Every piece of your heart

di Astrea_
(/viewuser.php?uid=144693)

Disclaimer: Questo testo proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Lista capitoli:
Capitolo 1: *** With just one look. ***
Capitolo 2: *** Whatever it takes, it's fine. ***
Capitolo 3: *** Under the lights tonight. ***
Capitolo 4: *** Who do you think I am? ***
Capitolo 5: *** Different date every night. ***
Capitolo 6: *** Closer, maybe looking closer. ***
Capitolo 7: *** Always like na na na. ***
Capitolo 8: *** Under your nose. ***
Capitolo 9: *** Blow a kiss, take it back. ***
Capitolo 10: *** You're messing with my head. ***
Capitolo 11: *** You just like to know you can. ***
Capitolo 12: *** So keep in mind. ***
Capitolo 13: *** It just won't feel right. ***
Capitolo 14: *** You don’t really want my heart. ***
Capitolo 15: *** I still feel it every time. ***
Capitolo 16: *** But they stay close. ***
Capitolo 17: *** Circles, we're going in circles. ***
Capitolo 18: *** I might just die inside. ***
Capitolo 19: *** How I wish that was me. ***
Capitolo 20: *** Just a beautiful mistake. ***
Capitolo 21: *** Loved to see me breaking. ***
Capitolo 22: *** If we could only turn back time. ***
Capitolo 23: *** It’s just something that you do. ***
Capitolo 24: *** And I lost the moment again. ***
Capitolo 25: *** Stop the tape and rewind. ***
Capitolo 26: *** I’ll take you to another world. ***
Capitolo 27: *** Everything about you. ***
Capitolo 28: *** You’re my kryptonite. ***
Capitolo 29: *** Only you. ***
Capitolo 30: *** More than this. ***
Capitolo 31: *** The beat of my heart. ***



Capitolo 1
*** With just one look. ***


Cap 1

Every piece of your heart

With just one look.

Guardai l’orologio per la quindicesima volta in soli sette minuti, ma le lancette sul quadrante mi parvero nella stessa ed identica condizione di poco prima. I secondi scorrevano lenti, quasi interminabili, per non parlare poi dei minuti che mi parevano lunghi almeno quanto secoli, se non millenni.
Inevitabilmente sbuffai, incrociando le braccia al petto e tamburellando a ritmo costante il piede sulle mattonelle del lungo, lunghissimo, infinito corridoio che precedeva la sala. Sì, odiavo l’attesa ed odiavo il fatto che non ci sarebbe stato alcun premio di consolazione al termine di quel supplizio.
La fila continuava a procedere davvero troppo lentamente per i miei gusti e le urla sempre più acute ed eccitate delle migliaia di ragazzine cominciavano a darmi sui nervi.
Era dalle otto di quella mattina che me ne stavo in piedi, cercando di entrare in quella stramaledettissima sala per far autografare quello stramaledettissimo cd da quegli stramaledettissimi mocciosetti, che, tra l’altro, erano arrivati appena due ore fa, alle undici, con ben tre quarti d’ora di ritardo sulla scaletta del programma di quella giornata.
I classici ragazzini viziati, mi ritrovai a pensare facendo un piccolo passo in avanti, alla conquista di appena altri venti centimetri.
Iniziai a dubitare davvero delle mie capacità di resistenza, ero sicura che da un momento all’altro avrei mandato tutto all’aria e me ne sarei tornata a casa. Mi maledissi ancora per quella malsana idea che la settimana prima mi era balenata per la testa in un momento di pura pazzia generato da una miriade di sensi di colpa che mi stritolavano il cuore e la testa, riducendo il cervello in brandelli, cosicché non potessi pensare razionalmente. Sì, quella non era affatto stata una scelta razionale.
Perché mi trovavo nel posto sbagliato nel momento sbagliato?
Ritornai frettolosamente con la mente al lunedì della settimana precedente, come per volermi ricordare del motivo che mi spingeva a rimanere ancora lì, irritata e spazientita come non mai, ma con i piedi ben saldi sul pavimento.
“Come cazzo hai potuto farmi una cosa del genere?”, aveva urlato la mia migliore amica con il tono di voce più alto di almeno un’ottava rispetto al suo solito.
Non che me ne intendessi di musica, sia chiaro, ma davvero per poco non ci era mancato che il suo vicino di casa non accorresse da noi per vedere cosa fosse successo di tanto grave.
“Tutto bene ragazze?”, aveva chiesto sua mamma dal piano di sotto.
Io, Ludovica e Rossella eravamo in camera di quest’ultima, chiuse dentro a discutere ormai da oltre mezz’ora.
“Si, mamma. Tranquilla!”, aveva borbottato Ross all’indirizzo della madre, che probabilmente si era fermata alla prima rampa di scale, ormai abituata ai nostri toni di voce particolarmente alti.
Rossella tornò con lo sguardo su di me e per un attimo ne ebbi davvero paura, sembrava davvero volesse uccidermi.
“Andiamo Rosy, alla fine non l’ha mica fatto di proposito!”, cercò di tranquillizzarla Ludo che se ne stava docilmente seduta sul tappeto ai piedi della lettiera.
Rossella si fece più vicina a me che ero seduta sul suo letto a gambe incrociate, puntandomi l’indice contro.
“Tu!”, sibilò a denti stretti con gli occhi serrati in due piccole fessure.
“Io.”, replicai quasi in tono ironico, non riuscendo in alcun modo a prendere seriamente quell’assurda situazione.
“Lo sai vero che era il mio regalo di compleanno quello che hai buttato nella spazzatura?”, mi chiese in tono retorico, conoscendo ormai sin troppo bene la risposta.
Sospirai ed abbassai il capo, colpevole.
Sì, il giorno prima i genitori le avevano regalato tre biglietti per uno stupidissimo concerto di una stupidissima band che tanto adorava. Logicamente lei aveva pensato anche a Ludovica, perché discreta fan, e me, più che altro per tenerle compagnia.
Quando poi erano venute a casa mia per vedere un film, Ross aveva avuto la pessima idea di portare i biglietti appena ricevuti con sé ed io, convinta che si trattasse di carta straccia inserita tra le mille riviste che avevamo da poco finito di leggere, li avevo buttati nel cestino.
Bel casino, no?
“Te l’ho detto un milione di volte che mi dispiace!”, provai ancora a dirle, nel tentativo di giustificarmi.
“E poi comunque festeggeremo i tuoi diciotto anni! Cosa te ne fai di un concerto quando possiamo andare a divertirci in discoteca?”, proposi, accompagnando le parole con il migliore dei miei sorrisi.
Lei mi fissò come se fossi una specie unica sulla terra, uno di quegli strani animali che tengono rinchiusi in gabbia per studiare perché di simili non ce ne sono, e per un istante pensai che forse lei non era poi del tutto d’accordo con me.
“Non era un concerto qualsiasi! Era IL concerto! L’ultimo del tour, l’unica tappa in Italia!”, aveva sbraitato enfatizzando sul primo articolo determinativo.
“E va bene.”, mi arresi. “Ne comprerò altri a spese mie.”, dichiarai scrollando le spalle.
Ludo si lasciò andare ad una leggera risata, ma io non ne compresi il motivo, non da subito perlomeno.
Il viso di Rossella si fece ancora più rosso e furioso, per quanto ovviamente fosse possibile. Sembrava che da un momento all’altro sarebbe scoppiata, o che avrebbe cacciato il fumo dalle orecchie un po’ come le vecchie locomotive a vapore, provocando quel fastidioso e assordante rumore.
Mi ritrassi leggermente.
“Ti pare che non ci abbia provato? Mi hai preso per una stupida?”, mi accusò piegandosi con la schiena per portarsi a qualche spanna dal mio viso.
“Secondo te cosa ho fatto fino ad un’ora fa?”, ringhiò.
Lei era ancora in piedi, con le mani sui fianchi e un’espressione palesemente adirata sul volto.
“Sono finiti, geniaccio della lampada!”, annunciò poi con un sorrisetto forzato e piuttosto incazzato.
Non sapevo cosa altro dire o poter fare.
“Forse te lo devo dire in inglese? Sold out!”, aveva ripreso lei con tono sarcastico.
“Dai Ross, ora basta! Che ne poteva sapere lei?”, cercò di difendermi Ludovica, spostandosi accanto a me sul letto.
“Ma se non parlavo di altro da mesi!”, replicò lei, sbuffando.
Sì, lei e il suo maledettissimo concerto, ecco perché non me n’ero ancora andata.

Ero riuscita ad infilarmi nella fila grazie all’amica di mia cugina quella mattina dei primi di dicembre, ovviamente Rossella non ne sapeva assolutamente nulla.
Le avevo comprato un cd, identico a quello che già aveva. Non avevo potuto prendere il suo perché sicuramente se ne sarebbe accorta dieci secondi dopo la sparizione e avrebbe finito per minacciare mezza casa, per poi prendersela con me ed il mio mancato interesse per quel gruppo che, a quanto sembrava, pareva essere la causa di tutti i problemi.
Mi ero svegliata di buon ora quel giorno e avevo deciso che avrei fatto di tutto per far autografare la copertina dagli autori, con tanto di dedica personalizzata, per poi regalarlo alla mia amica.
Almeno questo glielo dovevo.
I sensi di colpa mi stavano divorando.
Avanzai ancora lungo la fila, ormai doveva mancare davvero poco. Intravedevo già una serie continua di flash che ad intermittenza illuminavano ancora di più la sala che ormai si apriva davanti ai miei occhi.
Non era particolarmente grande, anzi, ma nonostante ciò più della metà era lasciata libera.
Tutte le ragazze, infatti, erano accalcate sul fondo, dove dedussi si dovessero trovare questi benedetti ragazzi. Per quel che ne sapevo, dovevano essere seduti dietro un lungo tavolo a mettere la loro firma un po’ ovunque.
Mi lasciai andare ad un altro sospiro e finalmente entrai.
La ragazza rossa dietro di me si fece scappare un urlo di gioia mista ad eccitazione. La squadrai torva, prima di tornare a guardare davanti a me, facendo altri lenti passi.
Era quella la reazione che avrei dovuto avere anche io?
Pensai che probabilmente se anche Ludovica e Rossella fossero state con me, di certo non sarebbero state da meno, soprattutto l’ultima. Così, pensai bene di non badare ai commenti sempre più elettrizzati delle ragazze che mi circondavano e alle voci stridule che si levarono non appena raggiungemmo l’agognato tavolo. Alcune invocavano dei nomi, giungendo le mani quasi come se stessero pregando, altre erano in preda al panico, paralizzate alla vista di quelli che dovevano essere i loro idoli. Poi, le più audaci, si lasciavano andare a commenti e sguardi maliziosi nel vano tentativo di ottenere qualcosa in più di una semplice firma, ed in fine c’erano quelle che urlavano e basta, senza motivo, senza smettere.
Scossi la testa, come rassegnata.
“Hi!”, mi salutò un ragazzo biondo che più o meno aveva potuto avere la mia stessa età.
Riconobbi subito il suo viso, associandolo ad uno dei cinque ragazzi dei poster che Rossella teneva sulla parete accanto al letto in camera sua.
“Hi.”, ricambiai il saluto con poca enfasi.
Lui mi fece un sorriso, ma quella volta non mi impegnai neppure a sembrare educata o contenta, quindi passai subito alla mia richiesta.
Gli porsi il cd che tenevo in mano, sperando che capisse un minimo di italiano, perché a me di parlare inglese non andava proprio.
Al primo tentativo lui corrucciò la fronte, nella chiara espressione di chi non avesse capito una sola lettera delle mie parole.
Sbuffai e cercando di rimanere calma gli chiesi in un perfetto inglese di autografare quel fottutissimo cd e di fare una dedica ad una tizia di nome Rossella. Gli feci anche lo spelling, per essere sicura che, tonto come mi era sembrato, non sbagliasse a scrivere il nome della mia amica.
Il ragazzo mi accontentò, così passai a quello successivo.
Questa volta non ci provai neppure a parlare italiano, convinta che in inglese avrei sicuramente fatto prima.
Mi sorrise anche questo ed io ricambiai.
Aveva dei lineamenti dolci e degli occhi marroni, i capelli castani, ma non mi soffermai ad analizzarlo con più attenzione.
“Sure!”, acconsentì poi, una volta che gli ebbi chiesto di scrivere nome e cognome su quel pezzo di carta che tanto stavo odiando in quel momento.
Fui costretta ad attendere qualche secondo prima di poter passare al terzo, colpa della ragazzina davanti a me che si era bloccata a contemplare il tipo che le stava seduto di fronte.
“Ciao!”, mi disse questo in uno stentato italiano, fissandomi con quegli occhi azzurri.
Lo guardai corrugando la fronte e lui parve non capire le mia reazione.
Che si aspettava qualche urletto eccitato?
Dedussi, dunque, che almeno un po’ della mia lingua la capisse.
“Puoi autografare questa copertina e scrivere qualcosa tipo a Rossella?”, gli chiesi mimando le virgolette sulle ultime due parole.
Questa volta fu lui a corrugare la fronte, facendomi capire che, in realtà, lui l’italiano lo capiva ben poco.
Mi sorrise, come per scusarsi del fatto che non avesse compreso un’acca.
Bene, ci mancava pure il coglione di turno!
“Testone che non sei altro! Ti ha chiesto di autografare il suo cd! Dai, sbrigati ad accontentare questa bella ragazza!”, aveva tradotto il suo amico lì accanto sporgendosi nella nostra direzione.
Voltai il mio sguardo stizzito verso di lui e solo allora mi accorsi di quelle profonde pozze verdi tanto chiare da ricordarmi vagamente il colore dell’oceano in una di quella cartoline di posti tropicali.
Aveva i capelli scuri, quasi neri, che gli cadevano in ricci scombinati sulla fronte. La sua pelle era chiara e le sue labbra rosse erano piegate in un sorriso tanto invadente quanto presuntuoso ed arrogante. Sulle guance si scavarono due piccole fossette.
“Capisco l’inglese, quindi evita certi tipi di commenti e firma anche tu quella cazzo di copertina.”, gli intimai con gli occhi ridotte a due fessure.
Lui, se possibile, sorrise ancora di più e quel suo sorriso mi rese ancora più nervosa di quanto già non lo fossi.
Il tipo dagli occhi blu annuì all’amico e fece come gli aveva detto, poi mi sorrise e passai al riccio.
Mi squadrò per un millesimo di secondo, mentre si passava veloce la lingua sulle labbra per inumidirle, poi mi sorrise.
“Come hai detto che ti chiami?”, mi chiese quello in un perfetto italiano, ammiccando in mia direzione.
Ma era pazzo o cosa?
“Non l’ho detto, a dir il vero. Scrivi che è per Rossella e basta.”, ordinai per liquidarlo il prima possibile.
Lui abbassò lo sguardo sulla copertina, per poter fare ciò che gli avevo detto, ma non smise di parlare.
“La scusa dell’amica è piuttosto vecchia, non credi?”, replicò alzando lo sguardo sull’ultima parola, avendo appena finito di scrivere.
I nostri sguardi si incrociarono, ma fu soltanto un attimo, prima che io li feci roteare spazientita.
“Non ti ho detto che Rossella è una mia amica, ti ho detto solo di scrivere quel nome.”, gli feci notare con aria saccente.
Lui rimase spiazzato per neppure un decimo di secondo, tanto che mi trovai a pensare che si era trattato soltanto di una mia impressione, poi accentuò ancora il suo sorriso, alzando l’angolo sinistro della bocca.
Ma sorrideva sempre?
“Forza, dovete scorrere!”, ordinò poi il tipo con giacca e cravatta che controllava il regolare svolgimento dell’attività.
Non me lo feci ripetere due volte e passai all’ultimo componete del gruppo, ma a lui prestai ancora meno attenzione che agli altri, troppo presa com’ero dal fatto che di lì a pochi istanti sarei uscita finalmente fuori.
Firmò anche lui, così guardai la copertina soddisfatta.
Vicino alla testa di ognuno di quei tipi c’era un nome, che dedussi fosse quello delle rispettive facce. Due mandavano un bacio a Rossella, un altro un abbraccio, poi c’era una strana parola che decifrai come carota, pur non afferrandone il senso, ed una dedica che sembrava essere uscita da un bacio perugina: “Che la tua vita sia dolce come una torta!”, diceva.
Sgranai gli occhi, poi presi un lungo respiro liberatorio.
Non seppi neanche io il perché, ma prima di uscire definitivamente dalla sala mi voltai per guardare un ultima volta in direzione di quel tavolo e per uno strano motivo i miei occhi si incrociarono per un’altra frazione di secondo con quelle pozze verdi.
Poi, come scossa, mi voltai di scatto e con passo veloce oltrepassai la porta che dava sul vialetto, pronta a tornare soddisfatta a casa.

---

Angolo Autrice

Allora, chiarisco un paio di punti che credo necessitino speigazioni.

Per prima cosa devo dire che io non sono una Directioner, non nel vero senso della parola almeno, 

anche se questi ragazzi mi paicciono veramente tanto, sia come cantanti che come personaggi!!!

In realtà ho da poco scoperto questo gruppo ed ovviamente, credo che in molte potranno capirmi, mi sono follemnete innamorata di Hazza!*-*

Insomma, tutto questo per dire che se ci sono eventuali errori riguardo alle descrizioni o ai gusti di Louis, Naill, Zayn, Liam o Harry... chiedo venia, insomma!xD

Altra cosa imoportante: non uccidetemi, vi prego!! Davvero, io non penso mica quello che scrivo!

Il primo capitolo è poittosto lunghetto, ma mi serviva per presentare bene la situazione.

Dunque, lei odia i One Direction, ma il destino ha in serbo per questa ragazza davvero tante, troppe, sorprese!

Spero che alemno questa prima parte vi sembri interessante... a voi la parola!!!

Se avete consigli o altro, fatevi avanti perchè, ripeto, non so tutto a riguardo!

I titoli dei vari capitoli, come vedrete, sono presi dai testi delle canzoni dei One Direction, 

ovviamente si tratta dei pezzi cantati dal caro Harry!;)

Ultima cosa, ovviamente so che non sono stati in concerto a Roma, ma mi serviva da presupposto per farli incontrare!xD

Mi pare di aver detto tutto, anche perché ho scritto un angolo autrice spropositatamente lungo!

Al prossimo capitolo!:*

                                                                                                                                                                                                                   Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 2
*** Whatever it takes, it's fine. ***


2

Every piece of your heart

Whatever it takes, it’s fine.

Quando arrivai a casa, entrando nel salotto, ero ancora più nervosa di prima, per quanto ciò fosse possibile.
Avevo provato a chiamare Rossella almeno una decina di volte, ovviamente non ricevendo alcuna risposta.
“Mamma, sono a casa!”, urlai sbattendo senza molta cura il portone principale alle mie spalle.
Non mi giunse alcuna risposta, così mi spostai in sala.
Spalancai gli occhi per la sorpresa quando vidi Rossella intenta a bere del tè al limone con mia madre e Ludovica al seguito.
“E tu cosa ci fai qui?”, le domandai lasciando cadere pesantemente la borsa a terra.
Ero davvero esausta.
“Grazie per gli auguri, eh!”, mi canzonò lei, ma era evidente che non fosse arrabbiata.
Sul suo viso era disegnato un sorriso che definire a trentadue denti sarebbe stato davvero riduttivo.
Era talmente di buon umore che in quel momento pensai si fosse completamente dimenticata di quel dannatissimo concerto che tanto mi stava facendo penare.
Le sorrisi a mo’di scusa e mi avvicinai a lei, aprendo le braccia. Ross si alzò per venirmi in contro, così da poterci abbracciare.
“Mi dispiace per i biglietti Ross!”, sussurrai tra i suoi capelli.
La sentii annuire comprensiva e rilassata sulla mia spalla.
Le era passata prima del previsto, almeno!
“E comunque auguri, diciottenne!”, aggiunsi subito dopo, stampandole un sonoro bacio sulla guancia.
“Grazie! Ora manchi solo tu, diciassettenne!”, mi prese in giro tornando a sedersi sul divano accanto a Ludo.
Mia madre era sparita dalla circolazione, ma non mi preoccupai di cercarla.
“Com’è che oggi non sei venuta a scuola?”, mi chiese Ludovica dopo che ci fummo salutate adeguatamente.
Sorrisi istintivamente immaginando la reazione che le mie amiche avrebbero avuto, soprattutto la festeggiata, tra pochi, pochssimi minuti.
“Diciamo che sono stata impegnata.”, dichiarai rimanendo sul vago, cercando di suscitare il loro interesse.
Le vidi annuire, ma evidentemente le mie parole non sortirono su di loro l’effetto desiderato.
Per un istante si voltarono, guardandosi negli occhi, quasi potessero comunicare con uno sguardo. Rimasi spiazzata per quel gesto di complicità che non potei condividere.
Rossella aveva preso a battere le mani freneticamente, mentre Ludovica rideva a metà tra l’isterico e l’eccitato.
Cosa stava succedendo?
“Dobbiamo dirti una cosa!”, annunciò trionfante Rossella sporgendosi verso di me che mi ero appena appollaiata sulla poltrona.
La guardai con fare scettico e preoccupato. Il suo tono di voce non prometteva nulla di buono.
“Dite, allora!”, le incitai visto che continuavano a rimanere in silenzio.
“Abbiamo i biglietti!”, urlarono in contemporanea saltando all’in piedi, per poi gongolare dalla felicità.
Sgranai gli occhi.
Cosa? Come? Ed io che come una stupida avevo pure perso una giornata di scuola!
Cercai di sembrare entusiasta, del resto era il minimo che potessi fare dopo il casino che avevo combinato.
Mi alzai e mi avvicinai a loro per abbracciarle, visto che ancora non sembravano calmarsi.
“E come avete fatto?”, chiesi palesemente sorpresa.
Loro continuavano a fare piccoli saltelli, lasciandosi scappare di tanto in tanto delle urla di gioia, unite a parole sconnesse che procuravano solo altre risate. Cercai di sorridere anche io.
Bene, tanta fatica per nulla!
Finalmente dopo qualche minuto parvero accorgersi di me, così Ross mi puntò lo sguardo addosso.
“Mio padre sapeva che ci tenevo troppo al concerto dei One Direction, così ha fatto carte false per quei biglietti! Pensa, abbiamo persino i pass per il backstage! Del resto questo è l’ultimo concerto prima di Natale, l’ultimo anche del tour! L’unico in Italia e per giunta proprio qui a Roma! Non potevo assolutamente perdermelo!”, urlò stordendomi un timpano.
“Evviva!”, urlacchiai anch’io, senza convincere nessuno però.
Quasi mi sentii una stupida per quello stupido regalo che avrei voluto farle, al confronto non era nulla.
Sentivo una sensazione di disagio mista ad imbarazzo avvolgermi completamente dalla testa ai piedi.
La guardai bene. Aveva il volto disteso, le labbra piegate in una risata euforica e travolgente.
Gli occhi le luccicavano al solo pensiero di poter andare a quel concerto.
Senza rendermene neppure conto mi trovai a ridere con lei.
Non mi interessava delle ore sprecate, di quanto odiosa fosse stata quella mattinata e non mi interessava neppure del fatto che il giorno successivo li avrebbe incontrati di persona, anzi. Ero davvero contenta per lei, per loro.
“Ross, so che ora non ha molto senso visto gli ultimi sviluppi”, iniziai attirando la sua attenzione.
Lei si voltò verso di me, rimanendo in silenzio mentre mi fissava curiosa con quegli occhi azzurri come il cielo.
Anche Ludo parve bloccarsi all’istante, richiamata dal suono incerto della mia voce.
Con calma, quasi per creare la suspense di cui quel moneto necessitava, recuperai la borsa ed estrassi il cd da essa. Loro avevano lo sguardo fisso sulle mie mani.
Per un istante mi concentrai sui loro visi e, sì, erano davvero tanto buffi che non riuscii a trattenere una risata. Pendevano dalle mie labbra, come se da esse dipendesse vita o morte di entrambe.
Intuii che avevano capito cosa stringevo tra le mani quando vidi Ludovica portarsi le mani al cuore, mentre Rossella si copriva gli occhi incredula.
“Buon compleanno!”, le dissi allegra consegnandole la custodia del cd.
Lei per un istante esitò, quasi avesse paura di afferrarlo.
Possibile che cinque marmocchi giocassero certi brutti scherzi sulle persone? Sì, su Rossella si.
Lo prese con delicatezza, come se potesse rompersi da un momento all’altro. Se lo rigirò delicatamente tra le mani, senza aprirlo.
Scorreva lenta con le dita sui volti dei cinque ragazzi raffigurati sulla copertina.
Lu si avvicinò di poco, per poter meglio vedere il prezioso relitto che la nostra amica stringeva tra le mani.
Erano assurde! Neanche fosse stato un cd dei Beatles!
“Non dirmi che è quello che credo che sia.”, balbettò fermandosi più volte sulla pronuncia delle varie parole, come se avesse perso la capacità di parlare di punto in bianco.
“Dai, non fare tante mosse e aprilo!”, la incitai, ormai al limite della tolleranza.
Era davvero odiosa quando faceva così!
Lo scrutò ancora un po’, poi si decise a seguire il mio consiglio.
“Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh”, fu la reazione di entrambe quando videro delle scritte sul retro.
Mia madre accorse veloce dalla cucina, preoccupata, arrestandosi solo sulla soglia dell’arco che dava sul salotto.
“Che succede qui?”, ci chiese tremante come una foglia, palesemente spaventata.
“Nulla, ho dato a Rossella il suo regalo di compleanno.”, riuscii a dire prima di essere travolta letteralmente da un uragano, per finire scaraventata sul divano.
“Grazie, grazie, grazie, grazie, grazie.”, continuava a dirmi abbracciandomi e baciandomi sulle guance.
Intravidi Ludovica contemplare la copertina del cd tra le sue esili mani.
E da quando era fan anche lei? A saperlo ne prendevo due!
“Sei la migliore amica del mondo!”, continuò Ross ancora su di me.
Mi misi a ridere, contenta della sua reazione.
“Wow!”, esclamò poi Lu, avvicinandosi a noi.
“Stronzetta, a saperlo venivo con te!”, mi canzonò giocosamente.
“Veramente è stato un colpo di fortuna! Fino all’ultimo secondo non sapevo se alla fine ce l’avrei fatta! Non vi ho detto nulla perché non volevo deludervi nel caso in cui non ci avessero fatte entrare!”, spiegai tornando a sedermi.
Loro mi sorrisero, ma quel momento di complicità tra di noi durò poco, davvero troppo poco.
“Che c’è?”, chiesi dopo che entrambe ebbero puntato uno sguardo minaccioso sopra la mia testa.
Cosa avevo fatto questa volta?
“Non crederai mica che ora tu sia esonerata dal concerto, vero?”, mi domandò retorica Lu pesando bene le parole, come per suggerirmi la risposta giusta.
In effetti, pensandoci, magari ora… insomma, a me quei tipi non piacevano neppure!
I loro sguardi, tuttavia, furono sufficientemente eloquenti.
L’idea di rimanere a casa la sera successiva se ne andò via dalla mia testa tanto velocemente quanto era arrivata. No, non avevo scampo.
Sospirai, in segno di resa.
“E va bene, vengo con voi.”, concessi, ma prima che potessero esultare nuovamente mi trovai ad alzare l’indice in direzione dei loro volti, quasi con fare intimidatorio.
“Ma basta con queste urla o giuro che faccio sparire anche questi biglietti!”, le intimai.
Loro mi sorrisero, per nulla spaventate dalle mie parole, e mi abbracciarono trionfanti, come delle bambine a cui la mamma aveva appena comprato dello zucchero filato al luna park.
Sì, bastava davvero poco a renderle felici! E con quel poco, ovviamente, s’intendeva una band formata da cinque mocciosetti.
Sorrisi, del resto un concerto non aveva mai ucciso nessuno.

---



Angolo Autrice
Salve a tutte(i)!!! Allora, ecco il secondo capitolo...
Sì, è un po' più corto del primo, ma mi farò perdonare con i prossimi!;)
Per prima cosa devo chiarire un punto che avevo dimenticato di menzionare l'altra volta:
per ovvie esigenze di copione (?), Harry parlerà italiano, altrimenti sarebbe stato un casiono farli comunicare!xD
Passando, invece, alle cose importanti, voglio ringraziare quelle meravigliose che hanno semplicemente letto,
ma ancora di più Smiler_4_Ever e valedirectionerforever per aver inserito la storia tra l preferite, grazie!
*me fare gli occhioni dolci*
Ringrazio poi anche Lenis che invece ha inserito la storia tra le seguite.
*me fare ancora gli occhioni dolci*
Che altro dire, spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Però, ecco... se siete arrivate fin qui... insomma, qualche recensione farebbe comunque molto piacere!
Al prossimo capitolo! :*
                                                                                Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 3
*** Under the lights tonight. ***


3

Every piece of your heart

Under the lights tonight.

Non avevo messo nulla di particolare o di appariscente per quella sera. Sin da subito, infatti, avevo optato per indumenti comodi, pratici e caldi, per essere pronta ad ogni evenienza. Così mi ero ritrovata con dei semplici jeans stretti e scuri e un delizioso, ma soprattutto di lana, maglioncino grigio perla. Mi ero poi ben attrezzata con cappotto, sciarpa, guanti e persino cappello, non essendo del tutto sicura di ciò che mi aspettava. Anzi, sarebbe stato più corretto dire che non ne avevo la più pallida idea.
Sapevo solo che di lì a dieci minuti, Ludovica e Rossella avrebbero bussato alla mia porta per portarmi via con loro, ovviamente con ben cinque ore di anticipo, per prendere il posto in prima fila.
Non riuscivo a coglierne l’esigenza, soprattutto da quando avevo scoperto che il pass ci avrebbe reso possibile accedere ai primi posti anche arrivando pochi minuti prima dell’inizio del concerto.
Tuttavia, non avevo opposto troppa resistenza ed alla fine avevo fatto decidere a loro.
Il concerto sarebbe iniziato alle nove ed erano appena le quattro.
Sbuffai sonoramente quando suonarono alla porta.
“Mamma, scappo! Ci vediamo stasera, anche se non so di preciso per che ora.”, le dissi stampandole un bacio sulla guancia.
“Mi raccomando! Stai attenta!”, mi aveva ricordato lei, prima che uscissi di casa, chiudendo il portone alle mie spalle.
Ludovica e Rossella mi saltarono letteralmente addosso, eccitate come non mai.
Sorrisi anch’io, del resto avevo deciso che almeno per quella sera avrei fatto finta che quei cantanti piacessero anche a me.
Terminati i saluti, ci dirigemmo verso l’auto di Ludovica, ormai maggiorenne da quasi un anno.
“Ma come ti sei conciata?”, mi chiese Lu puntando con lo sguardo al maglioncino che si intravedeva sotto il capotto nero, ancora sbottonato, mentre metteva in moto.
“Cos’ho che non va?”, le chiesi dandomi un ulteriore occhiata.
Il maglioncino era favoloso, non a caso era tra i miei preferiti, il cappotto nero era sormontato sulla parte superiore da una sciarpa bordò che richiamava il colore del cappellino di lana che avevo in testa e cadeva libera fino a sfiorare la pancia. I guanti, almeno per ora, li avevo lasciati in borsa.
Rossella fece roteare gli occhi, come se stesse parlando con una ragazza senza speranze.
Senza aggiungere altro, sbottonò i primi bottoni del suo cappotto e mi fece intravedere la maglietta che indossava sopra ad un lupetto nero: una maglia bianca con delle scritte.
Normale, se non fosse stato che quelle scritte dicevano I Love One Direction.
Istintivamente scoppiai in una fragorosa risata, quasi a volerla prendere in giro. Mi sembravano delle ragazzine alle prese con la prima cotta alle elementari.
“Smettila di fare la cretina.”, mi rimproverò Ross tirandomi un buffetto sulla testa.
“Scusa.”, riuscii a dire ancora sogghignando. “Ma siete troppo buffe! Andiamo, non credete di essere un po’ troppo cresciute per queste cose? A giugno prendiamo la maturità!”, esclamai ancora tra le risate.
Loro mi guardarono torve.
“Sarai anche una cervellona che ha fatto la primina”, iniziò Lu, per difendersi, visto che lei era la più vecchia.
“Ma tu non sai assolutamente cosa significa essere fan di una band!”, terminò annuendo convinta.
“Non dirmi che anche tu hai messo la maglia…?!”, dissi scettica.
La mia non era una domanda, quasi un timore.
“Sì e ne sono fiera ed orgogliosa!”, aveva decretato puntando per un secondo il suo sguardo su di me, poi era tornata a concentrarsi sulla strada.
Scoppiai in un’altra fragorosa risata, che non fece altro che irritarle ancora di più.
“Non ci credo!”, mi lamentai tenendomi la pancia per il dolore. “Alla fine Rossella ha contagiato anche te!”, balbettai tra un sorriso e l’altro.
“Come se essere una Directioner fosse una malattia!”, borbottò lei.
“Una Directioche?”, chiesi, ormai fuori controllo.
Non ricevetti alcuna risposta.
“Uffa, quanto siete noiose!”, mi lamentai smettendola di ridere. “Piuttosto ragazze, perché non provate i brani prima dello spettacolo? Non sia mai che non ricordiate le parole!”, le presi in giro ancora un po’.
“Ahahahah.”, fece Rossella, imitando una risata.
“Dai, però dobbiamo ammettere che è simpatica.”, mi concesse Ludo dal posto di guida.
Sorrisi, questa volta lasciando da parte le battutine.
“Prometto che stasera mi comporterò bene!”, dissi portando una mano al petto e alzando l’altra a mezz’aria.
“Sapevo che l’avresti detto!”, trillò entusiasta Rossella, quasi come rinata dopo le mie parole. “E non provare a rifilare una di quelle tue rispostacce a quei fantastici ragazzi, quando saremo nel back stage!”, mi minacciò.
“Solo perché tecnicamente stasera sei tu la festeggiata.”, spiegai, ma ovviamente non era quello il motivo.
Ci teneva talmente tanto ad incontrare quella band che mai e poi mai avrei fatto qualcosa per rovinarle quel momento, mai.
Il resto del tragitto lo trascorremmo a parlare di interessi comuni quali moda e, soprattutto, ragazzi.
Tuttavia fu su quel punto che la scia dell’euforia che attanagliava ancora gli animi di Ludovica e Rossella parve resuscitare, ancora più potente di prima.
“Ma smettila tu, tanto i tipi della nostra scuola non sono nulla se paragonati a Louis!”, esclamò con gli occhi a cuoricino ed un sorriso ebete stampato sulla faccia.
“E chi sarebbe questo?”, chiesi, non avendo ancora capito il repentino cambio di argomento.
Ovviamente le due occhiatacce che mi guadagnai mi servirono a comprendere che si trattava di un membro di quella dannatissima band.
Cominciava a darmi davvero sui nervi il fatto che ogni discorso, ogni frase, ogni parola fosse direttamente riconducibile a quei cinque mocciosetti.
“Ma tanto è fidanzato!”, continuò Ludovica, come a non voler alimentare false speranze.
Se Rossella era la regina dell’imprevedibilità e della vivacità, Ludovica di certo era quella della concretezza e della responsabilità. Io mi limitavo a fare danni a destra e a sinistra.
Ross si sistemò i lunghi capelli rossi con fare giocosamente seducente, poi sbatté più volte le palpebre, scoprendo e comprendo ripetutamente i suoi bellissimi occhi azzurri.
“Cara.”, disse per richiamare Ludovica. “I fidanzamenti sono fatti per essere rotti!”, aggiunse quasi come se ci stesse confessando un segreto.
Scoppiammo a ridere ed io la guardai ancora per un po’ mentre si dava delle finte arie.
Sì, noi tre eravamo davvero molto diverse. Rossella era una rossa pazza scatenata, Ludovica una riflessiva e timida bionda ed io ero la sfrontata combina guai.
Non ero bella come lo erano loro due.
Sì, insomma, Rossella era di quella bellezza seducente, magra con tutte le curve al posto giusto, e di certo non si faceva troppo scrupoli ad usarla come arma.
Ludovica, al contrario, era di una bellezza eterea. Aveva la pelle chiara, i capelli biondi, gli occhi di uno strano azzurrino coronato da mille pagliuzze grigie.
Io, invece, ero la più banale del trio. Bassa, molto più bassa delle due mie amiche, arrivavo a stento ad un metro e sessantacinque d’altezza contro i dieci centimetri che loro si trovavano in più, castana e con gli occhi marroni.
Ma nonostante ciò, mi piacevo e mi piacevo per davvero.
Quando finalmente arrivammo, mancavano pochi minuti alle cinque, tuttavia le transenne erano già gremite di ragazzine infreddolite che attendevano l’apertura dei cancelli che sarebbe avvenuta di lì ad un ora.
“Lo sapevo io che dovevamo venire prima!”, borbottò Rossella scendendo dall’auto con lo sguardo truce fisso sulla coda infinita che si apriva davanti a noi.
“Dai, tanto abbiamo i pass!”, la rincuorai sorridendole alzando l’angolo sinistro della bocca.
L’angolo sinistro della bocca.
Quelle parole, quel pensiero, mi ricordava qualcosa di indefinito, una specie di immagine sfocata i cui contorni si perdevano ulteriormente nella memoria. Era come se quella scena l’avessi già vissuta, forse in un modo diverso però.
“Ehi, ti vuoi muovere o no?”, mi chiese Ross, fissandomi con le mani poggiate sui fianchi.
“Tutto bene?”, mi chiese invece Ludovica poggiandomi un braccio sulle spalle.
Annuii, evidentemente mi ero assorta talmente tanto nei miei pensieri da averle fatte preoccupare.
Quando arrivammo dai soliti tipi in giacca e cravatta, più o meno gli stessi che avevo visto il giorno precedente all’incontro, mostrammo i pass.
Mi sorprese il fatto che loro non obiettarono nulla, al contrario, sorrisero e ci diedero indicazioni accurate e minuziose sulla strada da percorrere.
Inutile dire che tutta l’area che era stata riservata al concerto era ancora completamente vuota, fatta eccezione per una decina di persone, probabilmente dotate anche loro del lasciapassare.
Solo allora mi resi conto delle dimensioni spropositate di quel posto.
Era talmente grande che non riuscivo a definirne i limiti con nitidezza e precisione, nonostante i miei dieci decimi suggerissero una vista perfetta.
Indugiai ancora sulla vastità di quella zona ed inevitabilmente mi ritrovai a pensare come fosse possibile che un gruppo di diciannovenni riuscisse a riempirla.
Che pagassero delle comparse per tappare i buchi?
Forse, ma solo forse, non dovevano poi essere tanto male
, mi ritrovai a riflettere mentre venivo trascinata per il polso del braccio destro da Rossella.
“Questo sarà il nostro posto! Dopo lo spettacolo chiederemo ai gentilissimi signori qui davanti.”, disse indicando due uomini, sempre in giacca e cravatta, probabilmente responsabili della sicurezza, “Di portarci dietro le quinte per conoscere i One Direction!”, ci informò concludendo la frase che per qualche secondo aveva lasciato in sospeso.
Ci accovacciammo davanti alle transenne, al centro esatto del palco e con un’infinta pazienza, attendemmo il lento scorrere delle successiva quattro ore.
Inutile dire che dal momento in cui avevano aperto i cancelli, l’atmosfera si era fatta decisamente più movimentata. Ragazzine piccole ed impertinenti cercavano di arrivare ovunque, tentando la scalata alla transenna che delimitava la prima fila.
Così, vista la mia naturale dote poco incline alle buone maniere di facciata, ero stata delegata al ruolo di controllore e mi era toccato più volte fare presente alle quindicenni in piena crisi ormonale che spingere non avrebbe portato a nulla, se non a trasformarci in sardine in scatola.
Mancava ormai poco all’inizio del concerto, così per un attimo mi voltai.
Rimasi sconvolta nel costatare che tutta l’area riservata al pubblico era stata occupata, tutta.
Cioè, prima poteva essere paragonata al deserto sperduto in chissà quale parte dell’Africa, ma ora ogni metro, ogni centimetro, era occupato da migliaia e migliaia di persone.
“Wow.”, quasi sussurrai attirando l’attenzione delle due mie amiche, che si voltarono compiaciute ad osservare quanta altra gente fosse venuta ad acclamare i loro idoli.
Forse questi One Non So Cosa non piacevano solo a Rossella e Ludovica.
Mi voltai pochi attimi dopo, distratta dalle urla dei fan che facevano sentire tutto il loro calore ancor prima che il concerto iniziasse.
Fu questione di pochi secondi.
Le luci si accesero, illuminando il buio che fino ad allora aveva regnato sovrano, poi furono attivati dei fumi che coprirono veloci tutta la parte bassa del palco. Le urla erano sempre più intense, potevo quasi sentire i miei timpani ribellarsi. Infine, fu il turno della musica. Non appena venne emessa la prima nota il pubblicò andò letteralmente in delirio. Le voci che avevo sentito prima erano soltanto sussurri se paragonate a quelle che seguirono l’ingresso sul palco dei cinque cantati.
“Hi Rome!”, salutò uno, alzando un braccio per sventolarlo in aria.
“LIAM!”, gridò senza alcun ritegno Ludovica, sorprendendomi non poco.
Quella band faceva uno strano effetto alle mie amiche.
Altre urla, altre acclamazioni, altre grida stridule.
“Stay up all night!”, disse energicamente un altro al microfono.
“Zayn!”, sentii strillare dalla ragazza dietro di me.
Bene, ci mancava solo la classica fan sfegatata che conosce a memoria tutte le parole delle canzoni dietro le tue spalle!
“Hello guys!”, continuò il terzo raggiungendo gli altri due sul palco.
Partì subito un coro che mi parve acclamare a ritmo costante il nome di Niall.
Cercai di non sbuffare mentre Lu e Ross mi lanciavano sguardi di pura eccitazione che purtroppo non riuscivo a ricambiare a dovere.
“Hi carrots!”, salutò il quarto.
Questa volta fu Rossella a farmi prendere un quasi infarto.
“LOUIS!”, sbraitò come una cagna in calore.
Sorrisi divertita da quella scena.
Forse le avrei dovute registrare mentre vedevano il concerto, quello sì che sarebbe stato divertente!
“Roma facci sentire tutto il tuo calore!”, aveva infine esclamato il quinto in italiano.
Italiano.
Fu come se ogni tassello andasse improvvisamente al suo posto, come se tutti i pezzi del puzzle corressero veloci a trovare la propria posizione fino a combaciare tutti perfettamente.
Il presuntuoso pervertito che parla italiano!, mi suggerii una vocina nella mia testa, ricordando la mattina precedente.
Le grida, se possibile, si triplicarono al sentire quelle parole.
Fu in quel momento che il primo ragazzo che era salito sul palco avvicinò il suo microfono alla bocca ed intonò le prime parole di una canzone, accompagnato dalla musica assordante che penetrava fino alle ossa: il concerto era iniziato.

---



Angolo Autrice
Ecco il terzo capitolo... sì, lo so, non succede nulla di interessante, diciamo che è uno di quei cosiddetti capitoli di passaggio,
ma non preoccupatevi: il prossimo è già pronto quindi dovrei pubblicarlo prestio, prestissimo! ;)
Diciamo che mi serviva dello spazio per parlare anche di Rossella e Ludovica,
volevo introdurle meglio come personaggi all'interno della storia.
Ovviamente, lo ribadisco ancora una volta, Harry deve per forza parlare italiano,
altrimenti avrebbero avuto serie difficoltà a capirsi!xD
E poi a lui le italiane piacciono!!*-*
Passando alle cose serie, ringrazio ancora tutti coloro che leggono,
chi segue la storia e chi l'ha inserita tra le preferite...
non immaginate neppure quanto mi rendiate contenta!!!! *-*
Un ringraziamento speciale però devo assolutamente farlo a valedirectionerforever,
è merito tuo se sto pubblicando ora e non domani mattina!!ù.ù
Mi pare di aver detto tutto...
Ah, ultimissimissima cosa: le recensioni sono semrpe ben gradite!!!
Al prossimo capitolo!! :*

                                                                                                                                                          A
strea_

Ritorna all'indice


Capitolo 4
*** Who do you think I am? ***


4

Every piece of your heart

Who do you think I am?

Due ore dopo il concerto volse al termine. Finalmente.
Fui costretta ad ammettere, solo mentalmente sia chiaro, che tutto sommato le canzoni non erano tanto male. 
Ovviamente nulla se confrontate a quelle dei miei adorati Muse e Coldpaly, ma comunque orecchiabili e simpatiche.
Dovetti anche riconoscere il fatto che quei cinque ragazzi sapessero intrattenere attivamente il pubblico e sul palco erano davvero molto disinvolti, tanto che spesso si trovarono a metter su scenette comiche che mi fecero scoppiare a ridere.
Certo, in alcuni atteggiamenti veniva fuori ancora il loro lato infantile, ma questo potevano concederselo tranquillamente visto che non avevano neppure vent’anni.
“Andiamo!”, esclamò trillando Ross, afferrandomi per un braccio, pronta a seguire Ludovica che invece era in testa al piccolo trenino che formavamo.
Oltrepassammo i cancelli e un tipo in giacca a cravatta ci portò sul retro del palcoscenico.
“Non posso crederci!”, continuava a ripetere la rossa gongolando di felicità.
“Tra poco li vedremo da vicino!”, rincarò la dose l’altra, entusiasta come non mai.
“Che emozione!”, mi feci scappare ironica.
Mi incenerirono con lo sguardo.

Sì, l’avrei smessa con quei commenti poco consoni al momento.
Entrammo in quelli che dovevano essere i camerini e ad attenderci, seduti su dei bassi divanetti, trovammo loro: i One Direction.
Descrivere la reazione che ebbero le mie amiche fu qualcosa di veramente difficile, visto che successero troppe cose contemporaneamente.
Sgranai gli occhi e cercai di analizzare tutto a rallentatore, come nei film, per capire cosa stesse succedendo.
Appena eravamo entrate, i ragazzi si erano alzati per venirci in contro e salutarci.
Ross e Ludo si erano scambiate uno sguardo di pura elettricità, poi Ludo mi aveva afferrata per il braccio, quasi stritolandomelo, probabilmente per evitare che un urlo spropositato uscisse dalla sua bocca.
Fu solo questione di un attimo prima che quei cinque marmocchi accennarono a cinque diversi sorrisi e fu in quel preciso istante che le mie amiche persero definitivamente il controllo.
Ludovica iniziò a piangere silenziosamente per l’emozione, mentre continuava a torturare il mio braccio, mentre Rossella iniziò a saltare sul posto, come fosse impazzita.
La guardai divertita, cercando di trattenere le risate e lo stesso fecero anche quei tipi.
“Hi.”, salutò quello con i capelli biondi che avevo capito si chiamasse Niall.
Le mie amiche non risposero, troppo emozionate com’erano.
Tirai un lungo respiro e decisi di prendere in mano la situazione, almeno per evitare il protrarsi di quella inconfondibile figura di merda.
“Ciao! Come va? Non fate caso alle mie amiche, sono davvero entusiaste di incontrarvi e questo è il loro modo per dimostrarlo!”, dissi in un perfetto inglese, frutto di anni ed anni di studio.
Loro sorrisero con fare comprensivo, come se fossero abituati a tutto questo.
“I’m Louis!”, si presentò uno porgendo la mano in nostra direzione.
“Ma noi il tuo nome lo conosciamo benissimo!”, trillò Rossella, evidentemente appesa ripresasi dallo shock, con gli occhi sognanti.
“Mi piace tantissimo la tua voce!”, aggiunse poco dopo afferrando la mano e stringendola energicamente, come se volesse che sulle sue rimanesse impresso un segno a prova di quel contatto.
“Cioè, mi piace la voce di tutti voi!”, si corresse poi gesticolando con le mani, continuando a parlare in inglese, arrancando e commettendo qualche piccolo errore di pronuncia.
“Bene, allora visto che i nostri nomi li conoscete già, diteci i vostri!”, esclamò il ragazzo con i capelli neri introducendosi nella conversazione.
“Io sono Ludovica!”, si presentò la bionda, piegando le labbra in un delizioso sorriso.
“Io Rossella!”, dichiarò poi l’altra.
Io ero rimasta alle spalle delle due mie amiche, quasi esclusa dal gruppetto, mentre mi godevo la scena che si teneva davanti ai miei occhi.
Fu in quell’istante che percepii lo sguardo di tutti i presenti fisso su di me.
Ludovica indietreggiò leggermente, dandomi una lieve gomitata come per volermi riscuotere, mentre Rossella mi incitava a parlare con una chiara espressione del viso.
“Ah.”, iniziai capendo ciò che dovevo fare. “Io sono Giulia.”, dissi mettendomi in riga con le altre due.
“Sbaglio o non ci siamo già visti?”, mi chiese allora il riccio che fino ad un istante prima era rimasto in silenzio.
Aveva le mani nelle tasche dei pantaloni che portava a vita bassa, molto bassa, una camicia bianca, ormai abbastanza stropicciata a causa di tutto il movimento fatto sul palco, ed una giacca blu.
I ricci gli cadevano più scombinati che mai sulla fronte corrugata, impregnata da qualche piccola gocciolina di sudore.
“Ma sì! Lei è quella del cd per l’amica!”, si ricordò il ragazzo con gli occhi azzurri, portandosi una mano sulla fronte, prima di sorridere.
“Confermo! Era il regalo per il mio compleanno!”, chiarì Rossella intromettendosi nella conversazione.
“Allora non era poi tanto una scusa!”, commentò il riccio.
“Ragazzi, possiamo farci una foto?”, propose poi Ludovica cacciando la macchina fotografica dalla borsa.
“Ottima idea! Ora vado a chiamare…”, stava dicendo quello che capii essere Liam.
“Tranquillo.”, lo interruppi io. “La scatto io!”, mi offrii prendendo l’aggeggio dalle mani della amica.
“E tu non la vuoi una foto con noi?”, mi chiese il riccio dalle pozze verdi e nel suo tono di voce mi parve di cogliere sarcasmo misto a provocazione ed unito a tanta arroganza.
Gli sorrisi forzata, arretrando per poterli prendere tutti nell’inquadratura.
“Non m’interessa.”, dissi semplicemente sotto lo sguardo intimidatorio di Rossella che mi pregava silenziosamente di essere garbata.
Il riccio aggrottò le sopracciglia, prima di lasciarsi sfuggire un sorriso che andava da un orecchio all’altro, scavando due piccole fossette, ma non disse nulla.
Si misero in posa e scattai. A dir il vero ne scattai quattro, volevo essere sicura che ce ne fosse almeno una semplicemente perfetta.
Subito dopo Ludovica e Rossella iniziarono a tartassare, curiose, quei ragazzi, ponendo loro mille assurde domande. 
Si erano accomodate sui divanetti, loro due al centro e il biondo, lo scemo e il ciuffone a sinistra, il cretino e il dolce a destra.
Io me ne stavo ancora in piedi, ma poco dopo, intuendo la brutta e soprattutto lunga piega che aveva preso la situazione, decisi di affiancare il tipo castano con gli occhi marroni, sedendomi anche io.
“E per quanto altro tempo resterete in Italia?”, chiese Ludovica, rivolgendosi principalmente al biondino al suo fianco.
“Avevamo intenzione di visitare Roma, alla fine è una così bella città e nessuno di noi l’ha visitata. Poi il tour è finito e vorremmo prenderci una specie di pausa, una vacanza! Probabilmente resteremo qui per una decina di giorni, ma per Natale di sicuro saremo a casa.”, dichiarò quello, mentre prendeva a morsi un panino che un’assistente gli aveva appena portato.
“Volete?”, chiese poi agitandolo tra le mani.
Scossi il capo per rifiutare e lui si soffermò su Ludo e Ross per cogliere anche le loro risposte.
“No, grazie.”, declinarono poco dopo anche loro.
“Magari potremmo farvi da guide! Noi siamo di Roma, la conosciamo bene la città!”, propose entusiasta Rossella.
“Sarebbe magnifico.”, iniziò il ragazzo con il ciuffo alzato, ma il suo sorriso si incrinò un attimo dopo aver pronunciato quelle parole.
“Però non ci permetteranno di girare per Roma come se…”, iniziò non concludendo la frase, ma capimmo bene cosa intendeva.
“Come se fossimo adolescenti qualsiasi.”, terminò quello con i capelli castani, abbassando leggermente il capo, quasi imbarazzato.
Sbuffai sommessamente, cercando di rimanere calma e zitta.

Possibile che se la tirassero anche quando cercavano di non tirarsela?
Ludovica e Rossella annuirono comprensive e ciò non fece altro che spazientirmi ancora di più.
“Poi sarebbe davvero difficile con le fans!”, continuò il riccio.
Sentivo il sangue ribollirmi nelle vene e le tempie pulsare prepotentemente sulla mia fronte: mancava davvero poco e sarei scoppiata.

Ma chi si credeva di essere?
“Dai Harry, non tirartela troppo!”, lo canzonò giocosamente quello con gli occhi azzurri, scombinandogli con una mano i capelli.
Ecco, quello iniziava a starmi simpatico!
Scoppiarono tutti a ridere, compreso il riccio che si ribellava al tocco dell’amico.
“Non è mica colpa mia se tutte le ragazze vogliono me!”, scherzò facendo spallucce.
Feci roteare gli occhi, poi, senza capirne il perché, né come accadde, il mio sguardo incrociò il suo.
Fu come se per un istante tutto intorno a me si bloccasse, come se non ci fosse più nulla, come se esistessero soltanto quei due occhi tanto grandi e verdi.
Le voci mi parvero giungermi ovattate, tardive e persino le sagome delle figure degli altri presenti mi sembravano troppo sbiadite e lontane.
“Non prendetemi per una sfrontata.”, iniziò Rossella cacciando dalla borsa carta e penna.
La sua voce giunse al mio orecchio come un fulmine a ciel sereno, riscuotendomi da quel breve ed intenso contatto visivo.
Mi voltai imbarazzata in sua direzione, cercando di capire le sue intenzioni, mentre sentivo ancora lo sguardo di Harry puntato sulla mia testa.

Harry? Ora eravamo passati ai nomi? Cretino, ecco come lo dovevo chiamare!
“Questo è il mio numero. Se riuscite a liberarvi e volete conoscere Roma, la vera Roma, chiamateci!”, disse porgendo il bigliettino in direzione dei ragazzi.
Il ciuffo lo afferrò prontamente, sorridendo, o forse avrei dovuto dire ammiccando, in sua direzione.
Rossella sostenne lo sguardo, ricambiando poi il sorriso.

Bene, ci mancava solo che si mettesse a filtrare con quello!
“Ora però si è fatto tardi, noi dovremmo andare!”, disse Ludovica indicando l’orario segnato sul quadrante dell’orologio che portava al polso.
“Grazie mille per il tempo che ci avete dedicato e ancora complimenti per il concerto!”, disse Ross, salutandoli uno per uno con due baci sulla guancia.
“Davvero, dal vivo siete anche molto più simpatici!”, continuò Ludovica, mentre la imitava seguita a ruota dalla sottoscritta.
“Ciao.”, mi salutò poi il riccio in italiano quando poggiò le sue labbra a contatto con la mia guancia.
Non riuscii a capire il perché di quella strana sensazione di vuoto che pervase il mio stomaco e dell’improvvisa debolezza delle mie ginocchia.
“Ciao.”, risposi sempre nella mia bellissima lingua, piegando le labbra in un sorrisetto forzato.
Lui sorrise divertito a pochi centimetri dal mio viso e fu come essere travolta da un fascio di luce luminosa tanto forte da riuscire ad accecarti.

Mi ero forse fumata il cervello?
“È stato un piacere conoscervi, davvero!”, salutò il ragazzo con gli occhi blu.
“Si, speriamo di rivederci in giro!”, aggiunse il ciuffo, facendo uno strano occhiolino in direzione della rossa.
Sbuffai, ormai davvero al limite dei loro atteggiamenti da superstar e da casanova da quattro soldi.

Tra quello e l’altro riccio non riuscivo a capire chi fosse peggio!
“Si, va bene, playboy da quattro soldi! Io e le mie amiche ora dovremmo davvero andare, quindi dite tutti ciao e basta!”, bofonchiai in italiano, per non essere capita da quelli, cercando di trascinare fuori quelle due, ancora incantate a muovere la mano a mezz’aria.
“Come ci hai chiamati?”, disse il riccio sopprimendo una risata.

Giusto, quello l’italiano lo capiva!
Gli altri ci guardavano incuriositi, non riuscendo a comprendere quello che stavamo dicendo, mentre Ross e Ludo mi rimproveravano con gli occhi.
“Andiamo, mi hai sentita benissimo!”, sottolineai con tono stizzito.
“Così pensi che io sia un playboy?”, chiese avvicinandosi a noi tre che eravamo ormai quasi fuori da quella stanza.
Ovviamente aveva calcato adeguatamente sia l’io che il playboy finale.
Scossi la testa, preparandomi a dargli una risposta con i fiocchi.
“No, ho detto che voi vi ritenete tali!”, lo corressi con aria da saputella enfatizzando sul voi.
No, non mi interessava di sembrare scorbutica o antipatica.
Lui inarcò le labbra, alzando l’angolo sinistro ed inevitabilmente si scavarono due piccole fossette sulle sue guance.
“Allora ciao a tutti!”, salutai infine, scatenando un’ultima serie di bye, prima di andare via definitivamente con al seguito le mie due amiche.
Quel supplizio era finalmente finito il che significava solo una cosa: addio One Direction!

---



Angolo Autrice
Cioè, vorrei dire... Ho preso il foglio rosa oggi!! :D
E la prima cosa che ho pensato di fare, ovviamente, è stata quella di festeggiare pubblicano un nuovo capitolo!!!xD
Comunque, passando alle cose serie...
E finalmente si sono incontrati!!
Ce ne abbiamo messo di tempo, ma alla fine ce l'abbiamo fatta!
Inutile dire che il lieto fine è ancora troppo, troppo lontano...
talmente tanto che per ora ancora non è stato scritto!!xD
Preciso che i dialoghi con i Zayn, Louis, Niall e Liam generalmente sono in inglese,
solo quelli con Harry, naturalmente quando non c'è di mezzo il resto del gruppo, sono in italiano.
L'ho scirtto nel capitolo, ma lo volevo chiarire meglio per evitare qualsiasi tipo di confusione.
Allora, ringrazio ancora chi legge, chi segue, chi preferisce (si può dire, vero? Vero???xD),
ma ringrazio soprattutto Smiler_4_Ever che con le sue recensioni mi riempie di gioia!!!*-*
Bene, bene... per ora è tutto!
Al prossimo capitolo!! :*
                                                                                                            Astrea_

 

Ritorna all'indice


Capitolo 5
*** Different date every night. ***


s

Every piece of your heart

Different date every night.

“Si?”, dissi svogliatamente a colui che doveva esserci dall’altro capo della cornetta.
Erano appena le cinque del pomeriggio quando il telefono aveva iniziato a squillare. La prima volta avevo lasciato che nessuno rispondesse, non trovano la forza per alzarmi dal divano sul quale mi ero appisolata per recuperare le ore di sonno perse la notte precedente, visto che quella mattina ero comunque dovuta andare a scuola. La seconda avevo provato, con tanta buona volontà, a mettere un piede a terra, ma il leggero contatto con il freddo pavimento non era stato per nulla d’aiuto, così ero tornata a raggomitolarmi su me stessa.
Solo al terzo tentativo decisi di alzarmi, pensando che di quel passo se fossero stati i miei genitori si sarebbero davvero preoccupati tanto.
“Ma che fine hai fatto Lia?”, trillò innervosita Rossella.
Sbuffai sonoramente, non preoccupandomi che potesse sentire.
“Secondo te? Dormivo, mi pare ovvio!”, risposi seccata.
Lei non si fece scoraggiare dal mio tono di voce, anzi, non se ne preoccupò minimamente.
“Passo a prenderti tra dieci minuti!”, squittì allegra come un pasqua.
Strabuzzai gli occhi quasi fino ad avere l’impressione che uscissero fuori.
“Cosa?”, tuonai incupendo lo sguardo.
“Hai capito bene! Anzi, mi sa che passo tra cinque minuti! Scusa, ma ora ha suonato Ludovica alla porta, quindi devo andare! Stiamo arrivando! Mi raccomando, fatti trovare in stato decente e pronta per uscire!”, esclamò con un fiume di parole che a stento riuscii a seguire.
Non ebbi neppure il tempo di replicare che lei aveva già chiuso la telefonata.

Merda.
Sbadigliai un’altra volta, poi a passo lento, peggio di un bradipo, mi diressi al piano di sopra.
Necessitavo assolutamente di una rinfrescata, così mi recai in bagno.
Mi guardai allo specchio: i capelli erano arruffati e scombinati, sulla guancia destra c’era un alone di rossore, gli occhi erano davvero troppo stanchi.
Continuai il controllo sul resto del corpo. Indossavo ancora la tuta, il che significava una sola cosa: dovevo davvero muovermi se volevo che quella pazza scatenata della mia amica non venisse in camera mia e mi obbligasse con la forza a mettere ciò che lei avrebbe scelto.
Sbuffai, ma quel gesto si unì ad un altro sbadiglio.

Dovevo muovermi.
Venti minuti dopo eravamo in macchina di Ludovica. La bionda era al volante, mentre faceva lo slalom tra le varie corsie della strada, cercando un rimedio al costante traffico che invadeva la nostra città. Rossella, invece, continuava a controllarsi il trucco, come se invece di andare in ospedale, si stesse recando in discoteca. Io, invece, me ne stavo incazzata nera ed inviperita sul sedile posteriore.
“Ma si può sapere perché avete fatto venire anche me? Non potevate andarci da sole?”, le accusai sporgendomi in avanti.
“Andiamo Lia! Ma se noi tre non facciamo mai nulla da sole!”, mi fece notare Ludo nel tentativo, inutile, di tranquillizzarmi.
“E poi ti ricordo che dovresti portare rispetto! Stiamo pur sempre andando in un ospedale!”, continuò imperterrita Rossella, mettendosi altro rossetto.
In quel momento non ci vidi più dalla rabbia, tutto davanti a me sembrò offuscarsi per lasciar spazio solo alla voglia, elevata all’ennesima potenza, di stritolare il collo della rossa con le mie stesse mani.
“Cazzo Ross!”, urlai davvero arrabbiata. “Sei tu quella che si sta agghindando come non mai per andare in ospedale, non io!”, replicai stizzita.
Lei sorrise, facendomi spallucce.
“Voglio essere perfetta quando vedrò Zayn!”, confessò guardandosi per l’ultima volta nello specchietto, prima di chiuderlo.
“Porca miseriaccia!”, imprecai. “Ma tuo padre proprio il medico doveva fare?”, chiesi puntando gli occhi in alto, riferendomi a Ludovica.
 “Sì, è stato davvero un colpo di fortuna!”, controbatté Rossella, senza far troppo caso alle mie lamentele.
“Almeno abbiate la decenza di raccontarmi bene cos’è successo!”, esclamai, calmandomi di poco.
“Ma nulla.”, iniziò con nonchalance Ludovica.
“E no, bella! Nulla lo vai a dire a qualcun altro, non a me che sono qui contro la mia volontà!”, sbottai energicamente.
Loro sorrisero.

Ma perché diamine ridevano? Le avrei volute ammazzare!
“Te l’ho detto! Quando papà è tornato a casa per il pranzo, mi ha raccontato che in ospedale avevano appena portato un ragazzo per indigestione alimentare. Certo, la cosa non avrebbe suscitato il ben che minimo interesse, se non fosse stato per i centinai di paparazzi sparsi ovunque per le corsie dell’ospedale che cercavano dei dettagli piccanti da pubblicare su qualche rivista di gossip! Mio padre ha detto che si vociferava fosse un cantante di diciannove anni, così ho cercato su internet e poi ho chiamato immediatamente Rossella, per appurare i fatti.”, spiegò con tranquillità.
Respirai profondamente, cercando di recuperare la calma che ormai avevo perso da molto.
“E di grazia, mi spiegate cosa ci stiamo andando a fare? Non crederete mica che facciano entrare noi?!”, domandai con fare scettico.
“E qui entra in gioco il fatto che il padre di Ludo sia primario! Ha convinto il tipo che lo tiene sotto controllo a farci entrare! Basterà dire che siamo amiche di Ludovica Martinucci!”, dichiarò entusiasta Rossella sottolineando il cognome della bionda.

Bene, a quanto pareva io e i One Direction ancora non avevamo chiuso. Male, molto male.
Quando finalmente arrivammo al tanto sospirato ospedale, l’ingresso principale era assediato da centinaia di fans e fotografi, il che mi fece presupporre che sarebbe stato particolarmente difficile entrare.
Le mie speranze, però, si vanificarono non appena Ludovica ci indicò la strada secondaria che avremmo dovuto percorrere e alla fine, poco dopo, ci trovammo davanti alla stanza del marmocchio con l’indigestione alimentare.
“Bene, io vi aspetto fuori, voi fate subito!”, dissi alle mie amiche che saltellavano come due idiote nel corridoio del piano.
“Non vuoi proprio entrare?”, chiesero quasi deluse.
Scossi il capo ed indietreggiai fino a sedermi sulla prima di una serie di sedie.
“Giuro che aspetto qui e che faccio la brava, voi andate!”, dissi accennando ad un sorriso.
Loro non se lo fecero ripetere due volte, recuperarono l’entusiasmo che per un attimo aveva lasciato i loro visi ed entrarono, chiudendosi la porta alle spalle.
Tirai un lungo respiro, per rilassarmi, e mi misi comoda. Probabilmente avrei dovuto attendere per molto.
“Ciao, ci si rivede!”, salutò una voce calda che non riconobbi, non da subito perlomeno.
Alzai lo sguardo in direzione di colui che aveva parlato ed immediatamente i miei occhi marroni si persero nei suoi, verdi e chiari.
Sbuffai, avendo riconosciuto il tipo riccio della band.
“Ciao.”, dissi semplicemente per non sembrare troppo maleducata, ma probabilmente il mio tono di voce fu talmente basso che lui non riuscì a sentirlo a poco più di due metri di distanza.
“Cos’è? Il gatto ti ha mangiato la lingua?”, mi chiese ironico, facendosi più vicino.
“Ho detto ciao.”, ripetei con tono secco.
Lui sorrise, continuando la sua avanzata in direzione della sottoscritta.
“Non riesci proprio a starci lontani, eh?”, domandò sedendosi accanto a me.
Feci un sorrisetto forzato e fissai il mio sguardo inviperito su di lui.
“No, guarda! Vedi, sei il mio idolo, il mio amore, la mia unica ragione di vita, non riesco proprio a stare senza di te!”, risposi sarcastica gesticolando con le mani per imitare meglio le ragazzine in calore con le quali era abituato ad avere a che fare.
Lui scoppiò in una leggera risata, poi le sue labbra si piegarono in un ampio sorriso, incorniciato da due piccole fossette che presero vita sulle sue guance.
“Non sei poi così antipatica come sembri!”, commentò ancora ridendo.
“Tu invece si!”, controbattei senza indugiare per neppure un istante su quelle parole.
Solo dopo averle pronunciate mi resi conto di ciò che avevo detto ed avevo ben due motivi per pentirmene.
Per prima cosa, di certo gli ero sembrata una perfetta maleducata, non che mi interessasse della sua opinione sia chiaro, ma non sarebbe sicuramente stato d’aiuto se Rossella non fosse riuscita a vederli almeno un’altra volta prima che partissero. In secondo luogo quella scenetta che si era creata era davvero patetica: suvvia, sembravamo i protagonisti idioti e snervanti delle storie d’amore in cui si inizia con un odio profondo tra i due, pieno di battibecchi e risposte a tono. La cosa positiva, almeno, era che quasi sicuramente io e il riccio non ci saremmo mai più rivisti dopo quella volta.
“Allora, che ci fai qui?”, mi chiese forse nel tentativo di fare conversazione.
“Beh, se ti rifilo la scusa dell’amica ora mi crederesti?”, domandai ironica, mentre ci sfidavamo con lo sguardo.
“Cazzo!”, imprecò lui qualche secondo dopo a voce bassa, puntando qualcosa dietro la mia testa.
Stavo per girarmi, ma fui bloccata dal leggero tocco della sua mano sulla mia spalla, per impedirmi di fare alcun movimento.
“Sta ferma!”, mi ordinò lui.
I suo lineamenti si erano fatti più duri e rigidi, persino il suo corpo mi sembrava più teso, per non parlare poi del sorriso, per la prima volta assente sul suo viso.
“Si può sapere cosa sta succedendo?”, chiesi quasi in un sussurro con voce seccata.
“Ci sono una decina di fotografi in fondo al corridoio, dietro la porta.”, m’informò.
Corrugai la fronte, spiazzata. E allora?
“E allora?”, mi trovai a dire senza neppure rendermene conto.
Lui strabuzzò gli occhi e per un istante mi sentii davvero una stupida per non riuscire a capire.
“E allora se mi riconoscono e vengono qui per prima cosa inizieranno con le foto, poi con le domande!”, mi spiegò e nella sua voce colsi i segni del suo crescente disagio misto a rabbia.
Lo squadrai con fare inquisitorio.
“E allora?”, ripetei sollevando l’angolo destro delle labbra fino ad assumere un’espressione scettica.
“E allora non vorrai mica finire sulla prima pagina di domani come la mia nuova fidanzata italiana, vero?”, sbottò lui.

