All Of Me - Live@Budokan

di Aeternal_cry
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Addio... ***
Capitolo 2: *** Apatia... ***
Capitolo 3: *** Jin ***
Capitolo 4: *** Riflessioni ***



Capitolo 1
*** Addio... ***


Guardò la sua immagine riflessa nell’acqua ancora fumante, seduta nella vasca che aveva abbondantemente riempito per un bagno riposante che sperava l’avrebbe aiutata a trovare una seppur breve tregua dalla temperatura che in quei giorni d’inverno si era abbassata notevolmente. Prese a muovere l’acqua nella quale si stava specchiando, quasi a voler cancellare il suo volto, creando impercettibili onde. Sentiva la voce di qualcuno che parlava con Ren e che chiedeva di lei; anche se in realtà avrebbe voluto rimanere ancora per un bel pezzo a riscaldarsi nella tranquillità di quel bagno rilassante, decise che era meglio svuotare la vasca, e prepararsi ad una lunga chiacchierata che non aveva voglia di affrontare. Trovò nuovamente il suo volto nello specchio: restò per qualche secondo a scrutarsi, abbozzando un sorriso nel notare che finalmente non mostrava più il viso pallido che la superficie riflettente le aveva mostrato poco prima. Non era in piena forma, questo era certo, ma almeno Ren avrebbe smesso di preoccuparsi per il pallore del suo volto. Prese in mano l’asciugamano azzurro che aveva preparato vicino all’accappatoio bianco, e frizionò delicatamente i capelli corvini, lasciandoli ricadere sul volto per poi pettinarli e sistemarli dietro le orecchie. Mise l’asciugamano attorno al collo e uscì dal bagno pronta a salutare Ren, che si affrettava ad uscire, probabilmente per raggiungere i Trapnest ad una delle solite conferenze stampa prima del loro imminente Tour. Subito dopo aver lasciato il bagno rimpianse di essersene allontanata: un brivido freddo le fece stringere forte la corda dell’accappatoio intorno alla vita e si diresse verso la cucina per salutare l’amico. Era abituata fin da bambina al clima rigido del suo paese, ma in quei giorni la temperatura si era notevolmente abbassata e per la prima volta dall’inizio di quell’inverno si era ritrovata a sbattere i denti.
Il lungo bagno appena fatto l’aveva aiutata perlomeno a levarsi di dosso quel freddo penetrante, oltre che a risollevarle il morale, in quei giorni non propriamente alle stelle. Ren, che la conosceva meglio di chiunque altro, se n’era accorto subito e quando cercava di chiederle il motivo di quei momenti passati a riflettere, chiusa in se stessa, lei tentava in ogni modo di evitare l’argomento, cambiando discorso. Anche i suoi amici avevano notato la sua aria assente e Nobu non si sorprese più di tanto vedendola attraversare la stanza con lo sguardo distratto, ancora con addosso l’accappatoio e un asciugamano attorno al collo, i capelli ancora umidi e scompigliati intorno al viso lievemente pallido. Mentre Nana apriva qualsiasi mobile della cucina che potesse contenere una birra Nobu la guardò perplesso. Tuttavia lei cercò di celare i suoi pensieri dietro un lieve sorriso. Il ragazzo decise di andare subito al punto, determinato ad affrontare l’argomento una volta per tutte. Prese fiato e cominciò a parlare, schiarendosi la voce. -Cosa succede con Nana?-
-Niente- rispose lei con un tono di voce deciso-Cosa vuoi che succeda?-
-Bè, mi sembra che le cose si siano messe in qualche modo per il verso sbagliato, e non me ne sono accorto solo io...- Nana guardò Nobu diritto negli occhi, poi distolse lo sguardo per prendere una sigaretta dal pacchetto delle Black Stone e la accese con fare nervoso.
-Perché non senti più Nana? Che ti ha fatto?-
-Non è corretto, Nobu. Io non ho detto di non averla sentita- fece lei, buttando fuori tutto il fumo appena aspirato.
-E allora?-
-Ho detto solo che mi ha mandato un messaggio al cellulare. Ma non le ho risposto-
-E perché? Potevi sempre fare un salto da lei per vedere come stava! Cosa ti costava, scusa?-
-Mi ha detto che stava bene. Cosa avrei risolto andandole a parlare? Magari l’avrei anche disturbata...-
-Perché parli così? Cos’è che ti dà tanto fastidio?-
-Nobu, ma sei scemo? Svegliati! Ciò che mi dà fastidio è che in qualche modo si sta allontanando! Non sono io che me ne sto fregando, mio caro!- mentre diceva quelle parole prese a far roteare il bicchiere che aveva vicino a sé. Nobu notò che era davvero nervosa.
-Si… ma in qualche modo potevi capire il motivo per qui lo sta facendo, potevi parlarle! E invece sei venuta di corsa ad abitare con Ren...-
- Guarda che non avrei risolto niente parlandole, lo sai com’è fatta;-lo interruppe lei- E’ più testarda di me, quando ci si mette... E poi lo sa benissimo che Ren tra poco partirà e io non rimarrò qui da sola. Sa che sto solo approfittando delle due settimane di vacanza dei Trapnest-
Guardò fuori dalla finestra. Nobu la stava facendo riflettere non poco sulla sua situazione con Nana. Le aveva detto che avrebbe passato un pò di tempo con Ren, almeno fino all’inizio del nuovo tour del gruppo. Ma quando glielo aveva comunicato nemmeno lei era sicura di averle fatto conoscere le sue vere intenzioni. La verità era che Nobu aveva colpito nel segno: in effetti la prima cosa che aveva pensato andando a stare a casa di Ren era di trasferirsi almeno per un pò e cambiare aria. Aveva pensato che forse restare da Ren anche dopo la sua partenza poteva essere una buona idea; magari stare lontana da Hachi per un pò l’avrebbe aiutata a capire se era il caso di continuare a dividere la casa, gli amici e gran parte del tempo con lei. Si era affezionata a Nana, voleva bene a quella ragazza che sul treno che le avrebbe portate entrambe a Tokyo , fermo a causa di una forte nevicata, le aveva raccontato tutto di sé come se avesse incontrato la sua migliore amica dopo tanto tempo. In fondo era stata contenta di dividere quella casa troppo grande per una sola persona con quella ragazza simpatica, forse a volte troppo chiacchierona, ma che portava allegria con quel suo modo di fare sbadato. E ora Nobu le stava facendo notare che tutti i pensieri fatti finora stavano pian piano venendo meno, come se qualcosa fosse cambiato.
Prese ad aspirare la sigaretta in modo brusco, quasi a voler sfogare i suoi problemi su di essa; poi la schiacciò nel posacenere, spegnendola. Non aveva alcuna intenzione di farsi venire dei sensi di colpa per qualcuno; ma in fin dei conti, senza accorgersene, ogni volta che pensava a Nana cercava sempre di tenere occupata la mente con qualche altro pensiero proprio per non dover sentire dentro di sé un senso di colpa che a volte le faceva male.
