Come sempre di Lady Lynx (/viewuser.php?uid=80352)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Capitolo 1 ***
Capitolo 2: *** Capitolo 2 ***
Capitolo 3: *** Capitolo 3 ***
Capitolo 1 *** Capitolo 1 ***
cap1
Come sempre
Capitolo 1
E' un'incognita ogni sera mia...
Un'attesa, pari a
un'agonia. Troppe volte vorrei dirti: no!
E poi ti vedo e tanta
forza non ce l'ho!
Il mio cuore si ribella
a te, ma il mio corpo no!
Le mani tue, strumenti
su di me,
che dirigi da maestro
esperto quale sei...
[Minuetto, Mia Martini]
“Il Quidditch è solo uno sport.”
Un sorso di Whisky Incendiario, prima di adagiare il bicchierino sul
tavolino di legno e afferrare la Gazzetta del Profeta del mattino.
“Il Quidditch fa guadagnare anche se perdi. Quindi non
è importante vincere.”
Le dita si strinsero convulsamente attorno alla prima pagina, le unghie
entrarono nella fragile carta lacerandola in più punti, un
rumore sinistro si levò nella stanza vuota. Strinse gli
occhi
per leggere meglio le parole stampate in caratteri minuscoli, quasi
illeggibili alla fioca luce delle candele profumate che aveva
disseminato attorno a sé.
“La giovane promessa del Quidditch britannico sembra non
avere
più alcuna intenzione di mantenere le sue promesse.
Sarà
forse giunto il momento di lasciare spazio a colei che la sconfisse
più volte sul campo, ma anche in amore? [Continua a pag.
3]”
Il suo stomaco brontolò, un po’ per la fame, un
po’
per il nervoso. Il Quidditch era solo un gioco, certo. Ma la gente non
faceva altro che prendersi gioco di lei, da quando il Cercatore della
Francia le aveva soffiato il Boccino da sotto il naso durante
l’ultima partita.
Era colpa sua se
l’Inghilterra non era passata alla semifinale della Coppa del
Mondo.
Era colpa sua
se i giornali la sbeffeggiavano e i ragazzini stracciavano le figurine
che la ritraevano.
Era colpa sua
se la Gazzetta tornava ad osannare Ginevra Weasley – una
tuttora gravida
Ginevra Weasley – e a riproporla come Cercatrice della
Nazionale inglese.
Era colpa sua, ma non di lei. Di lui.
La porta si aprì senza il minimo preavviso imposto
dall’educazione, alimentando la sua rabbia. Le sarebbe
bastato
anche solo un leggero bussare o un flebile
“permesso”.
Cho non si girò, sapeva già di chi si trattava.
Aveva
imparato a riconoscere il suo respiro, il rumore dei suoi passi sul
parquet del corridoio, i suoi sospiri, e il cuore impazziva quando se
lo ritrovava a pochi metri di distanza.
Lo odiava profondamente.
Eppure il suo profumo le era già entrato nelle narici,
sovrastando le essenze di vaniglia e patchouli sprigionate dalle decine
di candele appostate su ogni superficie disponibile.
- Spogliati. -
Esplicito e diretto come sempre. Le aveva posato le mani sulle spalle,
restando dietro di lei, assumendo il controllo della situazione. Cho
arrotolò il giornale che aveva in grembo e lo
abbatté con
forza su uno degli artigli
che tormentavano la sua vestaglia di seta. Lui emise un gemito di
sorpresa, più che di dolore, e strinse gli occhi a fessura
quando la vide alzarsi fulminea dal divano per fronteggiarlo testa a
testa.
- Esci immediatamente di qui. -
- Precisamente, quanti bicchierini di quel coso hai bevuto
stasera? - replicò l’uomo con tono di scherno,
accennando con la testa alla bottiglia di Whisky mezza vuota
abbandonata sul tavolino.
- Non è affar tuo. Esci di qui. -
- Mi sembri nervosa, stasera… -
Cho strinse i denti, frustrata, fissandolo mentre aggirava
l’ostacolo del divano per avvicinarsi a lei.
- Colpa della tua presenza qui. -
Lui fu scosso da una risata e si accomodò con noncuranza sul
divano, riempiendo poi di Whisky il bicchierino da cui poco
prima
aveva bevuto lei e svuotandolo in un solo fiato.
