Amare due volte

di EgoM
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo-la bella evanescente ***
Capitolo 2: *** Il racconto di Emma ***
Capitolo 3: *** Epilogo- 17 anni dopo ***



Capitolo 1
*** Prologo-la bella evanescente ***


Prologo- La bella evanescente

Il castello era buio, silenzioso; Harry si aggirava furtivo, mai come quella volta era importante non farsi scoprire. Il cammino verso la fine del terrore era vicino, ma era essenziale che quell’ultima missione riuscisse.

Nell’oscurità un’improvvisa luce spaventò il ragazzo: per un momento dimenticò di essere in possesso del Mantello dell’Invisibilità, e si rintanò dietro un angolo. Una forma esile, pallida ed eterea galleggiava nel corridoio, diretta chissà dove. Un fantasma, evidentemente, mai visto prima ad Hogwarts. Perlomeno, non da Harry.

Il ragazzo non riusciva a credere alla fortuna che poteva aver avuto: se quello fosse stato il fantasma di Priscilla Corvonero… Timoroso, si avvicinò un po’ a lei, e si tolse il mantello.

La sagoma emise un lieve urlo di spavento alla vista improvvisa dell’essere umano capitato davanti a lei. Poi lo squadrò meglio e sorrise.

-Harry Potter… Finalmente ti conosco…

-Chi sei? Come fai a sapere il mio…- non aveva finito di dire la frase che si accorse quanto fosse stupida. Non si era ancora abituato alla fama che lo contraddistingueva; non gli sembrava vero che il suo nome, la sua persona, fossero in possesso di chiunque.

-Chi può non conoscerti?- rispose infatti la ragazza –Lo so, lo capisco, è difficile abituarsi al fatto di essere di dominio pubblico…

Era una bella ragazza, dai lunghi capelli corvini. La carnagione doveva essere stata pallida anche in vita, sul naso irregolare era sparsa una manciata di lentiggini.

-Dovevi essere molto bella…

-Sì, forse lo ero, ma non me ne rendevo conto. Non ho mai amato il mio aspetto. D’altronde, quale ragazza lo ama?

-Tu sai il mio nome, ma io non so il tuo!- esclamò Harry. Si sentiva propenso a scherzare con lei: sentiva che quella ragazza aveva qualcosa di familiare, e se fosse stata viva gli sarebbe sicuramente piaciuta. Inoltre, poteva essere Priscilla, o comunque collegata a lei in qualche modo…

-Mi chiamo Emma. Sono… Ero di Corvonero.

-Corvonero? Sul serio?- ad Harry si illuminarono gli occhi. -Forse sai qualcosa del diadema…

-Non so nulla del diadema- lo interruppe Emma. –Cerchi… Cerchi gli Horcrux, vero, Harry Potter? Sono morta, ma non stupida- sorrise allo sguardo stupito del ragazzo. –Mi dispiace, avrei voluto aiutarti…

-Non importa, tranquilla. Sai dove posso…

Non completò mai quella frase. Il fantasma spalancò i grandi occhi marroni, si guardò intorno e sparì.

-Emma? Emma, dove sei…?

-Zitto!

Harry si nascose: la sagoma di Piton gli passò davanti, il mantello svolazzante, lo sguardo furente, i capelli unti. Tutto come al solito.

-Pensavo che i fantasmi non avessero il divieto di girare di notte. Perché ti nascondi?

Sulle guance della ragazza era apparso qualcosa di molto simile al rossore. Gli occhi guardavano ancora nella direzione in cui era sparito Piton, lo sguardo adorante, le mani sul cuore. Harry rimase interdetto: sembrava quasi…

-Emma?

Lei si riscosse, guardò Harry e arrossì ancora.

-Sarà meglio che vada, io…

-Sei morta per colpa di un ragazzo, vero? Eri innamorata, ma sei morta.

Lei lo fissò con gli occhi fuori dalle orbite.

-Sono ancora vivo, ma non ancora idiota- scherzò lui, ed Emma scoppiò a ridere.

-Chi era lui? Giuro che se ti ha fatto soffrire gli spezzo le ossa.

Lei rise ancora. –Non puoi!

-Perché? E’ morto anche lui?

-No, no. E’ che incorreresti in grossi, grossissimi guai.

-E’ Lucius, vero? Lucius Malfoy.

Non sapeva come gli fosse venuto in mente, ma ora che l’aveva detto ne era più che certo.

-Come… Come osi?- Emma indietreggiò di un passo –Non potrei mai, mai, innamorarmi di un Serpeverde fiero di esserlo!- il suo sguardo era furente.

-E allora chi…? Piton.

Lei abbassò lo sguardo ed annuì.

-Piton?! Ma… E’ un Serpeverde anche lui!

-No. Capirai. Quando verrà il momento capirai.

-Come è successo? Ti ha uccisa?

-NO! Come ti viene in mente?- la ragazza riuscì addirittura a sorridere. –E’ stato la causa della mia più completa felicità…

 

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Capitolo 2
*** Il racconto di Emma ***


Il racconto di Emma

-Era tempo che mi ero scoperta innamorata di Severus. Mi ero accorta di ascoltarlo sempre un po’ più degli altri, di impegnarmi moltissimo in Pozioni nonostante non fosse la mia materia preferita. Era sempre più frequente nei miei sogni: situazioni di pericolo in cui lui puntualmente mi salvava, prendendomi tra le braccia, oppure ero io a fare la parte dell’eroina, guadagnandomi i suoi infiniti amore ed approvazione, concessi a pochi eletti. Concessi solo a Lily Evans, in realtà; tua madre, Harry Potter. Quanto la invidiavo, per la sua bellezza e per ciò che possedeva: il cuore di Sev. E la consideravo una stupida. So che non dovrei dirtelo, non a te, ma ero accecata dall’amore. Come poteva rifiutare quel dono paradisiaco che le era stato offerto? Come poteva rinunciare a Piton? Non era concepibile per me una cosa del genere. “Se solo fossi lei” pensavo “io farei…”

Avrei fatto tante cose, se fossi stata Lily Evans. Ma purtroppo non ero lei. Ero solo una piccola, insignificante Corvonero, del tutto priva di ogni attrattiva. E’ così, Harry, è inutile che scuoti quella tua chioma ribelle. Sei un ragazzo molto dolce, ma devi accettare la realtà così come l’ho accettata io. Al confronto di tua madre non ero, e non sono, nulla. Lei non è solo bellissima: è veramente la donna più dolce, e buona, intelligente e vivace, che sia mai esistita. La odiavo, la odiavo perché non potevo odiarla. Come si può odiare una persona così? Per questo la odiavo. Lo so che sembra una cosa assurda, lo è infatti, ma non potevo sopportare che facesse soffrire così Severus, lo capisci?