-Vai a parlare con lei! Si sentirà triste in quella casa vuota...-
-Senti, se stai tanto in pena per lei perché non le telefoni?- disse con aria quasi assente, guardando fuori dalla finestra della cucina. La neve incessante copriva ormai completamente Tokyo sotto una pittoresca coltre bianca. Nana si alzò di scatto dalla sedia in cui si era adagiata e sotto lo sguardo spaesato di Nobu, prese a dirigersi verso l’appendiabiti accanto alla porta d’ingresso per cercare qualcosa all’interno del suo giubbotto.
-Se vuoi assicurarti che Hachi stia bene, tieni, fallo di persona- la ragazza mise le chiavi dell’appartamento delle due ragazze sul tavolo a cui erano seduti entrambi.- e questa volta cerca di essere convincente con lei, non permettere a quella zucca vuota di Takumi di portartela via!-
fece, poggiandogli una mano sulla spalla e abbozzando un lieve sorriso che tranquillizzò Nobu. Poco dopo, salutando Nana sulla porta, Il ragazzo le disse una frase che le rimase impressa per tutta la serata e che la lasciò pensierosa -Grazie di tutto, Nana; e non ti preoccupare: non lascerò che un membro dei Trapnest ti porti via un’altra persona a cui vuoi bene. Farò di tutto per non permetterlo...-
-Grazie, Nobu...-fu l’unica cosa che riuscì a dire all’amico.



Rivolse lentamente gli occhi al cielo, quasi a voler trovare protezione in esso. Era iniziato a nevicare. “Proprio come la prima volta che ho preso questo treno per arrivare a Tokyo...”si disse, gli occhi colmi di lacrime. Nei pochi minuti in cui aveva preso la decisione di andare via da Tokyo aveva pensato a tutto; aveva riflettuto sui suoi errori di ventenne forse troppo superficiale e ancora immatura per cavarsela da sola.
Al suo rapporto con Takumi, ormai quasi inesistente, per la verità. Non conosceva per niente quel ragazzo, se non per le notizie e gli articoli sui giornali che lei, con cura, aveva ritagliato e conservato a lungo. Takumi era una celebrità, il mito di moltissime ragazzine e lei, proprio come una di loro, non appena avuta la fortuna di conoscerlo, si era lasciata trasportare dal mito che quel ragazzo rappresentava per lei, piuttosto che dalle reali caratteristiche e dai pregi di quel ragazzo. E ora che se ne rendeva conto, ora che tutto era un pò più chiaro in mezzo alla confusione che provava, si sentiva triste, svuotata. Nana le sarebbe stata di grande aiuto, ma era ormai da tempo che non aveva più sue notizie. Sapeva solo che si era sistemata da Ren almeno per un paio di settimane, approfittando della pausa dei Trapnest. Nana... Ma perché si era così allontanata da lei, dalla sua Hachi, dalla sua compagna di casa nonché della loro nuova vita a Tokyo? Si sedette su una panchina vuota, e si lasciò andare ad un pianto silenzioso ma straziante, presa dai rimorsi e dai sensi di colpa per essere così diversa dai suoi amici e per il terribile difetto di sbagliare quasi sempre a discapito di qualcun altro. Alzò lo sguardo solo quando sentì il fischio di un treno che da un momento all’altro avrebbe lasciato la stazione per dirigersi chissà dove. Guardò l’orologio; no, era ancora troppo presto perché fosse il suo treno. Pensò a Nobu...Poverino, lui con tutte le premure si era offerto come sempre di riaccompagnarla a casa, allungando non poco il tragitto che era solito fare: era disposto a fare di tutto, anche a costo di finire nei guai pur di farle capire i suoi sentimenti per lei. L’amava, glielo aveva detto chiaramente, e lei era riuscita a farlo soffrire, cedendo ancora una volta alle attenzioni di Takumi. “Che stupida che sono stata!!!” pensò, riprendendo a piangere. “Forse ero finalmente riuscita a trovare una persona che mi amava veramente per come sono, che mi rispettava e che mi proteggeva... E io, come al solito ho preferito fidarmi delle fantasie che mi ero fatta su Takumi, facendo soffrire Nobu...!Non oso immaginare cosa possa pensare adesso di me!”.
Si asciugò le lacrime, prendendo ora a singhiozzare come una bambina. Avrebbe voluto correre a casa, da Nana, la sua amica, la persona che più di tutte le era stata vicina , che l’aveva aiutata nei momenti più difficili e che aveva condiviso con lei i momenti più felici della sua nuova vita nella capitale. Ma ora non c’era.
Guardò il sottopassaggio che collegava il lato della stazione in cui si trovava all’ingresso; rimase senza parole, non credendo ai propri occhi: qualcuno correva venendo verso di lei, gridando il suo nome.
-NANA!!!Nana...- Non le lasciò nemmeno il tempo di fargli domande; la tenne forte tra le sue braccia, il viso del ragazzo tra i suoi capelli mossi dal vento gelido di una giornata di neve. -N-Nobu... c-cosa ci fai qui...- disse lei spaesata, tra le braccia del ragazzo che pochi giorni prima le aveva confessato apertamente i suoi sentimenti per lei. Si accorse che il ragazzo ora tremava, proprio come lei. Tentò di soffocare i singulti che ora meno che mai avevano intenzione di abbandonarla -Perché sei qui?...-
-Ho parlato con Nana e lei mi ha dato le chiavi di casa vostra. Quando sono entrato ho visto un tuo biglietto sul tavolo e l’ ho letto...Scusa, ma ho dovuto farlo...- Disse lui, abbracciando la ragazza. Lei però si allontanò gentilmente da lui, sentendo una voce che avvisava la stazione della partenza del treno che l’avrebbe presto portata a casa- D-devo andare...-
-Perché? Nana, non andartene! Io...scusa se ti ho messo a disagio l’altra sera con Takumi... - A quelle parole Nana si sentì in preda alla tristezza e ai sensi di colpa come mai le era capitato. Il ragazzo che aveva fatto di tutto per lei e che lei aveva trattato male, ora le era di fronte e si stava prendendo le colpe di cui, in verità, avrebbe dovuto scusarsi lei... Prese a singhiozzare tra gli sguardi dei presenti che nel frattempo prendevano posto sul treno su cui sarebbe dovuta salire anche lei. -M-ma cosa dici...Sono io che ti ho trattato male...T-ti ho fatto soffrire per i m-miei comportamenti immaturi e t-tu mi chiedi scusa?...-
-Non pensaci! L’importante è che tu rimanga qui, con me! Non partire, ti prego...-
-Nobu...-il ragazzo le stava parlando con il cuore in mano e lei si sentì morire all’idea di farlo soffrire nuovamente- Non posso rimanere...H-ho bisogno di riflettere su tutto... Non sono più sicura di aver fatto la scelta migliore venendo ad abitare qui a Tokyo...Scusa, scusa davvero se ti ho fatto soffrire... n-non volevo... I-io devo andare...- Nobu restò a guardarla salire sul treno con lo sguardo spaesato, appeso alla fragile illusione di non essere sul punto di perdere la persona amata. Restò fermo a fissare il treno che nel frattempo aveva preso a muoversi. Nana si voltò a guardarlo: provò una tristezza indescrivibile, il cuore stretto in una morsa nel vedere il ragazzo che aveva appena salutato guardarla per la prima volta con gli occhi colmi di lacrime.

