CAPITOLO
4
Lisa appoggiò la fronte sulla
spalla di House, e chiuse gli occhi. Non aveva mai smesso di girarle la testa,
aveva ancora l’alcool che le scorreva nelle vene. Quello che era accaduto fino
ad ora era confuso in un fiume di gesti, parole, mani e urla nel quale era stata
trascinata, nel quale erano stati trascinati insieme.
“Non vorrai perdere i sensi
proprio adesso?”
La familiare ironia di House
la fece sorridere. Alzò il volto, trovandosi a pochi centimetri dalla sua bocca,
ancora una volta. Lo baciò perché le sembrò la cosa più naturale del mondo.
Lui rispose al suo bacio, ma
la guardava con una strana espressione, come se si aspettasse da un momento
all’altro di veder ricomparire in quel corpo stretto al suo la Lisa Cuddy che
conosceva. Quella donna decisa che teneva le distanze da lui con una
professionalità impeccabile.
Non che lui avesse mai fatto
diversamente…fino ad oggi.
Il suono del telefono gli fece
trasalire.
“Chi è che ti chiama a
quest’ora?” chiese lei confusa.
“Se mi fai alzare, lo
scopriamo subito.” rispose House, prendendola per le spalle e scostandola con
insolita delicatezza.
“Sono quasi le 2 di notte e
non è il momento.” fu la prima cosa che disse al telefono, ma sapeva già chi era
l’unica persona che lo chiamava a quell’ora della notte, senza farsi tanti
problemi.
“Perché non è il momento? Sul
videoregistratore esiste il tasto pausa.”
“Wilson cosa vuoi?”
“Voglio sapere perché non è il
momento.”
House lanciò un’occhiata alla
Cuddy, che si era raggomitolata sul divano, coprendosi con la sua giacca,
trovata nel caos dei vestiti ammassati sul pavimento. Lo guardava con
espressione interrogativa. Le fece cenno che andava tutto bene e si spostò in
camera sua.
“C’è Lisa Cuddy nuda sul mio
divano.”
“E io ho quel tuo amico
ciccione che dorme sul mio tappeto. Vestito. Per fortuna.”
Ci fu un attimo di silenzio da
entrambe le parti.
“Stai scherzando?!” chiesero
poi assieme.
“Si.” risposero entrambi.
Ancora qualche istante di
silenzio.
“House, non c’è veramente la
Cuddy a casa tua, vero?”
“Tu non avrai intenzione di
ospitare per la notte quel tizio che ho incontrato alla fermata
dell’autobus?!”
“No, era un po’ alticcio, ma
gli ho fatto un caffè e l’ho buttato fuori. La prossima volta porta qualche
birra in meno.La mia macchina?”
“Ce l’ho io, ti passo a
prendere domani tesoro. Ora devo andare.” House tentò di tagliar corto
quell’inopportuna conversazione.
“Va bene.”
Fece per riattaccare, ma sentì
la voce di Wilson dall’altro lato della cornetta. “Aspetta!”
“Cosa c’è ancora?” chiese
infastidito.
“Non lasciarla dormire sul
divano.”
Prima che potesse
approfittarsi del suo silenzio, House riattaccò.
Lanciò il telefono sul letto,
irritato dalla capacità di Wilson di capire sempre tutto al volo di lui. Indossò
un paio di boxer e dei pantaloni comodi.
Doveva tornare di là…e c’era
Lisa Cuddy nuda sul suo divano. Si passò una mano sugli occhi, mentre pensava a
qualcosa di sensato da dire o fare.
Di solito, dopo aver fatto
sesso con una donna, le dava qualche banconota e le indicava la porta. Lei
sarebbe inevitabilmente rimasta a casa sua tutta la notte e, cosa più
destabilizzante di tutte, ne era contento.
Prese una delle sue magliette
e, sospirando, tornò in sala.
Lei non si era mossa: si
stringeva le ginocchia, cercando di coprirsi il più possibile con la sua giacca.
“Stai meglio?”
Lisa si voltò per guardarlo,
perplessa.
“Intendo la sbronza. Ti gira
ancora la testa?”
“Si un po’.”
“Ti ho portato questa.” le
lanciò la maglietta. “Quella giacca costa troppo per usarla come pigiama.”
Lei gliela passò con un
sorriso, e indossò la maglia di House.
Aveva il suo odore.
“Vuoi un caffè?”
Quello era il suo modo di
ringraziarla per quello che c’era stato tra loro poco fa.
House sapeva che una donna
avrebbe voluto essere abbracciata, avrebbe voluto sentire qualche parola dolce.