- Bene, se stasera non posso avere direttamente le tue labbra, le
avrò indirettamente. Le avrò comunque. -
La lingua uscì dalla sua umida casa per leccare le gocce
ambrate
rimaste su quei due petali di rosa – troppo morbidi per
essere di
un uomo – in un chiaro invito. Cho fremette di desiderio e si
strinse al petto la vestaglia di seta, prima di parlare.
- Non dovresti bere alcolici, domani hai una partita. -
Lui fece spallucce e allungò la mano destra, approfittando
di
quel momento di debolezza per accarezzarle la coscia scoperta. Cho
sentì le gambe tremare, ma restò a testa alta.
- Allora offrimi un’alternativa. -
La mano salì fino alla cintura, afferrandola. La
strattonò verso di sé, facendole perdere
l’equilibrio già precario, e lei finì
prigioniera
tra le sue braccia. Come sempre.
E vieni a casa mia, quando vuoi,
nelle notti più che mai,
dormi qui, te ne vai,
sono sempre fatti tuoi.
Tanto sai che
quassù male che ti vada avrai
tutta me, se ti
andrà per una notte...
... E cresce sempre
più la solitudine,
nei grandi vuoti che mi
lasci tu!
Respirava profondamente, mentre dormiva. Ormai sapeva che dopo
l’amplesso non avrebbe mai ricevuto le coccole che ogni donna
desiderava, e si era abituata a quel quieto abbandono. Non poteva
pretendere niente da lui, in fondo. Non poteva neanche permettere che
qualcuno scoprisse la loro relazione, non poteva fare niente. Era
impotente.
Si strinse le braccia attorno al corpo nudo, in un tentativo di
abbracciarsi e coccolarsi da sola. Non capiva cosa la facesse sempre
cedere alla passione. Era così arrabbiata con lui, quella
sera,
era furiosa,
e poi…
Gli occhi le si chiusero, in un movimento lento, il sonno conciliato
dalla monotonia del respiro sibilante che entrava e usciva dal suo
orecchio.
“Non posso addormentarmi. No, questa volta lo
aspetterò
sveglia e poi lo affronterò. Non può cavarsela
sempre
così…”
Si diede un forte pizzicotto al braccio, sussultando. Il sudore le
imperlava ancora la fronte e la schiena, facendola sentire sporca. Per
non parlare della situazione disastrosa al piano di sotto.
Si alzò lentamente, attenta a non svegliarlo, ed
entrò
nel bagno. Lo specchio le rimandò un’immagine di
sé
scarmigliata e devastata. Si passò distrattamente una
lavetta
sul corpo accaldato, cercando di pulire almeno il grosso, progettando
un lungo e confortante bagno caldo per il mattino seguente.
“Così innocuo mentre dorme, così feroce
da sveglio…”
Si infilò di nuovo sotto le coperte, l’umore
risollevato
dal familiare profumo all’arancia del suo sapone liquido. Si
rilassò, in qualche modo. Si tradì da sola,
perché
si addormentò e quando – all’alba di
mezzogiorno
passato – riaprì gli occhi, vide che lui non
c’era
più. Come sempre.
Quella sera non si presentò.
Passata la mezzanotte, Cho si rassegnò a riscaldare la pizza
nel
forno e a riporre vestaglia di seta e autoreggenti. Si sentiva
estremamente stupida ad aspettarlo tutte le sere, vestita nel modo
più eccitante possibile, quasi fosse stata una donna di
facili
costumi in attesa del suo cliente migliore. Tuttavia erano mesi
–
quasi un anno – che non poteva farne a meno. Quando il sole
iniziava a calare, lei apriva il cassetto della sua biancheria intima e
pescava qualcosa che fosse degno di una notte di passionale amore.
“Certo, amore,
come no. Povera illusa.”
Sapeva benissimo che con lui andava avanti solo per pura attrazione
fisica, come sapeva che lui la soggiogava con la sottile minaccia di
poterla screditare davanti agli occhi dell’intera Inghilterra
magica.
Cho Chang non era mai stato un nome molto apprezzato, ma se la sua
relazione – quella
relazione – fosse venuta allo scoperto, sarebbe stata la sua
rovina. Avrebbe come minimo dovuto cambiare continente, per essere
lasciata in pace.
Dopo aver indossato un pigiama di ciniglia, - lilla con pecorelle
candide, l’immagine della sensualità -, estrasse
la pizza
dal forno e si mise a sbocconcellarla.
Nonostante tutto, le mancava. Le sere in cui lui giocava erano sempre
vuote, prive di significato. Non c’era neanche il dubbio che
potesse arrivare all’improvviso a tenerla
sull’attenti,
perché era certa che sarebbe stata sola.
