Rinascita - Il Rovescio

di BlackKay97
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo: Correre verso l'infinito ***
Capitolo 2: *** Un armadio mi cambia la vita! ***
Capitolo 3: *** Mio zio è 007, mio fratello un matto ***
Capitolo 4: *** Inspiegabilmente, sopravvivo al primo giorno ***
Capitolo 5: *** Non correre per sognare, ma per vivere ***
Capitolo 6: *** Gioco a nascondino con mio fratello ***
Capitolo 7: *** Fantasmi dal passato ***
Capitolo 8: *** Incontro una ragazza da perdere la testa! ***
Capitolo 9: *** Sfido lo strangolatore pazzo! ***
Capitolo 10: *** Primo giorno: cominciamo bene! ***
Capitolo 11: *** Quando piagnucolo pensando a mammina ***
Capitolo 12: *** Scambio due parole con il depresso ***
Capitolo 13: *** Faccio la fine della frittella! Ahi ahi! ***
Capitolo 14: *** Compaio con la frequenza dei cavoli a merenda... ***
Capitolo 15: *** Semidio che abbaia non morde ***
Capitolo 16: *** Giusto perché il rapimento di Shilla non bastava! ***
Capitolo 17: *** La creatura dagli occhi d'oro è...!!! ***
Capitolo 18: *** Quando frego un cheeseburger e dei pantaloni sotto gli occhi di tutti ***
Capitolo 19: *** Di alleanze sconsigliabili, detronizzazioni improbabili e Tartaro ***



Capitolo 1
*** Prologo: Correre verso l'infinito ***


Il bambino correva. Correva ovunque e appena poteva. Correva scalzo per i meravigliosi campi erbosi svizzeri.
Adorava le vacanze. Adorava anche la compagnia degli amici. Adorava la cioccolata, le favole lette con la mamma, i giochi fatti all’aria aperta. Adorava molte cose. Adorava casa sua e la sua famiglia, anche se non aveva molte occasioni per stare in loro compagnia. In genere stava dai nonni e stava bene.
“Il nonno è molto simpatico: gioca sempre con me. Lui è un grande bimbo! La nonna cucina benissimo e mi lascia giocare in giardino!” raccontava a sua madre. Non importava il fatto che lo dicesse spesso, importava solo che continuasse a pensarlo.
Adesso correva. Correva con i fili d’erba a solleticargli la pianta del piede. Correva con le gocce di rugiada a bagnarlo fino al ginocchio. Correva e rideva, come può fare un bimbo di quattro anni e due mesi.
Il sole gli inondava la faccia mettendo in risalto la pelle candida e le guance rosa da bimbo.
Era felice.
Mamma e papà avevano deciso di portarlo in Svizzera quell’anno.
Il piccolo si appoggiò alla recinzione del pascolo: dall’altro lato della staccionata le mucche giravano beate facendo dondolare il campanaccio e muggendo di tanto in tanto.
Rimase fermo a guardarle con occhi colmi di meraviglia: in America, dove viveva suo padre, non c’era tutto quel verde e non c’erano quegli animali. Rise contento della nuova scoperta.
Riprese a correre: forse la mamma lo stava cercando, ma non ne aveva motivo. Correva felice e non era certo in pericolo, o così credeva.
Sua mamma si preoccupava troppo alle volte. Lo stava sicuramente cercando, ma lui non aveva voglia di tornare: voleva correre, correre, correre e ancora correre, fino a raggiungere quella linea lontana dove la terra finiva ed il cielo si tuffava.
In America non l’aveva mai vista. Là c’erano i grattacieli, non le linee a coprire la vista.
Si fermò di colpo: accanto c’era un campo di meli.
La pancia gli gorgogliò: aveva corso troppo e adesso aveva fame.
Si guardò intorno e, con la faccia furbetta di chi sa di star per fare un guaio, passò sotto la staccionata.
S’arrampicò su per un melo e si sedette tranquillo sul ramo. Da lassù poteva vedere che non c’era nessuno, così afferrò un frutto per mangiarlo.
Stava per metterlo in bocca quando notò un buchetto. Battè il dito sulla buccia un paio di volte ed uscì un serpentello verde molto piccolo. Il bimbo lo guardò perplesso, poi s’accorse d’aver visto quell’animaletto nei libri: “Bruchetto!” gridò contento e mettendosi a ridere mentre prendeva su un dito la bestiolina per guardarla meglio. Afferrò un’altra mela, assicurandosi non ci fosse un altro “Bruchetto”, e se la mangiò.
Prima di scendere appoggiò il piccolo animale su un ramo, quindi scivolò sulla corteccia e riprese a correre.
Rideva contento: quella vacanza era bellissima e piena di cose nuove.
Correva velocissimo e correva da molto, eppure la strana e bellissima linea era sempre più lontana.
Il bimbo allora decise di inseguirla e raggiungerla con tutto il suo impegno e si mise a correre più veloce... ancora più veloce... velocissimo!
Prima di cadere e sbucciarsi un ginocchio.
Il piccolo si mise a piangere guardandosi il ginocchio sbucciato.
Gli sembrava che il sole si fosse oscurato, che gli animali fossero antipatici e che la linea lo sbeffeggiasse.
Piangeva: si era fatto male.
Un’ombra lo coprì. Il bimbo alzò gli occhi sulla figura in controluce.
Slanciata ed atletica.
Il bimbo riconobbe subito la figura: “Papà!!!” urlò asciugandosi le lacrime.
“Papà, mi sono fatto male, ma non così tanto, solo un pochino.” abbassò lo sguardo mordicchiandosi il labbro inferiore mentre le guance diventavano d’un rosa più intenso.
Il padre si chinò per prenderlo in braccio, gli diede un bacio sulla guancia e, pieno d’orgoglio, sussurrò: “Bravo il mio ometto!”.
Il bimbo ricambiò con un sorriso ed abbracciando a sua volta il padre. Rimase fermo per qualche secondo, poi, la sua iperattività ebbe la meglio: “Papà? Perché La Riga scappa?”
“L - La... Riga?”
Il bimbo indicò la linea che aveva tanto inseguito ed il padre si mise a ridere: “Perché sei ancora piccolo... ma anche perché lei è una fifona!” sorrise carezzando i capelli del figlio.
Il piccolo sorrise pensando a quanto voleva bene al suo papà.
La mamma aveva la pelle ambrata, i capelli neri e gli occhi castani. Lui assomigliava di più al papà. Anzi, erano praticamente uguali!
Spesso il padre giocava dicendo “Me,” ed indicava sé stesso, poi passava l’indice sul figlio: “e mini-me!”.
Al piccolo piaceva tanto quando lo faceva, perché era vero: entrambi alti ed atletici, con i capelli biondi sbarazzini e con gli occhi azzurri.
Sembravano la stessa persona in due periodi diversi della loro vita.
Quando arrivava il papà il piccolo tornava a ridere e quella volta non era diverso.
La giornata del bimbo era tornata colorata.
“Papà? Mi fai vedere i tuoi serpenti?”
“Vuoi salutare George e Martha?”
“Certo! Sono buffi!”
“Se ti sentissero...”. Altre risate da parte del bimbo... poi uno sbadiglio: “Sono stanco. Andiamo a casa papà?”
“Certo piccolo mio. E non preoccuparti: un giorno la raggiungerai “La Riga”, Luke.”

Angolo di Kay97
Ciao a tutti! Ringrazio tutti coloro che leggeranno e/o recensiranno! ^^
Bene, questa one-shot mi è venuta di getto tutta questa sera.
Gloria eterna ad Ermes/Hermes ed ai suoi figli! (pensiero personale)
Se vi piace potrei continuarla facendola diventare una storia... tipo quelle di Percy, si! :)
... Mmmh... che altro dire? Questo capitolo l'avevo pensato. Si, nel senso che ho cercato di vedere il mondo dagli occhi di un bambino che ha passato la sua vita nelle metropoli americane e che si ritrova in un prato svizzero, con animali e... perfino l'orizzonte! (la famosa linea/riga)
Come avrete capito... si! Questo Luke è proprio colui che ha salvato il mondo e che... è rinato dallo stesso padre!
Ora, vi dividete in due parti:
1. Che forte! Ci speravo anch'io!
2. Che stress! Ancora con quell'imbecille!
... Bene... io sono del primo gruppo, solo perchè lo sappiate... ma non critico nessuno per le sue idee.
Le recensioni sono ben accette, anche quelle negative, purchè non siano crudeli.
se volete che faccia diventare questa One-Shot una storia... DITEMELO! ;)
Un bacio,
                       Kay97

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Capitolo 2
*** Un armadio mi cambia la vita! ***


Ciao a tutti. Sono Luke Reasonson. Sono un mezzosangue. Un semidio per capirci, ma non datemi del rincretinito! Lo so che certe notizie non si riescono a prendere subito per vere. Io stesso ci avrò messo un giorno se non più prima di dire: “Ok. Sono sveglio!”.
Poi ovviamente ho dovuto convincermi di non essere impazzito tutto in un colpo, ma di questo parleremo dopo.
Ovviamente, alle spalle di queste esperienze traumatiche, chi volete che ci sia? Il genitore divino!
Però almeno ho scoperto perché quando decidevo di voler spedire le lettere a papà, mia mamma metteva l’indirizzo, poi appoggiava la lettera sul tavolo ed uscivamo. Adesso ho capito perché tutte le volte che tornavamo a casa la lettera era misteriosamente sparita!
Comunque bisogna capire una cosa: di punto in bianco, quattordici anni fa, gli dei hanno cominciato ad andare a trovare i propri figli almeno una volta al mese. Perché?
Sono io! Sono nato io ed è cambiato tutto!
Voi sapete per caso perché? Beh, io quando ho scoperto la coincidenza... non ero molto convinto sulle ragioni di cui terzi mi parlavano...
Ma partiamo da ancora prima: quando ho scoperto di essere un semidio.
Riuscite ad avere un minimo di immaginazione? Si? Bene.
State camminando tranquillamente per le strade di New York. C’è un bel sole, i clacson impazziti... tutto regolare insomma.
All’improvviso vi voltate e c’è un ragazzo-armadio con casacca di pelle, elmo e spada che vi pedina.
Ora, io non so voi, ma quella volta ho pensato d’avere uno psicopatico alle spalle!
Indovinate? Mi fermo, quello brandisce la spada e cerca di trasformarmi in un affettato gigante.
La prima reazione è stata: “urlo! Mi noteranno e daranno la camicia di forza ad un soggetto del genere.”
La seconda è stata: “Mi tappo la bocca perché quello guardato male, inspiegabilmente, sono io.”
Ancora non sapevo esistesse la foschia. Maledetta lei! Ora devo essere il nuovo psicopatico di New York...
Comunque sono riuscito a scappare ed ho deciso di confidarmi con l’unica persona che mi capisse veramente. Come dite? Mia madre? Assolutamente no. Diciamo la verità, a quattordici anni non sempre si va d’accordo con i genitori ed io non ero in buoni rapporti con lei. No. Ho deciso di scrivere a mio papà.
Tempo addietro mi aveva detto di essere il “re dei postini” e che era per quello che non c’era quasi mai. Diceva di essere il postino di certi personaggi importanti di cui non ero tenuto a conoscere il nome. Non sapevo quanto avesse ragione!
Comunque, concludo questa parentesi dicendo che, si, è stata tutta colpa della mia lettera!
Di quella lettera spedita con innocenza e di quel maledetto ragazzo-armadio che aveva tentato di farmi fuori...

Zeus sembrava furibondo, ma Hermes non se ne curava.
Il dio dei ladri era astuto e sapeva giocarsi bene le sue carte.
- Non possiamo andare avanti così! - sbottò il padre degli dei battendo un pugno sul trono durante l’assemblea:- Per secoli e secoli i nostri figli mortali si sono arrangiati, mentre adesso sono viziati e pretendono che continuiamo ad andarli a trovare! -
Non era chiaro perché tutto ciò fosse un problema: i semidei si arrangiavano contro i mostri e non erano affatto viziati, solo desiderosi di un po’ più d’attenzioni rispetto ai più sfortunati predecessori.
La verità è che anche agli dei fa piacere riabbracciare un figlio di tanto in tanto.
Athena prese parola:- Padre, con tutto il rispetto, non credo sia una buona idea lasciarli ora che c’è lui.-
- Figlia mia, lui non sa nulla e comunque è un mortale come un altro mi pare!-
Hermes tossì a richiamare l’attenzione su di sé:-Se posso permettermi, credo Athena abbia ragione.-
- No, tu vuoi solo stare con tuo figlio! - lo rimproverò Zeus. L’altro non si scandalizzò:- Vero, ma non solo. Se lo lasciassi di nuovo potrebbe ricommettere gli stessi errori della precedente vita. -
- Taci! Lui non ricorda nulla della sua precedente vita: l’anima non ha memoria! È una possibilità bassissima quello che riaccada tutto ciò. -
- Hai ragione. - Hermes rispose calmo mentre aveva gli occhi stupiti degli altri puntati contro.
- Certo che ho ragione! - sbuffò Zeus.
- Allora lasciamo di nuovo colui che aveva riportato Crono alla luce con i motivi per rifarlo.-
- Che stai a farneticare?! -
- Dico solo che se tutto ciò si ripetesse, e seguendo le tue decisioni accadrà, io sarò il primo a cambiare fronte. -
- I titani ti faranno a pezzi! -
- Entrambi i miei nonni sono titani, ma forse non rammenti bene padre. E non sono l’unico: anche Apollo ed Artemide potrebbero fare un cambio di fronte. - i due interpellati annuirono.
- Non ne avreste il coraggio! -
- Mettimi alla prova. - la calma con cui parlava era illusoria: Hermes era nervoso, voleva vincere la causa, ma quelle erano parole grosse seppur vere. Zeus rimase sovrappensiero mentre altri dei si aggiungevano a supporto del dio dei viandanti.
- Va bene. - si rassegnò:- Fate come vi pare! Figli screditati. - sbuffò. - L’assemblea è terminata. - concluse e gli dei s’alzarono ed uscirono.

- George, Martha, novità? -
- Hai una lettera dal piccolo Luke... -
- ... oltre ad un tot di lavoro da sbrigare... voglio un ratto! -
Hermes prese il cellulare e controllò i nuovi messaggi fino a giungere a quello di Luke. Lo aprì e lo lesse. - Ragazzi, ho bisogno di mandare una lettera, un messaggio e voglio parlare con Apollo. ORA. -. I due ubbidienti serpentelli si misero all’opera contattando Febo, aprendo la pagina messaggi e quella lettere sul cellulare.

Dioniso sputò la Diet Coke. Quel messaggio sul cellulare era terrificante. Uno di quelli che avrebbe voluto non leggere mai:
“Da: Hermes
Testo: Ti porto il ragazzo.”
Un pronome, un verbo, un articolo ed un sostantivo. Nulla di più. Ma quella frase era lo stesso spaventosa: nessuno voleva avere a che fare con lui.

Ero sdraiato sul mio letto ad ascoltare i Linkin Park sull’mp3 quel giorno.
Probabilmente fu per quello che non sentii la porta di casa aprirsi e chiudersi.
Cinque minuti dopo mio padre entrò in camera mia. Come al solito in tennis e completo da ginnastica bianco e giallo fosforescente.
Doveva aver ricevuto la mia lettera ed era venuto. Ero stra-felice!
Spensi l’mp3 e lui si sedette di fianco a me. Era da qualche settimana che non lo vedevo ed ero felice di continuare a constatare che gli assomigliavo sempre di più.
- Ho ricevuto la tua lettera. - mi confermò:- Che è successo? -
Oh beh! Avessi dovuto dirgli tutto...! Bene o male gli avevo già spiegato che ero stato attaccato da un rievocatore psicopatico e psicolabile di qualche tipo, ma una domanda mi premeva in testa, non che avesse un significato particolare, ma mi tamburellava nel cervello:- Pà? Mi ha chiamato “Servitore di Cromo”. Io manco so come sia fatto il cromo! -
- “Cr” il ventiquattresimo elemento della tavola periodica.- mi rispose lui. Era difficile trovare qualcosa che non sapesse!
- Comunque, - continuò con un sorriso:- non credo abbia detto quello. Sospetto ti abbia chiamato “Servitore di Crono”. -
- E che elemento è? -
- Ehm... non è un elemento. - mi richiamò con la sua solita pazienza:- È un personaggio della mitologia greca. -
- Ah, certo. Non era un titano? O roba simile? -
- Un titano, hai detto bene. -
- E perché mi avrebbe chiamato così? - questa non poteva saperla: chi può leggere nella mente di un matto?
- Perché sei un semidio. -
Rimasi bloccato sul posto pensando: “Cosa?”. Poi mi ripresi:- Bella battuta pà! Non lo sai, vero? - lo stuzzicai. Finalmente qualcosa che non poteva sapere.
- No, Luke. Non sto scherzando. Sei davvero un semidio. -
- Ok, ok... - no, non gli credevo:- ... ma allora dovrei avere degli dei al posto dei genitori mortali. Come la metti? -
-Veramente uno solo deve essere un dio. Altrimenti saresti un dio anche tu. - sorrise. Inutile, io ero caparbio! - Certo. Non sono più un bambino, pà. Non ci casco! O tu o la mamma dovreste essere una divinità. È impossibile! -
- Possibilissimo. - annuì leggermente come se la cosa lo facesse ridere. A me non faceva ridere: mi faceva diventare matto!
- Luke, io sono un dio. -
- È blasfemo... -
- Non se è la verità. -
- Cioè, tu saresti Dio? - non resistetti e mi cacciai a ridere. Era assurdo, ma soprattutto impossibile, quel discorso! Non poteva essere Dio. Dio è unico ed è speciale. Non poteva essere mio padre! Era ovvio!
- No. Io sono un altro dio. Ricordi quando ti dicevo di essere il “re dei postini”? -
- Certo. - risposi asciugandomi le lacrime.
- È perché sono Hermes, il dio messaggero degli dei, oltre alle altre mansioni. -
- Ma il messaggero non era Apollo? -
- No, Apollo è il dio del Sole. Ripassati qualche mito!- e mi fece, non ho idea di come abbia fatto, comparire un libro in mano. Era in greco e, nonostante la dislessia, riuscivo a leggerlo: pazzesco! Ero tipo “superman di greco”! Avrei fatto il liceo classico, poco ma sicuro!
Mio padre si alzò e mi tirò in piedi con lui:- A proposito d’Apollo, credo sia ora che tu conosca tuo zio. Ci porterà dai tuoi cugini e dai tuoi fratelli. -
- Ma non ho fratelli... - tentai di ribattere.
- Fratellastri e sorellastre in verità, ma nel divino ci si chiama fratelli e sorelle e basta. -
- Ma che...?! -
- È tutto nel libro. -
- No! Ma che ti sei fumato?! -. Ero allibito. Comunque m’afferrò per una manica e mi tirò con sé. Uscimmo in strada. - Dove andiamo? - provai a chiedere con un sospiro.
- Te l’ho detto, Luke. Dai tuoi fratelli e dalle tue sorelle: al “Campo Mezzosangue”. -

Angolo di Kay97
Ok, non ce l'ho con nessuna religione e non dimentichiamoci che anche lo stesso Percy l'aveva tirata in ballo!
Ad ogni modo... come vi sembra? Eh, si! Le cose sono abbastanza cambiate ed il Luke che conoscevamo è molto diverso da questo... ma non preoccupatevi... tutti i nodi arrivano al pettine! ;)
Inoltre, se lui non ricorda più chi era stato, perchè sono tutti così preoccupati d'averci a che fare? Eh, eh! fate le vostre ipotesi! ;)

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Capitolo 3
*** Mio zio è 007, mio fratello un matto ***


Bene, mio padre insisteva dicendo che io ero un semidio e che lui era il dio messaggero che, a quanto pare, è Hermes secondo i greci.
Non potevo essere sveglio.
Tutto quello era assurdo e ancora non avevo incontrato il primo di una lunga lista di zii e zie.
Papà me lo indicò: un ragazzo di circa sedici anni, biondo, riccio, occhiali da sole, vestito firmato ed alla guida di una Pontiac rossa fiammante.
Era chiaro: mi prendeva in giro! Non poteva essere vero... o no? Che idiozia, come fanno gli dei greci ad esistere?
Mi portò accanto all’auto ed il ragazzo ci salutò con un cenno della mano.
- Ce ne hai messo di tempo fratellino! - sorrise guardando mio padre. O almeno credevo perché quegli occhiali da Sole erano davvero scuri e non ero sicuro di dove puntasse la pupilla.
Il fatto che quel ragazzo chiamasse “fratellino” mio padre, il quale aveva l’aspetto d’un trentenne, rese il tutto ancora più irreale.
Papà sorrise con lo sguardo elfico che ci contraddistingue tanto:- Grazie della pazienza Fred. -
- Ma non si chiamava Apollo? - cercai di stuzzicare mio padre.
- Taci ragazzino! - mi bisbigliò il riccio:- Mai sentito parlare di copertura? -
Gli scoccai un’occhiata pessima credo perché s’accigliò.
Papà aprì la portiera dietro e mi cacciò in auto, poi mi si sedette di fianco.
“Fred” si mise in strada:- Hermes mi devi un favore! -
- Certo. -
- Ho dovuto togliere la modalità “Spider” a causa tua! -
- Ah! Per quello? -
- Certo, per che altro? -
- Niente, lascia stare. - chiuse il discorso. Si, stavo decisamente sognando perché credevo d’aver di fronte un agente segreto con l’auto intercambiabile.
Dal finestrino potevo vedere New York sfrecciare dietro di noi.
Il motore rombava potente. Era una bella sensazione. Certo, se avessi avuto il volante io sarebbe stato meglio, ma non avevo la patente e neanche la voglia di cambiare quel sogno, volevo vedere come andava a finire.
Papà mi circondò le spalle con un braccio e strinse leggermente in gesto d’affetto.
Si, quel sogno cominciava a piacermi.
- Allora ragazzino, - cominciò mio zio “Fred” con un tono che mi fece pensare si sentisse molto più grande di quello che era:- che mi racconti? -.
Mi dava l’impressione di un tipo saccente che cerca di fare il figo anche quando non lo è.
- Niente di speciale. - liquidai l’argomento, poi notai il magnifico stereo:- Ehi.. ehm.. Fred... che musica hai in auto? - Notai che mio padre si passava una mano sulla faccia.
- Un mucchio di CD! - trillò esaltato il mio, a quanto pare, zio:- Hermes, il ragazzo sa che cosa è importante! Dì un po’ ragazzino, che musica ti piace? -
- Rock! -
- Bene! Facciamo girare i Simple Plan allora! - ed attaccò lo stereo a tutto volume.
Ammetto che lo zio cominciava a starmi simpatico: era fortissimo!
Mio papà era di tutt’altro parere.
- Pà, non ti piace? -
- Certo che il rock mi piace... ma non sparato a questi volumi. Pompa troppo! -
Scossi la testa: era forte anche mio papà. Parlava giovane, era comprensivo e paziente. Alle volte così furbo da mettermi in ridicolo davanti a me stesso. Però lui giocava e lo sapevo bene.
In poco tempo eravamo in campagna. Il sole non riuscivo a vederlo, ma sospettavo non fosse troppo alto vista la tonalità azzurro scuro del cielo.
- Bene! - Zio “Fred” urlò sopra il volume dello stereo:- Adesso voliamo! -
Pensai, logicamente, che si trattasse di una metafora, tipo quelle delle giostre dei Luna Park, per dire che avrebbe spinto sull’aceleratore. Non potevo certo immaginare che, dopo un rombo di motore, la Pontiac si sarebbe alzata in volo come “la macchina del futuro”.
Urlai. Non di gioia, ma di terrore. Mio zio aveva frainteso:- Divertente, eh, ragazzino? - e si cacciò a ridere. Volevo rispondergli con un “NO!”, ma l’aria mi serviva per urlare.
Imbarazzante da raccontare, ma mi attaccai a mio padre stringendomi forte a lui.
Papà mi circondò con un braccio e mi appoggiò l’altra mano sui capelli, poi mi si avvicinò al volto:- Va tutto bene. Non ti accadrà nulla, promesso. -
Ora, ok: io di mio padre mi fido, però non può venirmi a dire che andrà tutto bene mentre faccio i giri della morte su una Pontiac rossa volante! Non sono ancora E.T., cavolo!
Grazie al cielo mio zio, alla guida, doveva aver capito che non me la passavo poi così bene, perché cominciò a guidare normalmente. Per quanto possa essere normale guidare un’auto in cielo. L’idea di non star più piroettando in aria, comunque, mi consolò e mi calmai. Subito papà mi passò il “famoso” libro di miti greci in greco e mi disse:- Dobbiamo volare bassi: lo richiede la fascia oraria. Quindi hai del tempo per studiare: dove stiamo andando ti servirà sapere certe cose. - mi strizzò l’occhio.
Anche nei sogni mi toccava studiare!
Comunque tutte le volte che mi aveva strizzato l’occhio aveva avuto una ragione per farlo, così ubbidii.
Dopo circa due ore di volo parcheggiammo la Pontiac sulla riva dell’oceano.
Mio papà mi invitò a scendere con lui, poi, zio Apollo ci salutò e mi diede un buffetto sulla guancia, giusto prima di ripartire con la Pontiac trasformata in Spider rossa fiammante.
Restai a guardare l’auto volante allontanarsi, poi venni richiamato dalla familiare voce di mio padre:- Hai viaggiato sul carro del Sole. Non è cosa da tutti, sai? -
Avrei potuto rispondere molte cose: in sintesi che non ci credevo davvero e che quello era solo un sogno strampalato. Invece rimasi zitto. Hermes, il mio papà, mi appoggiò una mano sulla spalla e, anche se non lo guardavo, sapevo che stava sorridendo, forse intuendo i miei pensieri. Mi strattonò leggermente:- Vieni Luke, devo presentarti una persona. -
- Un altro zio o questa volta cambi con una zia? - ironizzai, perché quella situazione era davvero troppo assurda. Papà sorrise:- No, mi riferivo ad un tuo fratello. Lui ti conosce già. -
- Come? Battesimo? - in effetti neanche sapevo d’avere dei fratellastri e delle sorellastre fino a qualche ora prima. Papà scosse la testa.
Camminammo per un minuto circa, poi ci venne incontro un ragazzo: era alto e sottile. Dal fianco gli pendeva una spada. I capelli castani e mossi fino alle spalle, gli occhi azzurri come i miei.
Arrivatoci di fronte fece un breve inchino col capo e mio padre gesticolò un “Lascia stare!”. Il ragazzo doveva avere la sua età e quando si voltò a guardarmi i suoi occhi brillarono:- Luke... -. Annuì a disagio: io non lo conoscevo in più quello mi guardava così meravigliato... era imbarazzante. Lui si girò ancora verso papà:- Puoi lasciarlo a me, padre. -
Hermes sorrise:- Grazie mille dell’aiuto, Travis. -
Ok, quel ragazzo si chiamava Travis. Bel nome, mi piaceva.
Papà mi prese per le spalle costringendomi a guardarlo:- Ehi, fai il bravo, Luke. Ti lascio nelle mani di tuo fratello Travis. Se hai problemi o domande chiedi a lui. Restagli sempre vicino e, soprattutto, tratta bene il signor D., chiaro? -
Annuì. Avevo capito, più o meno. Iniziavo anche a sospettare quello non fosse un sogno.
Papà mi abbracciò, poi abbracciò il ragazzo, quindi se ne andò tornando sui nostri passi... e lasciandomi con mio fratello. Certo, sarebbe stato bello aver saputo di averne uno qualche anno fa, magari per farsi spedire il regalo di compleanno, ma in fondo non aveva importanza oramai.
- Forza, andiamo adesso, Luke. - Travis mi guardava con uno sguardo impietosito ed allo stesso tempo dolce... che mi dava sui nervi. Perché uno, a quattordici anni, vuole essere visto come un figo, specie dalle ragazze, e non come un cane bastonato che necessita di pietà!
Lo seguii lungo la sponda di un fiume. Ai lati potevo vedere un muro da arrampicata. un anfiteatro e quella che mi indicò come la mensa. La verità era che mi annoiavo, così decisi d’attaccare io conversazione:- Quanti anni hai Travis? -
- Ventinove. -
- Io quattordici. -
- Lo so. -. Ci rimasi male, ma soprattutto infastidito. Sbuffai pensando a qualcos’altro e mi stupii di non averglielo chiesto prima:- Mio padre... -
- Nostro padre. - mi corresse lui fastidiosamente. Non stetti lì a discutere sull’irrazionale vicinanza delle età:- Nostro padre ha detto che questo è il campo Mezzosangue. Che cos’è esattamente? -
- È il luogo dove i semidei imparano a combattere i mostri. -. Fantastico! Anche mio fratello era uno squinternato! E pure forte! Infatti era molto strano il fatto che la sua voce fosse così priva d’emozioni.
- Travis, ma ci siamo solo noi due al campo? -
- Certo che no. -
- E dove sono tutti? - dovevo tirargli le parole fuori di bocca, il che era irritante. Fece spallucce:- Ad una partita di caccia alla bandiera. -
- A cosa? -
- Lo vedrai. - rispose semplicemente.
Mi portò a vedere la nostra Casa, la numero undici. Mi disse che un tempo era messa peggio e non era troppo difficile da credere: era dipinta d’azzurro con il graffito d’un paio d’ali bianche sulle pareti. Classica ma accogliente. Mi indicò un sacco a pelo a terra e mi disse che era il mio. Fantastico, mi mancava già il mio letto, inoltre non avevo salutato mia madre e mi dispiaceva un po’, anche se non l’avrei mai ammesso.
- Fino a quanto resterò qui? -
- Fino a che non sarai in grado di difenderti dai mostri. -. Rimasi a bocca aperta per qualche secondo, ma lui non mi disse nulla. Ovviamente.
- Quindi tu sei ancora qua perché... - azzardai, ma lui mi precedette:- Perché ho voluto tornare indietro. -
- Come mai? - ero curioso: avevo voglia di saperne di più su mio fratello. Lui sorrise amaramente:- Un anno fa ho deciso che sarei stato più utile qua e non mi pento della mia scelta. - uscì fuori:- Forza Luke, ti faccio fare il giro del campo. -. Lo segui senza fare altre domande, tuttavia sarei tornato in seguito sull’argomento, poco ma sicuro!

