Mettersi in gioco

di mikchan
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Mettersi in gioco ***
Capitolo 2: *** Proposta ***
Capitolo 3: *** Preparativi ***
Capitolo 4: *** Disastro ***
Capitolo 5: *** Missione: tenete occupato Vegeta! ***



Capitolo 1
*** Mettersi in gioco ***



METTERSI IN GIOCO
Salve a tutti!
Avevo già pubblicato questo primo capitolo perché partecipava, come one-shot al contest "Accidentally in love". Parecchi, però, mi hanno chiesto di continuarlo perché, effettivamente, il finale l'ho lasciato un po' in sospeso. Pubblico anche il primo capitolo e, se volete, posso farla diventare una mini-long che parla di Goten/Bra, una coppia poco approfondita ma che io stimo molto.
Bene, detto questo, vado a pubblicare anche l'altro capitolo, visto che questo l'avete già letto.
Fatemi sapere cosa ne pensate e se volete che lo continui.

Solo il suono dei gemiti strozzati e il fruscio delle lenzuola riempiva la stanza, illuminata dalla luce della luna.
Un gemito più forte ruppe il silenzio e, dopo aver ripreso fiato, Goten si sdraiò accanto alla sua compagna, attirandola a se stringendola per la vita.
"Devi già andare", mormorò poco dopo, stringendo involontarialmente la presa.
La ragazza sbuffò, sciogliendo l'abbraccio e mettendosi a sedere sul letto, avvolgendosi il lenzuolo attorno al seno. "Non posso proprio stare qui?", chiese con voce implorante. "Dico ai miei che mi sono addormentata dall'amica con cui ho 'studiato' ieri pomeriggio".
"È meglio di no", la interruppe Goten. "L'ultima volta che ci abbiamo provato ci hanno quasi scoperto. E poi ci vediamo questo pomeriggio, no?", tentò vedendo l'espressione imbronciata della ragazza.
"Che palle che sei, Goten!", borbottò alzandosi e mettendosi alla ricerca dei vestiti. "Per essere un saiyan sei davvero una piattola".
"Tanto non mi convincerai mai", cantilenò il saiyan in questione, facendole la linguaccia.
A quelle parole, la ragazza si voltò di scatto, mostrando il suo corpo nudo, e sorridendo come un gatto davanti al topo per la sfida appena lanciatagli. "Vedremo", disse avvicinandosi al letto con passo felino.
Involontarialmente, Goten arrossì e si passò la lingua sulle labbra, cercando di ignorare una fitta al basso ventre. "Non mi convincerai nemmeno così", ribattè incrociando le gambe per non mostrare quanto quelle parole fossero false.
Il sorriso della ragazza si allargò e, con balzo degno di una pantera, saltò sul letto e si mise a cavalcioni del ragazzo.
"Sei veramente una peste", disse Goten mentre, suo mangrado, incominciava ad accarezzarle le gambe.
Lei si abbassò sul suo petto, sorridendo maliziosa. "Vincerò io", sussurrò prima di baciarlo.
Goten rispose al bacio, stringendola a se. "Non ho possibilità di vincita, vero?", chiese prendendo tra le labbra un seno e iniziando a giocare con l'altro.
"Nessuna", rispose la compagna, trattenendo dei gemiti baciando il collo e il petto del ragazzo.
"E allora giochiamo questa partita", disse il ragazzo, ribaltando le posizioni.
-Non lascerò che tutto questo finisca per orgoglio-, pensò la ragazza mentre gemeva sotto le spinte potenti del saiyan.
-Mi giocherò l'ultima carta che mi rimane-.
"Ti amo, Goten", sussussò nell'orecchio del ragazzo, che sussultò sentendo quelle parole.
Poi, guardandola negli occhi, la baciò di nuovo, con una passione sempre più crescente.
"Ti amo anche io, Bra".