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Capitolo 2
*** Apatia... ***


-MA SEI PAZZO?!-la voce della Osaki, amplificata dal microfono che poco prima aveva utilizzato per le prove del gruppo, rimbombava per tutta la sala prove. A quell’urlo disumano si girarono tutti i componenti dei Blast, ignari del motivo per cui Nana stesse strillando in quel modo a dir poco spaventoso. Solo dopo essersi voltati verso la ragazza, che aveva assunto magistralmente le sembianze di un toro furioso, il resto della band capì che quel rimprovero non proprio blando era riservato a Nobu, avvilito e assente per tutto il tempo delle prove. Non era stato necessario chiarire il motivo per cui il ragazzo fosse così abbattuto, così come era perfettamente chiaro il motivo per cui il poverino veniva ora bistrattato da Nana.
-Devi essere impazzito, non c’è altra spiegazione!!!-
-Ma Nana, io ho fatt...-
-TU NON HAI SCUSE!!!Ma dico, la ragazza dei tuoi sogni ti dice che deve partire e che forse non tornerà più. E tu che fai? La fermi? NO!!!La lasci andare!!!MA SEI SCEMO DA SEMPRE OPPURE IL SUONO DEGLI AMPLIFICATORI TI HA LACERATO IL CERVELLO???!!!!-
-Nana... -Yasu, rivolgendosi alla ragazza, cercò di utilizzare il tono di voce più dolce e gentile che poté, terrorizzato dalla foga con cui rimproverava l’amico-forse faresti meglio ad allontanare il microfono dalla bocca...tutta Tokyo sta sentendo le tue urla!- la ragazza, nel sentire quelle parole, si girò di scatto dal pelato con sguardo furente, se non altro la gentilezza della richiesta che aveva appena formulato era servita a non essere preso di mira dalle ire dell’amica, pensò. Sorrise sotto o baffi (inesistenti, per fortuna! Ma si sa, è un modo di dire!), ben attento a non farsi scoprire da Nana.
-Bene!!! Meglio così! Meglio che tutti sappiano quanto sia SCEMO Nobu!!!- dopo quelle parole Nana spense il microfono, lo inserì nell’asta al centro della sala e raggiunse nuovamente l’amico, sedendosi nella sedia accanto alla sua.
-Lo so Nana, sono un cretino. Non occorre che me lo dica ancora...-
-Si lo sei, ma capisco anche che in effetti non potevi obbligarla a restare qui. Ma perché cavolo non hai provato a farla ragionare?- dopo quello sfogo che avrebbe messo destato paura anche ad un criminale dal sangue freddo, il tono di voce della ragazza si era raddolcito, notando nello sguardo del ragazzo un’infinita tristezza.
-Sono arrivato alla stazione ma era troppo tardi per mettersi a parlare; non ho avuto il tempo per dirle tutto quello che avrei voluto farle sapere, il treno è partito pochi minuti dopo il mio arrivo!-Il volto cupo e triste di Nobu colpì Nana, tanto che anche sul suo sguardo traspariva chiaramente un’ombra, un qualcosa che la rabbuiava. Entrambi si scambiarono uno sguardo carico di preoccupazione. Nobu sapeva perfettamente che avrebbe sofferto come non mai per la lontananza della Komatzu, ma Nana rimase stupita dal suo stesso comportamento. In quei mesi vissuti insieme in quella grande casa il più delle volte colma di amici ed allegria, si era terribilmente affezionata a quella ragazza sorridente e pazza; vivere quel periodo da sola nella casa vuota di Ren, senza la presenza della sua Hachi, era stato come sentirsi soli. Nel senso letterale del termine. Guardandosi intorno, non poté fare a meno di notare quanto fosse importante per quel gruppo di amici la presenza di Nana. Anche se Yasu e Shin cercavano di mitigare la tristezza per quella notizia improvvisa e soprattutto inaspettata, l’aria gelida che si era venuta a creare in quella sala prove avrebbe fatto intristire anche l’essere umano più insensibile. D’un tratto Nana si alzò di scatto dalla sedia su cui sedeva e senza un minimo di esitazione prese in mano la sua chitarra, la ripose con fare nervoso nella custodia nera e si rivolse al gruppo.
-Ok, ragazzi; con questo clima non si lavora, non si prova decentemente e non si ragiona. Qui si sta parlando di perdere un’amica, una persona a cui teniamo tutti. Bè, io non ci sto!- -Hai ragione, Nana-intervenne Shin-ma cosa intendi fare?-
-Ho un’idea, ma per attuarla dovrò allontanarmi da Tokyo per almeno due giorni. Anche se so che perdere due giorni di prove è una pazzia, specialmente in questo momento delicato per la Band, io sono convinta che non morirà nessuno. E anche se non dovesse funzionare, non importa. Almeno posso dire di averci tentato-un sorriso accennato si fece spazio sul volto pallido della Osaki, che si voltò verso Nobu, lievemente sollevato dopo aver ascoltato quel discorso. La ragazza gli fece l’occhiolino. -Sta’tranquillo, Nobu. Te la riporto qui, dovessi scontrarmi contro la sua testa dura!!! Non sa con chi ha a che fare, quella ragazzina!!!!-
L’aria fredda del mattino la fece rabbrividire; si strinse nel giubbotto nero e si guardò intorno, in cerca di un luogo riparato dal vento gelido che dall’inizio dell’inverno non accennava a diminuire. Le porte scorrevoli poste all’entrata dell’edificio si aprirono, consentendole di addentrarsi in quell’eterno caos che da sempre regnava nella stazione della capitale. Con il suo piccolo bagaglio su una spalla , la mano sinistra in tasca e quella destra intenta a cercare nello zaino i soldi per acquistare il biglietto, le tornò in mente il giorno in cui, chitarra sulla spalla e un borsone nero, prendeva un treno per dirigersi a Tokyo.
