Memories are forever

di Fefy_07
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo - Going away ***
Capitolo 2: *** Capitolo 1 - Back ***
Capitolo 3: *** Capitolo 2 - Alone ***
Capitolo 4: *** Capitolo 3 - Meeting ***
Capitolo 5: *** Capitolo 4 - Explenations ***
Capitolo 6: *** Capitolo 5 - Nightmare ***
Capitolo 7: *** Capitolo 6 - In wolf's lair ***
Capitolo 8: *** Capitolo 7 - The calling ***
Capitolo 9: *** Capitolo 8 - The plan ***
Capitolo 10: *** Capitolo 9 - Something change ***
Capitolo 11: *** Capitolo 10 - Flashbacks from another life ***
Capitolo 12: *** Capitolo 11 - The witch ***
Capitolo 13: *** Capitolo 12 - Spells ***
Capitolo 14: *** Capitolo 13 - The turning point ***



Capitolo 1
*** Prologo - Going away ***


Che libertà è cercare di fuggire il più lontano possibile dall’unico posto in cui saresti voluto rimanere?



POV Damon

Un lampo, poi un tuono. Nuvoloni grigi si addensavano nel cielo. Si preparava un bel temporale, a Mystic Falls.
Rispecchia il mio stato d’animo mi ritrovai a pensare, amaro, mentre camminavo sul marciapiede, barcollando un po’ per il troppo alcol che avevo in corpo. Avevo fatto fuori almeno due bottiglie diverse a casa, prima di uscire per l’ultima volta nelle vie di quella squallida cittadina, che da troppo tempo, ormai, chiamavo casa.
Non avrei voluto arrivare ubriaco da lei, ma ero consapevole che, da sobrio, non avrei potuto reggere il peso di quello che dovevo fare e, ancor meno, di quello che era successo. Anche tra i fumi dell’alcol, la cosa era stata più difficile di quanto avessi previsto.

Quando era entrata nella stanza, il primo istinto era stato di preoccupazione. L’avevo visto nei suoi occhi, l’avevo sentito nel respiro che si era mozzato per un secondo, nell’immobilità improvvisa, seppur brevissima, di tutti i muscoli.
L’ultima volta che ti ha trovato seduto sul suo letto, ubriaco, l’hai baciata a tradimento e poi le hai ucciso il fratello, che reazione ti aspettavi? mi aveva sussurrato ironicamente una vocina nella testa, e dovetti ammettere che aveva ragione.
“Devo dirti una cosa!” avevo esordito, quando lei si fu ripresa dalla sorpresa di trovarmi lì.
“Dimmi, Damon..” esitante, ancora tesa. Era giusto. In fondo, non portavo belle notizie, o forse si. Non ero sicuro di come lei l’avrebbe presa, ma era una cosa che andava fatta.
“Sto partendo, vado via.” Ecco, l’avevo detto. Ora dovevo solo alzarmi e andarmene per sempre. Ma non ci riuscivo, non subito.
“In che senso vai via? E quando tornerai?” Sembrava sinceramente confusa. Fantastico, Stefan non gliel’aveva detto. Doveva sempre rendermi le cose tremendamente difficili.
“Non tornerò Elena, mai più” cominciai, non certissimo su come andare avanti, ma determinato a farlo “è giusto che io me ne vada, devo onorare un patto e poi tu starai meglio senza la mia presenza qui. Devi ancora abituarti a tutto questo, alla trasformazione, e avere me tra i piedi non ti aiuta. Me ne rendo conto e sono pronto a farmi da parte, così tu e Stefan potrete vivere la vostra vita insieme, senza dovervi preoccupare di me.” Ecco, ora era stato detto tutto. D’un fiato, senza interruzioni. Niente ripensamenti o esitazione. Andava fatto, punto.
Da quando ero lì, non avevo ancora avuto il coraggio di guardarla negli occhi, però. Mi spaventava quello che avrei potuto leggervi. Dolore, rabbia, abbandono. O, peggio ancora, sollievo. La sentii respirare pesantemente e poi dire solo “Sei ubriaco, Damon.” No Elena, stavolta non è così semplice. Non si riconduce sempre tutto all’alcol.
“Si, è vero, ma solo perché così non avrò ripensamenti. L’alcol serve a rendermi meno consapevole del fatto che non ti rivedrò più. Devo accorgermene solo una volta abbastanza lontano da pensare che non vale la pena tornare indietro.” Dovevo spiegarmi, farle capire perché lo stavo facendo. Convincerla che era la cosa migliore e farle accettare la verità che lei fingeva di non vedere. Sarebbero stati tutti meglio, una volta che fossi andato via.
“Damon, io..” la voce le si era spezzata, il silenzio improvviso come una coltre su di noi, interrompendo quel pensiero che forse Elena non aveva il coraggio per esprimere. Poteva essere un “Damon, io non voglio che tu te ne vada” ma anche un “Damon, io non credevo trovassi mai il coraggio per fare la scelta migliore”. Perché era quella la scelta migliore, anche per me stesso.
Passarono degli attimi, che potevano benissimo essere ore, di perfetta immobilità. Io guardavo il pavimento, Elena guardava me. Sentivo il suo sguardo penetrante addosso, mentre cercava le parole adatte. Alla fine se ne uscì con un “ho bisogno di te”.
“Andiamo, Elena, non mentirmi!” finalmente alzai gli occhi sul suo volto, fissandola un tantino irritato “Non hai mai avuto bisogno di me, quando c’era il tuo Stefan. E adesso è tornato. Hai tutti i tuoi amici e la tua famiglia. Puoi andare avanti benissimo!” Poi mi alzai, mi avvicinai a lei, che cercava di convincermi a rimanere, con frasi sconnesse che non mi preoccupai nemmeno di ascoltare.
 La situazione stava diventando pesante, era ora di metterle fine. Arrivai a pochi centimetri e incatenai il suo sguardo al mio. Lei ammutolì, cercando qualcosa nei miei occhi, che però trasmettevano, almeno sperai, convinzione, serietà e nemmeno un barlume di esitazione. Forse non trovò quello che cercava, perché abbassò lo sguardo, fissandolo sul pavimento. “Addio, Elena” sussurrai allora, certo che mi avrebbe sentito lo stesso, posandole un ultimo casto bacio sulla fronte.
Feci per andare verso la finestra, quando un suono appena udibile mi fece interrompere. “Ti prego, Damon..” il suo lamento fu simile a un singhiozzo. Mi voltai di poco, gettandole un'occhiata da sopra la spalla e la trovai in lacrime, che guardava nella mia direzione terrorizzata. Forse solo in quel momento aveva capito davvero che non mi avrebbe più rivisto.
Ma perché allora quelle lacrime? Le concessi un ultimo sorriso fugace, mentre lacrime amare e traditrici mi salirono agli occhi, poi, ignorando il bisogno quasi fisico di tornare indietro, stringerla tra le braccia e confortarla, mi costrinsi a voltarmi verso la finestra e uscire, tuffandomi nell’abbraccio vellutato e confortante della notte.

Dio, ripensarci ancora adesso mi mandava in confusione. Perché stava piangendo? Ci teneva a me come amico. Ovvio. Lo sapevo già. Ma perché sembrava così spaventata all’idea di non rivedermi? Erano domande inutili, tant’è che nessuno poteva darmi una risposta. Ma era giusto così, anche se avrei solo asciugarle le lacrime in quel momento. Il suo dolore sarà passeggero, ci penserà mio fratello a farglielo passare il più presto possibile.
Ho impressi nella mente e nel cuore gli ultimi attimi passati con lei, mi serviranno nei secoli a venire, per sopportare il peso di un’esistenza vuota e senza le uniche persone con cui ho ancora qualche legame.
Forse riuscirò a cancellarla davvero un giorno, magari non in questa vita. Sarà allora che potrò tornare, da uomo nuovo, e rivedere lei e Stefan. A lui non ho detto addio, ma non ce n’è bisogno, mi conosce da sempre e sa benissimo quali sono le mie intenzioni.
Con lei sono stato più debole invece, ho voluto rivederla per un’ultima volta. E tu dovresti riuscire a cancellarla si fece sentire la mia vocina interiore, e dovetti concederle di nuovo ragione. Mi salì un sorriso ironico alle labbra, mentre riflettevo sul fatto che mi era passata per la mente la possibilità di dimenticarla. Certo, io dimenticare lei. Quant’era stupido solo pensarlo? Non potevo dimenticarla, forse neanche se mi avessero soggiogato a farlo ci sarei riuscito.
Un altro tuono risuonò fragoroso sulla mia testa, ridestandomi da quei pensieri. Forse è ora di andare riflettei, tra me e me.
 Già, in fondo non avevo più vincoli con quella cittadina, potevo andarmene dove volevo, a fare quello che mi andava. Potevo essere libero. Una risata fredda e totalmente priva di gioia, così vuota da far quasi male, proruppe dalle mie labbra, senza che potessi frenarla in alcun modo. Sul serio? Libertà? Ma per favore! Quella non sarebbe mai stata libertà, anzi, poteva benissimo essere prigionia imposta.
Mi sfuggì un sospiro. Devo muovermi, o mi si scaricherà addosso tutta l’acqua del mondo. Con quell’ultimo pensiero scivolai tra le ombre e cominciai a correre.
Corsi, corsi, corsi finché non mi lasciai dietro il temporale, i pensieri e tutto il resto. E restammo io e la corsa, io e il vento, io e l’oscurità. Come era sempre stato. Avevo lasciato Mystic Falls. Avevo lasciato Stefan e quelle poche persone che potevo considerare quasi mie amiche. Ma soprattutto, avevo lasciato lei.

Angolino dell'autrice :)

Salve a tutti!! Allora, comincio col dire che è la mia prima long-fic e che, secondo il prospetto che mi sono fatta, sarà veramente long :O Ma deciderò di continuarla solo se dopo i primi, diciamo, 5 capitoli ci sarà qualcuno che la sta seguendo e che è interessato a vedere come si svolge la storia :3 Ok, allora, non c'è molto da spiegare, questo è semplicemente il prologo della storia, quando Damon parte e lascia Elena e Stefan alla loro vita insieme. Ipoteticamente è ambientato pochi giorni dopo la trasformazione di Elena. La storia vera e propria comincerà col suo ritorno, nel prossimo capitolo, e con quelli a seguire, quando verrà a sapere tutti i casini successi da quando lui è andato via. Sarà una fic un pò differente rispetto alla storia originale, vedremo collaborare delle persone che normalmente non lo farebbero e rivedremo presto Klaus, ma con un carattere un pò diverso. Ok, non voglio anticipare più niente, quindi vi lascio chiedendovi qualche piccola recensione, se vi va, che mi farebbe davvero tanto piacere e mi invoglierebbe a continuare :) Non sono sicura di essere tagliata per le long, ma prima o poi un tentativo dovevo farlo u.u A presto e grazie mille a chi lo farà!! ^^

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Capitolo 2
*** Capitolo 1 - Back ***


Può un'assenza essere tanto presente?


POV Damon

È l’ennesima notte passata da solo, nel silenzio opprimente della squallida camera che ho affittato in un alberghetto da quattro soldi. Ho scelto sempre quelli perché mi ricordano la notte passata a Denver, con Elena. Quanto vorrei poter ripetere quella situazione in questo momento, mentre mi ritrovo a fissare il soffitto in silenzio e mi perdo nella sensazione delle mie dita attorno alle sue, del suo corpo caldo accanto al mio sul letto scomodo, dei nostri sguardi che si incrociavano in un attimo eterno. Sono talmente vivide nella mia memoria che potrei giurare siano successe solo pochi secondi fa e che, uscendo, la troverei stretta alla sua vestaglia, nel freddo della serata invernale.
E invece sono solo, come lo sono sempre stato da quattro anni a questa parte, e non riesco a dormire. Ho passato la giornata a riflettere sul serio se tutto quello che sto facendo possa servire a qualcosa.
C’ho provato davvero a costruirmi una nuova vita, pezzo dopo pezzo, e tutte le volte che credevo di esserci vicino, quella parvenza di normalità, per quanto normale possa definirsi la vita di un vampiro, sfumava come uno sbuffo di fumo spazzato via dal vento. Basta un niente a destabilizzarmi e la cosa non fa altro che accrescere la mia nostalgia e la mia voglia di tornare indietro.
Un profumo portato dalla brezza, una sconosciuta per strada che si scosta i capelli, il sorriso sincero di un bambino. Tutto mi fa pensare a lei. Dettagli, piccole cose, che su di me hanno un potere enorme. In quei momenti mi si riversano nella mente, come gelidi pungiglioni, tutti i ricordi degli attimi con lei, e allora il mio autocontrollo viene minato e ho sempre saputo che, presto o tardi, avrei ceduto. Solo non sapevo quando e ogni mattina mi svegliavo cercando di posticipare il momento.
Perdersi nei ricordi è l’ideale per mettermi alla prova e lo è ancor di più per farmi vacillare, ne sono consapevole. Ma ogni volta che accade non riesco semplicemente a fermarli, quasi fossero un fiume in piena. Mi assalgono e io ne rimango preda, inerme, incapace di difendermi. Spesso, riprendendomi, mi sono domandato se è giusto pensarla ugualmente, nonostante dovrebbe essere anche lei un ricordo. Ma poi mi rendevo conto che, se sono ancora in giro, se non l’ho già fatta finita una volta per tutte, è proprio grazie al fatto che mi ricordo di lei, come fosse un’ancora di salvezza. E non sa neanche tutto quello che sta facendo per me, pur non essendomi vicina.
L’arrivo dell’inverno è stato il momento peggiore. Ne ho dovuti affrontare tre, escluso quello appena giunto, e ogni volta, guardando la neve scendere, da diverse parti del mondo, mi ero ritrovato a immaginarla tutta coperta, con giubbotto, guanti, sciarpa e magari cappellino di lana, a giocare con la neve, con l’entusiasmo di una bimba, perché lei è sempre stata così pura e dolce e ho sempre creduto che sarebbe questa la sua reazione davanti al manto bianco che, quando mi si para davanti, a me mette solo malinconia.
Un sorriso intenerito mi increspa le labbra, a quel pensiero. Oggi ho rivisto la neve, ho ripensato a lei e allora ho deciso. Forse è inutile continuare a scappare, tanto non potrò mai correre più veloce dei ricordi. E poi la voglio, la desidero ancora, con ogni fibra del mio essere, nonostante il tempo passato lontano. Anzi, la distanza non ha fatto altro che accrescere il mio desiderio di rivederla, dal vero, e verificare se è davvero così bella come lo è nella mia mente. Ma la risposta la so già.
Vorrei trovare un motivo, almeno uno, per giustificare il mio ritorno. Vorrei poterlo spiegare a lei e a Stefan, vorrei essere riuscito a mantenere il patto che c’eravamo fatti. Ma non posso, perché motivi non ce ne sono e poi a mentire sono bravissimo, forse, anche se lo trovassi, loro li ingannerei, ma non potrei darla a bere a me stesso. Io voglio tornare per lei, per rivederla, per sentire di nuovo il suo profumo, per vedere i miei occhi riflettersi nei suoi e viceversa.
Ti stai rammollendo, Damon mi ammonisce una vocina, direttamente dalla mia testa. Ridacchio e so che ha ragione, ma in realtà non mi sto rammollendo adesso, l’ho fatto già da un po’. Mi sono innamorato e non c’è cosa peggiore che si possa fare per diventare un rammollito. Ma quando il danno è fatto, rimediare non si può.
Tra tutti questi pensieri, è già arrivata l’alba, e allora mi sollevo, con un sospiro. Devo andare. Comincio a correre, mi sono spostato quasi sempre correndo, è il massimo quando non si vuole pensare e comunque un vampiro è abbastanza veloce da non farsi vedere e arrivare comunque dappertutto. Corro, cercando di ignorare la fastidiosa sensazione di stare andando esattamente dove dovrei andare. È una sensazione che non sento da un po’, ma non è piacevole quanto dovrebbe esserlo, non se è l’ultima sensazione che so che dovrei provare.
Invece la sento, sento che stavolta sto andando nella direzione più giusta per me. Ed è con quest’unico pensiero in testa che corro, fino all’alba della mattina dopo, quando finalmente scorgo quello che bramavo scorgere da quattro anni e che mai avevo avuto il coraggio di cercare con lo sguardo. Scorgo l’unico posto che posso chiamare casa. Mystic Falls.


Angolino dell'autrice :)

Ciao ragazzi che avete appena letto!! ^^ Innanzitutto approfitto per ringraziare con tutto il cuore le persone che hanno letto il prologo di questa storia e questo primo capitolo,  che mi hanno recensito e che lo hanno inserito tra le seguite e preferite, non so davvero cosa farei se non ci foste voi!! Allora, il capitolo è molto introspettivo, volevo cercare di spiegare come mai, dopo 4 anni, il nostro protagonista, Damon, ha deciso di tornare indietro. Beh, diciamo che non è frutto di un pensiero improvviso, ma è una cosa che è successa gradualmente nel corso del tempo. Non ho parlato dei luoghi che ha visitato, perché per lui non avevano importanza, era comunque solo un modo per scappare, ma ho lasciato intendere che ha visitato luoghi diversi in questo periodo e magari la cosa verrà approfondita più avanti, quando rincontrerà Elena. Ok, dunque, questo è ancora un capitolo un po' introduttivo, e anche abbastanza corto, non si sa cosa Damon troverà ora che è tornato a Mystic Falls né chi incontrerà per primi, bisognerà aspettare ancora un pochino, al massimo un altro capitolo però, promesso, poi i nodi cominceranno a venire al pettine e scopriremo cos'è successo in questo tempo :) Bene, questo è quanto direi, spero di non aver reso Damon troppo OC con tutta questa malinconia manco troppo celata xD Gradirei davvero tanto se mi lasciaste un commentino e prometto di aggiornare presto, così potrò cominciare a farvi entrare nel vivo della vicenda u.u Aspetto vostri pareri, a prestissimo, un bacio enorme a tutti!! :*

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Capitolo 3
*** Capitolo 2 - Alone ***


L'ansia è sempre un vuoto che si genera tra il modo in cui le cose sono e il modo in cui pensiamo che dovrebbero essere; è qualcosa che si colloca tra il reale e l'irreale.



POV Damon

Rieccomi, dunque, a Mystic Falls. È così tanto tempo che manco da questa cittadina che un po’ mi meraviglia constatare quanto tutto sia rimasto esattamente come mi ricordavo. Passeggio tranquillo, come se non fosse strana la mia presenza lì, perché mi sento esattamente al mio posto. E poi, in fondo, è appena l’alba, non c’è ancora nessuno in giro.
Rivedo il Grill, è tale e quale a come lo ricordavo. Non ci entro dentro, non ho più avuto la forza necessaria da quando non ho più un compagno con cui dividere le bevute, sento che mi annoierei. E, anche se mi è difficile ammetterlo, sento anche che la solitudine mi ucciderebbe. Quello è sempre stato il posto mio e di Rick. Una coppia. Se ne manca uno, non è la stessa cosa. Chiudo gli occhi un istante, mentre l’immagine del corpo di Alarick (o meglio, del suo alter ego ammazza vampiri) mi torna alla mente. È così vivida che per un attimo mi manca il respiro, non ho ancora superato del tutto la sua dipartita tanto rapida quanto inaspettata. Dio, sono Damon Salvatore e mi manca il mio migliore amico umano. È vero che mi sto rammollendo.
Supero il pub tanto familiare per dirigermi verso un’altra zona. Inconsciamente, quasi guidato dall’istinto, giungo davanti a casa Gilbert. Mi nascondo nell’ombra di un albero, cercando di non fare il minimo rumore, probabilmente dentro c’è Jeremy che dorme, forse aguzzando l’udito posso sentirlo. E invece, per quanto mi sforzi, non arriva un singolo suono dalla casa, né un respiro, né un cigolio di molle o uno scalpiccio di passi. Silenzio assoluto, quasi irreale.
Hey Damon, il piccolo Gilbert è cresciuto, lo biasimi se ha deciso di cambiare aria? Cosa lo tratteneva in questa casa? Probabilmente Elena vive al tuo pensionato con Stefan. Giusta osservazione, quindi la casa è vuota. Strano, nemmeno nei tempi più cupi Jeremy aveva voluto muoversi da lì ed ero stato costretto a soggiogarlo per fargli avere una vita normale, e ora che Klaus non è più in questo mondo già da quattro anni, ha deciso autonomamente di andarsene? Qualcosa non mi torna, ma mi limito a lasciar perdere, anche se ho una brutta sensazione.
Rifletto sulla possibilità di intrufolarmi dentro casa, se non altro per dare un’occhiata alla camera di Elena, vedere se è come me la ricordo, come l’ho vista l’ultima volta, quando sono andato a salutarla. Ma abbandono l’idea e mi convinco che, probabilmente, è più salutare per me andare a casa mia, magari incontrerò Stefan e potrà spiegarmi lui questa stranezza. E se incontro lui, con lui ci sarà…Beh, ho bisogno comunque di bere e farmi una doccia, quindi casa mia è perfetta.
Quando giungo al pensionato, mi rendo subito conto che anche lì qualcosa non quadra del tutto. C’è troppo silenzio dentro. Come a casa Gilbert. Hanno abbandonato tutti la città, dopo la mia partenza? È assurdo e anche impossibile, Elena è una vampira molto giovane, Mystic Falls è casa sua, non avrebbe lasciato i suoi amici, ha bisogno di un legame col suo lato umano. No, decisamente qualcosa non va. Calmati, ragazzo, ti stai facendo paranoie, saranno a caccia! Si, giusto. Sto ingigantendo la cosa.
Mi trascino al tavolino coi miei alcolici, desideroso di un buon sorso di bourbon dopo tutto questo tempo, e mi lascio cadere sul divano. Ricapitolando, la città sembra abbandonata. Stefan e Elena non sono in casa, ma devono essere in giro da qualche parte. Pensandoci bene, per tutto il tempo che sono stato qui (poche ore, in verità) non ho visto nessuno, né la Barbie, né la streghetta, né il cagnolino. Buio totale. Eppure ormai è mattina inoltrata, non possono stare ancora dormendo tutti. Aggrotto la fronte a quel pensiero, ma poi lascio perdere.
Mi concedo qualche altro bicchiere e alla fine mi risolvo a fare una doccia. Se Elena e Stefan non tornano entro qualche ora, andrò a cercare uno qualunque degli amici di Elena e mi farò spiegare. Nel frattempo, una volta lavato, decido di fare un pisolino. Ho corso una giornata intera per arrivare e sono più affaticato di quanto credessi.
Mi risveglio tardi, sono ormai le otto, ma a casa non c’è ancora traccia di nessuno. Mi scopro affamato, così scendo nel seminterrato, convinto di trovare sangue nel congelatore e rimango piuttosto confuso quando, invece, non ve ne trovo neanche un goccio. Elena ha bisogno di sangue, molto sangue, è un vampiro giovane, perché qui non ce n’è neanche un po’? Stefan non le lascerebbe far del male a esseri umani, lei stessa non se lo permetterebbe. Eppure il frigo è vuoto, più lo guardo e più me ne rendo conto. Completamente vuoto, come se la casa fosse stata abbandonata.
I pensieri cominciano a vorticarmi nella testa, a una velocità preoccupante. Niente sangue. Casa Gilbert vuota, così come il pensionato. Nessuno degli amichetti di Elena in giro. Cosa diavolo sta succedendo? Le ipotesi sono due, Damon: o si sono spostati tutti in massa da qualche altra parte o qualcosa è andata terribilmente storta dopo che sei andato via. E il brutto presentimento che mi ha accompagnato tutto il giorno, a quella riflessione, non fa altro che crescere. Non va bene, per niente. Devo uscire di qui e andare a cercare delle risposte.
Mi precipito quasi in strada e mi dirigo al Grill. In condizioni normali, appena entrato, probabilmente sarei uscito, decidendo che non ne valeva la pena. Ma in quel momento, con la preoccupazione a spingermi, nonostante una velenosa ondata di nostalgia ad accogliermi, non appena spingo la porta principale, non mi soffermo a lungo sui ricordi che mi evocano quel posto e mi dirigo svelto al bancone. Una cameriera giovane e carina, che mai avevo visto prima di allora, mi si avvicina. Sfodero il mio sorriso migliore, poi chiedo notizie dell’unico essere umano che conoscevo e sapevo lavorasse in quel posto: Matt Donovan. Mi viene detto che non lavora più lì da ben due anni e che, anzi, si è trasferito, con un suo amico, a Denver. Non ci vuole un genio per capire che quell’amico è Jeremy. Ringrazio ed esco da lì, tanto più di quello non avrei saputo.
Dunque, Jeremy e Matt sono a Denver, da due anni dopo la mia partenza. Ma perché? E dove sono Elena e Stefan? La domanda mi assilla, e la preoccupazione comincia a trasformarsi in ansia. Non riesco a collegare i pezzi e la cosa mi manda in bestia. Mi servono più informazioni.
Faccio il giro delle case degli amici di Elena, e l’unica cosa che ne ricavo è di raddoppiare la mia frustrazione. A casa di Caroline non risponde nessuno, neanche Liz, dalla streghetta non ho avuto più successo, il sindaco Lockwood è risultato irrintracciabile, così come il figlio. Dove accidenti sono tutti?! Non era sicuramente così che mi immaginavo il mio ritorno, quando ero partito.
Torno a casa solo a notte inoltrata, completamente esausto ma con la mente che lavora frenetica. Non riesco a rassegnarmi al non sapere niente su che fine hanno fatto tutte le persone che conosco. E ancora non ho una spiegazione logica alla mancanza di sangue in casa e alla misteriosa assenza di mio fratello e della sua ragazza. Mi getto sul divano, dopo aver provveduto a portare con me una bottiglia piena di liquore, e comincio a bere, cercando di rilassarmi. Potrei aspettare l’alba e andare a Denver, magari, a cercare Jeremy. Potrei chiedere a lui. Devo capire qualcosa, e questo mi sembra l’unico modo.
Sto ancora riflettendo su quella possibilità, quando mi rendo conto di non essere solo. Mi irrigidisco impercettibilmente, ho sentito qualcosa, poco più di un fruscio e un odore leggermente diverso che è arrivato improvvisamente. C’è qualcuno dietro di me, qualcuno che non è umano. Non avrebbe potuto fare così poco rumore, altrimenti.
Mi volto, sfruttando la velocità vampiresca, e cerco di afferrare il mio aggressore al collo, ma lui è più veloce e si scansa, per poi scaraventarmi contro il muro. Mi rialzo in fretta, cercandolo con gli occhi. Mi sta correndo intorno, talmente forte che scorgo solo una specie di vortice nero. Provo a bloccarlo, ma mi sfugge ancora di un soffio, e mi ritrovo a terra, con una mano ad artigliarmi il collo.
Solo allora ho un attimo di tempo per osservare da vicino chi mi ha bloccato, e allora gli occhi mi si spalancano per la sorpresa. Dischiudo leggermente le labbra, la testa che comincia a girare, non so se per l’alcol o per la vista di chi mi sta sopra, ringhiando leggermente, con gli occhi arrossati. Anche essi si dilatano, passando da determinati a confusi, come se si rendesse conto solo in quel momento di chi fossi e prima non ci avesse fatto caso. Mi lascia il collo e indietreggia di qualche passo, ansimando leggermente, lasciandomi alzare, mentre mi fissa come se non credesse ai propri occhi. Mi rimetto in piedi, ancora shockato, e cerco di parlare, ma la persona davanti a me mi precede, anche se l’unica cosa che esce dalle sue labbra è una sillaba, in tono sconcertato: “Tu?”