Un’ora dopo avevo capito che c’erano le Case dei principali dei più quella debita ai figli degli dei minori. A nord-ovest la foresta, al centro l’arena, a sud-est l’albero di Thalia con i campi da volley e la Grande Casa. Per arrivare avevo seguito il fiume che porta al lago da nord verso sud. Ad ovest le stalle con l’armeria ed a sud-ovest i campi di fragole.
Travis mi chiese se ero stanco dopo il giro, ma io amavo correre, motivo per cui ero allenato e non risentivo del minimo sforzo. Lui annuì come se la cosa gli facesse piacere, lo sguardo sempre assente.
- Allora? Perché sei tornato indietro un anno fa? -
- Ti ho già detto che avevo capito che questo era il mio posto. -
- E privarsi dell’avere una fidanzata, amico? Che è successo? - lo guardai con insistenza e lui, dopo un po’, parve rassegnarsi, come se qualcosa in me avesse avuto un potere su di lui. Assurdo, ma in fondo ero un figo, poteva anche essere. No, la verità è che me la raccontavo, ero spaventato e volevo illudermi di incutere rispetto. Inutile dire che ero solo un illuso. Travis abbassò lo sguardo:- Ho perso il mio motivo per combattere ed ho deciso di insegnare agli altri perché un giorno possano sostituirci. -
Aveva detto... “sostituirci”? Lui e... chi?! Fantastico, sempre meglio! Adesso non solo ero in compagnia di un fratello depresso e visionario, ma questo mio fratellastro era pure affetto da sindrome di sdoppiamento della personalità! Papà me l’avrebbe pagata per tutto questo.
Delle urla giunsero alle nostre orecchie: urla selvagge ed urla entusiaste unite a lamenti fatti a gran voce. Scoccai un’occhiata interrogativa verso Travis, ma lui non stava pensando a me. Allora abbassai lo sguardo e lui intuì la mia muta domanda:- È finita la caccia alla bandiera. Sono gli altri ragazzi del Campo. -. Altri squinternati! Che bello! Ormai ero sicuro: ero squinternato anch’io! Travis fermò il filo dei miei pensieri che cominciava a srotolarsi:- Stanno venendo in qua. È ora che tu li conosca, temo. -. “Temo”? Perché “Temo”?! Cosa poteva andare peggio?! Erano forse violenti? Non glielo chiesi, lo guardai semplicemente, ma lui non si mosse. Le voci erano sempre più vicine e Travis non reagiva, così tesi i muscoli pronto a combattere in caso di bisogno.
Mentre venivano verso di noi, vari membri del gruppo dovevano essersi allontanati, perché giunsero solo in una decina e quello che fecero quando mi videro non potrò mai dimenticarlo.

Angolo di Kay97:
Finalmente Luke è giunto al campo, e COME c'è giunto! XD
Poverino, comunque sono comparsi nuovi personaggi per il nostro Luke, vecchi per noi!
Cosa sarà successo tra Luke ed i ragazzi del Campo?
La storia va avanti... ma non siamo ancora arrivati a capire COSA sia Luke. Un dio? Un titano? Temo sia ancora troppo presto per fare ipotesi.
Allora? Cosa ne pensate di questo racconto? ;)

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Capitolo 4
*** Inspiegabilmente, sopravvivo al primo giorno ***


Non dovevo star loro molto simpatico. Lo capii dalle facce.
Sorrisi a disagio ed un trentenne dai capelli castani mi venne incontro.
Ora, voi cosa pensereste se un tipo che non avete mai visto prima in vita vostra, vestito da gladiatore o qualcosa del genere, cercasse di strangolarvi?
Io non capii immediatamente, mi ritrovai semplicemente a perdere i sensi mentre quello mi ricopriva d’insulti, tra i quali, non so come, riuscii a distinguere, ancora una volta, “Servitore di Crono”.

Mi ripresi sdraiato su una branda. Lo capii subito.
China su di me stava una ragazza, anche lei sui trent’anni, bionda.
Aveva un’aria tesa ed assente.
Dopo quello che avevo passato decisi che era meglio fingere di essere ancora privo di sensi.
- Non si è ancora ripreso? - domandò quello che, dalla voce, doveva essere un ragazzino della mia età. Ci fu una pausa di silenzio, poi riprese:- Dagli altra ambrosia, allora. -
Una mano mi prese per la nuca alzandomi la testa, poi qualcosa mi toccò le labbra e nella bocca mi fluì, inaspettatamente, del miele.
Tossicchiai: mi era andato di traverso.
La mano ed il bicchiere si spostarono rapidi lasciandomi ricadere in malo modo sulla branda.
Mi portai una mano alla testa e mi decisi ad aprire gli occhi, ma li richiusi subito perché la luce puntata contro mi dava il mal di testa.
Rimasi fermo. Quella gente mi spaventava: da quando ero arrivato non avevano fatto altro se non causarmi problemi e danni.
- Si è ripreso, chiama Chirone! - ordinò probabilmente la ragazza bionda.
Mi piaceva come suonava la sua voce perché era calda ed inspiegabilmente familiare, anche se mi martellò nelle tempie.
Sempre con gli occhi chiusi mi sentì afferrare  e mettere seduto. Mi passarono una mano sulla fronte:- Come stai? -
- Bene, bene credo... - mugugnai un attimo prima di riconoscere nella domanda la voce di Travis. La ragazza prese le redini della conversazione:- Apri gli occhi. -
- Non riesco. Mi fanno male. -
- Dev’essere l’ambrosia... - riflettè ad alta voce:- Travis, vai a prendere dell’acqua per favore. -
Non lo udii allontanarsi, né avvicinarsi, so solo che mi portò un bicchiere alla bocca e mi esortò a bere. Ubbidii: era acqua.
In seguito mi aprì gli occhi a forza:- Meglio? -
Annuì: adesso non mi dava più fastidio la luce. Capii da solo che dovevano aver diluito l’ambrosia facendomi bere della comune acqua.
Poi... un centauro entrò nella stanza accompagnato da un tipo grassoccio vestito stile hawaiano e da... colui che m’aveva strangolato.
Bene: l’avevo etichettato come “Antipatico” del gruppo.
Il tipo grassoccio mi guardò e sbuffò con noncuranza prima di andarsene per i fatti suoi. Nella mia testa gli risposi con un “Grazie tante!”.
Il centauro aveva un’aria altera che mi piaceva, trasmetteva sicurezza.
- Bene, vedo che hai già incontrato Annabeth! - fece indicando la bionda al mio fianco:- Ragazzo, - continuò:- io sono Chirone, capo delle attività del Campo Mezzosangue. -
- Tipo... il capo animatore? -
- Tipo, ma non proprio. - si mise a ridere. Che avevo detto di così strano?!
- Come ti senti, Luke? - non mi stupì il fatto che sapesse il mio nome: pareva mi conoscessero tutti!
Scoccai un sorriso irritante ad “Antipatico”:- Respiro, pure senza problemi. -
Lui buttò gli occhi al cielo infastidito: avevo ottenuto il mio scopo.
-Scusi, - chiesi a Chirone:- So che può suonare strano, ma... lei è un centauro? -
- Si, ragazzo. Sono un centauro, il famoso centauro che allenò famosi eroi greci di cui ancora oggi si narra. -
- Non mi pare gentile dare corda ai matti... -. Lui mi squadrò senza capire la mia contestazione, invece Percy, detto “Antipatico”, trovò subito la risposta:- Ehi! Questo non è un manicomio, anche se la tua presenza inizia a farmi pensare ad un carcere... -
- Ehi, non sono io quello che salta al collo degli altri! Prima di parlare è meglio che cominci a pensare! - Un punto per me! Si!
Chirone si mise a ridere:- Coraggio! Percy è qua per chiederti scusa, non litigate! -
- Chirone, - cominciò “Antipatico” scocciato:- non ho intenzione di chiedere scusa a... -
- Percy! - lo richiamò il centauro, ed io ci godetti:- Piantala, non fare l’infantile. Hai trent’anni maledizione. Chiedi scusa! -.
Quella scena mi divertiva, ma ora che sapevo di essere matto avevo bisogno di pensare un po’ alla mia pazzia. Mi alzai dalla branda e la bionda cercò di fermarmi, ma io la scostai gentilmente. Scossi la testa verso Chirone:- Non ho bisogno delle false scuse di uno psicolabile. Grazie. - ed uscii in tutta fretta. Travis mi venne dietro, silenzioso ed impercettibile come al solito.
Mi lasciai accompagnare fino alla costa: i ragazzi mi guardavano male, io tenevo il passo serrato, ma quelli sparlavano alle mie spalle. Non ci voleva un genio per capirlo, motivo per cui lasciai che Travis mi seguisse come una guardia del corpo. Tuttavia, arrivato sulla costa, mi voltai e gli chiesi il favore di lasciarmi solo.
- Nostro padre mi ha chiesto di tenerti d’occhio, di essere la tua guida e la tua guardia del corpo. -. Solo in quel momento mi venne il dubbio che, se ero ancora vivo, era solo per  merito suo: probabilmente aveva bloccato Percy l’ “Antipatico” dal soffocarmi del tutto. L’idea di essere in debito me lo rese seccante, ma odiavo non ricambiare i favori, così mi calmai e risposi garbatamente:- Senti Travis, io ti ringrazio per tutto, però adesso vorrei stare un po’ da solo, ok? - lui rimase fermo per un po’, tanto che pensai non avesse capito, poi annuì:- Non oltrepassare i confini del campo. -. Mentalmente, lo ringraziai della comprensione.
- Come vuoi, fratello. - lo salutai. Notai che veniva percosso da un brivido a quelle parole e me ne stupii, poi però si allontanò tranquillamente, così ignorai la cosa.
Presi a correre lungo il confine, perché correre era la cosa che adoravo di più al mondo, fin da quando ero piccolo.

Dopo alcuni giri, più o meno un’oretta dopo, mi fermai sulla riva di Long Island a prendere fiato. Stavo guardando l’orizzonte, quella linea che da sempre mi affascinava, quando una voce femminile giunse dietro di me:- Acqua? - mi voltai per vedere una ragazza che mi porgeva una bottiglietta.
- Se non è avvelenata... - lo so che è una cosa strana da dire, ma con tutto quello che mi era capitato... tutti mi conoscevano ed io non conoscevo nessuno, in più spesso cercavano di farmi fuori o per lo meno ci pensavano!
- No, no! È solo acqua. - mi assicurò lei facendo due passi avanti. Presi la bottiglietta, ringraziai e bevvi. Lei doveva avere la mia età: i capelli, bianchissimi ed un po’ mossi, le arrivavano al seno, aveva la pelle diafana e gli occhi blu cielo come i miei, quelli di mio papà e quelli di Travis. Era magra e doveva essere un centimetro più bassa di me. Poco male: io ero sempre stato più alto rispetto ai miei coetanei.
Si presentò sorridendo:- Piacere! Io sono Shilla! - mi allungò una mano.
- Luke! - feci stringendogliela.
- Quindi sei tu il famoso Luke Castellan? -
- Veramente sono Luke Reasonson, perché? Conosci un Luke Castellan che mi assomiglia? -
- Io no, - si rigirò una ciocca di capelli tra le dita:- ma non si fa che parlare del suo ritorno al Campo da quando ci sei tu. Evidentemente c’è un Luke Castellan che ti somiglia molto. -
Decisi di buttarla sul ridere:- Non credo possa essere figo quanto me. - sorrisi e lei rispose al mio sorriso. Decisi di continuare:- Cosa sai su quest’altro Luke? Insomma, non credo stia molto simpatico agli altri. -
- No, ch’io sappia per nulla. Parliamo di te: che stavi guardando? -
- Cosa? - non me lo ricordavo. Poi mi tornò in mente in un lampo:- Ah, già! L’orizzonte. - lo indicai con l’indice.
- Poetico. - commentò sarcastica lei.
- Non mi prendere in giro! Papà diceva che un giorno lo avrei raggiunto. Sto attendendo quel giorno. - sospirai e lei si mise a ridere. La guardai perplesso e Shilla lo notò:- La terra è rotonda! Scoperta fatta da... qualche anno! - mi fece l’occhiolino:- Ma credo sia comunque bellissimo immaginare. - sospirò a sua volta.
- Chi è ora la poetessa? - frecciatina! Giusto per scherzare. Lei si mise a ridere e mi propose di fare un giro del campo insieme. Accettai. Non che ci fosse qualcosa tra noi, sia chiaro, ma era bello ogni tanto stare con qualcuno che non cercava di uccidermi e che sapeva ridere (a differenza di Travis)!

Non parlammo molto. Corremmo e basta. Lei mi disse di essere a sua volta figlia di Hermes e di non preoccuparmi: presto avrei imparato a convivere con l’idea di essere un semidio. La cosa mi sollevò.
Ci fermammo dove eravamo partiti:- Tra un’oretta si va a cena. Suoneranno un corno per avvisarci. Quindi... - mi sorrise:- adesso ti consiglio di fare una doccia. -. Ok, non me l’aspettavo. Annuii pensando “Ma tra le mille cose che poteva dire... perché quella?”
Non stetti a pensarci troppo e seguii il suo consiglio.

Il resto della giornata non fu troppo emozionante:
a cena Travis mi spiegò le regole, tra le quali le più importanti erano offrire un tributo al genitore divino e non sedersi mai al tavolo degli altri. Poi mi indicò il tipo grassoccio dell’infermeria e mi spiegò che quello era il signor D. capo del Campo e che era il dio Dioniso.
Prima di fare ritorno nei dormitori, quelli che loro chiamavano “Case”,  andai in riva al lago con Shilla e Travis. Lei con me parlava tranquillamente: conversammo su papà e mi stupì quanto l’atteggiamento che aveva nei miei riguardi lo tenesse anche con gli altri. La cosa avrebbe dovuto dispiacermi, invece gli ero grato: per prima cosa non avevo bisogno di invidia nei miei confronti da parte dei miei fratellastri, secondo avevo avuto la conferma che quello era veramente il suo carattere.
Travis si tenne a distanza, circa tre metri, ed in silenzio. Non aprì mai bocca, neanche quando lo interpellammo, restava semplicemente a fissarmi. Mi venne il dubbio fosse pedofilo così lo chiesi sottovoce a Shilla, ma lei si mise a ridere scuotendo la testa. Meglio così. Per ora mi bastava.
Ovviamente, tutti i miei compagni di stanza, alcuni fratellastri altri no, mi guardarono in cagnesco. Ero pronto ad urlare loro in faccia che si stavano sbagliando e che io non ero il Luke che credevano, ma Travis m’appoggiò una mano sulla spalla e, non so come, capii che mi stava consigliando di lasciar perdere.
Lui era più grande, così non obbiettai e mi infilai nel sacco a pelo.


Angolo di Kay
Eheheh! Chi è spuntato! Vecchi personaggi tornano all'attacco! ;D
Abbiamo anche conosciuto una nuova personalità: Shilla.
Cosa ne pensate di lei? Amica o... fidanzata? Cosa dovrebbe essere?
Alcuni recensori mi hanno "sgridato" perchè Travis è troppo serio, dunque io rispondo a tutti coloro che condividono il pensiero, fatevi delle domande. *Aria cospiratrice*
Aggiungo che... modificherò il titolo della storia in "Rinascita - il rovescio".
Scherzi a parte, le recensioni sono sempre le benvenute, per cui ringrazio:
Dafne Rheb Ariadne
American_Idiot
Prescelta di Poseidone
GoldGirl
Per aver recensito.
Ringrazio inoltre:
Dafne Rheb Ariadne
dorea_black_potter
Prescelta di Poseidone
St_rebel

Per aver aggiunto la storia alle seguite.
Ma uno speciale ringraziamento va anche a:
giulietta10
LenieRR
Stelplena_Cielo
Per aver messo la storia tra le preferite.
Alla prossima!

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Capitolo 5
*** Non correre per sognare, ma per vivere ***


La sveglia era circa alle sette. Un orario impossibile in vacanza!
Rifiutandomi d’alzarmi qualcuno dei miei fratellastri ebbe la meravigliosa idea di buttarmi nel lago. Fu così che imparai ad eseguire gli ordini.
Dopo la colazione Travis mi prese in disparte e mi portò a sud, nell’unico spazio erboso libero del Campo. Mi consegnò una cotta di maglia, un elmo con la cresta blu, ed una spada. Lui era messo nelle mie stesse condizioni.
- Luke, ogni guerriero ha la sua spada, ma per ora ti farai bastare quella. -
Come? Come?? Come??? Guerriero? Io??? Eh??? Che stava dicendo?!
Di colpo partì con un fendente nella mia direzione ed io balzai di lato per schivarlo. - Ma sei deficiente?! - gli urlai colto alla sprovvista. In effetti non era saggio offendere un tipo con una spada affilata in mano, ma non ero molto lucido.
- Ti insegnerò a maneggiare la spada Luke. In guardia! - mi puntò contro la daga. Copiai quella posizione. - Travis, non dovresti prima spiegarmi? - non finii mai la frase perché lui partì all’attacco. Colpì la mia arma un paio di volte prima di eseguire una rotazione su sé stesso e, con un movimento fluido, disarmarmi. Ero così confuso che mi ritrovai senza sapere perché privo della spada. Lui mi tirò un calcio al petto ed io caddi a terra svuotato nei polmoni. Strinsi gli occhi sforzandomi di riprendere aria e quando, un secondo dopo, li riaprii... avevo la daga di Travis puntata al collo.
Lui mi guardava con quell’aria inespressiva commentando un:- Mi aspettavo di meglio. - e mi lasciò rialzare. Non posso crederci! “Di meglio”? - Ehi! Io non ho mai fatto scherma, spiacente se ti deludo. - replicai. Non sembrò tenere le mie parole in considerazione il che mi irritò.
- Riprendi la spada. - disse semplicemente:- Se non riesci a padroneggiare subito la tecnica, imparerai dall’istinto. - continuò come fosse un discorso ovvio.
Alla fine non importava quante domande gli facessi perché lui non mi rispondeva e anzi! Ripartiva all’attacco con più grinta di prima, se possibile.
Alla fine della mattinata ero a pezzi, ma almeno avevo imparato a parare qualche colpo.
Travis m’afferrò per un braccio stringendomi proprio su un livido. Gemetti leggermente. Non parve considerarmi finchè non disse:- Dopo pranzo faresti meglio a fare un salto in infermeria. Non sei particolarmente resistente. -. Ok, forse aveva ragione, ma l’atteggiamento distaccato e superiore che aveva nei miei confronti mi irritava in una maniera esorbitante. Decisi di non dargli quella soddisfazione e replicai che stavo bene. Non era assolutamente vero, ma in famiglia ero famoso per la mia proverbiale testardaggine.
Dopo l’ormai abituale, caotico pranzo, c’era lezione di tiro con l’arco.
Non ero tanto male, ma dopo cinque frecce, dalla nocca dell’indice mi colavano rivoli di sangue. Travis mi dette un’occhiata e, dopo avermi spedito in camera a bendarmi il taglio, mi disse che si doveva essere tolto casualmente lo spago che rilegava le penne. “Casualmente, dice? No, non ci credo!” Altri membri della mia camerata (probabilmente gli stessi che mi avevano buttato nel lago quella mattina) stavano ridendo coprendosi i sorrisi con le mani.
Dopo arco Travis mi lasciò libero di andare, a patto che restassi con Shilla.
Evidentemente ha una buona opinione della mia pallida sorellastra.

