” gli dissi poi con aria di scuse.
In fondo ero io che lo avevo costretto a venire a quello stupido ballo!
“Ma no, è pur sempre un ricordo!”
Ci sfilammo i cappotti e li poggiammo prima di scattare la foto.
“Bene, mettetevi li e guardate nell’obbiettivo!”
Ci posizionammo di fronte ad un telo azzurro sbiadito incorniciato da rose bianche e blu, ovviamente finte.
Mi venne il voltastomaco per quel tocco di romanticheria.
Fissammo entrambi il fotografo.
Che cazzo stava aspettando per una maledetta foto?
“Beh? Suvvia un po’ di romanticismo!”
Ma stava scherzando?
Un pensiero mi balenò in mente
Io ed Andy ci fissammo e mi parve di capire che la stessa cosa fluttuava nella sua testolina.
Mi mise un braccio intorno alla vita ed io mi strinsi di più a lui.
“Bene, ora si comincia a ragionare! Al mio tre sorridete..”
“Uno..”
Andy allentò la presa.
“..due..”
Io mi scostai un po’ di più.
“..tre!”
Il flash per poco non ci accecò, ma ciò non impedì la riuscita di una foto più che memorabile.
Ce ne filammo via ridendo.
“Occhi storti e in più air guitar.. o meglio, air bass! Stupiscimi Evans!”
“Oh, diciamo che mi è passato per la testa di essere ad un concerto heavy-metal e quindi.. head banging con tanto di lingua fuori stile Gene Simmons!”
Si, quella sarebbe stata la foto del secolo per quanto mi riguarda.
Dopo aver lasciato cose inutili (aka giubbotti e borsa micro minuscola dove quasi nemmeno il cellulare entrava) ci addentrammo nella festa.
“Oh li ci sono Cookie e Katie! Andiamo a salutarli” dissi adocchiando i due vicino al tavolo del punch.
“Babù!” mi guardò stupito il ragazzo biondo.
 “Cook!” risposi sorridendo per poi abbracciarlo forte.
“Che fine hanno fatto le tue maglie larghe?”
“Oh, quelle? Si sono prese una serata libera! Tu piuttosto.. vedo che ti sei scelto la ragazza migliore della serata!” dissi riferendomi a Katie che effettivamente era incantevole.
“Oh ma sta zitta Babù! Fatti abbracciare! Sono secoli che non ci vediamo”
Abbracciai anche lei facendo attenzione a non sgualcirle il vestito.
La guardai sorridendo.
“Dobbiamo fare shopping insieme un giorno di questi! Dovresti avere più vestiti come questo perché sei uno schianto, davvero!” disse lei ed io arrossii.
Una voce diversa si aggiunse nel discorso.
“Ha ragione Katie, sei meravigliosa”
Mi voltai e vidi un Matt vestito di tutto punto con tanto di cravatta e capelli, non si sa come, ordinati.
“Andy, mi permetti di salutare la tua dama?” aggiunse senza smettere di guardarmi.
Senza attendere risposta afferrò la mia mano sinistra e se la portò vicino alla bocca.
Aveva incatenato il mio sguardo e non riuscivo a distoglierlo.. cavolo, era così terribilmente affascinante.
Quando le sue labbra morbide toccarono il dorso della mia mano un brivido mi percorse la schiena.
Venni improvvisamente riportata alla realtà da qualcuno che aveva afferrato il mio braccio destro.
“Adoro questa canzone! Su Babù, non possiamo non ballarla!”
E senza poter controbattere fui trascinata da Andy sulla pista da ballo.
Il cuore mi batteva a mille e ci vollero più di due minuti per poter formulare un pensiero di senso compiuto. Poi soffiai nell’orecchio del mio salvatore un ‘grazie’ debitore e lui sorridendomi mi disse “dovere!”.
 “Ragazza ad ore due Andy!”  affermai guardando oltre le sue spalle.
“Dov.. Oh ciao Dana, da quanto tempo! Questa è..”
Ma nel frattempo mi ero già volatilizzata.
Ritornai al tavolo del punch dove ormai i miei amici non c’erano più.
Alex non si era ancora visto in giro.
Ma lui era peggio di una ragazza, si sarebbe fatto attendere fino al momento propizio.
Probabilmente era ancora a casa sotto la doccia!
Sbuffai.
Perché pensavo ad Alex?
Era per quell’amore mio’ detto sottovoce?
I miei pensieri furono di nuovo interrotti bruscamente.
“Lascia che ti versi io del punch”
Annuì, era ancora Matt.
Mi passò il bicchiere facendo attenzione a far toccare la nostra pelle.
Aveva le mani così fredde!
Di nuovo un brivido.
Bevvi un sorso mentre guardavo un punto fisso nel vuoto.
“Come mai il blu notte?”
“Come?”
“Chiedevo, come mai il blu notte per il tuo vestito?”
“Oh il vestito.. veramente è stato un regalo di Julia! Se fosse stato per me sarei venuta in jeans e felpa, lo sai”
“Dovrebbe obbligarti più spesso ad indossare vestiti scelti da lei!”
Lo guardai sorridendo e alzando un sopracciglio sarcastica.
“Non fraintendermi, sei sempre stupenda.. ma stasera  sei veramente una bomba!” aggiunse.
“Inoltre ci tengo a farti sapere che sei una delle poche eleganti qui dentro! Vedi tutte queste ragazze? Sembrano delle meringhe pompate a dovere!” disse ridendo e scuotendo la testa guardando una ragazza vestita di bianco che come minimo sotto quella gonna aveva una struttura in metallo, proprio come le spose, per tenerla così gonfia e rigida.
Poi posò il suo sguardo su di me.
Effettivamente il mio era un vestito, non dico sobrio perché questa parola nel vocabolario di Julia non esiste, ma quantomeno accettabile e non volgare come quello di altre ragazze.
Era costituito da un tubino che arrivava fino a metà coscia, dove partiva un tessuto morbido semi trasparente lungo abbastanza da sfiorare il pavimento, tutto dello stesso colore e cioè blu notte.
Sin dalla parte sottostante erano ricamate delle rose in pizzo su di un ramo che si attorcigliavano sulla mia figura: partivano dall’orlo del vestito, giravano attorno alla parte posteriore delle mie gambe, ritornavano sul davanti passando sulle ginocchia, poi sul fianco, sulla parte bassa della schiena ed infine giungevano sul seno sinistro e diventavano una spallina del vestito stesso.
Su di una spalla, come già detto, c’era la spallina ricamata mentre sull’altra cadevano i miei capelli.
“E perché il rosso?” mi chiese facendosi più vicino.
Dovevo riprendere il controllo.
Per fortuna la voce del mio salvatore prontamente s’intromise.
“Sai com’è Matt, son tutte cavolate quelle che dicono: quando una donna mette il rossetto rosso non è per sedurre ma solo perché non vuole essere baciata!”
Poche parole ma d’impatto.
Il batterista guardò male l’amico.
Presi fiato.
Se solo sapesse che glielo avevo chiesto io d’intromettersi!
“Sei venuto a dirmi solo questo?” chiese con un tocco di acidità.
“No, tra dieci minuti suoniamo”
“E Alex?” mi lasciai sfuggire pentendomi subito.
“Alex! Ha manie di protagonismo il ragazzo, arriva sempre all’ultimo con il suo ingresso trionfale”
Sorrisi imbarazzata.
Matt fece per aprire bocca ma questa volta fui io a defilarmi.
“Vado al bagno delle signore! Sarò sotto il palco ad acclamarvi tra dieci minuti esatti”
 

SO HAVE YOU GOT THE GUTS?
BEEN WONDERING IF YOUR HEART’S STILL OPEN
AND IF SO I WANNA KNOW WHAT TIME IT SHUTS
SIMMER DOWN AND PUCKER UP
I’M SORRY TO INTERRUPT IT’S JUST I’M CONSTANTLY ON THE CUSP OF TRYING TO KISS YOU
I DON’T KNOW IF YOU FEEL THE SAME AS I DO
BUT WE COULD BE TOGETHER IF YOU WANTED TO

 
Ero con Katie sotto il minuscolo palco che era stato piazzato su un lato della palestra.
Tre dei quattro componenti erano già saliti da un pezzo e tutti quanti li avevano accolti con sonori applausi.
Il cantante e chitarrista ancora non si degnava di presentarsi e pensai che forse e seriamente quella sarebbe stata la volta in cui non sarebbe arrivato in tempo.
Mi voltai verso la porta d’ingresso, alzandomi in punta di piedi per far arrivare il mio sguardo oltre tutte quelle persone.
Non appena lo feci sentii un boato irrompere nelle mie orecchie, così mi girai di nuovo e con mio grande stupore un Alex con tanto di smoking e capelli ribelli aveva imbracciato la chitarra e nemmeno per l’anticamera del cervello si era sognato di scusarsi per il suo ritardo.
“Siamo gli Arctic Monkeys e stasera suoneremo qualche canzone per voi” disse sorridendo ad una ragazza qualunque che di rimando fece un gridolino da oca.
E va bene che era popolare a scuola, ma addirittura avere questa reazione mi sembrava più che esagerato.
Incrociai le braccia ed urlai.
“Vai Andy!!”
Il bassista scoppiò a ridere scuotendo la testa e mi fece un cenno con la mano.
Le prime note di Take It Or Leave It degli Strokes irruppero nella scena e di nuovo applausi.
“Leave me alone I’m in control, I’m in control!” cominciò Alex chiudendo gli occhi per concentrarsi meglio.
Uno sguardo da parte di Matt che era dietro la batteria.
“And girls act too much and boys act too tough, enough is enough!”
Erano dannatamente bravi, cavolo se lo erano!
“We’re on the minds of other man I know she was”
Uno sguardo sfuggente da parte di Alex.
“And take it or leave it, and take it or leave it and take it or leave it..”
No, mi ero sicuramente sbagliata visto che ora sorrideva ad un’altra stupida ragazza.
“..he’s gonna to win someday!”
Lui vincerà un giorno, è probabile. Ma cosa vincerà?
“Well on the minds of other girls she knows I was..”
Notai subito il cambiamento che aveva apportato al testo e lo fissai.
“I said just take it or leave it, and take it or leave it, and take it or leave it”
Questa volta non mi sbagliai, anche lui guardava me.
“Oh just take me and leave him and take me and leave him..”
Eh no, quello di prima non era l’unico cambiamento fatto alla canzone.
“Oh, please take me!”
Il contatto visivo non si era interrotto per tutto il tempo finché, cambiata strofa, chiuse di nuovo gli occhi.
 

CRAWLING BACK TO YOU
EVER THOUGHT OF CALLING WHEN YOU’VE HAD A FEW?
‘CAUSE I ALWAYS DO
WELL BABY I’M TOO BUSY BEING YOURS TO FALL FOR SOMEBODY NEW
NOW I’VE THOUGHT IT THROUGH
CRAWLING BACK TO YOU