Angolino dell'autrice :)

Eccoci giunti al secondo capitolo della fic. Allora, questo è un capitolo un po' più ricco, nel senso che cominciamo a vedere che qualcosa a Mystic Falls decisamente non quadra. Damon è appena tornato e non trova nessuno, ma proprio nessuno, di tutti i suoi vecchi amici. Riesce ad avere notizie solo di Jeremy e Matt e niente che gli faccia capire granché, se non che loro hanno cambiato aria, per qualche motivo. Ma che fine hanno fatto Caroline, Bonnie, Tyler, Elena e Stefan? Questa è una domanda che tormenta Damon in questo capitolo, e che non troverà risposta se non nel capitolo successivo, quando il suo "assalitore" gli spiegherà tutto ciò che vuole sapere. A proposito, avete provato a immaginare chi è? ;) Ho evitato di menzionare nome o caratteristiche per farvi incuriosire, mi piacerebbe sapere chi credete che sia!! :D Poi lo scoprirete presto, nel prossimo capitolo, che sarà un po' quello di svolta dove si capirà tutto. Un'ultima cosa e poi vi lascio, avrete notato che scrivo sempre POV Damon all'inizio dei capitoli e vi sarete chiesti perché, visto che parla solo lui in prima persona xD Beh, in realtà non sarà sempre così, anzi, già dal prossimo capitolo (quante novità tutte insieme D:) conto di inserire un altro personaggio che parlerà in prima persona, perciò è per distinguere u.u Bene, direi che non c'è altro da dire, spero commenterete in tanti e mi farete sapere se vi va di leggere il seguito, e aspetto tante opinioni sul capitolo e ipotesi sul personaggio misterioso appena entrato :P Ciao a tutti, a prestissimo!! ^^

P.s. Un ENORME GRAZIE a tutti quelli che hanno messo la storia tra preferiti/seguite/ricordate e hanno recensito e a tutti i lettori silenziosi, senza di voi non potrei andare avanti *_*

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Capitolo 4
*** Capitolo 3 - Meeting ***


POV Elena

Ero stravolta. Anzi, forse qualcosa in più. Continuavo a sbattere le palpebre, quasi avessi paura di star sognando e che, a momenti, la figura davanti a me sarebbe scomparsa in una nuvola di fumo, o evaporata, o chissà che altro. Semplicemente non riuscivo a spiegarmi perché Damon fosse tornato, dopo tutto questo tempo, all’improvviso.
Erano giorni che lo sognavo, e in quei sogni invocavo il suo nome e lo vedevo dissolversi, all’orizzonte, dopo avermi lanciato un’ultima occhiata, non troppo diversa da quella che mi lanciò anni fa, quando venne a salutarmi e io fui troppo codarda per fermarlo. Avrei potuto farlo, avrei potuto seguirlo appena lasciò la mia camera, ma non lo feci. Cercai di convincermi che andava bene così, ma in realtà non andava bene niente.
Passammo alcuni minuti a guardarci, entrambi leggermente spaesati, incerti su cosa dire. La situazione era abbastanza paradossale, io l’avevo attaccato alle spalle mentre era sul divano di casa sua. È stato un istinto, purtroppo non riesco ancora a controllarli del tutto, e col calare della notte i miei sensi da predatrice si riscuotono e si affinano.
“Che ci fai qui?” trovai finalmente il coraggio di chiedergli e fui ripagata con un sorrisino ironico, tipico di Damon. Quanto mi era mancato un sorriso così, in questi quattro anni?
“Potrei farti la stessa domanda,” cominciò spavaldo, ed ebbi un brivido risentendo la sua voce “fino a prova contraria, questa è casa mia, sei tu che non dovresti esserci.” Si avvicinò piano, io restavo immobile a fissarlo, cercando di memorizzare ogni dettaglio. Aveva mantenuto nel tempo il suo stile total black, t-shirt e jeans, la giacca di pelle era gettata su una sedia nell’ingresso (dettaglio che avevo mancato di notare prima) e il suo profumo non era cambiato, come avevo fatto a non accorgermene prima di attaccare? Era inconfondibile, dolce ma deciso, fresco come una brezza primaverile, rassicurante, perfettamente adatto a lui. I capelli corvini erano leggermente scompigliati, effetto probabilmente del piccolo scontro appena avuto. I suoi occhi azzurro ghiaccio mi scrutavano, cercando di studiarmi, di capire come avrei reagito. Aveva piegato leggermente la testa e mi ricordò tremendamente la prima volta che ci siamo conosciuti, quando mi ha colto di sorpresa alle spalle, a casa Salvatore. Anzi, la seconda volta che ci siamo visti, anche se all’epoca non lo sapevo mi corressi mentalmente, i ricordi erano tornati praticamente due giorni dopo la sua partenza e ancora faticavo a conviverci.
“Passo sempre qui, la sera,” non seppi perché, mi sentii in dovere di spiegargli “so che troverò tutto vuoto, perciò mi ha sorpreso trovare le luci accese e un tizio che dovrebbe essere sparito nel nulla steso sul divano a bere!” terminai la frase in modo tagliente, con una certa nota di accusa nella voce e non dubitai che l’avesse notato.
“Beh, sai, ogni tanto una visitina a mio fratello e alla sua dama, è d’obbligo” scherzò lui, forse per alleggerire l’atmosfera, ma per me era alquanto insostenibile. Non gli risposi, ma lo guardai intensamente, forse per accertarmi che lui era davvero lì, poi mi sfuggirono un paio di lacrime. Sono decisamente troppo emotiva, ma tutti i ricordi, i pensieri, le angosce che mi avevano assalita da quando se n’era andato si riversarono prepotentemente nella mia testa, e non potei fare a meno di lasciarmi andare.
Si avvicinò a me allarmato, evidentemente non sapeva come comportarsi e non si aspettava una reazione del genere. Quando mi fu ormai a due passi, mi avvinghiai a lui e lo tenni stretto, come per impedirgli di scappare ancora. All’inizio non rispose al mio abbraccio, l’avevo sorpreso di nuovo, ma poi mi strinse a sé, delicatamente, dolcemente, e cominciò ad accarezzarmi i capelli, sussurrando qualcosa, che pensai fosse una specie di rassicurazione. Non mi preoccupai di ascoltarlo, stavo troppo bene nelle sue braccia, finalmente, dopo tanto tempo e non volevo pensare ad altro.
“Non provare mai più ad andare via così, Damon, MAI!” gli sussurrai ancora con voce rotta, dopo qualche minuto, cercando di suonare minacciosa “E se lo fai e ti ripresenti all’improvviso, giuro che ti ammazzo con le mie stesse mani.”
Ridacchiò, continuando a stringermi e ribatté “Ho visto come combatti, poco fa, prevarrei senza neanche impegnarmi troppo. Comunque non correrò il rischio, non andrò da nessuna parte. Adesso meglio che mi lasci, o Stefan potrebbe ingelosirsi.” A quelle parole, mi irrigidii e lo lasciai andare, come mi fossi scottata. Lui mi guardò un po’ deluso per un attimo, ma non aveva capito. Il nome di Stefan mi si era completamente dissolto dalla mente in quei minuti, il ritorno di Damon ha coperto per un attimo quel problema, ma adesso era riaffiorato prepotentemente. Lo guardai con un’espressione afflitta e lo vidi allarmarsi.
“È successo qualcosa? Elena, dov’è Stefan?” Avrei tanto voluto rispondergli, ma non mi sentivo al sicuro tra le mura di quella casa, non più. “Non qui, vieni con me.” Lo presi per mano e uscimmo da quella casa, nella notte fredda e buia. Corremmo per circa venti minuti, mentre raggiungevo quella specie di condominio mezzo abbandonato che ero costretta a chiamare “casa” da due anni a quella parte. Damon alzò un sopracciglio, mentre lo guidavo dentro, salendo una rampa di scale. Preferì non fare domande per il momento, sapeva che gli avrei spiegato tutto una volta a destinazione. La porta di “casa” si aprì cigolando sinistramente, mostrando il posto dove alloggiavo. Non era esattamente una reggia, ma nemmeno una catapecchia, qualcosa come una via di mezzo. C’erano una zona salotto, arredata con un divanetto verde di stoffa consunta e un piccolo camino; un angolo cucina, con un fornello, un lavandino e un frigorifero, il necessario per sopravvivere; un piccolo bagno e una camera da letto il cui unico mobilio consisteva in un piccolo comodino con una lampada e il letto singolo. Il tutto veniva illuminato, in quel momento, da due lampadine al neon, che si erano accese con un ronzio.
Damon strinse le labbra, con disappunto. “Non mi aspetto che ti piaccia, è il necessario per sopravvivere” liquidai la sua stizza con un gesto della mano, poi mi gettai sul divano, cercando di mettere ordine ai pensieri. Ora c’era la parte difficile, spiegare a Damon tutta la situazione in cui ci trovavamo, che non era per niente bella. Non aveva aperto bocca da quando avevamo lasciato casa sua, e non lo fece neanche adesso, limitandosi a lanciarmi un’occhiata piuttosto eloquente, mentre si sedeva accanto a me.
Dopo poco, vedendomi esitante, chiese schietto “Allora, cosa accidenti è successo in questo posto da quando sono andato via? Sai, non ho trovato nessuno” calcò particolarmente la voce su quella parola, quasi volesse farla risaltare nella frase “delle persone che conosco anche minimamente, né il tuo amico umano, né il tuo fratellino, né la Barbie o la streghetta. Perfino Tyler Lockwood sembra sparito nel nulla! E così sua madre e lo sceriffo. Ultimi ma non ultimi, non riuscivo a capire che fine poteste aver fatto tu e Stefan..” si fermò, per riprendere fiato, ma poi aggiunse solo “Penso che tu mi debba una spiegazione.”
Fossi stata in lui, non avrei detto una cosa del genere. Mi scaldai immediatamente alle sue parole, e invece di rispondergli, lo fulminai con lo sguardo “Io ti devo una spiegazione?! Che ne dici di spiegarmi tu, prima, per quale assurdo motivo sei tornato qua, proprio adesso?! Una girata di testa improvvisa?!” Mi ero ripromessa di non attaccarlo, ma quell’uscita non mi era piaciuta per niente. Mi sfidò con lo sguardo e rispose “Io sono libero di fare quello che voglio, quando voglio e come voglio! Si, anche se fosse stata una girata di testa?! Ho deciso che volevo tornare a Mystic Falls ed eccomi, sono qua, ma certamente non mi aspettavo questo quando mi sono messo in viaggio!”
“Ah, davvero?! Magari ti aspettavi una festa con tutte le persone che conosci e una torta con scritto “Bentornato a casa, Damon”?!” mi resi conto di essere stata molto acida e di avere la voce satura di ironia, ma non potei evitarlo, anche se mi sentii confusa. Fino a mezz’ora fa lo abbracciavo in lacrime e adesso gli urlavo addosso. Ma era sempre stato così con lui, diventavo imprevedibile e reagivo impulsivamente. Mi guardò in cagnesco, prima di rispondere “Mi aspettavo se non altro di trovare mio fratello con la sua ragazza, o magari chiunque che potesse spiegarmi dove accidenti erano, chiedevo troppo?!” Non risposi, ma lasciai sbollire la rabbia, mentre lui continuava “Elena, non voglio litigare. Mi dispiace per essere andato via improvvisamente, quattro anni fa, ok? Ma era la cosa giusta da fare e lo sai anche tu. Eri molto instabile, appena trasformata e avevi bisogno dei tuoi affetti. E comunque avevi scelto, cosa ti aspettavi? Che rimanessi a vedere te e Stefan sbaciucchiarvi tutti i giorni? Non avrei potuto sopportarlo.”
“E allora spiegami perché sei qui ora,” mi decisi finalmente a rispondere, quando fui abbastanza sicura che non gli avrei urlato addosso di nuovo “perché adesso era il momento di tornare e non prima? Perché adesso le cose dovrebbero essere diverse?” Abbassò lo sguardo, che fino a quel momento era stato puntato dritto nel mio, e poi rispose “Non penso che lo siano. È solo che..” ebbe un’esitazione “Beh, ero stufo di scappare via dall’unico posto in cui mi sento bene. Ho provato a lasciarmi tutto alle spalle, ma non è servito. E allora eccomi qua, sono tornato e ti chiedo scusa se hai sofferto per la mia partenza, o se preferivi che io non tornassi. Ho sentito il bisogno di farlo, ma se tu vuoi che vada via, posso farlo.” Concluso il suo discorso, sempre a testa bassa, attese. Io ero rimasta abbastanza basita, vedere Damon così vulnerabile non capitava troppo spesso, anche se, dovetti ammettere che con me succedeva molte più volte di quanto probabilmente era mai successo con chiunque altro. “Ovvio che non voglio questo, Damon, anzi, ho bisogno di te più che mai, adesso.”
A quelle parole parve rincuorato, e mi guardò sorridendo, anche se s’incupì un attimo dopo. “Ora vuoi spiegarmi cosa succede qua? Dov’è Stefan? E tutti gli altri?” Ricambiai il suo sguardo ansioso con un altro perfettamente identico, poi sospirai. Era così tremendamente difficile, ma era una cosa che andava fatta. “Ti spiegherò tutto, Damon, ma non interrompermi, non è così facile. Sono successe così tante cose, da quando sei andato via, che ci vorrà forse tutta la notte per riassumertele.” Si accomodò meglio sul divano e mi guardò, in attesa. Ok, adesso o mai più. Cominciai con un’unica frase, dovevo fargli capire il più possibile la situazione e pensai che andare subito al sodo fosse la cosa migliore. “Klaus è tornato.”

 
Angolino dell’autrice :)

Ciao a tutti! :D Allora, che dire? Sono irrecuperabile xD Ieri ho avuto una visita medica, più lunga di quanto pensassi, e dunque non ho potuto aggiornare. Spero di farmi perdonare con questo capitolo, anche se non è troppo lungo e le spiegazioni sono state rimandate di nuovo, ma che devo farci, la storia si sta praticamente scrivendo da sola e se ci avessi messo anche tutte le spiegazioni, a quest’ora, il capitolo non finirebbe più :P Veniamo a noi, la persona che ha attaccato Damon, l’ultima volta, era Elena (*rullo di tamburi* Complimenti a Esperanza97, che ha indovinato subito ;)) e il capitolo è scritto dal suo punto di vista, per cambiare un po’ ma anche perché mi sembrava più adatto, non chiedetemi l’oscuro motivo della scelta D: Allora, lei e Damon condividono un momento dolce, appena si rivedono, e subito dopo uno più difficile, ma gli alti e bassi tra loro sono frequenti (basti pensare alla puntata 3x19, prima avvinghiati a baciarsi e dopo che neanche si parlano, in macchina) quindi pensavo ce ne stesse bene uno anche qui, anche perché è ancora prestino per i momenti più intimi, ma vi anticipo che arriveranno, in fondo Elena non ha mai avuto l’occasione di parlare con Damon dei suoi ricordi, no? Bene, quest’occasione arriverà, in seguito. Inoltre mi sono soffermata particolarmente sulle emozioni che il ritorno di Damon le suscitano e sulle descrizioni, per cercare di farvi capire più o meno dove si trova ad abitare la nostra vampira. Che altro dire? Finalmente nel prossimo capitolo, questo ve lo garantisco, sapremo tutto su cos’è successo a Mystic Falls dopo la partenza del nostro protagonista, e anche qualcosina sull’Elena vampira e su questa strana nuova sistemazione. Bene, detto questo, vi invito come sempre a recensire per farmi sapere cosa ne pensate e spero che continuerete a seguirmi (11 persone tra le seguite, 1 tra le preferite e 1 tra le ricordate, vorrei baciarvi tutte <3) e leggerete anche il prossimo capitolo, che arriverà prestissimo :D Alla prossima!!

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Capitolo 5
*** Capitolo 4 - Explenations ***


POV Elena

Ero consapevole di averlo stravolto, con quelle tre semplici parole, perché erano le ultime che si sarebbe aspettato di sentirmi dire. Rimase a guardarmi con gli occhi sbarrati per qualche minuto, prima di sussurrare: “Non è possibile, Elena, Klaus è morto. Io c’ero quand’è successo, ho visto il suo corpo bruciare. Quando e come potrebbe essere tornato?” Rimasi zitta, non erano cose semplici di cui parlare, e lui era il primo con cui lo facevo.
“Non è stato facile capirlo neanche per me, Damon. È stato tutto molto improvviso e…” mi interruppi, davvero non sapevo descriverglielo. Chiusi gli occhi e mi tornò in mente quella sera, la sensazione di incombenza, Stefan a terra, il ghigno maligno di Klaus, l’energia oscura che si irradiava nella casa, l’impotenza, poi il dolore, la rabbia, le lacrime, la solitudine. È successo quando già ero sola, troppo debole per potermi difendere. A tutti quei ricordi mi salirono le lacrime agli occhi e Damon parve accorgersene, perché sentii la sua mano stringermi un ginocchio.
“Elena, se non riesci a dirmelo…” iniziò, con voce bassa ma profondamente turbata “allora mostramelo.” Che intenzioni aveva? “Come faccio a mostrartelo?” gli domandai, sinceramente stupita. Mi rispose con uno sguardo confuso. “Non lo sai? Noi vampiri possiamo entrare nella mente e anche manipolarla. Di solito succede coi sogni, ma un vampiro abbastanza forte che entra nella mente di uno abbastanza fragile può avere accesso anche ai suoi ricordi. Se ti concentri bene su quello che è successo, puoi farmelo vedere nella mente. Sarò lì come uno spettatore, ma tu non lo saprai, non ti accorgerai nemmeno di me. Devi solo darmi il tuo permesso.”
Si, forse farglielo vedere sarebbe stato più facile, anche se rivivere di nuovo quella notte dopo tutti i miei incubi non era esattamente quello che volevo. Ma Damon aveva il diritto di sapere. Annuii, cercando di apparire più sicura di quanto in realtà non fossi. Poi lui mi spiegò che dovevo chiudere gli occhi e rilassarmi, come fossi sul punto di dormire, concentrandomi sul ricordo che intendevo mostrargli. E allora lo feci. Non appena la mia mente fu abbastanza sgombra, mi concentrai su quell’unico ricordo e mi ritrovai in casa dei Salvatore, due anni prima, quando tutto aveva ancora un senso.

POV Damon

Non ero completamente sicuro del fatto che Elena avrebbe accettato di farmi entrare nella sua mente, ma il modo più rapido per sapere cos’era successo era senza dubbio quello. Il ritorno di Klaus mi aveva sconvolto, ma sicuramente non quanto aveva sconvolto lei, a giudicare dalla reazione che aveva avuto soltanto ripensandoci. Mi rendevo anche conto che sarebbe stato difficile per lei rivivere il tutto un’altra volta, ma ero impaziente. Se Klaus aveva ripreso Stefan, poteva essere successo il peggio.
Appena Elena fu abbastanza rilassata, mi concentrai bene sulla sua mente ed entrai subito. Dovevo ricordarmi di rimproverare Stefan per non averle insegnato a difendersi dagli attacchi psichici. Poteva risultare fatale, in certi momenti. Mi ritrovai al pensionato, osservando Elena e Stefan seduti sul divano, che parlavano concitatamente. Non riuscivo ad afferrare le parole, ma sembrava stessero discutendo. Elena aveva una brutta sensazione e tentava invano di spiegargliela, mentre Stefan le diceva di tranquillizzarsi, che andava tutto bene.

D’un tratto la porta si spalancò, con una folata gelida. Entrambi scattarono in piedi, in posizione di attacco, ma prima che potessero fare qualunque cosa (prima ancora che io capissi cosa stesse succedendo) Stefan si ritrovò a terra, dolorante e ansimante, con un orrendo morso sul braccio, scoperto per la t-shirt che indossava. Un morso di lupo mannaro. Anzi, per essere precisi, di ibrido.
Un Klaus, col volto sfigurato da un ghigno che non gli si addiceva per niente (un misto di selvaggia soddisfazione e sete di sangue), lo osservava dall’alto, con gli occhi gialli del lupo che c’era in lui. Si stava asciugando lentamente le labbra, da cui colava sangue fresco. Ci misi un attimo a capire di chi fosse quel sangue e la rabbia mi salì fino al cervello. Quel bastardo aveva morso mio fratello.
“Klaus!” ansimò Elena, che si era accasciata accanto a Stefan terrorizzata, prima di percepire la presenza dell’ibrido “Tu? Come? Sono passati due anni..Tu dovresti..” si interruppe, confusa, tremante e arrabbiata. “Non farai del male a Stefan!” si impose poi, rialzandosi e mettendosi tra lui e il mio fratellino, ancora a terra. “Mi duole doverti comunicare, dolce Elena, che invece è esattamente quello che mi appresto a fare,” cominciò quello, con voce melliflua “anzi, in un certo senso, l’ho già fatto, ma sarebbe fin troppo magnanimo da parte mia lasciarlo morire adesso, con un semplice morso di lupo, dopo quello che lui ha fatto a me, non credi?”
Rimasi interdetto dalle sue parole. Cosa aveva fatto Stefan a Klaus di tanto grave da portarlo a diventare assetato del suo sangue? Si, insomma, è sempre stato un assassino a sangue freddo, ma con Stefan si è sempre tenuto un occhio di riguardo, per via del 1920, della prima volta che se l’era portato dietro e tutto il resto. Adesso invece sembrava essere spinto solo dalla collera e dal desiderio di vendetta.
Evidentemente anche Elena non sembrava aver capito, perché Klaus si prese il disturbo di spiegare. “Oh, già, non sei abbastanza furba da capire quanta importanza ha avuto una certa scelta di Stefan sulla mia esistenza intera, vero? Bene, lasciami spiegare..” si avvicinò di qualche passo, Elena rimase stoica davanti a Stefan, pronta a scattare in caso di attacco. “Suvvia, non penserai di riuscire a farmi qualcosa, da sola?” ghignò quello, osservandola, poi aggirò entrambi e raggiunse il mio angolo dell’alcol, versandosi del whiskey.
“Vedi Elena, tu sei una vampira adesso..Hai idea di cosa questo comporti per me?” domandò retorico, mentre beveva il primo sorso. La consapevolezza si fece largo sul volto della ragazza mentre anch’io raggiungevo la sua stessa conclusione, a cui lei diede voce subito dopo. “Non puoi più creare ibridi, senza il mio sangue.” “Esattamente! Visto che riflettendo un attimo torna tutto? E adesso, visto che io per l’eternità non potrò più avere qualcuno come me al mio fianco, ci penserà Stefan a darmi qualcosa da fare..” concluse, ghignando ancora.
“Non è stata colpa sua se sono morta!” esclamò subito Elena “Rebekah mi ha uccisa, Klaus, lei ha fatto uscire di strada la mia macchina!” Il ghigno di Klaus si fece se possibile più largo per un secondo, poi si rabbuiò improvvisamente. “Lo so benissimo, e Rebekah ha già pagato per quello che ha fatto..” sussurrò, prima di aggiungere “ma anche Stefan ha le sue colpe, no? Se non sbaglio, eri ancora viva quando si è tuffato per recuperarti, però non ti ha salvata subito..” Lo sguardo di Elena si fece duro, al ricordo. “L’ho voluto io, è stata una mia scelta.” “Che lui non avrebbe dovuto permetterti di fare!” scattò subito Klaus, prima di aggiungere “comunque ormai il danno è fatto. Ma lui non la passerà liscia. Verrà con me e potrò pensarci io a fargli ricordare quanto abbia sbagliato quella notte..”
Elena tornò in posizione di battaglia. “Tu non porterai via nessuno!” esclamò, e si preparò a combattere una battaglia già persa in partenza. Io li fissavo, incapace di fare alcunché, anche perché come avrei potuto? Ero in un ricordo, qualcosa di intangibile e su cui non avevo potere. Mi sentii inutile e strinsi i pugni e i denti, mentre Klaus scoppiava a ridere davanti alla neo vampira che, probabilmente, avrebbe perso facilmente la vita in uno scontro con lui. La risata ironica dell’ibrido rimbombò per la casa, e immaginai che Elena fosse spaventata a morte, seppur non lasciava trasparire niente.
“Ti prego, potrei strapparti il cuore prima ancora che tu te ne renda conto, così come ho morso lui” fece un cenno verso Stefan “ma, sfortunatamente, ho una specie di accordo. Sai, per quanto sia potente non avrei potuto salvarmi da solo dal cacciatore di mia madre, quindi ho sfruttato un piccolo aiuto, che adesso è anche qui con me. Vuoi entrare, tesoro?” Si voltò verso la porta, da cui stava entrando una figura alta e slanciata, con una lunga veste nera e unghie laccate dello stesso colore. Aveva gli occhi abbastanza vacui, come se non si rendesse perfettamente conto di dove si trovava, e lanciò un’occhiata rapida a Elena, che era impallidita e la guardava a occhi e bocca spalancata, e a Stefan, che aveva anche smesso di ansimare e contorcersi, per la sorpresa, prima di fermarsi al fianco di Klaus. Anch’io non potei fare a meno di rimanere rigido per qualche secondo, prima di rendermi effettivamente conto che la ragazza che era appena entrata, trasudando oscurità da tutti i pori, era effettivamente la streghetta che ci aveva salvato tante volte: Bonnie Bennett.
“Bonnie?” domandò esitante Elena, poi si rivolse a Klaus “Che cosa le hai fatto, mostro?!” Lui ridacchiò, poi le rispose “Oh, tesoro, io non le ho fatto niente, lei ha fatto tutto per me. Mi ha salvato, quando ero spacciato e poi ha abbracciato il suo lato oscuro. Certo, c’è voluto un piccolo aiutino, perciò ho tardato tanto a venire qui. Due anni sembrano tanti, ma passano in fretta quando una persona ha tanto da fare, tra cui convincere una strega buona a passare alla cattiveria. È stato particolarmente difficile confinare il suo lato giusto nei meandri più reconditi della sua consapevolezza, ma in fondo un ibrido di migliaia di anni avrà qualche trucco, no? Purtroppo ho dovuto scendere a patti con quello e ho giurato che non avrei ucciso né te, né tantomeno lui,” accennò ancora a Stefan, con la testa “cosa che non avevo già intenzione di fare, detto tra noi. Il mio patto si limita a voi, cosa scocciante ma abbastanza equa, considerato che adesso ho una strega oscura forte, dotata e assolutamente sotto il mio controllo.” Concluse il suo discorso con un altro ghigno diabolico, poi si voltò verso Bonnie e le fece un occhiolino, quasi a comunicarle qualcosa.
E lei deve aver capito, perché in un attimo Elena si accasciò urlante a terra, reggendosi la testa e contorcendosi, cosa che fece anche Stefan, il quale, essendo già debole, svenne pressoché subito. La Bonnie oscura si premurò di continuare a torturare Elena mentre Klaus raccoglieva il corpo del suo nuovo giocattolo (mio fratello, come non mancò di ripetermi la coscienza, mentre lo vedevo con gli occhi illuminati dalla gioia). Quando ormai non avrebbe più potuto avere la forza per contrastarli, smise di farle esplodere il cervello, lasciandola ansimante e tremante a terra.
Stava avvicinandosi alla porta, da cui Klaus era già uscito dopo aver salutato Elena con un “Ci rivedremo molto presto, forse prima di quanto immagini”, quando Elena la chiamò, flebilmente “B-Bonnie..” balbettò, incapace di evitarlo, mentre le lacrime le scendevano dagli occhi “Perché? Come p-puoi aver ceduto a q-quello?” La voce di Bonnie uscì pacata, quasi distorta, profonda e calma “Era così che doveva andare, Elena.” Poi si voltò e uscì, chiudendosi alle spalle la porta, anche se avrei giurato di vedere una lacrima salirle agli occhi, che ovviamente era sfuggita a Elena, ancora raggomitolata sul tappeto, preda di singhiozzi.

Continuavo a fissare impotente Elena disperata e la porta ormai chiusa, da dov’era uscito mio fratello per l’ultima volta, preda di un dolore sordo, tutto nuovo, quando mi sentii trascinare quasi fuori da lì. Il ricordo era finito ed Elena stava aprendo gli occhi. Li riaprimmo contemporaneamente, fissandoci per un lungo momento, lei ansimava e aveva gli occhi colmi di dolore, io stavo zitto, quasi che proferir parola rovinasse quell’attimo in cui la mia mente stava elaborando frenetica tutto quello che avevo appena concluso di vedere. Klaus era vivo, per merito di Bonnie, che ora era, in un certo senso, controllata da lui. Aveva rapito Stefan, non per ucciderlo, ma per torturarlo per chissà quanto tempo, per fargli espiare la sua colpa di averlo privato della possibilità di creare ibridi. Questo mi spiegava metà dei miei dubbi, forse la metà più dolorosa, ma non capivo perché Elena non avesse chiamato aiuto.
Quasi mi avesse letto nel pensiero, Elena sussurrò: “Non ho potuto fare niente. Era troppo forte. Nessuno di noi avrebbe potuto fare niente. Inoltre, Caroline e Tyler sono partiti quasi subito dopo di te. Non sapevamo perché Tyler fosse vivo, lui ricordava solo di essere svenuto e rinvenuto dopo una settimana. Come se avesse un anello della resurrezione a lungo termine. Non ci facemmo troppe domande, semplicemente ci salutammo. Anche le loro madri decisero che era pericoloso rimanere a vivere qui e si spostarono tutti insieme. Questo ti spiega perché non hai trovato nessuno. Non so bene se vivano sotto lo stesso tetto o no, non ho più provato a rintracciarli da quando sono partiti, sono stata impegnata a imparare a controllarmi e poi..” “Aspetta!” la interruppi, alzando una mano “Quello che ho visto..quando è avvenuto?” Parve incerta se affrontare o no la questione, poi disse “Due anni fa, Damon. Appena Klaus è riapparso, ho cercato Jeremy e l’ho soggiogato. È una delle cose che ho fatto in tempo a imparare prima che..beh, insomma, dovevo mandarlo via. Non era al sicuro, né lui né Matt. Perciò li ho spediti insieme a Denver, non ho scordato quanto Jeremy sembrasse felice e normale nel periodo passato lì. Ora che sono sicura che gli ibridi non lo disturberanno, ho voluto concedergli ancora un’opportunità per vivere una vita da essere umano, e Matt si assicurerà che stia bene.”
Era stato qualcosa come un monologo, un lunghissimo monologo, ma adesso tutti i pezzi combaciavano. Elena non poteva chiedere aiuto a nessuno. Stefan era nelle grinfie di Klaus da due anni. Non c’era più un altro solo vampiro o lupo mannaro o creatura sovrannaturale o meno che potesse aiutarla. E lei non ha cercato nessuno. Ha spedito via le persone che potevano farsi male a causa di Klaus. E poi si è trasferita per..far perdere le sue tracce? Per stare più tranquilla? “Non mi sentivo più al sicuro qui,” cominciò a spiegarmi e ancora mi stupii di quanto riuscisse a capire cosa mi passava per la testa semplicemente studiandomi “ho dovuto spostarmi. Non riuscivo a rimanere qua o a casa mia, troppi ricordi e..avevo bisogno di un posto anonimo, dove Klaus non venisse a cercarmi. Forse è stato inutile, potrebbe anche trovarmi da un giorno all’altro, ma per il momento non si è più fatto vivo.”
Dunque questa è la storia. Un bagliore dorato filtrò da una finestra e mi colpì al volto. Non potevo immaginare neanche che aspetto avessi. Tutto quello che avevo appreso era sconcertante, ogni singola informazione mi distruggeva dall’interno. Dovevo salvare mio fratello, ma non ero sicuro di come potessi fare. Avevo bisogno di tempo, per pensare, e per preparare un piano. Non potevo lasciarlo con quell’assassino maniaco un giorno di più. “Perfetto, ora che so quello che mi serve,” la guardai negli occhi, che fino a quel momento erano rimasti fissi sul mio volto ma che non avevo più incontrato direttamente dalla fine del ricordo “ci organizzeremo. Elena, io e te, insieme, salveremo Stefan!”

Angolino dell'autrice :)

Ciao a tutti lettori!! Allora, comincio con lo scusarmi per aver mancato di nuovo il capitolo, ma penso che comincerò ad aggiornare un giorno si e uno no regolarmente, mi aiuta a riflettere bene sul capitolo. Veniamo al nostro. Finalmente si scopre cos'è successo in questi 4 lunghi anni in cui Damon è mancato: il ritorno di Klaus, Bonnie "intrappolata" nella sua oscurità, Stefan rapito e torturato, Elena impotente...Si, sono successe cose di tutti i colori!! Perché Elena non ha fatto niente? E' una domanda a cui avremo risposta presto, quando lei e Damon cominceranno a riflettere sul piano per liberare Stefan dalle grinfie di Klaus, di nuovo. Ho preferito far entrare Damon nella mente di Elena per narrare il tutto, vederlo in prima persona era più forte e ha colpito parecchio il nostro vampiro. E poi farlo raccontare tutto a lei sarebbe stato più noioso, credo. Il capitolo è anche un esperimento per affrontare i fatti da più punti di vista nello stesso momento, più o meno, anche se l'introduzione è dal POV Elena più perché così era finito quello prima, mentre il resto si concentra su Damon che finalmente scopre quello che tanto bramava sapere. Bene, questo è quanto, concludo invitandovi come sempre a recensire, non avete davvero nulla da dire? Lo so che è noioso fermarsi a dare un parere ogni volta, me ne rendo conto (e perciò non smetterò mai di ringraziare Esperanza97 e la sua incredibile costanza, senza le tue recensioni sarei finita <3) ma anche una riga, di quelle che mi arrivano per messaggio, per farmi sapere cosa ne pensate è gradita, anzi, graditissima!! Risponderò a tutti e leggerò ogni parere, accettando anche i negativi!! Quindi mi prostro a voi e vi supplico di farmi sapere qualcosa, adesso che avete in mente meglio la situazione di questa fic. Ok, vi saluto tutti e vi aspetto :) Un bacione!! (17 persone tra le seguite, siete tutti fantastici, un bacione doppio a voi *_*)

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Capitolo 6
*** Capitolo 5 - Nightmare ***


POV Damon

Era ormai mattina inoltrata quando io ed Elena decidemmo di metterci a dormire un po’. Non era sfuggito a nessuno dei due che avevamo passato la notte svegli e, vampiri o no, dovevamo rimetterci in forze. Avevo insistito per farla tornare con me alla pensione, invece di rimanere in quella sottospecie di buco da quattro soldi. Anche gli alberghetti squallidi in cui avevo passato gli ultimi anni erano più accoglienti al confronto. Ma lei era stata irremovibile, non si sentiva al sicuro lì.
Avevamo discusso a lungo sulla questione, passando dal fatto che non si fidava nemmeno con me accanto fino ad arrivare al punto in cui avevo ceduto e mi ero accomodato sul divano, con suo disappunto. “Ti aspetti che ti lasci preda di ibridi psicolabili o streghe oscure apprendiste?! Io non mi muovo da qua!” Liquidare la questione con ironia era sempre facile e lei, conoscendomi, evitò di rimettersi a discutere, ma mi impose di non avvicinarmi alla sua camera e di non sparire all’improvviso senza avvertire.
La mia partenza doveva averla traumatizzata più di quanto credessi, se dopo le sue rivelazione credeva che avrei tolto le tende di nuovo. Avrei dovuto chiarirgli questo dubbio, più avanti, ma per il momento avevo un bisogno estremo di sgombrare la mente e dormire. Solo lucido avrei potuto mettere insieme qualcosa che sembrasse a un piano, per salvare mio fratello. Certo era che non sarebbe rimasto nelle grinfie di Klaus ancora troppo a lungo, se potevo evitarlo. E io sapevo di poterlo evitare. Dovevo solo trovare un modo che non ci mettesse in pericolo, non troppo almeno. Era impossibile non mettersi in pericolo quando si voleva portare via qualcosa a Klaus, e la storia delle bare ci era servita di lezione su questo.
Chiusi gli occhi e tentai di rilassarmi sul divano piccolo e scomodo. Se volevo mettere in piedi un piano che funzionasse, dovevo innanzitutto fare in modo che Elena si fidasse di nuovo di me. Era troppo diffidente e impaurita per essere utile. Dovevo convincerla a lasciarsi da parte il mio “tradimento” se volevamo lavorare insieme. Forse, se avessi fatto pressione nei punti giusti, l’avrebbe fatto. Non per me, certo. Per Stefan. L’importante è che, per chiunque sia, lo faccia. O non avremo possibilità. Rimugina, Stefan mi rimbeccò una vocina seccata. Era vero, sembravo proprio mio fratello. Ma, nonostante il pensiero, non potei fare a meno di continuare a macchinare, scivolando lentamente in un sonno fatto di ricordi, che, per qualche ragione che non seppi spiegarmi subito, erano risaliti alla mente proprio ora, da un passato troppo lontano.