Dopo l'ennesimo amplesso di quella nottata, i due saiyan, esausti, si stesero ancora l'uno nelle braccia dell'atro e continuarono a coccolarsi fino a quando non videro i primi raggi del sole illuminare il cielo dietro i Monti Paoz.
"Adesso devi andare davvero", mormorò Goten, sciogliendo l'abbraccio.
"Non ti ho convinto, eh?", chiese Bra sedendosi sul letto e chiedendosi se la sconfitta facesse sempre così male. Lei, principessa dei saiyan, abituata ad avere sempre tutto, questa volta doveva rinunciare alla cosa a cui teneva così tanto per... per cosa, poi?
"Non posso rischiare di perderti per un gesto avventato", spiegò il ragazzo, vedendo la sua espressione confusa.
"E per questo preferisci nasconderti?", sbraitò esasperata Bra, ormai al limite mentre, involontarialmente incrementava la sua potenza.
"Se tuo padre scoprisse di questi incontri probabilmente prima ucciderebbe me e poi ti rinchiuderebbe in una stanza blindata a prova di saiyan", disse Goten, cercando di calamarla. Probabilmente suo padre sapeva da tempo dei suoi incontri notturni ma non era un valido motivo per distruggergli la casa. Chi l'avrebbe sentita, poi, Chichi?
"Tu hai solo paura di mio padre?", chiese Bra, realmente sorpresa. Sapeva che Vegeta sapeva incutere un certo timore, ma non immaginava fino a quel punto!
Goten si limitò ad annuire e Bra scoppiò a ridere. "Mio padre è solo prevenuto nei tuoi confronti. E poi non farebbe male a una mosca, anzi, sarebbe contento per me... alla fine".
Il saiyan si rabbuiò. "Tuo padre non è solo prevenuto nei miei confronti. Mi odia, e odia mio padre. Non mi accetterebbe mai".
A quelle parole, Bra gli tirò un pugno sulla spalla facendolo cadere dal letto e andare a sbattere contro l'armadio. "Che fine ha fatto il Goten che non si curava delle conseguenze?", sbraitò. "Quello che agiva perché gli andava di farlo? Il bambino che non si è mai fatto problemi contro avversari potentissimi e che si è sempre messo in gioco per vincere? Dov'è finito il ragazzo del quale mi sono innamorata?", chiese quasi urlando, mentre le lacrime aveva iniziato a scorrerle lente sulle guance. Non era più riuscita a trattenersi e, dopotutto, la pazienza non era una dote di famiglia.
Goten sospirò, alzandosi in piedi.
Le parole della ragazza erano vere, purtroppo. Nel corso degli anni, il Goten pasticcione e combinaguai era stato sostituito da uno più maturo, ma allo stesso tempo più infantile. Anche da ragazzo, gli era sempre piaciuto affrontare le sfide e non si tirava mai indietro.
E allora perché adesso, nella sfida più importante di tutte, si stava rivelando un tale codardo? Aveva davvero solo paura di Vegeta? Guardando la ragazza che tremava dalla rabbia, si rispose da solo. Vegeta era solo un'ostacolo, potente, certo, ma non era quello che lo frenava. In realtà, lui aveva paura di perderla. Sapeva di non essere un granchè, come uomo. Era scostante, disordinato, pasticcione e mai tranquillo, tutto il contrario di Bra, insomma.
Tuttavia, guardando quegli occhi azzurri pieni di lacrime, si chiese che diavolo stesse facendo.
Lui era nato per rischiare, era nato per le sfide. Ed era nato per amare Bra.
Non avrebbe permesso al proprio stupido cervello di prendere decisioni che erano competenza del suo cuore.
Lui amava Bra, giusto? E allora cosa diamine ci faceva ancora lì?
Con un balzo, Goten scese dal letto e in meno di un minuto, fu vestito e lavato. Si guardò intorno un'attimo, poi inziò a rovistare in tutti i cassetti della sua camera, sotto lo sguardo interrogativo di Bra, che intanto si stava rivestendo.
Dopo un paio di minuti, Goten riemerse da sotto il letto con un sorriso raggiante e una scatoletta di velluto blu.
"Che roba è?", chiese Bra avvicinandosi.
Goten strinse la scatoletta nel palmo della mano. "La posta in gioco è troppo alta per non rischiare", disse dandole un veloce bacio a stampo. "In realtà sono un po' in anticipo, però c'è una cosa che devo assolutamente fare".
"Goten!", lo fermò Bra prima che volasse fuori dalla finestra. "Che diavolo stai dicendo?".
"Non rinuncio a te per così poco"; disse mostrandole la scatoletta e aprendola. "Vado a chiedere a tuo padre il permesso di sposarti".
"Finalmente sei tornato, Goten", mormorò la ragazza sorridendo... e sperando che suo padre non gli facesse troppo male.

CONTINUA...
 

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Capitolo 2
*** Proposta ***


2-PROPOSTA
Hola!
Pubblico anche il secondo capitolo.
Ripeto: fatemi sapere se volete che continui questa storia. Volendo, può diventare una mini-long che tratta del rapporto tra Goten e Bra moolto dopo il GT (che personalmente non apprezzo, però lo uso come riferimenti temporali. I fatti accaduti in quella saga... beh, non sono accaduti!).  Fatemi sapere cosa volete, magari si può accennare al rapporto tra Trunks/Pan o Trunks/Maroon!
Mi dileguo.

