Every piece of your heart di Astrea_ (/viewuser.php?uid=144693)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** With just one look. ***
Capitolo 2: *** Whatever it takes, it's fine. ***
Capitolo 3: *** Under the lights tonight. ***
Capitolo 4: *** Who do you think I am? ***
Capitolo 5: *** Different date every night. ***
Capitolo 6: *** Closer, maybe looking closer. ***
Capitolo 7: *** Always like na na na. ***
Capitolo 8: *** Under your nose. ***
Capitolo 9: *** Blow a kiss, take it back. ***
Capitolo 10: *** You're messing with my head. ***
Capitolo 11: *** You just like to know you can. ***
Capitolo 12: *** So keep in mind. ***
Capitolo 13: *** It just won't feel right. ***
Capitolo 14: *** You don’t really want my heart. ***
Capitolo 15: *** I still feel it every time. ***
Capitolo 16: *** But they stay close. ***
Capitolo 17: *** Circles, we're going in circles. ***
Capitolo 18: *** I might just die inside. ***
Capitolo 19: *** How I wish that was me. ***
Capitolo 20: *** Just a beautiful mistake. ***
Capitolo 21: *** Loved to see me breaking. ***
Capitolo 22: *** If we could only turn back time. ***
Capitolo 23: *** It’s just something that you do. ***
Capitolo 24: *** And I lost the moment again. ***
Capitolo 25: *** Stop the tape and rewind. ***
Capitolo 26: *** I’ll take you to another world. ***
Capitolo 27: *** Everything about you. ***
Capitolo 28: *** You’re my kryptonite. ***
Capitolo 29: *** Only you. ***
Capitolo 30: *** More than this. ***
Capitolo 31: *** The beat of my heart. ***
Capitolo 1 *** With just one look. ***
Cap 1
Every
piece of your heart
With just one look.
Guardai
l’orologio per la quindicesima volta in soli sette minuti, ma le lancette sul
quadrante mi parvero nella stessa ed identica condizione di poco prima. I
secondi scorrevano lenti, quasi interminabili, per non parlare poi dei minuti
che mi parevano lunghi almeno quanto secoli, se non millenni.
Inevitabilmente
sbuffai, incrociando le braccia al petto e tamburellando a ritmo costante il
piede sulle mattonelle del lungo, lunghissimo, infinito corridoio che precedeva
la sala. Sì, odiavo l’attesa ed odiavo il fatto che non ci sarebbe stato alcun
premio di consolazione al termine di quel supplizio.
La fila
continuava a procedere davvero troppo lentamente per i miei gusti e le urla sempre
più acute ed eccitate delle migliaia di ragazzine cominciavano a darmi sui
nervi.
Era dalle
otto di quella mattina che me ne stavo in piedi, cercando di entrare in quella
stramaledettissima sala per far autografare quello stramaledettissimo cd da
quegli stramaledettissimi mocciosetti, che, tra l’altro, erano arrivati appena
due ore fa, alle undici, con ben tre quarti d’ora di ritardo sulla scaletta del
programma di quella giornata.
I classici ragazzini viziati, mi
ritrovai a pensare facendo un piccolo passo in avanti, alla conquista di appena
altri venti centimetri.
Iniziai a
dubitare davvero delle mie capacità di resistenza, ero sicura che da un momento
all’altro avrei mandato tutto all’aria e me ne sarei tornata a casa. Mi
maledissi ancora per quella malsana idea che la settimana prima mi era balenata
per la testa in un momento di pura pazzia generato da una miriade di sensi di
colpa che mi stritolavano il cuore e la testa, riducendo il cervello in
brandelli, cosicché non potessi pensare razionalmente. Sì, quella non era
affatto stata una scelta razionale.
Perché mi trovavo nel posto sbagliato nel
momento sbagliato?
Ritornai
frettolosamente con la mente al lunedì della settimana precedente, come per
volermi ricordare del motivo che mi spingeva a rimanere ancora lì, irritata e
spazientita come non mai, ma con i piedi ben saldi sul pavimento.
“Come cazzo hai potuto farmi una cosa del
genere?”, aveva urlato la mia migliore amica con il tono di voce più alto di
almeno un’ottava rispetto al suo solito.
Non che me ne intendessi di musica, sia
chiaro, ma davvero per poco non ci era mancato che il suo vicino di casa non
accorresse da noi per vedere cosa fosse successo di tanto grave.
“Tutto bene ragazze?”, aveva chiesto sua
mamma dal piano di sotto.
Io, Ludovica e Rossella eravamo in camera di
quest’ultima, chiuse dentro a discutere ormai da oltre mezz’ora.
“Si, mamma. Tranquilla!”, aveva borbottato
Ross all’indirizzo della madre, che probabilmente si era fermata alla prima
rampa di scale, ormai abituata ai nostri toni di voce particolarmente alti.
Rossella tornò con lo sguardo su di me e per
un attimo ne ebbi davvero paura, sembrava davvero volesse uccidermi.
“Andiamo Rosy, alla fine non l’ha mica fatto
di proposito!”, cercò di tranquillizzarla Ludo che se ne stava docilmente
seduta sul tappeto ai piedi della lettiera.
Rossella si fece più vicina a me che ero
seduta sul suo letto a gambe incrociate, puntandomi l’indice contro.
“Tu!”, sibilò a denti stretti con gli occhi
serrati in due piccole fessure.
“Io.”, replicai quasi in tono ironico, non riuscendo
in alcun modo a prendere seriamente quell’assurda situazione.
“Lo sai vero che era il mio regalo di
compleanno quello che hai buttato nella spazzatura?”, mi chiese in tono
retorico, conoscendo ormai sin troppo bene la risposta.
Sospirai ed abbassai il capo, colpevole.
Sì, il giorno prima i genitori le avevano
regalato tre biglietti per uno stupidissimo concerto di una stupidissima band
che tanto adorava. Logicamente lei aveva pensato anche a Ludovica, perché discreta
fan, e me, più che altro per tenerle compagnia.
