Revolt.

di Kikari_
(/viewuser.php?uid=132870)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Chapter One: Diary. ***
Capitolo 2: *** Chapter Two: Time. ***
Capitolo 3: *** Chapter Three: Cell. ***



Capitolo 1
*** Chapter One: Diary. ***


y Revolt z



Dedicata a tutte le persone che ho conosciuto e a cui ho voluto bene e, perché no, anche a quelle che conoscerò.



d Chapter 1: Diary. c


Londra, 11 Novembre 1834


Caro Diario,
Il tempo scorre lento qui, a Londra.
Sembra che i giorni non vogliano passare mai.
Ogni volta che mi sdraio sul letto la sera inizio a piangere, sapendo che il giorno dopo sarà uguale a quello passato; e andrà avanti così, per sempre, forse.
Gli impegni dei miei Genitori aumentano così come la lunghezza delle giornate: ormai credo che non si ricordino più di noi.
Max non sta bene, come al solito.
Purtroppo è sempre stato cagionevole di salute e nostra Madre e nostro Padre non si stupiscono più delle sue improvvise malattie.
Anche per me, ormai, è così: da bambina ero costretta a frequentare lezioni private perché ero sempre ammalata nei giorni scolastici; e ora che posso andarci felicemente, mia Madre non me lo permette. Dice che rischierei di avere una ricaduta e peggiorare.
Così, mi ritrovo sempre chiusa in casa ad ammirare sempre lo stesso panorama dalla finestra della stanza dove sono confinata per tutta la giornata. Devo guardare i bambini che giocano nella piazza poco distante dalla nostra grande e lussuosa villa che io scambierei volentieri con una baita in montagna.
Vorrei davvero trasferirmi. Vorrei davvero poter vivere in pace assieme a mio Fratello e ai miei Genitori, senza problemi, impegni o altro.
Sono giorni che sospiro davanti alla finestra, ma sembra che nessuno si sia mai accorto di questo e del mio desiderio di cambiamento.
Anzi, sembra che nessuno si accorga più di me.
Vorrei che qualcuno mi portasse via da questa soffocante quotidianità, magari andando a esplorare le grandi foreste della Scozia o, addirittura, viaggiare per la Manica e abbordare in Francia.
Però per ora, caro Diario, mi accontento del fantasticare.
Perché so che nessuno verrà mai a prendermi; nessun Principe Azzurro verrà a salvare la sua Principessa rinchiusa nella Torre.
Nessuno verrà semplicemente a salvare l'invisibile e insignificante me che, nonostante sia circondata da ori, gioielli e abiti preziosi, si sente vuota ed estremamente esausta.
Giusto, domani sera verranno a trovarci alcuni amici di mio Padre: sicuramente non mi lasceranno uscire, anzi; mi faranno stare chiusa in camera con Max.
E probabilmente parleremo, sogneremo a occhi aperti, perché anche lui vuole fuggire, anche lui vuole essere salvato.
Ora devo congedarti, la cameriera mi chiama per la cena.
Tua,

Vera






~ Angolo di Kikari.
 
Premetto che è alquanto folle, sì.
Ma quest'idea mi ha folgorata qualche mese fa, tormentandomi anche prima di dormire, così sono stata costretta da forze maggiori - ergo: il sonno - a cedere.
Col passare del tempo, però, quest'idea continuava a persistere, offuscando anche l'ispirazione per l'altra mia Long in corso; allora mi sono detta:
«Perché non inserire qualche OC
E lì, la mia fantasia e il mio cervello hanno iniziato a galoppare - facendomi sgambettare per casa come una scema -, inventando tra i più disparati intrecci e situazioni, creando a ogni personaggio una storia tutta sua.
E quello che avete letto è il piccolo Prologo, un piccolo Diario che la nostra adorata Vera ci permetterà di "spiare" durante la storia. :3
Lo so, do già per scontato che qualcuno segua 'sta cosa, ma sono una ragazza positiva, perciò lasciatemelo fare. uù
Dunque, amanti dei Pokémon e intrepidi lettori che vi siete cimentati nella vostra più ardua impresa - e cioè aprire e leggere una mia storia ;) -, volete aiutare il mio cervello a suicidarsi completamente?
- Se bisogna fare una cosa la si fa bene, no?
Mi piacerebbe avere per le mani tanti, troppi OC; il tutto dipende da quante persone vorranno aderire a questa iniziativa.
Vi assicuro che tratterò con i guanti le vostre piccole creazioni, intrecciandole con tutte le altre e, perché no, creando loro una storia.
Spero di poter accontentare tutti, però premetto che mi ci vorrà un po' di tempo per dare a tutti una parte. uù
Devo ancora decidere il termine massimo per iscrivere il proprio cagnetto :3 OC, spero di sceglierlo presto. :3
In conclusione, sguinzagliate la fantasia: se vi va di aiutarmi, non potrò fare altro che ringraziarvi dal profondo del cuore ~
Vi chiedo solo di mandarmi la descrizione del vostro OC - ora mi impegnerò per farvi una tabellina da compilare c: - tramite messaggio privato (o MP, come ormai lo si usa chiamare).
Sarebbe alquanto sconveniente se gli altri lettori (Quali, poi! Nessuno leggerà 'sta pappardella di Nota Finale D:) scoprissero in anticipo il carattere del vostro piccolo, giusto? :3
Bene, direi che ho detto tutto - piccolo problemino di memoria, capita :)
Ringrazio in anticipo tutti coloro che recensiranno, che mi affideranno il loro personaggio e anche tutti coloro che leggeranno soltanto. çuç



~ Kikari
, conosciuta anche come Lecchan :3


Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Chapter Two: Time. ***




d  Chapter 2: Time.  c



Touko era affacciata alla finestra, intenta a osservare il triste panorama: dei grossi e minacciosi nuvoloni impestavano il cielo di Londra; cosa assai comune, in effetti.