 
Andai a complimentarmi con la band.
“Oh ragazzi siete stati così bravi!” dissi guardandoli entusiasta.
“Grazie al vostro supporto!” aveva detto Jamie mentre Katie lo baciava con passione e poi lo trascinava nel corridoio, lontano da occhi indiscreti.
Mi avvicinai ai restanti tre che mi sorrisero.
“Davvero, non mi aspettavo che poteste essere così coinvolgenti!” aggiunsi.
“Oh si ti ho visto da sopra al palco, non ti ho staccato gli occhi di dosso nemmeno per un minuto!” disse Matt  cingendomi la vita con le braccia in maniera molto equivoca.
“Matt! Frena l’entusiasmo!” avevo detto in preda all’imbarazzo.
Mi staccai e cercai Alex.
Non c’era.
Mi voltai.
Ma nulla.
Si era letteralmente volatilizzato.
“Scusami, non volevo” disse a mezza voce e con occhi di scuse.
“Non ti preoccupare Matt, ho reagito male anche io”
Ma che cazzo stavo facendo?
Avevano per caso tagliato i cosiddetti alla ragazza con le palle?
“Babù andiamo fuori, ti offro una sigaretta!”
E ancora una volta Andy mi aveva parato il culo.
“Tu fumi?!” avevo chiesto.
“Certo che no! È solo che ho esaurito le scorte di idee geniali per tirarti fuori dalle situazioni imbarazzanti!”
“Ancora una volta grazie, allora” gli dissi sorridendo.
 Mi porse un bicchiere e ci rintanammo in un angolo buio della palestra.
Andy cominciò a parlare, ma io avevo la testa altrove.
 “..ti rendi conto? Mentre stavo suonando Dana non mi ha staccato gli occhi di dosso..”
Non riuscivo a staccare gli occhi di dosso. Esatto! Era proprio quello che intendevo.
Alex dall’altra parte della sala si pompava con molta nonchalance di tutta la corte spietata che quelle quattro ochette da strapazzo gli stavano facendo.
Immaginai il discorso.
“Oh come sei sexy Turner” immaginai la voce stridula di una di loro.
“Sembravi un animale sul palco! Non immagino a letto come sei” ora la voce di un’altra.
Poi vedevo lui ridere.
La sua accompagnatrice (che prontamente avevo scoperto essere Sarah la Facile) era appesa al braccio di Alex e lo strattonava ogni tanto per ricevere attenzioni dalla sua preda serale.
Ma a quanto pare lei, delusa dallo scarso interesse del ragazzo, lo aveva piantato in asso sparandogliene quattro.
Ben gli sta!
“Babù ma mi stai ascoltando?”
“Eh?”
Gli occhi del bassista percorsero la traiettoria del mio sguardo e si posarono su Alex.
“Tu”
Mi voltai verso Andy.
“Io cosa?”
“Vai a parlargli”
“Ma stai scherzando?!”
“Senti, lo so che stai tentando in tutti i modi di mantenere la tua facciata da finta arrabbiata ma fidati che con questa situazione non ci guadagna nessuno!”
Lo fissai titubante, forse aveva ragione.
“In più, non so se prima l’hai notato ma Alex era felicissimo di vederti!”
“Ma che cazzo stai dicendo? Si è defilato subito senza nemmeno degnarsi di salutare!”
“Beh diciamo che dopo che Matt ti ha abbracciata in maniera così.. non saprei trovare il termine giusto! Insomma sembravate così troppo in confidenza ed Alex non sembrava troppo felice di ciò, così se n’è andato..”
“E che cazzo stavi aspettando per dirmelo?” dissi ed il mio umore cambiò velocemente.
Diedi una pacca sulla spalla ad Andy e gli dissi “Comunque Dana ha fatto non pochi complimenti sul tuo conto se ti può interessare..”
Scoppiammo a ridere entrambi ed ci dileguammo.
Avanzai nella sala, tra la gente che ballava sulla pista per arrivare da lui.
Non avevo idea di cosa gli avrei detto, proprio no!
Avevo solo voglia di guardarlo negli occhi come non facevo da settimane..
Mi fermai giusto qualche metro prima ed i nostri sguardi s’incrociarono.
Gli sorrisi.
Mi studiò per un po’ poi ricambiò anche lui il sorriso.
Non stava più degnando di uno sguardo quelle quattro sciacquette, ero io l’oggetto delle sue attenzioni.
D’un tratto la musica cambiò.
“Ed ora ragazzi, un po’ di romanticismo! Siamo o non siamo al ballo d’inverno? I cavalieri vadano a prendere le loro dame e le scaldino al centro della pista da ballo con le loro braccia!” disse lo speaker.
Guardai ancora Alex.
Stranamente non accusai conati di vomito a causa dei troppi arcobaleni e cuori che quella frase stava gioiosamente sputando.
No, al contrario desideravo le..
I miei pensieri furono sbatacchiati da un placcaggio degno di un giocatore di rugby.
Per fortuna non caddi a terra!
Due braccia mi strinsero la vita ed io cercai di mettere a fuoco il mio rapitore.
“Desideravi due braccia che ti stringessero? Sembravi così spaesata qui in mezzo alla pista da ballo” mi disse Matt sorridendo.
Diavolo.
Avrei per caso dovuto soprannominarlo “rovina-opportunità”?
Abbassai lo sguardo.
“Volevo scusarmi per prima a dire il vero” aggiunse poi.
In fondo ci tenevo davvero a lui, un ballo glielo potevo concedere.
Misi le braccia dietro il suo collo e la tensione si sciolse letteralmente.
Mi strinse un po’ di più i fianchi.
Scoppiai a ridere.
“Ho qualcosa che non va?” chiese.
“No, è che.. quanto sei cresciuto nell’ultimo periodo?” dissi guardandolo dal mio piccolo.
“Diciamo il giusto necessario”
“E’ proprio ingiusto! Dovresti prestare qualche centimetro anche a me!”
“Facciamo che tu mi regali i tuoi capelli lisci ed io qualche centimetro”
“Non penso proprio! Se avessi i capelli così ricci come i tuoi impazzirei! Sono troppo difficili da gestire, i miei li lascio allo stato brado ogni volta che li lavo”
Oscillammo un po’ sulle note di She’s The One di Robbie Williams.
Non mi piaceva particolarmente quella canzone, troppo smielata, troppo sdolcinata per i miei gusti!
Ma trovandomi li mi venne ugualmente spontaneo canticchiarla.
“We were young, we were wrong, we were fine all along and if there’s somebody calling me on she’s the one” ci ritrovammo a cantare insieme.
“No, non dirmi che la conosci! Tu, proprio tu, l’insensibile testarda!” mi accusò ridendo.
“Ehi ehi anche tu la stavi cantando! Non puoi negarlo!”
“Shh dettagli” mi zittì poi posandomi un dito sulle labbra.
Scossi la testa, ridendo anche io, e poi poggiai la testa sul suo petto, chiudendo gli occhi.
Continuammo a cantare come due deficienti li in mezzo, noncuranti di chi ci sentiva.
Almeno non si potevano lamentare che uno dei due fosse stonato!
“..when you get to where you wanna go and you know the things you wanna know..”
Riaprii gli occhi e lasciai il mio sguardo vagare in mezzo alla folla.
Lo trovai.
“..you’re smiling!”
Sorrideva, era vero.
Ma non sorrideva a me, questo è certo.
Sarah la Facile era tra le sue braccia e i due ballavano.
Sentii la rabbia ribollirmi nelle vene.
“Babù, tutto a posto?”
“Oh si tranquillo..” risposi senza distogliere lo sguardo dalla ‘coppia felice’.
Nel  buio della sala una luce cominciò a girare sulle varie coppie senza fermarsi.
“Matt cos’è questa luce?” chiesi a Matt alzando la testa.
“Non lo sai?!”
Scossi la testa.
“Scusa, dimenticavo che tu non sei mai stata ad un ballo! Non ha un nome preciso.. durante i lenti si ferma su una coppia e la coppia si deve baciare”
“COSA?!” quasi urlai.
Fissai la luce che girava.
Ti prego fa che non si fermi su..
Un applauso irruppe tra tutte le coppie.
“..su Alex e Sarah” soffiai talmente in silenzio che nemmeno Matt mi sentì.
“Tranquilla non ti avrei costretto a baciarmi!” asserì Matt.
Non risposi, ero troppo occupata a vedere la scena.
L’avrebbe baciata?
Era la sua accompagnatrice dopotutto.
E se non l’avesse baciata?
Avrebbe significato comunque qualcosa?
La mia mente stava per esplodere, era questione di minuti.
Tic tac, tic tac..
E poi.. bam!
Sentii un fragoroso scoppio.
Il mio cervello si era frantumato alla vista di Alex che si era avvicinato ancor di più a lei e aveva catturato con voga le sue labbra.
Il ricordo della prima volta in cui Alex mi aveva baciata, a casa di sua nonna, mi passò davanti e mi investì come un treno.
Il secondo ricordo, e cioè Alex che mi baciava a casa di Matt, fu ancora più doloroso: come se mi fossi schiantata di faccia a terra da un altezza di non so quanti metri.
I due allegri piccioncini continuavano la loro danza di accoppiamento tant’è che lo speaker dovette riprendere il controllo della situazione.
Ma i due non sembravano aver comunque voglia di staccarsi.
“Bene, lasciamo la nostra coppia a.. beh si, a divertirsi e partiamo con il prossimo lento!” sentii riecheggiare dagli altoparlanti.
Ne avevo abbastanza.
Mi staccai da Matt.
“Babù..!”
“Vado al bagno, a dopo” e così facendo lo liquidai.
 

do I wanna know IF THIS FEELING FLOWS BOTH WAYS
sad to see you go WAS SORTA HOPING THAT YOU’D STAY
baby we both know THAT THE NIGHTS WERE MAINLY MADE
FOR SAYING THINGS THAT YOU CAN’T SAY TOMORROW DAY

 
Volevo solo tornarmene a casa ma ovviamente Julia non mi rispondeva al cellulare.
Solo alla quindicesima chiamata rispose allarmata.
“Dove sei?!” mi chiese.
“In un puttanaio!” che poi effettivamente non era una cazzata quella che avevo detto.
“Sono seriamente preoccupata per te!”
Era indignata.
“Sono fuori dalla palestra della mia scuola e voglio solo tornarmene a casa”
“Tesoro non puoi farlo”
“E secondo te perché ti ho chiamata?!”
“Perché..” ci pensò per due minuti.
Ma era davvero così scema?
“Ti ho chiamata per sapere a casa di chi devo andare razza di esaurita!” sbottai.
“Oh beh.. “
“Beh cosa?”
“E’ successo qualcosa di grave?”
“Non mi va di parlarne”
“Oh, non pensavo fosse così tanto grave”
“Mamma, sono stanca ed ho i piedi doloranti! In più ho passato una serata a dir poco orribile e mi sento uno straccio!”
“Va bene, dammi il tempo di fare una telefonata e ti richiamo”
Riattaccò.
Sbuffai e mi sedetti su una delle panchine gelate vicino alla palestre.
Un sacco di coppiette non facevano altro che sbaciucchiarsi e sussurrarsi frasi dolci.
Che schifo, dico davvero.
Julia richiamò.
“Arriva la persona che ti ospiterà fino al mio ritorno”
“Ma chi..”
E mi chiuse il telefono in faccia.
Un po’ di persone avrebbero dovuto togliersi questo brutto vizio.
“Perché vuoi già tornare a casa? Credo che mia madre si aspetti il nostro ritorno come minimo oltre l’una ed adesso è appena mezzanotte passata!”
Una voce familiare alle mie spalle mi fece voltare.
“TU?!”
 

DO I WANNA KNOW?

 
 
 
 
 
 
 

So, ladies and gentleman!
Ho finito il 10 capitolo in quanto? Tre giorni?
(Mentalmente sto facendo il balletto della squadra di Turk ed Elliot di Scrubs con me stessa
*)
Sono super felice!
Anche questa volta non ho molto da dire oltre a ringraziare ancora di cuore tutti per il supporto <3
Bene, un abbraccio a tutti e ci si vede alla prossima :D

Sixteen
 
 
 
 

Oggi (come tutti ben sapete) è uscito AM in Italia, quindi il capitolo è anche in onore dell’album.
http://www.youtube.com/watch?v=bpOSxM0rNPM
 
 
 
 
(
*  http://www.youtube.com/watch?v=6aSfFui_GjY  )

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Capitolo 11
*** Capitolo 11 -Life in Technicolor II- ***


 
ATTENZIONE: mi rivolgo a tutti. Vorrei scrivere un capitolo (sia ben chiaro, l’unico) dove il punto di vista per una volta non è quello di Babù, ma di Julia. Vorrei parlarvi della sua storia personale (e quindi discostarmi per un momento solo dalla storia delle scimmie), farvi capire il suo pensiero e approfondire di più su questo personaggio. Prima di farlo, però, vorrei un vostro parere: se noto che la cosa suscita scarso interesse (aka “Sixteen non puoi romperci er cazzo con le storielle strappalacrime! Vojamo er figo, er bello, er fotomodello di Alex, di Matt, di Jamie e di Andy!”) non scriverò il POT di Julia (non si offende, ve lo assicuro). Insomma, se la cosa vi interessa battete un colpo, fate un fischio, inviatemi un segnale di fumo! (Andrà bene anche un messaggio privato o potete rispondermi tramite recensione). Detto ciò, buona lettura dell’11 capitolo e vi adoro tutti quanti, sapevatelo.
 
 



 
There’s a wild wind blowing
Down the corner of my street
Every night there, the headlights are glowing
There’s a cold war coming
On the radio I heard
Baby, it’s a violent world
 
 
CAPITOLO 11
“TU?!”
No, non poteva essere.
Era semplicemente uno scherzo di cattivo gusto.
Oppure il destino si stava prendendo gioco di me.
E alla grande aggiungerei!
Che umorismo perverso, quello del destino.
Lui annuì ma non fece nemmeno un passo per avvicinarsi a me.
“No.. non ci torno a casa con te, scordatelo!” dissi più a me che a lui.
Ero infuriata.
Mi alzai e composi in fretta e furia il numero di Julia.
“Ferma! Cosa vuoi fare?!” disse percorrendo, in un battito di ciglia, la distanza che ci separava e bloccandomi per un braccio.
Ero talmente furiosa che sentii scottare il punto in cui la sua pelle aveva toccato la mia.
 “Toglimi le mani di dosso, brutto idiota!” gli urlai in faccia e mi scostai, avviandomi verso le scale dell’ingresso scolastico.
Chiamai nuovamente Julia.
“Pront..?”
“COME CAZZO TI È SALTATO IN MENTE DI FARMI OSPITARE DAI TURNER?!” urlai anche a lei al telefono.
“Ma tesoro..”
“No no.. tesoro il corno! Io non ci vado a casa di Turner!”
Silenzio da parte sua.
Non potevo prendermela  con lei.. non dovevo!
Respirai a fondo.
Riprendi la calma, Babù.
Se non fosse successo tutto il casino di quella sera probabilmente mi ci sarei spedita da sola a casa di Alex.
Probabilmente ma soprattutto se non fosse successo.
Esatto! SE non fosse successo!
Ma era successo.
Quindi la storia cambiava..
.. e necessitava urgentemente di una soluzione.
 “Facciamo che ti spiego tutto ma tu promettimi di non fare commenti stupidi come tuo solito” dissi con molta più calma rispetto a prima.
“Promesso”
“Allora..”
“Perché inizi tutti i discorsi con allora?” m’interruppe.
“Oh madonna.. è un cavolo di intercalare!”
“Scusa, continua.. anzi, inizia”
“Allora, come ben sai..”
“L’hai fatto di nuovo!”
“Cosa?”
“Hai detto allora!”
Ok, va bene.
Si erano messi tutti contro di me per farmi esplodere i nervi.
Benissimo.
Anzi no, alla grande.
Presi un altro profondo respiro per calmarmi.
Che dio me la mandi buona!
Ero circondata da pazzi furiosi.
“Come ben sai sono venuta al ballo con Andy”
“Ok, fin qui c’ero”
“Alex si è portato dietro una sciacquetta qualsiasi”
“Il titolo sciacquetta glielo hai gentilmente affibbiato tu?”
“Senti, ad una che tutti chiamano Sarah la Facile che nome vorresti dare?”
“Sciacquetta va più che bene! Insomma, si è portato dietro questa..”
“Esatto, e fin qui non c’era proprio nulla di male! Finché non hanno ballato un lento insieme”
“E ti sei incazzata solo perché hanno ballato insieme?”
“Ovvio che no! Perché poi il signor SonoilPiùFigoDiTuttiEtutteMiCadonoAiPedi l’ha baciata!”
“E ti sei incazzata solo per un bacio?”
Solo per un bacio? SOLO PER UN BACIO?!
“Tu non capisci!”
“Oh invece capisco e mezzo” disse ridendo.
“L’ha baciata! Di fronte a me, senza alcun pudore!”
“Babù, ti ho ascoltata ma ora rispondimi: tu e lui state insieme?”
“Definisci stare insieme”
“Siete una coppia?”
“Beh no, ma..”
“Ma cosa? Lui non è sentimentalmente impegnato né con te, e te lo assicuro nemmeno con quella ragazza! Come tu sei stata liberissima di invitare Andy e magari lasciare che Matt ci provasse con te, lui è libero di far quello che vuole!”
“Chi te lo dice che io ho lasciato che Matt ci provasse con me?”
“Babù, ti conosco come le mie tasche! Vuoi forse dirmi il contrario?”
Beh.
Effettivamente non avevo fatto nulla per allontanare Matt ma alla fine noi eravamo amici quindi non c’era nulla di male, per esempio, nel ballare un lento.
“Tesoro, ancora una volta ti devo aprire gli occhi: anche se sembra il contrario, quello timido non è Matt ma Alex! Avrà reagito male a qualcosa che ha visto.. in più si sa, la rabbia nel periodo adolescenziale gioca brutti scherzi. Voi adolescenti andate avanti per vendette subdole che non vi portano a nulla ma col tempo imparerete che anche questo è sbagliato”
Annuì verso il vuoto.
“Tra l’altro Babù, il fatto di non parlare con Matt ed Alex non era lo stesso una sorta di vendetta?”
Merda.
Aveva ragione ed io non me n’ero nemmeno accorta.
“Quindi secondo te Alex ha baciato la sciacquetta solo per vendicarsi?”
“Ovvio!”
Vendicarsi di che, poi?
“Ma scusami, tu non sei quella che dice sempre che per baciare un persona bisogna provare dei sentimenti?”
“In questo caso non centra, ti ripeto che suppongo fosse arrabbiato per qualcosa!”
 “Arrabbiato per qualcosa del tipo..?”
“Non so.. Matt ti ha baciata?”
 “Mon dieu, certo che no!”
“Ti è stato appiccicato tutto il tempo?”
“Beh..”
“Bene questo sicuramente avrà contribuito!”
Forse.
“E avete ballato?”
Silenzio.
“Hai visto che ci arrivi anche da sola? Come tu ti sei incazzata perché Alex ha ballato con quella ragazza lui si sarà incazzato perché tu hai ballato con Matt”
“Ma mica ci siamo baciati.. è diverso!”
“Sfido chiunque a dire che Matt non avrebbe tentato di baciarti!”
“No, non lo avrebbe fatto.. almeno non stasera”
“Se lo dici tu, ma non me la conti giusta!”
Sospirai.
“Ora va meglio?”
“Decisamente”
“Sei in buone mani, fidati di me”
 “Come sta Teddy?” deviai il discorso.
“Oh si sta più che bene! Ti saluta”
“Ricambio”
“Comunque, ritornando al discorso..”
Maledetta.
“..andrai a casa di Alex perché è il posto migliore dove tu possa stare”
“Da quanto avevi organizzato tutto?”
“Diciamo da un po’”
Allora era questa la sorpresa di Alex!
“Sono comunque arrabbiata”
“Non importa, l’importante è che tu non rimanga da sola durante le vacanze”
Sospirai di nuovo.
Quante volte avevo sospirato?
 “Buonanotte mamma”
“Buonanotte tesoro e chiamami domani”
Riposi il telefono nella clutch ed alzai la testa.
Alex era a parecchi metri di distanza (troppi da non avergli permesso di ascoltare la mia telefonata), seduto su un muretto, a fissarmi con i suoi occhi scuri non più tanto dolci come lo erano sempre.
 Mi avvicinai.
“Devo tornare a casa con te”
“Questo lo sapevo”
“Bene”
“Bene!”
Ci fissammo entrambi arrabbiati, per un minuto interminabile.
Il signorino ChiamatemiFigo non aveva minimamente il diritto di esserlo!
“Stiamo aspettando che cresca l’erba, per caso?” chiesi irritata dal suo sguardo penetrante e quasi nero di rabbia.
“Pensavo volessi salutare il tuo ragazzo!” rispose indignato.
“Il mio ragazzo?! Ma sei..”
“Cosa? Sono impazzito? Certo che no! So bene quel che ho visto!”
“Quel che hai visto?! TU stai dicendo a ME che sai bene quel che hai visto?! Forse sei ammattito seriamente o semplicemente quella sgualdrina della TUA ragazza ti ha dato alla testa!”
“Sarah non è una sgualdrina!”
“Ovvio che no! Una che si fa mezzo mondo come la definiresti? Ma certo, se vuoi posso andare da lei a scusarmi ma temo troppo per la mia incolumità! Sai com’è, dato che segue la filosofia del ‘basta che respiri’!”
“Oh si certo.. è proprio lei quella del ‘basta che respiri’! E tu sentiamo?”
Lo fissai incredula.
“Cosa hai detto?” chiesi, cercando in tutti i modi possibili di non credere alle mie orecchie che, purtroppo per me, funzionavano fin troppo bene.
“Hai capito benissimo! Prima con me poi con il mio migliore amico, poi di nuovo con me e stasera a quanto pare era di nuovo il turno di Matt!”
L’aria che avevo appena inspirato faticava ad uscir fuori.
“TU, mi hai appena dato della sciacquetta?” sputai tra i denti.
Una voce alle mie spalle irruppe nel discorso tossendo per mostrare la sua presenza.
Mi voltai di scatto.
Stavo trattenendo a stento le lacrime.
E no, proprio no.
Non erano affatto lacrime di tristezza.
Ero furiosa.
Letteralmente.
“Ragazzi mi si spiace interrompervi! Cookie mi ha detto che siete senza passaggio e mio padre è appena arrivato, volete venire con me?” domandò Matt in più che totale imbarazzo.
Il mio ‘si’ ed il ‘no’ di Alex vennero pronunciati all’unisono.
“Preferiamo andare a piedi!” aveva aggiunto poi il chitarrista acido più che mai.
“Grazie Matt sei davvero gentile, accetto volentieri! Anche perché non ho nessuna intenzione di camminare al fianco di un cretino patentato!”
Presi Matt sottobraccio e m’incamminai verso la macchina.
Alex sbuffò rabbioso, ma ci seguì ugualmente.
 