Quando poi erano venute a casa mia per
vedere un film, Ross aveva avuto la pessima idea di portare i biglietti appena
ricevuti con sé ed io, convinta che si trattasse di carta straccia inserita tra
le mille riviste che avevamo da poco finito di leggere, li avevo buttati nel
cestino.
Bel casino, no?
“Te l’ho detto un milione di volte che mi
dispiace!”, provai ancora a dirle, nel tentativo di giustificarmi.
“E poi comunque festeggeremo i tuoi diciotto
anni! Cosa te ne fai di un concerto quando possiamo andare a divertirci in
discoteca?”, proposi, accompagnando le parole con il migliore dei miei sorrisi.
Lei mi fissò come se fossi una specie unica
sulla terra, uno di quegli strani animali che tengono rinchiusi in gabbia per
studiare perché di simili non ce ne sono, e per un istante pensai che forse lei
non era poi del tutto d’accordo con me.
“Non era un concerto qualsiasi! Era IL
concerto! L’ultimo del tour, l’unica tappa in Italia!”, aveva sbraitato
enfatizzando sul primo articolo determinativo.
“E va bene.”, mi arresi. “Ne comprerò altri
a spese mie.”, dichiarai scrollando le spalle.
Ludo si lasciò andare ad una leggera risata,
ma io non ne compresi il motivo, non da subito perlomeno.
Il viso di Rossella si fece ancora più rosso
e furioso, per quanto ovviamente fosse possibile. Sembrava che da un momento
all’altro sarebbe scoppiata, o che avrebbe cacciato il fumo dalle orecchie un
po’ come le vecchie locomotive a vapore, provocando quel fastidioso e
assordante rumore.
Mi ritrassi leggermente.
“Ti pare che non ci abbia provato? Mi hai
preso per una stupida?”, mi accusò piegandosi con la schiena per portarsi a
qualche spanna dal mio viso.
“Secondo te cosa ho fatto fino ad un’ora
fa?”, ringhiò.
Lei era ancora in piedi, con le mani sui
fianchi e un’espressione palesemente adirata sul volto.
“Sono finiti, geniaccio della lampada!”,
annunciò poi con un sorrisetto forzato e piuttosto incazzato.
Non sapevo cosa altro dire o poter fare.
“Forse te lo devo dire in inglese? Sold
out!”, aveva ripreso lei con tono sarcastico.
“Dai Ross, ora basta! Che ne poteva sapere
lei?”, cercò di difendermi Ludovica, spostandosi accanto a me sul letto.
“Ma se non parlavo di altro da mesi!”,
replicò lei, sbuffando.
Sì, lei e il suo maledettissimo concerto,
ecco perché non me n’ero ancora andata.
Ero riuscita
ad infilarmi nella fila grazie all’amica di mia cugina quella mattina dei primi
di dicembre, ovviamente Rossella non ne sapeva assolutamente nulla.
Le avevo
comprato un cd, identico a quello che già aveva. Non avevo potuto prendere il
suo perché sicuramente se ne sarebbe accorta dieci secondi dopo la sparizione e
avrebbe finito per minacciare mezza casa, per poi prendersela con me ed il mio
mancato interesse per quel gruppo che, a quanto sembrava, pareva essere la
causa di tutti i problemi.
Mi ero svegliata
di buon ora quel giorno e avevo deciso che avrei fatto di tutto per far
autografare la copertina dagli autori, con tanto di dedica personalizzata, per
poi regalarlo alla mia amica.
Almeno
questo glielo dovevo.
I sensi di
colpa mi stavano divorando.
Avanzai
ancora lungo la fila, ormai doveva mancare davvero poco. Intravedevo già una
serie continua di flash che ad intermittenza illuminavano ancora di più la sala
che ormai si apriva davanti ai miei occhi.
Non era
particolarmente grande, anzi, ma nonostante ciò più della metà era lasciata
libera.
Tutte le
ragazze, infatti, erano accalcate sul fondo, dove dedussi si dovessero trovare
questi benedetti ragazzi. Per quel che ne sapevo, dovevano essere seduti dietro
un lungo tavolo a mettere la loro firma un po’ ovunque.
Mi lasciai
andare ad un altro sospiro e finalmente entrai.
La ragazza
rossa dietro di me si fece scappare un urlo di gioia mista ad eccitazione. La
squadrai torva, prima di tornare a guardare davanti a me, facendo altri lenti
passi.
Era quella la reazione che avrei dovuto
avere anche io?
Pensai che
probabilmente se anche Ludovica e Rossella fossero state con me, di certo non
sarebbero state da meno, soprattutto l’ultima. Così, pensai bene di non badare
ai commenti sempre più elettrizzati delle ragazze che mi circondavano e alle
voci stridule che si levarono non appena raggiungemmo l’agognato tavolo. Alcune
invocavano dei nomi, giungendo le mani quasi come se stessero pregando, altre
erano in preda al panico, paralizzate alla vista di quelli che dovevano essere
i loro idoli. Poi, le più audaci, si lasciavano andare a commenti e sguardi
maliziosi nel vano tentativo di ottenere qualcosa in più di una semplice firma,
ed in fine c’erano quelle che urlavano e basta, senza motivo, senza smettere.
Scossi la
testa, come rassegnata.
“Hi!”, mi
salutò un ragazzo biondo che più o meno aveva potuto avere la mia stessa età.
Riconobbi
subito il suo viso, associandolo ad uno dei cinque ragazzi dei poster che Rossella
teneva sulla parete accanto al letto in camera sua.
“Hi.”,
ricambiai il saluto con poca enfasi.
Lui mi fece
un sorriso, ma quella volta non mi impegnai neppure a sembrare educata o
contenta, quindi passai subito alla mia richiesta.
Gli porsi il
cd che tenevo in mano, sperando che capisse un minimo di italiano, perché a me
di parlare inglese non andava proprio.
Al primo
tentativo lui corrucciò la fronte, nella chiara espressione di chi non avesse
capito una sola lettera delle mie parole.