Cosa? Cosa? Quel tipo era pazzo, davvero pazzo!
“Ma se non ti conosco neppure!”, controbattei io con gli occhi ormai fuori orbita.
“Questo di certo a loro non importa. Si inventano milioni di storie e ne approfittano del fatto che esca con parecchie ragazze. Piuttosto sta ferma che ci vedono altrimenti!”, disse rilassandosi di poco.
“Della seria la modestia è di casa.”, borbottai riferendomi alle arie da dongiovanni che si era appena dato.
Feci roteare gli occhi, poi scivolai più giù sulla sedia.
“Merda.”, bofonchiò il riccio, ignorandomi bellamente.
“Cosa c’è ora?”, domandai ormai quasi al limite.
Lui si alzò di scatto, poi mi afferrò per il polso, costringendomi a fare lo stesso.
Lo fissai, senza capire molto.
“Che diamine stai facendo?”, mi lamentai cercando di puntare i piedi per terra, intenzionata a non seguirlo.
“Ci hanno visti, corri!”, disse lui un attimo prima di iniziare a correre come un forsennato per il lungo corridoio con la sottoscritta al seguito.

Ma ero io che attiravo disgrazie o le disgrazie che attiravano me?
Così, senza capirne veramente il motivo, mi trovai a seguire il riccio che mi stringeva forte la mano destra, mentre mi faceva da navigatore tra le varie corsie dell’ospedale, seguiti di tanto in tanto da qualche paparazzo che ci trovava lungo la strada.
“E ora dove si va?”, chiese ad un tratto fermandosi di punto n bianco davanti alle scale, tanto che finii per sbattere contro la sua schiena.
Lui mi sembrò sogghignare per un attimo, ma non riuscii neppure ad avere il tempo di dire qualcosa che da dietro l’angolo alla fine del piccolo corridoio spuntarono due fotografi.
“Di qua!”, dissi presa da un improvviso spirito d’iniziativa.
Strinsi di più la sua mano e partii spedita verso le scale, del resto conoscevo quell’ospedale molto meglio di quanto potesse conoscerlo lui.
Lui non pose alcun tipo di obbiezione e si lasciò trascinare da me.
Scesi per le scale fino al primo piano, poi mi diressi verso l’ingresso.

Pessima idea.
Era letteralmente assediato da un centinaio di ragazzine.
Mi ricordai della strada che avevamo fatto poco prima io e le ragazze per entrare, così optai per quella.
Girai a destra, poi ancora a destra ed infine a sinistra.
Il corridoio era libero, ma al di fuori della porta secondaria s’intravedevano altri fans accalcati in attesa di una botta di fortuna.
“Idee?”, chiesi al riccio subito dopo aver svoltato in un corridoio sulla destra.
Lui fece spallucce.
Scossi lievemente la testa.

Ma vedi tu cosa doveva capitarmi!
Decisi di seguire l’istinto così chiesi alla prima infermiera che mi capitò sotto tiro dove si trovassero degli spazi riservati al personale ai quali nessuno, tra fotografi e fans, avrebbe potuto accedere.
Lei mi indicò una stanza, quella che era solita utilizzare la guardia medica per il turno notturno, fortunatamente sullo stesso piano.
La ringraziai e veloce come un fulmine la raggiunsi.
Solo quando chiusi la porta alle mie spalle tirai un lungo sospiro di sollievo.

Sì, l’avevamo scampata. 
No, ero con il riccio.

---


Angolo Autrice
Salve a tutti! Oggi cercherò di non dilungarmi troppo perchè sono davvero di fretta:
devo partire nel pomeriggio e non ho preparato neppure una valigia!-.-"
Comunque, diciamo che da qui in poi le cose inizieranno a svilupparsi.
Come? Beh, questo lo scoprirete sololeggendo!;)
Ok, questa potevo davvero risparmiarmela!!xD
Ringrazio ancora chi legge!!*-*
Se vi va, lasciate anche una recensione...
mi fareste davvero felice!!
Ah, altra cosa importante... da domani non potrò più pubblicare con tanta frequenza,
nonostante la storia sia già a buon punto,
a causa di svariati motivi che non sto qui a dire...
finirei solo per annoiarvi.
Comunque se non riesco in settimana, di sicuro ogni sabato trovereta un nuovo capitolo!;)
Bene, tutto qui...
Scappo a fare i bagagli!! Alla prossima!:*
                                                                                                                Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 6
*** Closer, maybe looking closer. ***


d

Every piece of your heart

Closer, maybe looking closer.

“Bene, io ora me ne vado!”, dichiarai poco dopo che ebbi accuratamente analizzato la situazione.
L’errore più grande consisteva nel fatto che, piuttosto che entrare in quella maledetta stanza con le mie amiche, mi ero messa a correre per un ospedale intero con il riccio al seguito.

Sì, decisamente da idioti.
Poi c’era sicuramente da tenere in considerazione che non si trattava assolutamente di un mio problema e, nonostante la foga del momento mi avesse spinta a scappare, ora era lui quello che doveva rimanere nascosto, non di certo io.
Ed infine dovevo assolutamente tornare dalle mie amiche, che altrimenti mi avrebbero lasciata lì.
“E sentiamo dove vuoi andare?”, mi chiese con aria saccente il riccio, interponendosi tra me e la porta, così da bloccarmi il passaggio.
“A casa, con le mie amiche.”, risposi sicura e decisa, tenendo gli occhi puntati nei suoi.
“Peccato solo che, vista l’ora, se ne saranno andate già da un pezzo!”, replicò lui con una smorfia.
Controllai l’orario sull’orologio che tenevo al polso e fui sorpresa di costatare che la nostra fuga aveva impegnato più del previsto: erano quasi le otto.
Strinsi forte i denti, per evitare di far uscire dalla mia bocca fiumi di parole scortesi e davvero poco carine.
“Chiamerò un taxi.”, annunciai cercando di superarlo.
“Se aspetti ancora un po’ ti accompagno io.”, propose lui, spostandosi lateralmente così da poter essere perfettamente davanti a me.
“E con cosa? La tua limousine che passa inosservata o la Ferrari trasparente?”, ironizzai poggiando le mani sui fianchi, ormai troppo nervosa e stanca.
Lui sorrise, poi passò la mano destra tra i capelli, scuotendoli di poco.
“Con la mia anonimissima Volvo.”, dichiarò facendo spallucce.
“Adesso sei anche un vampiro?”, chiesi con fare scettico riferendomi al protagonista di Twilight, un bel, bel, bel, bel, bel, insomma molto bel, vampiro con un auto dello stesso marchio automobilistico.
Lui parve non capire ed io non mi premurai affatto di spiegarglielo.
“Grazie ma no, io me ne torno a casa.”, rifiutai cercando di scansarlo.
Questa volta mi lasciò fare, così senza alcun problema lo oltrepassai ed uscii dalla piccola stanza, senza concedermi neppure un ultimo sguardo in sua direzione.
“Ciao.”, dissi soltanto prima di chiudere la porta dietro di me, finalmente pronta per tornarmene a casa e mettere fine a questa brutta parentesi della mia vita: i One Direction.
Iniziai a percorrere i corridoi con calma, senza né fretta, né urgenza, poi estrassi dalla tasca dei pantaloni il cellulare, desiderosa di chiamare un tassista, ma era spento.
Non me ne preoccupai molto e premetti energicamente sul tasto che ne permetteva l’accensione.

Merda!, pensai quando sul display comparve l’antipatico disegnino che informava che la batteria fosse scarica.
Sbuffai sonoramente, maledicendomi per aver dimenticato di metterlo sottocarica la notte precedente.

Cosa potevo inventarmi?
Conoscevo già la risposta a quella domanda, la soluzione più ovvia e a portata di mano.
Certo, avrei potuto chiedere all’ingresso di farmi fare una chiamata d’urgenza, ma non sapevo neppure se il telefono dell’ospedale fosse abilitato a chiamare tutti i numeri, e di certo la donna sulla quarantina che era seduta dietro il bancone non sarebbe stata affatto lieta di attendere tutto quel tempo, mentre un taxi veniva liberato.
Seppur contro la mia volontà, ascoltai la parte razionale del cervello che mi suggeriva che quella era sicuramente l’opzione migliore, così pochi attimi dopo mi trovai a bussare di nuovo a quella porta.
“Ehm, non posso aprire, sono nudo!”, sentii dire dall’altro lato dall’inconfondibile voce del riccio.
Non riuscii a trattenere un sorriso, immaginando la sua espressione preoccupata.
“Ehi superstar, sono io, quella di prima! Apri!”, gli dissi in tono quasi scherzoso.
Pochi istanti dopo percepii la chiave girare nella toppa della serratura, poi la porta si aprì.
“Tu non dovevi andare a casa?”, mi chiese squadrandomi da capo a piedi.
Era buffo in ogni suo movimento. Era uno di quei ragazzi che riuscivi a notare anche mentre non facevano nulla, quelli che sorridevano in modo particolare, che facevano espressioni particolari, quelli che non passavano inosservati, insomma.
“Brutta storia.”, spiegai sventolandogli il cellulare spento sotto il naso, per poi chiudermi la porta alle spalle.
“Mi presti il tuo?”, chiesi poi, essendo colta da un improvviso lampo di genio.
“Mi spiace, l’ho lasciato su in camera di Niall.”, si giustificò lui andandosi a sedere su un divanetto posto sulla parete a destra.
“Allora mi tocca proprio aspettare.”, borbottai avanzando fino a sedermi anch’io.
“Qualche idea per trascorrere il tempo?”, domandò alzando il sopracciglio destro.
Scossi la testa, in segno di negazione.
“Uff.”, si lamentò lui. “Ok, che ne pensi del concerto di ieri sera? Ti è piaciuto? Non mi sei sembrata molto entusiasta nel backstage!”, iniziò lui nel palese tentativo di fare conversazione.
Feci spallucce, mentre mi mettevo più comoda.
“In realtà il concerto non è stato male, solo che non sono una vostra fan.”, annunciai stranamente calma.
“Dai, non farmi credere che tutte le volte che ti ho vista è stato a causa delle tua amiche!”, provò a dire, come per farmi sciogliere a contatto con quelle due pozze verde chiaro, chiarissimo.
E per un attimo ebbi la sensazione che ci riuscisse, ma per l’appunto fu solo un attimo.
“Preparati a ricevere un duro colpo per la tua autostima, perché è davvero così!”, chiarii io, continuando a guardarlo.
Lui sorrise, mostrandomi due file perfette di denti bianchi, mentre le due fossette si accentuarono sulle sue guance, la sinistra leggermente più marcata della destra.

Però, forse, diciamo… sì, poteva anche essere che avesse un sorriso discreto, carino, affascinate, bello, meraviglioso, da mozzare il fiato. No,stavo correndo troppo, stavo davvero esagerando. In fin dei conti era solo uno stupidissimo sorriso!
“Davvero, eh?”, chiese lui, quasi come se non ci credesse realmente. “E chi sarebbero allora i tuoi cantanti preferiti?”, domandò poi, non interrompendo per nulla al mondo il nostro contatto visivo.
“Non saprei, ce ne sono molti. Coldplay e Muse principalmente, gli altri sono tutti ad un gradino più in basso, compreso il mio adorato Ligabue e i Kings of Leon.”, risposi.
Lui poggiò un gomito sullo schienale del divano, piegandosi a mezzo busto verso di me, forse per stare più comodo.

Diamine, in quella posizione era quasi… E no! Non dovevo azzardarmi neppure a pensarlo!
Suvvia, mi stava antipatico, non avevo mica prestato voto di castità o cecità e… Diamine se non era sexy!

“E tu? Non dirmi che ascolti davvero le canzoncine che canti?!”, lo provocai io con un sorriso angelico disegnato sulle labbra.
“Ma che spiritosa! A me piacciono le canzoni che canto, ma questo non significa che non possa ascoltare dell’altro!”, disse sistemandosi i capelli ricci, ormai ancora più scombinati del solito.
“Dell’altro tipo…?”, incalzai per farlo continuare.
“Dell’altro tipo John Mayer, Katy Perry, Pink Floyd… la mia lista è molto più lunga e vasta della tua!”, disse tagliando corto, per poi assumere un’espressione sarcastica.
“Se inserisco pure i Coldplay continueranno a piacere anche a te o smetterai di ascoltarli?”, terminò in tono ironico.
“Ora sei tu quello spiritoso!”, ribattei con un sorrisetto sulle labbra.
Tra noi due calò uno strano ed improvviso silenzio che tuttavia non riuscivo a trovare imbarazzante.
Insomma, mi trovavo chiusa in una stanza con uno sconosciuto che mi squadrava il viso, ma non ero assolutamente a disagio.

Quando si dice i misteri della vita!
“Quanti anni hai?”, mi chiese poi per riprendere la conversazione.
“Diciassette, ma ho fatto la primina, quindi sono all’ultimo anno di liceo.”, risposi anche con troppi dettagli considerato il mio carattere schivo e riservato.
“Non mi chiedi quanti ne ho io? O forse già lo sai?”, mi incitò lui dopo qualche altro attimo di silenzio, provocandomi sull’ultimo punto.
“A dir il vero non m’interessa, però se ci tieni così tanto dimmi quanti anni hai.”, dichiarai con fare risoluto.
Lui sorrise, come soddisfatto.
“Diciotto, ma a febbraio ne faccio diciannove.”, esclamò facendosi di poco più vicino.
“Sei di Roma?”, domandò continuando con il filone di domande.
Annuii.
“Tu, invece, da dove vieni?”, chiesi ormai rassegnata all’idea di dover trascorrere altro tempo con lui a conversare.
“Possibile che davvero tu non sappia nulla di me?”, sbottò lui scandalizzato, tanto da sgranare bene gli occhi.
“Te l’ho già detto: tu, i tuoi amici e la tua musica da quattro soldi non rientrate affatto tra i miei interessi!”, ripetei per l’ennesima volta.
“Perché?”, continuò lui sovrappensiero, quasi come se stesse ricordando un triste evento passato.
“Perché cosa?”, replicai non avendo capito dove volesse arrivare.
“Perché non ti piaccio? Perché non ti piacciamo?”, ripeté lui chiarendo il precedente quesito.
Rimasi spiazzata dalla sua domanda e non perché fosse inopportuna e ridicola, ma perché mi accorsi di non conoscerne neppure io la risposta.
“Io…”, provai a dire senza alcun risultato. “Non lo so, non avete suscitato particolare interesse in me! Cioè, le vostre canzoni saranno anche carine, ma poi finisce tutto lì!”, riuscii poi a dire, senza troppa convinzione.
Lui sorrise.
“Secondo me dici così solo perché non ci conosci!”, decretò fissandomi bene negli occhi.
“Non mi serve conoscervi per capire che tipi siete!”, ribattei.
“Ah no? Sai almeno come mi chiamo?”, mi chiese ed il suo tono di voce era un misto tra divertimento, sarcasmo e accusa.

Come diamine si chiamava? Perché proprio ora non riuscivo a ricordarmelo?
Fui costretta ad abbassare la testa, puntando lo sguardo sulle mie ginocchia.
“Ecco, appunto.”, aveva commentato lui quasi deluso.
“Piacere, Harold Edward Styles, ma tutti mi chiamano Harry.”, si presentò un attimo dopo, ma nel suo tono di voce colsi che aveva riacquistato il buon umore.
Alzai la testa e fui nuovamente travolta da quegli occhi verdi.
“Piacere, Gi…”, stavo per dire quando fui interrotta da lui.
“Io il tuo nome me lo ricordo, ti chiami Giulia!”, esordì il riccio.
Quasi sentii le guance andarmi a fuoco per l’imbarazzo.

Brava, bella figura di merda!
“Giulia Lamberti.”, dissi soltanto, aggiungendo il cognome.
Lui mi sorrise, travolgendo anche me in un altro sorriso.
“Bene, Giulia Lamberti, credo che ora dovremmo andare!”, annunciò poi alzandosi.
Mi tese una mano per aiutarmi ed io la afferrai prontamente.
“Credi che se ne saranno andati?”, gli chiesi a poca distanza dal suo petto.
“Lo spero.”, quasi sussurrò rassegnato.
“Che ne dici di uscire prima tu per vedere com’è la situazione là fuori?”, propose.
Io annuii e feci come mi aveva detto.
Pochi minuti dopo eravamo seduti nella sua macchina, lui alla guida ed io sul sedile anteriore del passeggero.
In fin dei conti la sua auto non era appariscente come me l’ero immaginata.
Gli spiegai la strada che avrebbe dovuto percorrere per raggiungere casa mia, ma lui preferì impostare il navigatore selezionando l’indirizzo da raggiungere, poi partì.
“Allora, racconterai alle tue amiche di questa giornata?”, mi chiese tenendo lo sguardo fisso sulla strada davanti a lui.
“Ovvio che no! Si arrabbierebbero perché sono stata troppo poco carina nei tuoi confronti!”, confessai voltandomi verso di lui.
“In effetti potevi anche essere un po’ più gentile!”, scherzò lui sogghignando.
“Non tirare troppo la corda.”, gli intimai, ma ovviamente il mio tono non era neppure lontanamente minaccioso.
Lui sorrise.
“Sono simpatiche le tue amiche.”, commentò poi lui.
Questa volta fui io a sorridere.
“Non aspettarti che ricambi il complimento sui tuoi, di amici!”, borbottai sarcastica.
“Dai, alla fine non sono tanto male!”, provò a dire tirando su l’angolo sinistro delle labbra.
“Non sono neanche tanto bene se è per questo!”, obiettai rimanendo fissa sulla mia posizione.
“Ma se dicevi lo stesso di me ed ora siamo qui a parlare tranquillamente!”, costatò voltandosi per un solo secondo nella mia direzione.
“Solo perché non ho avuto altra scelta.”, chiarii.
Il riccio si lasciò scappare una leggera risata.
“Ammettilo che sono simpatico!”, disse quasi per cercare di convincermi a confessare.

Confessare? Perché, cosa ci sarebbe da confessare?
“Ma anche no!”, controbattei.
“Perché sei così cocciuta? Io non ho nessun problema ad ammettere che tu, nonostante sia acida peggio di uno yogurt andato a male, possa essere simpatica!”, dichiarò lui, guardandomi di sottecchi.
Sbuffai.
“E va bene.”, borbottai. “Diciamo che in fin dei conti sei piuttosto normale.”, mi lasciai scappare.
“Normale?”, chiese conferma lui aggrottando le sopracciglia.
“Sì, normale, come un diciannovenne qualsiasi.”, aggiunsi facendo spallucce.
“Comunque siamo arrivati.”, esclamai a pochi metri dal cancello di casa mia.
Lui accostò sul ciglio della strada, poi spense il motore e si voltò verso di me, facendo incontrare i suoi occhi verdi con i miei marroni.

Anche gli occhi erano belli. Cosa? Ma che diamine mi stava succedendo?
“Allora ci vediamo.”, disse lui con fare allusivo.
“Non credo.”, ribattei quasi… delusa? Amareggiata?

Cazzo, dovevo riprendermi ed anche alla svelta!
“Chissà, del resto questa è già la terza volta!”, mi fece notare sorridendomi.
Sorrisi anch’io, del resto come non avrei potuto farlo?
Aprii la portiera e scesi dall’auto.
“Quindi ci si vede, Harry.”, lo salutai, pronunciando per la prima volta il suo nome ad alta voce.
Lui accentuò ancora di più il suo sorriso, facendo comparire quelle due fossette sulle guance.
“Lo spero davvero tanto, Juls.”

---


Angolo Autrice
Ecco qui il nuovo capitolo! Ieri tra una cosa e l'altra non sono riuscita a pubblicarlo,
così stamattina appena mi sono svegliata ho preso il pc in mano
ed ora eccomi qui!xD
Comunque sia, ringrazio ancora tutti quelli che leggono,
in particolare Smiler_4_Ever
(mi dispiace non aver risposto alla tua recensione, davvero non ne ho avuto il tempo!:(
Ma apprezzo davvero tanto, e tanto in questo caso è riduttivo!!!)
Allora, per quanto riguarda il resto...
avrei tante cose da dire,
ma il tempo stringe, quindi per questa volta vi lascio solo alla lettura del capitolo!
Alla prossima!:*
                                                                                  Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 7
*** Always like na na na. ***


7

Every piece of your heart

Always like na na na.

“Allora, hai capito tutto?”, mi chiese Rossella a modi conferma.
Riuscii solo ad annuire, mentre massaggiavo le tempie con i polpastrelli delle dita.
“Il ragazzo con il ciuffo si chiama…?”, iniziò allora Ludovica per invitarmi a completare la frase e verificare che quella stressante ora di lezione sui One Direction avesse portato ai frutti desiderati.
“Si chiama Zayn.”, terminai non troppo sicura di me stessa.
Le vidi sorridere, quindi intuii avessi dato la risposta esatta.
“Ci tiene molto al suo ciuffo, che deve stare sempre alzato, e si specchia di continuo.”, aggiunsi allora, quasi come per recuperare i punti persi a causa dell’insicurezza.
Erano passati due giorni dal pomeriggio in ospedale, così quella domenica prima di uscire ci incontrammo a casa di Ludovica.
Non avevo raccontato alle mie amiche di Harry, o almeno non fin dall’inizio. Tuttavia le sempre più curiose ed invadenti domande di Rossella avevano finito per mettermi in difficoltà e le bugie che avevo articolato con tanto sforzo, caddero a terra tanto facilmente quanto un castello di carte con un soffio di vento.

“E allora perché non sei tornata da noi?”, mi aveva chiesto con fare inquisitorio.
“Te l’ho detto, avevo il cellulare scarico.”, ripetei per l’ennesima volta.
Lei annuii, ancora poco convinta.
“E allora come hai fatto a chiamare un taxi?”, aveva continuato poco dopo aggrottando un sopracciglio.
“Ho incontrato il riccio al primo piano e mi ha prestato il suo.”, avevo mentito cercando di non tradire le mie parole con l’espressione del viso.
Lei aveva fatto una faccia scettica.
“E sentiamo… che telefonino avrebbe Harry Styles?”, mi aveva domandato poggiando le mani sui fianchi, in tono di sfida.
Merda! Cosa diamine potevo saperne io?!
“Veramente non ricordo bene.”, provai a dire.
“Andiamo, voglio sapere solo la marca!”, protestò lei ancora con lo sguardo fisso nei miei occhi.
“Un Nokia, mi pare.”, borbottai incerta.
Lei sorrise malefica.
“Brava. Harry Styles possiede solo un Iphone e un Blackberry, che tra l’altro aveva lasciato sul comodino accanto al letto di Niall. Ora, di grazia, vuoi dirmi la verità?”, aveva esordito trionfante e a quel punto avevo per forza dovuto cedere.

Dunque, ero stata sottoposta ad un lungo, lunghissimo, accurato e snervante interrogatorio in cui ero stata minacciata più volte di essere arsa viva per il comportamento indecente che avevo assunto nei confronti di quel riccio.
“Cioè, spiegami bene.”, aveva iniziato Rossella portandosi una mano sul mento. “Tu eri chiusa in una stanza, su un divano, con quel gran pezzo di figo di Harry Styles e non ci hai fatto niente?”, mi aveva chiesto conferma sbattendo più volte le palpebre come scandalizzata.
“Ross, solo perché è un cantante ed è famoso non significa che debba farci sesso!”, mi ero difesa.
“Ma dico io, tu cosa hai al posto degli ormoni e degli occhi? L’hai visto quanto cazzo è sexy?”, aveva continuato lei gesticolando come una forsennata.

“Invece quello biondo si chiama…?”, questa volta fu Rossella a pormi il quesito, riscuotendomi dai miei ricordi.
“Si chiama Niall!”, risposi prontamente. “E mangia sempre!”, aggiunsi con foga.
Molto presto anche quel supplizio sarebbe finito, ma conoscere i nomi dei cinque ragazzi mi avrebbe sicuramente aiutata ad accelerare i tempi.
“Quello con gli occhi azzurri invece…”, iniziò poi Ludo.
“Louis, gli piacciono le ragazze che mangiano le carote e, no, non è gay.”, decretai, questa volta più sicura di me stessa.
Loro annuirono soddisfatte, mentre nei loro occhi si poteva cogliere una strana luce di eccitazione.
“Il castano con gli occhi marroni è…”, continuò Ludovica.
“È Liam e ha paura dei cucchiai.”, sentenziai. “Ah, è fidanzato con una che si chiama Danielle.”, aggiunsi poco dopo per non tralasciare alcun dettaglio.
“Ed infine il riccio supersexy è…”, ovviamente fu Rossella ad iniziare la frase.
“Harry sarà anche riccio, ma di certo non è supersexy!”, sbottai in risposta alla sua descrizione.
Lei piegò le labbra in un ampio sorriso.
“Ottimo lavoro, socia. Ha imparato tutto!”, disse poi voltandosi verso Ludo per poterle battere il cinque.
Anche la bionda sorrise.
“Certo però che potresti anche essere un po’ meno ipocrita! Cioè, persino una suora di clausura ammetterebbe che Harry è davvero da stupro!”, borbottò poi quasi rimproverandomi.
Sgranai gli occhi scandalizzata: quella era ancora la mia cara, dolce ed ingenua Ludovica?

Brutti alieni, rivoglio la mia amica! O forse sarebbe stato meglio dire brutti One Direction?
“Non vorrei interrompere i vostri sogni erotici sul tipo ogniricciouncapriccio, ma se volete davvero andare credo proprio che dovremmo muoverci.” Bofonchiai infastidita alzandomi dalla sedia posta davanti alla scrivania della camera di Ludovica.
“Ma che sbadate! Cazzo, è tardissimo!”, sbottò Rossella controllando l’orologio.
“Prendo le chiavi della macchina e andiamo.”, sentenziò infine Ludovica.
Una mezz’oretta dopo ci trovavamo poco distanti da una piazza, di cui ovviamente non ricordavo il nome, che dava accesso a uno dei tantissimi parchi di cui era costellata la città di Roma.
Perché ci trovavamo lì? Ovviamente il motivo ormai doveva essere più che chiaro: i One Direction.
Ciò che mi consolava, almeno, era che tra una decina di giorni al massimo se ne sarebbero finalmente tornati a casa per Natale.

“Ross, cos’è successo?”, le aveva chiesto Ludovica quando la rossa era rientrata in classe dopo aver trascorso una ventina di minuti in bagno.
Ci sorrise con occhi sognanti quando prese posto nel banco dietro al mio, accanto ad un ragazzo.
Si sporse particolarmente in avanti cosicché io e Ludo, seduta al mio fianco, potessimo sentirla nonostante il tono di voce basso.
“Mi ha chiamata!”, esultò in un sussurro, cercando di contenersi per non attirare l’attenzione della professoressa di latino che stava interrogando alla lavagna.
“Chi?”, chiesi io voltando il viso verso di lei.
“Ma come chi?”, sbottò quasi offesa. ”Zayn! È ovvio!”, annunciò pavoneggiandosi.
Ludovica si aprì in un sorriso disarmante, mentre tentava con tutte le forze di contenere le grida di gioia che di sicuro avrebbe voluto emettere data l’espressione disegnata sulla sua faccia.
Io mi limitai a far roteare gli occhi in direzione del bianco soffitto dell’aula.
“Ha detto che vogliono vedere la vera Roma!”, continuò lei, felice come una pasqua.
“E quindi ci uscirai?”, domandò curiosa Ludovica.
Rossella ci fissò con fare quasi malizioso.
“No.”, disse con un sorriso serafico disegnato sulle labbra. “Ci usciremo.”, corresse sottolineando la prima parola.
“Domenica mattina.”, aveva aggiunto poi prima di cominciare a battere le mani in modo frenetico, senza però emettere suoni.

“Secondo me non verranno.”, annunciai io controllando per l’ennesima volta l’orologio.
Insomma, potevano anche essere delle stars, ma avevamo appuntamento alle dieci e mezzo e, nonostante fossero già le undici, di loro non c’era la benché minima traccia.
“Dagli tempo, avranno avuto qualche difficoltà nel trovare il posto.”, cercò di ammorbidirmi Ludovica, sorridendomi.
“Eccoli!”, esclamò infine Rossella in un boato di gioia.
“Finalmente.”, borbottai a denti stretti, ma fortunatamente nessuno parve sentirmi.
Mi alzai lentamente, senza avvicinarmi a loro. Non sapevo assolutamente come avrei dovuto comportarmi e, a dir il vero, non sapevo neppure come avrei dovuto salutarli.
A fugare ogni mia perplessità fu, chiaramente, lo spirito d’iniziativa di Rossella, la quale, senza troppi problemi, fece rotta verso il tipo con il ciuffo alzato, che avevo capito si chiamasse Zayn, e gli posò due baci sulle guance.
Di conseguenza, poco dopo mi ritrovai a dover salutare nello stesso ed identico modo i cinque ragazzi, prima Louis, poi Liam, Zayn, Niall ed infine Harry.
“Te l’avevo detto che ci saremmo rivisti!”, sussurrò a una spanna dal mio orecchio subito dopo aver posato un bacio sulla mia guancia.
Senza neppure rendermene conto, sentii le labbra piegarsi in un leggero sorriso, ma mi premurai subito di camuffarlo con una smorfia scettica.
“A quanto pare la fortuna non è dalla mia parte!”, borbottai ironica.
Lui mi fissò per un attimo negli occhi, nei quali ebbi la sensazione di poter sprofondare, poi un sorriso a trentadue denti si aprì sulle sue labbra, incorniciato da due piccole fossette.
“Allora, entriamo?”, chiese Rossella in inglese rivolgendosi a tutto il gruppo.
Loro annuirono entusiasti, così ci avviammo all’interno del parco.
Harry continuava a camminare al mio fianco, mentre Rossella civettava allegramente con il ciuffo, in testa al gruppo. Ludovica, invece, continuava a fare domande su domande ai tre restanti, quasi peggio di quelle presentatrici televisive invadenti ed insaziabili.
“Come mai avete scelto questo posto?”, chiese il riccio, mentre metteva le mani nelle tasche dei jeans.
Aveva un cappotto grigio il cui collo era lasciato sbottonato, così da far intravedere la camicia bianca che indossava. I suoi ricci, invece, erano nascosti da un delizioso cappellino di lana.
Feci spallucce.
“A dir il vero l’ha scelto Ludovica. Diciamo che non è molto frequentato e questo per voi significa meno possibilità di incontrare fans e fotografi, ma offre una vista spettacolare su tutta Roma.”, spiegai infilando le mani nelle tasche del cappotto, colta da un improvviso brivido di freddo.
“E voi come siete riusciti a liberarvi di tutto e tutti?”, domandai non riuscendo a spiegarmi la totale assenza di guardie del corpo, assistenti o chissà chi.
Lui sogghignò, poi alzò lo sguardo che fino ad un attimo prima aveva puntato sulla ghiaia sotto i nostri piedi.
“Diciamo che siamo piuttosto bravi a scappare. Abbiamo le nostre tecniche, anche se ci portano ad arrivare in ritardo.”, disse semplicemente accennando ad un sorriso ed io capii che in realtà per loro non doveva poi essere così semplice poter comportarsi da persone normali.
“Piuttosto.”, iniziò per attirare la mia attenzione. “Movimentiamo questa giornata!”, esclamò.
Accadde tutto nel giro di neppure un secondo. Harry si avvicinò a me di qualche passo, poi mi sfilò senza troppi problemi il cappellino che avevo in testa ed iniziò a correre, così da superare anche gli altri.
Sgranai gli occhi, realizzando quello che era appena successo.
“Andiamo Juls, non vorrai mica che lo butti in acqua! Corri!”, disse lui, a modi minaccia, mentre si avvicinava ad una fontana.
“Ti aiuto io, principessa in pericolo!”, si era offerto Niall in inglese, intuendo probabilmente quello che stava succedendo.
Così, pochi attimi dopo, io e Niall ci trovammo a rincorrere Harry per tutto il parco, mentre minacciava di gettare il mio cappello di lana in acqua.
“Ora che ti prendo, ti faccio vedere io!”, borbottai quasi a corto di fiato.
“Come on Giulia! Let’s go!”, mi incitava Niall per invogliarmi a continuare.
“Niall! Sei più lento di una lumaca! Di questo passo non lo recupererete mai! Lascia fare a me!”, s’intromise Liam, ovviamente in inglese.
“Harry fa attenzione!”, urlò Louis per avvertirlo dell’arrivo del castano che correva veloce come un fulmine.
“Louis, prendi!”, gridò lui prima di lanciare il cappello al suo amico.
Io mi fermai, ormai cercare di seguirli era inutile. Ludovica rideva di gusto, godendosi a pieno quella scena, mentre Ross e Zayn continuavano a filtrare senza dare troppa importanza a ciò che li circondava.
Sì, in effetti la scena era piuttosto esilarante.
Liam correva come un deficiente da Harry a Louis e poi viceversa, mentre Niall rimaneva bloccato al centro, cercando, ogni volta che il cappello passasse sopra la sua testa, di afferrarlo con un saltello, senza alcun risultato ovviamente.

In fondo, ma forse solo in fondo in fondo, non erano poi così male.
“Si!”, gridò trionfante Liam. “L’ho preso!”, annunciò sventolando l’agognato berretto in aria a pochi metri dalla fontana.
“Ancora per poco, amico!”, lo ammonì Harry con fare minaccioso.
Scattò veloce verso di lui, per poi darsi lo slancio quasi sul suo petto e saltare, ma ovviamente non tutto andò secondo i piani.
Liam, che di certo non poteva aspettarsi una cosa del genere, finì per perdere l’equilibrio e cadere a terra, subito seguito dal riccio. Il mio cappellino, invece, inevitabilmente cadde in acqua.

Il classico, insomma.
Si levò un suono acuto di risate, tra le quali distinsi perfettamente quella di Louis, la più fragorosa di tutte.
Sbuffai, non realmente arrabbiata, del resto si trattava solo di uno stupido cappello di lana e se quello era il prezzo da pagare per assistere a quella divertentissima scena, allora non avevo nulla da obiettare.
“Bel colpo, riccio!”, canzonai ironica Harry, ancora steso sul corpo di Liam.
“Hazza, alzati che così non mi fai respirare!”, si lamentò cercando di scostarlo.

Hazza? E questo da dove usciva?
Harry si alzò, mettendo su un’espressione mortificata mentre mi cercava con lo sguardo.
Si avvicinò ancora, trovandomi finalmente.
Si mordicchiava il labbro inferiore e teneva la fronte leggermente aggrottata al centro, quasi non sapesse cosa gli aspettava.
“Mi dispiace.”, disse soltanto a mezza voce.
Sorrisi, scrollando le spalle.
“Faccio finta di nulla solo se mi dai il tuo!”, lo ricattai porgendo una mano in sua direzione.
Lui sgranò gli occhi.
“Ma come… il cappello! Il mio cappello?!”, balbettò.
Non riuscii a trattenere una risata mentre lo fissavo scettica.
“Sai, lui adora i suoi cappelli.”, m’informò Louis forse per cercare di spigarmi il perché di quella assurda reazione.
“Sai, anche io adoro i miei cappelli ed ora uno di quelli è in acqua, quindi…”, dissi imitando il suo tono di voce, ma lasciai intenzionalmente la frase in sospeso, con fare teatrale, prima di metter su un sorrisetto beffardo.
In realtà non mi interessava granché del suo cappello, né del mio, ma ormai era diventata una questione di principio, o forse solo un gioco.
“E va bene!”, si arrese lui sfilandoselo, per poi rigirarselo un’ultima volta tra le mani.
“Ma abbine cura!”, mi ammonì prima di infilarmelo in testa, sorridendomi.

---



Angolo Autrice
Allora, come vedete questa settimana sono stata bravissima:
ho pubblicato addirittura un giorno prima del previsto!!!xD
In realtà il motivo è che ho preso la febbre, quindi stamattina sono tornata a casa mia
e ne ho approfittato della connessione internet che purtroppo a scuola non c'è. -.-"
Perché non mi compro una dannatissima chiavetta?
A dir il vero ce l'ho, ma la promozione è scaduta e mi dimentico sempre di ricaricarla!xD
Vabbè, lasciando perdere queste inutili chiacchiere...
Avete visto il nuovo video dei 1D????
Cioè, sono meravigliosi!!!*-*
Credo che ormai stia diventando anche io una loro fan
e la cosa è piuttosto preoccupante: ne sono quasi ossessionata!
Inutile dire che l'ho subito scaricato, poi ho messo la canzone sull'ipod e mi sono messa a imparare le parole!xD
Per quanto riguarda il capitolo... spero vi piaccia!!
Diciamo che da adesso, piano piano, le cose inizieranno a farsi più interessanti!ù.ù
Ringrazio di cuore le persone che leggono, chi segue la storia e chi l'ha inserita tra le preferite,
ma un ringraziamento speciale va alle persone che hanno lasciato una recensione
e che così facendo mi hanno riempito il cuore di gioia! <3
Bene, credo di aver detto tutto!
Lasciate un commento se vi va, insomma, mi farebbe davvero piacere!
Alla prossima! :*
                                                                                                                Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 8
*** Under your nose. ***


8

Every piece of your heart

Under your nose.

“Dai guarda!”, esclamò Ludovica facendo posto ad un titubante Liam, ancora convinto che ci stessimo prendendo gioco di loro.
“Ok, guarda dentro la serratura ora!”, continuò la bionda non appena il ragazzo si abbassò per puntare alla maniglia del portone.
“Ecco, quella che vedi è la cupola di San Pietro!”, dichiarò infine entusiasta.
“Anche io voglio vedere!”, trillò poi energicamente Louis, strattonando l’amico per prendere il suo posto.
Sorrisi inevitabilmente nell’assistere a quella scena.
“Wow!”, esclamò soddisfatto quando i suoi occhi poterono ammirare quello scorcio di panoramica su Roma.
“Ragazzi, la cupola sarà anche fantastica.”, iniziò Niall richiamando la nostra attenzione. “Ma io davvero non ce la faccio più! Sono le due ed ho una fame tremenda!”, si lamentò massaggiandosi lo stomaco con la mano destra.
Ludovica sorrise sicuramente intenerita dai loro modi di fare piuttosto infantili.
“Ross, Zayn!”, li chiamai.
Loro allontanarono leggermente i loro visi, prima intenti a baciarsi, per voltarsi nella nostra direzione.
“Che ne dite di andare a mangiare?”, proposi alzando la voce di modo che potessero sentirmi.
Li vidi annuire, poi il ciuffo si alzò e tese una mano a Ross. Lei la afferrò prontamente e si tirò su, per poi raggiungerci ancora mano nella mano.
“Giro a Trastevere?”, suggerì allora la rossa.
Storsi il labbro, ovviamente non sapevo se fosse conveniente o meno farli girare per i quartieri di Roma come se nulla fosse.
“Scusate se mi metto in mezzo, ma io vorrei assaggiare qualche cosa di tipico e poco salutare!”, confessò il biondino mettendo su un sorrisetto da bambino capriccioso, mentre cercava di farci gli occhi dolci.

Ma come diamine potevano essere tutti così… buffi? Simpatici?
“Idea!”, annunciò in italiano Ludovica con gli occhi quasi luccicanti, rivolgendosi a me e Ross.
“Perché non andiamo a prendere dei panini con la porc…”, provò a dire, ma la bloccai ancor prima che potesse terminare quella frase.
“Ma sei matta? Non starai mica dicendo sul serio? Supermontati come sono, di certo faranno storie!”, sbottai con aria scandalizzata.
“Ma non è vero! Alla fine vogliono qualcosa di tipico e la porchetta è tipica di Ariccia! Poi credo che Niall apprezzerebbe davvero molto!”, continuò facendo spallucce.
“Anche secondo me è una buona idea! Magari li andiamo a prendere noi, così non devono neppure preoccuparsi di nascondersi!”, aggiunse Rossella accennando ad un sorriso.
Aggrottai lievemente le sopracciglia, ancora non del tutto convinta.
“Dai Juls, è un’ottima idea, altro che buona! E poi i ragazzi vanno matti per questo tipo di cibo!”, s’intromise il riccio, che ormai aveva preso a chiamarmi con quello stupido diminutivo, facendo ancora una volta mostra del suo perfetto italiano.

Che poi com’è che lo parlasse?
Scrollai le spalle, rassegnata. Certo, non era il massimo da fargli assaggiare, ma a quanto sembrava erano tutti d’accordo.
“Bene, allora andiamo!”, capitolai alzando l’angolo sinistro della bocca in un mezzo sorriso.
Feci per incamminarmi, prendendo le mie amiche sotto braccio, ma fui bloccata dalla mano di Harry che si posò decisa sul mio braccio.
“Che c’è?”, gli chiesi puntando il mio sguardo su di lui.
“Se non vi dispiace vado io con lei.”, disse all’indirizzo delle mie amiche, che annuirono immediatamente, lanciandomi sguardi d’intesa.
“E no! Dispiace a me!”, mi lamentai io, svincolandomi dalla sua presa.
“Non farti pregare, Juls!”, continuò lui mentre le mie amiche indietreggiavano, quasi stessero dalla sua parte.

Infami!
“Tanto è inutile, non ho intenzione di cedere.”, dichiarai con fare risoluto, incrociando le braccia al petto.
Lui mi squadrò bene, poi tirò su gli angoli della bocca, sorridendomi.
“Devo prenderti in braccio e trascinarti fuori di qui?”, mi chiese avvicinandosi pericolosamente.
Sbuffai.
“Ragazzi, noi andiamo a prendere i panini!”, salutai gli altri, voltandomi per un secondo nella loro direzione, ancora seduti sulle panchine nei pressi del terrazzo che offriva un’eccezionale visuale di Roma.
“Ecco, solo con la forza puoi costringere una ragazza a venire con te!”, sbottai incamminandomi verso l’uscita del parco, senza guardarlo neppure in faccia.
Lui mi affiancò l’istante dopo, senza alcun problema, e mi parve sogghignare, ma non controllai per evitare che i nostri occhi si incrociassero.
“Veramente le ragazze di solito sono piuttosto contente di venire con me!”, controbatté lui con tono studiatamente malizioso e provocatorio.

Bene, ci mancava solo che facesse il pervertito!
Cercai di prendere il sopravvento sul crescente imbarazzo che sentivo nascere, anche perché di certo non mi avrebbe aiutato ad affrontare quella situazione.
“Allora stai attento! Non vorrei che qualcuna ti saltasse addosso!”, replicai sarcastica.
“Spera solo che non mi riconoscano.”, aggiunse lui.
Socchiusi le palpebre per un attimo, poi presi un respiro profondo.
“Il tuo egocentrismo e la tua vanità mi disgustano.”, commentai con una smorfia di disapprovazione dipinta sul viso.
Uscimmo dal parco, per poi proseguire dritto, intenzionata a raggiungere un posto che ben conoscevo dove avremmo preso i panini.
“Io invece non sopporto la tua saccenteria e la tua testardaggine, ma non lo vado mica a sbandierare ai quattro venti.”, replicò lui, prendendomi palesemente in giro.
“Ops, l’hai appena detto anche tu.”, gli feci notare, anche se dal suo tono di voce mi parve capire che l’aveva fatto di proposito.
Lo sentii ridere e, d’istinto, alzai lo sguardo verso il suo volto.
Le labbra rosse si erano aperte per lasciar spazio a due fila di denti bianche, mentre sulle guance si erano scavate due fossette, la sinistra più accentuata della destra. Gli occhi verdi e chiari si perdevano nel vuoto ed i capelli ricci e scuri, ora non coperti da nessun cappello, gli ricadevano disordinati sulla fronte.

Era bellissimo.
Sorrisi anche io, beandomi per qualche altro istante di quella scena.

Ma cosa cazzo mi saltava in mente?
“Smettila di ridere come una papera, rischieresti di attirare l’attenzione di qualche passante!”, gli suggerii cercando di riprendermi dall’assurdità che il mio cervello aveva appena concepito.
Lui puntò il suo sguardo sul mio viso, lo sentivo anche se non potevo vederlo, concentrata com’ero a fissare la strada, poi smise di ridere.
“Ti sta bene il mio cappello.”, commentò poi, riducendo di poco la distanza laterale tra noi due.
“Non esulterò solo perché Harry Styles mi ha fatto un complimento, mettiti l’anima in pace!”, decretai soddisfatta.
“Finalmente!”, esclamò invece lui, quasi ignorando le mie parole.
“Finalmente cosa?”, chiesi girando il viso in direzione del suo, come se quel contatto visivo potesse aiutarmi a capire.
“Mi hai chiamato Harry Styles, hai imparato il mio nome!”, costatò con fare ovvio ed un sorrisetto beffardo.
Scossi lievemente la testa, poi mi fermai sul ciglio della strada per aspettare il verde del semaforo, in quel momento rosso, che ci avrebbe permesso di attraversarla.
“Ecco, da bravo, segna la data sul calendario!”, borbottai sarcastica.
Lui si fece più vicino a me, sfiorandomi le mani così da farmi voltare in sua direzione.
Poggiò un dito sotto il mio mento, poi mi costrinse ad alzarlo e subito i miei occhi incontrarono i suoi.
Non stava sorridendo in quel momento, era quasi… serio.
“Ehi riccio!”, lo ammonii. “Non ci starai mica provando con me?”, chiesi ironica ed indiscutibilmente inopportuna.
Lui sorrise, tirando su l’angolo sinistro della bocca, cosicché anche la fossetta, una sola, prese vita sul suo volto.

L’avevo già detto che era bellissimo?
“Perché, potrei riuscirci?”, mi provocò lui con voce bassa, intrecciando le dita della sua mano con le mie.
Perché diamine non opponevo resistenza?
“Ovvio che no!”, sbottai non riuscendo, tuttavia, a trovare la forza per interrompere quel lieve contatto fisico tra noi due.
Cazzo se non era sexy! Avevano ragione Ludo e Ross!
“Tentar non nuoce.”, replicò semplicemente lui scrollando le spalle.
Harry aveva ancora lo sguardo fisso nel mio e solo allora mi resi conto che non avrei retto ulteriormente quella situazione e saltargli addosso di certo non era tra le mie priorità.
Feci roteare gli occhi, perdendomi su alcuni particolari della strada, per poi finire sul semaforo.
“È verde, dobbiamo attraversare.”, lo informai.
Lui annuì, lasciando scivolare via la mano sinistra, ma teneva ancora stretta la destra con la sua.
Attraversammo la strada così, mano nella mano, e per la prima volta percepii uno strano brivido correre forte lungo tutta la mia schiena.
“Quindi ora dove si va?”, mi domandò Harry che mi aveva guidata per quel brevissimo tratto di strada.
“Di qua.”, dissi superandolo, senza neppure guardarlo in faccia.
Inutile dire che era tutta colpa di quello stupidissimo contatto tra le nostre mani. Mi imbarazzava, mi mandava il cervello in tilt, mi metteva decisamente a disagio, in senso positivo purtroppo.
Fortunatamente arrivammo presto, così quando dovetti ordinare fummo costretti a sciogliere la presa tra le nostre mani.

Finalmente.
“Ecco a te, signorina!”, mi disse l’uomo sulla cinquantina.
“Grazie.”, esclamai accennando ad un sorriso mentre afferravo le buste con ben quindici panini.
Mi voltai verso sinistra, ma fui sorpresa nel non trovare Harry al mio fianco.

Dov’era finito?
D’istinto mi girai anche dall’altro lato e lo vidi alla cassa, mentre ritirava lo scontrino.
“Non dovevi pagare tu, in fin dei conti voi siete pur sempre degli ospiti!”, annunciai avvicinandomi a lui.
Lui fece spallucce, sorridendomi.
“Dovere, del resto io sono un gentiluomo d’altri tempi!”, scherzò ironico.
“Certo, come no!”, borbottai. “Comunque grazie.”, aggiunsi poco dopo.
Lui puntò i suoi occhi nei miei, poi prese una ciocca dei miei capelli che fuoriusciva dal suo cappello. La arricciò per qualche secondo, seguendo la sua ondulazione naturale, infine mi sorrise ed io, per la prima volta, ebbi la sensazione di sciogliermi come neve al sole.
“Torniamo dagli altri, saranno affamati.”, riuscii a dire non appena ebbi recuperato un po’ di lucidità.

Sì, il riccio mi faceva uno strano effetto.
“Andiamo.”, acconsentì lui, riprendendo la strada verso il parco.

---




Angolo Autrice
Hi guys! Allora, ovviamente sono appena tornata a casa...
indovnate un po' qual è stata la prima cosa che ho fatto???
Aggiornare? No, mangiare fino ad avere il mal di pancia!xD
Ma aggiornare è stata immediatamente la seconda!;)
Quindi eccoci qui con il nuovo capitolo! :D
Bene, per prima cosa c'è da dire che le cose, come avevo annunciato, cominciano a farsi più interessanti...
nei prossimi capitoli vedrete, cioè leggerete!!;)
Comunque, ma quanto è bello Hazza???*-*
Ovviamente la storia è ancora agli inizi, quindi non ci pensate proprio che filerà tutto liscio e che nel giro di tre capitoli
si dichiareranno amore eterno, si sposeranno e avranno un figlio, no!ù.ù
Ne passeranno ancora parecchie!!;)
Ringrazio di cuore quelle meravigliose persone che hanno inserito la storia tra le seguite, ricordate o preferite:
davvero, mi rendete superissimissimissimamente (?) felice!!! :)
E ringrazio ancora le persone che hanno lasciato una recensione!
Siete favolose!! <3
Ok, il mio "lavoro" da autrice credo che per oggi termini qui,
quindi vado a fare quello da lettrice!!xD
Spero che il capitolo vi piaccia, lo so, non è di dimensioni esorbitanti,
ma la lunghezza non è tutto!
Fatemi sapere cosa ne pensate! ;)
Alla prossima! :*
                                                                              Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 9
*** Blow a kiss, take it back. ***


5

Every piece of your heart

Blow a kiss, take it back.

Quando io ed il riccio di nome Harry tornammo al parco, i ragazzi erano sdraiati sulla fresca erbetta, intenti a contemplare il cielo. Avevamo poi mangiato tutti insieme, seduti a cerchio sul prato, mentre ci raccontavano strani aneddoti accaduti durante il tour. Ovviamente i più divertenti erano quelli riguardanti Harry, Louis e Niall. Anche i panini avevano avuto un grande successo, tanto che quando il biondino si decise a mangiare il terzo ci preoccupammo tutti che potesse finire un’altra volta in ospedale per indigestione alimentare, ma lui ci tranquillizzò dicendoci che quello gli capitava soltanto quando frullava le caramelle gommose per poi metterle nel gelato.
Subito dopo aver pranzato, poi, Zayn e Ross si erano appartati su una panchina oltre la serie di alberi ed ovviamente noi non avevamo fatto domande per approfondire cosa avessero intenzione di fare, o almeno non io e Ludovica.

“Perché, amico, cosa hai in mente di fare?”, aveva chiesto malizioso Louis riferendosi alla comunicazione che Zayn aveva appena dato.
“Louis, non fare il cretino!”, lo aveva rimproverato lui con sguardo truce.
“Andiamo Zayn, non vorrai mica farci credere che state andando lì dietro solo per poter meglio apprezzare la natura?”, aveva continuato Niall ammiccando in direzione delle mani, ancora intrecciate, di Ross e del ciuffo.
“Tanto sappiamo tutti che tipo di natura vuole studiare!”, aveva aggiunto poi, con tono malizioso, il riccio, lanciandogli occhiate d’intesa.
Ross aveva abbassato lo sguardo, forse per la prima volta in imbarazzo da quando la conoscevo.
“La volete smettere o no?”, aveva poi sbottato Zayn ormai al limite.
“No!”, avevano risposto in coro gli altri quattro.
Lui fece roteare gli occhi, poi strinse ancora di più la presa sulla mano di Rossella.
“Lasciali perdere, si divertono a fare i bambini.”, le aveva sussurrato quasi all’orecchio.
Lei si era tranquillizzata all’istante, poi si era lasciata guidare da lui, fino ad allontanarsi completamente da noi.
“Ella, se fa qualcosa che non deve fare lancia un urlo!”, le aveva poi gridato Louis mentre loro andavano via.

Sì, in effetti avevano preso l’abitudine di chiamare Rossella semplicemente Ella, dicevano che faceva più inglese di Ross.
Il resto del pomeriggio era davvero volato tra battutine e scherzi, così quando iniziò a farsi scuro fummo decisamente sorpresi di scoprire che erano già le sette.
Poi, dopo aver richiamato i due piccioncini ed esserci adeguatamente salutati, ci eravamo avviati alle macchine.
Ovviamente qualcosa dovette andare storto, visto che mi ritrovai, per la seconda volta, in macchina con il riccio.

“Juls!”, mi aveva chiamata Harry, prima che salissi sul sedile posteriore della macchina di Ludovica. “Vieni con me?”, aveva poi chiesto dopo avermi raggiunta, ormai a pochi centimetri di distanza.
Avevo aggrotto la fronte e spalancato gli occhi per la sorpresa.
“No.”, avevo rifiutato quasi indugiando per non aver ancora compreso il senso di quella proposta.
“Lia, giuro che se non te ne vai con Harry stanotte vengo a casa tua e ti ammazzo!”, mi aveva minacciata Ross dal finestrino del passeggero, seduta sul sedile accanto a Ludovica.
Avevo puntato gli occhi al cielo, spazientita dalle sue continue costrizioni che ormai non mi davano tregua. Certo, lei diceva di farlo per il mio bene, ma il fine non giustificava i mezzi.
“Giù, Rossella ha ragione! E poi vuole solo accompagnarti a casa, mica mangiarti viva!”, aveva aggiunto Ludovica, rincarando la dose.
Mi ero voltata in direzione del riccio, che mi fissava paziente, con un timido sorriso sulle labbra ed una fossetta sulla guancia sinistra appena accennata.
“Ci vediamo domani!”, aveva salutato Ludo mettendo in moto la macchina.
“Ciao!”, aveva, poi, esclamato Rossella, mentre già le vedevo allontanarsi da me.
“Bene.”, avevo borbottato a denti stretti.
“E sentiamo, come dovremmo starci in sei nella tua Volvo?”, avevo poi domandato ironica, tornando a guardare il riccio a pochi passi da me.
“Gli altri tornano con l’auto di Louis.”, aveva detto indicandomi una Audi nella quale si erano già accomodati gli altri quattro.
“Magnifico.”, commentai scettica.
“Bye Giulia!”, mi salutarono quelli, sporgendosi dai finestrini.
“Bye guys!”, avevo ricambiato io sventolando la mano.

“Allora, vuoi che ti ridia l’indirizzo?”, gli chiesi quando fummo saliti a bordo della sua auto.
“Non serve, l’ha memorizzato il navigatore l’altra sera.”, disse accennando ad un sorriso, puntando gli occhi sulla strada.
“Dopo stasera dovrò ricordarmi di cancellarlo, o al massimo cambiare casa!”, scherzai, ma nel mio tono era evidente il sarcasmo.
Lui rise, poi si passò velocemente la mano destra tra i capelli e fu in quell’istante che mi ricordai di avere ancora il suo cappello in testa.
Lo sfilai velocemente e lo appoggiai sul cruscotto.
“Quasi mi dimenticavo di restituirti il cappello.”, dissi lanciando uno sguardo in direzione di quest’ultimo.
Lui scosse lievemente il capo ed inevitabilmente anche i ricci si mossero con lui.

Da stupro, eh?
“Se ti piace e se vuoi, puoi tenerlo.”, dichiarò con voce bassa, enfatizzando però il vuoi.
“Ti ho già detto che non sono una tua fan, non lo prenderò per poi custodirlo in una teca e venerarlo!”, borbottai ironica.
Lui rise alle mie parole, per poi lanciarmi un veloce sguardo.
“Prendilo come un regalo di Harry per Juls.”, propose lui.

Cuore, perché avevi smesso di battere?
Cervello, perché avevi smesso di funzionare e mi facevi pensare certe cose?

Sorrisi flebilmente, ancora scossa da mille piccoli brividi.
“In tal caso…”, iniziai, ma poi mi tornò in mente il nomignolo che aveva utilizzato Liam quel giorno. “Anzi, diciamo solo che lo accetto se è da parte di Hazza per Juls.”, decretai, stringendo il cappello di lana tra le mani.
“Detesto quel soprannome!”, si lamentò Harry.
“Io invece lo adoro!”, replicai io, ancora sorridendo.
“E va bene, concesso. Per Juls, da Hazza.”, si arrese poi, sorridendo anche lui.
Rimisi il cappello in testa, contenta.
“Quasi sta meglio a te che a me!”, commentò lui, guardandomi per qualche secondo.
“Perché, tu avevi dubbi?”, domandai scettica dandomi delle arie. “Era ovvio che stesse meglio a me!”, conclusi scherzando, facendolo ridere.
“Mi piace che tu mi tratti così.”, quasi sussurrò.
Rimasi in silenzio per qualche secondo, mentre lo osservavo cercando di metabolizzare le parole e la serietà con la quale le aveva pronunciate.
“Cioè sei masochista?”, lo presi in giro, anche se avevo capito cosa intendesse.
“Andiamo, hai capito. Intendo dire che mi piace il fatto che tu mi ritenga semplicemente Harry, o Hazza, e non Harry Styles il cantante dei One Direction.”, chiarì questa volta con voce un po’ più sicura.
“Mi fa sentire una persona vera.”, mormorò poco dopo.
Sorrisi.
“Se ti può consolare, anche a me piace trattarti così.”, commentai per farlo sorridere e ci riuscii.
“Siamo arrivati.”, mi informò lui, parcheggiando sulla soglia destra della strada.
Slacciai la cintura di sicurezza e afferrai la borsa.
“Sono stato bene oggi.”, mi confessò lui avvicinandosi a me.
“Anche io.”, concordai, mentre i nostri occhi si scrutavano con una calma quasi snervante.
“Credi che ci rivedremo?”, domandò lui facendosi sempre più vicino.
“Hazza, questo discorso l’abbiamo già fatto.”, gli feci notare alludendo alla precedente conversazione che avevamo avuto in auto.
Lui sorrise, prima nel sentirmi pronunciare quello stupido soprannome, poi per le mie parole.
“Allora ciao.”, lo salutai io aprendo la portiera, per poi scendere dall’auto.
“Ciao Juls.”, ricambiò lui con un sorriso.
Lo guardai per l’ultima volta, poi chiusi la portiera alle mie spalle.

Forza, dovevo fare qualcosa, qualsiasi cosa!
Era come se percepissi la concreta paura che dopo quella sera non l’avrei più rivisto e la cosa, per quanto strano potesse sembrare, mi spaventava, mi terrorizzava, mi spezzava il fiato.
“Juls!”, mi chiamò.
Mi fermai di scatto, poi lentamente mi voltai.
Harry era a pochi passi da me, con uno scatto era sceso dalla macchina e mi aveva raggiunta.
Lo vidi deglutire quasi impercettibilmente.
“Io volevo…”, iniziò lui abbassando lo sguardo.
In quel momento pendevo completamente dalle sue labbra, esattamente come avevano fatto Ross e Ludo quando avevo mostrato loro il cd autografato.

Volevi?
Il mio cuore, senza alcuna spiegazione logica, batteva frenetico e le ginocchia mi sembrava stessero per cedere sotto il peso del mio corpo.
Harry alzò nuovamente il viso, puntando i suoi occhi nei miei ed io ci sprofondai completamente dentro.
Non si trattava di una semplice sensazione, al contrario. Era come se riuscissi a cogliere tutto quello che Harry non mi stava dicendo a voce, era come se fossimo connessi su un’altra linea che ci permetteva di comunicare senza l’utilizzo di alcuna parola, perché in quel momento sarebbero state del tutto superflue.
Si avvicinò ancora a me, ormai i nostri visi erano a pochi centimetri di distanza, tanto che potevo sentire il suo naso sfiorare il mio ed il suo fiato caldo accarezzarmi dolce le guance.

Sì, era ufficiale: quell’unico neurone che doveva esserci nella mia testa doveva essersi impiccato per solitudine.
In circostanze normali avrei decisamente allontanato chiunque, personaggi famosi, amici o conoscenti, ma con Harry era tutto diverso.
Tutto sembrava così insensatamente giusto.
“Volevo dirti che…”, riprese a parlare con tono roco quasi sulle mie labbra.
Si fece ancora più vicino, fino a quando le sue labbra non si poggiarono sulle mie.
Avvertii come un’esplosione all’interno del mio stomaco, quasi come se fosse quella stessa sensazione procurata dalle farfalle, ma elevata all’ennesima potenza.
Con la lingua tracciò delicatamente e con calma, tanto che rischiai di perdere il controllo, il contorno delle mie labbra, fino a chiedermi il permesso per approfondire il bacio.
Avrei dovuto negarglielo, di ciò ne ero pienamente consapevole, ma tutto ciò che riuscii a fare fu portare le mie braccia intorno al suo collo.
Lui poggiò le mani sui miei fianchi, poi con una mi circondò completamente la vita.
Iniziai ad accarezzargli i capelli, giocherellando con qualche riccio ribelle, mentre le nostre lingue si rincorrevano ed i nostri sapori si mischiavano fino a fondersi in uno nuovo, il nostro.
Lo sentii sorridere sulle mie labbra un attimo prima che ci staccassimo, quasi a corto di fiato.
Sorrisi anch’io, non interrompendo neanche per un istante il contatto visivo che avevamo appena ristabilito.
Eravamo ancora fermi nella stessa posizione, ancora avvinghiati l’uno all’altra.
“Hazza.”, lo chiamai in un sussurro.
Lui arricciò leggermente la fronte, quasi a chiedermi di continuare.
“Volevo dirti una cosa anche io…”, sussurrai ad un soffio dalle sue labbra, prima di farle nuovamente mie.
Al contatto con le sue, fu come tornare a respirare dopo un lungo periodo di apnea, come trovare un’oasi nel bel mezzo del deserto.
Con una mano mi accarezzava la schiena, mentre con l’altra mi teneva ben stretta a lui per la vita. Io, invece, continuavo a giocare con i suoi soffici ricci, incapace di fare altro.
Ogni singola cellula del mio corpo sembrava essere attratta da lui, persino i piedi.
Poco prima che ci staccassimo, gli morsi lievemente il labbro inferiore, sorridendo.
Ancora una volta, incontrai subito i suoi profondi occhi di un verde chiarissimo.
“Devo andare.”, mormorai ansante, ancora senza fiato.
Lui piegò le labbra in un sorriso, subito incorniciato da quelle due meravigliose fossette.
“Ciao Juls.”, mi salutò lui, svincolandomi dalla sua ferrea presa.
Ciao Hazza.

---

Angolo Autrice
Salve gente! Finalmente eccoci a sabato!!*.*
Sono a casa e come promesso ho pubblicato il nuovo capitolo!
Si sono baciati!!!!<3
Ma che dolce che è Harry!!!!*.*
Comunque sia, non vedevo l'ora che giungesse questo momento!
Cioè, se fossi stata io Giulia non avrei di certo aspettato tanto!!xD
Passando, invece, alle cose serie,
volevo ringraziare quelle spelndide persone che hanno inserito
la storia tra le preferite, ricordate o seguite...
siete meravigliose!!
Ringrazio poi i silenziosi lettori, spero che continuiate a seguirmi!
Un ringraziamento speciale, però, va a quelle magnifiche
cinque persone che hanno lasciato una recensione...
Dire che sieste state divine è ancora troppo poco!!
Grazie mille, davvero!! <3
Ora, giunti a questo punto, mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto!
Ovviamente non è tutto oro quello che luccica,
quindi non fatevi ingannare dalle prospettive rosee!!:P
Non aggiungo altro, anzi, dico solo che le recensioni sono sempre ben gradite!xD
Alla prossima! :*
                                                                                      Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 10
*** You're messing with my head. ***


10
Every piece of your heart

You’re messing with my head.

Erano passati cinque giorni da quando io ed Harry ci eravamo baciati ed, ovviamente, di lui non avevo avuto più notizie. In fondo, avrei dovuto saperlo fin dall’inizio che quel bacio non avrebbe portato a nulla di serio. Non ci eravamo più rivisti, non ne era più capitata l’occasione, e, nonostante lui potesse tranquillamente mettersi in contatto con me tramite Zayn e Ross, non aveva fatto nulla.
“Non ci posso credere! Cioè, tu hai baciato quel gran pezzo di figo di Harry Styles!”, aveva esclamato incredula Ludovica il lunedì mattina successivo durante l’intervallo.
Avevo semplicemente annuito, sotto lo sguardo sognante delle mie amiche.
“A dir il vero, prima mi ha baciata lui, poi io.”, avevo precisato subito dopo.
“Lo dicevo io che non si poteva resistere ad un tipo come lui!”, aveva commentato Ross, esultando quasi avesse appena vinto il premio Nobel.
“E come siete rimasti? Ti chiamerà?”, aveva chiesto Ludovica curiosa di scoprire altro.
Feci spallucce e loro sembrarono leggermente deluse.
“Non lo so, del resto non abbiamo mai programmato nulla! Ci siamo sempre incontrati solo per caso.”, avevo dichiarato con lo stessa voce di un condannato che stava per andare al patibolo.
“Ma come? Prima vi baciate e poi non sai neppure quando lo rivedrai?”, mi aveva rimproverato Ross, sbottando come scandalizzata da quelle notizia.
“Ross, ti ricordo che eri tu quella che pomiciava con Zayn, mica io!”, avevo borbottato in mia difesa.
Lei mise su sorrisetto forzato.
“Ed io, Lia, ti ricordo che il numero di Zayn ce l’ho, mentre tu quello di Harry no!”, aveva replicato.

Certo, chiedergli un recapito telefonico non sarebbe stata poi un’idea malvagia, ma ormai il danno era fatto e non avevo la benché minima voglia di piangere sul latte versato, per lui poi.
Un’altra brutta notizia mi era poi giunta il mercoledì di quella stessa settimana, quando Rossella mi aveva chiamata a casa perché aveva un’informazione urgente da riferirmi.
Per un attimo sperai che si trattasse di Harry, che lei gli avesse dato il mio numero. Io mi sarai arrabbiata, le avrei ribadito più volte il concetto di privacy e le avrei tenuto il muso per qualche minuto, infine le avrei detto che, tutto sommato, non era poi così grave.

“Lia, devo dirti una cosa.”, mi aveva detto non appena presi la cornetta del telefono, senza neppure premurarsi di salutarmi.
Il suo tono di voce era serio e preoccupato, tanto che temetti fosse successo qualcosa di davvero grave.
“Dimmi.”, l’avevo incitata, cercando di sembrare neutrale, nonostante avessi intuito che tirasse cattiva aria.
“Mi ha chiamata Zayn.”, disse per introdurre l’argomento.
Sbuffai sonoramente, irritata dalla snervante attesa alla quale mi stava sottoponendo.
“Ross, Zayn ti chiama un giorno si e l’altro pure!”, le avevo fatto notare con aria stizzita.
Ormai quei due avevano preso a sentirsi. Nulla di serio, sia chiaro, ma avevano deciso che avrebbero provato a tenersi in contatto per vedere come sarebbe evoluta la loro situazione. Più che altro si trattava di interesse fisico nei confronti dell’altro, che purtroppo ancora non erano riusciti a soddisfare.
“Tra poco è Natale.”, continuò lei, quasi come se stesse cercando le giuste parole per darmi quella notizia che tanto sembrava essere importante.
Serrai la bocca, cercando di non inveire contro di lei.
“E allora? Fuori piove e a giungo diamo la maturità.”, avevo bofonchiato non appena ebbi ripreso il controllo di me stessa.
“Sono partiti.”, quasi aveva sussurrato lei tutto d’un fiato, come per liberarsi di un peso che la stava opprimendo.
Sgranai gli occhi dalla sorpresa, mentre sentivo una strana fitta all’altezza del cuore.
“Chi?”, avevo mormorato timorosa di ricevere la risposta a quella domanda.
“Loro, i One Direciton. Sono tornati a Londra per le vacanze di Natale, alla fine prima o poi sarebbero comunque dovuti tornare a casa. Si sono trattenuti un po’ di più qui a Roma soltanto perché necessitavano di qualche giorno di tregua dopo la fine del tour.”, mi aveva spiegato.
Io ero rimasta in silenzio, incapace di dire o fare qualsiasi cosa.
L’unica silenziosa domanda che si ripeteva nella mia testa era: perché?
Perché non mi aveva detto nulla? Perché mi aveva baciata e poi era sparito? Perché?
“Ehi, Lia, ci sei ancora?”, aveva chiesto Ross, riscuotendomi dai miei pensieri, forse preoccupata del fatto che non le avessi più dato cenni di vita.
“Si, si.”, avevo confermato. “Non vedo come questo possa interessarmi.”, avevo mentito. “Vuoi forse che organizzi una festa per esserci liberate di quelle palle al piede?”, avevo aggiunto dopo nel tentativo di sembrare più convincente.
Rossella aveva riso dall’altro capo del telefono.
“Tanto lo so che ci sei rimasta male per Harry.”, aveva precisato.
Al sentire il suo nome fu come se il sangue all’interno delle vene raggelasse, come se tutto intorno a me si fermasse per questione di pochi millesimi di secondo.
“Chi? Quello di ‘Harry, ti presento Sally’?”, avevo chiesto, come per voler far finta di nulla.
Mi parve di sentire Rossella sospirare, ma ignorai anche quello.
“Comunque,volevo dirti che sabato sera organizzano una serata fantastica in discoteca!”, aveva esclamato per cambiare argomento e da quel punto in poi della conversazione smisi di seguirla.