POV Elena

Ero sudata, ansiosa e avevo freddo. Tutto intorno a me non c’era che buio e solitudine. Mi sentivo stanca, la testa mi girava e avevo la gola secca, come se non bevessi niente da settimane. Arrancavo a tentoni, ansimando, e cercavo una luce, una via per uscire da quell’oscurità. Cercavo di chiamare qualcuno, ma dalla bocca non usciva un suono. E poi lo vidi. Stefan, a terra, in una pozza di sangue, la pelle ingrigita, gli occhi chiusi. Mi precipitai su di lui, ma non riuscivo a raggiungerlo, ero troppo lenta, troppo impacciata, come se camminassi sul fondale marino. Continuavo a correre, ma non potevo raggiungerlo in nessun modo e, anzi, riuscivo chiaramente a scorgere avvicinarsi a lui una sagoma maligna, un ghigno tremendo e familiare, come di un animale soddisfatto dopo il pasto. Era Klaus, che mi fissava come per sfidarmi a fermarlo, mentre si abbassava sul corpo inerme. Io cercavo di urlare, ma non riuscivo a raggiungerli, mi allontanavo quasi da quella scena barbara. Poi vedevo una luce, finalmente. Damon. Ritto, in piedi, davanti a me, che mi fissava con occhi seri e forse un po’ tristi. Lo vedevo sorridermi, rassegnato, cercavo di chiedergli aiuto, di dirgli di aiutare Stefan, ma lui mi voltava le spalle e si avviava nella direzione opposta alla mia. Cercavo di chiamarlo, di invocarlo, di pregarlo. Ma non sentivo suoni uscirmi dalle labbra, sentivo solo lacrime calde bagnarmi le guance mentre lui continuava ad avanzare fino a sparire, lasciandomi di nuovo nel buio, da sola.

“Elena!” una scossa molto potente alle spalle mi fece aprire gli occhi di scatto, incrociandone un paio azzurro ghiaccio, terribilmente preoccupati. “D-Damon?” balbettai per un attimo, mentre mi scrollavo di dosso..il sogno? Anzi, l’incubo. Era stato solo un altro incubo, di quelli terribilmente reali e vividi, che mi stavano tormentando da anni. Vorrei dire da quando Stefan è stato rapito, ma sarebbe tremendamente falso. Sono iniziati quando Damon è partito, anche se dopo il ritorno di Klaus si sono fatti molto più spaventosi e dolorosi, lasciandomi quasi sempre spossata al mattino.
Damon continuava a scrutarmi, ansioso e, mi sembrava, anche leggermente assonnato. Mi lanciai uno sguardo intorno, eravamo in camera, che ci faceva lì dentro? “Urlavi il mio nome, anche abbastanza disperata, direi” cominciò lui, probabilmente notando il mio sguardo lievemente accusatorio “Io dormivo, ma mi sono svegliato di soprassalto e sono corso qui. Credevo fossi sotto attacco, invece, per fortuna, stavi dormendo, anche se ti dimenavi e..piangevi. Elena, cos’hai sognato?” Mi studiò da sotto le lunghe ciglia, mentre cercavo di raccapezzarmi e raccontargli qualcosa. Non ero sicura di volere che lo sapesse, ma di sicuro gli dovevo una spiegazione. “Mi dispiace di averti svegliato” dissi sincera, poi aggiunsi a voce bassissima “ma sono contenta di vedere che sei ancora qui.”
Lui sembrò basito da quell’affermazione, quindi chiese “Hai sognato che andavo via?” “Qualcosa di molto simile. Scusami, per averti fatto preoccupare.” Lo guardai e vidi una luce intensa e nuova nei suoi occhi. Senso di colpa? Nah, Damon non provava senso di colpa. Quando faceva una scelta, non se ne pentiva mai. Beh, forse a volte, ma non lo mostrava facilmente. “Elena, ascoltami.” Non prometteva bene. Mi sedetti sul letto, mordendomi il labbro inferiore e aspettando che continuasse. “Mi dispiace per essere andato via, quattro anni fa. È stato probabilmente un errore, avrei dovuto stare attento a molte più cose prima di sparire. Ho lasciato te e Stefan da soli, e lo capisco se adesso non ti fidi più di me o pensi che sia colpa mia per il suo rapimento..”
Lo pensavo? Era difficile dirlo. Una parte di me sapeva che Damon non c’entrava niente con quello che era successo e che la sua era stata una scelta dettata solo dall’amore per il mio benessere. Ma d’altra parte non potevo fare a meno di evitare di pensare che, se fosse stato con noi quella sera, se fosse stato con noi da quando Tyler si è svegliato, probabilmente le cose sarebbero andate diversamente. Forse avremmo potuto evitare che Klaus corrompesse Bonnie. Avremmo potuto evitare un suo ritorno o almeno il rapimento di Stefan. Con lui qualcosa avrei potuto evitarla. Da sola ero tremendamente debole. Aspettai che continuasse, forse si aspettava una contraddizione e, non vedendola arrivare, sospirò.
“Anch’io forse lo penserei al tuo posto. Ma Elena, guardami negli occhi,” mi alzò il mento verso il suo volto “adesso sono qui e ti prometto che non me ne andrò di nuovo. Farò tutto il possibile e anche di più per riportarti Stefan, ma ho bisogno di tutto il tuo aiuto. E della tua fiducia. Se non ti fidi di me, non potremmo mai lavorare insieme. Se non vuoi farlo per me, beh, fallo per Stefan. Per salvarlo. Collabora con me per lui.” Poi strinse i denti e abbassò lo sguardo. Sapevo che gli era costato fatica dirmi quelle cose, probabilmente aveva male inteso la mia paura per una sua eventuale ripartenza. Credeva che non mi fidassi più di lui? Sul serio? Gli presi il volto tra le mani e lo costrinsi a guardarmi di nuovo. “Damon,” scandii a voce alta e decisa “io mi fido di te. Non ho mai smesso di fidarmi di te. Speravo ogni giorno che tornassi ma mai ho dubitato di te. Non posso darti la colpa di quello che è successo a Stefan e già il fatto che, nonostante tutti questi anni, tu abbia deciso di aiutarmi a salvarlo mi dimostra quanto tu ci tenga e quanto tu sia degno di fiducia. Non avrei mai potuto smettere di fidarmi di te, non me ne hai dato motivo. So che farai di tutto e per questo ti ringrazio da ora. Io mi sto fidando di te perché sei tu e perché so che posso fidarmi, non per Stefan.”
Parve riscuotersi dopo queste parole ma rimase semplicemente a fissarmi, con uno sguardo strano, come se si stesse trattenendo dal fare qualcosa. I suoi occhi scivolarono per un secondo sulle mie labbra, strinse i denti di nuovo e tornò a guardarmi. Io rimanevo zitta, aspettavo una sua reazione. Capii che dovevo spostarmi, lasciargli andare il volto, allontanarmi. Senza volerlo, tra noi erano rimasti pochi centimetri. Ma non riuscivo a muovermi, ero incatenata al suo sguardo e lui al mio. Rimanemmo così ancora, per un tempo indefinito, che potevano essere secondi o forse ore, l’elettricità che quasi crepitava nell’aria, finché lui non riprese controllo della sua volontà e io della mia. Staccammo, forse a malincuore, il contatto visivo e lui mi riservò un sorriso dolce, rarissimo sulle sue labbra. “Grazie” disse solo. Poi si alzò, andò in cucina e mi chiese di seguirlo.

POV Damon

Non saprei spiegare cos’era appena accaduto. Era stato qualcosa di intenso, questo è certo, e di intimo, forse più di quanto potrebbe esserlo un bacio. Ci eravamo semplicemente fissati, in silenzio, dopo le parole che Elena mi aveva rivolto. Ero sicuramente più tranquillo, sapendo che lei si fidava di me, ma era il modo in cui mi aveva parlato che mi aveva lasciato basito. Come se avesse aspettato tanto tempo per potermi dire quelle cose, come se fossero rivelazioni che lei stessa aveva ignorato. Mi aveva parlato come mai aveva fatto prima di allora e non sapevo spiegarmene il motivo.
Quando l’avevo sentita urlare, avevo temuto il peggio. Quando l’avevo svegliata e avevo visto il suo sguardo spaurito mi si era stretto il cuore, ma mi ero controllato. Avrei voluto abbracciarla e tranquillizzarla da qualunque cosa l’avesse spaventata, non immaginando che ero proprio io che la spaventavo, o meglio, un’eventuale mia partenza. Perché? Adesso c’era Stefan da salvare, ok. Ma quel suo sguardo smarrito l’avevo già visto, quando stavo partendo per la prima volta e pensavamo che tutto fosse finito. Allora tutto andava più o meno per il verso giusto. Eppure quello sguardo era lo stesso di allora. Non riuscivo a venirne a capo.
Fortunatamente per me, riuscimmo entrambi a distogliere lo sguardo e a ricomporci. Non avrei potuto sopportare un momento intimo di cui Elena si sarebbe pentita un secondo dopo. Era stato meglio così. Ero praticamente scappato in cucina un secondo dopo, perché avevo realizzato due cose. Primo: avevo fame. Tremendamente. Non mangiavo da almeno due giorni. Secondo: avevo un piano. O meglio, una specie. Era più un’intuizione, ma era meglio di niente. Era scaturito tutto da un ricordo, che mi aveva assalito nel sonno, trasportandomi in una terra lontana di un’altra epoca. Eppure poteva funzionare, dovevo solo comporre qualche tassello che mancava. E dovevo iniziare a comporli in fretta, perché il tempo passava e Stefan rimaneva nelle mani di Klaus.
Mi buttai su una sedia mentre Elena tirava fuori due sacche di sangue dal piccolo frigo. Sembrava alquanto stranita e anche un po’ stanca, nonostante fosse sera, quindi teoricamente avevamo dormito per tutto il giorno. Ma qualcosa mi diceva che il suo sonno non era stato proprio riposante e ristoratore. Al pari del mio, insomma, che comunque era stato utile alla causa. Mi concessi di finire la mia sacca in pace, gustandola fino all’ultima goccia, prima di esordire. “Ho elaborato una specie di piano, non so se ti piacerà ma è probabilmente l’unica cosa che possiamo fare, al momento, per aiutare Stefan. Te lo esporrei anche subito, ma ho bisogno di alcune cose per iniziare. E con “cose” intendo che devi richiamare alla base tutti i fuggitivi. Abbiamo bisogno anche di loro.” Elena mi lanciò un’occhiataccia. “Richiamare alla base? Damon, non sono i nostri soldati. E poi adesso, probabilmente, vivranno una vita normale, come posso chiedere loro di venire qui e rischiare di nuovo la vita contro l’essere che ha quasi rovinato le loro vite? Non posso farlo!”
Le ricambiai l’occhiataccia di prima. “Si che puoi, Elena! Anzi, devi! Loro non sanno nulla, pensi che la Barbie non arriverebbe di corsa sentendo che Stefan è nei casini? E il cane” sventolai una mano per ricacciare indietro l’irritazione di Elena, che sembrava stare per controbattere “la seguirebbe in capo al mondo. Da soli non possiamo farcela, lo sai anche tu. Ho bisogno di loro. Noi abbiamo bisogno di loro. Stefan ha bisogno di loro!” Stavo chiamando in causa il mio fratellino più volte di quanto avrei voluto, ma dovevo spronare Elena e ricordarle la condizione di Stefan probabilmente sarebbe servito allo scopo. Infatti serrò le labbra in una linea dura, mi squadrò ancora per un attimo e poi sospirò. “Chi altro devo chiamare?” Centro, avevo vinto.
Le feci un sorrisino compiaciuto, a cui rispose con una smorfia, poi dissi “Ho bisogno del tuo fratellino. Non combatterà” aggiunsi in un lampo, vedendola già pronta a negarmi il suo aiuto “né farà nulla di pericoloso. Devo parlare con un fantasma, e lui è l’unico che possa farmi da tramite. Ti assicuro che la sua parte nella vicenda finirà lì.” Era diffidente, ma non stavo mentendo. Dovevo mettermi in contatto con una persona che ormai non era più nel regno dei vivi e per farlo serviva Jeremy. Quella era la parte forse più importante di tutte, perché solo con l’aiuto dello spirito avrei avuto quello che mi serviva per aiutare Stefan. Non sarebbe stato facile da ottenere, avrei dovuto negoziare, ma ero sicuro di riuscirci alla fine.
“Va bene, purché sia solo quello” acconsentì alla fine. “Ti do la mia parola” promisi, poi mi alzai e infilai la giacca. Lei sgranò gli occhi. “E adesso dove vai?” chiese, con un tono di voce quasi stridulo. “Hey, calma!” alzai le braccia, stile paciere “Non voglio fuggire chissà dove! Dovresti averlo capito ormai. Devo fare un sopralluogo in un posto, sai com’è, per battere il tuo nemico devi entrargli in testa.” Le feci un occhiolino e me la svignai, rassicurandola sul fatto che sarei tornato presto. Pregai che non mi seguisse, sarebbe stato da stupidi, considerato dove stavo andando. Non avevo dubbi che lei l’avesse intuito. Era giunto il momento di dare un’occhiata alla situazione e fare una visitina al nascondiglio di Klaus.

Angolino dell'autrice :)

Salve ragazze!! Ecco a voi il quinto capitolo!! ^^ Allora, comincio col dire che il titolo del capitolo mi ha lasciato da pensare, volevo chiamarlo anche "Hint of a plan" (accenno di piano) ma poi ho trovato più adatto "Nightmare" visto che dall'incubo di Elena è nato poi tutto il dialogo con Damon, e comunque il piano di Damon nasce anch'esso da un sogno fatto (su cui poi avrete più dettagli in futuro), quindi ruota un po' tutto intorno a questa dormita dei nostri protagonisti che di ristoratrice ha ben poco. Abbiamo già qui un momento molto intenso tra Elena e Damon che entrambi non comprendono fino in fondo. Posso dirvi che è solo l'inizio e che si troveranno presto a dover fare i conti con i sentimenti che nutrono l'uno per l'altra (Elena non è proprio indifferente al bel vampiro, come penso avrete capito ;)). Ah, poi Damon ha bisogno di Jeremy per parlare con un fantasma e ottenere qualcosa che gli servirà poi per liberare Stefan. Qualche ipotesi su chi sia questo fantasma? Non mi dispiacerebbe ascoltarle, se vorrete condividerle con me :D E adesso si sta dirigendo verso il luogo dove si nasconde Klaus, per cercare di capire cosa sta passando Stefan e come fare per aiutarlo al meglio. Cosa troverà una volta giunto? E come reagirà alla vista del fratellino? Beh, lo scopriremo molto presto :) Nel frattempo, vorrei ringraziare le 4 persone che hanno recensito lo scorso capitolo, mi avete fatta davvero felice *_* E vi invito a continuare (o cominciare, se non l'avete mai fatto xD) a recensirmi per farmi sapere cosa ve ne pare dell'andamento della storia, se vi piacerebbe vedere qualcosa in particolare, un punto di vista di qualcuno, o anche se la storia vi fa schifo, lo accetterò u.u Insomma, lasciate un commentino che gratifica più di quanto pensiate!! Perfetto, ringraziato chi di dovere voglio solo aggiungere un grandissimo bacio a tutte le 23 persone che mi hanno messo nelle seguite, alle 2 tra i preferiti e a quella tra i ricordati. Tutto il proseguimento della vicenda dipende da voi <3 A prestissimo, col capitolo 6!! ^^

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Capitolo 7
*** Capitolo 6 - In wolf's lair ***


POV Damon

Sapevo dove avrei trovato Klaus. Potevano essere passati 4 anni, ma certe cose non cambiavano mai. Stavo cercando un posto lussuoso, grande e isolato, dove rumori sospetti non disturbassero eventuali vicini. Feci una smorfia a quel pensiero. Rumori sospetti come urla, per esempio. Individuai quello che cercavo poco fuori da Mystic Falls, esattamente al capo opposto rispetto al buco dove viveva ora Elena. Beh, aveva scelto bene, se non altro era il più lontano possibile dall’ibrido. Mi fermai a studiare la villa, per un attimo. Era completamente immersa nella vegetazione, leggermente rialzata su una specie di colle. Sembrava antica, anche se non era difficile immaginare che fosse stata ristrutturata relativamente da poco. Forse riprendeva lo stile romano o greco, di sicuro c’erano colonne sul portico. Mi domandai ironicamente se l’interno non fosse lastricato in marmo. A cosa serviva poi una casa così sontuosa a un solo individuo, era un mistero.
Mi riscossi da quelle riflessioni e mi infilai lungo la parete laterale esterna. Non avevo un piano d’azione ben preciso, necessitavo di sapere più o meno dove Klaus tenesse mio fratello, per organizzarci. Anche se era un ibrido crudele a cui piacevano i giochetti, non dubitavo che conoscere almeno in parte dove fosse la prigione di Stefan ci concedesse un certo vantaggio per agire. Cominciai a scrutare il terreno in cerca di una botola, un sotterraneo, un’entrata per una prigione come dai Lockwood. Qualcosa.
Passai diversi minuti a cercare, senza trovare niente. Stavo iniziando a diventare decisamente frustrato, quando qualcosa attirò la mia attenzione. Era poco più di un cerchietto di metallo, qualcosa di insignificante, eppure non aveva motivo di trovarsi lì, in mezzo all’erba alta. Curioso, mi chinai e lo raccolsi, solo per accorgermi che era collegato ad una sorta di filo di metallo, che conduceva al retro della villa. Il mio inconscio mi urlava “pericolo” a squarciagola, ma ero arrivato fin lì, potevo mai tornare indietro adesso? Ben attento a non farmi vedere, scivolai dove il filo metallico mi conduceva. Fui abbastanza sorpreso quando mi ritrovai davanti a una specie di finestra, che più che una finestra poteva benissimo essere un buco, con una grata ben spessa davanti. Una grata di legno. Qualcosa mi disse che Stefan era giusto lì dietro. Un irrefrenabile istinto mi portò a tendere la mano verso la grata, quasi desideroso di spostarla, ma capii che era inutile un secondo dopo, ritraendola di scatto con un sibilo. Verbena e, a giudicare dal bruciore, anche molto concentrata. Era alquanto perverso, ma non per uno come Klaus. Non riuscivo a intravedere granché da dove mi trovavo, solo una gran massa oscura. Affinai l’udito e distinsi un respiro forte e ansimante. Mi avvicinai alla grata e scrutai dentro, cercando di sondare il buio. Tutt’a un tratto si sentì un forte rumore metallico e una luce illuminò la scena sotto di me. Rimasi immobile, coi pugni e i denti stretti, a osservare.

POV Stefan

Ansimavo in preda al dolore, già da alcune ore. Erano due anni che succedeva la stessa cosa, ma non mi ci ero ancora abituato. Non credo si riesca ad abituarsi al dolore. Mi sentivo così dannatamente debole. Le catene che mi tenevano i polsi pesavano, non che lo sentissi particolarmente in quel momento. Ero steso nel terriccio di quel buco sotterraneo dove Klaus mi teneva, sempre avvolto da quell’orrendo odore di marcio, di putrefazione e di sudore, lacrime e sangue, un mix che ho imparato ad associare alla disperazione. Un odore che ho sentito spesso, quando uccidevo gli esseri umani. Non avrei mai immaginato che avrei potuto sentirmelo addosso.
Udii dei passi smorzati in lontananza. Stava venendo a guarirmi, di nuovo. Ero così stanco. Avrei voluto potermi ribellare, essere in grado di combattere. Ma tutto trasudava verbena là dentro e mi rendeva debole, per non parlare del fatto che praticamente non mi nutrivo. Se prima voleva rendermi un mostro assassino pari a lui, adesso non si preoccupava per niente di farmi morire di fame. L’unica cosa che potevo bere, in minima parte, era il suo sangue. E soltanto per stare meglio, o gli sarebbe morto il giocattolo. Ero diventato questo, il suo stupido giochino. Non sono mai stato un tipo orgoglioso ma essere umiliato così dall’ibrido che mi ha già portato via tutto, mi fa rivoltare lo stomaco e ribollire di rabbia.
Con un clangore metallico, la porta della mia “cella” si apre e Klaus entra, con un ghigno divertito. Non posso vederlo, sono ancora steso e respiro male, per il morso sul petto, ma posso sentirlo. Irradia quasi soddisfazione. “Stanco, Stef?” domanda ironico e lo sento sollevarmi per i capelli per guardarmi in faccia. Rimango a occhi serrati e sibilo di dolore, quando mi passa una mano dritta sullo sterno, dove il suo ricordino pulsa quasi da fare schifo e mi distrugge. Non voglio urlare. Non ancora. Quand’è venuto da me, stamattina, dopo avermi fatto cuocere un po’ sotto il sole di mezzogiorno, come ha preso l’abitudine di fare giusto per farmi stare un po’ peggio, ha gongolato troppo nel sentirmi. Forse più del solito. Se le mie urla fossero sangue, scommetto che in quel momento ne sarebbe stato ebbro.
“Suvvia, guardami.” mi fece, con una schifosa voce melliflua, continuando a tenermi sollevato per i capelli. Mi decisi ad aprire gli occhi e lo fissai con odio e sfida. Stavo soffrendo come un cane e ne era consapevole, ma non gli avrei dato la soddisfazione di leggermelo anche negli occhi. “Bravo bambino,” sorrise divertito, prima di lasciarmi andare rovinosamente a terra. Poi recuperò un paletto da sotto la cintura e mi osservò, sadico. “Non sei ancora stanco?” soffiai fuori, quello esausto ero io. Andava così tutti i giorni. A volte finiva prima, mi sbeffeggiava e poi mi curava, altre invece mi punzecchiava ancora prima di lasciarmi finalmente dormire, ammesso che ci riuscissi. Quella sera era una delle seconde. “No, non mi hai fatto divertire abbastanza oggi” disse infatti, poi mi si avventò contro, col paletto ben saldo in mano, e me lo piantò nel fianco, appena accanto al morso. Ringhiai e me lo staccai di dosso, barcollando, poi crollai a terra. “Andiamo, Stefan!” mi urlò contro, il paletto di nuovo in mano, macchiato rosso dal mio sangue “Reagisci! Non sarai davvero già così debole?”
In certi giorni ero molto più combattivo, non gliela davo mai vinta troppo facilmente. Non amavo particolarmente soffrire, ma oggi mi aveva morso con più veemenza del solito e le forze mi avevano abbandonato rapidamente quand’era andato via, lasciandomi immerso nel buio e nel dolore. Lanciai uno sguardo alla porta aperta, che gettava luce su quel quadro pietoso e patetico, in quel momento. Io a terra, incapace di rialzarmi, ricoperto di sangue e bagnato fradicio, con un morso quasi in putrefazione sotto la maglietta e Klaus in piedi, con un ghigno perverso, il paletto in una mano e un lampo folle negli occhi. Forse è la volta buona che mi ammazza e la facciamo finita, pensai con un sospiro. “Uccidimi, Klaus.” Avrei voluto che non suonasse così tanto come una supplica. “Oh, stasera fai il fragile” esclamò, con una nota più che evidente di disappunto “Che peccato, mi piacerebbe giocare ancora un po’, ma suppongo che potremmo anche continuare domani”.
Soffiai fuori tutta la mia esasperazione quando mi si avvicinò, si chinò all’altezza del mio volto e mi fissò negli occhi per qualche secondo. Non avrei mai capito che accidenti ci cercava tutte le sere, prima di alzarmi la maglia (o qualunque altro indumento coprisse il morso del giorno) per verificare i danni. “Questo è proprio brutto!” mi comunicò di lì a poco, con sguardo quasi orgoglioso “Ci sono andato più pesante di quanto pensassi. Non mi stupisco se sei così stanco stasera. Permettimi di rimediare!” e avvicinò ironico il polso alle mie labbra. Lo fissai con il massimo disprezzo che mi era consentito, poi bevvi. Sapevo che, anche se avessi provato a evitarlo, mi avrebbe fatto bere a forza, ed era forse ancora più umiliante che farlo da solo. E poi ero affamato, e il sangue di Klaus era l’unica cosa che mi fosse permesso bere in quella fogna. Non passavano neanche topi o simili. Aveva provveduto a fare in modo che nessun essere vivente potesse avvicinarmi.
Mi staccò violentemente il braccio dalla bocca e mi sorrise radioso. “Come siamo collaborativi, sarò buono e ti lascerò riposare ora. Sai..” abbassò la voce a un sussurro quasi inudibile, anche per un vampiro, e mi si avvicinò con fare cospiratorio “..abbiamo dato spettacolo stasera. Hai recitato bene la parte del piccolo sottomesso, meglio di quanto credessi. Forse potrei darti un premio..” Scoppiò a ridere fragorosamente e odiai il modo in cui quel suono agghiacciante rimbombò nelle quattro mura strette. Continuando a ridere, si richiuse la porta alle spalle e andò via. Sarebbe ricominciato tutto di lì a poche ore, quando l’alba avrebbe fatto capolino. Desiderai il mio anello come mai, me l’aveva tolto subito ed era stato come recidere l’ultimo legame con la mia famiglia. Con lei. E anche con Damon.
Non mi soffermai troppo a pensare a quello che Klaus intendeva con quelle parole. Ero troppo stanco e debole. Troppo distrutto. Il dolore stava un po’ scemando, ma per farlo sparire completamente sarebbe dovuto arrivare il giorno dopo. Quando sarebbe solo ricominciato. Era un po’ come un circolo vizioso, non si fermava mai. Mi raggomitolai nel terriccio, stava cominciando ad arrivare il freddo e, anche quella notte, probabilmente avrei a stento chiuso occhio. Cacciai un lungo sospiro tremante. Non volevo piangere, non di nuovo. Ma mi sentivo così male. Avrei accolto la morte con gioia, pur di far smettere quel tormento, che si ripeteva preciso ogni giorno da due anni. Ogni tanto Klaus se ne usciva anche con un nuovo modo di torturarmi e umiliarmi. Era sfiancante e deprimente. E non avevo neanche la certezza che sarebbe finito, prima o poi. Mi lasciai andare a qualche singhiozzo, in fondo ero completamente solo e Klaus non sarebbe sceso laggiù ancora. Non mi avrebbe sentito. Poi mi concessi di chiudere gli occhi, scivolando in uno stanco ma dolce sonno senza sogni, ignorando i rumori attutiti che arrivavano dall’alto della finestra.

POV Damon

Avevo assistito a tutta la scena con crescente rabbia, che adesso mi ribolliva nel cervello e mi faceva vedere rosso. Ero stato tentato di strappare la grata a morsi, saltare dentro e cavare gli occhi a quel mostro di Klaus, che aveva sbattuto come un bambola di pezza e preso in giro uno Stefan logoro e smagrito, che non avrei probabilmente quasi riconosciuto, se l’avessi visto. Ho cercato di controllarmi al massimo per non mettermi a ringhiare furiosamente, quando gli ha conficcato il paletto nel fianco, e sono sobbalzato al sentire la voce del mio fratellino. Sembrava così vuota, così stanca. Così rassegnata. Scossi forte la testa e mi imposi di stare calmo. Potevo salvarlo. L’avrei fatto presto.
Il morso sul petto di Stefan era una delle cose più orrende e, immaginai, dolorose che un vampiro potesse mai vedere. Da quello che ero riuscito ad afferrare, era lì da tutto il giorno. Klaus lo mordeva, poi lo lasciava marcire e soffrire in quel buco, e poi tornava e lo curava. Ebbi un moto di ribrezzo quando Stefan si attaccò al polso dell’ibrido, con occhi vacui, quasi inconsapevole di quello che faceva. Immaginai che probabilmente l’avrebbe costretto, se non l’avesse fatto da solo. Quando finalmente lasciò la stanza, ridendo sguaiatamente per chissà quale oscuro motivo, Stefan cominciò a piangere.
All’inizio non volevo crederci, sapevo quanto fragile potesse essere il mio fratellino, ma non potevo credere che lo fosse fino a quel punto! Siamo pur sempre degli uomini, accidenti! Ma poi l’indignazione si trasformò in dispiacere e in dolore quasi fisico al pensiero che quello che avevo visto stasera, probabilmente, lui lo viveva tutti i giorni, a volte forse anche peggio di così. E lo viveva da solo, senza poter combattere. In quell’istante, guardando le spalle del mio fratellino sobbalzare violentemente, desiderai immensamente poterlo proteggere e una rabbia sorda, primordiale, selvaggia mi esplose nel petto. In un lampo di follia, mi alzai in piedi, deciso a raggiungere l’ingresso, sfondare tutto e staccare la braccia a Klaus. Lo ammazzo, stavolta lo ammazzo, lo faccio a pezzi e poi li brucio, molto lentamente pensavo, ma la mia camminata fu presto interrotta.
Mi ritrovai sdraiato sull’erba umida, con un corpo a tenermi fermo e una mano sulla bocca. “Che diav..?” la domanda mi rimase incastrata in gola, quando la figura su di me mi fece cenno di star zitto e mi trascinò dietro un albero, a velocità vampiresca. Mi accorsi solo dopo qualche minuto che, dov’ero io un attimo prima, ora c’era Klaus che si guardava intorno circospetto. Avevo fatto casino. Dopo poco rientrò, lasciandomi solo con la mia nuova compagnia.
“Lieta di rivederti, Damon” miagolò con voce languida, dopo avermi mollato. Le riservai un’occhiata torva, aggiustandomi i vestiti “Katherine..Che ci fai qui?” Mi rispose con una risatina e mi osservò curiosa “Potrei farti la stessa domanda..Non lo sai che non è intelligente fare la pecora temeraria nella tana del lupo?” Ignorai il sarcasmo volutamente e indurii la mascella. “Tieni d’occhio Klaus o Stefan?” Sorrise, colpita, o forse fintamente colpita “Perspicace, mi piace. Entrambi, direi. Anche se, da quando ha preso Stefan, ho stretto la sorveglianza” E figuriamoci. Mi stupii che la cosa non mi toccasse poi troppo. Era un miglioramento, senza dubbio. Seconda questione. “Perché mi hai fermato?” il tono era duro, anche se avrei dovuto esserle riconoscente. Mi aveva salvato, in un certo senso. “Perché mi sei più utile con la testa sulle spalle e il cuore nel petto,” cominciò divertita, poi assunse un’aria seria “So che vuoi salvarlo, Damon. Siamo dalla stessa parte.” Mi lasciai andare a una risatina ironica, prima di aggiungere “Non siamo mai dalla stessa parte, Katherine. Rimani a fare la guardia a Stefan, se ti piace tanto, io vado via.”
Feci per andarmene, ma lei mi fermò, mettendomi una mano sul petto. Mi fissò dritto negli occhi e disse, con lentezza calcolata “Se liberi Stefan, devi uccidere Klaus. So che hai in mente qualcosa, o non saresti venuto qui. E so che posso esserti utile. Sono una vampira, ho più esperienza di te e lui ha una strega oscura. Non sei nella posizione di rifiutare un alleato”. Dovetti ammettere che aveva ragione, ma non per questo avrei ceduto. “Che ci guadagni?” cominciai a indagare. Poteva valere la pena, forse. “Mi ascolti quando parlo?!” suonava irritata “Se liberi Stefan, devi uccidere Klaus. Se devi uccidere Klaus, io non dovrò più preoccuparmi di scappare. È perfetto, è tutto ciò che mi serve dalla vita! Potrò essere davvero libera.” Non tenevo conto di quanto, in effetti, la dipartita di Klaus dovesse essere utile per Katherine. Soppesai la proposta per qualche secondo, poi annuii. “D’accordo,” le tesi la mano “ci sto. Ma se fai il doppiogioco, stavolta ti infilo un paletto dritto nel cuore. Un paletto alla verbena, magari.” Mi afferrò la mano e alzò le sopracciglia, scettica “Posso ucciderti in tre modi diversi, prima ancora che ti avvicini a me. Non farò il doppiogioco, Damon. Hai la mia parola.” Per quello che conta pensai, ironico, ma le sorrisi. In fondo, aveva ragione. Per quella guerra, mi servivano tutti gli alleati possibili.
 