Sbuffai e
cercando di rimanere calma gli chiesi in un perfetto inglese di autografare
quel fottutissimo cd e di fare una dedica ad una tizia di nome Rossella. Gli
feci anche lo spelling, per essere sicura che, tonto come mi era sembrato, non
sbagliasse a scrivere il nome della mia amica.
Il ragazzo
mi accontentò, così passai a quello successivo.
Questa volta
non ci provai neppure a parlare italiano, convinta che in inglese avrei
sicuramente fatto prima.
Mi sorrise
anche questo ed io ricambiai.
Aveva dei
lineamenti dolci e degli occhi marroni, i capelli castani, ma non mi soffermai
ad analizzarlo con più attenzione.
“Sure!”,
acconsentì poi, una volta che gli ebbi chiesto di scrivere nome e cognome su
quel pezzo di carta che tanto stavo odiando in quel momento.
Fui
costretta ad attendere qualche secondo prima di poter passare al terzo, colpa
della ragazzina davanti a me che si era bloccata a contemplare il tipo che le
stava seduto di fronte.
“Ciao!”, mi
disse questo in uno stentato italiano, fissandomi con quegli occhi azzurri.
Lo guardai
corrugando la fronte e lui parve non capire le mia reazione.
Che si aspettava qualche urletto eccitato?
Dedussi,
dunque, che almeno un po’ della mia lingua la capisse.
“Puoi
autografare questa copertina e scrivere qualcosa tipo a Rossella?”, gli chiesi mimando le virgolette sulle ultime due
parole.
Questa volta
fu lui a corrugare la fronte, facendomi capire che, in realtà, lui l’italiano
lo capiva ben poco.
Mi sorrise,
come per scusarsi del fatto che non avesse compreso un’acca.
Bene, ci mancava pure il coglione di turno!
“Testone che
non sei altro! Ti ha chiesto di autografare il suo cd! Dai, sbrigati ad
accontentare questa bella ragazza!”, aveva tradotto il suo amico lì accanto
sporgendosi nella nostra direzione.
Voltai il
mio sguardo stizzito verso di lui e solo allora mi accorsi di quelle profonde
pozze verdi tanto chiare da ricordarmi vagamente il colore dell’oceano in una
di quella cartoline di posti tropicali.
Aveva i
capelli scuri, quasi neri, che gli cadevano in ricci scombinati sulla fronte.
La sua pelle era chiara e le sue labbra rosse erano piegate in un sorriso tanto
invadente quanto presuntuoso ed arrogante. Sulle guance si scavarono due
piccole fossette.
“Capisco
l’inglese, quindi evita certi tipi di commenti e firma anche tu quella cazzo di
copertina.”, gli intimai con gli occhi ridotte a due fessure.
Lui, se
possibile, sorrise ancora di più e quel suo sorriso mi rese ancora più nervosa
di quanto già non lo fossi.
Il tipo
dagli occhi blu annuì all’amico e fece come gli aveva detto, poi mi sorrise e
passai al riccio.
Mi squadrò
per un millesimo di secondo, mentre si passava veloce la lingua sulle labbra
per inumidirle, poi mi sorrise.
“Come hai
detto che ti chiami?”, mi chiese quello in un perfetto italiano, ammiccando in
mia direzione.
Ma era pazzo o cosa?
“Non l’ho
detto, a dir il vero. Scrivi che è per Rossella e basta.”, ordinai per
liquidarlo il prima possibile.
Lui abbassò
lo sguardo sulla copertina, per poter fare ciò che gli avevo detto, ma non
smise di parlare.
“La scusa
dell’amica è piuttosto vecchia, non credi?”, replicò alzando lo sguardo
sull’ultima parola, avendo appena finito di scrivere.
I nostri
sguardi si incrociarono, ma fu soltanto un attimo, prima che io li feci roteare
spazientita.
“Non ti ho
detto che Rossella è una mia amica, ti ho detto solo di scrivere quel nome.”,
gli feci notare con aria saccente.
Lui rimase
spiazzato per neppure un decimo di secondo, tanto che mi trovai a pensare che
si era trattato soltanto di una mia impressione, poi accentuò ancora il suo
sorriso, alzando l’angolo sinistro della bocca.
Ma sorrideva sempre?
“Forza,
dovete scorrere!”, ordinò poi il tipo con giacca e cravatta che controllava il
regolare svolgimento dell’attività.
Non me lo
feci ripetere due volte e passai all’ultimo componete del gruppo, ma a lui prestai
ancora meno attenzione che agli altri, troppo presa com’ero dal fatto che di lì
a pochi istanti sarei uscita finalmente fuori.
Firmò anche
lui, così guardai la copertina soddisfatta.
Vicino alla
testa di ognuno di quei tipi c’era un nome, che dedussi fosse quello delle
rispettive facce. Due mandavano un bacio a Rossella, un altro un abbraccio, poi
c’era una strana parola che decifrai come carota, pur non afferrandone il
senso, ed una dedica che sembrava essere uscita da un bacio perugina: “Che la
tua vita sia dolce come una torta!”, diceva.
Sgranai gli
occhi, poi presi un lungo respiro liberatorio.
Non seppi
neanche io il perché, ma prima di uscire definitivamente dalla sala mi voltai
per guardare un ultima volta in direzione di quel tavolo e per uno strano
motivo i miei occhi si incrociarono per un’altra frazione di secondo con quelle
pozze verdi.
Poi, come
scossa, mi voltai di scatto e con passo veloce oltrepassai la porta che dava
sul vialetto, pronta a tornare soddisfatta a casa.
---
Angolo Autrice
Allora, chiarisco un paio di punti che credo necessitino speigazioni.
Per prima cosa devo dire che io non sono una Directioner, non nel vero senso della parola almeno,
anche se questi ragazzi mi paicciono veramente tanto, sia come cantanti che come personaggi!!!
In
realtà ho da poco scoperto questo gruppo ed ovviamente, credo
che in molte potranno capirmi, mi sono follemnete innamorata di Hazza!*-*
Insomma,
tutto questo per dire che se ci sono eventuali errori riguardo alle
descrizioni o ai gusti di Louis, Naill, Zayn, Liam o Harry... chiedo
venia, insomma!xD
Altra cosa imoportante: non uccidetemi, vi prego!! Davvero, io non penso mica quello che scrivo!