Mi rigirai sul mio letto, poggiandomi sul fianco destro. Afferrai il cuscino e lo strinsi forte sul petto.
Avevo una tale confusione in testa da poter essere assimilata alla mia stanza il sabato sera prima di uscire, cosparsa ovunque di vestiti, trucchi, borse, scarpe, accessori e gli inevitabili libri.
Da un lato avevo tranquillamente appurato il fatto che Harold Edward Styles fosse uno stronzo di prima categoria, dall’altro, invece, non riuscivo a spiegarmi il motivo di quella strana sensazione di delusione che percepivo ogniqualvolta lui o la sua band venisse nominata ad alta voce.
Non conoscevo il vero Harry, di questo ne ero assolutamente consapevole, ma quella persona con la quale avevo trascorso del tempo in quei pochi giorni mi aveva quasi stupita.
All’inizio, infatti, credevo che lui fosse semplicemente un ragazzino montato, vanitoso, sfacciato, egocentrico, antipatico, arrogante, presuntuoso e giù di lì, del resto la lista era ancora lunga.
Quando poi avevo iniziato a parlarci, avevo scoperto un altro Harry e mi ero dovuta ricredere su molti punti, anche se il mio orgoglio non aveva apprezzato molto quel cambio di opinione.
Lui sapeva essere un diciannovenne quasi simpatico, piuttosto gentile ed alla mano.
Infine, ma non meno importante, avevo scoperto anche la sua parte peggiore, quella capace di sparire nel nulla e farti sentire parte di quel nulla.
Avevo iniziato a pensare che per lui si era trattato di un gioco sin dall’inizio.
Insomma, poteva anche essere una sorta di sfida, quella di farmi capitolare ai suoi piedi e, seppur questo non era realmente successo, il bacio gli aveva assicurato la vittoria.
Magari in realtà lui non era neppure così come si era preoccupato di apparire ai miei occhi e magari, mentre mi sorrideva o mi baciava, pregava che il tutto finisse a breve.
Mi alzai lentamente dal letto, afferrando il portatile che tenevo sulla scrivania, per poi tornare sul morbido e caldo piumone. Appoggiai la schiena alla spalliera e piegai leggermente le gambe per fare da sostegno al computer, poi lo aprii e lo accesi.
Quello che stavo per fare non mi piaceva per nulla, ma in quel momento ne sentivo la necessità.
Aprii una pagina di internet e veloce digitai il nome della band di quei cinque mocciosi.
Esitai ancora qualche secondo prima di premere il tasto che avrebbe avviato la ricerca.
Pochi istanti dopo sullo schermo comparvero una serie di siti riportanti notizie sui One Direction.
Continuai a scorrere, fino a trovare l’icona del video di una loro canzone.
Cliccai sul collegamento e pochi istanti dopo la musica inondò tutto la camera.
Riconoscevo quelle note frizzanti e allegre, le avevo sentite canticchiare dalle mie amiche migliaia e migliaia di volte.
Chiusi gli occhi, privandomi delle immagini che scorrevano veloci come accompagnamento alle parole cantate, poi lo sentii.
Era la voce di Harry.

Everyone else in the room can see it,
everyone else but you…

Di scatto sgranai gli occhi, tornando a fissare con una nuova e strana esigenza il video.
Correva, rideva, giocava con l’acqua, scherzava con i suoi amici.
Rimasi immobile, come ipnotizzata da quelle note.
Poi la scena si spostò su di lui.
Cantava a pochi centimetri di distanza dal volto di una ragazza, sorridendole, mentre il sole calava alle loro spalle.

Baby you light up my world like nobody else.
The way that you flip your hair gets me overwhelmed.
But when you smile at the ground
it ain’t hard to tell,
You don’t know you’re beautiful.

Sorrisi amareggiata, forse rassegnata, quasi come se fossi appena venuta a conoscenza di un’ovvia verità.
Harry Styles era un cantante famoso ed io ero solo una delle mille ragazzine che lui aveva incontrato durante il suo tour, una delle tante con le quali aveva giocato e si era divertito.
Probabilmente in quel moneto, mentre io guardavo quel suo fottutissimo video, lui aveva già dimenticato il mio nome ed il mio viso.
Di scatto, presa da un moto d’ira, chiusi la pagina, come se ciò servisse a cacciare il suo dannatissimo viso fuori dalla mia testa.
Ma passarono pochi secondi prima che sentii l’impellente bisogno di vederne altri, di continuare a sentire quella sua stupidissima voce meravigliosamente dannata.
Così, senza neppure rendermene conto, mi trovai a saltare da un video all’altro, soffermandomi con particolare attenzione sulle parti interpretate da Harry.
Iniziai con le loro canzoni accompagnate dai testi, per proseguire con i live dei concerti tenuti in America o in Inghilterra, fino a quelli dell’ultimo tour e qualche spezzone dell’esibizione a Roma.
Infine, mi trovai a frugare anche tra le varie serate che avevano fatto ad X-Factor ed i vari diari che avevano registrato.
In ognuno di quei video era come sei riuscissi a cogliere una sfumatura diversa del carattere del riccio. Prima le battute con gli amici, poi i sorrisetti maliziosi, le distrazioni che era costretto a subire durante gli assolo, le lacrime che aveva versato, la voce che gli tremava, poi ancora lui che ballava, che rispondeva alle domande, alle varie interviste.
Fu così, in quel modo ed in quel momento, che mi accorsi di non conoscere affatto Harry Styles.
Fu così, in quel modo ed in quel momento, che mi accorsi di essere stata totelmente, completamente e perfettamente presa in giro da quello sconosciuto di nome Harold Edward Styles.

---


Angolo Autrice
Buongiorno a tutti!!! :D
Allora, come potete vedere questa volta sono stata velocissima ad aggiornare!!!
In meno di ventiquattro ore, quasi un record insomma!!!!xD
Il motivo è che, non potendo farlo in settimana ed essendo piuttosto avanti con la storia,
ho deciso di pubblcare quanto più spesso possibile,
anche perché altrimenti finirebbe troppo per le lunghe e non voglio assolutamente annoiarvi!
Comunque sia, eccoci al nuovo capitolo! :)
Non mi ammazzate, vi prego!
Insomma, Harry è solo partito senza dire nulla!!xD
Ovviamente non poteva andare tutto liscio.
Ho detto fin  dall'inzio che avrei provato a rendere quanto più realistica la storia,
quindi credo possiate capirmi se ho deciso di far partire Harry come se nulla fosse.
Insomma, tralasciando il fatto che è il nostro protagonista maschile,
rimane comunque uno dei One Direction!!!
Vabbè, detto questo aggiungo solo un'altra piccola nota.
Mi piaceva l'idea di creare un collegamento fittizio tra Giulia ed Harry attraverso un video.
Si tratta solo di un legame illusorio,
di un qualcosa che inconsciamente la tiene più vicina a lui,
come se bastasse tanto poco per sentirlo ancora lì.
Certo, il risultato non è affatto soddisfacente,
del resto Hazza non potrà mai essere sostituito da un suo stupido video,
però è l'unica cosa alla quale lei può aggrapparsi.
Ok, ora ringrazio immensamente i silenziosi lettori!!*.*
Ringrazio di cuore anche coloro i quali hanno inserito la storia tra preferite, seguite e ricordate...
siete sempre più magnifiche!!! (?) <3
Infine, non per importanza, sia chiaro, ringrazio mille e mille volte le persone
che hanno lasciato una recensione!
Ma un particolare ringraziamento va a FeniceHowl_ che mi segue e mi supporta/sopporta con tutta la pazienza del mondo!
Grazie mille!!!<3
A proposito, passate anche a leggere qualcosa di suo, ne vale la pena!;)
Dunque, mi pare di aver detto tutto...
Lo so, il capitolo non è uno dei migliori, né è felice o allegro,
però magari in futuro...
Dai, fatemi sapere cosa ne pensate!!!
Alla prossima!:*
                                                                                                   Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 11
*** You just like to know you can. ***


2

Every piece of your heart

You just like to know you can.

Le vacanze di Natale trascorsero molto più velocemente di quanto avessi desiderato, così senza neppure rendermene conto, mi trovai a dover tornare a scuola.
Ormai eravamo a metà Gennaio.
Le cose procedevano piuttosto regolari e, dopo quella assurda parentesi della mia vita, non si erano più verificati fatti o eventi straordinari.
Ross aveva smesso di sentirsi con Zayn, consapevole del fatto che quella sorta di conoscenza effettuata a distanza non avrebbe fruttato assolutamente nulla.
Così, già dalla fine del mese di Dicembre, aveva iniziato ad uscire con un ragazzo conosciuto in discoteca, di quattro anni più grande di lei, che personalmente non avevo ancora mai visto. L’unico dettaglio che avevo per identificarlo, oltre la descrizione accurata e dettagliata che la mia amica mi aveva fatto ormai tante di quelle volte da perderne il conto, era il nome: Giovanni.
Inizialmente, anche se avevo cercato con tutte le mie forze di non darlo a notare, non avevo preso bene la notizia della partenza improvvisa del riccio, che poi mi aveva bellamente ignorata, senza neppure tentare di mettersi in contatto con me.
“Ma dai, non dirlo neanche per scherzo!”, si era lamentata Ludovica, facendo mezzo giro sulla sedia della scrivania della mia camera.
“Ludo, guarda che per me non è mica un problema ammettere che ci sono cascata come una stupida!”, le avevo chiarito per cercare di convincerla ad essere più sincera.
“Bene, allora non ti farà male sapere che la lista dopo di te è già molto lunga!”, aveva insinuato Rossella, puntando lo sguardo sul mio viso per cogliere la mia reazione.
Sentii formarsi uno strano nodo in gola, quasi come se mi rendesse difficile respirare.
“Ah, ma davvero?”, avevo chiesto a mo’di conferma, cercando di non far trapelare alcuna espressione.
Era tutto uno scherzo, vero? Non potevo essere così patetica da finire nella rete di uno stupidissimo ragazzino che giocava a fare il dongiovanni, vero?
“Guarda qui, se proprio non ci credi!”, aveva infierito maggiormente Ross, indicandomi una serie di notizie che aveva appena cercato su Internet, girando il portatile in mia direzione, cosicché potessi leggere.
Sgranai gli occhi quando vidi l’ammontare dei nomi, di sesso femminile ovviamente, accostati a quello del riccio.
“Persino con una trentaduenne se la fa!”, aveva commentato Ludovica facendosi più vicina a me, per poter leggere anche lei.
“Cazzo, vedi questa che bella ragazza che è!”, aveva esclamato poi Rossella, indicando una foto in cui veniva ritratto con una modella bionda.
Il cuore mi si era quasi stretto in gola.
Sì, ero stata così patetica da non essere riuscita a resistere al suo fascino.
“Del resto si sapeva già che Harry è il più pervertito del gruppo!”, aveva dichiarato Ludovica con tono ovvio, informandomi su quella spiacente e nuova verità che si apriva davanti ai miei occhi.
Rimanevo in silenzio, mentre con lo sguardo scorrevo veloce su quelle mille parole sul suo conto.
‘Un tecnico del suono pare aver chiesto ad una fan tra le prime file se volesse raggiungere il nostro caro Harry dopo il concerto.’, diceva un articolo che Ludovica aveva appena aperto.
‘Una fan dichiara: l’ho incontrato in un bar, lui mi ha chiesto di andare al suo tavolo ed io ho accettato. Non avrei mai creduto che entro la fine della serata avrei baciato Harry Styles e… dio, come bacia!’, dichiarava una ragazza di poco più grande di lui.
‘Sembra che finalmente Styles abbia deciso di frequentare ragazze della sua età.’, informava un’altra pagina, mostrando una foto del riccio in dolce compagnia.
“Harry continua a darsi da fare.”, era il titolo di un post inserito in uno dei tanti blog.
“Il lupo perde il pelo, ma non il capello.”, ironizzava un altro facendo riferimento alla sua colorita vita sentimentale.
Sbuffai, ormai stanca di leggere ancora quelle stupidissime notizie relative a quello stupidissimo ragazzo.
Mi aveva preso in giro, questo era chiaro, ed io glielo avevo permesso.
Davvero tanti complimenti, Giulia!
“Tutto bene, Lia?”, mi aveva chiesto Ludovica, forse avendo notato il mio sguardo quasi… deluso da me stessa?
Avevo annuito, senza però proferir parola.

Da allora mi ero obbligata a tagliare i ponti con qualsiasi cosa che potesse farmi sentire ancora più ridicola di quanto già non fossi, così avevo smesso con le inutili ricerche su internet, i video, le interviste e le canzoni.
Non era lui ad avermi ferita, per essere chiari.
Mi ero ferita da sola, con le mie stesse mani. Mi ero resa conto che, in fondo,non ero poi così forte e invulnerabile come credevo di essere, tanto che ero crollata già la prima volta che le mie difese erano state attaccate.
Mi ero ripromessa, dunque, che in futuro sarei stata molto più riflessiva e restia in certe situazioni, così da evitare il ripetersi di quella orribile situazione.
Altro discorso, invece, era stato capire che a lui non interessavo minimamente. Ero giunta alla ovvia conclusione che il suo obiettivo era sempre stato solo e soltanto uno: sapere che poteva, sapere che non l’avrei respinto, sapere che era lui a dettare le regole del gioco.
Sì, era stata davvero una brutta batosta per la mia autostima.
Il cellulare vibrò sul comodino, segnalandomi l’arrivo di un messaggio. Era Massimiliano, un ragazzo che avevo conosciuto poco dopo le vacanze di Natale, in una libreria del centro.
“Stai cercando qualcosa in particolare o sei semplicemente affascinata dalla psicologia di Freud?”, mi aveva chiesto quel ragazzo moro, con gli occhi ambrati, facendomi sussultare per lo spavento.
Avevo alzato gli occhi dalla pagina che stavo leggendo con tanta attenzione e i nostri sguardi si erano incrociati per qualche istante.
Lui mi aveva sorriso in maniera che avrei definito quasi dolce e amichevole.
“Immagino tu sia una studentessa di psicologia?!”, aveva continuato poi, visto che non davo cenni di risposta.
Sorrisi, abbassando imbarazzata la testa sul libro per pochi attimi, prima di tornare a guardarlo.
“È questa la tua tecnica di abbordaggio?”, gli avevo chiesto ironica. “Dare dell’universitaria ad una liceale?”, avevo continuato poi chiudendo il libro sotto il mio naso.
Lui aveva spalancato gli occhi, sorpreso da quella rivelazione.
“Veramente io…”, aveva provato a dire a mo’di scuse, senza però riuscire a terminare la frase.
Sembrava così indifeso ed ingenuo, quasi tenero.
“Tranquillo, stavo scherzando!”, avevo chiarito per tranquillizzarlo.
Lui si era rilassato, ammorbidendo i lineamenti del viso, poi si era lasciato andare ad un flebile sorriso.
“Allora, tu che facoltà frequenti?”, gli avevo domandato poi mentre riponevo il libro che avevo appena consultato sullo scaffale.
“Lettere moderne.”, aveva prontamente risposto.
Lo squadrai bene da capo a piedi, mentre sentivo il mio volto piegarsi in un’espressione dubbiosa.
“Tu?”, avevo detto quasi per chiederne conferma. “Sembri più il tipo da medicina.”, avevo commentato in un soffio.
“A dir il vero mi piacerebbe diventare un giornalista. Perché, non mi ci vedi proprio?”, aveva scherzato lui.
“No, no, figurati! Anzi, quasi riesco a immaginarti dietro ad una scrivania mentre butti giù fiumi di parole.”, avevo aggiunto per rincuorarlo.
“Comunque, piacere! Io mi chiamo Massimiliano.”, si era presentato porgendomi la mano.
Gli avevo sorriso prima di afferrarla, subito ricambiata.
“Io sono Giulia.”

Aprii la cartella e veloce lessi il messaggio.
‘Ciao Giu! Per stasera tutto confermato? Ci vediamo alle nove davanti la libreria?’, diceva riferendosi all’appuntamento preso dopo la seconda volta che ci eravamo incontrati, sempre davanti a quello scaffale.
Sorrisi, prima di digitare velocemente la risposta.
‘Certo! Non vedo l’ora.’, scrissi prima di inviare.
Aspettai ancora qualche secondo, rileggendo quella breve conversazione che tanto mi metteva di buon umore, poi il vibrare del cellulare mi riscosse da quella inusuale attività.
‘Già conto i minuti.’, mi aveva scritto.
Sorrisi ancora ed in quel momento mi sentii quasi un’ebete per lo stupido comportamento che stavo adottando, o per meglio dire sella stupida reazione che stavo avendo.
“Giù, mi presti il tuo computer?”, mi chiese mio fratello fermandosi sulla soglia della porta della mia stanza.
Mio fratello si chiamava Marcello ed aveva solamente sei anni, frequentava il primo anno delle scuole elementari.
Aveva i capelli castani, ma molto più chiari dei miei, e degli occhi marrone cioccolato stupendi, tanto che numerose volte mi ero trovata a chiedermi il perché a lui fossero capitati così belli, mentre il colore dei miei era decisamente molto più anonimo e banale.
Non era particolarmente alto per la sua età, più che altro si limitava a restare nella norma, ma era magro quasi quanto un’acciuga, nonostante fosse capace di divorare tonnellate di cibo al minuto.
Gli sorrisi, facendogli cenno di entrare.
“Devi giocare?”, gli chiesi mentre lui prendeva il portatile che avevo sulla scrivania per poi sedersi accanto a me sul letto.
Scosse la testa, in segno di negazione.
“Veramente volevo solo stare un po’ con la mia sorellona.”, confessò lui puntando lo sguardo sul piumone, quasi come se per lui dire quelle parole era simbolo di debolezza.
D’istinto lo abbracciai e con la mano destra gli scombinai giocosamente i capelli.
“Allora, Lello!”, iniziai attirando la sua attenzione. “Che ne dici di una sfida a Super Street Fighter?”, proposi menzionando uno dei suoi giochi preferiti.
Bene, anche per quel pomeriggio lo studio era andato a farsi benedire.
“Si!”, esclamò lui entusiasta.
“Bene, dai, vai a prendere i joystick in camera tua.”, gli dissi poi.
Lui mise su un bellissimo sorriso a trentadue denti, poi scattò in piedi come una molla e ancora sorridendo corse veloce verso la sua stanza, per poi tornare qualche secondo dopo con i due oggetti tra le mani.
“Che la sfida abbia inizio!”, scherzai poco prima di iniziare una nuova partita.
Ovviamente, inutile dirlo, vinse mio fratello con i suoi mille trucchetti e le imprevedibili mosse che imparava giorno dopo giorno.
Così dovetti piegarmi alla suo volontà e fui obbligata a promettergli che per i prossimi tre giorni gli avrei lasciato il mio computer tutte le volte che voleva.
La sera stessa, poi, uscii con Massi. Avevo deciso di non indossare nulla di particolare, non volendo inviargli alcun tipo di messaggio tramite il mio abbigliamento. Non sapevo dove mi avrebbe portata, ma indossare un vestito gli avrebbe fatto sicuramente pensare che volevo fare colpo su di lui.
Decisamente fuori discussione era l’ipotesi di mettere una gonna, con quel freddo avrebbe dedotto che lo facevo solo per mettere in mostra le gambe e a me, di fare la figura dell’intraprendente già alla prima uscita, non andava proprio.
Avevo così deciso di mettere un jeans stretto e scuro a vita bassa, con gli stivali, abbinato ad una deliziosa camicetta a righe ed un cardigan di lana.
Insomma, carina ma non eccessiva.
Avevo poi optato per un leggero filo di matita, il mascara e un lucidalabbra.
“Ciao Massi!”, lo salutai quando finalmente raggiunsi il posto del nostro incontro.
Lui era già lì.
Mi sorrise non appena mi vide, poi si avvicinò fino a posarmi un delicato bacio sulla guancia.
“Ciao Lia!”, ricambiò guardandomi negli occhi.
“Allora, dove hai intenzione di portarmi?”, gli chiesi, mentre mi stringevo tra le braccia per riscaldarmi, colpita da una folata di vento gelido.
“Sulla luna, mia signora!”, scherzò lui passando un suo braccio sulla mia schiena, mentre insieme ci avviavamo verso la sua macchina.
“Allora spero che questa cosa abbia le ali!”, scherzai puntando la sua auto con l’indice.
Lui rise di gusto, poi mi aprì la portiera per farmi salire e poco dopo entrò anche lui nell’abitacolo.
“Non dubitare delle capacità della mia auto! Certe volte le apparenze ingannano!”, replicò lui, sottolineando l’ultimo punto con uno strano sguardo.
Cosa voleva dire?
Accennai un sorriso, in parte spiazzata da quelle parole, in parte incapace di fornirgli una risposta.
“Che ne dici di cinema e cioccolateria?”, suggerì Massi, mentre accendeva il motore, poi fissò i suoi occhi nei miei quasi per ottenere la mia approvazione.
“Credo sia un’ottima idea!”, concordai sorridendogli.

---

Angolo Autrice
Salve bella gente!xD
Allora, ecco il nuovo capitolo, come promesso! :D
Eheh, qui di cose ne succedono!
Per prima cosa voglio assolutamente precisare che i fatti della vita privata
di Harry sono chiaramente ripresi dalla realtà,
a seconda delle necessità.
Anche la storia del tecnico del suono è ripresa da qualche pagina di gossip,
sempre per il fatto che volevo rendere la storia quanto più reale possibile.
Comunque, povera la nostra Juls!
Ora è anche costretta ad assistere da esterna alle avventure del nostro caro Hazza!-.-"
Ma non preoccupatevi, con lei adesso ci sarà Massi!
Allora, che ve ne pare di questo nuovo personaggio?
Interessante? Fastidioso?
Vogliamo ucciderlo subito o aspettiamo ancora un po'?xD
Ok, la smetto di delirare...
Piuttosto, ringrazio di cuore tutte le persone che hanno letto la storia,
soprattutto chi l'ha inserita tra le preferite, ricordate o seguite! :*
Un ringraziamento enorme va a quelle magnifiche persone
 che hanno lasciato una recensione!*.*
Siete tutte stupendissimamente stupende!!!<3
Ah, quasi dimenticavo... grazie mille Bettins!
Per tutto quello che fai, perché mi sopporti tutte le sere quando ti importuno
cantando le canzoni che solo tu sai
e perché mi supporti in ogni mia più piccola pazzia!:*
Bene, vi lascio al capitolo!
Conto di aggiornare anche domani,
quindi l'attesa per il seguito sarà davvero brevissima!!
Fatemi sapere cosa ne pensate!!!;)
Alla prossima! :*
                                                                  Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 12
*** So keep in mind. ***


3

Every piece of your heart

So keep in mind.

Il tempo in quel periodo sembrava passare ancora più veloce del solito, complici i mille impegni scolastici, i compiti, le ansie per l’ormai sempre più vicino esame, il conto alla rovescia per il mio compleanno e le numerose uscite con Massimiliano.
No, quella sera, quando eravamo usciti per la prima volta, non ci eravamo baciati.
Cioè, in realtà si era anche creata la situazione perfetta, ma all’ultimo secondo mi ero tirata indietro tirando in ballo la scusa dell’orario. Insomma, mi ero fatta prendere dal panico e non ero riuscita a concludere nulla.
Lui non aveva posto alcuna obbiezione e mi aveva riaccompagnata a casa, promettendomi che mi avrebbe chiamata il giorno successivo e così fece, lasciandomi davvero senza parole.
Dopo l’ultima esperienza che avevo avuto, infatti, pensavo che anche lui si sarebbe volatilizzato da un momento all’altro, ma ovviamente mi stava dimostrando l’esatto contrario, seppur questo richiedesse tempo, costanza e pazienza.
Da allora ci sentivamo praticamente tutti i giorni ed uscivamo ogni volta che ci fosse possibile, del resto anche lui era piuttosto impegnato con i corsi e le mille iniziative organizzate dall’università.
Io, dal mio canto, cercavo di organizzare il mio futuro a tavolino.
Avevo trascorso ore intere a fare ricerche su internet, cercando di trovare una pratica soluzione alle mie aspirazioni, senza però ottenere molti risultati.
Mi sarebbe davvero piaciuto tanto continuare a studiare l’inglese, ma sapevo che una laurea in lingue era davvero difficile da utilizzare nel mondo del lavoro. Così avevo preferito indirizzarmi su facoltà come medicina, lettere e filosofia o, nel peggiore dei casi, giurisprudenza.
Certo, avrei preferito di gran lunga qualcosa come scienze politiche o scienze delle comunicazioni, ma ero troppo codarda per espormi tanto, mettendomi in gioco fino a quel punto. Preferivo optare per qualcosa capace di darmi un accesso diretto al mondo del lavoro, seppur implicasse qualche anno in più di studio.
Eravamo ormai giunti a metà febbraio ed i giorni continuavano a scorrere inesorabili.
Ormai la data del mio diciottesimo compleanno si faceva sempre più vicina e con essa aumentava anche l’esuberanza e l’eccitazione.
Sapevo che non sarebbe cambiato nulla, ma era come se quel compleanno fosse un altro piccolo passo verso la maturità, verso la crescita.
“Allora, hai già pensato a cosa fare il 9 marzo?”, mi aveva chiesto Rossella durante l’ora di italiano, mentre la professoressa spiegava qualcosa che non mi preoccupavo affatto di ascoltare.
Scossi il capo, facendole intuire che ancora non avevo deciso nulla.
“Potresti sempre fare una festa!”, aveva proposto lei ad un soffio dai miei capelli, sporgendosi quanto più avanti le fosse possibile.
“Non so.”, avevo bofonchiato rimuginando ancora una volta su quella eventualità.
“Oppure potresti semplicemente mettere i soldi da parte e poi utilizzarli per una vacanza quest’estate!”, mi aveva suggerito Ludovica avvicinandosi al mio orecchio.
Scrollai le spalle.
“Ho ancora le idee confuse.”, avevo confessato.
“Però sarebbe bello poter fare una vacanza noi tre insieme, quest’estate!”, aveva sussurrato poi Ross con aria sognante, immaginando chissà quali paradisi terresti nella sua testa.
Sorrisi, in effetti non era per nulla una cattiva idea.
“A proposito di compleanni…”, aveva poi iniziato la rossa, cambiando argomento. “Sapete che il 12 gennaio è stato il compleanno di Zayn? Cioè, io non me ne sono neppure ricordata! Infatti non gli ho mandato neppure gli auguri!”, quasi aveva sbraitato in un sussurro.
Io e Ludo sorridemmo, ormai abituate alle sue strane uscite.
“E a dir il vero anche Harry ha fatto il compleanno, appena pochi giorni fa, il 1 febbraio!”, aveva aggiunto poco dopo, puntando il suo sguardo su di me, lo sentivo anche se non potevo accertarmene.
“Ops, peccato che ci siamo dimenticate di fare gli auguri anche a lui!”, ironizzai prendendola in giro.
“Almeno per una sera non si sarà dovuto impegnare più di tanto per stare tutto il tempo al centro dell’attenzione!”, avevo borbottato poco dopo, prima di tornare a seguire la professoressa, quella volta con più attenzione.

Alla fine avevo davvero deciso di non festeggiare, anche perché ormai avevamo deciso che io, la rossa e la bionda terminati gli esami saremo partite per un qualsiasi posto, ovunque ma non in Italia.
Nel frattempo, poi, anche la vita sentimentale delle mie amiche si era evoluta.
Ludovica si era fidanzata da poco più di una settimana con la sua storica cotta risalente al tempo delle medie, Francesco, mentre Rossella aveva deciso di lasciar perdere il tipo, che comunque non vidi mai, di nome Giovanni per concentrarsi sul classico ragazzo bello e stronzo della quinta accanto alla nostra classe.
“Secondo me tu e Massi dovreste mettervi insieme!”, mi aveva detto qualche giorno prima Rossella durante l’ora di educazione fisica.
I ragazzi stavano giocando a calcio, mentre noi ci eravamo appollaiate sulle gradinate della palestra e ci eravamo messe a chiacchierare. La professoressa era come sparita, ma anche se fosse stata presente di certo non sarebbe cambiato nulla.
Scrollai le spalle, come a voler far scivolar via quell’idea.
“Ross ha ragione! Andiamo, sono due giorni che viene a prenderti davanti scuola!”, aveva sottolineato Ludovica, gesticolando per enfatizzare ancora di più le sue parole.
Misi su un’espressione dubbiosa mentre riflettevo sulle loro parole.
“Il punto è che noi stiamo bene insieme, ma…”, avevo provato a dire, lasciando poi la frase incompleta a causa della mancanza di parole.
“Ma?”, mi avevano chiesto in coro per farmi continuare.
“Ma non mi sento girare la testa, non sento le farfalle nello stomaco, non mi manca l’aria!”, avevo confessato tutto d’un fiato.
Rossella aveva fatto roteare gli occhi, in segno di tacita protesta mista a rassegnazione, Ludovica invece mi aveva lanciato uno sguardo di complicità.
Quasi mi sentivo ridicola per le parole melense ed esageratamente dolci che avevo pronunciato, tanto che percepii una strana sensazione di nausea.
“Sei un’inguaribile romanticona!”, mi aveva accusato Rossella puntandomi giocosamente l’indice contro.
Avevo scosso il capo, ritrovando la sicurezza di cui necessitavo.
“No, sono soltanto talmente razionale da riconoscere che non sono innamorata di Massi.”, avevo chiarito con tono saccente.
Lei aveva fatto una smorfia titubante, per farmi intendere che in realtà non se l’era affatto bevuta come scusa.
“Sarà.”, aveva sussurrato poi, chiudendo la conversazione.

Mi guardai per l’ultima volta allo specchio, rendendomi conto di essere finalmente pronta.
Quel sabato sera ci eravamo organizzate per andare in discoteca, per divertirci e festeggiare tra ragazze il primo fine settimana dopo San Valentino.
Per quella dannatissima ricorrenza, cioè appena due giorni prima, avevo ricevuto un’orribile, stucchevole sorpresa.
Quella mattina entrai in classe, senza farmi alcun tipo di problema, credendo che sarebbe stato esattamente un giorno come tutti gli altri, ma mi sbagliavo ed anche di tanto.
Quando oltrepassai la porta, intravidi una strana scatola poggiata sul mio banco.
Aggrottai la fronte per la sorpresa, poi senza indugiare oltre mi avvicinai al mio banco, il terzo a partire dalla cattedra, nella fila di destra.
Sgranai gli occhi quando sul bigliettino posto sulla scatola a forma di cuore lessi la semplice scritta ‘Per Giulia, tuo Massi’.
Quasi mi prese un infarto.
Ross mi raggiunse subito, tirandomi qualche leggera gomitata all’altezza dello stomaco.
“Allora, il tuo principe ti fa gli auguri?”, mi aveva chiesto lanciandomi una strana occhiata.
Sbuffai e lasciai cadere lo zaino sul pavimento, per poi sedermi.
La scatola era rivestita con della carta colorata. La parte inferiore era di un unico colore, rossa, quella superiore invece era a fondo bianco, dal quale si staccavano poi disegni colorati rappresentanti cuori, rose, orsacchiotti e torte.
“Hai capito tu, Massimiliano?”, aveva scherzato Ludovica sedendosi al mio fianco, guardando curiosa l’oggetto che tenevo tra le mani.
Sollevai il coperchio, trovando una rosa rossa ed una scatola di cioccolatini.
‘Buon San Valentino’, c’era scritto su un altro biglietto legato alla rosa.
Osservai bene il pacchetto sotto i miei occhi, decisamente esagerato se si teneva in considerazione il fatto che non stessimo neppure insieme.
Presi un cioccolatino e me lo rigirai tra le dita, poi lo scartai e lo mangiai.
Almeno il cioccolato non era male!

“Giulia, è arrivata Ludovica!”, mi avvisò mia madre, affacciandosi sulla soglia della porta della mia camera.
“Grazie, ora scendo!”, le dissi mentre afferravo la borsetta per poi dirigermi fuori dalla stanza.
“Aspetta un attimo.”, mi fermò mia madre, bloccandomi per il polso.
Mi voltai verso di lei e aspettai che continuasse.
“Sei bellissima.”, commentò dopo avermi squadrata per bene.
Sorrisi, soddisfatta e compiaciuta dal suo complimento.
“Dai, mamma! Non dire così! E poi lo sai come dice il proverbio!”, borbottai per screditare le sue parole, in fondo non ci credevo veramente.
“Guarda che non lo dico mica solo perché sono tua madre!”, si era difesa lei sorridendomi. “Stai davvero benissimo stasera!”, replicò poi, accarezzandomi una guancia.
“Ed ora vai, che altrimenti fai tardi!”, disse per farmi sbrigare.
“Ciao mamma!”, la salutai posandole un veloce bacio sulla guancia.
“Mi raccomando!”, mi ricordò lei, ormai alle mie spalle.
Circa una mezz’oretta dopo raggiungemmo finalmente la discoteca.
Posammo i cappotti all’ingresso, poi ci dirigemmo sicure verso i divanetti.
La sala era già piena di gente che si muoveva a ritmo di musica. Le luci colorate illuminavano a tratti i volti delle persone, alcune particolarmente sudate a causa dell’eccessivo movimento e dello scarso riciclo di aria fresca.
Intorno al bancone c’erano una ventina di ragazzi, intenti a sorseggiare drink, ovviamente la maggior parte stava ballando. Altri, invece, se ne stavano appartati a pomiciare.
“Che ne dite di andare a ballare, piuttosto che restare qui sedute?”, proposi alzandomi tutto d’un tratto.
“Ottima idea!”, esclamò Rossella, imitandomi.
Ludovica storse il viso, come ad implorarci silenziosamente di attendere ancora.
“Dai Ludo!”, la incoraggiò Ross, afferrandola per una mano. “Se volevi startene seduta potevi anche rimanere a casa! Siamo venute per ballare!”, le ricordò lei, sorridendole.
La trascinammo al centro della pista ed insieme iniziammo ad ondeggiare, mentre la musica cominciava a penetrarci nelle vene.
Dapprima erano passi lenti, quasi impacciati, poi finimmo per scioglierci completamente, tanto che ci trovammo a strusciarci tra di noi, circondate da qualche ragazzo che ci fissava bramoso.
“Credo che forse dovremmo andare a prendere qualcosa da bere.”, dissi, sorridendo in direzione di un ragazzo con i capelli rossi.
Ross e Ludo seguirono il mio sguardo, fino a trovare il tipo che aveva catturato la mia attenzione.
“Forse tu dovresti andare a prendere qualcosa da bere.”, mi aveva corretto Rossella, sottolineando spropositatamente il tu.
“E poi io ho da fare con il tipo con la cresta lì dietro.”, mi comunicò a poca distanza dal mio orecchio, cosicché potessi sentirla.
Per un attimo vagai con lo sguardo sulle persone che ci circondavano alla ricerca della sua nuova presunta preda, fino a trovare il ragazzo che intuii aver fatto colpo sulla mia amica.
“Scusate, eh!”, ci aveva richiamato all’ordine Ludovica, afferrandoci per un gomito. “E io cosa dovrei fare?”, ci aveva chiesto con tono scocciato.
Rossella fece spallucce, io invece mi morsi il labbro, pensando ad una veloce soluzione.
“Perché non balli con quel moretto?”, le suggerii indicando un ragazzo che si dimenava a pochi passi da noi.
Lei lo guardò disgustata, dunque dedussi non lo trovasse particolarmente affascinante o attraente.
“Che ne dici di quello?”, le chiesi puntando poi ad un ragazzo con i capelli castano chiaro dall’aria stranamente familiare.
Ma lo avevo già visto?
“Ma se quello sta spalmato addosso alla bionda ossigenata!”, si lamentò Ludovica.
Vidi Rossella soffermarsi per qualche secondo ad osservare quel tipo, come se anche lei stesse cercando di capire di chi si trattasse.
“Ma quello è…”, provò a dire, fissandomi con le pupille dilatate ed una voce particolarmente tremante.
Scossi il capo, come a farle intendere che sarebbe stato meglio non continuare e lei parve capire subito le mie intenzioni.
Non era Francesco?
“Dai Ludo, allora vieni con me e basta!”, esclamai afferrandole la mano, per poi trascinarla con me lontano da quello che preferii pensare fosse un sosia.
Lanciai una veloce occhiata a Rossella, quasi per chiederle di andare a verificare di chi si trattasse.
Lei annuì e iniziò a muovere qualche passo in direzione del castano sulla quale era spalmata una bionda che di certo non era la sua ragazza.
“Due mojito.”, ordinai al barman.
“Cosa ci fanno due belle ragazze come voi sole solette?”, ci chiese il rosso che avevo notato poco prima, parandosi davanti a noi.
Sorrisi squadrandolo bene da capo a piedi: quello sì che era un gran pezzo di figo!
“Stavamo aspettando che un bel ragazzo come te venisse a farci compagnia.”, risposi con tono malizioso.
Ecco, questo era un altro dei tanti motivi che aiutavano a far crescere la mia fama da combina guai.
Non ero una facile e neppure una spudorata che ci provava con il primo che le capitava sotto tiro.
Tuttavia, quando decidevo di disinibirmi e lasciare i freni per divertirmi, iniziavo a flirtare come una stupida, per poi non concludere mai nulla.
Principalmente mi piaceva vedere le facce da pesce lesso che i ragazzi facevano quando li mollavo sul più bello, un attimo prima che potessero baciarmi.
Ludovica fece roteare gli occhi, facendomi capire che non tollerava di buon grado il mio comportamento.
Il rosso mi sorrise, ammiccando, poi si fece più vicino.
La mia amica, invece puntò lo sguardo sulla folla poco distante da noi che ballava.
“Lia.”, mi chiamò qualche secondo dopo, afferrando d’impulso la mia mano.
“Che c’è?”, le chiesi voltandomi nella direzione indicata dai suoi occhi.
E fu allora che ne ebbi la certezza: Francesco, il suo ragazzo, stava ballando audacemente con la bionda di poco prima, mentre di tanto in tanto si scambiavano baci appassionati.
“Ludo!”, esclamò Rossella raggiungendoci.
“Forse è meglio se andiamo a casa.”, decretai quasi mormorando.
“Di già?”, chiese il rosso, ancora nei paraggi.
Non gli risposi neppure.
Mi avvicinai a Ludovica, poi le avvolsi la vita con un braccio.
Rossella andò a recuperare veloce tutte le nostre cose poi, insieme, uscimmo dal locale.

---

Angolo Autrice

Buongiorno a tutte/i!! :D
Come promesso, eccomi qui con il nuovo capitolo! :)
So bene che non è uno dei migliori e che in relatà non succede neppure nulla di eclatante,
ma mi serivava qualcosa che facesse da ponte, da collegamento,
un capitolo di passaggio, insomma!
Comunque, come avrete potuto leggere, il tempo continua a passare
e di Harry non si hanno più notizie:
che fine avrà fatto quel dannato ricco??xD
Per quanto riguarda Massimiliano, invece...
Devo dire che a me non piace particolarmente, 
forse perché non sono né romantica, né mi piacciono i tipi accondiscendenti!ù.ù
Perché l'ho inserito nella storia allora?
In effetti ancora me lo chiedo anche io!-.-"
Comunque, nel prossimo capitolo arriverà finalmente il diciottesimo di Juls
e con esso anche una piccola, piccolissima, novità
di cui però non vi dico assolutamente nulla!:P
Ringrazio ancora di cuore quelle magnifiche-stupendissime-fantasticissime
persone che hanno inserito la storia tra preferite, seguite o ricordate, 
chi silenziosamente legge e chi, invece,
mi lascia delle recensioni talemente belle da farmi sorridere in ogni circostanza!*.*
Grazie mille di cuore a tutti! <3
Questa volta il ringraziamento speciale lo dedico a FeniceHowl_ , 
che ieri sera ha concluso in modo favoloso la sua storia,
e a Smiler_4_Ever che mi segue da tempi immemori rendendomi più che feliciccimissima!
Bene, ora passiamo ad un'altra cosa che volevo dire...
Ma stamattina li avete visti in tv, vero???*.*
Ovviamente parlo dei One Direction!!
Lo so, lo so, era un video vecchio e stravecchio che avevo visto e stravisto, 
ma non sono riuscita a non vederlo!xD
Io li seguivo mentre ripetevo latino per la quasi certissima interrogazione di domani, 
indi per cui mi tocca dire che ora devo studiare!xD
Vabbè, ringrazio ancora tutti!:D
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Alla prossima!:*

                                                                                          Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 13
*** It just won't feel right. ***


a

Every piece of your heart

It just won’t feel right.

“Basta!”, aveva urlato Ludovica ad un certo punto.
Quel pomeriggio, dopo che lei avesse chiarito riguardo all’episodio verificatosi in discoteca con il suo ragazzo, ci eravamo precipitate a casa sua, per vedere come stesse.
All’inizio lei non aveva voluto raccontarci nulla, così noi ci eravamo limitate a parlare della scuola e delle notizie che giungevano riguardo i One Direction, che di li a poco sarebbero tornati in Italia per chissà quali assurdi motivi, ma neppure questo sembrò funzionare per farla rilassare.
Così, alla fine, lei aveva lanciato un urlo liberatorio, stufa delle nostre inutili chiacchiere.
“Ci siamo lasciati!”, aveva giunto immediatamente dopo, ormai sull’orlo di una crisi nervosa.
Io e Ross ci facemmo più vicine e l’abbracciamo, mentre sentivo alcune lacrime che iniziavano a scendere sulle sue guance.
Le accarezzai i capelli, cercando di farla rilassare.
Era tesa, tutto lo suggeriva. Teneva le testa bassa sulle ginocchia, la schiena piegata, le mani chiuse in pugni, le gambe serrate, il volto nascosto.
Non sapevo cosa dire e probabilmente lo stesso valeva anche per Rossella, così restammo in silenzio per qualche minuto, prima che Ludovica ricominciasse a parlare.
“Mi ha chiesto scusa, ha detto che era ubriaco, che non si ricorda neppure come si chiama quella ragazza, ma io non ci credo! Ed anche se fosse vero non sarebbe comunque una valida giustificazione! Ha tradito la mia fiducia, ormai non potrà conquistarla mai più!”, sbottò poi tra i singhiozzi, ma la sua voce era piena di rancore, rabbia e delusione.
La strinsi ancora più forte, quasi per trasmetterle calore, affetto, amore.
“Mi dispiace.”, sussurrai, non riuscendo a trovare le parole adatte alla circostanza.
“Non potrò più fidarmi di lui! Non ci riuscirei! Ogni volta rivedrei di riflesso anche le immagini dell’altra sera e non potrei sopportarlo! Non ce la faccio!”, aveva continuato aggrappandosi alla spalla di Rossella che si era inginocchiata per stare alla sua altezza.
Mi accovacciai anche io, cercando i suoi occhi, che però non trovai.
“E dire che ci credevo davvero tanto in noi! Insomma, non pensavo di certo che sarebbe finita tanto presto!”, concluse con foga, rimproverando se stessa.
“Non dire così, vedrai che con il tempo tutto si sistemerà.”, mormorò Ross, mentre le sistemava una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
Annuii anche io, come se ciò potesse aiutarla a convincersene.
“Non preoccuparti, andrà tutto bene.”, le assicurai accennando ad un sorriso mentre le accarezzavo la schiena.

Erano passate ormai tre settimane da quel giorno.
Ludovica si era ripresa, ma non del tutto. C’era ancora una parte di lei che continuava a soffrire ogni volta che Francesco cercava di avvicinarsi a lei, senza però ottenere l’agognato perdono.
Era come se ogni volta che lui le chiedesse scusa, lei tornasse a vivere il dramma e la sofferenza di quella sera, ma con un’intensità sempre maggiore, come se il tempo l’avesse aiutata a metabolizzare tutto il dolore che quel semplice gesto le aveva procurato.
Poche erano le certezze nella vita di Ludo, ma su quelle lei puntava tutto ed una era appena andata a farsi allegramente fottere. Ora le restava solo la scuola, il lavoro e una famiglia.
“Buongiorno piccolina, tanti auguri!”, trillò mia madre entusiasta entrando in camera mia.
Sì, finalmente il 9 marzo era arrivato ed io ero diventata maggiorenne.
Per festeggiare ero stata addirittura esonerata dal dovere di andare a scuola quel sabato mattina, dunque i miei genitori mi avevano lasciata riposare più del solito.
“Mamma, ma che ore sono?”, domandai con la voce ancora impastata dal sonno.
“Dormigliona sono le undici! Dai, scendi che papà ti ha preparato la colazione!”, mi informò posando un dolce bacio sulla mia guancia.
Borbottai ancora per qualche secondo parole sconnesse, poi mi decisi ad accontentare mia madre.
Scostai le coperte ed infilai le pantofole, poi seguii mia madre fino alla cucina.
“Tanti auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri a te, e il cornetto a noi!”, cantarono a squarciagola mio padre e mio fratello Lello.
Non riuscii a trattenere una sonora risata nel costatare che fossero davvero stonati.
“Grazie, grazie!”, dissi mettendoli a tacere giocosamente con una mano. “Buongiorno!”, salutai poi, prendendo posto sulla mia sedia.
La tavola era imbandita con dolci di ogni genere. Per prima cosa notai dei cornetti alla nutella, poi una torta al cocco, una ciambella al cacao ed una classica, dei biscotti con le gocce di cioccolato, dei muffins e delle crostatine… insomma, un ben di dio!
“Mamma, ma quante cose hai preparato?”, le chiesi sgranando gli occhi.
Facendo un calcolo veloce, quella roba sarebbe bastata per sfamare un esercito intero ed anche Niall!
Accennai ad un sorriso, ma subito dopo mi pentii di aver concepito quel pensiero.
I One Direction restavano per me ancora una sottospecie di argomento tabu.
“Vuoi il caffè?”, mi chiese mio padre, porgendomi una tazzina.
Annuii grata, mentre la afferravo: praticamente si poteva dire che io dipendessi dal caffè per quanto ne bevevo!
“Giù, stasera per le otto e mezzo avevamo pensato di andare a cena fuori, tu che ne dici?”, mi chiese mia madre sedendosi alla mia destra.
Annuii ancora una volta, mentre addentavo il mio cornetto.
“Bene, però mi raccomando! Sii puntuale!”, mi ammonì mio padre con un sorriso stampato in faccia.
“Tranquillo pà, da oggi sono responsabile!”, scherzai dopo aver buttato giù un altro morso.
Lui si sporse verso di me fino ad abbracciarmi.
“Per me resterai sempre la mia bambina!”, sussurrò mentre mi lasciava un bacio tra i capelli.
“Lia, non tenerti papà tutto per te! Lo voglio anche io!”, si lamentò Lello come se stesse parlando di un giocattolo e non di una persona.
Sorrisi, prima di interrompere l’abbraccio così che mio fratello potesse saltare sulle gambe di papà per farsi coccolare anche lui.
“Programmi per la giornata?”, mi chiese mia madre, riempiendo la mia tazza con dell’altro caffè.
Scossi il capo, rispondendo alla sua domanda.
“Voglio solo rilassarmi!”, decretai con un sorriso sulle labbra e gli occhi sognanti.
Circa dieci ore dopo, mi muovevo come una pazza sul piano superiore di casa mia, in ritardo ed ancora non pronta.
Avevo sistemato i capelli con la piastra, definendo i boccoli che scendevano morbidi sulle mie spalle, mentre il ciuffo lo avevo fermato sulla fronte con un ferretto. Mi catapultai in camera per indossare il vestito che avevo precedentemente scelto. Era di un verde acqua inteso, scuro, carico di colore. Scendeva dritto a tubino, accentuando le mie forme, ma era coperto da due volant di una tonalità leggermente più chiara che si aprivano dal taglio a girocollo sceso del vestito.
Non era particolarmente lungo, arrivava poco sopra il ginocchio. Infilai svelta anche i tacchi, dello stesso colore della parte inferiore del vestito, poi mi catapultai in bagno.
Non avevo molto tempo, quindi passai veloce sia il fondotinta e tutto il resto per potermi meglio concentrare sull’ombretto e sulla sfumatura che volevo riprodurre. Partivo con un bianco che poi passava ad un verde chiarissimo, che si scuriva fino a raggiungere una tonalità verde petrolio. Passai un filo di matita, stando attenta a non esagerare. Avevo degli occhi piuttosto grandi che risaltavano già senza l’utilizzo del trucco. Poi conclusi velocemente con il mascara e il rossetto.
Tornai velocemente in camera ad afferrai al volo la borsa che avevo precedentemente preparato, poi mi diedi un’ultima occhiata allo specchio: ero pronta.
Arricciai gli occhi, quando mi accorsi che al primo piano tutte le luci erano spente, persino quelle della rampa di scale. Poggiai una mano sul corrimano, per poi intensificare la presa, timorosa di inciampare sugli scalini.
“Mamma? Papà? Che fine avete fatto? Sono pronta!”, dissi a metà tra una rampa e l’altra.
“Sorpresa!”, urlarono tutti, mentre le luci venivano accese.
Sgranai bene gli occhi per lo stupore, sbattendo più volte le palpebre per accettarmi che fosse tutto vero.
Sorrisi nel costatare che tutta la mia classe, i miei amici più stretti e Massi fossero nel mio salotto, sorridenti e raggianti come non mai.
“Auguri Giulia!”, iniziarono a urlare, mentre io li raggiungevo.
“Grazie!”, riuscii solo a dire presa dall’emozione.
“Grazie!”, ripetei quando cominciarono ad avvicinarsi per farmi personalmente gli auguri.
“Non pensavi mica che avremmo fatto passare il tuo compleanno inosservato?”, mi chiese Ludovica sorridendomi, un attimo prima di abbracciarmi.
“Ti adoro!”, le soffiai tra i capelli.
“Ehi, non vorrai mica rovinarle il trucco!”, la rimproverò Rossella facendosi più vicina a noi.
“Vieni qui piccolina! Tanti auguri!”, mi disse poi abbracciandomi a sua volta.
Fu poi il turno di Massimiliano, dei miei compagni di classe e dei miei amici, infine ringraziai i miei genitori, prima che sparissero chissà dove.
Poco dopo qualcuno, che poi identificai come il mio caro e vecchio cugino, fece partire la musica da una sottospecie di piccola console che era stata preparata.
Alcuni iniziarono a ballare al centro della sala, altri invece si avvicinarono al buffet che era stato allestito sicuramente da mia madre, vista l’abbondanza e la varietà di cibo proposta.
“Lia!”, sussurrò Massi tra i miei capelli, alle mie spalle.
Mi voltai, sorridendogli.
“Sono contenta che sia venuto anche tu!”, confessai sincera.
“Non sarei mancato per nulla al mondo!”, ammise lui, mentre si faceva più vicino.
“Balliamo?”, gli chiesi prendendolo per mano.
“Veramente vorrei prima darti questo.”m disse prendendo con la mano che teneva libera una scatoletta dalla tasca della giacca.
“Non dovevi.”, bofonchiai imbarazzata.
“Invece sì, era il minimo.”, disse lui porgendomi il pacchetto.
Liberai la mano dalla sua ed afferrai la scatolina tra le mie mani. La guardai per un attimo, poi la aprii.
“È bellissima!”, esclamai guardando con occhi di ammirazione quel piccolo ciondolo a forma di cuore di Swarovski legato ad una semplice catena.
“Speravo ti sarebbe piaciuta!”, quasi sussurrò, sorridendomi.
“Girati, te la metto!”, aggiunse poi.
Feci come mi aveva detto e pochi istanti dopo sentii il tocco delle sue mani sul mio collo.
Non mi dava fastidio, ma percepivo chiaramente che non mi procurava alcun brivido.
“Ti sta benissimo!”, commentò lui, quando mi fui nuovamente girata nella sua direzione.
Sorrisi forzatamente, cercando di mascherare la crescente sensazione di disagio.
Non dovevo trovarmi lì con lui, era come se sentissi che non fosse la cosa giusta, come se sapessi di star sbagliando.
“Vuoi ballare?”, mi domandò porgendomi una mano con fare cavalleresco.
Mi sforzai di sembrare entusiasta, mentre cercavo di metter su un espressione quanto più allegra possibile.
“Certo!”, acconsentii lasciandogli stringere la mia mano tra la sua.
Mi guidò al centro della sala, poi si fermò, parandosi davanti a me, a pochi centimetri di distanza.
Iniziammo a muoverci a tempo di musica, seguendo il ritmo decisamente house di quella canzone.
“Mi piaci.”, confessò lui ad una spanna dal mio viso, in un lieve sussurro che riuscii a sentire a malapena.
Il mio cuore scalciava, si ribellava, mi urlava di allontanarmi, di andare via. Tuttavia, c’era qualcosa, forse la mia parte razionale, che mi spingeva a rimanere ferma davanti a lui e a continuare a guardarlo negli occhi.
Sì, Massi era senza alcun dubbio il ragazzo perfetto per me.
Lui era dolce, sensibile, comprensivo, sapeva rispettare i miei tempi ed i miei spazi.
Era quasi un affare, un’offerta troppo vantaggiosa per poter essere rifiutata.
Gli sorrisi, avvicinando pericolosamente le mie labbra alle sue.
Lui mi circondò la vita cosicché i nostri corpi si sfiorassero, poi, ancora sorridendo, mi baciò.
Il resto della serata passò tranquillo a scherzare e fare battute con i miei amici, mentre di tanto in tanto Massi mi lasciava qualche bacio a fior di labbra, felice come mai lo avevo visto.
Solo quando arrivò la torta mi resi conto che si era fatto veramente tardi, ormai era già notte inoltrata.
“Esprimi un desiderio!”, mi ordinò con enfasi Rossella, mentre abbassavo il volto in direzione delle candeline.
Non sapevo bene cosa desiderare. In realtà avevo una famiglia splendida, i soldi non ci mancavano, a scuola ero piuttosto brava, avevo delle splendide amiche e un nuovo presunto fidanzato che era la perfetta copia del principe azzurro.
Cos’altro potevo volere?
Essere felice
, pensai mentre soffiavo su quelle candeline ad occhi chiusi e fu in quell’attimo che due occhi verdi, tanto chiari da sembrare trasparenti, mi balenarono in testa come un fulmine a cielo sereno.
Poi, quando riaprii gli occhi, erano di nuovo spariti.

---


A
ngolo Autrice
Salve gente!!! :D Allora, ecco qui il nuovo capitolo con ben un giorno di anticipo!xD
Che dire? Insomma, a me proprio non piace, soprattutto per il contenuto!-.-"
Cioè, ho fato succedere di tutto tranne cià che realmente volevo accadesse!xD
Vabbè, vuol dire che tocca apsettare ancora...
Finalmente è arrivato il diciottesimo di Juls! :D
Ovviamente Ross e Ludo non potevano lasciar passare inosservato il grande evento!;)
Per quanto riguarda la festa...
Fino all'ultimo ho pensato di metterci in mezzo Harry,
con una chiamata, un messaggio, qualsiasi cosa,
ma poi mi sono convinta che ancora non era il momento!ù.ù
Così ora Juls sta con Massi!xD
Anche se l'ultima scena...
Dai, non aggiungo altro,
anche perché il prossimo capitolo arriverà a brevissimo!;)
Voglio solo ringraziare tutte quelle supersplendide persone che
lasciano una recensione!!!*.*
Siete meravigliosamente meravigliose!<3
Ringrazio anche tutti quelli che leggono,
chi inserisce tra i preferiti, le seguite o le ricordate!!*.*
Davvero, grazie mille!!
Ok, fatemi sapere cosa ne pensate!!;)
Alla prossima!:*
                                                               Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 14
*** You don’t really want my heart. ***


1
Every piece of your heart

You don’t really want my heart.

Sbuffai inviperita, prima di sbattere violentemente la porta alle mie spalle.
Era passato un mese dal mio compleanno e le cose non procedevano affatto nel migliore dei modi, da nessun punto di vista.
A scuola si era creata una situazione stressante ed insostenibile. I professori avevano preso ad interrogarci ogni giorno e fissare in continuazione verifiche, al contempo, però, ci obbligavano a portarci avanti con l’elaborazione della tesina per la maturità, così da renderci la vita praticamente impossibile.
Stavo ancora con Massi, forse quella era l’unica cosa che non stava andando a rotoli, per quanto strano potesse sembrare, anche perché c’era davvero poco da poter rovinare.
Sì, agli occhi di tutti noi eravamo la coppia perfetta. Lui era lo studente modello di lettere moderne con le idee ben chiare sul suo futuro, mentre io ero la capricciosa liceale che aveva trovato il suo posto nel mondo, crescendo e maturando al suo fianco.
In realtà il nostro rapporto mio opprimeva, Massi mi opprimeva.
Riusciva quasi a farmi mancare l’ossigeno, ad irritarmi con un semplice messaggio.
Avevo pensato più volte di lasciarlo e più volte ero stata sul punto di farlo, ma poi non riuscivo mai a portare a termine i miei propositi. Lui era semplicemente così ingenuo e dolce in ogni sui atteggiamento che quasi mi faceva tenerezza.
Non si arrabbiava mai con me, neppure quando mi dimenticavo di presentarmi ai nostri appuntamenti e non lo avvertivo.
Diceva che era normale, che ero stressata e che avevo solo bisogno di rilassarmi un po’ e, a dirla tutta, i suoi metodi di rilassamento a base di baci e carezze mi piacevano ed anche tanto.
Mi faceva sentire amata, desiderata, rispettata e probabilmente non riuscivo a farne a meno, anche se sapevo di non poter ricambiare i suoi sentimenti.
“Lia, ma che fine ha fatto il cuore che ti ho regalato?”, mi aveva chiesto mentre sorseggiavamo un caffè al bar nei pressi dell’università che frequentava.
Mi ero toccata il collo, come per costatare la reale assenza di quel ciondolo, ed effettivamente non trovai nulla.
Gli sorrisi con aria mortificata, mentre mi ingegnavo a trovare una scusa credibile.
“Prima di uscire ho fatto la doccia e per la fretta ho dimenticato di rimetterlo!”, avevo mentito cercando di sembrare convincente.
In realtà erano già ben quattro giorni che non la portavo. Mi dava fastidio, mi faceva sentire sentimentalmente legata a qualcuno, quasi vincolata.
Mi opprimeva, appunto.
“Ah.”, aveva detto lui accennando ad un mezzo sorriso.
“Tranquillo, appena torno a casa la rimetto e non lascerà mai più il mio collo!”, avevo aggiunto dopo, come per rassicurarlo, ma in realtà si trattava soltanto di una bugia, l’ennesima.
“Così sarò sempre con te.”, aveva concluso lui guardandomi negli occhi, per poi sporgersi verso di me e posare le sue labbra sulle mie.
Sì, schifosamente dolce e romantico.

Da quel giorno mi preoccupavo di mettere la collana ogni volta che sapevo di incontrarlo, per poi toglierla non appena andava via. Era diventato quasi un gioco, ma non era per nulla elettrizzante, forse solo nauseante.
Ludovica mi assecondava, dicendo che riusciva a comprendermi e che avevo solo bisogno di tempo per chiarirmi le idee. Non aveva voluto sbilanciarsi, dandomi giudizi affrettati, dicendo che anche lei aveva una visione confusa della situazione. In realtà dalle sue parole trapelava tutt’altro messaggio: lei aveva capito benissimo di cosa si trattasse, ma non mi avrebbe detto nulla fino a quando non lo avessi compreso anche io.
Da un lato le ero grata per questo, consapevole che data la mia personalità non avrei mai accettato pareri che non rientravano nell’accurata progettazione che avevo fatto della mia vita, dall’altro temevo che ci avrei messo davvero troppo tempo per scavare a fondo nel mio cuore e decidere cosa farne della storia con Massimiliano.
Certo, non ero stata esplicita sull’argomento, ma alle mie amiche bastava osservarmi per capire ciò che mi frullava per la testa.
Le prime volte loro non avevano detto nulla, si erano limitate ad ascoltarmi, dandomi qualche consiglio, che poi, ovviamente, non avevo seguito.
Con il tempo, tuttavia, Rossella aveva iniziato a prendere la situazione talmente a cuore che finivamo per litigare quasi tutti i giorni.
Era convinta del fatto che io stessi cercando di ingannare me stessa e voleva riportare alla luce la vecchia Giulia, quasi fossi stato un reperto archeologico.
“La smetti di dire idiozie?”, le avevo urlato contro per telefono pochi minuti prima.
“E tu la smetti di camminare con le fette di prosciutto sugli occhi?”, mi aveva accusato senza alcun remore.
“Ross, sono stufa delle tue futili insinuazioni!”, avevo sbottato a denti serrati, sperando di poter concludere quell’assurda conversazione che ormai durava già da troppo tempo.
Non faceva altro che dirmi che quella che vivevo io, era una relazione imposta ma non voluta e ciò mi mandava completamente in bestia, perché sapevo quanto perfetto per me fosse Massi.
“Perché sai che sono vere!”, aveva gridato e dal suo tono di voce colsi che anche lei era furiosa, forse nei suoi occhi c’erano delle fiamme dello stesso colore dei suoi capelli.
“Senti, facciamo così.”, avevo iniziato io per ammorbidire la tensione. “Smettiamola di discutere per queste stronzate!”, avevo infine proposto.
Lei sbuffò sommessamente dall’altro lato del telefono, poi restò in silenzio per qualche secondo.
“Lo vedi come sei?”, mi aveva domandato retorica in un impulso d’ira. “Con te è impossibile parlare! Sei talmente testarda che non vuoi sentir ragioni! Ma guarda che ce ne siamo accorte sia io che Ludovica che stai fingendo!”, aveva continuato poi, mantenendo il tono di voce più alto di un’ottava.
“Allora vi siete sicuramente sbagliate.”, avevo controbattuto fintamente calma, sicura di me stessa.
“Sei impossibile!”, aveva tuonato lei, veramente arrabbiata. “E allora spiegami perché giochi a nascondino con quella cazzo di collana!”, mi aveva provocato.
Avevo abbassato lo sguardo non appena le sue parole erano giunte al mio orecchio e fui lieta del fatto che lei non fosse con me in quel momento, di certo vedere quella reazione non mi avrebbe aiutata ad avere la meglio.
Rimasi in silenzio ancora per qualche secondo, senza trovare una risposta da darle.
Ma, nonostante ciò, non avevo assolutamente intenzione di darle ragione.
“Non sto giocando a nulla!”, avevo negato poi. “Il ciondolo è delicato, potrebbe rovinarsi facilmente.”, avevo spiegato dopo, raccontando un’altra della lunga serie di bugie ed in quel periodo ne stavo dicendo davvero tante.
Lei aveva emesso uno strano suono che a me sembrò quasi un mezzo sospiro disperato.
“Lia, io non ho tempo da perdere con le cazzate che mi racconti. Quando deciderai di smetterla con tutte queste stronzate ed ammetterai la verità, allora richiamami.”, aveva decretato, chiudendo immediatamente dopo la chiamata.
Io ero rimasta ancora per qualche secondo con la cornetta attaccata al mio orecchio, come se da un momento all’altro potessi sentire ancora la voce della mia amica che mi dava della stupida, per poi ridere insieme, ma non avvenne.
Agganciai il telefono e mi avviai verso l’uscita.

Non sapevo bene dove recarmi, quindi decisi di farmi guidare dall’istinto.
Necessitavo di un posto dove poter trovare la tranquillità giusta per poter pensare, per poter analizzare minuziosamente ogni insignificante dettaglio della mia vita.
Così, quasi senza rendermene conto, presi i mezzi pubblici fino a ritrovarmi all’ingresso di quel parco dove ero stata mesi prima con… con i One Direction.
Non avevo più saputo nulla sul loro conto, sul suo conto, dopo quella breve conversazione sui vari compleanni ed avevo ormai chiuso da tempo con le inutili ricerche su internet.
Come quella sera del mio compleanno, all’improvviso e contro la mia volontà, due occhi verdi e chiari presero spazio tra la mia mente.
Scrollai la testa, come se con quel gesto potessi far scivolar via anche quell’immagine.
Oltrepassai il cancello e continuai il sentiero fino a raggiungere la terrazza che dava uno squarcio di vista su Roma.
Quel posto era intrinseco di ricordi.
“Vuoi spiegarmi perché te la prendi con quello stupido cappellino?”, mi aveva chiesto Ludovica il giorno dopo che seppi della partenza dei One Direction.
“Non me la prendo con questo stupido cappellino! Ho solo deciso di disfarmi delle cose vecchie!”, avevo chiarito sottolineando con cura ogni singola parola, per poi avviarmi verso il cestino.
“Dallo a me, se proprio vuoi gettarlo!”, mi aveva fermata la bionda parandosi davanti a me e cercando di strapparmi quel dannatissimo indumento dalle mani.
“No, voglio che finisca tra i rifiuti!”, avevo dichiarato, aumentando l’intensità della mia presa.
“Facciamo che lo tengo io e che tu non lo rivedrai mai più! A me piace e poi sai bene anche tu chi fosse il proprietario!”, aveva detto lei, strappandomelo definitivamente dalle mani.
“Va bene, prenditelo! Anzi, facci quello che ti pare!”, avevo borbottato stizzita.
Mi sedetti su una panchina, poi fissai il paesaggio che si apriva davanti ai miei occhi: era qualcosa di meravigliosamente indescrivibile.
“Juls.”, mi sentii chiamare alle mie spalle.
Quel ridicolo soprannome, quella voce che avrei riconosciuta tra mille: lui.
Il cuore si fermò all’istante, perdendo uno, forse due battiti, per poi ricominciare a pulsare ad un ritmo accelerato ed irregolare.
Deglutii appena quando sentii il rumore dei suoi passi, indizio che mi annunciava la sua vicinanza.
Mi voltai lentamente, quasi per paura di incontrare quegli occhi dopo tutto quel tempo, o forse temendo che si trattasse di una fottutissima visione.
Quando il suo sguardo incontrò il mio mi sentii come percorsa da una miriade di piccoli ed intensi brividi.
Per quale cazzo di motivo mi faceva quell’effetto?
Indossava dei pantaloni neri, stretti e a vita davvero troppo bassa, ed un cappotto grigio al di sotto del quale si intravedeva una maglietta bianca.
I ricci, invece, erano lasciati liberi e scombinati, accarezzati da qualche lieve folata di vento che di tanto in tanto tirava.
“Ah, sei tu.”, sbottai tutto d’un fiato fingendo delusione.
Lui sorrise e non potei non notare quelle dannatissime fossette.
“Come stai?”, mi chiese poi sedendosi accanto a me sulla panchina.
“Scusa, ma non ho proprio voglia di conversare con te.”, borbottai, incrociando le braccia all’altezza del petto.
“A quanto pare sei rimasta la solita educata.”, commentò lui sarcastico.
Sgranai gli occhi, mentre sentivo la rabbia montare dentro di me e le tempie pulsare prepotentemente sulla fronte.
Mi stava prendendo anche in giro?
“Fino a prova contraria non sono io quella che non saluta prima di partire.”, bofonchiai a denti stretti in chiaro tono di accusa.
Lui si mordicchiò il labbro prima di rispondermi, come se stesse pensando alle parole giuste da dire.
“Non sapevo come dirtelo.”, si scusò infine.
“Così hai preferito non dire nulla e basta, ottima scelta!”, continuai imperterrita.
Certo, ero consapevole del fatto che lui non mi dovesse alcuna spiegazione e soprattutto che un bacio non aveva tutta quella importanza, ma il mio orgoglio era ancora ferito.
“Sparisci.”, gli intimai poco dopo.
“Non vuoi sapere neppure perché sono qui?”, mi domandò arricciando di poco gli occhi, sporgendosi leggermente verso il mio viso.
“Non mi interessa.”, dichiarai con fare risoluto.
“Bene.”, sbottai poi all’improvviso alzandomi. “Se non te ne vai tu, me ne vado io.”, sentenziai, ancora con le braccia incrociate.
Lui si alzò, ponendosi davanti a me. Mi guardò negli occhi ed accennò ad un sorriso.
La calma e la tranquillità dei sui gesti mi davano sui nervi.
“Vuoi un passaggio?”, si offrì con un mezzo sorriso.
Spalancai gli occhi ed incurvai le sopracciglia.
Sì, mi prendeva per culo.
“Cosa ti fa pensare che io possa accettare?”, gli domandai con fare scettico e disgustato, così che capisse bene che con lui non volevo avere proprio più nulla a che fare.
“A dicembre mi è sembrato che stessimo in buoni rapporti.”, mi ricordò facendo spallucce.
Misi su un sorrisetto beffardo, preparandomi a dargli la mia bella risposta.
“Hai detto bene: a dicembre! Ora siamo a marzo e le cose sono cambiate!”, dichiarai inviperita, quasi sibilando.
Lui aggrottò la fronte, poi si passò veloce una mano tra i ricci.
“Perché?”, mi chiese semplicemente.
“Perché? Io non ti conosco, io non so chi tu sia! Fingi talmente tanto di essere qualcosa di diverso da te che alla fine finisci per confonderti persino tu! Tu non sei una persona vera!”, tuonai ormai incapace di contenermi.
“Sei così preso dal personaggio che devi essere, dal playboy che devi apparire, dal simpatico presuntuoso che gli altri vogliono vedere da aver dimenticato chi realmente tu sia. Fingi di continuo, lo hai fatto con me e probabilmente lo fai anche con te stesso.”, continuai poco dopo come un fiume in fuoriuscita dagli argini.
Lui abbassò il capo, puntando lo sguardo a terra.
“Ed ora davvero non ho più tempo da perdere con te.”, dissi prima di squadralo per un’ultima volta e poi voltarmi, diretta verso l’uscita.
Feci solo qualche passo, quando mi sentii chiamare.
“Juls.”, gridò esattamente come poco prima.
D’istinto mi voltai. Lui era ancora fermo lì, ma in compenso aveva alzato il viso ed ora i suoi occhi erano fissi nei miei.
“So che non mi crederai, ma con te non ho finto.”