Angolino dell’autrice :)
Eccoci qua, col capitolo 6!! Allora, spero di non aver fatto un disastro D: Ho descritto forse troppo le violenze che Stefan subisce? L’ho reso troppo arrendevole? Pensavo che, dopo due anni di quella roba, fosse il minimo trovarsi un po’ stanco di combattere, no? Descrivere quello che succedeva dal suo punto di vista, mi sembrava il modo migliore per farlo arrivare ai lettori. Poi, beh, è arrivata Katherine che ha evitato che Damon commettesse una grande stupidaggine, ma lei, beh, è Katherine! Non poteva lasciare che Damon si suicidasse, no? xD La frase di Klaus lascia poco spazio all’immaginazione, ma in fondo lui è l’ibrido, non poteva farsi cogliere del tutto impreparato. Sa che Damon è in città e si è divertito a mostrargli come sta il fratello. Dentro di lui, spera proprio che questo lo porterà ad attaccarlo. Poi si vedranno i motivi. Bene, dunque, il capitolo mi ha dato molto da pensare, non vorrei che fosse noioso o scritto male, mi sono venuti molti dubbi :S Quindi, vi chiedo di perdonarvi, ma mi lascereste una recensioncina? Anche poche righe, per farmi sapere che ne pensate. Sul serio, ne ho bisogno ora più che mai. Ringrazio fin da ora tutte le anime pie che lo faranno *_* E, per concludere, rinnovo la mia immensa gratitudine a tutti coloro che hanno già recensito almeno una volta, e alle 3 persone che hanno aggiunto la storia tra i preferiti, le 23 tra le seguite e quella tra le ricordate, siete la luce che mi permette di continuare a scrivere! <3

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Capitolo 8
*** Capitolo 7 - The calling ***


POV Caroline

Ero appena stata a caccia nei boschi e non mi stupii quando, al mio ritorno, trovai Tyler intento a fare pesi, in giardino. Continua a tenersi in allenamento costante, non si sa poi per quale motivo. Dice che le minacce sono dietro l’angolo e che lui dev’essere in grado di proteggermi. Ogni volta che lo sento fare questi discorsi, alzo gli occhi al cielo. Sono un vampiro, accidenti! Penso di potermela cavare. Ma poi sorrido e lo lascio fare, la sua preoccupazione è molto dolce. Il nostro rapporto non ha fatto altro che rafforzarsi, da quando abbiamo lasciato insieme Mystic Falls.
Mi dirigo in cucina, desiderosa di un po’ d’acqua fresca e mi soffermo un attimo a pensare. Sono ormai quattro anni che abbiamo lasciato la nostra cittadina e ci siamo spostati in questa piccola baita, nel mezzo dei boschi sugli Appalachi. Ha scelto Tyler, è qui che ha passato le notti durante il periodo in cui si allenava a trasformarsi in lupo per spezzare il legame di asservimento con Klaus. Il posto è isolato e piccolo, ma molto confortevole e ci troviamo bene. C’è sempre tranquillità, c’è la possibilità di raggiungere un piccolo borgo per rimediare i beni di prima necessità e Tyler può girare indisturbato sotto sembianze di lupo. Ora che la trasformazione non gli causa più dolore, si diverte a diventare un bestione e a correre per i boschi. Dice di sentirsi libero e indipendente, oltre che di sentire la natura più vicina. Sorrido dolcemente, quel ragazzo è più profondo di quanto non si direbbe, come me del resto. Forse è il nostro essere profondamente simili quanto diversi che ci tiene così uniti.
Mi accontento di sangue animale, in questo periodo, perché non c’è un’emoteca da cui prenderne di umano, in fondo mi basta per mantenermi in forze. Non abbiamo sentito più nessuno da casa, né nessuno ci ha cercato. L’ultima volta che ho avuto contatti con Stefan ed Elena, mi raccomandavano di stare bene ed essere felice e che ci saremmo sicuramente rivisti, quando Elena sarebbe stata in grado di controllarsi. Mi dispiaceva lasciarla mentre era ancora così vulnerabile, ma la nostra presenza era di troppo lì. Il Consiglio stava alle costole alle nostre madri, che pure si sono dovute spostare. Ci siamo separati a Phoenix, è lì che le abbiamo sistemate, prima di partire alla volta del nostro piccolo nido.
Un trillo mi ridesta da quei pensieri malinconici. È il mio cellulare, che si illumina da sopra il bancone, reclamando la mia attenzione. Scorgo il nome sullo schermo e mi si forma un groppo in gola. Elena. Una chiamata di piacere sarebbe troppo facile, e per noi le cose non sono mai facili. “Pronto?” rispondo esitante, lasciando che l’emozione mi invada il corpo. “Caroline!” esclama lei, e noto una sfumatura strana nella sua voce, qualcosa di simile alla preoccupazione o forse al senso di colpa. Non è un buon segno. “Ciao Elena” dico semplicemente, mentre un sorriso spontaneo e un po’ commosso mi si disegna in volto. Quanto mi era mancata la sua voce! La sento sospirare tremula, deve aver avuto la mia stessa reazione.
“Come stai?” mi chiede subito, e io so che per lei non è una domanda di rito. Ritrovo il buonumore quasi subito e mi lancio in un dettagliato rapporto della mia vita con Tyler. Le parlo della baita, degli allenamenti di Tyler, del nostro rapporto che va a gonfie vele, della caccia, del piccolo borgo, e continuo a parlare e straparlare, un po’ per non lasciarle il tempo di ribattere e dirmi il vero motivo per cui mi ha chiamata, un po’ perché avevo sempre sperato di poterle raccontare tutto, un giorno. “Insomma, me la passo abbastanza bene!” concludo allegra, dopo aver passato praticamente mezz’ora a parlare quasi da sola, sentendola solo ridere o percependo le sue smorfie all’altro capo del telefono. La conoscevo troppo bene.
“Tu invece come stai?” Ecco la domanda tanto attesa, che lei avrebbe interpretato giustamente come un “Allora, perché mi hai chiamato?”, in fondo era quello il nodo della questione. La sentii irrigidirsi e sospirare, prima di dire “Decisamente peggio di te..” senza però aggiungere altro. Tentai di sdrammatizzare con un “Che succede, Stefan ti tiene troppo sotto controllo? Non hai più tempo per te?” sperando di tranquillizzarla, ma le mie parole ebbero l’effetto totalmente opposto. Il respiro le si ruppe e potei immaginarmela benissimo mentre stringeva i denti o si mordeva un labbro, per cercare di calmare la tensione, probabilmente sarebbe stata palese dalla sua voce altrimenti. La anticipai e chiesi, tornando seria “Elena, che succede?”, senza aspettarmi minimamente quello che mi disse di lì a pochi secondi. Il respiro mi si mozzò in gola e guardai automaticamente la finestra, dove riuscivo a scorgere la schiena di Tyler, nuda, coi muscoli che guizzavano per lo sforzo, il bilanciere che faceva su e giù. Continuai a fissarlo atterrita, mentre Elena continuava parlare, ma mi arrivava ovattata, come un ronzio di sottofondo. Una paura intensa mi si diffuse nel cervello, e mi obbligai a trascinarmi sul divano, mentre i muscoli delle gambe mi abbandonavano.
“…chiederei mai se non fosse necessario, ma Damon è convinto di non potercela fare solo con me e, in fondo, so che ha ragione, io..” “Aspetta,” la fermai, con voce tremante, cercando di assorbire tutte le informazioni tremende che mi aveva dato in quei pochi minuti “mi stai dicendo che Klaus è tornato, Damon è tornato, Bonnie è sotto il controllo dell’oscurità..Ma Stefan in tutto questo dov’è?” Avevo paura a sentire la risposta, perché in fondo al cuore la conoscevo già. La voce di Elena si ruppe e dovette respirare profondamente per un po’, prima di rivelarmi la verità che si nascondeva dietro la sua telefonata improvvisa. “L’ha preso Klaus, Care. L’ha preso e lo tortura, io e Damon dobbiamo salvarlo. So di starti chiedendo un favore non indifferente, però..” Di nuovo le sue parole divennero un ronzio ovattato in sottofondo. Stefan torturato da Klaus. Mi venne in mente il suo sorriso sincero, mentre mi stringeva a sé e mi augurava buona fortuna per la mia vita con Tyler. E quanto mi aveva aiutata quand’ero diventata un vampiro. Era stato paziente, comprensivo, gentile. Se non ero diventata un’assassina efferata era solo grazie a lui. E adesso aveva bisogno di me. Stefan era il mio migliore amico e l’avrei salvato. Ma dovevo mettere in pericolo Tyler, per farlo? Non poteva esserci un altro modo?
“Care?” mi richiamò Elena, e mi resi conto solo allora che ero ancora al telefono. Sospirai, poi le dissi, sicura “Parlerò con Tyler, non posso garantire anche per lui. Ma io tornerò e farò il possibile per aiutarvi con Stefan.” “Grazie, Care, non vorrei scombussolarti la vita, ancora una volta, se avessi scelta.” Mi liberai con una risatina lievemente isterica, poi la ripresi “Ma per favore! Non dirlo neanche, Elena, le amiche servono a questo. Ci vediamo presto, ti avviserò quando sarò lì.” Chiusi la conversazione, poi gli occhi mi si riempirono di lacrime. Non seppi bene perché, in fondo era inevitabile che arrivasse una nuova minaccia, prima o poi. È solo che questa parvenza di normalità mi era sembrata duratura. Stavolta la vita stava andando bene e temevo davvero che avrei pagato un prezzo troppo alto tornando indietro. Ma dovevo farlo lo stesso. Per Stefan ed Elena.
Tyler rientrò in casa con un gran sorriso, che si spense subito notando la mia espressione. “Che succede?” mi chiese allarmato, circondandomi protettivo con un braccio. Lo guardai preoccupata e ansiosa, cercai di parlare, ma riuscii solo a scoppiare a piangere. Probabilmente era la tensione che avevo accumulato in quei pochi minuti che premeva per essere sfogata. Lo abbracciai forte, lo sentii ricambiare e rimanemmo così per un po’, stretti l’una all’altro. Quando mi ripresi il necessario per parlare, biascicai con voce malferma “Sei tutto sudato, Ty, dovresti fare una doccia..” Ero impazzita, probabilmente. O forse volevo smorzare quel clima pesante. In quel momento la mia testa sembrava essere da un’altra parte.
Lui si staccò da me, mi guardò serio e preoccupato, poi mi chiese di nuovo cosa non andava. Presi un respiro profondo e cominciai a raccontargli la mia telefonata con Elena. Lo vidi cambiare espressione ogni volta che aggiungevo un dettaglio in più alla storia. Turbamento, preoccupazione, dolore, ansia, forse anche rassegnazione, anche se non seppi dire se era perché aveva capito che dovevamo tornare indietro o se era per il fatto che Klaus fosse vivo. Non me ne preoccupai troppo. Quando finii di parlare, lo vidi fissarmi serio ma consapevole. Gli ho parlato spesso del mio legame di amicizia con Stefan, e so che si rende conto che non posso lasciarlo nelle mani di quello psicopatico.
“Caroline,” cominciò, con fare preoccupato “sei sicura di quello che vuoi fare? Tornare indietro ad affrontare Klaus, di nuovo, non sarà certo una rimpatriata di piacere..” Mi indignai leggermente a quelle parole. “Lo so benissimo, Tyler! Ma non lascerò Stefan a Klaus, non dopo tutto quello che ha fatto per me. Io devo tornare Ty, ma questa battaglia non ti riguarda, tu e Stefan non avete alcun legame, se non..” Mi interruppe con uno sguardo glaciale “Mi riguarda eccome! Caroline, se ti succedesse qualcosa e io stessi qui, con le mani in mano nel frattempo, ti pare che potrei sopportarlo?! Non te l’ho detto perché non voglio venire, anzi, verrò e darò il massimo per aiutarvi con Stefan. Ma ho paura per te e per la tua incolumità. Non voglio che ti accada niente, non potrei perdonarmelo altrimenti.” Gli sorrisi dolce. “Ty, apprezzo che ti preoccupi per me, ma se qualcuno sarà in pericolo quello sei tu. Ricorda che a Klaus piace molto essere il maschio alfa, e tu sei l’unico altro ibrido oltre lui sulla faccia della Terra.” Mi sorrise, beffardo “Se ne farà una ragione. Non mi toccherà, Care, puoi starne certa! Non mi sono mica allenato così tanto per niente!”
Non potei fare a meno di ricambiare il suo ghigno, anche se sapevo che tutta quella sicurezza non la sentiva davvero. Sapeva fin troppo bene dove poteva spingersi Klaus, ne aveva avute diverse prove quando era asservito a lui. Gli accarezzai il volto con una mano, poi gli dissi “Facciamo un patto, staremo attenti tutti e due così, quando questa storia sarà finita, rimarrà un solo ibrido, e non sarà Klaus.” Gli feci un occhiolino. “Ci sto! Allora,” aggiunse, alzandosi “Vado a farmi questa doccia e poi ci prepariamo per partire! Ah, dimenticavo..” si chinò su di me e mi lasciò un bacio breve ma molto dolce, a fior di labbra “Ti amo.” Sorrisi inebetita, aspettai che cambiasse camera, poi sospirai. Non sarebbe stato facile, ma andava fatto. Avremo salvato Stefan, tutti insieme, di nuovo, come un tempo.

POV Jeremy

Ero seduto sul divano, teso, attendendo il ritorno di Matt. Dovevo parlargli. Quella mattina, avevo ricevuto una chiamata di Elena. Non ero stato troppo sorpreso, capitava spesso che mi chiamasse per sapere come stavo, cosa facevo ecc, poi si faceva passare lui e parlavano per una manciata di minuti. Era così almeno una volta al mese, cercava di lasciarmi i miei spazi e di non essere asfissiante ma lo sentivo che le mancavo. Anche lei mancava a me, anche se la mia nuova vita non mi dispiaceva affatto. Avevo finito gli studi e mi ero trovato un lavoretto in un pub, come quando ero a casa, in attesa di puntare più in alto. Anche Matt lavorava, non con me e portava abbastanza soldi da permetterci di sopravvivere, era diventato come un fratello maggiore. Mi piace passare del tempo con lui, è un tipo forte. Ho anche iniziato a giocare a basket, mi scarica i nervi e non faccio neanche tanto schifo come col baseball. Ho degli amici, molti di loro sono anche in squadra con me e ci facciamo una birra insieme quando finiamo di allenarci. Insomma, me la passo bene.
Ho raccontato tutto questo ad Elena, questa mattina, quando ci siamo sentiti. Ma stavolta, l’ho capito subito, c’era qualcos’altro sotto. Non era una semplice chiamata di routine, per sentire la mia voce. La avvertivo nervosa, dall’altro capo del telefono, come se la tensione la stesse divorando. Alla fine le chiesi cosa non andasse, e lei mi disse che aveva bisogno di me a casa. Che era successo un gran casino e che dovevo raggiungerla prima possibile. Non mi ha voluto dire altro, ha detto che mi avrebbe spiegato tutto una volta che ci fossimo visti. Ha detto anche che non dovrò preoccuparmi di combattere con esseri sovrannaturali, il che mi ha allarmato parecchio. Se io non avrei dovuto combattere, significava che c’era un combattimento da fare? Eravamo finiti a discutere sul fatto che avrei potuto decidere io cosa fare quando mi avesse raccontato bene cosa succedeva, mentre lei sosteneva che il mio contributo alla “causa” (causa di cui non sapevo ancora niente) si sarebbe limitato a mettermi a disposizione come tramite per Damon che doveva parlare con un fantasma. Non nominò Stefan nemmeno una volta e questo non mi fece presagire nulla di buono. Comunque alla fine attaccammo, io le promisi che entro il pomeriggio sarei partito così avrei raggiunto Mystic Falls per quella sera stessa.
Il rumore della chiave nella toppa della porta mi riscosse. Alzai gli occhi e mi ritrovai un sorridente Matt che portava due buste della spesa. Mi salutò con un cenno, andò a posare le buste in cucina, poi venne a sedersi accanto a me. Il suo buonumore sparì non appena vide la mia espressione che doveva essere, pensai, funerea. “Devo parlarti” esordii. Lui mi fece segno con la mano di continuare e gli raccontai della strana conversazione avuta con Elena qualche ora prima. Sospirò, sentendo anche solo nominare Mystic Falls e Damon in particolare. Matt non era mai stato troppo di poche parole, ma evidentemente la mia espressione parlava chiaro. Sarei partito e avrei aiutato mia sorella, lo stavo solo informando.
“Vuoi che venga con te, Jer?” Lo guardai, stranito. Non andava matto per il sovrannaturale e lo sapevo. Ancora faticava a convivere con la mia abilità particolare di parlare coi fantasmi. Notando la mia espressione, aggiunse “Si, insomma, non è esattamente una gita che farei, ma se devi essere coinvolto ancora in quella roba, vorrai qualcuno vicino, no?” Sorrisi, ecco cosa intendevo quando pensavo a lui come un fratello maggiore. Si preoccupava più per la mia salute che per se stesso. “No amico, non preoccuparti. Elena non mi metterebbe in pericolo, devo solo fare il telefono per Damon e qualcuno morto, entro dopodomani forse sarò già di nuovo qui!” Lui annuì, serio e non troppo convinto. “Sta solo attento” concluse, e lì capii che la conversazione era finita. Così mi avviai in camera, pronto a riempire un borsone.

POV Elena

Era stata una mattinata stancante. Avevo fatto il giro di telefonate che Damon mi aveva chiesto, anche se non se lo meritava. La notte prima era tornato con Katherine al seguito e la mia reazione è stata quasi isterica alla sua vista. Faccio una smorfia al solo pensarci. Prima ho cercato di attaccarla, poi ho iniziato a urlare contro Damon e alla fine mi sono rinchiusa in un mutismo gelido e nervoso. Lei ovviamente non ha risparmiato battutine ironiche per tutto il mio sfogo, ma con Katherine ho imparato che più la si ignora meglio è. Adesso mi trovavo sul divano di casa Salvatore, ero stata praticamente costretta a spostarmi lì, perché casa mia era diventata troppo piccola per tutti e tre e presto sarebbero arrivati anche gli altri. Avevamo deciso che quello sarebbe stato il nostro quartier generale e avremmo alloggiato tutti in una stanza. In fondo, ce n’erano così tante che avremmo potuto anche farlo diventare un albergo.
Le telefonate con Caroline e Jeremy hanno messo a dura prova i miei nervi. Sembravano così felici e appagati dalle loro vite normali e tranquille, che mi si è gonfiato il cuore di rammarico e senso di colpa al pensiero di essere, ancora una volta, la causa dello stravolgimento di esse. Avrei davvero voluto che ci fosse un altro modo, ma ormai il danno era fatto. Mi coprii gli occhi con un braccio, tentando di calmarmi e di non pensarci troppo, quando la porta mi fece sobbalzare. Mi voltai e mi scontrai con due iridi color ghiaccio. Era Damon, che era tornato da solo lui sapeva dove. Non avevamo più parlato da ieri notte e non avevo intenzione di cambiare le cose adesso.
“Elena..” Sospirai. A quanto pare lui aveva intenzione di cambiarle, invece. “È da ieri che non mi rivolgi la parola. Te l’ho già spiegato, Katherine ci serve solo come rinforzo. Ha una certa esperienza quando si tratta di Klaus, scappa da lui da centinaia di anni e può esserci utile. Non fa piacere neanche a me collaborare con lei, cosa credi?” Mi si sedette di fianco, cercando di catturare il mio sguardo, ma io lo evitai spudoratamente. Sospirò, frustrato. “Elena, guardami! Rispondimi! Per favore, è scocciante che tu reagisca così, sembri una bambina viziata a cui hanno fatto uno sgarbo!” Quello scatenò una mia reazione, per quanto volessi trattenermi.  
Alzai gli occhi e lo guardai furente “Una bambina viziata!? Tu mi porti in casa una vampira che non ha fatto altro che tradirci ogni singola volta in cui abbiamo tentato una collaborazione. Come ti aspettavi che reagissi?! Lo farà ancora Damon, ci farà saltare l’unica occasione che avremo per salvare Stefan e poi scapperà via! Come ha sempre fatto! Sembra che tu non conosca i suoi stupidi doppigiochi, tranelli e trucchetti!” Continuò a guardarmi dritto negli occhi e parlò con voce calma e ferma “Non farà niente, Elena. Abbiamo fatto un accordo. E non mi fido, se è questo che pensi. Neanche un po’. Però ci servono rinforzi, anche se questo vuol dire collaborare con una stronza manipolatrice. È l’unico modo che abbiamo per salvare Stefan. Più siamo e più possibilità avremo!” Respirai forte, staccai il contatto visivo e fissai lo sguardo a terra. Lui tese la mano e la appoggiò sul mio ginocchio, stringendo leggermente. Voleva farmi capire il suo pensiero.
Mi tranquillizzai a quel tocco e tornai a guardarlo. “Hai ragione Damon, scusami. È che non posso fare a meno di pensare a quante volte ci abbia imbrogliato e a quanti guai ci abbia causato. Non posso fidarmi di lei.” “Nemmeno io,” convenne lui “non c’è bisogno per forza di fidarci. Facciamo buon viso a cattivo gioco. Teniamola dalla nostra parte, sono certo che potrà essere d’aiuto. Faremo in modo che ci sia d’aiuto Elena, hai la mia parola.” Sorrisi. “Mi basta..” affermai con finta aria di sufficienza, e lui ghignò. Poi gli raccontai delle telefonate e che, entro sera, probabilmente saremmo stati già tutti. “Perfetto” disse lui, soddisfatto “allora già da domani potrei svelarvi cos’ho in mente.” “Bene, attenderò con ansia” conclusi il discorso, alzandomi, e andando verso il bagno. Avevo decisamente bisogno di una doccia calda per scrollarmi di dosso quel senso di spossatezza che avevo addosso. Era solo primo pomeriggio, in fondo!


Angolino dell’autrice :)

Ciao a tutti! Allora, sono in ritardo mostruoso, lo so, ma tra medici e esame di riparazione di fisica ho avuto davvero poco tempo da dedicare al capitolo! Chiedo perdono e vorrei potermi scusare col capitolo, ma purtroppo non è un granché T.T E’ più una cosa di passaggio, in cui ho affrontato diversi punti di vista per far capire meglio le sensazioni contrastanti che comunque attraversano i nostri protagonisti quando vengono richiamati a Mystic Falls e anche perché così potevamo dare uno sguardo alle loro vite lontano da casa, che sono decisamente tranquille e spensierate. Sono spudoratamente Forwood, non so se si è notato :P Il finale era per riagganciarci al capitolo precedente, Elena non ha reagito bene all’arrivo di Katherine, ma chi può biasimarla? Ovviamente, se l’è presa con quel poveraccio di Damon xD che però è riuscito a farle capire perché ha scelto di includerla nel gruppo e allora poi hanno fatto pace, come sempre. Bene, spero non mi vogliate a male per questa mia mania, ma mi piaceva in un momento importante (per quanto possa essere importante una telefonata D:) vedere come lo stavano affrontando tutti. Succederà ancora più avanti, nel corso della storia. Nonostante il capitolo estremamente palloso (si, so che lo è, perdonatemi T.T) spero che qualcuno avrà il buon cuore di lasciarmi una recensioncina, anche striminzita. Mi farebbe molto piacere ^_^ E come sempre ringrazio con tutto il cuore tutte le persone che hanno aggiunto la storia tra ricordati/seguiti/preferiti e quelli che mi hanno recensito lo scorso capitolo, vi adoro ogni giorno di più <3 Un bacione e al prossimo capitolo, prometto che sarà più intenso e scopriremo qualcosa in più su questo fantomatico piano di Damon ;)

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Capitolo 9
*** Capitolo 8 - The plan ***


POV Elena

Erano arrivate le nove di sera, quando finalmente anche Tyler e Caroline varcarono la soglia di casa Salvatore. Caroline si precipitò ad abbracciarmi (o per meglio dire a stritolarmi), la strinsi forte anch’io, mi era mancata tremendamente in quegli anni. “Scusate il ritardo,” udii Tyler che si spiegava “ma qualcuno ha dovuto scegliere molto accuratamente cosa infilare nelle valigie!” E, anche se non riuscivo a vederlo avvinghiata così a Caroline, ebbi l’impressione che alzasse gli occhi al cielo. Mi aprii in un sorriso sincero, che si trasformò in una risata quando lei, sciolto il nostro abbraccio, gli rivolse un’occhiataccia ed esclamò “Non torniamo certo qui tutti i giorni! Dovevo portare i vestiti adatti! E il mio asciugacapelli era indispensabile!” Non erano cambiati per niente! Per un istante mi sentii come se non fossero mai partiti e dimenticai il motivo per cui erano dovuti tornare, sostituito solo da una sensazione di serenità che mi invase l’animo.
Ma un leggero colpo di tosse mi riportò coi piedi per terra. Jeremy, che era arrivato solo qualche ora prima, e Damon stavano in piedi, a braccia conserte, l’uno con lo sguardo divertito l’altro leggermente seccato. Eravamo in ritardo sulla tabella di marcia, a quest’ora Damon avrebbe già dovuto essersi procurato ciò che gli serviva, ma io gli avevo impedito di parlare con qualunque essere sovrannaturale tramite Jeremy se prima non arrivava l’ultimo pezzo della combriccola. Katherine non si era fatta vedere tutto il giorno e qualcosa mi disse che stava recuperando qualcosa per Damon. “Allora, se abbiamo finito coi convenevoli,” prese la parola lui, in quel momento “dobbiamo discutere di alcune cose. In particolare, visto che ci avete graziato con il vostro arrivo, avrei bisogno che Jeremy contatti qualcuno per me, col vostro permesso.”
Quanto poteva essere irritante quel vampiro? Lo fulminai con un’occhiata, ma vidi Caroline sorridere e avviarsi verso il salotto, come se la casa fosse sua. “Ciao anche a te, Damon, bello rivederti!” esclamò tutta soddisfatta. Pareva contenta di averlo seccato. Alzai gli occhi al cielo, con un sorriso. Caroline era sempre la solita! Ci accodammo a lei nell’altra stanza, ognuno si sistemò su un divano o una poltrona e tutti osservammo Damon, in attesa. Jeremy era alquanto nervoso, avevamo avuto tempo di spiegargli per bene tutta la situazione e capiva quanto il suo intervento fosse importante. Aveva addirittura tentato di convincermi a farlo restare per combattere, ma si era convinto di essere inutile quando Damon, senza mezzi termini, l’aveva definito d’intralcio per la buona riuscita del nostro piano. Jeremy è sempre stato un fratello protettivo, e infatti ha cercato di convincerlo a farlo restare per proteggere me, ma nulla ha potuto controbattere quando lui gli ha fatto notare che adesso sono un vampiro e non ho bisogno della protezione di nessuno. Da un lato mi dispiacque per lui, sembrava abbattuto di non poter essere più d’aiuto di così, dall’altro mi sentii orgogliosa di quello che aveva detto Damon. Era vero, potevo benissimo proteggermi da sola.
Dopo qualche attimo, Damon prese la parola e si rivolse a Jeremy “Bene, piccolo Gilbert, concentrati bene su Alaric e richiama il suo spirito, o qualunque cosa tu faccia.” Gli occhi mi si spalancarono e la mascella mi cascò. Alaric?! Cosa diavolo poteva avere Alaric che potesse aiutarci in questa situazione? Guardai gli altri, che pure erano rimasti interdetti, ma nessuno osava fiatare. Jeremy sembrò sul punto di contraddirlo, ma poi ci ripensò, richiuse la bocca e chiuse gli occhi un attimo. Quando li riaprì, fissò un punto alla destra di Damon. “E’ qui” disse solo.