Attacco conversazione:- Così... sai dare di spada? -
- Certo! Travis è il mio insegnante ormai da un anno ed è molto bravo. -
- Beh, io con lui mi faccio solo del male! -. Lei si mette a ridere:- Se vuoi posso darti delle ripetizioni io, Luke che non è Luke. -. Le scocco un’occhiata curiosa e lei mi sorride intuendo che trovavo quel soprannome simpatico. Era la mia maledizione, la causa di tutti i miei mali, ma era ormai la mia fama. Io ero, per tutti, Luke Castellan e la cosa mi faceva ridere.
Lei si avvia verso il bosco ed io mi blocco. - Ehi, che hai Luke che non è Luke? -
- Travis ha detto che lì noi non dobbiamo andare. - non sapevo le motivazioni, ma ero comunque sicuro che Travis non fosse il tipo da spargere precauzioni senza un valido motivo: troppo serio.
- Si, lo so. È per la presenza di mostri, ma non preoccuparti. Non ci faranno niente, vedrai. - mi si avvicina:- Se hai paura... puoi stringermi la mano. -. Sentivo una nota sarcastica in quelle parole così rifiutai l’offerta e la seguii nel folto.
Aveva ragione: potevo sentire i guaiti delle creature, ma quelle si tenevano a distanza.
- I mostri hanno paura dei semidei? -
- No, li cacciano. Ma... non lo so! Evidentemente hanno già cenato. -
- Molto spiritosa, davvero. - la schernisco e lei fa spallucce senza prendersela.
Mezz’ora dopo siamo sulla riva del fiume. Lei mi ha spiegato cos’è la caccia alla bandiera, la corsa delle bighe e le varie attività del Campo. Io l’ho ascoltata con attenzione cercando di assimilare come meglio potevo tutte quelle informazioni.
Lei si toglie le scarpe ed immerge i piedi scalzi nell’acqua. - Shilla, che fai? -
- Perché non provi anche tu? È bello sentire l’acqua fredda che scorre tra le dita dei piedi. Non credi? -
- Non ho mai provato... - rimango un istante sovrappensiero poi decido che di lei mi fido e provo anch’io. Devo ammettere che, anche su questo, ha ragione. Vedo che continua ad osservarmi così le sorrido ebete nel tentativo di ottenere spiegazioni su quel comportamento. Lei distoglie subito lo sguardo e le guancie le si tingono di rosa imbarazzo. Mi convinco debba avere una cotta per me, altrimenti perché scomodarsi a stare con il Luke che non è Luke? Non vedo altre ragioni. Rimaniamo a lungo così: con lo scrosciare dell’acqua e l’agitarsi delle fronde nelle orecchie. Poi lei interrompe l’idillio:- Lo senti? -
- Cosa? - le chiedo perplesso e ancora un po’ intontito (dato che mi stavo addormentando). - Il vento. Non lo senti il vento tra gli alberi? Lui parla, anche se noi mortali non comprendiamo la sua lingua. -
- Sarebbe bello potergli parlare, non ti pare? - frase strana, lo so, ma anche io mi ero soffermato qualche volta a pensare quelle cose. Cose a cui si pensa da bambini, quando si crede ancora di poter imparare a volare. Semplici illusioni, ma così belle da volercisi crogiolare a vita. Chissà quante storie il vento poteva raccontare...
- L’ho sempre sognato. O perlomeno incontrare qualcuno che lo sa fare. - abbassa la testa sconsolata. Mi dispiace per lei e cerco di tirarle su il morale:- Ehi, lo penso anch’io, però devi ammettere che potresti diventare poetessa e sai cosa dicono dei poeti. -
- Che muoiono in povertà prima di diventare famosissimi? -. Mi caccio a ridere:- Oltre a quello! - pausa di silenzio in cui mi ricompongo:- Che sono in grado di dar voce alla natura. -
Rimaniamo in silenzio a lungo.
È strano... mi sento bene in sua compagnia. Non posso fare a meno di pensarci. L’acqua scorre, il vento corre tra le fronde giocando a muovere le foglie, le risate dei semidei giungono alle nostre orecchie dal Campo, poi, come ogni cosa bella, quel momento si spezza.
Un’ombra cala dall’alto, le indirizzo uno sguardo, la creatura stride e... agguanta Shilla.
Come riprende quota io scatto in piedi. Sento la voce di Travis che mi chiama, ma è poco più che un ronzio lontano: la mia attenzione è concentrata solo su quel mostro che si sta portando via la mia nuova migliore amica.
Comincio a correre. Non so cosa ho in mente: so solo che la devo raggiungere, perché so che lei mi sta chiamando.
Esco dai limiti del Campo e continuo a correre. Sento le sue urla ed io la chiamo con quanto fiato ho in corpo.
Corro. Continuo a correre. Corro, ma non perché mi piaccia, corro perché sono costretto.
Non corro più per raggiungere un sogno e realizzare un desiderio, corro per salvare una vita che, ormai, per me è importante.
Non mi rendo neanche conto di star correndo così veloce da poter partecipare alle olimpiadi.
Corro, ma lei è sempre più distante: non posso raggiungere ciò che vola.
In un flashback mi rivedo a correre dietro all’orizzonte: desideravo moltissimo raggiungerlo, ma non ce l’ho mai fatta.
No! mi dico. Questa volta è diverso: c’è in gioco una vita. Eppure quel paragone mi da il tormento.
All’improvviso... cado.
Mi rialzo con i muscoli che bruciano, ma non mi do per vinto: continuo a correre dietro a quelle urla di terrore, dietro a quelle richieste d’aiuto indirizzate a me. Ma continuo a cadere e ad ingoiare polvere. Alla fine sono stremato e non riesco più a rimettermi in piedi. Non so dove sono.
Non so chi sono. Un perdente? Non l’ho raggiunta... non l’ho salvata...
- SHILLAAA!!! - urlo al cielo. Le lacrime mi inondano la bocca facendo affogare quel grido. Mi lascio a terra.
Non la conoscevo praticamente, ma non volevo perderla, lei era già importante per me.
Chiudo gli occhi sperando di non affogare nelle mie stesse lacrime quando mi sento afferrare e tirare su da terra. Apro appena gli occhi per scorgere la figura di Travis. Poi perdo i sensi.

Angolo di Kay97 e Connor Stoll

Io: Ciao a tutti!!! Se avete anche solo letto le recensioni avrete avuto modo di conoscere il mio caro famiglio, Connor. Fa "ciao" Connor!
Connor: ... Non sono idiota, non c'è bisogno tu me lo dica. Comunque... visto che NON sono nella storia (maledizione! Volevo diventare famoso!) abbiamo deciso di comune accordo che, d'ora in poi, parteciperò agli "Angoli". Oh, yeah!!! XP
Io: Certo, <.<' Che dire? Non lo so! Ditemi voi invece! Con una recensione ditemi che ne pensate!
Connor: Se, ma mica tutti hanno tempo da perdere! C'è la scuola! Tu stessa hai problemi di tempo!
Io: Vero! E allora, fate una cosa: o recensite subito, o attaccatevi un post-it allo schermo del pc a farvi da promemoria e venite a recensire appena potete. Anzi! Se non avete recensito i capitoli precedenti...
Connor: ... vedete di farlo al più presto! Così magari mi aggiungono alla storia! (Voglio partrecipare anche io!)
Io: è inutile! Rassegnati! Il mondo non ti vuole... -.-'
Connor: Cattiveria! A parte questo... uhm... Il mio fratellone/fratellino Luke sta passando un brutto periodo...
Io: ... anche Shilla ci ha lasciati, purtroppo... MA SI ARRENDERà ALL'EVIDENZA LUKE???
Connor: Ve lo dico io, NO, perchè è uno sfigato e dovrà, ovviamente andare a rischiare la pellaccia! U.U
Io: Ma oh! Spoilerizzi?!
Connor: Perchè non si capiva... A_A
Io: Touchè... Vabbè, un bacio a tutti! Grazie a chi recensisce, a chi legge, a chi aggiunge ai preferiti, a chi aggiunge alle seguite, a chi aggiunge alla lista della spesa ed a chi aggiunge alle ricordate!
Connor: Ciaociao! ^^

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Capitolo 6
*** Gioco a nascondino con mio fratello ***


Mi ripresi nella “mia” Casa 11. Inizialmente sperai fosse solo un incubo, poi vidi i lividi che riportavo sulle braccia dallo scontro con mio fratello e capii che era successo realmente.
Mi girai di fianco e vidi Travis appoggiato allo stipite della porta che guardava fuori con la sua solita aria assente.
Shilla era una ragazza con cui ero subito entrato in sintonia, i miei fratellastri e le mie sorellastre mi adoravano... come bersaglio per i loro scherzi, ma erano simpatici.
Travis era la persona più insulsa che avessi conosciuto fino a quel momento: non parlava quasi mai e quando lo faceva diceva solo l’essenziale.
“Qual è il suo problema?!”
Tossii un po’ per far capire che ero sveglio e lui mi raggiunse. Mi puntò gli occhi in faccia e piegò leggermente la testa. Non so come, ma capii la sua muta domanda:- Stavo correndo dietro a Shilla, o meglio alla creatura che se l’è portata via in volo. - rimasi un istante in silenzio, poi alzai lo sguardo, aprii la bocca per parlare, ma Travis m’anticipò: scosse leggermente la testa:- No, non abbiamo fatto in tempo. -
Mi misi la testa nelle mani mentre il mondo mi cadeva addosso: Shilla era stata rapita e nessuno era riuscito a salvarla.
Io non ero riuscito a salvarla.
Travis m’appoggiò una mano sulla spalla e per la prima volta dimostrò interesse nei miei confronti:- Come va, Luke? -
- Malissimo! - sbottai. Lui si ritirò di un poco e mi pentii subito d’aver avuto quello scatto. Sospirai:- Lei mi stava chiamando. Voleva che l’aiutassi, ma non sono riuscito. Forse adesso è morta... ed è colpa mia. Mia! - avevo ricominciato a piangere, motivo per cui ero felice ci fossimo solo noi due. Travis tentennò, poi, per la prima volta, lessi nel suo sguardo un’emozione: comprensione. Infine fece una cosa che non mi sarei mai aspettato: mi abbracciò.
Mi strinsi di più a lui mentre le lacrime scorrevano copiosamente.
Ricevetti una forte fitta alla testa: avevo già visto quello sguardo ed avevo già avuto un contatto con quel corpo... ma non riuscivo a collegarli a nulla. Era strano... come un dèja-vu, che non riuscivo a vedere... solo a percepire.
Infine, Travis è sempre Travis, per cui mi allontanò con una piccola spinta. Si alzò in piedi e si diresse fuori.
- Dove vai?! - chiesi tra un singhiozzo e l’altro.
- Ti porto qualcosa da mangiare. -
- Perché? -
- Perché è ora di cena e tu non sei nelle condizioni di venire a tavola. - quindi si allontanò senza ascoltare le mie repliche, senza sentire che potevo anche fare a meno di mangiare ma, in quel momento, volevo solo la sua compagnia.

Quella notte fu angosciante: ebbi gli incubi per tutto il tempo e mi svegliai più volte.
Sognai Shilla: era incatenata alla roccia insieme ad altri ragazzi. Non parlava, ma le leggevo i pensieri. Mi chiamava e mi chiedeva aiuto, poi mi puntava gli occhi contro ed io mi svegliavo sudato fradicio.
La terza, forse quarta, o magari quinta, volta che mi svegliai ricordo solo che mi voltai per vedere gli occhi blu di Travis che mi guardavano nel buio.
La volta dopo ero tra le sue braccia e la cosa mi calmò, tanto che mi riaddormentai e non sognai più nulla.
Quando la mattina dopo suonò il corno mi alzai come un fulmine.
Non volevo restare ancora tra i miei incubi. Notai, non senza sorpresa, che Travis non c’era. Non era lui a capo della Casa, quindi non doveva restare con il gruppo per forza, ma dove poteva essere andato prima della sveglia?!
Quando uscii di casa, quel quesito perse tutta l’importanza: mi resi conto che altri ragazzi erano scomparsi. Lo capii ascoltando le conversazioni mentre camminavo per il Campo e guardando le facce di chi piangeva perché magari aveva perso il fidanzato o il migliore amico... com’era successo a me. - Che è successo? - chiesi.
- Ieri un gruppo di arpie non del Campo è arrivato ed hanno rapito alcuni di noi. Non c’è stato molto da fare. - mi rispose una delle mie sorellastre. Annuii mentre collegavo tutti i pezzi. - Dove sono andate? E cosa ne faranno degli altri semidei? -. Lei fece spallucce e quel briciolo di speranza che avevo trovato vacillò pericolosamente. - Probabilmente... - disse lei:- ... se li mangeranno. - e così, la mia speranza, crollò del tutto.
- Come fai?! - le chiesi. Lei mi guardò stupita. - Come fai a prenderla così alla leggera?!-
- Sono cose che capitano: siamo semidei, spesso ci mangiano i mostri. - l’idea, per me, era agghiacciante. - Dov’è Travis? -
- Non lo so. Lui fa spesso di testa sua. Ogni anno, lo stesso giorno, si isola fino a sera tardi. Ce lo ha detto il centauro. Quel giorno è oggi. Non preoccuparti: Chirone ha piena fiducia in lui. - non le lasciai il tempo di finire. Corsi verso la Grande Casa: volevo parlare con Travis e ne avevo il diritto: papà aveva detto che se avevo domande dovevo chiedere a lui ed era quello che intendevo fare. Chirone aveva fiducia in lui? Allora probabilmente sapeva anche dove si trovava!
Spalancai la porta e mi trovai a guardare un’ampia sala con, dietro una scrivania, il tipo grassoccio. Papà mi aveva detto di rispettarlo. Il tipo mi sorrise maligno:- Diet Coke, Luke? -
- No, grazie. - avevo sentito parlare di quella roba da alcuni miei compagni: faceva schifo e non ci tenevo a dare la mia opinione in proposito. - Che ci fai qui? - mi chiese lui col solito sorrisetto:- Non ti hanno detto che qui non puoi venire? -. Decisi di sorvolare sul fatto che si, me lo avevano detto ed andai direttamente al punto:- Scusi, cercavo Chirone o meglio: cercavo Travis e speravo che Chirone sapesse dove si trova. - mi sentivo a disagio. Immagino sia l’effetto che fanno gli dei... Il signor D. fece spallucce:- Se cerchi il tuo fratellastro è nella foresta in riva al fiume. - bevve un sorso della Diet Coke:- Chirone invece è in mensa, dove dovresti essere anche tu per la colazione. -. Stavo per andarmene, poi ci ripensai: feci un piccolo inchino col capo a Dioniso e lo ringraziai. Quindi me ne andai sperando fosse abbastanza per non farsi incenerire.
Superai il primo fiume, quello del lago e passai vicino all’arena. Di lì arrivai al fiume che attraversava la foresta e cominciai a risalirlo. Come al solito, i mostri non mi attaccarono.
Quando trovai Travis, lui era intento a lanciare sassi in acqua. Era assorto nei propri pensieri, tanto che non s’accorse del mio arrivo.
Che cosa veniva a fare una volta all’anno tutto solo? O meglio: cosa veniva a pensare?
La figura del mio fratellastro era avvolta nel mistero per me e cominciava ad essere un’ossessione capire chi fosse veramente. Perché aveva lasciato il Campo? Ma soprattutto, perché era ritornato indietro? A cosa pensava sempre? Come mai aveva un’aria triste se tutti gli altri figli di Hermes erano invece tra i ragazzi più allegri del Campo?
Chi era Travis Stoll?
Decisi che quel giorno avrei trovato tutte le risposte che cercavo, ad ogni costo.

Angolo di Kay, Connor Stoll e Luke Castellan Reasonson (infiltrato!)
Io: Eccomi quiiii!!! Con il sesto (di già?!) capitolo! ^^
Connor: Eiononcisonoancoraaaaaa!!! *piagnucolando*
Io: *sospira*
Connor: *viene bersagliato e colpito con un cuscino*
Io: Ok, più avanti ti metterò, anche perchè, Travis senza Connor? Non ci sta! XD I "miei" Fans (come se ne avessi! Ma io m'atteggio, va! XD) vi desiderano insieme!
Connor: Yupiiiii!!! Ma quando mi metti?
Io: Uhm... a breve! ;)
Connor: Si! Sono faaaaigooooo! XD
Io: No. U_U
Luke: *entra* Ho lasciato qua la spad...?..."!!!" Chi sei tu, essere?!
Connor: Io sono...
Luke: *ritrova la spada e cerca di decapitare Connor*
Connor&Luke: *si rincorrono per tutta la camera*
Io: Raga, lot of love! Ma non uccidetevi, mi servite! U.U
Connor: *con una spada comparsa chissà dove* Crepaaa!!!
Luke: *schiva* Sei completamente mattooo!!! *tono canzonatorio*
Connor: *si ferma con aria afflitta* ... .. ... ... Quando lo hai scoperto?
Io: EH?! *viene palesemente ignorata*
Connor: *assume aria incavolata* Te lo ha detto Travis, non è vero?! Adesso lo picchio!!! *esce con aria furiosa*
Io: O_o!
Luke: <.<' ... ... ... Lo stavo solo un po' insultando a caso... ... ... non me l'aspettavo... O_o
Io: ... Già! Ma quello è il MIO "Crazy Conny"! X3
??? (alias Connor): NON CHIAMARMI "CONNY"!!!
Luke: Lo ha sentito! A_A
Io: XD
Luke: Che fai? ... ... ... Ma questa è la storia della mia vita! ... Fammi vedere come finisce che voglio evitare brutte fini! U.U
Io: No, non puoi!
Luke: Perchè??? :'(
Io: Non vale! U.U
Luke: WTF?! =,=
Io: Yeah! Saluta Luke!
Luke: ... Ehm.... "Ciao"?
Io: Bravo, genio. -.-"
                             Kay, Connor Stoll and Luke Castellan Reasonson

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Capitolo 7
*** Fantasmi dal passato ***


Mi feci avanti e quando fui abbastanza vicino, lui si voltò squadrandomi con la sua solita inespressività. Eppure c’era qualcosa di diverso in lui quel giorno. Lo sapevo. Lo sentivo.
Tornò a guardare il fiume:- Luke, dovresti essere a fare colazione. Chirone si arrabbierà. -
- Non mi interessa. - era vero. Non sentivo i morsi della fame e adesso, l’unica cosa che aveva bisogno di essere saziata, era la mia curiosità. Non mi degnò di uno sguardo:- Perché sei qui? -
- Perché voglio sapere. -
- Non puoi aspettare fino a domani? -. Ci rimasi di sasso: non mi aveva mai risposto così. - No. Non posso aspettare domani. -
- Cosa vuoi sapere? -
- Chi sei? Tra noi sei l’unico con un carattere così chiuso e... triste. Chi sei, Travis? -
- Non sono sempre stato così. Lo sono diventato. Ma non sono un pericolo. Soddisfatto? -
- Neanche un po’! - non mi aveva detto nulla:- Se ti devo togliere le parole di bocca lo farò! Come mai sei diventato così?! - si girò a guardarmi ed io dovevo avere un’espressione decisissima in volto. Rimanemmo fermi un istante, poi mi guardò con il solito volto impietosito e cedette:- È successo esattamente un anno fa... - cominciò trascinandomi all’interno della storia:- ... ero in missione con altri due semidei. Un altro figlio di Hermes ed una figlia di Demetra, la sua fidanzata. -

Stava per piovere. Travis si trovava sulla diga di Hoover insieme ai due compagni. Erano circondati da un branco di segugi infernali che ringhiavano affamati.
- Temo che anche per oggi staranno a digiuno! Vero, fratello?! - sorrise l’altro figlio di Hermes e Travis annuì stringendo l’elsa della spada. Katie Gardner, la figlia di Demetra incoccò nell’arco. - Beh, - cominciò Travis:- chi è senza peccato... scagli la prima
freccia! - e la ragazza scoccò andando a segno su di un segugio che si accasciò al suolo.
- Tiro perfetto amore, come sempre! - sorrise l’altro semidio.
I mostri balzarono in avanti ed i tre semidei presero subito le redini della battaglia. Katie si portò più in alto salendo sul parapetto della diga e da lì scoccava le sue frecce, mentre i due figli di Hermes facevano, come al solito, un perfetto gioco di squadra improvvisando un ballo di coppia con le spade sempre nuovo, fluido e perfettamente fatale. I cani infernali cadevano sotto i colpi dei tre con grande facilità, finchè tre cani non si frapposero tra i due fratelli separandoli. Allora la loro tecnica non era più possibile ed i due dovettero arrangiarsi.
Travis, il più grande dei due, riusciva a tenere le belve a bada, ma l’altro si trovò presto in difficoltà.
I mostri lo costrinsero a salire sul parapetto. Il cielo tuonò ed un cane infernale si lanciò conto il semidio che cadde all’indietro con la belva.

Travis fece in tempo a vedere l’altro salire sulla ringhiera e subito la paura lo assalì svegliando i suoi istinti di guerriero. Affondò la lama in uno, due, tre corpi liberandosi dei mostri che lo avevano accerchiato. Corse verso l’altro, ma non fece in tempo e quello cadde all’indietro, nel fiume.
Travis si sporse, vide il semidio infilare la spada nel petto del cane infernale uccidendolo, fare un giro su sé stesso, notando gli spuntoni acuminati, e tornare a guardarlo con occhi di puro terrore.
Travis, a quello sguardo, in quella situazione, si sentì perso. Urlò. Invocò il nome del fratello che precipitava con quanta voce aveva in corpo:- CONNOOOR!!! -
Ovviamente fu tutto inutile: Connor sbattè la testa contro un masso macchiandolo di sangue e macchiandone anche l’acqua.
Travis prese a correre per scendere al fiume: pregava gli dei ci fosse ancora speranza.
Suo padre non poteva intervenire: era contro le regole, ma ormai tutto perdeva di senso, anche le regole stesse.
Dalle sue spalle Katie lo chiamava, ma Travis non voleva pensare ad altro se non a suo fratello.
Cominciò a piovere.
Più correva lungo la riva senza scorgere Connor, più l’idea di rivederlo si faceva non più che una felice illusione. Le lacrime presero a scendergli senza che nemmeno se ne rendesse conto.
Corse a lungo, fino a che non trovò la casacca del fratello... macchiata di sangue.
Il tempo non era stato indulgente con lui: la quantità attaccata alla casacca era sufficiente a farlo morire dissanguato.
Travis si piegò sull’unica cosa che gli restava di Connor e prese a piangere disperatamente e perdutamente. Le lacrime, che scendevano copiose, si confondevano con la pioggia violenta e crudele, che strappava da Travis il sangue del fratellino.
Alcuni minuti dopo ritrovò la forza di cercarlo, con il desiderio di dargli un ultimo bacio sulla guancia.
Indossò la sua casacca sopra la propria e si avviò, a passo pesante ed ondeggiando come se portasse un enorme peso sulla schiena, il che, in effetti, era vero.
Vagò a lungo prima di trovare il corpo del fratellino.
Come previsto era
morto.
Sul volto aveva ancora quello sguardo di terrore che implorava aiuto. Con un tocco leggero, baciò la guancia al ragazzo, poi, non riuscì a sostenere la visione, così si coricò appoggiando la testa sul petto dell’altro.
Il cuore di Connor era fermo. Il cuore che per tutta la vita aveva battuto allo stesso ritmo del suo, ora era fermo.
Il cuore che aveva cominciato a battere con il suo si era fermato ed al semidio non pareva corretto che il proprio continuasse a percuotere ritmicamente in petto quando l’altro non lo faceva più.
Travis riprese a piangere senza il minimo ritegno. Di quello non gliene importava nulla.
Aveva perso suo fratello. Aveva perso ogni ragione per combattere ed il suo scopo per vivere.
Niente aveva più senso per Travis.
Sotto la pioggia che batteva, una mano gli carezzò il volto. Il semidio alzò lo sguardo per vedere suo padre in ginocchio accanto a lui.
Anche il divino Hermes aveva gli occhi lucidi, ed il sorriso scaltro con il quale si presentava di solito era svanito.
Non disse nulla, non serviva, Travis sapeva perché era lì, così si scansò dal fratello e quel gesto fu per lui qualcosa di terribile. Aveva perso tutto. La sua stessa anima era morta con Connor. Da quel momento, Travis, non avrebbe più sorriso di gioia.
- Hai due dracme? - chiese il padre con voce incrinata dal dolore. Travis si portò una mano alla tasca e le consegnò al divino che annuì appoggiandogli una mano sulla spalla:- Coraggio Travis. Hai ancora uno scopo, al Campo ti accoglieranno sempre a braccia aperte. Anche io, lo sai. - poi Hermes chiuse gli occhi al defunto figlio e gli passò una mano sulla bocca. Travis prese l’accendino che era solito usare per accendere petardi in compagnia di Connor e gli appiccò il fuoco.
Hermes rimase fermo a guardarlo e Travis non si sottrasse a quello sguardo: probabilmente il padre voleva soltanto ricordare Connor ed entrambi sapevano quanto i due fratelli si somigliassero.
Poi Travis capì che non avrebbe mai superato quella perdita:- Padre... - cominciò timidamente ed un istante dopo, il divino, lo stava abbracciando ed il semidio pensò a quell’abbraccio come il filo che gli impediva di crollare. Rimasero fermi a lungo, ma per Travis erano pochi secondi in confronto al tempo che avrebbe dovuto passare da solo.
Hermes, però, stava lavorando, così fu costretto a staccarsi da suo figlio assicurandosi comunque non crollasse a terra ed impose una mano sulla pira che, miracolosamente, resisteva alla pioggia. Il fuoco volteggiò in dense volute, infine il dio scomparve in un bagliore di luce argentea.
- Ora Connor è con lui verso l’Ade. - si disse Travis prima di ricadere a terra a piangere.

Quando Travis ritrovò la forza di camminare si diresse alla diga e quello che vide lo lasciò più a pezzi di prima, se possibile. Di Katie, la ragazza di suo fratello e la sua migliore amica, non rimanevano che le ossa spolpate dai mostri.