---


Angolo Autrice
Ed ecco il grande ritorno di Harry!xD
Insomma, in questo capitolo il nostro riccio preferito è di ritorno a Roma!
Ma procediamo con calma...
Diciamo che Giulia è letteralmente in caduta libera.
Insomma, ormai sta perdendo la percezione di se stessa,
quasi trasformandosi in una persona totalmente diversa.
Non c'è più òa promtezza e l'ironia dei primi capitoli,
solo uno strano senso di apatia e disinteresse quasi nei confronti di tutto,
eccezion fatta per qualche piccola cosuccia...
Insomma, un cambiamento drastico, direi!
Per non parlare poi della conversazione con Ross...
Lei ci vede lungo!! Insomma, ha già capito tutto!!
E Ludo non è da meno, ma almeno lei è disposta a darle più tempo per capire cosa le sta succedendo...
Qui l'unica tarda a capire ovviamente è Giulia!-.-"
Vabbè, io confesso che Massi mi ha già fatto venire la nausea!
Cioè, lui è esattamente tutto ciò che non vorrei in un ragazzo!ù.ù
E questo lo dico giusto perché non voglio dare giudizi!xD
Comunque, che ne dite di Harry?
In effetti più avanti, molto più avanti, si spiegherà il motivo delle sue varie presenze a Roma,
ma ovviamente non subito,
altrimenti non ci sarebbe gusto!:P
Volevo ringraziare di cuore tutte le persone che leggono,
ma ancora di più quelle favolose persone che hanno inserito la storia tra le preferite, recensite o ricordate!*.*
Siete davvero spettacolari!!<3
Ovviamente ringrazio ancora di più quelle magnifiche persone che hanno lasciato una recensione!
Insomma, non immaginate neppure quanto mi rendete felice!!*.*
Vi riempirei di baci!!! Davvero, grazie mille!!<3
Bene, spero abbiate gradito il capitolo...
In ogni caso, mi farebbe davvero piacere leggere le vostre opinioni!
Alla prossima!:*
                                                Astrea_

 

Ritorna all'indice


Capitolo 15
*** I still feel it every time. ***


2

Every piece of your heart

I still feel it every time.

Con Rossella, ovviamente, avevo chiarito la mattina dopo averci litigato. Entrambe ci eravamo guardate in faccia per un po’, prima di scoppiare contemporaneamente in una fragorosa risata.
La parte più bella, poi, era venuta solo successivamente, quando avevo dovuto raccontare alle mie amiche del fortuito incontro con il riccio al parco.
“Allora, vuoi tenerci ancora per molto sulle spine?”, mi aveva incitata Ludovica durante l’intervallo, sperando di ottenere al più presto le informazioni desiderate.
“Guarda che se continui a guardarci così senza dire niente, giuro che ti apro la testa e vedo direttamente io cosa c’è dentro!”, mi aveva minacciato Rossella puntandomi l’indice contro.
Accennai ad un lieve sorriso, almeno per scongiurare l’espressione da funerale dipinta sul mio volto.
“Perché, come vi sto guardando?”, avevo chiesto facendole spazientire ancora di più.
“Diamine Lia! Parla!”, mi aveva ordinato allora Rossella.
“Ierihoincontratoilriccioalgiardinodegliaranci.”, avevo sbottato tutto d’un fiato tanto veloce da saltare su alcune lettere.
“Che?”, avevano esclamato le mie amiche non avendo capito nulla.
Sospirai, poi mi feci coraggio e ripetei la stessa frase con più calma, in modo da farmi capire.
“Ieri ho incontrato il riccio al giardino degli aranci.”, avevo scandito parola per parola, per evitare di doverlo dire ancora una volta.
Loro avevano spalancato occhi e bocca.
Bene, ottima reazione!
“Tu hai incontrato Harry Styles?”, mi aveva chiesto per conferma Ludovica che ancora non riusciva a metabolizzare il concetto.
“E come avete fatto ad incontrarvi?”, mi aveva domandato invece Rossella con aria inquisitoria.
Feci roteare gli occhi, come per farle capire che non era nulla di ciò che lei pensasse.
“Non lo so, per caso. Io ero lì, ci sono andata dopo che abbiamo discusso per telefono e qualche attimo dopo è arrivato anche lui.”, avevo spiegato con tono neutro.
“Ma pensa te che culo che hai! Io pagherei per incontrarlo!”, aveva esclamato Rossella.
Scossi lievemente il capo, rassegnata alle sue sempre inopportune costatazioni.
“Comunque se ti può consolare, ho discusso anche con lui.”, l’avevo informata e, sì, quello era stato un grosso errore.
“Cosa?”, aveva tuonato lei in un sussurro per non essere sentita dal resto degli studenti che si aggiravano per il cortile.
“Tu con uno come quello non puoi sprecare tempo a fare queste cazzate! Ci devi fare sesso e basta!”, aveva sentenziato gesticolando con le mani.
Io avevo guardato Ludovica, trovando subito i suoi occhi, poi insieme eravamo scoppiate a ridere.

Il giorno seguente alla mia pseudo confessione, cioè quella mattina, a scuola non si era fatto altro che parlare dell’arrivo in città dei One Direction.
Rossella, ovviamente si era tenuta perfettamente aggiornata riguardo alla questione di vitale importanza.
“Ieri sera ho chiamato Zayn, ha detto che sono in città da tre giorni e che probabilmente resteranno fino a domenica.”, ci aveva informate all’uscita di scuola, mentre oltrepassavamo il cancello.
“Credi li incontreremo un’altra volta?”, le aveva chiesto con aria sognante Ludovica.
Rossella aveva scrollato le spalle, poi aveva lanciato una breve occhiata a me.
“Lia incontra Harry a tutte le ore!”, aveva borbottato in risposta, alimentando le vane speranze della bionda.
Io avevo semplicemente sbuffato, mentre continuavo ad ascoltare quell’inutile conversazione.
“Su Twitter c’era scritto che sono qui perché hanno dovuto partecipare ad un programma e rilasciare un paio di interviste.”, aveva aggiunto poi.
Possibile che Rossella il pomeriggio non avesse altro da fare che controllare ogni singola parola pronunciata da quei cinque mocciosi?
“Sarebbe magnifico rivederli! Cioè, l’altra volta siamo state così fortunate! Credo che non è mai capitato a nessuna fan di poter stare tutto quel tempo a contatto con loro e di vederli comportarsi da normali adolescenti!”, aveva detto Ludovica con un sorriso ebete disegnato in faccia.
Ecco, anche il suo cervello era andato a farsi benedire!
“Magari potrei provare a chiedere a Zayn di rivederci…”, aveva proposto Rossella.
Solo a quel punto avevo deciso di interrompere il momentaneo mutismo.
“No!”, avevo esclamato forse con troppa foga.
Le mie amiche mi fissarono per qualche secondo, cercando di cogliere il motivo di tale reazione.
“Cioè, volevo dire che loro sicuramente saranno impegnati con il lavoro, non possiamo disturbarli ogni volta!”, avevo continuato cercando di convincerle, ma ovviamente non ci riuscii.
“Si, infatti Harry ha talmente tanto lavoro da svolgere che se ne va in giro per il parco!”, aveva ironizzato Ludovica con fare scettico.
“E va bene, fate quello che volete! Ma questa volta io non voglio essere in alcun modo inclusa nelle vostre pazzie!”, avevo concluso con tono secco e deciso.

Dopo scuola mi ero affrettata a terminare i compiti in tempo, anche perché non avrei potuto rimandare ancora una volta l’appuntamento con Massimiliano.
Ormai il nostro rapporto era statico, stabile ma non travolgente.
Prima di uscire di casa mi ricordai di mettere la collanina al collo, almeno per evitare lo sforzo di dover inventare altre scuse. Ormai ne avevo usate talmente tante che mi era difficile trovarne delle nuove che fossero credibili.
“Ciao piccola!”, mi salutò Massimiliano avvicinandosi a grandi falcate a me.
“Ciao Massi!”, ricambiai prima che lui mi baciasse.
“Allora, come sta andando a scuola?”, mi chiese dopo che ci fossimo adeguatamente salutati.
Mi aveva preso la mano destra, poi aveva iniziato a passeggiare con calma.
“Insomma, gli esami sono sempre più vicini ed è tutto così stressante.”, mi lamentai stringendogli forte la mano, mentre mettevo su una smorfia che rappresentasse al meglio il mio stato d’animo riguardo alla domanda che mi aveva fatto.
Lui si lasciò scappare una lieve risata.
“Vedrai che passerà presto!”, mi rincuorò facendomi l’occhiolino.
“Comunque volevo dirti una cosa.”, mi disse come per assicurarsi che lo stessi ascoltando.
“Spara.”, lo incitai prontamente.
“Beh ecco…”, aveva iniziato con tono incerto. “So che non c’è nessuna ricorrenza in particolare, ma ho pensato che magari ti avrebbe fatto bene uscire e rilassarti.”, aggiunse poco dopo.
Lo squadrai meglio, non riuscendo a capire le sue parole.
“Sì, insomma, ho prenotato un ristorante in centro per sabato sera, per noi due.”, annunciò quasi tentennando sulle ultime parole.
Le mie labbra si curvarono in un sorriso.
Lo dicevo io che era un fidanzato perfetto!
“A lume di candela.”, specificò in un sussurro.
Senza che potesse aggiungere altro mi avvicinai a lui, alzandomi sulle punte dei piedi, poi lo baciai.
Lo sentii sorridere sulle mie labbra, prima che potessimo approfondire il bacio.
Massi era sempre attento ad ogni mia necessità, era premuroso e gentile, paziente e comprensivo.
Mi faceva sentire coccolata, protetta e quella sensazione mi piaceva davvero tanto.
Passammo il resto del pomeriggio in giro tra i negozi, mentre guardavamo le vetrine e commentavamo tutto ciò che passava sotto i nostri occhi, in vendita o meno.
Era divertente trascorrere del tempo con lui.
Tralasciando la parte del carattere, che ci rendeva inequivocabilmente diversi, eravamo affini quasi su tutto.
Ascoltavamo la stessa musica, guardavamo gli stessi film, leggevamo i medesimi libri, preferivamo l’inverno all’estate e l’alba al tramonto.
Sì, eravamo praticamente compatibili su tutto, compreso lo sport.
Lui odiava il calcio o, al massimo, lo guardava per dovere di maschio, io invece odiavo qualsiasi attività implicasse del movimento che avrebbe portato a stanchezza.
L’unica sua pecca era che preferiva i marshmallow alle haribo. Avevo lottato a lungo per cercare di fargli cambiare idea, ma i miei sforzi non erano valsi a nulla.
Ci fermammo, poi, soltanto per prendere un caffè, di cui entrambi eravamo bevitori incalliti.
Quando ci salutammo ormai era quasi buio. Gli avevo tassativamente vietato di venire a prendermi a casa o di riaccompagnarmi. Temevo, infatti, che così facendo avrebbe potuto incontrare i miei genitori e quella prospettiva, seppur remota, non mi piaceva affatto.
Così eravamo soliti salutarci davanti alla fermata della metro che dovevo prendere per tornare a casa da sola, ormai abituata ai continui cambi con i mezzi pubblici.
Avevo appena imboccato il vialetto davanti al cancello di casa, quando sentii ancora una volta quella voce.
“Juls!”, mi chiamò il riccio.
Non mi voltai, ma sentii ugualmente il rumore della portiera dell’auto che veniva chiusa.
“È tardi, devo rientrare.”, gli dissi, continuando a camminare con lo sguardo fisso in avanti.
Pochi secondi dopo, probabilmente aveva corso, si parò davanti a me bloccandomi il passaggio.
Fui costretta a fermarmi, ma tenevo gli occhi fissi sulla recinzione alla mia destra, per evitare che potessero incontrare i suoi.
“Non mi piace affatto questa situazione.”, sbottò tutto d’un tratto mentre percepivo cercasse il mio sguardo.
Rimasi impassibile, decisa ad ignorarlo.
“Va bene, va bene.”, mormorò lui più a se stesso che a me, scrollandosi le braccia.
“Ok, avevi ragione tu.”, confessò poi, attirando finalmente la mia attenzione.
I miei occhi cercarono i suoi, per poi trovarli in una frazione di secondo.
Erano ancora più verdi e chiari di quanto non ricordassi e fu come poter tornare ad affogarci dentro.
Lui deglutì, cercando di riprendere il filo del discorso.
“Sì, insomma, ci ho pensato stanotte a dir il vero.”, chiarì torturandosi le dita delle mani, quasi… imbarazzato?
Inarcai le sopracciglia e continuai a guardalo in silenzio, attendendo che continuasse.
“Ero talmente concentrato nel diventare ciò che gli altri volevano da aver dimenticato chi io fossi. Avevo perso il contatto con la realtà e non me n’ero neppure reso conto, non fino a ieri almeno. Quando sono tornato in hotel ne ho parlato anche con gli altri e mi hanno confermato che certe volte ci si sente…”, si era interrotto, non riuscendo a trovare le parole per esprimere ciò che provava.
“Tante persone credono in noi, io non voglio deluderne neppure una.”, dichiarò poco dopo, intensificando il suo sguardo.
“Ma così deludi te stesso. E con il tempo deluderai anche gli altri.”, gli feci notare, ma parlare mi costò più sforzo del previsto a causa di uno strano nodo che si era appena formato in gola.
Lui accennò ad un mezzo sorriso, poi abbassò lo sguardo.
“Lo so che ora tu mi darai dello spaccone…”, iniziò, ma non gli diedi neppure il tempo di continuare.
“Io non ti do dello spaccone, tu sei uno spaccone!”, lo corressi enfatizzando il verbo essere.
“Ecco, appunto.”, borbottò lui in una leggera risata.
Sorrisi anch’io, poi tornai seria.
“Essere me certe volte è davvero sconveniente.”, sussurrò quasi come se quelle parole potessero fargli male.
Non dissi nulla, anche se nella mia testolina trovai almeno una decina di rispostacce che di sicuro l’avrebbero fatto tornare con i piedi per terra, ma quello non era di certo il momento adatto per curare il suo spropositato egocentrismo.
“Le persone stanno con me solo perché sono io, cioè insomma il cantante famoso intendo, non perché sono Harry e basta.”, ammise mantenendo un tono di voce basso e roco.
“Certe volte vorrei poter mettere da parte il gruppo e tornare ad essere solo me stesso.”, concluse scrollando le spalle.
Io gli sorrisi comprensiva, prima di trasformare il mio viso in una smorfia beffarda.
“Tranquillo, con me non corri alcun rischio!”, ironizzai nel tentativo di farlo ridere e ci riuscii.
Era bello vederlo sorridere, mi procurava una strana sensazione all’altezza dello stomaco.
E fu come se in quell’attimo tutte le emozioni provate la sera che ci eravamo baciati, assopite dalla lontananza, tornassero ad invadermi prepotenti, corpo e anima.
“Per questo mi piace stare con te!”, sbottò dopo ancora ridendo.
Feci roteare gli occhi in tono scherzoso.
“Questo non vuol dire mica che piaccia anche a me!”, controbattei incrociando le braccia in tono di sfida.
“Andiamo, per quelle poche volte che ci vediamo potresti anche evitare di lamentarti!”, mi canzonò lui.
“Credo che tu abbia decisamente frainteso il nostro rapporto.”, commentai riferendomi a quella strana confidenza che si era stabilita tra noi due.
Lui aggrottò le sopracciglia, fissandomi confuso.
“Il fatto che tu mi abbia dato ragione non cambia mica le cose! Io continuo a non sopportarti! E poi io ho sempre ragione!”, chiarii sottolineando l’avverbio.
Lui piegò le labbra in un sorriso, subito incorniciato da due fossette, poi scosse lievemente il capo, così da far smuovere anche i ricci.
“Ci si vede.”, provò a dire, ma lo travolsi subito con uno sguardo omicida.
“Non provarci neppure a dirlo, mi pare che fino ad ora questo tipo di saluto non mi abbai mai portato fortuna!”, borbottai alludendo a tutte le volte che aveva ripetuto quelle parole e che poi alla fine si erano sempre e comunque avverate, anche se a distanza di tempo.
Lui sogghignò.
“Facciamo allora che ti chiamo.”, propose lui lanciandomi una strana occhiata.
“Non hai il mio numero.”, gli feci notare con aria da saputella.
“Me lo farò dare da Rossella, tanto lei non farà alcun tipo di obiezione.”, replicò tanto prontamente da sorprendermi.
“Rifiuterò la chiamata, allora.”, bofonchiai quasi a denti stretti, cercando di apparire risoluta.
“Vedremo.”, disse poi, ancora sogghignando mentre si avvicinava a me.
Per un attimo abbassai la testa, consapevole che se si fosse avvicinato ancora non sarei stata in grado di resistergli.
Porca puttana!
Lui poggiò un dito sotto il mio mento, costringendomi ad alzare il volto per poi incontrare i suoi occhi.
Tutte le sensazioni di quella fottutissima sera di dicembre sembrarono riscatenarsi nel mio corpo.
“Ciao Juls.”, soffiò sul mio viso, prima di posarmi un lieve bacio sulla guancia destra.
“Ciao Hazza.”, fui solo capace di dire.

---


Angolo Autrice
Ed eccomi ancora qui! :D
Insomma, mi sono davvero superata questa settimana: tre capitoli in tre giorni!!!
Quasi non ci credo neppure io!O.o
Cioè, non voglio proprio darvi pace!xD
Comunque, passiamo subito a parlare della storia! :)
Come avete letto, le cose procedono...
Ross è sempre la solita, ma almeno abbiamo capito che lei e Juls proprio non riescono a stare litigate!
Massi continua ad essere insopportabilmente dolce, 
e Juls... beh, lei è ancora confusa,ma non disperiamo!;)
Piuttosto, passiamo al mio (?) amatissimo Hazza!*.*
In questo capitolo finalmente si va oltre la corazza:
certo, non si tratta di chissà quale intimo sfogo, ma almeno comincia ad esserci più confidenza tra i due!
Per non parlare poi della promessa/proposta/minaccia di Harry...
Io non la sottovaluterei!!;)
Ok, non aggiungo altro ora che altrimenti mi lascio scappare qualche cosa!xD
Ringrazio di cuore le personcine magnifiche che hanno inserito la storia
tra le preferite, le ricordate o le seguite!<3
Ringrazio ancora quelle due fantastiche persone che hanno lasciato una recensione nel capitolo precendete,
rendendomi immensamente felice!*.*
Anzi, molto, molto, ma molto di più!*.*
Ringrazio anche i silenziosi lettrori, che comunque continuano a seguire! :D
Ora, prima di smettere di annoiarvi, volevo soltanto invitarvi a lascaire una vostra opinione,
bella o brutta che sia.
Insomma, tutte voi sapete quanto gradite siano le recensioni, quindi...xD
Vabbè, ora scappo a studiare italiano, visto che ho degli arretrati arretratissimi!-.-"
Comunque, prossimo capitolo previsto per sabato!;)
Alla prossima!:*
                                                                                          Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 16
*** But they stay close. ***


j

Every piece of your heart

But they stay close.

Il giorno dopo averlo incontrato davanti casa mia, Harry era partito un’altra volta per tornare a Londra. Era stata Rossella a darmi la notizia quella mattina stessa, appresa appena qualche minuto prima da internet.
Non era stato come la prima volta, no.
Non l’avevo presa male, anzi, del resto le circostanze erano decisamente diverse. Mesi prima, più che con lui, mi ero arrabbiata con me stessa per averlo assecondato, per avergliela data vinta, per essermi fatta mettere i piedi in testa da uno spocchioso marmocchio viziato e mi detestavo per quello.
Non era il bacio in sé che mi aveva dato fastidio, ma il mondo in cui lui era riuscito in così poco tempo a sviare tutte le mie difese ed io mi ero sentita come una delle tante stupide ragazzine cadute ai suoi piedi. Era quella la sensazione che mi mandava il sangue agli occhi.
Stavolta, invece, sapevo che sarebbe dovuto partire, ma soprattutto avevo capito di che tipo si trattasse.
Così la notizia della loro partenza, della sua partenza, mi era giunta come qualcosa di ovvio ed inevitabile.
“Ross, si può sapere perché ci mandi segnali di fumo da circa mezz’ora?”, le aveva chiesto stizzita Ludovica che cercava di seguire la spiegazione di filosofia, continuamente distratta da Rossella.
Sorrisi lievemente mentre osservavo bene l’espressione della mia compagna di banco.
“Mi sono appena sconnessa da twitter.”, ci aveva informato lei, quasi come se da quell’indizio era facile capire dove volesse arrivare.
“E quale sarebbe la novità? Tu stai sempre su internet durante l’ora di filosofia!”, aveva replicato Ludo con fare canzonatorio.
Ross scosse il capo, mordendosi il labbro inferiore.
“Gli One Direction sono partiti stamattina per tornare a Londra, l’ho appena letto.”, aveva dichiarato con voce triste e sconsolata e un faccino imbronciato.
“Dai Ross, non fare così! Sapevi che sarebbe successo e poi non puoi mica vederli tutte le volte che vengono in Italia!”, avevo detto io per rincuorarla, ma le mie parole non erano servite a molto.
Lei aveva abbassato la testa sul banco, non accennando neppure ad un lieve, piccolo sorriso.
“Uffa però!”, aveva sonoramente sbuffato Ludovica, senza preoccuparsi del professore, attirando inevitabilmente la sua attenzione.
“Martinucci, la mia lezione ti annoia?”, le aveva chiesto l’uomo sistemandosi meglio gli occhiali sul naso con fare intimidatorio.
Ludo era come sobbalzata, rendendosi conto della gaffe appena fatta.
“Ehm, no, mi scusi. Cioè…”, aveva provato a dire. “Non riuscivo a scrivere tutto tra gli appunti.”, aveva concluso prima di abbassare violentemente il capo.
Il professore l’aveva guardata con aria di sufficienza, come per farle intendere che non credeva minimamente alle sue parole, ma non si era preoccupato di controbattere.
Era rimasto ancora in silenzio per qualche secondo, squadrando bene la mia amica, poi aveva quasi sogghignato ed infine aveva ripreso a parlare.
Per qualche minuto facemmo finta di seguire la lezione, per evitare che si accorgesse nuovamente di noi.
“Questa è colpa tua che non sfrutti le occasioni con Harry!”, mi aveva accusata Rossella sussurrando.
Strabuzzai gli occhi a quelle parole, non riuscendo a trattenere un risolino.
“Tu non stai bene.”, borbottai.
“Potevi anche farci la carina, però! Magari ci dava qualche biglietto o qualche pass!”, aveva continuato Ludovica.
Scossi il capo.
“Per prima cosa io non ho alcuna intenzione di diventare una loro fan, quindi non gli chiederei mai biglietti o quant’altro.”, avevo iniziato a dire, ma poi mi ero bloccata quando lo sguardo del professore si era posato su di me.
Feci finta di scrivere qualcosa, cose se stessi seguendo la spiegazione per prendere appunti e lui parve credere alla messa in scena, poi quando si voltò tornammo a parlare.
“E poi io non mi faccio mica usare così da voi!”, avevo aggiunto arricciando il naso.
“Ma per le tue migliori amiche potresti anche fare un sacrificio!”, aveva borbottato Rossella.
“Hai dimenticato il terzo e più importante punto della lista, Ross!”, le avevo fatto notare.
Lei mi aveva guardata confusa ed io avevo aspettato qualche secondo prima di risponderle, come per creare la giusta atmosfera.
“È partito.”, avevo sentenziato facendo spallucce.
 
Avevo completamente rimosso quella piccola e stupida promessa che mi aveva fatto quella sera, convinta che non l’avrebbe mantenuta impegnato com’era a filtrare con mezzo mondo.
Dunque non ero stata affatto sorpresa dal non ricevere alcuna telefonata per tutta la prima settimana, sapevo già che sarebbe andata così.
Quel ragazzo non era assolutamente una costante nelle mia vita. Appariva e scompariva, per poi riapparire e scomparire ancora più velocemente.
Il desiderio espresso il giorno del mio compleanno ancora non si era realizzato.
Certo, la mia vita ostentava la perfezione, ma io non ero assolutamente felice.
Avevo imparato a convivere con lo stress, mentre mi districavo tra i mille numerosissimi impegni.
Ciò che, tuttavia, mi dava più noia era continuare quell’assurdo gioco con Massimiliano.
Ormai, considerato che eravamo già alla seconda settimana di aprile, erano due mesi che stavamo insieme, ma a me sembrava un’eternità.
Il giorno del nostro mesiversario mi aveva portata fuori a cena, in un ristorante con una terrazza sul Tevere.
Avevamo ballato al chiaro di luna, mi aveva sussurrato dolci parole che soffiavano delicate sul mio orecchio, ci eravamo baciati tante di quelle volte da poterne perdere il conto.
Mi aveva regalato una rosa rossa, come quella che tempo prima mi aveva fatto recapitare per San Valentino.
Tutto schifosamente dolce.
Detestavo tutte quelle smancerie, quei cliché da commedia romantica da quattro soldi.
Detestavo dover parlare ad alta voce dei miei sentimenti, non ero brava in certe cose, e detestavo anche tutte le carinerie e le attenzioni che lui mi riservava.
Quasi non mi contraddiceva mai, cazzo! Mi dava ragione perfino quando avevo torto!
Certo, quelli erano tutti segnali positivi che mi facevano intuire quanto lui ci tenesse a me, ma l’amore non era certo tutto lì!
Avevo bisogno di qualcuno che mi rispondesse a tono, che sapesse rimettermi al mio posto, che mi facesse notare tutte le baggianate che dicevo, che litigasse con me per motivi che non avremmo neppure mai ricordato, per poi poter far pace con un semplice bacio. Avrei dovuto aprire gli occhi, ma era come se loro rimanessero chiusi per permettermi di ingannare me stessa con più facilita.
Ma, forse, dopotutto ero solo troppo ambiziosa da poter riconoscere quanto fortunata fossi stata ad aver incontrato un ragazzo come Massimiliano.
Era davvero perfetto, fatta eccezione per quella sua disgustosa e nauseabonda eccessiva dose di romanticismo, sia chiaro.
Anche la situazione sentimentale delle mie amiche si era evoluta.
Ludovica, dopo aver rifiutato ancora per un altro centinaio di volte le scuse di Francesco, aveva iniziato a sentirsi con uno studente di medicina che aveva conosciuto tramite suo padre, un giorno in ospedale e tutto sembrava andare per il meglio tra loro due.
Rossella, invece, dopo aver rinunciato all’ardua impresa di conquistare lo stronzo della classe accanto, aveva deciso di lasciar perdere i ragazzi e concentrarsi solo sullo studio, visto che aveva già due materie da recuperare e gli esami erano sempre più vicini.
Così, tra un impegno e l’altro, eravamo giunti già a metà aprile.
Chiusi il libro con un veloce scatto, soddisfatta del lavoro che avevo appena concluso, poi mi buttai a peso morto sul letto, esausta.
Fu in quel momento che sentii squillare il cellulare sul mio comodino.
Feci roteare gli occhi: ma perché mi chiamavano sempre nei momenti peggiori?
Allungai una mano in direzione della superficie del mobile, muovendola a tentoni alla ricerca del mio telefonino, senza neppure guardare.
Quando lo trovai lo portai veloce sotto agli occhi, per poter leggere di chi si trattasse, ma era un numero a me sconosciuto.
Aggrottai la fronte, chiedendomi chi potesse essere, poi risposi.
“Allora alla fine mi hai risposto!”, scherzò la sua voce dall’altro capo del telefono, senza neppure preoccuparsi di salutare o presentarsi, come se avesse saputo che l’avrei riconosciuto.
Sgranai gli occhi per la sorpresa: era davvero Harry?
“Non sapevo che fossi tu, solo per questo non ho rifiutato la chiamata!”, chiarii io rigirandomi nel letto per mettermi più comoda.
Lo sentii sogghignare.
“Bene, adesso che so che sei tu, posso anche attaccare.”, dichiarai poi, infastidita da quel suo continuo prendermi in giro, e senza indugiare oltre, troncai la chiamata.
Sopirai, poi piegai le ginocchia e mi rannicchiai sul letto.
Fu solo questione di attimi prima che il telefono squillasse un’altra volta.
Tenevo ancora il cellulare stretto nella mano destra, così senza troppa difficoltà controllai che fosse ancora lui ed ovviamente non mi sbagliai.
Sbuffai, indecisa sul da farsi.
Avrei potuto continuare ad ignorarlo, ma non sapevo per quanto ancora avrebbe continuato e soprattutto non sapevo se era quello che volessi davvero.
Senza rendermene neppure conto mi trovai ad accettare quella fottutissima chiamata.
“Che vuoi?”, gli domandai stizzita.
Perché diamine gli avevo risposto?
“Per fortuna ti sei arresa subito! Pensavo di doverti stare a chiamare fino a domani prima di poter parlare con te!”, commentò lui in una risata che al mio orecchio sembrava... felice.
“A quanto pare oggi è la tua giornata fortunata.”, ironizzai. “Allora, si può sapere perché mi hai chiamata?”, aggiunsi poco dopo.
Chiedergli come avesse fatto ad avere il mio numero era inutile, di certo aveva chiesto a Zayn che a sua volta aveva chiesto a Ross. Lei, sicuramente, aveva iniziato a saltare come una pazza dalla gioia, per poi dargli quella dannatissima sequenza di cifre.
“Avevo bisogno che qualcuno ridimensionasse il mio ego. Sono in giro per le strade di Londra e migliaia di fans acclamano il mio nome, provano a sfiorarmi, si incantano a guardarmi. Mi sto davvero sentendo come un dio sceso in terra.”, spiegò lui con voce ilare.
Non c’era nessun rumore di sottofondo e il suo tono non mi convinceva per nulla.
“E, sentiamo, tu perderesti tempo a parlare con me invece di goderti il momento?”, gli domandai scettica, quasi sicura del fatto che mi stesse prendendo in giro ancora una volta.
Lui scoppiò in una leggera risata e potei immaginare distintamente le sue labbra piegarsi in un sorriso a trentadue denti incorniciato da quelle due fossette, come se fosse davanti a me in quel momento.
“Colpito e affondato.”, disse quasi in un sussurro.
“Non stiamo giocando a battaglia navale.”, gli feci notare con voce studiatamente saccente, riferendomi all’espressione che aveva appena utilizzato.
“Ok, hai vinto. Sono a casa e mi sto annoiando.”, confessò poi con lo stesso tono che mio fratello usava con la mamma per dirle che aveva bisogno di coccole.
Sospirai sommessamente e percepii le sopracciglia inarcarsi sul mio viso.
“E quindi hai pensato di chiamare me.”, conclusi al posto suo.
“Si!”, asserì entusiasta.
“Bene, visto che ora l’hai fatto, possiamo anche attaccare.”, proposi, anche se in realtà non ero del tutto certa di volere che quella telefonata terminasse tanto presto.
“Ti richiamerei fino a domattina.”, mi minacciò lui.
“Non risponderei.”, replicai rispondendo come meglio potevo al suo tono di sfida.
“Non dovevi farlo neppure ora.”, mi fece notare.
Ecco, ero davvero una stupida.
“L’eccezione che conferma la regola.”, decretai allora per salvarmi in calcio d’angolo.
Lo sentii sorridere ancora una volta.
“Continuerei imperterrito per tutta la notte fino a farti cedere.”, continuò allora lui, portando avanti quello stupido giochetto che nessuno dei due aveva intenzione di perdere.
“Spegnerei il telefono, allora.”, controbattei.
Entrambi volevamo avere l’ultima parola, troppo orgogliosi e testardi per lasciarla all’altro.
“Proverei sul fisso, allora.”, disse imitando il tono di voce che avevo appena usato.
“Pure quello ti ha dato? Credo proprio di dover fare un bel discorsetto a Rossella!”, borbottai a denti stretti.
Lui rise e la sua risata arrivò limpida e fresca alle mie orecchie. Mi piaceva quel suono.
“Se ti può interessare ho anche il tuo indirizzo e-mail.”, mi informò lui.
Sì, urgeva una lunga chiacchierata con la rossa.
“Hai deciso di fare lo stalker?”, ironizzai allora, prima di sentirlo ridere ancora.
“Dici che ho la faccia giusta per farlo?”, mi domandò scherzando.
Feci finta di pensarci un po’ su, ma in realtà cercavo solo una risposta da dargli.
“Se è una faccia di cazzo quella che cercano, allora sì, hai la faccia giusta.”, sentenziai con un sorriso serafico disegnato sulle labbra.
In quel momento mi sarebbe davvero piaciuto vedere la sua faccia, ma lo potei solo sentire sogghignare.
“Ecco, ora mi sento uno straccio.”, decretò infine.
“Vuol dire che ho svolto bene il mio compito.”, dedussi dunque accennando ad un sorriso.
In fondo, ma proprio in fondo, non era tanto male parlare con lui.
“Dalle stelle alle stalle in meno di cinque minuti.”, scherzò, facendomi ridere.
“Devo andare.”, gli dissi dopo qualche secondo di silenzio.
Ebbi come la sensazione che annuisse dall’altro capo del telefono.
“Non provare ad ignorarmi, potrei diventare il tuo incubo peggiore!”, mi disse lui quasi con tono di minaccia.
“Ciao riccio.”, lo salutai allora con un sorriso stampato in faccia.
Per fortuna che non poteva vedermi!
“Ciao Juls.”, mi salutò lui, poi chiusi la chiamata.

---

Angolo Autrice
Buon pomeriggio a tutte/i! :D
Ecco qui il nuovo capitolo, tutto esclusivamente per voi! ;)
Allora, diciamo che la prima parte è una sorta di transizione,
insomma, mi sono soffermanta su qualche evento più importante
per dare la sensazione del passaggio del tempo.
Ludo sta facendo una nuova conoscenza,
Ross pare aver deciso di studiare, finalmente,
mentre la nostra protagonista...
è ancora ferma alla stesso punto, purtroppo!
Però Harry l'ha chiamata!
Cioè, qualche piccolo passo almeno lui l'ha fatto!
Non mi sbilancio a dire altro,
visto che domani dovrebbe già arrivare il nuovo capitolo!
Per di più non saprei neppure cosa altro dire
visto che ho il cervello in fumo a causa di un eccessivo studio della matematica!-.-"
Passando alle cose più importanti...
Grazie, merci, thank you... Cioè, davvero non so come dirvelo...*.*
Grazie mille a tutte quelle persone che leggono,
lasciano una recensione,
a quelle che hanno inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite...
Davvero grazie di cuore a tutti voi!<3
Bene, spero che quasto capitolo vi piaccia,
anche se ammetto non sia chissà cosa...
Comunque, domani nuovo capitolo!;)
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo però!
Ne sarei davvero moltissimissimissimo felice!
Alla prossima!:*
                                                            Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 17
*** Circles, we're going in circles. ***


f

Every piece of your heart

Circles, we’re going in circles.

Arrivata a fine mese stavo davvero per scoppiare.
Avevo la sensazione di essermi trasformata d’un tratto in un criceto, tutta la mia vita sembrava essere al ruota all’interno della quale io correvo senza sosta, ripetendo continuamente la stessa ed identica strada.
E non mi riferivo solo alla routine quotidiana, ma anche alle strane sensazioni che provavo.
Dopo quel pomeriggio non avevo più sentito Harry e tutto sembrava ripetersi esattamente come a dicembre. Ogni volta che sembrava ci stessimo avvicinando, finiva per sparire senza alcun motivo, per poi ricomparire trionfante insieme a qualche ragazza sulle riviste di gossip per adolescenti.
“Ross, potevi anche avvertirmi prima di dargli il numero del cellulare, di casa e l’indirizzo e-mail!”, l’avevo rimproverata la mattina dopo la telefonata di Harry, qualche minuto prima del suono d’ingresso della campanella.
“Se te l’avessi detto, di certo non saresti stata d’accordo!”, aveva detto lei a sua discolpa, facendo spallucce.
“E poi non capisco come tu abbia fatto a saperlo dopo dieci giorni!”, aveva sbottato poi, fissandomi curiosa. 
Ancora non le avevo detto che mi aveva chiamata.
“L’ho saputo e basta!”, avevo esclamato mentre avanzavo perso il portone d’ingresso.
Lei mi aveva bloccata per un braccio, costringendomi a fermarmi, poco dopo ci aveva raggiunte anche Ludovica.
“Devi dirci qualcosa?”, mi aveva chiesto la bionda con uno sguardo d’intesa, aspettandosi di certo delle rivelazioni scottanti.
Mi liberai dalla presa della rossa, poi sbuffai.
“Al massimo eravate voi due quelle che dovevano dirmi qualcosa!”, le avevo canzonate, non avendo preso di buon grado il fatto che Rossella si mettesse a dare in giro i miei recapiti telefonici.
“Suvvia, smettila con questa sceneggiata! Lo sappiamo che in realtà stai gongolando di gioia!”, aveva ammiccato Rossella, strizzando l’occhio sinistro.
“Altro che Massi, tu quello dovresti lasciarlo!”, mi aveva suggerito Ludovica annuendo con fare convinto.
“Ludovica ha ragione! Cioè, io vorrei capire perché cazzo perdi tempo con lui quando potresti stare con quel gran bel pezzo di figo di Harry! Harry Styles!”, aveva esclamato Ross gesticolando come se davvero stesse parlando con una lenta di comprendonio.
“Ragazze!”, avevo tuonato per zittirle. “Io non potrei proprio stare con nessuno, non fatevi strani film in testa!”, avevo esclamato poi con voce stizzita.
“Vedi?!”, aveva squittito Ludovica puntandomi l’indice contro.”Tu non hai detto che non vuoi, hai detto che non puoi!”, aveva sottolineato con fare ovvio.
Feci roteare gli occhi al cielo, consapevole che di lì a poco avrei perso la pazienza.
“Io sto con Massi e mi piace stare con lui!”, avevo chiarito alzando il tono di voce.
Loro avevano fatto delle espressioni scettiche, facendomi capire che in realtà non credevano neppure ad una sola delle mie parole.
“Il tuo problema è che sei troppo testarda.”, aveva sentenziato ancora Ludovica.
“Oltre al fatto che sei sessualmente frustrata.”, aveva continuato Rossella, tirando ancora una volta in ballo il fatto che fossi ancora vergine.
Diamine, non era colpa mia se lei era più spigliata di me!
“Bene, volevo dirvi una cosa, ma a questo punto credo sia meglio evitare.”, avevo detto poi, incrociando le braccia al petto.
Loro mi avevano fissata per bene per qualche secondo, poi avevano iniziato a fare mille moine per farmi cedere. Alla fine, stanca di tutte quelle smancerie e carezze, avevo deciso di vuotare il sacco.
“Ieri pomeriggio il vostro amichetto mi ha chiamata.”, avevo detto tutto d’un fiato come per liberarmi del peso di quella notizia.
“Chi?”, avevano domandato in contemporanea immobilizzandosi per attimi che a me parvero lunghi almeno quanto secoli.
“Il riccio.”, avevo sussurrato con la testa bassa, preparandomi alla loro reazione.
Rossella aveva iniziato a cantare ‘That’s amore’, intonandola senza vergognarsi affatto, mentre alcuni ragazzi ci fissavano divertiti.
Ludovica, invece, mi era saltata addosso e mi aveva abbracciata.
Sì, di una cosa ero del tutto certa: erano matte e piene di illusioni.
Le loro teste potevano assomigliare a delle videoteche per tutti i film che si facevano!
Io avevo fatto semplicemente spallucce, poi le avevo guardate meglio.
“È inutile che fate le sceme, tanto a me non piace.”, avevo chiarito, ma ovviamente loro non mi avevano presa sul serio.

Pochi giorni dopo, tra l’altro, avevo iniziato a litigare anche con Massimiliano.
Sia chiaro, io ero del tutto convinta di voler stare con lui, ma ultimamente era diventato impossibile per me tollerare alcuni suoi atteggiamenti maniacali.
Ad esempio, non sopportavo quando, mentre mi riaccompagnava a casa dopo la scuola, cambiava la frequenza della radio, che io avevo scelto, per sentire le notizie riguardanti chissà cosa o quando, passeggiando per le strade di Roma, mi diceva di non dare corda agli artisti di strada, con i quali io adoravo parlare anche per soli pochi minuti.
“Smettila di fargli domande! Crederà che tu voglia dargli dei soldi!”, mi aveva ammonito con un sussurro al mio orecchio, di modo tale che l’uomo davanti a noi non potesse sentirci.
Era un pittore, un po’ stravagante forse. Poteva avere all’incirca una quarantina d’anni e portava un eccentrico cappello verde sulla testa. Sulla giacca nera aveva appuntato un girasole.
Ai suoi piedi teneva una serie di tavole dipinte con colori acuti e vivaci che rappresentavano paesaggi ameni e realtà illusorie.
Io l’avevo notato subito, così avevo attraversato la strada e mi ero avvicinata a lui per potergli parlare.
Mi ero presentata e lo stesso aveva fatto lui con me. Si chiamava Vincent e veniva da un paesino della Francia del sud. Aveva iniziato a raccontarmi la sua storia, fatta di strane avventure e bizzarrie, ma il racconto era stato interrotto dalla fredda voce del mio ragazzo che mi aveva riportata alla realtà.
“Non crederà proprio nulla! Ha solo bisogno di un po’ di compagnia.”, avevo replicato io cercando di metterlo a tacere.
Massi non aveva preso di buon grado la mia risposta, così mi aveva afferrata per un braccio e mi aveva trascinata via, non lasciandomi neppure la possibilità di salutare quell’uomo.
“Si può sapere cosa diamine ti è preso?”, avevo urlato quando finalmente si era deciso a fermarsi, ormai già lontani.
“Lo capisci o no che non sei più una bambina?”, mi aveva accusata lui.
Sentivo gli occhi offuscarsi per la rabbia, mentre le mani mi tremavano per il nervoso.
“Non capisco quale sia il nesso logico.”, tuonai inviperita.
“Non lo capisci? Non ci vediamo da una settimana, Giù! Cazzo!”, aveva gridato esasperato. “E tu, invece che stare con me, farmi domande, baciami, te ne stai a parlare con il primo sconosciuto che ti capita sotto il naso!”, aveva continuato poi accusandomi.
“Mi dici che sei sempre impegnata con lo studio ed io ci credo, però diamine! Ci siamo passati tutti! Tutti abbiamo fatto l’esame di maturità, non sei mica l’unica! Però sei troppo concentrata su te stessa per accorgerti che anche io sto male! Perché io sto male, cazzo!”, aveva aggiunto con la voce più alta del solito, facendo voltare qualche passante curioso nella nostra direzione.
Non riuscivo a guardarlo in faccia mentre diceva quelle cose, perché sapevo che lui avesse perfettamente ragione.
Aveva persino utilizzato due volte la parola cazzo in meno di un minuto e questo era un brutto, pessimo segno.
“Hai bisogno dei tuoi spazi e su questo sono d’accordo, hai bisogno dei tuoi tempi e va bene, ma non pensi mai a ciò di cui possa aver bisogno io? Credi che io non abbia capito il giochetto che fai con la collana? Ogni volta che ti faccio una sorpresa non la porti mai, ma quando abbiamo un appuntamento allora c’è. Credi forse che sia stupido?”, mi aveva accusata.
Ovviamente non ero riuscita a dire nulla per discolparmi.
Mi mordicchiavo il labbro inferiore e tenevo lo sguardo basso, fisso sulle dita delle mani che intrecciavo in modo quasi compulsivo.
“Senti, io non so cosa ci stia succedendo, so solo che entrambi abbiamo bisogno di tempo.”, aveva sentenziato in fine.
Le sue parole mi erano arrivate dritte al cuore, travolgendolo.
Avevo boccheggiato un po’, alla ricerca di qualcosa da dire, di qualsiasi cosa da dire.
Tutto in quelle circostanze sarebbe stato meglio del silenzio, ma, nonostante ciò, non ci riuscii.
Lui mi lanciò un’ultima occhiata, forse delusa.
“Ti chiamo io.”, mi aveva detto poi prima di andarsene.

Non ci eravamo parlati per ben tre giorni interi dopo quel pomeriggio.
Io avevo troppa paura di essere rifiutata per potergli mandare anche solo un messaggio, lui, probabilmente, aveva soltanto bisogno di sbollire la rabbia.
Così, alla fine, mi aveva chiamata chiedendomi scusa. Mi aveva detto che era particolarmente stanco e nervoso perché in quel periodo stava studiando per dare due esami e che non voleva dire tutte quelle cattiverie.
Insomma, si era attribuito colpe che non aveva.
Io avevo provato a fargli notare anche i miei errori, ma lui non aveva voluto sentir ragioni.
Per lui era come se fossi praticamente perfetta. Riusciva a far diventare pregi anche i miei difetti e non ero del tutto convinta del fatto che ciò fosse positivo.
Del resto i difetti si accettavano, se ne prendeva atto e si cercava di non farli pesare troppo all’altra persona, di certo non si distorcevano a tal punto da farli diventare cose che in realtà non erano.
Il mio egocentrismo si era così trasformato in una ricerca di attenzioni dovute alla mia profonda insicurezza, il mio orgoglio in un’arma che utilizzavo per difendere la mia fragile personalità, la mia testardaggine in un modo per evitare di soffrire a causa degli altri.
Mi guardai allo specchio per l’ultima volta e potei ammirare la mia figura riflessa. Finalmente ero pronta.
Quel sabato sera, l’ultimo di aprile, avevamo deciso di andare in discoteca, per rilassarci prima di immeggerci completamente nello studio.
Afferrai la borsa e scesi al piano di sotto. Veloce come un fulmine salutai i miei, poi uscii di casa e salii nell’auto di Ludovica, che era già lì ad aspettarmi.
“Ciao!”, salutai sia lei che Rossella.
Loro ricambiarono subito ed iniziammo a conversare del più e del meno, quando sentimmo la suoneria del mio cellulare avvisarci dell’arrivo di una telefonata.
Immediatamente mi chiesi di chi si potesse trattare, escludendo istintivamente sia i miei genitori, che avevo da poco salutato, che Massi, il quale era al corrente dei piani per la serata.
Senza indugiare oltre, estrassi il telefonino dalla borsa e vidi che era un numero sconosciuto.
Sussultai.
“Che fai, non rispondi?”, mi chiese Rossella voltandosi in mia direzione.
Anche Ludovica mi stava osservando tramite lo specchietto.
Presi un respiro profondo, come per tranquillizzarmi, poi accettai la chiamata.
“Si?”, riuscii soltanto a dire.
Il cuore mi batteva forte all’interno del petto e potevo sentire il mio respiro farsi più ansante ed irregolare.
“Ciao Juls.”, mi salutò Harry.
Smisi di respirare, rimanendo in apnea per qualche secondo e fu come se tutto intorno a me si fermasse.
“Ciao.”, quasi mormorai colta dalla stupore.
Le mie amiche mi guardavano, cercando di cogliere qualche indizio che le avrebbe aiutate a capire di chi si trattasse.
“Allora, come va?”, mi chiese lui con voce allegra e solare.
Non sapevo cosa rispondergli ed il fatto che Rossella e Ludovica fossero lì ad ascoltare mi metteva ancora più a disagio di quanto già non fossi.
“Non dirmi che mi hai chiamata per sapere questo.”, borbottai semplicemente, sperando di scoraggiarlo o, nel caso in cui dovesse davvero dirmi qualcosa, di farlo giungere al nocciolo della questione.
Lo sentii sogghignare dall’altro capo del telefono.
“In effetti no.”, ammise. “Volevo solo dirti che il mese prossimo saremo a Roma per due giorni.”, m’informò quasi in un sussurro, probabilmente non sapendo cosa aspettarsi.
“Non vedo come questo possa interessarmi.”, bofonchiai fingendomi sprezzante.
Rossella mi lanciò un’occhiata inviperita, quasi minacciosa, mentre Ludovica sorrideva.
“Uhm.”, si fece scappare. “Stasera sei particolarmente acida.”, commentò sarcastico.
“Ma non hai nulla di meglio da fare il sabato sera?”, gli domandai spazientita.
Quella conversazione, in quel momento, mi imbarazzava molto più del dovuto.
Fece finta di pensarci.
“Avevo cinque minuti liberi tra Britney e Jennifer, così ho pensato di chiamarti.”, disse.
Non capii se stesse scherzando, se mi stesse prendendo in giro o se fosse la mera e pura verità, sta di fatto che per poco, davvero poco, non gli attaccai il telefono in faccia, spinta da una furia omicida.
“Ecco bene, allora torna a divertirti che anche io ho da fare!”, replicai palesemente seccata.
Lui rise, ma non bastò a calmarmi.
“Sei uscita?”, mi chiese, ma non riuscii bene a cogliere il tono della sua voce.
“Mi avvalgo della facoltà di non rispondere.”, sibilai a denti stretti.
“Deduco di no. Magari ora te ne starai buttata sul divano con il pigiama e il piumone a vedere un film strappalacrime mentre ti infilzi di schifezze.”, sentenziò lui ridendo.
Sbuffai sonoramente.
“Si, sono uscita e mi hai anche interrotta sul più bello. Contento ora?”, sbottai mentendo su alcuni dettagli.
“Ah.”, disse soltanto quasi… amareggiato?
“Se è così allora ti lascio continuare.”, borbottò con la voce leggermente più incrinata e bassa del solito.
“Ciao.”, dissi poi secca, riagganciando.
“Chi era?”, mi chiese Rossella sporgendosi verso di me.
Feci roteare gli occhi con aria afflitta, poi mi lasciai scivolare più giù sul sedile.
“Il riccio.”, sussurrai soltanto.

---



Angolo Autrice
Buongiorno a tutte, carissime!*.*
Neanche il tempo di bere il caffè ed eccomi qui a pubblicare il nuovo capitolo!:D
Comunque, finalmente Massi e Giulia iniziano a litigare!!!
Insomma, sono troppo contenta!!
La coppia inizia a scoppiare!!*.*
Va bene, va bene, non voglio esagerare con tutti questi commenti mega-super-soggettivi!xD
Tornando a noi, che altro dire?
Questa volta la telefonata non è andata propriamente a buon fine,
però ci sono due cose che vorrei sottolinere.
Allora, Harry ha annunciato che il mese prossimo
lui e gli altri torneranno a Roma,
il motivo però è ancora un mistero.
Seconda cosa, presto arriverà un capitolo nel quale tutte queste stranezze
verranno spiegate grazie a quelche ficcanaso di troppo!;)
Comunque, stay strong che la parte più romantica della storia
sta per arrivare!;)
Bene, cioè male visto che ora mi tocca un'intensa mattinata di studio!-.-
Ringrazio di cuore Liz in love, cioè più felice di così davvero non potevi farmi!!!*.*
Davvero, grazie mille e mille ancora!!!<3
Ringrazio poi tutti quelli che hanno inserito la storia
tra preferite, ricordate o seguite...
insomma, siete tutte magnifiche!!!*.*
E ringrazio ancora quelle anime pie che continuano a lasciare recensioni:
non ho parole per ringraziarvi...
semplicemente GRAZIE!<3
E ringrazio anche le persone che leggono, grazie anche a voi! :D
Il prossimo capitolo mercoledì!;)
Questa settimana torno prima a casa per il ponte,
così non dovrò aspettare fino a sabato prima di impossessarmi del computer!!
Spero mi lasciate un vostro parere, se vi va... :)
Alla prossima!:*
                                                                     Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 18
*** I might just die inside. ***


l

Every piece of your heart

I might just die inside.

Ci eravamo divertite davvero tanto in discoteca, avevamo ballato senza sosta per tutta il tempo e Rossella si era persino ubriacata, ma ci avevamo pensato io e Ludovica a tenerla sotto controllo, cosicché evitasse di fare cose di cui poi si sarebbe pentita.
Nel frattempo continuavo a studiare come una matta, cercando di recuperare gli arretrati che si erano accumulati per tutte quelle volte che in classe non avevo prestato attenzione alle spiegazioni dei vari professori.
Ero brava a scuola, certo non come Ludovica, ma la sua intelligenza era completamente diversa dalla mia. Lei aveva metodo e dedizione, passava interi pomeriggi con la testa calata sui libri, imparando tutto quello che c’era da sapere.
Io, invece, ero più lo stereotipo della sfaticata fortunata e con buona memoria che finiva per avere gli stessi voti della prima della classe studiando la metà del tempo.
Leggevo qualcosa, poi mi prendevo una pausa che inizialmente doveva essere breve, ma che poi si protraeva nel tempo, e alla fine, quando decidevo che si era fatta ora di tornare sui libri, davo un’altra veloce lettura, saltando i periodi che mi sembravano particolarmente lunghi e noiosi, per soffermarmi sulle notizie principali.
Quel metodo, assurdo tra l’altro, aveva anche potuto funzionare per i primi quattro anni di liceo, ma quell’anno, all’esame, volevo prendere il massimo, così mi ero affidata ai consigli di Ludovica, anche se mi stavano facendo letteralmente impazzire.
Non riuscivo a mantenere la concentrazione per più di mezz’ora senza essere distratta dal cellulare, dal computer o persino dal paesaggio.
Ero un caso disperato, insomma.
Harry, invece, non lo avevo più sentito.
“Potresti anche chiamarlo tu, per una volta!”, mi aveva suggerito Rossella quando ci eravamo ritrovate a parlare di quella breve conversazione che avevamo avuto per telefono sotto gli occhi delle mie amiche.
“Ma se non mi ha dato neppure il suo numero!”, avevo risposto scandalizzata al solo pensiero di compiere un’azione del genere.
Lei aveva sorriso sotto i baffi.
“Mi pare che neppure tu l’abbia dato a lui, ma non si è fatto tutti questi problemi.”, mi aveva fatto notare punzecchiandomi.
“E poi il numero ce l’hai tra le chiamate ricevute e se lui non avesse voluto dartelo ti avrebbe chiamata con l’anonimo!”, aveva aggiunto imperterrita Ludovica.
Avevo piegato il volto in una smorfia di disappunto, senza preoccuparmi di replicare, anche perché non avevo le parole per farlo.
“Magari sta aspettando che sia tu a farti sentire.”, aveva provato a dire Ludo sedendosi sul divano del mio salotto.
“In effetti lui ti ha già chiamata due volte, tre se consideri che la prima gli hai attaccato il telefono in faccia! E poi l’ultima volta sei stata anche particolarmente scorbutica e scontrosa!”, aveva costatato Rossella portando un’altra manciata di popcorn alla bocca.
Quella domenica avevamo organizzato una serata tranquilla a casa mia a base di schifezze, film e chiacchiere tra amiche.
“Parlate come se…”, avevo iniziato, ma poi mi ero bloccata realizzando cosa quella frase mi avrebbe portata a dire. “Come se fossimo due ragazzi che si stanno frequentando.”, avevo sussurrato senza neppure rendermene conto.
Ludovica smise all’istante di sfogliare distrattamente la rivista di moda che teneva tra le mani, per puntare i suoi occhi chiari su di me e lo stesso fece anche Rossella.
“Stai ammettendo che ti piace?”, mi aveva chiesto incredula Rossella.
Io avevo sgranato gli occhi e arricciato il naso con aria disgustata.
“No!”, avevo esclamato scandalizzata.
“Ah, ecco.”, aveva borbottato Ludovica quasi delusa, tornando a sfogliare le pagine di quel giornaletto.
“Sembrava troppo bello per essere vero, quasi pensavo che finalmente te ne fossi resa conto!”, aveva confessato Rossella mormorando.
“Sentite.”, le avevo chiamate, facendole voltare ancora verso di me. “A me non può piacere una persona che non conosco e poi io sto con Massi.”, avevo chiarito cercando di convincerle e forse, ma solo forse, dovevo convincere anche me stessa.
“Non ti stiamo mica dicendo che ne sei innamorata, solo che sei interessata!”, aveva specificato Ludo facendo spallucce con una finta aria ingenua dipinta sul volto.
“E poi con Massi sai anche tu che non è una cosa sentita.”, aveva bofonchiato Rossella.
Certo, solo quello ci mancava!
“Mi sembra di aver discusso già abbastanza su questo punto.”, avevo sentenziato afferrando un cuscino alla mia sinistra, per poi stringerlo al petto.
Rossella annuii, sospirando pesantemente.
“Hai ragione e sono anche piuttosto stufa di litigare per quel coglione.”, aveva confessato con un filo di voce.
“Appunto, non ne parliamo più!”, avevo proposto avvicinandomi a lei.
“Sai, vero, che ignorare un problema non ti aiuterà a risolverlo?”, mi aveva chiesto prima di abbracciarmi.
Ricambiai la stretta, mentre annuivo sulla sua spalla.
“Lo so, ma per ora non voglio pensarci.”, e non fui mai più sincera di allora.

Da quella domenica erano passati altri quattro giorni, così quel giovedì della seconda settimana di maggio, uscii con Massimiliano.
Era il 9 maggio e quel giorno avremmo festeggiato due mesi insieme.
Gli avevo chiesto di rimandare la cena alla volta successiva perché non volevo fare tardi visto che il giorno seguente, alla prima ora, avevo il compito in classe di matematica.
Lui non l’aveva presa propriamente bene, ma erano bastate due moine e qualche parola dolce usata di proposito per l’occasione per fargli cambiare idea.
Non aveva voluto dirmi dove mi avrebbe portata, ma io avevo sviluppato le mie ipotesi.
Prima tra tutte, ovviamente, casa sua. Non ci ero mai stata, seppur lui mi avesse più volte invitata, ma erano sempre sopraggiunte circostanze avverse che mi avevano impedito di andarci.
Ormai mi sembrava quasi di conoscerla per la capillarità con la quale me l’aveva descritta.
Lui non era di Roma, ma si era trasferito al primo anno di università ed aveva affittato una casa con altri due ragazzi. Certo, non era particolarmente grande e neppure particolarmente bella, ma era tutto quello di cui necessitava per poter realizzare i suoi sogni. Inoltre, aveva stretto un bellissimo rapporto con i suoi coinquilini, tanto che ormai erano diventati amici per la pelle.
Altra ipotesi, invece, era quella che mi portasse in giro per qualche museo.
In quei due mesi, infatti, avevo appurato che lui fosse un vero appassionato d’arte, tanto da poterci perdere giornate intere a contemplare un solo quadro o una scultura.
Per quel giorno avevo fatto un’eccezione, concedendogli di venirmi a prendere sotto casa e lui fu estremamente contento per quel piccolo gesto.
“Piccola mia.”, mi sussurrò a fior di labbra non appena salii nella sua macchina dal lato del passeggero.
“Auguri.”, riuscii a dirgli poco prima di impadronirmi delle sue labbra.
All’inizio sentii le sue piegarsi in un leggero sorriso a contatto con le mie, per poi approfondire il bacio.
Si posizionò più comodo sul sedile, senza interrompere quel contatto, poi poggiò una mano dietro la mia nuca per avvicinarmi ancora di più, mentre io posizionai una mano sul suo petto.
“Auguri anche a te.”, sussurrò ad una spanna dal mio viso ancora ansante quando ci staccammo senza fiato.
Sorrisi e lui poggiò nuovamente le sue labbra sulle mie, questa volta con meno fretta, più delicato.
Con la lingua mi chiese l’accesso alla mia bocca ed io fui ben lieta di darglielo. La mia mano passò dal suo petto sempre più giù, quasi fino alla vita, per poi circondargli la schiena.
Lui si sporse di più verso di me, facendo aderire i nostri corpi, mentre con una mano mi accarezzava con dolcezza un fianco.
“Credo che ora sia meglio andare, altrimenti di questo passo non arriveremo mai dove dobbiamo arrivare.”, sussurrò ancora troppo vicino al mio viso per permettermi di pensare razionalmente.
“Un po’ di ritardo non ha mai fatto male a nessuno.”, dissi impiegandoci più del previsto dato che ad ogni parola finivo per fermarmi e baciarlo, per poi riprendere e ribaciarlo.
Lui sorrise, cercando di resistere contro la sua volontà ed era bello guardarlo mentre tentava di restare concentrato e non cadere in tentazione.
“Metti la benda! Non voglio rovinarti la sorpresa!”, esclamò infine mettendo più distanza tra i nostri corpi, mentre con la mano destra mi passava un foulard azzurro.
Lo guardai riluttante.
“Lo so che sbircerai lo stesso appena mi distraggo un attimo, ma almeno fammi contento e mettilo.”, mi aveva detto aprendosi in un sorriso.
Sì, forse mi conosceva davvero troppo bene.
“Va bene.”, gli concessi afferrando quel pezzo di stoffa tra le mani. “Ma non ti assicuro affatto che farò la brava.”, aggiunsi con un faccino angelico che lo fece ridere.
“Vieni qui.”, disse poi, facendomi voltare per potermi legare il foulard intorno alla testa, all’altezza degli occhi.
“Bene, metti la cinta che ora partiamo.”, disse poi lui quando la mia vista si fu annebbiata.
Mi rigirai sul sedile e rimasi ferma.
“Ehi, genio!”, lo chiamai attirando la sua attenzione. “Ti ricordo che non ci vedo, come faccio a prendere la cinta a tentoni?”, lo provocai leggermente.
Lo sentii ridere prima di percepire il suo corpo sfiorare il mio per una manciata di secondi.
Era strano sentirlo così vicino.
Poco dopo sentii uno scatto, segno che aveva terminato con successo quella operazione.
“Partiamo.”, mi informò mettendo in moto.
All’incirca mezz’ora dopo eravamo al mare, sulla spiaggia, io accoccolata al suo petto.
Niente casa con gli amici, niente musei, soltanto noi due.
Non era una giornata particolarmente soleggiata, anzi. Il cielo era coperto da qualche nuvola grigia e di tanto in tanto soffiava un vento tagliente e gelido che mi scombinava i capelli.
Il mare era abbastanza agitato, ma questo non ci aveva impedito di bagnarci fin poco sotto le ginocchia. Poi ci eravamo seduti a pochi metri dalla riva, abbracciati, mentre ammiravamo il paesaggio davanti ai nostri occhi.
Ero rannicchiata tra le sue gambe, con la schiena appoggiata al suo petto. Lui mi cingeva dolce la vita, cercando di riscaldarmi quando percepiva il mio corpo scosso da qualche brivido di freddo.
Teneva la testa poggiata sulla mia spalla e le sue labbra sfioravano la mia pelle nuda del collo.
Erano solo brividi di freddo quelli che sentivo?
“Sei bellissima.”, sussurrò al mio orecchio.
Il suo respiro mi solleticava dolce e caldo quei pochi centimetri di pelle scoperta.
Sorrisi al complimento che mi aveva fatto e con una lentezza estenuante girai il viso in direzione del suo.
Incontrai subito i suoi occhi e rimasi a contemplarli per qualche secondo.
Mi trasmettevano sicurezza, protezione, ma non quella strana sensazione di vuoto.
Non riuscivo a perdermi nelle profondità nascoste delle sue iridi.
Sentii il cuore quasi aggrovigliarsi quando me ne resi conto.
Lui si avvicinò con calma, tenendo lo sguardo incatenato al mio, fino a quando le nostre labbra si incontrarono.
Senza neppure rendermene conto mi ritrovai con la schiena sulla sabbia, mentre Massi lasciava lunghe scie di baci che andavano dal collo, alle labbra, all’orecchio per poi ripetere quell’agognante giro.
Sotto il suo corpo mi sentivo tremare, ma di certo non era per il suo peso.
Si fermò ad un centimetro dalle mie labbra e mi sorrise.
Provai a ricambiarlo, ma ero troppo tesa ed infatti lui se ne accorse.
“Tranquilla.”, mi sussurrò passandomi una mano tra i capelli, per poi sistemarli dietro all’orecchio.
“Non dobbiamo fare nulla per forza.”, continuò poco dopo con voce calda e rassicurante.
Al suono di quelle parole percepii il mio corpo rilassarsi all’istante, tanto che senza attendere oltre lo baciai.
Lui prese ad accarezzarmi la schiena ed io feci lo stesso.
Sì, uno dei motivi che mi spingevano a stare con Massi era proprio quello: sapevo che lui ci sarebbe stato per me sempre e comunque, sapevo che non mi avrebbe fatta soffrire.
Ma era sufficiente?
Così, mentre mi baciava e sfiorava, percepii una strana sensazione attanagliarmi l’anima.
Stavo facendo la cosa giusta?
Quando decidemmo di avviarci a casa si era già fatto piuttosto tardi se si considerava che avevo detto a mia madre che sarei tornata ad ora di cena.
Massi mi accompagnò con l’auto fin davanti il cancello di casa mia, ma fu in quel momento che percepii il mio cuore perdere un battito.
Dietro di noi, ad un centinaio di metri di distanza, era parcheggiata una Volvo che mi sembrava di ricordare.
Fu come se tutto il resto venisse cancellato, tanto che mi ritrovai a salutare Massi con un frettoloso ‘ciao’, prima di scendere dalla sua macchina, intenzionata a rientrare in casa il prima possibile.
“Ehi piccola!”, mi chiamò Massi raggiungendomi di corsa, dopo essere sceso veloce anche lui dalla macchina.
Mi sorrise ed io fui solo capace di mordicchiarmi il labbro, imbarazzata.
Sapevo che di lì a pochi secondi mi avrebbe baciata, era anche piuttosto ovvio visto che ero la sua ragazza, ma il pensiero che quella potesse essere la sua Volvo mi soffocava, mi impediva di respirare, mi mandava in tilt il cervello.
Mi ripetei più volte che non poteva assolutamente essere lui, del resto quell’auto potevano averla milioni e milioni di persone, quasi come se avessi bisogno di una scusa per non respingere il mio ragazzo che inesorabilmente continuava l’avanzata verso il mio viso.
Tuttavia, anche la più remota eventualità che quello potesse essere veramente lui e che di lì a qualche minuto mi avrebbe vista baciare Massi mi torturava, mi logorava dall’interno.
Così, quando le labbra del mio ragazzo entrarono a contatto con le mie, mi sentii morire dentro.
“Ciao.”, mi sussurrò dopo sorridendo.
“Ciao.”, lo salutai, sforzandomi di sorridere per mascherare quella sensazione di disagio che ovviamente non volevo condividere con lui.
Rimasi ferma mentre lo vedevo allontanarsi, per poi sparire dietro l’angolo.
“Così quello sarebbe il tuo ragazzo.”, sbottò una voce che ben conoscevo alle mie spalle.
Smisi di respirare all’istante e mi ritrovai immobile come una statua, tanto che neppure le palpebre accennavano ad un minimo movimento.
Non poteva, non doveva essere lui.
Mi voltai ed i miei dubbi vennero confermati da due occhi verdi che mi perforarono l’animo.
Indossava un giubbino blu e dei jeans chiari. Teneva le mani in tasca, la mandibola contratta e i capelli ricci disordinati. Gli occhi, invece, dopo un brevissimo contatto li aveva puntati nel vuoto.
Perché mi sentivo così… male?
“Si.”, mormorai con la testa bassa.
Lui si avvicinò ancora, mordicchiandosi le labbra, per poi accennare ad un sorriso forzato.
Di sottecchi cercavo di spiare ogni sua più piccola reazione, ogni particolare che mi avrebbe aiutata a capire cosa stesse pensando in quel momento.
“Ero venuto per salutarti, poi ho visto anche lui e ho pensato di fermarmi, non volevo disturbarti come l’altra sera.”, mi spiegò e nella sue voce non colsi neppure un po’ del solito sarcasmo.
Annuii.
“Comunque era solo una visita di cortesia, domani ripartiamo visto che siamo pieni di impegni.”, continuò fermandosi a qualche passo da me.
Non riuscivo a guardalo direttamente in viso, ero troppo codarda per farlo. Sapevo che qualunque fosse stata la sue espressione mi avrebbe solo fatto del male.
Da un lato temevo che fosse deluso, non lo avrei sopportato, dall’altro, invece, avevo paura che a lui non importasse nulla.
Mi maledissi per aver pensato quelle cose: io non potevo sentirmi in colpa!
Io non gli dovevo alcun tipo di spiegazione, noi non eravamo neppure amici, ed io ero solo una stupida ragazzina con le idee confuse.
“Sono contento che tu abbia trovato qualcuno.”, disse poi e solo allora mi decisi a guardarlo finalmente negli occhi.
Per qualche secondo rimasi in silenzio, inerme, mentre li contemplavo perdendomi nei meandri più profondi di quelle iridi verdi e percepivo come quel semplice contatto visivo fosse capace di sostituire mille parole non dette.
Sì, era quella la sensazione che non riuscivo a provare con Massi.
Harry teneva l’angolo sinistro della bocca sollevato in un mezzo sorriso, incorniciato da una sola fossetta.
I suoi lineamenti erano stranamente rigidi ed al contempo rilassati, sembrava si stesse obbligando a tenere un’espressione del viso neutra.
“Grazie.”, balbettai in risposta non appena fui di nuovo capace di parlare.
“Bene, mi ha fatto piacere rivederti, ma ora devo andare.”, dichiarò sfilandosi una mano dalla tasca per passarsela tra i capelli, accarezzandoli con un gesto fulmineo e pieno di foga.
“Ciao Giulia.”, mi salutò non avendo ricevuto alcuna risposta dalla sottoscritta.
Ancora una volta non riuscii a dire nulla, così lui si voltò e con calma si diresse verso la macchina che aveva parcheggiato qualche metro più in là.
“Ciao Hazza.”, sospirai quando lui fu troppo lontano per potermi sentire, cosicché le mie parole si dispersero nel vento.