POV Jeremy

Feci come Damon mi aveva chiesto e mi concentrai sul ricordo che avevo di Alaric. Riaprii gli occhi, che avevo puntati sul vampiro, e lo vidi. Era in piedi, accanto a lui, che lo guardava con una strana espressione. Possibile che sapesse già che lui voleva parlargli. In fondo, i fantasmi rimangono in questo mondo ad osservarci. Se Alaric stesse osservando anche Damon? “E’ qui” soffiai, tenendogli gli occhi addosso. Voltò la testa nella mia direzione e mi sorrise. “Ciao Jer, è un po’ che non ci si vede. Quando sei partito, io sono rimasto qua.” Aprì le braccia e alzò le spalle, come a dire che non poteva evitarlo. Sorrisi di rimando. “Non preoccuparti” risposi, mentre Damon prorompeva “Rick! Ho bisogno che tu mi dica una cosa!” Con una smorfia, lo spirito tornò a guardare Damon “E la cosa mi preoccupa non poco, amico!”
Sghignazzai, procurandomi un’occhiata di Damon, poi gli dissi “Ti ascolta, domanda pure.” “Bene, allora amico, ricordi quando eri uno solo e non c’erano alter ego psicopatici che volevano impalettarmi? Bei tempi eh?” Con quel preambolo, Rick si fece scuro in volto e sputò un “Coglione!” prima di sorridere. Probabilmente per lui quel lato di Damon non era una novità, anzi. Notai che si definivano ancora entrambi amici, segno che il loro legame era più profondo di quanto pensassi e anche che quella brutta storia non l’aveva affatto scalfito. Il vero Alaric voleva bene a Damon e anche lui doveva sentire qualcosa di simile all’affetto per lui. “Comunque,” continuò il vampiro, allargando le braccia e muovendo qualche passo “c’era una cosa che ti affidai durante quei tempi, un altro famosissimo diario, che avevo sgraffignato a una strega oscura in un’altra epoca, ricordi? E ti ho chiesto di nasconderlo in un posto sicuro, dove nessuno potesse trovarlo, fino a quando non sarebbe potuto esserci utile. Ecco, il momento è arrivato!”
Un diario? Come quello dei Gilbert? Accidenti, quegli affari erano sempre tremendamente utili. A quanto pareva le informazioni che ve ne si ricavavano non smettevano mai di darci un mano. Guardai Alaric, che aveva aggrottato le sopracciglia e stava riflettendo. Il volto gli si illuminò per un attimo, prima di rivolgersi a me. Annuii, poi dissi a Damon “Saliamo di sopra, solo noi tre. Alaric dice che dobbiamo andare in camera di Stefan.” Damon sembrò rimanere basito da quella risposta, e stava per protestare, quando Elena disse sottovoce “Vai e basta”, guardandolo implorante. Quello bastò a fermare la critica di Damon, che si limitò a sbuffare scocciato, camminando verso le scale.
“Ok, siamo qui Rick!” esclamò pochi minuti dopo, chiudendosi dietro la porta della camera del fratello. “Adesso puoi smetterla di giocare e dirmi chiaramente dov’è quel diario!?” Alaric lo guardò, sorridendo quasi nostalgico, forse divertendosi della sua irascibilità. “Mi manca anche quest’aspetto di lui, per quanto sia irritante” mi confermò poco dopo, io mi limitai ad annuire. “Prova in mezzo ai vecchi diari di Stefan” aggiunse poi, con l’ombra di un ghigno sulle labbra. Comunicai il suggerimento a Damon, che strabuzzò gli occhi. “Sul serio Rick?! Tra i vecchi diari di Stefan?!” quasi urlò esasperato, poi cominciò ad esaminare una specie di piccolo armadio, ingombro di libricini rilegati in pelle che, immaginai, altro non erano che i diari di Stefan di tutti quegli anni. Deglutii, immaginando quante cose quei diari dovevano contenere. 146 anni non erano pochi da raccontare!
“Davvero simpatico, peccato solo che Stefan avrebbe potuto tranquillamente prendere e bruciare tutto questo malloppo di roba, lasciandoci in grossi guai adesso!” continuò a sbraitare il vampiro, mentre Alaric ridacchiava. “Però non è successo” dissi io, aggiungendo, quando Damon mi guardò con sguardo truce “Parole sue!” Roteò gli occhi, poi si rituffò nell’armadio, senza risparmiarsi un “Sei un coglione, Rick!” prima. Ma potrei quasi giurare di averlo visto sorridere. Dopo qualche tempo sbuffò, insoddisfatto, e si guardò intorno più volte, a pugni serrati, quasi volesse trovare Alaric per picchiarlo. “Un nascondiglio un po’ più originale, dove sarebbe stato l’unico diario no?!” Ridacchiai della risposta ironica di Rick, poi riferii “Devo ricordarti i tuoi nascondigli geniali? Un portasapone per la pietra di luna e il contenitore della legna da ardere per il paletto di quercia bianca? Ho preso esempio!” Damon parve voler ribattere, poi scosse la testa, stanco e si limitò a un “Touchè!” tornando nel suo armadio.
Ci vollero altri dieci minuti, prima che Damon riemergesse, apparentemente stanco ma con stretto in mano un libretto forse poco più piccolo degli altri, rilegato in pelle nera. “Trovato!” esclamò trionfante, poi si rivolse al vuoto “Grazie Rick. Ti offrirei da bere, ma qualcosa mi dice che non sei nelle condizioni di accettare.” Alaric, a quella provocazione, non poté che rispondere usando termini che preferii evitare di riferire. Il concetto base era “Di nulla, bastardo”. Mi chiesi vagamente se il loro insultarsi a vicenda non fosse un modo per dimostrarsi affetto, ma decisi di non indagarci troppo su.
A un tratto l’espressione di Damon perse vivacità, solo per qualche attimo, il necessario per comunicarmi “Bene, Jer, hai fatto il tuo dovere, qui si ferma la tua parte nel piano. Ciao, Rick.” E scese le scale. Guardai Alaric per un attimo, aveva gli occhi addolorati, anche se cercava di nasconderlo con un sorriso nostalgico. Ero incerto su cosa dire, ma lui mi anticipò “Ciao Damon. Mi manchi anche tu, amico.” Si voltò verso di me e il suo sorriso si allargò “Sei cresciuto Jeremy. Stai diventando più responsabile e più uomo. Continua a prenderti cura di tua sorella e a vivere la tua vita. Te la sei meritata.”
“Rick..” Non so bene come avessi intenzione di continuare, sentivo come un groppo in gola. Non era tanto forte da cominciare a piangere, quello mai, ma mi bloccava le parole. “Mi mancate anche voi, Jer,” mi anticipò di nuovo, dando voce ai miei pensieri “ogni giorno. Continuerò ad esserci, ogni volta che vorrai. Ora però devo andare.” Così dicendo si dissolse, com’era arrivato, in un battito di ciglia. Sospirai. “Grazie di tutto, Rick” Le mie parole risuonarono nella stanza ormai vuota. Mi avviai verso le scale da cui era sceso Damon poco prima, chiudendomi la porta alle spalle.

POV Elena

Quando Damon scese finalmente le scale, seguito dopo pochi minuti da Jeremy, mi sembrava passata un’eternità. Avevo cercato di affinare l’udito per cogliere la conversazione al piano di sopra, e mi era parso di capire che il diario era proprio dentro la stanza di Stefan. Anche se ancora non sapevo nulla di questo né di come avrebbe potuto aiutarci. Fu Damon a chiarire i dubbi che aleggiavano quasi concreti nella stanza. “Bene, missione compiuta!” affermò soddisfatto, buttandosi su una poltrona e versandosi del bourbon, tenendo stretto in mano un libricino nero dall’aria antica e consunta. “Questo,” cominciò a spiegare, con gli occhi di tutti puntati addosso “a dire il vero, non è proprio un diario. Chiamiamolo più un giornale di bordo. Vi spiego meglio: è magico. O più propriamente sotto incantesimo. Un incantesimo oscuro. Vedete,” si concesse un altro sorso, prima di continuare “le streghe oscure hanno regole diverse rispetto a quelle buone. Possono avere accesso a una varietà più ampia di incantesimi e non devono sottostare alle leggi della natura. Non hanno il compito di mantenere alcun equilibrio, anzi, loro gli equilibri li sconvolgono. Questo diario apparteneva a una di loro. Il suo nome è Eveline. È una delle streghe più malvagie e crudeli che io abbia mai incontrato, anche se è dannatamente sexy…” Non potei fare a meno di lanciargli un’occhiata omicida, notando la vena maliziosa e compiaciuta nel suo tono di voce.
“Ad ogni modo, ha lanciato un incantesimo su questo diario, in modo che registrasse i suoi spostamenti man mano che li compie. Doveva originariamente essere per il suo ragazzo, ma il giovane lo smarrì per una serie di coincidenze e non riuscì più a ritrovarlo da nessuna parte. Questo accadde il giorno in cui i fratelli Salvatore lasciavano Firenze, luogo in cui questa giovane coppia innamorata soggiornava. Il resto è storia.” Poi si fece serio “Penso avrete capito che intendo rintracciare Eveline e convincerla ad aiutarci. Non sarà semplice, ovviamente, ma deve un favore a Stefan e penso che sia ora di andarlo a riscuotere. L’oscurità, per quanto possa essere paradossale, può sconfiggere l’oscurità. Deve solo essere oscurità più pura e meglio controllata. Se Eveline combatte contro Bonnie può capire come ha fatto Klaus a liberare il suo lato oscuro e forse può confinarlo di nuovo nei meandri della sua personalità. In altre parole, Eveline potrebbe riportare Bonnie dalla parte del bene. A quel punto, Klaus sarebbe da solo e noi potremo sopraffarlo. Fine dei giochi” concluse, con un ghigno soddisfatto. Ma c’erano ancora troppe cose che dovevamo sapere.
“Come facciamo con la storia della linea di sangue?” Caroline diede voce ad uno dei miei dubbi, ma Damon non pareva preoccupato da quella questione. “Come vi ho detto, Eveline è molto potente. Proprio adesso, Katherine..” “Chi?!” lo interruppe Caroline, quasi isterica, e dovemmo darle il tempo di assimilare e accettare la notizia che Katherine faceva parte del nostro gruppo. Avevo completamente dimenticato anche solo di accennare a questo fatto. Quando finalmente si calmò un po’, Damon poté continuare “Come dicevo, Katherine sta recuperando un grimorio oscuro. È un po’ diverso da un normale grimorio, perché gli incantesimi oscuri sono un po’ diversi. La maggior parte di essi, non sottostando a regole, sono detti Inscindibili. Nel senso che non possono essere spezzati. Ci sono delle eccezioni, non molte, ma ci sono. Un grimorio oscuro riporta praticamente solo il modo di effettuare l’incantesimo ma niente su come rescinderlo. Perciò solitamente si cerca di evitare gli incantesimi oscuri, possono essere molto pericolosi. Ma sono anche veramente potenti e possono permetterti di fare quasi tutto. Uno di questi grimori, quello che appunto Katherine mi porterà, contiene un incantesimo per slegare la nostra discendenza da Klaus e legarla a un altro Originale. L’unica falla in questo piano è che non so a quale Originale sia meglio legarci, se Elijah, Rebekah o Kol. Ma immagino che potremo preoccuparcene più avanti. Intanto devo convincere Eveline ad effettuarlo. C’è bisogno di potere oscuro molto concentrato ed è abbastanza pericoloso per chi lo esegue, se non è molto esperto. Ma lei lo è, e poi è l’unico modo che abbiamo, ora come ora, per avere una chance di uccidere Klaus senza rimetterci tutti le penne.” Durante tutto lo sproloquio di Damon eravamo rimasti in religioso silenzio, quasi timorosi di esprimere dubbi o sconcerti. Perfino Caroline non aveva più avuto niente da ridire. E in quel silenzio momentaneo, qualcosa di molto simile alla speranza mi scaldò il petto. Forse potevamo davvero riuscire a eliminare Klaus una volta per tutte. Potevamo sconfiggerlo e riprenderci Stefan. Non volendo, Damon mi aveva anche chiarito un altro dubbio. Ora sapevo come poteva essere sicuro che l’incantesimo sul diario non fosse stato spezzato. Lo guardai, probabilmente la speranza doveva essere palese nei miei occhi, perché mi sorrise incoraggiante.
Caroline fu la prima a riprendersi e chiese, nervosa “E quell’..uhm..incantesimo per..slegarci da Klaus...può valere anche per..slegare da Klaus una sua…creatura?” Tutta quell’esitazione non era certo da lei, ma capii subito cosa intendeva. Era preoccupata per Tyler. Ma Damon sembrò aver pensato incredibilmente anche a quello “Se partecipa all’incantesimo anche il tuo cagnolino, sì, può slegarsi anche lui da Klaus e quindi rimanere vivo anche quando il suo padrone dirà ciao ciao a questo mondo!” e le fece un occhiolino, spavaldo e arrogante. Perfettamente alla Damon. Caroline sorrise, quasi estasiata, e senza badare alla provocazione di Damon o a noi, si tuffò su Tyler, baciandolo appassionatamente. Mi sentii subito in imbarazzo, mentre Jeremy si voltava ed esclamava “Trovatevi una stanza!” Damon aveva una smorfia infastidita, ma teneva lo sguardo fisso su di me. Gli sorrisi, per la prima volta davvero serena da quando era tornato. Era solo questione di tempo e poi avremo agito. Stavolta eravamo un passo avanti al nemico.

Angolino dell'autrice :)

Salve ragazze, come state?? Oggi ho ricominciato quella gran rottura della scuola T.T E ovviamente, a risentirne, sarà la mia vena di scrittrice!! Ma non preoccupatevi, non abbandonerò la storia, anzi, mi ci dedicherò ogni qualvolta mi sarà possibile. Però volevo avvisarvi che, a causa di questo fatto, non potrò più aggiornare molto spesso durante la settimana, tenterò di aggiornare due volte o al minimo una ogni settimana, non meno ma neanche più. Avrei voluto davvero essere più avanti a quest'ora >.< Beh, comunque, veniamo al capitolo. Non c'è molto da spiegare, come promesso qui conosciamo finalmente il vero piano di Damon, che coinvolge una strega oscura che lui ha già conosciuto in passato insieme al fratello, che a quanto pare le ha fatto un bel favore. Presto scopriremo anche quale!! ^^ Tutte le informazioni sulle regole dell'oscurità e sui grimori oscuri sono frutto della mia mente bacata, ho pensato di giocarci un po' visto che non abbiamo ancora informazioni riguardo la magia nera da queste stagioni :P Spero che l'idea sia di vostro gradimento!! Bene, ora vi lascio, invitandovi come al solito a lasciarmi qualche opinione, sul capitolo e sulla storia in generale. Mi spronano più di quanto possiate immaginare *_* Il solito super ringraziamento a chi ha già recensito, a chi continua a farlo ogni volta e a chi ha inserito la storia tra preferiti/ricordati/seguiti <3 A prestissimo col prossimo capitolo!! :)

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Capitolo 10
*** Capitolo 9 - Something change ***


POV Elena

Da quando Damon ci aveva spiegato il suo piano, si era rintanato nella sua camera, col diario oscuro e non ne era più uscito. Speravo almeno che avesse dormito un po’. Era ormai ora di pranzo e ancora non si faceva vedere, mi ero preoccupata ma, bussando alla sua porta, mi aveva risposto solo con uno scocciato “Sono vivo, non mi serve niente, scenderò io quando sarò pronto!”, ancora prima di sapere chi fossi. Rinunciai, alquanto infastidita dal suo comportamento.
La mattina non era stata facile per me: Jeremy era dovuto ripartire, accompagnato da Tyler, che aveva insistito per accompagnarlo, sostenendo che in due sarebbero stati più al sicuro. Il solo pensiero di stare tramando contro Klaus ci aveva fatti tornare immediatamente vigili, pronti a guardarci le spalle. Io e Caroline non avevamo avuto niente da ridire, così avevo stretto Jeremy in un abbraccio, rassegnandomi al fatto che non l’avrei rivisto per chissà quanto tempo. Promise di chiamarmi presto e io ricambiai promettendogli che l’avrei tenuto informato sull’andamento delle cose. Aveva praticamente preteso almeno quello, visto che si era messo a disposizione e poi era stato costretto ad andarsene.
Ero rimasta sul divano da quando erano usciti, con gli occhi vacui, persa nei miei pensieri. Caroline tentò di rassicurarmi, mi disse che sarebbe andato tutto bene, che Jeremy era al sicuro, che l’avrei rivisto presto e tante cose simili e io tentai in ogni modo di sorridere, mentre in realtà avevo il cuore stretto in una morsa. Non era Jeremy che mi preoccupava in quel momento. Ma un’altra partenza, che sarebbe avvenuta presto.
In quel momento, mentre io e la mia amica stavamo ancora parlando, uno scampanellio ci costrinse ad interromperci. Caroline aprì e subito assunse un’aria scocciata. “Che cosa vuoi?” La mia voce mi arrivò alle orecchie in tutta risposta, chiara e forte “Ciao anche a te Caroline, è permesso o preferisci attaccarmi? Potrebbe essere divertente..” Anche se non potevo vederla, ero sicura che Katherine avesse increspato le labbra in un sorriso di scherno. L’ostilità di Caroline era palpabile, ma si costrinse a un sospiro e si fece da parte, permettendomi finalmente di osservare la mia copia, in abiti stretti e provocanti, varcare la soglia con un librone nero, dall’aria antica.
“Non morde Gilbert, tranquillizzati!” esclamò, notando il mio sguardo fisso su di esso. Alzai gli occhi e la guardai, ma prima che potessi realmente risponderle, si congedò dirigendosi di sopra. Da Damon elaborò subito la mia mente, proseguendo con un In bocca al lupo, ti rimanderà a calci da dove sei venuta!
Ma, incredibilmente, sentii invece il vampiro aprire la porta, lasciarla entrare e richiuderla. Una rabbia sorda e improvvisa mi esplose nel petto e desiderai strappare qualcosa a Katherine prima, che arrivava lì e poteva fare ciò che io bramavo dalla mattina, come se le fosse dovuto e a Damon poi, che glielo permetteva.
Solo dopo qualche secondo mi resi conto di quali pensieri avessi formulato e scossi la testa, scossa. Che diavolo mi prendeva? Nel frattempo, Caroline era tornata vicino a me, imprecando contro Katherine e la sua sfacciataggine. Non la stavo realmente ascoltando, cercavo di cogliere qualcosa della conversazione di sopra, ma i due sussurravano appena.
Alla fine li vedemmo scendere le scale, Katherine davanti e Damon a seguirla, con una specie di valigia in mano. Il cuore mi sprofondò di qualche altro metro nel petto, mentre distoglievo lo sguardo e cercavo di concentrarmi su tutto, meno che sul mormorio di Damon all’orecchio della vampira, ma la risposta di lei giunse limpida, nonostante gli sforzi “Ti aspetto in macchina.” Poi uscì, senza degnare noi due di uno sguardo.
Damon si avvicinò al divano, tenendo gli occhi fissi su di me, che ancora evitavo il suo sguardo. Caroline ruppe il silenzio, sostenendo di aver bisogno di sangue, e sparì. Avrei dovuto ucciderla, quando fosse tornata. “Elena?” mi chiamò Damon, un po’ esitante, sedendosi accanto a me. Non risposi, strinsi le labbra e continuai a guardare testardamente davanti a me.
Lui sospirò, ma non si diede per vinto. “Sto partendo, starò via per qualche giorno. Devo arrivare a New Orleans.” Si fermò, aspettandosi forse una reazione, ma io continuai a tacere, seppur il mio fastidio crebbe. Erano 15 ore dalla Virginia. 15 ore in macchina con Katherine. “Elena, andiamo! Lo so che riappaio solo adesso, da ieri sera, ma ricostruire gli spostamenti di Eveline mi aiuterà a capire che genere di ambienti frequenta, potrò trovarla più facilmente e tornerò prima! Era l’unica cosa utile che potessi fare mentre Katherine mi procurava il grimorio! Non potevo perdere tempo, ecco perché ho evitato di avere contatti con chicchessia..” A quel punto dovetti interromperlo, per forza di cose “A parte Katherine, ovviamente!”
Mi girai per la prima volta verso di lui, per guardarlo negli occhi e lo trovai con la fronte aggrottata, sinceramente confuso. “Beh, avevo bisogno del grimorio che Katherine mi ha portato per partire, era l’unico tassello mancante..Aspetta, che intendi con ovviamente!?” Mi guardò con sospetto e quasi fastidio, ma io scossi la testa e minimizzai “Niente..”, enfatizzando la parola con un gesto della mano. Mi resi conto di quant’ero stata stupida e infantile. Katherine probabilmente stava spiegando a Damon qualcosa di importante su qualche incantesimo là dentro, era ovvio che lui l’avesse fatta entrare e avessero parlato. Abbassai lo sguardo e sussurrai delle scuse.
Quando lo rialzai, notai che mi osservava attentamente e sembrava stesse riflettendo su qualcosa. Cercai di distoglierlo dai suoi pensieri, avevo il terribile presentimento che non mi sarebbe piaciuto dove le sue macchinazioni sarebbero andate a parare.
“Allora, mi dicevi, New Orleans eh?” Annuì, poi mi spiegò “Eveline ama molto la musica. C’è un quartiere particolare lì, dove diversi musicisti si esibiscono in strada. Si chiama French Quarter. Pare che sia lì che alloggia in questo periodo. Andrò a cercarla, non ci vorrà molto” E fece il suo solito sorrisino arrogante.
Ebbi come l’impressione che Damon conoscesse questa strega più di quanto mostrava. Una nuova ondata di fastidio mi travolse, ma la scacciai velocemente, tentando di concentrarmi sulla situazione. “E…come mai non vai più da solo?” Lui tornò confuso “Che intendi dire?” Mi morsi le labbra, cercando di evitare la domanda diretta “Beh, quando mi avevi parlato della ricerca di questa strega, mi avevi detto chiaramente che non volevi compagnia” Aggrottò la fronte di nuovo “E infatti è così, andrò da solo.”
Lo guardai, quasi con scetticismo, e vidi i suoi occhi illuminarsi, di comprensione e divertimento e le sue labbra distendersi in un sorriso soddisfatto. Era bellissimo. “Elena Gilbert, mi stai chiedendo se vado con Katherine? Sei gelosa?” Gli lanciai un’occhiata omicida e lo spintonai, dicendo forse troppo in fretta “Certo che no! Perché dovrei? Mi chiedevo solo come mai avessi cambiato idea, di solito quando sei convinto di una cosa non demordi per niente e nessuno!” Lui continuò a sorridere sornione, poi mi spiegò che Katherine era diretta più avanti di New Orleans e che gli avrebbe semplicemente dato un passaggio.
Non potei nascondere il sollievo e mi aprii in un sorriso luminoso, che lasciò Damon di stucco. Mi carezzò una guancia lentamente, dal mento in su, un tantino insicuro, con uno sguardo quasi venerante. Sembrava in un universo a sé stante, gli occhi erano lontani, anche se guardavano il mio volto, e in particolare le mie labbra, con immenso desiderio. Mi ritrovai, senza sapere come, a schiuderle, sentivo il cuore accelerare e i brividi crescere, il sorriso sollevato aveva lasciato posto a desiderio malcelato, non troppo dissimile dal suo.
I nostri sguardi erano incatenati, anche se i suoi occhi guizzavano rapidamente dai miei alle mie labbra, sembrava volesse chiedermi il permesso. Il mio cervello aveva smesso di funzionare già al contatto della sua mano con la mia pelle, e cominciai ad avvicinarmi, esitante, soffermandomi anch’io sulle sue labbra piene e, sapevo, morbide, poi tornando all’azzurro ghiaccio degli occhi, che ora parevano ardere. Avvicinò anche lui il volto al mio, ormai ci separavano solo una decina di centimetri, e mi ritrovai ad aspettare quel contatto, a bramarlo come un assetato brama l’acqua. Scordai dov’eravamo, cosa stesse succedendo, scordai tutto e rimanemmo solo io e lui, sempre più vicini. Sentii il suo odore dolce e deciso inondarmi le narici e attesi solo il piacere, sentendo le sue labbra sfiorare le mie.
Un colpo di tosse abbastanza plateale ci fece scostare bruscamente. Caroline ci stava osservando, con uno sguardo strano, dicendo solo “Katherine comincia a spazientirsi, Damon. Lo ha fatto chiaramente intendere.” Lui annuì, mi lanciò uno sguardo fugace, trovandomi praticamente pietrificata, poi andò via in silenzio. Appena uscito, Caroline mi guardò, preoccupata e leggermente irritata. Non mi fece una ramanzina, ma mi destabilizzò con una sola frase “Che stai combinando?” Non lo so, Care. Davvero non ne ho idea. La guardai negli occhi, finalmente libera da quell’immobilità nella quale ero caduta mentre il mio cuore tornava a battere normalmente e i muscoli smisero di essere come gelatina. Prima che potessi parlare, lei si avviò verso la cucina, probabilmente per prendere qualcosa da bere. Sentii il cellulare vibrarmi in tasca, era un messaggio. Di Damon. Tornerò presto. Stai attaccata a Barbie e non farle trasformare casa mia nella sua reggia colorata. Sorrisi dolcemente, mio malgrado. Sta attento gli risposi solo.
 
POV Damon

Appena uscito di casa, mi permisi un lungo respiro profondo, per schiarirmi la mente. Io ed Elena ci eravamo quasi baciati. Mancavano pochi millimetri e le nostre labbra si sarebbero incontrate, per la prima volta dopo più di quattro lunghi anni. Il pensiero di quel bacio mancato mi irritava enormemente ma mi confondeva anche.
Era stata lei ad avvicinarsi per prima. Quando mi ero reso conto che stava facendo quello che io stavo immaginando di fare, ero rimasto basito e avevo esitato. Ma era stato solo un secondo, poi la voglia di lei aveva avuto il sopravvento e mi ero avvicinato, lentamente, per darle il tempo di cambiare idea. Invece i suoi occhi erano pieni di desiderio e di aspettativa. Avrei dovuto cogliere l’attimo, essere più rapido, ma un bacio come quello, se fossimo riusciti a darcelo, c’avrebbe tolto il fiato. Sarebbe stato diverso dalle altre volte. Più intimo, più importante. Più profondo.
In un impeto di frustrazione, tirai un pugno contro il muro della casa, rischiando di lasciare un buon buco. Poi, nervoso e irritabile, mi avviai verso la macchina, dove Katherine mi attendeva lievemente infastidita. “Finalmente!” esclamò, lanciandomi le chiavi. Senza dire niente, salii al posto del guidatore, misi in moto e partimmo.
“Spero che quest’attesa sia coincisa con un lungo addio, colmo di sentimento, baci e abbracci!” cominciò a provocarmi spudoratamente, ma continuai a ignorarla, limitandomi a un freddo silenzio furioso, con ancora la sensazione delle labbra di Elena tanto vicine alle mie.
Lei, in tutta risposta, inarcò lievemente le sopracciglia “Che c’è, Elena ti ha consumato la lingua?” Strinsi le mani sul volante, fino a farmi sbiancare le nocche, poi sibilai a denti stretti “Sono 15 ore di viaggio Katherine, cerca di lasciarmi in pace, va bene?!” Fece una risatina “Che scortesia verso una donna che ti fa un favore! Non sembri proprio il gentiluomo del 1864. La piccola Gilbert ti ha lasciato di nuovo in bianco, eh? Forse posso fare qualcosa..” Allungò una mano, per carezzarmi un braccio, ma io la scansai ancor prima che lo raggiungesse, quasi disgustato.
“Sul serio, lasciami in pace!” sbottai, fissando la strada come se mi avesse fatto un terribile sgarbo. Lei sospirò “Come sei noioso..” poi si concentrò sul panorama fuori dal finestrino. Sospirai, tentando di calmare la rabbia che ancora bolliva forte e prepotente nel mio corpo. Decisi di mandare un messaggio ad Elena, cercando di alleggerire la cosa, di farla apparire poco importante per me.
Magari fosse stato così. Ma non avrei sopportato di tornare e vederla evitarmi, per un qualcosa che nemmeno era accaduto. Mi rispose dopo pochi secondi. Sta attento. Osservai il messaggio per qualche attimo, poi sorrisi compiaciuto. Forse non se ne sarebbe pentita stavolta. Forse era cambiato qualcosa, qualcosa che io non avevo notato. Avremmo salvato Stefan e poi, chissà, forse quello che avevo letto negli occhi di Elena durante il nostro quasi bacio sarebbe rimasto lì, non avrebbe tentato di nasconderselo di nuovo. Con una nuova speranza nel cuore, che ora era sicuramente più leggero, mi concentrai sulla strada e sulla mia missione.
 