Poi Lily morì, e nascesti tu. Un neonato che sconfigge Voldemort, grande festa in tutto il Mondo Magico. Ma tu questo lo sai meglio di me, vero, Potter? Il resto, come si dice, è storia. Severus era distrutto: divenne ancora più acido, più severo, tenendo fede al suo nome. Un vero serpente. Ma io sapevo cosa c’era dietro, lo capivo e, se possibile, lo amavo ancor di più. Durante l’estate gli avevo scritto alcune lettere, col pretesto di non capire uno o due esercizi per le vacanze. Mi rispose una volta sola. Ecco, ce l’ho qui.- Porse ad Harry un foglio spiegazzato, ingiallito e rovinato, col timbro di Hogwarts, che diceva:

Alla Sig.na Emma Baker,

Le allego alcuni quesiti che potranno esserLe d’aiuto nello svolgimento dei compiti da me assegnati.

Spero che stia facendo buone vacanze.

Professor Severus Piton

-“Spero che stia facendo buone vacanze”… Quante volte ho letto quelle parole, cercando significati nascosti… Quante volte ho ammirato la sua calligrafia, il mio nome scritto dalla sua mano, immaginandolo mentre mi dedicava un momento. A me, e solo a me! Ero pazza, ero veramente pazza, ma questa pazzia mi dava una tale gioia… E allora che male poteva esserci? La felicità può essere raggiunta con qualsiasi mezzo, no? A meno che non nuocia ad altri, ovviamente. E a chi faceva male la mia ossessione?

Col passare delle settimane, però, l’ossessione si affievolì, per lasciare il posto ad una quieta e dolce calma ogni volta che il pensiero del mio professore di Pozioni mi sfiorava il cervello. Pensavo che fosse l’amore che spariva, invece era un’evoluzione di quel dolce sentimento, un cambiamento che lo rese ancor più forte e radicato. Più si avvicinava il momento di tornare a scuola, più divenivo felice e quieta, al pensiero che avrei finalmente raggiunto il mio porto.

Con tutto questo che ti sto dicendo, potresti pensare che non mi interessasse altro che Piton, che nella mia testa non ci fosse altro pensiero, altro interesse. Non è affatto così. Vedevo gli amici, studiavo molto, andavo bene a scuola ed ero “l’allegria del focolare” di casa mia. Ma l’amore è così: un pensiero che c’è sempre, anche quando fai altro, lui o lei ti accompagna ovunque tu sia, con chiunque tu sia. Sarà sempre con te.

Venne così il momento di tornare ad Hogwarts. Ero entusiasta, tutti gli studenti lo erano. Al binario 9 e ¾  le urla di gioia non si contavano, i sorrisi infiniti, gli occhi lucenti. Hogwarts è la casa di tutti noi, è casa mia, è casa tua, è il primo posto dove mi rifugerei se fossi in pericolo mortale. Anche se ormai non ha più importanza, no?- aggiunse con un sorriso mesto.

-Comunque, al binario salutai i miei genitori e mio fratello, Leo. Leo ha… aveva… cinque anni più di me. A quel tempo ne aveva quindi ventuno. Era stato espulso da Hogwarts al penultimo anno, per rissa con un compagno. Un Malfoy, o comunque un qualche loro cugino. Era morto, il Malfoy, e mio fratello cacciato a pedate. Ma non si era pentito. “Se potessi tornare indietro lo rifarei” esclamava orgoglioso, e i miei dovettero fare buon viso a cattivo gioco ed ammirare la sua determinazione.

Uno o due mesi dopo il mio ritorno ad Hogwarts mi comunicarono che la mia famiglia era stata sterminata. Era chiaramente opera di Tu Sai Chi, magari tramite i Mangiamorte, ma nessuno voleva guastarsi la festa per la sua scomparsa, e attribuirono la loro morte  a: “Causa: incidente magico.”

Sai quanti ce ne furono, morti per “incidenti magici”… Intanto io ero rimasta sola al mondo, e non trovavo più una ragione nell’esistenza. Mi sentivo così affine a Severus, che in quei tempi mi pareva avesse delle attenzioni particolari per me, ma forse era solo un’impressione. Comunque, dopo la morte dei miei, non trovavo più neppure beneficio nel mio amore per lui, che andò a nascondersi chissà in quali meandri del mio cuore.

Probabilmente avrei smesso di amarlo, e sarei forse ancora viva, se lui, tre o quattro settimane dopo la brutta notizia, non mi avesse invitata a fermarmi dopo la lezione. Io arrossii, emozionata, perché, nonostante tutto ciò che mi ripetevo da giorni, era ancora al centro dei miei pensieri.

“Venga qui, Emma.” mi disse, col suo tono gelido. Io mi avvicinai timorosa, e fu allora che lui… Mi prese una mano, mi guardò fissa negli occhi con quei suoi meravigliosi, penetranti occhi neri, e mi disse: “Io la capisco. Perdere la ragione della propria vita… so cosa significa. La mia famiglia per me non lo era, ma… Penso che sappia cosa intendo.”

Annuii, lo sapevo benissimo. Non sembrava neppure lui: era sempre gelido e freddo, ma aveva qualcosa di… caldo, dolce. Non saprei descriverlo.

“Volevo solo avvisarla di non fare sciocchezze. Potrebbe cadere in tentazione, ma… non si tolga la vita. Sarebbe una grossa perdita, per lei, e per altri.”

Con quell’ “altri” sembrava voler indicare se stesso… Mi dissi che era una cavolata, ma non riuscivo a togliermi di dosso quella bellissima sensazione. Mi lasciò la mano e mi ordinò di andarmene. Io, ovviamente, obbedii, col cuore in subbuglio. Mentre mi allontanavo mi girai: lui aveva la testa tra le mani, come a rimproverarsi un momento di debolezza.

Non successe altro per vari giorni, se non che lui mi aveva ridato un po’di speranza per il futuro. Ormai mi ero quasi convinta di piacergli, anche se continuavo a ripetermi che era impossibile e che certo quell’impressione era un parto della mia mente.