Lui l’aveva fatto solo per poche elette, e non perché volesse mostrarsi
distaccato. E’ che proprio non ci riusciva.
Questa volta era ancora più
difficile del solito. Era lei.
Non sapeva come
comportarsi.
“Ok, grazie.”
House andò in cucina,
lasciandola ancora da sola.
Si sentiva strana. Non solo
per l’alcool, quello incominciava ad evaporare lentamente dal suo corpo.
Si sentiva strana per quello
che aveva fatto, e per quello che stava accadendo.
Avevano fatto l’amore con
voracità, con passione.
Ora era gentile con lei,
riconosceva in quei piccoli gesti quella tenerezza che probabilmente non era in
grado di dare in altri modi.
Quell’imbarazzo da cui non
riuscivano a liberarsi era però una pesante ombra su di loro.
House tornò, porgendole una
tazza. Si sedette accanto a lei, e bevvero in silenzio.
“Era Wilson?” chiese Lisa,
tentando di intaccare quel gelo glaciale che era sceso su di loro.
“Si.”
House non sembrava in vena di
conversare.
Lo preferiva centomila volte
quando la riempiva di battute sarcastiche ed insulti pungenti.
Così era snervante.
Lisa finì il suo caffè e
appoggiò la tazza sul tavolino di fronte a lei. “Vado un attimo in bagno.”
disse, mentre si alzava e spariva lungo il corridoio.
Casa sua era piccola,
l’avrebbe trovato senza problemi. I problemi in quel momento erano ben altri.
Aveva voglia di stringerla ancora, di baciarla ancora.
Ma ora stava bene, la sbornia
le era passata quasi del tutto. Probabilmente si stava chiedendo cosa diavolo
aveva fatto. Probabilmente si era pentita.
La razionale Lisa Cuddy non
sarebbe mai andata a letto con un suo dipendente, tantomeno con lui. Non perché
non ne fosse attratta, House sapeva che aveva sempre avuto un debole per lui, ma
perché era fedele alla sua posizione, al suo ruolo. Era stato l’alcool, solo
quello.
Finì in un sorso il suo caffè
e tornò in camera da letto. Prese una coperta e ritornò nell’altra stanza per
abbandonarla sul divano.
Quando fu di nuovo nella sua
camera, si chiuse la porta alle spalle e vi si appoggiò. Incominciò a far
roteare il suo bastone davanti a lui, sempre più veloce. Doveva pensare.
Gli tornarono in mente le ore
precedenti, da quando aveva visto lei e Chase nascondersi in quel bagno, fino ad
ora. Inevitabilmente, gli scappò un sorriso.
Dall’indomani in ospedale
sarebbe cambiato qualcosa, Wilson si sarebbe accorto di tutto in poche ore, e
probabilmente anche Cameron. Accidenti a loro e alla loro sensibilità, era così
irritante.
Le cose sarebbero cambiate, ci
sarebbe stato un po’ di imbarazzo per un po’, i riferimenti sessuali che le faceva
spesso sarebbero diminuiti, lei lo avrebbe richiamato di meno perché stare da
sola in ufficio con lui sarebbe diventato pericoloso.
Ma solo per un po’, poi le
cose sarebbero tornate come prima.
Erano due adulti.
Sentì che chiudeva la porta
del bagno e camminava piano verso il divano. Lo attraversò un brivido quando la
sentì passare accanto a lui, con solo quella porta sottile a dividerli.
Alzò gli occhi al soffitto.
“Dannato Wilson!” disse ad alta voce, lasciandosi sfuggire un pensiero
abitudinario.
Aprì la porta di scatto e la
raggiunse.
Lisa aveva indossato la sua
maglietta, che la copriva fino a metà coscia; House seguì con lo sguardo le
gambe nude, osservò le sue forme sparire sotto quella maglietta decisamente
troppo larga per lei. Aveva raccolto i capelli e stringeva la coperta che le
aveva lasciato sul divano.
Le si avvicinò e gliela tolse
di mano. “Vai a dormire nel mio letto.”
Risuonò come un ordine, deciso
e duro.
Lisa però non si mosse.
“Ti conviene approfittarne
prima che cambi idea.” continuò deciso, ma le sue parole avevano già perso un
po’ della precedente durezza.
Lisa sorrise.
Un sorriso all’inizio
indeciso, ma che in pochi istanti le illuminò il volto.
Afferrò di nuovo la coperta e
la gettò sul divano.
Poi fece scivolare una mano in
quella di House e incominciò a camminare verso la camera da letto.