Time came a creeping
Oh and time’s a loaded gun
Every road is a ray of light
It goes on
Time only can lead you on, still it’s
Such a beautiful night
 
Il tratto che facemmo in macchina fu a dir poco tragico.
La situazione era talmente tesa che anche un minimo soffio di vento avrebbe potuto tagliarla.
Io, dal mio canto, fissavo lo scorrere delle strade fuori dal finestrino con la faccia imbronciata.
Una mano, quella di Matt, accarezzava la mia che era poggiata sulla mia gamba.
Vicino al batterista si trovava Alex dal cui respiro si denotava la rabbia crescergli sempre più.
Ma poco importava.
Quando il padre di Matt aveva interrotto il sacro silenzio e ci aveva chiesto come fosse andata la serata, non mi era sfuggito lo sguardo che gli aveva lanciato suo figlio.
Della serie ‘hai appena messo il braccio nella gabbia del leone, toglilo finché sei in tempo’.
E così, da buon padre, aveva accolto il messaggio del figlio ed era stato zitto e buono al suo posto per tutto il tragitto.
Non parlò nemmeno quando arrivammo davanti casa di Alex.
“Grazie mille signor Helders, è stato molto gentile ad accompagnarci” gli dissi gentile.
Mi sorrise di rimando con il timore di aprir bocca.
Matt mi strinse un secondo la mano e mi baciò sulla guancia.
Ringraziai tutti gli dei dell’olimpo per la presenza del signor Helders.
“Ci vediamo domani” disse poi il ragazzo.
Annuì e lo baciai anche io sulla guancia.
Ci ritrovammo in piedi io ed Alex di fronte all’ingresso di casa sua.
Lo fissai di sbieco, alzando un sopracciglio.
“Si può sapere che cazzo stai aspettando per aprire? Si gela qui fuori!” dissi stringendomi ancor di più nel cappotto.
“Fidati, non ho la minima intenzione di restare qui fuori, dato che la compagnia non è delle migliori, ma a quanto pare ho dimenticato le chiavi di casa!”
“Cosa?! Ma si può sapere dove cazzo hai la testa?!”
“Per caso hai la sindrome pre-mestruale? Smettila di prendertela con me!” disse provando a suonare insistentemente alla porta.
“Tu invece a quanto pare hai già raggiunto la crisi di mezz’età viste le puttanate che dici!”
“Ma che cazz..”
“Alexander!” ancora una volta, una voce ci aveva interrotti.
Ci voltammo di scatto.
Una signora sulla quarantina ci fissava seriosa.
 “Oh ma insomma! Su entrate, congelerete li fuori!”
 
Oh, love, don’t let me go
Won’t you take me where the street lights glow
I can hear it coming
I can hear the silent sound
Now my feet won’t touch the ground
 
Le tazze vuote di fronte a noi vennero magicamente riempite.
“Bene, com’è stata la serata?” chiese pimpante, nonostante l’orario, la signora Turner.
Alex mi lanciò uno sguardo furente.
Probabilmente il fumo che aleggiava intorno alla sua testa non era dovuto al thé bollente, ma ci avrei messo la mano sul fuoco che usciva dalle sue orecchie.
“Nulla di speciale” aveva asserito poi il ragazzo.
“Oh, la tua accompagnatrice ti ha dato buca?” disse poi la donna mettendosi una mano sul petto e scuotendo la testa sconsolata verso il figlio.
“Mamma! Lo sai che nessuna mi da buca..”
Modesto.
Sempre troppo modesto.
“E a te Babù com’è andata? So che sei andata con Andy al ballo!”
“Le devo dire, signora Turner..”
“Chiamami Penny, ti prego”
“Penny, non esiste ragazzo sulla faccia della terra che sia stato così gentile con me come lo è stato Andy stasera!”
“Lo immaginavo, è davvero un caro ragazzo”
“Puoi dirlo forte” dissi lanciando uno sguardo altrettanto furente ad Alex.
“Alexander, credo davvero che Sarah abbia qualcosa di sospetto! Non trovi anche tu?” si rivolse verso me.
Annuì sorridendo cortese verso Penny per poi riagganciare lo sguardo di Alex.
“Dovresti sceglierti meglio le tue accompagnatrici! Le ragazze come Babù, ecco quali sono quelle giuste!”
Alzai un sopracciglio soddisfatta senza interrompere il contatto visivo con il mio avversario.
“Certo mamma, peccato che Babù in realtà sia già impegnata!”
“Con Andy?”
“No, con Matt!”
“Con Matt? Non capisco, ma allora Andy..? No.. da quanto state insieme?!” chiese incredula ed entusiasta.
“Io, ehm, Matt ed io non..”
“..non hanno ancora ufficializzato! Ecco tutto!”
Ma che cazzo stava facendo?
Questa situazione stava letteralmente sfociando nel ridicolo.
“Davvero?!”
“Si, stanno insieme da quando siamo stati a Londra! La cosa è stata piuttosto romantica, erano sul London Eye quando è successo!” disse duramente colpendomi nel profondo.
Se il suo obbiettivo era ferirmi c’era riuscito perfettamente.
“Mi devi raccontare tutto Babù!” un’eccitata Penny aveva afferrato le mie mani.
“Non credo sia il caso ora, sono piuttosto stanca. Preferirei andare a dormire, se è possibile”
“Ma certo tesoro, sta tranquilla! Alexander, porta Babù nella stanza degli ospiti. Li troverai il necessario per dormire. Domattina andrò personalmente a prendere la tua valigia”
“Ti ringrazio, buonanotte”
E mi defilai seguendo Alex su per le scale.
Tutti e due senza fiatare, senza fare rumore.
Come due anime che si scontrano, ma non essendo fatte di materia, il rumore prodotto è simile a quello dell’acqua che scorre sul cristallo.
Arrivati però sulla porta parlai, e li s’incominciarono a sentire le prime crepe profonde del cristallo stesso.
“Il tuo obbiettivo era ferirmi, ci sei riuscito! Ti faccio i miei complimenti Turner” dissi atona, come svuotata dentro.
“Tu non hai idea di come possa essermi sentito io quando.. beh, si, quando lui è venuto da me a dirmi che si era preso ciò che era mio”
Non stavamo alzando la voce.
Eravamo entrambi esausti.
E non per la festa, ma di combattere.
Le vendette subdole.
Che Alex quella sera si fosse vendicato per il bacio con Matt?
Ma lui non sapeva tutto, tutti i dettagli.
Non sapeva la mia versione dei fatti!
Mi passarono per la mente le parole di Julia.
Io e lui non stavamo insieme, lui non doveva giustificare le sue azioni ed io non dovevo giustificare le mie.
“Non ero tua, Alex. Non lo sono mai stata”
 “Hai ragione, fingevo solo che lo fossi”
Mi scrutò dalla penombra del corridoio.
I suoi occhi non erano più duri, solo tristi forse.
 A quel punto tutta la rabbia che avevo accumulato si concentrò in quella lacrima che mi scivolò sul viso.
“Buonanotte Alex” dissi infine, richiudendomi la porta alle spalle.
 
 
Oh, love, don’t let me go!
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Yo!
Capitolo 11 finito, passo e chiudo!
È il terzo capitolo che scrivo in un solo mese e, devo ammetterlo, non ne sono minimamente meravigliata! Gli argomenti di cui parlare si fanno più scottanti ed io in un certo senso mi sento più motivata.
Ringrazio ancora tutti per il supporto! Vi adoro tutti, dal recensore costante al lettore silenzioso. Tutti, nessuno escluso!
Ci vediamo alla prossima, e nel frattempo.. stay tuned!

Sixteen
 
Questa è la canzone che da il titolo al capitolo
http://www.youtube.com/watch?v=fXSovfzyx28

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Capitolo 12
*** Capitolo 12 -What A Shame- ***


 

Oh what a shame,
But it's easy, can't you see?
What a shame,
That they won't ever let you be

 
 