-Un biglietto andata per Osaka, per favore-Stringendo il biglietto che aveva appena acquistato, le sembrava di fare una sciocchezza madornale. “Non ho seguito Ren quando ha deciso di partire e ora mi trovo a seguire una ragazza come Nana...”pensò, sorridendo. Camminando lentamente per l’atrio della stazione, affollata di persone che sbucavano da ogni dove e non mancavano di andarle addosso, cercò con lo sguardo il primo distributore automatico di cibi e bevande, per soddisfare il più presto possibile il bisogno impellente di bere qualcosa di caldo. Vagò per quasi un quarto d’ora tra la folla che in quell’arco di tempo non si era affatto ridimensionata, spingendo educatamente le persone quando necessario. Quando si trovò di fronte ad una moderna macchina che forniva diversi tipi di bevande, non poté trattenere un sospiro liberatorio. Inserì le monete che le erano state date come resto alla biglietteria e selezionò immediatamente il tasto corrispondente ad un caffè nero bollente. Portando il piccolo bicchiere trasparente alla bocca, trovò il profumo del caffè gradevole e, dopotutto, anche il gusto di quella bevanda non era per niente cattivo. Lo sorseggiò lentamente, provando una piacevole sensazione di caldo che dalla gola si irradiava in tutto il corpo. Dopo l’ultimo sorso gettò il bicchiere nel cestino accanto alla porta che collegava l’interno della stazione ai vari binari da cui partivano i treni. Prese un lungo respiro chiudendo gli occhi, consapevole che, una volta raggiunto l’esterno, il freddo pungente l’avrebbe travolta senza pietà. Uscì quindi all’esterno dell’edificio, e si sedette su una panchina rossa posta di fronte al treno che entro poco più di cinque minuti l’avrebbe portata da Nana. Prese in mano il cellulare che aveva tenuto nella tasca destra del giubbotto, facendo fatica a digitare il numero della persona con cui voleva parlare a causa dei guanti neri che aveva infilato prima di lasciare l’ingresso della stazione. -Pronto, Shin, sono Nana-
-Hachi!!!Che bello sentirti!!! Sei tornata a Tokyo?-
-NON SONO HACHI, CRETINO!!!Sono Nana Osaki!!!-
-Ah, scusa Nana! Non riesco ancora a riconoscere la tua voce al telefono!-
-In effetti non mi sorprende...Senti, ti ho chiamato per chiederti un favore. Potresti dire a Nobu che io sto partendo per raggiungere Hachi? Digli anche che gli telefonerò non appena saprò qualcosa . Mi faresti questo favore?-
-Certo, Nana. Contaci!-
-Grazie, Shin. Ciao- -Ciao! E riporta qui Hachi il prima possibile!-
Dopo la telefonata spense il cellulare, lo ripose nella tasca del giubbotto e prese posto sul treno, dove finalmente trovò un pò di riparo dal freddo di quella mattina invernale.

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Capitolo 3
*** Jin ***


Seduta sul treno, lo sguardo fisso nel vuoto, prese a giocare nervosamente con il biglietto, stringendolo talmente forte tra le mani fino a quasi giungere a rovinarlo. Lo piegò diverse volte, sfregandolo infine sul palmo della mano, e si fermò solo nel momento in qui dovette mostrare il biglietto al controllore. Posò lo sguardo sul sedile accanto al suo; vuoto. Nessuno era lì con lei, e da una parte era stata lei a volerlo. Però dentro si sentiva così...sola, triste, inconsolabile... Tra poco meno di un’ora e mezza sarebbe arrivata al suo paese, sempre che la neve non si mettesse contro il suo proposito di arrivare al più presto a casa per gettarsi sul letto, senza forze, a piangere per chissà quanto ancora. Già, la neve...L’altra volta le aveva dato una mano; mentre il treno che per la prima volta la portava a Tokyo si era fermato a causa di una nevicata incessante, lei aveva avuto il tempo di conoscere una persona speciale, una ragazza che come lei andava nella capitale in cerca di una nuova vita, che portava il suo stesso nome ma che era così differente da lei al punto di riuscire ad affascinarla. Mentre tutte le persone sul treno protestavano per il forte ritardo dovuto alla bufera di neve, lei si era lasciata trasportare dal feeling per quella ragazza e le aveva parlato di sé, come se fosse stata una sua confidente da sempre. Erano rimaste a parlare per quasi tre ore, senza rendersi conto del tempo che scorreva. E adesso lei era lì, sullo stesso treno; ma questa volta era sola e il treno che pochi mesi fa l’aveva portata a Tokyo, allontanandola per la prima volta dal luogo in cui era nata e vissuta, la stava portando indietro. Posò lo sguardo fuori dal finestrino; “Bè, almeno questa volta non farò ritardo...”si disse, vedendo la neve lentamente diminuire. Un paesaggio stupendo si delineava davanti a lei, ma non era in vena di contemplare il panorama. Passò il dorso delle mani sugli occhi spenti per asciugarli dalle lacrime che non riusciva a trattenere, e solo allora si accorse di non essere sola. Qualcuno era in piedi, vicino a lei, e le stava parlando. -Questo posto è libero?- chiese il ragazzo, indicando il sedile vicino al suo.
-Si...-rispose lei, la voce atona.
-Bene! Pensavo di dover fare tutto il viaggio in piedi! Il treno è strapie...ma stai bene?-
-Si, si ...sto bene... - fece lei, abbassando la testa, lasciando che i capelli nascondessero il suo volto rigato dalle lacrime.
-Ma stai piangendo...sei sicura che vada tutto bene? Vuoi che chiami qualcuno o...-
-N-no!-lo interruppe , iniziando a singhiozzare- Va tutto b-bene! E’ solo che sono un pò triste...-
-Perché, se te lo posso chiedere?-
-Perché- cominciò lei, sollevando il volto per guardarlo negli occhi- Ho fatto soffrire due persone a cui tengo molto... e non c-credo che mi p-perdoneranno...- tentò in ogni modo a soffocare i singhiozzi e ad un tratto sembrò riuscirci, guardando il ragazzo che con aria tranquilla la ascoltava. - Se ti vogliono bene sapranno perdonarti- le disse lo sconosciuto- Non credo che a loro faccia piacere far piangere qualcuno, specialmente se si tratta di una persona così carina e gentile- continuò candidamente, con un tono di voce sincero. -E poi chi non fa degli errori? Piccoli o grandi che siano, se ci si vuole bene, le cose si possono sempre rimettere a posto-
-Lo penso anche io, ma...non è così semplice come sembra...-
-Già, lo so bene- Il ragazzo si alzò per aprire il borsone che aveva sistemato nello spazio sopra le loro teste. Prese un pacchetto di sigarette e lo porse alla ragazza per offrirgliene una.
-No, grazie. Non fumo- disse, facendo oscillare i capelli castani che ricadevano lisci sulle spalle coperte da un maglione bianco. Poi lo guardò nuovamente, notando che era davvero molto carino. -Scusa tanto se ti ho scocciato con i miei problemi! Non mi conosci nemmeno, ti avrò assillato!- -No, non ti preoccupare! Anzi, mi ha fatto piacere incontrarti, visto che ho dimenticato il lettore cd a casa! Senza di te avrei passato un’ora e mezzo da schifo!- disse lo sconosciuto, sorridendole; poi allungò la mano, presentandosi- Io sono Jin. Tu come ti chiami?-
-Hachi, ehm, volevo dire Nana. Piacere. Se non ci fossi stato tu sarei rimasta a piangere come una bambina per tutta la durata del viaggio...- accennò un sorriso. Ormai aveva smesso di singhiozzare, anche se la tristezza rimaneva dentro di lei e sembrava non volerla abbandonare.-Dove sei diretto?- -A Kinowa. E’ il paese in cui sono nato e cresciuto. Tu invece?-
- Io sto andando a Osaka. I nostri paesi sono molto vicini...-
-Già! Allora scenderò io per primo. La tua fermata è subito dopo la mia...- fece il ragazzo, intento a guardare fuori dal finestrino per contemplare il paesaggio divenuto ancora più suggestivo per la neve che, come una coperta, si era posata sulle montagne e sui tetti delle case visibili dal percorso che il treno aveva intrapreso.
Solo quando lui si sporse per guardare fuori dal finestrino Nana notò che, adagiata con cura di fronte al ragazzo c’era una fodera nera, contenente una chitarra.
-Tu suoni la chitarra?-chiese lei, intenta a guardare l’astuccio nero con attenzione.