D’altronde,
nemmeno lui poteva essere contemporaneamente in un letto e sul Campo da
Quidditch.
Era infinitamente più bello quando si trovavano entrambi nel letto
o sul Campo da Quidditch.
Peccato che, per sua disgrazia, non le fosse concesso vincere in
nessuna delle due occasioni.
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Capitolo 2 *** Capitolo 2 ***
cap2
Capitolo 2
Rinnegare una passione no,
ma non posso dirti
sempre sì e sentirmi piccola così
tutte le volte che mi
trovo qui di fronte a te.
Troppo cara la
felicità per la mia ingenuità.
Continuo ad aspettarti
nelle sere per elemosinare amore...
“La Francia passa in finale. Affronterà la Croazia
nell’ultima partita della Coppa del Mondo.”
Sospirò, tentando di far sciogliere il peso che le opprimeva
il
petto. Quella sera lui sarebbe arrivato per festeggiare, ne era certa.
Però lei non voleva farsi trovare.
Osservò con attenzione la foto che lo ritraeva, sorridente,
mentre veniva intervistato dal giornalista della Gazzetta del Profeta.
La didascalia recitava: “Graham Montague, Capitano e
Cercatore
della Nazionale francese, candidato per il prestigioso premio Boccino
d’Oro di quest’anno.”
Sarebbe stato sufficiente sostituire ‘Cho Chang’ a
‘Graham Montague’ e ‘inglese’ a
‘francese’ per ottenere una probabile visione di
come
sarebbe stata la prima pagina della Gazzetta di quel giorno se solo lei
non si fosse lasciata corrompere. O forse era meglio dire minacciare? O
ricattare?
Si sentiva una nullità quando Graham si presentava a casa
sua
senza nemmeno avere la decenza di avvertire, ma era lei ad averglielo
permesso fin dall’inizio.
Tre anni prima, quando lo aveva incontrato, era ingenua e sola. Seduta
al tavolino esterno dell’Hotel di Roma dove la sua Nazionale
era
alloggiata in previsione dell’amichevole Inghilterra
–
Francia, rimuginava sulla piattezza della sua vita dal giorno della
morte di Cedric. Era un avvenimento accaduto molti anni prima, ma non
poteva negare che avesse lasciato diversi strascichi nel suo modo di
vedere le cose. Le sembrava impensabile avere un altro fidanzato per
paura di perderlo. Così si era gettata anima e corpo nel
Quidditch, una volta uscita da Hogwarts, ed era entrata a far parte di
una piccola squadra fino ad essere poi accettata nella squadra che
tifava da quando aveva sei anni: i Tutshill Tornados.
Nonostante questi suoi successi, Cho non era mai stata molto amata dal
pubblico. In particolare quando giocava contro le Holyhead Harpies,
contro la Cercatrice Ginny Weasley. I giornalisti, per raccogliere
materiale su cui costruire le notizie, intervistavano i giocatori prima
delle partite e la Weasley – che era entrata a far parte di
una
squadra del “vero e proprio campionato” pochi mesi
dopo
essere uscita da Hogwarts, ovvero tre anni prima che ci riuscisse Cho
– non risparmiava le frecciatine nei suoi confronti. Il
pubblico,
naturalmente, identificandola come la fidanzata di Harry Potter e
quindi come donna dalla condotta irreprensibile,
non poteva fare a meno di accettare le sue affermazioni come vere e
quindi di odiare la Cercatrice che le si opponeva.
Cho pensava di sapere perché la Weasley ce
l’avesse
così tanto con lei: di certo aveva a che fare con Harry, con
la
relazione che avevano avuto ai tempi della scuola. Però le
sembrava assurdo che una donna ormai adulta potesse aggrapparsi a
così poco; i suoi compagni di squadra, infatti, le dicevano
spesso che forse la Weasley la temeva anche da un punto di vista
sportivo.
Tuttavia le sembrava una paura infondata, dato che Ginevra otteneva
sempre abbastanza facilmente il ruolo da Cercatrice Titolare durante le
convocazioni alle varie partite della Nazionale inglese. Cho rimaneva
sempre in panchina, da Cercatrice Sostituta, sperando dentro di
sé che la Weasley prima o poi si schiantasse da qualche
parte.
Nel 2005, però, l’allenatore della
Nazionale si era
accorto che qualcosa era cambiato nella Weasley: volava più
lentamente, sembrava essersi ingrossata e si muoveva in modo goffo.