 
CAPITOLO 12

‘Babù stasera c’è una festa, non puoi mancare. Ci vediamo più tardi!’
Festa?
Festa?!!
Ma è possibile che a Sheffield non si facesse altro che organizzare feste?
Per festeggiare cosa poi?
La coglionaggine di certe persone?
Ah beh, la mia in primis, è ovvio!
Rilessi di nuovo il messaggio di Andy.
Eh si, diceva proprio festa.
Lo chiamai.
“Cosa non ti è chiaro della parola festa?” mi chiese.
“Ho solo qualche domanda”
“Spara”
“Dove, quando, perché ma soprattutto, e fidati è la cosa forse più importante, chi e con chi?”
“Per fortuna era solo qualche domanda”
“Tu intanto rispondi”
“La mia ragazza..”
Ah giusto.
Piccolo problema.
Andy era ora impegnato con una ragazza.
Vi ricordate quella della festa?
Come si chiamava? Jane? Dana? Kelly?
E chi se lo ricorda!
Fatto sta che era diventato tutto zucchero ed il tempo per me era notevolmente diminuito.
Non che mi dispiacesse..
Ok, si che mi dispiaceva!
Ero segregata nella casa del nemico e i miei alleati mi abbandonavano.
Che morte infelice quella del soldato nel campo di guerra, lontano da casa.
“..per caso ti serve anche il codice postale?”
“Eh?”
“Ma mi stavi ascoltando almeno?”
“Io? Ma che dici.. ora però ripeti, grazie”
“A casa di Dana, alle 9”
“Di grazia, dove abita la signorina Dana? Il mio radar incorporato si è rotto recentemente a causa di tutto quel veleno che sto facendo a casa del principe di sto cazzo”
“Tu ne sei la principessa, ricordalo”
“Al massimo la princiFessa che si fa abbindolare!”
“E meno male che te lo dici da sola! Comunque, hai presente quel bar dove andiamo a fare colazione la mattina prima di andare a scuola?”
“Si”
“Bene, prosegui per quella strada poi alla quarta devi girare a destra”
“Mmh certo”
“Poi continui sempre dritto e arrivata all’incrocio devi svoltare a sinistra per due volte”
“…”
“Babù?”
“Eh”
“Non hai capito”
“Cosa te lo ha fatto pensare?” chiesi ironica.
“Io non posso passarti a prendere, oggi pomeriggio sono da Dana per aiutarla a sistemare casa”
Scoppiai in una fragorosa risata.
“Che c’è?!” chiese indignato.
“Aiutarla a sistemare casa? Certo certo..”
“Ritornando seri..”
“Ero serissima”
“Babù sto per ucciderti tramite telefono. Non chiedermi come, ma lo faccio”
“Scusa, non ti interrompo più”
“O vieni con Alex..”
“Alex?! Ma che sei scemo?”
S.O.S
Gli alleati ti gettano in pasto ai leoni.
“Era solo un’ipotesi. Non avete ancora chiarito?”
“Mmmh diciamo che è dalla sera del ballo che non ci rivolgiamo parola”
“Babù”
“Oh”
“Dimmi che stai scherzando”
“Affatto. Ti sembro una che scherza facilmente?”
“Ma no, solo a volte..”
“L’alternativa al piccolo ‘SonoUnaPrimaDonnaNonMiParlare’ sarebbe?”
“Matt.. penso che ti passerà a prendere volentieri”
Forse troppo volentieri.
“Ok, ora lo chiamo”
“A stasera, e mi raccomando ad esserci”
“Ciao pasticcino al gusto Dana”
“Idiota!”
Riattaccai.
Che brutta fine quella di questa ragazzaccia buttata sul letto della camera degli ospiti di casa Turner.
Mon dieu, che immagine triste.
Composi il numero di Matt.
“Matthieu” dissi alla francese.
“Mon madamoiselle”
“Questa sera c’est una festa très belle”
“Je sais.. J'allais vous appeler”
“Matt, lo sai che non parlo francese vero?”
“Ho detto che ti stavo per chiamare”
“Andiamo insieme?” dissi più convincente che potevo.
“Ed io che ci guadagno ad accompagnarti?” chiese scherzando, o almeno credevo.
“Non ti bastano gli occhioni dolci che sto facendo al momento?”
“Ma se non posso vederti!”
“Prendimi in parola!”
“Ci penserò su miss Occhi da Cerbiatto”
Occhi da cerbiatto.
Forse aveva sbagliato persona.
Lui, la prima donna, aveva gli occhi da cerbiatto, di certo non io.
“Va bene, la ringrazio molto signor StudioFranceseEVoglioFareIlFigo”
“Alle 9 a casa tua”
“Di Alex” lo corressi.
“A più tardi tesoro”
Riattaccò.
Ancora con questo tesoro?
Sbuffai e saltai giù dal letto.
Dovevo avvisare Penny, la madre del moccioso traditore, che stasera non ci sarei stata.
Sbuffai ancora al pensiero che non avrei potuto ritirarmi tardi.
Non potevo di certo fare i comodacci miei a casa di altri.
Aprì la porta della camera degli ospiti e contemporaneamente si aprì la porta di fronte alla mia.
Ed indovinate un po’ chi sbucò?
I nostri sguardi si incrociarono.
Fuoco e ghiaccio in antitesi.
Alzai un sopracciglio in segno di sfida.
La mangusta contro il serpente, Sparta contro Atene, io contro Alex.
Ma nonostante tutto non mi andava di rovinarmi la giornata, così mi voltai e feci per dirigermi verso le scale.
“Fermati”
Era un’affermazione? Un ordine?
Per principio non mi fermai.
“Ehi tu”
Per caso aveva battuto la testa e si era improvvisamente dimenticato che a) il mio nome è Babù e b) che non ci parliamo?
Prima che posassi il piede sul primo gradino lo vidi materializzarsi di fronte a me per bloccare il passaggio.
Ma si, stile Gandalf nella scena in cui urla ‘tu non puoi passare’.
Insomma, avete capito.
“Sei diventata sorda per caso?”
“Cosa? Scusa, puoi ripetere? Non ho sentito bene”
Ora toccò a lui alzare un sopracciglio.
Ma che cazzo stavo dicendo?
Stavo ammattendo, questo è certo.
“Stasera c’è una festa” disse.
“Buongiorno”
Lo guardai con gli occhi iniettati di veleno.
Mi pose la mano.
“Tregua per i prossimi 5 minuti? Devo parlarti seriamente”
Fissai la sua mano.
No, non avevo intenzione di afferrarla.
Era pur sempre il nemico, no?
“Lascia perdere la tregua! Sai benissimo che non ci guadagna nessuno dei due ad urlare! Almeno stammi a sentire” disse poi.
Incrociai le braccia e feci cenno con la testa di proseguire.
“Mia madre non mi lascerà mai ritirare tardi se tu non ti ritiri con me e viceversa”
“E quindi?”
“E quindi: andiamo insieme e torniamo insieme”
“Mi spiace, vado già con Matt”
Fece una smorfia involontaria.
“Non m’importa con chi ci vai. Non sto certo cercando di soffiarti dalle grinfie del tuo ragazzo, non è tra le mie prerogative”
“Matt non è il mio ragazzo”
“Scusami ho i ricordi sfocati dalla troppa nebbia di quel giorno.. sai al London eye..”
Sentii il sangue ribollirmi nelle guance.
“Levati di mezzo, Turner!”
“No, prima devi ascoltarmi”
“Levati!”
“No!”
“Ora mi metto ad urlare se non ti togli!”
Presi fiato ma lui mi tappò la bocca e, con un placcaggio degno del miglior giocatore di rugby della storia, mi prese in spalla e ci fiondammo nella sua camera.
“Mettimi giù!”
“Accontentata” disse lanciandomi sul letto.
“Sei un cretino!” protestai.
“Ascoltami: non m’importa con chi trascorri il tempo alla festa, con chi ci vai, che cosa fai. Basta che usciamo insieme di casa e rientriamo insieme così possiamo ritirarci a che cazzo di ora vogliamo!”
“E hai fatto tutta sta storia per dirmi sta cavolata?!”
“Ma se tu non mi fai parlare!”
Ci accorgemmo di star urlando.
“Come ti pare, alle 9 passa Matt a prendermi” dissi incazzata nera dirigendomi verso la porta.
“Bene! Divertiti stasera con il tuo ragazzo!” mi provocò.
Ma io non risposi.
Certo, come no!
Ero troppo incazzata per incassare il colpo!
“E tu divertiti con quella sciacquetta della tua ragazza che.. oh scusami! Non so se hai sentito la novità ma si è già fatta un altro!” gli urlai in faccia, per poi uscire dalla sua camera sbattendo la porta.
 

The way he spat at his mic,
His lyrics couldn't be fresher,
They said he'd be a superstar,
If he could handle the pressure

 
“Tutto bene tesoro?”
“Certo”
“Se lo dici tu” esitai sulle mie stesse parole.
Mia figlia, Babù Evans, aveva preso la prima batosta amorosa ed io, egoista com’ero, non ero li accanto a lei a consolarla.
Mi limitavo al telefono, io.
Che madre poco affidabile, io.
Non potevo farci nulla, no, proprio no.
Ero li, a Bristol, a girarmi i pollici con Teddy, aspettando una manna dal cielo.
“Tu come stai?” mi giunse la sua voce dalla cornetta.
Come dovrei stare?
Male! È ovvio!
“Tutto bene, non devi preoccuparti per me Babù” mentii.
Se lei avesse saputo, perché intendiamoci non sapeva e non doveva sapere, la sua risposta al mio continuo lamentarmi sarebbe stata ‘se una cosa non ti sta bene, alza il culo e fa in modo di cambiarla’.
Ma cosa potevo fare?
Una fuggiasca, ecco cos’ero.
E in quel momento sentivo Babù davvero troppo lontana per i miei gusti.
Ma si sa, c’est l’amour!
Le prime batoste arrivano sempre, non si fanno mai aspettare.
 

After they put it to paper,
They took him to tea,
And told him just a couple changes,
That they wanted to see

 

“Alex! Babù! C’è il vostro amico Matt giù in soggiorno!” aveva urlato dal piano di sotto Penny.
Mi fiondai giù per le scale, avvolta nel mio parka super imbottito, fedele compagno delle migliori tempeste di neve. E non solo.
Nella mia corsa sfrenata, il Nemico era al mio fianco.
“Cretina, perché corri?”
Ancora una volta non lo degnai di parola, solo di uno sguardo incazzato.
E feci male, molto male.
Tanto quanto il dolore che avvertii sulla mia faccia dopo essere volata in soggiorno, inciampando sui miei stessi piedi, durante la corsa.
Ma perché cazzo dovevo indugiare sui suoi occhi invece che guardare per terra?
Oh, se in quel momento la vedevo bene la terra!
“Babù! Ti sei fatta male?” la voce premurosa di Matt che accorreva a sollevarmi da terra unita alla sonora risata del bastardo.
“Ma no.. devo appuntarmi a mente che le entrate ad effetto non fanno per me”
“Babù, hai sbattuto la testa? Vuoi del ghiaccio?” era Penny visibilmente preoccupata.
Preoccupata, forse, più per la mia salute mentale che fisica.
Ma come facevo a spiegarle che ero scema di mio e non a causa dei mie tripli salti mortali terminati con me spiaccicata sul pavimento?
Quando Matt mi sollevò, lasciando il suo braccio intorno alla mia vita, notai lo sguardo di Penny: diceva ‘ma quanto siete carini’.
E ovviamente ai suoi pensieri venne data presto voce.
“Ragazzi scusate, ma siete davvero troppo belli insieme!” disse con gli occhi a cuoricino.
“Oh, noi non stiamo insieme.. non ancora” rispose Matt sorridendo.
Quel ‘non ancora’ mi turbava, e non poco.
“Oh, non dovete essere così timidi! Alexander, non trovi anche tu che insieme formino una coppia stupenda?”
Sbuffò.
“Mà, noi andiamo!” aveva asserito senza rispondere.
 ‘Ah, viene con noi?’ fu il mio primo pensiero.
Matt mi guardò.
Non ero sicura se volesse dirmi ‘non potevo lasciare che arrivasse da solo a piedi e sotto la neve fin li’ oppure ‘ho fame, datemi un panino al tonno’.
Uscimmo tutti e tre insieme e appassionatamente ed entrammo nella macchina.
Matt da vero gentiluomo mi aprì lo sportello.
Benvenuti nell’800 signore e signori.
Apprezzai comunque il gesto e gli sorrisi.
Giungemmo davanti casa di Dana dopo un tragitto più che imbarazzante.
Tutti e tre in silenzio con la radio rotta.
La casa era la solita villetta a schiera con il solito affluire di gente come ogni festa.
Per fortuna!
Almeno avrei potuto dileguarmi in mezzo alla folla per evitare incontri spiacevoli.
Forse avrei potuto appiccicarmi a Cookie e Katie.
“Ehi Andy!” salutai il mio amico calorosamente.
“Babù! Sono davvero felice che tu sia venuta! Vieni ti presento una persona..”
“Ho il vago sospetto di chi possa essere”
“Babù, questa è Dana!”
Capelli biondo rossicci, occhi color nocciola e un sorriso smagliante.
“Sono Babù, piacere” le sorrisi di rimando.
“Ragazzi vi abbandono un attimo, vado a salutare i miei ospiti” disse poi tutto ad un tratto salutando qualcuno da lontano.
“Allora?”
“Allora che?”
“Ti piace?”
“Cretino, non deve piacere a me!”
“Ma voglio un parere!”
“Direi.. beh tienitela stretta!”
Si, Andy aveva fatto il colpo del secolo molto probabilmente.
“E Cook?”
“E’ partito, non ricordi?”
“Cazzo è vero! Ma Katie non viene?”
“E’ partita con lui”
Di bene in meglio.
Ma la serata non era ancora del tutto rovinata.
O almeno credevo.
“Oh cazzo” esclamò Andy.
“Cosa ‘oh cazzo’?” chiese preoccupata.
“Non girarti, è meglio per te”
“Non puoi dirmi non girarti e aspettarti che io non lo faccia!” esclamai di rimando, ridendo e voltandomi.
Tum.
Il mio cuore fece un tonfo.
Alex e..
Si.
Era proprio Sarah.
La sua accompagnatrice del ballo.
Quella del lento.
Quella del bacio.
Quella per cui avevamo litigato.
Era avvinghiata al suo braccio e sorrideva con la sua bellissima faccia da culo.
Ma mai quanto quella di Alex, che mi fissava.
Benissimo.
Dovevo ricredermi.
La serata era più che rovinata: devastata!
 

Oh what a shame,
But it's easy, can't you see?

 
 
 
 


Salve a todos!
Anche il 12 è finito! :D
Devo davvero chiedervi scusa per tutto questo tempo d’attesa, ma tra la scuola, i compiti e il concerto degli Arctic.. a proposito! Chi di voi era li? :D
Io l’ho trovato davvero stupendo.. non vi nego che sono morta in alcuni punti (al “LADIEeEeEeS” prima di I Bet You Look Good On The Dancefloor, quando hanno suonato Mardy Bum in acustico dove avevo le mani in fiamme a causa dell’accendino acceso durante tutta la durata della canzone, le hipster moves di Alex durante Reckless Serenade, che tra l’altro non mi aspettavo ed è stata davvero una piacevole sorpresa, e Arabella, i lacrimoni durante Cornerstone.. :’D ).
In ogni caso, ho scoperto una nuova band davvero piacevole e ne ho approfittato per prendere da una loro canzone il titolo per il mio capitolo.
Gli Strypes spaccano, ascoltateli se vi va u.u

http://www.youtube.com/watch?v=2gQbnLCgLCU
Alla prossima,
Sixteen

 

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Capitolo 13
*** Capitolo 13 -With Or Without You- ***


See the stone set in your eyes
See the thorn twist in your side
I wait for you
Sleight of hand and twist of fate
On a bed of nails she makes me wait
And I wait without you

 
 