-Si- rispose , aprendo l’astuccio per mostrargliela. -Suono la chitarra elettrica. Ho tante chitarre, ma questa è la mia preferita-
-Perché?-lo sguardo innocente di quella ragazza lo colpì nuovamente. Probabilmente era la prima e l’ultima volta che si vedevano; eppure perché le sembrava di parlare con una persona che conosceva da una vita? La guardò per qualche secondo, in silenzio. Poi si ricordò della domanda che gli aveva rivolto.
-Perché è stato un regalo di mio padre. E poi si tratta di una Stratocaster...- rispose lo sconosciuto, chiudendo la custodia con attenzione. Doveva tenere veramente molto a quella chitarra, pensò Nana.- E’ la chitarra più pregiata che ho; la uso solo per le audizioni-
-Allora eri a Tokyo per un’audizione!- fece lei, sorridendo.
- Si; In realtà non dovrei andarlo a dire in giro, ma se mi prometti di riuscire a mantenere per te ciò che ti sto per dire...-
-Si, si!!! Daiiii! Sono curiosa!!- con quel faccino illuminato all’idea di venire a conoscenza di chissà quale segreto, la Komatzu fece divertire il ragazzo non poco.
-Va bene...Te lo dico...Sono stato preso in un gruppo emergente che sta per fare il suo ingresso nel panorama musicale. Sto tornando a casa appunto per sistemare le ultime cose e per trasferirmi definitivamente a Tokyo-
-Anche se non ti conosco sono contenta per te...-Nana guardò fuori dal finestrino. -A quanto pare sei arrivato...- fece, indicando la fermata del paese del ragazzo.
-Già...-Prese in mano la chitarra e con fare deciso spostò il borsone, posandolo sul sedile che aveva occupato durante il viaggio.- Io ti saluto, Nana...- il ragazzo, attendendo l’arresto del treno, le poggiò delicatamente la mano sul capo-E non ti preoccupare; vedrai che le persone a cui vuoi bene ti perdoneranno!- Sorrise, lo sguardo dolce e comprensivo -Come si chiamerà il gruppo in cui suonerai?-Disse lei, affacciandosi dal finestrino per parlare con il ragazzo, ormai sceso dal vagone.
-DARK YOUTH!- rispose il ragazzo, alzando la voce per farsi sentire mentre il treno aveva ripreso il suo cammino. Alzò la mano per salutarla e lei gli sorrise.




-Ciao Jin...-disse a bassa voce, tornando a sedere. Guardò il sedile accanto a lei . Di nuovo vuoto. Ancora una volta sola con se stessa mentre la neve cominciava a cadere copiosa sui monti del suo paese. “Cosa farò...” Una domanda che si ripeteva dal momento in cui, di fretta e furia, prese a mettere tutto ciò che era riuscita a far entrare nella borsa blu (l’unica che era riuscita a trovare). Aveva scritto un bigliettino, probabilmente in maniera così confusa che non ricordava nemmeno cosa vi aveva scritto. Era talmente agitata e indecisa che l’unico pensiero era quello di andare alla stazione, fare il biglietto e prendere il primo treno per tornare a casa. Una decisione discutibile; probabilmente se avesse avuto di fronte la Osaki, in questo momento le avrebbe detto di rimanere a Tokyo e risolvere i problemi di petto, invece di scappare da questi ultimi. Quasi riusciva a sentire la sua voce mentre immaginava di sentirle dire quelle cose...Ma non era così facile. Non voleva tornare indietro, almeno non adesso...No, non voleva, non poteva! Non sarebbe riuscita a sostenere lo sguardo di Nobu, di Nana, di Takumi...”che caos!!!” pensò. Nobu...Come avrebbe fatto a guardarlo negli occhi? Mentre lei lo aveva ferito, lui era corso in stazione come un fulmine per chiederle di restargli accanto. E lei ancora una volta lo aveva lasciato lì, voltandogli le spalle come già era successo. Lo aveva visto: aveva visto i suoi occhi colmi di lacrime mentre fissava lo sguardo triste sul treno che la portava via. E Nana? Si era allontanata da lei. Perché? Avrebbe dovuto parlarle, chiederle il motivo, ed invece l’unica cosa che era riuscita a fare era sedersi su un treno, mezzo di fuga per non affrontare i problemi. O almeno per non affrontarli subito...Una cosa era certa. Takumi. Non sarebbe tornata con lui. Lui che non l’aveva cercata per tutto il periodo della tournée, che non aveva nemmeno avuto il buonsenso di rispondere al messaggio che lei gli aveva inviato...Ma come aveva potuto pensare che un tipo del genere fosse adatto a lei? Un’icona, una figura. Ecco cosa rappresentava Takumi per lei. Faceva parte del gruppo musicale che lei più di tutti ammirava, era un bellissimo ragazzo e aveva seguito il suo progetto fin dagli esordi da accanita fan. Ma non poteva essere il ragazzo più sbagliato per lei. Lei che come al solito si era lasciata sedurre dalla superficialità piuttosto che da un sentimento puro e sincero. Takumi era fatto così; sapeva fin dall’inizio che non era il classico fidanzato che ti chiama anche due o tre volte al giorno solo per sentire la tua voce, che ti manda mazzi di fiori, magari accompagnati da un biglietto romantico, che ti ricopre di messaggi... Sapeva fin dal principio che con lui non ci sarebbe stato altro che un rapporto fatto solo ed esclusivamente di sesso. E lei come una scema ci era stata senza farsi poi così tanti problemi. “Che stupida!!!” si disse. E ora era pronta a riflettere sui suoi errori, lontana dai suoi amici. Si rese conto di essere arrivata solo quando sentì il treno frenare per permettere ai passeggeri di scendere all’ultima fermata. Quando raggiunse l’uscita della stazione, la borsa poggiata sulla spalla destra, si guardò intorno. Nulla era cambiato dall’ultima volta che aveva fatto ritorno a casa. Prese a camminare lungo la via centrale lentamente, scrutando ogni negozio, ogni insegna, qualsiasi cosa riuscisse a capitarle sotto gli occhi. Svoltò alla penultima parallela della via che aveva percorso e aumentò il passo quando si trovò a dover proseguire per una strada in salita. Salutò una signora che l’aveva vista crescere intenta a rientrare a casa per trovare riparo dal freddo invernale, ma non era dell’umore giusto per fermarsi a parlarle. Ormai erano quasi le nove di sera e quelle piccole vie di paese non erano illuminate come i grandi viali di Tokyo. Finalmente la vide; sulla destra la sua casa era illuminata; sua sorella doveva essere in casa, vista la luce accesa anche nella cameretta che un tempo era la sua.