Sospirò, tirando le leggere tende rosa antico per coprire quella visuale.
Si buttò sul letto, annoiata: possibile che le uniche cose che movimentassero la sua vita fossero i litigi con il fratello?
Mentre era intenta a osservare l'ampio e immacolato soffitto, qualcuno bussò alla porta.
Dopo un «Avanti» bofonchiato, una figura sorridente spuntò leggermente dallo stipite.
Il volto di Touko sembrò illuminarsi e la castana corse ad abbracciare la ragazza che era appena entrata.
«Belle, grazie al cielo! Mi stavo annoiando a morte!» sospirò sollevata.
«E, conoscendoti, non credo che ciò che ho da dirti ti tirerà su il morale» sorrise imbarazzata la bionda.
Touko inclinò la testa di lato, non capendo a cosa alludesse; ma quando l'amica tirò fuori dall'armadio un vestito estremamente lungo e femminile, la ragazza sbiancò.
«No... Belle, ti prego, non puoi farmi questo.»
«Mi spiace, ma Lady Selene sta per fare ritorno e io sono stata incaricata, in quanto tua Badante, di prepararti al meglio. Ora vieni qui, dobbiamo infilare questo» spiegò la bionda, senza che quell'espressione bonaria abbandonasse il suo volto.
Touko sospirò, odiava indossare quegli abiti estremamente pomposi, ma Belle era sempre in grado di convincerla, in qualche strano modo.
«Ehi, perché Badante? Non sono mica così vecchia» brontolò la castana imbronciandosi.
«Hai ragione. Preferisci Tata?» rise l'amica mentre estraeva dall'immenso armadio un lungo paio di calze - che, probabilmente, arrivava fino alla coscia -, un corpetto e un reggicalze.
Touko, a quella vista, dimenticò completamente la discussione di poco prima.
«Eh no, sia chiaro: Io. Quelle. Cose. Non. Le. Metto» scandì lei arretrando.
«Dai, sai benissimo che non si vedono; sono fatte apposta per essere nascoste dal vestito.»
«Non importa, è una questione di principio.»
Belle sospirò, adagiando ciò che aveva in mano sul letto a baldacchino. Portò le mani dietro la schiena e strinse ulteriormente il fiocco che legava il suo grembiule; dopodiché prese il corpetto e si avvicinò con uno sguardo poco rassicurante alla figura che, nel frattempo, si era attaccata al muro, terrorizzata.
«C-Cosa hai intenzione di fare?» tartagliò la castana.
«Quello che mi ha ordinato Lady Selene: prepararti per la cena del suo ritorno.»
Un ghigno inquietante tagliò in due il dolce volto della Governante mentre, con passo cadenzato, si avvicinava all'ormai impotente Touko.



~



«Touya, caro, mi passeresti il sale?»
Touko sbuffò sonoramente mentre faceva scivolare la guancia giù dalla mano su cui era poggiata: quella cena stava andando eccessivamente per le lunghe.
E la cosa che più la infastidiva era sicuramente il gemello: tirato a punto e sempre sorridente, cercava di entrare nelle grazie della Madre, probabilmente a causa di qualche danno arrecato al mobilio.
Il fatto che Selene non fosse mai a casa era ormai una certezza: praticamente quell'immensa e sontuosa villa apparteneva solo ed esclusivamente ai due gemelli Legend, conosciuti come l'esempio per ogni bambino che non fosse figlio unico ma che, non appena fuggivano dai riflettori, esplodevano in liti furiose.
Touko tastò il suo fastoso abito e, dopo qualche secondo di ricerca, trovò il corpetto eccessivamente stretto e tendente a salire verso il collo; così, con un gesto secco, lo riportò giù, concedendosi un po' di respiro.
Non riusciva a capire il motivo di tale sofferenza solo per il ritorno della Madre che, probabilmente, il giorno seguente sarebbe ripartita.
In quel momento, le parole di Belle risuonarono nella sua mente:
«Lo sai che vi vuole bene; semplicemente non ha il tempo di dimostrarlo».
“Secondo me, - Touko aveva pensato - il tempo per le persone che stanno veramente a cuore lo si trova sempre”.
La cena continuò ancora per un numero indefinito di minuti, o forse ore.
Touko si avviò strisciante verso la camera, imbattendosi però nell'ultima persona che avrebbe voluto vedere.
«Ti saresti dovuta mostrare un po' più felice, Sorellina.»
Touya era comparso proprio al centro della sua visuale e si stagliava in tutta la sua arroganza mentre sottolineava l'ultima parola.
«Solo perché tu sei nato poche ore prima di me non significa che tu possa comandarmi a bacchetta, è chiaro?» ribatté senza troppa convinzione la castana che non aveva assolutamente intenzione di iniziare a litigare.
«E, invece, è proprio per questo che io sono il maggiore e quindi pretendo che tu mi obbedisca.»
Touko si trattenne a stento dal ridere e si limitò a congedare il fratello con un gesto noncurante della mano.
Touya si innervosì e la prese per un polso, avvicinando il suo viso a quello della ragazza e facendo si che i loro sguardi si intrecciassero.
«Vedi di comportarti meglio la prossima volta, altrimenti nostra Madre se la prenderà solo con me per il tuo comportamento maleducato.»
Dopo averla minacciata, il castano si voltò verso la sua stanza, non curandosi più di lei.
Touko gonfiò le guance irritata e si chiuse in camera, sbattendo la porta.
All'interno, Belle sobbalzò a quel rumore improvviso, facendo cadere goffamente dalle mani lo spolverino utilizzato per pulire i mobili della ragazza.
La castana cercò di slegare da sé i lacci sulla schiena, senza alcun risultato; l'amica corse in suo soccorso e le sfilò con delicatezza ogni nastro, facendolo scivolare tra le dita affusolate ed esperte.
Terminata la minuziosa operazione, Touko si spogliò anche degli accessori e dell'intimo di pizzo.
Ormai non si faceva problemi a cambiarsi davanti alla ragazza con cui era cresciuta.
Aprì con rabbia le ante dell'armadio e ne trasse fuori una camicetta lacera e un paio di lunghi e strappati pantaloni neri sottratti dagli scarti del fratello.
Prese della biancheria più comoda e si infilò il tutto borbottando tra sé e sé.
Frugò nervosa in un cassetto del comodino e prese tra le dita un fischietto: la sua Serperior amava fare dei giri nel grosso e lussureggiante giardino, ma in quel momento la castana non aveva il tempo di cercarla.
Infine, raccolse un paio di stivali usurati e se li ficcò sgraziatamente, saltando in piedi e dirigendosi decisa verso la finestra.
«Ma, Touko: dove vai a quest'ora?» la riprese Belle, preoccupata.
«Da lei, ho bisogno di sfogarmi» rispose aprendo la finestra e calandosi fuori.
La Governante si sporse dall'infisso osservando la figura della castana scendere lungo il muro della villa.
«Lo sai che un giorno ti scopriranno. Non è che nessuno ti conosca in questa città» sussurrò quest'ultima.
«Certo, ed è per questo che esco la notte» concluse la castana salutando l'amica dalla strada.
«Fai attenzione, ti prego» mormorò Belle fissando la silhouette della ragazza allontanarsi con cautela dalla villa.
Sospirò. Per quanto ancora sarebbe andata avanti questa storia della doppia identità?