Il primo capitolo è poittosto lunghetto, ma mi serviva per presentare bene la situazione.
Dunque, lei odia i One Direction, ma il destino ha in serbo per questa ragazza davvero tante, troppe, sorprese!
Spero che alemno questa prima parte vi sembri interessante... a voi la parola!!!
Se avete consigli o altro, fatevi avanti perchè, ripeto, non so tutto a riguardo!
I titoli dei vari capitoli, come vedrete, sono presi dai testi delle canzoni dei One Direction,
ovviamente si tratta dei pezzi cantati dal caro Harry!;)
Ultima cosa, ovviamente so che non sono stati in concerto a Roma, ma mi serviva da presupposto per farli incontrare!xD
Mi pare di aver detto tutto, anche perché ho scritto un angolo autrice spropositatamente lungo!
Al prossimo capitolo!:*
Astrea_
|
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Capitolo 2 *** Whatever it takes, it's fine. ***
2
Every piece of your heart
Whatever it takes, it’s fine.
Quando
arrivai a casa, entrando nel salotto, ero ancora più nervosa di prima, per
quanto ciò fosse possibile.
Avevo
provato a chiamare Rossella almeno una decina di volte, ovviamente non
ricevendo alcuna risposta.
“Mamma, sono
a casa!”, urlai sbattendo senza molta cura il portone principale alle mie
spalle.
Non mi
giunse alcuna risposta, così mi spostai in sala.
Spalancai
gli occhi per la sorpresa quando vidi Rossella intenta a bere del tè al limone
con mia madre e Ludovica al seguito.
“E tu cosa
ci fai qui?”, le domandai lasciando cadere pesantemente la borsa a terra.
Ero davvero
esausta.
“Grazie per
gli auguri, eh!”, mi canzonò lei, ma era evidente che non fosse arrabbiata.
Sul suo viso
era disegnato un sorriso che definire a trentadue denti sarebbe stato davvero
riduttivo.
Era talmente
di buon umore che in quel momento pensai si fosse completamente dimenticata di
quel dannatissimo concerto che tanto mi stava facendo penare.
Le sorrisi a
mo’di scusa e mi avvicinai a lei, aprendo le braccia. Ross si alzò per venirmi
in contro, così da poterci abbracciare.
“Mi dispiace
per i biglietti Ross!”, sussurrai tra i suoi capelli.
La sentii
annuire comprensiva e rilassata sulla mia spalla.
Le era passata prima del previsto, almeno!
“E comunque
auguri, diciottenne!”, aggiunsi subito dopo, stampandole un sonoro bacio sulla
guancia.
“Grazie! Ora
manchi solo tu, diciassettenne!”, mi prese in giro tornando a sedersi sul
divano accanto a Ludo.
Mia madre
era sparita dalla circolazione, ma non mi preoccupai di cercarla.
“Com’è che
oggi non sei venuta a scuola?”, mi chiese Ludovica dopo che ci fummo salutate
adeguatamente.
Sorrisi
istintivamente immaginando la reazione che le mie amiche avrebbero avuto,
soprattutto la festeggiata, tra pochi, pochssimi minuti.
“Diciamo che
sono stata impegnata.”, dichiarai rimanendo sul vago, cercando di suscitare il
loro interesse.
Le vidi
annuire, ma evidentemente le mie parole non sortirono su di loro l’effetto
desiderato.
Per un
istante si voltarono, guardandosi negli occhi, quasi potessero comunicare con
uno sguardo. Rimasi spiazzata per quel gesto di complicità che non potei
condividere.
Rossella
aveva preso a battere le mani freneticamente, mentre Ludovica rideva a metà tra
l’isterico e l’eccitato.
Cosa stava succedendo?
“Dobbiamo
dirti una cosa!”, annunciò trionfante Rossella sporgendosi verso di me che mi
ero appena appollaiata sulla poltrona.
La guardai
con fare scettico e preoccupato. Il suo tono di voce non prometteva nulla di
buono.
“Dite,
allora!”, le incitai visto che continuavano a rimanere in silenzio.
“Abbiamo i
biglietti!”, urlarono in contemporanea saltando all’in piedi, per poi gongolare
dalla felicità.
Sgranai gli
occhi.
Cosa? Come? Ed io che come una stupida avevo
pure perso una giornata di scuola!
Cercai di
sembrare entusiasta, del resto era il minimo che potessi fare dopo il casino
che avevo combinato.
Mi alzai e
mi avvicinai a loro per abbracciarle, visto che ancora non sembravano calmarsi.
“E come
avete fatto?”, chiesi palesemente sorpresa.
Loro
continuavano a fare piccoli saltelli, lasciandosi scappare di tanto in tanto
delle urla di gioia, unite a parole sconnesse che procuravano solo altre
risate. Cercai di sorridere anche io.
Bene, tanta fatica per nulla!
Finalmente
dopo qualche minuto parvero accorgersi di me, così Ross mi puntò lo sguardo
addosso.
“Mio padre
sapeva che ci tenevo troppo al concerto dei One Direction, così ha fatto carte
false per quei biglietti! Pensa, abbiamo persino i pass per il backstage! Del
resto questo è l’ultimo concerto prima di Natale, l’ultimo anche del tour! L’unico
in Italia e per giunta proprio qui a Roma! Non potevo assolutamente
perdermelo!”, urlò stordendomi un timpano.
“Evviva!”,
urlacchiai anch’io, senza convincere nessuno però.
Quasi mi
sentii una stupida per quello stupido regalo che avrei voluto farle, al
confronto non era nulla.
Sentivo una
sensazione di disagio mista ad imbarazzo avvolgermi completamente dalla testa
ai piedi.
La guardai
bene. Aveva il volto disteso, le labbra piegate in una risata euforica e
travolgente.