---



Angolo Autrice
Lo so, sono in netto ritardo...
Cioè, in effetti è ancora mercoledì, però ho sforato sull'orario...
Beh, almeno sappiate che non è del tutto colpa mia:
tutta questa pioggia ha bloccato le strade,
ci ho messo ben tre ore e mezzo per tornare a casa,
invece della solita oretta!-.-"
Comunque sia, non mi dilugno maggiormente,
tanto in questi giorni ci sentiremo spessissimo
visto che ho intenzione di aggiornare ogni giorno!;)
Comunque, volevo dedicare questo capitolo a Turo,
sei davvero splendida e mi dispaice averti fatto aspettare tanto prima di pubblicare...
almeno sepro ne sia valsa la pena!
Altro grande ringraziamento va a FeniceHowl_, lei sa il perché!;)
Ringrazio poi tutti quelli che hanno letto,
inserito la storia tra preferite, seguite o ricordate!:D
Siete favolosi!*.*
E ringrazio quelle magnifiche persone che hanno lasciato una recensione!
Vi adoro con tutta me stessa!<3
Bene, detto questo ora vado a sentire per l'ennesima volta Little Things...
ma non è fantastica???*.*
Ok, buona serata a tutte voi! Diverittevi!!;)
Ah, lasciate anche un commnetino se vi va...
mi rendereste ancora più felice!:D
A domani!:*
                                                         Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 19
*** How I wish that was me. ***


h

Every piece of your heart

How I wish that was me.

Il tempo continuava a scorrere inesorabile, certe volte troppo veloce e certe altre ancora troppo lento.
Io, invece, rimanevo bloccata in una situazione di stallo da cui non avevo la forza di uscire.
Sapevo cosa avrei dovuto fare, ma avevo troppa paura per farlo davvero.
Ci avevo riflettuto talmente tante volte che persino i miei ragionamenti sembravano un disco rotto, il cui suono era fermo sempre a ripetere la medesima nota, senza andare mai avanti o indietro.
Erano passati dieci giorni da quando avevo visto Harry per l’ultima volta.
Il nostro rapporto, se così poteva essere definito, era stato strano sin dall’inizio. Non avevamo mai programmato nulla. Le prima volte ci eravamo incontrati per puro caso, complice la passione sfrenata e la totale devozione delle mie amiche nei confronti del suo gruppo.
Tuttavia, con il tempo, le cose sembravano aver preso una loro strana ma coerente strada che finiva sempre per farci ritrovare, nonostante il passare dei giorni, delle settimane e dei mesi.
Solo quando avevamo deciso di dare un taglio netto al caso, o meglio solo quando Harry aveva deciso di smetterla di giocare con la fortuna, era stata lei a giocare con noi.
Sorrisi amareggiata mentre aspettavo che anche le mie amiche finissero quello stupidissimo esercizio di matematica.
Ormai mancava poco più di un mese all’inizio degli esami e quel pomeriggio avevamo deciso di studiare insieme per aiutarci a vicenda, ma soprattutto per aiutare Rossella.
Ci eravamo incontrare a casa di Ludovica visto che da lei, il pomeriggio, non c’era mai anima viva in giro.
A Massimiliano non avevo detto nulla riguardo alle sensazioni, non del tutto normali, che il mio corpo, ma soprattutto il mio cuore, percepivano.
Io, dal canto mio, avevo preferito ignorare quello che temevo fosse il problema.
Sì, insomma, avevo capito di cosa si trattasse, ma non ero riuscita ad ammetterlo neppure a me stessa tanto che evitavo persino di pensarlo.
Avevo paura che, una volta che quel pensiero si fosse impossessato della mia mente, avrebbe preso il sopravvento su tutto e questo io non potevo assolutamente permetterlo.
“Lia, mi dai una mano che non si trova?”, mi chiese Rossella, ma la sua voce giunse ovattata al mio orecchio.
Ebbi la sensazione che in realtà non avesse parlato, anzi ne ero sicura, così continuai a rimuginare sui miei sempre meno coerenti pensieri.
Stavo commettendo molti più errori di quelli che volevo dar a vedere e, forse, stavo compromettendo il mio futuro dal punto di vista sentimentale.
“Lia, ma ci sei? Ti sto chiamando da mezz’ora!”, esclamò d’un tratto Ross, sventolandomi una mano sotto gli occhi per attirare la mia attenzione.
Sobbalzai dallo spavento, prima di rendermi conto che ero solo sovrappensiero.
“Allora, mi aiuti a risolvere questo cazzo di esercizio?”, ripeté indicandomi con lo sguardo i passaggi che avrei dovuto controllare.
Presi il quaderno che teneva sotto il naso e passai alla rassegna tutti i numeri che teneva segnati, trovando non solo dei calcoli sbagliati, ma anche degli errori nel procedimento.
Provai a spiegarglielo per ben tre volte, ma alla fine lei si arrese esausta, facendomi promettere che all’esame le avrei dovuto passare il compito di matematica.
Risi rassegnata al fatto che non sarebbe cambiata mai.
“Ragazze, io davvero non ce la faccio più! Sono sfinita! È tutto il pomeriggio che studiamo, prendiamoci una pausa!”, propose Ross allora, approfittando del momento.
Io e Ludovica ci guardammo per un attimo, indecise sul da farsi, poi alla fine ci sciogliemmo con un leggero sorriso.
“E va bene.”, concesse la bionda chiudendo libri e quaderni.
“Accendo il computer?”, proposi allora e senza attendere una loro conferma pigiai il bottone che lo metteva in moto.
“Facebook?”, chiese allora Ludo, posizionandosi meglio sulla sedia davanti alla scrivania.
Io mi alzai per poi mettermi a gambe incrociate sul letto con il busto in direzione dello schermo, decisamente più comoda che su una sedia di plastica.
Ross storne il naso emettendo uno strano suono.
“Posso controllare un attimo le ultime notizie sugli One Direction?”, domandò più a me che a Ludovica che, nonostante tutto, rimaneva la proprietaria di casa e del computer.
Feci spallucce, mettendo su un’espressione di indifferenza.
In realtà dentro di me pregavo che cambiasse repentinamente idea, cercando qualsiasi cosa ma non loro, non lui.
Vedere la sua faccia sorridente non mi avrebbe aiutata a sentirmi meglio, soprattutto se pensavo che per colpa delle mie stupide paranoie stavo per mandare a monte la mia storia con Massi.
Lei sorrise a trentadue denti, non avendo intuito la mia tacita richiesta, del resto sarebbe stato impossibile farlo.
Conoscendo la rossa, poi, se l’avesse saputo l’avrebbe fatto di proposito a mettermi sotto il naso qualsiasi cosa potesse essere ricollegata a lui.
“Bene, prometto che ci metto poco!”, esclamò trionfante mentre si voltava verso il computer.
Velocemente digitò la scritta, poi avviò la ricerca.
Fece scorrere con il mouse la pagina, leggendo solo i titoli delle varie notizie.
Ne aprì una ed iniziò a leggere ad alta voce.
“Gli One Direction preparano le valigie: Roma li aspetta.”, trillò felice come non mai declamando il titolo di quell’articolo.
“Proprio ieri è arrivata la conferma dalla casa discografica riguardo alla location del prossimo video che promuoverà la prima canzone in uscita del nuovo album. Pare, infatti, che i cinque ragazzi siano stati stregati dal fascino della città eterna e che ora non riescano a farne più a meno.”, continuò interrompendosi solo per lanciare un urlo acuto per l’emozione che quell’informazione doveva suscitare in lei.
“Nulla di certo ancora sulla durata della permanenza, riguardo alle date per ora si sa solo che partiranno nella prima settimana di giugno. Care italiane, preparatevi ad accoglierli, perché i One Direction stanno tornando!”, squillò di gioia, iniziando a battere le mani freneticamente.
Sorrisi nel vederla così presa da quella stupidissima informazione.
“Non vedo l’ora!”, esclamò poi con aria sognante, subito seguita da Ludovica che esultava con lei.
Sarebbero tornati.
Deglutii sommessamente, sforzandomi di apparire rilassata e disinteressata, anche se potevo sentire lo stomaco accartocciarsi come un foglio prima di essere gettato nel cestino.
Ci misero ancora qualche secondo prima di calmarsi definitivamente.
Questa volta fu Ludovica a prendere il mouse, conducendo le redini della ricerca.
Tornò indietro, continuando a frugare tra i mille articoli sul loro conto, per trovarne qualcuno che fosse davvero degno di essere letto.
Ne aprì un altro, iniziando a leggere come aveva fatto Rossella poco prima.
“Chi sarà mai a far battere i loro cuori?”, intonò il titolo che sormontava una loro foto.
Fece scorrere la pagina sotto i suoi occhi, fino a giungere alla didascalia.
“Ormai è ben risaputo che Liam, Zayn, Niall, Louis ed Harry stiano lasciando una lunga serie di cuori infranti alle loro spalle, continuando a conquistare milioni di ragazze anche con un semplice sorriso, ma pare che solo pochi di loro si siano avviati verso un rapporto stabile e duraturo.”, iniziò a dire, interpretando parola per parola come fosse una speaker professionista.
“Viene confermata la relazione tra Liam Payne e Danielle Peazer, la quale pare aver seguito la sua dolce metà durante gli ultimi spostamenti lavorativi. Anche la storia tra Louis Tomlinson e l’ormai storica fidanzata Eleonor Calder sembra procedere a gonfie vele.”, decretò sorridendo soddisfatta, per poi riprendere la seconda parte del testo.
“Tutt’altra storia, invece, sono Niall, Zayn ed Harry. Il primo ha, infatti, dichiarato di volersi fidanzare ma il recente vociferare riguardo al suo scarso autocontrollo nell’assumere alcolici non sembra affatto facilitare il compito. Amici molto vicini a lui hanno dichiarato che Niall ha mostrato palese interesse nei confronti di una ragazza conosciuta qualche mese prima, con la quale però ha perso i contatti.”, annunciò ammiccando.
“E chi sarà mai questa tipa?”, chiese Rossella aggrottando la fronte, mentre scavava tra i ricordi per trovare una soluzione, ma probabilmente non dovette trovarla vista la sua espressione corrucciata.
Ludovica fece spallucce, poi ripuntò lo guardo sulla schermata.
“Gli altri due pare invece che stiano lavorando al raggiungimento della famosa etichetta del bello e dannato, ottenendo anche ottimi risultati. Ma se Zayn continua a limitarsi a modelle della sua età, avendo dimenticato del tutto la storia con Perrie Edwards, Harry è di certo di più ampie vedute e non solo per i dati registrati all’anagrafe. Tralasciando l’ormai arcaica storia con la trentatreenne Caroline Flack, l’ultima resa nota con una donna decisamente più matura di lui, pare che si sia dedicato in particolar modo anche a delle sue fans, dopo le varie serate tenute in tutto il mondo prima della pubblicazione del nuovo singolo che presenterà l’album, in uscita quest’estate.”, terminò girandosi verso di me per poi puntarmi bene gli occhi addosso.
Cosa si aspettava Ludo? Una mia reazione? E cosa mi aspettavo io?
Ero a conoscenza della fama da perfetto seduttore che circondava Harry e comprendevo tutte quelle ragazze che non riuscivano a resistergli perché, in fondo, non ci ero riuscita neppure io.
“Pare che si dia da fare!”, trillai, fingendo sarcasmo misto a divertimento.
“Sicura che non ti dia fastidio?”, mi domandò in modo esplicito Rossella.
Scossi il capo con fare convinto.
No, non doveva darmi fastidio.
“Quindi non ti dispiacerà leggerne uno sul suo conto?”, continuò dopo aver appurato la mia negazione.
Sorrisi forzatamente, alzandomi dal letto per avvicinarmi allo schermo.
Sapevo benissimo che quello era un altro degli stupidi tranelli che la rossa mi tendeva per cercare di cogliermi in fallo, ma non potevo dargliela vinta a tavolino.
Erano giorni che provava in tutti i modi a farmi ammettere quello che mi frullava per la testa ed io, puntualmente, riuscivo a raggirare l’ostacolo.
Fu Rossella a scegliere il post successivo, aprendo un sito nel quale si parlava esclusivamente di loro.
Percepii il cuore perdere un battito quando lessi la scritta a caratteri cubitali che spiccava nero su bianco sotto i miei occhi.
Ludovica si alzò, lasciandomi la sedia per sedersi sul letto.
Iniziai a leggere subito dopo essermi accomodata.
“Ad Harry piacciono le italiane e si vede.”, diceva la prima riga.
Tirai un respiro profondo e cercai di farmi coraggio.
Ma, nonostante sapessi che lo faceva per il mio bene, in quel momento stavo odiando Rossella.
Spostai per un secondo l’occhio sulla data di pubblicazione e fui sorpresa di costatare che quel brano risalisse ad appena tre giorni prima.
“È già passata una settimana dall’ultima permanenza a Roma degli One Direction, ma solo ora sembrano pervenirci i particolari piccanti sul loro soggiorno. Pare infatti che il nostro caro Styles sia stato avvistato in una zona residenziale della città, mentre si incontrava segretamente con una ragazza, lontano dalle telecamere e dagli occhi indiscreti. Ma per una star del suo calibro non deve essere così semplice passare inosservato! Nonostante le piccole precauzioni prese da questi due amanti, ci sono giunte numerose segnalazioni, tutte concordanti riguardo data, luogo e ora. Che Harry si sia finalmente innamorato ed abbia deciso di chiudere con le storie da una botta e via?”, lessi.
Mi fermai per riprendere fiato, mentre il mio cuore batteva fuori controllo.
Parlavano di me? Ero io quella ragazza? Ero io, vero? Vero?
Quasi sentivo la necessità di leggere il mio nome tra quelle righe, anzi.
Quello di cui necessitavo era di leggere il mio nome al posto di tutti gli altri, come se ci fossi sempre stata solo e soltanto io, come se desiderassi rimpiazzarle tutte semplicemente schioccando le dita.
“Non preoccupatevi care fans. Dopo la scappatella lontano dai riflettori, Harry sembra essere tornato su piazza.”, enunciai ancora, ma sentii l’esigenza di fermarmi anche solo per un instante.
La testa cominciava a girarmi e sentivo le mani e le gambe tremare.
Spinta da una nuova urgenza di sapere come terminasse l’articolo, ripresi con foga la lettura, correndo sulle parole come un treno sui binari, con un tono di voce più alto del solito.
“Sembra, infatti, che Harry abbia festeggiato il ritorno a Londra con una sua vecchia conoscenza, la cantante Alyssa Reid, che lo aveva adocchiato già da tempo. Solo di ieri, infine, sono gli scatti che lo ritraggono mentre scambia baci bollenti in macchina con la stessa Reid, ma a quanto pare non è servito a nulla nascondersi.”, sbottai non perdendo neanche una lettera di quel fottutissimo testo.
Le mie amiche si erano avvicinate a me, preoccupate a causa del mio tono di voce eccessivamente isterico, ma io non me ne curai.
Volevo soltanto terminare quel fottutissimo testo.
“Su internet intanto si scatena la guerra. Le fans lo vogliono single e sempre più frequenti sono le minacce nei confronti di tutte le donne che osano avvicinarsi tanto all’inarrivabile Harry Styles, compresa la madre Anne Cox. Allora, caro Harry, quando metterai la testa a posto?”, sbottai in un impeto d’ira, giungendo finalmente alla fine di quel fottutissimo testo.
Sì, caro Harry, quando metterai la testa a posto?
Il mio viso era livido di rabbia, gli occhi puntati nel vuoto, sudavo freddo. Le mani mi tremavano e sentivo il mio corpo completamente vuoto, come se fosse una vecchia carcassa privata del suo contenuto.
Sentii le braccia delle mie amiche avvolgermi con fare dolce e materno, e non appena mi sfiorarono scoppiai in lacrime per la prima volta dopo tanto tempo, come se quel lieve contatto fosse stato capace di far crollare ogni barriera, di andare oltre la facciata che mi preoccupavo di mostrare.
E piansi.
Piansi per il ragazzo che avevo ma non volevo, per tutte quelle volte che avevo ascoltato la testa e non il cuore, per essere state presa in giro. Piansi per uno sconosciuto e per il dolore che mi stava procurando, per il fatto che, contro ogni spiegazione logica e razionale, avrei voluto essere io quella al suo fianco, al posto di tutte quelle donne. Per Harry.
Forse quella di leggere un articolo sul suo conto non era stata proprio una buona idea.

---





Angolo Autrice
Buongiorno carissime/i (nel caso dovesse esserci anche qualche lettore di passaggio xD)! :D
Allora, com'è andata la serata di ieri??
Io alla fine non ho fatto più nulla,
sono torata a casa alle sei passate per colpa della pioggia e
stanca com'ero abbiamo deciso di rimandare a stasera la festicciola tra amici!*.*
Comunque sia, ecco il nuovo capitolo!:D
Si tratta di un capitolo di passaggio,
anche perché nel prossimo capitolo potremmo leggere del...
beh, non dico molto a rigurado,
tanto per domani sarà pubblicato anche quello!;)
Che ne pensate?
Ringrazio di cuore quelle persone che hanno inserito la storia
tra le preferite, ricordate o seguite!<3
A massive thank you!;)
E ringrazio anche i silenziosi lettori!! :D
Per quanto riguarda le recensioni...
ecco, capisco che ho aggiornato la sera prima di halloween e
che una persona normale a quest'ora del mattino ancora dorme,
però mi farebbe davvero piacere conoscere la vostra opinione!!
Quindi, che ne dite di lasciarne una??xD
Ok, scappo a fare colazione!:Q
Buona gioranta!:*
                                                                          Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 20
*** Just a beautiful mistake. ***


k

Every piece of your heart

Just a beautiful mistake.

Avevo sempre odiato l’attesa, era snervante, ma più di ogni altra cosa non riuscivo a sopportare i tempi morti.
Non mi riferivo a quei momenti in cui non si faceva nulla, no, quelli mi piacevano ed anche tanto.
Mi riferivo a quei periodi, giorni, settimane, delle volte addirittura mesi, in cui si sopravviveva, piuttosto che vivere.
C’era una sostanziale differenza tra quei due verbi. Io volevo vivere, ma continuavo a sopravvivere ed era sopravvivendo che era giunto anche il mese di giugno.
Avevo ultimato la tesina, ormai era pronta. L’avevo riletta tante di quelle volte da averla quasi imparata a memoria. Avrei dovuto solo stamparla, ma a quello ci avrebbe pensato papà, come d’accordi precedentemente presi.
Per quanto riguardava lo spiacevole incidente che si era verificato a casa di Ludovica qualche giorno prima, avevo deciso di metterci una pietra sopra e depositarlo tra i ricordi in una piccola, piccolissima parte del mio cervello.
Ero giunta alla ovvia conclusione che non era per Harry che avevo pianto. No, non ero contraddittoria, solo preferivo convincermi che le cose fossero esattamente come dicevo io.
Sapevo perché avevo pianto, lo sapevo bene e non lo avrei mai potuto dimenticare, ma avevo tirato in gioco altri fattori, altre motivazioni, tante scuse.
Alla fine mi ero convinta che era stata soltanto la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Ero stressata, ero piena di impegni, non avevo ancora completato il percorso per l’esame, non fino a quel giorno, non avevo sentito Massi per tutta la giornata e mi sentivo oppressa.
Piuttosto credibile, vero?
La prima domenica del mese il mio ragazzo mi aveva portato finalmente a casa sua e mi aveva presentato i suoi amici: Fabrizio e Andrea, due ventiduenni piuttosto simpatici ed affabili, nonostante il primo fosse fissato per la pulizia, l’ordine ed i germi.
In realtà, cosa ben più importante, Massi non mi aveva semplicemente portata nel suo appartamento e probabilmente se non ci fossero stati i suoi amici non ci saremmo fermati a qualche bacio appassionato sul divano del salotto.
Lui mi aveva dato una copia delle chiavi del suo appartamento quel giorno.
“Usale quando e come ti pare, anche se in casa non dovessi esserci io! Diciamo che puoi considerare questo appartamento…”, si era fermato per un attimo guardandosi intorno, ma il suo sguardo era inevitabilmente caduto sui suoi due coinquilini intenti ad imprecare mentre giocavano ad uno stupido gioco a quella che intuii essere la playstation.
Massi era tornato a fissarmi, mettendo su un’espressione imbarazzata e desolata al contempo, come se volesse scusarsi per il comportamento dei suoi amici.
Io avevo accennato ad un sorriso scrollando poi la testa, per fargli capire che dei suoi amici non mi interessava minimamente.
“Va bene, diciamo allora che puoi considerare la mia camera come un nascondiglio, un posto in cui rifugiarti quando hai bisogno di rilassarti.”, aveva concluso allora, sorridendomi mentre mi accarezzava una guancia con i polpastrelli delle dita.
Mi ero avvicinata a lui, guardandolo estasiata, poi lo avevo baciato con dolcezza, per trasmettergli tutto quello che sentivo in quel momento.
Gratitudine, affetto, complicità, gioia, comprensione, protezione e forse… amore.
“E poi sappi che…”, aveva ripreso a dire quando le nostre labbra si staccarono per riprendere fiato.
Eravamo ancora molto vicini, tanto che potevo sentire il suo fiato cadere delicato sulla mia pelle stuzzicandola, solleticandola.
Aveva abbassato lo sguardo per un secondo, indugiando sulle parole, con fare imbarazzato, forse anche un po’ timido.
Avevo sorriso a quella sua reazione così genuina ed ingenua.
Lui aveva puntato nuovamente i suoi occhi nei miei, avvicinandosi fino a poggiare la sua fronte sulla mia, facendo sfiorare i nostri nasi.
“Sì, insomma, troverai anche me sempre pronto a coccolarti.”, aveva concluso scrutando il mio viso come per volerne cogliere la reazione a quelle sue parole.
Era dolce e forse potevo iniziare a farmelo andare bene.
Mi mordicchiai il labbro inferiore, sorridendo, mentre immaginai la faccia da ebete che si era dipinta sul mio viso.
“Allora verrò spesso.”, sussurrai sulle sue labbra, prima di appropriarmene.
Non era un bacio casto quello, affatto.
Le nostre lingue si intrecciavano, si rincorrevano senza sosta, mentre le nostre mani si cercavano.
Me ne strinse una all’altezza del suo petto, mentre con l’altra mi accarezzava la schiena dolce e passionale allo stesso tempo.
La mia mano invece, quella ancora libera, andò veloce a circondargli il collo, sfiorando la base di esso con movimenti lenti e delicati.
Lo sentii muoversi mentre si posizionava meglio sul divano, mentre il suo corpo si avvicinava al mio, spingendomi con la schiena sulla morbida superficie del divano.
In pochi attimi fu sopra di me, mentre mi baciava con foga, esplorando con le mani il mio corpo.
“Ehi piccioncini, almeno potreste chiudervi in camera, no?!”

Dopo quella volta non ero stata più a casa di Massi, non ne avevo avuto la possibilità visto che nell’ultima settimana ero stata troppo impegnata.
Mi ero però ripromessa che, messo da parte l’imbarazzo, ci sarei ritornata appena mi fosse stato possibile, magari per fargli una sorpresa.
Così i cappotti, i maglioni di lana, le sciarpe, i guanti ed i cappelli avevano lasciato il posto alle magliette di cotone ed i pantaloncini. Ormai l’estate era alle porte, rimaneva solo un ultimo ostacolo da superare, l’ultima barriera da abbattere.
Rossella si stava occupando del viaggio che avevamo deciso di fare a luglio, senza però dirci nulla a riguardo, né a me, né tantomeno a Ludovica. Diceva che noi dovevamo solo pensare a studiare e che quello era il minimo che lei potesse fare per ripagarci di tutto il disturbo che ci stava arrecando, chiedendoci aiuto in continuazione.
Per di più si era fissata con l’idea che avrebbe voluto farci una sorpresa, assicurandoci che l’avremmo gradita.
All’inizio avevo provato a convincerla del fatto che stesse esagerando, offrendole il mio aiuto, ma poi Ludovica mi aveva suggerito di lasciarla fare, cosicché potesse sfogare in quel modo la sua irrefrenabile vivacità e alla fine le avevo lasciato carta bianca, arrendendomi alla sua volontà.
Uscii velocemente di casa quando costatai di essere già in ritardo. Dovevo incontrarmi con le mie amiche quel pomeriggio in un posto in cui non ero mai stata. Si trattava di un locale, non avevo ben capito di che genere, poco distante da casa mia, in una zona decisamente poco trafficata.
Rossella aveva detto che una ragazza in palestra ne aveva parlato benissimo, così si era fatta dare l’indirizzo per poi andarci personalmente.
Non avevo fatto ulteriori domande alla rossa, accondiscendendo alla sua voglia di scoprire posti nuovi, del resto, per quanto Roma fosse grande, noi frequentavamo sempre i soliti.
Salutai mio padre, avvertendolo che sarei tornata per cena, poi mi avviai per strada.
Subito sentii i raggi del sole scaldarmi la pelle, mi piaceva quella sensazione.
Ormai le giornate si facevano sempre più lunghe e soleggiate e la pioggia di quell’inverno sembrava essere solo un lontano ricordo.
Mi incamminai a passo svelto, intenzionata a recuperare qualche minuto, poi presi i mezzi pubblici.
Quando scesi alla fermata che Ross mi aveva indicato, mi guardai bene intorno, per cercare di individuare il posto che mi aveva accuratamente descritto in precedenza.
Inutile dire che non fu propriamente facile trovarlo. Percorsi lo stesso pezzo di strada per ben quattro volte prima di notare una scritta lampeggiante in uno dei vicoli sulla destra.
Mi fermai di scatto, arricciando la fronte per la confusione.
Da quando sceglieva posti tanto nascosti?
Scrollai le spalle, cacciando via quel pensiero dalla testa e mi introdussi nella stradina.
Era piccola ed i raggi del sole stentavano ad illuminarla a causa della presenza di alti palazzi su ambedue i lati.
Feci solo qualche passo prima di giungere davanti alla porta d’ingresso del locale.
Sembrava una semplice e comunissima caffetteria, solo arredata meglio.
Entrai e con lo sguardo cercai le mie amiche tra i vari tavolini, senza però trovarle.
“Cerca qualcuno?”, mi chiese una donna oltrepassando il bancone per venirmi incontro.
Era piuttosto anziana, aveva i capelli grigi e gli occhi azzurri. Non era grassa, ma ben piazzata, ed aveva un ampio e caldo sorriso sulle sottili labbra.
Annuii e lei si fece ancora più vicino.
“Due mie amiche.”, spiegai.
Il suo sorriso si aprì ancora di più, mentre anche i suoi occhi sembravano brillare di una strana luce.
“Forse ho sbagliato il posto.”, borbottai facendo spallucce, quasi imbarazzata da quella strana situazione.
Feci per girarmi, ma lei mi bloccò afferrandomi con delicatezza per il gomito.
“Non credo.”, controbatté lei con voce calma e rassicurante.
“Per caso la tua amica è rossa?”, mi chiesi a mo’di conferma.
Io annuii, sorpresa com’ero avevo talmente tante domande da farle che non riuscii ad esternarne neppure una.
“E l’altra è bionda?”, continuò allora l’anziana donna.
Annuii ancora, guardandola con fare circospetto.
Non mi rassicurava affatto sapere che un’estranea fosse a conoscenza di tutti quei dettagli.
“Sono nella saletta al piano superiore, però devi passare di qua.”, mi comunicò facendo cenno con una mano alle scalette che s’intravedevano al di là dell’arco che si ergeva dietro il bancone e che, probabilmente, dava accesso ad un’aria privata.
E se voleva ammazzarmi e poi chiudermi nella cella frigorifera?
Accennai ad un sorriso, ma venni scossa da un leggero brivido di paura.
“Vai, ti stanno aspettando!”, m’incalzò la donna, continuando a sorridere.
Annuii ancora, facendomi coraggio.
Sì, ero davvero una stupida a temere di una signora anziana, ma non potevo certo sapere chi ci fosse al piano di sopra! I telegiornali parlavano chiaro: i tempi erano cambiati e bisognava diffidare di tutti.
Bene, ero una fifona paranoica!
Mi feci coraggio e mi diressi dietro al bancone, oltrepassai l’arco e iniziai a salire le scale che si snodavano sulla sinistra.
Già dalla prima rampa si sentiva il parlottare sconnesso di Rossella, unito ad altre risate che non riconobbi.
La voce della mia amica mi giunse all’orecchio come un’ancora di salvezza, come un salvagente per un uomo caduto in mare durante la tempesta.
Non sarei morta, non quel pomeriggio perlomeno!
Feci gli scalini a due a due, ansiosa di vedere il volto della mia amica sorridermi per poi rimproverarmi a causa del ritardo.
Non ero mai stata così felice di sentire la sua voce stridula borbottare infastidita che il rispetto degli orari era fondamentale, che la prossima volta se ne sarebbe andata, che ero un caso cronico e via dicendo.
Il piano superiore era arredato in maniera deliziosa, con tonalità chiare che mettevano maggiormente in risalto la luce che entrava dall’ampia vetrata.
Seguii le voci delle mie amiche, giungendo ad un’area più appartata, e fu allora che li, lo, vidi.
M’immobilizzai all’istante, ferma a qualche passo dal tavolino intorno al quale erano seduti su bassi e apparentemente comodi divanetti.
“Finalmente sei arrivata!”, esclamò Rossella, alzandosi per venirmi incontro.
“Quasi pensavamo non venissi più!”, aggiunge dandomi un bacio sulla guancia.
“Dai, vieni, siediti!”, disse poi prendendomi per mano e trascinandomi con lei.
Rimasi in silenzio per tutti quei pochi secondi che a me parvero millenni.
Mi misi seduta all’estremità di un divanetto, accanto a Ludovica.
Tenevo lo sguardo fisso sul legno smaltato di bianco del tavolino, senza avere il coraggio di alzarlo, consapevole che avrei potuto incontrare il suo.
“Ti ricordi di loro?”, mi chiese allora Ludovica, prendendomi una mano per incrociarla con la sua.
Alzai la testa, consapevole che comunque l’avrei dovuto affrontare, ed annuii convinta sorridendo.
“Ho persino imparato i vostri nomi!”, dissi allora scherzando in italiano e solo allora mi resi conto che per tutto il tempo, anche quando avevo sentito la voce di Rossella dalle scale, non avevano fatto altro che parlare la nostra lingua.
“E noi abbiamo imparato l’italiano!”, affermò quello con gli occhi azzurri che ricordai essere Louis, sorridendo di rimando.
“Ma che bravi! Ed io che dubitavo delle vostre capacità intellettive!”, ironizzai ancora, prendendoli in giro.
Loro sorrisero.
Dovevo farmi coraggio, dovevo apparire… serena.
“Piuttosto, cosa ci fate qui?”, chiesi allora rivolgendomi ai cinque ragazzi.
Non appena terminai di pronunciare quelle parole vidi Niall, Zayn, Liam e Louis voltarsi con un’espressione confusa e disorientata verso… verso Harry.
“Hazza, ma non le hai detto nulla? Avevi detto che ci avresti parlato tu!”, esclamò allora Niall con voce sorpresa e frastornata, ma ricevette subito una leggere gomitata da Liam che gli sedeva accanto.
Harry non rispose, non disse nulla. Teneva gli occhi fissi sul bicchiere che stringeva tra le mani.
Abbassai il capo repentinamente, stringendo con forza la mano di Ludovica, ancora incatenata alla mia.
“Bene, allora te lo dico io!”, annunciò allora Louis, cercando di ammortizzare la tensione che si era appena creata.
“Dobbiamo girare il nuovo video della canzone promozionale dell’album che uscirà quest’estate ed abbiamo scelto Roma come location.”, chiarì lui allora.
“Siamo venuti qui anche il mese scorso per fare un sopralluogo sui posti designati per il video.”, continuò Liam mentre sorseggiava quello che dal colore dedussi essere the.
“E non riuscite proprio a starci lontane?”, li provocai con un’espressione scettica disegnata sul viso.
Per quale cazzo di motivo dovevamo incontraci ogni volta?
“Ma veramente è per Zayn che siamo qui! Dice che voleva rivedere Ella!”, confessò Niall facendomi un complice occhiolino.
Io e Ludovica scoppiammo a ridere, mentre Rossella, la nostra cara Ella, rimase in silenzio, imbambolata e forse anche imbarazzata.
“Niall!”, lo rimproverò allora Zayn dandogli uno scappellotto dietro la nuca, prima di abbassare il capo in segno di evidente disagio.
“Ma perché ogni volta che dico qualcosa mi picchiate sempre tutti?”, si lamentò allora il biondino massaggiandosi il punto indolenzito.
Sorrisi ancora, godendomi la scenetta, e mettendo da parte, almeno per un attimo, il fatto che ci fosse anche lui.
“Perché tu non ti rendi conto di quello che dici! Ci fai sempre fare figure di merda!”, sbottò allora Louis.
“Zayn, ora che l’hai rivista possiamo andarcene?”, domandò allora lui con voce seccata, posando sul tavolino il bicchiere ormai vuoto che prima doveva contenere qualcosa simile, almeno per il colore, a succo d’arancia rossa.
Sentirgli pronunciare quelle parole fu per me un profondo e duro colpo al cuore.
D’istinto spostai gli occhi, sgranati e dilatati, su di lui.
Non aveva un’espressione rilassata, né tantomeno accennava ad un sorriso, probabilmente si stava annoiando.
Teneva il gomito del braccio sinistro appoggiato sulla spalliera del divanetto, mentre quello destro gli cadeva morbido un fianco. La gamba destra, invece, era piegata in modo tale che la caviglia poggiasse sul ginocchio sinistro.
Indossava una semplice maglietta grigia e dei jeans chiari, il polso era ricoperto di tanti piccoli e sottili bracciali.
Fu allora che notai per la prima volta il suo tatuaggio, posto sulla parte inferiore del braccio: una stella a cinque punte sotto alla qualche si snodava una frase che non riuscii a leggere.
“Andiamo Hazza!”, lo rimproverò Liam. “Non fare l’antipatico!”, aggiunse storcendo il labbro.
Harry non rispose, gli rivolse solo un’occhiata di sufficienza.
“Lo è, che è diverso da lo fa.”, borbottai sovrappensiero senza neppure rendermi conto che avevo pronunciato quelle parole ad alta voce.
Mi immobilizzai del tutto appena realizzai ciò che avevo appena fatto, o meglio detto.
Di scatto tutti gli occhi si puntarono su di me, compresi i suoi verdi e stranamente inespressivi.
“A quanto pare non sono l’unico poco socievole.”, costatò lui con un sorriso beffardo mentre mi sfidava con lo sguardo.
Stava forse cercando di provocarmi?
Serrai le labbra e strinsi forte i denti, presa da un incontrollabile moto di rabbia.
“Se non ti piace la nostra compagnia puoi anche andartene.”, quasi sibilai non interrompendo il nostro contatto visivo.
Percepivo l’atmosfera farsi chiaramente più tesa. Gli altri rimanevano in silenzio, probabilmente non sapendo cosa sarebbe stato giusto fare.
“A me piace la loro compagnia, è la tua che non sopporto.”, replicò allora lui sottolineando prima il loro e poi il tua.
Per quanto possibile sgranai ancora di più gli occhi, mentre sentivo la rabbia montarmi nelle vene.
“Questi sono i tuoi amici, li vedi sempre. Ripeto, nessuno ti obbliga a restare.”, decretai fingendo un tono di voce calmo e risoluto, ma in realtà l’avrei voluto volentieri prendere a schiaffi.
Lui tirò su l’angolo sinistro delle labbra, disegnando un sorriso molto più simile ad un ghigno, e sulle sue guance si scavarono due piccole fossette.
“Hai ragione, non dovrei perdere tempo con certa gente e con il certe non mi riferisco a Ludo o Ella.”, dichiarò modulando la voce decisamente meglio di quanto avessi fatto io.
“Sei solo un ragazzino viziato e presuntuoso!”, lo accusai alzando il tono di voce, evitando comunque di urlare.
“Tu invece non sei nulla.”, rispose lui come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Nella sua voce non c’era alcun cenno a rabbia, irritazione, nervoso, collera o rancore di cui invece era stracolmo il mio.
Non c’era nulla, esattamente come io non ero nulla.
Annuii a ritmo lento, quasi come se mi servisse del tempo per assimilare le sue parole.
“Devo andare.”, dissi in un sussurro alzandomi di scatto dal divano.
“Scusate, ma devo andare.”, ripetei lanciando una veloce occhiata alle mie amiche.
Loro mi guardavano dispiaciute, desolate, ma non dissero o fecero nulla per fermarmi e di questo ne fui grata.
Neanche gli altri dissero nulla. Niall piegò le labbra all’ingiù, in una chiara espressione di tristezza, mentre Liam annuì comprensivo. Zayn fece spallucce, come per dirmi che non potevano farci nulla se avevano un amico tanto coglione. Louis, invece, accennò ad un lieve, piccolissimo, sorriso di scuse.
Lui non lo guardai neppure.
“Ciao a tutti.”, salutai prima di andare via.
Sì, Harry Styles era stato solo un incidente di percorso, una sbandata.
Un errore, meraviglioso, ma pur sempre sbagliato.

---





Angolo Autrice
Ed ecco il nuovo capitolo!
Quasi mi stupisco io stessa di quanto spesso stia riuscendo a pubblicare!
Comunque, credo che questo capitolo parli da solo...
Insomma, la prima parte costituisce una sorta di riavvicinamento a Massi,
in virtù anche del fatto che lui comunque si sia dato da fare a Londra,
mentre lei era a leggere degli stupidi articoletti di giornale su internet.
La seconda parte, invece...
Harry è tornato, carissime!*.*
Sì, lo so, ha fatto lo stronzo, ma non ammazzatemi, vi prego!
Insomma, lui è ancora profondamente ferito!
Juls ci è rimasta male, però io sono convinta che se lo meritasse!ù.ù
Cioè, qui nessuno pensa al mio caro e dolce Hazza???
Del prossimo capitolo non vi anticipo assolutamente nulla,
però voglio darvi due infomazioni piccole piccole!;)
Per prima cosa, vi annuncio che mancano dieci capitoli alla fine!*.*
Quindi sappiate che questa tortura avrà presto fine!;)
Seconda cosa, nell'ultima parte
(ora non preciso da quale a quele capitolo, altrimenti direi troppo)
ho concentrato tutta la dolcezza che è mancata fino ad ora...
Certo, non aspettatevi le carie,
non credo neppure di essere capace di scrivere cose etremamente romantiche,
però ci saranno dei momenti particolarmente dolci!;)
Bene, detto tutto anche oggi!
Anzi, devo ancora fare la cosa più importante:
ringraziare voi tuttte!<3
Grazie a chi inserisce a storia tra preferite, ricordate e seguite,
grazie a chi legge
e grazie immensamente alle persone che lasciano dei commenti!
Grazie di cuore!<3
Ok, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo!;)
Ah, ma ieri sere li avete visti ad X Factor?*.*
Io ho lottato con tuttte le mie forze contro la volontà dei miei amici,
ma alla fine ce l'ho fatta!:D
Hanno cantato Live While We'Young!!*.*
E poi ieri l'avevte visto il video di Harry di Little Things???<3
Cioè, io l'avrò messo in ripetizione almeno una ventina di volte!xD
Oggi esce il video ufficiale!*.*
Non vedo l'ora di vederlo!!!:D
Ora scappo a fare matematica, purtroppo!-.-"
Alla prossima!:*
                                                             Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 21
*** Loved to see me breaking. ***


l

Every piece of your heart

Loved to see me breaking.

Negli ultimi quattro giorni ero stata particolarmente suscettibile e, soprattutto, distratta.
Finivo sempre con la testa tra le nuvole, rimuginavo tra i pensieri, riflettevo sul presente e sul passato, ma mai sul futuro, non mi concentravo su quello che facevo e lasciavo tutto ancora più in disordine del solito, il che era piuttosto grave se si considerava che, dopo essere stata riordinata, la mia camera sembrava essere lo scenario dello scoppio di una qualche bomba.
Insomma, l’incontro con gli One Direction mi aveva condizionata molto più del dovuto ed ammetterlo tanto liberamente, anche se solo nella mia testa, mi constava un incredibile sforzo.
Rossella e Ludovica si erano scusate per tutto il giorno successivo per l’imprevisto che si era verificato, ma io avevo detto loro che non aveva alcuna importanza, al contrario avevo finalmente trovato una valida scusa per non doverli incontrare più.
Anche con Massi non andava propriamente bene ed era per quello che avevo deciso di usare finalmente la chiave che mi aveva consegnato per fargli una sorpresa.
Sapevo che non era in casa, me lo aveva detto appena cinque minuti prima per messaggio, ma suonai lo stesso, convinta che in casa ci fossero sia Fabrizio che l’altro ragazzo di cui non ricordavo il nome.
Al terzo squillo, non essendo ancora venuto nessuno ad aprirmi, capii che in realtà erano fuori anche loro.
Estrassi la chiave dalla borsa e la infilai nella toppa della serratura, poi la girai.
Fece uno scatto, poi si aprì. La spinsi di poco, il necessario per poter passare e la richiusi. Quasi mi sentivo un ladro mentre percorrevo il corto corridoio di quella casa.
Diamine, era la casa del mio ragazzo! Non potevo sentirmi un’estranea!
Feci un veloce giro di tutte le stanze, appurando che non vi fosse nessuno, poi mi lasciai cadere sul divano del salotto.
Ispirai forte l’aria, come se quel gesto potesse farmi entrare in confidenza con quelle mura che mi mettevano tanto a disagio, poi con lo sguardo passai ad osservare l’arredamento.
Non aveva uno stile proprio. Riconoscevo il gusto di Massi tra i vari soprammobili, ma era come se fosse sopraffatto da altro. Tutto in quella casa era la chiara espressione dell’anonimato.
Scossi la testa, del resto non poteva che essere così.
Quello era comunque l’appartamento di un gruppetto di universitari che preferiva mettere da parte i soldi, piuttosto che spenderli per arredare una casa che di lì a qualche anno non sarebbe stata nemmeno più loro.
A ciò si aggiungeva il fatto che fossero in tre, che avessero gusti ed esigenze diverse, personalità contrastanti e che fossero maschi.
Sospirai, poi decisi di spostarmi in camera di Massimiliano, sperando di trovare almeno in quella stanza qualcosa che mi desse lontanamente l’idea di casa.
E fu proprio quando aprii la porta della sua camera che un sorriso si disegnò sulle mie labbra: sì, qualcosa di familiare c’era.
La sua camera, che per l’arredamento restava comunque la chiara espressione dell’anonimato, era disordinata quasi quanto la mia.
Non era esattamente per quello che avrei voluto sentirla più sua, mia, nostra, ma non avendo trovato altro mi accontentai.
Una pila di vestiti era accatastata sulle due sedie della scrivania, mentre quest’ultima era ricoperta di fogli, libri aperti e tazze vuote che intuii dovessero essere di caffè, perché lui, come me, ne beveva davvero tanto, soprattutto quando doveva studiare ed avrebbe voluto dormire.
Il letto, invece, era sormontato da due valigette di pelle, di quelle che usavano gli uomini d’affari per darsi delle arie, entrambe aperte, dai quali fuoriuscivano delle fotocopie rilegate e ben tenute.
Sul comodino a prima vista riuscii a distinguere soltanto il portafogli, il caricabatteria, la custodia degli occhiali da sole, l’orologio da polso e un bracciale d’argento che non avevo mai visto prima, sotto al quale intravidi un pacchetto di fazzoletti.
Sì, quella stanza esigeva una bella ripulita.
Senza riflettere iniziai a riordinare il letto, che mi sembrava l’unico ad essere ancora in condizioni dignitose, poi passai al comodino ed al resto della stanza.
Quando realizzai quello che stavo facendo mi sentii quasi in imbarazzo, tanto che per un attimo pensai di rimettere tutto in disordine come prima.
Sì, insomma, sembravo quasi una casalinga disperata sulla soglia dei quaranta.
Scossi il capo, cercando di far scivolare via quell’assurdo pensiero, e mi dedicai alla scrivania.
C’erano tanti, tanti, troppi fogli. Alcuni erano scritti con una grafia ordinata, chiara e precisa, altri invece erano molto più simili a degli scarabocchi, quindi dedussi si trattasse di carta straccia.
Li divisi in due gruppi, quelli da gettare e quelli da lasciare, ordinati in una pila, sul tavolo di legno.
Ne riempii una busta intera, tanto che il cestino ne era ricolmo fino all’orlo, così decisi di passarli con il trita documenti che si trovava sul secondo ripiano dello scaffale del salotto, cosicché tutti potessero utilizzarlo.
Quando terminai mi sentii soddisfatta del lavoro che avevo svolto ma si trattò di una sensazione che durò solo pochi attimi.
D’un tratto, come un fulmine a ciel sereno, mi accorsi che anche l’unico legame che si era stabilito con quella casa, era andato in frantumi, ridotto in mille pezzi come la carta straccia.
O meglio, ero stata io a distruggerlo.
Mi guardai intorno e ne ebbi la totale conferma: in quel momento non c’era più nulla che mi facesse percepire la sensazione di essere nel posto giusto, di essere accolta, di essere protetta.
Era esattamente come trovarsi per la prima volta a casa di qualcuno che non conoscessi.
Lo scatto della serratura mi fece destare dai miei pensieri: Massi doveva essere rientrato.
Rimasi in silenzio, seduta sul suo letto, aspettando che arrivasse per poi saltargli addosso.
“Fabri, Andrè ci siete?”, chiese lui chissà da quale stanza.
Andrea, ecco come si chiamava l’altro!
Sentii i suoi passi farsi sempre più vicini, fino a quando non spalancò la porta socchiusa della sua camera.
“Sorpresa!”, esclamai alzandomi per andargli incontro.
Lui sgranò gli occhi non appena mi vide, poi un sorriso a trentadue denti si aprì sulle sue labbra.
“Hai detto che potevo usarle quando e come mi pare ed io ho seguito il consiglio!”, dichiarai con tono malizioso, un attimo prima di baciarlo.
Lui ricambiò il bacio, poi mi abbracciò forte, stringendo il mio corpo al suo.
“Hai anche messo in ordine?”, mi chiese tra un bacio e l’altro.
Annuii soltanto, troppo presa com’ero dalle sue labbra, mentre con una mano giocai con i suoi capelli che per un attimo, un solo fottutissimo attimo, mi parvero troppo corti, ordinati e chiari.
Lui sorrise, riavvicinando ancora la mia bocca alla sua.
“Sei una donna da sposare, insomma.”, scherzò mentre mi avvicinava al letto, fino a quando non finii per sbatterci le ginocchia.
Il bacio non era più semplicemente di ringraziamento. Percepivo il desiderio, l’eccitazione, la passione ed in casa non c’era nessuno.
Merda.
Si staccò per un attimo dalle mie labbra, fissandomi negli occhi.
I suoi erano particolarmente languidi e pieni di lussuria.
Mi sorrise con fare rassicurante, poi poggiò le sue mani sulle mie spalle, invitandomi a stendere.
In un attimo la mia schiena fu a contatto con il copriletto, mentre Massi era sopra di me, intendo a lasciarmi una scia di baci che andava dalle labbra alla clavicola, per poi continuare seguendo lo scollo a v della mia camicetta.
Merda.
Poco dopo tornò sulle mie labbra, per baciarmi, con una mano mi accarezzò la guancia con movimenti lenti e circolari, mentre l’altra era sul mio fianco, mentre cercava di farsi spazio tra la mia pelle e la stoffa.
Fremetti per quel contatto.
Ero pronta? Ero pronta a fare sesso con Massimiliano?
Sì, mi imposi di rispondere a quella tacita domanda che attanagliava la mia testa.
E allora perché continuavo a chiedermelo piuttosto che farlo? Perché avevo usato la parola sesso e non amore?
Dovevo trovare un modo per temporeggiare, altrimenti di quel passo avrei finito per bloccarlo.
Mi serviva solo un po’ di tempo per assimilare cosa stava succedendo.
Io volevo, ma…
Se davvero volevo non sarebbero dovuti esserci ma.
Maledissi all’istante quella stupida vocina che continuava a sottolineare ogni mio più piccolo passo falso.
“Forse potrei venire più spesso se questa è la ricompensa per aver buttato tutta quella carta straccia.”, sussurrai ansante sulle sue labbra, distraendolo per qualche secondo.
Mi resi conto, soltanto dopo ovviamente, che le mie parole non avevano fatto altro che aggravare la situazione.
Lui mi sorrise e tornò a baciarmi ancora con più foga, mente con una mano sbottonava l’ultimo bottone della mia camicia.
Doppio merda.
Poi si svolse tutto in un attimo.
Lui si scostò di qualche centimetro, inchiodando le mani sul letto per reggersi senza pesare su di me, e mi fissò dritto negli occhi.
Deglutì, il suo pomo d’Adamo andò su e poi giù, e aggrottò la fronte.
“Di quale carta straccia stai parlando?”, mi chiese con un filo di voce, quasi temesse la risposta.
Gli sorrisi, mentre con le dita gli tracciai i contorni delle labbra.
Certo, in quel modo non ero assolutamente d’aiuto.
“Quei fogli scarabocchiati che tenevi sulla scrivania.”, mormorai.
Massi scattò giù dal letto con un gesto repentino, avvicinandosi alla pila di fogli che avevo ordinato sul legno del tavolo.
Iniziò a sfogliarli con fare frenetico, isterico, arrabbiato.
“Dove cazzo sono?”, chiese più a lui che a me, mentre ancora continuava quella estenuante ricerca.
Non avevo combinato un casino, vero?
“Cosa stai cercando?”, gli chiesi mettendomi seduta sul letto.
“Dove li hai buttati i fogli che erano qui?”, tuonò adirato, fulminandomi con lo sguardo.
“Sono tutti lì.”, risposi scrollando le spalle.
“No, cazzo!”, sbottò lui portandosi le mani dietro la nuca, come esasperato.
“Gli scarabocchi, quelli che credevi fossero scarabocchi, dove sono?”, mi domandò allora.
Cazzo.
Mi mordicchiai il labbro, avendo intuito che forse non era carta straccia quella che avevo distrutto.
“Li ho passati nel trita carte.”, confessai in un sussurro abbassando la testa.
Lui sospirò, poi si passo una mano sul viso.
“Erano gli appunti delle ultime tre lezioni che avrei dovuto copiare oggi. Quelli che mi servivano per l’esame che ho tra dieci giorni.”, disse cercando di rimanere atono.
Mi alzai, avvicinandomi a lui.
“Mi dispiace.”, mormorai affranta cercando la sua mano.
“No, Giulia, non venirmi a dire che ti dispiace perché delle tue scuse non me ne faccio un cazzo!”, urlò alzando un braccio per respingere il contatto.
Spalancai gli occhi.
Certo, avevo sbagliato, ma erano solo appunti! Poteva chiedere a chiunque di prestarglieli e mancavano ancora dieci giorni!
“Io così non ce la faccio!”, gridò ancora, guardandomi in faccia. “Con te è come se tutto ti fosse dovuto, non riesci ad apprezzare tutti gli sforzi che le persone fanno per cercare anche solo di stare in sintonia con te! Sono sempre io a dover capire tutto, a dover essere comprensivo, a cercarti. Sempre e solo io, cazzo!”, continuò poi.
Indietreggiai, mentre torturavo le mani che sudavano freddo.
“Non ti sei neppure ricordata che ieri erano tre mesi che stiamo insieme!”, aggiunse.
Il cuore perse un battito quando sentii quelle parole: l’avevo completamente rimosso.
Provai a dire qualcosa, ma fui interrotta da lui.
“E no! Non venirmi a dire che eri qui proprio per questo perché, se c’è una cosa che ho capito di te in questi mesi, è che le balle le sai dire alla grande! Pensa che all’inizio ti credevo persino!”, disse ma questa volta il suo tono di voce era calato.
Sentivo gli occhi pizzicarmi, ma mi imposi di non piangere. Mi morsi con forza il labbro inferiore, come se quel piccolo dolore fosse stato capace di darmi la forza di cui necessitavo.
“Credo che dovremmo prenderci una pausa.”, dichiarò infine calmo, atono.
Non riuscii a replicare.
Ero stufa di prenderlo in giro, ma soprattutto ero stufa di prendere in giro me stessa.
Annuii, facendo un cenno con la spalla destra.
“Hai ragione.”, sussurrai.
Non era stato lui a ferirmi e neppure le sue parole, ma la verità che quelle implicavano.
“Ora è meglio che tu vada.”, mi suggerì abbassando la testa.
Indugiai ancora un po’, non sapendo esattamente cosa avrei dovuto dirgli, come avrei potuto rendere quel momento meno tragico e melodrammatico, ma poi i suoi occhi si incatenarono ai miei e fu in quel momento che capii che non avrei dovuto fare assolutamente nulla.
Quello era il momento buono, anche se suonava terribilmente male.
Dovevo solo lasciarlo andare via.
“Allora ciao.”, lo salutai con un filo di voce facendo rotta verso la porta.
“Ciao.”, mi parve di sentire quando già ero nel corridoio.
Recuperai veloce la borsa, poi mi diressi verso la cucina. Estrassi le chiavi, le rigirai per l’ultima volta tra le dita e quasi sentii scendere una lacrima sulla mia guancia, poi le posai sul tavolo ed uscii.
In pochi secondi mi ritrovai lungo la affollata strada. D’istinto presi il cellulare e composi un messaggio, inviandolo sia a Ludo che a Ross.
Volevo vederle in quel momento, avevo bisogno di sentire le loro voci, magari di ridere con loro.
Lo schermo del cellulare si accese, segnalando una chiamata che prontamente accettai.
“Ross!”, esclamai e la mia voce mi parve sin troppo esitante.
“Che succede Lia?”, mi chiese lei preoccupata dall’altro capo del telefono.
“Possiamo vederci? Avvisi tu Ludo?”, le chiesi con tono implorante.
“Veramente lei è già a casa mia.”, m’informò.
Non mi preoccupai del perché, in quel momento avevo altro a cui pensare.
“Allora vi raggiungo.”, dissi, ma la mia non era affatto una proposta.
“Forse sarebbe meglio se venissimo noi da te tra qualche…”, provò a dire, ma la interruppi.
“Niente scuse, tra cinque minuti sono lì.”, decretai chiudendo la chiamata per evitare che replicasse.
Neppure mezz’ora dopo ero davanti alla porta di casa sua, ad aspettare che mi aprisse.
La porta si spalancò, rivelando le figure di Rossella e Ludovica.
D’istinto mi gettai su di loro e le abbracciai.
Loro ricambiarono immediatamente quel gesto, accarezzandomi la schiena ed i capelli per infondermi tranquillità e affetto.
Affondai la testa tra i loro capelli e chiusi gli occhi che ormai mi pizzicavano, assaporando finalmente l’odore di casa.
“Ma che bel quadretto! Quasi potreste vincere un premio per la miglior scena melodrammatica dell’anno!”, commentò ironica una voce proveniente dal corridoio che collegava l’ingresso al salotto.
Mi staccai immediatamente delle mie amiche ed i miei occhi finirono per incontrare quelli di Harry che se ne stava tranquillamente appoggiato alla parete, con le braccia incrociate al petto ed un’aria di sfida.
Sbattei più volte le palpebre, quasi sperassi che potesse sparire con quel semplice gesto.
“Cosa ci fa lui qui?”, chiesi poi lanciando un’occhiata omicida a Rossella.
Lei abbassò la testa, senza rispondermi.
“Zayn voleva vederla e hanno pensato di incontrarsi qui, piuttosto che in giro. Non ti abbiamo chiamata perché non ci sembrava più giusto coinvolgerti in qualcosa che non volevi.”, mi spiegò al suo posto Ludovica.
Harry fece qualche passo in direzione nostra, avvicinandosi.
“Allora, cos’è successo al bel faccino e alla lingua tagliente?”, mi provocò con un sorrisetto beffardo incastonato tra due fossette.
Lo guardai, ma i miei occhi erano vuoti.
Non gli risposi neppure, probabilmente stava cercando solo di infierire contro di me, di arrecarmi altro dolore.
“È meglio che vada a casa mia.”, bofonchiai con la voce impastata.
A quelle parole Rossella alzò il viso, tornando a fissarmi.
“Aspetta, li mando via in un secondo.”, propose facendo per girarsi, ma la fermai per un braccio.
“Tranquilla, davvero. Ne parliamo domani, tanto adesso ho solo bisogno di una bella dormita.”, la rassicurai con un mezzo sorriso di circostanza.
Sentivo ancora lo sguardo del riccio addosso: che si stesse divertendo a vedermi in quello stato?
“Salutate gli altri da parte mia.”, dissi mentre posavo un bacio sulla guancia ad entrambe.
Loro annuirono, sventolando con agonia la mano a mezz’aria, poi andai via, diretta a casa mia, quella vera in tutti i sensi questa volta.

---

Angolo Autrice

Little Things!!<3
Sono senza parole, è qualcosa di disumanamente splendido quel viedo!*.*
Orami l'avrò già visto una ventina di volte!
Ed Harry... ma l'avete visto quant'è meraviglioso??*.*
Lo voglio, lo voglio, lo voglio!!!!xD
Davvero, il video di Little Thing è splendidissimamente splendido!!!*.*
*ok, la sottoscritta prende un profondo respiro e cerca di calmarsi*
E rieccoci ancora qui!:D
Allora, questo capitolo lo adoro: sia chiaro, non sono una di quelle a cui paice ciò che scrive,
semplicmente mi piace perché finalmente Massi e Giulia si lasciano!
Cioè, si lasciano! Bye-bye Massi! Welcome back home, Hazza!<3
Certo, nell'ultima parte il nostro riccio è ancora freddino nei confronti di Juls,
ma almeno non c'è più quella palla al piede di mezzo!ù.ù
A proposito, ci tenevo a sottolinerare la descrizione delle sensazioni della nostra protagonista
quando si aggira per la stanza di Massimiliano:
più avanti noterete quanto le cose siano diverse con altri!;)
Per non parlare poi di quella svampita che butta gli appunti del ragazzo, ormai ex-ragazzo.
Cioè, sta proprio con la testa tra le nuvole e questo può significare solo due cose:
prima di tutto, ha la testa altrove (a buon intenditor poche parole *.*),
in secondo luogo, non le deve poi importare più di tanto della vita di quel Massi!ù.ù
Go Harry, go!!*.*
Nel prossimo capitolo la sitaizione migliorerà, 
ma purtroppo ancora non è detta l'ultima parola!-.-
Ma perché questi due li ho fatti così complicati???-.-"
Passiamo alle cose serie:
A MASSIVE TAHNK YOU, GIRLS! YOU'RE ABSOLUETLY AMAZING!*.*
Ok, questo fa tanto 1D dopo un'esibizione!xD
Comunque, davvero, grazie mille a chi legge,
alle magnifiche 31 persone che hanno inserito la storia tra le preferite,
quelle 3 splendide che l'hanno inserita tra le seguite
e quelle meravigliose 34 che l'hanno inserita tra le seguite...
voi mi volete morta gi gioia!<3
Per non parlare poi di quelle supermegaiperfantasticissime persone che hanno lasciato una recensione...
grazie mille!*.*
Bene bene, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitoletto...;)
Io scappo a vedere un'altra volta quel fantastico video!*.*
A presto!:*

                                                                                                  Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 22
*** If we could only turn back time. ***


g

Every piece of your heart

If we could only turn back time.

Tirai un profondo sospiro di sollievo quando sentii la campanella suonare per l’ultima volta: il liceo era praticamente finito, anche se ufficialmente mancavano gli esami.
Quel giorno ci misi più tempo del solito a sistemare le mie cose prima di uscire fuori dall’aula.
Indugiavo su ogni più piccolo particolare.
Con un dito tracciai i contorni del mio banco, poi con cura e pazienza, ripassai tutte le scritte ed i disegni che con il tempo si erano accumulate sulla superficie di legno smaltata di verde.
“Ehi, bella addormentata, andiamo?”, mi chiese Rossella con la solita grazia di un elefante in un negozio di cristalli.
Lei, il tatto non sapeva neppure dove stesse di casa.
Feci roteare gli occhi, poi mi alzai e presi lo zaino, poggiandolo sul quel tavolino che all’improvviso mi parve troppo piccolo e basso.
Misi tutto dentro, ponendo particolar cura al diario, testimone di quell’anno.
Chiusi la cerniera ed infilai il braccio destro nella spalliera.
Lo zaino era talmente leggero che non avevo neppure bisogno di reggerlo su entrambe le spalle.
Sorrisi alle due mie amiche, poi insieme ci avviammo per quei corridoi.
Era strano vederli così deserti e silenziosi.
Non parlammo per tutto il tragitto che conduceva al cancello, come se quel silenzio servisse a ciascuna di noi per imprimere quegli attimi nella memoria, cosicché avessimo potuto ricordare quel momento in futuro. Ma quegli istanti erano di per sé dei ricordi.
Era come se dalle pareti bianche ma sporche prendessero forma volti, episodi, risate, suoni, colori che ci avevano tenuto compagnia per quei cinque lunghi anni.
Solo quando raggiungemmo il marciapiede riprendemmo a parlare.
“È finita.”, commentò con aria malinconica Ludovica.
“E lo dici così? Io farei i salti di gioia! Anzi no, ora li faccio!”, trillò Ross euforica mentre saltava come una matta attirando l’attenzione di studenti e passanti.
Scoppiai a ridere nel vederla così grande ma ancora così piccola.
“Smettila che ci guardano tutti!”, protestò Ludo cercando di trattenere una risata.
“Non m’importa! Forza, saltate anche voi!”, esclamò afferrandoci per mano.
Io non me lo feci ripetere due volte ed iniziai a saltare come lei, sbracciandomi e lanciando qualche piccolo urlo di felicità, Ludovica invece si limitò a far roteare le mani strette in pugni a mezz’aria.
“Volete smetterla voi tre? Ho capito che l’idea di non vedermi più tutti i giorni vi renda felici, ma andate a festeggiare da un’altra parte!”, ci rimproverò la voce che riconobbi subito essere quella dell’odioso professore di fisica.
Ci fermammo all’istante.
Era finita la scuola, no? E allora cosa diamine voleva?
“Ci scusi professore, ora andiamo.”, si scusò a nome anche nostro Ludovica, la più diligente e ligia al dovere del trio.
Certe volte la sua estrema educazione mi dava ai nervi.
Insomma, avevamo diciotto anni! Dovevano pur divertirci!
L’uomo fece una faccia scettica, poi ci oltrepassò senza aggiungere altro.
“Ecco, sempre figure di merda dobbiamo fare!”, si lamentò la bionda sbuffando.
“Ma goditi la vita!”, la canzonai sorridendole.
“Ecco, brava Giulia!”, concordò Ross guardandomi complice.
“Si, come no. Ora vogliamo andare?”, chiese Ludo, rivolta più alla rossa che a me.
La guardai confusa, squadrandola un po’ con aria inquisitoria.
“Andare dove?”, domandai tanto curiosa quanto indispettita che non ne sapessi nulla.
Vidi Rossella lanciare un’occhiataccia a Ludovica, la quale abbassò subito la testa.
Ross si mordicchiò il labbro, poi prese fiato.
“Dopo ieri sera non volevamo dirtelo, ma qualcuno non è per nulla d’aiuto.”, borbottò sottolineando quel qualcuno mentre guardava ancora torva la bionda.
Spalancai di poco la bocca, aspettando che continuasse.
“Io e Zayn abbiamo fatto sesso domenica, in hotel, in camera sua.”, confessò tutta d’un fiato.
Sgranai gli occhi e percepii la mia mascella toccare il cemento del marciapiede per quanto ora fosse spalancata la mia bocca.
Cosa?
“Sì, lo so che non approvi le storie di solo sesso, ma a me lui piace e poi prendo la pillola.”, continuò lei sulla difensiva.
Riuscii a sbattere le palpebre più volte, ma le parole mi morivano in gola.
La sorpresa era davvero troppa.
“E dai, chiudi quella bocca!”, mi rimproverò.
Ci misi qualche secondo prima di metabolizzare quelle parole e seguire il suo consiglio.
“E tu lo sapevi?”, chiesi allora all’indirizzo della bionda.
Lei annuii.
“Dopo la storia della settimana scorsa con Ha…”, si bloccò poi pronunciando quel nome.
Scosse lievemente il capo, come per rimproverarsi, poi riprese.
“Insomma, dopo abbiamo pensato di tenerti fuori da tutte le cose che riguardavano lui.”, mi spiegò tentennando.
“Cioè anche Rossella?”, domandai scettica, inarcando le sopracciglia.
“Lia, come faccio a raccontarti ciò che succede con Zayn se ogni volta che nominiamo anche solo per caso i One Direction la tua espressione cambia? Ecco, proprio come adesso!”, costatò lei scrollando le spalle, come se non avesse potuto fare altro.
Abbassai il capo.
“Almeno è bravo a letto?”, le domandai poi sorridendo e facendo ridere anche loro.
“Sì e anche molto!”, confermò con occhi sognati e maliziosi la rossa.
“Però ora lo chiamo e rimandiamo tutto.”, aggiunse subito dopo, tornando a fissarmi.
“Non ce n’è bisogno, davvero.”, mi affrettai a dire, impedendole di sfilare il cellulare dalla tasca dei jeans.
“Massimiliano si è fatto sentire?”, mi chiese allora Ludovica.
Quella mattina, alla prima ora, avevo raccontato ad entrambe per filo e per segno tutti gli avvenimenti del giorno prima.
Rossella era felice che ci fossimo lasciati, Ludovica continuava a ripetermi che si sarebbe fatto vivo di lì a poco.
Scossi il capo in risposta.
“La cosa strana è che non mi fa neppure male.”, confessai in un sussurro.
“Finalmente l’hai ammesso!”, squittì di gioia Rossella. “E poi a me quel tipo mi è sempre sembrato noioso ed antipatico!”, aggiunse poco dopo per avvalorare le sue parole.
Non sapeva quanto avesse ragione!
“Ross, dovresti dirle un’altra cosa.”, le ricordò Ludovica, lanciandole lievi gomitate sul braccio.
“Da quando mantieni tutti questi segreti?”, scherzai ironica, riferendomi al fatto che solitamente fosse lei la bocca larga del gruppo.
Non che spiattellasse le cose che non le confidavamo in giro, sia chiaro, ma non aveva mai esitato un solo attimo prima di metterci al corrente di tutte le notizie che le giungevano all’orecchio.
“No, credo di averti detto tutto.”, controbatté Ross, annuendo.
“Se non lo dici tu, lo dico io.”, la ricattò allora la bionda.
Lei sbuffò, lasciandosi cadere le braccia lungo i fianchi, per poi incrociarle sotto al petto.
“Sappi che io non volevo dirtelo, anche perché potrebbe soltanto essere fonte di false illusioni.”, mi ammonì prima di cominciare.
“Ieri sera, dopo che te ne sei andata, ho parlato con Zayn. Lui era davvero molto preoccupato per te, così mi ha chiesto che cosa avessi.”, si fermò un attimo, probabilmente intimidita dallo sguardo omicida che le avevo appena lanciato.
“Ehi, calma! Non gli ho detto nulla!”, si difese.
La guardai scettica, ma decisi di non indagare oltre.
“Comunque ci siamo ritrovati a parlare di… di tu sai chi.”, annunciò.
Arricciai la fronte.
“Stai forse parlando di Voldemort?”, scherzai allora. “Guarda che se dici il suo nome non casca mica il mondo!”, continuai sarcastica.
Quella volta fu lei a guadarmi scettica, ma non approfondimmo l’argomento.
Ludovica si lasciò scappare un leggero risolino, poi l’attenzione si spostò nuovamente su Rossella.
“Insomma, quello che in sostanza mi ha detto è che è stato Harry a convincere la casa discografica a girare il video a Roma.”, dichiarò pesando con particolare cura il tono di voce sull’unico nome che aveva menzionato.
“In realtà ha dovuto insistere parecchio, all’inizio non erano per nulla d’accordo. Cioè, girare un video qui costa il doppio, se non il triplo, di quanto costerebbe farlo a Londra.”, proseguì scendendo nei dettagli con una calma snervante.
Cosa stava cercando di dirmi con tutto quel fiume di parole?
“E allora perché ci teneva così tanto?”, domandai allora, interrompendola prima che potesse riprendere.
Fu Ludovica a prendere la parola, inserendosi nel discorso.
“Aveva bisogno di una scusa per passare del tempo a Roma.”, quasi sussurrò temendo chissà quale reazione.
Cosa significavano quelle parole? Perché Harry voleva passare del tempo a Roma?
“Bene, allora siamo tutti felici per lui.”, borbottai ironica, senza riuscire a porre la domanda che mi stava tartassando.
Ludovica scosse il capo, guardandomi fissa negli occhi, come per dirmi che ero fuori strada.
“È successo poco prima che ti chiamasse. Cioè, quando ti ha chiamata la seconda volta aveva appena saputo che sarebbero venuti qui a maggio per valutare concretamente la proposta. Poi hanno fatto coincidere altri impegni, come esibizioni ed interviste, in quei giorni.”, chiarì ancora la bionda.
Volevo solo dirti che il mese prossimo saremo a Roma per due giorni.
Le parole che Harry aveva usato mesi prima mi tornarono in mente, rimbombando nella mia testa tanto che ebbi l’impressione che sarebbe presto esplosa.
Il cuore batteva forte, il suo ritmo era accelerato ed irregolare e le mie mani non erano solo sudate, erano molto, molto di più. Bagnate, praticamente.
Perché il solo parlare di lui mi faceva questo dannatissimo effetto?
“Ma non è finita qui.”, sbottò poi Ludo interrompendo lo strano silenzio che era calato.
Rossella aveva sgranato gli occhi, per poi puntarli minacciosa in quelli della bionda.
“Che intendi dire?”, chiesi con un filo di voce.
“Ora basta, non intendeva dire nulla.”, borbottò la rossa.
Ma sbaglio o fino a qualche giorno fa era lei quella che mi spiattellava la mera verità in faccia?
E perché tutto d’un tratto si poneva tutti quei problemi?