~




Misty entrò in camera sua sbattendo la porta, infuriata.
«Le odio. Le odio, le odio, le odio!» ripeté sbattendo i piedi a terra, facendo quasi tremare il pavimento. Un Togetic sobbalzò per lo spavento e si mise a sedere composto sul materasso.
«Come... Come pretendono che io indossi quel vestito imbarazzante?» sussurrò con un tono più triste mentre l'immagine di un abito rosa tutto pizzo e merletti faceva capolino nella sua mente.
«Signorina, non deve farne loro la colpa.»
Misty trasalì: non si era accorta della presenza del suo Maggiordomo.
«Brock, mi hai spaventata» sospirò sollevata sedendosi sul bordo del letto e prendendo in braccio l'esserino.
«Miss, come le ho già detto, lo fanno solo per il suo bene» continuò l'uomo, posizionandosi davanti alla ragazza.
«...Lo so. Ma io non ce la faccio più. Devono capire che non sono più una bambina e che non possono decidere cosa fare della mia vita.»
Aveva le lacrime agli occhi, prontamente cancellate da un gesto secco della mano. Se c'era una cosa che aveva appreso in quei diciassette anni di vita era l'orgoglio di un'aristocratica: nessuno avrebbe mai visto le sue lacrime.
Brock le si avvicinò, poggiandole una mano sulla spalla.
«Stia tranquilla, vedrò di parlare io con loro.»
Un sorriso di speranza comparve sul volto della rossa, che subito si apprestò ad abbracciare il suo fedele Maggiordomo.
«Grazie! Grazie, grazie e grazie! Non so cosa farei senza di te.»
Brock sorrise, uscendo dalla camera della ragazza; non appena ebbe chiuso la porta sospirò.
“Mi attende una delle più lunghe chiacchierate della mia vita, se dovrò parlare con Ms. Daisy della vita della Signorina” pensò amareggiato.