Gli occhi le
luccicavano al solo pensiero di poter andare a quel concerto.
Senza
rendermene neppure conto mi trovai a ridere con lei.
Non mi
interessava delle ore sprecate, di quanto odiosa fosse stata quella mattinata e
non mi interessava neppure del fatto che il giorno successivo li avrebbe
incontrati di persona, anzi. Ero davvero contenta per lei, per loro.
“Ross, so
che ora non ha molto senso visto gli ultimi sviluppi”, iniziai attirando la sua
attenzione.
Lei si voltò
verso di me, rimanendo in silenzio mentre mi fissava curiosa con quegli occhi
azzurri come il cielo.
Anche Ludo
parve bloccarsi all’istante, richiamata dal suono incerto della mia voce.
Con calma,
quasi per creare la suspense di cui quel moneto necessitava, recuperai la borsa
ed estrassi il cd da essa. Loro avevano lo sguardo fisso sulle mie mani.
Per un
istante mi concentrai sui loro visi e, sì, erano davvero tanto buffi che non
riuscii a trattenere una risata. Pendevano dalle mie labbra, come se da esse
dipendesse vita o morte di entrambe.
Intuii che
avevano capito cosa stringevo tra le mani quando vidi Ludovica portarsi le mani
al cuore, mentre Rossella si copriva gli occhi incredula.
“Buon
compleanno!”, le dissi allegra consegnandole la custodia del cd.
Lei per un
istante esitò, quasi avesse paura di afferrarlo.
Possibile che cinque marmocchi giocassero
certi brutti scherzi sulle persone? Sì, su Rossella si.
Lo prese con
delicatezza, come se potesse rompersi da un momento all’altro. Se lo rigirò
delicatamente tra le mani, senza aprirlo.
Scorreva
lenta con le dita sui volti dei cinque ragazzi raffigurati sulla copertina.
Lu si
avvicinò di poco, per poter meglio vedere il prezioso relitto che la nostra amica
stringeva tra le mani.
Erano assurde! Neanche fosse stato un cd dei
Beatles!
“Non dirmi
che è quello che credo che sia.”, balbettò fermandosi più volte sulla pronuncia
delle varie parole, come se avesse perso la capacità di parlare di punto in
bianco.
“Dai, non
fare tante mosse e aprilo!”, la incitai, ormai al limite della tolleranza.
Era davvero odiosa quando faceva così!
Lo scrutò
ancora un po’, poi si decise a seguire il mio consiglio.
“Ahhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhhh”,
fu la reazione di entrambe quando videro delle scritte sul retro.
Mia madre
accorse veloce dalla cucina, preoccupata, arrestandosi solo sulla soglia
dell’arco che dava sul salotto.
“Che succede
qui?”, ci chiese tremante come una foglia, palesemente spaventata.
“Nulla, ho
dato a Rossella il suo regalo di compleanno.”, riuscii a dire prima di essere
travolta letteralmente da un uragano, per finire scaraventata sul divano.
“Grazie,
grazie, grazie, grazie, grazie.”, continuava a dirmi abbracciandomi e
baciandomi sulle guance.
Intravidi
Ludovica contemplare la copertina del cd tra le sue esili mani.
E da quando era fan anche lei? A saperlo ne
prendevo due!
“Sei la
migliore amica del mondo!”, continuò Ross ancora su di me.
Mi misi a
ridere, contenta della sua reazione.
“Wow!”,
esclamò poi Lu, avvicinandosi a noi.
“Stronzetta,
a saperlo venivo con te!”, mi canzonò giocosamente.
“Veramente è
stato un colpo di fortuna! Fino all’ultimo secondo non sapevo se alla fine ce
l’avrei fatta! Non vi ho detto nulla perché non volevo deludervi nel caso in
cui non ci avessero fatte entrare!”, spiegai tornando a sedermi.
Loro mi
sorrisero, ma quel momento di complicità tra di noi durò poco, davvero troppo
poco.
“Che c’è?”,
chiesi dopo che entrambe ebbero puntato uno sguardo minaccioso sopra la mia
testa.
Cosa avevo fatto questa volta?
“Non
crederai mica che ora tu sia esonerata dal concerto, vero?”, mi domandò retorica
Lu pesando bene le parole, come per suggerirmi la risposta giusta.
In effetti, pensandoci, magari ora… insomma,
a me quei tipi non piacevano neppure!
I loro
sguardi, tuttavia, furono sufficientemente eloquenti.
L’idea di
rimanere a casa la sera successiva se ne andò via dalla mia testa tanto
velocemente quanto era arrivata. No, non avevo
scampo.
Sospirai, in
segno di resa.
“E va bene,
vengo con voi.”, concessi, ma prima che potessero esultare nuovamente mi trovai
ad alzare l’indice in direzione dei loro volti, quasi con fare intimidatorio.
“Ma basta
con queste urla o giuro che faccio sparire anche questi biglietti!”, le intimai.
Loro mi
sorrisero, per nulla spaventate dalle mie parole, e mi abbracciarono
trionfanti, come delle bambine a cui la mamma aveva appena comprato dello
zucchero filato al luna park.
Sì, bastava davvero poco a renderle felici!
E con quel poco, ovviamente, s’intendeva una band formata da cinque mocciosetti.
Sorrisi, del
resto un concerto non aveva mai ucciso nessuno.
---
Angolo Autrice
Salve a tutte(i)!!! Allora, ecco il secondo capitolo...
Sì, è un po' più corto del primo, ma mi farò perdonare con i prossimi!;)
Per prima cosa devo chiarire un punto che avevo dimenticato di menzionare l'altra volta:
per ovvie esigenze di copione (?), Harry parlerà italiano, altrimenti sarebbe stato un casiono farli comunicare!xD
Passando, invece, alle cose importanti, voglio ringraziare quelle meravigliose che hanno semplicemente letto,
ma ancora di più Smiler_4_Ever e valedirectionerforever per aver inserito la storia tra l preferite, grazie!
*me fare gli occhioni dolci*
Ringrazio poi anche Lenis che invece ha inserito la storia tra le seguite.