- È colpa mia, Luke. - terminò mio fratello:- È solo colpa mia se sono morti entrambi. Sarei potuto restare a combattere al fianco di Katie, lo sapevo che per mio fratello era finita, ma l’ho abbandonata lo stesso. E Connor... io sono il maggiore... era mio dovere proteggerlo. Quella era la sua missione: aveva scelto le due persone più importanti della sua vita e noi...- trasse un sospiro e capii che quello che stava per dire gli costava caro:- ... ed io... - si corresse stringendo con rabbia i pugni:- ... non sono riuscito a proteggerlo. - ormai le lacrime gli scendevano dagli occhi senza freno.
Non potevo dirgli che si sbagliava, che non era colpa sua, lo avrei soltanto fatto soffrire di più. Mi sembrava d’aver già provato la sensazione d’aver involontariamente fatto del male a qualcuno a me caro e sapevo perfettamente che c’era un'unica cosa che potevo fare in quanto ad essere suo fratello. Era la stessa cosa che anche Travis aveva fatto quando mi sembrava d’aver perso una persona a me carissima. Lo abbracciai.
Lui non mi scansò, ma anzi, appoggiò la sua testa sulla mia bagnandomi i capelli di lacrime. Non importava. Travis non desiderava la solitudine, ma qualcuno di cui fidarsi con cui stare e adesso che non c’era più Shilla... quel qualcuno ero diventato io. Io, io che avevo avuto la forza di cercarlo, il coraggio per impormi ed il cuore per ascoltarlo e capirlo.

Angolo di Kay e Connor Stoll

Connor: D8  !
Io: Ciao a tutti! Ok! Svelato il misterioso "lato oscuro" (che in realtà è un "lato depresso") di Travis! Che ne pensate?!
Connor: D8  !
Io: Questo è uno dei miei capitoli preferiti. L'ho scritto ascoltando canzoni depresse, giusto per restare in tema. Non so, qualcuno conosce Evanescence? Era una di quelli! Ringrazio sempre chi legge, chi recensisce, chi aggiunge ai preferiti o alle seguite e mi raccomando! RECENSITE TUTTI I CAPITOLI! Perchè lo so che mi capite quando dico che non sopporto i riassuntoni, o peggio: ... i megariassuntoni!
Connor: D8  !
Io: Cioè, io scrivo due capitoli (o 3, 4, quelli che volete) poi arriva uno. Scena: vede la storia, gli interessa, recensisce, poi, un altro giorno torna, ma ci sono già pubblicati altri due capitoli rispetto all'ultima volta che c'aveva guardato. Cosa fa??? Recensisce due capitoli in un unica recensione! Vi pare corretto?! A me no, sinceramente: uno scrittote fa fatica e dei risultati li vuole ottenere!
Connor: D8  !
Io: Non fate i furbi!!! Lo so che la pensate come me! Ma, sapete, se i riassuntoni li posso comunque tollerare... ODIO i Megariassuntoni: ho postato 7 capitoli, arriva un nuovo lettore e me li recensisce tutti e sette nella stessa recensione! Al posto di sette recensioni me ne ritrovo UNA! No, ma dico, UNA!!! :( Dite la verità, anche a voi darebbe (o magari ha dato!) fastidio! U.U
Connor: D8  !
Io: vabbè! Tornando al capitolo, ho cercato di renderlo drammatico come meglio potevo... non so come sia venuto. Forse avrei potuto dare più spazio a Katie, ma spiego: ho pensato che, tra le due, la perdita del fratello fosse quella più dura... ehm... più difficile da superare. Specie perchè erano legatissimi (abbiamo visto con Rick Riordan). Se avesso scritto di più su quello che Travis provava per Katie avrei certamente fatto passare in secondo piano Connor, cosa che non volevo. Il mio intento era quello di far capire che, si, gli dispiaceva per Katie, ma la perdita del fratello era comunque troppo forte e troppo presente! Cioè, (*pant, pant* è difficile da dire!) vedo Katie, mi dispiace molto per lei, ma la mia mente pensa ancora a Connor, la cui perdita la sento ancora troppo viva. Lui era troppo importante per me e non riesco adesso a pensare anche a Katie, perchè quello che provo è per Connor.
Chiaro? (Boh...!)
A proposito di Connor...
Connor: D8  !
Io: ... che fai???
Connor: D8  ! ... ... ... Mi... mi... mi... hai ammazzato... D8  !
Io: Eh, eh! ^^ Io... COSA?!?!?! D8 *va a rileggere* Oh santo Olimpo! NOOO!!! Non ci credo!!! Ho fatto fuori il mio preferito del duo Stoll!!!
Connor: D8  ! *prende la consistenza ed il colorito trasparente di un fantasmino*
Io: Non posso averlo fatto davvero... vero? =,=' ... Oh, no! Oh, dèi! Il MONDO è davvero prossimo alla FINE!!!
Connor: D8  ! ... ... ... ... <:'( *lacrimuccia, si! U.U*
Io: ... Ok... recensite numerosi perchè sto soffrendo molto... Cooonnyyyyy!!! D"X *cerca d'abbracciarlo, ma lui è trasparente e lei cade a terra* Auch!
Connor: Zoffro.... (versione faiga di "soffro") <:'(

Kay e Connor Stoll (Non ti cancello la firma perchè ammetto di essere stata crudele con te. ndKay)

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Capitolo 8
*** Incontro una ragazza da perdere la testa! ***


Rimanemmo così per tutta la mattina. Non volevo separarmi da lui. Capivo quello che provava, non so come ma lo capivo e sapevo che stare lì con lui, in silenzio, era la cosa giusta da fare.
No so a cosa avesse pensato quando mi staccai da lui, ma fu stupito di vedermi tornare poco dopo con un vassoio in mano.
Glielo misi davanti e lui lo squadrò: c’erano due piatti e due bicchieri. Gli sorrisi, ma il mio era un sorriso amaro: non mi sentivo felice in quel giorno.
- Travis, ho già fatto io l’offerta per entrambi. Questo è il pranzo. - feci spallucce: in effetti non c’era molto, ma qualcosa si.
Lui prese un piatto ed un bicchiere senza dire nulla e tornò ad osservare il fiume.
Connor era morto in un fiume: potevo solo immaginare cosa stesse provando Travis in quel momento.
Sospirai:- Vuoi parlare? -. Lui scosse leggermente la testa con diniego.
- Vuoi che stia qua con te? - domandai allora e lui annuì.
Ebbi tempo per pensare: la mia vita era perfetta. Insomma, mi lamentavo di avere una madre apprensiva, ma in fondo mi voleva bene. Non avevo mai litigato con mio padre, anche perché forse mi avrebbe polverizzato fosse successo.
Avevo trovato una buona scuola con docenti che mi seguivano nonostante dislessia, iperattività e varie. Non avevo fratelli, il che forse era una pecca: tra fratelli ci si aiuta e si creano forti legami, ma così non potevo perdere persone a me care. E comunque avevo i miei fratellastri e le mie sorellastre.
Improvvisamente mi sentivo egoista e viziato. Io avevo tutto, Travis non aveva niente.
Avrei voluto fare di più per lui, ma non avevo idea di come fare. Dopo circa tre ore dal pranzo lui mi afferrò per un braccio guardando il cielo:- Ora vai, Luke. Torna nella Casa 11 e fai le attività del Campo, come da programma. -
- Non voglio lasciarti. Sto bene qui. -
- Te lo chiedo io, per favore. -. Rimasi fermo alcuni istanti tentennando: volevo stargli accanto, ma poi cedetti: me lo stava chiedendo lui. M’alzai e mi voltai in direzione delle Case:- Travis? C’è ancora speranza per Shilla? -
- Perché dici? -
- Perché la voglio salvare. -
- Vedi di riposarti sta notte... credo tu sappia dove trovarla. -
- Cos...? -
- Domani partiamo insieme. Andiamo a cercarla. -
Non credevo alle mie orecchie: pensavo mi avrebbe dato del matto e mi impedisse di fare questa idiozia, invece era dalla mia parte. Lo abbracciai rivolgendogli un grazie prima di andare e lasciarlo stare. Credevo di sapere perché desiderava la solitudine: stava arrivando nostro padre nel giorno in cui condividevano la perdita della stessa persona, ad entrambi cara.

Tornai al campo, ma venni fermato da una figura alle mie spalle:- Dove vai Luke? - quella voce mi martellò nelle tempie nonostante fosse decisamente bella. Mi voltai per vedere la ragazza bionda che avevo visto in infermeria. - Anna... Annalise, giusto? -
- Annabeth, veramente. Annabeth Chase. - e, dopo quella breve presentazione, il mondo prese a vorticare velocemente. La pressione del sangue nel mio corpo si fece più intensa facendomi male. Del mondo che avevo davanti agli occhi distinguevo solo luci nel buio e la figura evanescente e sfocata della ragazza. Forse mi avevano dato delle sostanze stupefacenti in qualche modo, ma non ebbi il tempo per pensarlo che persi i sensi e caddi a terra come corpo morto cade. Perché si, quando si sviene si pensa alle cose più assurde, come io avevo pensato a Dante. Dove lo avevo sentito nominare? Immagino mio padre... lui sapeva tutto ed amava raccontarmi tutto quello che imparava nei suoi viaggi.

Non ebbi incubi. Rimasi privo di sensi fino alla mattina seguente. Ma credo sia utile dirvelo: feci un sogno particolarmente coinvolgente, senza suoni, solo immagini ed emozioni: ero io ed allo stesso tempo non lo ero.
Ero un vero e proprio figo! Lo sentivo: ero capace d’arrangiarmi da solo, a quattordici anni non ero legato a nessuno e giravo per l’America contrastando tutti i mostri che mi si presentavano dinnanzi. Ma ero più di questo: ero un capo branco! Così forte da non pensare solo a me stesso, ma anche alle due ragazzine che mi seguivano.
Una mi ricordava particolarmente Annabeth Chase. L’altra non la conoscevo. Non ci feci troppo caso. Ero occupato ad invidiare quel mio speciale alterego. Io svenivo facilmente e avevo bisogno che gli altri mi salvassero, quel Luke no. Era lui a salvare gli altri.
Perché io non potevo essere così? Beh, lo sarei diventato. Avevo deciso. In fondo, ero pur sempre un semidio!
Non sentivo solo quella forza, però. Sentivo anche un forte legame che mi univa a quelle due ragazzine. Noi eravamo come una famiglia, questo lo sentivo forte, il che mi stupì perché nemmeno le conoscevo.
Avevo la forza di combattere tutti i mostri, ma non di farlo proteggendole e questo mi aveva fatto scegliere una vita in fuga, per poter star loro accanto e potermi assicurare non accadesse loro niente.
Ad un certo punto del sogno, mentre “parlavo” con le altre due, avvertii una sensazione sgradevole: odio. Era un odio profondo e pressante. Mi dava fastidio, soprattutto perché non sapevo da cosa fosse scaturito. Mi svegliai di soprassalto mettendomi a sedere. Mi guardai intorno: ero di nuovo in infermeria. Di fianco a me c’era Annabeth intenta a leggere un libro ed accanto alla porta Travis parlava con Percy. Filtrava dalle finestre la luce mattutina.
- Come ti senti? - mi chiese la bionda. Stranamente la sua voce non mi fece male questa volta. Annuii:- Tutto bene, grazie. -
- Come mai sei svenuto? -
- Saperlo! - eh, già. Mica svenivo perché ne avevo voglia!
- Hai sognato Shilla? - mi chiese con una leggera apprensione nella voce. Scossi la testa:- Credo d’aver sognato te. -
- Me?! - fece una faccia allibita. Annuii un’altra volta:- Lo so è assurdo! - feci per difendermi ma lei mi interruppe chiedendomi di raccontarle, così le dissi a grandi linee quello che avevo visto senza soffermarmi sulle sensazioni. Lei mi fissava attonita il che mi mise a disagio. Ma leggermente, eh! Insomma: che effetto volete che faccia essere guardati come se aveste appena preannunciato la fine del mondo?! Nulla di che! Mi grattai una spalla infastidito da quel guardarmi insistentemente:- Che c’è? - intanto ci avevano raggiunti anche gli altri due semidei. Lei si riprese leggermente:- Sai di essere Luke Castellan, vero? -. Ok, ora basta. Mi avevano stufato con quella storia:- Sentite ragazzi, - cominciai:- io sono Luke Reasonson, non Castellan. -
- Chirone no gliel’ha detto? - m’interruppe la bionda rivolgendosi a Travis. Lui rispose come suo solito:- No. - l’essenziale! Nulla di più.
- Perché?! - questa volta fu Percy a chiedere. Travis alzò le spalle:- Voleva che prima Luke si abituasse all’idea di essere un semidio. -
- Non fate come se non ci fossi! - intervenni, ma venni palesemente ignorato da Percy (che riconfermò il suo soprannome d’Antipatico!):- Beh, mi pare se ne sia fatto un’idea! -. La bionda si alzò in piedi:- Travis, dovremmo dirglielo. Sta ricordando! -. Il mio fratellastro ci pensò su e poi annuì calmo. Annabeth mi appoggiò una mano sulla spalla risedendosi e Percy prese una sedia mettendosi di fianco a me:- Luke, dobbiamo dirti una cosa. -
Quella situazione non mi piaceva per niente.

Angolo di Kay e Connor Stoll

Kay: Yeah! Povero cucciolo! X3 Gli ho fatto fare certe lucubrazioni e farneticazioni(?) mentali! XD
Connor: Eh, si! Ma dimmi... quello che gli devono dire... è quello che penso?
Kay: Si, e credo sia quello che tutti pensano! Tranquilli lettori! Non ho intenzione di stressarvi più del dovuto! Anche il prossimo capitolo è da leggere!
Connor: Si, ma non spoilerare!
Kay: Ok, (grazie d'avermi fermata) attendo i vostri commenti. Positivi e negativi. Ragazzi, lo so che è noioso fin qui, ma... cavolo! Non potevo lanciare un principiante in un avventura suicida ai limiti del sadismo! Un minimo di conoscenze le dovrà avere! U.U ... Si, lo so. Capitoli, fino a qui, terribilmente noiosi! Mi spiace! Ma abbiate fiducia! Questo strazio avrà fine!
Connor: ... Teoricamente!
Kay. Grazie della fiducia. -.-'
Connor: Oh, dai che ti voglio bene! ^^
Kay: Lo so! ^^ *prova ad abbracciarlo ma lo trapassa* :'(
Connor: *la fissa a terra* ... essere un fantasma comincia a piacermi. :)
Kay: Ci tengo a dirlo: secondo i miei piani originli, a questo punto dovevano essere già in viaggio. Come vedete, i personaggi, avevano un'idea diversa.
Connor: è la mia vendetta... ^^

Kay & Connor Stoll (Non ricominciare! ndConnor) (Invece si! Muahahah! ndKay)

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Capitolo 9
*** Sfido lo strangolatore pazzo! ***


Scappai. Cercai d’andare il più lontano possibile, ma ancora una volta l’orizzonte era irraggiungibile e l’acqua mi separava dalla solitudine tanto desiderata. Avevo ormai cominciato a prendere quello che mi dicevano per vero. Quello che mi avevano raccontato non era una storiella: era vero. Lo sapevo: era troppo perfetto per essere finto. Nessun punto scollegato dal resto. Quattordici anni fa, gli dèi, avevano cominciato ad andare a trovare i loro figli. Sulle prime non credevo fosse per me. Ora capivo molte cose. Se mi guardavano con disprezzo. Se Percy mi era saltato al collo vedendomi. Se il ragazzo-armadio, anch’esso un semidio, mi aveva aggredito. Mi lasciai andare in acqua. Mi lasciai cadere verso il fondo, le gambe verso il cielo. La sensazione di non poter respirare mi dava uno strano sollievo. Un sollievo masochista. Mi sembrava fosse giusto che soffrissi. Mi sembrava ingiusto aver fatto tanti danni... ed essere ancora qui. Sentivo i ciuffi biondi ondeggiarmi sulla fronte. Il freddo pungente era qualcosa da temere, eppure era ciò che volevo.
Dovevo provare paura come gli altri ne avevano provata durante la battaglia finale.
Dovevo soffrire per tutti coloro che avevano sofferto a causa mia.
E avevo paura, e stavo soffrendo. Come era giusto.
Non poteva essere vero. Non potevo aver tradito tutti solo per odio verso un genitore che ora adoravo!
L’acqua accanto a me si spostò, voltai lo sguardo a destra e mi trovai a fissare il volto di Travis. Mi guardava studiandomi, ma il suo non era un occhio critico, era più di chi accetta senza fare domande. Quella presenza non mi turbava. Mi piaceva.
Forse era sempre silenzioso, vero, ma trovai magnifica la sua compagnia, dato che non mi guardava cercando di esprimere un giudizio, ma mi guardava per dirmi “Sono qui.”, lo sapevo.
I polmoni mi bruciavano e le tempie sembravano sul punto di esplodermi, ma non volevo tornare su. Per fortuna avevo il mio angelo custode: Travis mi afferrò, mi girò e mi fece riemergere. Sulla spiaggia mi abbandonai tra le sue braccia. Mi abbandonai ad un pianto sconnesso, alternato a momenti in cui credevo d’aver smesso.
- Ci credi, Luke? -. Non risposi: il mio pianto era sufficiente. Il mio alterego non avrebbe mai pianto, ma io non ero come lui. Quello non era neanche il mio alterego, era la mia vita precedente, era la mia forma più crudele e spietata... ed era meglio dell’attuale me. Ed io la disprezzavo e la invidiavo al tempo stesso. Per la sua crudeltà e per la sua forza.
Purtroppo io ricordavo frammenti di quella vita. Li avevo sempre ricordati, solo non mi erano mai sembrati terribili come in quel momento. Erano flash di vite che avevo rovinato: prima fra tutte la mia. Potevo essere un eroe... ed ero stato un mostro. Potevo crescere ed avere una famiglia... ed ero morto odiato dalle persone a cui tenevo di più.
Potevo ricominciare. Potevo farmi una vita nuova. No. Avevo rovinato tutto. Lo avevo fatto nel momento in cui avevo mostrato il mio volto per quello del traditore Luke Castellan. Ora mi riconoscevano tutti. Nessuno aveva dubbi sulla mia identità e nessuno mi avrebbe più dato una scelta.
Nessuno tranne Travis e Shilla. Perché? Che legame avevano con Luke Castellan?
A dire il vero anche Percy ed Annabeth adesso m’accettavano, ma non era stato immediato, il che provava la mia tesi: prima di potermi sentire Luke Reasonson avrei sempre dovuto fare i conti con Luke Castellan.
Mi asciugai le lacrime: e allora avrei cominciato.

Mentre camminavo tutti si scansavano intimoriti. C’avrei fatto l’abitudine.
Percy si volto a guardarmi: era sospettoso. Annabeth sembrava più sorpresa. In effetti mi ero ripreso in fretta dallo shock.
Ebbi l’impressione di averli interrotti quando stavano per baciarsi, ma ormai ero lì e non sarei tornato indietro. Sicuramente stavano pensando a me come un guastafeste e, sinceramente, lo pensavo anche io. Se ero con la mia ragazza e la stavo per baciare, non avrei voluto che un ragazzino più piccolo si intromettesse. Ma oramai il danno era fatto.
Sguainai la spada e la puntai contro Percy:- Se tu sei l’eroe più forte del Campo... allora voglio allenarmi con te. - ammetto che attraverso l’elmo avevo una visione ristretta del mondo, ma non importava: ero concentrato solo su chi avevo sfidato. Lui mi squadrò:- Perché? - il silenzio era calato intorno a noi e notai il centauro a presenziare. Ok, io avevo lanciato una sfida e Percy me la stava ributtando indietro. Ma io ero un semidio che aveva sempre combattuto per avere un posto nel mondo, soprattutto ora avrei dovuto combattere per farmi accettare, e non intendevo rifiutare:- Perché un’arpia ha rapito la mia migliore amica ed io non starò a guardare. Ma neanche partirò per morire. - non gli staccai gli occhi di dosso. Lui ci pensò un po’ prima d’annuire:- Ci vediamo tra dieci minuti all’arena: dammi il tempo di mettere l’armatura e prendere una cosa. -. Annuii abbassando la lama. Ero determinato ad aiutare la mia migliore amica e, magari, anche gli altri semidei rapiti.
Mi diressi con passo sicuro all’arena. I semidei mi guardavano come se volessero trasformarmi in uno spiedino semidivino ed i satiri con una smorfia nauseata.
Se volevo conquistarmi la loro fiducia, avrei dovuto dar loro un motivo per fidarsi di me.

Come promesso, alcuni minuti dopo, Percy mi raggiunse in divisa impugnando due spade. Me ne porse una.
- Grazie, ma... - picchiettai sul fodero:- ... ce l’ho già. -
- Questa è diversa, Luke. Dovresti trovarti meglio. - mi costrinse a prenderla. Tolsi la daga che utilizzavo prima dal fodero e mi fermai a rimirare quella che stringevo in mano. Mi misi in posizione da battaglia come mi aveva insegnato Travis e... abracadabra! L’arma, con uno sfavillio, cambiò d’aspetto.
Era una specie di katana, come quella degli anime giapponesi che guardavo spesso in tv o sul computer, dalla lama in bronzo luccicante. L’elsa argentata. L’impugnatura era ricoperta in pelle nera. La goccia era la testa di un falco che mordeva la lama e la guardia le sue ali riccamente decorate con motivi a spirale. Al posto della lingua del rapace stava un incavo a forma di tre onde.
- È splendida! - sospirai ammirandone la bellezza. Percy mi si avvicinò:- Ed è anche un’arma pericolosa. Facciamo così: se vinci, è tua. -
- E se perdo? - gli scoccai un’occhiata sospettosa.
- E se perdi, non solo mi tengo quella katana, ma tu non andrai in missione. -
- Cosa?! - mi incavolai, d’altra parte, che potere aveva lui su di me?
- Luke, se perderai significherà che non sei ancora pronto per andare in missione. Dunque non c’andrai. - confermò con noncuranza. Strinsi meglio la presa attorno all’elsa e mi concentrai: non potevo perdere perché Shilla stava aspettando me!
- Allora preparati a perdere, Percy! - gli gridai scagliandomi contro di lui.

Il duello infuriò cruento fin da subito: Percy era davvero abile ed in poco tempo mi aveva già fatto dei piccoli tagli sulle braccia e sulle gambe che sanguinavano in rivoli rossi.
La cosa peggiore era che avevo l’impressione che non si stesse neanche impegnando al massimo delle sue capacità. Beh... che non si stesse impegnando, punto!
- Devi essere più scattante, Luke! - mi gridò parando un mio colpo e contrattaccando graffiandomi il fianco. Gemetti, ma strinsi i denti: non avrei ceduto tanto facilmente.
- Non stare fermo sul posto! - mi incitò parando di nuovo ed indietreggiando per recuperare la distanza:- Devi muoverti! I muscoli tesi ed i piedi scattanti, avanti! - e prese a stuzzicarmi con la spada. Parai un fendente ed indietreggiai, quindi gli puntai contro la spada in modo da tenerlo lontano e riprendere fiato.
- Mi stai a sentire?! - sbottò lui con fare frustrato:- Ti ho detto che non devi stare con i piedi piantati a terra. Devi muoverti: essere scattante! - avanzò, fece una finta e mi colpì alla gamba destra ferendomi ancora. Indietreggiò mentre io, zoppicando, cercavo la stabilità sulle gambe. Lui scosse la testa:- Tuo padre è il più veloce degli dèi. Dovresti puntare molto sulla velocità. -
- E come dovrei fare, sentiamo! - giuro che ci stavo provando, ma non capivo. Lui sospirò:- Mettiti in guardia. - mi ordinò posizionandosi. Con riluttanza (perché, Luke Castellan o meno, non avevo certo dimenticato che aveva provato a strangolarmi!) obbedii.
- Tieni i muscoli pronti a correre. Molleggia sulle caviglie, così sarai già pronto per fare gli scatti. La spada impugnata salda a proteggere busto e volto come al solito... - mi impegnai per seguire le sue direttive e lui continuò:-... Stai basso! Questo è importante perché devi riuscire a proteggerti le gambe anche solo con una leggera rotazione del polso. - cominciai a muovermi come mi chiedeva:- Perché mi suggerisci? - ero molto sospettoso, specie nei confronti di chi aveva provato ad uccidermi. Lui alzò le spalle:- Se riuscirai nella tua impresa avremo salvato delle vite. - cominciammo a combattere nuovamente. Inizialmente feci fatica e mi presi dei nuovi tagli, poi cominciai a capire come funzionava e riuscii a schivare gli affondi di Percy.
- Bravo, . - mi sorrise lui guardando la terra sotto le mie Converse:- adesso tendi le orecchie ed ascolta il vento. L’udito è la tua seconda vista. -
Anche se con molti dubbi (non avevo mai sentito parlare di qualcuno che vedeva con le orecchie) feci come chiese: per un istante lasciai che fossero le orecchie ad “osservare” il campo di battaglia per me, e sentivo lo sferragliare delle lame che si incrociavano ed il tendersi del tessuto del nostro corpetto, infine presi il sopravvento.
Percy rallentò all’improvviso nei movimenti. Quando caricava un colpo lo sentivo dallo spostamento d’aria che mi giungeva alle orecchie e lo prevedevo. Inoltre mi ero notevolmente velocizzato. Fu una strana sensazione a pervadermi, la stessa che mi aveva preso quando avevo inseguito l’arpia di Shilla. In quel momento non ci avevo fatto caso, ma adesso la riconoscevo. Parai e contrattaccai. Percy si girò abbastanza in fretta da deviare il colpo, ma riuscii lo stesso a graffiargli il fianco. Attaccò lui ed io schivai, afferrai la guardia della sua arma e, con una rotazione del busto, gliela portai alla nuca. Lì era svantaggiato per riportarsela davanti: era come se fossi io ad avere il controllo della sua arma. Gli puntai la mia lama alla gola. Lui cercò di liberarsi, ma strinsi più forte la presa e lui cedette. Avevo vinto. Con questa consapevolezza, la strana sensazione mi abbandonò e tutto tornò a muoversi alla solita velocità.
Lo lasciai andare e lui si cacciò a ridere. Lo squadrai sorpreso e perplesso da quella reazione.
- Bravo, Luke! Adesso che hai le ali, devi imparare a volare! - mi indicò il terreno sotto le Converce, o così credevo perché... beh! Mi stava indicando proprio le scarpe, invece!
Era pazzesco, ma sulle mie Converse erano spuntate due ali bianche.
- Adesso che hai le ali... - mi sorrise amichevolmente:- ... devi solo imparare a volare! -
Il mio commento, ora, è di sole tre parole: “Facile - a - dirsi”!