Suonò il campanello, poggiandosi alla porta d’ingresso con fare stanco, il battito accelerato e il fiatone per la salita appena affrontata le fecero assumere un’espressione spossata. Passarono pochi secondi dal momento in cui suonò a quello in cui qualcuno venne ad aprirle la porta; ma a lei parve un’eternità. Triste e stremata dal viaggio che aveva fatto, non aveva nemmeno avuto il tempo di mangiare qualcosa; a dir la verità quando aveva preso la decisione di partire lo stomaco chiuso le aveva impedito di pranzare, ma ora la fame iniziava a farsi sentire e non vedeva francamente l’ora di entrare per fare un lungo bagno rilassante, se non per dimenticare quella brutta giornata, almeno per allentare la tensione che l’aveva caratterizzata. Fece un lungo respiro e si rimise subito in piedi, composta di fronte alla porta d’ingresso che da lì a poco si sarebbe aperta. In fretta si sistemò i capelli, sciolti sulle spalle, e sorrise, celando l’ombra triste che sicuramente sarebbe saltata subito agli occhi della madre. Non voleva che lei si preoccupasse, ma sapeva benissimo che la madre riusciva ad accorgersi sempre del suo stato d’animo. Si strinse nel cappotto, alla ricerca di un riparo al freddo sempre più pungente. La porta si aprì lentamente, lasciando udire distintamente a chi stava di fronte al portone le risate che regnavano in cucina. Riconobbe la voce della sorella che rideva con il padre, davanti alla televisione.
-Ciao, mamma!- fece la Komatzu, sorridendo. Non aveva pensato che probabilmente la madre sarebbe stata sorpresa di vederla; in effetti proprio quest’ultima la guardò perplessa, quasi sconcertata alla vista della figlia di fronte a lei, soprattutto a quell’ora.
-Nana...-le fece un enorme sorriso. -Stavamo giusto pensando a te!-disse, indicando il marito e la figlia minore- Stanno parlando per l’ennesima volta della tua recita alle elementari! Ma non stare sulla porta! Starai congelando! Entra!-
-In effetti fa un pò di freddo...-
-Nana!!!!!- la sorella minore le corse incontro, abbracciandola- Non sarai venuta a riprenderti la tua camera, spero!-
-Nami....- mentre abbracciava la sorella tentò in ogni modo di trattenere le lacrime, senza riuscirci. -Che succede?...Nana, che hai? Stai piangendo...-

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Capitolo 4
*** Riflessioni ***


Sdraiata sul suo letto, completamente circondata da vecchi ricordi d’infanzia e dell’adolescenza, l’unica cosa a cui riusciva a pensare era legata proprio a quel particolare periodo così turbolento e complesso della sua vita. “Perché mi sembra che quella fase adolescenziale che mi faceva apparire così stupida e vuota dentro in realtà non sembra ancora essere finita?” pensò, stringendo forte a sé un cuscino con la fodera colma di cuoricini, un vecchio regalo di chissà quale dei tanti ragazzi con i quali era uscita, quando ancora abitava ad Osaka e frequentava il liceo con Shoji, Junko....Già, Junko! La sua più grande ed unica vera amica fin dai tempi delle elementari. Avevano praticamente vissuto le stesse esperienze (in modi innegabilmente differenti, ovvio); non c’era stata un’emozione, una sensazione, anche solo un’idea che non avesse condiviso con lei. E ora lei era lì, a casa sua, ad Osaka, da dove era felicemente fuggita in quattro e quattr’otto, senza nemmeno avere il tempo di pensare se ce l’avrebbe fatta a passare da una vita di paese, costruita sulla presenza continua della sua famiglia, ad una vita nella capitale del Giappone, composta di immancabile caos, traffico e solo la presenza di se stessi. Anche se aveva deciso di partire per seguire quell’insensibile di Shoji, in realtà lo sapeva bene che prima o poi avrebbe dovuto rimboccarsi le maniche e cominciare a prendere il controllo della sua vita. E anche se nella stessa città abitava la sua migliore amica, era pienamente consapevole che lei non avrebbe potuto prendersi cura di Nana. Non un tipo come Junko, per lo meno, così presa dall’università, dall’arte, dai suoi quadri e da se stessa (come tutti gli artisti, d’altronde). Nana le aveva chiesto aiuto in ogni situazione, ogni volta che voleva un consiglio sincero da parte di una persona che le dicesse la verità senza fronzoli o giri di parole, Jun era la prima persona a cui pensava. Nell’ultimo periodo si erano allontanate come mai era accaduto, ma da una parte erano state entrambe a volerlo, impegnate com’erano con il lavoro e lo studio. Inoltre Jun aveva da organizzare le varie mostre che spesso allestiva nei musei o nelle gallerie d’arte più famose della città, senza poi contare che la sua vita sentimentale con Kyosuke procedeva molto bene; in realtà sembravano una perfetta coppia di sposini. “Come faranno a rimanere insieme per così tanto tempo...”pensò. Ma come poteva fare ancora quei pensieri da liceale immatura?! Come poteva pensare di rimanere per sempre legata alla vecchia Nana, quella ragazza che era disposta a tutto per uscire con qualcuno, anche a costo di frequentarne uno sposato, anche a costo di uscire con più ragazzi contemporaneamente, fingendo di essere un’altra o di avere chissà quali obiettivi nella vita. La realtà era che lei, di obiettivi, ne aveva ben pochi e non riguardavano di certo il futuro...Nemmeno essersi allontanata da Osaka l’aveva aiutata a cambiare, e questo era un pensiero che le si era presentato di continuo nell’ultimo mese. Da sola in quella grande casa, senza la presenza ormai per lei fondamentale della sua coinquilina e amica Nana, si era presa del tempo per riflettere su ogni cosa. Ogni avvenimento dell’ultimo periodo ora non le sembrava più casuale; anzi, ripensandoci bene, ogni cosa combaciava: non aveva conosciuto Takumi per caso, non aveva avuto una specie di relazione con lui per caso e non era stato un caso nemmeno avere davanti a sé una persona dolce e gentile come Nobu. Takumi l’attirava per il suo essere dannatamente bello e immaturo, come tutti gli uomini che aveva frequentato in passato. Nobu, forse per quel suo essere diverso dagli altri, il suo saper aspettare, il suo candore, la incuriosiva non poco. Da una parte poteva avere un ragazzo il cui poster sovrasta le pareti della camera di ogni ragazzina (anche la sua, per un lungo periodo), un ragazzo famoso e con troppo poco tempo a disposizione per “sprecarlo” utilizzando maniere gentili e raffinate per conquistarla. Un ragazzo che non perde di certo tempo con preamboli e parole dolci per comunicarle le sue necessità, le sue richieste e i suoi desideri. Dall’altra poteva avere accanto a sé una persona, \con i difetti tipici di un ragazzo normale, con un comportamento normale eppure diverso da quello delle persone che finora avevano incrociato la sua strada. Un ragazzo che usava per lei una gentilezza, una dolcezza, una delicatezza che finora non le era mai stata riservata. E tutto questo non poteva che lusingarla. Se in quel momento avesse entrambi di fronte a lei, ed entrambi le chiedessero di stare con lei, chi mai avrebbe scelto? Takumi, il Personaggio, il