Scoprirono che era incinta, e finalmente il tanto agognato ruolo di
Titolare andò a Cho.
Per quel motivo si trovava a Roma e in quella circostanza aveva
conosciuto – o meglio, incontrato di nuovo –
Montague. Le
si era avvicinato con nonchalance, offrendole un tè, e lei
aveva
accettato con piacere la sua compagnia. Da tempo non faceva una
piacevole chiacchierata con qualcuno, essere una giocatrice implicava
numerose trasferte e la sua migliore amica Marietta non era mai stata
una molto incline a lasciare il suo paesino natale e le sue
comodità. Inoltre i suoi compagni di squadra, forse sotto
sobillazione di quella vipera di Ginevra, le rivolgevano la parola solo
svogliatamente, come se le facessero un favore. Cho non sapeva
l’italiano e aveva passato tutta la giornata precedente in
quasi
totale silenzio.
Quando Montague le aveva raccontato chi fosse e le aveva ricordato che
anche lui era stato uno studente ad Hogwarts, lei non aveva potuto fare
a meno di manifestargli tutta la sua simpatia. Si era sentita
finalmente accettata da qualcuno, poi, quando lui si era complimentato
con lei per l’ultima vittoria riportata dai Tornados sui
Cannoni
di Chudley – la squadra preferita da quello stupido di Ronald
Weasley. Le aveva offerto la cena, avevano passeggiato per la
città, erano andati a letto e avevano dormito insieme.
In mezza giornata, si era invaghita e aveva gettato all’aria
anni e anni di sudati allenamenti.
Ma se n’era accorta troppo tardi.
Dopo quella prima notte di passione avevano iniziato a vedersi ancora,
e ancora, e ancora.
Fino alla sera dell’amichevole, quando per amore di Montague
aveva lasciato che fosse lui a prendere il Boccino fingendo di perdere
il controllo della scopa.
Lo amava, che male ci sarebbe stato a perdere un’amichevole?
Ma la cosa non si era fermata lì, tutte le sere che
precedevano
un incontro Francia – Inghilterra erano segnate da una visita
di
Graham che, tra baci e carezze, le strappava la promessa che lei non
avrebbe preso il Boccino.
Era andata avanti così fino a quando, nel 2006,
l’allenatore non l’aveva minacciata di espellerla
dalla
squadra. Una minaccia debole, considerando che l’unica
persona in
grado di sostituire Cho era Ginevra Weasley – una donna che
in
quel periodo aspettava il secondo figlio. Inoltre, Cho sembrava
incapace di vincere solo contro la Francia, mentre contro tutte le
altre Nazionali e con i Tornados era la stessa Cercatrice di sempre. Le
era stata data un’altra possibilità.
Nel 2007, la Weasley si era ripresa “il posto che le
spettava” – almeno da quanto emergeva dalla sua
dichiarazione alla Gazzetta del Profeta. Cho era scivolata di nuovo
nelle retrovie e improvvisamente Montague era sparito dalla sua vita.
L’Inghilterra, quell’anno, aveva vinto i Campionati
Europei
proprio contro la Francia.
Lei aveva cercato di togliersi quell’imbroglione dalla testa,
per
quanto passasse le notti a rigirarsi nel letto per il desiderio,
dicendosi che non sarebbe mai più riuscito a circuirla e che
non
ne avrebbe più avuto motivo. Ma pochi mesi dopo, quella vacca
della Weasley – sì, era proprio così
che aveva
pensato in quella circostanza – era rimasta di nuovo incinta.
E
lei era tornata ad essere Titolare, con suo grande sgomento.
La sera dopo l’annuncio ufficiale della sostituzione della
Weasley, Graham era tornato nel suo letto. Ci aveva provato, almeno.
Lei l’aveva respinto, lo aveva insultato, si era rifiutata di
assecondarlo.
Lui le aveva detto che avrebbe potuto rovinarla: se avesse raccontato
ai giornali che avevano una relazione da anni, nessuno avrebbe faticato
a trovare un motivo a tutte le partite perse dall’Inghilterra
contro la Francia quando lei era la Cercatrice Titolare della squadra
inglese. Aveva le prove per dimostrarlo.
Cho non aveva potuto ribellarsi.
Proprio come quella notte, quando Graham entrò nella sua
stanza
per festeggiare la qualificazione della sua squadra per la finale e la
sua nomina per il Boccino d’Oro.