CAPITOLO 13
“Babù che vuoi fare? Babù fermati!” il bassista dapprima perplesso e poi visibilmente allarmato mi vedeva allontanarmi.
“Babù non fare cazzate! Cosa hai intenzione di fare?!”
Non lo ascoltavo.
Sinceramente nemmeno io sapevo cosa volessi fare.
In realtà volevo fare ‘qualcosa’ ed avrei improvvisato.
Nemmeno le braccia di Andy mi impedirono di arrivare da Alex.
“Ciao Sarah! Da quanto tempo!” le dissi sputando veleno a destra e a manca.
“E tu saresti..?”
“Io sono..”
“Babù, lei è semplicemente Babù.. è una mia amica” aveva risposto Alex.
Sentii il sangue ribollirmi nelle vene.
“Esatto, sono semplicemente un’amica. Peccato che gli amici non facciano questo” avevo risposto prima di farlo.
Lo afferrai per il collo della maglietta, tra tutti che trattenevano il fiato pronti ad intervenire.
Ebbene si, lo avevo proprio fatto.
E datemi pure della stronza se lo avevo baciato!
Dicevano ‘fate l’amore, non fate le guerra’, ma il mio bacio era proprio una dichiarazione di morte.
Tutt’al più significava: che la guerra abbia inizio!
Alex mi aveva messo un braccio sui fianchi, preso dalla foga di ciò che stava succedendo.
No, questo è terribilmente sbagliato.
No, no, no.
Guerra, Babù. Guerra, ricordi?
Guerra!
Allora perché non riuscivo a staccarmi?
Ero più furiosa che mai e tentavo in tutti i modi di fargli del male mordendogli le labbra.
Ma era una contraddizione bella e buona.
Le sue mani scorrevano sulla mia nuca, tra i miei capelli ed io mi incazzavo sempre più, senza comunque riuscirmi a staccare.
Alex è un maledetto seduttore ed io lo odio anche per questo.
Per fortuna intervennero due braccia a sollevarmi di peso e a trascinarmi via prima che la furia di Sarah la facile s’imbattesse su Alex.
“Mettimi giù!” dicevo, ma lui non mi ascoltava.
Ormai ero troppo lontana per sentire il loro discorso ma riuscii ugualmente a gustarmi la scena di Alex che si prendeva un sonoro cinque in faccia, mentre io ero di pancia sulla spalla del bassista a mo’ di sacco di patate.
Mi portò in cucina e chiuse di scatto la porta.
 “Cosa cazzo ti è saltato in mente?”
“Nulla, assolutamente nulla!” avevo risposto un po’ intontita.
“Beh.. in ogni caso bel colpo”
“Andy..” era sbucata dalla porta della cucina Dana.
Andy mi fissò.
“Arrivo, arrivo! Ho bisogno di una boccata d’aria, ci vediamo dopo” avevo detto dileguandomi nuovamente in una stanza vicina, alla ricerca di una porta per evadere.
Ero finita in una stanza molto buia che identificai come sala da pranzo e..
..non c’era una porta d’uscita, fantastico.
Feci per tornare in soggiorno quando, dal buio in cui ero nascosta, vidi Alex che cercava qualcuno.
“Babù?” si era poi affacciato mentre io, cautamente, ero diventata un tutt’uno con la tenda.
‘Come mimetizzarsi parte 1’ di Babù Evans, prossimamente in vendita nelle migliori librerie!
“La stai veramente cercando?!” un’altra voce, femminile, si era intromessa.
“Oh Sarah, avanti, finiscila!”
“No, Alex! Credevo che io e te.. insomma, lei cosa centra?”
“Credevi un bel niente!”
Oh signor Turner, non si trattano così le giovani pulzelle! Soprattutto dopo averle abbindolate.
E il ché mi ricorda qualcuno di mia conoscenza.
Tipo?
Me!
“Scusami tanto se m’incazzo vedendo il mio ragazzo baciare un’altra!”
No, questo era proprio ciò che non avrei voluto sentire.
Il suo ragazzo?
Bene, quella che non aveva capito un cazzo ero proprio io a quanto pare!
Il fatto che stessero insieme l’avevo solo ipotizzato, non pensavo potesse essere effettivamente così.
“Senti, dimentica la storia del bacio tra me e..”
Giusto.
Dimentichiamo il bacio di stasera e ritorniamo al nostro obbiettivo: evadere.
Non volevo sentire una parola di più.
Ero intrappolata dietro una tenda, con una gigantesca finestra di fronte.
Cosa fare?
Improvvisare!
Ero al piano terra dopotutto, no?
 

Through the storm we reach the shore
You give it all but I want more
And I’m waiting for you

 
“Oh merda!” urlò.
“Ehi Matt, calmati! Sono io!” dissi sbucando dai cespugli.
“Ma che cazz..!” disse mettendosi una mano sul cuore.
“Tu, cespugli.. non dirmi che avevi qualche bisogno fisiologico da sbrigare! Voglio dire, non credo che Dana viva nel mesozoico, un bagno deve pur averlo li dentro..” aggiunse poi.
“Come sei spiritoso.. hai mangiato pane e simpatia prima di venire qui?”
“Come ogni pomeriggio, da bravo lupetto”
Alzai le sopracciglia.
“E tu che ci facevi qui fuori?” chiesi.
“Ero andata a parcheggiare la macchina”
“Oh..”
“Insomma, che ci facevi nei cespugli? A parte voler farmi prendere uno spavento”
“Fuggivo dalla finestra”
“COSA?! Ti sei lanciata dalla finestra?!”
“Ero al piano terra, cretino!”
“Ah, ecco” rispose perplesso. “E da cosa scappavi?”
“Da una festa terribilmente noiosa”
Mi guardò.
Forse pensava fossi rimbambita.
Non avrebbe dovuto pensarlo, alla fine la mia cretinaggine era un dato di fatto appurato ormai!
“Che c’è?” chiesi.
“Ho una proposta da farti”
“Non inginocchiarti, ti prego”
“Se dovessi farti una proposta di matrimonio ti porterei in riva al mare e ti farei trovare l’anello in un grissino”
“Da manuale e oltretutto direi scontato!”
“Perché, tu che faresti?”
“Legherei l’anello alla bacchetta della batteria e la lancerei durante un concerto”
“Ma non è detto che arrivi al destinatario poi!”
“E’ questo il bello!”
“Come sei poco romantica”
“Qual’era la sua proposta, signor Helders?” deviai il discorso.
“Che ne dici di abbandonare la festa, prendere la macchina e viaggiare all’avventura per una sera?”
“Solo se prometti di riportarmi a mezzanotte a casa di Alex”
“Come desidera, Cenerentola”
“Son troppo sfaticata per essere Cenerentola e non sono nemmeno bionda!” dissi poi, mentre ci incamminavamo.
“Io invece sarei una Cenerentola perfetta!” rispose, atteggiandosi da gaio.
“L’ho sempre sospettato! Del resto.. sei una mezza bionda stupida”
Mi arrivò un finto pugno sulla spalla ed io finsi una smorfia di dolore.
 “E tu chi saresti?”
“Sicuramente la matrigna cattiva, è il ruolo che più mi si addice”
“Beh, questo è scontato!”
Entrammo in macchina ridendo come non mai.
“Allora, dove mi porti?” chiesi, dopo che ci fummo seduti.
“Beh, pensavo che qualche idea ce l’avessi!”
“Stupiscimi”
“Ti stupirò, fidati”
 

My hands are tied
My body bruised she got me with
Nothing to win and
Nothing left to lose!

 

“A scuola?!” chiesi stupefatta ed un po’ delusa.
“Ti ho detto di fidarti. Ti fidi allora?”
“Ho alternative?”
“Penso di no”
“Bene, allora che si fa?”
“Tu cosa proponi?” mi chiese.
“Si scavalca!”
“Allora prego” mi disse porgendomi la mano.
Sorrisi.
“Dubiti di me? So fare da sola”
“A te la precedenza” mi disse, sorridendomi beffardo mentre mi indicava il percorso di salita.
Misi un piede sulla parte più bassa del cancello.
Avanti ce la posso fare.
Mi sollevai.
Un altro piede e mi sollevai ancora.
E nel frattempo mi ripetevo di non guardare giù, a causa della mie vertigini.
Poi voltandomi dissi “Non mi starai di certo guardando il fondoschien..”
E feci la cosa sbagliata.
Sono o non sono la ragazza più idiota del mondo?
Il cancello era troppo alto per i miei gusti e le vertigini si stavano facendo sentire.
Perché avevo guardato giù? Perdio..
“Babù! Ti senti bene?” mi urlò Matt.
“Io.. si, penso di si” risposi mentre la vista mi si annebbiava.
Mi fissò ed io fissavo lui.
Non potevo far altro, ero li pietrificata abbracciata alle sbarre del cancello, sulla parte più alta.
“Pensi di rimanere li tutta la serata?”
Non risposi, cominciavo a sentirmi davvero male.
E se fossi caduta?
Il pavimento le vedevo sempre più distante.
Alzai lo sguardo e mi concentrai sul cielo.
“Babù, non posso venirti a prendere li sopra. Ne sei consapevole, vero?”
Cercai di riprendermi.
Ho i piedi sul marciapiede, ho i piedi sul marciapiede.
“C’è una bella vista, non credi?”
Sentii il cancello muoversi.
No, no! Non è una bella sensazione! Il marciapiede non si muove di certo!
Qualcosa mi sfiorò il braccio.
Sobbalzai, tenendomi più stretta alle sbarre.
“Sono io, sciocca”
Annuì, guardando sempre sopra di me.
“Babù guardami” disse ed aspettò che abbassassi lo sguardo.
Lo fissai negli occhi, concentrandomi su di lui alla mia altezza.
E ciò mi rassicurava perché non lo vedevo più a tre metri da me.
Mi sfiorò il viso con la mano.
“Mi risulta un po’ difficile prenderti e riportarti a terra di peso, se io scendo tu ti lanci, ok?”
Sgranai gli occhi e rabbrividì.
Non se ne parlava proprio e se non fosse riuscito a prendermi?
Scese con un salto e mi incitò a saltare.
“Matt, se non mi prendi giuro che ti ammazzo”
“Correrò il rischio, tranquilla”
Abbassai nuovamente lo sguardo: non avevo scelta.
Presi un profondo respiro e mi lasciai andare.
Atterrai tra le sue braccia, fortunatamente.
Tutto ciò mi riportò alla mente un deja-vù.
 I ragazzi di Sheffield erano tutti eroi che salvano donzelle che si buttano da muri e cancelli della scuola?
“Hai visto?” mi chiese vittorioso.
Scesi dalle sue braccia e presi un profondo respiro per riprendermi.
“Ed ora che si fa?” domandai.
“Si entra!”
“Tu sei pazzo! Non tenterò mai più di scavalcare un cancello in vita mia!”
“Ma infatti non lo scavalcheremo”
Lo guardai come se fosse ammattito, aggrottando le sopracciglia.
Tirò fuori dalla tasca dei jeans un paio di chiavi e si avviò verso il cancello, aprendolo.
“TU! Tu, avevi le chiavi e mi hai fatta arrivare fin lassù?!”
“E che saranno mai tre metri?”
Tentai di placare la mia ira per non strozzarlo.
“Ehi, guarda che hai proposto tu di scavalcare”
“Non sapevo avessi le chiavi!”
“Dovevo privarmi di una scenetta così divertente?”
“Come facevi a sapere che soffro di vertigini?”
Chiudemmo il cancello e ci avviammo.
“Anzi no, prima voglio sapere come fai ad avere le chiavi”
“Le ho prese dal custode l’altra mattina e.. beh, so che soffri di vertigini perché me lo ha raccontato Alex”
Ah. Alex.
Quindi ognuno sapeva dell’altro sin dall’inizio.
Mi sentii a disagio e fuori luogo.
Inoltre i miei sensi di colpa cominciarono a mangiarmi viva.
“Vieni, andiamo di qua” disse poi, cambiando discorso.
Ed io gliene fui grata.
Effettivamente il giardino della scuola, di notte, era particolarmente bello.
Qualche luce di lampione qua e la, alberi e i campi da corsa e da calcio illuminati ed innevati, che rendevano tutto misterioso e.. si, in un certo qual senso, romantico.
Eravamo da soli, nessuno intorno, e il buio metteva a nudo le mie insicurezze e le sue sicurezze a quanto pare.
Non volevo fare nulla di sbagliato, perché il mio tenerci a lui era in proporzione ai i miei sensi di colpa.
“Ehi” disse posizionandosi davanti a me.
“Dimmi”
“Perché sei cosi silenziosa? Forse è il posto che non ti piace..?”
“No, anzi! È davvero stupendo!”
“E allora perché sei a disagio?”
Abbassai lo sguardo e lui mi prese per mano.
“Vieni”
Mi portò nel campo da calcio e ci sedemmo sulla panchina dei giocatori.
“Allora, cosa ti turba?”
“Io..”
Il mio telefono vibrò all’improvviso.
“Scusa”
“No tranquilla, fai pure”
Lo presi e lessi il messaggio che mi era appena arrivato.
Babù è più di un’ora che ti cerco, ho bisogno di parlarti. Dimmi che non te ne sei andata
Il mittente?
Ormai era salvato nella rubrica come ‘indesiderabile n. 1’.
Riposi il cellulare nella tasca.
“E’ Alex, non è vero?”
Annuì.
“Come è rimasta la situazione tra di voi?”
“Diciamo che non c’è una situazione tra di noi” sorrisi in imbarazzo.
“Credevo aveste risolto, insomma.. con me è tutto a posto, no?”
Annuì ancora.
“E allora perché non chiarire anche con lui?”
“Mi fa incazzare, ecco perché”
“E’ perché ci tieni a lui”
“Ma io tengo anche a te!” sentenziai sbuffando.
Perché era cosi difficile?
“Questo è ovvio, sennò non saresti qui, adesso.”
Alzò lo sguardo sorridendo a guardare le stelle.
Come faceva ad essere cosi sicuro di sé? Io non lo ero per niente.
Avrei solo voluto abbracciarlo e dimenticarmi di tutto.
Ogni azione aveva una conseguenza ed io non avevo idea di cosa avrebbe potuto scatenare quella.
Mi sistemai anche io più comoda a fissare il cielo.
“Babù, ci hai mai pensato a me e te?”
Certo che ci avevo pensato! Mentirei se dicessi il contrario.
“Me e te?” chiesi per prendere tempo.
“Si, me e te insieme”
Non mi guardava.
Ora anche le sue insicurezze si facevano sentire.
“Si” dissi flebilmente.
Più tenti di non ferire una persona e più lei si schianta contro i tuoi muri.
“Sarebbe fantastico, non pensi anche tu? Ti porterei ogni settimana a cena e potremmo anche andare in vacanza insieme, da soli”
“Matt stai correndo un po’ troppo”
“Lo so, ma sono felice. Ecco svelato l’incredibile arcano di tutta questa storia. Sono felice perché non penso di aver mai incontrato nessuna come te, siamo così simili”
Presi un bel sospiro.
Dovevo togliere il muro che io stessa avevo eretto ed essere più chiara possibile, non avevo alternativa e non mi sarebbe più capitata un’occasione simile.
“Matt, è difficile per me. E’ difficile non sentirmi felice quando sono con te, mi fai sentire speciale. Ogni parola non è lasciata al caso e.. si, penso in continuazione a come potrebbe essere tra me e te, ma c’è un però”
“Quel però è un chitarrista con gli occhi marroni, che ha il ruolo di prima donna in una band chiamata Arctic Monkeys?”
Descrizione accurata e perfetta!
“Esatto. Matt, io non posso ignorare che come tra me e te c’è qualcosa, anche tra me e lui qualcosa c’è”
“Basta prendere una decisione”
“Ed invece no! Non è così facile! Io non mi sono mai ritrovata in una situazione del genere, non ho mai avuto un ragazzo che si fosse interessato a me fino a questo punto, figuriamoci due allo stesso tempo! L’aggravante di tutto ciò è che siete amici, migliori amici, ed io sto rovinando il vostro rapporto”
SI girò di scatto a fissarmi.
“Non hai mai avuto un ragazzo?!”
“Dai, Matt, non fare lo stupido!”
Mi lisciai le sopracciglia, come mio solito quando sono in imbarazzo.
“Neanche io ho mai avuto un ragazza”
Lo fissai, ancora più in imbarazzo di prima, se possibile.
Il cellulare vibrò di nuovo, questa volta era una chiamata.
Ma ignorai il cellulare.
“Alex ha avuto un sacco di ragazze, è lui quello che tutti preferiscono”
“Non dire così, non è vero”
“E tu?”
“Io cosa?”
“Anche tu preferisci lui?”
Non risposi, non sapevo cosa dire, non sapevo cosa fare!
Mi stava aprendo il suo cuore ed io non riuscivo ad aprire il mio.
Abbassai lo sguardo e gli presi una mano.
“Non è così, io non preferisco nessuno dei due. Vi voglio bene alla stessa maniera ed è questo che mi frega”
Mi strinse la mano, intrecciando le sue dita con le mie.
“Ho una domanda da farti”
Il cuore mi si fermò per un attimo.
Mi alzò la testa con l’altra mano.
“Se Alex non ci fosse, io avrei qualche possibilità con te?”
Oh, Matt!
Tu hai sempre avuto una possibilità con me, è questo il problema!
È questo che mi frena dal buttarmi tra le braccia di Alex e lui è il problema che non mi fa buttare, adesso, in questo momento, tra le tue!
Non avevo il coraggio neanche di respirare e dovetti appellarmi a tutta me stessa per trovare le parole giuste per rispondere.
Ma per quanto mi sforzassi, non riuscivo a trovarle.
“Babù, tu mi piaci davvero ed io non so come fare con te. Ogni volta che ti guardo mi mandi i sensi allo sbaraglio”
“Vedi? Il problema son sempre stata io, fin dall’inizio”
“Non sei tu il problema, è il tuo modo di essere che conquista tutti purtroppo”
Un’altra telefonata.
Questa volta presi il telefono e lo spensi.
“Non rispondi a lui per parlare con me, potrei sentirmi importante, lo sai?”
“Ma tu lo sei è che non te ne accorgi, cretino che non sei altro”
“Allora mi è lecito chiederle un bacio, signorina?” chiese con gentilezza, portandomi i capelli dietro le orecchie.
Dirgli di no sarebbe stato troppo stupido, pendevo già dalle sue labbra e lui l’aveva capito. Ma non volevo fare comunque la prima mossa.
Sorrise, scuotendo la testa e mi stampò un bacio sulla fronte.
Rimasi stupefatta.
“Ah, allora te lo aspettavi davvero un bacio da me!”
Scoppiò a ridere ed io, pur sentendomi presa in giro fino al limite, lo seguii a ruota.
“Non ti bacerò finché non sarai tu a chiedermelo, Babù”
Sorrisi, meglio così del resto.
“Si? Allora hai perso la tua occasione Matt!” dissi poi, alzandomi e cominciando a correre.
“Dove pensi di andare?!”
“Lontano da te e dalle tue labbra approfittatrici!” lo salutai da lontano.
Poi lo vidi, mentre rideva, che cominciava a rincorrermi fino al cancello.
 