Angolo di Kay e Connor Stoll
Io: Ah! Dovevo postare ieri e, guarda caso, quando rendo noto il giorno succede sempre qualche impedimento! -.-' Ma devo ringraziare il mio Connor! Grazie mille Conny!
Connor: Non chiamarmi Conny!!!!
Io: AwA! Ieri stavo non particolarmente bene e lui si è preoccupato di darmi una mano! Caruccio! X3
Connor: Eh, lo so! AwA
Io: Tornando al capitolo... Che ne dite? Ho notato che Percy piace molto tra i lettori... anche più di Luke!!! Scioccante!
Connor: Si, che ci venite a fare in una storia su Luke???
Io: Sssh! Dopo se ne accorgono! XD No, dai, la prendo come una vittoria personale: essere riuscita a trovare lettori con un personaggio che a loro non interessa particolarmante. Fico!
Connor: *annuisce*
Io: Non sono stata a riscrivervi tutta la storia di Luke Castellan sennò potvo direttamente prendere i cinque libri di Rick e ricopiarveli. Mi pareva una parte superflua e sono passata oltre come si capiva già dalla prima frase.
Non so, a me piace il rapporto silenzioso tra Luke e Travis, un rapporto fatto di sguardi ed intese... mi piace! ^^
Connor: Per me è troppo pieno di silenzi, ma... immagino stia ai lettori scegliere!
Io: *annuisce*
Connor: Bene, grazie di essere arrivati fin qui ed aver aggiunto alle varie liste!
Io: Si, grazie mille! Un abbraccio a tutti coloro che continuano a seguirci, noi due ed il caro Luke Reasonson!

Kay e Connor Stoll (A_A... ndConnor)

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Capitolo 10
*** Primo giorno: cominciamo bene! ***


San Francisco. Era quello il luogo dei miei sogni su Shilla.
“Galoppavo” su un cane infernale, anche se non ero sicuro che “galoppare” fosse il termine adatto. Quella era la Signora O’Leary. Travis aveva chiesto a Percy di prestarcela per il viaggio. Era accaduto piuttosto in fretta:
Percy mi aveva giudicato pronto per l’impresa e Chirone, che aveva assistito al duello, mi aveva dato la possibilità di scegliere due compagni di viaggio. Normalmente avrei chiesto a Travis ed a Shilla, ma dimenticavo che lei non c’era. Il mio fratellastro mi disse che spettava a me, e soltanto a me, decidere. Non feci lo schizzinoso, ma neanche mi misi in pericolo: scelsi solo Travis e la signora O’Leary. Chirone si mise a ridere quando pronunciai il nome del cane infernale nell’elenco dei miei compagni d’avventura (o di sventura, che dir si voglia...).
Volevo correre subito da Shilla ma il mio fratellastro, con il suo tono piatto che non ammetteva repliche, mi convinse a fare una sosta lungo il percorso, dicendo che doveva prima parlare con una persona.
Il cane infernale era velocissimo: in pochi minuti, alcuni chilometri. Meglio di un’auto in autostrada!
Fece in tempo a calare il sole prima che ci inoltrassimo in una foresta. Non avevo la benché minima idea di dove fossimo, ma feci finta di nulla.
Per muoverci tra gli alberi, la signora O’Leary, fu costretta a rallentare. Travis tirò fuori dallo zaino la t-shirt arancio del campo e la fece annusare al cane infernale, come gli avevo già visto fare ad inizio viaggio. L’animale o il mostro, chiamatela come volete voi che io la chiamo come voglio io, si mise ad annusare l’aria prima di scodinzolare e ripartire di corsa nello slalom.
Arrivammo in prossimità di una radura (me lo assicurò il mio fratellastro), quando Travis ordinò alla signora O’Leary di fermarsi. La fece sdraiare e mi ordinò di rimanere fermo, quindi avanzò nel folto scomparendo dalla mia vista.
Ammetto che mi annoiai e fui scocciato dal suo modo di fare: quella era la MIA missione! Perché dovevo restarmene lì a cuccia con il cane infernale?!
Come leggendomi i pensieri, la signora O’Leary abbaiò contro di me con sdegno.
- Ok, scusa, scusa bella! - mi misi sulla difensiva.
Improvvisamente sentii pungere alla spalla. Mi guardai: avevo una spina piantata. Il cane infernale guaì, poi il mondo cominciò a ruotare ed io svenni... per l’ennesima volta!

Quando mi risvegliai ero in una capanna di pelli guardato in cagnesco da un gruppo di ragazze munite d’arco e frecce. Mi sedetti a gambe incrociate e ricambiai l’occhiata sperando se ne andassero o per lo meno la finissero di fissarmi in quel modo.
Ovviamente non funzionò. Decisi di puntare sulla “tecnica finale”: fare l’imbecille.
Con voce da tedesco con la raucedine e la faccia da psicopatico dissi loro:- Zono Crono. Andadevene o vi annienterò dudde! -. Loro buttarono gli occhi al cielo e mi lasciarono, finalmente, solo. Fare l’idiota funziona sempre quando si tratta di allontanare delle ragazze. Mi guardai intorno e tra le tante cose trovai le spine, o meglio, gli stuzzicadenti che evidentemente mi avevano tirato contro. Sonnifero. Ero sicuro fossero cosparsi di sonnifero.
Dov’era la signora O’Leary? E Travis? Era stato preso anche lui?
Non mi piaceva l’idea di restare solo in una foresta. Beh, in realtà c’erano le ragazze, ma non ero convinto fosse una cosa positiva.
Maledizione alle geniali idee di mio fratello! imprecai tra me e me.
Alla fine decisi: o restavo lì e vedevo che mi sarebbe successo, oppure prendevo l’iniziativa e cercavo i miei due compagni di viaggio.
Optai per la seconda.
Sgattaiolai fuori dalla tenda e notai che davanti a me c’era un campo militare di tende di pelli vero e proprio.
Se Travis era stato preso si trovava sicuramente lì.
Mi mossi furtivo, drizzando le orecchie per percepire meglio quello che accadeva attorno a me. Mi muovevo sul confine della foresta, nascosto tra le foglie, osservando e studiando le mie nemiche. Erano tutte donne, delle più svariate età. Di Travis e della signora O’Leary non c’era traccia.
Venni tirato indietro per la t-shirt e mi ritrovai con una lama calda del sangue che la impregnava contro alla gola.
Sudai freddo per la prima volta, ma non svenni (strano!).
- Chi sei?! - ringhiò una voce femminile alle mie spalle. La testa mi girò, ma resistetti.
- Luke, Luke Reasonson, vengo in pace! - mi affrettai a rispondere in stile “film fantascientifico” mentre il respiro mi si faceva frettoloso per la paura. Volevo mettere in chiaro certi punti: uno, non volevo essere sgozzato. Due, beh... suppongo la stessa cosa del punto uno.
- E allora che ci fai qui?! - mi incalzò subito la ragazza. Giusto, che potevo rispondere? Lei premette di più il filo della lama sulla mia giugulare e fu lì che, colto dal panico, sbottai:- Cercavo mio fratello! -
- Lui non è qui. Solo le femmine sono ammesse tra le Cacciatrici di Artemide. - sibilò furiosa.
Oh, fantastico! Qualcun altro fissato con la mitologia.
- Cerco anche il mio segugio “da viaggio”! - replicai. Lei rimase qualche istante in silenzio, poi mi lasciò.
- Vieni. - mi disse afferrandomi per un braccio e portandomi verso l’accampamento.
Aveva i capelli neri, una camicetta argentata ed un paio di jeans strappati. Il look ci stava tutto! Chissà se le piacevano i Linkin Park...(?)
Arrivati dietro alla prima tenda si fermò:- Non guardare nessuna e soprattutto non parlare con nessuna, è chiaro?! -
- Chiaro. - bofonchiai più preso dai miei viaggi mentali che altro. Lei si girò a guardarmi.
Appena incrociai il mio sguardo con il suo... ebbi un capogiro e mi sentii come se il mondo mi fosse caduto addosso. Sebbene le forze non tardarono a trovarmi, il mal di testa durò per alcuni minuti mentre mi portava per il campo. Era molto carina. Un’aria severa, gli occhi azzurri che mandavano lampi ed un fisico perfetto. Qualche centimetro più di me. Seguii l’ondeggiare dei suoi fianchi finchè qualcos’altro non catturò la mia attenzione.
Travis! - feci per superare la cacciatrice ma lei mi fece lo sgambetto, io ruzzolai a terra e lei procedette davanti a me fino al mio fratellastro. Schioccò le dita e lui si voltò con la solita impassibilità. Incrociò il mio sguardo: gli sorrisi, ma lui non si mosse. Lo presi come un sorriso di rimando. Mi avvicinai. Accanto a lui stava un’altra giovane e Travis la indicò con un cenno:- Lei è Phoebe. Phoebe, lui è il ragazzo di cui ti ho parlato. -
Parlato? Hai parlato con qualcuno? sulle prime ne fui veramente stupito. Poi, dopo che la cacciatrice che mi aveva assalito ci ebbe accompagnati dalla signora O’Leary, capii perché. O meglio, feci le mie ipotesi.
Quei due si guardavano come se uno desiderasse l’altro e non potesse ottenerlo.
La capo delle cacciatrici, Thalia, ci spiegò come funzionava al campo. Quando si presentò, mi sentii nuovamente male.
Così, pensai, Phoebe ha prestato giuramento di ignorare i maschi? Sentii una fitta al cuore: perché tutte le sfortune di questo mondo capitavano a Travis? Innamorato di una giovane immortale che quasi non poteva parlare con lui. O almeno, così sospettavo, ma non ne ero sicuro. Insomma, le mie uniche prove erano quegli sguardi fugaci che si scambiavano, nulla di più.
La signora O’Leary leccò il mio fratellastro da capo a piedi e lui non ne fu particolarmente contento: storse il naso infastidito mentre si scrollava la bava di dosso. Quel piccolo gesto, quel semplice movimento del naso, mi ricordò papà facendomi sentire la sua nostalgia. Era bravo a mentire, anche con lo sguardo, ma se era infastidito gli veniva spontaneo storcere il naso in quella maniera. Ebbi un flash, sentii il cuore pulsarmi nelle tempie e barcollai. Il mio fratellastro, prontamente, mi afferrò e mi sostenne così che potei recuperare le forze.
Thalia e Travis si scambiarono un’occhiata eloquente prima che il mio fratellastro mi colpisse alla spalla facendomi perdere i sensi.
Quando mi risvegliai ero di nuovo nella mia tenda. Sull’entrata stava Travis e dentro con me, ma a debita distanza, Thalia.
Mi tirai a sedere con un leggero giramento di testa.
- Che hai visto questa volta? - mi chiese la ragazza con un tono leggermente allarmato. Scoccai un’occhiataccia a Travis che significava un “Glielo hai detto?!”. Evidentemente Thalia era a conoscenza dei miei sogni sul passato il che mi fece chiedere: “Perché è così nervosa?”, forse era una mia impressione del tutto errata.
La verità era che non rammentavo il mio sogno. Mi sentivo solo leggermente, quasi impercettibilmente, sconvolto, ma non ricordavo perché e non sapevo neanche se questo avesse a che fare con il mio sogno. Poi ricordai cos’era stato probabilmente a farmi venire quella reazione:- Prima voi due ditemi perché mi avete colpito alla nuca! -. Thalia sbuffò nervosamente mentre Travis manteneva il silenzio. Buttai gli occhi al cielo:- Allora? -
- Eri stressato! - sbottò la ragazza irata. Che le avevo fatto? Non cercai di capire. Le scoccai, diversamente, uno sguardo scocciato incitandola a giustificasi perché non mi pareva una giustificazione valida per menare la gente quella di vederli stanchi. Almeno secondo me! Inutile, la mia fortuna aveva colpito ancora: se potevo incontrare della gente, era sicuramente gente che mi voleva morto.
- Lascia perdere Servitore di Crono... - ci risiamo, buttai gli occhi al cielo - ... che hai sognato piuttosto? -. lasciai cadere la questione davanti a quegli occhi azzurri, di una sfumatura diversa dai miei, da quelli di Travis, di papà... e di Shilla.
- Non me lo ricordo. - ammisi. Mi alzai in piedi e lei mi seguì a ruota. - Grazie dell’aiuto Thalia, ma adesso dobbiamo ripartire. -
- Come mai? -
Guardai Travis per capire cosa potevo rivelare e cosa no, ma lui non diede a vedere alcuna emozione in proposito (ovviamente!) lasciandomi in imbarazzo. Decisi di fare da me con una via di mezzo:- Devo salvare un’amica. -
- E non mangi? -
- Cosa? - era un giorno che stavamo, o almeno, io stavo a digiuno ed il mio stomaco se ne rese ben presto conto protestando rumorosamente.
- Ok, va bene. Hai vinto cacciatrice. - mi morsi il labbro inferiore. Chiedere scusa e dare ragione ad altri non mi piaceva, come non piaceva a mio papà ed a suo padre Zeus. Almeno così mi aveva riferito Shilla. Era un vizio di famiglia!

Angolo di Kay e Connor Stoll
Questo capitolo è per American_Idiot! ;D
Connor: Siiii! Abbiamo pensato a te! ^^
Io: Abbiamo???
Connor: Taci! Devo uscirci insieme! U.U
Io: Ah! Devi farti notare?
Connor: Si! U_U
Io: Ok! XD
Connor: Comunque, questo capitolo era anche per i fan della Phoevis! ^^
Io: Esiste? Io conoscevo la Phoennor...
Connor: Taci! Ci sto provando con Marina, con American_Idiot, mi vuoi far fare la figura del "latinlover"???
Io: Ehm... n...
Connor: E allora basta, ne?!
Io: ... .... ... Ne! :)
Connor: Quindi... fan Thaluke, fan Phoevis e... altro?
Io: Fan "Ci_godo_quando_Luke_se_la_passa_male" e "Viva_le_lame_sul_collo_di_Luke"! ^^
Connor: XD! XD! XD!
Io: Comunque, FINALMENTE, sono partiti! ^^
Connor: Aspettiamo le vostre recensioni! :)

                                                                                                        Kay & Connor Stoll (I hate you, Kay! ndConnor)

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Capitolo 11
*** Quando piagnucolo pensando a mammina ***


La Signora O’Leary si era riposata e ci stava portando in groppa a gran velocità.
Thalia... una così non la si dimentica, fidatevi!
Pensavo a quando le avevo chiesto di venire con me e Travis. Lei aveva rifiutato dicendo che era al comando e non poteva assentarsi, specie per seguire due maschi. Travis poi mi aveva ripetuto chi erano le Cacciatrici e che cosa comportava loro quella scelta. Allora gli avevo chiesto se gli piaceva Phoebe e se per quel patto non potevano stare insieme, ma lui non mi rispose mai. Lo presi, di mia spontanea iniziativa, per un sì.
Ricorderò sempre lo sguardo deciso di Thalia quando mi parlava e quegli splendidi occhi che mandavano lampi. Quel look punk che mi dava alla testa su quel corpo meraviglioso. Era una ragazza intelligente e decisa, lo avevo visto in ogni suo movimento.
- Non farlo. - mi richiamò Travis.
- Non fare cosa? -
- Innamorarti di una di loro. Di una cacciatrice. -
- Non mi sono innamorato di una cacciatrice! - era vero. Trovavo Thalia semplicemente bellissima ed incredibilmente tosta come... beh... a me piacevano le tipe così, ma non ero innamorato! Non lo ero! ... O forse mi sbagliavo? Travis mi squadrò con la sua solita inespressività:- Spero tu abbia ragione. - in qualche modo capii che lo sperava per me.
Continuammo a sfrecciare sull’animale in silenzio, fino a che non mi decisi a porre una certa domanda. Una cosa che da quando mi avevano raccontato la mia precedente vita mi aveva sempre incuriosito. Era una domanda la cui risposta mi spaventava.
- Travis, scommetto che Luke Castellan ha tradito la tua fiducia. Perché allora non cerchi di strangolarmi come ha fatto Percy? -
- Lui ha rinunciato al suo proposito. -. Come al solito ero io a dovergli tirare fuori le parole di bocca, anzi, direttamente dal collo!
- Ok, ma tu non lo hai neanche avuto per la testa. Come mai? Che legame avevi con me... beh, con l’ex-me? -
- Forse un giorno lo capirai. - mi disse semplicemente. Continuai ad insistere per un altro quarto d’ora buono, ma non mi disse nulla di più e rinunciai a capirlo.

Calò la sera.
La signora O’Leary cominciava a non poterne più, così decidemmo di fermarci per la notte.
Lo ammetto: ero distrutto e per questo sollevato che avessimo deciso di fermarci un po’ perché la schiena del cane infernale... diciamo così: non era particolarmente comoda.
Travis continuava a far saettare lo sguardo da una parte all’altra, scrutando prima il cielo, ora la terra. Mi strinsi alle ginocchia cominciando a sentire freddo.
Capii perfettamente che non potevo dirgli nulla per calmarlo. Avevo intuito che, dalla morte di suo fratello, era diventato terribilmente sospettoso. Pensavo che, probabilmente, era convinto di essere sempre in pericolo. Immaginavo che sentisse una nuova responsabilità nei miei confronti e che non volesse fallire. Lui aveva già perso qualcuno per un errore. Io avevo perso qualcuno perché non ero riuscito a correre abbastanza veloce da afferrarlo. Lui ora doveva proteggermi, almeno a suo parere. Io avrei dovuto correre veloce ed afferrare Shilla. Lui poteva ancora farcela. Io avevo già fallito. Allora perché gli dissi di non preoccuparsi e di calmarsi? Perché se ero convinto di non voler vedergli provare quell’odiosa e devastante sensazione che, dal profondo dell’anima, urlava “Fallito!”?
Perché continuavo a dubitare del suo istinto da “semidio esperto” e fare affidamento solo al mio da “mortale di città”?
So solo che, com’era giusto che fosse, lui non mi considerò e continuò a gettare sguardi fugaci in giro.
Mi chiusi nei miei pensieri e, in un certo senso, fui felice che Travis tenesse così d’occhio la situazione: mi trasmetteva quella sicurezza che, da solo, non avrei certamente avuto.
Mi chiesi dove fosse papà. Mi stava osservando? Forse stava consegnando la posta ad uno dei suoi “importanti destinatari” che ormai sapevo essere gli dèi.
Magari invece era alle prese con qualche affare di Wall Street, o si stava preparando per una rapina ad una delle banche Svizzere con cui amava giocare a guardie e ladri. Ovviamente lui stava sempre dalla parte dei ladri!
Altrimenti poteva star controllando come andava il turismo nei vari paesi. O forse, semplicemente, era andato da mia madre. Forse stavano parlando di me. Lui la stava consolando dicendole che me la sarei cavata ed avrebbe mentito dicendo che avrei voluto salutarla prima di partire. Il che era vero, ma non l’avevo detto.
Mi immaginai mia madre sulla poltrona rossa del salotto avvolta nella coperta che tirava sempre fuori quando si sentiva sola. Il fuoco scoppiettava nel caminetto e gettava ombre sui loro volti a cui non avrei potuto attribuire un significato preciso.
Mio padre era seduto sul bracciolo posando una Converse sull’orlo e l’altra gamba un po’ a penzoloni. Teneva una mano sulla spalla della mamma e la guardava. Lei restava a fissare le fiamme con aria assorta, ma lui l’avrebbe sempre guardata con gli occhi lucidi di felicità. Perché era felice di amare quella donna e perché era felice di avere me come figlio. Questo mi diceva sempre, ogni volta che scopriva che li stavo osservando in quei rari momenti. Ma non potevo farci nulla: adoravo vedere la mia mamma ed il mio papà insieme che si volevano bene.
Avevo scoperto che a loro piaceva passare le serate così quando avevo quattro anni e da allora, tutte le sere che papà era a casa nostra, scendevo dalle scale del primo piano dove si trovava la mia cameretta e scrutavo il salotto. A volte non c’erano, ma nelle serate che passavano davanti al fuoco io ero lì. Ero a guardarli seduto sui gradini delle scale, coperto dall’ombra. Stavo a guardarli fino a che non si lasciavano o non mi stancavo io. Li amavo guardare perché mi riempiva il cuore di gioia sapere che anche io avevo due genitori che si amavano come tutti gli altri bambini. Perché mi piaceva assaporare l’intimità del momento e perché desideravo esserne partecipe. Non volevo essere là con loro, ma solo osservarli dalle scale, in silenzio per non rompere la magia.
Mi scoprì una sera papà. Quel giorno era andato tutto storto. A scuola avevo fatto fatica con l’alfabeto: dato che ancora non sapevo di essere un semidio dislessico mi sentii inferiore rispetto agli altri, nonostante fossi ancora piccolo e quasi tutti i miei compagni avessero ancora delle difficoltà con qualche parola più complessa. Alcuni amici del parchetto vicino a casa mia mi avevano preso in disparte e avevano cominciato a dirmi che ero strano e che i miei genitori non si volevano veramente bene. Stavano insieme solo perché c’ero io.
Sapevo perfettamente che le cose non stavano così: li avevo già visti in salotto in quelle serate speciali. Qualche volta li avevo persino sorpresi a scambiarsi un breve e leggero bacio sulle labbra. Nulla di più che un “ti voglio bene” che mi aveva fatto sorridere. Ma sentirsi dire quelle cose, mi ferì lo stesso.
Casualmente, quella sera, papà venne a farci visita. Gli raccontai tutto: lui era in assoluto il mio migliore amico e mi capiva sempre. Anche quella volta mi disse che avrei imparato a leggere, che dovevo impegnarmi, ma che se qualcosa fosse andato storto... non sarebbe stata la fine del mondo. Aggiunse che i miei amici erano invidiosi perché:- ... modestie a parte, tua papà è un tipo forte, caro il mio mini-me! - mi fece l’occhiolino e mi scompigliò i capelli facendomi sfuggire una risata. Avevamo cenato e poi mi aveva aiutato ad infilarmi il pigiama ed a mettermi sotto le coperte. Mi baciò sulla fronte, mi passò una mano tra i capelli sorridendo affettuosamente e spense la luce augurandomi la buona notte.
Aspettai alcuni minuti, poi, quando calò il silenzio, scesi per le scale.
Loro erano là. Questa volta si tenevano per mano. Sorrisi e mi sedetti a guardarli. Restai a lungo, ore probabilmente! Sentii la stanchezza sopraggiungere, ma volevo godere di quella conferma di ciò che papà mi aveva detto appena quel tardo pomeriggio. Piano, piano, senza che me ne rendessi conto, Morfeo giunse ed io mi addormentai con la testa appoggiata ad un piolo della ringhiera in legno della scala.
Papà mi raccontò in seguito che fu il primo ad andare a letto dei miei due genitori: aveva avuto parecchie consegne quel giorno ed era troppo stanco per durare fino all’una di notte circa, come facevano di solito. Motivo per cui mi ritrovò davanti a sé salendo le scale. Aveva pensato “Luke, sei un caso perso!” con un tono d’affetto e, anche se non lo disse, io sapevo che lo aveva detto guardandomi di sottecchi, storcendo il labbro in un sorriso di disapprovazione e scuotendo la testa prima di sospirare e prendermi in braccio per riportarmi a letto.
Mi scese una lacrima per la guancia: quanto desideravo tornare a vedere i miei genitori insieme davanti al caminetto dalle scale. Invece ero lì, a prendere freddo. A rischiare la vita. Travis mi si avvicinò, mi appoggiò la sua gicca di pelle nera sulle spalle e mi diede un semplice comando:- Dormi. -
- E la guardia? -
- La monteremo io e la signora O’Leary. Tu dormi. -. Sospirai. Non potevo fare altro, così mi sdraiai a terra raggomitolato nella casacca calda di Travis e mi addormentai nella speranza che, anche quella sera, giungesse mio papà a prendermi ed a portarmi a letto, in camera mia, sotto le coperte, al mio amato focolare domestico.