*me fare ancora gli occhioni dolci*
Che altro dire, spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Però, ecco... se siete arrivate fin qui... insomma, qualche recensione farebbe comunque molto piacere!
Al prossimo capitolo! :*
Astrea_
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Capitolo 3 *** Under the lights tonight. ***
3
Every piece of your heart
Under
the lights tonight.
Non avevo
messo nulla di particolare o di appariscente per quella sera. Sin da subito, infatti, avevo optato per indumenti
comodi, pratici e caldi, per essere pronta ad ogni evenienza. Così mi ero
ritrovata con dei semplici jeans stretti e scuri e un delizioso, ma soprattutto
di lana, maglioncino grigio perla. Mi ero poi ben attrezzata con cappotto, sciarpa,
guanti e persino cappello, non essendo del tutto sicura di ciò che mi
aspettava. Anzi, sarebbe stato più corretto dire che non ne avevo la più
pallida idea.
Sapevo solo
che di lì a dieci minuti, Ludovica e Rossella avrebbero bussato alla mia porta
per portarmi via con loro, ovviamente con ben cinque ore di anticipo, per
prendere il posto in prima fila.
Non riuscivo
a coglierne l’esigenza, soprattutto da quando avevo scoperto che il pass ci
avrebbe reso possibile accedere ai primi posti anche arrivando pochi minuti
prima dell’inizio del concerto.
Tuttavia, non
avevo opposto troppa resistenza ed alla fine avevo fatto decidere a loro.
Il concerto
sarebbe iniziato alle nove ed erano appena le quattro.
Sbuffai
sonoramente quando suonarono alla porta.
“Mamma,
scappo! Ci vediamo stasera, anche se non so di preciso per che ora.”, le dissi
stampandole un bacio sulla guancia.
“Mi
raccomando! Stai attenta!”, mi aveva ricordato lei, prima che uscissi di casa,
chiudendo il portone alle mie spalle.
Ludovica e Rossella
mi saltarono letteralmente addosso, eccitate come non mai.
Sorrisi
anch’io, del resto avevo deciso che almeno per quella sera avrei fatto finta
che quei cantanti piacessero anche a me.
Terminati i
saluti, ci dirigemmo verso l’auto di Ludovica, ormai maggiorenne da quasi un
anno.
“Ma come ti
sei conciata?”, mi chiese Lu puntando con lo sguardo al maglioncino che si
intravedeva sotto il capotto nero, ancora sbottonato, mentre metteva in moto.
“Cos’ho che
non va?”, le chiesi dandomi un ulteriore occhiata.
Il
maglioncino era favoloso, non a caso era tra i miei preferiti, il cappotto nero
era sormontato sulla parte superiore da una sciarpa bordò che richiamava il
colore del cappellino di lana che avevo in testa e cadeva libera fino a
sfiorare la pancia. I guanti, almeno per ora, li avevo lasciati in borsa.
Rossella
fece roteare gli occhi, come se stesse parlando con una ragazza senza speranze.
Senza
aggiungere altro, sbottonò i primi bottoni del suo cappotto e mi fece
intravedere la maglietta che indossava sopra ad un lupetto nero: una maglia
bianca con delle scritte.
Normale, se non fosse stato che quelle
scritte dicevano I Love One Direction.
Istintivamente
scoppiai in una fragorosa risata, quasi a volerla prendere in giro. Mi
sembravano delle ragazzine alle prese con la prima cotta alle elementari.
“Smettila di
fare la cretina.”, mi rimproverò Ross tirandomi un buffetto sulla testa.
“Scusa.”,
riuscii a dire ancora sogghignando. “Ma siete troppo buffe! Andiamo, non
credete di essere un po’ troppo cresciute per queste cose? A giugno prendiamo
la maturità!”, esclamai ancora tra le risate.
Loro mi
guardarono torve.
“Sarai anche
una cervellona che ha fatto la primina”, iniziò Lu, per difendersi, visto che
lei era la più vecchia.
“Ma tu non
sai assolutamente cosa significa essere fan di una band!”, terminò annuendo
convinta.
“Non dirmi
che anche tu hai messo la maglia…?!”, dissi scettica.
La mia non
era una domanda, quasi un timore.
“Sì e ne
sono fiera ed orgogliosa!”, aveva decretato puntando per un secondo il suo sguardo
su di me, poi era tornata a concentrarsi sulla strada.
Scoppiai in
un’altra fragorosa risata, che non fece altro che irritarle ancora di più.
“Non ci
credo!”, mi lamentai tenendomi la pancia per il dolore. “Alla fine Rossella ha
contagiato anche te!”, balbettai tra un sorriso e l’altro.
“Come se
essere una Directioner fosse una malattia!”, borbottò lei.
“Una Directioche?”, chiesi, ormai fuori
controllo.
Non
ricevetti alcuna risposta.
“Uffa,
quanto siete noiose!”, mi lamentai smettendola di ridere. “Piuttosto ragazze,
perché non provate i brani prima dello spettacolo? Non sia mai che non
ricordiate le parole!”, le presi in giro ancora un po’.
“Ahahahah.”,
fece Rossella, imitando una risata.
“Dai, però
dobbiamo ammettere che è simpatica.”, mi concesse Ludo dal posto di guida.
Sorrisi,
questa volta lasciando da parte le battutine.
“Prometto
che stasera mi comporterò bene!”, dissi portando una mano al petto e alzando
l’altra a mezz’aria.
“Sapevo che
l’avresti detto!”, trillò entusiasta Rossella, quasi come rinata dopo le mie
parole. “E non provare a rifilare una di quelle tue rispostacce a quei
fantastici ragazzi, quando saremo nel back stage!”, mi minacciò.
“Solo perché
tecnicamente stasera sei tu la festeggiata.”, spiegai, ma ovviamente non era quello
il motivo.
Ci teneva
talmente tanto ad incontrare quella band che mai e poi mai avrei fatto qualcosa
per rovinarle quel momento, mai.