Angolino dell’autrice :)
Ciao a tutte ragazze! Allora, prima cosa, perdonatemi per tutto il tempo che ci ho messo per questo capitolo, ma non mi convinceva. E, sinceramente, non mi convince neanche ora >.< Sono abbastanza negata per le scene romantiche, perdonatemi!! Veniamo a noi. Parallelamente alla storia principale, quella della battaglia con Klaus, si sta sviluppando la parte Delena di questa long. Ne avevamo avuto un assaggio durante il loro intenso scambio di sguardi qualche capitolo fa, e ne abbiamo una dimostrazione più palese ora. Qualcosa è cambiato in Elena, Damon non sa quando né come, ma adesso che se n’è accorto, sta ricominciando a sperare. Nonostante tutti i rifiuti, lui ama ancora Elena più di ogni altra cosa e, al solo dubbio che i suoi sentimenti per il fratello possano essere affievoliti, non solo per colpa dell'ibrido, Damon si rimette in gioco e decide di rischiare, sperando di nuovo. Beh, spero davvero che il capitolo non faccia troppo schifo T.T è il primo che mi tiene ferma così a lungo, ma amen, meglio di così non riesco a farlo uscire. Mi auguro che qualcuna avrà la forza d’animo di commentare, anche se è un obbrobrio ._. Un bacione enorme a chi lo farà, ma anche a tutti i lettori silenziosi e alle splendide persone che hanno inserito la storia tra preferiti/ricordati/seguiti. Non mi sono scordata di voi, se continuo il merito è vostro <3

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Capitolo 11
*** Capitolo 10 - Flashbacks from another life ***


POV Esterno

“Sul serio, Damon, smettila di bere. È il quinto bicchiere!” Uno Stefan quanto mai corrucciato e scocciante, con un cipiglio vagamente preoccupato, osservava il fratello, intento a ingollare bourbon come se non ci fosse un domani. Erano passati quasi trent’anni dall’ultima volta che si erano visti, nel 1864, perciò aveva accettato di buon grado quando lui gli aveva proposto di bere qualcosa. Ma mai avrebbe immaginato che si sarebbe lasciato trasportare così tanto. Forse avrebbe dovuto aspettarselo, in fondo, era pur sempre Damon.
Adesso gli rivolgeva un’occhiata vacua, quasi come se non stesse guardando lui, con occhi chiaramente annebbiati dall’alcol. “Fratellino..” biascicò, cercando di suonare minaccioso “siamo qui da poche ore, è notte e non posso nutrirmi, per adesso. Lasciami in pace!” Poi si alzò, barcollando, dalla panca su cui era buttato e diede un piccolo schiaffetto sulla guancia a Stefan. “Siamo d’accordo?” Odiava vederlo così. In silenzio, osservandolo tornare nella posizione di poco prima, si diresse fuori del locale dove si trovavano.
 Era poco più che una specie di bettola, ma l’avevano preferita a tanti locali molto più signorili, per il semplice fatto che non amavano particolarmente quel genere di posti. Si sentivano più a loro agio in un luogo rumoroso e in cui le risse non fossero considerate inammissibili. Quando lui e suo fratello passavano del tempo insieme, non si poteva mai dire come la serata sarebbe finita.
Il freddo pungente della serata invernale lo rinfrescò piacevolmente. Si permise una lunga boccata d’aria e fece qualche passo lungo la via, osservando Firenze immersa nell’oscurità. La luna splendeva alta nel cielo, illuminando gli alti edifici squadrati, in mattoni ocra, rosa o porpora, rendendoli festosi anche in quel buio. La locanda che avevano scelto sembrava l’unico negozio rimasto aperto nel giro di isolati, e Stefan si chiese se suo fratello non avesse soggiogato il proprietario per questo. Era veramente tardi, non c’era una singola persona in giro. Non che gli dispiacesse, da quando era vampiro, non poteva fidarsi troppo di sé stesso. Preferiva evitare la compagnia delle persone, specialmente le donne, il cui sangue aveva fatto gola al vampiro sin dalla trasformazione. La sua prima vittima era stata proprio una giovane. Scosse la testa a quei pensieri, ritrovando il senno proprio nel momento in cui una carrozza giungeva piano, fermandosi a pochi metri da lui.
Ne scese una ragazza dall’aria distinta, con un lungo abito da sera, stretto in vita e largo ai piedi, probabilmente in seta, che le lasciava scoperto il collo e parte del busto. Aveva la pelle bianca come porcellana, che contrastava deliziosamente con le labbra piene, tinte di rosso. Il vestito stesso era ricamato con fiori rossi su sfondo nero. La cosa che più colpì Stefan, che era rimasto immobile con le labbra leggermente schiuse e gli occhi attenti, incantato da quella visione, furono i capelli, perfettamente neri, più di quelli di suo fratello, e lisci, che le arrivavano a metà schiena. Di solito, in quel periodo, le donne li portavano legati e ricci, o al limite coi boccoli. Sorrideva lievemente, scendendo mano nella mano con un ragazzo poco più basso, vestito completamente in nero (soprabito, panciotto, pantaloni e scarpe lucide), solo la camicia, della quale si scorgeva poco più del colletto, era bianca. Sembravano una coppia, a prima vista.
“Chiudi la bocca, Stef, e riprendi un po’ di contegno. Un gentiluomo non guarda così una signora.” Suo fratello l’aveva raggiunto all’aperto, puzzava un po’ d’alcol ma sicuramente non tanto quanto avrebbe meritato, vista la sua bevuta. Stefan si riscosse e si irrigidì, ritrovandoselo accanto, che guardava con occhi maliziosi in direzione della ragazza, la quale lanciava occhiate curiose a quei due giovani così attraenti che non aveva mai visto prima. A un tratto la videro sussurrare qualcosa al suo accompagnatore, che annuì e tornò sulla carrozza, sparendo.
Poi si diresse sicura verso Stefan, nervoso e in imbarazzo, e Damon, spavaldo e ghignante. “Buonasera signori,” esordì lei, con una voce più profonda di quanto ci si sarebbe aspettato “perdonatemi se sono inopportuna, ma non vi ho mai visti da queste parti.” Prima che Stefan potesse fare alcunché, il fratello aveva già risposto “Non si preoccupi, signorina, ha perfettamente ragione. Siamo turisti, è la nostra prima sera qui. Il mio nome è Damon Salvatore e questo è il mio fratellino, Stefan.” E si inchinò, baciandole la mano come un perfetto gentiluomo. Stefan lo imitò un attimo dopo, chiedendosi come facesse il fratello a sembrare sempre perfettamente padrone della situazione, anche da ubriaco.
“Stefan e Damon Salvatore..Avete origini italiane?” Ancora una volta, il vampiro dagli occhi di ghiaccio fu più svelto “Nostro padre era italiano, ma noi siamo cresciuti in Virginia. E lei è straniera? Sembra così diversa dalle altre donne incontrate oggi.” Alzò le sopracciglia, ma sorrideva maliziosa “E’ un offesa, signor Salvatore?” Lui stette al gioco, ovviamente. “Al contrario, è un complimento. Ha un’aria diversa, più raffinata ed esotica. Ah, e la prego, mi chiami Damon.” La ragazza arrossì lievemente, compiaciuta, poi rivelò di essere, in effetti, straniera e di venire dall’Inghilterra.
Stefan rimase interdetto, ma non aprì bocca, finché la ragazza non lo guardò, incuriosita “E suo fratello non parla, Damon?” Il minore dei Salvatore arrossì vistosamente e tentò di dire qualcosa, ma Damon, come sempre, fu più rapido “E’ molto timido, non sa trattare con le donne. Lo perdoni, scommetto che in futuro sarà più loquace.” Negli occhi della dama si lesse una silenziosa domanda, che si tramutò in uno scintillio divertito. “Allora permettetemi di farvi da guida, durante il vostro soggiorno in questa città. Forse a suo fratello si scioglierà la lingua, così. Domani mattina, intorno alle dieci, vorreste unirvi a me e al mio accompagnatore per una passeggiata? Possiamo incontrarci qui, casa mia è a pochi passi.”
Con un tono del genere, il rifiuto era praticamente impossibile anche solo da contemplare. “Ma naturalmente, signorina, ne saremo onorati.” Damon si stava dando da fare, era evidente che la ragazza gli piaceva, o che semplicemente avrebbe voluto assaggiarla. “Allora mi congedo e vi auguro la buonanotte.” Così dicendo, la giovane dama misteriosa si allontanò di qualche passo, prima di dire “Ah, quasi dimenticavo..Il mio nome è Eveline.” Un nome particolare, difficile da dimenticare.

 
Quei ricordi, che sembravano essersi dissolti nel nulla, erano riaffiorati prepotentemente da pochi giorni e adesso tormentavano Damon, con flash dei mesi trascorsi forse più serenamente da quando era diventato vampiro. Il primo incontro con la misteriosa e bella Eveline era stato in un vicolo buio, con la Firenze del 1890 a fare da sfondo. Da quella sera, ne sarebbero successe di cose!
Sospirò, camminando per le strade del French Quarter, cercando con lo sguardo il bar più elegante che gli venisse in mente. Si era separato da Katherine quella mattina, dopo un viaggio piuttosto silenzioso, anche se non erano mancati i tentativi di seduzione, seguiti di solito da un rifiuto e conseguenti frecciatine. La verità era che non aveva più interesse in lei da un po’, ormai. Forse fin da quando Elena era entrata nella sua vita. Quello che faceva prima, sesso per piacere e per nutrirsi, sembrava tremendamente squallido ora che ambiva ad essere il compagno della vampira più pura che fosse mai esistita. Ma si rendeva conto che, per ottenere qualcosa di cui aveva tremendamente bisogno, forse avrebbe dovuto ricorrere anche a quella carta.
Cercò di deviare i pensieri verso altre riflessioni, rinfrescato dall'aria leggera del primo pomeriggio, proprio mentre un locale piccolo, confortevole e con un’atmosfera decisamente rilassante, gli appariva davanti agli occhi. Sbirciando l’interno, notò un lungo bancone con sgabelli, piccoli tavolini, da due posti ciascuno, raggruppati davanti a una specie di impalcatura, che serviva a quanto pare per la musica. Tra palco e tavoli, c’era uno spiazzo lasciato vuoto, probabilmente in caso qualcuno decidesse di cimentarsi nel ballo. Ma in quel momento era l’ultima cosa che chiunque si sarebbe apprestato a fare, essendoci una specie di gruppo jazz, perfettamente in tema con la soffusa luce blu che illuminava il tutto.
Entrò a passo deciso, sicuro che quello fosse il posto che cercava. E infatti, seduta al bancone con un drink in mano, vide una figura sinuosa dai lunghi capelli neri. Avrebbe potuto riconoscere quella liscia chioma tra mille. Un altro flash gli passò per la mente, in quel momento, trasportandolo per un attimo ancora nel 1890, quando una giovanissima copia della donna su cui aveva gli occhi puntati, lo fissava con occhi languidi dal bancone di un locale decisamente migliore rispetto a quello in cui avvenne il loro primo incontro. Era stata lei a trascinarcelo più e più volte, sostenendo che quella bettola non era luogo per un gentiluomo come lui. Era un’affermazione che a quei tempi l’aveva fatto ridere, ma dovette ammettere che i locali scelti dalla donna erano senz’altro di un ottimo stile. Non troppo affollati, non troppo eleganti, tranquilli e con un’atmosfera rilassante. L’ideale per un drink con una giovane dama, ma non per una bevuta tra fratelli. Per quella ci sarebbe stata ancora la stessa vecchia bettola da due soldi.
Si avvicinò al bancone con fare impassibile, come se non avesse notato nessuno, e ordinò un bourbon con ghiaccio, sedendo casualmente sullo sgabello accanto a quello della donna. Lei alzò gli occhi sul nuovo arrivato e un sorriso gli stirò le labbra rosse. Damon si concesse un’occhiata e notò che era senz’altro invecchiata, ma non quanto si sarebbe aspettato. Poteva dimostrare forse 10 anni in più rispetto all’ultima volta che si erano visti, più di cent’anni prima. Ricambiò il sorriso, con appena un tocco di malizia, decisamente poca rispetto al passato. “Buonasera, Eva” iniziò, buttando giù un sorso del bourbon che, intanto, era arrivato “Te la passi bene, vedo..” proseguì, con un chiaro riferimento alle sue curve ancora ben delineate, nonostante gli anni.
“Non sei da meno, Damon” rispose lei, con giusto una punta di desiderio, quel tanto che bastava per intrigare il bel vampiro. Anche la voce era diventata più matura “Non che mi aspettassi altro, so che non puoi cambiare per colpa di quello che sei. Ma pensavo che forse l’alcol o la stanchezza di una vita senza significato ti avrebbero sfiancato, a lungo andare.” Damon incassò il colpo, senza rancore “Siamo taglienti stasera. Albert ti ha dato buca?” Un’ombra attraversò il bel volto della donna, da cui scomparve il sorriso, sostituito da una smorfia di dolore. “Albert è morto, Damon. Dovresti saperlo, gli esseri umani non durano oltre il tempo a loro consentito, a differenza nostra.” Il vampiro diede un altro sorso al suo drink, mentre rispondeva “Pensavo che alla fine avresti desistito e l’avresti trasformato, per averlo sempre al tuo fianco, visto che eravate così innamorati!” La voce del vampiro era satura di ironia, cosa che infastidì la strega. “Devo forse ricordarti quanto posso farti male, Damon? Non giocare con il fuoco” minacciò lei, con voce dura, e lui alzò semplicemente le mani, in segno di resa. Non aveva per niente voglia di rimetterci un braccio o la testa. “Ricordo da solo, starò più attento” le confermò, mentre, in un lampo, gli tornò in mente come e quando era venuto a conoscenza della sua vera natura.
 
Era passata circa una settimana dalla loro conoscenza, quando Damon e Eveline avevano soddisfatto quella voglia irrefrenabile che c’era tra di loro, ed erano andati insieme a letto. Da allora, si frequentavano come semplice passatempo, avendo chiarito subito le rispettive posizioni sui sentimenti. Eveline era innamorata del suo ragazzo (un tipo, secondo Damon, assolutamente scialbo e privo di qualsivoglia qualità, chiamato Albert, che scoprì poi essere lo stesso tipo della carrozza) mentre Damon aveva il cuore occupato da una vampira bella e dannata, intrappolata in quel momento in una cripta a Mystic Falls, cosa che aveva appreso solo dopo essersi trasformato. Il loro, insomma, era semplicemente un piacevole divertimento.
 Durante il loro primo rapporto, Damon aveva scoperto a sue spese il segreto di quella donna bellissima. Le cose erano andate più o meno così: avevano passato una serata piacevole in quattro, i due fratelli e la coppietta, camminando e parlando del più e del meno. Albert era un bravo ragazzo in fondo, un po’ rigido ma socievole. Aveva legato con Stefan, il quale provava ancora imbarazzo a parlare con Eveline, così si limitava a conversare col fidanzato, mentre Damon continuava a stuzzicare e provocare la giovane, ovviamente senza farsi troppo notare. Le sue attenzioni la lusingavano, tanto che, arrivata l’ora di ritirarsi, lo pregò di accompagnarla a casa, mentre Albert e Stefan andavano a riposarsi. I due non ebbero niente da ridire, avevano un discorso da finire e così si congedarono.
Rimasti soli, Damon e Eveline non persero tempo e si recarono a casa di quest’ultima, più precisamente in camera da letto, consumando un rapporto particolarmente intenso e desiderato. Le cose non si conclusero bene, però. Damon infatti, preda della frenesia e del piacere, aveva tentato di mordere la ragazza al collo, sentendosi subito scaraventato a terra e ritrovandosi preda di dolori lancinanti alle gengive, come se avesse in bocca dell’acido. La ragazza, ripresasi, lo guardava dal letto, con occhi colpevoli ma freddi.
“So cosa sei dalla prima volta che ci siamo incontrati, Damon” cominciò lei, con tono distaccato “So anche cos’è tuo fratello. Per me non è un problema, come vedi posso difendermi benissimo dai tipi come voi. In caso te lo stia chiedendo, sono una strega. Una strega oscura, per la precisione.” Il dolore era cessato improvvisamente appena lei aveva iniziato a parlare, e ora Damon la fissava con gli occhi pieni di sorpresa e di rabbia. Non verso di lei, ma verso sé stesso, che non aveva capito prima. Sarebbe potuto finire davvero male se si fosse trattato di qualcun altro.
Si rialzò, senza interrompere il contatto visivo e, ancora con le gengive pulsanti, formulò una muta domanda. Non aveva assolutamente idea di cosa comprendesse essere una strega oscura. La ragazza, che aveva cominciato a rivestirsi, parlò lentamente “Sei confuso, ma era prevedibile. Le streghe oscure non sono molte, i nostri poteri sono difficili da gestire e controllare e molte di noi cedono o eccedono, consumandosi come batterie o esplodendo, letteralmente.”
Damon l’aveva imitata subito ma, sentendo la tranquillità con cui parlava di un argomento tanto delicato, come se lo stesse informando del programma per il giorno successivo, si mise in allerta. Lei lo percepì. “Sta tranquillo, non intendo farti del male. Avrei potuto, ma ho smesso subito appena sono stata al sicuro, no? È una cosa particolare, che solo noi streghe oscure possiamo fare. È come una sorta di barriera naturale che i nostri poteri creano e che entra in azione solo quando abbassiamo la guardia e siamo più vulnerabili. Funziona sui pericoli più vicini, nel caso specifico, erano i tuoi denti. Mi dispiace per quello che è successo, ma tu hai perso il controllo e allora l’oscurità ha pensato fosse suo dovere proteggermi.”
Il vampiro, se possibile, era ancora più confuso. “L’oscurità ha pensato..? Parli come se avesse coscienza propria!” Eveline ridacchiò leggermente, poi spiegò “Hai ragione, devo cominciare dall’inizio. Allora, le streghe oscure, essenzialmente, nascono come streghe pure. A seconda delle azioni che ognuna di noi compie, si accumula una certa quantità di oscurità nei nostri cuori. Quando questa diventa considerevole, cerca di venir fuori e di sfogarsi. La maggior parte di noi la blocca e la segrega nei meandri della coscienza, impedendole di prenderne possesso. Altre le lasciano agire, si fanno attraversare e sentono il potere. L’oscurità è molto più potente della luce, Damon. Ti permette di fare cose che non potresti nemmeno contemplare senza. Guarda l’incantesimo che ti ha colpito prima. Mi garantisce sempre protezione, indipendentemente da chi mi attacchi e come. Una cosa che le streghe pure non possono fare.”
Damon non proferiva parola e ascoltava, rapito e curioso, la storia che la sua giovane amante stava raccontando. Si costrinse a concentrarvisi, convinto che probabilmente gli sarebbe potuta tornare utile in futuro. “L’oscurità è particolarmente pericolosa, come ti dicevo prima, e c’è bisogno di molto allenamento, un continuo autocontrollo e una grande forza di volontà per piegarla al proprio volere. Io sono una strega già da 300 anni, ma c’è chi direbbe che sono una principiante. E hanno ragione, perché nemmeno io so usare al massimo l’oscurità, a mio piacimento. Ma sono abbastanza determinata e caparbia da riuscire a piegarla almeno un po’. Comunque, l’oscurità non deve sottostare a leggi. Non è legata all’equilibrio della natura, come invece il potere puro. Non è legata a niente, è generata dal caos. E il caos si nutre di morte, distruzione e dolore. Posso fare cose molto utili con i miei poteri, ma non sono capace di fare incantesimi “puri”, come curare i feriti. L’unica persona che posso difendere è me stessa, solo perché sono un tassello per il caos, un oggetto nelle mani del potere oscuro. È difficile da capire, se non lo vivi in prima persona, ma spero che tu abbia inteso almeno un po’.”
Damon si riscosse dalla trance in cui era caduto e annuì, poi procedette in ordine con le domande che gli erano venute alla mente. “Non hai bisogno di un grimorio, per gli incantesimi?” Eveline sorrise, si alzò e tornò subito dopo con un grosso tomo nero, che dall’aspetto si sarebbe detto vecchio di diverse decine di anni. “Questo è un grimorio oscuro, Damon. È diverso dai normali grimori, perché non spiega come tornare indietro e annullare un determinato incantesimo. L’oscurità è pericolosa anche per questo. La maggior parte degli incantesimi che compiamo sono detti Inscindibili, cioè irreversibili. Devi pensarci molto bene prima di compierne uno, perché qualunque conseguenza esso comporti, non potrai tornare indietro.” Il vampiro era sempre più affascinato e sfiorò il grosso libro con la punta delle dita. Poi rialzò lo sguardo sulla strega, che lo osservava, quasi con aspettativa. “Hai detto che sei una strega da 300 anni..” Lei sorrise e annuì, poi aggiunse “Questa è una cosa che possono fare anche le streghe pure, ma in noi è un tipo diverso di mantenimento. Vedi, è possibile invecchiare molto lentamente. Non siamo immortali o eterne, ma a distanza di 300 anni sembro ancora una ragazza. Questo perché, essendo poche le streghe oscure, il potere cerca di preservarci per il maggior tempo possibile. Probabilmente ai tuoi occhi ho circa 25 anni.” Damon annuì, in effetti gliene aveva dati anche di meno. “Come mai non sei saltata, o ci hai guardati in modo strano la prima volta che ci hai toccati? Di solito, le poche streghe che ho già conosciuto, sbarrano gli occhi, si scansano come se si fossero scottate o anche reazioni più vistose.” Eveline sembrava sempre più divertita dalle domande del vampiro. “Questo perché loro, toccando un vampiro, sentono la morte e il dolore. Le avvertono e ne sono spaventate. Noi streghe oscure, invece, non abbiamo paura. Possiamo mascherare facilmente la sorpresa di riconoscere un vampiro, perché sappiamo quanto possa essere pericoloso far capire a un predatore che la sua potenziale preda si è accorta di lui. Anche se” e allora fece un occhiolino “nello specifico caso, sarebbe il contrario. È più probabile che in una lotta tra un vampiro e una strega oscura, ne esca vincitrice la seconda. Hai assaggiato il mio potere, in fondo, no?”
Il tono della strega era diventato di finta sufficienza, e cercava di nascondere una buona dose di malizia, che a Damon non sfuggì. Subito ghignò e si protese verso di lei, mormorando con sensualità “Devo fare attenzione, sono nel letto di una spietata predatrice di vampiri.” Lei rise di gusto, mentre gli slacciava la camicia e catturava le sue labbra, con un ultimo mormorio “Sarà meglio che ti guardi le spalle.” Il resto della notte passò in fretta, ma sicuramente le chiacchiere su oscurità e incantesimi erano terminate lì.

 
“Allora, che ci fai qui?” La domanda improvvisa della strega lo riportò nel mondo reale. Lo stava fissando con curiosità e un’ombra di rassegnazione. Probabilmente aveva capito che, per qualunque motivo si trovasse lì, per lei non si prospettava niente di buono. “C’è bisogno che te lo spieghi? Da una forza dell’oscurità come te, mi aspettavo qualcosa di meglio..” Era inutile, per quanto ci provasse non riusciva a non suonare ironico. La strega strinse le labbra e lo guardò con sufficienza, prima di aggiungere “So benissimo il motivo, voglio sapere cosa vuoi che faccia e perché.” Damon esitò, un po’ incerto su come porre la questione. “Hai mai sentito parlare di Klaus?” La strega lo guardò dritto negli occhi, lievemente sorpresa. “C’è qualcuno che non ne abbia sentito parlare? È il primo ibrido del mondo. L’unico esistente. Ed è molto potente. Non posso ucciderlo nemmeno io, se è questo che sei venuto a chiedermi.”
“Per quanto l’idea mi alletti, per il momento non potresti ucciderlo, nemmeno se ne avessi le capacità. La sua linea di sangue è legata a me e chiunque faccia parte della linea di sangue di un Originale che viene ucciso, muore con lui. Ma ho bisogno che lui muoia, ha preso Stefan e non intende lasciarlo andare, dunque dovrò combattere per riaverlo salvo.” Prese un respiro a denti stretti, prima di continuare, a voce un po’ più bassa “E’ anche colpa mia se è in quel casino. Glielo devo. Comunque, questo è uno dei motivi per cui ti ho cercata. Devi fare un incantesimo che sleghi da Klaus la sua discendenza e la colleghi a un altro Originale. Al momento opportuno, ti dirò quale.” Le fece un occhiolino. Lei lo guardò seria “Ricordi che è Inscindibile, vero?” Lui annuì grave, mentre lei sospirava. “Bene, per quanto possa essere pericoloso un incantesimo del genere, sia per me che per te, mi presterò a farlo. Devo molto a tuo fratello. Io non dimentico i miei debiti.” E sicuramente non aveva dimenticato quella notte di terrore.
 
Erano passati due mesi da quando i Salvatore erano arrivati a Firenze. Eveline e Damon, come accadeva ormai sempre più spesso, erano nel letto di lei, abbracciati e appagati dal rapporto appena avuto, quando un bussare incessante alla porta li riscosse dal torpore e li costrinse a rivestirsi, in fretta. La padrona di casa corse ad aprire, ignara dello spettacolo inquietante che le si sarebbe presentato davanti agli occhi: Stefan, scompigliato e coi vestiti strappati, ricoperto di sangue rappreso, portava in braccio il corpo pallido ed esanime di Albert, che sanguinava copiosamente da una brutta ferita al collo.
“Mi mostri il divano, per favore. Ha bisogno di stendersi.” Fu la prima frase pronunciata dal vampiro all’indirizzo della padrona di casa, che lo guidò dove aveva richiesto, troppo shockata e terrorizzata per fare domande. Teneva gli occhi fissi sul volto sporco di Albert e si domandava quanto tempo sarebbe sopravvissuto in quelle condizioni. Damon, sentendo la voce del fratellino, era sceso al piano di sotto e guardava Stefan con gli occhi strabuzzati. Sembrava irritato, ma la voce ringhiante con cui chiese all’indirizzo del fratello cosa fosse successo, nascondeva in realtà preoccupazione.
“C’è un altro vampiro in città. Ha attaccato Albert.” Conciso e dritto al punto, come ci si aspettava da Stefan. “Eravamo in un locale..” tentò di spiegare, quando l’urlo angosciato di Eveline lo interruppe, e spostò l’attenzione di Damon. “Non c’è tempo! Sta morendo! Aiutatemi, vi prego!” Gli occhi della ragazza erano colmi di lacrime e a Stefan si strinse il cuore. Non aveva idea di cosa fare però, purtroppo. “Lei è una strega, non può..” cominciò a chiedere, esitante, ma fu interrotto bruscamente ancora. “Non posso! Non posso curare o guarire! Il mio potere aumenta con la morte e la distruzione! Non posso fermarle!” Mentre le ginocchia le cedevano, calde lacrime cominciarono a scendere e a bagnarle il volto, rendendo le successive parole quasi incomprensibili, inframmezzate da singhiozzi incontrollati “Inutile…Il mio Albert…Non posso…Aiuto…”
Damon era rimasto immobile e impassibile. Se quell’umano moriva, non era di certo un suo problema. Ma il fratello non sembrava pensarla allo stesso modo. La sua espressione determinata ne era un chiaro segnale. “Hey..” si avvicinò alla strega distrutta dal dolore e le posò le mani sulle spalle, puntando i limpidi occhi verdi in quelli scuri di lei. “Il battito è debole, ma c’è. Può svegliarsi. Deve svegliarsi. Fai in modo che si svegli, e allora ci penserò io. Guarirà, ma deve svegliarsi, anche solo per un minuto. Fidati di me.” Era la prima volta che Stefan le dava del tu, e fu forse questo che la scosse più del resto. Mise le mani sul petto del suo amato, evitando di guardargli il volto o il collo, e scaricò una piccola parte di potere oscuro nella gabbia toracica, quel tanto che bastava per fargli spalancare gli occhi e urlare, preda di dolore fisico. Eveline serrò gli occhi e si allontanò di scatto da lui, addolorata. Era l’unico modo per aiutarlo, in quel momento. Subito sopraggiunse Stefan, che si squarciò il polso e lo accostò alla bocca dell’uomo. Il sangue scivolò lentamente sulle labbra e poi in gola, in breve si attaccò e bevve avidamente, senza nemmeno capire cosa fosse. Il suo corpo reclamava ciò che il suo aggressore gli aveva sottratto.
Eveline fissava la scena con occhi increduli, senza proferire parola, mentre Damon era quanto mai infastidito e irritato dalla scelta del fratello. Stava salvando un essere umano qualunque col suo sangue. Anche lui ci aveva pensato, ovviamente, ma non sarebbe mai arrivato a farlo, per niente al mondo. L’unica persona che aveva bevuto il suo sangue era la donna che amava. Nessun altro l’avrebbe assaggiato, mai. Sicuramente non un comune e misero umano morente.
Quando l’uomo si staccò dal polso di Stefan e si accasciò sul divano, Eveline guardò il vampiro, preoccupata che qualcosa fosse andato storto. “Ha bisogno di riposare, mentre il sangue fa effetto” disse solo lui, come se questo potesse aggiustare tutto “Lo guarirà, è una proprietà del sangue di vampiro. Ma attenzione che non muoia mentre ce l’ha in circolo, o andrà in transizione.” Lei annuì lievemente, prima di rispondere, con voce tremante “So come funziona. Ma non avevo idea che il sangue di vampiro potesse curare un essere umano.” Stefan sorrise al suo indirizzo, esausto e probabilmente affamato, ma felice. “Siamo pieni di sorprese! Potrebbe darmi qualcosa di caldo da bere, adesso, per favore?” La donna si alzò da terra, finalmente sollevata, e si gettò commossa tra le braccia di Stefan, che, imbarazzato, la strinse goffamente. “Grazie..” gli sussurrò all’orecchio, con la voce colma di gratitudine vera “Se non fosse stato per te, l’avrei perso. Non sono niente senza di lui.” Lui fece un sorriso dolce e rispose “Non ho fatto niente, davvero..”
A quel punto Damon scoppiò in un teatrale colpo di tosse e i due si staccarono. “Forse è il caso che io e Stefan andiamo, adesso. Sarai stanco, no?” chiese poi, rivolto al fratello. “Vi prego, ripassate domani. Ho bisogno di qualcuno al mio fianco, quando Albert si sveglierà. Probabilmente non ricorda neanche cos’è successo!” si preoccupò la donna. “Torneremo” la rassicurò Stefan, prima di lanciare un’occhiata al fratello “Beh, io tornerò. Nel frattempo, cerchi di riposare. Ne ha bisogno.”
Uscirono da quella casa nel più totale silenzio. Damon irradiava furia, Stefan era troppo distrutto per domandarsene anche solo il motivo. “Farai meglio a nutrirti, se non vuoi divorare quello stupido umano domani e rendere vani tutti i tuoi sforzi per salvarlo” fu la prima cosa che Damon disse e Stefan, con un sospiro, lo lasciò solo, andando alla ricerca di qualche animale da prosciugare. Si era dato alla dieta vegetariana da un po’, ormai e la debolezza non era una scusa per ricominciare col sangue umano.
Il giorno dopo, come promesso, Stefan si presentò di buon’ora a casa di Eveline, trovandola stanca e spossata, ma felice. La ferita sul collo di Albert si era completamente rimarginata e aveva riacquistato un po’ di colorito. “Stefan, non so davvero come fare per dimostrarti la mia immensa gratitudine” esclamò Eveline a un tratto, mentre posava una tazza di cioccolato caldo davanti al vampiro. “Non c’è bisogno di fare niente, davvero, non si preoccupi..” tentò di minimizzare lui, bevendo un sorso della dolce bevanda. Lei ridacchiò, notando il suo imbarazzo “Sai, dovresti decisamente darmi del tu. Dopo tutto quello che hai fatto, mi sembra il minimo che io ti ripaghi. Ti devo un favore, Stefan, un favore importante. Non ho molto da offrirti..” si strinse nelle spalle e si morse un labbro, frustrata, mentre il vampiro tentava, invano, di persuaderla che non gli serviva niente “..però potrebbero tornarti utili i miei poteri, forse. Magari non adesso, magari tra tanti anni. Ma io non dimenticherò quello che hai fatto per me, Stefan. Torna a cercarmi, se mai ti servirà, e io sarò pronta a pareggiare i conti. Lo prometto.” In quella piccola cucina, una mattina d’inverno un po’ diversa da tutte le altre, era stato suggellato un patto che sarebbe stato mantenuto solo a distanza di più di 100 anni.
 

“Lo so, proprio per questo sono venuto a riscuotere per lui. Solo grazie a te possiamo sconfiggere Klaus. Ma c’è un altro piccolo problema: ha una strega oscura dalla sua parte. Sebbene sia pochissimo che ha abbracciato l’oscurità, con un maestro come Klaus sembra già molto più esperta di quanto avrei mai detto. Penso che non sia neanche perfettamente cosciente di tutto quello che fa, come se l’oscurità la controllasse. Letteralmente. Sembra un burattino nelle mani di qualcosa più grande di lei.” Eveline piegò la testa di lato, sinceramente incuriosita da quella storia. “Mmmh, se me lo dici così, non posso aiutarti. Devo vederla. Ma se vuoi che combatta al tuo fianco, esponendomi direttamente al pericolo, dovrai darmi qualcosa in cambio. Sai come funziona.” Damon strinse gli occhi e sorrise, teso “Non basta quello che ha fatto Stefan, eh?” Lei rise, e scosse la testa lentamente “Tuo fratello ha salvato Albert e gliene sarò per sempre grata. Ma lui non correva rischi. Io metterò a rischio la mia incolumità, se parteciperò a questa battaglia. Penso che tu lo sappia Damon.” Lui sospirò, lo sapeva fin troppo bene.
Poi sfoderò il suo sorriso più malizioso e il suo sguardo più languido, dicendo “Beh, in questo caso..” con tono seducente e sporgendosi verso la strega, accarezzandole la coscia con la punta delle dita. Un brivido la scosse, ma gli fermò la mano e gli rivolse un sorriso divertito. “Damon, ti prego, era un’altra vita. Non mischiarla a quella attuale.” Il vampiro ritirò la mano, frustrato, poi le chiese “Cosa vuoi in cambio del tuo aiuto e del tuo potere?” Il sorriso malvagio che le incurvò le labbra non presagiva niente di buono. “Voglio il sangue della ragazza di tuo fratello. È una doppleganger Petrova, giusto?” Damon alzò gli occhi al cielo, incredulo ed esasperato, prima di dire “E’ un vampiro adesso, Eva. Mi dispiace distruggere i tuoi sogni di avere un super collante per incantesimi quale può essere il suo sangue, ma non ti servirà a niente ora!”
Lei, invece, sembrò compiaciuta della scoperta. “Quante vittime ha fatto, più o meno?” Il vampiro aggrottò la fronte, riflettendo “Non ne sono sicuro, ma conoscendola, probabilmente neanche una.” Gli occhi della strega si illuminarono come se fosse Natale. “Una doppleganger vampiro col sangue puro? Damon, mi hai appena detto di avere la migliore fonte di “collante per incantesimi”, per dirla a modo tuo, del mondo! Ricordi che l’oscurità non segue le regole della natura, vero? Paradossalmente, il sangue di vampiro funziona meglio di quello umano e il non aver ucciso persone innocenti lo rende perfetto per suggellare anche i più potenti e complessi incantesimi di protezione. È come una bomba a orologeria.” Poi lo guardò negli occhi, trovandolo meravigliato e turbato “Voglio quel sangue, Damon. Garantiscimi che potrò averne un po’, e ti seguirò in questo folle scontro. Questo è il patto. Prendere o lasciare.” Damon strinse i denti e i pugni, per un secondo, poi sospirò e afferrò la mano che la strega gli porgeva. “Affare fatto. Domani mattina, di buon'ora, partiamo.” Detto questo, si alzò e si diresse fuori dal locale, all’aria fresca. Aveva mentito spudoratamente, ma per il momento aveva bisogno di quella strega e non poteva accettare un no come risposta. A tempo debito, avrebbe trovato una soluzione anche a quel problema. Nessuno avrebbe usato Elena come sacca di sangue ambulante. Mai più.