Angolo di Kay & Connor Stoll

Kay: Lo so che è da un po' che non aggiorno, ma al momento sono in periodo verifiche! Non ho avuto molto tempo per postare nuovi capitoli, scusate. Intanto... vi piace??? Io lo trovo dolce. Mi sembrava bello mettere una parentesi di Slice-of-life, anche per spiegare come mai Luke ha un certo carattere e compie determinate scelte.
Connor: Wellàààà!!! Come vaaaa???
Kay: Eh... sei sbronzo?
Connor: Noooo! Perchè dici???
Kay: Non saprei... chi ti ha dato la vodka che tieni in mano?
Connor: Nessunoooo!!! *ondeggia poco stabilmente*
Kay: Conny, calmati.
Connor: Sono calmo. Wellààààà! Vicinatoooo!
Kay: *corre a tappargli la bocca* Oh... Shut up! Ti si rovina il fegato, sai?
Connor: Meglio la vodka che una canna!
Kay: Connor!!! ... Non ho parole! Vomita e ti giuro che pulisco il pavimento con i tuoi capelli!
Connor: Che schifo. Non vomito. *se ne va barcollando*
Kay: Cosa devo fare??? A_A *sospira* Vabbè, un abbraccio,
                                                                                             Kay & Connor Stoll

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Capitolo 12
*** Scambio due parole con il depresso ***


La mattina dopo Travis mi svegliò presto.
Già... mio papà non era venuto a portarmi via, ma era un bene. Non dovevo essere debole: dovevo farmi coraggio per salvare Shilla e gli altri semidei rapiti dalle arpie. Inoltre dovevo capire perché era successo quel tanto. Le barriere erano invalicabili per mostri e mortali avevano detto Travis e Shilla. Perché le arpie erano riuscite a passare? Non me lo sapevo spiegare, ma tutto quello mi suggeriva un complotto. Un complotto interno al Campo. Questo mi fece vorticare la testa e quando ne parlai a Travis, quella sensazione si fece più presente dandomi la nausea.
Travis mi strinse una spalla dicendomi di non pensarci. Qualcosa mi disse che la nausea che provavo non era altro che uno dei miei ricordi che cercava di riaffiorare. Mi feci schifo da solo. Ancora. Perché temevo di ricordare fossi stato io il traditore interno al Campo dei miei ricordi.
La signora O’Leary ci si avvicinò scodinzolando ed agitandosi. - Che ha? -
- Voglia di ripartire. Riesci a capirla? - prese il muso dell’animale, lo carezzò e le diede alcuni biscotti per cani che teneva in bisaccia. Erano piccoli per quel cane gigante, ma immaginavo sentisse comunque il sapore.
Riesci a capirla? ripetei la domanda nella mia testa. Quante volte, a otto o nove anni, avevo corso per casa urlando “Tra due settimane partiamooo!”? Un’infinità! Adoravo le vacanze. Mi piaceva viaggiare in auto, anche se dopo qualche ora mi annoiavo. Mi piaceva anche andare in barca, ma mia mamma soffriva un po’ di mal di mare e non ci capitava spesso di andare in traghetto. I miei viaggi preferiti restavano, comunque, quelli in aereo. Mi piaceva guardare il panorama fuori dal finestrino, sognare di toccare le nuvole, adoravo i vuoti d’aria quando, mentre tutti gridavano spaventati, io mi cacciavo a ridere. Avevo sette anni l’ultima volta che avevo volato in aereo ed era stato per andare in Egitto. Splendido, anche se i miei ricordi, oramai, sono confusi. Quindi si. La capivo.
- Travis, come facevi a sapere che mi piaceva viaggiare? -. Lui strinse le labbra e tirò un lieve sospiro:- Piaceva tanto anche a me. -
- Adesso non ti piace più? - mi avvicinai di qualche passo.
- No. -
- È per... - lasciai la frase in sospeso, ma lui mi capì:- Si. -
Mi ritrovai a pensare a quanto mi sarebbe piaciuto conoscere i due fratelli Stoll insieme. Travis avrebbe potuto parlarmi di Connor, ma non sarebbe stata la stessa cosa.

Rimontammo sulla signora O’Leary dopo una magra colazione.
Il mio stomaco protestò per l’avarizia nelle quantità, ma non potevamo permetterci di approfittare della dose ancora buona nelle nostre scarselle.
Al Campo dovevano averli addestrati a tutto perché Travis non sentiva minimamente fame.
Lo capì dal silenzio che piombò tra di noi (fatta eccezione per i gorgoglii del mio stomaco).
Mi appoggiò una mano sul fianco con fare affettuosamente protettivo. Normalmente mi sarei scansato, ma Travis era speciale.
Detestavo quando mia mamma mi chiedeva il bacio della buona notte, ancor di più quando era lei a darmelo. Trovavo irritante quando mi rivolgeva dei complimenti perché, magari, ero andato bene a scuola. Odiavo quando mi carezzava o mi chiamava con un imbarazzante nomignolo di sua invenzione.
Travis non era la stessa cosa... si, potevo accettare di farmi trattare da fratellino minore.
Il rapporto che avevo con Travis era più simile a quello che avevo con mio padre. La compagnia di entrambi mi allietava e non mi dispiaceva troppo se mi trattavano con amore, purché non lo facessero davanti ad altri. Fin’ora papà non mi aveva mai deluso sotto questo punto di vista, forse anche perché, tra gli dèi, era quello che aveva più contatti con gli umani a causa della sua sfera d’influenza. Forse sapeva esattamente quello che provavo in ogni fase della mia vita; immaginai avesse una certa esperienza.
Ricevetti un altro colpo alla schiena dovuto al movimento ondulatorio ed a balzi della signora O’Leary e mi ritrovai a rimpiangere il passaggio sul carro del Sole. Dov’era mio zio quando serviva?! Guardai il disco del Sole stringendo gli occhi infastiditi da tanta potenza luminosa e sperai vivamente che quella brillantezza si facesse sempre più intensa fino a far comparire una Pontiac rossa fiammante. Speranza inutile, lo sapevo perfettamente anche da me.
- Gli dèi vanno d’accordo? - mi ritrovai a chiedere stranamente. - Non sempre. - mi rispose Travis sbrigativo. - Quando? - lo incitai a continuare. - Quando sono in compagnia di divinità con cui non vanno particolarmente d’accordo. - “Ma dai?!” stavo per fargli il verso, ma mi trattenni. - Travis, mi faresti qualche esempio? -. Lui rimase in silenzio un istante prima di rispondere:- Per esempio... Atena ed Artemide. Lasciamo stare la questione della mela d’oro! Entrambe sono due dee che hanno fatto voto di castità e che se ne intendono di armi. -
- Papà? -
- Lui è il messaggero... va un po’ d’accordo con tutti. In particolare con Apollo. -
- Come mai? -
- Per la lira ed il flauto. - dovette capire dalla mia espressione che non avevo idea di cosa stesse dicendo perché continuò:- Nostro padre fu l’inventore sia della lira che del flauto. Apollo rimase incantato dai suoni di quegli strumenti e papà glieli scambiò. -
- Com’è successo? -
- Puoi leggerlo su un libro di mitologia. - rispose sbrigativo. Ci rimasi un po’ male, ma feci spallucce.
Restammo in silenzio per un’altra manciata di minuti. Capii che mi aveva studiato per tutto quel tempo quando mi chiese:- Sai volare? - ed io, innocentemente ed inconsapevole delle conseguenze, risposi:- No. -
L’inizio della fine: sentii perfino la nostalgia delle lezioni di spada!

Angolo di Kay e Connor Stoll

Kay: Ok... capitolo corto... decisamente corto... troppo corto... no, non sono felice del risultato... vi prometto che il prossimo capitolo sarà più lungo!!! ... Vi lascio nelle mani di Connor che vado a buttarmi sul letto...
Connor: Ok, sono qui. Si... è cortissimo, ci dispiace molto! Se Kay non è più qui è perchè è agonizzante a letto che non sta particolarmente bene...
Allora... questo è un po' un capitolo di stallo... infatto il titoletto fa schifo ma non avevamo idea di che nome dargli!
Non ho un cavolo da dire... cioè non so che dire quindi... ringraziamo!
Hanno aggiunto ai preferiti la storia:

1 - American_Idiot
2 - Catnip Elizabeth Weasley
3 - Cherry_Black
4 - Daphne_92
5 - LenieRR
6 - MissPercabeth98
7 - Stelplena_Cielo
8 - Thalia_Swift13

Hanno aggiunto alle seguite:
1 - Dafne Rheb Ariadne
2 - darksky98 
3 - dorea_black_potter
4 - dubhealex
5 - GretaJackson16
6 - MissPercabeth98
7 - Nanetta4ever
8 - Prescelta di Poseidone
9 - Zarolina__M__
10 - _Simmiu_Zoe_Jackson_

Chi continua a recensire con costanza:

1 - Stelplena_Cielo
2 - Dafne Rheb Ariadne
3 - dorea_black_potter
4 - Prescelta di Poseidone
5 - American_Idiot
6 - LenieRR


Ciao a tutti da,

                  Kay & Connor Stoll (Mi vendicooo!!! ndConnor)

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Capitolo 13
*** Faccio la fine della frittella! Ahi ahi! ***


Le catene tintinnavano, percosse con violenza.
Dalla cella giungevano versi orribili, inquietanti miscellanee di urla animali e mostruosi.
La parete tremava, spinta dalla potenza della creatura rinchiusa tra quelle robuste quattro mura, che oscillavano colpite dal corpo dell’essere.
Una figura umana osservava la creatura imprigionata. Scosse il capo:- Non uscirai di qui a meno che non lo voglia io. -
Gli occhi dell’essere brillarono d’oro:- Lasciami andare!!! - ringhiò con voce incrinata dalla furia e mescolata allo stridere di un rapace.
- No. - rispose secca la figura umana con voce altera. La creatura prese aria ed urlò con tutta la forza che aveva in corpo. Il suono che uscì dalla sua bocca fu un incrocio tra il ruggito del leone, lo stridere dei rapaci, l’urlo delle scimmie urlatrici ed il barrire di un elefante con aggiunti altri versi mostruosi.
I capelli della figura umana si scostarono percossi da niente più che una lieve brezza.
Il prigioniero guardò il suo carceriere con aria sconcertata e l’altro si mise a ridere:- Conosco bene i poteri della tua voce. Credi forse sia così stupido da lasciarti libero?! - lo schernì. La creatura, in tutta risposta, gli ringhiò contro come un cane famelico. Il carceriere storse il labbro in una smorfia soddisfatta:- Quella specie di museruola che ti ho messo, serve proprio ad impedire tu possa usare la voce per ferire. - spiegò con un moto d’orgoglio:- Inoltre le catene che ti imprigionano per braccia e collo t’impediranno di liberartene. - sorrise sempre più soddisfatto di sé, guardando l’odio che trapelava dalle espressioni dell’altro:- Ma cosa più importante... - continuò con gli occhi che brillavano da tanto godimento nel vedere la furia del prigioniero:- ... non puoi neppure utilizzare le tue preziose gambe, dato che sono ancorate al suolo pure esse. -
La creatura urlò di incontenibile rabbia. Urlò e si dimenò con una forza sovraumana. Il sudore gli incrostò i capelli, ma non si arrese. Sputò sangue, ma continuò a dimenarsi, anche quando la voce gli divenne roca e le labbra gli si ricoprirono di un liquido denso e vischioso. Il suo sangue.
Infine cadde. Crollò a terra con il respiro veloce ed il petto che s’alzava e s’abbassava visibilmente.
- Non puoi fare nulla per liberarti. - sorrise la figura di fattezze umane che era rimasta a divertirsi mirando l’invano tentativo di liberarsi del prigioniero:- Ti conviene rassegnarti all’idea. - sospirò con una falsissima smorfia dispiaciuta. Alzò il capo e sorrise, quindi si avviò per il corridoio delle “prigioni divine”, al piano segreto sotto l’Empire State Building, verso i piani superori.
La creatura strinse i denti e s’accigliò mentre il respiro gli si faceva via via più rumoroso a causa della rabbia che montava. Tese i propri muscoli e scattò in piedi avventandosi contro le sbarre della cella. Le manette, prevedibilmente, gli impedirono di raggiungerle.
Gli occhi lampeggiarono d’oro, l’essere alzò il capo verso il soffitto e con un odio incontenibile urlò:- ZEUS!!! - mentre di sottofondo emetteva un ringhiare degno di un cane infernale di otto metri, minimo. Schizzi di sangue partirono dalle sue viscere salendo alla bocca, dove venivano sputati fuori. Il pavimento intorno alla cella e quello del vano stesso si incrostarono del vischioso liquido dorato e, ormai esangue, la creatura si accasciò a terra stremata, privata delle forze e di ogni speranza di liberarsi.
Pian piano le palpebre gli si abbassarono ed andarono a coprire gli occhi color dell’oro, mentre un piccolo rivolo di sangue continuava a fluire fuori dalla bocca dell’essere ad ogni spasmo dello stomaco ferito a causa dello sforzo muscolare.

Avete presente la sensazione di star volando? Oh, andiamo! Avrete pur sognato almeno una volta, no?! Ricordatevela! Un ricordo stupendo: il vento che vi sfiora, la libertà. Ebbene: cancellatevi dalla testa tutte queste spudorate menzogne!
Volare è qualcosa di terrificante. Messo in chiaro questo punto, torniamo alla mia vita:
Travis aveva lasciato la signora O’Leary libera di andare a caccia e si era (purtroppo!) messo in testa di insegnarmi a volare.
Per prima cosa mi spiegò come richiamare le mie ali: la teoria era più complicata della pratica. In fondo bastava che ci pensassi e che desiderassi comparissero ed un lieve formicolio alle caviglie mi avvertiva che le avevo spiegate. Fidatevi: era una cosa semplice e facilmente controllabile.
Me le fece muovere come diceva lui così da testare il mio controllo e lo classificò come “Ottimo”. Ah, ah! Non aspettò un secondo a sminuirmi dicendo che c’erano valori più alti nella sua scala di valutazione. Che antipatico che sapeva essere alle volte! Ma era pur sempre il mio fratellastro e dovevo accettarlo così com’era, in fondo aveva anche svariati pregi.
Poi arrivò il difficile: volare.
Saltavo, mi sollevavo in volo, sbattevo le ali e riuscivo pure a rimanere in aria! ... Quindi la magia finiva: le mie scarsissime alucce non mi sostenevano più ed io ricascavo a terra.
Quando ero fortunato c’era Travis ad afferrarmi, ma non vi nascondo che un paio di volte feci la fine della frittella. Andiamo: conoscete tutti la storia e non c’è bisogno che ve la racconti! Sarebbe divagante oltre che umiliante.
Caparbio com’ero e come sono, non mollai, ma riprovai allo sfinimento. Beh, a fine addestramento (non saprei come altro chiamarla quella tortura!) qualche miglioramento c’era, ma più di una ventina di secondi, in aria, non rimanevo.
La signora O’Leary aveva assistito all’ultima ora di prove, così mi avvicinai a lei:- Che dici? Vado bene? - sorrisi credendo mi avrebbe risposto scodinzolando un po’, invece lei piegò un orecchio di lato, mise su un espressione triste e fece un verso simile ad un lamento.
- Grazie tante per l’incoraggiamento! - sbuffai.
- Non arrabbiarti con lei. - intervenì il mio fratellastro:- Ha ragione, sei veramente pessimo. -
- Cos’è? Vi siete coalizzati contro di me? -. Lui alzò un sopracciglio ed io continuai:- Guarda che cambio professore, eh! - lo minacciai senza nascondere una nota sarcastica. Travis scosse leggermente la testa:- Sei scarso. Non reggi già alle prime difficoltà. - fece spallucce. Gli sorrisi:- Ok, hai vinto. Riproviamo! - e così mi ributtai a capofitto nella pratica e quando dico “a capofitto” intendo “in picchiata”! Un paio di volte sbattei pure la testa, sebbene per le altezze da cui provavo non fosse una cosa poi tanto pericolosa, specie con la testa dura che mi ritrovavo.
Calò la sera: ero distrutto. Travis mi osservò a lungo prima di chiedermi:- Vuoi che ripartiamo? -
- No, ti prego. - mugugnai sdraiandomi con la schiena appoggiata al comodo pelo che ricopriva la signora O’Leary. - Stanco? - mi chiese. - A pezzi. - commentai io chiudendo già gli occhi. - Come vuoi... - sospirò Travis rannicchiandosi a sua volta accanto al cane infernale che, a quel contatto, uggiolò e scosse leggermente la coda. “Traditrice!” pensai tra me e me ricordando la risposta che mi aveva dato quel pomeriggio.

Angolo di Kay & Connor Stoll

Kay: Scusatemi! Non sono stata molto presente!
Connor: Non scusatela, picchiatela e basta!
Kay: Cattivo!
Connor: Sono un seguace di Crono! Muahahah!
Io: E da quando?
Connor: da quando mi ha fatto "Passa al lato oscuro, io sono tuo padre!"
Io: ma tuo padre non è Crono.
Connor: Si, ma Crono è un attore fenomenale!
Io: Ah! A_A Mi scusi allora!
Connor: Per questa volta la scuserò!
Io&Connor: *si cacciano a ridere*
Io: Ok, fantastico! Se stiamo scrivendo queste idiozie che, di solito, non metteremmo è perchè sono senza voce e non ho voglia di aprire un documento di Word per scrivere lì i miei pensieri. U.U
Connor: Pigra lei, cara la mia sorellina! ^^
Io: Caro lui, che me lo scrive su EFP! *sarcastica*
Connor: Eddai! Quante storie! Rifaccio?
Io: Rifai!
Connor: Ok, allora... Povera lei, senza voce... EVVAI!!!
Io: Questa mi piace di più.
Connor: Ok, taglia l'altra allora.
Io: non ho voglia di cancellare...
Connor: Dear...
Io: Si, lo so. XD Ma torniamo a questo capitolo! Conny, commenti?
Connor: NON SONO CONNY!!! E comunque si: quel tipo in catene mi fa paura... :S
Io: A me farebbe quasi pena non fosse un nemico di Zeus. non che Zeus sia simpaticissimo ma... questo è palesemente un Titano! Occhi dorati, poteri sovraumani... no?
Connor: io ci scommetto! Quello sfigatello di Luke se lo ritroverà dietro a mordergli i polpacci, oui?
Io: Mah! AwA
Connor: E va bene, diteci voi che ne pensate, chi sarà questo tizio strano??? O.O
Io: Che dite? Vi mette i brividi? Sarà disposto ad aiutare Luke o no? Ricordate che se lo metto non è perchè finisca nel dimenticatorio! ;)
Connor: Al prossimo aggiornamento, sperando nella salute della mia sorellina, un abbraccio a tutti!
Io: Ciao raga! XD ... no, rifaccio: Alla prossima, un abbraccio a tutti! Meglio?
Connor: Si, meglio. :)

                               Kay & Connor Stoll

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Capitolo 14
*** Compaio con la frequenza dei cavoli a merenda... ***


Le braccia conserte e lo sguardo verso il cielo.
- Qualcosa ti preoccupa? -. Il ragazzo si riscosse e si voltò verso di lei.
- Non lo so Annabeth, avrò fatto bene a lasciarlo andare? -
- Perché non avresti dovuto? -
- Insomma, era appena arrivato ed era pure piuttosto scosso dalle rivelazioni che gli avevamo fatto. - sospirò:- Forse mi sono aspettato troppo da lui. -. Lei gli appoggiò una mano sulla spalla:- Percy, non dire cretinate. Stiamo parlando di Luke Castellan! Uno tra i più abili guerrieri che il Campo abbia mai ospitato! -
- Può darsi, ma non ha più le abilità della sua precedente vita. - guardò la ragazza negli occhi. Annabeth gli sorrise:- Vedrai che il guerriero si risveglierà. D’altra parte, anche tu eri così. -
- Che vorresti dire? - inarcò sospettosamente un sopracciglio.
- Un novellino. -
- Oh, andiamo! La mia prima missione non è certo stata una bella esperienza per me! - sorrise Percy.
- Neanche per me, comunque nessuno è più bravo di te a riconoscere il valore dei semidei, Testa d’Alghe. Abbi fiducia in quel ragazzo. - e si avvicinò abbastanza da baciarlo. Percy ricambiò:- Sai sempre come prendermi, vero? -. Lei rise ed i due si baciarono più appassionatamente.

- Sette semidei! Si rende conto? - Il signor D sorseggiava la Diet Coke mentre Chirone trotterellava nervosamente per la stanza parlando agitatamente. - Com’è possibile?! -
- Caro centauro, è inutile che continui: non lo so! -
- Umpf. Non credo al caso! -
- Neanche io. Un semidio per ogni Casa con degli occupanti. Particolare. -. Chirone si voltò stupito:- Che intende? -
- Sette. Sette come Demetra, Athena, Ares, Apollo, Efesto, Afrodite ed Hermes. Uno per ogni Casa che, al momento, ospiti qualcuno, se si esclude Peter Johnson. -
- Ma i conti non tornano in questo caso. Perché evitare di rapire il figlio di uno dei tre Pezzi Grossi? -
- Scommetto che c’hanno provato, ma Peter dev’essere riuscito a difendersi. -. Chirone annuì riflettendo. - Dioniso, allora avevo ragione: questo non è un caso. -
- No. Ci dev’essere qualcuno al di sopra. Ora ne siamo sicuri. -
- Lei non può vedere chi? -
- Purtroppo no. Non rientra nei miei poteri. Dovresti chiedere a tutti quelli che hanno visioni. - sbuffò con noncuranza. Chirone rimase a riflettere per un po’ guardando i ragazzi dalla finestra:- Grazie nipote. Vado ad allenare i semidei. Potrebbe attenderci qualcosa di grosso. -

- Chirone, che significa tutto ciò? -
- Significa che, probabilmente, ci aspetta una nuova guerra, Percy. -
- Perché sette semidei? A che scopo? -
- Da tempo non siamo più in contatto con le Cacciatrici. È possibile che anche una o più di loro siano state prese. Non sappiamo dunque se siano esattamente sette. -. Percy rimase a riflettere sulle informazioni ottenute:- Io parto. -
- No Percy, non... -
- Chirone, Luke è partito per aiutare quei semidei, se davvero il tutto è alla base di un complotto, allora quel ragazzo è in pericolo! Non chiedermi di starmene con le mani in mano. - fece per andarsene, ma il centauro lo afferrò per un braccio:- Percy, hanno già una figlia di Hermes, Luke non è il loro principale obbiettivo, invece tu sei l’unico figlio di Poseidone. Se tu partissi... metteresti tutti in una situazione di possibile pericolo. Te ne rendi conto? -
- ... Si. Devi far partire qualcuno, comunque. -
- No ragazzo, non posso. Non posso mettere in pericolo altre vite. Travis, Luke e la signora O’Leary se la dovranno cavare da soli. Sono sicuro che capirai la mia decisione. - sorrise amaro, lasciò il braccio del figlio di Poseidone e si allontanò lasciandolo da solo.
Percy si voltò a mirare il mare con un’espressione nostalgica.
“Che casino essere un semidio!” pensò.