“Mi spieghi perché stai facendo tutte queste storie?”, la accusai seccata da quel suo modo di fare.
“Lia, io solo la prima a volere che tu faccia chiarezza con te stessa, ma qui non si tratta solo di cacciare fuori quello che senti.”, mi spiegò con voce malinconica.
“E di cosa, allora?”, inveii con fare aggressivo contro di lei.
La vidi torturasi il labbro inferiore con i denti prima di rispondermi.
“Il punto è che ti ha già fatta soffrire abbastanza ed io non voglio che capiti un’altra volta.”, sbottò poi tutto d’un fiato.
“Lo so che tu non lo ammetterai mai, ma a te lui piace o perlomeno ti piaceva. Ma è e resterà uno stronzo ed io non voglio che tu ci stai ancora male.”, confessò in un sussurro.
“Ma deve sapere tutto.”, ricordò Ludo enfatizzando l’ultima parola.
“Così magari finisce per illudersi e farsi il doppio del male.”, replicò la rossa.
“Ok, ora basta.”, dissi interrompendo quella stupida discussione tra le due.
Mi sembrava di essere appena scesa dalle nuvole.
Tutto sembrava così surreale e distante.
“Allora?”, le incitai dopo.
Non mi importava di soffrire, non mi importava del futuro. Io volevo soltanto sapere e lo volevo ora, non domani o chissà quando.
“Abbiamo saputo che il mese scorso Harry è venuto a cercarti.”, disse Ludovica tutto d’un fiato.
Il mio cuore perse un battito. Ricordavo quel giorno come se fosse ieri.
Il 9 maggio.
Non lo avevo raccontato alle mie amiche, ero stata troppo codarda per farlo.
“Harry lo ha raccontato in tono confidenziale ai ragazzi un attimo prima di prendere l’aereo per Roma, qualche giorno fa.”, continuò poco dopo soffermandosi con calma su ogni singola parole, come per accertarsi che fosse quella giusta.
Rossella scrollò il capo.
“Diciamo che è stato obbligato dalle circostanze. C’erano troppe cose che non tornavano, strani comportamenti che non si spiegavano, continui cambi d’umore, ma soprattutto…”, si bloccò allora lei, titubante ed insicura.
Prese un altro lungo respiro, l’ennesimo, poi tornò con gli occhi nei miei.
“Soprattutto non voleva più che il video si girasse a Roma, ma ormai era già troppo tardi.”, concluse sempre Rossella.
Rimanemmo per qualche minuto in silenzio, senza riuscire a dire nulla.
Sentivo gli sguardi oppressivi e preoccupanti delle mie amiche osservare minuziosamente ogni centimetro della mia pelle, pronte a cogliere ogni più piccolo segnale.
Io avevo semplicemente lo sguardo puntato dritto in avanti, gli occhi si perdevano nel vuoto, non percepivo neppure lo sbattere delle palpebre.
Tenevo la bocca serrata ed i denti stretti. Una mano era aggrappata allo spallaccio destro dello zaino, l’altra invece scendeva tesa lungo un fianco.
Percepivo chiaramente ogni battito del cuore come se ognuno di essi fosse una bomba atomica scoppiata nella mia testa.
“Tutto qui?”, la mia voce era talmente bassa che temetti non mi avessero sentita.
Annuirono entrambe.
“Ci sarebbero altri dettagli, in sostanza questo è quanto.”, confermò Rossella.
“Altri dettagli quali?”, chiesi allora come rianimata dalla possibilità di scoprire ancora qualcosa su di lui.
Rossella scrollò le spalle, mandando giù della saliva forse per rinfrescare la gola che doveva essersi seccata.
“Coincidenze, o forse non coincidenze, che hanno notato Louis, Liam, Zayn e Niall.”, disse con voce più bassa del solito.
“Ross, non farti pregare e parla!”, le ordinai mossa da una nuova energia che neppure sapevo mi appartenesse.
Lei intuì e mi sembrò chiaramente intimorita dal cambiamento repentino del mio tono di voce.
“Harry, tra aprile e maggio, non ha avuto storie, nessuna, neanche solo per del sesso. Cioè, i ragazzi dicono che quel frangente vada da quando ha parlato con te l’ultima volta a quando poi ti ha vista con Massi.”, disse con voce rotta da tristezza ed indecisione, probabilmente dirmi tutte queste cose le stava costando più di quanto credessi.
Era come se entrambe stessero combattendo una guerra interiore tra quello che avrebbero voluto e dovuto dirmi e quello che io, invece, avrei voluto e dovuto sapere.
Harry, tra aprile e maggio, non ha avuto storie.
Il mio cervello aveva registrato quella frase e la ripeteva senza sosta, propagandola per tutta la testa ed il corpo, cosicché la sentissi pulsare in ogni fibra di esso.
“E poi quando è tornato in albergo, quella sera di maggio, si è ubriacato e ha dato di matto. Arrivato a Londra, ha scopato con una sua vecchia fiamma.”, aggiunse Ludovica.
All’improvviso sentii l’aria venirmi a mancare, era come se non riuscissi più a respirare, come se il mio cuore e i miei polmoni si fossero trasformati tutto d’un tratto in un unico blocco di pietra, o forse ghiaccio visto che in quel momento sarebbe bastato solo un suo sorriso per farmi sciogliere, esattamente come la neve al sole.
Per la prima volta pensai che forse anche io avevo le mie colpe in quella specie di storia non storia.
Sì, insomma, addossare tutti gli sbagli sui di lui era stata la scelta più comoda da fare, ma non veritiera e solo allora ne prendevo consapevolezza, ascoltando le parole, a metà tra il pettegolezzo e la segreta confidenza, delle mie amiche.
Era stata colpa mia, era sempre stata colpa mia.
O per meglio dire, era stata sempre e soltanto colpa di entrambi, ma io ero stata troppo cieca ed orgogliosa anche per prenderlo solo in considerazione, figuriamoci per capirlo.
Certo, lui non era stato per nulla d’aiuto ed il fatto che anche lui avesse sofferto non lo giustificava minimamente per tutte le cazzate che aveva fatto.
Forse, ma solo forse, ed il forse andava sottolineato ed evidenziato, non ci eravamo del tutto indifferenti, insomma, almeno non l’uno nei confronti dell’altra.
E ancora più forse del primo forse, mi sarebbe piaciuto poter tornare indietro per evitare tutti quegli stupidi errori.

Non ero innamorata di Harry, di questo ne ero sicura come poche altre cose nella vita.
Ma nonostante ciò, dovevo ammettere che mi sentivo stranamente attratta da lui e con stranamente intendevo qualcosa di largamente ricollegabile alla sfera amorosa.
Attrazione? Sì.
Fisica? Non solo.

Altra cosa di cui ero certa in quel momento era che avevo bisogno di tempo per pensare, per riflettere sulle piccole grandi rivelazioni.
Non riuscivo a capire se ne fossi felice, delusa o arrabbiata, forse un misto tra le tre.
“E tutte queste cose te le ha dette mentre ci facevi sesso?”, scherzai allora rivolgendomi a Rossella per sdrammatizzare la situazione.
Lei scoppiò in una fragorosa risata, seguita a ruota da me e Ludo.
“Se non ti abbiamo detto tutto e subito è solo perché non volevamo che tu soffrissi per un coglione come lui.”, quasi si giustificò Ludovica quando ci fummo tranquillizzate.
“Lo so.”, ammisi, forse più a me stessa che a loro.
“Ehi, ma Harry Styles non era quel gran pezzo di figo, tanto che persino una monaca di clausura sarebbe capace di ammettere che è da stupro?”, chiesi scettica citando l’appellativo con le quali loro erano solite chiamarlo.
Ludo e Ross fecero spallucce, sorridendomi.
“Sarà anche bello da far paura, ma se fa star male te allora è soltanto un coglione.”, spiegò allora Ross e detto da lei mi parve davvero una gran cosa.

---




Angolo Autrice
Buongiorno guys!:D
Ma l'avete vista la pubblicità delle Haribo?? Io ho subito pensato ad Hazza!xD
Ok, sono ufficialmente malata!!
Comunque, in questo capitolo si chiariscono davvero molti dettagli. :D
Insomma, ma quant'è dolce Harry che fa di tutto per tornare in Italia??*.*
Forse alla luce di queste "rivelazioni" il comportamento che lui ha assuto negli ultimi due capitoli
diventa quasi comprensibile.
Cioè, lui ha davvero fatto di tutto,
mentre lei non ha praticamente fatto nulla, anzi, ha solo peggiorato la situazione!-.-"
Ross e Zayn sono tornati a darsi da fare!;)
Ah, altra cosa importante...
Ho pensato molto bene al comportamento da far adottare a Ross.
Da una parte lei è sempre stata la più sfacciata, sfrontata,
senza peli sulla lingua, ma dall'altra...
Insomma, sono state lei e la sua passione a far incontrare Harry e Juls,
è stata lei ad assillare  Juls giorno e notte,
a farle imparare nomi e canzoni...
Diciamo che in parte si sente colpevole.
Per non parlare poi del fatto che lei l'ha sempre spinta ad ammettere
 i suoi sentimenti nei confronti del riccio...
Ora vorrebbe solo evitare che Juls ne soffra ancora.
E vabbè, anche questa è fatta...
Ma quanto siete meravigliose voi tutte che continuate a seguire la storia???*.*
Vi adoro tutte, davvero!<3
Grazie alle persone che hanno inserito la storia tra quelle preferite, seguite o ricordate!!:D
E grazie a quelle che, con tanta pazienza, lasciano dei commenti...
Grazie di cuore!:*
Certo, lo so, non faccio altro che ringraziarvi...
Ma non so come altro farvi capire che apprezzo troppissimo il vostro supporto!!*.*
Bene bene, fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!;)
Alla prossima!:*
                                                                  Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 23
*** It’s just something that you do. ***


j

Every piece of your heart

It’s just something that you do.

I dieci giorni successivi li avevo trascorsi rintanata in casa esattamente come un topo di biblioteca, intenta studiare e rivedere tutto il programma in vista dell’orale che avrei dovuto affrontare a fine mese.
Gli scritti erano andati bene, molto bene, soprattutto il tema di italiano.
Non potevo lamentarmi neppure della terza prova, avevo risposto a tutto, anche se su alcuni punti non ci avrei messo la mano sul fuoco.
Matematica, infine, era andata alla grande. Cioè, avevo dovuto lavorarci parecchio su, anche perché all’inizio sembrava tutto troppo complicato e lungo, ma alla fine avevo risolto tutti i quesiti ed ero persino riuscita a confrontarmi con Ludovica, poi avevo dovuto passare l’intero compito a Rossella.
Riguardo alle notizie che mi avevano riferito l’ultimo giorno di scuola, avevo deciso che la cosa giusta da fare sarebbe stata ignorarle, fingere di non sapere nulla ed avevo dunque agito di conseguenza.
Non m’interessavano i se ed i ma, erano i fatti a parlare, non le storielle che voci riferivano a quarti per conto di terzi.
Se veramente lui avesse voluto dirmi qualcosa, l’avrebbe dovuto fare di persona, fino ad allora tutte le strane coincidenze che le mie amiche avevano sottolineato non avevano alcuna importanza, o perlomeno non dovevano averla.
Rossella, invece, continuava a frequentare assiduamente Zayn ed era persino stata menzionata in diversi articoli come la fiamma, visti anche i suoi capelli, italiana dell’estate del ciuffo.
Ludovica, al contrario, aveva smesso di sentirsi anche con il tipo di medicina conosciuto tramite il padre, adducendo come scusa che quell’estete avrebbe voluto fare baldoria, senza preoccuparsi dei legami, cosa alquanto insolita vista la sua indole da stinco di santo.
La città, o almeno le ragazzine in calore, erano in totale subbuglio. Le riprese del video erano iniziate da due giorni e Roma era diventata lo scenario della partita di nascondino più grande alla quale avessi mai assistito.
Ogni giorno centinaia di fans, complice il fatto che la scuola fosse finita e che il sole splendesse alto regalando bellissime e calde giornate di inizio estate, correvano senza mai stancarsi per le strade dove si supponeva potessero trovare i One Direction, incrociando le dita.
Io non li avevo più visti, eccezion fatta per l’unica volta che avevo provato a recarmi senza preavviso a casa di Rossella.
Avevo suonato il campanello, sicura che appena la porta fosse stata aperta avrei visto la chioma rossa della mia amica, ma mi sbagliavo.
“Ah, sei tu.”, avevo borbottato imbarazzata quando l’immagine di Harry si rivelò davanti ai miei occhi.
Teneva un mano tra i capelli, ricci e scombinati come al suo solito, l’altra era appoggiata alla maniglia del portone.
I suoi occhi verdi erano fissi nei miei, si scrutavano, si cercavano, parlavano.
“Se cerchi Ella è in salotto.”, aveva dichiarato con un filo di voce.
Non era arrabbiato o nervoso come l’ultima volta che ci eravamo incontrati, ma non si poteva neppure dire che fosse felice di rivedermi.
“Ero passata per darle questi.”, avevo detto cacciando dalla borsa un plico di fotocopie che avrebbe dovuto studiare per l’esame orale.
Li porsi ad Harry, facendogli segno di prenderli, e lui li afferrò con fare titubante, incerto.
“Dai, entra.”, mi aveva poi invitata, facendosi di lato così che io potessi passargli accanto.
Accennò ad un lieve sorriso, senza alcuna traccia di irruenza, e sulla guancia sinistra si scavò una piccola fossetta. I suoi occhi verdi continuavano a penetrarmi, mandandomi il cervello in tilt, ma il mio sguardo cadde inevitabilmente sulle sue labbra, rosse e ben definite.
Sembravano morbide e delicate e per un attimo mi chiesi come sarebbe stato ribaciarle.
Scossi il capo.
Non mi andava di certo di trascorrere altro tempo con loro, con lui.
Quasi non riuscivo già più a reggere il suo sguardo incrociato al mio, figuriamoci cosa sarebbe successo se fossi entrata.
Era questo il problema. Con Harry un attimo prima l’avrei voluto ammazzare e quello dopo gli sarei voluta saltare addosso, esattamente come in quel momento.
Altro che monaca di clausura, gli avrei fatto vedere io di cosa ero capace!
Mi maledissi non appena mi resi conto del genere, poco casto ed appropriato alle circostanza, di pensieri che prendevano vita nella mia mente.
Diamine, Harry Styles era sexy, fottutamente sexy, ma ammetterlo non mi avrebbe di certo aiutata a fare la parte della scontrosa!
“Meglio che vada, ho altro da fare.”, bofonchiai cercando di mantenere un tono distaccato e pregai che le mia guance non si colorassero di un rosso scarlatto e alquanto scomodo.
Il riccio annuì, facendo una piccola smorfia con la bocca, quasi fosse… dispiaciuto?
“Bene, allora io…”, avevo iniziato a dire con tono più sicuro, recuperando in parte la lucidità.
Sapevo solo che dovevo andare via il prima possibile.
“Mi dispiace per l’altra volta.”, si era scusato tutto d’un soffio.
Rimasi immobile per qualche istante, il tempo che mi serviva per capire cosa avesse detto.
Le sue parole rimbombavano forti nella mia testa, procurandomi stani effetti al cuore.
Che fossero capriole? Salti mortali?
Mi obbligai a non esultare, a mantenere la calma, almeno apparentemente, poi dentro di me poteva scatenarsi anche l’inferno, o forse il paradiso, ma quello era un altro conto.
“Non ce n’è bisogno, hai solo detto quello che pensavi.”, avevo replicato facendo spallucce.
Lui scosse il capo, facendo smuovere quella informe chioma di ricci ed una ciocca gli cadde sulla fronte.
Certo, mi divertivo a fare la dura quando, invece, non ero per nulla arrabbiata con lui, quasi neppure risentita.
“Sai che non è cosi.”, aveva affermato lui con un filo di voce, tenendo gli occhi ben saldi nei miei.
Abbassai lo sguardo, colta da una improvvisa sensazione di imbarazzo.
“So soltanto che dici tante cose, ma poi i fatti dimostrano il contrario.”, avevo costatato io con aria affranta, riferendomi anche a quella discussione che avevamo avuto mesi prima in cui lui si era quasi confidato con me.
Chissà, magari anche in quel momento mi stava prendendo in giro.
Scrollò le spalle.
“Mi dispiace anche per quello.”, si era scusato ancora.
Il mio cuore perse un battito al suono di quelle parole, come ipnotizzato da esse, ammaliato da lui.
“Dà gli appunti a Rossella, ora devo davvero andare.”, gli avevo ordinato tornando a guardarlo in faccia.
Lui annuì e accennò ad un mezzo sorriso.
“Ciao Juls.”, mi salutò in un sussurro.

Massimiliano, invece, non l’avevo più sentito. In realtà lui aveva provato a chiamarmi una volta, ma io avevo rifiutato la chiamata. Ancora non ero pronta per affrontarlo, o forse semplicemente non volevo farlo.
Così, tra una cosa e l’altra, era arrivato anche il giorno dell’esame orale.
Il sorteggio volle che si iniziasse dalla lettere b, così Rossella, il cui cognome era Bonardi, se ne era liberata già dal primo giorno. A me, invece, che di cognome facevo Lamberti, era toccato il secondo, a Ludovica Martinucci il terzo.
Avevo chiesto ai miei di non venire, così nell’aula mi ritrovai sola davanti alla commissione.
Cioè, in effetti non ero proprio sola. C’erano Ross, Ludo ed altri miei compagni di classe che avevano deciso di rimanere per sostenermi.
Tremavo come una foglia su quella sediolina di legno, quasi mi mancava il respiro per quanto fossi agitata.
Le mani strusciavano con fare nervoso sulla stoffa dei jeans all’altezza delle cosce, mentre il piede sinistro tamburellava energicamente sul pavimento.
“Bene, signorina Lamberti. Inizi pure a parlarci della…”, suggerì il presidente di commissione, sfogliando la mia tesina tra le mani, ovviamente menzionando un argomento che non avevo inserito nel percorso.
Senza neppure rendermene conto mi ritrovai a cacciar fuori fiumi di parole, senza sosta, senza prendere neppure fiato di tanto in tanto. La gola mi si seccava, le mani gesticolavano, il cervello non riusciva a registrare ciò che dicessi.
Vedevo soltanto i visi dei professori annuire o sorridere ogni volta che terminavo un pensiero, facendomi capire che era esatto. Citavo personaggi famosi, frasi che erano rimaste alla storia, date, eventi, tutto.
Era come se mi liberassi di tutte quelle piccole cose che avevo imparato in quei cinque anni, come se avessi finalmente trovato un modo per renderle utili e mi piaceva quella sensazione.
Sembrava quasi di poter governare il mondo.
Parlavo, spiegavo, approfondivo, rispondevo alle mille domande e tutto mi sembrava così estremamente facile, quasi come se stessi andando in bicicletta dopo anni che non l’avevo più fatto.
“Va bene, per noi può bastare.”, mi bloccò il professore dopo un intervallo di tempo interminabile.
Solo quando oltrepassai per l’ultima volta il cancello della scuola controllai l’orologio.
Ero stata dentro per poco più di un’ora.
“Sei stata una bomba!”, commentò Ross porgendomi il cinque, di modo che glielo battessi.
“Davvero ti faccio i miei complimenti! Quasi mi hai spaventata quando hai iniziato con tutte quelle citazioni!”, aggiunse Ludovica abbracciandomi.
Sorrisi, ero soddisfatta e sollevata.
“Ehm.”, mugugnò Rossella per attirare la mia attenzione.
“Che c’è?”, le chiesi ancora con le labbra piegate in un raggiante sorriso.
Nulla in quel momento avrebbe potuto intristirmi o preoccuparmi, ero troppo felice.
“Credo che tu abbia un problema.”, borbottò indecisa.
Aggrottai la fronte e storsi il labbro, guardandola fissa negli occhi.
Lei con lo sguardo mi indicò la direzione da seguire e fu allora che lo vidi.
Il mio cuore si fermò per un secondo che mi parve durare secoli.
Era di fianco, appoggiato alla portiera della sua auto. Teneva le mani in tasca e le gambe incrociate.
Lo riconobbi immediatamente, nonostante avesse gli occhiali da sole ed uno stupido berrettino da baseball.
Era vestito in modo semplice, comune, quasi non volesse destare attenzione.
“Cosa ci fa lui qui?”, chiesi voltandomi verso le due ragazze.
Loro fecero spallucce e le loro espressioni sorprese e spiazzate mi fecero intuire che davvero non ne sapessero nulla.
“Prova a chiederlo a lui.”, mi suggerì allora Ludovica.
Tornai con lo sguardo sulla figura di Harry, notando che anche lui aveva girato il viso in mia direzione.
Per qualche istante rimanemmo entrambi fermi, immobili, poi lui fece un cenno con la mano a mo’di saluto.
Possibile che bastasse quel semplice gesto per farmi perdere le facoltà mentali?
Accennai ad un mezzo sorriso.
“Vado a parlarci.”, annunciai alle mie amiche, tenendo però ancora gli occhi fissi sul riccio.
No, no e ancora no!, suggeriva invece la mia testa.
“Buona fortuna!”, mi augurò Ludovica in un sussurro.
“Ti chiamo dopo!”, mi salutò invece Rossella.
Così, spinta da chissà cosa e chissà per quale motivo, mi ritrovai ad attraversare la strada fino a raggiungerlo.
“Ehi superstar, non hai paura di essere assalito da qualche fans?”, borbottai ironica per provocarlo.
Lui sorrise non appena pronunciai quelle parole, poi con un gesto fulmineo abbassò di poco gli occhiali di modo da poter puntare i suoi occhi verdi nei miei.
Ehi gambe, riuscivate a reggermi vero? E allora perché vi sentivo tremare?
Perché bastava qualche suo piccolo gesto per mandarmi a fuoco?

“Correrò il rischio.”, si fece scappare con un filo di voce. “E poi stare con te è una sicurezza: la tua faccia farebbe passare a chiunque la voglia di avvicinarmi, anche se si tratta pur sempre di me!”, scherzò poi con sarcasmo, lanciandomi una strana occhiata.
Rimasi un secondo incantata a guardarlo, mentre sentivo una strana sensazione allo stomaco.
Non stava ammiccando, vero? Vero? Ed io non stavo facendo la figura di una delle sue gallinelle in calore, vero? Vero?
“Abbassa la cresta, playboy.”, lo canzonai restando sul tono giocoso, accennando però ad un’espressione stizzita.
Le sue labbra si piegarono in un bellissimo sorriso incorniciato da due fossette.
Lo guardai scettica, non avendo capito molto della sua reazione, tanto che lui dovette spiegarmela.
“È il secondo complimento che mi fai in meno di cinque minuti! Prima superstar, ora playboy. Quale sarà il prossimo?”, mi chiese e questa volta fui certa che stesse davvero ammiccando in mia direzione.
Feci roteare gli occhi poi misi su un’espressione di sufficienza.
“Sfacciato presuntuoso va bene?”, gli domandai allora con un sorrisetto beffardo.
“Uffa, devi sempre rovinare i miei momenti di gloria!”, si lamentò lui sbuffando.
Non riuscii a trattenere una leggera risata.
C’era qualcosa nei suoi modi di fare, nel suo sguardo, nella sua voce, nel suo sorriso capace di estraniarmi completamente dalla realtà, di dimenticare tutto e tutti e concentrarmi solo su di lui.
“Comunque congratulazioni! O forse si dice auguri?”, esordì poi, mostrando chiara insicurezza sulle parole che avrebbe dovuto usare per quella circostanza.
“Ma se non sai neppure se sono andata bene!”, gli feci notare quasi rimproverandolo.
Lui fece spallucce, sorridendomi.
“Lo so invece. Se fosse andato male mi avresti già mandato al diavolo.”, dichiarò con un tono di voce decisamente più basso ed intenso.
Il mio cuore perse un battito, l’ennesimo probabilmente per causa sua.
Perché bastava che lui facesse anche la minima cosa per scatenare in me reazioni inconsulte?
“Ecco, almeno su questo ci hai preso.”, borbottai sarcastica.
Rimanemmo in silenzio per qualche secondo, come per studiarci, ma non c’era imbarazzo tra di noi.
Se solo fosse stato possibile, avrei voluto rimanere così per un tempo indeterminabile.
Mi sarei accontentata semplicemente di guardarlo all’infinito.
Stavo forse dando i numeri? Cosa diavolo andavo a pensare? Forse avrei dovuto far visita all’esorcista!
“Facciamo un giro?”, propose Harry interrompendo il silenzio.
“Per farmi scarrozzare in auto da te in mezzo al traffico? Grazie, ma no!”, rifiutai con aria da saputella acida.
“Intendevo una passeggiata.”, chiarì allora sfilando le mani dalle tasche, per poi scollarsi finalmente dalla portiera alla quale era rimasto appoggiato per tutto quel tempo.
Sgranai gli occhi, fissandolo bene.
“Sbaglio o eri tu quello con la fobia di fans e fotografi?”, gli ricordai scettica, provocandolo.
“Si, no, forse, in passato, ieri, domani, oggi…”, iniziò a farneticare scuotendo la testa seguendo il ritmo delle sue parole sconnesse.
“L’altro ieri e dopodomani.”, continuai al suo posto, prendendolo in giro.
Lui scrollò le spalle, avvicinandosi a me di qualche passo.
“Non m’interessa. Che mi vedano pure, che ci vedano pure.”, sussurrò sottolineando quel ci.
Quelle semplici parole giunsero come una soave melodia alle mie orecchie, non avrei voluto mai più sentire altro.
Sì, dovevo essermi fumata una canna. Non c’erano altre spiegazioni per il mio assurdo comportamento.
Recuperai la lucidità, ma soprattutto un briciolo di fermezza.
“A me si, non mi va di finire sulla lista delle tue conquiste.”, bofonchiai a denti stretti.
Il suo sorriso si allargò ancora di più, scavando quelle due fossette sulle guance così sexy e dolci allo stesso tempo.
“Smentirei tutto in tal caso, così non avresti di cosa preoccuparti.”, mormorò ancora.
“Non ci sarebbe nulla da smentire, comunque, visto che non succederebbe nulla!”, replicai soffermandomi bene su ogni singola parola, così che capisse bene il messaggio.
Ma perché diamine continuava ad avanzare? Voleva farmi perdere i sensi?
Bene, dovevo ricordarmi di non farmi più canne la mattina.
Ma io non mi facevo le canne!

Il mio cervello era andato in tilt, completamente. Quasi sentivo il respiro di Harry sulla mia pelle ed era una sensazione strana. Da un lato mi eccitava, diamine quanto mi eccitava, dall’altro mi torturava.
“E allora di cosa hai paura?”, soffiò quasi sulle mie labbra.
Mi soffermai qualche millesimo di secondo a guardarlo. Gli occhi verdi e chiari, trasparenti ma profondi, erano puntati nei miei. Sulla fronte aveva qualche riccio, mentre le sue labbra erano leggermente schiuse.
Ecco, pessimo errore quello di guardargli le labbra a ben oltre il limite imposto dalla distanza di sicurezza!
Detestavo l’ascendente che pareva avere sul mio corpo, sul mio cervello e sul mio cuore. Su tutto, insomma.
“Io non ho paura.”, sbottai in tutta risposta, ma solo dopo mi resi conto che quelle parole sembravano essere uscite direttamente da un film e probabilmente fu ciò che anche lui pensò, visto che scoppiò a ridere.
“E questa da dove l’hai cacciata fuori? Baci perugina o film strappalacrime?”, mi prese in giro ancora ridendo.
D’istinto gli feci il verso, ma peggiorai solo la situazione.
“Da che pulpito viene la predica!”, borbottai allora quando lui parve calmarsi.
“E con questo cosa vorresti dire? Guarda che le mie battute sono molto più originali ed ad effetto delle tue!”, controbatté con fare convinto.
“Il solo fatto che tu le abbia definite battute induce a pensare che siano programmate o studiate.”, gli feci notare con tono saccente.
“E va bene, saputella!”, si arrese lui con un sospiro. “Vogliamo aspettare che cali la notte prima di andare?”, mi chiese facendomi cenno con la mano di avviarmi.
“Fino a prova contraria non ho ancora accettato.”, sottolineai e senza rendermene neppure conto inizia a camminare.
Lui mi affiancò subito.
“Si, in effetti se tu non avessi accettato, ora non staremo qui a passeggiare.”, borbottò lui ironico, per poi sogghignare.
Sentii le guance andarmi a fuoco per l’imbarazzo, così di scatto abbassai la testa quasi per nascondermi.
Merda! E che figura di merda! Ci mancava solo quello ora!
“Potrei anche solo voler tornare a casa.”, provai a dire in mia difesa, guardandolo con poca convinzione.
“Bene, allora mi accontenterò di accompagnarti a casa.”, esclamò lui sorridendomi e, nonostante facesse già caldo, quelle parole mi scaldarono il cuore.

---




Angolo Autrice
Ri-salve guys!!
Sì, lo so, i miei aggiormamenti stanno diventando talmente frequanti da dare la nausea!xD
Beh, se vi può consolare, sappiate che ci avviciniamo sempre di più alla fine.
Perché lo dico??
Perché a me non è mai piacuto quando le storie finivano all'improvviso, senza preavviso.
Sembrava quasi che con loro se ne andasse un piccolo pezzattino di me.
Vabbè, ok, non mi prendete per pazza, ma è vero!
Insomma, quando comincio a familiarizzare con i personaggi, poi mi dispaice lascarli!xD
Ok, dopo aver appurato la mia insanità mentale, passiamo oltre!:D
Questo capitolo era previsto per domani,
ma mi sono rimboccata le maiche ed ho deciso di postarlo ora,
a causa dell'effetto che le vostre recensioni mi fanno...
Vi adoro!!!*.*
However, ho notato che questo pomeriggio sono affetta dall'english morbo...xD
Hazza torna all'attacco!!!:D
Che ve ne pare??? Quasi sembra di rivedere i Juls e Hazza dell'inizo!!!:)
Lei con la risposta pronta e lui con le battutine e i sorrisetti!:D
Però questa volta pere chiaro che c'è dell'altro, vero Juls???;)
Anyway, questo è solo un capitolo di passaggio.
In realtà è quello di domani, che posterò traqnuille, ad essere piùimportante per i fini della storia.
Shut up! *questa era la vocina nella mia testa*
Bene, now I have to go, o i miei amici mi ammazzeranno visto che ultimamente faccio sempre tardi!-.-
Ovviamente ringrazio chi leggere silenziosamente,
chi inserisce la storia tre preferite, ricordate o seguite
e ringrazio ancora di più quelle stupendissime personcine che mi riempiono il cuore di gioia con i loro commenti!:D
GRAZIE!*.*
Spero il capitolo vi piaccia e non abbia deluso nessuno...
In ogni caso, potete sempre farmi sapere: non sono affatto una tipa permalosa!:D
A domani! Buon sabato sera a tutte, carissime carotine!:*
                                                                                      Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 24
*** And I lost the moment again. ***


d

Every piece of your heart

A te.
Avevo le mani fredde, ieri sera, ma questa volta non c'eri tu a riscaldarle.
Ho cercato il tuo volto tra quello di decine di passanti, senza mai trovare i tuoi occhi.
Perché è così che sarebbe dovuta andare tra di noi,
una promessa troppo grande per poter essere mantenuta.


A
nd I lost the moment again.

“La smetti di cantare quella stupidissima canzone?”, lo rimproverai spegnendo la radio della sua auto.
Erano trascorsi due giorni dal mio esame, così anche luglio era arrivato.

Gli One Direction avevano ultimato il video, sarebbero partiti il giorno successivo ed io ed Harry, per quanto strano e snaturale potesse sembrare, passavamo ogni attimo che lui avesse libero insieme.
Certo, aveva dovuto rilasciare tante di quelle interviste ed incontrare tante di quelle fans che alla fine di tempo non ne era rimasto molto, ma comunque per me non sarebbe mai stato abbastanza.
Quella mattina avevamo deciso di fare un giro in macchina, senza una reale meta.
Il manager del loro gruppo li aveva avvertiti che sarebbe stato meglio non farsi vedere in giro, soprattutto aveva ricordato ad Harry di smetterla di farsi fotografare ogni volta con una ragazza diversa, così avevamo deciso di rinchiuderci nella sua Volvo, del resto ci accontentavamo di qualsiasi cosa pur di stare… insieme.
C’era però una cosa, davvero importante, che aveva stravolto la già anormale routine quotidiana: Ross e Zayn avevano deciso di frequentarsi più seriamente, mentre Ludo aveva preso a guardare con gli occhioni dolci da gatta morta il povero e piccolo Niall, ma ancora negava tutto.
“Ma questo devi assolutamente sentirlo, è il mio assolo!”, si lamentò lui guardandomi con sguardo supplichevole.
“Harry ne ho abbastanza di te che canti le tue canzoni!”, borbottai sbuffando, ma lui fece finta di non sentirmi.
“Katy Perry is on replay, she’s on replay. Dj got the floor to shake, the floor to shake. People going all the way, yeah all the way. I’m still wide awake.”, canticchiava scuotendo il capo a ritmo di quella che doveva essere la musica della canzone.
Aveva gli occhi leggermente socchiusi, mentre si lasciava andare a quegli attimi di puro relax.
Le mani erano entrambe ben salde sul volante, la sua espressione era rilassata e serena.
Era bello vederlo così.
“Cioè, ma siete così poco originali da mettere in mezzo altri cantanti e le parole che usano nelle loro canzoni?”, lo provocai con un sorrisetto beffardo.
“Tanto non ci casco nei tuoi tranelli! Sono troppo di buon umore persino per risponderti, invece che cantare! Piuttosto goditi il momento!”, dichiarò lui facendo spallucce, prima di riprendere ad intonare quello che dedussi essere il ritornello.
“I wanna stay up all night and jump around until we see the sun.”, cantò dandosi mille arie, smuovendo i ricci sulla sua testa.
Quasi capii perché le ragazze lo acclamassero tanto.
Insomma, era fottutamente sexy!
“Non mi metterò ad urlare come fanno le tue fans ai concerti.”, bofonchiai guardandolo con aria risoluta, tradendo i miei pensieri.
“Io non ti ho mica chiesto di farlo.”, mi fece notare fissandomi per un attimo negli occhi, prima di spostare la sua attenzione sulla strada.
“Dai Juls, canta anche tu!”, m’incitò lui prima di riprendere. “I wanna stay up all night and find a girl and tell her she’s the one.”, continuò lui, mentre io sbuffavo sonoramente.
“La smetti di interrompermi ogni volta?”, si lamentò allora con un bellissimo sorriso disegnato sulle labbra.
“Ma se sei tu che ti fermi!”, controbattei scattando come una molla.
“Ci credo! Tu prima mi prendi in giro e poi sbuffi!”, si difese allora lui con tono ovvio.
“E tu ignorami!”, gli suggerii incrociando le braccia al petto.
Sussurrò qualcosa muovendo impercettibilmente le labbra, parlando ovviamente più a se stesso che a me.
Paste care , mi parve capire. O forse era fosse facile?
Rimasi qualche secondo in silenzio, per analizzare entrambe le possibilità.
Anche perché se la risposta giusta alla mia domanda fosse stata la seconda mi sarei dovuta preparare a morire d’infarto, o forse asfissiata, nel giro di pochi minuti per l’emozione.
Scossi la testa, come per cacciar via da essa quei futili ed illogici pensieri.
“Uffa!”, sbottai allora. “È che questa scenetta mi sembra così patetica!”, commentai scrollando le spalle.
Lui si voltò per qualche secondo verso di me, fissandomi titubante e chiedendomi con gli occhi di continuare.
“Andiamo, tu che canti le tue canzoni in auto. Ci manca solo che le canti anche io, che svenga tra le tue braccia e che dopo inizi a baciarti le mani ed implorarti di farti una foto con me e di lasciare la tua firma su chissà solo quale parte del mio corpo!”, confessai tutta d’un fiato, farneticando.
Lui sogghignò.
“Se vuoi, io qualche idea su chissà solo quale parte del tuo corpo ce l’ho.”, disse con fare malizioso citando le mie parole.
Fui colta da una improvvisa vampata di calore e sentii le guance andare letteralmente a fuoco, ardevano per l’imbarazzo.
Pure il pervertito doveva fare!
“Sbaglio o sei arrossita?”, mi chiese poi con fare vittorioso sporgendosi in direzione delle mie guance.
Diamine quanto sapeva essere irritante!
“Sbagli e di grosso anche!”, controbattei inviperita.
Harry sogghignò ancora, poi tornò a dedicarsi esclusivamente alla strada davanti ai suoi occhi.
“I wanna stay up all night and find a girl and tell her she’s the one.”, riprese poco dopo, canticchiando la stessa strofa di poco prima.
“Harry, ma la vuoi piantare?”, cercai di stroncarlo per l’ennesima volta, senza ottenere risultati.
Un bambino, ecco cos’era! Sexy, fottutissimamente sexy, ma pur sempre un bambino!
“Non fin quando non canterai anche tu!”, mi ricattò sorridendomi sornione.
Appunto.
“Bene, allora continua pure.”, decretai, non volendo dargliela vinta.
Al diavolo quel bellissimo sorriso, quegli occhi verdi e profondi che in quel momento non potevo vedere, quelle fossette che gli si scavavano sulle guance e quei ricci ribelli.
Il problema era che tutto di lui mi attraeva. Persino quel piccolissimo tatuaggio a forma di lucchetto che teneva disegnato sul polso aveva un effetto malsano sul mio corpo.
“Hold on to the feeling and don’t let it go, ‘cause we got the flow now.”, riprese allora per poi fermarsi poco dopo.
“Ora me lo dai un bacino per poi svenire?”, mi chiese ammiccando nella mia direzione.
Gli lanciai un’occhiata truce non appena realizzai le sue parole e lui scoppiò a ridere.
“Scordatelo.”, sibilai con fare minaccioso, senza però ottenere la reazione desiderata, tanto che lui neppure fece finta di ascoltarmi e continuò a sogghignare allegramente.
“Dai, facciamo allora che mi lanci il reggiseno addosso!”, propose allora ancora ridendo.
Aveva ragione Rossella a dire che quel ragazzo era un pervertito!
“Secondo me sei ubriaco.”, ironizzai allora.
“Se canti con me giuro che la smetto!”, promise portandosi una mano al petto come per conferire solennità a quel giuramento.
Conoscevo le parole di quella canzone, a dir il vero conoscevo le parole di tutte le loro canzoni visto che le mie due migliori amiche non facevano altro che cantarle dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina, ma di certo non lo avrei ammesso davanti a lui.
“No e ancora no!”, sbraitai. “E poi non conosco neppure le parole!”, aggiunsi per sembrare più convincente.
“Sei noiosa almeno quanto mia nonna e ti assicuro che lei è davvero molto noiosa!”, commentò allora lui arricciando il naso esattamente come un bambino capriccioso.
“E va bene, hai vinto!”, mi arresi sospirando pesantemente.
Lui si voltò verso di me, per guardarmi, e mi sorrise, quasi gongolava dalla felicità.
“Davvero?”, mi chiese poi incredulo.
I suoi atteggiamenti erano decisamente molto infantili, ma mi piacevano.
“No.”, mi contraddissi allora.
Il sorriso ebete che fino a qualche secondo fa era disegnato sul suo viso sparì per lasciare spazio ad un’espressione imbronciata.
Era divertente, dopotutto.
“Sei perfida a prendermi in giro così!”, protestò corrucciato.
“E tu invece sei insopportabile quando fai così!”, controbattei facendo in modo di terminare la frase con la sua stessa parola.
Mi guardò per qualche istante, poi il suono di un clacson lo ridestò, costringendolo a riportare gli occhi sulla strada.
“Sta attento quando guidi!”, lo rimproverai presa da un leggero spavento.
Stava per voltarsi nuovamente verso di me, ma gli bloccai il viso con una mano, cosicché lo tenesse rivolto in avanti.
“E smettila di guardarmi in continuazione! Guarda la strada, piuttosto!”, aggiunsi sempre con aria canzonatoria.
Il tocco con la sua pelle mi fece quasi sussultare. Era morbida e liscia e mi costò molto più del previsto riuscire ad allontanare la mia mano dalla sua guancia, interrompendo quel lieve contatto.
“Ecco, lo dicevo io che sei più noiosa di mia nonna.”, borbottò lui, questa volta senza accennare a girarsi.
“Juls.”, mi chiamò poi dopo qualche secondo di silenzio.
Mi voltai verso di lui aspettando che continuasse.
“Ma se io faccio finta di voltarmi verso di te, tu mi tocchi un’altra volta?”, mi domandò allora con tono malizioso, ovviamente adducendo al doppio senso di quella frase.
Presi un respiro profondo cercando di rilassarmi per tre buoni motivi.
Innanzitutto dovevo dare una bella calmata ai miei ormoni, visto che iniziavano a farmi brutti scherzi. Poi dovevo assolutamente evitare che le guance mi si colorassero un’altra volta di rosso scarlatto o avrebbe ricominciato a prendermi in giro ed, infine, dovevo evitare di ammazzare il conducente, cioè lui, visto che ancora non avevo la patente.
“Harry sta zitto e guida.”, gli ordinai allora a denti stretti.
Lui sbuffò e fece roteare gli occhi, prima di farsi scappare un altro risolino.
“I wanna stay up all night and do it all with you.”, canticchiò ancora poco dopo.
“Up all night like this, all night.”, continuai allora senza neppure rendermene conto, quasi sovrappensiero.
Merda, pensai quando finalmente me ne resi conto.
Lui si voltò di scatto verso di me, aveva gli occhi verdi spalancati ed un sorrisetto beffardo sulle labbra, incorniciato da una sola piccola fossetta sulla guancia sinistra.
“Cosa hai detto?”, mi chiese con tono a metà tra meraviglia e stupore, mentre i suoi occhi si illuminavano di una strana luce.
“Niente.”, negai mettendo il broncio.
“Ripetilo, tanto ho sentito.”, disse lui come per convincermi.
“Se hai sentito cosa lo ripeto a fare?”, replicai allora perdendomi nelle sue due infinite pozze verdi.
Ehi, nel mio cervello c’era ancora qualcuno, vero?
“Allora non ho sentito.”, si affrettò a dire Harry, sorridendo ed annuendo con quel faccino che si ritrovava.
“Allora non ho detto niente.”, dichiarai con fare risoluto.
Lui sbuffò, voltando nuovamente la testa in direzione della strada.
Quasi iniziai a detestare il fatto che stesse guidando solo perché non mi permetteva di vederlo in faccia ogni singolo istante.
“Sapevo che alla fine anche tu avresti imparato le nostre canzoni e saresti diventata una nostra fan!”, esclamò entusiasta Harry.
Scossi il capo rassegnata alla sua infantile testardaggine. Sì, ma in fono era anche questo che mi piaceva di lui.
“Up all night like this, all night. Up all night like this, all night. Up all night like this, all night.”, intonò lui allora ed io non riuscii a trattenere un sorriso prendere forma sulle mie labbra.
“Ma ti si è incagliato il nastro?”, lo presi in giro, guadagnandomi un’occhiataccia.
“Ed eccoci di nuovo a casa.”, borbottò poi lui parcheggiando a qualche metro dal cancello di casa mia.
Slacciai la cintura, mentre lui spense il motore per poi fare lo stesso.
“Domani parto.”, sussurrò, ma questa volta nel suo tono di voce c’era qualcosa che se non era delusione, ci somigliava comunque parecchio.
“Lo so.”, mormorai io abbassando la testa.
Lui si avvicinò di poco, poi con l’indice della mano destra mi sollevò il mento.
Fremetti a quel contatto con la sua mano, poi i miei occhi incontrarono i suoi, verdi e stranamente ancora più limpidi e chiari del solito.
Lui si avvicinò ancora al mio viso, procedendo con calma, come se quello fosse il suo tacito modo di chiedermi il consenso.
Il mio respiro, il battito del mio cuore, tutto in quel momento era irregolare, persino la testa sembrava pulsarmi in un modo che neppure pensavo fosse possibile.
Per non parlare dello stomaco, poi, nel quale ebbi la sensazione si fosse appena scatenata la terza guerra mondiale.
Altro che graziose e leggere farfalle!
“Credo che tu debba smetterla di baciarmi il giorno prima della tua partenza.”, dissi con un filo di voce sulle sue labbra.
I nostri respiri si confondevano, il suo mi stuzzicava dolce la pelle, i nostri occhi si perdevano gli uni negli altri.
Era una sensazione unica, totalizzante. Mi sentivo completamente rapita da lui, tutta.
“Magari potrei tornare prima, molto prima del previsto.”, sussurrò lui dopo aver buttato giù della saliva.
“Dovrei crederti?”, gli chiesi ancora in un sussurro, ma nella mia voce era ben chiara tutta la straziante agonia di quel momento.
“Per una volta potresti provare a fidarti di me, Juls.”, rispose facendo aderire la sua fronte alla mia.
Persi il controllo di me stessa a causa di quelle fottutissime parole, o forse a causa di Harry. Ero come creta nelle sue mani, in quel momento avrebbe potuto fare di me qualsiasi cosa.
“Mi fiderò, Hazza.”, mormorai con il cuore che batteva a mille.
Lui piegò le labbra in un leggero sorriso, poi finalmente mi baciò e fu come tornare a respirare.
Mi sentii completa, come se avessi trovato l’altra perfetta metà che mi mancava, ed era una sensazione bellissima.
Era dolce, leggero, delicato, desiderato, come se entrambi avessimo aspettato tanto, troppo tempo.
Harry con la lingua mi chiese il permesso per approfondirlo ed io fui ben lieta di accordarglielo subito. Quando le nostre lingue entrarono in contatto ebbi la sensazione di poter svenire dall’emozione.
Anche il bacio si fece più passionale, meno casto, più travolgente, tanto che mi ritrovai con le braccia intorno al collo di Harry, per tenere il suo viso ben saldo al mio, e le mani affondate tra i suoi capelli.
Lui, invece, con una mano giocava con le punte dei miei capelli sulla schiena, mentre l’altra era ben ancorata al mio fianco, quasi avesse paura che scappassi via da lui.
Non sapeva quanto si sbagliava! In quel momento non sarei scappata per nulla al mondo!
Quando, ansanti e a corto di fiato, fummo costretti a staccarci, Harry fece aderire nuovamente la sua fronte alla mia, premendola con delicatezza come se sentisse il bisogno di stare a contatto con la mia pelle.
“Mi mancherai a Londra..”, sussurrò sulle mie labbra, con voce roca e profonda, guardandomi dritta negli occhi, tanto che non riuscii a dubitare neppure per un istante delle sue parole.
“Torna presto.”, la mia era quasi una supplica.
Non avrei sopportato a lungo l’idea di vederlo in giro per il mondo a darsi da fare con decine di altre ragazze.
“Promesso.”, disse con un filo di voce, accennando ad un sorriso.
Per un attimo feci calare il mio sguardo. Temevo con tutta me stessa che non avrebbe rispettato quel piccolo grande patto.
Lui probabilmente intuì le mie preoccupazioni, perché con l’indice mi fece alzare il mento, poi mi accarezzò la guancia.
“Tornerò, davvero. Tu piuttosto vedi di lasciare quel bamboccio del tuo ragazzo.”, ripeté lui, finendo poi per canzonarmi.
Sulle ultime parole si era decisamente incupito.
Ops, cioè… lui non sapeva che io e Massi ci eravamo lasciati!
“Veramente io…”, provai a dire, ma fui bloccata da lui ancor prima che potesse parlare.
“Non preoccuparti per ora, ne riparleremo con calma.”, mi zittì con un dito sulle labbra.
Rimasi immobile, incantata da quell’intimo gesto.
“Comunque ora devo andare, si è fatto tardi. E poi è appena arrivato il bamboccio davanti casa tua.”, aggiunse poco dopo, facendo aumentare le distanze tra i nostri volti.
Dovevo parlare, dovevo dirglielo.
“Harry, io…”, ricominciai, ma lui mi interruppe ancora.
“Tranquilla, Juls. Però, ecco…”, iniziò imbarazzato, abbassando gli occhi, per poi rialzarli nuovamente fino a farli incrociare con i miei.
Sembrava timido ed impacciato in quel momento.
“Ecco, ti sarei grato se evitassi di baciarlo, cioè almeno se hai intenzione di lasciarlo.”, sbottò tutto d’un fiato.
Io annuii, sorridendogli con una faccia da pesce lesso ed anche lui parve rilassarsi, fino a distendere le labbra in un sorriso appena accennato, ma comunque bellissimo.
“Bene, allora scappo.”, disse poi, avvicinandosi a me ancora una volta.
Mi posò un leggero bacio sulla guancia destra e quasi mi sentii mancare l’ossigeno.
“Ciao Hazza.”, lo salutai, poi scesi dalla macchina.
“Giulia!”, esclamò pochi secondi dopo Massimiliano, venendomi incontro.
“Mi stavo preoccupando, non mi rispondevi più a telefono!”, continuò raggiungendomi.
Accadde tutto in pochi secondi, tanto che all’inizio non riuscii neppure a realizzarlo.
Massi prese il mio volto tra le sue mani e lo avvicinò al suo, baciandomi con foga, mentre io rimanevo ferma ed inerme, con le braccia distese lungo i fianchi e gli occhi aperti per la sorpresa.
Solo quando sentii il rombo di un auto sfrecciare a tutto gas per poi sparire dietro l’angolo mi resi conto di quello che era appena successo.
Scansai Massi con uno strattone.
“Ma che cazzo fai?”, lo accusai mentre sentivo già le lacrime scendere a fiumi lungo il viso.
Lui provò ad avvicinarsi a me, ma con uno scatto del braccio glielo impedii.
“Non toccarmi! Non avvicinarti neppure!”, gli ordinai singhiozzando.
“Giù, ma cosa ti prende? Sei la mia ragazza!”, disse lui con voce chiaramente sconcertata.
“Ero! Ero la tua ragazza!”, urlai come una furia sottolineando il tempo al passato.
“Ma io…”, iniziò con tono di scuse.
“Tu niente!”, tuonai allora. “Massi, è finita, non ne voglio sapere più nulla!”, gridai con tutta l’aria che mi era rimasta nei polmoni.
Lui abbassò il capo, in una chiara espressione amareggiata.
“È per lui? Quello nella macchina?”, mi domandò a bassa voce, forse spaventato dalla consapevolezza che quella risposta gli avrebbe dato.
Fui solo capace di annuire, poi ancora piangendo corsi a casa.
Massi mi aveva baciata. Harry ci aveva visti.

---






Angolo Autrice
Buongiorno carotine! Ormai ci ho preso gusto a chiamarvi così!xD
Ok, tengo particolarmente alla prima parte del capitolo,
insomma, alla scena in auto per intenderci.
Diciamo che è piena di ricordi e promesse infrante, anche se qui l'atmosfera è del tutto diversa!
Ok, basta con il depression-time (?) e passiamo alle cose serie!xD
Juls e Hazza più complici che mai nella prima parte,
ma ovviamente non potevo far filare tutto liscio...
Allora, quante di voi vogliono unirsi alla missione speciale "mettiamo alrogo Massi"?xD
Vabbè, insomma... oggi sono di poche parole...
Ringrazio i lettori, chi segure, preferisce o ricorda!*.*
E ringrazio chi lascia recensioni, riscaldandomi il cuore con tutte quelle belle parole!<3
Credo di aver detto tutto... e credo anche che questo sia l'angolo autrice più corto di sempre, ma pazienza!ù.ù
Prossimo capitolo sabato!;) Non anticipo nulla!:P
Alla prossima!:*
                                                                                Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 25
*** Stop the tape and rewind. ***


k

Every piece of your heart

Stop the tape and rewind.

Avevo provato per tutta la settimana successiva a mettermi in contatto con Harry in qualsiasi modo, comprese telefonate, messaggi e Twitter, ma ovviamente non ci ero riuscita.
Era passata una settimana, un’intera settimana e di lui non avevo avuto più notizie.
Non mi ero neppure arrabbiata come avrei dovuto quando Rossella ebbe finalmente la decenza di informarmi riguardo alla meta del viaggio, soltanto il giorno prima di partire.
“Io non so davvero come dirtelo. All’inizio verso aprile sembrava la cosa giusta da fare, poi a maggio mi sono ricreduta e ho chiesto di cambiare meta, ma visto gli eventi delle ultime settimane l’ho fatta ricambiare con l’originale e quando ieri sono andata in agenzia per modificarla ancora mi hanno detto che era troppo tardi, quindi ora dobbiamo andarci.”, aveva detto tutto d’un fiato, quasi delirando.
“Ma andare dove?”, avevo chiesto io non avendo capito molto dal suo sproloquio.
“A Londra.”, aveva detto Ludovica con un filo di voce.
Io avevo sgranato gli occhi per fissarli prima sulla bionda e poi sulla rossa, aspettando spiegazioni.
“Non sembrava un’idea malvagia quando l’ho pensata!”, si era difesa alzando le mani. “E poi era per poter incontrare più facilmente i One Direction!”, aveva aggiunto facendo spallucce con finta aria ingenua.
“Ma quindi tu lo sapevi?”, avevo poi domandato a Ludovica, avendo notato che era stata lei e non Rossella a rispondere alla mia prima domanda.
Lei aveva annuito, abbassando il capo.
“Ross me l’ha detto quando ha cambiato destinazione la prima volta.”, aveva sussurrato.

Così quel giorno mi trovavo su un aereo di linea diretto a Londra, dove avrei trascorso i prossimi giorni in un albergo del centro a cinque stelle, per festeggiare la fine del liceo.
Inutile dire che speravo di utilizzare quella vacanza come un’occasione per incontrare Harry, quindi non feci obiezioni quando le mie due amiche pianificarono tutti i nostri impegni in base a quelli degli One Direction.
Ormai ero sicura che Ludo si fosse presa una cotta per Niall, ma lei, timida com’era, non voleva raccontarci nulla.
Rossella, invece, non faceva che ripetere quanto fosse appagante il sesso con Zayn e che non voleva assolutamente farne a meno, almeno fino a quando fosse stato possibile.
“Ecco, questo è il numero di Louis, me l’ha appena dato Zayn.”, m’informò Rossella, sventolandomi sotto il naso lo schermo del suo cellulare non appena mettemmo piede a terra.
“E cosa dovrei farci io?”, le chiesi mentre mi avviai alla zona destinata al recupero bagagli.
“Magari puoi farti dare l’indirizzo e andare a parlare con Harry!”, propose lei raggiungendomi, subito seguita anche da Ludo.
“Io e quello non abbiamo più nulla da dirci.”, replicai a denti stretti, mentre afferravo la mia valigia.
Attendemmo ancora qualche minuto che anche quelle di Ludo e Ross apparissero sul rullo, poi terminata l’operazione ci avviamo all’uscita dell’aeroporto.
“Ora sei addirittura passata a chiamarlo quello?”, mi fece notare con fare scettico Ludovica.
Rimuginai sulle sue parole per qualche secondo.
Forse sarei davvero potuta andare da lui e spiegargli tutta la situazione.
Il problema, tuttavia, era che io non gli dovevo assolutamente nulla, né tantomeno spiegazioni.
Lui avrebbe potuto tranquillamente dirmi che a lui non interessava nulla, perché non eravamo mica fidanzati ed io avrei fatto la figura della patetica illusa.
“Lo chiamo come mi pare.”, borbottai.
“Chiamalo, sta già squillando!”, continuò ignorandomi bellamente la bionda, mentre mi passava il cellulare.
Lo afferrai, senza tuttavia esserne convinta.
Magari con le giuste parole avrei potuto sondare il terreno e poi decidere cosa sarebbe stato giusto dire, nel peggiore dei casi avrei potuto addurre la scusa della visita di cortesia.
“Hello!”, mi salutò una voce dall’altro capo del telefono.
Con un lento movimento lo portai all’orecchio, presi una lunga boccata d’aria, poi mi decisi a rispondere.
“Ciao Louis, sono Giulia.”, dissi cercando di sembrare tranquilla, per mascherare tutte quelle smisurate sensazioni che mi stavano attraversando in quel momento.
E se non avesse voluto vedermi? Se stesse con un’altra?
“Ehi Lia! Siete già arrivate a Londra?”, mi chiese con voce allegra.
Lanciai una veloce occhiata omicida alle mie amiche: ma perché tralasciavano sempre qualche dettaglio?
Perché non mi avevano detto che avevano avvisato anche loro?

“Si, proprio in questo momento. Comunque volevo chiederti un favore.”, iniziai a dire per giungere al nocciolo della conversazione.
“Dimmi pure, carotina.”, m’incitò lui.
Ancora la fissa per le carote aveva?
“Volevo chiederti se Harry fosse a casa, è una settimana che provo a parlarci, ma lui mi evita.”, gli dissi mordicchiandomi il labbro.
Non sapevo cosa sperare che mi rispondesse.
Insomma, se era fuori poteva benissimo essere con un’altra, se era in casa, invece, significava che davvero non voleva vedermi visto che comunque continuava a non rispondere alle mie chiamate.
“Si, è in bagno in questo momento.”, rispose lui. “Vuoi che te lo vada a chiamare?”, mi domandò poi.
“No!”, mi affrettai a dire, sobbalzando. “Cioè no, mi attaccherebbe il telefono in faccia.”, ammisi.
Restammo in silenzio per qualche secondo, io ad assimilare quella triste verità e lui probabilmente a concedermi il tempo di cui necessitavo.
Le mie amiche, invece, tenevano lo sguardo fisso su di me, cercando di capire cosa mi stesse dicendo.
“Louis, chi è?”, sentii domandare da Harry che presumibilmente doveva averlo raggiunto in quella stanza.
“Mia sorella.”, mentì lui all’amico e gli fui davvero grata per quella piccola accortezza.
“Posso venire ora da voi?”, gli chiesi senza troppo peli sulla lingua.
Non appena pronunciai quelle parole vidi Ludovica e Rossella battersi energicamente il cinque, prima di sorridere entusiaste.
“Ma certo! La mamma ne sarà contentissima!”, acconsentii lui per rendere più credibile la conversazione con la sua presunta sorella.
“Mi dai l’indirizzo?”, gli domandai allora.
“Ma certo che puoi mandarmi i messaggi ogni volta che vuoi!”, esclamò lui, come se fosse un codice da decifrare.
“Stai cercando di dire che devo mandarti un messaggio o che tu mandi a me l’indirizzo tramite messaggio?”, gli chiesi conferma, non avendo ben afferrato il suo indizio.
“Secondo me la seconda, la prima è troppo piccola per il tuo seno!”, dichiarò lui allora.
Sgranai gli occhi e spalancai la bocca.
La perversione era di casa!
Scossi la testa, per riprendermi, non avevo tempo per soffermarmi su quelle futili riflessioni.
“Bene, allora muoviti a mandarmi l’indirizzo.”, sentenziai infine.
“Va bene, ciao sorellina! Ti voglio bene anche io!”, mi salutò prima di chiudere la chiamata.
Non ebbi neppure il tempo di restituire il cellulare alla mia amica che arrivò il messaggio con l’indirizzo.
Lo lessi e deglutii.
Coraggio! Coraggio, Giulia!

“Devo andare da Harry.”, sussurrai tutto d’un fiato.
Ross e Ludo annuirono.
“Questo è l’indirizzo dell’hotel, così saprai comunque dove andare. Alla valigia ci pensiamo noi.”, mi disse la bionda porgendomi un bigliettino da visita appena cacciato dalla borsa.
“Allora grazie, di tutto. Io vado.”, le salutai, poi corsi fuori alla ricerca di un taxi.
Ci misi circa tre quarti d’ora prima di giungere a destinazione e fortuna volle che non incontrai neppure traffico per le strade londinesi.
Ero talmente agitata che non mi soffermai neppure a guardare il paesaggio che scorreva veloce sotto i miei occhi, dall’altro lato del finestrino.
Le mani mi tremavano, sudavo freddo per l’ansia.
Quasi ero sussultata quando il tassista mi aveva avvisato di essere giunta a destinazione.
Pagai, poi scesi e mi ritrovai proprio davanti al numero civico che Louis mi aveva indicato.
Rimasi ferma lì davanti per qualche minuto, indecisa sul da farsi.
Tutto d’un colpo mi resi conto che non dovevo assolutamente essere lì in quel momento, che sembrava stessi per mettere su una di quelle scene disgustosamente romantiche di qualche commedia di secondo ordine.
Perché diavolo avevo ascoltato il consiglio di quelle due pazze che mi ritrovavo per amiche?
Perché tu ad Harry vuoi bene!
, mi rispose una vocina dentro la mia testa.
Era vero, io ci tenevo ad Harry, davvero tanto, ma non fino al punto di presentarmi a casa sua perché mi ignorava da appena una settimana e poco più.
Non ne avevo il diritto.
Tuttavia mi sentivo in colpa.
Diamine quanto mi sentivo in colpa!
Ci eravamo baciati, il che non equivaleva a dire nulla considerati i suoi standard, ma le parole che aveva detto appena dopo mi avevano lasciata basita.
Non preoccuparti per ora, ne riparleremo con calma.
Tranquilla, Juls. Però, ecco…
Ecco, ti sarei grato se evitassi di baciarlo, cioè almeno se hai intenzione di lasciarlo.

Come in un film nei momenti cruciali, rividi quelle scene nella mia mente, le sue parole rimbombavano forti e chiare.
Probabilmente furono quei ricordi la goccia che fecero traboccare il vaso.
Capii che non avrei voluto attendere neanche un istante in più, io avevo bisogni di chiarire con Harry, volevo che lui sapesse che non era stata mia intenzione, che non volevo prendermi gioco di lui con quel bacio, anche se per lui non era significato nulla.
Del resto, non potevo certo dire che fosse la stessa cosa per me.
Suonai il citofono, per farmi aprire il cancello e fu Louis a rispondere.
“Entra.”, mi disse non appena ebbe riconosciuto il mio viso attraverso la piccola telecamere istallata sull’aggeggio.
Non me lo feci ripetere due volte ed oltrepassai il cancello, giungendo al portone, dove lui mi attendeva insieme ad una ragazza.
“Ciao Lia!”, mi salutò con due baci sulle guance.
“Ciao Louis!”, ricambiai subito.
“Lei è la mia ragazza, Eleanor.”, disse indicandomi la mora alla quale cingeva la vita.
“Però parla solo inglese.”, aggiunse poco dopo.
“Nice to meet you.”, la salutai porgendole una mano.
“She’s Hazza’s girlfrie… Hazza’s italian friend.”, si corresse probabilmente intimorito dall’occhiata omicida che gli avevo lanciato al suono delle parole che aveva utilizzato per presentarmi.
La ragazza mi sorrise, lanciandomi un’occhiata d’intesa, chissà per cosa poi.
“Ok, noi usciamo. Harry è tutto tuo, è in salotto.”, mi comunicò Louis.
“Grazie.”, gli dissi soltanto prima che andasse via con la sua ragazza.
Oltrepassai l’ingresso e mi inoltrai in un largo e luminoso corridoio, sul cui lato sinistro c’era una libreria.
Era piena di cornici, alcune molto buffe, altre colorate, ed in ognuna c’era una foto che ritraeva i ragazzi in diversi momenti della loro carriera.
Una in particolare attirò la mia attenzione. Aveva una cornice di un rosa vivace ed energico, i cui contorni erano ondulati, modellati come le onde del mare. Riconobbi subito il faccino di Harry nel bambino della foto. Aveva i capelli corti, lisci e chiari, l’esatto contrario di come li aveva ora, ma gli occhi erano esattamente gli stessi, così come il sorriso e le fossette sulle guance.
Sorrideva all’obiettivo ed era davvero bellissimo.
Notai anche una serie di libri, gialli, thriller ed horror, ma non capii a chi appartenessero.
“Louis, sei ancora qui?”, chiese una voce che riconobbi subito.
Era Harry.
Non risposi, piuttosto mi feci guidare dalla traccia d’eco che aveva lasciato nella mia testa e forse, ma solo forse, anche nel mio cuore.
“Ciao Harry.”, gli dissi quando me lo ritrovai davanti sulla soglia di quello che doveva essere il salotto.
Lui si era alzato, forse per cercare il suo amico, ed ora era in piedi a qualche passo di distanza da me.
Arrossii violentemente quando realizzai che quell’unico indumento che aveva indosso erano dei boxer neri.
Ma questo proprio in mutande doveva girare per casa?
Spostai lo sguardo sul suo viso, solo su quello, cercando di rimanere concentrata e non pensare a quello che c’era sotto di esso.
Lui sbatté più volte le palpebre, come per avere la conferma che non fossi solo il frutto della sua immaginazione.
“Cosa ci fai tu qui?”, mi chiese poi con tono rude e secco.
“Ricambio la visita di cortesia.”, risposi facendo spallucce, dicendo la prima cosa che mi passò per il cervello.
Di certo non avrei mai ammesso che ero lì perché mi sentivo in colpa, in fottutissima colpa.
“E hai intenzione di restare lì impalata ancora per molto o vai via subito?”, continuò lui quasi attaccandomi, ma infondo quasi capivo la sua reazione.
Io al suo posto avrei fatto molto peggio.
“Devo dirti una cosa.”, sbottai allora con un sospiro.
“Non so se ti crederei.”, ammise lui tanto sincero quanto affranto.
“Almeno puoi provare ad ascoltarmi.”, proposi allora accennando ad un mezzo sorriso.
“Non so se ne ho voglia.”, borbottò in risposta a quella mia richiesta.
Spostai lo sguardo di lato, stando attenta a non farlo cadere neppure per una frazione di secondo sul suo corpo.
“Da quando sei così insicuro proprio tu?”, provai a dire cercando di sembrare scherzosa, ma il mio tono di voce si incrinò non appena tornai con gli occhi nei suoi.
Non rideva, non sorrideva o sogghignava neppure ed era strano vederlo così serio.
Lui non rispose, ovviamente.
Dovevo farmi coraggio e spiegargli bene le cose, non c’era altra soluzione.
“Io e Massi…”, iniziai ma fui interrotta da Harry.
“Ti ho detto che non so se ho voglia di sentirti.”, tuonò in un sussurro, stringendo la mano destra in un pugno.
Mi immobilizzai all’istante, rimanendo rigida e tesa davanti ai suoi occhi carichi di rabbia e rancore.
Da quando ero così codarda?
Harry era un amico, no? Più o meno sì e per gli amici si era disposti a tutto!
Volevo perderlo? No.
Volevo baciarlo? Si.
Bene, forse allora non era proprio un amico.