~




«Fermatevi immediatamente, altrimenti vi sbatto in prigione!»
Ash stava ridendo come non mai: rubare il cappello al suo amico era stata l'idea più geniale che gli fosse venuta in mente.
Barry e il suo Empoleon li stavano inseguendo, il primo imprecando al loro indirizzo, per le vie della periferia.
Absol, con balzi felini, indicava loro la strada per sfuggire al loro amico e Pikachu saettava dietro casse e scatoloni.
Ash lanciò una rapida occhiata al suo compagno di crimini che, per tutta risposta, gli sorrise divertito: Drew amava l'avventura.
Fortunatamente nessuno si trovava per le strade a quell'ora della notte e loro avevano tutte le vie a disposizione.
Il vento freddo sferzava contro i loro visi, facendoli rabbrividire, ma a loro non importava.
Il corvino si inciampò, facendo preoccupare l'amico dai capelli verdi e i due Pokémon.
Ash continuò a ridere, sdraiandosi completamente per terra; Drew lo imitò, facendosi cadere lì vicino, iniziando a sorridere di rimando.
Barry li raggiunse, intavolando una ramanzina coi fiocchi.
«Siete due amici spregevoli! Come avete potuto rubarmi il mio prezioso cappello?» li riprese strappando dalle mani del corvino il suo indumento e cominciando ad accarezzarlo come se fosse un essere vivente.
Nel vedere, però, i due ragazzi continuare a ridere ancor più forte, Barry si arrese e si accasciò al terreno, unendosi ai suoi amici.
«...Ok, è stato divertente. Lo ammetto» esordì il biondo con il sorriso dipinto sulle labbra.
Passato qualche minuto, l'atmosfera si fece più calma e le risate si affievolirono come la fiamma di una candela.
Drew si tirò a sedere, facendo segno al suo Absol che era ora di tornare a casa.
«Ma, vai già via?» mugolarono gli altri due.
«Sì, mio padre si è raccomandato di tornare presto perché domani abbiamo una cena importante e dobbiamo prepararci» spiegò con serietà il ragazzo mentre raccoglieva i suoi averi.
«Giusto. La dura vita di un Borghese, eh?» borbottò imbronciato Ash.
L'altro sorrise, salutando i suoi amici con un gesto della mano e scomparendo dietro un angolo.
Barry sbuffò, sedendosi a guardare il cielo notturno.
«Certe volte mi chiedo come sarebbe vivere da Borghese.»
Il corvino si alzò e gli poggiò una mano sulla spalla.
«Non ti preoccupare, non credo sia molto diverso dalla vita che facciamo noi» lo rincuorò sfoggiando uno dei suoi splendidi sorrisi a trentadue denti.
Il biondo lo ringraziò, facendo volare il pensiero alla sua madre scomparsa; a lei e a tutti i soldi che aveva sottratto a suo padre, lasciandoli completamente al verde.
Certe volte si domandava davvero perché Ash fosse sempre così felice, nonostante la sua fosse una vita di miseria e fame; lo fissò per un attimo mentre accarezzava amorevolmente la testolina del suo Pikachu: magari non era ancora a conoscenza del terribile e spietato mondo che lo circondava, mondo in cui i Poveri venivano maltrattati e in cui i Ricchi regnavano senza scrupoli; mondo in cui non ti puoi fidare neanche del tuo migliore amico.
Forse per lui la vita era semplicemente una cosa meravigliosa da proteggere, affidandosi senza paura a essa.



~




Giovanni era seduto sulla sua poltrona di fianco allo scoppiettante caminetto che illuminava la stanza buia di un acceso rosso fuoco.
Al suo fianco, un raffinato Persian si era accoccolato sul proprio cuscino, facendosi vezzeggiare dal suo padrone.
Con un gesto della mano, l'uomo ordinò ai suoi due sottomessi di avvicinarsi.
«Sì, My Lord?» esordì Jessie a nome di entrambi.
«Ci ho pensato, e ho capito che per raggiungere il mio obbiettivo, necessito di voi due.»
James irrigidì la schiena: era la prima volta che il loro Signore diceva una cosa del genere.
«Dovrete intrufolarvi nelle dimore dei Nobili come due Maggiordomi principianti e cercare qualsiasi indizio che possa servire per il mio scopo» Giovanni non si era ancora voltato, continuava a fissare il crepitante fuoco, imperturbabile.
«Sì, My Lord» pronunciarono all'unisono i due servi piegando la testa e scomparendo oltre la porta.
L'uomo scosse il capo, domandandosi il perché di quell'azione avventata e forse autolesionistica.
Spostò nuovamente lo sguardo sul caminetto mentre le fiamme si riflettevano nei suoi occhi color ossidiana, facendoli brillare di un inquietante luce.
La frase che aveva pronunciato poco prima di convocare i suoi due preferiti echeggiava ancora nella spaziosa e silente stanza.


«Non c'è più tempo...»





~ Angolo di Kikari.

Mh, sì, questo capitolo è già più consistente. :3
Eccomi qua con la continuazione di quel misero Prologo.
Purtroppo, come potete vedere, non ho ancora inserito gli OC; beh, in realtà sul mio pc - Juliet ♥ - ci sono già, ma compariranno circa dal prossimo capitolo. c:
La mia smania di continuare questa fic mi ha fatto scrivere questo capitolo e un pezzo del terzo nell'attesa dei vostri Personaggi. =.=
Diciamo che le cose iniziano a farsi leggermente più interessanti, sìsì.
E dire che devono ancora entrare in gioco tanti di quei personaggi .-.
La trama è complicata, vi avverto già, e ci vorrà un po' per svilupparla, ma mi sto impegnando molto per lasciar lo spazio a ogni personaggio - sia canon sia originale. :3
Il termine finale per iscriversi - cioè quando non accetterò più OC - sarà il giorno in cui pubblicherò il terzo capitolo (ancora da decidere ^^').
Ringrazio di cuore tutte le ragazze che hanno recensito e/o inserito questa storia tra le loro preferite/seguite
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto quanto è piaciuto a me scriverlo. :3
Adesso vi svelerò un piccolo segreto su questo capitolo. *Si guarda intorno circospetta*
La frase di Barry «Fermatevi immediatamente, altrimenti vi sbatto in prigione!» è molto simile al suo «Togliti di mezzo, altrimenti ti faccio una multa!» - comesenonsifossecapito=w=.
E, se devo essere sincera, è stato complesso trovare una frase che sostituisca la sua e che sia compatibile con il periodo in cui si trova. :3
Ma, in fondo, sono fiera di questo Barry-minacciatore (?) **
Bene, ora vi lascio sul serio.
Ancora grazie, leggere i vostri pareri mi è stato di grande aiuto e conforto ~ çuç