Angolino dell'autrice :)

Ciao a tutte, se ancora c'è qualcuno che controlla questa storia..Che posso dire?? Devo chiedervi scusa mille volte, ma tra tutti gli impegni (scuola, Romics, problemi personali) non ho avuto tempo di aggiornare T.T Inoltre sto effettuando un cambio di modem e sono talmente lenti a portarmi il nuovo che ho dovuto usare il computer di un'amica per pubblicare questo capitolo ._. Ce l'ho pronto da una vita!! Vabbè, veniamo a noi. Abbiamo modo di vedere che rapporto c'era e c'è oggi tra Damon e il nuovo personaggio, Eveline..che è piuttosto intimo, ma con un tipo come Damon, non ci si poteva aspettare altro xD Il Pov è esterno per il semplice fatto che risultavano meglio i flashback resi da un narratore esterno che non dalla testa del vampiro, e ho preferito non cambiarlo nei brevi sprazzi del "presente". Poi li ho resi in corsivo per distinguerli invece dai ricordi che i vampiri si "mostrano" tra di loro, non sono sicura di inserirne altri, ma potrebbe succedere. Ho reso il capitolo un po' più lungo del normale, sia perché è così che ha deciso di uscire :P sia per farmi perdonare il periodo di assenza D: Spero che qualcuno che ancora segue mi lascerà un'opinione, sono davvero stimolanti per me!! Un bacione e alla prossima!! (Ringraziamenti ENORMI, ovviamente, a chi ha già recensito, continua a farlo, e a tutte le persone con la storia tra le ricordate/seguite/preferite, oltre che ai lettori silenziosi e ai nuovi!! GRAZIE, GRAZIE, GRAZIE MILLE VOLTE <3)
EDIT: Ricontrollando successivamente questo capitolo, ho notato qualche problema sui presunti orari della vicenda ._. Dunque aggiungo una piccola nota: nella mia mente, volendoci 15 ore per arrivare a New Orleans, Kat e Damon sono partiti da MF verso le 14 di pomeriggio ("ora di pranzo") e sono arrivati intorno alle 5 della mattina dopo. Gli avvenimenti qui narrati si svolgono intorno alle 16 di pomeriggio. Nel tempo intercorso tra le due cose, Damon avrà il tempo di fare una chiacchierata con Elena, quindi i particolari ci saranno nel prossimo capitolo :)

 

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Capitolo 12
*** Capitolo 11 - The witch ***


POV Elena

Erano passati due giorni da quando Damon era partito con Katherine per trovare la strega oscura che avrebbe dovuto aiutarci e, per me, non erano stati affatto facili. Ero stata preoccupata per tutto il giorno della sua partenza e non avevo dormito quasi per niente, aspettando sue notizie che non arrivarono. Alla fine, mi decisi a telefonarlo, intorno alle 7 di mattina. A quell’ora sarebbe dovuto essere già a New Orleans. Feci una smorfia, pensando alla telefonata e alle conseguenze che aveva portato.
 
Damon mi rispose dopo pochi squilli, comunicandomi che era appena uscito dalla doccia. Al che la mia mente traditrice richiamò un’immagine che sembrava ormai lontanissima, del tempo in cui Stefan era partito volontariamente con Klaus per salvarlo e lui mi si era presentato davanti nudo, appena uscito dalla vasca da bagno, una mattina che ero andata a portargli un nuovo indizio che Liz Forbes mi aveva gentilmente procurato. Ricordavo ancora perfettamente il suo ghigno sfacciato e provocante, mentre mi domandava se non si usasse più bussare.
Strinsi forte il cellulare e tentai di concentrarmi su quello che mi diceva. Se fossi stata umana, sarei arrossita fino alla radice dei capelli. Fortunatamente sembrò non notare il mio stato dall’altro lato del telefono e continuò a parlare, tranquillo, spiegandomi che era arrivato da poco e che si era sistemato in un alberghetto di poco conto, giusto per dormire qualche ora, prima di iniziare le sue ricerche. Stavo per lasciarlo e permettergli di dormire, quando mi chiese come mai fossi già sveglia a quell’ora. Non potei dirgli che non avevo dormito dunque, sotto lo sguardo infastidito e accusatorio di Caroline, entrata proprio in quel momento nel salotto, gli dissi che mi ero svegliata molto presto. Non indagò oltre, anche se non mi sembrò molto convinto.
La mia amica rimase a braccia incrociate ad osservarmi in silenzio, una volta chiusa la chiamata, finché non le chiesi, con tono lievemente scocciato “C’è qualche problema, Care?” Lei non si scompose e si limitò a rispondere “Dovresti dirmelo tu, Elena. Cosa succede tra te e Damon?” Eccola, era arrivata la domanda tanto temuta. In fondo, se il giorno prima, dopo il quasi bacio con lui, ero riuscita ad evitarla, grazie anche al tempestivo arrivo di Tyler, che aveva voluto la sua ragazza tutta per sé, oggi non l’avrei scampata.
Mi diressi verso le scale, minimizzando il tutto con un “Assolutamente niente” ma la mia amica pareva non voler desistere. Infatti mi bloccò per un polso e mi fissò dritto negli occhi, con sguardo serio. “Stai evitando la questione, Elena” scandì, con voce ferma “Invece di scappare dai tuoi sentimenti, affrontali! Provi ancora qualcosa per lui?” Liberai il braccio dalla sua stretta e mi voltai, fino a trovarmi perfettamente di fronte a lei. “Non c’è niente da cui scappare, Caroline. Non provo niente per Damon. Fine della storia.”
Dopodiché la superai, tentando nuovamente di guadagnare la mia camera (che poi era quella di Damon, ora che lui non c’era), quando la sua voce mi bloccò a metà scalinata. “So che non hai dormito, stanotte” affermò tranquilla “e so che dormi in camera sua. Mi spieghi questo cosa vorrebbe dire?” Il nervosismo cominciò a ribollirmi nelle vene, mentre valutai seriamente l’ipotesi di risponderle in malo modo.
 Poi mi resi conto che lo sguardo della mia amica era preoccupato, più che arrabbiato, e decisi di rimanere in silenzio, limitandomi a guardarla negli occhi, sperando che i miei non apparissero troppo colpevoli. “Non voglio darti fastidio, Elena,” mi spiegò lei, con voce dolce “sei mia amica e sono preoccupata per te. Soffrirai, se non ti deciderai ad ammettere una volta per tutte quello che senti per Damon. E soffrirà anche Stefan, che adesso è rinchiuso chissà dove con quel maniaco di Klaus. Cerca di non dimenticarlo.” Trassi un profondo respiro, dopodiché le risposi “Non sento niente per Damon, davvero. Ero preoccupata per lui perché sta cercando di convincere una pericolosa strega a stare dalla nostra parte. Non è esattamente al sicuro. E mi rassicura dormire in camera sua solo perché è il mio punto fermo in questo momento, come può esserlo un fratello maggiore. Tutto qua.”
Alla fine riuscii ad arrivare in camera, nonostante avessi notato lo sguardo rassegnato della mia amica, che testimoniava indiscutibilmente quanto poco credesse a quello che le avevo appena detto.
 
Rilessi per l’ennesima volta il messaggio di Damon, l’unico altro contatto che avevamo avuto da quella telefonata, ormai più di ventiquattro ore prima. Me l’aveva inviato prima di partire, alle 6 di quella mattina. Ho trovato la strega e stiamo tornando insieme. Sarò a casa stasera. Rialzando lo sguardo, notai che Caroline mi studiava dal divano di fronte, salvo poi accoccolarsi meglio tra le braccia di Tyler.
Alzai gli occhi al cielo, consapevole dei pensieri che stavano passando nella testa della mia amica, ma non capiva la vera ragione per cui continuavo a leggere quella stupida riga. Ero stata perennemente in ansia di non rivederlo per due giorni, nonostante sappia quanto sia un tipo di parola, per le cose importanti. Eppure quel timore che mi lasciasse di nuovo da sola, come aveva fatto quattro anni prima, era rimasto rintanato in un angolino della mia coscienza, fievole ma vivo. Adesso, invece, era svanito del tutto, lasciandomi serena e in attesa.
Alle 21 precise sentii la porta aprirsi. Damon, vestito esattamente come lo ricordavo, quasi fosse uscito pochi minuti prima invece che due giorni, fece la sua comparsa sulla porta, subito seguito da una donna alta con lunghi capelli neri e la carnagione chiarissima. Notai, con un certo disappunto, che il braccio di lei cingeva il fianco di lui. “Dunque sono questi i tuoi alleati? Spero siano più forti di quel che sembrano!” esordì la misteriosa sconosciuta, con un tono di voce caldo e maturo.
Non ebbi tempo di sentire la risposta di Damon, che tutti e tre ci eravamo avvicinati per presentarsi. Nonostante sembrasse molto snob, la donna ci rispose gentilmente, stringendo la mano a tutti e tre. Forse fu anche troppo gentile, o almeno così la pensava Caroline, che non sembrava affatto divertita dal modo in cui l’amica di Damon sbatteva le ciglia in direzione del suo ragazzo. Mi permisi una risatina soffocata, mentre Eveline si avvicinava a me, con occhi interessati.
“Tu devi essere Elena” mormorò, studiandomi “Sei davvero stupefacente!” All’inizio non capii dove volesse andare a parare, poi, quando aggiunse che ero identica, mi lasciai quasi scappare uno sbuffo. Ovviamente non aveva mai visto un doppleganger. Continuavano tutti a rimanere estasiati, quasi fossi una stupida rarità in una collezione. Nascosi la smorfia infastidita e mormorai un “Così dicono..” in risposta, guardando Damon con occhi supplichevoli.
Lui non se lo fece ripetere e allontanò la donna da me, cingendole il fianco e guidandola verso il piano di sopra. “Le mostro la sua camera,” spiegò a noi, mentre salivano “ah, non sarebbe male se qualcuno mi prendesse una sacca di sangue!” Sorrisi, mio malgrado, pensando che seriamente Damon era di nuovo lì. Con me.
Tyler si incaricò di recuperare ciò che Damon aveva chiesto, mentre Caroline evitò saggiamente di proferire parola, per evitare un litigio. Erano giorni molto tesi e io ero sempre più confusa, l’ultima cosa di cui avevo bisogno, in quella serata quasi normale, era ritornare su un argomento spinoso e particolarmente sgradito.
Finalmente i maschi tornarono e potemmo ascoltare il racconto di Damon, che ci spiegò per filo e per segno cos’era accaduto da quando aveva lasciato la casa, due giorni prima. Era arrivato al punto di spiegarci, finalmente, cosa voleva quella strega in cambio del suo aiuto, quando proprio lei irruppe nel salone, con quello che riconobbi come un grimorio oscuro, solo più piccolo e decisamente meno vecchio di quello che si era procurata Katherine.
“Sarò lieta di proseguire io,” esordì, con voce melodiosa e un sorriso fin troppo cortese rivolto a me “vi aiuterò, ma Damon mi ha garantito che potrò avere un po’ del tuo sangue. A questo proposito..” Non ascoltai nemmeno quello che la strega disse dopo, troppo occupata ad elaborare quello che mi aveva appena detto. Voleva usarmi come una sacca di sangue umana. Di nuovo. Ed era stato Damon ad acconsentire. Damon, con cui mi ero aperta, stravolta, quando Stefan mi aveva definita tale.
Mi voltai verso di lui, negli occhi un’accusa silenziosa, mista a rabbia e delusione e lo vidi in piedi, che avanzava verso la donna, tremante. “Non erano questi i patti!” stava tuonando, riferendosi probabilmente alla parte che non avevo ascoltato. “Non avrai una sola goccia del suo sangue finché mio fratello non sarà libero!” Lei lo fissò, impassibile e rispose, con voce glaciale “Non devi vederlo come un pagamento anticipato, Damon. L’incantesimo che voglio fare è per rendere questo posto sicuro. Klaus potrebbe ucciderti tranquillamente in ogni momento, considerato il livello di protezione di questa casa!”
Damon stava per sbraitare qualcosa in risposta, ma io lo interruppi con una sola parola. “Fallo.” Gli occhi di tutti (compresi Tyler e Caroline, che seguivano in silenzio il diverbio) si spostarono su di me. Quelli della donna sembravano compiaciuti mentre quelli di Damon erano increduli. Evitai di soffermarmi su di lui troppo a lungo e allungai la mano verso la strega, che stava estraendo un pugnale. Sentii Damon serrare i denti di scatto, quando esso mi incise la pelle del polso e lottai per non farmi scappare un gemito. C’era verbena sulla lama. “Niente di personale, è per darmi il tempo di prendere il sangue necessario, prima che la ferita si richiuda” mi spiegò la strega, intuendo la direzione dei miei pensieri.
Raccolse il sangue in una ciotola di terracotta ed estrasse da un piccolo sacchetto una specie di erba, che cominciò a mischiare, senza una parola. Passarono alcuni minuti, prima che versasse il liquido sul tappeto, azzittendo con un’occhiataccia la protesta nascente sulle labbra di Damon. Con gli occhi puntati sulla macchia densa che si allargava, distese le braccia e aprì le mani, i palmi verso il basso, sempre senza proferire parola. Sotto i nostri occhi, il tappeto ritornò perfetto, come appena comprato.
Finalmente Eveline ricominciò a prestarci attenzione, spiegandoci cos’era successo. “Il liquido che avete appena visto, misto al mio potere oscuro, ha delle grandi capacità protettive. Da adesso in poi, la casa è molto più resistente, quasi indistruttibile. Per non parlare del fatto che, anche per un udito da ibrido, sarà impossibile ascoltare i nostri discorsi e piani d’attacco. Infine, fatta eccezione per i qui presenti, tutti devono essere invitati a entrare. Esseri umani o sovrannaturali che siano.” Un sorriso soddisfatto nacque sulle labbra della strega, mentre tutti, tranne Damon, la guardavamo ammirati e impressionati.
“Domani parleremo di piani, ora è il caso di riposare” sancì proprio lui, in quel momento, congedando implicitamente tutti. Mi alzai, senza degnarlo di uno sguardo, ma subito mi si parò davanti e disse, sicuro “Tu vieni con me.” Il fastidio mi bruciò gli occhi e meditai sulla possibilità di lasciare che i canini, i quali premevano fastidiosamente contro le gengive, uscissero. Ma il suo sguardo fermo e limpido mi fermò e decisi, perlomeno, di ascoltarlo. Con un cenno d’assenso, quando ormai gli altri erano saliti, mi condusse fuori casa.
Salimmo in macchina, in silenzio, e guidò fino al Grill. Quando ci ritrovammo a un tavolino appartato, lui con un bicchiere di bourbon davanti, io senza più pazienza, si decise finalmente a parlare. “Elena, so che l’accordo stretto con Eva ti ha sconvolto..” I miei propositi di ascoltarlo prima di ribattere si rivelarono vani già in quel momento, quando lo aggredii, con più furia del dovuto “Sconvolta Damon?! Mi ha devastato. Forse tu non ricordi quanto sono stata male ad essere trattata come una stupida sacca di sangue, ma io non ho scordato quella sensazione!” Mi osservò per un attimo, per nulla sorpreso dalla mia reazione, poi proseguì “Non potrei mai dimenticare come stavi quel giorno, Elena. Non ti ho offerta come sacca di sangue umana, solo..” Lo interruppi ancora, sbottando in una risata fredda “Ah no!? Giusto, in fondo non sono più umana! C’è altro!?” Stavolta si innervosì, lo percepii dalla posizione rigida delle spalle e dalla mascella contratta. “Se mi lasciassi parlare, potrei spiegarti come stanno le cose!”
Feci un paio di respiri profondi e, quando mi sentii abbastanza in grado di sostenere una conversazione senza sputargli veleno addosso, lo incitai con un cenno a proseguire. “Grazie!” esclamò, con ironia, poi bevve un lungo sorso di bourbon, prima di aggiungere “Non ti avrei mai usata come termine di scambio. Non ti prenderà una singola goccia di sangue, se non sei d’accordo. Ho già intenzione di fare qualcosa a riguardo. Ma lei non avrebbe ceduto in nessun altro modo e sai che abbiamo bisogno del suo aiuto. Ho mentito, Elena. Le impedirò di prenderti del sangue. Lo prometto.”
Alla fine del suo discorso, la rabbia si era dissipata completamente, trasformandosi in stanchezza e vergogna. Era ovvio che Damon non avrebbe permesso che qualcuno mi trattasse da sacca di sangue umana  e ora mi sentivo tremendamente in colpa per aver anche solo pensato che avesse potuto farlo. Abbassai gli occhi, perché non sopportavo più la sincerità che leggevo nei suoi, poi mormorai qualcosa che somigliava a delle scuse. Lo vidi sorridere maliziosamente, prima di sussurrare “Potresti scusarti meglio..”
Capii all’istante che stava facendo il cretino e mi sporsi, per spintonarlo, poi esclamai “Sei un idiota, Damon!” Ma sorrisi. “Torniamo a casa.”

Il giorno dopo, mentre eravamo intenti a studiare il miglior piano d’attacco possibile, il campanello suonò. “Dev’essere Katherine” mormorò Damon, raggiungendo la porta. Nessuno di noi si sorprese: la vampira, infatti, l’aveva avvisato la notte prima che sarebbe rientrata oggi dal suo viaggetto. Sbuffai, infastidita, e notai Caroline lanciarmi uno sguardo comprensivo e solidale.
Ero già pronta ad accogliere la mia fastidiosa copia, quando vidi Damon congelarsi davanti alla porta d’ingresso, con di fronte l’ultima persona che si aspettava di trovare. Non fece domande, semplicemente rimase a fissarlo, in silenzio, quasi sfidandolo con gli occhi. 
“È un piacere rivederti, Salvatore” esclamò Elijah, ironicamente “Vedo che non riesco a entrare. Ti darebbe fastidio invitarmi?” Il tono era calmo e composto, ma gli occhi bruciavano di una strana luce e osservavano nella mia direzione. Qualunque fosse il motivo, quella visita non prometteva nulla di buono.

Angolino dell'autrice :)

Buonasera ragazze mie! Finalmente sono riuscita a sbloccarmi (più o meno, visto che il capitolo fa pietà D:) e ho potuto pubblicare. Spero di non deludervi, come avrete notato nel capitolo non c'è molta azione né sostanziali novità, ma è tutta preparazione per i prossimi, che saranno decisamente più intriganti. Presto, inoltre, avrà luogo lo scontro finale e sarà pieno di colpi di scena. Il capitolo è interamente in POV Elena. Avrei voluto mettere anche un POV Damon, per vedere le cose dal suo punto di vista, durante la chiacchierata al Grill per esempio, ma poi avrei solo ripetuto le cose, dunque ho preferito evitare, anche perché questo non è un punto molto importante. Ci sarà ben altro da affrontare, poco più avanti, e lì i due punti di vista saranno fondamentali. Spero che non troviate Elena o Damon OOC, ho cercato di mantenerli il più possibile fedeli al telefilm, solo con piccolissime variazioni comportamentali dovute alla situazione. Elena potrebbe sembrare molto lunatica, dato che alterna momenti di rabbia a momenti di tristezza a momenti di senso di colpa, come una specie di altalena, ma ciò è dovuto al fatto che, in questa fic, l'Elena vampira non ha mai avuto occasione di sperimentare le emozioni che provava per Damon aplificate, quindi la confondono e riportano alla luce l'instabilità dei primi giorni. Inoltre si trova in una situazione di forte stress. E' come se stesse vivendo una seconda transizione, in un certo senso. Per quanto riguarda Damon, l'ho reso un po' meno ironico e un po' più pratico, ma solo perché capisce quanto la faccenda sia grave e vuole salvare suo fratello il prima possibile, perché saperlo in mano a Klaus lo rende inquieto. Io credo che starebbero così, spero che comprendiate il mio punto di vista :) Che altro dire? Aspetto con ansia qualche commentino, diventate sempre di più e non so come ringraziarvi! *_* Mi auguro di leggere una riga anche da chi non ha mai recensito, mi fareste immensamente felice! Benissimo, allora vi lascio e vi garantisco che non aspetterete più così tanto tempo per un aggiornamento! Un bacione a tutte! ^^
P.s. Se qualcuna volesse passare, ho scritto una drabble pura (la mia prima drabble pura) su Klaus e mi piacerebbe sentire qualche parere :3 Vi aspetto numerose!

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Capitolo 13
*** Capitolo 12 - Spells ***


POV Damon

Quando avevo sentito il campanello, mi sarei aspettato di ritrovarmi chiunque davanti, meno chi effettivamente c’era sulla soglia. Non feci domande né commenti, mi limitai a fissare in silenzio Elijah, cercando di interpretare le sue intenzioni. “È un piacere rivederti, Salvatore” disse lui, con tono fin troppo ironico, che mi innervosì all’istante.  “Vedo che non riesco a entrare. Ti darebbe fastidio invitarmi?” Parlava tranquillamente, com’ero ormai abituato a sentirlo, era difficile che si scomponesse. Nonostante parlasse con me, però, teneva lo sguardo puntato su Elena e non mi piaceva affatto il modo in cui la guardava.
Mi piazzai davanti alla porta, istintivamente, quasi a volerla proteggere dagli occhi di lui. “A dire il vero, si, Elijah, mi darebbe fastidio invitare un’Originale potenzialmente pericoloso in casa mia, quando posso benissimo tenerlo fuori. Quindi, se non ti dispiace..” e feci per chiudere la porta, ma lui mi fece bloccare con una semplice frase “So che complottate contro Klaus.”
Mi irrigidii e lo fissai, cercando di capire se il suo fosse un bluff. Ma il suo sguardo era fermo e convinto e non trovai modo di mettere in discussione la veridicità di quelle parole. “Che cosa vuoi? Sei qui come messaggero?” sibilai, stringendo gli occhi. Se Elijah sapeva di noi, probabilmente lo sapeva già anche Klaus, il che ci toglieva l’effetto sorpresa sperato. Ma lui scosse la testa e mi rispose “Voglio poter parlare con Elena.”
Quasi come se si fosse sentita chiamare – e probabilmente era così – Elena apparve accanto a me sulla soglia, guardando Elijah con un misto di sospetto e curiosità. “Eccomi Elijah. Parla” esordì la doppelganger, con voce ferma e atona. L’Originale non si scompose, ma i suoi occhi tornarono a brillare, quando si posarono su di lei. “Elena, voglio quello che volete anche voi. Uccidere Klaus, una volta per tutte. Sono qui per offrirvi il mio aiuto.” Prima ancora che lei potesse elaborare una risposta, intervenni io, con tono secco “Non ci serve, grazie per essere passato, Elijah!” E riprovai a chiudere la porta, ma stavolta fu Elena, che stava tenendo ancora gli occhi fissi su di lui, a fermarmi.
Sentii il sangue ribollirmi nelle vene. “Ti fidi di lui?! Dopo tutte le volte che ci ha traditi?!” sbraitai, fissandola arrabbiato e confuso. Possibile che Elena non avesse ancora imparato un po’ di buona cara diffidenza? Lei, in tutta risposta, continuò a rivolgersi ad Elijah “Perché?” gli chiese solo e l’Originale, per la prima volta da quando lo avevamo incontrato, parve perdere un po’ d’autocontrollo. Le mani cominciarono a tremargli impercettibilmente e lo sguardo si riempì di collera, dolore e odio. “L’ha uccisa, Elena. Klaus ha ucciso Rebekah.”
Non so esattamente se quella rivelazione avrebbe dovuto sconvolgermi, sollevarmi o che altro. Sicuramente toccò molto Elena. Vidi gli occhi dilatarsi e il rammarico indurirle l’espressione. La sua empatia era rimasta, nonostante la trasformazione. “Per averti uccisa. Per avergli precluso la possibilità di creare ibridi. Quel bastardo le ha strappato il cuore dal petto.” Elijah strinse i denti e la voce gli si incrinò leggermente, mentre terminava la frase “L’avevamo appena ritrovato. Eravamo tornati una famiglia. Lei era così felice che l’ha abbracciato di slancio, come una ragazzina. E lui, dopo aver ricambiato l’abbraccio e averle fatto abbassare la guardia, le ha semplicemente strappato il cuore. Senza rimorso. Non merita di rimanere vivo.” Elena annuì solamente; poi, senza preavviso, disse “Entra Elijah.” Quasi mi venne da ringhiare mentre l’Originale mi passava accanto, senza degnarmi di uno sguardo, e ringraziava Elena. “Aiutami a vendicare mia sorella” le sussurrò, pur sapendo che chiunque, in quella casa, poteva afferrare ciò che le aveva appena detto.
Tornammo in salotto, in un’atmosfera decisamente tesa. Appena varcata la soglia, Caroline e Tyler ci fissarono, leggermente risentiti ma non sorpresi. Mentre Eveline ed Elijah si presentavano, la bionda esordì in direzione di Elena “Stavolta stiamo dalla parte di Damon, Elena. Non possiamo fidarci di Elijah, ci ha già traditi quando si trattava di uccidere il fratello.” Un sorriso compiaciuto mi distese le labbra, mentre guardavo finalmente Elena, con uno sguardo che diceva, palesemente, “te l’avevo detto”. “Dovresti decisamente farti delle domande, se anche barbie è d’accordo con me, Elena” le feci notare, sedendomi poi sul divano e afferrando una buona bottiglia di bourbon. Elijah non commentò quella presa di posizione, probabilmente si aspettava di non essere esattamente gradito.
Prima che Elena potesse ribattere, prese proprio lui la parola “Sono assolutamente in buona fede, stavolta, Caroline. E, se vorrete testarla in qualche modo, mi ci sottoporrò volentieri.” Io e la bionda ci scambiammo un’occhiata, chiedendoci tacitamente come si mettesse alla prova la buona fede di una persona se non sul campo, coi fatti. Stavo per rispondergli, quando Eveline intervenne “C’è un incantesimo che si potrebbe fare, a questo proposito. È pensato proprio per provare la lealtà. Tu dici che non ci tradirai e che non avrai esitazioni sull’uccidere tuo fratello, giusto?” Elijah annuì, grave “Assolutamente.”
Un sorriso distese i lineamenti della strega. “Molto bene. Lo vedremo subito. Vieni qui.” Elijah fece come gli era stato detto e si piazzò al centro della stanza, con noi che osservavamo in silenzio. Eveline prese un altro intruglio di erbe e, senza una parola, distese le mani in direzione dell’Originale. Mi chiesi se il completo inutilizzo di formule sussurrate fosse un’altra caratteristica che distingueva le streghe oscure dalle altre. Non feci in tempo a concentrarmi molto sulla questione, che Elijah cadde in ginocchio, tenendosi la testa e urlando. Mi vennero in mente le fitte che Bonnie era solita infliggermi, tanto tempo addietro, e pensai che anche lui doveva star sentendo un dolore simile, ma decisamente molto più intenso, se faceva urlare così uno di più di mille anni. Subito dopo, le urla finirono e l’Originale svenne.

POV Stefan

Erano due anni che Klaus non mi faceva uscire da quel buco in cui mi aveva rinchiuso. Decisamente troppo tempo. Per questo, quando si presentò da me quella sera, mi meravigliai delle sue parole “Sai che non sei forte abbastanza per scappare, Stefan. Vedi di star buono, mentre vieni con me. Abbiamo delle cose da fare, noi due.” Il tono mellifluo di Klaus non prometteva niente di buono, ma sapevo che aveva ragione. Nelle condizioni in cui ero, decisamente denutrito e senza anello diurno, non avrei potuto tentare una fuga neanche volendo.
Sospirai e lo seguii in silenzio, lungo uno stretto corridoio, fino nell’enorme salotto della casa. Era solo la seconda volta che lo vedevo e ancora mi stupii di quanto fosse imponente. Chissà a che gli serviva un salotto così, ad un ibrido che era rimasto completamente da solo. “Bonnie, tesoro, ho portato il nostro amico. Vieni qui, per favore.” Rabbrividii, sentendolo così esageratamente cordiale. Mi faceva ribrezzo e rabbia, tanta rabbia.
La strega scese in silenzio dal piano superiore, con un grimorio oscuro sotto il braccio. Ogni minuto che passava mi diceva che le cose non sarebbero finite bene. “Che cosa hai in mente?” chiesi finalmente, con una voce stanca e spenta che, quasi, non riconobbi come mia. “Niente di cui tu debba preoccuparti, amico. Solo un piccolo incantesimo in cui è richiesta la tua presenza. Sai, questa è la mia garanzia per quando tuo fratello verrà a cercare di liberarti.” Un ghigno sarcastico gli incurvò le labbra, ma io ero troppo sconvolto per rendermene conto. Senza volerlo, gli occhi mi si allargarono e la mascella cedette, lasciandomi scombussolato e preda di un nuovo sentimento, che mai avevo sentito in quei due anni. Speranza.
“Damon è tornato a Mystic Falls? Da quando?” le domande mi uscirono dalla bocca senza che realmente lo volessi e non suscitarono altro che una risata divertita in risposta. “Oh, già da un po’, a dire il vero. Sai quanto sia impulsivo, non ha potuto fare a meno di accertarsi delle condizioni del fratellino, appena tornato. È venuto qui, Stef, e io gli ho concesso di osservare come te la passi, senza fargli notare quanto la sua presenza fosse facilmente intuibile. Sono un ibrido millenario, mi ha quasi ferito la bassa considerazione di Damon per i miei sensi sviluppati.” Non avevo seguito con precisione tutto il discorso, perché numerose domande avevano iniziato a vorticarmi nella testa: perché Damon era tornato? Aveva trovato Elena? Avrebbero davvero attaccato Klaus? L’avrebbero fatto da soli? Non potevo permettere che si mettessero in una simile situazione di pericolo solo per salvare me. Non era giusto.
“Bene, basta con le chiacchiere” esordì Klaus, a un tratto “E’ ora dell’incantesimo. Stefan, se fossi così gentile da offrire un po’ del tuo sangue..” Ringhiai, ma non potei reagire quando l’ibrido mi piantò un paletto nello stomaco, strappandomi un gemito strozzato. Si chinò, raccogliendo un po’ del liquido vermiglio che sgorgava dal buco nel mio stomaco, con un sorriso soddisfatto. Rimasi a terra, boccheggiante, mentre una serie di emozioni mi attraversavano il corpo, scuotendomi. Umiliazione, frustrazione, vergogna, stanchezza, preoccupazione, aspettativa, dolore, rassegnazione. Rabbia. Tentai di aggrapparmi a una sola di queste sensazioni, mentre sentivo la vista annebbiarsi e le membra farsi troppo pesanti. “Ha funzionato” percepii Bonnie sussurrare e immaginai che, qualunque fosse l’incantesimo che mi aveva lanciato, aveva a che fare con quella serie impressionante di emozioni avvertite poco prima. “Ottimo lavoro” rispose l’ibrido, con un tono palesemente compiaciuto. Poi il buio mi avvolse e non sentii né provai più nulla.