Goten volava alto nel cielo, aggirando le nuvole e facendo gare con gli uccelli.
Tra le mani, stringeva ancora quel cofanetto e ogni chilometro che macinava, si sentiva sempre più ansioso.
Vegeta era pur sempre Vegeta, nonostante lui amasse Bra con tutto se stesso. E, fin da piccolo, Vegeta gli aveva sempre fatto una gran paura.
Certo, sapeva che sotto sotto c'era del dolce, ne aveva avuto la prova quando si era sacrificato contro Majin Bu. Lui era presente, in quel momento, e aveva notato che dagli occhi del principe traspariva anche affetto, in mezzo a tutto quell'odio represso e quella tristezza. Tuttavia lui era sempre stato abituato a vivere con persone sempre di buon uomore, anche se nei primi anni della sua vita, sua madre aveva pianto spesso, vedendolo. Quando aveva conosciuto il suo papà, poi, aveva capitò anche il perché. E il suo papà era completamente diverso da Vegeta: come poteva non essere intimorito da quegli occhi sempre severi, quando a casa era tutto risate e felicità?
In ogni caso, doveva molto a Vegeta. Prima del ritorno di suo papà, aveva passato molto tempo con lui e Trunks -il fatto che il principe non apprezzasse quei momenti in cui i bambini giocavano e si divertivano, poi, era tutto un'altro paio di maniche- e sotto sotto si era affezionato a lui, nonostante gli incuteva un certo timore. Era con lui che aveva imparato le basi della lotta: il suo fratellone Gohan, dopo la morte del padre, aveva deciso di non combattere più e Goten aveva dovuto trovare un'altro insegnante. Non che Vegeta fosse entusiasta della presenza del figlio del suo nemico, ma un moccioso in più non gli faceva differenza e doveva ammettere che allenare dei piccoli saiyan lo faceva sentire meno nostalgico verso il suo popolo scomparso.
Dal cielo, Goten iniziò a vedere i primi tetti delle case e, dopo qualche chilometro, decise di scendere a terra e continuare a piedi verso la Capsule Corporation.
Quando si trovò davanti l'edificio giallo a lui così familiare, si ricordò di avere lasciato a casa da sola Bra. Forse non era stata un'idea grandiosa, ma al momento aveva un solo pensiero in mente. E poi Bra sapeva volare: poteva tornare a casa da sola. Anzi, Goten lo sperava perché con lei nei paraggi, forse, Vegeta non avrebbe calcato troppo la mano.
Preso un respiro profondo, si strinse la scatoletta nella mano e suonò al campanello.
-Forse è un po' presto-, pensò guardando il sole. In effetti, era scappato di casa che non era nemmeno l'alba e ci aveva messo meno di un'ora ad arrivare.
Dopo cinque minuti, non aveva aperto ancora nessuno e decise di sedersi sui gradini del portico ad aspettare.
Il tempo passava e il sole si alzava sempre di più.
Non seppe esattamente quanto tempo era passato quando vide una scia bianca dirigersi a tutta velocità verso l'edificio ed atterrare su un balcone.
Dall'alto, Bra gli sorrise e si tranquillizzò. Forse se la sarebbe cavata solo con un pugno...
Guardò l'orologio per l'ennesima volta e decise che era arrivato il momento. Con un respiro profondo, si alzò in piedi e schiacciò il campanello.
Qualche minuto dopo, sentì il rumore di passi da dentro la casa e il rumore della serratura che si apriva.
"Goten!", esclamò Bulma, in vestaglia, guardandolo sorpresa. "Che ci fai qui?".
"Devo parlare con Vegeta", rispose il ragazzo, cercando di mostrarsi il più sicuro possibile.
"Vegeta dorme", disse Bulma confusa, chiedendosi perché proprio Goten cercasse Vegeta.
"È urgente", insistette.
"È successo qualcosa di grave?", chiese la donna, iniziando a preoccuparsi.
"No, no, tranquilla, niente di grave. Cioè, non è proprio grave, è più... sorprendente che grave", balbettò, grattandosi la nuca.
Bulma alzò un sopracciglio. "Sputa il rospo, Goten", disse mettendosi le mani sui fianchi. In quel momento, Goten pernsò a quanto la figlia assomigliasse alla madre e a quanto stava per rischiare.
Per questo scosse la testa. "Devo parlarne prima con Vegeta", riepeté.
E solo allora, Bulma notò la scatoletta di velluto che il ragazzo stringeva tra le dita. Non disse niente, limitandosi a sorridere, e fece entrare Goten, facendolo accomodare in soggiorno per andare a svegliare il marito. Ma non ce ne fu bisogno perché, in quel momento, apparve Vegeta, con solo un paio di boxer addosso e l'aria assonnata.
"Cos'é tutto questo casino?", chiese burbero e quando vide Goten, si rabbuiò. "Che ci fai qui?", domandò indurendo il tono.
"Vegeta", esclamò Goten alzandosi in piedi. "Devo chiederti una cosa".
"Piantala di girarci attorno e muoviti, che ho sonno", rispose il saiyan, incrociando le braccia e appoggiandosi allo stipite della porta.
Goten fece un respiro profondo. Per Bra, si ripeté.
"Allora?", chiese spazientito il principe.
Via il dente, via il dolore. "Voglio chiederti il permesso di sposare Bra", disse senza distogliere lo sguardo. Non guardare negli occhi qualcuno, era una cosa che Vegeta odiava e Goten lo sapeva bene: aveva bisogno di tutto l'aiuto possibile per uscire indenne da quella casa.
Vegeta lo guardò intensamente, sotto lo sguardo divertito della moglie. Il suo volto cambiò di colore: divenne prima rosso, poi viola e poi blu. Dopo un respiro profondo, sembrò essersi calmato ma, a sorpresa, gli si scagliò contro e gli diede un pungo nello stomaco.
"Questò è per averci tenuto nascosto tutto fino ad adesso", disse severo. Poi gli diede un'altro pugno sulla guancia. "Questo è per esserti scopato mia figlia. E questi", riprese prendendolo per il colletto della maglietta e puntandogli alla faccia la mano aperta, dove risplendevano tre sfere di energia, "saranno solo l'inizio di quello che ti farò se la farai soffrire", concluse, chiudendo il pugno e facendo scomparire le sfere, mente con l'altra mano buttò a terra Goten.
Il ragazzo si rialzò subito, pulendosi il sangue a lato della bocca e guardando Vegeta negli occhi.
"Grazie, Vegeta", disse stringendo la scatolina.
"Tsk", rispose il saiyan, voltandogli le spalle e dirigersi verso la cucina. "Bra, vieni qui", disse tranquillo, come se la ragazza fosse stata nella stanza con loro.
E, come aveva scoperto Vegeta, Bra comparve dalla cima delle scale, seguita dal fratello.
L'azzurra aveva una voglia matta di abbracciare suo padre, ma sapeva che prima gli sarebbe toccata la ramanzina.
Vegeta la guardò negli occhi, severo. "Sei sicura che stare con quest'idiota ti farà felice?".
Bra annuì. "Solo se sarai felice anche tu", disse, felice che il padre, dopotutto, non ce l'avesse con lei per la sua scelta. Era molto importante, per Bra, avere l'approvazione del saiyan, soprattutto nelle decisioni più importanti.
Vegeta si lasciò sfuggire un mezzo sorriso, una cosa invisibile per degli sconosciuti, ma per Bra quello fu l'equivalente di un "ti voglio davvero tanto bene". Di slanciò, si aggrappò al collo del padre e gli diede un bacio sulla guancia, per poi staccarsi.
Vegeta la guardò per un attimo, poi fulminò Goten con lo sguardo e si diresse verso la GR per allenarsi.
In fondo, pensò il prinsipe dei saiyan, quel Goten non era così malaccio. Poteva proteggere Bra in ogni occasione al posto suo e, nonostante questo gli desse un certo fastidio, ammise che era un bene che avesse scelto proprio lui. Certo, il figlio di Kakaroot era un'idiota, ma era uno degli ultimi esponenti della loro razza e quest'unione avrebbe tenuto saldo il ricordo del popolo dei saiyan.

CONTINUA... (o forse no...)

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Capitolo 3
*** Preparativi ***


3-PREPARATIVI
Bon soire a toute le monde! :D
Ecco il terzo capitolo! È un po' corto, perché è un capitolo di passaggio, infatti dal prossimo inizieranno i colpi di scena.
Ah, alla fine ho scelto la coppia Trunks/Maroon, perché con Pan c'erano troppi anni di differenza, e non riuscivo a scirvere una cosa per lo meno logica. Mi scuso con quelli che volevano una Trunks/Pan.
Che dire d'altro?
Ah, FORZA ITALIAAAA!