Angolo di Kay & Connor Stoll

Io: Heilà! Capitolo Percabetthoso (nonostante il pairing non mi faccia impazzire). Fatto per voi! ^^
Diciamo... mi mancava parlare del Campo... e poi... ci voleva un pizzico di trama... no? Sta uscendo fuori un complotto! O.O"
Connor: se se... certo.
Io: Zitto tu! Sei morto!
Connor: TT_TT
Io: Capitolo troppo corto ma... anche il prossimo farà a gara! ... Uff! Ho avuto un periodo afflitta da cortocapitolite! TT_TT Well... per vedere un bel capitolo lunghettino dovrete aspettare il 18... mi spiace!!! *si prostra a terra supplicando il perdono che non merita*
Due appunti:

1. VENITE A TROVARCI SU FACEBOOK
2. Questo dovrebbe essere il capitolo peggiore! Non preoccupatevi! Non ce ne saranno altri così orrendi! -.-"

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Capitolo 15
*** Semidio che abbaia non morde ***


Mi svegliai con un calcio nel fianco. Gemetti pensando “Chi è quel cretino?!”.
- Zitto. - mi ordinò una voce che non lasciava trapelare alcuna emozione. Forse allora “Chi è quel cretino?!” non l’avevo solo pensato. Mi tirai a sedere. La signora O’Leary, ancora sdraiata dietro di me, aveva teso le orecchie, gli artigli ben in mostra e le zanne scoperte mentre emetteva un lamento sordo. Travis era ben ritto sulla schiena, la spada sguainata di un paio di centimetri e la mano destra stretta sull’elsa. Teneva gli occhi chiusi, ma girava la testa a scatti come stesse sondando i paraggi con l’udito.
Mi stropicciai gli occhi:- Che vi prende? - sussurrai. Il mio fratellastro non mi rispose.
Di colpo la signora O’Leary scatto in piedi e dietro di lei stava un gruppo di cani infernali. Gli occhi dei bestioni lampeggiavano di viola, zanne ed artigli riflettevano quel bagliore come lampade al neon e non potei trattenere un verso schifato guardandogli costole ed ossa. Da quanto non mangiavano? “Oh, cavolo!” mi investì un pensiero: “Giusto: allora vogliono mangiare noi!” sguainai la mia katana. L’arma mandò uno sfavillio dorato ed i mostri si ritrassero leggermente con soggezione. Durò meno di un istante perché si ripresero subito dallo spavento. “Peccato, c’avevo sperato...”
Travis mi passò davanti:- Schiavi di Limos. -
- Chi è Limos? -
- Pensa solo a stare indietro. - quindi caricò. I cani gli si scagliarono contro in massa, ma la signora O’Leary gli aprì la strada.
Io rimasi imbambolato, probabilmente con la bocca aperta, senza sapere che fare. Che sfigato!
Travis piantò la spada nello sterno di un cane mentre O’Leary ne azzannava un paio.
Lui si voltò sguainando un paio di pugnali gemelli che teneva sotto la casacca. Erano bellissimi: uno aveva riflessi argentati e l’altro verdi. I colori di Hermes.
Non ebbi il tempo di ammirarli come meritavano perché il mio sguardo si soffermò su quello del mio fratellastro. Rimasi sbalordito: non ero più di fronte all’impassibile Travis, ma ad uno spietato che mostrava i denti con occhi iniettati di sangue ed odio.
Con un fremito ed un leggero giramento di testa, accadde un fenomeno straordinario. In un istante il suo odio divenne il mio.
Mi lanciai in avanti con un solo pensiero per la testa: vendicare Connor.
Erano stati dei cani infernali ad uccidere il “cucciolo” della famiglia Stoll e adesso sentivo che i due fratelli esigevano il sangue dei peccatori.
Provai dolore, molto dolore, eppure ero sicuro neanche la metà di quello che stava provando Travis.
Con la katana sguainata e baluginante d’oro mi lanciai contro il branco di mostri.
Uno mi saltò addosso. Ci rotolammo a terra, mi morse, ma riuscii a spostarlo ed a trafiggerlo. Lo uccisi. Lo feci per il mio fratellastro. La katana schioccò e lanciò scintille dorate come fosse fatta di fuoco. Gli altri animali si tirarono indietro ringhiando, ma io non li temevo. Non più. Sentivo la forza dell’Odio con me ed era sufficiente a rendermi una perfetta macchina da guerra. Ne abbattei altri due e mi avventai sul terzo che uggiolò implorando pietà, ma non lo ascoltai e gli mozzai la testa di netto. Pagare. Dovevano pagarla per tutto quel dolore che ci avevano fatto passare. Dovevano pagare con le loro vite. Dovevano!
Urlai e mi scagliai contro gli altri come la bestia assetata di sangue che quello scontro mi stava facendo diventare. Non temevo neanche me stesso. Infilai la spada in un altro corpo fino all’elsa. Un cane infernale mi caricò da dietro. Strinsi l’elsa ancora piantata nel corpo e mi lanciai in avanti sfilandola ed azzannando il cane infernale al collo. Tirai con forza staccandogli la giugulare, il sangue che mi grondava sul collo e che mi scivolava nella gola. Un gusto interessante, ma non sgradevole.
Urlai sentendomi inarrestabile e temuto. Un gruppetto di cani infernali indietreggiò con la coda tra le gambe e la lingua fuori per la fame che non riuscivano a saziare.
Stavo per andare ad ucciderli a morsi ed unghiate quando, inaspettatamente, la signora O’Leary mi colpì lanciandomi a qualche metro di distanza e facendomi cadere la spada di mano.
Mi alzai mentre mi si snebbiava la mente. Vidi la nostra cagna infernale che sventrava i mostri ringhiando. Tutte le informazioni arrivarono di colpo: mi toccai il mento con mano tremante. Orrore. Provai orrore nello scoprirlo pieno di sangue, sensazione che crebbe passandomi la lingua sui denti rossi. Avevo perso di vista Travis e ne fui sollevato: temevo di vederlo ridotto come me qualche istante prima. La signora O’Leary si batteva con foga ed io mi sentii smarrito. Fu probabilmente per quello che non mi resi conto che un’empusa rimasta sulle retrovie aveva afferrato la mia katana e si stava avvicinando con la bava alla bocca per piantarmela nello stomaco.
Mi voltai troppo tardi ed ero così confuso e perso nel mio terrore da sopprimere la mia natura iperattiva rendendomi vulnerabile. Lei urlò vittoriosa e si lanciò in un affondo.
Vidi la lama dirigersi verso di me, l’impatto mi fece oscillare indietro, vidi un movimento confuso e del sangue spruzzare.
Tum-tum! il mio cuore battè due colpi che rimbalzarono nelle tempie.
Tum-tum! Mi misi ad urlare, ma le grida dei cani infernali sventrati ed il ringhiare della signora O’Leary si spensero rendendo muta anche la mia disperazione.
Tum-tum! Sentivo l’aria fuggire dai polmoni attraverso la gola.
Tum-tum! Le corde vocali vibravano, ma non sentivo più alcun suono.
Tum-tum! La punta era a pochi centimetri da me, ma era stata fermata.
Tum-tum! Il mio sguardo agghiacciato si fermò su quello di Travis che crollava, come muovendosi al rallentatore, sul freddo suolo.
Tum-tum! Mi portai le mani alla bocca cercando di soffocare l’orrore che provavo nel vedere la smorfia di dolore sul corpo del mio fratellastro.
Tum-tum! L’elsa della mia katana, imbevuta nel sangue, brillava sopra il petto di Travis.
Tum-tum! Era colpa mia. Tum-tum! Il mio cuore accelerò i battiti. Tum-tum! Afferrai la spalla di mio fratello come per impedire che la sua vita venisse strappata via.
Tum-tum! L’empusa s’avventò su di me, ma la signora O’Leary, prontamente, mi difese con un zampata e si lanciò sul mostro per sbranarlo. Tum-tum! Abbassai lo sguardo su quello di Travis.
Lui battè le ciglia e tutti i suoni tornarono, compreso l’urlo bloccato a metà dell’empusa a cui la signora O’Leary aveva appena staccato la testa. Ripresi aria nei polmoni e ritrovai la forza di parlare:- Travis? Travis perché? - cominciai a piangere.

Angolo di Kay & Connor Stoll

Connor: :'( ... Zoffro! Zoffro NON poco! Comunque adesso zoffro meno perchè Kay è chiusa in balcone al freddo! ^^ Ahahah! Ce l'ho chiusa io!
Dai, questo capitolo è, tutto sommato, carino! Insomma... meglio del precedente! ... ma fatemi il piacere!!! Kay è un'inetta, un'incapace! Dovrebbe togliersi dalla faccia della terra!
E voi? Siete rimbecilliti a continuare a leggere questa fic pietosa?!?! NON CI SONO IO!!! Come può essere bella??? U.U Fatevi un favore se siete persone normali: cambiate fic e non tornate mai più su questa.
Tuttavia, se siete masochisti, continuate pure! Non sarò io a togliervi la vostra amata agonia! :) ... *sospira* ... quello sfigatello di Luke è ogni giorno più sfigato, WOW!
Ora è... cosa??? Non lo so... MostroBestiaCreaturaassetatadisangueEssereindomito... l'ho già detto "mostro"? E indovinate chi ne fa le spese??? ... Io-ucciderò-Kay. Vi chiedo solo di chiedermi d'ucciderla e lo farò! Fatemi togliere questa voglia! Lei deve morire! MORIRE!!! ... ... ... ... Non mi piace essere un fantasmino... ... ...
Alla prossima!

Kay & Connor Stoll - The Faigo of the Faighi! *B)

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Capitolo 16
*** Giusto perché il rapimento di Shilla non bastava! ***


Lo studiava, come l’altro studiava lui.
Respirava a malapena, ma si dimenò lo stesso facendo tintinnare le catene.
La creatura imprigionata era ferita e gli faceva pena. Quella si accasciò nuovamente al suolo mentre rivoli di sangue scorrevano dal naso per lo sforzo che continuava a compiere.
Il ragazzo la squadrò pensando: “Cos’è che ti spinge a soffrire così tanto?”
Storse la testa per scrutarlo meglio. Occhi azzurri con riflessi argentati che si scambiavano sguardi con occhi dorati.
Apollo si avvicinò alle sbarre mentre la creatura si divincolava reprimendo a stento gemiti di dolore.
La creature gli volse uno sguardo quasi supplichevole mentre respirava con il fiatone e teneva la nuca appoggiata al pavimento incapace d’alzarla. I polsi sanguinavano feriti.
“Cos’è che ti spinge a soffrire così tanto?” si ripeté Apollo sfilando un oggetto metallico dalla tasca dei jeans.
La creatura notò il luccichio e ne fu attratta osservandolo curiosa.
Apollo storse la testa: non sembrava pericolosa. Estrasse del tutto la chiave della serratura dalla tasca. Sbuffò:- L’ho presa a Zeus in persona senza che se ne accorgesse. Io, ribadisco, io mi sono comportato da ladro traditore. - inserì la chiave nella serratura. Sapeva perfettamente che, come l’avesse girata, sia la porta di sbarre che le catene si sarebbero aperte liberando la creatura. Annuì:- Io ti lascio andare, ma tu non crearmi problemi, ok? -. La creatura tenne gli occhi dorati sulla serratura con un luccichio desideroso di libertà.
La serratura scattò e le catene si dissolsero insieme a quella specie di museruola che gli avevano dato. Ritrovò la forza e si alzò rivolgendo al suo liberatore un’occhiata mortificata. Il lieve sorriso accennato di Apollo si spense a quello sguardo, giusto un istante prima che la creatura emettesse quel verso mostruoso, unione delle urla di svariati animali. La porta venne soffiata via da quell’urlo potente spingendo il dio ed intrappolandolo attaccato alla parete.
Apollo fece una smorfia e strizzò gli occhi sentendo le sbarre premere contro le coste.
Toumphggggrh! La parete tremò reagendo all’impatto con il pugno della creatura che ora guardava dritto in faccia il dio, costringendolo a ricambiare lo sguardo. Emetteva un sibilo sordo, minaccioso e vagamente inquietante. Apollo lo guardò chiedendo di essere ricambiato del favore con la vita. Era intrappolato e la creatura non lo lasciava liberarsi della porta della cella, l’unica sua speranza era quella che l’essere, ricordando chi lo aveva liberato, lo lasciasse in vita.
La creatura aprì le fauci munite di denti acuminati trasformando il sibilo in un ringhiare gorgogliante e scattò in avanti con l’eco di un ruggito. Apollo chiuse gli occhi aspettandosi di sentire le zanne nel collo, ma evidentemente era stata un’illusione, perché voltò leggermente lo sguardo per vedere l’essere scomparire tra i corridoi alla ricerca della porta verso la propria libertà.
Richiamò i propri poteri divini liberandosi dalla grata e tirò un sospiro di sollievo: aveva temuto seriamente di finire nel Tartaro quella volta!

Travis si sfilò la katana dal petto vomitando sangue. Lo afferrai ed appoggiai la sua testa sulle mie gambe:- Perché?! - ripetei urlando di dolore. Lui mi guardò con i suoi occhi azzurri:- Non negare chi sei. - si sforzò di dire, ormai senza fiato. Mi afferrò una mano e me la fece stringere sull’elsa. Scossi la testa fuori di me mentre le mie lacrime gli cadevano sulla giacca di pelle nera appoggiata sulla maglietta del Campo insanguinata. Strinsi i denti:- Travis non puoi lasciarmi adesso! Ho bisogno di te! - urlai con la vista appannata. Lui fu percosso da un violento tremito:- Non negare... chi sei... Prom... etti... melo. - tossì sangue irrigidendo i muscoli. Gli alzai la testa provando a farlo respirare:- Non lo nego, te lo prometto, ma resta con me Travis, resta con me! -
- Non... pos... - gli morì in gola la voce mentre un altro tremito lo percuoteva. La signora O’Leary terminò la battaglia e si avvicinò uggiolando a noi, portando il muso accanto al mio fratellastro, anzi a mio fratello. Mi era stato più vicino lui di molti altri. Lo avevo detestato per l’atteggiamento freddo e distaccato che aveva avuto nei miei confronti, ma ora capivo che mi sarebbe mancato moltissimo. Solo ora capivo che mi sarebbe mancato da morire. Urlai piangendo. Ero un idiota, non volevo perdere Travis, non volevo! Sospirai devastato:- Non... non... puoi... -
- Sssh... - mi zittì:- Va tutto bene... Sto andando da lui... -. Capii: Connor. Travis storse il naso e la testa mi girò.
Ricordai, come nei sogni, le estati passate con lui e quell’aura di intimità e fiducia reciproca che ci aveva avvolti. Vidi anche il suo clone preciso, solo un po’ più basso e seppi che quello era Connor. Dovevo aver detto loro qualcosa perché mi guardarono storcendo il naso. Quel gesto me li aveva fatti ricordare. Ricordai anche quando avevo proposto loro di unirsi a Crono, ma rifiutarono. Seppi che avrei voluto odiarli per questo, ma che non ce l’avevo fatta. Erano i miei fratelli. Sono i miei fratelli.
Con questo pensiero tornai al presente.
Troppo tardi li avevo ricordati: avrei voluto sapere prima chi erano.
- Trav... - mormorai tra un singhiozzo e l’altro. Lui mi guardò chiudendo gli occhi:- Cambia la tua storia Luke... -
- Come? - chiesi piangendo a dirotto. - Usa vipera... - sussurrò facendomi ancora stringere l’elsa della katana. - Trav? -. Nessuna risposta:- Trav?! - chiesi più forte.
Lui mi rivolse un ultimo sguardo, poi morì. Tuttavia, prima di morire, guardandomi, fece una cosa inaspettata: per la prima volta dalla morte del suo fratellino, Travis, sorrise.

Angolo di Kay &... sorpresa!

Kay: *esplode a piangere* Perchèèèè??? Perchè l'ho fatto?! Non volevo!!!
Connor: *squadra Kay e tira su col naso*
Kay: Sei dispiaciuto?
Connor: ... No! Insomma... è solo il vento!
Kay: Il vento?
Connor: Si, il vento! U.U Ma torniamo a te: ASSASSINA!!!!
Kay: Noooooo!!! Buuuuu!! D"X
Connor: Traaaaaaviiiis!!! :'( ... Questo è sempre il vento! U.U
Kay: Ma.... ma perchè l'ho fatto?! D':
???: Ciao.
Connor: WTF?! <.<'
Kay: Oh... ecco perchè l'ho fatto! :')
Connor: Traviiiiiiis! *lo abbraccia*
???/Travis: Connoooor! *ricambia abbraccio*
Kay: Uh... amore fratelloso fantasmoso... :')
Connor&Travis: vgsghgdxyuqgdywqg <---borbottio contrariato
Kay: ... Scusate... °///°
Connor&Travis: ASSASSINA!!!
Kay: Ecco! Ma... Travis... ti ho dato una morte dignitosamente eroica!
Travis: è_e
Kay: Ma si! Dopo anni e anni di tristezza... hai pure sorriso!
Travis: Non avevo più sangue al cervello! U.U
Kay: Eccerto!
Travis: va bene, dai, ti perdono perchè così sto con la mia controparte malvagia!
Connor: *gli salta in braccio*
Travis: *lo stringe forte*
Kay: Stolls... li adoro... :3 ... Dai, siccome tutti mi volevate uccidere... vi lancio una sfida! Se questa fic raggiunge le 125 recensioni (ovviamente minimo) scrivo un capitolo in cui Connor mi ammazza! Affare fatto? ;)
Connor: Vi prego: recensite! La voglio uccidere!!!
Travis: Io faccio da sostituto se Connor sta male o altrimenti da comparsa! U.U
Kay: Aggiudicato! XD ... Ora mi chiudo nello sgabuzzino a piangere... povero Trav...
Travis: Ma io sto bene, relativamente parlando...
Connor: Ssssh! Non farglielo capire. Preferisco stia male!
Travis: Mi dai le Gocciole?
Connor: ... Andata.
Travis: Allora non glielo faccio notare! ;)

Kay, Connor Stoll & Travis Stoll (Ma... allora ce l'hai solo con me! ndConnor)

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Capitolo 17
*** La creatura dagli occhi d'oro è...!!! ***


Mi sdraiai su di lui, petto su petto, continuando a versare lacrime. Sentii il muso umido della signora O’Leary sulla spalla. Non mi aiutava, ma volevo che restasse al mio fianco.
Capivo perfettamente come si era sentito mio fratello per il suo ultimo anno di vita.
Mi sentivo colpevole della sua morte, questa volta perché ne ero davvero colpevole.
Urlai.
Urlai con le lacrime ad affogarmi e rigettando nella voce tutto il mio indescrivibile dolore.
Urlai stringendo i denti preso da una furia disperata senza precedenti.
Strinsi le mani sull’elsa di Vipera e guardai il mio riflesso sulla lama: mi guardava quel ragazzino debole ed incapace di tutto rinfacciandomi quanto fossimo odiosamente uguali. Sotto quei tratti fragili leggevo il ghigno di Luke Castellan che, ancora una volta, aveva ucciso. Aveva usato me per uccidere.
Urlai di rabbia piantando la lama a terra, quindi non trattenni un conato di vomito tanto era il ribrezzo per quello che avevo causato. Se solo non fossi stato così preoccupato dal sangue che i miei nemici avevano versato... mi sarei difeso e Travis sarebbe stato ancora con me. Mi strinsi a lui:- Perdonami... perdonami ti scongiuro... - singhiozzai devastato.
Il vento soffiò portandomi l’immagine di una figura in piedi accanto a noi. Nessuno sa da quanto mi stesse osservando. Avrei riconosciuto quei lineamenti ovunque. Senza aprire gli occhi incrostati di sale mi gettai tra le braccia di mio padre che ricambiò la stretta.
- Non è giusto! Non è giusto!!! - urlai fuori di me. Mi strinse al fianco sostenendomi e si mise in ginocchio, la mia testa sul suo petto.
- Perché papà? Perché è successo? - singhiozzai:- Perché succedono alle persone buone le cose brutte?! -
Qualche anno prima, avevo otto anni, e mia nonna materna era venuta a mancare. Anche allora mi ero messo a piangere e mi ero stretto a mio padre chiedendogli quello che gli avevo chiesto anche oggi, ossia “Perché succedono alle persone buone le cose brutte?”. Lui, all’epoca, aveva risposto che la nonna aveva vissuto a lungo e felicemente e che, diventata anziana, era dovuta andarsene. Travis, però, era un ragazzo di ventinove anni con tutta la vita davanti, vita che non avrebbe mai vissuto. - Perché?! - ripetei, ma mio padre tacque passandomi dolcemente la mano tra i capelli. Guardò mio fratello, poi mosse una mano ed il corpo s’incendiò. Volsi lo sguardo alle fiamme ed urlai ancora, ormai quasi senza voce. Mio papà mi strinse di più e, con voce tremante, mi disse:- Luke, te lo giuro, se avessi potuto, l’avrei salvato. Ti giuro che lo avrei fatto. -. Io mi abbandonai tra le sue braccia piangendo a dirotto senza sperare di riuscire a calmarmi. Ero così disperato che non mi accorsi neppure che mio padre era ferito ai polsi incrostati di sangue laddove parevano esserci state delle manette ben più pesanti di quelle della polizia.

Restammo così a lungo.
Travis era diventato cenere al vento.
Avevo paura. Avevo paura di morire. Non potevo tornare indietro e andare avanti sarebbe stato un suicidio. La paura e la tristezza mi si confondevano in testa impedendomi di finire di piangere.
Mio padre mi carezzava dolcemente la testa ascoltando i miei gemiti scoraggiati, poi, si alzò. Lo guardai negli occhi tirandomi su a mia volta, tremando instabile sulle gambe. Fece un passo indietro.
- Dove vai? -
- ... Devo andare. Non posso restare. - socchiuse gli occhi. Senza rendermene conto mi ritrovai sbilanciato in avanti e con due passi veloci mi aggrappai a lui. Probabilmente gli piantai le unghie nei fianchi perché sentii in suoi muscoli irrigidirsi di colpo respingendomi. Strinsi più forte schiacciando la faccia nel suo plesso solare:- Non puoi... -
- Luke, devo. -
- No, non devi! Non devi! Resta con me! - ripresi a singhiozzare. Mi circondò la schiena con le braccia:- Luke, cerca di capire, non... -
- No, sei tu che devi capire! - singhiozzai:- Ho bisogno di te! Ti prego, non lasciarmi. Non lasciarmi proprio ora... - le gambe mi cedettero ed io mi lasciai cadere. Sentì le sue mani afferrarmi per le spalle e sostenermi, ma aveva sorretto solo il mio corpo perché nell’anima ero a pezzi:- Ti prego, non abbandonarmi... - riuscì a mormorare con gli occhi di chi ha perso le speranze ed il tono di un condannato sul patibolo. In un istante fui stretto dal suo abbraccio.
Un tuono rombò, segno che stava per arrivare un temporale.
Sentì i morbidi capelli di mio padre sfregarmi la guancia fino a che le sue labbra non furono accanto al mio orecchio:- Luke, non vorrei abbandonarti e non ti abbandonerò mai, promesso. Sarò sempre con te. - mi baciò sulla fronte:- Fosse per me sarei già corso a salvare Shilla. Fosse per me non saresti mai dovuto partire. - mi diede un altro bacio:- Fosse per me ti resterei accanto per sempre. - mi prese per le spalle e mi costrinse a guardarlo in faccia:- Ma non dipende da me. Se ti dico che devo andare è perché non ho scelta. -
- Si che ce l’hai. - ribattei devastato dalla disperazione:- Puoi restare con me. - sorrisi dolorosamente con le lacrime a corrermi per le guance. Il cielo tuonò. Lui mi sorrise amaramente:- Vorrei che fosse vero. Ti voglio bene Luke. Voglio che tu lo sappia, ti voglio un bene dell’anima! - mi strinse intensamente a sé come fosse l’ultima occasione per vederci. Si staccò da me continuando a guardarmi ed io continuai a guardare lui. Si voltò, fece qualche passo mentre le ali si spiegavano e con un leggero sfavillio che mi diede fastidio agli occhi, scomparve.
La signora O’Leary fischiò, come fanno i cani, alle mie spalle.
Abbassai lo sguardo:- Siamo soli. -

Angolo di kay 
& Connor & Travis

Kay: Ciao! Mi spiace... capitolo cortissimo... non so se avete presente ma... nella mia testa il capitolo doveva finire in questo punto con questa frase e... non ho saputo scrivere altro... aggiungere più frasi al testo mi pareva di "sovrabbondare"...
Connor: Se se... intanto ci metti ansia!
Travis: Ma dove?!
Connor: Non so... volevo dirlo da tanto...
Kay: Intanto facciamo gli auguri a Stelplena_Cielo, che è stata poco bene. Passate da lei! E passate anche a vedere qualche storia di Ale_Kiss_ che è tanto dolce! :D
Connor: Si, passate dall'Ale e dalla mia Cassie! :D
Travis: ... ... ... Ok, vado a drogarmi di Nutella...
Connor: Anch'io! Anch'io! Anch'io! *lo segue*
Kay: Dai, il capitolo... 21 (se non ho sbagliato i conti dato che sul mio file sono salvati con numerazione diversa) sarà bello corposo! :D E pure importante! Resistete, coraggio! Non manca troppo, ma dovete stringere i denti e decidere di fidarvi di me! :)

Un abbraccio,

Kay, Connor & Travis

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Capitolo 18
*** Quando frego un cheeseburger e dei pantaloni sotto gli occhi di tutti ***


La signora O’Leary mi aveva trascinato sotto di sé e mi aveva fatto da scudo contro la pioggia. Pioggia che non era mai arrivata perché le nubi avevano cambiato direzione dopo poco.
- Andiamo via. - mugugnai giù di morale mentre il cane infernale mi guardava compassionevole e mi dava una delicata leccatina. Mi tirai in piedi a forza e mi trascinai a prendere la katana. La riposi nel fodero e mi voltai tenendo lo sguardo basso per non incrociare le vesti bruciate di mio fratello. “Vipera”. Quel nome mi tamburellava in testa, avrei detto senza un motivo apparente, ma sapevo che c’era una ragione ben precisa. Sapevo che Castellan me la voleva far ricordare, ma io lo respinsi, respinsi quei ricordi cercando di pensare ad altro, perché avevo paura di vedere ancora morte. Che altro ci si poteva aspettare dai ricordi riguardanti una spada?!
La signora O’Leary abbaiò e mi porse la cintura di Travis.
- Vuoi i biscotti? - mi venne naturale chiedere sapendo che il mio defunto fratellastro li teneva in scarsella. Lei emise un suono grave di rimprovero e mi tirò la cinta di cuoio addosso. La guardai e la strinsi a me lasciandomi sfuggire una lacrima: mi mancava mio fratello.
- Non posso prenderla. Capisci? Era di Travis. - cercai di giustificarmi. Lei abbaiò convinta e mi parve annuisse. Feci per metterla giù ma l’animale ringhiò costringendomi a riprenderla. Sbuffò soddisfatta. Sospirai e soffermai lo sguardo sull’oggetto. Una scarsella e due paia di pugnali. Aggrottai le sopracciglia: perché quattro? Ne sfilai uno e quello baluginò d’argento. Sulla guardia spiccava il nome “Travis” in greco. Ne presi uno dall’altro lato e quello mandò bagliori verde menta. Sempre sulla guardia risaltava un altro nome: “Connor”. Avrei dovuto immaginarlo. Mi legai la cintura al fianco, quasi sovrapposta alla mia che sorreggeva il fodero della katana pendendo in obliquo. Strinsi meglio i pugnali e quasi mi sembrò di avere i due gemelli accanto. Guardai la signora O’Leary che mi studiava curiosa e le sorrisi. Era l’animale più intelligente che avessi mai conosciuto, non che il chihuaua dei nostri ex-vicini di casa si potesse definire un genio. Annuii ed andai a prendere la giacca di pelle nera di mio fratello indossandola. Presi lo zaino dove stavano i viveri e me lo caricai in spalla. Travis era morto per questa causa: la cosa migliore che potevo fare per lui ora era portare a termine la missione. Il cane infernale scattò in piedi abbaiando e scodinzolando e mi fece salire sul suo dorso:- Ok bella! Per Travis, per Shilla e per il Campo! - sguainai Vipera che mandò bagliori dorati e il mio destriero canino si lanciò verso San Francisco.
Travis aveva commesso un errore che io non avrei ripetuto: non aveva reagito.