Il resto del
tragitto lo trascorremmo a parlare di interessi comuni quali moda e,
soprattutto, ragazzi.
Tuttavia fu
su quel punto che la scia dell’euforia che attanagliava ancora gli animi di
Ludovica e Rossella parve resuscitare, ancora più potente di prima.
“Ma smettila
tu, tanto i tipi della nostra scuola non sono nulla se paragonati a Louis!”,
esclamò con gli occhi a cuoricino ed un sorriso ebete stampato sulla faccia.
“E chi
sarebbe questo?”, chiesi, non avendo ancora capito il repentino cambio di
argomento.
Ovviamente
le due occhiatacce che mi guadagnai mi servirono a comprendere che si trattava
di un membro di quella dannatissima band.
Cominciava a
darmi davvero sui nervi il fatto che ogni discorso, ogni frase, ogni parola
fosse direttamente riconducibile a quei cinque mocciosetti.
“Ma tanto è
fidanzato!”, continuò Ludovica, come a non voler alimentare false speranze.
Se Rossella
era la regina dell’imprevedibilità e della vivacità, Ludovica di certo era
quella della concretezza e della responsabilità. Io mi limitavo a fare danni a
destra e a sinistra.
Ross si
sistemò i lunghi capelli rossi con fare giocosamente seducente, poi sbatté più
volte le palpebre, scoprendo e comprendo ripetutamente i suoi bellissimi occhi
azzurri.
“Cara.”,
disse per richiamare Ludovica. “I fidanzamenti sono fatti per essere rotti!”,
aggiunse quasi come se ci stesse confessando un segreto.
Scoppiammo a
ridere ed io la guardai ancora per un po’ mentre si dava delle finte arie.
Sì, noi tre
eravamo davvero molto diverse. Rossella era una rossa pazza scatenata, Ludovica
una riflessiva e timida bionda ed io ero la sfrontata combina guai.
Non ero bella
come lo erano loro due.
Sì, insomma,
Rossella era di quella bellezza seducente, magra con tutte le curve al posto
giusto, e di certo non si faceva troppo scrupoli ad usarla come arma.
Ludovica, al
contrario, era di una bellezza eterea. Aveva la pelle chiara, i capelli biondi,
gli occhi di uno strano azzurrino coronato da mille pagliuzze grigie.
Io, invece,
ero la più banale del trio. Bassa, molto più bassa delle due mie amiche,
arrivavo a stento ad un metro e sessantacinque d’altezza contro i dieci centimetri
che loro si trovavano in più, castana e con gli occhi marroni.
Ma
nonostante ciò, mi piacevo e mi piacevo per davvero.
Quando
finalmente arrivammo, mancavano pochi minuti alle cinque, tuttavia le transenne
erano già gremite di ragazzine infreddolite che attendevano l’apertura dei
cancelli che sarebbe avvenuta di lì ad un ora.
“Lo sapevo
io che dovevamo venire prima!”, borbottò Rossella scendendo dall’auto con lo
sguardo truce fisso sulla coda infinita che si apriva davanti a noi.
“Dai, tanto
abbiamo i pass!”, la rincuorai sorridendole alzando l’angolo sinistro della
bocca.
L’angolo sinistro della bocca.
Quelle
parole, quel pensiero, mi ricordava qualcosa di indefinito, una specie di
immagine sfocata i cui contorni si perdevano ulteriormente nella memoria. Era
come se quella scena l’avessi già vissuta, forse in un modo diverso però.
“Ehi, ti
vuoi muovere o no?”, mi chiese Ross, fissandomi con le mani poggiate sui
fianchi.
“Tutto
bene?”, mi chiese invece Ludovica poggiandomi un braccio sulle spalle.
Annuii,
evidentemente mi ero assorta talmente tanto nei miei pensieri da averle fatte
preoccupare.
Quando
arrivammo dai soliti tipi in giacca e cravatta, più o meno gli stessi che avevo
visto il giorno precedente all’incontro, mostrammo i pass.
Mi sorprese
il fatto che loro non obiettarono nulla, al contrario, sorrisero e ci diedero
indicazioni accurate e minuziose sulla strada da percorrere.
Inutile dire
che tutta l’area che era stata riservata al concerto era ancora completamente
vuota, fatta eccezione per una decina di persone, probabilmente dotate anche
loro del lasciapassare.
Solo allora
mi resi conto delle dimensioni spropositate di quel posto.
Era talmente
grande che non riuscivo a definirne i limiti con nitidezza e precisione,
nonostante i miei dieci decimi suggerissero una vista perfetta.
Indugiai
ancora sulla vastità di quella zona ed inevitabilmente mi ritrovai a pensare
come fosse possibile che un gruppo di diciannovenni riuscisse a riempirla.
Che pagassero delle comparse per tappare i
buchi?
Forse, ma solo forse, non dovevano poi
essere tanto male, mi ritrovai a riflettere mentre venivo trascinata per il
polso del braccio destro da Rossella.
“Questo sarà
il nostro posto! Dopo lo spettacolo chiederemo ai gentilissimi signori qui
davanti.”, disse indicando due uomini, sempre in giacca e cravatta,
probabilmente responsabili della sicurezza, “Di portarci dietro le quinte per
conoscere i One Direction!”, ci informò concludendo la frase che per qualche
secondo aveva lasciato in sospeso.
Ci
accovacciammo davanti alle transenne, al centro esatto del palco e con un’infinta
pazienza, attendemmo il lento scorrere delle successiva quattro ore.
Inutile dire
che dal momento in cui avevano aperto i cancelli, l’atmosfera si era fatta
decisamente più movimentata. Ragazzine piccole ed impertinenti cercavano di
arrivare ovunque, tentando la scalata alla transenna che delimitava la prima
fila.
Così, vista
la mia naturale dote poco incline alle buone maniere di facciata, ero stata
delegata al ruolo di controllore e mi era toccato più volte fare presente alle
quindicenni in piena crisi ormonale che spingere non avrebbe portato a nulla,
se non a trasformarci in sardine in scatola.
Mancava
ormai poco all’inizio del concerto, così per un attimo mi voltai.