~ Lecchan. ♪



Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Chapter Three: Cell. ***


srhrdn



Disclaimer - che avrei dovuto mettere all'inizio ma io sono alternativa (?): I personaggi di questa fic - escludendo quelli originali - appartengono a Satoshi Tajiri, creatore della serie di videogiochi "Pokémon".
Gli OC appartengono solo e soltanto agli autori che li hanno creati. Nelle note finali chiarirò questo punto.
Fatti e personaggi presenti in questa storia non sono reali e i riferimenti alla realtà sono puramente casuali.
Questa storia è stata scritta senza alcun scopo di lucro.
 


d
  Chapter 3: Cell.  c





«Miss Lucinda, potrebbe cortesemente uscire dalla toilette?»
La frase della Governante echeggiava nell'immenso e silente corridoio dal quale era stata pronunciata. Sembrava, però, che la fanciulla non avesse udito quell'educata richiesta.
«Miss Lucinda, non può continuare a nascondersi da se stessa. Deve accettarsi per come è.»
Una cascata di lisci capelli blu sbucò dallo stipite della porta e, lentamente, il volto della ragazza si rivelò alla Cameriera.
«Cosa state farneticando?» Lucinda la fissava confusa mentre, tramite il piccolo spiraglio, si poteva scorgere, appoggiata sul lavabo, una spazzola.
«Non... Non vi state mascherando per uscire domani?» In quel momento, si sentiva la donna di servizio più stupida di Londra.
«No, sto pettinando i miei capelli appena lavati per dormire, non ho intenzione di nascondermi dietro una travestimento» il tono era leggermente offeso e la ragazza, mentre pronunciava quelle parole, gonfiò il petto d'orgoglio per la sua bellezza.
E, in effetti, non aveva tutti i torti.
La carnagione pallida, degna di una Aristocratica; la pelle morbida e vellutata; i lunghi e setosi capelli blu che incorniciavano il suo viso dai lineamenti delicati, addolciti dalle labbra rosee e illuminati da due grandi e profondi occhi blu oltremare.
Se c'era una cosa di cui Lucinda non aveva paura era di mostrarsi in tutta la sua bellezza, anzi.
Lucinda non desiderava altro.
«Mi... Mi perdoni, sono stata eccessivamente impulsiva. Imparerò dal mio errore, Miss» la Governante chinò il capo, desolata.
La ragazza la fissò con superbia, per poi chiuderle la porta in faccia.
«Proprio non sopporto le novelline» ringhiò alla sua immagine riflessa per poi sciogliere quel cipiglio che le increspava il viso e tornare ad accarezzare i suoi capelli, intonando una dolce melodia.

«Così, finalmente, anche lui cadrà ai miei piedi.»



~





Gary sorrise vittorioso mentre fissava la bellissima giovane che dormiva al suo fianco – l'ennesima giovane.
«Il grande Oak non sbaglia mai un colpo» si complimentò con se stesso per il “premio” appena vinto: un'altra ragazza conquistata.
Le scostò una ciocca di capelli dal viso: quella volta il trofeo era proprio carino.
I capelli castani le cadevano dolcemente sul volto e coprivano i suoi occhi chiusi e le sue guance tinte di un rosa caramella; la bocca era leggermente aperta e si poteva sentire il suo calmo e ritmato respiro; il suo corpo fiorente era coperto dal leggero lenzuolo azzurro che lasciava scoperta solo una lunga e candida gamba.
Il ragazzo si stava quasi dimenticando che la pepata fanciulla coi dolci codini di qualche ora prima fosse la stessa che, in quel momento, era stesa sul suo letto.
I suoi codini si erano sciolti come il suo comportamento estremamente superbo non appena lui le aveva rivolto la parola e l'aveva portata nelle sue camere.
Il castano fece per alzarsi quando un mugolio sfuggì dalle labbra rosse della ragazza e, lentamente, le sue palpebre si alzarono e rivelarono due grandi iridi color nocciola.
«Mh, è già mattina?» brontolò lei stropicciandosi gli occhi pigramente.
«No, Milady, ma giunta l'ora che lei vada via, o il mio Tutore si arrabbierà sul serio» sussurrò con voce sensuale il ragazzo all'orecchio stanco di lei.
La giovane si portò a sedere con fatica, reggendo il lenzuolo per coprirsi da occhi indiscreti – o , più semplicemente, dal castano stesso.
«Io non conosco ancora il vostro nome.»
Lei diede semplicemente voce ai suoi pensieri, ma questo sembrò urtare il ragazzo tanto da farlo sobbalzare: aveva passato veramente qualche ora con una donna senza essersi rivelato? Un'azione veramente poco cavalleresca.
«Io sono conosciuto come Gary Oak, e lei?»
Si sentiva il Nobile più idiota del Regno: chiedere alla fine di una notte di fuoco il nome alla compagna, la prima cosa da domandare.
«Mia nonna ha deciso di chiamarmi Kotone, perciò io sono Kotone Leaf» gli sorrise la ragazza, mostrando un'abbagliante dentatura.
L'ottimismo di Kotone era veramente contagioso, tanto che al Conte sfuggì un piccolo sorriso.
«Ma, un momento, tu sei il famoso Gentleman Gary Oak?» esplose lei mutando la sua espressione da serena a sorpresa.
Il ragazzo si gonfiò di orgoglio e mostrò un sorriso beffardo.
«Così mi chiamano.»
Dapprima gli occhi di Kotone si illuminarono poi, così come il luccichio era arrivato, quel bagliore si affievolì e comparve una sfumatura di malinconia che rattristì il suo volto.
«Quindi io, da adesso, sono una delle tante “conquiste”, non è così?»
Aveva pronunciato quella frase con rassegnazione e gli occhi umidi; a quella vista Gary si addolcì.
«No. Ti assicuro che ci sarà sempre un piccolo spazio nel mio cuore per uno splendore come te.»
Quante volte aveva ripetuto quelle parole messe una dietro l'altra, senza credere veramente nel loro significato?
Kotone sembrò rasserenarsi ma, anche se sorrideva, il ragazzo capì che non si era veramente rincuorata: forse doveva smettere di sottovalutare le ragazze con cui aveva degli “incontri ravvicinati”.
Le passò una mano tra i capelli e subito dopo li scompigliò birichinamente con un sorriso dipinto sulle labbra.
Si ripromise che quella sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe illuso una ragazza in quel modo.