And you give yourself away
And you give
And you give yourself away

 
Tornammo a casa di Dana sul tardi.
Vedemmo Andy che si destreggiava nell’arte del limonamento in luogo pubblico.
Scoppiammo a ridere entrambi, poi Matt suonò il clacson e il bassista fece un balzo all’indietro.
“Ma siete impazziti?!” disse mettendosi una mano sul cuore mentre Dana rimaneva pietrificata dall’imbarazzo.
Feci l’occhiolino ad entrambi, mentre si avvicinavano alla macchina.
“Che fine avete fatto voi due?!”
“Un giro” rispose Matt, alzando le spalle.
“Vi vado a prendere Alex, è in uno stato pietoso. Dubito riuscirebbe a fare un solo passo da solo”
Andy entrò, mentre Dana ci salutava e ci faceva promettere che un giorno saremmo usciti tutti insieme.
Certo, magari anche a quattro!
Rabbrividii.
Ero davvero troppo stitica, sentimentalmente parlando.
Andy ci portò Alex e lo aiutò a salire in macchina sul sedile posteriore, e dopo averci salutato, mi fece il gesto della cornetta.
Fremeva per sapere tutto, lo so.
Come per l’andata anche il ritorno fu piuttosto silenzioso.
“Ce la fai a portarlo dentro casa?” mi chiese il batterista.
“Si, tranquillo. Grazie per il passaggio”
“Ci vediamo domani, ti chiamo io”
Annuii ed uscii dalla macchina aiutando, poi, Alex.
Mentre Matt andava via guardai quella sottospecie di straccio che mi ritrovavo di fianco.
Era ridotto davvero male.
Ma quanto aveva bevuto?!
“Dai su, appoggiati a me” feci per sfiorarlo ma si allontanò, rischiando di cadere.
“Perché non hai risposto al cellulare?”
“Era spento” mentii.
“Non dire cazzate Babù”
Sospirai.
La notte si prospettava mooolto più lunga del previsto.
“Perché eri con lui?”
“Era una festa noiosa, abbiamo deciso di andare a fare un giro”
“Non mentire, sai che mi racconterà tutto domani”
“Non sto mentendo, è la verità. Senti che ne dici se continuiamo a parlarne dentro, al caldo?”
Mi fissò.
Tentai di nuovo di sorreggerlo, ma si scansò.
“Ce la faccio da solo”
Entrammo a fatica nella casa che dormiva.
Le luci erano tutte spente io speravo di accompagnarlo a letto e rimandare il discorso al giorno seguente, ma me lo impedì, fiondandosi in cucina e chiudendo la porta.
Si buttò sulla sedia e nascose il viso tra le sue braccia, come un bambino.
Sospirai e misi l’acqua a bollire per un the, forse l’avrebbe calmato.
“Babù..”
Lo fissai senza dire una parola.
Mi faceva pena, ma ero ancora incazzata con lui.
“Ti ha bac.. voi due insomma vi siete..?” disse alzando la testa di scatto.
“Io e lui cosa?”
Avevo capito benissimo, ma la rabbia che avevo represso nell’ora precedente si faceva nuovamente sentire.
“Le tue labbra.. sono così belle. Vorrei che fossero solo mie”
Arrossì di botto.
Alex non era un tipo da parole, ma da fatti!
“Appena finisco di preparare il the ti portò a letto, sei stanco”
“Babù non essere insensibile” disse strascicando le parole.
Era troppo ubriaco per capire cosa stesse dicendo.
“Io.. io.. sono geloso di Matt, ecco. Lui ha sempre tutto” sentenziò, sprofondando di nuovo nelle sue braccia.
Mi venne improvvisamente da ridere.
Matt era invidioso di come era Alex e Alex di come era Matt.
Erano due bambini infondo.
Gli posizionai la tazza vicino alla mano e mi sedetti di fronte a lui.
Tanto ormai, non mi avrebbe ascoltata mica.
“Sei sempre gentile con me, ed io sono un vero stronzo”
Ma buongiorno signor Turner!
Era sbagliato che mi dicesse tutte quelle cose da ubriaco, avrebbe dovuto avere il coraggio di dirmele anche da sobrio.
“Andiamo a dormire?” gli chiesi.
“Dormi con me stanotte?”
Era assolutamente fuori questione.
“Non penso che tua madre ne sarebbe felice”
“E allora possiamo restare qui, ho bisogno di te stanotte Babù. Ti prego”
Mi stava implorando.
Sospirai ancora e ancora.
“Andiamo su, avanti”
Era talmente fuori di sé che non si ricordava nemmeno quale fosse camera sua, in più andava sbattendo dappertutto rischiando di far svegliare i suoi.
“Shh” gli feci e poi lo presi per mano, conducendolo finalmente in camera sua.
Accesi la luce e lo vidi combattere con il suo giubbotto, tentando di toglierlo.
Scoppiai a ridere, lo avrei preso in giro fino alla morte per questo!
Si fermò un attimo
“Mi aiuti?” mi chiese con la faccia da cane bastonato.
Lo aiutai a svestirsi.
Non appena gli tolsi la maglia, mi tornò in mente quando, in piscina, vidi le sue spalle perfette.
Mi arrivò una ventata di calore ed avvampai.
Per fortuna lui era troppo ubriaco per accorgersene.
Si bloccò.
E mi bloccai anch’io.
“Che c’è?” chiesi, con la coda di paglia.
“Tu.. i pantaloni” disse indicando i suoi jeans.
“No, scordatelo. Ce la fai a toglierteli da solo”
Abbassò lo sguardo per guardarsi la punta dei piedi.
Oh avanti Babù, non lo stai mica spogliando per secondi fini!
Mi avvicinai e, facendo attenzione e dove mettevo le mani, gli sbottonai i pantaloni.
Strascicò un ‘grazie’ impastato dal sonno.
“Dai su, ora puoi metterti a letto”
“No, ora tocca a me spogliarti”
Avvampai di nuovo, quando lui, solo in boxer e con una sporgenza ben visibile, mi si fiondò addosso.
“No, Alex, no!” lo spinsi via e cercai di riprendere fiato.
Presi il primo paio di pantaloni, che identificai come quelli del pigiama, e glieli lanciai.
Se li infilò, sempre con molta difficoltà, ma io non avevo comunque il coraggio di avvicinarmi.
“Ora che si fa?” disse, perdendo l’equilibrio e cadendo sul letto.
“Si va a dormire”
Lo aiutai a mettersi sotto le coperte.
“Tu non resti con me?”
“No Alex”
“Ma lo avevi promesso”
“Tu hai detto di non meritartelo ed effettivamente è proprio così” forse avevo esagerato ma stavo perdendo davvero la pazienza.
“Ed il bacio della buonanotte almeno, me lo dai?” chiese con gli occhi che ormai gli si chiudevano.
Non meriteresti neanche quello, razza di deficiente!
Lo fissai.
Mi faceva una gran pena in quello stato.
Mi avvicinai e gli stampai un bacio sulla fronte, ma a quanto pare lui ormai dormiva.
Meglio così!
Aprii la porta e mi girai per fissarlo ancora una volta.
Sembrava un angelo quando dormiva.
“Babù..” lo sentii chiamarmi.
Scossi la testa e me ne andai, arrabbiata e frustrata.
 

I can’t live,
With or without you.

 
 
 
Salve a tutti!
Siete autorizzati a mandarmi a quel paese o presentarvi con i forconi sotto casa mia. Questa volta ho davvero esagerato, non so neanche quanto tempo è passato dall’ultima volta che ho postato, lo ammetto. Shame on me! Mi sento in colpa ma la colpa è del tempo, ve lo assicuro. Per farmi perdonare ho deciso di scrivere un capitolo un po’ più lungo così, nel caso, forse deciderete di non mandarmi a quel paese (ci conto dai).
Ci vediamo alla prossima (vi adoro tutti quanti, dal primo all’ultimo sappiatelo),

Sixteen
 
La canzone scelta per il capitolo è proprio With Or Without You degli U2 (http://www.youtube.com/watch?v=XmSdTa9kaiQ ). Il motivo? Mia mamma è fissatissima con gli U2 e questa canzone mi mette un po’ di malinconia. Ma non quella triste, è più una malinconia felice :)

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Capitolo 14
*** Capitolo 14 -Only ones who know- ***


In a foreign place, the saving grace was the feeling,
That it was a heart that he was stealing..
 