Tralasciai l’ultima riflessione, davvero poco opportuna in quel momento, per concentrarmi sulle altre.
Mi sentii come rinascere, mentre una nuova forza ardeva dentro di me.
“Ed io voglio che tu mi senta.”, replicai con tono più sicuro, alzando di poco la voce.
Lui sembrò scosso dal cambiamento repentino che aveva assunto non solo la mia voce, ma probabilmente anche la mia espressione.
Sentivo le fiamme ardermi negli occhi e le mani tremare.
“Io e Massi ci eravamo già lasciati quando mi hai baciata! Cioè, in teoria eravamo in pausa, in pratica era finita da un pezzo.”, gli dissi tutto d’un fiato.
Lui non proferì parola, rimase in silenzio, ad aspettare che continuassi.
“Quando mi ha baciata quella sera, l’ha fatto perché credeva di poter recuperare il rapporto con me e se io non l’ho respinto subito è soltanto perché mi aveva presa alla sprovvista. Non volevo venir meno alla parola che ti avevo dato. Ho provato a dirti che ci eravamo già lasciati, ma tu continuavi ad interrompermi dicendomi che ne avremmo parlato con calma, dopo e a me quella prospettiva del tempo futuro piaceva. Non volevo prenderti in giro e non volevo che tu assistessi a quella scena, ma è successo. Poi abbiamo chiarito e ti assicuro che ora anche lui ha capito che è inutile stare dietro ai miei cambi d’umore e alle mie sbadataggini perché…”, delirai senza sosta fino ad essere interrotta dall’indice destro di Harry che si posò sulle mie labbra, per farmi tacere.
Mentre io continuavo con quell’assurdo, imbarazzante e patetico sproloquio senza senso, lui si era avvicinato a me, restando solo a qualche spanna dal mio viso.
Avevo già detto che indossava solo i boxer?
“Shhh”, fece in un sussurro che al mio orecchio parve estremamente roco e sensuale.
“Facciamo che ricominciamo daccapo.”, mormorò lui a pochi centimetri dalle mie labbra, con gli occhi incatenati ai miei.
Con una lentezza estenuante ritrasse il dito, poi mi sorrise.
Pantaloni e maglia no, eh?
Sorrisi anche io, cercando di rimanere concentrata solo sul suo viso.
“Piacere, Giu…”, iniziai scherzando, ma lui mi bloccò un’altra volta.
“Io il tuo nome lo so già, ti chiami Giulia.”, terminò esattamente come aveva fatto la prima volta.
Sorrisi per quel piccolo ma significativo gesto: ricordava anche lui quel momento.
“Questa volta anche io conosco il tuo, Harold Edward Styles detto Harry.”, dissi guardandolo ancora negli occhi, mentre sentivo le labbra incurvarsi nel tipico sorriso da pesce lesso.
“Uffa, ma così cambia tutta la storia!”, si lamentò lui sbuffando come un bambino.
Feci roteare gli occhi e, disgraziatamente non proprio, caddero sul suo fisico.
Non era eccessivamente muscoloso, non come i palestrati delle spiagge americane dei film, ma nel giusto avrei detto. Era praticamente perfetto ai miei occhi. Le sue spalle erano piuttosto grandi, ma ben proporzionate al resto del corpo. I pettorali non erano particolarmente accentuati, ma si distinguevano perfettamente, mentre man mano che scendevo con gli occhi potevo notare i suoi addominali scolpiti in una leggera tartaruga.
Deglutii quando con lo sguardo partii dall’estremità dei suoi fianchi, seguendo la v ben scolpita sulla sua pelle, fino a giungere all’elastico dei boxer che erano troppo, davvero troppo calati.
Alzai di scatto gli occhi, trovando però i suoi che mi scrutavano per capire cosa stessi facendo.
Ecco, grande figura di merda!
Sentii immediatamente le guance andare a fuoco, imbarazzata com’ero.
“Va a metterti qualcosa addosso, Styles.”, gli suggerii con voce flebile allora, consapevole che ormai non avrei potuto ridicolizzarmi oltre.
Lui sogghignò.
“Tanto l’ho visto come mi guardavi e come sei arrossita! E poi non mi hai mai chiamato per cognome!”, borbottò lui, sorridendo sornione.
“Guarda che lo dicevo per te, potresti prenderti una broncopolmonite!”, provai a dire, ma lo feci solo ridere.
“A luglio?”, mi chiese con un’espressione scettica sul viso.
Sbuffai.
“Va a metterti qualcosa addosso e basta.”, gli ordinai ormai al limite.
Era davvero difficile far finta di nulla con tutto quel ben di dio sotto gli occhi!
“Va bene, va bene!”, acconsentì lui ridendo ancora sotto i baffi mentre si allontanava ed io ne approfittai per squadralo bene anche dietro.
Si, era proprio un gran bel pezzo di figo!

---





Angolo Autrice
Ed eccomi qui!:)
Appena tornata a casa sono stata accolta da una meravigliosa sorpresa:
ben 14 recensioni!!*.*
Ma dico, 14!!!!*.*
Grazie mille, di cuore!!<3 Vi adoro tutte, carotine!!!:3
Questo nuovo capitolo è tutto per voi
e per una volta c'è qualcosa che va per il verso giusto!:D
Juls ha finalmente messo le cose in chiaro, più o meno!
Ma, soprattutto, si è data una mossa!!:D
Ed Hazza... vabbè, rimane sempre Hazza!<3
Comunque, non mi dilungo che domani ci risentiamo con il prossimo chap!;)
Ancora grazie a tutti i lettori,
coloro che inseriscono la storia tra seguiti, preferiti o ricordati
e grazie a quelle spelndide personcine che hanno commentato!!*.*
A MASSIVE THANK YOU!!!<3
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!:D
Alla prossima!:*
                                                                            Astrea_


Ritorna all'indice


Capitolo 26
*** I’ll take you to another world. ***


G

Every piece of your heart

I’ll take you to another world.

Il giorno successivo mi svegliai di buon umore, nonostante l’irritante suono della sveglia a cui non feci minimamente caso.
Avevamo programmato la giornata con cura la sera precedente, ovviamente dopo che avessi raccontato alle mie amiche nei minimi dettagli tutto quello che era successo con Harry, compresi i particolari sul suo corpo che furono, in realtà, l’argomento principale della conversazione.
Non ci eravamo baciati, avevamo trascorso tutto il pomeriggio, dopo che si fosse vestito, a conoscerci meglio. Avevamo parlato delle nostre famiglie, della scuola, di ciò che ci piaceva fare o mangiare ed avevo scoperto tante cose sul suo conto.
Praticamente eravamo due opposti su tutti i fronti. Qualsiasi cosa piacesse a me finiva per non piacere a lui, fatta eccezione per le haribo. Sì, quelle caramelle gommose erano l’unica cosa che ci accumunava.
“Certo che è proprio figo il tuo ragazzo!”, aveva commentato con aria stralunata Ross non appena ebbi terminato di riassumerle la conversazione che avevamo avuto io e il riccio.
“Non è il mio ragazzo!”, l’avevo rimproverata io, mettendo su un’espressione schifata ed assolutamente falsa.
Ludovica e Rossella mi avevano lanciato uno sguardo di chi la sapesse lunga ed io avevo sonoramente sospirato.
“Ti piace, altrimenti non saresti subito corsa da lui a spiegargli come stavano i fatti.”, aveva chiarito Ludo con calma, come se la cosa fosse ovvia persino ad un cieco.
“No.”, avevo negato. “Non mi piace, ma stranamente ci tengo a lui.”, avevo ribattuto, non convincendole per nulla.
“Senti Lia, ormai abbiamo appurato che tu sei tarda a capire le cose! Prendi la storia di Massimiliano, ad esempio!”, aveva detto Ross, prendendomi sotto braccio con fare da vecchia zitella che spettegola.
Io l’avevo guardata titubate, poi lei aveva continuato ad esporre la sua tesi.
“Te l’abbiamo detto mesi prima che non ti piaceva e tu non ci hai creduto fino a quando non ci hai sbattuto la faccia contro!”, aveva sbottato tutto d’un fiato.
“Ed ora cosa dice la tua sfera di cristallo?”, l’avevo presa in giro.
Lei aveva fatto spallucce, come se la risposta a quella domanda fosse stata la più semplice del mondo.
“Che ti stai innamorando.”, soffiò con un filo di voce.

Ovviamente non le avevo dato assolutamente ragione, anche perché non l’aveva, ma la possibilità che Harry mi piacesse veramente iniziava a far breccia nella mia mente.
Quando finalmente fummo pronte, erano già le nove.
Decidemmo di non scendere a fare colazione, per dedicarci direttamente alla città, magari avremmo potuto prendere del caffè al primo Starbucks che ci fosse capitato a portata di mano, o per meglio dire di gamba, visto che per quella mattina era prevista una lunga passeggiata.
Harry mi aveva detto che avrebbe dovuto lavorare tutta la giornata, impegnato com’era con gli ultimi perfezionamenti al nuovo disco, poi si aggiungeva un’intervista radio nel pomeriggio.
Mi aveva anche chiesto di andare con lui, ma avevo rifiutato.
Insomma, mi sembrava una cosa quasi formale portarmi con lui e poi volevo vedere Londra, ma soprattutto non volevo abbandonare le mie amiche.
“Però io voglio sentirla, l’intervista!”, riprese Ross mentre attraversavamo la strada che ci avrebbe portate da Trafalgar Square, dove eravamo appena state, al Big Ben, poi avremmo attraversato il fiume passando per Westminister Bridge e infine avremmo fatto un giro sul London Eye.
“Ma dai, è inutile! Saranno solo costretti a dire un mucchio di scemenze!”, mi ribellai, mentre mi godevo il panorama intorno a me, sorseggiando il caffè che avevo da poco preso.
Quella città era davvero meravigliosa.
“Secondo me dici così solo perché hai paura di sentire cosa dice Harry nel caso in cui…”, iniziò a dire Ludo, ma io la bloccai prima che potesse terminare di dire quell’idiozia.
“Non è assolutamente vero!”, dichiarai, totalmente presa dai mille palazzi, dalle vetrine, dal cielo stranamente azzurro e dai pullman rossi che percorrevano la strada.
“Dimostracelo.”, mi provocò Ross con aria di sfida, ma non me ne curai affatto, affascinata da quelle mille bellezze.
Annuii soltanto, dandogliela vinta senza neppure replicare.
Passammo tutta la mattinata in giro, a fare foto ed ad accumulare figure di merda.
Rossella aveva provato per ben tre quarti d’ora a far ridere la guardia davanti al Buckingham Palace, senza alcun risultato ed alla fine era stata pregata, o per meglio dire obbligata, ad allontanarsi, per non arrecare ulteriore disturbo al personale in servizio da un uomo pelato con giacca e cravatta.
Io e Ludo avevamo riso per tutto il tempo quando lei si era resa conto che quello non le stava chiedendo di farsi fare una foto con la guardia, ma di andare via.
Lei ci era rimasta di sasso, poi si era scusata ed era corsa da noi.
Aveva borbottato per un po’, mentre noi la deridevamo, poi aveva incontrato un ragazzo con i capelli e gli occhi chiari, uno dal tipico aspetto inglese, con il quale aveva iniziato a filtrare ed era tornata a sorridere come prima.
A pranzo ci eravamo fermate in un piccolo locale, dove avevamo potuto assaggiare i cosiddetti fish and chips, che decisamente non rientravano tra i cibi che io avrei definito commestibili, ma non avrei potuto non mangiarli proprio a Londra. Infondo, ma molto infondo, non mi erano poi sembrati così male, ma forse era la fame a farmi dare giudizi tanto poco accurati.
Alle quattro, esauste, eravamo tornate in albergo, anche in vista dell’intervista radiofonica che ci sarebbe stata alle quattro e mezzo.
Non appena misi piede in stanza, mi spogliai e andai a farmi una doccia.
Quando riuscii dal bagno, con indosso un semplice pantaloncino ed una canotta ed i capelli bagnati legati in una coda, la radio era già sintonizzata sulla frequenza che dedussi essere quella dove di lì a poco avrebbero parlato i One Direction.
Ross e Ludo erano stese sui letti, con le teste rivolte in direzione di quella piccola scatolina che emetteva suoni. Le loro espressioni erano concentrate e le orecchie tese all’ascolto.
Mi sdraiai accanto a Ludo, rimanendo in religioso silenzio mentre le note di una canzone a me sconosciuta si propagavano per la stanza.
“Ora inizia!”, trillò elettrizzata Ross, controllando l’orario sul display del cellulare.
“Ross, calma! Non è poi così importante!”, dissi per smorzare il suo eccessivo entusiasmo.
“Non fare la guastafeste e sta zitta che sta per iniziare!”, mi rimproverò lei senza neppure guardarmi, concentrando tutte le sue attenzioni sulla radio sotto i suoi occhi.
Non risposi neppure, consapevole che non sarei riuscita a farla ragionare tanto facilmente e la situazione sarebbe degenerata se lei avesse perso anche un solo secondo dell’intervista.
Il programma era ovviamente in inglese, quindi non fu semplice seguirlo dall’inizio alla fine.
“Salve cari ascoltatori! Oggi qui con noi ci sono i One Direction!”, annunciò una voce femminile.
Solo al sentire quel nome Rossella scattò seduta sul letto, come se quella posizione l’avesse aiutata a capire meglio tutte le parole.
“Allora, sappiamo che a fine estate uscirà il nuovo album. Cosa ci dite al riguardo?”, chiese sempre la stessa voce che dedussi essere quella della conduttrice.
Fu Liam a rispondere a quella prima domanda, lo capii dal tono di voce.
“È diverso dagli altri, è più sentito, più nostro. Siamo cresciuti tanto in questi anni, siamo maturati e stiamo cercando di dimostrarlo anche attraverso le nostre canzoni. Molti dei testi delle canzoni del nuovo album sono stati scritti interamente da noi, in momenti particolari delle nostre vite. Speriamo solo di riuscire a trasmettere le stesse emozioni che abbiamo provato noi producendolo.”, concluse.
Rimasi sorpresa da quelle parole. Avevo sempre pensato a loro come una banda di mocciosi ed in quello momento, invece, mi accorgevo che in realtà erano semplici ragazzi che stavano crescendo sotto i riflettori che mezzo mondo gli aveva puntato addosso.
“Quando ci sarà il prossimo tour?”, domandò ancora la donna.
Questa volta fu Zayn a prendere la parola.
“Per il momento non è in programma, almeno non per l’immediato, anche perché siamo da poco tornati dall’ultimo. Abbiamo confermato la partecipazione a molte serate per i prossimi tre mesi, poi se tutto procede secondo i piani, il prossimo inverno potremmo essere impegnati in un tour mondiale.”, spiegò il ciuffo.
Anche la sua voce mi parve più riflessiva del solito, più seria, matura e meno giocherellona.
Sì, erano soltanto dei ragazzi, ma in quel momento mi sembravano uomini.
“Speriamo di rivedervi presto sul palco, allora!”, scherzò l’intervistatrice, per poi proseguire con altre domande riguardanti la loro carriera artistica.
“Non vorrei essere indiscreta, ma in questo momento ci stanno arrivando in redazione numerose domande dai fans riguardo alla vostra vita sentimentale. Posso leggerne qualcuna?”, propose quasi in tono giocoso dopo che ebbe terminato con quella sottospecie di interrogatorio durato ben oltre una quindicina di minuti.
“Perché no!”, sentii parlottare ma non capii bene da chi provenisse, forse era soltanto un insieme dei loro assensi.
“Allora, la prima domanda è per il nostro Niall. Ci chiedono chi è quella biondina con la quale sei stato avvistato a Roma. Non sarà la tua ragazza?”, lo provocò la donna.
Si levò una risata collettiva prima che il biondino potesse rispondere.
Spostai lo sguardo su Ludovica: aveva le guance rosse per l’imbarazzo e si sventolava una mano davanti al viso come per farsi aria.
Sorrisi, poi le tirai un leggero buffo.
“Hai capito tu e Niall?!”, la presi in giro e lei mi sembrò voler sprofondare con la testa nel cuscino che teneva tra le braccia.
“Shhhhh! Fa sentire cosa risponde!”, si lamentò Rossella.
“Si tratta di un’amica alla quale sono davvero molto legato.”, disse soltanto ed il suo tono di voce era chiaramente imbarazzato.
“Solo un’amica?”, replicò la donna quasi delusa.
“No.”, sentii dire da quello che mi parve Louis.
“Si.”, controbatté Niall.
“No.”, fu ancora la volta di Louis, subito seguita da una serie di risate.
“Va bene ragazzi, passiamo alla prossima domanda!”, li interruppe quella voce femminile. “Liam, cosa ci dici riguardo alla tua storia con Danielle? È vero che tira aria di crisi?”, domandò.
“Assolutamente no, anzi. Siamo felicissimi ed innamoratissimi, anche se non riesco a capire perché la gente continui a mettere in giro falsi pettegolezzi sul nostro conto. Lavoriamo entrambi, è normale che non possiamo trascorrere ogni istante delle nostre vite insieme, ma io mi fido di lei e lei di me.”, spiegò lui, subito seguito da uno strano sottofondo di cori che lo prendevano in giro.
“Il nostro Liam è un vero romanticone!”, commentò Harry con voce spensierata e allegra.
Era la seconda volta che parlava da quando era iniziato il programma, la prima aveva risposto ad una domanda sui progetti futuri del gruppo.
“Questa domanda, invece, è per Louis. Le tue fans ti chiedono se Eleanor mangia carote, perché in tal caso molte di loro sarebbero disposte a buttarne giù a quintali per te!”, esclamò divertita l’intervistatrice.
Anche Louis rise mentre rispondeva a quell’assurda domanda.
“No, anzi, le detesta!”, riuscì solo a dire, prima di ripartire con un’altra risata.
“Insomma care fans, fatevi avanti!”, disse la donna rivolgendosi alle ascoltatrici.
“Certo, fatevi avanti e la sua ragazza sarà ben lieta di spezzarvi le gambe!”, borbottò ironico Zayn, facendo ridere tutti.
“Ecco Zayn, la prossima domanda è proprio per te. Qual è il tuo metodo per sedurre una ragazza?”, chiese sempre la solita voce femminile.
“Non ci sono metodi, succede e basta.”, rispose lui risoluto, subito acclamato dagli amici.
“Ha ragione, però.”, sbottò Rossella in un sussurro.
“È vero che hai ripreso i contatti con la tua ex Perrie Edwards?”
Rossella si fece più vicina alla radio.
“No, sono solo voci che girano.”, negò in maniera molto semplice e chiara che mi fece quasi dubitare.
Feci finta di nulla, non volendo far ripercuotere i miei dubbi sulla mia amica, ancora intenta a cercare di capire cosa avesse detto il ragazzo con il quale faceva sesso.
“Harry, è il tuo turno.”, lo informò la donna che li stava intervistando. “Pare che anche tu abbia trovato qualcuno in Italia.”, ammiccò quella.
Avvampai.
“Sì, in effetti ho trovato un cane e due gatti.”, scherzò lui, ma nella sua voce mi sembrò esserci della leggera tensione.
Scoppiarono tutti in una risata alla sua battuta, comprese Ludo e Ross, io invece rimanevo in bilico sul filo di un rasoio, in attesa che rispondesse a quella domanda.
“Andiamo, Harry. Ti dice nulla la moretta che è stata fotografata ieri davanti casa tua?”, domandò la donna.
Merda. Ma come facevano a sapere sempre tutto?
Si sentiva qualcuno sogghignare, le mie amiche tenevano lo sguardo fisso su di me, io invece pendevo dal suono di quella voce alla radio.
“Eleanor, la fidanzata di Louis?”, provò allora a dire Harry rimanendo sul vago.
“Hazza, non tirare in mezzo la mia ragazza per coprire Ju..”, le parole gli morirono in gola quando si accorse di quello che aveva appena rivelato.
“Dunque il suo nome inizia per  J?”, domandò la presentatrice sulla scia di quell’idiota.
Nello studio calò il silenzio per qualche secondo, gli stessi che io trascorsi in completa apnea, aspettando che il riccio riprendesse.
“Che ne dite di cambiare argomento?”, propose allora Harry.
“Ma come? Sul più bello?”, protestò la donna.
“Al massimo il più bello sono io!”, s’intromise Louis, forse per far distogliere l’attenzione dall’amico.
“Certo, l’importante è che almeno tu ci creda!”, continuò Liam come per dar vita ad una sorta di gioco che avrebbe portato la conversazione lontana da quell’argomento.
Non aveva risposto.
Non sapevo se esserne felice o meno.
Continuarono a scherzare ancora per qualche secondo, prima di essere interrotti dalla voce della conduttrice.
“Bene, anche per oggi il tempo a nostra disposizione è scaduto! Prima di andare via vi lascio ascoltare i One Direction, in esclusiva qui sul nostro canale radio!”, annunciò, poi la musica di ‘What makes you beautiful’ partì ed i ragazzi iniziarono a cantare il testo di quella canzone.
Anche Rossella e Ludovica presero a canticchiare, mentre io mi alzavo dal letto per andare ad asciugarmi i capelli in bagno.
Quando tornai in camera la radio era spenta. Mi avvicinai al mio letto e presi il cellulare che avevo lasciato sul comodino, notando che c’era un messaggio non letto.
Sorrisi quando lessi che era di Harry.
Mi diceva che sarebbe passato a prendermi alle otto, mentre Niall sarebbe venuto a fare compagnia a Ludo per non lasciarla sola, o almeno questa era la versione ufficiale dei fatti.
Ross era già stata invitata a casa di Zayn.
Controllai l’orologio, rendendomi conto che erano già le cinque passate, così decisi di iniziare a passare in rassegna tutti i miei vestiti, per stabilire quali sarebbero stati i più adatti per l’occasione e, non sapendo dove mi avrebbe portata, fu davvero un’impresa difficile.
Erano ormai le sette quando terminai quell’accurata analisi, decidendo di indossare una semplice gonna di jeans con una camicetta bianca molto particolare e delle ballerine dello stesso blu della borsetta a tracolla che avevo deciso di utilizzare.
Così, senza indugiare oltre, iniziai a prepararmi.
Ludo rimase a vedere un film per tutto il pomeriggio, mentre Ross ne approfittò per dormire visti i programmi che prevedevano la sua serata.
Appena terminai, scesi giù nella reception dell’albergo, trovando Harry seduto di spalle su uno dei divanetti, particolarmente appartato, che mi aspettava.
“Finalmente!”, si lasciò scappare con un sorriso sulle labbra quando da dietro gli coprii gli occhi con le mani.
Rimasi quasi delusa dal fatto che mi avesse riconosciuta subito.
“Come facevi a sapere che ero io?”, gli chiesi liberandogli la vista.
Lui si alzò, venendomi accanto.
“Solo tu puoi ancora fare questi giochetti a diciotto anni suonati.”, scherzò con un sorriso beffardo sulle labbra.
Gli feci il verso, aggrottando la fronte ed arricciando il naso, mentre muovevo le labbra senza preoccuparmi di rendere bene il labiale.
“Sei buffa.”, commentò lui ridendo.
“Almeno io faccio ridere la gente, tu invece la fai piangere!”, ribattei giusto per dire qualcosa, anche se quella frase non aveva davvero molto senso.
Lui allargò ancora di più il suo sorriso, cosicché si scavassero due fossette per incorniciarlo.
“Sì, ma dall’emozione di starmi accanto.”, precisò.
Feci roteare gli occhi.
“Hai intenzione di portarmi da qualche parte o restiamo qui?”, gli chiesi con tono scettico.
“Ti porterò in un altro mondo.”, rispose lui con tono teatrale mentre i suoi occhi luccicavano all’idea di aver detto una frase ad effetto.
Gli lanciai un’occhiata di sufficienza.
“Riccio, non provare a rifilarmi le parole delle tue canzoni perché tanto con me non attacca.”, lo canzonai con aria da saputella.
Lui rise.
“Sapevo che prima o poi le avresti imparate tutte.”, disse gongolando di gioia.
Stavo per rispondergli a tono, dicendo che era tutta colpa delle sue fans pazze scatenate che mi ritrovavo per amiche, ma lui fu più veloce di me e mi bloccò sul nascere.
“Non provare a dirmi che è a causa di Ella e Ludo perché tanto non ci crederei.”, dichiarò incrociando le braccia al petto.
Fu in quel momento, quando lui menzionò le mie amiche, che mi ricordai dell’intervista di quel pomeriggio.
Forse avrei potuto chiedergli… no!
Ma forse… no! No, no e ancora no! Assolutamente no.
Andiamo, ma… no.

“Tutto bene?”, mi chiese Harry facendosi più vicino.
Annuii soltanto, cercando di scacciare via quei pensieri dalla mia mente.
“Se non ti conoscessi bene, quasi crederei che sei stata finalmente colpita dal fascino di Harry Styles!”, ironizzò lui afferrandomi le mani per tirarmi più vicino a lui.
Era stranamente intima e piacevole quella posizione.
Le mie mani erano intrecciate alle sue poco sotto il suo petto, quasi gli sfioravo la maglietta beige che indossava.
Sentivo il suo sguardo fisso sulla mia testa, abbassata, così mi sentii quasi costretta ad alzarla.
Fui subito accolta dai suoi occhi che mi fissavano con fare rassicurante e da un dolce e caldo sorriso.
Ma forse non era del tutto una catt… no.
Non m’interessava saperlo! Io ed Harry eravamo soltanto amici!
E allora perché continuavo a chiedere a me stessa il permesso di chiederglielo?
Forse perché sapevo anche io che era sbagliato?
Al diavolo tutto!

“Harry, perché non hai risposto a quella domanda alla radio?”, gli domandai tutto d’un tratto con un filo di voce, imbarazzata come non mai.
Lui scrollò lievemente le spalle con fare impacciato.
“Non sapevo cosa dovevo o potevo dire. Non sapevo neppure cosa tu volessi sentire.”, confessò con un sussurro, non interrompendo il nostro contatto visivo.
Era sincero, lo leggevo nei suoi occhi.
Ma quel momento di serietà durò soltanto un istante, del resto stavamo pur sempre parlando di Harry Styles.
“Se vado in giro a dire che ci frequentiamo mi scuoi vivo?”, mi chiese scherzando, mentre con le dita giocava con le mie sul suo petto.
Il mio cuore perse non uno, forse una decina di battiti al suono di quelle parole.
Ero come estasiata e per un attimo mi ritrovai in un mondo parallelo dove stavano suonando campane a festa e il riso cadeva sopra la mia testa.
Ecco, forse non era quella la reazione che avrei avuto se lui fosse stato solo un amico.
Ma perché a me piaceva Harry Styles, diamine!
Ovvio che non poteva essere solo un amico e la cosa buffa era che lo sapevo da sempre e mai avevo avuto il coraggio di ammetterlo!
Sì, forse in futuro avrei dovuto dare maggior ascolto alle parole di Rossella l’indovina.

“Se vado in giro con la tua testa come trofeo di battaglia dici che mi arrestano?”, borbottai imitando il suo tono di voce, troppo orgogliosa per ammettere che avrei fatto i salti di gioia, piuttosto che scuoiarlo.
“Forse, ma tu non ammazzeresti mai il ragazzo con cui esci.”, controbatté lui, poggiando la sua fronte a contatto con la mia e subito un brivido percorse veloce tutta la mia schiena.
Perché ogni più piccolo contatto con lui era capace di mandarmi  tutta in subbuglio?
“E chi ti dice che io e te usciamo insieme?”, lo provocai a pochi centimetri dalle sue labbra, cercando di non concentrarmi su quelle perché altrimenti avrei finto per baciarlo, incapace di tenere a freno i miei ormoni.
“Il fatto che tu abbia accettato l’invito di stasera ti dice qualcosa?”, soffiò sulle mia pelle con tono particolarmente roco, provocandomi tanti altri piccoli ma intensi brividi.
Mandai giù della saliva, cercando di riprendermi dal penoso stato in cui mi ritrovavo per colpa del riccio.
“Non avevo di meglio da fare?”, suggerii, mentre lui faceva aderire una mia mano completamente al suo petto, sormontata dalla sua, all’altezza del cuore.
Batteva forte ed irregolare esattamente come il mio.
“In effetti nulla sarebbe meglio di me.”, constatò ammiccando con un sorrisetto malizioso sulle labbra.
E, diamine, quanto aveva ragione!
“Il solito modesto.”, borbottai ironica cercando di non avvampare.
“Facciamo così.”, mi propose allora. “Io la smetto di fare l’egocentrico e tu mi dai il permesso di dire che ci stiamo frequentando, ovviamente senza terzi di mezzo.”, concluse con un sussurro sulle mie labbra, ormai davvero troppo vicino.
“Mi stai ricattando?”, gli chiesi quasi balbettando.
Lui sorrise.
“Se funziona, si.”, rispose guardandomi dritto negli occhi, tanto che mi ci persi per l’ennesima volta.
“Funziona.”, riuscii soltanto a dire, prima che le sue labbra si poggiassero delicate sulle mie per pochi secondi.
Quando si allontanò di quel tanto che serviva per far incrociare i nostri sguardi sorrideva ancora.
“Ora andiamo. Hyde Park ci attende.”, annunciò poi, prima di trascinarmi fuori dall’albergo con la mano ancora intrecciata alla sua.
Diamine, se non mi piaceva quel ragazzo!

---





Angolo Autrice
Carissime carotine mie!!*.*
Ecco il nuovo capitolo, come promesso!:D
Questa volta non riesco proprio a dilungarMi perché sono di frettissimissima...
Insomma, tra gli arretrati di storia, il dentista e gli amici
di tempo ne rimane davvero ben poco!-.-
Come vedete, però,  qualche minuto per aggornare l'ho trovato...
ma non sono bravissima??xD
Ma anche no, insomma!!xD
Ok, in questo capitolo le cose vanno ancora meglio...
E ci avviciniamo sempre di più alla fine...
Vabbè, c'è poco da dire,
solo che questi due continuano ad andarci con i piedi di piombo,
però almeno qualche progresso c'è stato!:D
Ringrazio quelle meravigliose persone che leggono,
inseriscono la storia tra preferite, ricordate o seguite
e quelle splendidissime persone che trovano il tempo per lasciarmi una recensione...
grazie di cuore!!!*.*
Ah, ancora non ho risposto, ma lo farò immediatamente!;)
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!
Alla prossima!:*
                                                        Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 27
*** Everything about you. ***


k

Every piece of your heart

Everything about you.

Non vedevo Harry dalla sera in cui eravamo stati all’Hyde Park ed il fatto che in quei giorni fosse pieno di impegni per la pubblicazione del video della canzone girato in Italia ne era la causa.
Ci eravamo divertiti tanto quella sera, davvero, ma al mio rientro in hotel ero stata accolta da una brutta, bruttissima scena.
Rossella, in lacrime, si disperava tra le braccia di Ludo, di Niall non c’era più neppure la traccia.
Zayn le aveva appena comunicato che la loro storia, se tale si potesse chiamare, non poteva più continuare. Solo quando la vidi in quello stato, con il trucco tutto colato e le lacrime che scendevano senza tregua, la voce rotta dal pianto ed il corpo tremolante, capii che forse in realtà per lei Zayn non era mai stato solo quello con qui aveva fatto sesso qualche volta.
Mi sentii male quando realizzai che, così presa da Harry com’ero, non mi ero neppure resa conto di quello che stava succedendo alla mia amica.
Il giorno successivo, dunque, lo passammo in giro per Londra a cercare di farla divertire, non con troppi risultati ovviamente.
“La smettete di fare le coglione?”, aveva provato a dire per l’ennesima la rossa con le braccia incrociate al petto mentre io e Ludo ci fingevamo conigli in giro tra i prati verdi di un parco londinese.
“Ma se siamo superdivertenti!”, mi ero difesa allora, con un sorriso sulle labbra, sperando di contagiare anche lei con il mio buon umore.
“Siete solo ridicole!”, aveva borbottato Ross a denti stretti.
“Dai, vieni anche tu con noi!”, aveva esclamato Ludo prendendola sotto braccio, trascinandola di peso, ovviamente.
“Giuro che se non ridi all’istante ti butto nel laghetto lì dietro!”, l’avevo minacciata con aria giocosa.
“Non mi va di ridere.”, aveva bofonchiato.
Io mi ero avvicinata, prendendola sottobraccio dall’altro lato, poi insieme a Ludovica ci eravamo dirette verso un piccolo laghetto che si apriva nel bel mezzo del verde.
“Ne sei ancora convinta?”, aveva replicato Ludo lanciandole un’eloquente occhiata in direzione dell’acqua.
Lei aveva sospirato, poi aveva messo su un finto sorriso, poi mi aveva guardata quasi come a chiedere se ora fossi soddisfatta.
“Potresti fare di meglio… ma per ora mi accontento.”, le avevo concesso con aria titubante ma bonaria.
“Invece di stare qui a fare le cretine, se proprio volete che mi riprenda, andiamo a conoscere qualche bel londinese, che almeno mi distraggo un po’!”, aveva proposto lei e noi avevamo accettato di buon grado.
Era il minimo che potessimo fare per non farle pensare, anche solo per qualche minuto, a Zayn.

Quel giorno, invece, il quarto da quando ero a Londra, avrei dovuto incontrare Harry, o per meglio dire sarei dovuta andare a casa sua nel tardo pomeriggio.
Io e lui non stavamo propriamente insieme, anche se il termine niente terzi implicava comunque una certa serietà nel nostro rapporto. Non eravamo pronti a parlare di sentimenti, ma ad entrambi piaceva la compagnia dell’altro, ma soprattutto a me lui piaceva e forse poteva ricambiare anche lui.
Mi preparai alla svelta, dopo essere tornata dall’ennesima passeggiata per le strade di Londra, ma quella mattina il tempo non aveva affatto aiutato. Il sole era praticamente sparito per lasciar spazio alle peculiari caratteristiche climatiche per cui era nota quella città.
Eravamo state all’immancabile Hard Rock, tappa obbligatoria secondo le teorie di Rossella, poi avevamo camminato fino a raggiungere Piccadilly Circus ed infine avevamo fatto un giro al National Gallery, ovviamente costrette da Ludovica e le sue manie da persona saggia e culturalmente attiva, ma almeno in quel modo ci eravamo riparate dalla pioggia che era cominciata a scendere a catinelle.
Ogni volta che dovevo vedere Harry ero scossa da una strana agitazione.
Da una parte non vedevo l’ora che giungesse il momento in cui i nostri sguardi si sarebbero incontrati, dall’altro mi preoccupavo di non essere mai pronta, di aver indossato qualcosa di non adatto, di non essermi truccata nel modo giusto, insomma, temevo di apparire brutta ed il confronto con le sue ex non aiutava affatto.
Così, quando finalmente arrivai a casa sua, ancora tremavo come una foglia, più per l’emozione che per la maglietta leggermente bagnata dalla pioggia che non aveva smesso di venir giù neanche per un attimo quel pomeriggio.
“Juls.”, mi salutò lui venendomi ad aprire, accolta subito dal suo sorriso.
Al solito, maledetto ragazzo, non indossava la maglietta, ma almeno apprezzai, ovviamente non del tutto, che indossasse i pantaloni della tuta.
“Hazza.”, ricambiai entrando in casa.
“Ma tu e il nudismo andate molto d’accordo a quanto pare!”, commentai sarcastica mentre lui chiudeva il portone alle sue spalle.
“Sì, in effetti si tratta più di una filosofia di vita. Insomma, sarebbe un torto a madre natura nascondere tutto questo splendore!”, scherzò lui sventolandosi una mando davanti al busto nudo.
Evitai di seguire con lo sguardo la direzione da lui suggerita, consapevole che i miei ormoni avrebbero gradito anche troppo, e accennai ad un mezzo sorriso.
“Attento Michelangelo, a quanto pare c’è qualcuno in giro che crede di essere migliore del tuo David!”, lo presi in giro.
Lui sogghignò, mentre si avvicinava a me. Mi prese le mani ed intrecciò le dita con le sue, poi con il volto si fece sempre più vicino.
Mi sentivo tremare. Il cuore batteva forte, tanto che temetti riuscisse a sentirlo persino lui.
Mi sarei mai abituata a tutto questo?
“Sono contento di rivederti.”, soffiò ad una spanna dal mio viso, con il fiato sulla mia pelle.
Il mio cuore batteva ancora, vero? Vero?
Sorrisi al suono di quelle parole, ma non ebbi eppure il tempo di rispondergli che le sue labbra furono sulle mie per un leggero e dolce bacio.
“Non prenderci la mano, Styles.”, lo ammonii cercando di camuffare la voce ansante e roca, di certo effetto di quel suo fottutissimo bacio a fior di labbra.
“Se la smetti di lamentarti ti porto in camera mia.”, mi propose, ammiccando con fare malizioso.
Ecco, e ora cosa avrei fatto?
“Io ti dico di non prenderci la mano a baciarmi e tu mi chiedi di fare sesso?”, borbottai scettica ed imbarazzata come non mai per le parole che avevo appena detto.
Lui sorrise, prendendo a giocare con una ciocca dei miei capelli.
“Ed io che volevo solo mostrarti il mio letto!”, si difese con tono falsamente ingenuo ed un’espressione scandalizzata in volto.
Sbaglio o aveva calcato la parola letto?
Avvampai tutta d’un colpo.
“E poi sarei io il pervertito.”, continuò a scherzare lui.
“Smettila di fare il deficiente e andiamo a vedere questa camera!”, gli ordinai io, dandogli un leggero scappellotto sulla nuca.
“Adoro le ragazze che vanno dritte al sodo!”, dichiarò ancora facendomi l’occhiolino.
Bene, Harry era davvero impossibile!
Sbuffai facendo roteare gli occhi, poi lui mi prese per mano e ancora sorridendo mi portò al piano superiore.
Entrammo nella seconda stanza sul corridoio di destra e subito capii che doveva essere quella di Harry.
Era costellata di foto, tante foto, che lo ritraevano con quelli che dedussi essere i suoi genitori. In alcune aveva ancora i capelli biondi, come in quella che avevo visto qualche giorno prima su uno scaffale della libreria.
Era in disordine, ma me lo sarei aspettata.
Notai subito i tre pacchetti di caramelle Haribo sul comodino accanto al letto, ma uno solo era quello ancora intero, gli altri erano già a metà.
Sulla scrivania era poggiato un portatile, sovrastato da mille post-it che gli ricordassero tutti i suoi impegni.
Sulla sedia c’era la giacca della tuta ed un sacchetto che mi sembrava contenere peluche e bigliettini.
Notai subito la foto che c’era su una mensola. Ritraeva Harry abbracciato ad una ragazza.
In un primo momento ne fui quasi… gelosa.
Sì, insomma, perché mai teneva la foto con lei in camera sua?
Ed io per qualche cazzo di motivo ne ero gelosa?

La osservai meglio, notando alcune caratteristiche del suo viso. Aveva i capelli scuri e lisci, la pelle chiara e gli occhi chiari quasi quanto quelli di Harry. Ma fu altro a darmi la conferma: il suo sorriso.
Il suo sorriso era perfettamente identico a quello del riccio, persino la fossetta sulla guancia sinistra che si vedeva in quella posizione.
“È tua sorella?”, gli chiesi facendo qualche passo in direzione della foto.
“Ed io che volevo farti credere fosse la mia amante.”, bofonchiò lui scherzando, lasciandosi cadere a peso morto sul letto.
“Dai, vieni qui! Giuro che tengo le mani a bada!”, disse poi ancora scherzando.
Poggiai la borsa sulla scrivania, poi mi sedetti al suo fianco.
Lui spostò un braccio sotto la testa, così da rivelare quel tatuaggio a forma di stella che avevo notato anche l’altro giorno.
“Che cos’è?”, gli chiesi allora, indicandoglielo.
“Una stella.”, rispose facendo spallucce.
Ma grazie!
Non voleva parlarmene?

Lui parve intuire le mie perplessità con uno sguardo.
Mi circondò le spalle con il braccio destro, fino a farmi stendere accanto a lui.
Bene, cioè male.
Il mio corpo era in completo subbuglio. Il mio stomaco faceva le capriole, si contorceva e poi si accartocciava come una foglia secca, il mio cuore sembrava stesse per uscire da un momento all’altro fuori dal petto per quanto battesse forte.
Le braccia erano tese lungo il mio corpo.
“Rilassati.”, mi sussurrò ad un orecchio Harry, per poi sorridermi in maniera dolce.
Provai a seguire il suo suggerimento, così mi misi più comoda seguendo l’istinto per una volta.
Scollegai il cervello e poggiai la testa sulla sua spalla, mentre con un braccio gli circondavo il busto poco più su della vita, girandomi leggermente di fianco in sua direzione, in modo tale che almeno di sottecchi riuscissi a guardarlo in viso.
Per un attimo lui parve irrigidirsi al tocco della mia mano con la sua pelle nuda, forse sorpreso da tutto quello spirito d’iniziativa che neppure sapevo di avere.
“Rappresenta i One Direction, una punta per ognuna di noi. E la frase ‘won’t stop till we surrender’ parla da sola.”, mi spiegò con un filo di voce in risposta alla domanda che gli avevo fatto poco prima.
Il suo respiro sulla mia pelle mi solleticava piacevolmente.
“Ne hai altri di tatuaggi?”, gli chiesi allora e la mia voce mi sembrò anche fin troppo annaspata.
“Qualcuno.”, disse solo.
Fremetti ancora quando il suo respiro sfiorò la mia pelle.
“Il più bello comunque è quello con la lettera A che ho sul braccio.”, aggiunse poco dopo mormorando.
Non riuscivo a capire perché continuassimo a parlare così a bassa voce.
In casa non c’era nessuno e quelle parole sussurrate non mi aiutavano affatto a mantenere saldo il mio autocontrollo, ma non potevo non apprezzare quell’atmosfera intima che si era creata.
Sussultammo entrambi quando fummo colti dal rumore assordante di un tuono.
Harry portò il braccio che teneva sotto la testa intorno ai miei fianchi, stringendomi più forte.
“Non avrai mica paura dei tuoni, cowboy?”, gli chiesi scherzando, non avendo però dimenticato il discorso lasciato in sospeso su quella A.
Che fosse di Amber? Alice? Alexis? Alyssa? Alyssa non era il nome di una sua ex?
“Potresti anche abbracciarmi, invece di ridere dei miei timori.”, borbottò lui con un finto broncio sul viso.
Lo strinsi di più a me, facendo affondare la mia testa sulla sua spalla.
“La A, invece, è per Alyssa?”, gli chiesi ancora sulla sua pelle, non avendo il coraggio di guardarlo in faccia.
Lui teneva la testa poggiata alla mia nuca.
“Potrebbe essere.”, disse in un sussurro tra i miei capelli.
Mi scostai di poco, affinché potessi guardarlo in faccia.
Aveva un’espressione seria e mi scrutava attentamente con quegli occhi verdi.
“È… è stata… è stata così importante per te?”, balbettai con la voce rotta dall’insicurezza.
Lui sorrise soltanto.
“Sei gelosa.”, sbottò tutto d’un tratto allegro e ilare.
“Ma se ti ho solo fatto una domanda.”, controbattei.
Sì, ero gelosa, gelosa marcia! Gelosa che sarei andata a casa di quella e gli avrei distrutto l’auto o tutto quello che mi capitava a portata di mano.
“Sei gelosa, sei gelosa, sei gelosa.”, iniziò a cantilenare lui sornione.
“Non sono gelosa!”, negai cercando di liberarmi da quella sorta di abbraccio, ma lui mi strinse ancora di più, così da tenermi incatenata a lui.
“Ammettilo che sei gelosa!”, provò a dire lui ad un soffio dalle mie labbra.
“Io non dico le bugie.”, dichiarai con fare risoluto mantenendo il contatto visivo che si era appena creato.
“Ne hai appena dette due allora.”, mi fece notare con aria da saputello.
“Andiamo, non è una cosa brutta da dire! Anche a me dava fastidio vederti con quel bamboccio che ti ritrovavi per fidanzato.”, disse scrollando le spalle.
Il mio cuore perse un battito quando quelle parole giunsero al mio orecchio.
Si poteva morire di gioia?
“Tu non hai detto che sei geloso, hai detto solo che ti dava fastidio!”, sottolineai mettendo in risalto la piccola differenza che sussisteva tra i due termini.
Lui sorrise, dando vita a quelle due fossette sulle sue guance, mentre ancora mi guardava negli occhi.
“Ma era solo per non fare una ripetizione.”, spiegò lui a pochi centimetri dalle mie labbra.
“Sono geloso.”, confessò poi in un sussurro che arrivò forte e chiaro al mio orecchio.
Smisi di respirare, godendomi ogni attimo di quel momento. Era tutto perfetto.
Poi fummo entrambi scossi da un altro tuono. Sogghignai quando Harry d’istinto si avvicinò ancora di più a me, stringendomi forte.
“Forse potrei esserlo anche io.”, ammisi con un mezzo sorriso e voce tremolante.
Lui sorrise.
“Forse la A potrebbe essere l’iniziale di Anne, mia madre.”, mi spiegò ancora troppo vicino per permettermi di pensare con lucidità.
Sua madre? Cioè dico, sua madre?
“Sei un imbroglione!”, mi lamentai, mentre con la mano destra passavo le dita tra i suoi ricci.
Lui si mordicchiò il labbro, trattenendo una risata.
“Forse potremmo provare a stare insieme, ufficialmente dico.”, sussurrò ancora, continuando quel gioco dei forse, scrutandomi bene con gli occhi.
Ma voleva farmi morire quel giorno?
Si, oui, yes, ya! Certo! Come, dove e quando vuoi!
Bastava come risposta?

Mandai giù della saliva, cercando di rimanere concentrata.
Lui era Harry Styles ed io semplicemente Giulia, non poteva funzionare.
Lui aveva avuto tante di quelle storie da perderne il conto, mentre le mie si potevano contare sulle dita di una sola mano.
Quanto tempo sarebbe passato prima che si fosse stancato di me?
“Forse non sarebbe proprio una buona idea.”, mormorai con il cuore in gola che si dimenava per raggiungere il mio cervello e ammazzarlo sul colpo.
Harry si scostò di poco, guardandomi  basito e sorpreso.
“Perché?”, mi chiese soltanto con un filo di voce talmente flebile che lo sentii a stento.
Scrollai le spalle, non sapendo come, ma soprattutto cosa avrei dovuto dirgli.
“Andiamo Harry, tutti sono a conoscenza della tua vivace vita sentimentale.”, riuscii solo a dire, facendomi del male con le mie stesse parole.
“Juls, io sono qui. Sono con te ora.”, sussurrò per rassicurarmi.
“Appunto!”, sbottai con tono isterico senza neppure rendermene conto sotto il suo sguardo incredulo.
“Ora sei con me, chissà tra un’ora o tra un giorno!”, continuai.
Bene, se prima avevo dato la parvenza di essere una donna aperta alle varie prospettive e matura, in quel momento invece sembravo la classica fidanzatina gelosa, possessiva ed insicura dei film romantici, drammatici e strappalacrime.
Lui avvicinò il suo viso al mio, facendo sfiorare i nostri nasi, poi passò una mano sui miei capelli, sistemandomi meglio una ciocca dietro all’orecchio.
“Il mo primo bacio l’ho dato ad undici anni, a scuola, la mia prima fidanzata a dodici. La prima volta che ho fatto sesso ho avuto paura di aver messo incinta la ragazza anche se avevo usato il preservativo ed avevo quindici anni. È vero, sono stato con una donna ben più grande di me ed anche con una sposata, negli ultimi tempi ho avuto molte frequentazioni, ma sono tutte storie passate.”, confessò tutto d’un fiato, con un filo di voce, quasi si vergognasse di dire quelle cose o temesse la mia reazione.
Rimasi immobile per qualche secondo, analizzando le sue parole, poi fui scossa da un altro tuono.
Presi un respiro profondo prima di parlare.
Non avevo molta scelta. Era il suo passato quello, non potevo cambiarlo ed  escluderlo dal mio futuro era un’opzione che non prendevo neppure in considerazione.
“Ah, ed il mio vero primo amore è stato Louis Tomilinson.”, disse cercando di rimanere serio, senza scoppiare a ridermi in faccia, ma dai suoi occhi si capiva benissimo che mi stava prendendo in giro.
Forse voleva solo far alleggerire la tensione. Mi lasciai andare anch’io ad una risata soffocata.
“E riusciresti a sedare i tuoi bollenti spiriti?”, gli chiesi cercando di sembrare ironica, ma in realtà pendevo dalle sue labbra, dalla risposta che mi avrebbe dato.
“Sì.”, disse soltanto con tono deciso e sicuro, guardandomi negli occhi.
Sì.
Sorrisi, mentre con una lentezza estrema colmavo quella breve distanza che separava le nostre bocche, mentre sentivo l’attesa logorarmi.
Sfiorai le sue labbra con le mie e lui, ovviamente, non perse l’occasione per approfondire il bacio, procurandomi una serie di frastornate sensazioni che mi scorrevano veloci nelle vene raggiungendo ogni parte del mio corpo, dalla punta estrema dei miei capelli a quella dei miei piedi.
Ogni cellula voleva esplodere di gioia, ma allo stesso tempo mi sentivo mancare il fiato.
“Dovresti smetterla di leggere tutte quelle idiozie sul mio conto.”, dichiarò Harry non appena allontanammo di poco i nostri visi, incrociando i nostri sguardi.
I suoi occhi erano verdi e limpidi.
“Per credere solo a quello che dici tu?”, gli chiesi scettica sulle sue labbra.
“Sarebbe un’ottima idea.”, sogghignò lui.
“Hazza, mi stai chiedendo il permesso per tradirmi e farmi credere che non sia vero?”, scherzai io guardandolo torva.
Harry si fece scappare una leggera risata, prima di stringere più forte le mie spalle, così da fare aderire i nostri corpi.
“Lo sai che non lo farei. Però per valutare l’ipotesi del tradimento vuol dire che stiamo insieme.”, mi fece notare lui giocando con il mio naso.
Inutile descrivere tutte le sensazioni che provai in quel momento.
Gioia, felicità, completezza, persino un briciolo di imbarazzo e… amore.
“Diciamo che ci proviamo.”, asserii io prima di ribaciarlo.
E diamine come baciava!

---




Angolo Autrice
E rieccomi, ragazzuole!!:D
Non sono mai andata di fretta come in questo momento, quindi sarò brevissima
visto che tra un'ora devo partire e sono ancora in pigiama e
la valigia ancora disfatta.-.-"
Comunque sia, il momento è finalmente giunto!!
Insomma, questi due stanno insieme!!
Anche se... Tra Ross e Zayn non va più tanto bene...
Il capitolo è piuttosto romantico,
quasi mi sono venute le carie quando l'ho scritto!xD
Vorrei ringraziare quelle magnifiche persone che
hanno inserito la storia tra ricordate, preferite o seguite...
veramente grazie!!*.*
Ringrazio anche i lettori, quasi non riuscivo a credere alle cifre delle visite!!:D
E grazie a quelle splendidissime persone che hanno lasciato una recensione!!!<3
Cercherò di rispondere a tutti,
appena trovo anche un solo attimo, giuro!!!;)
Anche perché vi adoro troppo per non ringraziarvi uno ad uno!!!:D
Il capitolo è dedicato alla cara giu_giu_ che oggi compie 18 anni!!!
Tantissimi auguri carotina!!!:D
Ok, ora devo davvero scappare...
Spero il capitolo vi piaccia,
in ogni caso mi fareste davvero molto felici lasciando anche solo un piccolissimo commento!!;)
Sabato nuovo capitolo!:D
Alla prossima!!!:*
                                                                 Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 28
*** You’re my kryptonite. ***


g

Every piece of your heart

You’re my kryptonite.

Il tempo a Londra trascorse molto più velocemente di quanto avessi voluto.
Ludovica era ufficialmente impegnata con il caro, dolce e mangione Niall, mentre Rossella sembrava essersi almeno in parte ripresa da quella che era stata la sua prima vera cotta.
“Devo comunicarvi una cosa.”, ci aveva detto un pomeriggio Ludovica, sedendosi con fare strategicamente calmo e neutro  accanto alla rossa.
“Insomma, io pensavo che fosse una cosa piuttosto seria tra me e Zayn!”, si era lamentata Ross sbattendo i pugni sul materasso del letto, senza curarsi minimamente dell’affermazione della bionda.
“Andiamo, tra voi due non c’è mai stato nulla di serio!”, borbottai forse con voce troppo acida, tanto che la vidi trucidarmi con lo sguardo.
“Devo dirvi una cosa.”, aveva ripetuto Ludo, questa volta con fare più deciso.
“Solo perché la nostra relazione all’inizio si basava sul sesso, non significa che io non mi sia poi legata a lui!”, replicò la rossa incrociando le braccia sotto al seno, in segno di sfida.
“Ma  tu non eri quella che si voleva godere la vita?”, l’avevo provocata, avvicinandomi a lei di qualche passo.
Sbuffò, poi abbassò lo sguardo in direzione del pavimento della stanza.
“Io dovrei ancora dirvi una cosa!”, aveva riprovato allora Ludovica.
“E dilla, allora!”, aveva sbottato Rossella, forse ancora scossa da quella conversazione.
“Io e Niall ci siamo baciati!”, aveva sussurrato con gli occhi puntati sulle mani che intrecciava con fare frenetico.
“Cosa?!”, avevamo esclamato io e Ross, con il tono di voce più alto di un’ottava, gli occhi sgranati e le labbra schiuse per la sorpresa.
“Ma cosa aspettavi a parlare?”, l’aveva quasi rimproverata la rossa pochi secondi dopo.
“Ci ho provato, ma eri troppo presa dall’effetto Zayn!”, aveva borbottato Ludovica facendo spallucce, come per discolparsi.
“Ma racconta, vogliamo i dettagli!”, l’avevo esortata io, prima che l’uragano Rossella si abbattesse prepotentemente su di lei per estorcerle quante più informazioni possibili con un interminabile fiume di domande.

Io ed Harry, invece, continuavamo a vederci ogni momento che fosse possibile, anche se i suoi impegni erano sempre tanti.
A quelli si aggiungevano le fans in calore, le numerose richieste d’amicizia che mi erano arrivate su facebook da quando era iniziata a circolare la voce che Harry stesse provando a sedurmi ed anche qualche minaccia sparsa in giro per la rete.
Io avevo bellamente ignorato tutto, continuando a godermi quei giorni con Hazza, consapevole che presto sarei dovuta ritornare a casa, ma i miei genitori non erano stati ben lieti di leggere il mio nome spiattellato su internet accanto a quello del cantante dei One Direction.
“Giulia, puoi spiegarci cosa sta succedendo lì a Londra?”, mi aveva chiesto mia madre con tono intimidatorio dall’altro capo del telefono.
Non avevo capito sin da subito a cosa si riferisse, ma poi avevo sentito la voce di mio padre in sottofondo e tutto si era fatto più chiaro.
“Voglio sapere chi è quel riccio da quattro soldi!”, aveva urlato in preda ad un attacco d’ira.
Oh cazzo.
“Allora, hai sentito tuo padre, no? Chi è il tipo?”, aveva ripetuto mia madre con voce più calma, forse credendo che in quel modo sarei stata meno restia a confidarmi con loro.
Avevo preso un lungo respiro, come per farmi coraggio prima di andare al patibolo.
“Diciamo che è il mio ragazzo.”, avevo detto poi tutto d’un fiato.
“Come diciamo? Come tuo?”, aveva sbraitato mia madre.
A quel punto avevo sentito un repentino scatto, prima che dalla cornetta risuonasse la voce altisonante e arrabbiata di mio padre.
“Ora tu prendi il primo aereo per Roma e torni a casa!”, tuonò lui.
Sospirai, cercare di farli ragionare mi avrebbe impiegato più tempo del previsto.
“Hai capito, signorina?”, continuò lui con tono stizzito.
“Dammi il telefono, ci parlo io.”, aveva borbottato mia madre.
“Giulia, cara, ti rendi conto che quel ragazzo è un personaggio famoso che ti sta solo prendendo in giro? Lo conosci da appena una settimana!”, aveva detto mia madre con tono ovvio.
“Io lo conosco da mesi!”, avevo detto in risposta, senza neppure rendermene conto.
“Ma allora è per lui che sei andata a Londra?”, mi aveva accusato mia madre. “Giulia, torna immediatamente a casa!”, aveva ordinato poi.
“Mamma, ma se non sapevo neppure dove dovessi andare! Te l’ho detto milioni di volte che ha pensato a tutto Rossella, altrimenti perché avrei chiesto a te di aiutarmi a fare la valigia non sapendo cosa portare?”, le avevo chiesto retoricamente.
Lei parve pensarci un po’ su.
“Guarda, ti voglio credere solo perché non sei mai stata bugiarda, ma questo non cambia il fatto che tu debba tornare a casa.”, aveva detto dopo qualche minuto.
Ma era forse impazzita? Per perdermi poi gli ultimi giorni con Harry? Ma assolutamente no!
“Mamma, ragioniamo insieme!”, avevo provato a dire. “Tra tre giorni dovrei comunque tornare a casa, è inutile spendere tutti quei soldi per anticipare il rientro di così poco!”, avevo costatato mentre mentalmente mi complimentavo per la mia saggezza.
Davvero ottima mossa.
“Hai ragione, aspetta che ti passo tuo padre che deve parlarti.”, aveva ammesso, con voce più calma.
“Giulia, ora mi spieghi perché io cerco Lamberti su internet e mi esce la tua faccia con il riccio? Un riccio poi!”, aveva inveito lui stordendomi quasi il timpano dell’orecchio che tenevo sulla cornetta.
Ecco, cosa gli avrei detto ora?
“È il mio quasi fidanzato.”, avevo sussurrato soltanto.
“Che vuoi dire?”, mi aveva chiesto lui con fare burbero ed irruente.
“Che ci stiamo conoscendo meglio e che a me piace tanto.”, avevo confessato sempre con un filo di voce, imbarazzata della strana piega che aveva preso la conversazione con mio padre.
“Ma con tutti i normali ragazzi che ci sono in Italia, proprio il cantante di Londra dovevi sceglierti?”, aveva continuato lui senza darmi tregua.
Presi un altro respiro, cercando di rimanere calma. Rispondergli a tono non avrebbe di certo giovato alla causa.
“Non posso decidere chi mi piace! E lui mi piace davvero tanto.”, avevo detto franca.
Mio padre sospirò. Probabilmente si stava calmando.
“Piccola mia, lo capisci che così ci saranno molte complicazioni? Pensa ai giornalisti, alle riviste scandalistiche o di gossip, ai paparazzi, alle minacce, all’università, a tutto!”, aveva quasi balbettato lui palesemente preoccupato.
“Non m’interessa. Harry mi piace davvero.”, avevo mormorato sorprendendomi per quanto la mia voce fosse stata sincera nell’ammetterlo.
Sì, Hazza mi piaceva davvero.

Il resto della conversazione si era rivelato solo una lunga serie di raccomandazioni ed ammonimenti ai quali mi ero imposta di prestare attenzione, non con troppi risultati, tanto che appena agganciai il telefono avevo già dimenticato tutto.
Avevo raccontato ad Harry della telefonata, evitando accuratamente di dirgli come lo avevo presentato ai miei, e lui era scoppiato a ridere, per poi dare completa ragione ai miei genitori.
Roba da pazzi!
Quel pomeriggio sarei partita per tornare finalmente a casa, a Roma.
Certo, non ero del tutto entusiasta all’idea di lasciare Harry da solo a Londra, ma non avevo altra scelta e già contavo i minuti che mi separavano dalla prossima volta che ci saremmo visti, più o meno tra due settimane.
Avevamo deciso di trascorre la mattina insieme, anche perché ovviamente lui non avrebbe potuto accompagnarmi in aeroporto, il suo agente glielo aveva impedito.
Mi aveva portato al museo delle cere, ma io lo avevo obbligato a mettersi occhiali da sole e cappellino e vestirsi come una persona normale e non come quel gran pezzo di figo di Harry Styles, per evitare che ad ogni passo qualcuno gli chiedesse un autografo o una foto. Anche perché Harry, egocentrico com’era, non rifiutava affatto quelle piccole attenzioni che gonfiavano ancora di più il suo già spropositato ego.
Quasi mi prese un colpo quando scorsi quello che doveva essere Adolf Hitler  tra i vari personaggi.
Avevamo iniziato il giro concentrandoci prima sui personaggi come Spiderman, Hulk ed Indiana Joans, poi lo avevo letteralmente trascinato vicino alla cera di Johnny Depp, pregandolo di farmi una foto, ma ovviamente lui non aveva acconsentito, non da subito perlomeno.
Dopo circa dieci ininterrotti minuti durante i quali non avevo fatto altro che farneticare a pochi centimetri dalla faccia della cera dell’attore riguardo all’insopportabile carattere del riccio e al mio incondizionato amore per il personaggio che interpretava nel film Pirati dei Caraibi, si era arreso sbuffando sonoramente, borbottando qualcosa del tipo pure delle cere devo preoccuparmi.
Fu poi il turno di Freddie Mercury, dei Beatles e dell’inquietante Micheal Jeackson, prima che Harry mi portasse di peso davanti alle cere di Marylin Monroe e Naomi Campbell, mettendosi in pose equivoche per poi essere fotografato con rassegnazione dalla sottoscritta.
“Lady D!”, quasi urlai quando intravidi l’immagine della principessa Diana al termine del corridoio.
“Vieni Hazza!”, lo incitai prendendolo energicamente per il polso così da trascinarlo con me davanti alla piccola statuetta che ritraeva la donna.
Era bellissima, accuratissima, rifinita nei minimi dettagli, perfetta.
“Dai, facciamo una foto!”, proposi allora cercando di coinvolgerlo nel mio entusiasmo.
“E va bene.”, acconsentì lui. “Dai, avvicina la faccia così la facciamo insieme!”, mi suggerì indicando la sua guancia sinistra.
Storsi il naso, fino a quel momento non avevamo ancora fatto una foto insieme, ci eravamo alternati davanti alle varie cere.
Feci come mi aveva detto e lui scattò la prima foto, poi rigirò la macchina fotografica tra le dita, per vedere come fosse uscita.
“Uffa, il tuo capoccione occupa tutto lo schermo!”, si lamentò con tono giocoso vedendo che aveva preso solo la mia testa.
“È colpa del fotografo che non riesce a centrare l’obiettivo.”, risposi con una smorfia.
Lui sospirò, prima di tirare nuovamente il suo viso vicino al suo.
“Sorridi.”, mi ricordò soltanto prima di scattare ancora.
“Ma bravo, questa volta siete usciti solo tu e i tuoi capelli!”, sogghignai vedendo la nuova immagine sul display della sua fotocamera.
Provammo per altre tre volte a fare una foto, ma nell’unica in cui comparimmo entrambi, Harry aveva tagliato la faccia a Lady D.
Insomma, con la macchina fotografica non ci sapeva proprio fare.
“Da qua, faccio io.”, dissi allora prendendo il comando di quella situazione, convinta che lasciando fare a lui, di certo avrei perso l’aereo.
“Ma se con quel braccino che ti ritrovi non riusciresti a prendere neppure il tuo viso per intero!”, ironizzò il riccio.
Gli lanciai un’occhiata omicida e lui mi guardò leggermente sconcertato, prima di decidersi a lasciarmi fare. Pochi istanti dopo premetti su un pulsante e fummo abbagliati per un attimo dalla luce del flash, lo stesso attimo in cui sentii le labbra di Harry premere sulla mia guancia.
Sorrisi per quel gesto inaspettato.
“Voglio proprio vedere cosa sei riuscita a fare.”, bofonchiò lui rigirando la macchina fotografica.
Era bellissima.
Sullo sfondo, nell’angolo in alto a destra si distingueva perfettamente il volto di Diana, mentre più in basso c’eravamo io ed Harry. Io sorridevo all’obiettivo, mentre lui con gli occhi chiusi mi lasciava un leggero bacio sulla guancia.
Sorrisi ancora, gongolando di gioia come una bambina.
“Sembri uscita da un cartone animato.”, scherzò allora Harry afferrandomi per la vita, facendo aderire i nostri corpi.
Sussultai per quel piacevole ed inatteso contatto.
“Ecco, ben ti sta! Potere ai piccoli!”, esclamai soddisfatta.
“E questa da dove viene?”, mi domandò aggrottando le sopracciglia, alzando l’angolo destro delle labbra in un mezzo sorriso.
“Non hai visto mai Scooby-doo, eh? Ora capisco perché sei venuto su così!”, lo presi in giro.
Lui aveva ancora un’espressione titubante.
“Scooby-doo?”, mi chiese soltanto quasi sulle mie labbra.
“Sì, Scooby-doo e quella era una frase di Scrappy-doo.”, dichiarai con fare da saputella.
Lui scosse lievemente il capo, sogghignando.
“Scrappy chi?”, soffiò poi facendosi sempre più vicino al mio viso.
“Scrappy-doo, il pestifero nipotino di Scooby-doo!”, spiegai con fare ovvio cercando di tenere puntato lo sguardo sui suoi occhi e non sulle sue labbra.
“Ma come fai a non conoscerlo? Sei scandaloso!”, esclamai subito dopo con una strana smorfia disegnata sul viso.
Lui scosse di nuovo il capo, quasi come fosse rassegnato, poi sorrise.
“Va bene Scooby-doo, che ne dici di andare adesso che si sta facendo tardi?”, disse ad un soffio dalle mie labbra.
Aveva gli occhi verdi, tanto profondi quanto trasparenti, puntati nei miei, un sorriso appena accennato e due fossette ad incorniciarlo, mentre dal cappellino usciva qualche ciuffo riccio ribelle.
Era bellissimo.
“Va bene, papà.”, lo assecondai con tono da bambina.
Lui arricciò il naso
“Non chiamarmi papà!”, si lamentò con una strana smorfia sul viso.
“E perché mai? Tu mi hai chiamata Scooby-doo!”, gli feci notare.
Lui quasi non prestò neppure attenzione alle mie parole. Il suo sguardo si concentrò solo sulle mie labbra.
“Perché altrimenti non potrei fare questo.”, mormorò prima di baciarmi.
E diamine! Che bacio!
Strinse ancora di più le braccia intorno alla mia vita, io gli circondai il collo con le mie, mentre approfondivamo il bacio, facendo giocare le nostre lingue.
Baciarlo era sempre un’emozione intensa, ogni volta come se fosse la prima.
Era capace di rendermi debole, congelata e senza fiato, esattamente come diceva in quella stupidissima canzone.
Sentii una mano scendere lenta fino alla base della mia schiena, per poi indugiare qualche secondo prima di continuare fino alle mie due rotondità.
Fremetti quando sentii il tocco della mano sul mio sedere.
“E non avrei neppure potuto fare questo.”, sussurrò sulle mie labbra con il fiato corto.
“Harold Edward Styles sei un pervertito!”, lo accusai a denti stretti, facendolo ridere.
Lui fece risalire la mano, poggiandola su un mio fianco, ma non accennava ad interrompere quel contatto che c’era tra i nostri corpi.
“Andiamo, non fare la pudica.”, sogghignò mentre io mi facevo rossa d’imbarazzo.
Eravamo in un museo! Eravamo in un museo e lui mi aveva palpato il culo!
“Io non sono pudica! Sei tu che sei sessualmente frustrato!”, inveii contro di lui in un sussurro.
Lui cercò di sopprimere una risata ed iniziò a baciarmi ogni centimetro del viso, mentre ancora lo sentivo sorridere sulla mia pelle.
“Mi tocchi il culo?”, mi chiese poi tutto d’un tratto.
Mi pietrificai all’istante.
Ma era scemo o cosa?
“Harry, il tuo British humour non è affatto divertente.”, borbottai prendendogli il viso tra le mie mani cosicché la smettesse di lasciare quella scia di baci bollenti, consapevole che se avesse continuato mi sarei messa ad urlare come una cagna in calore, ammesso che le cagne urlassero.
“Ma guarda che dicevo sul serio!”, chiarì lui guardandomi negli occhi, anche se potei notare una strana luce in essi.
Sbattei più volte le palpebre, sconcertata, cercando di capire se mi stesse prendendo in giro.
Stava scherzando ancora, vero?
“Prendilo come un esperimento! Di solito non mi piace quando le ragazze mi trascinano come un pupazzo da qualche parte, ma quando l’hai fatto tu prima per il museo non mi ha dato fastidio. Quindi magari, mi può piacere anche…”, provò a dire.
Ecco, una cosa che dovevo ricordarmi: Harry era davvero un pervertito.
Con un dito lo bloccai prima che potesse giungere al termine di quella frase, ma le sue labbra si piegarono istintivamente in un sorriso soppresso
Sì, mi stava prendendo in giro.
“Scordatelo.”, lo apostrofai risoluta, cercando di non preoccuparmi della strana sensazione di calore che sentivo sulle guance.
Se fossero state rosse, avrei preferito non saperlo in quel momento.
Lui iniziò a sbattere le palpebre, guardandomi con gli occhi dolci, nel chiaro tentativo di convincermi facendomi tenerezza.
“No.”, ripetei ancora.
“Una cosa piccola, veloce ed indolore! Giusto per capire…”, riprovò ancora una volta con sguardo supplichevole ed un sorriso disegnato sulle labbra, incorniciato da due fossette.
“No.”, lo interruppi.
“Solo una volta!”, continuò imperterrito afferrandomi le mani per poi portarle all’altezza del suo petto e giungerle quasi in un gesto di preghiera.
“No!”, ormai la mia voce sembrava un disco incagliato.
“Dai!”, quasi m’implorò.
“No! Sei un pervertito!”, sbottai allora seccata, facendolo ridere.
“Mi piace quando ti imbarazzi.”, confessò ad un soffio dalle mie labbra, tornando serio tutto d’un tratto.
“E a me non piace quando fai l’idiota.”, controbattei cercando di rimanere immune alla vicinanza e, purtroppo dovevo ammetterlo, anche al suo fascino.
Harry sogghignò, prima di baciarmi ancora una volta e un’altra ancora e un’altra ancora.
Quando poi ci decidemmo a tornare in hotel era davvero tardi, così dovetti sbrigarmi a preparare le valigie.
“Ci vediamo tra due settimane.”, sussurrò Harry sulle mie labbra, un attimo prima che salissi sul taxi che mi avrebbe portata all’aeroporto insieme alle mie amiche.
“Sfoglierò le riviste di gossip tutti i giorni per non dimenticare la tua faccia.”, scherzai accennando ad un sorriso.
Quello era il mio strano modo per chiedergli, implicitamente, di comportarsi bene.
“Dì piuttosto che le leggerai per controllarmi.”, mi punzecchiò lui.
Era bella quella sensazione: mi sentivo compresa anche senza aver parlato.
A dir il vero solo Harry riusciva a farmi sentire così.
“Avrò talmente tanti appuntamenti che mi scorderò non solo il tuo viso, ma anche il tuo nome.”, continuai avvicinandomi ancora alle sue labbra.
Lui sorrise, tirando su l’angolo sinistro della bocca, mostrando quella piccola fossetta con la guancia.
“Io invece non farò altro che pensare a te.”, mormorò guardandomi negli occhi così intensamente che ebbi la sensazione che il marrone dei miei si mescolasse al verde dei suoi.
Sperai con tutto il cuore che quelle parole fossero vere.
“Dobbiamo andare, o perderemo l’aereo!”, mi richiamò Rossella dall’abitacolo del taxi, richiamando sia me che Ludo, ancora intenta a salutare Niall.
Annuii, guardai Harry ancora per qualche secondo, prima che lui facesse aderire le mie labbra alle sue.
“Farò il bravo, promesso.”, sussurrò al mio orecchio quando ci staccammo a corto di fiato.
Sorrisi e probabilmente sul mio viso si dipinse la cosiddetta espressione da pesce lesso, ma non mi interessava.
In quel momento volevo solo godermi gli ultimi istanti con Harry.
“Ciao riccio.”, lo salutai, provando a liberarmi dalla sua presa, ma lui me lo impedì.
“Ciao Scooby-doo.”, disse con un filo di voce, prima di baciarmi ancora.
“Ehi piccioncini! Qui si sta facendo tardi!”, borbottò nuovamente Rossella, interrompendoci.
Mi scostai dal suo viso, mordicchiandomi le labbra.
Avrei voluto che quel momento non fosse mai finito.
“Chiamami appena arrivi.”, mi ricordò Harry mentre svincolava quella sorta di abbraccio che ci teneva legati, tenendo ancora una mia mano tra le sue.
“Sarà la prima cosa che farò.”, accordai annuendo.
Gli sorrisi ancora, poi ritirai la mano e salii sul taxi, subito seguita da Ludovica, che con gli occhi lucidi si sforzava di non piangere.
Harry rimase fermo sulla soglia del marciapiede, mentre vedevo la sua sagoma farsi sempre più piccola sullo specchietto retrovisore, fino a quando non sparì del tutto.
Mi sarebbe mancato Harry.