Se lo ripromise per l'ennesima volta.



~




Touya entrò in camera sua sbattendo la porta, dopo aver sentito la Sorella fare la stessa cosa; ma, a differenza di Belle, Komor si voltò senza perdere il suo portamento e la sua espressione composta.
«Io... Io non so più cosa fare con lei» sospirò buttandosi sul letto e svegliando l'Emboar che sonnecchiava lì vicino.
«Scommetto che lei pensi che io esista solo per rovinarle la vita» i suoi occhi iniziarono ad appannarsi. «Mi odia» concluse mentre una lacrima minacciava di fuggire, cancellata prima che attraversasse la guancia.
«Meglio essere temuti e rispettati che amati e oltraggiati» lo rincuorò con tono estremamente distaccato il suo Maggiordomo mentre, con passo felpato, usciva dall'oscurità.
«Questo vale per tutte le persone eccetto che per tua sorella» commentò con sarcasmo il castano prendendo ad accarezzare il suo fedele e imponente amico.
«Può darsi, intanto l'etichetta imposta da sua madre prevede questo, perciò siamo impotenti, Signorino» concluse il Maggiordomo.
«Ma... Komor!» si lamentò lui alzandosi a sedere.
«È tutto quello che sono tenuto a dirle, ora sono costretto a congedarla, Signorino» si inchinò il ventitreenne dai capelli neri sparendo oltre la porta.
Touya continuò a fissare la porta per un numero indefinito di secondi, tanto che il suo Emboar emise più volte dei versi per farlo rinsavire.
Scosse la testa, lasciandosi cadere all'indietro e facendosi abbracciare dalle lenzuola profumate di pulito.

«Touko non verrà mai a sapere quello che provo io e continuerà a odiarmi, lo so.»


~




Il vento, quella sera, era particolarmente freddo, e questo Penelope lo aveva capito.
La giovane si strinse nel suo caldo – e costoso – mantello nero, accoccolandosi sul dondolo del suo immenso giardino.
Quello prese a cigolare, facendo così sbuffare la ragazza che creò una piccola nuvola di condensa.
«Per quanto ancora questo glaciale Novembre disturberà i miei momenti di solitudine?» borbottò lei, imbronciandosi.
Con grande leziosaggine, un felino di buona famiglia si avvicinò alla sua padrona, sedendole accanto sul dondolo e facendolo scricchiolare ulteriormente.
«Persian! Dov'è finita la tua grazia?» lo rimbrottò lei, temendo che quell'aggeggio infernale potesse veramente spezzarsi.
Il gatto mugugnò qualcosa per poi acciambellarsi comodamente e iniziare a farsi coccolare dalla sua padrona.
Lei roteò gli occhi, facendoli poi cadere su un gruppo di ragazzi che correva per le strade deserte e silenti della periferia.
Certe volte rimpiangeva la sua piccola ma appartata villetta in centro, nella quale sarebbe volentieri ritornata, lasciando immediatamente quella sontuosa villa al limite del sobborgo.
Li scrutò mentre quelli si divertivano a scappare dal loro amico biondo che continuava a minacciarli di spedirli in prigione, appoggiato da qualche verso del suo Empoleon.
Incrociò lo sguardo di uno di loro, intrecciando i suoi occhi verdi con quelli nocciola del ragazzo; per un attimo si sentì completamente svuotata, come se quelle iridi avessero rivelato ogni suo segreto.
Il corvino continuò a correre, facendo finta di niente, lasciandola parecchio scossa.
Fissava quel biondino, così turbolento da svegliare tutte le persone che lo circondavano, mentre sul suo volto comparve un sorrisetto di scherno.
Ridacchiò, burlandosi della loro semplicità e libertà, facendosi sfuggire però un singhiozzo.
Un singhiozzo di invidia.
Immediatamente, si portò le mani alla bocca come per impedire agli altri singulti di fuggire.
Il suo Persian aprì una palpebra, miagolando qualche parola di rimprovero.
Lei sospirò, irrigidendosi in una posa composta, come stabilito dal “Protocollo”.
Riacquistò il suo tono superbo, giustificando con parole acide quel piccolo segno di debolezza.


«Non ti preoccupare, Persian. La loro povertà mi fa solo ridere.»