divo ribelle, rude ma sensuale e attraente? Oppure Nobuo, la Persona, il classico ragazzo che le porterebbe mazzi di fiori ad ogni appuntamento, che si toglierebbe la sua giacca e l’appoggerebbe sulle sue spalle se ci fosse freddo. Takumi o Nobu? Ma che importava adesso? Non poteva avere nessuno dei due. E se l’era meritata. Ora era ad Osaka, e per come si stavano mettendo le cose ci sarebbe stata ancora per un bel pezzo. Non era affatto pronta a tornare a Tokyo, sapendo di dover abitare da sola in una casa così grande, di non poter partecipare alle prove dei Blast perché ormai tutti i componenti della band (o quasi) la detestavano; non poteva nemmeno seguire i Trapnest, impegnati com’erano nella preparazione dell’imminente tour nazionale. Avrebbe ancora avuto un lavoro, ma non poteva basare tutta la sua vita sul suo impiego, la tristezza e la solitudine, la notte, nella sua stanza buia e vuota, l’avrebbe sorpresa come nell’ultimo periodo. E questa volta non poteva contare su molte persone. “Bene, tutta colpa della mia immaturità! D’altra parte lo sapevo che prima o poi avrei dovuto fare i conti con la mia sconsideratezza...”si disse, stringendo il cuscino tra le braccia, singhiozzando. Non poteva fare a meno di guardarsi intorno e di vedere la sua vecchia stanza, colma di fotografie, di poster dei Trapnest, di peluche, di ricordi...”chissà perché mia sorella non ha cambiato questa stanza... non c’è nulla di suo, qui. Sembra proprio come l’ho lasciata il giorno della mia partenza...”. Nel momento stesso in cui penso queste cose, sentì scricchiolare la porta della camera, e vide Nami entrare, richiudere la porta lentamente e con la stella lentezza avvicinarsi al letto in cui sua sorella era seduta. -Come stai, Nana?- -Bè, in realtà sto bene, non c’è nulla di cui preoccuparsi, io...- -Non mi pare che tu stia tanto bene- la interruppe Nami, sedendosi accanto alla sorella e cingendole le spalle con il braccio sinistro. -Stai piangendo, e non ti ho vista piangere spesso. O almeno non così a lungo! Piangi da quando sei arrivata...- -Si, ecco...n-non è che ci sia qualcosa in particolare...Sono solo venuta a casa per restare un pò con voi...- -Ah si? E’ per questo che sei venuta fin qui? Per stare con noi? Ma se stai in camera tua da quando sei arrivata!-Le disse Nami, guardandola negli occhi.-Nana, io e te ci siamo sempre dette tutto; ci siamo sempre confidate e anche se in quest’ultimo periodo non ci siamo sentite, ciò non significa che il nostro legame si sia rovinato. Non pensi? O almeno, per me è così...- -Ma certo, è c-così anche per me, Nami. Non sai quante volte avrei voluto chiamarti per parlare con te...- -E perché non l’hai fatto?- Nami ora aveva un’espressione diversa in volto. Dopo quella frase pareva sentirsi triste; solo ora veniva a conoscenza del fatto che la sorella stava attraversando un periodo difficile e sapere di non aver potuto fare nulla per aiutarla la faceva sentire quasi inutile.-Perché, Nana? D’altra parte però anche io avrei potuto chiamarti...Potevo pensarci...da sola, in una grande città come Tokyo, ti sarai sicuramente sentita un pò sola...Io mi sarei sentita persa....- con l’aria smarrita al solo pensiero di trovarsi nella capitale senza nessuno su cui poter contare, Nami guardò sua sorella, stringendola forte a sé. -Ora dimmi, cosa ti è successo? Perché sei così triste? Si tratta della tua coinquilina? O si tratta del lavoro?- -Sono triste per una serie di cose che sono accadute in questo ultimo periodo, Nami...-Dopo un lungo respiro e una piccola pausa, Nana cominciò a raccontare la sua esperienza lontano da Osaka, lontana dalla sua famiglia, da tutto il mondo che fino a poco prima della partenza l’aveva circondata e che, anche se era stata felice di lasciare, le mancava. Le raccontò tutto, dalla sua avventura in treno, durata tre ore per via di una bufera di neve, della fortuna di aver conosciuto proprio su quel treno una ragazza simpatica, che portava il suo stesso nome. Le raccontò del suo stupore nel ritrovarla proprio all’interno della casa che entrambe avrebbero voluto affittare e dell’inaspettata idea di dividere le spese e la vita con quella ragazza. Di quanto si fosse rivelato provvidenziale il fatto di averla conosciuta, di quanta riconoscenza dovesse a Nana e di quanto si fossero affezionate una all’altra. Le parlò dei suoi tanti lavori, delle serate passare a cucinare per lei e i suoi nuovi amici, i componenti della band della Osaki. Le parlò dei Trapnest, di Takumi, di Ren e di Nobu...Le raccontò dell’ultimo periodo e di come le cose si fossero complicate, a causa della sua stupida storia con Takumi, una storia inutile che aveva generato caos e tristezza ad un ragazzo così dolce e gentile come Nobuo. Senza quasi rendersene conto, Nana confessava ciò che la rattristava e la faceva soffrire come se in realtà parlasse con se stessa. Fissando la parete alla sua destra sul quale era appeso un grande poster dei Trapnest, rimase infine in silenzio. Solo allora Nami le rivolse una domanda-Perché con Takumi è finita?- -In realtà non è nemmeno cominciata, il punto è questo. Era una storia inutile, basata sul sesso e sui capricci di due ragazzi che giocano a fare ancora i liceali. Ho fatto di tutto per maturare e per un pò ho visto i frutti: un lavoro stabile, una casa in cui tornare e di cui mi prendevo cura personalmente, degli amici su cui poter contare, una vita piena e felice come sognavo. Poi ho rovinato tutto...Io e la mia mania nei confronti di un personaggio della scena musicale che ha un solo pensiero fisso nella mente: se stesso... Ce l’avevo quasi fatta a diventare matura, Nami, ce l’avevo quasi fatta!-Tra i singulti Nana continuò, rivolgendo lo sguardo sulla sorella, che nel frattempo aveva anch’essa gli occhi colmi di lacrime-Mi sono impegnata così tanto per abbandonare quella parte di me così stupida ed immatura, ed invece alla prima prova ho fallito. Bum, ho perso tutto, Nami. Tutto ciò che più significava per me, tutti i punti fermi della mia nuova vita a Tokyo. Ora capisci perché sono così triste, sorellina?- -Nana, non devi dire così1 avrai fatto un errore, ma ciò non significa aver fallito. Se tutti quelli che commettono errori si dichiarano falliti, il mondo a quest’ora sarebbe colmo di perdenti. E credimi, non è i tuo caso. Si vede che sei cambiata, e anche molto!- -Dici, eh? E allora perché sono caduta sempre nella stessa trappola? Un ragazzo bello piuttosto che uno carino, un ragazzo famoso piuttosto che un ragazzo normale, un ragazzo rude piuttosto che uno dolcissimo; un ragazzo piuttosto che un amico...A me queste sembrano le scelte della Nana di sempre, la Nana sciocca e superficiale che credevo di aver lasciato qui ad Osaka e che invece non mi ha abbandonato e che aspettava il momento adatto per saltar fuori...- -Nana, ti stai accusando per un errore per il quale ormai dici di aver rimediato. Poi perché dici di aver scelto una relazione con un ragazzo piuttosto che un’amicizia? Non capisco...