Le vacanze di Natale le passai ad Hogwarts, dato che non avevo più un posto dove andare. Pensavo che in questo modo l’avrei visto più spesso, ma Severus odiava i canti e l’allegria che il Natale portava. Si tratteneva ai banchetti sempre lo stretto necessario, e appena poteva, come un avvoltoio, svolazzava via, avvolto nel suo mantello nero. Fino alla fine delle vacanze pensai perciò a divertirmi con gli altri studenti rimasti, senza pensieri o preoccupazioni. Baciai persino un ragazzo, per la prima volta, non senza sentirmi divorare dal rimorso. Per ovvie ragioni, troncai la nostra relazione ancor prima che nascesse.

Poi, alcune settimane dopo l’inizio del secondo semestre, successe Il Fatto, che cambiò la mia, e penso anche la sua, vita per sempre. Anzi, la mia non la cambiò. La stroncò, pose un punto fermo al mio cammino di sedicenne allegra e innamorata.

Era un piovoso giorno di Gennaio, uno come tanti. Ero mediamente felice dell’imminente lezione di Pozioni: la mia felicità dipendeva ovviamente da Piton, la mia preoccupazione lo scantinato gelido in cui si teneva la lezione. Arrivati in aula, tutti imbacuccati dalle punte dei capelli alle unghie dei piedi, con vari strati di golf sotto il mantello, e cappelli di lana sotto il cappuccio dell’uniforme, ci accorgemmo subito dello strano tepore emanato dal calderone al centro della stanza. Chino su di esso il nostro professore, col viso stranamente roseo. Ci rivolse una sottospecie di sorriso, il gesto più gentile di cui era capace verso la mandria di caproni che solitamente ci considerava, e ovviamente il mio cuore cominciò a galoppare davanti a quell’omaggio inaspettato. Era ancora più affascinante, così accaldato. Cominciammo tutti a toglierci i centomila strati indossati per prevenire il freddo, perdendo un buon quarto d’ora, e stranamente Severus non protestò, non disse nulla. Si limitò a fissarmi mentre rimanevo in canottiera, ed io mi affrettai ad indossare l’uniforme, rossa come il paraorecchie della Sprout.

Finito lo spogliarello Piton, lievemente imbarazzato (quanto lo consentiva il suo solito contegno freddo e distaccato) cominciò a distribuirci varie ampolle piene di un liquido rosa. Profumava di orchidee e di cioccolato; poco dopo Piton ci spiegò che era un potente filtro d’amore, e che aveva un profumo diverso a seconda dei gusti di chi la possedeva. Chiese a due o tre persone di cosa odorassero le loro. Lo chiese anche a me, ed io risposi “Sento odore di cioccolato e di orchidee.”  Severus mi si avvicinò, incuriosito, e mi fu tanto vicino che potei sentire il suo profumo… Orchidee. Curioso, eh? Sarà stato proprio per quello, non so. Non lo saprò mai.

Evidentemente quel pomeriggio era di buon umore, perché ci regalò un altro sorriso e disse, testuali parole, “Adesso mi permetto di chiedere alle signorine qui presenti a quali dei vostri compagni propinereste questa roba” ed assunse un’espressione maliziosa. Tutte arrossirono, e solo Angela Wright ebbe il coraggio di rispondere. Due ore più tardi la vidi appoggiata al muro del cortile a baciarsi col suo prescelto, Pietro Gunther.

Mentre Piton ci scrutava sogghignando, incrociò il mio sguardo. I suoi occhi divennero vacui, ed io sentii la frase che mi era salita alla mente, “La propinerei a lei, signore, questa sbobba”, che mi veniva strappata via. Per un secondo mi sentii gelare, e sudai freddo. Poi Severus girò lo sguardo su Delia Hammont e mi dimenticò. Sospirai di sollievo, ma una piccola fitta di rammarico attraversò il mio cuore. Cosa sarebbe successo se… Se davvero avesse potuto sapere cosa stavo pensando?

Forse hai notato, Harry, che Piton qualche volta sembra scavarti nel cervello con quei suoi occhi indagatori. Se ancora non ne hai la certezza, ora te lo confermerò: sì, Severus Piton è in grado di leggere nel pensiero. A fine lezione ci congedò con un cenno del capo, e si apprestò a mettere in ordine le boccette di Ambrosia. Ero l’ultima rimasta in aula, con la mia amica Bianca Roles, quando la voce fredda e profonda che conoscevo come le mie tasche disse il mio nome.

“Emma Baker.”

“Sissignore.”

“Gradirei che si fermasse con me per altri cinque minuti, se non le dispiace.”

 Lanciò un’occhiata a Bianca.

“Sola.”

Guardai la mia amica che, discreta come sempre, si affrettò a tagliare la corda. E così, rimasi sola col professor Piton. Mi sembrava un sogno; solo che temevo potesse trasformarsi in un incubo.

Ma non successe. Il nostro dialogo avvenne esattamente come ti dirò ora.

“Emma Baker.”

“Sissignore”

Sorrise lievemente a quella provocazione.

“Prima, quando ho chiesto a chi avreste “propinato quella sbobba”...”

“No signore.”

“Cosa?”

“Lei ha detto “propinato quella roba”. Sbobba…l’ho pensato io.”

“Ecco, appunto. Quando ho chiesto a chi avreste propinato quella… diciamo pozione, ho letto nei suoi occhi una cosa… quantomeno degna di nota.”

“…Cosa ha letto?” Mi sentii mancare.

Lui mi scrutò per un secondo con gli occhi neri come le ali di un corvo. Mi si avvicinò lentamente: sentivo distintamente il profumo di orchidee provenire dal suo mantello, dalla sua pelle.

“Vuole sapere cos’ho letto?”

“Sì… signore…” ormai non respiravo più. Deglutii, mentre Severus mi era sempre più vicino, tanto che i nostri nasi quasi si toccavano.- Emma fece un profondo sospiro, e perse lo sguardo nel vuoto.

-Mi prese il viso tra le mani e mi baciò. Fu una cosa incredibile, mozzafiato. Mi sembrava di essere nata per quello, mi sembrava che tutta la mia vita avesse ruotato intorno a quell’istante. Io e Severus, allacciati, persi in un mondo tutto nostro. Mi strinsi a lui, finalmente: quanto avevo aspettato quel momento!