~




Barry fece correre per l'ennesima volta lo sguardo su e giù per le strade sterrate della periferia, convinto di aver sentito qualcuno.
Ash, dal canto suo, continuava a giocherellare con il suo Pikachu come se niente fosse; il biondo, allora, si alzò in piedi e affermò con fermezza:
«Ehi, fa' silenzio. C'è qualcuno» accompagnò quest'ordine con uno sguardo fiero.
«Mh?» il corvino bofonchiò, terminando all'istante il suo momento di svago.
Barry portò un dito alla bocca per dirgli di far silenzio mentre, con passo felpato e muto, si avvicinava a due casse, impilate una sopra l'altra.
Con un balzo le superò e, sempre mantenendo quel tono orgoglioso, puntò il dito contro gli esseri che si nascondevano dietro gli scatoloni.
«Sapevo che c'era qualcun...» la sua voce altezzosa andò scemando, realizzando che le due figure rannicchiate non erano altro che Empoleon e Pikachu.
«...Naturalmente sapevo che erano loro.» si salvò all'ultimo voltandosi verso Ash che, però, guardava con confusione i due Pokémon dietro il biondo.
«Che c'è?»
Il corvino indicò con un dito il suo Pikachu, beatamente rannicchiato tra le proprie braccia, e l'Empoleon del biondo che stava guardando la scena esterrefatto.
Barry si voltò tremante.
«Ma... quindi... voi di chi sareste?»
Il piccolo Pikachu piegò la testa di lato, non proferendo verso; il grosso pinguino, invece, se la rise sotto i baffi.
Barry era sempre più confuso, tanto che continuava ad alternare la visuale dal suo Pokémon a quello davanti a sé, per poi farla scivolare sul Pikachu del corvino che, nel frattempo, si stava avvicinando ai due nuovi amici.
Chiese qualcosa al suo sosia, sfoggiando un bellissimo sorriso; il suo entusiasmo mise di buon umore l'altro topino che squittì qualche parola con un tono estremamente... femminile?
Ash fissò sconcertato i due Pokémon gialli scambiarsi pareri e risposte, talvolta ridacchiando.
Pikachu fece per tornare dal suo padrone – avendo scoperto ormai la situazione – quando un particolare lo bloccò: l'Empoleon che continuava a ridacchiare balzò in aria, arrotolandosi su se stesso e ricadendo a terra sotto forma di una piccola volpe grigio fumo sghignazzante.
Barry ebbe appena il tempo di rendersi conto della situazione che un urlo squarciò la calma e fredda quiete di quella notte.
«ARRIVO!»
Una slanciata figura si buttò giù dal tetto di una casa, atterrando perfettamente in piedi; la piccola volpe si avvicinò alla sua padrona e le saltò in groppa.
Barry e Ash, che si era alzato, si ritrovarono a boccheggiare, sconvolti.
Nel frattempo, un'altra figura si avvicinò a loro, poggiando le mani sui fianchi.
«Aria, quante volte ti devo dire che questa tua “entrata a effetto” finirà per nuocerti?»
«Lo so, Julia, ma è troppo divertente!» svicolò la ramanzina allargando un gran sorriso sul volto.
I due ragazzi si ripresero, riconoscendo le loro due amiche, e corsero verso quelle.
«Sapevo che quella Pikachu era tua, Julia» chiarì con fierezza il biondo, incrociando le braccia al petto.
«Oh sì, Barry; ne sono sicura» rise lei sarcasticamente, accogliendo poi in braccio la sua affettuosa compagna.
La piccola volpe saltò in testa al bugiardo, scompigliandogli i capelli.
«Zorua! Lasciami stare!» si lamentò lui cercando di staccarsi il piccolo e dispettoso amico.
Gli altri tre risero, divertiti dalla buffa scena.
«E Drew?» chiese Aria, convinta di aver sentito la voce del verdolino poco prima di effettuare “l'imboscata”.
«Doveva andare via; domani sera ha una cena importante» gli fece il verso il biondo, ricevendo uno scappellotto da Julia.
«Idiota» commentò quella.
«Allora, cosa vi va di fare ragazze?» si intromise Ash, esibendo uno smagliante sorriso.  
La castana sbadigliò, seguita a ruota dal suo Zorua.
«Credo che qualcuno abbia sonno» commentò la bruna con il sorriso.
Aria rise imbarazzata, grattandosi la testa.
«Beh, direi che è tutto rimandato a domani» concluse Ash salutando i suoi amici.
«A domani, ragazze! Magari riusciamo a riunire tutta la banda!» salutò con un ampio gesto della mano il biondo, mentre le due amiche si allontanavano raggianti.
Dopo qualche minuto, al corvino sorse un dubbio.
«Chissà perché sono venute a trovarci. Siamo stati insieme poco più di cinque minuti.»
Barry mosse la mano vagamente, senza perdere il sorriso.
«Evidentemente sono venute a salutarci; mancavo loro troppo.»
Poco distante, uno Zorua stava correndo freneticamente verso la sua padrona mentre teneva tra le zanne un cappello.
Aria ghignò, seguita poi da Julia.

«Questo Barry lo rivedrà tra un po' di tempo.»