Vegeta uscì dalla stanza senza voltarsi e, quando si chiuse la porta alle spalle, Bra saltò in braccio a Goten e incominciò a baciarlo.
"Visto che sei ancora vivo, brutto scimmione codardo", esclamò tra un bacio e l'altro.
"Codardo a chi? Ero pronto a battermi per voi, Madamigella", rispose il ragazzo ridendo.
"Ehm, ehm", tossì Bulma, piuttosto in imbarazzo davanti a quella scena. "Non vi sembra il caso di rimandare queste effusioni a più tardi e occuparci delle cose importanti?".
I due ragazzi arrossirono e si staccarono. "Tipo?", chiese Bra, cercando di matenere un certo contegno.
"I tuoi lo sanno?", chiese inece Bulma al saiyan.
Goten si grattò la nuca imbarazzato. "Si", ammise.
"Bene, problema numero uno risolto. Problema numero due: non vi sembra un po' presto?".
"In effetti vorrei prima finire l'uniersità. Mi manca solo un'anno. Possiamo aspettare, no?", disse Bra.
Goten annuì. "Basta che nel frattempo non ti trovi un'altro".
"Lo stesso vale per te", rise Bra.
"Problema numero due risolto", disse Bulma sorridendo, felice alla vista di sua figlia così felice. "Problema num...".
"Ma quanti cavolo di problemi ci sono, Bulma?", la interruppe Goten.
La scienziata sospirò. "Tanti, ma per adesso godiamoci la notizia. Ai preparativi penseremo a tempo debito".
"Ben detto, mamma!", esclamò Bra, dando un bacio sulla guancia alla madre. "E adesso", continuò rivolta a Goten. "Non pensi sia arrivato il momento di Quella cosa?".
Goten sgranò gli occhi. "Qu-quella cosa?", balbettò insicuro. "Qui? Con tua mamma davanti?", chiese preplesso.
La turchina alzò gli occhi al cielo. "Certo che sei veramente un'idiota", sospirò. "Mi vuoi dare quell'anello o lo vuoi mettere tu?".
"Ah, l'anello", esclamò Goten sollevato.
"Perché, cosa se no?", chiesa Bra.
"Niente, niente", si affrettò a rispondere il saiyan, imbarazzato. Poi tirò fuori la scatoletta, si inginocchiò davanti alla ragazza, mostrandole l'anello.
"Bra Brief, mi vuoi sposare?", chiese cercando di essere il più serio possiblile, nonostante le espressioni emozionate delle due donne fossere alquanto ridicole.
"Come sei sdolcinato", disse Trunks, comparendo dalla cucina con una brioches in bocca e altre due in mano.
"Oh, stai zitto idiota", lo zittì Bra, commossa, abbracciando il fidanzato che le infilò al dito l'anello. "Sì, sì e cento volte sì, Goten Son".
"È stupendo, tesoro!", escamò Bulma, guardando l'anello. Era semplicissimo, d'oro bianco, con tre diamanti piccolini in fila, e, alla fine, un diamante un po' più grosso, seppur non esagerato.
"Già", commentò la figlia, sull'orlo delle lacrime. "Posso sapere perché hai scelto questo, Goten?", chiese poi, curiosa.
Il ragazzo arrossì, e iniziò a grattarsi la nuca imbatazzato. "In realtà mi ha colpito appena l'ho visto", ammise. "Ho pensato subito a te perché, vedi il diamante più grande? Ecco, quello sei tu, circondato da diamanti più piccoli, insignificanti al tuo confronto", confesso rosso di vergogna.
"Oh, Goten!", esclamò l'azzurra, mente iniziava a piangere, commossa.
Il ragazzo sorrise, contento che avesse centrato con quella spiegazione inventata al momento, ma assolutamente vera.
"Amico, io sono il tuo testimone, vero?", chiese Trunks al saiyan, che intanto aveva finito la colazione.
Goten annuì. "Insieme a Gohan. Ma c'è ancora tempo per pensarci".
"Ehi", disse il lilla. "Tratta bene la mia sorellina, altrimenti ti faccio nero".
"È in buone mani", lo rassicurò Goten. "A proposito, con Maroon, novità?".
A quelle parole, il lilla divenne tutto rosso e prese l'amico per un braccio, trascinandolo in cucina e chiudendosi la porta alle spalle.
"Ma che hai?", chiese Goten, confuso.
"I miei non lo sanno ancora ma no...".
"Vi siete lasciati?", lo interruppe il moro.
Trunks sospirò. "No, però abbiamo un... problema".
"Spiega", lo incirò Goten.
"L'altra sera l'ho portata fuori a cena perché avevo intenzione di chiederle di sposarmi. Sai, sono anni che stiamo insieme e, nonostante non viviamo assieme perché lei vuole vivere con i suoi fino al matrimonio, non posso più rimandare".
"Ma gliel'hai chiesto o no?", chiese Goten, impaziente.
Il lilla annuì. "Però anche lei mi ha detto una cosa...", disse lasciando in sospeso la frase.
"E...?", lo incitò l'amico.
"Maroon è incinta", disse tutto d'un fiato Trunks.
Goten lo fissò per un attimo, con la bocca spalancata, poi sorrise e diede una pacca sulla spalla dell'amico. "Complimenti, Trunks".
"Grazie", borbottò questo.
"Perché quel muso lungo?", chiese il moro.
"Secondo te ho fatto una cavolata dicendo a Maroon che non sono pronto?".
Goten sospirò. "Sei un vero idiota, amico! Corri da lei e dille che l'ami".
"Ma non so se sono pronto per un bambino", insistette il lilla.
"Trunks, non sarai mai pronto. Ma è proprio questo il bello! E adesso fila, idiota!".
A sorpresa, Trunks l'abbracciò e corse a cambiarsi.
Goten sorrise tra se. Tutto stava andando per il meglio. Il suo migliore amico era felice: stava per costruirsi una famiglia con la donna che amava e stava anche per avere un bambino. Cosa poteva esserci di meglio? Ah, già, la sua Bra. Anche lui stava per iniziare una nuova vita. Certo, prima Bra avrebbe dovuto finire l'università, ma glielo doveva. Lui lavorava in un bar perché non aveva voluto continuare a studiare dopo il liceo. Non era certo un lavoro importante come quello del fratello, ma a lui piaceva. Poteva stare a contatto con la gente e, in fondo, non guadagnava neanche così male. Ma Bra non poteva finire così. Figlia della donna più intelligente del mondo, Bra Brief meritava un futuro degno di lei e della sua intelligenza. Poteva diventare qualunque cosa: lui sarebbe sempre stato orgoglioso di lei.
E mentre si dirigeva verso il giardino, dove Bra e la madre si erano dirette, pensò al futuro. Avrebbe avuto dei figli con la donna che amava, questo lo sapeva. E avrebbe amato quei piccoli saiyan con tutto se stesso. Gli avrebbe insegnato a combattere e a rispettare gli altri, gli avrebbe raccontato tutte le avventure dei loro nonni per farli addormentare, gli sarebbe sempre stato vicino, in tutti i momenti facili e difficili. Ed era certo che accanto a lui ci sarebbe sempre stato quell'angelo azzurro del quale si era innamorato.
Mentre la guardava da lontano, ridere e scherzare con la madre, pensò che il destino stesse girando finalmente dalla parte giusta.
E cos'erano dodici mesi, in confronto a una vita con lei?