Dopo quelle che mi sembrarono ore, o forse fu solo una manciata di secondi, Severus mi allontanò gentilmente. Io mi staccai da lui, ancora incredula, stordita dalla mia felicità.

“Ho letto questo nei tuoi occhi, Emma” mi disse dolcemente, accarezzandomi i capelli. Poi, nei suoi occhi ci fu un lampo improvviso: lessi chiaramente “Lily” nella sua espressione colpevole. Staccò le mani dal mio viso come se scottasse, mi guardò con odio, poi gridò:

“Cos’ho fatto! Ah, Lily mia, perdonami! Tu,” sibilò, al mio indirizzo “Tu, puttana! Esci da qui! VATTENE!”

Me ne andai di corsa, lasciandolo solo con la sua disperazione e il suo senso di colpa. Non riuscivo ad essere delusa, o quantomeno amareggiata: ero felice. Il mio cervello non aveva elaborato l’insulto. Riuscivo solo a pensare alle labbra di Severus sulle mie, alle mani sul mio viso, al suo profumo.  E’ stata la serata più bella della mia vita. E anche l’ultima.

Quella notte mi addormentai col sorriso sulle labbra, pensando a quel bacio. Lo sentivo ancora in bocca… Poco dopo udii un urlo. Un gufo era piombato nella stanza, e si diresse in picchiata verso di me. Alla zampa aveva legata una lettera, e nel becco teneva un sacchetto. Presi la lettera.

Cara Emma,

tutto ciò che devo dirti te lo dirò a voce. Prendi il mantello: me l’ha dato Silente. Ha detto che mi sarebbe servito.

Questa lettera brucerà automaticamente a fine lettura.

Tuo,

Severus.

Non appena finii di leggere le fiamme divorarono la carta. Riuscii però a salvare l’ultimo lembo, il più importante.- La ragazza trasse dalla tasca un pezzo di carta, e lo mostrò ad Harry: sulla carta sbiadita riuscivano a leggersi due parole: “Tuo, Severus.”

-Mio, capisci. Mio Severus. Afferrai il Mantello dell’Invisibilità-quello che indossi tu ora, Harry-, mi coprii e mi avviai verso l’aula di Pozioni: Severus non c’era. Non avevo idea di dove potesse essere la sua stanza, e non sapevo come raggiungerlo. Stavo per andarmene alla ventura quando sentii dei passi frettolosi: mi nascosi, dimenticando di essere sotto il mantello, e…

-Sì, succede anche a me- la interruppe Harry, sorridendo. –Di dimenticare di averlo addosso, dico.- Emma gli strizzò l’occhio e riprese:

-Dov’ero rimasta? Ah, sì, mi nascosi, poi vidi Severus. Si guardò intorno per un attimo, fece per andarsene; io gli saltai al collo.

“Streghetta” esclamò lui ridendo “Mi hai fatto prendere un colpo! Adesso mettiti il Mantello e…”

Ci voltammo, ma il mantello non c’era più. Al suo posto c’era un biglietto:

Il suo compito è terminato. Ora potete cavarvela da soli.

Ci guardammo, poi Sev mi disse di stringermi a lui più forte che potevo. Mi avvolse nel suo mantello e si diresse dritto dritto verso la sua camera, immaginai. Per non farmi cadere mi aveva messo un braccio intorno alla vita.

Il profumo di orchidee era più forte che mai. Mi strinsi al mio Principe Mezzosangue e gli feci il solletico. Mi ordinò di smettere immediatamente, ma dalla voce si capiva che sorrideva.

Sentii lo scatto di una serratura e la cortina di velluto nero sparì: ero in una camera un po’ spoglia, un letto a baldacchino e un armadio, tutta nera e marrone. Sul comodino troneggiavano una foto di una donna dai capelli rossi che si dondolava in altalena, Lily, e… un’altra foto. Una ragazza bruna e pallida, che rideva sotto la neve. La foto era stata tagliata, e dal taglio spuntava una mano che afferrava il braccio della gentil donzella. La mano era di Bianca (avevo riconosciuto i guanti rossi con le renne verdi), e la ragazza… ero io.

“Ma che…?”

“La presi uno o due mesi fa” disse Sev, arrossendo un poco.

“Perché?”

“Quando ti ho insultata, io… Non potevo sopportare l’idea di tradire Lily. Ma hai ragione, Lily è morta, e in ogni caso ha James.” Nel pronunciare il nome di tuo padre gli fremettero le labbra, ed io scoppiai a ridere.

Da Severus ho imparato tante cose: soprattutto imparai l’amore. Ma imparai anche che è possibile amare due volte. Noi amiamo tutti coloro che ci circondano: la nostra famiglia, i nostri amici, il nostro lui, o la nostra lei. Severus non aveva altri da amare. Era convinto che ci fosse solo Lily. Poi scoprì di poterla amare, di poter amare il suo ricordo, e nel frattempo essere di nuovo innamorato… Di me. Mi spiegò tutto questo quella notte, nel letto, mentre, avvolti nelle coperte, ci scambiavamo pensieri e confidenze. Mi disse…

-Aspetta un secondo- la interruppe Harry –Vuoi dire che tu e Piton avete fatto… Insomma… Ehe?!

-Ehm…- Emma arrossì, e si schiarì la voce –Ehm… sì. Sì, è stata la notte più bella della mia vita… Una conclusione migliore non la potevo trovare.

-E… com’è Piton… nudo? Bleah, non riesco ad immaginarlo! E com’è… farlo… con lui? E…

-Vedi Harry, tutto dipende da chi fa l’esperienza. Alla tua prima domanda non risponderò, dopotutto, è sempre il tuo professore, e poi non saprei proprio cosa dirti! Alla seconda… Beh, ero innamorata. Sono innamorata. Per questo è stato stupendo.

-Ma…

-Senti, Potter, vuoi che finisca la storia o che me ne vada?

-No! No, scusami, continua pure. Mi interessa.

-Immagino. Dicevo, mi disse che aveva sempre pensato al momento in cui avrebbe rincontrato Lily, nell’aldilà. Mi disse che non aveva contato James: avrebbe abbracciato Lily con infinita gioia, e per lei sarebbe stato lo stesso. Ma come amico. Lei era stata la cosa più bella della sua vita, ma era andata, e adesso ne aveva un’altra. Così mi disse, mentre arrivava l’alba.