CAPITOLO 14
Il mattino ha l’oro in bocca!
Diceva un serial killer di un famoso film horror.
Ma fortunatamente l’ambientazione non era esattamente la stessa, anche se ci potrei mettere la mano sul fuoco che qualcuno, proprio lì in quella stanza, avrebbe ucciso pur di dimenticare la sera precedente.
Si, quella persona ero io.
Mi presento, sono Babù Evans.
Combina guai di professione.
Sedicenne nell’aspetto, ottantenne nell’animo.
Ero raggomitolata nel mio pigiama di lana (che non avrebbe indossato manco nonna Teddy) sul divano di casa Turner.
“Buongiorno Babù! Coma mai già sveglia?”
“Buongiorno Penny. Non riuscivo a dormire e sono scesa” dissi seguendola in cucina.
Mise un pentolino di acqua sui fornelli per preparare il the.
“Oggi è una giornata impegnativa..”
Fissavo un punto nel vuoto, perdendomi nei miei pensieri.
Matt era stato così dolce ieri sera!
Ma Alex.. ancora un volta mi confondeva.
E di nuovo mi ritrovavo a dover combattere tra me stessa e il provare sentimenti.
Ma la questione era proprio questa: di quali sentimenti e per chi, poi, stavamo parlando?
“..poi oggi è un grande giorno di festa e..”
Aspetta, aspetta, aspetta.
Giorno di festa?
“Penny, scusami, ma che giorno è oggi?”
Mi sorrise affettuosa.
“E’ Capodanno oggi, sciocchina!”
Cosa?
Già Capodanno?!
“Scusami un attimo devo correre a fare una telefonata!” dissi alzandomi in piedi, di scatto.
“Aspetta un attimo! Prima di scendere, sveglia Alexander! Ho delle commissioni da farvi svolgere stamattina..!”
Bene, fantastico.
Una mattina di puro divertimento, con un’allegra compagnia.
Non me ne curai e dopo aver assicurato Penny che avrei svolto il mio incarico di sveglia umana, mi fiondai nella camera degli ospiti, nonché camera mia per quel breve lasso di tempo.
Composi in fretta e furia l’unico numero che avessi mai imparato a memoria.
Ovviamente per tutte quelle volte che avevo chiamato la mia genitrice, in ansia per lei.
“Pront..”
“TU!” quasi le urlai al telefono, senza darle il tempo di rispondere.
“Buongiorno! Da quando sei diventata mattiniera?”
“Da quando quella signora sulla trentina inoltrata ha deciso di non far ritorno a riprendere le sue responsabilità!”
“Forse è il contrario.. lo sai che io non sono mai stata troppo responsabile, quel tanto che basta per..”
“..per abbandonare tua figlia nella tana del nemico?”
“Oh suvvia, nemico. Che parolone! Oh si Teddy, sto parlando con Babù.. Tesoro, ti saluta Teddy”
“Salutala da parte mia”
“Ha detto che aveva previsto la tua chiamata”
“Per caso ha anche previsto il tuo ritorno? Sai com’è.. hai una figlia qui!”
“Quanto sei sciocca!” disse facendo una risata che percepii come finta.
“Cosa c’è che non va?”
“Nulla, Babù. Assolutamente nulla”
Non mi mentire Julia, ti prego.
“Non tornerai per Capodanno, vero?”
“No.. passerò ancora un po’ di tempo qui con Teddy”
“Mh” annuii.
Non riuscivo neanche io a decifrare il mio stato d’animo.
“Tesoro devi capirmi! È molto tempo che non la vedevo.. dobbiamo recuperare il tempo perso e ricucire i rapporti”
Annuii di nuovo.
“Tu piuttosto.. come va alle prese con i baldi giovani? Sappi che qui ci siamo schierate tra team Alex e team Matt!”
“Mamma!”
Sentii Teddy urlare un ‘non la ascoltare Babù’.
“A parte gli scherzi.. come te la passi?”
“Me la passo senza un sostegno morale e nelle fauci del leone”
“Beh almeno è un BEL leone..”
“Se fossi qui ti incenerirei con lo sguardo”
“Mi mancano i tuoi sguardi assassini”
“A me non mancano affatto le tue frecciatine grandi quanto il British Museum”
“Che figlia insensibile che ho!” disse scoppiando a ridere, questa volta con sincerità.
“Fammi scappare, ho un impegno”
“Un appuntamento romantico?”
“Si alle 7 di mattina, appuntamento romantico al bar in fondo alla strada con una calda tazza di caffè e un terzo incomodo chiamato Margherita la Prima Donna, per gli amici Alex”
“Allora è davvero un appuntamento romantico!”
“Nossignora, Penny ha detto che ci deve affidare alcune commissioni”
“Tranquilla, vai.. noi due ci sentiamo più tardi. Sbaglio o hai il resoconto di una serata da fare?”
“Sbagli, non te lo meriti affatto!”
“Come no?” esclamò da finta indignata.
“Avresti potuto assistere al mio degrado in diretta, ieri sera.. e invece no”
“Ripeto: sei insensibile”
“E tu sentimentalmente crudele!”
“Vai su, su.. non vorrei essere la causa del tuo ritardo! Voglio dire, ti ho già affidato un evidente ritardo mentale, evitiamo anche quello sull’orario”
“Spiritosa, davvero”
“Ricordati solo una cosa..”
“Avanti spara la cazzata, dai”
“..sii prudente.”
“Tutto qui?”
“Si”
“Davvero?”
“Ovviamente no”
E ci mancherebbe altro!
È o non è una madre fuori dagli schemi?
“Ricordati di guardare in alto stasera”
“Che intendi?”
“Semplicemente di guardare in alto”
“Ma non ha senso!”
“E invece lo avrà”
“Ma..”
“Niente ma! Addio!”
“Aspetta..!”
Nulla.
Aveva riattaccato.
Che razza di madre sconsiderata!
Entrai nel corridoio sbuffando.
Bene, il secondo obbiettivo era svegliare il tizio della stanza accanto.
No, non sarebbe stato affatto un problema se non ché erano le 7 e mezzo del mattino e il suddetto tizio si era ubriacato come non mai la sera precedente.
Entrai nella sua stanza, illuminata flebilmente dalla luce del sole.
Scostai le tende ed aprii leggermente la finestra.
Eccome se faceva freddo!!
Non nevicava, ma la neve della sera prima era ancora li, quasi a voler abbracciare le strade di Sheffield.
Mi girai a guardarlo.
Accucciato sotto le coperte, di lui spuntavano solo i capelli.
Mi chiedevo come potesse respirare.
Gli scostai la coperta dal viso.
“Alex” sussurrai a bassissima voce.
Niente.
“Alex..” dissi leggermente più forte.
Mugugnò qualcosa per poi girarsi dall’altra parte.
“Alex devi svegliarti”
Prese il cuscino e se lo strinse sulle orecchie.
Fantastico, vuoi la guerra?
Mi avvicinai di nuovo alla finestra ed immersi le mani nella neve ghiacciata.
“Alex hai intenzione di svegliarti?”
“..no” si stava lamentando come un bambino.
“Va bene..”
Mi accostai a lui e in un nano secondo toccai la sua schiena.
Urlò, saltando di scatto dal letto.
Si girò verso di me, mi mise a fuoco e poi urlò un ‘ma sei impazzita?!’.
Gli sorrisi.
Non poteva non farmi ridere in quello stato.
I capelli arruffati, senza maglia e con la faccia imbronciata.
No, non poteva resistere a lungo con il broncio.
Infatti, fu lui a rilassare i muscoli del viso e a parlare per primo.
“Che ore sono? Perché mi hai svegliato? Ma soprattutto.. cos’è quello?” disse guardando il mio pigiama.
“E’..”
“Aspetta, hai davvero un pigiama rosa con gli orsetti?”
“No, ho deciso di ripescarlo dall’armadio di Julia per seguire un’improbabile moda anni ’70! Certo che è il mio pigiama, cretino!”
Mi fissò negli occhi per poi scoppiare a ridere come un forsennato.
Lo guardai accigliata.
“Per caso il signor qui presente è immune dai postumi da sbronza?”
“Dovresti saperlo che io sono immune a tutto”
“Anche a questo?” chiesi, prendendo un cuscino e lanciandoglielo in faccia.
“Sei una rompipalle”
“E tu sei un deficiente! Vestiti, Penny ha alcune commissioni da affidarci”
Mi fissò, lo fissai.
“Che c’è ora?” chiesi, in ansia.
Non volevo che mi chiedesse del giorno prima.
Non volevo parlarne, non adesso almeno.
“Se devo cambiarmi, tu devi uscire”
Tutto questo pudore da dove viene, Turner?
Sorrisi, ricordando la sera precedente, dove, senza molti scrupoli, mi aveva chiesto di spogliarlo.
C’era anche da dire, però, che il giorno prima era complice l’alcool.
In ogni caso, mi meravigliai della sua richiesta.
Ciò non toglie che ne fui felice ugualmente.
Che stesse cambiando?
“Ci vediamo giù” gli dissi prima di uscire.
 
Oh he was ready to impress and the fierce excitement,
The eyes are bright he couldnt wait to get away,
I bet the juliet was just the icing on the cake
 
Avvolti nei nostri cappotti, camminavamo per le strade di Sheffield in direzione del supermarket.
Spesa di qua, spesa di là.
Ne avevamo di cose da comprare!
Magari anche due parole per interrompere quel silenzio assordante che si era creato.
“Allora..” cominciai.
Decisi che toccava a me romperlo.
“Mh” annuì guardando a terra i passi che percorreva.
“Come passate solitamente il capodanno voi Turner?”
“Niente di anticonvenzionale. Tutta la famiglia a casa e si aspetta la mezzanotte”
Questa volta annuì io.
Ok.
Era strano, troppo strano!
Troppo silenzio e lui aveva un comportamento troppo distaccato.
TROPPO.
Non sapevo assolutamente come comportarmi.
Entrammo nel supermarket quasi senza accorgercene.
“Prendo un carrello..” dissi.
“Faccio io” rispose lui.
E le nostre mani si incontrarono.
Ma fu un attimo veloce, ed altrettanto repentino fu il movimento con cui lui tirò indietro la sua mano.
Lo fissai confusa.
“Scusami”
Le parole mi uscirono di bocca da sole.
Mi ignorò bellamente e prese a spingere il carrello.
Ci tentai di nuovo.
Dovevo essermi sicuramente sbagliata.
“Devi aiutarmi assolutamente! Solitamente è Julia a consigliarmi ma è troppo lontana..”
Annuì, guardando distrattamente i barattoli disposti disordinatamente sugli scaffali.
Ti stai immaginando tutto, Babù.
Immaginazione, sì, sta correndo troppo.
Presi un respiro.
“Che ne dici se mi vesto di rosso stasera? O forse fa troppo ‘natale’” la buttai sul ridere.
Sapevo che mi avrebbe risposto ‘forse perché siamo a Natale? Scema che non sei altro’, con il suo solito fare arrogante e ironico.
“E’ indifferente” rispose mentre si rigirava tra le mani un barattolo.
Lo stesso barattolo che pochi secondi dopo gli scivolò dalle mani.
“Ci penso io..” non riuscii a terminare la frase che per la seconda volta le nostre mani si sfiorarono.
Come prima, la ritrasse velocemente e si affrettò a proseguire per la corsia del supermarket.
Scossi la testa per riprendermi e mi affiancai a lui, attenta a non sfiorarlo minimamente.
 
Make no mistake no..
 
Non ci dovevo pensare.
Proprio no.
A quel infimo essere che..
No.
Basta.
E’ un maledettissimo chiodo fisso, dannazione!
Facciamo il punto della situazione.
Casa di.. di..
Di Alex.
No, ricominciamo.
Una doccia fresca dopo il duro lavoro!
Avevo passato tutto il pomeriggio dietro Penny a sfaccendare per pulire casa, sistemare e ordinare tutto per l’arrivo dei parenti e degli amici della famiglia Turner.
Quello sarebbe stato sicuramente un ottimo modo per distrarsi!
Se non fosse che Alex era li con me.
Non appiccicato, è ovvio.
Mi stava ben lontano.
E mi turbava questa cosa, tanto.
A dire il vero troppo, più del dovuto!
Gli ultimi mesi li avevo passati nella speranza che tutto si risistemasse.
Gli ultimi giorni li avevo passati sperando che i sentimenti di qualcuno si placassero.
E se i suoi sentimenti si fossero davvero placati?
Avevo raggiunto il mio obbiettivo, no?
E perché non riuscivo ad essere calma come avrei dovuto?
Mi fiondai sotto la doccia.
Ahh quello che ci vuole è proprio una bella doccia caaAAA..
“Aaaaaa” urlai.
L’acqua divenne improvvisamente gelida.
Quel maledetto stronzo deve aver aperto l’acqua del rubinett..
Ah, no.
Non eravamo in condizioni di prenderci in giro.
Forse è Penny.
O forse sto ammattendo.
“Babù sbrigati, gli ospiti stanno per arrivare!” sentii Penny urlarmi dal corridoio.
Mi fiondai nuovamente nella stanza.
Vestito rosso o nero? Vestito rosso o nero?
Si, stavo ammattendo.
Da quando mi facevo troppi problemi su cosa mettermi?
Da quando Julia non c’era!
Era lei a farsi problemi per me, sul mio vestiario.
E poi.. ‘è indifferente’ aveva detto Alex.
Tra i due litiganti il terzo gode!
E sia quella sottospecie di vestito grigio che Julia non mi avrebbe mai permesso di mettere!
Me lo infilai di fretta e furia, un filo di mascara e eyeliner e mi buttai letteralmente nel corridoio.
Si, letteralmente.
Difatti, tanto per cambiare, piombai di culo per terra sbattendo con forza un piede contro la porta di fronte.
La suddetta porta incriminata si aprii, lasciando uscire un ragazzo.
Se non avessi saputo a chi apparteneva quella stanza non l’avrei sicuramente riconosciuto.
Lo vidi.
Camicia, giacca e capelli perfettamente in ordine.
Una visione?
Un miraggio?
Allucinazione post caduta?
L’ologramma di fronte a me mi tese una mano, lasciando una scia di profumo che mi stordii più della caduta stessa.
“Ti sei fatta male?” chiese con premura.
No, non poteva essere Alex.
Titubai.
Se afferro la sua mano, afferro il vuoto.
Non può essere reale.
Il profumo, i capelli, la gentilezza eccessiva che non faceva parte del suo modo di rapportarsi con me.
“Credo che tu abbia sbattuto la testa, non reagisci neanche!” mi disse poi, sventolandomi una mano davanti agli occhi.
“No, io..”
“Avanti, andiamo”
Mi tirò su da sotto le braccia, come si fa con i bambini.
Sussultai.
Mi stava davvero sfiorando?
Quando poggiai i piedi per terra mi fissò negli occhi per un istante.
“Dopo di te” sussurrò, facendomi strada verso le scale.
Esitai quell’attimo di troppo che mi fece tremare le mani.
Poi proseguii verso le scale, con un groppo in gola.
“Aspetta!” mi fermò.
Mi voltai con stupore, o forse speranza.
“Non credo che tu voglia scendere in quelle condizioni”
“Quali condizioni?” chiesi confusa.
“Credo ti si sia strappato il vestito” disse, prendendo un lembo posteriore del suddetto e portandolo avanti.
No.
Non può essere.
“Non dirmi che..”
“Si” annuì.
“Tutto..?”
“Si, tutto tutto”
Mi girai per controllare le condizioni del mio didietro che era.. fantasticamente e meravigliosamente senza veli, coperto non più da un misero vestito grigio ma da semplici mutandine rosse natalizie con le renne.
Si, rosse.
Perché il rosso porta fortuna in questo periodo.
E cazzo se si vede!
“Torno in camera, ci vediamo giù” dissi sfrecciando e abbassando lo sguardo dalla vergogna.
Oh merda.
Si può essere più imbranati di così?
La risposta è NO.
Il dilemma torna.
Rosso o nero?
E se scendessi solo in biancheria intima?
Sai che divertimento!
E se non scendessi proprio?
Penny mi trascinerebbe giù con un fucile puntato alla tempia.
“Ah, fanculo” rantolai.
Presi il telefono e chiamai Julia.
“Pront..”
“Rosso o nero?” chiesi.
“Cosa? Babù.. di che stai parland..”
“Dimmi solo se rosso o nero”
“Rosso.. ma di che..”
“Grazie Julia! Buona serata!”
E riattaccai.
Mi sfilai il vestito strappato e presi quello nero.
In realtà non so perché non lo avessi scelto fin dall’inizio.
Era semplice.
Maniche lunghe, una scollatura a barca non eccessiva, stretto in vita per poi aprirsi in una gonna a ruota che scendeva fino a qualche centimetro sopra il ginocchio.
Anche la tinta non era niente male.
Nero, con dei grandi pois, sempre neri ma di una tonalità leggermente diversa.
D’improvviso mi arrivò un messaggio.
‘Visto che non mi avrai ascoltato affatto e ti sarai SICURAMENTE messa il vestito nero, abbi almeno la decenza di metterti un tocco di rossetto rosso. Firmato: quella sciagurata di tua madre’
Lessi con attenzione.
Figuriamoci.
Dove lo vado a prendere io un rossetto rosso?!
Il telefono vibrò di nuovo.
‘P.s il rossetto rosso lo trovi nella tasca anteriore della tua valigia. Prevedo tutto, io!’
Presi quello che doveva essere il rossetto e mi guardai allo specchio.
Ma si.. perché non accontentarla?
Lo misi con calma e pazienza, prendendo un fazzoletto per togliere le sbavature.
Ma chi aveva inventato questa tortura per noi donne?!
Aprii la porta soddisfatta e pronta per scendere.
Mi guardai un’ultima volta nello specchio del corridoio.
Può quel tocco di femminilità (che non hai mai avuto) farti sentire, una volta tanto, diciamo.. più bella?
Mi misi in posa.
O se non bella almeno carina?
Cambiai posizione e mi feci l’occhiolino da sola.
Dai, facciamo accettabile e la finiamo qui.
Feci una smorfia.
No, sono davvero un caso perso.
Avrei zero femminilità anche se vestissi i panni di Sophia Loren negli anni della sua gioventù.
“Lascia perdere lo specchio”
Mi bloccai di scatto.
Una figura era apparsa dietro di me.
Lo fissai con gli occhi sgranati.
Ne stavo combinando una dietro l’altra.
“Che ci fai qui? Non eri sceso?!”
“Ti ho aspettata”
Lo guardai ancora dallo specchio.
Lui guardava me.
Dovevo tentarci.
Non poteva essere tutto perduto.
“Alex..”
“Ho parlato con Matt, tranquilla”
“Perché diavolo non parlate prima con me e sentite per una buona volta la mia versione dei fatti prima di imputtanarvi parlando tra voi due solamente?” sbuffai.
“Babù io non ce l’ho con lui”
“Ce l’hai con me infatti”
“Ti sbagli, non ce l’ho con nessuno”
“Certo, questa mattina eri, effettivamente, stranamente calmo, forse un po’ troppo! Sarà a causa del clima che ti ha congelato il cervello? O l’alcool di ieri, chi lo sa!”
Respirai a fondo.
Dovevo calmarmi.
Mi voltai piano.
“Cosa ti ha detto Matt?”
“In realtà niente di ché”
“Qualcosa che ti ha fatto cambiare il tuo modo di comportarti nei miei confronti sicuramente”
“In realtà no”
E allora cosa stava succedendo?
Non capivo.
“Scendiamo?” mi chiese.
Lo scrutai tentando di decifrare il suo stato d’animo.
Rilassato, con un tocco di tranquillità che non guasta mai.
Ma come caspita faceva?
Non ci capivo più nulla, oppure il mondo era entrato in rotta di collisione con la mia bolla personale di insicurezze e finte sicurezze.
Annuii e lo precedetti giù per le scale.
 