CONTINUA...

P.S. Se ci sono errori ditemelo: l'ho scritto guardando la partita, e ciò dice tutto!!

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Capitolo 4
*** Disastro ***


4- DISASTRO
Ciao a tutti!!
Ci ho messo un po' per aggiornare perché ero in vacanza ma spero che nel frattempo non vi siate dimenticati di me! :D
Questo capitolo non mi convince tantissimo: l'idea era questa, ma non so se l'ho centrata in pieno!
Fatemi sapere cosa ne pensate.


Erano passati quasi quattro mesi dalla proposta di matrimonio e, guardando la neve scendere dal cielo e ricoprire il roseto che sua nonna Bunny curava in estate, Bra Brief pensò che le cose non potevano andare meglio.
Goten era un ragazzo perfetto in ogni senso e soprattutto fedele. Ed era questo che lo rendeva diverso: di tutti i ragazzi con cui era uscita nella sua adolescenza, più della metà aveva deciso di sua spontanea volontà che avere una sola ragazza non gli bastava.
Bra gli aveva dato in ben servito.
Mancavano solo dieci minuti, e poi Goten sarebbe passato a prenderla per portarla a fare shopping natalizio. Quando aveva avvisato la famiglia dell'uscita, il padre si era lasciato sfuggire un sospiro di solievo. Bra sapeva che lui odiava fare shopping ed era per questo che chiedeva a lui di accompagnarla e non alla madre. Cosa c'era di più divertente che stuzzicare il principe dei saiyan?
Il campanello suonò -con ben sette minuti di anticipo- e la ragazza corse giù per le scale per aprire al suo ragazzo.
Quando aprì la porta, restò a bocca aperta dallo stupore, e anche dalla rabbia.
Davanti a lei, c'era Sao, un suo compagno di università, che esibendo il suo sorriso migliore, gli porse un mazzo di rose.
Bra incrociò le braccia. "Mi sembrava di averti detto di essere fidanzata", disse, gelida.
Sao fece spallucce. "Infatti il mio è solo un regalo. E poi, sai, la speranza è sempre l'ultima a morire", concluse con un sorriso che alla ragazza non piacque per niente.
"Ti conviene andartene", lo avverti, percependo, come le aveva insegnato il padre da piccola, un aura molto potente avvicinarsi.
"Sei da sola?", insistette il ragazzo.
"No, è occupata", proferì una voce dietro di lui, seria e sicura come poche volte l'aveva sentita. La sua espressione era dura ma Bra poteva percepire che stava trattenendo la sua aurea.
"Sao, questo è Goten", disse Bra, avvicinandosi al fidanzato, che le cinse la vita con un gesto possessivo.
Il suo compagno di università guardò Goten con disprezzo evidente, ma non si scompose, intimorito dai muscoli scattanti che si intravedevano sotto la felpa che portava sotto il cappotto.
"Vado a prendere il cappotto e la borsa e poi possiamo andare", disse Bra, staccandosi dall'abbraccio del ragazzo e correndo in casa.
Fuori in giardino, i due continuavano a fissarsi.
Goten era molto più robusto, ma Bra sapeva che Sao era un po' sbruffone e, in fondo, non voleva che il ragazzo gli spaccasse qualcosa. Goten sapeva essere davvero incontrollabile in certe situazioni.
La turchina fece in un attimo e in due minuti era già fuori, attaccata di nuovo al braccio del ragazzo. "Andiamo?", gli chiese, cercando di morzare la tensione.
In realtà, moriva dalla voglia di vedere due uomini battersi per lei. Era una principessa, e come tale doveva essere trattata. Negli anni, però, aveva imparato che essere una principessa non significava essere solo servita e riverita. Il suo animo più infantile e "principesco" desiderava un combattimento per il suo cuore, ma Bra sapeva che non c'era bisogno di un combattimento per decidere a chi apparteneva il suo cuore. Era scontato, poi, che avrebbe vinto Goten.
Il suo ragazzo annuì e, sotto lo sguardo attonito di Sao, spiccò il volo verso il centro commerciale.
"Potevamo andare a piedi", disse Bra quando sentì i suoi muscoli rilassarsi.
Goten fece spallucce. "Da qui c'è un bel panorama", commentò.
"Ma si gela!", esclamò la ragazza, stringendosi nel cappotto.
Goten la strinse di più, aumentando di poco la sua aurea per produrre calore.
"Perché quel tipo era lì?", le chiese dopo qualche minuto di silenzio.
Bra, che si aspettava quella domanda, sorrise. "Non sapeva che sono fidanzata con un saiyan", sussurrò allungandosi per baciarlo.
Il ragazzo si fermò in volo e la strinse ancora di più, iniziando a baciarla.
"Digli che se lo vedo ancora ronzarti intorno non potrà dire a nessuno che ci sono degli alieni su questa terra", mormorò Goten.
La turchina rise. "Non penso ce ne sarà bisogno", commentò mentre il Son riprendeva a volare.
"Siamo arrivati", disse questo, vedendo in lontananza il tetto del centro commerciale.
I sue saiyan atterrarono poco lontani, in un viottolo nascosto ed entrarono, pronti per il pomeriggio.
Nel giro di poche ore, Goten teneva in mano una ventina di sacchetti di tutte le dimensioni mentre Bra continuava a correre a destra e a sinistra e ad urlare ogni volta che vedeva un vestitino carino.
"Bra!", esclamò il ragazzo vedendo entrare l'azzurra nell'ennesimo negozio di scarpe.
La fidanzata lo ignorò e Goten, esasperato, si lasciò cadere su una panchina davanti al negozio e sospirò.
Adesso sì che capiva Vegeta quando diceva che fare shopping con sua figlia era peggio che combattere contro qualunque mostro! In quel momento, avrebbe preferito uno scontro contro Majin Bu piuttosto che rimanere in quel luogo claustrofobico e pieno di gente urlante e ingombrante.