All’improvviso, dei colpi furiosi alla porta. Severus mi disse di nascondermi in fretta, ed io mi rintanai sotto il letto. Vidi le pantofole della McGrannitt spuntare dalla porta ormai aperta, e la sua voce affannata esclamare “Una studentessa! E’ sparita una studentessa! Emma Baker, hai presente Severus, quella brava in Trasfigurazione!”

Mi sentii arrossire di orgoglio: così io ero “quella brava in Trasfigurazione”! Vidi Severus (o meglio, le sue scarpe) avvicinarsi al comodino. Prese la mia foto e la nascose dietro la schiena.

“Dove hai cercato?”

“Ovunque, Severus, ovunque… Non c’è, ti dico, non si trova!”

Decisi che dovevo fare qualcosa. L’intero castello era in subbuglio, o almeno l’intero corpo docente. Ero a conoscenza del passaggio segreto che dall’armadio di Piton portava al corridoio accanto, così, bene attenta a non farmi scoprire, aprii leggermente le ante ed entrai nel mobile.

Percorsi uno stretto corridoio di pietra, e finalmente sbucai fuori da dietro un’armatura. Mi scapicollai verso la camera di Piton e arrivai appena in tempo: la McGrannitt stava per levare le tende.

Finsi di essere stupita e terrorizzata dalla sua figura, e feci per andare a nascondermi, facendo però attenzione a farmi vedere. Lei infatti mi notò. Mi fece la ramanzina più lunga e feroce di tutta la storia di Hogwarts. Poi, vinta dal sollievo, mi abbracciò.

“Dove sei stata, disgraziata?!”

Dato che le volevo molto bene, e gliene voglio ancora, mi dispiaceva molto dirle una bugia. Ma non potevo assolutamente raccontarle la verità. Primo, mi avrebbero espulsa, ma probabilmente sarei stata cacciata comunque dopo la mia finta fuga. Secondo, e più importante, il mio Severus avrebbe perso il posto e sarebbe stato bandito da tutte le scuole del Mondo Magico. Perciò mi inventai una storiella su un appuntamento con un ragazzo che però non si era presentato. Mi rifiutai di fare nomi, e alla fine Minerva si rassegnò a non punire lo sciagurato che mi aveva ingannata.

“Dovrei espellerti, Emma, lo sai bene. Ma, dato che sei stata tratta in inganno, e che in genere sei una ragazza buona ed assennata, nonché studiosa, opto per un’altra punizione, sempre grave, ma meno… Meno decisiva, diciamo. Andrai con Gazza nella Foresta Proibita, domani a mezzanotte.”

Lanciai a Severus uno sguardo di puro terrore. Gazza mi spaventava molto più che l’espulsione. Ma sapevo di aver fatto la cosa giusta, mentendo: ora Piton mi guardava in modo talmente dolce ed ammirato, avrei dato la vita per uno sguardo del genere, ma non ce n’era neppure stato bisogno. Fino a quel momento.- aggiunse tristemente.

-“Potrei portarla io nella Foresta, Minerva” disse freddamente Piton “Sai bene il gusto che prova Gazza nel torturare gli studenti… Ammetto che in parte lo condivido, ma lui esagera, e poi sai bene che atteggiamenti ha nei confronti delle ragazze… E’ ancor più crudele.”

Dopo questo bel discorso la McGrannitt stava quasi per cedere. Poi vide il sollievo nei miei occhi, e decise che era una soluzione troppo poco punitiva.

“No, andrai con Gazza, ma manderò qualcuno o qualcosa a sorvegliarvi. Stai tranquilla, ma è il minimo, per ciò che hai fatto.”

Pensai che era veramente il minimo, ma mi guardai bene dal dire qualcosa. Avrei tanto voluto che fosse Sev ad accompagnarmi nella foresta, ma se proprio non era possibile, beh… Almeno ci aveva provato, e gli ero grata per questo.

Così, mi restavano circa diciotto ore, prima di addentrarmi nella Foresta, e decisi di godermele fino in fondo. A lezione di Trasfigurazione fui una bomba, fui l’unica a riuscire a trasformare una civetta in una lampada, e la McGrannitt mi assegnò dei punti bonus per il pizzo e la decorazione a fiori. A Difesa contro le Arti Oscure fui in grado persino di sconfiggere un Molliccio a forma di Dissennatore, applicando un perfetto Patronus… Indovina a cosa pensai mentre lo creavo. Un momento felice… E quale momento più felice e nitido nella mia mente, se non le ultime ore trascorse con Severus? La mia fenice esplose di forza e il Dissennatore si dissolse in pochi secondi. Ero davvero felice. Sì, lo ero.

Ovviamente, la sera arrivò, e con essa l’ansia della missione che mi aspettava. Che cosa sarebbe successo? Ne sarei uscita illesa? Non lo sapevo.

Così, mentre mi rigiravo inquieta nel letto, aspettando i dodici rintocchi del pendolo, fu una sorpresa per me sentirmi sfiorare il braccio. Sguainai la bacchetta, pronta a difendermi da un possibile attacco, e invece… Invece il visitatore si tolse il mantello, mostrandomi un naso adunco e una carnagione giallastra.

Mi trattenni a stento dal gridare “Severus!” e gli saltai al collo. Lui mi abbracciò e mi sussurrò “Copriti col mantello, dovremo starci in due”. Così, piegati ed attaccati, girovagammo tra i corridoi fino a raggiungere un angolino appartato, vicino alla porta principale, ma nascosto da occhi indiscreti. Ancora una volta ebbi la prova che Severus era un’altra persona con coloro che amava: era dolce e premuroso, e abbandonava quasi del tutto l’usuale contegno freddo e distaccato.

“Sei venuto a darmi il bacio d’addio? Perché sai, potrebbe essere l’ultima volta che ci vediamo.”

“Non essere stupida, Emma. Sai bene che ci ritroveremo domattina. Mal che vada avrai un braccio rotto o un taglio che sfigura il tuo bel visino.”

“Mi ameresti lo stesso se diventassi un mostro pieno di lividi e graffi?” Finsi un’espressione addolorata. Lui mi diede un pizzicotto.

“Sarò tutto ok, Emma. Starai benone.”

Ma mi sembrò quasi che quelle parole di conforto fossero destinate a se stesso, piuttosto che a me.

“Non avrai paura sul serio, eh, Sev?”

Lui mi strinse a sé, come se temesse di vedermi sfuggire dalle sue braccia. Mi baciò.

“Ti amo, tesoro mio.”