- -Bè, v-vedi-proseguì Nana-Anche se doveva essere una piccola storia senza alcun significato e senza alcun seguito, tutti quanti ne sono venuti al corrente. Tutto il gruppo dei Trapnest e dei Blast. E quando questa storia saltata fuori, chi se ne è dispiaciuto di più e stato Nobu, il ragazzo dolce di cui ti parlavo prima. Ecco, il suo stato d’animo ha influito su tutta la band. Tutti sapevano che era stata colpa mia, così mi sono detta che sarebbe stato meglio non andare in sala prove per un pò, almeno finché la mia storia con Takumi fosse stata dimenticata. In quel periodo i Trapnest avevano qualche settimana libera prima della registrazione di alcune canzoni per il loro prossimo tour, e così la Osaki ha approfittato di questa pausa del gruppo per stare con Ren. Si è trasferita per qualche settimana da lui; andando a stare da lui non ci vedevamo spesso, anche perché non passavo a trovarli come al solito in sala prove, ma questa situazione non mi pesava più di tanto, anche perché pensavo che entro breve le cose sarebbero tornate a posto con tutti i miei amici. Purtroppo però le “due settimane” di Nana si sono lentamente trasformate in un mese, un mese passato a casa di Ren. Da sola, perché lui e il gruppo erano in giro per il Paese a promuovere i nuovi singoli. Da questo ho dedotto che non volesse più dividere la casa con una perona meschina come me. Allora ho preso tutto ciò che stava nel borsone blu con il quale sono partita da Osaka e sono tornata qui. Semplice.- -Semplice?! SEMPLICE?! Fammi capire, Nana: tu hai combinato una specie di casino con i tuoi amici e capisco che tu abbia voluto prendere le distanze da loro per lasciar loro il tempo di perdonarti. Ma prendere le distanze non significa ignorarli del tutto!!!!- -Ma io non li ho ignorati!- -Ah no? E disertare le prove del gruppo tu come lo definiresti?- -Bè...ecco, io non pensavo che...-Nami non le fece nemmeno terminare la frase; iniziò a dirle tutto ciò che pensava, esponendo i suoi pensieri con impeto, tanto da sembrare quasi un fiume in piena.-Ecco dove sta il problema! Non devi pensare, supporre o credere. Devi accertarti, capito?! A-C-C-E-R-T-A-R-T-I!!!devi sapere per certo se è per il tuo comportamento che la Osaki non è ancora tornata nell’appartamento che dividete. Pensi davvero che lei ti consideri meschina? Non ne sono così sicura.- -Perché non dovrebbe pensare questo di me? Guarda cosa ho fatto al suo amico...- -Bene, questo è un altro punto su cui dovresti soffermarti. Hai parlato con lui di ciò che prova per te? Intendo dopo tutto il caos della tua storia con Takumi.- -Si. Quando stavo aspettando il treno per tornare qui lui mi è corso incontro e mi ha chiesto di rimanere.- -E tu?- -E io gli ho detto che non potevo, che dovevo riflettere sulla mia scelta di rimanere ancora a Tokyo. La cosa più triste è stata guardarlo da sopra il vagone. L’ho visto mentre guardava il treno e piangeva. Mi si è spezzato il cuore.- -E tu ti preoccupi di Nana? Se Nogu...- -Nobu, Nami. Si chiama Nobu- -Si, scusa. Se ti ha perdonato Nobu, perché non ti avrebbe dovuto perdonare Nana, no?- -Non so...- -Fammi indovinare, non lo sai perché non le hai nemmeno parlato , vero?- Nana fissò per un momento la sorella. Era la più piccola di casa, andava ancora al liceo e sembrava una delle tante ragazze che pensano solo al trucco e a vestirsi con abiti alla moda per essere ammirati dagli altri. In realtà Nami aveva una maturità nettamente superiore a quella delle sue compagne di liceo; molte volte aveva dimostrato più maturità delle sue sorelle maggiori. E in questa situazione lo stava chiaramente dimostrando. -Non è che non ci abbia provato; l’ho chiamata molte volte con la scusa di sapere come stava, ma quando cercavo di introdurre l’argomento c’era sempre qualcosa che mi bloccava. Mi sentivo così sciocca...- -avresti dovuto affrontare le tue assurde paranoie e parlarle. Almeno adesso avresti avuto la certezza che le tue sono solo sciocche supposizioni!- -Ah, grazie, Nami! Nel giro di cinque secondi mi hai dato non so quante volte della sciocca!!!- -Bè, sono o non sono la tua cara, dolce e magnifica sorellina?! Dai, vedrai che si sistemerà tutto!-le disse infine Nami, guardando Nana che, nel frattempo aveva assunto un’aria molto più serena. Dopo la lunga chiacchierata con la sorella, si sentiva alleggerita come non le capitava da molto tempo; pensò di aver fatto la cosa giusta: raggiungere Osaka e la sua famiglia finora le aveva permesso di mettere a fuoco i problemi che non aveva avuto il coraggio di affrontare, e questo era un enorme passo in avanti per lei. Solo in quel momento si rese conto di quanto Nami fosse cresciuta, non solo fisicamente. Indossava sempre quei suoi abiti stravaganti e alla moda, aveva ancora quello sguardo furbo e acuto che la caratterizzava da bambina, ma ora si era trasformata in una donna. Parlare con lei senza mai fermarsi, esprimere tutti i sentimenti che si era tenuta dentro per tutto quel tempo, venire ascoltata senza mai essere interrotta le era stato di grande aiuto, così come l’avevano aiutata le parole di conforto che la sua sorellina le aveva riservato. -Grazie, Nami. Veramente...Senza le tue parole e la tua pazienza non so se mi sarei tranquillizzata. Ti devo tanto. Dimmi cosa vuoi e lo avrai- -Davvero mi compri qualcosa?!- -Si, basta che non cominci a fare la lista come quando eri bambina!!!Ero quasi sempre al verde per colpa tua!!!!- -Allora...-lo sguardo furbo di Nami emerse in quel momento ai massimi livelli. Sembrava una bambina di fronte a Babbo Natale, intenta a chiedere i più bei regali che qualcuno potesse ricevere-Sai, in realtà l’altro giorno ho visto una bellissima gonna firmata, e un paio di stivali neri fantastici. Poi ci sono quegli orecchini che desidero da tanto e...Ah, ti ho parlato della borsa all’ultima moda che hanno tutte ?- -Ehm...Na-nami, i-io...Non ho molti soldi a disposizione...- -Dai, Nana, stai tranquilla! Stavo solo scherzando!!!-in quel momento si guardarono entrambe e cominciarono a ridere come quando erano piccole. -Vedo che non sei cambiata per niente, sorellina!!!- -E tu nemmeno! Sei sbiancata nel momento in qui ti ho elencato le cose che desidero!!!-Continuarono a ridere per molto ancora, ricordando vecchi episodi e divertenti aneddoti del passato. Nel momento in cui entrambe sentirono la voce della madre chiamarle per avvisarle che la cena era pronta in tavola, Nami si voltò verso la sorella, che nel frattempo aveva aperto la porta della loro camera. -Nana, faresti davvero ciò che desidero di più?- -Si, certo. Te l’ho promesso- -Bè, se vuoi realmente farmi felice-Ora il volto di Nami assunse un’aria seria- chiama la Osaki. Non lasciare che la situazione si comprometta solo per la paura di affrontare la cosa.-Dopo una pausa in cui Nana guardò la sorella negli occhi, le rispose con voce sicura e decisa a mantenere la promessa che le stava facendo -Va bene. Domani ti prometto che lo farò.-

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