"Goten!".
Automaticamente, appena sentì il suo nome, Goten si voltò ma si pentì all'istante di averlo fatto.
Davanti a lui, Valese, la sua ex, in compagnia di alcune sue amiche, lo guardava sorridendo.
"È da tantissimo che non ci vediamo!", strillò sedendosi accanto a lui e buttando per terra un paio di sacchetti.
"Già", commentò lui, mentre in realtà pregava intensamente che la sua ragazza si sbrigasse ad uscire.
"Come ti vanno le cose ultimamente?", continuò Valese, non accorgendosi dell'indifferenza del ragazzo.
"Bene", biascicò Goten.
"Sai, dopo di te non ho avuto più nessun ragazzo", disse la mora, spiazzandolo. "Mi piaci ancora così tanto, sai? Volevo giusto chiamarti per chiederti di uscire una sera e ma...".
"Valese!", la fermò Goten, sorpreso da quelle parole ma soprattutto preoccupato dalle conseguenze che avrebbero potuto avere. "Tu non mi piaci più", le disse schietto.
"Ne sei sicuro?", chiese la ragazza, sbattendo le sopracciglia.
Goten sospirò. "Certo. Sono impegnato, adesso".
"Vedo che mi hai rimpiazzata in fretta", borbottò Valese.
"Ci siamo lasciati quasi un anno fa", le fece notare il ragazzo. "Hai avuto un casino di tempo per dimenticarmi".
"Ma io ti amo", insistette.
"Io non più, Valese. Mi dispiace".
La mora scosse la testa, iniziando a piangere.
"Eddai, non fare così!", disse Goten, non sapendo più che cosa fare.
"Io ti amo ancora tanto!", piagnuccolò la ragazza, abbracciandolo.
"Basta, Valese". Goten era esasperato: odiava vedere le ragazze piangere perché non sapeva mai come fare per calmare e in quel momento temeva che Bra uscisse dal negozio e fraintendesse tutto. Per questo cercò di allontanarla senza farle male, ma ogni volta lei si aggrappava come una piovra.
Valese lo guardò negli occhi, tirando su con il naso. "Non so chi sia questa tipa, ma non mi sosituirà mai!", disse sicura, prima di abbracciarlo e appiccarsi all sua bocca.
Goten sgranò gli occhi, mentre Valese, ignorando la sua resistenza, gli saliva a cavalcioni. Quando il ragazzo si accorse che il vestitino le era salto fino alla vita, provò una fitta al basso ventre.
Nello stesso istante, percepì un'aura familiare incrementarsi e quano collegò a chi appartenesse, buttò a terra con uno spintone Valese e cercò di ricomporsi.
Davanti al negozio di scarpe, Bra lo guardava furente, stringendo i pugni.
"Bra", mormorò Goten, allungando una mano verso la ragazza.
"Sei uno stronzò!", urlò lei, partendo a velocità supersonica e tirandolo un pugno che lo fece andare a sbattere contro il muro opposto. Bra non perse un'attimo e gli fu subito addosso, riempiendolo di pugni, calci e insulti.
Goten cercava di fermarla ma capiva dai suoi occhi che non ragionava.
Doveva assolutamente portarla fuori da quel posto senza fare male ne a lei ne ai presenti, che guardavano la scena attoniti.
"Bra, distruggerai tutto!", la avvertì quando parò un pugno potentissimo.
L'azzurra ringhiò, gli occhi offuscati dalla rabbia e dalle lacrime e lo colpì ancora.
"Sei un bastardo!", strillò dopo un calcio. "Un bugiardo, un infame... sapevo che non te ne importava niente di me, ma non pensavo che fossi come tuo padre!", sbraitò tra un colpo e l'altro.
Alle ultime parole, Goten si sentì gelare. "Che intendi dire?", biascicò.
"Intendo dire che a tuo padre non è mai importato niente di tua madre, sono sempre stati più importanti gli allenamenti. E tu sei come lui, un grandissimo stronzo", gli sputò addosso, cercando di riprendere fiato per poi riattaccarlo.
Senza pensarci due volte, Goten si trasformò in supersaiyan e la bloccò in un attimo. "Prenditela con me, ma lascia fuori la mia famiglia", disse tra i denti, incredulo per come si stava svolgendo quella scena.
Era andato tutto per il verso sbagliato. Avrebbe dovuto fermare Valese fin dall'inizio e non pensare alla buone maniere. Sarebbe dovuto entrare in quel negozio senza lamentarsi. E soprattutto, avrebbe dovuto dare ascolto a Vegeta quando gli aveva detto che andare a fare shopping con sua figlia era un'esperienza traumatica.
Bra si accasciò al suolo, scoppiando a pingere, mentre Goten si ritrasformava, rendendosi conto del casino che avevano causato.
"Andiamo a casa", disse prendendo Bra per un braccio e facendola rialzare.
La ragazza si scrollò dalla presa, asiugandosi le lacrime e guardandolo gelida. "Non toccarmi mai più", mormorò con la voce ancora rotta dal pianto. "E tieniti pure questo anello: puoi regalarlo alla tua puttanella", concluse sfilandosi l'anello e buttandolo ai piedi del ragazzo. "È finita".
Senza guardarsi indietro, raccolse tutte le borse e si alzò in volo.
Goten rimase in piedi, spaesato.
Che cosa aveva fatto? Aveva rovinato tutto nel momento in cui tutto stava andando così perfettamente.
Mentre si abbassava per raccogliere l'anello, gli sfuggì una lacrima. Non poteva essere vero!
Vedendo Valese avvicinarsi, sentì la rabbia nascergli dentro e, con un urlo, si trasformò in supersaiyan e volò fuori, cercando un posto dove potersi sfogare. L'anello che aveva in tasca pesava una tonnellata e mentre volava sopra il mare sentì le lacrime bagnargli gli occhi.
Il ragazzo atterrò su un'isoletta e si sfogò, mentre la sua mente cercava una giustificazione valida.
Mentre distruggeva l'ennesima montagna, prese una decisione: non sarebbe finità lì. A costo di rimetterci la vita, Bra lo avrebbe perdonato.
Era una promessa. E lui manteneva sempre le promesse.