Era la prima volta che me lo diceva apertamente, e che mi chiamava con un dolce soprannome. Lo abbracciai più forte e gli sussurrai “Ti amo anche io, amore mio.”

Ci baciammo. Proprio mentre ci stavamo staccando dei passi frettolosi ed un miagolio interruppero il silenzio che regnava nel castello. Il primo di dodici rintocchi risuonò nella notte buia.

“Gazza e Mrs. Norris!” esclamai terrorizzata, stringendo il braccio del mio caro professore. Lui mi accarezzò velocemente i capelli, e mi spinse nel corridoio.

“Gazza” disse, col tono gelido a cui non ero più abituata “Ti ho portato la studentessa. Vedi di non farla a pezzi, non vorrei l’ennesima visita del Ministero, una seccatura da evitare.”

Se non avessi saputo che fingeva, sarei svenuta di paura.

“Non si preoccupi, professore” ghignò il perfido custode “Le conserverò un braccio, se lo desidera.”

Severus alzò un sopracciglio e sollevò un angolo della bocca. Mi fece avanzare di qualche passo, ma esitò a lasciarmi la mano. Fece per chinarsi, come per sistemarsi il mantello, e mi sussurrò “Stai attenta piccola. Ti amo.”. Poi mi lasciò al mio destino. Mentre lo guardavo allontanarsi, come un pipistrello che vola nei bui corridoi di un castello stregato, dissi nella mia testa “Anche io, Sev. Non sai quanto.”

 

Qualche minuto dopo seguivo Gazza nel prato che conduceva alla Foresta Proibita. Passammo davanti alla capanna di Hagrid: lui stava preparando qualcosa nel pentolone di peltro, con Thor alle calcagna. Mi vide e mi fece un cenno di saluto; poi vide Gazza, e mi lanciò uno sguardo interrogativo. Col labiale gli dissi “Grazie di tutto, amico mio”, poi continuai a camminare dietro lo scheletrico custode di Hogwarts. Ci addentrammo sempre più tra gli alberi scuri, ed io cominciai a tremare. Di paura o di freddo, non so; propenderei per la prima, comunque. La missione che dovevo svolgere era scavare venti tane in disparati punti della Foresta, che avrebbero fatto da casa ai folletti abitanti del bosco. Ne avevo già costruita una quindicina, abbellendole persino con foglie e rami secchi perché, secondo Gazza, “il Folletto dei Boschi impazza se non vive nella bellezza”. Ovviamente era una sua magistrale invenzione, per farmi lavorare di più. Dicevo, ne avevo costruita una quindicina, quando Gazza mi interruppe.

“Non senti anche tu questo scricchiolio?” mi domandò con un ghigno malefico “Sarà meglio andare a vedere, non ti pare? Potrebbe essere il Follettum Uccidorus…”

“Il che?!”

Gazza sbuffò. “Il malefico mostro nemico dei cari folletti.”

Ero sicura, e lo sono ancora, che fosse un’altra invenzione, magari per spaventarmi. Come se non lo fossi già abbastanza… Comunque fui costretta ad ubbidirgli. Mi condusse verso il punto da cui, secondo lui, proveniva il rumore, poi mi abbandonò lì da sola. Mi disse che se avessi distrutto il Follettum Uccidorus sarei potuta tornare al castello anche senza finire le ultime quattro o cinque tane. All’inizio pensai che fosse un gesto gentile, e me ne meravigliai; poi mi accorsi di non avere la bacchetta.

“Non è possibile” pensai “L’avevo portata! Era proprio qua, in tasca!”

Cercai il custode per avvertirlo: lo vidi correre via, sghignazzando, tra le dita nodose la mia bacchetta.

Sprovvista di un’arma per difendermi, pensai di evitare il Foll-qualcosa, e di finire le mie cinque tane. Feci per avviarmi verso gli ultimi segnali di dove costruire, quando uno strano brulichio mi distrasse. Mi guardai intorno: decine, centinaia, forse migliaia di ragni mi circondavano da tutte le direzioni.  Non avevo via di fuga. E non parlo di ragnetti piccoli; parlo di ragni enormi, il più piccolo misurava almeno cinquanta centimetri di diametro, senza contare le zampe…-

-Aragog- sussurrò Harry –So di cosa parli… Ho avuto questa esperienza con Ron.

Allo sguardo interrogativo della ragazza rispose: -Il mio migliore amico, affetto dalla peggior specie di aracnofobia.

-Pensa che lo sono anche io. Al ragno più piccino mi metto ad urlare come una pazza. Ma lì, di fronte ad un’orda di mostri ad otto zampe, mi si erano paralizzate le corde vocali. E ancora non avevo visto Aragog…

Nel tentativo di scappare schiacciai inavvertitamente la zampa di uno degli odiosi animali. A quel punto, una specie di barrito si levò tra il fogliame, e una stanga dentuta di almeno otto metri mi sovrastò. Chiedendomi cosa ci facesse un palo appuntito nella Foresta Proibita, alzai lo sguardo. Non l’avessi mai fatto! Almeno sarei morta senza sapere cosa mi avesse ucciso. Me lo sono chiesta tante volte, se sia meglio morire inconsapevoli, e rimanere per l’eternità nel dubbio di cosa sia stata la causa di ciò che ti è successo, di chi sia la colpa… Oppure se, conoscendo l’ “assassino”, non si sia più forti. Forse è meglio così, almeno so cosa temere. Non mi hanno mai convinto i ragni.

Alzai lo sguardo, e vidi l’essere più terrificante che esista sulla faccia della terra. Occhi rosso sangue, quattro paia di zampe gigantesche, un enorme corpo peloso, e due specie di zanne appuntite, rivolte verso il mio viso. Cominciai a tremare: non avevo via di scampo. I ragni minori mi circondavano da tutti i lati, non avevo mezzi di trasporto né la bacchetta… Ero perduta. Mentre fissavo quella visione agghiacciante non potei far altro che pensare ad un nome.

“Severus…” imploravo nella mia testa “Ti prego, Severus, salvami…”

Ma Severus non c’era. Non sapeva nulla, non poteva immaginare nulla. Ero condannata a morire lì, sola, senza che nessuno potesse averne la minima idea. “Chissà quando scopriranno il mio corpo” pensai “Magari Aragog mi divorerà, e sarò data per dispersa…”

Non riuscivo a pensare con lucidità, non mi ero resa conto che non sarei mai più stata viva. Il sangue non sarebbe più scorso nelle mie vene, i miei polmoni sarebbero diventati inutili, cosi come tutti gli altri miei organi…

Ma il cuore no. Lo sapevo, lo sentivo, avrei amato Sev per tutta la vita. Mentre le zanne del mostro mi penetravano la carne, pensai solo una cosa.