POV Elena

Erano già passati alcuni minuti da quando Elijah era svenuto. Eveline era rimasta concentrata, ad occhi chiusi, e tutti capimmo che stava ancora facendo l’incantesimo. Quale che fosse, non ci era ancora dato saperlo. Finalmente, Elijah riaprì gli occhi, inspirando bruscamente l’aria, come quando si risvegliava dopo che l’avevano pugnalato. Si guardò intorno, leggermente spaesato, per qualche attimo, poi si rimise in piedi.
“È sincero.” La voce di Eveline mi fece sussultare, ero totalmente concentrata su Elijah e non mi ero accorta che anche lei si era riavuta. “Me l’ha provato. L’ho indotto in una sorta di trans ipnotico e gli ho mostrato diverse situazioni. Gli ho dato la possibilità di salvare suo fratello e quella di tradirvi e passare dalla sua parte durante la battaglia. Gli ho dato anche la possibilità di ucciderlo. Non ha esitato un momento a farlo. È sincero, gli interessa solo la disfatta di Klaus, nessun secondo fine.”
Sollevata da quelle parole, sorrisi a Elijah, che ricambiò, poi mi rivolsi a Caroline, Tyler e Damon “Visto? Che ne dite, allora?” Caroline assentì, evidentemente sollevata e anche lei felice di avere un nuovo e potente alleato dalla nostra parte. Tyler era sempre d’accordo con lei, quindi non ci fu neanche bisogno di chiederlo. Restava Damon che, a quanto pareva, non era propenso a fidarsi di Elijah, nonostante tutto. In quel momento, infatti, teneva i denti serrati e mi fissava con sguardo rabbioso. “Non mi fiderò mai di lui, Elena. Non m’importa quanti incantesimi potrà fare. Se lo volete con noi, tanto peggio. Ci tradirà, come ha già fatto, ma non aspettatevi che io rimanga a guardare mentre succede!” E, con queste parole, si diresse in camera sua, sbattendo la porta.
Sospirai, puntando gli occhi su Elijah. “Scusalo. Lo conosci” gli dissi e lui annuì “Non lo biasimo se non si fida di me. Non gli ho dato esattamente motivi per il contrario.” Scossi la testa a quell’affermazione. “Sei un uomo d’onore Elijah. Lo so io e lo sa anche Damon. Non è solo pronto per ammetterlo. È restio a concedere a qualcuno di essere nel torto. Ci parlerò io.” Così dicendo, mi avviai verso le scale. “Elena?” lo sentii richiamarmi, un attimo dopo. Mi voltai, con una muta domanda negli occhi. “Grazie” mi disse solamente e io gli sorrisi. “Di niente.” Poi cominciai a salire la scalinata, consapevole di dover affrontare qualcosa che poteva essere paragonato a una tempesta.

Angolino dell'autrice :)

Buonasera ragazze mie! ^^ Ecco a voi il capitolo! Sono stata veloce stavolta, no? u.u Vengo anche da una breve degenza, causa una brutta febbre che oggi, finalmente, mi ha lasciata libera! Dunque ho rivisto un po' le cose e ho pubblicato :) Che ne pensate? Lo so, il mio Klaus è moooolto più cattivo di quello del telefilm, e quello che ha fatto alla sorella non lo farebbe mai, ma ve l'avevo già accennato che sarebbe stato così, no? xD Dovevo trovare più di una buona ragione per la sua dipartita :3 Allora, Elijah non ha cattive intenzioni, anche se Damon, ovviamente, non ci crede. E voi che ne pensate? E riguardo all'incantesimo di Bonnie su Stefan? Ho spaziato un po' coi POV in questo capitolo, perché nel precedente mi ero concentrata solo su Elena. Bene, non ho altro da dire se non che, come ormai saprete, vi ringrazio tanto tutte per continuare a leggere la mia long, che mi sta riuscendo meglio di quanto credessi all'inizio *-* (o almeno spero D:) Vedo che aumentate di giorno in giorno, dunque vi chiedo, in ginocchio: lasciatemi un commentino, anche brevissimo, sulla storia! T.T Mi fa davvero piacere sapere cosa ne pensate e mi stimola molto. Chiedo così tanto se, finito il capitolo, mi lasciaste una riga con le vostre impressioni? Mi fareste capire cosa posso e devo migliorare e poi non mi sembrerebbe di scrivere, non so, per pochissimi. Bene, dopo questa mia ennesimo preghiera, vi lascio tutte con un bacione e ci sentiamo presto! :*

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Capitolo 14
*** Capitolo 13 - The turning point ***


POV Elena

Era già un minuto buono che fissavo la porta chiusa della stanza di Damon, incerta se andare fino in fondo e affrontarlo di petto o lasciarlo a convincersi da solo. La seconda idea era molto più allettante, specialmente di fronte all’eventualità di un litigio, tuttavia sapevo che c’avrebbe messo troppo tempo e quello ci mancava. Dovevamo sfruttare ogni secondo a disposizione e avevamo bisogno di restare uniti.
Con questa consapevolezza nel cuore, mi decisi finalmente ad aprire la porta, dopo un ultimo profondo respiro. Individuai Damon alla finestra, con una bottiglia – probabilmente della sua scorta personale segreta di superalcolici – in mano. Sapevo che mi aveva sentita entrare e già il fatto che non si fosse voltato non prometteva bene.
“Non cambierò idea, Elena. Puoi scordartelo.” Il tono tagliente e nervoso della sua voce mi fece sobbalzare. Non mi aspettavo che cominciasse lui a parlare. “Quindi, se sei qui per questo, puoi richiudere la porta e tornare ad elaborare piani con Elijah!” Marcò particolarmente il la voce sull’ultima parola, con una sfumatura scocciata e offesa. Eravamo in una situazione potenzialmente mortale e lui faceva l’offeso per una cosa così assurda!
Chiusi gli occhi per un attimo, tentando di ricacciare indietro la rabbia improvvisa che mi aveva assalita. Ancora faticavo a credere a quanto le mie emozioni si amplificassero, quando si trattava di lui. Mi sembrava di essere tornata ai primi giorni da vampira, quando non ero abituata nemmeno più ai colori o ai suoni che erano sempre stati familiari. Damon mi scombussolava più della transizione!
Mi avvicinai piano, ignorando volutamente tutto ciò che aveva detto, e tentai di catturare il suo sguardo. “Damon?” lo chiamai, esitante, ma non ricevetti risposta. Continuava a guardare fuori dalla finestra, con sguardo assente e furioso. “Damon, andiamo! Stiamo andando ad affrontare un’Originale! Come puoi biasimarmi se voglio un alleato forte al nostro fianco?”
Finalmente si scosse, come uscito da uno stato di trance. Si voltò verso di me e mi guardò con sufficienza “Posso biasimare il fatto che hai scelto come alleato Elijah Mikaelson, che ci ha già traditi più di una volta?!”
Il suo atteggiamento cominciava davvero a starmi sui nervi, ma evitai di assecondarlo perché non avevo intenzione di arrivare allo scontro. Dovevo cercare di farlo ragionare. “Damon, non è che non mi fidi del tuo giudizio…” cominciai, ma venni presto interrotta da un suo ironico verso di disappunto. Gli occhi ardevano di un fuoco tutto nuovo, che raramente avevo potuto scorgere. Era un misto di rabbia, apprensione e…dolore. Si sentiva ferito perché avevo accettato di allearmi con Elijah?!
Tentando di mantenere la sua concentrazione su di me, gli presi il volto tra le mani e lo guardai con intensità, per cercare di mostrargli attraverso gli occhi la veridicità delle mie parole “Damon, non mi fido più di Elijah che di te. Ma abbiamo bisogno di lui. Ci serve qualcuno che conosca bene Klaus, qualcuno alla sua altezza. Lo sai che noi non lo siamo!”
Finalmente aveva smesso di parlare e rimaneva solo a sentire ciò che gli dicevo, cercando, come avevo intuito, la mia sincerità attraverso gli occhi, che continuavo a tenere legati ai suoi. Pian piano pareva che si stesse convincendo e sospirò di rassegnazione, quando conclusi “Solo lui può aiutarci a salvare Stefan. Ti prego Damon, fallo per me. Fidati di lui.”
Il suo sguardo rimase duro per qualche altro secondo, ma cedette presto davanti al mio supplichevole. Appoggiò le mani sulle mie, ancora sul suo viso, prima di sussurrare “Non mi fido di lui Elena, ma mi fiderò di te. Prenderò parte all’alleanza con Elijah, ma non sarà il capo e non detterà legge. Meglio che lo sappia da subito.”
Sorrisi nel sentire quell’affermazione e risposi “No, ma tu lo ascolterai e collaborerai, giusto?” Si aprì in un mezzo sorriso mozzafiato, di quelli che mi avevano sempre fatto perdere un battito da quando lo conoscevo “Come desidera.” Si esibì poi in un mezzo inchino, facendomi ridacchiare.
Ero molto felice che non ci fosse stato bisogno di discutere per arrivare a quella risoluzione, mi sfiancava litigare con lui. Feci per andarmene, quando notai che Damon era tornato serio tutto a un tratto e mi studiava, quasi con interesse. Non feci in tempo a domandargli cosa gli fosse preso, che me lo ritrovai davanti, praticamente a un centimetro dal volto.
Una scarica di adrenalina mi attraversò il corpo, percependo il suo così vicino e notando gli occhi ardenti, stavolta di desiderio. I nostri sguardi si incatenarono solo per un attimo, poi scivolarono rispettivamente verso le labbra dell’altro, quasi fossero state una calamita. Notai Damon leccarsi il labbro inferiore e sentii un impulso dirompente farsi strada dal più profondo del mio essere.
Senza davvero rendermi conto di quello che stava succedendo, mi ritrovai incollata alle labbra di Damon, le lingue che si cercavano e trovavano. Il sapore di alcol, menta e qualcos’altro, a cui non riuscivo mai a dare un nome – il suo sapore, mi corresse la mente, non dimentica della gita a Denver – mi inondò il palato e finalmente, dopo quattro anni, mi sentii completa.
Ci staccammo brevemente, tanto per riprendere un po’ di fiato; poi le labbra voraci di Damon scesero a lambirmi il collo e il seno, mentre mi ancoravo, dimentica di qualsiasi problema, alle sue spalle forti e tentavo di regolarizzare il respiro, almeno per non farci sentire da tutta la casa. Che avrebbe detto Caroline, se mi avesse vista in quel momento? Sicuramente mi avrebbe ricordato…
Non finii di elaborare il pensiero che spalancai gli occhi, irrigidendomi. Damon notò il cambiamento repentino d’umore, perché si interruppe e alzò la testa per guardarmi negli occhi. Sperai che non vi leggesse niente di troppo doloroso, ma evidentemente ero un libro aperto, perché si allontanò come scottato, nascondendo sotto una maschera impassibile i suoi sentimenti.
Non mi piaceva vederlo così, ma non riuscii a spiccicare una sillaba per spiegargli che mi intimò “Va’, ora.” Due semplici parole, che risuonarono così fredde e prive di inflessione da ferirmi. Ma che diritto ne avevo, poi? Conoscevo i sentimenti di Damon, eppure mi ero lasciata guidare dall’istinto, e non ero stata nemmeno capace di mascherare il senso di colpa.
Perché sapevo cosa avrebbe detto Caroline, cosa chiunque mi avrebbe detto. Sei la ragazza di Stefan, Elena. Stavo praticamente tradendo il mio ragazzo mentre lui era imprigionato in compagnia di un pazzo omicida e stava subendo chissà quali torture. Complimenti, Gilbert.
Mi allontanai svelta dalla stanza, trattenendo il respiro e richiudendomi la porta dietro le spalle. Solo una volta arrivata davanti alla rampa di scale mi concessi il lusso di espirare e, cercando di mostrarmi indifferente, scesi a dare la buona notizia al resto del gruppo. Non sapevo ancora come spiegare il motivo dell’assenza di Damon in quel momento, però.

POV Damon

Era bastato un niente per farmi scattare, una risatina sommessa. Il problema è stato che era la sua e non la sentivo da così tanto tempo che il mio stupido cuore morto non era stato capace di ignorarla. Avevo agito d’istinto, avvicinandomi a lei di scatto, chinandomi sul suo viso, aspettando di capire cosa avesse intenzione di fare.
C’era attrazione tra di noi, una forza magnetica particolare che ci impediva di stare lontani e sapevo che l’aveva notata. C’era stata in passato, c’era stata in quel minuscolo appartamento che chiamava volgarmente casa, c’era stata prima della mia partenza per New Orleans.
E c’era stata appena i nostri occhi si erano incontrati, appena io mi ero concentrato sulle sue labbra e lei sulle mie. Puro desiderio mi si era irradiato nelle vene e non avevo potuto fare altrimenti, avevo bisogno di sentirla un po’ più mia. Le nostre labbra non si erano più incontrate da quella notte a Denver, un ricordo che avevo custodito gelosamente negli anni in cui ero stato lontano.
Anche stavolta, con mia immensa sorpresa, lei aveva ceduto per prima e mi aveva baciato, facendomi dimenticare tutto. Il battibecco su Elijah, quello su Eveline, Stefan. Non era rimasto niente nella mia testa se non la calda sensazione delle sue labbra morbide sulle mie.
Per un attimo, un solo attimo, avevo creduto che potesse essere vero. Che potesse aver sbagliato scelta quella notte di quattro anni fa, che volesse dimostrarmelo. Per un meraviglioso attimo, mentre le accarezzavo il collo e l’incavo dei seni con le labbra, ho immaginato di poter andare ben oltre, che non ci sarebbero state interruzioni, che saremmo stati felici.
E poi, passato quell’attimo, la verità mi ha colpito con la stessa intensità di uno schiaffo, nel momento stesso in cui lei si irrigidiva sotto il mio tocco e i miei occhi incontravano i suoi, pieni di vergogna e senso di colpa. Mi diedi mentalmente dell’idiota, allontanandomi di scatto e tornando a ragionare.
Perché non riuscivo a imparare? Eppure l’ha sempre detto a chiare lettere: sarà sempre Stefan. Anche adesso, con lui lontano e io qui. Non si cambia una verità assoluta.
Avevo nascosto tutto nel migliore dei modi, abituato a mentire e mostrarmi forte. Una maschera d’impassibilità assoluta, mentre le dicevo di andarsene via e lei richiudeva quella porta, lasciando con me il peso di quello che era appena successo.
Ritrovai la bottiglia e la portai alla bocca, bevendo un’abbondante sorsata di liquido ambrato, mentre dal basso mi arrivavano le domande del resto del gruppo su cosa fosse successo. Sorrisi ironicamente, sentendo Elena parlare del nostro breve confronto e percepii l’incertezza nel suo tono, quando dovette spiegare perché non ero ridisceso.
Smisi di ascoltare a quel punto, non m’importava di sapere quale scusa avrebbe inventato, una sarebbe valsa l’altra. Rimasi in silenzio, senza concentrarmi su nulla in particolare e continuando a bere, desideroso di potermi tuffare nell’oblio pacifico derivato dall’alcol, che mi avrebbe spento il cervello per un po’.

POV Elena

Erano già passati tre giorni da quando io e Damon ci eravamo baciati, e le cose tra noi non erano migliorate per niente. Il giorno dopo l’accaduto era stato presente ed era diventato parte attiva nelle decisioni della strategia contro Klaus, ma non si era avvicinato a me né mi aveva rivolto la parola. A malapena ero riuscita a incontrare i suoi occhi per qualche secondo. L’atmosfera era stata tesa e pesante e continuava ad esserlo, visto che non avevamo avuto modo di parlarne.
In realtà, non ero totalmente sicura di cosa volessi dirgli. In cuor mio, sapevo che quello che era successo non era propriamente un errore, perché io l’avevo voluto. Nessuno mi aveva costretto a baciarlo, desideravo farlo da quando l’avevo rivisto. Eppure non riuscivo a non pensare a Stefan, solo e dolorante in qualche buco, con Klaus che sghignazzava e lo torturava senza sosta. Lui era lì e io, nello stesso momento, stavo baciando suo fratello.
Sospirai, esasperata dalla situazione che io stessa avevo creato. Ero seduta fuori casa Salvatore, appoggiata alla balaustra del portico e cercavo di schiarirmi ila mente. In casa avevano notato tutti lo strano silenzio tra me e Damon, ma nessuno aveva avuto il coraggio di avvicinarsi e fare domande. Ero grata per questo, non mi sentivo pronta per affrontare ad alta voce quello che era successo. Sarebbe diventato troppo reale.
“Ti godi il paesaggio?” mi domandò una voce fin troppo simile alla mia e, alzando brevemente gli occhi al cielo, mi voltai a fronteggiare la figura sinuosa ed elegante che mi stava venendo incontro. Katherine era tornata il pomeriggio dopo l’arrivo di Elijah e, seppur scettica quasi quanto Damon all’inizio riguardo alla sua affidabilità, aveva accettato di collaborare per amore di Stefan. Per quanto mi desse fastidio ammetterlo, era palese che la vampira teneva a lui in un modo speciale o non si sarebbe mai messa contro Klaus.
“Me lo godevo” la corressi, con voce fredda, a cui lei rispose con una smorfia annoiata. Era tremendamente scocciante e non apprezzavo affatto la sua compagnia, perciò avevamo cercato di passare insieme il minor tempo possibile, giusto quello necessario per le sedute di allenamento con Eveline, Elijah e Caroline e le riunioni di strategia.
Fui molto meravigliata, quindi, quando si avvicinò e si appoggiò accanto a me. Per qualche minuto tentai di ignorarla, ma la sua presenza mi teneva costantemente in allerta. E per i miei nervi eccessivamente tesi non era una buona cosa. Mi scostai, tentando di guadagnare la porta di casa, quando la voce della vampira mi bloccò sul posto “Sai Elena, siete abbastanza ridicoli. Perché non ne parlate e basta?”
Sentii la rabbia ribollire, ma ostentai indifferenza e domandai “Parlare di cosa?” Katherine sbuffò, prima di rispondere “Lo sai benissimo. La tensione tra te e Damon non è salutare per il piano. Se non riuscite a parlarvi, come potrete combattere senza continuare a pensare l’uno all’incolumità dell’altra!?” Il ragionamento non faceva una piega, per quanto mi dolesse ammetterlo. Mi morsi nervosamente l’interno della guancia, poi sospirai rassegnata e mi voltai, incontrando di nuovo gli occhi della vampira, stavolta seri. Mi studiava, aspettando la mia reazione.
In verità, non sapevo cosa dire. Non ero abituata a parlare con Katherine – non ero abituata nemmeno a potermi fidare di lei – ma qualcosa mi diceva che, in quanto a problemi di cuore, potesse essere molto più utile di Caroline. Insomma, aveva 500 anni e sicuramente conosceva le dinamiche di coppia!
“Non ha intenzione di ascoltarmi, mi evita spudoratamente e non penso servirebbe parlare, ad ogni modo” le dissi, sperando che la mia voce non suonasse alle sue orecchie tanto sconsolata quanto sembrava a me. A quanto pare era così, perché lei sbuffò di nuovo, stavolta di disappunto, e ribatté “Elena, sei una Petrova e le Petrova non si arrendono di fronte alla prima difficoltà se una cosa interessa loro davvero. Dunque le cose sono due: non t’importa di chiarire con Damon o sei spaventata dalle conseguenze che un chiarimento comporterebbe.”
La protesta che stava uscendo spontanea alla prima ipotesi, mi morì in gola e rimasi a fissare la mia copia, senza parole. Sapevo che chiarire con Damon era il mio desiderio più pressante già da giorni; il punto pensavo che fosse proprio il secondo. Cosa significava per me chiarire con Damon? Ammettere che quel bacio l’avevo cercato? Ammettergli che ero attratta da lui e che stavo rivalutando la scelta che avevo fatto? Dovevo riconoscere che in effetti era quella la verità, ma avevo paura di dirla a lui. Scegliere Damon comportava diversi rischi. La sua volubilità e l’impulsività, sebbene fossero molto diminuite, erano ancora fonte di preoccupazione per me. Per non parlare della possibilità concreta di incrinare irreparabilmente il rapporto tra lui e Stefan. Potevo permettere tutto ciò?
Katherine continuò a osservarmi in silenzio, mentre combattevo contro il mio subconscio che si lanciava in elucubrazioni su un possibile futuro con Damon. Non capii bene perché, ma tutto a un tratto cominciò a raccontarmi una strana storia. “Quando ero ancora umana e vivevo in Bulgaria, conobbi un ragazzo. Si chiama Vassil. Non aveva niente di speciale, era un tipo piuttosto anonimo, ma mi trattava con garbo e mi amava totalmente e senza remore o freni.”
Rimasi attenta ad ascoltare, nonostante tutto. Avevo pochissime informazioni sulla vita umana di Katherine e se, anche senza capire il motivo, si stava aprendo con me, come minimo mi sentivo interessata, quasi attratta, da quei dettagli mai scoperti sulla mia doppelganger. “Un giorno, poco prima che fossi costretta a vampirizzarmi per scampare a Klaus, mi chiese di partire con lui. Stava espatriando, correndo il rischio di rimanere senza casa o lavoro e di passare una vita da miserabile.” Il luccichio leggermente nostalgico negli occhi della vampira mi fece prestare ancora più attenzione. “Lui era sicuro di poter sfondare e fare fortuna e voleva partire con me. Sarei andata contro la mia famiglia, ma lui mi amava e anch’io amavo lui, in fondo, anche se non ho mai potuto dirglielo.”
Prese un sospiro, come per ricacciare indietro chissà quali immagini che le erano venute in mente, poi proseguì “Ero tentata dall’idea, ma decisi di non correre il rischio. Partì da solo e non lo rividi più. Poi successe quel che successe…” Non aveva ancora alzato lo sguardo su di me da quando aveva cominciato a parlare, ma lo fece in quel momento, e i suoi occhi erano determinati, anche se venati da un sottile rimpianto “Se fossi partita, forse il resto della mia famiglia avrebbe vissuto e non avrei incontrato mai Klaus. Adesso non sarei qui, d’altra parte, quindi potrebbe essere stato un bene…Insomma, non voglio che tu faccia il mio stesso errore. Corri il rischio Elena, o rimarrai col rimpianto per il resto della tua esistenza. Non c’è bisogno che ti dica quanto sarà lunga, vero?” Atteggiò il volto in una smorfia spavalda, prima di avviarsi verso la porta di casa.
Rimasi nel silenzio più totale per diversi minuti, soppesando quello che mi aveva appena detto. Non saprei spiegare perché, ma la trovai sincera. Aveva inteso i miei pensieri mentre ancora li stavo formulando e mi aveva suggerito la risposta di cui avevo bisogno, il tassello che doveva unire tutto il puzzle. Damon era il mio rischio, ma solo con lui sarei stata davvero felice. Perché – la consapevolezza mi investì forte, ma decisa, come se stesse aspettando che la mia stupida mente riuscisse a giungere a quella conclusione che mai avevo sfiorato e che adesso sembrava così scontata, come se fosse deciso da sempre – lo amavo. E per prima cosa dovevo risolvere la situazione; poi dovevo parlare con Stefan e farglielo capire. Poteva finire bene, per tutti e tre, ma dovevo assumermi i miei rischi.
Un po’ interdetta per l’inaspettato aiuto arrivato dall’ultima persona che mi sarei aspettata, ma un po’ più leggera e sollevata per quella particolare scoperta che avevo fatto solo pochi secondi prima, ritornai in casa, avviandomi di nuovo verso la camera in cui ero stata solo qualche giorno prima.

POV Damon

“Fa’ come se fossi nella tua stanza” esclamai scocciato, quando Elena piombò in camera mia senza nemmeno bussare. La vidi bloccarsi e espirare bruscamente, quando notò che ero a torso nudo. Le sorrisi di sbieco, più con cattiveria che con malizia, poi domandai “A cosa devo questa inaspettata visita?”
La vidi sospirare profondamente e socchiudere gli occhi, come per radunare i pensieri, mentre mi avvicinavo lentamente a lei e la osservavo. Sembrava stanca, quasi spossata e compresi senza bisogno di chiederglielo che era per la situazione creatasi tra noi. Quasi sorrisi compiaciuto da quella rivelazione, prima di ricordare il motivo per cui non ci rivolgevamo la parola da quasi tre giorni. Le rimasi a un metro di distanza, incrociando le braccia e atteggiando il volto in un’espressione dura ma al contempo disponibile al dialogo.
I giorni di mutismo forzato non erano pesati solo a lei, io ero decisamente più bravo a nasconderlo e l’orgoglio mi aveva impedito di andarle vicino, anche perché era lei che mi doveva almeno una spiegazione per quel comportamento frustrante che aveva avuto qualche sera prima. Restammo a studiarci ancora per qualche secondo, fin quando lei si decise ad aprire la bocca. La posa era rigida, come se non si sentisse a suo agio, e quella constatazione mi fece male, anche se sapevo che non era per me ma per il nostro problema.
“Damon, ho sbagliato tutto…” iniziò, e fui quasi tentato di interromperla. Non mi serviva un altro discorsetto sulla foga del momento, che c'era Stefan, il bacio come un errore ecc, ero veramente stufo di quella roba. Ma le parole successive mi zittirono, facendomi allargare gli occhi sorpreso e, mio malgrado, lievemente speranzoso. “Sono stata precipitosa, quattro anni fa, non ho considerato…diverse cose. Non sono più sicura di aver scelto ciò che era meglio per me, ma ciò che era più sicuro. E adesso che sei tornato, ho capito che non cerco sicurezza. Damon,” a quel punto colmò la distanza tra noi, prendendomi il volto tra le mani e portando i miei occhi alla stessa altezza dei suoi, accesi da autentica convinzione nelle sue parole “so di averti ferito e so di non avere il diritto di chiedertelo, però io voglio te. Sono sicura di volere te e adesso l’ho capito. Ti ho ferito una volta di troppo, ne sono consapevole, ma ancora di più so che tu mi ami.”
Rimasi ancora in silenzio, cercando di frenare quella strana sensazione di calore che mi si stava diramando dal petto al resto del corpo. Non potevo permettermi di diventare vulnerabile di nuovo, senza prima essere totalmente certo delle parole di Elena. Il mio sguardo si fece diffidente e, mio malgrado, sussurrai “Perché dovrei fidarmi di te?” Non avevo intenzione di farla scappare o di non crederle, ma mi risultava difficile dopo tutto ciò che era successo. Avevo bisogno di conferme e di rassicurazioni. Poi lo disse, due semplici parole che sintetizzavano tutti i motivi del mondo. “Perché ti amo” rispose con un sorriso caloroso, provocando un vortice di emozioni, troppo intenso per essere ignorato, nel mio cuore.
Continuai a scrutarla, se possibile con occhi ancora più sgranati di quanto non fossero durante la sua strana dichiarazione, e mi sorpresi ancor di più quando capii che non stava mentendo. Glielo leggevo negli occhi, limpidi e lucenti di gioia. E in quel momento lasciai cadere ogni barriera, ogni maschera e semplicemente sorrisi, forse come non avevo mai fatto, prima di attirarla a me e baciarla, cercando di trasmetterle tutto l’amore che sentivo in quel momento, tutta la felicità che per tanto mi era stata negata. Fu il bacio più passionale e al contempo dolce che ci fossimo mai dati. Il nostro primo vero bacio.
Ben presto rimase solo la passione e tentai di spingere Elena sul letto – complimentandomi nel frattempo con me stesso per non aver messo la camicia – quando lei mi bloccò, con fare gentile ma deciso. “Non ho intenzione di farlo ora e così, Damon” mi disse, carezzandomi la guancia “Devo prima risolvere con Stefan. Non voglio che torniate ad odiarvi per causa mia.” Mio malgrado mi imbronciai per un secondo, come un bimbo a cui era stato negato un giocattolo, poi tornai a ragionare e decisi che aveva fatto la scelta più sensata. Nemmeno io avrei voluto litigare con Stefan per altri 150 anni, se potevo evitarlo.
Mi accontentai del suo tocco leggero sul volto e tra i capelli, sentendomi completamente bene per la prima volta dopo tanto tempo.

Angolino dell'autrice :)

Sono imperdonabile, lo so. E' passato tempo - tanto, tantissimo tempo - e adesso torno con un capitolo, anche molto importante T.T Che posso dire a mia discolpa?! Scusatemi per l'assenza prolungata, ho avuto una crisi da pagina Word bianca e adesso sto riprendendo in mano un po' tutto, compreso questo capitolo che era a metà da una vita intera ormai! D: Spero di non essere rimasta proprio da sola...
Come avrete notato, il passaggio è abbastanza significativo e spiega un po' come la piccola Gilbert ceda al suo istinto, se ne penta e poi, grazie a Katherine (si, la mia Katherine è un po' diversa da quella del telefilm u.u), si penta di essersene pentita (?). Insomma, lei vuole Damon, lei ama Damon! Ed era ora di fare i conti con questa cosa. Non volevo mettere il "ti amo" già in questo capitolo, ma praticamente i personaggi hanno deciso tutto loro e quindi niente, spero che vi piaccia anche così xD Damon, da bravo gentiluomo qual è, rispetta la decisione finale di Elena e la condivide anche perché i miei Salvabros non si prendono a palate/parole ogni momento, come fanno quelli della serie tv ormai, ma si vogliono bene e quindi Damon ci tiene a provare almeno a conservare un rapporto con Stefan, quando saprà che lui ed Elena vogliono stare insieme.
A questo proposito, dal prossimo capitolo ci sarà la battaglia e ho bisogno di un vostro parere. Ho in mente due finali per la storia: un lieto fine e uno più tragico. Voi quale preferireste? Fatemelo sapere da adesso in avanti (almeno per i prossimi due capitoli), così in base a cosa ne pensate mi regolerò su dove orientare la storia :3 In ogni caso pubblicherò anche il meno gettonato come "Memories are forever - Alternative end" così chi vorrà vederla anche in un altro modo saprà dove andarlo a cercare! ^^
Bene, mi sembra di aver detto tutto, quindi vi mando un bacio e spero di trovare qualche opinione, nonostante il mio ritardo tremendo. Non so se si nota, ma ho cercato di allungare un po' il capitolo e soffermarmi di più sull'introspettività e sulle emozioni dei personaggi, stavolta. A storia completa, farò una revisione generale e potrei allungare anche gli altri, migliorando questi aspetti. Non so come possa sembrarvi, mi piacerebbe avere un parere anche su questo, se ne avete voglia. Perfetto, vi ringrazio per l'attenzione (?) e mi auguro vi sia piaciuto! :*

 

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