Lui scosse la testa, confuso
ma nello stesso tempo sollevato dalla sfacciataggine della Cuddy.
Ma la cosa di cui le fu più
grato è che non parlò.
Non disse niente mentre si
infilavano insieme sotto le coperte, quando spensero la luce.
Niente. Neanche “buonanotte”.
Le fu immensamente grato per
questo.
Non smisero però di guardarsi,
finché il buio non li costrinse a tenersi vicini in un altro modo, meno
innocente.
All’inizio fu solo la sua
piccola mano, che per la seconda volta in pochi minuti cercò quella del
diagnosta. Questo però bastò loro per poco.
Le mani incominciarono un
lento viaggio sulla loro pelle, quattro mani che, in perfetta armonia, suonavano
una musica di sospiri.
Come potevano due incontri tra
un uomo e una donna così vicini nel tempo e nello spazio, essere così
diversi?
Il buio e il silenzio
permisero a quel fastidioso imbarazzo di rimanere per un po’ lontano da loro, di
lasciarli in pace.
Gli permisero di assaporare
ogni singolo fremito, ogni singolo sapore.
La voracità lasciò spazio a
una metodica accuratezza, e a una delicatezza che era così difficile, di solito,
sposare con il sesso.
Si accarezzarono a lungo,
mentre le loro bocche non smettevano mai di cercarsi. Quando finalmente fecero
l’amore, fu difficile ad entrambi comprendere se erano ancora svegli, insieme in
quel letto, o se il piacere di quell’unione era solo un sogno.
Si addormentarono così uno tra
le braccia dell’altra, senza smettere di sognare.
Lisa spalancò gli occhi.
Il suo affidabilissimo
orologio interno fu preciso come ogni mattina.
Erano le 7, ora di alzarsi per
andare a lavoro.
Si scoprì con un gesto rapido,
ma il freddo non la colse come ogni mattina. Il braccio di House, abbandonato
intorno alla sua vita, le trasmise un piacevole calore che non provava da
tempo.
Era così bello svegliarsi con
un uomo accanto.
Sorrise, mentre scendeva dal
letto, tentando di non svegliare House.
Andò in bagno e, come
d’abitudine, accese l’acqua della doccia.
House spalancò gli occhi,
svegliato del fastidioso scrosciare dell’acqua.
Guardò per qualche istante la
metà vuota del letto, accanto a lui.
Si alzò a sedere, guardandosi
intorno.
Ancora vestiti sparsi sul
pavimento. La colf si sarebbe divertita quella mattina.
Si rivestì, come aveva fatto
la notte precedente. La prima volta era stato inutile, dopo pochi minuti si era
ritrovato ancora nudo…
Aggrottò la fronte, spostando
lo sguardo per la stanza come se stesse cercando qualcosa.
La trovò: la sua maglietta che
aveva prestato a Cuddy per dormire.
Decise di lasciarla dov’era,
di lasciare tutto così. Sentiva uno strano equilibrio, era tranquillo e
rilassato. Anche la gamba non faceva male quasi per niente.
Andò in bagno.
Entrando, buttò un’occhiata
veloce verso la doccia, notando la sagoma del corpo di Lisa dietro il vetro
smerigliato.
Si avvicinò al lavandino,
prese il rasoio e incominciò a farsi la barba: evento straordinario.
Quasi quanto condividere il
bagno con Lisa Cuddy.
L’acqua della doccia si spense
e, dal riflesso dello specchio, poté vedere un braccio muoversi rapido verso
l’asciugamano appoggiato lì accanto. Pochi istanti e lei uscì dalla doccia, i
capelli bagnati tirati all’indietro e il viso rosso per il calore
dell’acqua.
O almeno così preferirono
credere entrambi.
I loro occhi si incontrarono
nello specchio appannato.
“Già sveglio?” chiese lei,
prendendo un asciugamano più piccolo e incominciando a frizionarsi la testa.
“Avevo paura che mi facessi
fuori tutta l’acqua calda.”
Lei sorrise e gli si avvicinò.
“Hai un phon?” gli chiese, aprendo l’armadietto sotto al lavandino. Lui si
spostò per farle spazio, guardandola incuriosito mentre si muoveva con
naturalezza in casa sua. Nel suo spazio.
“No, avevo preso in ostaggio
quello di Wilson ma è riuscito a riaverlo battendomi a pocker.”
“Fa niente!” esclamò,
rincominciando a passarsi con forza l’asciugamano sui capelli.
Pochi istanti dopo, lasciò il
bagno.
House finì di tagliarsi la
barba, godendosi la strana sensazione che le dava avere una donna in casa che si
comportava come…una donna in una casa.