“Severus…”

Un dolore lancinante, poi più nulla. Non sentivo assolutamente nulla. Ero adagiata sull’erba, nella foresta, ma non sentivo il terreno sotto di me. Mi tirai su, e mi scopersi a volteggiare: accanto a me il mio corpo, inerte, i capelli sparsi sul terreno e sulle spalle. Mi guardai: era la prima volta che mi vedevo dall’esterno, e… Ero bella. Rimpiansi tutte quelle ore passate a piangermi addosso, i lamenti, in fondo stavo bene così com’ero. E’ buffo, accorgersi di cose impensabili quando ormai non potrai averle mai più.

Ero ancora sospesa nella calda aria di fine giornata, quando dei passi frettolosi si avvicinarono a me. Corsi a nascondermi, non sapendo se fossi invisibile o no, e vidi qualcosa che mi lasciò a bocca aperta: Severus camminava svelto attraverso gli alberi. Quando poi vide il mio braccio riverso sul terreno, cominciò a correre. Raggiunse il mio corpo, e rimase a fissarlo, immobile. Pensai che non era possibile; non mi aveva dunque amata? Era stata tutta una farsa?

Poi, quella che inizialmente pareva indifferenza, si mostrò come ciò che effettivamente era: shock, incredulità, paura. Devastazione. Severus muoveva un passo dopo l’altro, incerto sui proprio piedi. Quanto fu talmente vicino da potermi toccare, si lasciò cadere sulle ginocchia. Prese la mia mano tra le sue, e fece qualcosa che non gli avevo mai visto fare: si mise a piangere. Grosse lacrime scure gli rigavano il volto, i suoi occhi neri fissi nei miei, ormai opachi. Mi accarezzò i capelli, mi sentì il polso, ma non c’era più nulla da fare. Alzò la bacchetta e spruzzò scintille rosse, il segnale di pericolo. Mentre aspettava i soccorsi mormorò “Emma… Non lasciarmi, ti prego…”

A quella preghiera, a quel viso disperato, mi si strinse il cuore che credevo di non avere più. Mi avvicinai a lui, piano, per non spaventarlo; poi gli sussurrai nell’orecchio “Severus”

Lui si girò di scatto, e cercò di abbracciarmi nell’attimo stesso in cui mi vide. Ma si ritrovò solo aria tra le braccia: io non ero più in grado di avere un contatto fisico, con nessuno.

“Emma… Allora sei…”

“Sono morta, Sev. Ringrazia Gazza per questo.”

“Ma… com’è successo?”

“Mi ha lasciata sola di fronte ad Aragog, senza la mia bacchetta. Dovrebbe averla ancora lui… Magari riesci a fartela dare. Mi piacerebbe che la tenessi tu.”

Lui era sconvolto, talmente sconvolto che avrei voluto stringerlo a me, per rassicurarlo. Ma non potevo.

Potevo però parlargli, e così feci.

“Va tutto bene. Sono morta… Non ho sofferto, però. Non è sta gran tragedia” dissi, con un sorriso. “L’unica cosa che davvero mi dispiace è non poterti più stare vicino, amore mio.”

Severus allungò una mano verso di me.

“Ti amo, Emma. Ti amo, ed è così ingiusto.”

“Una volta mi hai detto di aver bisogno di qualcuno da amare carnalmente, perché Lily non c’era più. Adesso troverai un’altra con cui farlo?” domandai ansiosa, improvvisamente preda di questo dubbio orribile.

Lui mi sorrise con dolcezza. “Come puoi pensare una cosa del genere? Ci sarai sempre e solo tu. Adesso so che, quando toccherà anche a me morire, troverò qualcun altro ad aspettarmi, oltre a Lily. Troverò te, ed è un pensiero che mi allieta moltissimo l’evento della morte. Potrò riabbracciarti… Come vorrei poterlo fare ora!”

Quelle parole così tenere e sentite mi allargarono gli occhi e il cuore. Feci per avvicinarmi ancora un po’, ma un rumore di passi sulle foglie secche mi distrasse. Corsi a nascondermi: la McGrannitt, Hagrid e Silente correvano verso di noi.

“Oh mio dio!” esclamò Minerva: si accasciò accanto a me e a Severus, e continuava a fissare il mio corpo con occhi sgranati.

Le ore che seguirono furono il caos più totale: seguii me stessa mentre mi sballottavano verso il castello; tutta la scuola era accorsa a vedere. Alcune mie care amiche, tra cui Bianca, scoppiarono in lacrime. Tutti erano increduli e spaventati.

“Ma che è successo?” “Gazza l’ha uccisa?” “Tu-sai-chi è tornato!”

“Avevi ragione, Severus. Non avrei mai dovuto lasciarla sola con Gazza! Mi sentirà, ah, se mi sentirà!” urlava la McGrannitt tra le lacrime.

Severus non rispose: il suo viso era scuro, non più una lacrima rigava le sue guance, ma era chiuso nel mutismo più assoluto. Già mi mancava il suo tocco, mi mancavano i suoi baci… Ma mi costringevo a non pensarci. Non li avrei avuti più, per un bel po’ di tempo, almeno mi auguro…

Dopo qualche ora tutto era tornato alla normalità. La calma più totale regnava nel castello, mentre l’orologio batteva le cinque di mattina. Non un rumore, non un respiro. Solo il silenzio della notte.

Un singhiozzo soffocato attirò la mia attenzione: mi diressi verso la fonte del rumore. Corridoio a destra, giro l’angolo… La strada mi era familiare. Era la camera di Severus.

Entrai senza farmi sentire: Sev era seduto sul letto, con in mano la mia fotografia. Quella che teneva sul comodino. La guardava, e dai suoi occhi uscivano gocce scure, che gli segnavano il viso, come solchi profondi.

“Severus…”

Lui mi guardò.

“Sei qui.”

Mi tese una mano. L’afferrai istintivamente, e mi accorsi… Che lo sentivo. Lo sentivo. Potevo toccarlo.

“Ma che…?”