CONTINUA... 

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Capitolo 5
*** Missione: tenete occupato Vegeta! ***


5- MISSIONE: TENETE OCCUPATO VEGETA!

Salve!
Mi scuso davvero per il ritardo, ma ho avuto problemi con il computer e non ho potuto aggiornare per un po', nonostante la storia fosse già pronta.
Spero che non mi abbandoniate proprio alla fine: questo è l'ultimo capitolo.
Ringrazio chi ha letto, recensito e chi ha inserito la storia in una delle liste!

"Forza, pigrone, alzati! Ci sono visite".
La voce squillante di Chichi lo aveva strappato dal mondo dei sogni e riportato alla realtà in modo traumatico.
Goten si girò dall'altra parte, nascondendo la testa sotto il cuscino per non vedere la luce che entrava dalla finestra spalancata, nonostante fosse gennaio. "Ho sonno", biascicò.
"In piedi!", ripetè Chichi, esasperata dal comportamento infantile del figlio. A sorpresa, gli tolse la coperta e il cuscino dalla faccia. "È pronta la colazione".
Sentendo quelle parole, Goten si sedette sul letto, trovandosi davanti la madre dall'espressione furiosa e Trunks, il suo migliore amico che non vedeva da settimane.
"Cosa ci fai qui?", gli chiese infilandosi un paio di pantaloni.
Trunks incrociò le braccia. "Hai dimenticato che oggi dovevamo andare ad allenarci assieme?".
"Non ho voglia", borbottò il moro, cercando una maglietta nel disastro che si ostinava a chiamare armadio.
Chichi sbuffò. "È quasi un mese che sei in questa stanza a marcire!".
Goten abbassò lo sguardo per nascondere gli occhi umidi. Sapeva che si stava comportando da idiota e da codardo, ma davvero non ce la faceva ad uscire da quella camera. L'ultima volta che ci aveva provato, era tornato a casa con un braccio rotto e qualche costola a pezzi. Vegeta l'aveva massacrato e lui non aveva provato neanche a difendersi, sapendo che non lo avrebbero mai ascoltato. Né l'uomo, né la figlia lo avevano degnato più di uno sguardo e alla festa di Natale organizzata da Bulma, Bra l'aveva ignorato per tutta la serata, preferendo chiaccherare con Pan o con Uub come se nulla fosse.
Il ragazzo strinse i pugni, pensando a quell'enorme malinteso. Non sapeva come fare a convincere quei due testardi e con il passare dei giorni ci aveva anche rinunciato.
L'unico che l'aveva ascoltato e capito era stato Trunks, che in quel momento era immobile al centro della sua stanza con un'espressione carica di tristezza.
Solo alzando lo sguardo, si accorse che sua madre era uscita, probabilmente perché si era accorta della reazione del figlio alle sue parole.
"Dovresti parlarle", disse a un certo punto Trunks.
"Non mi ascolterebbe", rispose Goten, buttandosi sul letto e chiudendo gli occhi. "E Vegeta non mi farebbe neanche avvicinare a casa vostra".
Trunks fece un ghigno divertito. "A questo ho la soluzione".
"Che sarebbe legare tuo padre ad un albero mentre parlo con sua figlia?", chiese ironico il moro.
L'amico scoppiò a ridere. "Meglio. Devi solo fidarti di me".
Goten lo guardò negli occhi. Si fidava del suo migliore amico, ma non si fidava del principe dei saiyan. Lo avrebbe fatto a fettine se solo lo avesse visto!
"In ogni caso Bra non mi ascolterebbe", ribattè il moro. Pronunciare quel nome gli faceva sempre uno strano effetto e la mancanza che provava per la ragazza aumentava.
"Diciamo che è in una situazione particolare", mormorò Trunks tra i denti.
"Cioè?".
"Non dovrei dirtelo. Bra mi ucciderebbe, ma...".
"Trunks, vai al punto", lo interruppe Goten, scocciato da quei giri di parole. Perché Bra avrebbe dovuto tenergli nascosto qualcosa di così importante da fare esitare Trunks?
L'amico prese un grosso respiro. "Lo capirai quando la vedrai", si limitò a dirgli, uscendo in volo dalla finestra. "Vieni?".
Goten ci pensò un attimo. Che altre occasioni aveva di parlare con Bra senza Vegeta tra i piedi? Con un balzò, uscì dalla finestra e insieme all'amico iniziarono a volare verso la Capsule Corporation.