La cosa che lo incuriosiva di
più era che si sentiva estremamente tranquillo.
Talmente tranquillo che,
invece di rifugiarsi in camera da letto, raggiunse Lisa che era seduta sul
divano galeotto, e cercava qualcosa tra i cuscini.
Ad un certo punto afferrò
soddisfatta il suo telefonino, compose un numero e attese. Quando House le si
avvicinò, gli fece spazio accanto a lei, spostandosi distrattamente.
“Brian, sono io.” disse con
voce severa. “Lascia perdere le scuse. Tra poco sono a casa, vedi di non farmi
trovare sorprese.” si alzò, raccogliendo da terra il suo vestito rosso.
Incominciò a rigirirarselo nella mano, mentre con l’altra reggeva ancora il
telefonino. “C’è qualcosa nella dispensa.” continuò rivolta al fratello. “Ciao,
a tra poco.” concluse infine.
House prese il telecomando e
accese la tv, fingendosi interessato al telegiornale mattutino.
In realtà, con la coda
dell’occhio, osservò Lisa indossare il suo abito, le sue scarpe, e legarsi i
capelli bagnati. Quando fu pronta si piantò decisa tra lui e il televisore.
“Mi puoi prestare la macchina
di Wilson? Tu puoi andare a lavorare in moto, io devo passare da casa a
cambiarmi e poi correre in ospedale, ho una riunione importante del consiglio
d’amministrazione stamattina.”
House la guardava stupito, ma
Lisa non riuscì a cogliere questa espressione che non aveva mai visto sul suo
volto. “Ho detto a Wilson che lo passavo a prendere.” le rispose, un po’
stordito dall’assurdità di tutta quella…familiarità.
“Lo passo a prendere io.”
rispose lei, senza esitazioni.
“Ok…” prese le chiavi accanto
alle due tazze di caffè, ricordo di quella strana nottata, e gliele porse.
Lei le afferrò e indugiò un
attimo quando le loro dita si sfiorarono.
“Sono in ritardo.” disse, come
scuse e saluto. “Ci vediamo più tardi.”
Quando fu sulla porta si voltò
a guardarlo, ma lui le dava le spalle, rivolto passivamente alla tv, come solo
un uomo può fare.
Non sentendo però la porta
chiudersi dietro di sé, House si voltò perplesso.
Quando i loro occhi si
incontrarono, un sorriso spontaneo salì alle labbra di entrambi.
“Ciao.”
“Ciao.”
House fissò ancora qualche
minuto il televisore, con un’espressione divertita stampata in faccia. Le
immagini che si susseguivano nella sua testa erano ben diverse da quelle sullo
schermo.
Non pensava alla loro notte
insieme, ma pensava a quella strana mattina.
Pensava alla naturalezza, alla
spontaneità. A come era stata brava a non rovinare tutto.
Niente discorsi, niente baci,
niente abbracci.
Tutte queste erano però finte
mancanze, gesti sostituiti splendidamente da quei sorrisi, da quegli sguardi, da
quel stare vicini, insieme, con quella sintonia e complicità che era impossibile
creare.
C’era e basta.
Si alzò dal divano e spense la
tv.
Fece tutto quello che faceva
ogni mattina: si lavò, fece colazione, si vestì.
C’era qualcosa di diverso
però: l’allegria.
Forse per quel raggio di sole
che entrava dalla finestra della cucina.
Forse per Lisa Cuddy.
Per quello splendido raggio di
sole che era Lisa Cuddy.
FINE
Fine dell'esperimento! : )
A dirvi la verità,
nonostante io adori il pair Cuddy/House, è stato estremamente difficile per me
scrivere questa fanfic. Ho avuto difficoltà a rimanere IC, ho fatto fatica a
descrivere le scene tra di loro.
La motivazione che mi do
è questa: sono talmente perfetti in House MD, che eguagliarli è
impossibile.
Ok, perdonatemi questo
mio delirio huddy. ; )
Sono comunque felice di
aver scritto di loro, e sono molto felice delle vostre recensioni, che mi
fanno una piacevolissima compagnia quando sono sola davanti al mio pc!
So che da questa storia
potrebbe nascerne un'altra, potrei continuare questa fanfic.
Non escludo che accadrà, ma
non a breve.
Appena avrò il tempo di
garantire dei tempi d'aggiornamento decenti, e di dedicarmi con calma a questa
storia.
Intanto finisce così, con un
po' di serenità per House, e per me!
Un abbraccio sincero a tutti
quelli che leggono e scrivono storie.
Alla prossima!
Vally
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