~




Elizabeth sospirò per l'ennesima volta, ripresa prontamente dalla sorella.
«Beth! Hai intenzione di andare avanti così per molto? Devi rimanere concentrata se vuoi preparare un dolce commestibile!»
Il tono terribilmente accusatorio ferì la Hamm che, accusando il colpo, sussurrò un «Mi dispiace» e riprese a mescolare l'impasto della crema frangipane.
Charlotte sapeva essere veramente prepotente, talvolta.
In fondo, stavano preparando una semplice Bakewell Tart, niente di eccessivamente complicato, ma la propensione della giovane nell'impegnarsi a fondo in ogni attività era ormai nota.
In più a complicare la situazione era la tarda ora che ormai era giunta: preparare dolci intorno alle undici di sera creava seriamente dei problemi di concentrazione.
«Beth, vai a prendere le mandorle» ordinò la castana alla gemella che, sobbalzando, obbedì.
L'insegnate osservava orgogliosa la scena: le sue allieve si rivelavano veramente esperte.
La preparazione della torta proseguiva e ormai era stata infilata nel forno; circa quaranta minuti dopo era pronta per essere decorata, la parte preferita di Elizabeth.
«Lascio a te questo delicato lavoro. Sono sfinita» si lamentò Charlotte massaggiandosi le mani.
La gemella annuì e tirò fuori dallo scaffale lo zucchero a velo con il quale ricoprì la parte superiore della torta, fino a farla quasi brillare.
Aggiunse poi qualche scaglia di mandorla per completare l'opera: si occupava di quel lavoro con la stessa dedizione che si ha quando ci si prende cura di un neonato.
La capacità delle due gemelle di completarsi a vicenda è a dir poco strabiliante, pensò la donna che osservava la scena.
«Cha, ho finito!» annunciò piena di entusiasmo Elizabeth mentre preparava tre piatti e tre forchette.
Charlotte la raggiunse nel giro di pochi secondi, affamata e curiosa come era; tagliarono tre fette, porgendone una anche all'insegnante.
Cha portò il dolce alla bocca, assaporando il delizioso sapore dell'impasto alle mandorle e gustandosi il sottile ma succoso velo della confettura di ciliegie.
L'insegnante si complimentò con entrambe, facendo sorridere Charlotte e imbarazzare Beth.
La prima, appena la pasticcera fu uscita dalla cucina, sbuffò sonoramente e si lasciò cadere sulla sedia, ricordandosi che quei compiti da Cameriera non erano affatto per lei.
Elizabeth sorrise nel vedere la sorella cambiare così d'umore solo per arruffianarsi la maestra.
Charlotte applaudì due volte, assumendo un tono serio e facendo sbiancare la gemella.

«Bene, la Governante è fuori, dunque... chi lava i piatti?»


~




Vera si stiracchiò allungando le braccia in aria e poggiando con delicatezza la piuma nel calamaio.
«Signorina, la cena è servita» una Cameriera dai corti capelli castani tenuti ordinati da un cerchietto in pizzo era comparsa dalla porta.
Il suo comportamento era composto e rigido, come ogni Governante che si rispetti.
«Sì, arrivo subito, Marina» sorrise la ragazza dagli occhi azzurri: erano anni che le due si conoscevano e, nonostante tutto, la dipendente continuava ad avere, con lei, un atteggiamento lievemente distaccato.
Marina si chinò elegantemente, socchiudendo la porta.
Vera sospirò profondamente e si lasciò cadere sul letto, disturbando il riposo della sua Blaziken che mugugnò qualche verso di rimprovero.
Ridacchiò, divertita.
«Scusami, ma dobbiamo andare» la intimò teneramente.
La Pokémon si rigirò su se stessa, decisa a voler dormire; la ragazza sbuffò, intuendo la situazione.
«Ho capito. Come al solito ti porterò la cena in camera, Miss» la schernì rassegnata mentre quella annuiva.
Non appena poggiò il palmo sulla maniglia della porta una grande felicità la pervase.




D'altronde, i pasti erano l'unica scusa per uscire dalla sua “cella”.







~ Angolo di Kikari.


Uiiiiii
~ ♪ *Gira per casa urlando*

Finalmente sono riuscita a inserire qualche Personaggio Originale! :D
Come potete notare non sono tutti, anche perché avrebbe significato o un capitolo eccessivamente lungo o meno spazio per ogni OC, e mi sembrava ingiusto degnare solo di qualche riga questi meravigliosi caratteri. *-* #innamorata degli OC.
Beh, ne sono comparsi un po', e posso assicurarvi che nel prossimo ci saranno tutti i restanti; dopodiché la storia comincerà a evolversi.
Ah, un piccolo consiglio: tenete d'occhio il famoso cappello di Barry perché, come avete potuto constatare, è parecchio ricorrente in questa storia. *Si complimenta con Aria e Julia per l'idea di fregarglielo*
Okay, adesso ampliamo i Disclaimer iniziali. uù

Aria Mirror appartiene a Yume Kourine

Julia Evans appartiene a Juls_
Charlotte e Elizabeth Hamm appartengono a Calciatrice_2000
Marina Miyazaki appartiene a Gwen Kurosawa
E, infine, Penelope Lennox appartiene a una mia amica che mi ha concesso di utilizzarla.

Sappiate che non mi sono dimenticata degli altri OC; anzi, il prossimo capitolo è già pronto - beh, più o meno - e sono già tutti entrati in scena. :3
Purtroppo dal 29 Agosto al... 9 Settembre (non lo so nemmeno io D:) sono in vacanza - vado in Corsicaaaa 8) -, perciò probabilmente non aggiornerò prima di quella data.
Mi scuso con tutti gli autori che si aspettavano di vedere il proprio OC in azione, davvero. çuç
Comunque ora posso affermare con sicurezza che il termine per iscrivere il proprio OC è scaduto. Non accetterò più nessun OC.
Bene. c:
Ringrazio tutte le fantastiche persone che seguono/preferiscono e recensiscono assiduamente questa folle idea. Vi voglio bene ~ ♥
Ora vi lascio a una piccola curiosità sul capitolo; ho deciso che ce ne sarà una per ognuno. :3
Grazie ancora a tutti per la pazienza, davvero. çoç



~ Lecchan





Curiosità sul capitolo tre: la scena delle due gemelle intente a preparare un tipico dolce inglese e uscita fuori dal nulla. Probabilmente sono stata influenzata dall'Anime che ho finito da poco, Yumeiro Pâtissière
che, come avrete capito, parla di tanti... tanti dolci!



Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1179822