Mi attirò a sé e mi strinse in un abbraccio da far sciogliere il sole. Era incredibile poter sentire tutto questo… Mi baciò con foga, mi guardò, mi baciò ancora. Era un sogno.

“Com’è possibile tutto questo?”

Non lo so… Ma è fantastico.- Emma sospirò. Il ricordo di quei momenti era troppo intenso. Harry le sfiorò una mano: era inconsistente, il tocco inesistente. Ma sapeva che la ragazza se n’era accorta.

-Rimanemmo così, mano nella mano, per tutta la notte, fino all’alba. Al momento di congedarci gli diedi un ultimo bacio, mettendoci tutto l’amore di cui ero capace. Già il tocco delle sue labbra cominciava a svanire dalle mie…

“E’ finita, Severus. Abbiamo avuto questa bellissima possibilità, e l’abbiamo sfruttata a fondo. Lasciami andare, adesso, è ora.”

“Non è finita. Non finirà mai.”

“No. Mai. Buona fortuna, Severus. Ti amo.”

“Addio amore mio…”

Me ne andai, scivolando sul pavimento di marmo, lasciandomi alle spalle il pezzo più importante della mia vita. 

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Capitolo 3
*** Epilogo- 17 anni dopo ***


Epilogo- 17 anni dopo

17 ANNI DOPO

 

 

Raggiunse il punto d cui provenivano le due voci: una malvagia e sibilante, l’altra fredda e distaccata.

- Questa bacchetta è potente, sì, ma… Non come mi aspettavo.

-E’ la bacchetta più potente che esista al mondo, mio signore.

-Sento che non mi appartiene… Tu capisci cosa intendo, vero Severus?

-Sì, mio signore.

-A chi è fedele questa bacchetta, Severus?

-A lei, mio signore.

Il tono di voce del professore era indifferente come sempre, ma tradiva una sorta d’ansia, come di paura.

-No, Severus, e tu lo sai bene. Una bacchetta deve fedeltà a colui che la strappa dalle mani del precedente proprietario. E sei stato tu, Severus, ad uccidere Albus Silente.

Il Signore Oscuro pronunciò quest’ultimo nome sibilando, le s allungate e repentine, mentre girava lentamente attorno al suo servitore.

-Sei stato un servo fedele, Severus, e mi dispiace doverlo fare… Ma solo io posso avere il controllo della bacchetta, lo capisci tu questo, vero?

-Mio signore…

L’uomo dai capelli scuri deglutì, la voce tremava leggermente mentre pronunciava quella sorta di preghiera.

Lord Voldemort agitò la bacchetta orizzontalmente, e uno squarcio venne a formarsi nella gola di Piton.

Il professore non disse nulla, non una parola, non un lamento. Si appoggiò al muro, mentre Voldemort ordinava alla sua compagna strisciante:- Nagini, tocca a te.

Le accarezzò la testa; il serpente avanzava lentamente verso l’uomo ferito. Lo attaccò diverse volte, fino a lasciarlo accasciato al suolo, inerme.

Il signore oscuro accarezzò nuovamente Nagini, e lasciò la stanza, con un sospiro soddisfatto.

Harry, quando fu sicuro che il mostro se ne fosse andato, corse verso Piton: il professore, sanguinante e più pallido del solito, faticava a tenere gli occhi aperti.

Il ragazzo gli si avvicinò, e premette una mano sulla sua ferita, per fermare il sangue. Dagli occhi di Piton scese una grossa lacrima.

-Pren…dila…. Ti…pre…go….

-Hermione, dammi un’ampolla, qualcosa, presto!

Raccolse quell’unica lacrima, poi tornò a premere sulla ferita. Severus Piton lo guardò intensamente, sul viso dipinta un’enorme sofferenza.

-Hai… gli oc…chi… di tua… ma…dre….- sospirò, prima di appoggiare la testa alla parete. Gli occhi neri, un tempo vivi ed espressivi, si fecero come di vetro. Era morto.

 

 

-Dove… Dove sono?

L’uomo si guardò intorno: era in una specie di foresta, davanti ad una casa distrutta. Al suo fianco due figure: una donna, dai capelli rossi, e accanto a lei un uomo, alto, con dei buffi occhialetti tondi.

-Lily…

La donna lo abbracciò forte. Finalmente. Piton non riusciva ad esprimere la sua gioia in quel momento. Sciolse l’abbraccio e guardò Lily negli occhi. Quei meravigliosi occhi verdi, che si erano riportati anche nel figlio.

-Ho fatto di tutto per proteggere Harry… L’ho fatto per te, io…

-Sh- lei sorrise. Com’era bella. Ed era di nuovo lì. Finalmente. –Lo so. So tutto. Sono talmente content di rivederti!

Dopo un altro, lungo abbraccio, li raggiunse anche l’uomo.

-Severus,- disse con una voce profonda, calda, allungando la mano –Spero che d’ora in poi potremo dimenticare tutti i torti passati, e vivere in pace. Beh, “vivere” per modo di dire.

Suo malgrado il professore sorrise, e strinse la mano a quell’uomo tanto odiato, tante volte da lui chiamato “maiale”.

“Tuo padre era un maiale!”

-Ora dobbiamo andare, Severus.- sussurrò dolcemente la bella donna rossa –Ma ci rivedremo spesso, d’ora in poi.

-No… non lasciarmi…

-C’è un’altra persona che vorrebbe vederti adesso.

La donna prese a braccetto James, ed insieme sparirono nella foschia. Piton aspettava col cuore in gola.

Finalmente una mano bianca gli sfiorò la spalla. Lui si girò, e vide una ragazza.

-Immagino che tu abbia cambiato idea, adesso.

-Come…?

-Adesso che hai Lily.- la ragazza si torceva le mani, a disagio. –Speravo che questo momento non sarebbe mai arrivato… Hai sofferto molto, morendo?

Severus non riuscì a nascondere un sorriso di tenerezza. Accarezzò quella figurina esile, e l’abbracciò.

-Emma.- mormorò, tra le lacrime –Emma.

Lei si mise a piangere, e strinse il suo amato più forte che poteva.

-Sei qui… Finalmente sei qui…

Si asciugò gli occhi.

-Ti ho aspettato tanto.

-Sono arrivato, finalmente.

Con un bacio sugellarono l’incontro tanto atteso, e Severus potè dirsi felice. Felice, e libero da ogni responsabilità. I due esseri che più amava al mondo erano lì, con lui, e non li avrebbe più persi.

Mai più.

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