Bra era seduta in soggiorno in compagnia della madre. Quella mattina si era sentita ancora male e suo padre l'aveva obbligata a restare a casa, borbottando come al suo solito contro l'infermeria dell'università e gli "stupidi terrestri" che avevano fatto un sacco di storie la settimana precedente.
Bra sospirò. Sapeva di avere deluso molto il genitore, ma quella era una scelta tutta sua e niente e nessuno le avrebbe fatto cambiare idea.
Forse.
In quel momento, sentì l'aura del fratello avvicinarsi. Si concentrò un'attimo e riconobbe un'aura familiare, che avrebbe riconosciuto fra mille.
Non fece in tempo ad alzarsi, che i due ragazzi entrarono dalla porta della cucina, lasciata aperta per sbaglio da Bulma.
"Che sta succedendo?", esclamò la donna, alzando lo sguardo dai suoi calcoli. "Oh", fu tutto quello che riuscì a dire quando vide l'ospite inatteso.
"Ciao Bulma", la salutò Goten, imbarazzato.
"Mamma, puoi lasciarci soli?", intervenne Trunks, prendendo la sorella per un braccio e costringendola a sedersi di nuovo sul divano.
Bulma lanciò uno sguardo interrogativo al figlio, per poi guardare la figlia e Goten e uscire dal soggiorno borbottando un "Bah, ragazzi!".
Da quando era entrato in casa, Goten si era sentito strano, come se ci fosse qualcosa di diverso. Quando Bulma uscì, quella situazione si accentuò e vedendo Bra abbassare lo sguardo ferito e triste, gli venne un dubbio.
"Bene", lo precedette Trunks prima che potesse dire qualcosa. "Adesso voi chiarirete questo stupido malinteso senza scannarvi. Io farò da protettore delle parti", disse ridendo e sedendosi sulla poltrona.
La sorella lo fulminò per la battutaccia. "Non c'è nessun malinteso da chiarire", si limitò a dire stringendo un cuscino e ignorando lo sguardo di Goten.
"Se mi ascoltassi, capiresti che in realtà tutto questo è un malinteso", ribattè questo, stringendo i pugni. In tasca, aveva l'anello che Bra gli aveva lanciato quel giorno al centro commerciale ed era più deciso che mai a rimetterglielo al dito.
"Anche quel bacio era un malinteso?", scoppiò, riferendosi al bacio di Valese.
Goten sospirò. "MI è saltata addosso e non ho fatto in tempo a spingerla via", precisò, esasperato.
"Hai una forza sovraumana. Certe scuse non attaccano, Son".
"Sei davvero testarda", sbottò Goten. "Io sto facendo di tutto per riconciliarmi con te, ma sembra che tutti i miei sforzi a te non interessino. Forse non valgo abbastanza per te, principessa", urlò. A quel punto, tra la strana sensazione di disagio e la rabbia, aveva perso il controllo. Non sopportava la gente che lo prendeva in giro e il comportamento di Bra lo stava ferendo nel profondo. Se non voleva convincersi, significava solo che non le importava più nulla di lui e forse non le era mai importato.
"Non sono io quella che si diverte con gli altri, Goten!", sbraitò la ragazza con gli occhi lucidi. "Tu hai baciato Valese sotto i miei occhi e chissà cos'altro mi hai tenuto nascosto. Come posso fidarmi di te?".
"Valese ha baciato me", esclamò Goten. "E non ti ho mai tradita, perché ti amo!".
Bra aprì la bocca per ribattere ma quelle ultime parole le bloccarono il fiato in gola. "Come faccio a sapere che non mi stai mentendo?", singhiozzò, nascondendo la testa nelle ginocchia. Quel bacio l'aveva distrutta e aveva distutto la fiducia che riponeva nel ragazzo. Non era facile per lei perdonare un torto e per orgoglio preferiva non dire niente che ammettere di avere sbagliato.
"Guardami". Goten le si avvicinò e le prese le mani. In quel momento in cui i loro occhi si incontrarono, tutto il rancore e la tristezza scomparvero. Bra capì che aveva fatto male a dubitare di lui. Nei suoi occhi leggeva quanto fossero vere le sue parole. Quegli occhi dei quali si era innamorata non le avevano mai mentito e per questo gli credette, dandosi della stupida perché non aveva pensato prima a quello che li univa.
Bra lo abbracciò, appoggiando la testa sulla sua spalla e sfogando tutta la tensione e la tristezza che quel mese di distanza aveva accumulato.
Quando sentì le braccia del ragazzo stringerla a se, si ricordò di un'altra cosa che doveva dirgli.
"Goten", mormorò sciogliendo l'abbraccio e guardandolo negli occhi. Non sapeva come dirglielo ed esitò, cercando le parole giuste per spiegargli quel segreto. "Devo dirti una cosa".
Goten le sorrise, abbracciandola di nuovo. "Lo so, piccola. E sono sicuro che sarà una bambina, bella e buona come la sua mamma".
Bra scoppiò di nuovo a piangere, un po' per gli ormoni e un po' per la felicità. Goten aveva capito e l'aveva perdonata. Avrebbero avuto un figlio insieme e lo avrebbero amato con la stessa intensità con cui si amavano loro.
"Lo avevo detto che siete due idioti", s'intromise Trunks, ridendo.
I due lo imitarono, ritrovando quella felicità che sembrava persa.
Il treno deragliato era tornato sui suoi binari e la loro vita poteva continuare insieme. Il loro bambino avrebbe avuto una famiglia meravigliosa, unita dalla forza della fedeltà.
L'anello tornò al suo posto, sul dito di Bra e quella sera, a cena, i due ragazzi annunciarono il loro fidanzamento.
Di nuovo.
E questa volta per sempre.

THE END

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