Lei, nonostante la rabbia e la frustrazione, lo lasciò fare.
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Capitolo 3 *** Capitolo 3 ***
gj
Capitolo 3
E la vita sta passando su noi,
di orizzonti non ne vedo mai!
Ne approfitta il tempo e
ruba come hai fatto tu,
il resto di una
gioventù che ormai non ho più...
E continuo sulla stessa
via, sempre ubriaca di malinconia,
ora ammetto che la colpa
forse è solo mia,
avrei dovuto perderti,
invece ti ho cercato.
Finse di dormire, e quando lo sentì spostare le lenzuola per
andare in bagno spalancò gli occhi.
La luce flebile del primo sole mattutino le permetteva di distinguere a
malapena i contorni dei mobili nella stanza. La luce accecante che si
era accesa in lei, invece, le mostrava i suoi dubbi e le sue
motivazioni in tutta la loro spigolosa grandiosità.
Uscì a sua volta dal letto, sospirò profondamente
quando sentì il rumore dello sciacquone. Pochi minuti e
avrebbe dovuto affrontarlo. Estrasse la bacchetta dal cassetto del
comodino.
Graham aprì la porta del bagno, si chinò con
gesti meccanici per raccogliere i pantaloni dal pavimento, se li
infilò mentre con lo sguardo cercava la camicia. Poi
incontrò il suo sguardo, la sua bacchetta, e a Cho
sembrò che impallidisse nella penombra.
“Sei… sveglia?”
“Acuta osservazione, Montague. Dobbiamo parlare.”
Percepì il suo panico, il suo sgomento. Era un Serpeverde,
dopotutto, e il Cappello Parlante non sbagliava mai.
Tenendolo sotto tiro, si alzò in piedi e fece sprizzare
qualche scintilla di avvertimento dall’arma. Non aveva un
piano preciso, sperava solo di spaventarlo abbastanza da ridurlo al
silenzio.
“Sono stanca di essere usata come una sgualdrina, Montague.
Non voglio più mettere al repentaglio la mia carriera per
te, non voglio più che tu veda la mia casa o le mie stanze
come tue, non voglio più vederti. Quindi vorrei che tu te ne
andassi, magari senza aprire quella boccaccia infida… magari
senza aprirla mai più per pronunciare il mio nome.”
“E’ quindi questo che ti preme, Chang?”,
ribatté lui, improvvisamente spavaldo come sempre
“Vuoi buttarmi fuori dalla tua vita, ma senza far sapere al
mondo che ti ho scopata e che ti è piaciuto? Non illuderti,
o la libertà o la dignità.”
“Avrò entrambe.”
“Tu credi? E come pensi di convincermi?”
Cho rimase in silenzio. Non sapeva cosa fosse giusto fare, ogni idea
che le passava per la mente avrebbe potuto metterla in un sacco di
guai. Era soggiogata, lo sapeva, ma non poteva mollare proprio quando
aveva trovato un briciolo di coraggio per reagire.
“Tu hai approfittato del mio isolamento e della mia debolezza
per arrivare dove sei arrivato. Se la stampa dovesse scoprire che tutte
le tue vittorie sono stata anche frutto di una mia rinuncia,
sicuramente non ti verrebbe assegnato il Boccino d’Oro.
Inoltre, io passerei per la sciocca sciacquetta che si è
venduta… ma tu passeresti per il ricattatore, che
è forse peggio. Non credi?”
Montague la fissò con sguardo vacuo, quasi indifferente. Si
allacciò la camicia, le passò di fianco
spingendola da parte, se ne andò senza dire una parola.
Cho non sapeva se, il mattino seguente, avrebbe trovato la sua foto
affissa sulla prima pagina della Gazzetta del Profeta –
esposta al pubblico ludibrio.
Sapeva solo che forse, finalmente, era riuscita a spezzare la
maledizione che la condannava ad amori con giocatori di Quidditch. Ad
amori in cui lei faceva la parte di colei che veniva dominata, usata,
era la smidollata.
Anche con Cedric era stato così, tante volte aveva rischiato
di far perdere Corvonero solo per poter vedere il viso del suo
fidanzato illuminarsi per la vittoria della squadra di Tassorosso.
Eppure aveva amato Cedric, e odiava così tanto
Montague…
O forse no. Forse sarebbe rimasto tutto come sempre.
Minuetto suona per noi, la mia
mente non si ferma mai.
Io non so l'amore vero
che sorriso ha...
Pensieri vanno e
vengono, la vita è così...
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