La katana nel fodero legato sulla schiena, dove avevo preferito spostarla affinché non mi intralciasse i movimenti ondeggiandomi al fianco, sul dorso della signora O’Leary lanciata in corsa mi sentivo “re Peter” di “Narnia” durante l’ultima battaglia con la colonna sonora di “Pirati dei Caraibi”. È straordinario come la mente ci giochi brutti scherzi! In effetti ero un ragazzino che stava andando a sfidare un nemico sconosciuto e temuto sopra un... cane? Neanche il cavallo da principe azzurro avevo! La domanda “Ma chi me l’ha fatto fare?!” mi tamburellava in testa quando “He’s a pirate” si metteva in pausa nella mia mente malata da quattordicenne. Conoscevo bene la risposta: una ragazza dai penetranti occhi azzurri ed i capelli albini ed un ragazzo dai suggestivi occhi color del cielo, i capelli castani ed un’aria da guerriero di serie A. I miei due fratellastri preferiti: uno morto, l’altra che lo stava per raggiungere. - Com’è che la fortuna sceglie sempre me? - chiesi sarcastico alla mia accompagnatrice. Lei abbaiò con uno sbuffo. Non avevo idea di cosa ciò significasse ma l’idea che mi stesse considerando mi diede un pizzico di sicurezza in più.
Arrivammo in California quando optai per una sosta. Lasciai la mia cucciola preferita libera di girare ed io mi imbucai in un Mc Donald’s. Decisi di mettermi alla prova e lasciai l’istinto libero scivolarmi in corpo. In un istante ero convinto di aver messo su un sorriso furbo. Una cameriera mi passò accanto e le sfilai il cappello con la “M” caratteristica mettendomelo in testa. Lei non se ne accorse nemmeno. Nessuno se ne rese conto. Entrai nelle cucine: il vapore creava una sottile nebbiolina umida capace di confondere. Scivolai dietro un bancone e fregai un cheeseburger. Immaginai che i miei fratellastri avessero fatto di molto peggio ma l’adrenalina mi prese comunque. Uscii lasciando il cappello nelle cucine, con il cheeseburger sotto la giacca. Fuori dal locale me lo mangiai e decisi di rischiare: avrei preso altro. Camminavo a passo svelto per le vie affollate e luminose di insegne caratteristiche dell’America quando m’accorsi che i miei sensi si stavano acuendo. Riuscivo a distinguere ogni suono che mi circondava e comprendevo tutte le conversazioni contemporaneamente. La gente prese a muoversi più lentamente, sempre di più, fino a sembrare un video al rallentatore. Li superavano e loro si voltavano lentamente. Mi misi a correre ridendo: sentivo le ali battere ad ogni passo rendendomi, anche da fermo, più veloce di tutti. Mi gettai un’occhiata: i jeans erano logori e strappati dagli artigli dei cani infernali. Et voilà! Entrai in un negozio il cui nome, ora, mi sfugge e fregai un paio di jeans nuovi della mia taglia. Mi muovevo così velocemente che non mi notarono neanche! Per la prima volta compresi il potere dei figli di Hermes che deriva da loro, o nostro, padre. Mi resi conto che avrei potuto fare di tutto, solo chiamando le mie ali e portandomi a velocità maggiori del normale: potevo andare ovunque senza essere visto, con un po’ d’allenamento sarei riuscito a spostarmi in poco tempo coprendo grandi distanze, potevo prevedere le mosse del mio avversario solo notando come caricava il colpo, potevo anticiparlo, potevo essere così veloce da impedirgli di parare i miei colpi. Era questo che avevo fatto con Percy. Forse, sarei pure riuscito a sconfiggere la gravità correndo. Inoltre, quali altri semidei potevano volare con le sole proprie forze? Nessuno! Ma la mia conoscenza della mitologia non era così ampia da permettermi di esserne sicuro. Forse non eravamo dei maghi con le armi, non avevamo tutto questo senso artistico, magari non avremmo mai spostato fiumi, fatto risorgere i morti o fulminato qualcuno, nessuno di noi sarebbe diventato architetto e non avremmo mai costruito nulla di speciale o vinto una gara di bellezza, ma ero convinto che in battaglia saremmo riusciti a batterli tutti diventando invisibili ai loro occhi. Mi stupii pensando che non possedevo nemmeno un decimo del potere di cui disponeva mio padre: non era un caso se stava tra i tredici olimpi più importanti. Corsi fulmineo fino ad uscire dal centro abitato. Lì incontrai la mia amica O’Leary. Mi misi a ridere:- Sapessi che ho scoperto! Meraviglioso, bella! Straordinario! - feci una piroetta in preda all’euforia. Lei sbadigliò. Le scoccai un’occhiata di fuoco e lei scodinzolò. Scossi la testa ridendo:- Ok, ti va di aiutarmi con quella cosa del volare? - lei si drizzò abbaiando contenta. “Quest’idea mi farà male...” pensai spiegando le mie alucce.

Inutile dire che mi spiaccicai a terra qualche volta di troppo. Ringhiai:- Perché ce la fanno tutti tranne me?! - mi passai le mani sulla faccia scoprendo d’avere un livido su uno zigomo. La signora O’Leary abbaiò e mi diede una spintarella con la testa. Sospirai:- Lo so, lo so, devo solo allenarmi e impegnarmi di più, non è colpa tua ma mia. Però cavolo se è difficile! - brontolai tirando una manata a terra mentre mi sedevo. Sospirai:- Come potrei fare? È matematicamente impossibile volare con due piccole ali alle scarpe... già mi stupisco di riuscire a svolazzare per qualche secondo! - appoggiai il gomito alle ginocchia e gli occhi sulla mano. Avevo perso tutto l’entusiasmo. La mia accompagnatrice uggiolò. - Mi dispiace O’Leary, mi dispiace davvero tanto, ma non credo riuscirò mai a volare. - lei mi squadrò. - Guardami bella! Ho iniziato con Travis, uno tra i migliori guerrieri del Campo insieme a Percy, Annabeth, Nico, Katie, Clarisse ed altri abilissimi semidei che contro Crono si sono distinti per abilità, e guarda dove sono arrivato! Di questo passo non volerò mai! - lei, con il muso, m’avvicinò una mano alla guancia facendomi notare che stavo piangendo. - Non sono uno tosto io. Non ho neanche la metà del coraggio, del talento e del carisma di Castellan. Sono... sono... sono solo una misera copia di qualcuno che non c’è più. - sospirai:- Forse, dopo aver accertato da che parte stavo, vi aspettavate di avere un nuovo Luke Castellan dalla vostra, un nuovo comandante forte e... questa volta meno imbecille, ma vi sbagliavate tutti. Tutti coloro che la pensano così si sbagliano. Non sono Luke Castellan, sono Luke Reasonson e, che mi piaccia o no, - stinsi il pugno davanti a me:- se queste due personalità si sfidassero... perderei in pochi istanti. - lasciai la presa avvertendo la mia impotenza di fronte all’altra parte di me, di fronte a quello spirito che continuava a darmi il tormento prolungando il mio dolore, uccidendo e continuando ad essere il mostro che era attraverso di me. Eppure non comprendevo: in punto di morte, Percy mi aveva raccontato Luke si era pentito, per quello era potuto rinascere, quindi perché continuare a fare del male? Non avevo la risposta... non ne avevo la benché minima idea, solo una cosa sapevo: odiavo sempre di più Luke Castellan.
La signora O’Leary abbaiò e mi leccò guardandomi con fare dolce, come una mamma premurosa, il che mi ricordò la mia e mi diede sui nervi. La cosa, comunque, servì a farmi riprendere le redini della situazione e scacciai il mio lato più EMO riprendendo le prove di volo. Che dire? La mia cucciola aveva avuto ancora ragione: impegnandomi riuscì a percepire il sussurrare di Eolo. La sua voce, un ululato freddo, mi scivolava accanto inondandomi le orecchie per raccontarmi tutto ciò che aveva visto. Terre lontane dove la sabbia lo accompagna o dove la neve si leva seguendolo. Terre dove il cielo stende dita di luce per toccare il suolo o dove il Sole si porta in alto per vedere meglio i mortali che passano sotto la sua luce e percepiscono forte il suo calore. Ascoltando questi racconti delle terre oltre la mia entrai in sintonia con il cielo stesso... e volai.

Angolo di Kay & Connor & Travis
Kay: Scusate se ci ho messo tanto ad aggiornare, ma... (e chi mi segue su Facebook lo saprà) avevo perso la chiavetta con "Rinascita".
Connor: Che, ci teniamo ad informare, è ancora dispersa!
Kay: Si, quindi ho riscritto tutto sul computer.
Travis: Sfigaaaaata!
Kay: Taci!
Travis: *prende la Nutella* uffa! Che noiosa! *mangia nutella*
Kay&Connor: Mia Nutella!!!
Connor: *la squadra* Zitta figlia di Apollo!!! *la spinge via e va a picchiarsi col fratello per la nutella*
Kay: ... ç_ç Cattivi... Comunque... devo dire qualcosa per incitarvi a continuare a leggere... ebbene, nell'introduzione si fa riferimento ad una profezia e nel prossimo capitolo scopriremo di che si tratta e perchè dovrebbe compiersi. Forse vi stupirà il modo in cui c'entrerà il nostro Luke! ;)
Al prossimo capitolo/alle recensioni!

Kay & Connor & Travis

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Capitolo 19
*** Di alleanze sconsigliabili, detronizzazioni improbabili e Tartaro ***


- Ah! Cavolo! - imprecò:- La mia maglietta del concerto dei Green Day! - si guardò la macchia d’olio che rendeva illeggibile il nome della band. Sospirò rimettendosi a trafficare con il motore dell’auto a malincuore. Mentre volava alto e luminoso, la sua Maserati Spider aveva deciso di fare i capricci. Accadeva raramente, ma quando succedeva erano casini! Fortunatamente, Zeus aveva subito fatto venire un bel diluvio per coprire la sua assenza nel cielo. Si mise le mani nei capelli per poi rendersi contro di averle unte di grasso. Abbassò lo sguardo desolato richiudendo il cofano mentre desiderava ardentemente farsi una doccia. Odiava l’idea che i suoi stupendi capelli biondi fossero impiastricciati, inoltre voleva salvare la sua maglietta dei Green Day!
La pioggia scrosciava copiosa appiccicandogli le vesti addosso. A causa dell’abbattersi violento delle gocce non sentì arrivare la figura alle sue spalle. Apollo appoggiò le mani in una pozzanghera lavandosele e, quando si tirò in piedi, sobbalzò incrociando quegli occhi dai bagliori dorati. Quegli occhi che gli ricordavano troppo bene lo sfiorato esilio al Tartaro. Gli occhi della creatura che aveva liberato dalle carceri di Zeus.

Da qualche giorno non usciva dalla Casa Grande. Zeus sembrava cambiare umore troppo repentinamente. Prima non c’era stata l’ombra di una goccia, adesso le nubi temporalesche si addensavano sulla sua barriera di confine meteorologico mettendo a dura prova i suoi poteri. Dioniso faticava non poco a tenerle alla larga ed i ragazzi avevano già cominciato a porsi delle domande per cui doveva anche pensare a calmarli e fargli credere andasse tutto bene. Quello era l’Olimpo, alla fine: una storia costruita su false promesse. Il regime degli dèi non era, in fondo, tanto meglio di quello di Crono, ma non poteva dirlo apertamente, pena l’esilio al Tartaro. Era convinto di non essere l’unico a pensarlo, c’erano molte altre divinità abbastanza intelligenti da raggiungere le sue stesse conclusioni, ma Zeus era deciso a tenere il potere per sé. Purtroppo era confinato al Campo e non poteva andare a curiosare cosa diamine stesse succedendo tra i suoi parenti, una cosa era certa però: qualcosa non andava. Forse una nuova minaccia. In un istante gli tornò in mente una discussione avuta con Ade il giorno in cui aveva portato Nico al Campo: “Zeus ha trovato un titano a scorrazzare in libertà. Non si sa di più! Pare solo lo abbia trovato e poi... chi lo sa!”. Probabilmente la minaccia era quella e, ammettendo fosse così... cominciò a formulare una serie di situazioni... probabilmente non era stato mandato al Tartaro, ma solo imprigionato e adesso doveva essersi liberato. Scosse la testa: nessuno può fuggire dalle carceri segrete degli dèi. Qualcuno doveva averlo liberato, ma chi? Cominciò a fare un elenco di tutti i sospettati, ma tutti parevano avere un alibi: chi perché appena fatto a pezzi, chi per portare il cielo sulle spalle... e allora chi restava? Quasi con un infarto, rammentò un’antica profezia trattante la fine del regno di Zeus.

Apollo si mostrò calmo ed impassibile. Gli pareva la strategia migliore. La creatura avanzò fino a trovarsi dinanzi a lui. Lo scrutò con gli occhi dorati e si voltò aprendo il cofano del carro del sole.
- Ehi! Quella è la mia macchina! - si lamentò il dio. L’altro non lo degnò d’uno sguardo e prese a smanettare con il motore. Febo lo osservò, curioso, lavorare finchè quello non richiuse il cofano e si portò accanto alla portiera con il finestrino abbassato e girò la chiave. L’auto ripartì con un potente rombo. Apollo rimase boccheggiante, perso nella perplessità, mentre la creatura gli si avvicinava grave.
- Che stai facendo? -
- Mi devi aiutare. -
- E c’era bisogno di ripararmi il carro? Cioè, grazie bello, ma a che scopo? Ora potrei anche cercare d’ucciderti. No? -
- No. Non lo farai. - disse secco ed impassibile e Febo lo squadrò spiazzato incitandolo a continuare. - Ti ho rimesso in funzione il carro del sole per renderti più accondiscendente. Tu mi aiuterai. -
- A fare che? -
- A sconfiggere Zeus. -. Apollo rimase fermo a soppesare quelle parole con aria assorta. Zeus era suo padre e, sebbene avessero litigato in un paio d’occasioni, detronizzarlo gli pareva una soluzione quanto mai drastica. Gli stava chiedendo di mettersi contro l’Olimpo intero. I pensieri gli corsero veloci nella mente, poi alzò lo sguardo sul suo interlocutore e...:- Perché hai scelto me? -

Dioniso riprese in mano la pergamena su cui aveva annotato la profezia: aveva rovistato tra vecchi scritti per una mezz’oretta buona, ma finalmente l’aveva trovata. Purtroppo aveva ragione a temere: se davvero il problema fosse stato un titano liberato, allora probabilmente il traditore era più vicino di quanto avesse mai osato immaginare. Lasciò le dita scivolare sulla pergamena ripetendo mentalmente la frase riassuntiva del concetto: la detronizzazione di Zeus avverrà da parte del suo figlio luminoso. Con un filo tremante di voce, Dioniso concluse:- Apollo... -

- Ti ho scelto perché credo di potermi fidare solo di te. Anche perché sei mio fratello. -
- No, io non sono più tuo fratello dal momento in cui ti sei schierato per la causa dei Titani. - Febo pronunciò quelle parole con il petto in fiamme per la rabbia e la tristezza di doverle articolare. L’altro battè lentamente le palpebre ed il dio del sole continuò:- Mi stai chiedendo di detronizzare Zeus, come pretendi che...?! -
- Non te l’ho chiesto. - sospirò:- Voglio solo salvare mio figlio e tu sai cosa hai visto. -
- Io... - Apollo tentennò. Si, lo sapeva. Aveva avuto una visione. Poteva comprendere da cosa fosse scaturito il desiderio dell’altro:- Vuoi così ardentemente salvarlo da metterti contro di noi... tuttavia, non posso dire di non capire. - si fermò a riflettere:- Cosa vuoi che faccia? -
- Spiali. Zeus mi da’ la caccia. Credo cercherà di fare del male a mio figlio per fermarmi. Dissuadilo da questi propositi. Mi basta questo. -
- Capisco. Cercherò di darti tempo, ma non fare assurdità Hermes. Non mi va l’idea ti capiti qualcosa di male. -
- Questa è una promessa che non posso farti, fratello. Sono andato troppo oltre, non posso tornare indietro. - gli occhi brillarono d’oro:- Permetti a Luke di provare a salvare sua sorella e gli altri mezzosangue. C’è anche un tuo figlio tra di loro, no? -
- Si... - strinse i pugni ricordando quello che c’era in palio. - Apollo. -
- Si? -
- Zeus s’avvicina. Devo andare. Ricorda quello che ti chiedo: salva Luke. - gli si spiegarono le ali alle scarpe e, in un istante, era sparito. Febo rimase sotto la pioggia, con le gocce a corrergli lungo il corpo. Probabilmente aveva commesso un errore accettando, ma non aveva saputo resistere al pensiero di vedere suo figlio morto.

Volava rapido sferzando i potenti venti che Eolo gli scagliava contro.
Come aveva fatto a diventare un titano? Questa domanda trovava risposta in un'altra: Cos’è un titano? Insomma, Quali sono le differenze tra dèi e titani?
A parte la genealogia, tralasciando il discorso dell’età dell’oro nei quali non avrebbe sicuramente trovato risposte compatibili con la sua situazione, si chiese cosa fosse cambiato in lui tanto da farlo avvicinare a quel modo di essere fino a diventare uno di loro.
Una violenta folata si scagliò su di lui che si limitò a respingerla ruggendo con forza. Un tuonò rombò il lontananza: Zeus lo aveva trovato. Imprecò mentalmente accelerando per allontanarsi dall’area e cercare un nascondiglio più distante. Cominciava a risentire dello sforzo: non fisico, ma psicologico. Era solo contro tutti con l’attuale signore dell’Olimpo alle calcagna in veste d’aguzzino. Scattò per varie centinaia di kilometri e si gettò in una conca naturale nella roccia di un monte. Doveva essere giunto fin in Italia, probabilmente il Sicilia perché riconosceva dove Polifemo aveva staccato i massi da gettare contro a “Nessuno”. Squadrò i paraggi e si rannicchiò nel fondo della conca.
Luce ed Oscurità. Due facce della stessa medaglia in perenne guerriglia l’una con l’altra. Non distanti, solo troppo vicine. Il limite tra l’una e l’altra è sottile e mal delineato. Un’azione reputata ingiusta potrà forse essere giustificata da una situazione particolare? A suo parere si. Luke non aveva forse rubato svariate volte, nella sua precedente vita, prima di giungere al Campo? Non è forse sbagliato? Eppure lo aveva fatto solo per sopravvivere e far sopravvivere le sue due compagne di disavventura. Allora, si chiedeva, non può forse essere giustificato il rubare? Ma come un serpente che si morde la coda anche il bene può diventare male. Come chi fa buone azioni solo per il consenso altrui finalizzato al potere. Certo, costui farà del bene, ma solo per sé stesso. Quindi, questo è veramente il bene?
Ecco perché ora era un Titano. Aveva varcato quella linea sottile cedendo il passo all’oscurità. Si era messo contro Zeus. Ma non era forse per i suoi figli in difficoltà che lo aveva fatto? Restava di fatto che si era ribellato a suo padre. Per un essere nel cui “DNA divino” c’era così tanto dei Titani, passare dall’una all’altra parte non sembrava così difficile, ed in effetti non lo era. La parte complessa era il non cambiare. Questo Zeus non lo capiva, però. Aveva perso sua figlia da tempo e non accettava l’idea di dare una chance agli altri dèi.
Non cercava lo scontro. Non una battaglia. Voleva solo proteggere Luke e Shilla, ma questo suo desiderio lo aveva cambiato.
Questi pensieri lo presero tanto che solo quando venne sbalzato via con una fitta alla tempia s’accorse che alle sue spalle stava qualcuno. Represse un ringhio di dolore e si mise sulle ginocchia squadrando chi lo aveva colto alle spalle: la giacca di pelle scintillava di rosso, un rosso acceso, e la spada baluginava di potere. Il viso piegato in un ghigno strafottente e gli occhi come braci ardenti, Ares lo sovrastava. Hermes fece per tirarsi in piedi ma ricevette un calcio in petto e si lasciò ricadere a terra senza opporre resistenza. Fece per alzarsi di nuovo, ma il fratello lo costrinse a terra poggiandogli un piede sulla schiena. Ares incrociò le braccia:- E così il moccioso fa i capricci, eh? - soffiò sbruffone:- Papà ti punirà severamente per questo, cane! - lo pestò con violenza strappandogli un gemito leggero. - E tu, Ares? Che ci guadagni a fare questo? -
- Taci stolto! - ringhiò:- Onore. Lealtà. Tutti valori sconosciuti ad un ladro. - ghignò:- Parlare con te della moralità è solo una perdita di tempo. Pensi sempre a che puoi ottenere tu, vero? - sputò a terra:- Vengo criticato perché non ho aiutato Jackson quando sapevamo sarebbe stato lui il prescelto. Ma tu? Tu lo avresti mai aiutato se non avessi saputo che la Principessa Andromeda passava da quelle parti? - gli tirò un calcio costringendolo all’ennesimo gemito:- Avresti mai risparmiato Annabeth, figlia d’Atena, se non avessi saputo che avrebbe risvegliato tuo figlio in Crono? - lo colpì nuovamente mentre quello si lasciava menare senza opporre resistenza. Ares scosse la testa:- No. Non lo avresti mai fatto. Già, cosa ci avresti guadagnato? Nulla, quindi non ti saresti neanche sprecato. - lo accusò:- Ma d’altra parte a te sta bene così. Contento tu, contenti tutti. Ma quando anche i mortali capiranno come sei, allora che farai? -
- Parli come se per me ci fosse ancora speranza. - replicò in tono di sfida ed il dio della guerra si mise a ridere:- Hai ragione! Sei sempre un passo avanti, eh?! - smise di ridere:- Facciamola finita, tanto sei condannato. - e stava sguainando nuovamente la spada quando Hermes si volto urlandogli addosso, gli occhi brillanti d’oro ed Ares venne sbalzato indietro e costretto a tapparsi le orecchie. La bandana si tolse scoprendo i capelli neri del dio guerriero mentre il biondo gli si gettava contro, ma Ares, prontamente, sguainò la spada e nel movimento colpì Hermes alla tempia facendolo crollare di striscio a terra. Immediatamente si gettò sul biondo urlando per imporsi la forza necessaria. Gli piantò un ginocchio tra le scapole e gli afferrò gli avambracci tenendolo fermo. L’altro non s’arrese e, con un violento colpo d’ali riuscì a ribaltarsi sgroppando il dio, che prontamente si rialzò padrone di sé e parò un calcio con la spada. Hermes fece per volare via, ma Ares lanciò la propria arma attaccandolo alla roccia per una spalla. In un istante il biondo sentì la stretta della mano del fratello sul proprio collo. - Mi spiace Hermes arrivare a questo punto, ma non ci hai lasciato scelta. -. Il titano emise un rantolo: la sua attuale forma lo costringeva a respirare e stava soffocando. No, non si era mai illuso di uscire vincitore da quello scontro. Aveva capito di essere perduto nel momento in cui lo stivale di Ares aveva premuto sulla sua spina dorsale. Le tempie sembravano sul punto d’esplodergli ed i polmoni reclamavano ossigeno mentre ogni cellula del suo corpo ardeva di dolore. Avrebbe voluto urlargli contro che si sbagliava, che aveva detto solo menzogne, ma sapeva come stavano le cose: se non avesse avuto un interesse personale non avrebbe mai aiutato Jackson nelle sue avventure. Ares aveva ragione: il dio dei ladri non conosceva il significato dell’aggettivo “morale”, perché per lui, il bene, era solo quello fatto a proprio interesse.
Con questi pensieri per la testa e gli occhi fiammeggianti del fratellastro puntati contro, il titano perse i sensi e si preparò a finire nel Tartaro.

Angolo di Kay & Connor

Kay: Miei dèi?! Da quanto non postavo?! SCUSATE!!! Tutta colpa di Connor che mi ha uccisa!
Connor: Il fantasmino colpisce ancora, buyaaaaah!!!
Kay: Ceeeeerto. Immagino ora questa fic sia un deserto, ma... spero comunque qualche lettore la ritrovi! Uhm... che dire? Un bel casino! Ma credo la trama, ora, vi sia più chiara. O più confusa? ^^
Connor: Mah! A chi vuoi che interessi?
Kay: Cucciaaaa! ù_u
Connor: Ma povero il papy!!! ç_ç
Kay: *patpatta* Coraggio piccolo fantasmino orfano, coraggio.
Connor: Ma non puoi aver ucciso anche lui!!
Kay: Non ho detto sia morto, tecnicamente...
Connor: Tanto sei cattiva... *sigh*
Kay: Awwww... piccolo fantasmino! *abbraccia Connor*
Connor: Mi dai la Nutella?
Kay: Ah, ecco dove volevi arrivare!
Connor: Certo! :)
Kay: *sospira* Credo ce l'abbia Travis...
Connor: *corre a cercare la Nutella*
Kay: Uhm... sono sola... beh... ci vediamo al prossimo aggiornamento!!!
Ciao!!!

Kay & Connor Stoll Conny (ndConnor: Ti ooooodio Kay!)

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