---




A
ngolo Autrice
Buon sabato pomeriggio a tutte, mie care carotine!!!:D
Oggi è stata una giornata durissima, per non parlare poi della settimana...
Un vero schifo insomma, ma non ci pensiamo, visto che è finita!!*.*
Piuttosto, veniamo a noi!!:D
Ludo sta con Niall finalmente!!*.*
Secondo me insieme quei due sono dolcissimi!!!<3
E Juls comincia a diventare famosa su internet!!xD
Cioè, vorrei dire... pure suo padre è venuto a sapere della sua relazione!!
Però prima o poi sarebbe dovuto succedere visto
che le ragazze di Harry non passano mai inosservate!!
Anyway, la scena al museo era per ricreare qualcosa di simpatico,
visto che ora lei riparte.
Volevo che si lasciassero senza lacrime o litigi,
consapevoli di aver passato in modo splendido il loro tempo insieme.
Beh, in questo capitolo ci sono dei riferimenti,
uno è quello importante,
che verrranno ripresi nel prossimo.
Ricordo che con questo siamo a 28 e la storia finisce al 30esimo,
il 31esimo se si considera anche l'epilogo.
However, passiamo a cose ancora più importanti!!
Ringrazio di cuore quelle magnifiche 10 persone che
 hanno lasciato una recensione questa settimana,
per me è sempre una gioia immensa poter leggere i vostri pareri, davvero!!*.*
E ringrazio anche quelle persone che hanno inserito la storia tra preferite, seguite e ricordate!!*.*
Non credevo di poter ricevere tanto supporto,
ma voi l'avete reso possibile!!*.*
Grazie anche ai silenziosi lettori che continuano a seguire!!:D
Risponderò alle recensioni il prima possibile,
di questo potete starne certe!;)
Bene, ora vado a prepararmi per la serata!:D
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo!!!;)
A domani!!:*
                                                         Astrea_

 

 

 

Ritorna all'indice


Capitolo 29
*** Only you. ***


f


Every piece of your heart

Only you.

Il rientro a Roma era stato davvero traumatico. Non solo avevo dovuto lasciare quella città, che era a dir poco stupenda, il clima molto più fresco rispetto al caldo asfissiante che c’era qui, la libertà ed il caffè dello Starbucks, ma anche Harry e quella era senza dubbio la cosa peggiore.
Ludovica continuava a sentirsi con Niall tanto frequentemente da avere l’impressione che l’irlandese fosse realmente con noi, mentre Rossella si era rassegnata all’idea che Zayn stesse frequentando di nuovo la sua ex, quella di cui avevano parlato nell’intervista sul cui conto il ciuffo aveva negato tutto.
Bene, aveva mentito.
Lui e Perrie Edwards erano tornati insieme ed erano più felici che mai e non si faceva che parlare d’altro.
Ross all’inizio ci era rimasta davvero male, ma già nell’arco di quelle due settimane si era ripresa, almeno in parte. Zayn era stata la sua prima vera cotta, non che se ne fosse innamorata, sia chiaro, ma era comunque stato importante per lei.
Tutt’altra storia eravamo io ed il riccio.
Per quanto continuassi a ripetermi che fosse una stupida cotta per un cantante famoso, io ero innamorata di Harry e non ci voleva di certo un genio per capirlo.
“Ti senti le farfalle allo stomaco quando ti si avvicina?”, mi aveva chiesto Rossella qualche pomeriggio dopo il nostro rientro, mentre passeggiavamo per la città.
Io avevo strabuzzato gli occhi.
“Le farfalle? Quelle al massimo le sento quando parla alla radio! Quando mi è vicino è molto, molto peggio!”, avevo confessato con tono quasi scandalizzato, come se le parole della mia amica fossero state un’eresia.
“Il tuo cuore batte forte quando sei con lui?”, mi aveva domandato questa volta Ludovica.
“Lu, non siamo in una puntata di ‘piccoli problemi di cuore’! Il mio passa da perdere battiti a voler scoppiare fuori dal petto quando il riccio è nei paraggi! Neanche riesco a controllarlo!”, avevo sbottato allora sempre più con tono indignato.
“Ed il tuo cervello? Che fine fa il tuo cervello?”, aveva continuato l’interrogatorio la rossa.
Scossi la testa, prendendo una boccata d’aria.
“Mi dimentico persino come mi chiamo! Il che può solo significare che il mio cervello se ne va letteralmente a fare in c…”, avevo dichiarato gesticolando con le mani, per poi essere interrotta da Ludo.
“Abbiamo afferrato il senso!”, si era affrettata a dire.
Tra di noi calò il silenzio per qualche secondo, fino a quando mi resi finalmente conto delle cose che avevo detto, ma soprattutto della naturalezza con la quale erano uscite dalla mia bocca.
“Secondo voi cos’ho? Sono malata? Ho qualche disturbo psicologico?”, avevo chiesto con voce tremante al loro indirizzo.
Ludo mi aveva abbracciata comprensiva, mentre Rossella era scoppiata a ridere.
“Sì, è il morbo dell’amore!”, aveva scherzato la rossa ancora ridendo fragorosamente.
Io le avevo lanciato uno sguardo truce, accoccolandomi meglio tra le braccia della bionda.
“Ross ha ragione, sei innamorata di Harry.”, aveva ripetuto Ludo molto meno sguaiatamente dell’altra.
“Ma non può essere.”, avevo borbottato io, spaventata da quelle parole.
“E perché mai?”, mi aveva domandato la bionda scrutandomi bene.
Anche Ross aveva smesso di ridere.
“Perché lui è Harry! Ed io sono Giulia!”, avevo esclamato con la voce stranamente tremolante.
“Io sono Rossella e lei è Ludovica!”, aveva ironizzato la rossa in tutta risposta.
Le avevo lanciato uno sguardo di sufficienza, prima di rifugiarmi sulla spalla di Ludo.
“Guarda che non è una cosa brutta o di cui vergognarsi.”, aveva commentato la bionda cercando di rincuorarmi.
“Io vorrei gridarlo al mondo che sono innamorata di Niall!”, aveva aggiunto subito dopo con uno smagliante sorriso disegnato sulle labbra ed un’espressione sognante dipinta sul viso.
L’effetto dell’amore era inquietante.
“Ma io non sono tipa da cioccolatini, bacini, paroline dolci, regalini…”, avevo delirato.
“Abbiamo capito! Niente diminutivi!”, mi aveva interrotta Rossella, sogghignando.
“Ross, smettila! Così non sei d’aiuto!”, l’aveva rimproverata Ludo, prima che io potessi riprendere a farneticare.
“Non sono tipa da fidanzamento ufficiale, presentazione ai genitori, matrimonio, famiglia, figli…”, avevo balbettato dando i numeri.
“Ehi, una cosa per volta Giù!”, mi aveva bloccato la bionda con voce calda e rassicurante.
“E poi Harry ha detto in un’intervista che a lui piace il sesso sicuro, quindi non preoccuparti inutilmente! Il preservativo lo usa!”, aveva scherzato la rossa facendo ridere Ludovica, mentre io mi limitai a mandarle uno sguardo omicida.
“Dai Lia, non prenderla così seriamente.”, aveva poi aggiunto quasi per cercare di scusarsi. “Ti sei solo innamorata, non hai mica ucciso nessuno!”, aveva continuato ancora, facendosi più vicina.
In fondo, ma molto in fondo, aveva ragione.
“E se fossi in te ne approfitterei per bene, visto il gran pezzo di figo che…”, aveva provato a dire.
Stava parlando del mio ragazzo?
“Lo so cosa pensi del mio ragazzo!”, avevo sbottato per evitare che portasse a termine quella frase, quasi con tono stizzito.
“Non sarai mica gelosa?”, mi aveva provocato sempre la rossa.
“Va bene, ora basta! Andiamo a mangiarci un gelato!”, aveva proposto Ludo alzandosi dalla panchina sulla quale io e lei eravamo sedute.
Sì, ero gelosa ed ero fottutamente innamorata di Harry.

Era stato quel pomeriggio che l’avevo finalmente capito.
Anzi, sarebbe stato decisamente più corretto dire che l’avevo finalmente ammesso, perché, in realtà, lo sapevo da sempre.
Lo sapevo quando, la prima volta che lo avevo visto, mi aveva sorriso pensando che non avessi capito quello che aveva detto in inglese al suo amico.
Lo sapevo quando, prima di andare via, mi ero girata per un’ultima volta e avevo incontrato i suoi occhi verdi e limpidi.
Lo sapevo quando gli avevo parlato per la prima volta nel backstage, dopo il concerto, quando lo avevo incontrato il giorno dopo in ospedale, quando mi aveva dato il suo cappellino e quando ci eravamo baciati per la prima volta.
Lo sapevo persino quando lui non era con me, quando era partito senza dirmi nulla, quando avevo soffiato le candeline, desiderando solo la felicità, ed avevo rivisto i suoi occhi.
Lo sapevo quando era tornato, quando mi aveva chiamata, quando mi aveva vista baciare Massi, quando ero andata a cercarlo a casa sua.
E lo avevo saputo persino per tutto il tempo che avevo trascorso con lui a Londra, ogni minuto, ogni secondo.
Tutto in quei giorni sembrava gridarmi quanto amore provassi per quella testa riccia, ogni ricordo, ogni parola, ogni gesto.
Ma non avevo mai avuto il coraggio di confessarlo, neppure a me stessa,troppo timida, orgogliosa e allo stesso tempo spaventata dalla complessità di quel sentimento totalizzante che mi stravolgeva tutta, anima e corpo.
Eppure in quel momento mi sembrava essere una cosa talmente giusta, talmente naturale, talmente bella che avrei voluto anche io gridarla al mondo intero, esattamente come aveva detto Ludovica.
Sì, ero innamorata di Harold Edward Styles.
Fremevo dalla voglia di rivederlo, pur sapendo che avrei dovuto aspettare ancora tanto, troppo tempo.
Ci saremmo dovuti vedere il giorno successivo, a distanza di due settimane dall’ultima volta, ma appena due giorni prima gli avevano imposto di partecipare ad una serata, per esibirsi in diretta e loro non avevano potuto rifiutare.
Così avevo dovuto mettermi il cuore in pace e rassegnarmi all’idea che forse non l’avrei rivisto più tanto presto.
Avevo da poco terminato di cenare, così avevo deciso di prendere il portatile e riguardare qualche video dei vari concerti dei One Direction pubblicati su internet dai fans, per poterlo rivedere.
Mi mancava terribilmente e non riuscivo a non pensarlo neanche solo per un istante.
“Giù, ne abbiamo abbastanza di questa canzone! Almeno cambiala!”, si lamentò mia madre quando feci partire ‘What makes you beautiful’, scelta ovviamente per l’assolo di Harry.
Sbuffai, mentre mi mettevo più comoda sul divano del salotto, poi l’assecondai, scegliendone un’altra, ‘Moments’.
Sorridevo ogni volta che sullo schermo appariva il volto di Harry, esattamente come facevano Rossella e Ludovica ogni volta che si parlava dei One Direction, o almeno come facevano prima di conoscerli.
Non mi preoccupai neppure di nascondere la mia espressione, intenta com’ero a cogliere tutti i particolari dei suoi movimenti, come se volessi coglierne qualcuno che solo io avrei potuto notare.
“Sembri un pesce lesso.”, commentò mia madre sogghignando, senza troppi peli sulla lingua.
Non risposi neppure, cercando di rimanere concentrata.
Uno strano titolo in inglese attirò la mia attenzione. Citava i nomi di Danielle ed Eleanor affiancato dal titolo della stessa canzone che stavo ascoltando.
Lo aprii, curiosa di scoprire di cosa si trattasse.
Sorrisi ancora quando capii: mentre Liam cantava la prima strofa, veniva interrotto dalla voce di Louis che gridava il nome della ragazza del primo, deconcentrandolo cosicché lui finiva per non fare l’acuto. L’inverso, invece, succedeva qualche minuto dopo.
Dopotutto erano davvero simpatici e teneri.
Il cellulare vibrò sul cuscino del divano, a pochi centimetri dalle mie gambe.
Non controllai neppure chi fosse, perché già lo sapevo.
“Hazza.”, lo salutai non appena ebbi accettato la chiamata.
“Ehi Juls, sto per andare sul palco.”, mi informò e la sua voce era particolarmente tesa.
Spostai il portatile sul tavolino davanti al divano e mi concentrai sul riccio.
“Ansia da prestazione?”, chiesi senza neppure rendermi conto del doppio senso.
Harry rise dall’altro capo del telefono, mentre mia madre mi guardò torva.
“Smettila di ridere! Tanto lo so che hai capito cosa intendevo!”, borbottai per farlo smettere, senza troppi risultati.
“Guardi la diretta stasera?”, mi chiese tutto d’un tratto, tornando teso.
“Non avevo intenzione di farlo, ma…”, stavo per acconsentire, quando fui bloccata dalle sue parole.
“Cosa stai facendo di così importante per non guardarmi in tv?”, mi chiese allora quasi scherzando, ma capii perfettamente che stava cercando di mascherare l’agitazione.
“Guardo te e gli altri su youtube.”, risposi semplicemente, senza preoccuparmi di sembrare patetica.
In quel momento Harry aveva solo bisogno di essere rassicurato.
Lo sentii sogghignare per qualche secondo.
“Sì, ma non farti illusioni. Sto vedendo questo video solo perché il titolo ha destato la mia curiosità!”, chiarii facendo finta di borbottare e lui rise ancora di più.
“E che video sarebbe?”, mi domandò più spensierato e rilassato.
“Uno in cui Louis e Liam si prendono in giro con i nomi delle loro fidanzate.”, risposi con sincerità.
“Ah, davvero?”, mi aveva chiesto quasi scettico.
“Mi è capitato sotto gli occhi, perciò. Ma tranquillo, ne ho già abbastanza della tua faccia. Ora lo tolgo.”, scherzai, ma non sentii la sua solita risata cristallina dall’altro lato.
“Guarda la diretta.”, sussurrò questa volta con un filo di voce.
La sua non era più una domanda, quasi una supplica.
“Guardala, anche se non sei una mia fan. Guardala per prendermi in giro!”, esclamò poi con più sicurezza.
Era strano.
“Va bene, Hazza.”, acconsentii.
“Non mi stai prendendo in giro solo perché non posso essere sicuro che tu la guarderai?”, mi domandò ancora con fare retorico, con un filo di preoccupazione nel tono di voce.
“Guarderò la diretta, promesso.”, dichiarai allora, per fargli capire che davvero l’avrei fatto.
Mi parve tirare un sospiro di sollievo.
“Ora devo scappare, tu accendi la tv.”, mi disse veloce come un fulmine.
“Ciao Scooby-doo.”, mi salutò senza darmi neppure la possibilità di replicare.
Su internet cercai veloce il canale dove sarebbe stata trasmessa la loro esibizione, poi mi ci sintonizzai sul televisore.
“Ora segui anche tutti i suoi concerti?”, mi chiese mia madre, sedendosi accanto a me, mentre sullo schermo prendeva vita l’immagine di un palcoscenico.
“Era teso, mi ha chiesto di vederlo.”, risposi sincera, ma dal mio tono di voce si intuiva chiaramente che fossi preoccupata.
Mia madre non aggiunse nulla, spostando lo sguardo sulle immagini che venivano proiettate davanti ai nostri occhi.
Il programma, ovviamente, era in inglese.
“Stasera sono nostri ospiti i One Direction! Accogliamoli con un clamoroso applauso!”, diceva un presentatore sulla quarantina, indicando con un braccio la direzione dalla quale sarebbero arrivati.
Il primo della fila era Liam, subito seguito da Niall e Zayn. Louis, invece, era rimasto indietro con Harry, l’ultimo.
Tirai un respiro profondo e sperai che tutto andasse bene.
Il pubblico era in delirio ed acclamava i loro nomi.
Subito partì la musica di quella che riconobbi essere ‘Gotta be you’.
L’inquadratura si soffermò su Liam, che cantava la prima strofa, mostrando un suo primo piano. Fece una panoramica generale, per poi finire su Harry, che aveva appena iniziato ad intonare le parole della sua parte.
“Can we fall one more time? Stop the tape and rewind. And if you walk away I know I’ll fade, ‘cause there’s nobody else it’s gotta be you.”
Sussultavo ad ogni sua più piccola parola, pendevo dalle sue labbra e da ogni movimento che faceva sul palcoscenico.
“Scooby-doo, it’s gotta be you, only you.”
Trattenni il respiro per svariati secondi, prima che un sorriso, enorme, gigantesco, mastodontico si disegnasse sulle mie labbra.
“Ma il tuo ragazzo ha fatto una canzone su Scooby-doo?”, mi chiese mia madre scettica, mentre mi squadrava cercando di dare una spiegazione logica alla mia reazione.
Non riuscii neppure a risponderle, le parole mi si bloccarono in gola, sorridevo soltanto, mentre continuavo a guardare le immagini scorrere sullo schermo.
La telecamera tornò ad inquadrare il volto di Liam che aveva appena iniziato a cantare la seconda parte della canzone, poi si soffermò veloce su ognuno di loro, per fissarsi, infine, sul volto di Zayn.
L’inquadratura si allargò lentamente, cosicché quando partì il ritornello per la seconda volta tutti fossero ben visibili sullo schermo.
Harry era più rilassato, si muoveva portando il tempo.
“’Cause it’s gotta be you, only you.”
E fu in quel momento che venne fatto un suo primo piano. Harry fissava dritto la telecamera, quasi mi sembrò che potesse vedermi. Sorrise appena mentre cantava con tutta la voce e la forza che aveva quelle due magiche paroline.
“Scooby-doo, only you.”
Rimasi incantata a guardarlo, non mi accorsi neppure che la scena era cambiata.
Continuavo a vedere i suoi occhi chiari davanti a me, mentre pronunciava quello stupido soprannome, ed immaginavo il suo bellissimo sorriso incorniciato da due fossette.
“One, one, one more time. One, one, one more time.”, solo allora mi riscossi almeno in parte dallo stato in cui ero precipitata e il televisore non trasmetteva più il viso di Harry, ma quello di Zayn.
“’Cause it’s gotta be you, it’s gotta be you.”, riprese poi il riccio per l’ultima volta, muovendo la testa a ritmo.
“Ma veramente questa canzone parla di Scoody-doo?”, mi domandò mia madre interrompendo quel magico momento.
“It’s gotta be you.”, quasi lo urlò con tutto il fiato che aveva in gola, piegandosi su sé stesso.
“L’ha detto per me.”, quasi sussurrai più a me stessa che a mia madre, come per capacitarmi di quelle parole.
“Only you.”, continuò Harry guardando ancora una volta l’obiettivo della telecamera.
“It’s gotta be you, only you.”, terminarono insieme raggiungendo il riccio al centro del palco.
Il pubblico iniziò a urlare e ad applaudire le mani, esultando per la loro perfetta performance.
Guardai Harry, nonostante l’inquadratura era piuttosto lontana per riprendere il gruppo al completo.
Mi sembrava più rilassato ora, sereno. Sorrideva e sorridevo anch’io con lui.
Il presentatore si affrettò a risalire sul palco, per condurre una veloce intervista, facendo una domanda sul nuovo video, poi sull’album e via dicendo, probabilmente soffermandosi anche su quella leggera ed inattesa modifica del testo del ritornello di quella canzone.
Non riuscii a seguire un briciolo della conversazione, intenta solo ad osservare ogni più piccolo gesto di Harry, poi quando finalmente li vidi lasciare il palco, afferrai il cellulare e composi il suo numero.
Ad ogni squillo il mio cuore perdeva un colpo.
“Scooby-doo!”, mi salutò Harry allegro rispondendo finalmente alla chiamata.
“Harry.”, sussurrai con un filo di voce, cercando di trattenere le lacrime che già pizzicavano i miei occhi.
“Scusa per prima, ero parecchio agitato stasera, le prove non erano andate bene, avevo steccato tutti gli acuti, così ho pensato di chiamarti. Poi tu mi hai detto del video e mi è venuto in mente di cambiare le parole della canzone, per te.”, disse e nel suo tono di voce non c’era più preoccupazione, lo percepivo rilassato, tranquillo e spensierato.
“Grazie, è stato bellissimo.”, balbettai con voce incerta.
“Non dirmi che ti ho fatta piangere? E per fortuna che volevo farti sorridere!”, scherzò lui, nel tentativo di consolarmi.
Sorrisi tra un singhiozzo e l’altro, tanto che persino mia madre si avvicinò a me per vedere cosa stesse succedendo.
“Mi machi.”, sussurrai talmente a bassa voce che temetti non mi avesse sentito.
A quelle parole anche mia madre sembrò capire cosa stesse succedendo, così andò in cucina, lasciandomi sola.
“Se ogni volta che ti dedico una canzone fai così, allora giuro che lo farò più spesso!”, esclamò Harry mentre immaginavo un sorriso angelico disegnarsi sulle sue labbra.
Sorrisi alle sue parole, mandando giù un groppo in gola.
“Mi manchi anche tu, Juls.”, confessò qualche attimo dopo, tornando immediatamente serio.
“Harry, dobbiamo andare! Ci stanno aspettando per delle foto!”, lo avvisò Niall la cui voce mi giunse come un lontano eco.
“Devo andare.”, mormorò Harry.
“Non fare troppe stragi di cuori.”, ironizzai con la voce ancora impastata.
“E tu non piangere più.”, disse imitando il mio tono di voce.
“Ci sentiamo domani, Juls. Buonanotte.”, mi salutò dopo qualche altro secondo.
“Buonanotte.”, sussurrai prima di chiudere la chiamata.
Diamine, quanto mi mancava! E diamine, quanto lo amavo!

---





Angolo Autrice
Buonsera carotine dolcissime!!!<3
Questa sera non torno a scuola!!*.*
Per fortuna, chissà per quale grazia concessa, ci hanno dato un giorno di vacanza,
quindi domani non ho lezioni, dunque posso starmene a casa un giorno in più!!!:D
Ok, magari non vi interessa garnché,
però io sono troppo felice!!!*.*
Ma ora passiamo al capitolo!
Lo so, lo so, è disgustosamente romantcio,
quasi mi è venuto da vomitare quando l'ho letto...
Cioè, vorrei proprio capire cosa mi passava per la testa quando l'ho scritto!!xD
Passi sul fatto che l'amore ti annebbia la vita,
ma io ero davero cieca per scrivere certe cose, diamine!!xD
Vabbè, lasciamo perdere, che è meglio!ù.ù
Allora, ci tengo a specificare che il video in cui Louis
pronuncia il nome dell'ormai ex-ragazza di Liam mentre lui canta la sua parte di Moments
e poi viceversa esiste davvero.
L'ho trovato su youtube e mi è subito sembrato dolcissimo!*.*
Altra cosa importante:
è vera anche la modifica del testo di Gotta be you.
In realtà Harry lo fa per scherare, almeno credo,
ma io ho aggiunto di mia iniziativa dei precedenti
così da poter giustificare in tutto altro modo quello Scooby-doo.
Ok, questo capitolo è concentrato essenzialmente sui sentimenti di Juls
e sulla lontananza che, purtroppo, la divide da Harry.
Sarà per sempre così?
Costretti a vdersi soltanto una volta ogni chissà quanto??
Spero il capitolo vi sia piaciuto, nonostante tutto lo sfondo romantico....xD
Ringrazio di cuore le 7 persone che hanno lasciato
una recensione nel capitolo precedente!*.*
Davvero, io vi ADORO!!!!<3
Ringrazio anche le 55 persone che hanno inserito la storia tra le preferite,
quelle 53 persone che invece l'hanno inserita tra le seguite
e quelle 7 persone che l'hanno aggiunta alle ricordate...
A MASSIVE THANK YOU!!!<3
Grazie anche ai silenziosi lettori!:D
Bene, detto anche questo, credo proprio che andrò in cucina
a preparare una bella tazza di cioccolata calda!*.*
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo, se vi va...;)
Un bacio a tutte/i (nel remoto caso in cui ci sia anche qualche maschietto in giro) voi!
Alla prossima!:*
                                                             Astrea_

Ritorna all'indice


Capitolo 30
*** More than this. ***


g

Every piece of your heart

More than this.

Il giorno successivo mi svegliai quasi all’alba, quando il cielo era ancora scuro e l’aria fresca e tagliente.
Non avevo dormito affatto bene quella notte, complice la lontananza che divideva me ed Harry.
Per quanto tempo ancora saremmo potuti andare avanti così? Chiamandoci ad ogni ora del giorno e della notte senza mai vederci?
Tra l’altro in autunno io avrei anche dovuto frequentare l’università e ciò non avrebbe fatto altro che rendere le cose ancora più difficili di quanto già non lo fossero.
Presi un libro tra le mani, uno di quelli che avevo letto decine e decine di volte, e lo aprii ad una pagina a caso, iniziando a leggere esattamente da quel punto.
Mi resi ben presto conto che non ero assolutamente in grado di terminare neppure un periodo senza indugiare per tempi inesorabilmente lunghi su ogni parola.
Era frustrante come ogni cosa mi ricordasse ogni singolo metro che mi divideva da Harry.
Decisi di chiudere il libro con un sonoro e deciso gesto, poi lo abbandonai sul comodino.
Poggiai un solo piede sul pavimento bianco e freddo della mia stanza, per darmi lo slancio che mi avrebbe permesso di arrivare con le mani al portatile che era sulla mia scrivania.
Lo afferrai per poi ricadere a peso morto sul morbido materasso del mio letto.
Lo accesi e senza neppure un valido motivo cercai il nome di Harry su internet.
Vedere le sue immagini, i suoi video, seguire i suoi spostamenti quasi poteva darmi la lontana idea di essere con lui.
Sorrisi quando trovai un video in cui i ragazzi cercavano in tutti i modi di distrarlo mentre cantava un assolo durante un loro concerto, dandogli piccoli buffetti o toccandogli il sedere.
Andai avanti, alla ricerca di qualche altro momento della sua vita che non avevo potuto condividere con lui.
Reggiseni buttati sul palco, strane mosse di danza, cadute improvvise che cercava di camuffare e poi Liam e Zayn che all’improvviso gli aprivano la camicia, tirandogliela per le estremità.
Dovetti soffocare una risata per non svegliare i miei quando vidi quella scena, era davvero esilarante.
Gli altri ridevano, mentre lui cercava di coprirsi come meglio poteva senza rinunciare ai suoi esagerati movimenti che poi finivano per smuovergli la camicia dal petto, ed il gioco ricominciava dall’inizio.
Certo, non mi piaceva affatto la prospettiva che Harry fosse esposto come carne da macello davanti ad una serie di panterone affamate, ma ero consapevole del fatto che anche quello faceva parte del suo lavoro e dovevo accettarlo.
Continuai a navigare su internet, incantandomi a guardare i suoi bellissimi occhi verdi che in foto non rendevano neppure bene.
Solo quando sentii mia madre bussare alla porta mi resi conto di tutto il tempo che era passato.
“Giù, sei sveglia?”, mi chiese entrando.
“Buongiorno mamma.”, borbottai ancora con la voce roca in tutta risposta alla sua domanda.
“Ma che ore sono?”, chiesi lasciandomi scappare uno sbadiglio.
“Le otto, ma c’è una visita per te.”, annunciò lei sorridendomi a trentadue denti.
“Per me? A quest’ora?”, chiesi scettica mettendomi seduta sul letto.
“Sì, tuo padre l’ha visto che aspettava in macchina quando è uscito per andare a lavoro, così ha pensato di farlo entrare ed ora è giù che ti aspetta.”, mi spiegò lei con gli occhi che le brillavano.
Neppure capii bene le sue parole, stanca e stralunata com’ero.
“Ma lui chi?”, chiesi allora quasi come se stessi su un altro pianeta.
“È in salotto, corri.”, disse soltanto mia madre facendo spallucce.
Harry? Harry? Harry? Harry?
Non me lo feci ripetere ancora e senza neppure infilare le pantofole scesi giù per le scale come una furia.
Intravidi la sua chioma riccia quando ancora ero sulle scale.
Il mio cuore si fermò un attimo, poi riprese a galoppare tanto forte da farmi venire il mal di testa.
“Harry!”, urlai abbracciandolo da dietro.
Lo sentii ridere, mentre poggiava le sue calde mani sulle mie.
Con calma si rigirò tra le mie braccia, per poi cingermi la vita con le sue.
“Buongiorno.”, sussurrò soltanto prima che mi baciasse a fior di labbra.
“E da quando hai deciso di fare il bravo limitandoti ai baci a stampo?”, gli chiesi ironica senza neppure rifletterci.
Mi era mancato così tanto che di certo non mi sarebbe bastato un bacio del genere come saluto!
“Da quando siamo a casa tua.”, mi fece notare sorridendomi sulle labbra, quasi volesse costringersi ad evitare contatti troppo ravvicinati con la sottoscritta per presentarsi nel migliore dei modi ai miei genitori.
Al diavolo casa mia e al diavolo mia madre che poteva scendere da un momento all’altro.
“A me non interessa.”, borbottai baciandolo, questa volta per davvero però.
All’inizio lui non si lasciò andare, era piuttosto rigido, poi quando decisi che era arrivata l’ora di approfondire quel bacio, lo sentii sciogliersi completamente al tocco della mia lingua.
“Ecco, questo sì che è un buongiorno!”, ironizzai con un soffio sulle sue labbra.
Lui sogghignò.
“Pare quasi che si siano invertite le parti!”, commentò poi, mentre l’angolo sinistro delle sue labbra si sollevava fino a farle curvare in un sorriso incorniciato da due fossette.
Persino quelle erano sexy!
Gli afferrai un ciuffo con le dita, poi iniziai a giocarci, mentre i nostri visi erano ancora a pochi centimetri di distanza.
“È stata…”, iniziai indugiando sull’aggettivo che sarebbe stato giusto usare per descrivere quello che aveva fatto la sera precedente durante la diretta.
Sapevo bene com’era stata, diamine se non lo sapevo, ma non volevo sembrare patetica nel dirlo ad alta voce, a lui soprattutto.
“È stata particolarmente bella la canzone, ieri sera.”, conclusi allora, senza sbilanciarmi troppo.
Harry sogghignò, poi mi guardò meglio negli occhi.
“Particolarmente bella? Guarda che puoi dirlo che è stata un’idea originale, romantica e perfetta, come me d’altronde!”, mi provocò lui soffiando sulla mia pelle cosicché mille piccoli brividi mi percorsero tutta.
Feci roteare gli occhi, mentre mi sforzavo di non ridere.
“E va bene, mister ‘egocentrico presuntuoso’!”, scherzai, accordandogli quegli aggettivi che in realtà erano ancora riduttivi se paragonati a quello che aveva fatto, ma soprattutto a lui.
“Ragazzi, cosa avete intenzione di fare oggi? Harry, tu rimani qui a pranzo, vero? Hai già un posto dove dormire?”, chiese mia madre senza darci neppure il tempo di rispondere.
Harry sobbalzò non appena sentii la sua voce, allontanandosi di scatto.
Ecco, ci mancava solo che avesse la fobia di mia madre!
Si grattò leggermente la testa, smuovendo i ricci, con fare imbarazzato.
“Ehm, non lo so.”, quasi balbettò. “Non si preoccupi, signora. Ancora non ho cercato un hotel perché sono arrivato stanotte, ma provvederò subito.”, disse poi riassumendo tutto d’un tratto sicurezza.
“Ma quale hotel e hotel! Sei il ragazzo di mia figlia, dormi pure qui! Preparerò il divano in salotto!”, esclamò mia madre facendosi più vicina.
Avvampai quando lo etichettò con quell’appellativo e subito sentii lo sguardo di Harry posarsi su di me, ma lo evitai, temendo di leggere nei suoi occhi cose che sicuramente avrei preferito non sapere.
“Allora grazie mille, signora.”, accettò Harry.
“E smettila di chiamarmi signora! Ho un nome io, sai? Mi chiamo Angela!”, continuò mia madre sorridendogli, probabilmente Harry doveva piacere anche a lei.
E ci credo! A chi non sarebbe piaciuto un ragazzo come lui?
“Allora grazie mille, Angela.”, ripeté il riccio calcando l’ultima parola.
Quasi mi parve che persino mia madre per un attimo si fosse lasciata incantare dai suoi occhi verdi e magnetici.
Certo, era una reazione di famiglia!
“Allora io vado a fare la spesa che non ho nulla in frigo. Lia, ti ricordi vero che alle undici deve chiamare tuo fratello dal campeggio?”, mi chiese puntandomi dritta in faccia.
Annuii con fare convinto, anche se ero sicura che me ne sarei dimenticata.
Mio fratello Marcello, che in quel momento era in un assurdo campeggio in Sardegna con la famiglia del suo migliore amico, aveva il tassativo obbligo di chiamare tutti i giorni alle undici di mattino e alle quattro del pomeriggio.
“Bene, allora io vado. Ci vediamo dopo!”, salutò mia madre dirigendosi in cucina, dove probabilmente prese le ultime cose.
Pochi minuti dopo sentimmo sbattere il portone di casa, segno inconfondibile del fatto che fosse uscita.
“Finalmente soli.”, sussurrò Harry con fare malizioso, avvicinandosi pericolosamente a me.
“Ma non ci eravamo invertiti i ruoli? Sbaglio o dovrei fare io la parte del cacciatore e tu quello della preda?”, borbottai mentre lui si faceva sempre più vicino.
Mi prese il viso tra le mani, mentre mi guardava negli occhi e mi sorrideva.
Era così bello sentirlo vicino.
“Te l’hanno mai detto che parli troppo?”, soffiò con un sussurro sulle mie labbra e, prima che potessi rispondergli, mi baciò.
Questa volta fu lui ad approfondire il bacio e fu ancora lui a spostare una mano sulla mia schiena, accarezzandomela dolcemente.
Io passai un braccio dietro al suo collo, mentre con l’altro gli cinsi forte la vita.
Con le dita iniziai a giocherellare con i ricci dei suoi capelli, mentre le nostre lingue si rincorrevano con passione.
Con estrema lentezza fece scendere una sua mano fino all’orlo della canotta che indossavo, per poi infilare le dita al di sotto di quel leggero pezzo di stoffa.
Sussultai al suo tocco sulla mia pelle.
Era qualcosa di eccezionale. Era talmente bello che non riuscivo neppure a trovare le parole per descriverlo.
“Hazza.”, ansimai sulle sue labbra quando ci staccammo quel poco che ci permetteva di respirare.
“Allora, questa storia del fidanzato?”, chiese con un sorriso sotto i baffi, ancora troppo vicino alle mie labbra.
Di certo non gli erano sfuggite le parole di mia madre.
Mi irrigidii all’istante, mentre sentivo le guance andare letteralmente a fuoco.
A me non erano mai piaciute le etichette e neppure ad Harry. Eravamo sempre e solo stati io e lui, noi.
Non ci eravamo mai definiti con un termine più specifico, o almeno non ad alta voce o in presenza dell’altro.
“Mi piace come suona e poi ammettilo, Juls la ragazza di Harry è perfetto.”, continuò lui sorridendomi.
Alle sue parole mi si riscaldò il cuore e temetti davvero di sciogliermi incantata dai suoi occhi e dal suo sorriso.
“Guarda che suona meglio Harry il fidanzato di Juls.”, lo corressi sorridendo anch’io, quasi sulle sue labbra.
“Piuttosto, tu cosa ci fai qui?”, gli domandai poi con tono meno melenso.
“Credevi davvero che sarei riuscito a stare tutto quel tempo senza vederti?”, sogghignò quasi prima di baciarmi ancora.
“Hazza.”, lo richiamai un attimo prima che la sua lingua incontrasse la mia.
“Dimmi.”, sussurrò guardandomi intensamente negli occhi.
Bene, come potevo dirgli che mi ero innamorata di lui? Con quelle parole no, eh?
Esitai ancora per qualche istante prima di parlare, mordicchiandomi il labbro.
Ma da quando erano le ragazze a doversi dichiarare per prime?
Del resto non si poteva certo dire che io ed Harry avessimo rispettato tutte le regole di un primo appuntamento, figuriamoci quindi quelle di una storia normale.
“Mi sono innamorata di te, Harry.”, quasi balbettai, tremante come una foglia scossa dal vento in pieno autunno.
E se lui non avesse ricambiato i miei sentimenti? In tal caso ci avrei dovuto pensare prima, non ora che il danno era fatto.
Harry sorrise, fino a far sfiorare il suo naso con il mio.
“Avrei voluto dirtelo io, ma al solito tu mi rubi la scena.”, mormorò sulle mie labbra.
Scossa com’ero non capii neppure il significato di quelle parole.
Rimasi in silenzio, senza dire nulla, guardandolo negli occhi e aspettando che mi desse una risposta che in fondo mi aveva già dato.
“Ti amo, Juls.”, sussurrò prima di baciarmi.
Si poteva essere tanto felici?
Quelle parole erano giunte dolci e soavi al mio orecchio, come una musica amena che non avrei mai voluto smettere di ascoltare.
Persino quel bacio, quello che aveva seguito la sua dichiarazione, mi era sembrato diverso dagli altri.
Era più consapevole, più intenso, travolgente, profondo.
D’istinto gli afferrai una mano e mi allontanai dal suo viso, sorridendogli appena mentre sentivo brillare una strana luce nei miei occhi.
Lui arricciò la fronte, non avendo capito le mie intenzioni.
Senza indugiare oltre mi diressi verso la rampa di scale, trascinando Harry al seguito. Mi sembrava di sentire la sua mano particolarmente tesa, mentre la mia tremava.
Avevo paura.
In pochi secondi mi trovai davanti alla porta della mia stanza. La spalancai, poi mi voltai verso Harry.
Aveva la mascella serrata, la mano libera chiusa in un pugno ed un’espressione vitrea sul volto.
Poggiai lentamente le mie mani sul suo petto, percependo distintamente il battito vigoroso e accelerato del suo cuore.
Lo guardai negli occhi ancora per qualche istante, cercando di capire cosa stesse pensando.
Forse anche lui aveva paura.
Lo spinsi leggermente, fino a quando lui non si ritrovò con la schiena poggiata allo stipite della porta.
“Juls, se fai così metti a dura prova il mio autocontrollo.”, sussurrò con voce tremendamente bassa e roca, quasi come fosse un ammonimento, procurandomi una scossa lungo tutto il corpo.
Con le dita risalii percorrendo tutto il collo, poi il mento, fino a fermarmi sulle sue labbra.
Lui le schiuse, poi socchiuse gli occhi lasciandosi scappare un sospiro.
“Juls, davvero, smettila o non sarò più responsabile delle mie azioni.”, quasi balbettò con voce ancora più bassa e sexy.
Lo volevo.
Ogni cellula del mio corpo bramava il contatto con il suo.
Volevo accarezzarlo, sfiorarlo, baciarlo. Volevo sentirmi sua, completamente.
“Hazza, potrei volere esattamente la stessa cosa che vuoi tu.”, dissi con un filo di voce, scoprendo quanto il mio tono fosse ansante ed eccitato.
Lui spostò la mano che tenevo ancora sulle sue labbra, intrecciandola con la sua fino ad appoggiarla sul suo petto, poi fissò i suoi occhi nei miei, scrutandoli come se da essi potesse leggere le parole che in quel momento nessuno dei due aveva la forza di pronunciare ad alta voce.
“Non devi sentirti costretta o…”, iniziò a dire, torturandosi i ricci con la mano che teneva libera, ma io lo interruppi.
“Lo voglio davvero.”, sussurrai tutto d’un fiato.
Lui mi guardò ancora negli occhi per qualche istante, il suo sguardo era intenso e forte.
Probabilmente voleva essere sicuro delle mie parole.
Poi, con una lentezza tale da mandarmi in tilt il cervello, sfiorò le mie labbra con le sue.
Dapprima si trattava di un bacio dolce, lento, straziante, ma poi si trasformò in qualcosa di più profondo, impetuoso, una specie di vortice che mi stava risucchiando tutta.
Harry poggiò una mano sul mio fianco, l’altra sulla spalla e dolcemente mi spinse all’interno della stanza, fino a quando non mi ritrovai con la schiena sul letto ancora disfatto.
Lui fu subito sopra di me. Con una mano gli circondai il collo, accarezzandogli i ricci ribelli, con l’altra invece partii all’esplorazione del suo corpo, passando dall’orecchio al collo, poi al petto, per scendere più giù fino alla cinta dei pantaloni.
Avvampai quando mi resi conto di quello che stava per succedere.
Io ero vergine, cazzo! Ecco, di certo quella era l’imprecazione meno adatta da usare.
Harry iniziò a ricoprire ogni centimetro del mio collo con una lunga scia di baci, ad ognuno dei quali mi sentivo sussultare, mentre con una mano risaliva verso il mio ventre, al di sotto della leggera stoffa della canotta.
“Harry.”, lo chiamai in un sussurro, ma lui parve non sentirmi.
Continuava a torturare in modo tanto delizioso la mia pelle da desiderare che non smettesse mai, mentre con la mano era ormai giunto alla base del mio reggiseno.
“Harry.”, provai ancora, questa volta quasi boccheggiando.
Lui si fermò di scatto, irrigidendosi all’istante, poi alzò la testa e mi guardò negli occhi.
Sembrava stesse combattendo una lotta interiore. Esitava, ma al contempo i suoi lineamenti tesi suggerivano frustrazione.
“Questa è la mia prima volta.”, confessai con voce tremante, stando attenta alle parole da usare.
Volevo che lui lo sapesse, volevo che lui ne avesse la certezza, ma allo stesso tempo volevo che capisse che ero sicura di quello che stavo per fare.
Lui parve rilassarsi all’istante, poi mi sorrise con fare rassicurante.
“Tranquilla.”, mormorò sulle mie labbra, come per rassicurarmi.
Non furono le sue parole, ma la sua voce a farmi completamente sciogliere.
Lui mi baciò, poi sentii le sue mani salire lungo il mio corpo per sfilarmi la canotta.
Si muoveva lento, come se volesse darmi il tempo per capire la sua prossima mossa, per farmi sentire sempre a mio agio.
Riprese a baciarmi la pelle, questa volta partendo dalla sagoma del reggiseno fino a giungere sulla mia pancia.
Sorrisi vergognosamente quando mi mordicchiò l’ombelico, prima che tornasse a baciarmi sulle labbra.
Presa da un’inaspettata intraprendenza e audacia, feci scivolare le mie mani sotto la sua maglietta, per poi aiutarlo a sfilarsela stando attenta a seguire con la punta delle dita tutte le forme dei suoi pettorali.
Lui si allontanò di qualche centimetro dal mio corpo, per potermi guardare ancora negli occhi.
I suoi erano liquidi e pieni di desiderio, non era difficile capirlo.
“Juls, sei sicura?”, mi chiese con voce roca e tremante allo stesso tempo.
Non servirono parole perché lui capisse, bastarono i miei occhi fissi nei suoi a rispondere a quella domanda.
Lo volevo. Volevo Harry con tutta me stessa e volevo che lui lo capisse.
Quel giorno feci l’amore per la prima volta. Con Harry.
Quando mi accasciai esausta sul suo petto ancora nudo ero felice, mi sentivo completa come non lo ero mai stata.
Lui teneva la testa appoggiata alla mia nuca e mi circondava le spalle con un braccio, mentre con una mano giocherellava con le dita della mia, poggiata sul suo petto.
Era stato tutto perfetto.
La mia insicurezza, la sua, la voglia di appartenerci, tutto.
“Juls.”, mi chiamò Harry con un filo di voce.
Con una mano feci leva sul suo petto e mi tirai poco più su, così da poterlo vedere negli occhi.
Rimase in silenzio per qualche secondo, probabilmente pensando a come continuare.
“Ho pensato molto a noi.”, sussurrò.
Il solo sentire la sua voce pronunciare quell’ultima parola mi procurò uno strano effetto allo stomaco e al cuore, riducendoli entrambi ad un mucchio di macerie.
Attesi ancora che continuasse, mentre continuavo a sostenere il suo sguardo intrepida.
“Vieni con me a Londra.”, propose tutto d’un fiato.
Smisi di respirare all’istante, immobilizzandomi.
“Insomma, tu devi andare all’università ed io devo lavorare. A Londra ci sono ottime università e potremmo vederci tutte le volte che vorremo, cioè non proprio tutte, ma sicuramente più spesso. Però, ti prego, non dirmi che è una scelta azzardata, perché se c’è una sola cosa di cui sono e sarò sempre sicuro sei tu, cioè siamo noi, insomma, hai capito cosa voglio dire. Ho già chiesto informazioni in diversi college, non ci sarebbe alcun problema per l’ammissione. Ma tu ora non dirmi nulla, pensaci. Sì, ecco pensaci, poi quando sarai pronta ne riparleremo. Io non voglio assolutamente metterti fr…”, aveva iniziato a delirare gesticolando come un forsennato, mentre il suo viso cambiava espressione alla velocità della luce, ma io lo bloccai poggiando il dito indice sulle sue labbra.
Mi aveva convinta già prima di iniziare lo sproloquio. Erano bastate quelle cinque parole a farmi capitolare.
“Si.”, sussurrai soltanto.
“Capisco che ora tu dica di no perché sei presa alla sprovvista, ma…”, aveva ricominciato, ma poi le parole gli erano morte in gola.
Mi guardò come fosse appena rinato, con gli occhi verdi che brillavano ed un sorriso a trentadue denti incorniciato da due fossette.
“Hai detto si?”, mi chiese a mo’di conferma.
“Si.”, ripetei annuendo convinta, mentre sorridevo con lui.
“Si, hai detto si!”, quasi urlò dalla gioia prima di baciarmi.
Era bello vederlo così felice. E finalmente lo ero anche io, felice.
Il desiderio espresso mesi prima si era realizzato.

Chissà per quale assurdo motivo il video che avevo visto quella mattina mi si parò davanti agli occhi.
“Ah, Harry.”, lo richiamai io quasi con fare canzonatorio, attirando la sua attenzione.
Lui arricciò la fronte, chiedendomi silenziosamente di continuare.
“La prossima volta ricorda a Louis, Liam e tutto il resto del gruppetto che la camicia posso sbottonartela solo io.”, borbottai ironica.
Lui sogghignò, poi si avvicinò alle mie labbra e mi baciò con foga.
Rifacemmo l’amore. Un’altra volta e un’altra ancora. Ed era tutto perfetto.
Ed io ero davvero felice.

---



A
ngolo Autrice
Salve carotine carissime!!!:D
Bene, questo è l'ultimo capitolo!
Insomma, scommetto che molte molte di voi faranno i slati di gioia per essrsi liberate finalmente di me!!
Ma io vi suggerisco di stare attente, perché ho già pubblicato il prologo di una nuova storia!xD
Ok, di questo ne parliamo dopo, ora concentriamoci sul capitolo!
Allora, Harry torna a Roma!
E poi succede tutto così velocemente:
tra ti amo, l'amore e strane proposte, direi che abbiamo finalmente raggiunto il lieto fine!
Lo so, piuttosto banale, ma che volete farci...
sotto sotto anche io sono una romanticona!
No, ok, non è vero, ma mi dipsiaceva troppo far finire male la storia!xD
Comunque sia, spero che vi sia piaciuto,
che non abbia deluso le vostre aspettative e che , in qualche modo,
sia riuscita a trasmettere almeno in parte qualcuna delle emozioni provate dai personaggi.
Sappiate che ho scritto anche un epilogo,
nel quale rivedremo i nostri protagonisti a distanza di qualche settimana,
nulla di che, sia chiaro, giusto per concretizzare il loro futuro.
Beh, i ringraziamenti li lascio per il prossimo aggiornameto,
anche perché mi mette malinconia anche solo l'idea di doverli fare!xD
Per ora ringrazio, come ogni volta, quelle meravigliose persone che hanno inserito
la storia tra le preferite, le ricordate o le seguite!!!
Siete fantastiche, davvero!!!
Per non parlare poi di quelle che hanno commentato i capitoli,
rendendomi ogni volta sempre più felice ed entusiasta!
E anche grazie a voi che questa storia è andata avanti,
come è grazie al vostro supporto che ho trovato un'altra trametta per una storielluccia...
Grazie di cuore!!!<3
E grazie ai silenziosi lettori!!:D
Beh, detto questo, volevo anche dire che ho appunto iniziato una nuova storia,
il cui prologo è stato pubblicato qualche minuto fa.
Se vi va di passare, mi fareste davvero un piacere,
anche perché non ne sono ancora del tutto sicura,
quindi qualche consiglio mi sarebbe particolarmente di aiuto.
Ci sentiamo per l'epilogo, allora!!!;)
Alla prossima!:*
                                                             Astrea_






Ritorna all'indice


Capitolo 31
*** The beat of my heart. ***


e

Every piece of your heart

The beat of my heart.

Epilogue.

Ci avevo messo un po’ per convincere i miei genitori a lasciarmi partire, ma alla fine ci ero riuscita.
Anche mio fratello non era stato molto entusiasta all’idea, ma gli avevo promesso che l’avrei telefonato tutti i giorni e che sarebbe potuto venire a trovarmi tutte le volte che avrebbe voluto.
Avevo deciso di frequentare la facoltà di medicina presso la University College London, una prestigiosa università britannica che Harry mi aveva ardentemente consigliato.
Dunque agli inizi di settembre mi ero trasferita a Londra.
Rossella e Ludovica non avevano preso molto bene la notizia, ma alle fine se ne erano fatte una ragione.
A proposito delle mie due pazze scatenate amiche, ero infinitamente grata a loro e alla loro dannatissima fottutissima passione che avevano mostrato sin dall’inizio per i One Direction.
Se non fosse stato per loro, e per la tresca di Ross, probabilmente dopo quello sguardo furtivo che ci eravamo scambiati all’incontro con i fans, io ed Harry non ci saremmo più rivisti.
Era buffo pensare a come delle strane coincidenze della vita potessero essere così importanti.
Nel frattempo, comunque, anche le mie due amiche si erano date da fare.
Ludo era ancora fidanzata con Niall, ma aveva deciso di rimanere in Italia, a Roma, dove frequentava l’università. Ormai Niall aveva preso tante di quelle volte l’aereo per andarla a trovare da poterne perdere il conto, ma a lui questo non importava.
Era felice con la bionda, lo era per davvero.
Rossella, invece, archiviata la storia con Zayn, aveva deciso di darci un taglio con i ragazzi, per dedicarsi soltanto a sé stessa e al puro relax.
Avevo infittito i rapporti anche con gli amici di Harry, gli altri componenti del suo gruppo e man mano che trascorrevo sempre più tempo con loro mi accorgevo di quanto fossero davvero simpatici.
Pochi giorni prima avevo conosciuto anche Danielle, la fidanzata di Liam, una ragazza davvero dolce e garbata, tanto che Liam al suo confronto sembrava uno scorbutico zoticone.
Completamente diversa, invece, era Eleanor, la fidanzata di Louis, sempre piena di energia e solare, capace di tener testa a quel giocherellone che si ritrovava accanto. A dir il vero, in quel periodo erano in crisi, ma era chiaro che insieme l’avrebbero superata.
Anche Zayn sembrava aver trovato la sua dolce metà, Perrie. Era tornato con lei poco dopo aver chiuso quella specie di storiella con Ross e da allora non si erano più lasciati. Addirittura girava voce che lei avesse intenzioni serie, ma per il momento ancora non era arrivato nessun invito alle nozze. Dunque il matrimonio, almeno per un altro po’ di tempo, era stato scongiurato.
Per quanto riguardava me ed Harry, invece, c’era davvero molto da dire.
Per prima cosa la settimana scorsa mi aveva portata ad Holmes Chapel, la sua città d’origine. Mi aveva presentata a sua madre Anne e a sua sorella Gemma. Inutile dire che ero stata tesa per tutto il viaggio all’idea di dover incontrale, ma poi, appena arrivata, ero stata accolta da due calorosi abbracci che avevano spazzato via ogni timore.
Sua madre era una vera forza della natura. Non si fermava mai, parlava sempre, era allegra ed energica, pronta ad apostrofare con un sorriso le baggianate che uscivano molto frequentemente dalla bocca del figlio.
Gemma, invece, era l’esatta copia al femminile di Harry. Tralasciando tutte le caratteristiche fisiche che avevano in comune, come gli occhi, il sorriso e le fossette, era il carattere la parte che più mi aveva sconvolta. Chiacchierare con lei era esattamente come chiacchierare con Harry, l’unica differenza che riuscii a riscontrare fu la perversione del mio ragazzo, della quale ovviamente sua sorella era priva.
Avevo inoltre appurato che ad Harry piacesse davvero girare nudo per casa e a me non dispiaceva affatto, anche perché in quel modo non dovevo neppure perdere tempo a spogliarlo.
Mi aveva persino presentata a suo padre, un giorno che lui era venuto a trovarlo a Londra e, per quello che mi aveva detto Harry a riguardo, gli ero piaciuta molto, non che lui avesse mai ammesso il contrario, sia chiaro.
Prima di partire, poi, mi ero fatta gentilmente restituire il cappellino di Harry che Ludo teneva come sacra reliquia in un cassetto del suo armadio, al riparo da tutti e tutto.
Ovviamente mi aveva ricattata, quindi avevo dovuto scambiare quel dannatissimo cappellino con boxer che Harry mi aveva aiutato a sottratte dal cassetto dell’intimo di Niall, per compensare la perdita alla sua personale e privata collezione di oggetti, riviste e foto della sua adorata band.
Che poi, visto che era il suo ragazzo, perché non l’aveva chiesto direttamente a lui?
Avevo preso una stanza negli appartamenti del college, che condividevo con altre tre ragazze, ma in pratica passavo tutto il mio tempo libero, e non solo, a casa dei ragazzi, con Harry.
E, per l’appunto, quella sera mi trovavo nel bagno privato al quale si accedeva dalla stanza del riccio, mentre finivo di prepararmi di fretta e furia, ovviamente in ritardo rispetto all’orario in cui avremmo dovuto incontrarci con gli altri per uscire tutti insieme.
Avremmo festeggiato l’uscita del loro album.
“Scooby, sei pronta?”, mi chiese Harry sporgendosi con la testa oltre la porta del bagno, facendo scivolare tutti i ricci sulla fronte.
“Se proprio devi chiamarmi come un cane, almeno usa il nome completo!”, borbottai mentre mettevo il mascara.
Lo sentii sogghignare, poi tramite il riflesso dello specchio lo vidi avvicinarsi a me.
Posai il mascara sul lavabo un attimo prima che le sue braccia mi circondassero forte la vita, mentre la sua testa si posizionava dolce nell’incavo del mio collo.
Mi sorrise attraverso lo specchio ed io ricambiai appena, intenta com’ero a cercare di spegnere le fiamme che sentivo bruciare nello stomaco.
Lui con un gesto lento e delicato fece risalire una sua mano sulla mia schiena, fino a giungere alla spalla.
Mi spostò i capelli da un lato, scoprendo il collo lasciato completamente nudo dal taglio del vestito che avevo deciso di indossare, poi iniziò a ricoprirlo di piccoli e seducenti baci, solleticandomi la pelle.
“Hazza, non provocarmi, dovevamo essere giù già dieci minuti fa.”, sussurrai cercando di resistere alla sua provocazione.
Lui sorrise sulla mia pelle nuda, facendomi sussultare.
“Lascia pure che aspettino.”, mormorò con voce fottutissimamente roca e sexy.
Mi mordicchiai il labbro, mentre cercavo di non farmi abbindolare dal suo stramaledettissimo fascino.
“Hazza.”, boccheggiai ancora, prima di girarmi con uno scatto e baciarlo con foga.
Bene, dovevo placare i bollenti spiriti.
“Dobbiamo andare.”, quasi balbettai sulle sue labbra poco dopo.
Lui fece una strana smorfia contrariata, prima di lasciarsi andare ad un sorriso, incorniciato da quelle due fossette che non mancavano mai.
“Ti amo.”, sussurrò con un filo di voce sulle mie labbra, guardandomi dritta negli occhi.
Il mio cuore perse un battito, forse due, tre, quattro. Tutto intorno a me parve fermarsi per interminabili secondi, assaporando la magia di quel semplice momento.
Mi sarei mai abituata ad Harry?
“Lo so, sarebbe impossibile non farlo!”, scherzai io facendo spallucce, camuffando tutta l’elettricità che sentivo scorrere in ogni fibra del mio corpo.
Harry sogghignò scuotendo leggermente il capo, così da far muovere anche i suoi ricci, poi tornò a fissarmi.
“Io ti amo sul serio, Juls.”, ripeté questa volta più convincente, come se volesse trasmettermi la veridicità di quelle parole.
Sorrisi, mentre nel mio corpo si scatenava la fine del mondo.
“Ti amo anche io, Hazza.”, dissi ancora con gli occhi puntati nei suoi.
Harry si avvicinò, fino a baciarmi con dolcezza.
“Ora però non farci l’abitudine a queste scenette romantiche!”, ironizzò lui tornando il burlone di sempre.
Feci roteare gli occhi, sorridendo rassegnata.
No, non sarebbe cresciuto mai.
Ma soprattutto no, non sarei mai riuscita ad abituarmi a lui.

Ogni momento era come se fosse il primo che trascorressimo insieme, ogni volta che i nostri sguardi si incontravano finivo per perdermi nei suoi occhi sempre con maggiore intensità di quella precedente, ogni volta che le nostre labbra si incontravano sentivo il mio corpo reagire sempre più spropositatamente, come se tutto fosse sempre nuovo con lui.
“Tranquillo, non mi piacciono le smancerie!”, chiarii io mentre uscivamo mano nella mano dal bagno.
“Ottimo, perché ho in testa un paio di posizioni nuove per quando…”, iniziò a dire con aria maliziosa, stringendo più forte la mia mano.
“Harry!”, lo bloccai indispettita. “Sei sempre il solito pervertito!”, borbottai.
Lui sorrise, avvicinandosi di scatto, poi poggiò la fronte sulla mia, facendo sfiorare i nostri nasi.
“E tu la solita nonna noiosa.”, mormorò sulle mie labbra.
“Sei odioso quando fai così.”, borbottai.
Lui fece spallucce, non curandosi minimamente di quelle parole, come se non ci credesse neanche un po’, del resto sapeva benissimo anche lui che non era così.
Mi sorrise, tirando su l’angolo sinistro delle labbra, subito accompagnato dalla fossetta, guardandomi ancora negli occhi così intensamente da poter confondere i miei marroni ed i suoi verdi.
“Io invece ti amo sempre.”, sussurrò soltanto prima di baciarmi ancora una volta.

The end.

Angolo Autrice

E con l'epilogo siamo davvero giunti alla fine!

Insomma, questa storia è terminata.

Spero vi sia piaciuta, che sia riuscita a trasmettere qualcosa,

a divertirvi o distrarvi dalla routine quotidiana.

Comunque sia, volevo ringraziare ancora una volta tutti!

Inzio con i silenziosi lettori, 

che seppur con commentando hanno continuato a seguire la storia.

Ringrazio di cuore le persone che hanno aggiunto la storia tra l preferite,

quindi un enorme grazie va a

 Aivlisloveonedirection
Amoilmioidolo, 
ana19
 apliensa
areamuffin
Ari3
 B_lovescarrots
cetta74

 CharlottaMusic_98

 chiara_directioner7 

 chloe_checkmyflow 

 choco_cupcake 

 CiCCia_Directioner 

 DaenerysStromborn 

 Directioner Ste 

 Directioner2ooo 

 Ellen_d 
 
Emiliana 

 Erreway 

 Faby_styles 
 Franceschina pomodorina 

 gabrygleek 

GinevraTomlinson 
 giorgialouis99 
 Giuacchina 

 Giuggiola__ 
 giuli e niall

 Giuli_Black

 giu_giu_

 harrymarryme 

 harry_pancy 
 HeatherPayne

 Iriccidi_Styles 
 jessi_96 
 jump_then_fall 

 KekkaChocolate 
 kiastyles 

 LiamHoran 
LippyandCassie 
LoveHarryStyles 
Love_MichaelCorvin

 Mariibu 
 Marta_ta 

MartinaEstrella_98 
 mary_97_love 

 MARZIA12 

 millape 
nialler_sonofigo 

 orpi 

Psycho Chan

 Ready 

 robby__directioner 

 sabry_one_direction 
simo1D8 

 Smiler_4_Ever 

 Turo 

 valedirectionerforever 

 xniallfreehug 
 ZaynseiunfottutofigoMalik

 _glo_ 
 _LiveWhileWeAreYoung_ 
 _LOVEHARRY_ 

 _Mawey_Stylinson 

Davvero grazie!!! Siete fantastiche!!!*.*

Un altro enorme ringraziamento va alle persone 

che hanno aggiunto la storia tra le seguite, quindi

 abigail_malik 
Aboutme_elli 
 Acquapestaterra 
amolefanfiction 

AnnabethChase

 Ari3 
Bearz10 
 benni_ 
 Benny97 
bonnie_1D

 Cele_1D 

 clasmileyx 
 Cla_19 
 Conniie1D 
 CriMalik 
 de__ni 
 Faby_styles 
 FeniceHowl_ 
foreveryoung_3 

 Franceschina pomodorina 

 fra_harrystyles 
 Fun_Guy 
 giorgialouis99

 Giuacchina 
giuliastylesbaffo 
 Giulia_Styles 
 glo_niall 
 greti217 
 hazza_larry stylinson 
 il phard di biancaneve 
 immarell4 
 jack jason 

 jawaadsdoll 
 JustDear 
 Justine 
Lenis 
 Liamsweeteyes 
 lolei 
 lucrezia94 
 MarikaDirectioners 

 Marta_ta 
mary_97_love

 mattei 
Morettina_crazy 
 nadiolina93 
 philophobia_s 
 Shashon_94 
 TaliafigliadiZeus 

 Thebeautifulpeople. 
 TheSlayer 

Vinny86 
 wonderwalls 
 x SeryChan x 

 _Eugenia 
_HARIBO_

 _LiveWhileWeAreYoung_ 
 _marti_1D 

Un gigantesco grazie anche a voi, carotine splendidissime!!!*.*

E continuo ringraziando 

 Difettosa483Vs 
giorgialouis99 

 keeponfeelingbetter_ 

 Liz in love 
 lolei 

 Ludocacca 
 Ros_Directioner 
sel4ever 

che hanno aggiunto la storia tra le ricordate!!*.*

Ringrazio mia sorella Giula per tutto il supporto, il sostegno e la disponibilità,

questo epilogo è tutto dedicato a lei!!<3

Ringrazio anche Elisabetta e ne approfitto per fare gli auguri a Francesca

che oggi compie 18 anni!

Buon compleanno Pina!!:D

Bene, volevo anche ringraziare FeniceHowl_ per tutto il suo sostegno,

grazie mille!!:*

E ringrazio anche tutte quelle persone che hanno lasciato recensioni,

dandomi sempre maggiore motivazione per proseguire questa "avventura".

Ok, mi sembra di non aver domanticato nessuno, spero...xD

Spero sia rusicta a non deludere le vostre apsettative!

In ogni caso, sappiate che sto già pubblicando una nuova storiuccia,

sempre in questa sezione, nel caso qualcuno volesse leggerla.

Ok, credo che ora sia veramente tutto.

Alla prossima!:*

                                                            Astrea_

Ritorna all'indice


Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1235680