And even if somehow we could have shown you the place you wanted,
Well I'm sure you could have made it that bit better on your own
 
Un brusio aleggiava nel soggiorno imbandito a festa di casa Turner.
Tutta l’allegra famiglia era disposta su una lunga tavolata intenta a chiacchierare e ridere del più e del meno.
Solo qualche mezz’ora prima, erano stati fatti dei complimenti ad Alex su come fosse cresciuto bene, ed aveva ricevuto una decina di pizzicotti sulla guancia, tutti da persone diverse.
Io me l’ero svignata.
In effetti risultava troppo ambigua la mia presenza in quel giorno di festa.
Ma ero grata a tutti per avermi ignorata bellamente.
Non volevo impicci, ne dare spiegazioni di alcun tipo.
Ma soprattutto, non volevo mi fosse attribuito un titolo che ne io, ne Alex avevamo stabilito.
Del resto nessuno dei due voleva stabilirlo!
E state pur certi che non l’avremmo mai fatto.
Finchè..
“Avanti, vogliamo sapere come vi siete conosciuti!” disse un’anziana signora seduta tre o quattro sedie più in la.
La tavolata tacque improvvisamente.
Si voltarono tutti verso me e Alex, che fino a quel momento non c’eravamo neanche scambiati uno sguardo.
“A scuola” rispose lui, con tono gentile.
Si alzò un coro di ‘oh’ e di ‘ah’ sdolcinati.
Qualcuno diceva ‘un amore sbocciato fra i banchi’ e qualcun altro ‘che teneri’.
Rimandai indietro un conato di vomito.
No, tutta questa sdolcinatezza no.
“E ditemi, da quanto vi frequentate?” chiese ancora.
“In realtà noi due non ci frequentiamo”
Questa volta fui io a rispondere.
“Siamo semplicemente amici” conclusi.
Se ci potevamo ancora considerare tali, visto il suo comportamento alquanto bizzarro.
Prima geloso, poi mi ignorava e poi riprendeva a parlarmi come se nulla fosse.
Sorrisi soddisfatta di aver terminato l’argomento.
“Oh in realtà è solo un po’ timida! Ci frequentiamo da qualche mese”
Mi voltai di scatto.
Aggrottai la fronte e lo guardai perplessa.
Ma cosa cazzo stava blaterando?
Di nuovo partirono i cori strapazza budella.
Feci per aprire bocca, ma Alex mi tirò un pizzico da sotto al tavolo.
“Reggimi il gioco” mi sussurrò poi, nell’orecchio.
Che stava succedendo?
“Eh signorina! Finalmente qualcuno che riesce a conquistare il nostro bel giovanotto”
Tentai di sorridere.
Ma quello che mi uscii non era un sorriso, piuttosto una smorfia di sarcasmo.
 “Già, chissà come mai!” dissi ironica.
Mi arrivò un altro pizzico.
“Tesoro, qual è il tuo nome?”
Ah no, un’altra noia!
“Elizabeth” risposi noncurante.
Alex sgranò gli occhi.
“Oh piacere di conoscerti Elizabeth, posso chiamarti Liz, vero? Benvenuta in famiglia!” una donna addirittura si alzò per stamparmi due baci sulle guance.
“Liz?” pronunciò Alex, scandendo bene le tre sillabe.
“Si, amore?” risposi io, scandendo la frase con ancor più ironia, se possibile.
“Posso scambiare due parole con te?”
Non feci in tempo a rispondere che Penny sopraggiunse nel soggiorno.
“La cena è servita!” annunciò.
E tutti tornarono ai loro affari.
 
And I bet she told a million people that she'd stay in touch,
Well all the little promises they dont mean much,
When theres memories to be made
 
Toc toc.
“Occupato!” sentenziai.
Dannazione, volevo solo un po’ di tregua!
Avevo dovuto rispondere a tremila domande.
Tremila.
Io e Alex avevamo dovuto metterci d’accordo con un solo sguardo per una serie di dettagli sulla nostra tanto fantasiosa, quanto irreale in qualunque dimensione, relazione.
Ovviamente ognuno di noi due aveva lasciato dar sfogo alla fantasia.
Forse un po’ troppo.
Tipo quando il nonno di Alex mi aveva chiesto se fosse stato lui a farsi avanti.
E io con tanta nonchalance, avevo risposto che in realtà ero stata io, solo perché ‘in fondo, in fondo, lo sappiamo com’è il nostro Alex: un grande pauroso e timidone! Vero amore?’ (con una vagonata d’ironia).
Ma anche lui si era preso le sue rivincite.
Per esempio quando mi avevano chiesto come avessi fatto a ‘conquistarlo’, aveva insistito per rispondere lui dicendo che ero riuscita a rubare il suo cuore attraverso la mia bellezza naturale: ‘non m’importa quando non si fa la ceretta, oppure le sue labbra sono adornate da quei baffettini che sembrano di un ragazzetto di dodici anni. Mi piace così com’è!”.
Ora avevo bisogno di una pausa.
Così mi ero rifugiata in bagno.
Toc toc.
Ancora?
Santa miseria.
“E’ occupato!” ripetei, annoiata.
“Sono io!”
Sbuffai.
“Come se il fatto che sia tu a bussare, giustifichi il fatto che tu possa entrare”
“Quindi posso entrare?”
“No, certo che non puoi!” risposi esausta.
“Volevo fare il gentile e chiederti il permesso, ma nel tuo vocabolario non esiste la parola gentilezza! Quindi ti avviso, sto per entrare!”
Aprì la porta con una mano sugli occhi.
“Non sei seduta sul water, vero?”
Scossi la testa.
Ma quanto poteva essere idiota?
“Sono di fronte a te, cretino”
“Ah, eccoti” disse, chiudendo la porta.
“Che vuoi, biscottino?” chiesi facendogli il verso.
“Eizabeth? Ti chiami davvero così?” disse scoppiando a ridere.
“Sei libero di credere quello che vuoi ma.. no. Non è quello il mio nome”
“Certo Liz. E perché mentire allora?”
“Non volevo rogne. Sai quanto può essere petulante la gente?”
Aggrottò le sopracciglia.
“Tu piuttosto.. sapresti dirmi da quand’è che io e te ci frequentiamo? Sai com’è, credo di aver perso qualche episodio di questa infinita telenovela!”
“Non volevo rogne”
Lo fissai accigliata.
“Sai quanto può essere petulante la gente?”
“Mi stai prendendo per il culo?” chiesi infastidita.
“Sono serio. Ogni anno i miei parenti mi scocciano chiedendomi di fidanzate e roba varia. Quest’anno ho colto l’occasione”
“Colto l’occasione di rompermi le palle per una serata intera?”
“In due è più divertente rispondere a certe domande imbarazzanti”
Beh,  su questo aveva ragione.
“Quindi?” chiesi.
“Cosa?” mi rimandò lui la domanda.
“Perché ti sei catapultato nel bagno?”
“Non volevo averti sulla coscienza, pensavo te la fossi presa”
“E perché mai? Potrei forse perdere l’occasione di metterti in ridicolo di fronte ai tuoi parenti?”
“Ovviamente no!” sorrise.
“Beh, allora esci di qui, si o no? Mi devo ritoccare il trucco” sorrisi anche io, ma tentai di nasconderlo.
Lui lo notò e sembrò rassicurarsene.
Poi si avviò verso la porta.
Ok.
Credo fermamente che questo ragazzo abbia sviluppato dei disturbi di doppia personalità.
E mi spaventa.
Diavolo, se mi spaventa!
 
And I hope you're holding hands by new years eve,
They made it far too easy to believe,
That true romance cant be acheived these days
 
“Dieci, nove, otto..”
Tutti insieme con il bicchiere in mano, pronti a brindare per quest’anno nuovo.
“..sette, sei, cinque..”
Io ero li, ferma, allo stipite della porta, pensando all’anno passato.
Pensavo al mio trasferimento a Sheffield, alle persone che avevo conosciuto e quelle che erano sempre state con me.
Avrei voluto brindare con tutti loro e per loro.
A Julia, madre strampalata.
Che, a ruoli invertiti, sarebbe stata una figlia perfetta e io una madre troppo severa, ma nonostante questo le volevo bene con tutti i suoi difetti e lei me ne voleva con tutti i miei drammi adolescenziali.
A Teddy.
Che, sangue del mio sangue, era riuscita a diventare subito parte di me.
A mia sorella, Lizzie.
Che al momento non sapevo che fine avesse fatto, ma non potevo non augurarle tutto il bene possibile.
“..quattro, tre, due..”
Alla famiglia Turner.
Che mi aveva accolta come una figlia.
A Jamie ed Andy.
A loro, che mi avevano accettata senza troppe difficoltà e con cui avevo condiviso dei mesi magnifici.
A Matt.
Che non avevo ancora capito che ruolo potesse avere per me, ma che per ora mi limitavo a voler bene come forse non avevo mai voluto ad un amico.
Ed infine ad Alex.
Alzai lo sguardo per trovarlo tra tutta la gente nel soggiorno.
“..uno..”
Una mano si poggiò sulla mia spalla e mi voltai.
“..zero!”
Scoppiò una sinfonia di ‘buon anno nuovo’ e tutti cominciarono ad abbracciarsi e a brindare.
Guardai Alex di fronte a me.
“Un brindisi” mi propose.
Annuì.
“A questo nuovo anno, che sia migliore di quello precedente” disse.
Sorrisi.
“Non cambierei nulla di quello vecchio”
O forse si.
“Allora facciamo così.. a questo nuovo anno, che possa essere ancor più magico di quello appena trascorso”
Fece per avvicinare il suo bicchiere al mio, ma lo bloccai.
“Aspetta, anche io voglio fare un brindisi”
Lo fissai.
“Ad Alexander David Turner” dissi.
Toccò a lui sorridere.
“Perché mai?”
“Perché ho mentalmente brindato a tutte le persone che ho conosciuto e mancavi tu all’appello”
“Bene, allora brinderemo anche a te”
Avvicinai il mio bicchiere al suo, mentre ci fissavamo negli occhi.
“A Babù Evans” disse infine.
Alzai il bicchiere per berne il contenuto e guardai in su.
Un rametto di vischio spuntava, in tutto il suo splendore, dall’alto della porta.
‘Guarda in alto’ aveva detto Julia!
Era forse questo che intendeva?
Che mente assolutamente diabolica, la sua.
Portai giù lo sguardo.
Alex mi guardava dritta negli occhi.
“E’ un rametto di vischio quello?” chiesi stupidamente.
“Si” mi rispose, senza neanche guardare sopra la sua testa.
Rimase un attimo fermo, per poi coprire la distanza che ci divideva.
 “Buon anno nuovo, Babù” sussurrò, prima di avvicinare le sue labbra alle mie.
 
You are the only ones who know
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
---siete liberissimi di non leggere questo angolo autrice. Anzi, NON LEGGETE---
 
 
 
Daaaai, sono passati appena tre mesi.
“No, Sixteen. Non sei assolutamente giustificabile per questa tua assenza”.
Esatto, non lo sono.
Ma porgerò le mie scuse affinché possiate perdonarmi.
Perché mi perdonate, vero?
Vi posso assicurare che questo capitolo è scritto su 19 pagine e mezzo di word (vabbe che vado diecimila volte a capo, ma poco importa)(ovviamente questa nota è esclusa dal conteggio pagine). In ogni caso l’importante è la qualità, non la quantità. Anche se alla fine, sto dormendo in piedi e pur avendolo riletto più e più volte continua a non convincermi. Ma se non la smetto di tentare di capire cosa c’è che non va, non lo pubblico più. Quindi, al solito, spero nelle vostre recensioni per migliorare. E spero che possiate perdonare (l’attesa) i millemila errori che avrò fatto ancora una volta. Patiently. Quando mi deciderò a rileggerla tutta, aggiusterò (credo, forse nel duemilaecredici). Ci terrei a precisare (per chiunque legga le mie note a fondo capitolo, non ci spero troppo a dir la verità visto che scrivo un sacco di boiate) che “Margherita la prima donna” è un ragazzo/uomo (vecchio nell’aspetto, bambino nell’animo)  realmente esistente. È una prima donna per il semplice motivo che canta in un gruppo e prima di conoscerlo l’ho soprannominato così (e i restanti membri della band sono Timidino il bassista, Lucacollajeep il chitarrista1, BriannaMay il chitarrista2 e Er Kebabbaro il batterista). Perché vi dico questo? Perché..
Bene. E’ ora di salutarvi!
No scherzo, non c’è un motivo per cui ve lo dico. Semplicemente mi andava J
In ogni caso.. caspita ragazze.
Vorrei ringraziare ogni singola di voi che recensisce questa storia.
State aumentando e io vi adoro.
Ognuna di voi ha un posticino nel mio cuore.
Anche ogni singolo lettore silenzioso.
Vi adoro tutti.
Ora basta, tolgo il disturbo. Ho rotto abbastanza.
Alla prossima,

Sixteen
 
 
Quasi dimenticavo.. non penso servano presentazioni per la canzone da cui ho preso il titolo del capitolo! <3

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