Rimasi
sconvolta nel costatare che tutta l’area riservata al pubblico era stata
occupata, tutta.
Cioè, prima
poteva essere paragonata al deserto sperduto in chissà quale parte dell’Africa,
ma ora ogni metro, ogni centimetro, era occupato da migliaia e migliaia di
persone.
“Wow.”,
quasi sussurrai attirando l’attenzione delle due mie amiche, che si voltarono
compiaciute ad osservare quanta altra gente fosse venuta ad acclamare i loro
idoli.
Forse questi One Non So Cosa non piacevano
solo a Rossella e Ludovica.
Mi voltai
pochi attimi dopo, distratta dalle urla dei fan che facevano sentire tutto il
loro calore ancor prima che il concerto iniziasse.
Fu questione
di pochi secondi.
Le luci si
accesero, illuminando il buio che fino ad allora aveva regnato sovrano, poi
furono attivati dei fumi che coprirono veloci tutta la parte bassa del palco.
Le urla erano sempre più intense, potevo quasi sentire i miei timpani
ribellarsi. Infine, fu il turno della musica. Non appena venne emessa la prima
nota il pubblicò andò letteralmente in delirio. Le voci che avevo sentito prima
erano soltanto sussurri se paragonate a quelle che seguirono l’ingresso sul
palco dei cinque cantati.
“Hi Rome!”,
salutò uno, alzando un braccio per sventolarlo in aria.
“LIAM!”,
gridò senza alcun ritegno Ludovica, sorprendendomi non poco.
Quella band faceva uno strano effetto alle
mie amiche.
Altre urla,
altre acclamazioni, altre grida stridule.
“Stay up all
night!”, disse energicamente un altro al microfono.
“Zayn!”,
sentii strillare dalla ragazza dietro di me.
Bene, ci mancava solo la classica fan
sfegatata che conosce a memoria tutte le parole delle canzoni dietro le tue
spalle!
“Hello
guys!”, continuò il terzo raggiungendo gli altri due sul palco.
Partì subito
un coro che mi parve acclamare a ritmo costante il nome di Niall.
Cercai di
non sbuffare mentre Lu e Ross mi lanciavano sguardi di pura eccitazione che
purtroppo non riuscivo a ricambiare a dovere.
“Hi
carrots!”, salutò il quarto.
Questa volta
fu Rossella a farmi prendere un quasi infarto.
“LOUIS!”,
sbraitò come una cagna in calore.
Sorrisi
divertita da quella scena.
Forse le avrei dovute registrare mentre
vedevano il concerto, quello sì che sarebbe stato divertente!
“Roma facci
sentire tutto il tuo calore!”, aveva infine esclamato il quinto in italiano.
Italiano.
Fu come se
ogni tassello andasse improvvisamente al suo posto, come se tutti i pezzi del
puzzle corressero veloci a trovare la propria posizione fino a combaciare tutti
perfettamente.
Il presuntuoso pervertito che parla
italiano!, mi suggerii una vocina nella mia testa, ricordando la mattina
precedente.
Le grida, se
possibile, si triplicarono al sentire quelle parole.
Fu in quel
momento che il primo ragazzo che era salito sul palco avvicinò il suo microfono
alla bocca ed intonò le prime parole di una canzone, accompagnato dalla musica
assordante che penetrava fino alle ossa: il concerto era iniziato.
---
Angolo Autrice
Ecco il terzo capitolo... sì, lo so, non succede nulla di
interessante, diciamo che è uno di quei cosiddetti capitoli di
passaggio,
ma non preoccupatevi: il prossimo è già pronto quindi dovrei pubblicarlo prestio, prestissimo! ;)
Diciamo che mi serviva dello spazio per parlare anche di Rossella e Ludovica,
volevo introdurle meglio come personaggi all'interno della storia.
Ovviamente, lo ribadisco ancora una volta, Harry deve per forza parlare italiano,
altrimenti avrebbero avuto serie difficoltà a capirsi!xD
E poi a lui le italiane piacciono!!*-*
Passando alle cose serie, ringrazio ancora tutti coloro che leggono,
chi segue la storia e chi l'ha inserita tra le preferite...
non immaginate neppure quanto mi rendiate contenta!!!! *-*
Un ringraziamento speciale però devo assolutamente farlo a valedirectionerforever,
è merito tuo se sto pubblicando ora e non domani mattina!!ù.ù
Mi pare di aver detto tutto...
Ah, ultimissimissima cosa: le recensioni sono semrpe ben gradite!!!
Al prossimo capitolo!! :*
Astrea_
|
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Capitolo 4 *** Who do you think I am? ***
4
Every piece of your heart
Who do you think I am?
Due ore
dopo il concerto volse al termine. Finalmente.
Fui
costretta ad ammettere, solo mentalmente sia chiaro, che tutto sommato le
canzoni non erano tanto male.
Ovviamente nulla se confrontate a quelle dei miei
adorati Muse e Coldpaly, ma comunque orecchiabili e simpatiche.
Dovetti
anche riconoscere il fatto che quei cinque ragazzi sapessero intrattenere
attivamente il pubblico e sul palco erano davvero molto disinvolti, tanto che
spesso si trovarono a metter su scenette comiche che mi fecero scoppiare a
ridere.
Certo, in
alcuni atteggiamenti veniva fuori ancora il loro lato infantile, ma questo
potevano concederselo tranquillamente visto che non avevano neppure vent’anni.
“Andiamo!”,
esclamò trillando Ross, afferrandomi per un braccio, pronta a seguire Ludovica
che invece era in testa al piccolo trenino che formavamo.
Oltrepassammo
i cancelli e un tipo in giacca a cravatta ci portò sul retro del palcoscenico.
“Non posso
crederci!”, continuava a ripetere la rossa gongolando di felicità.
“Tra poco
li vedremo da vicino!”, rincarò la dose l’altra, entusiasta come non mai.
“Che
emozione!”, mi feci scappare ironica.
Mi
incenerirono con lo sguardo.
Sì, l’avrei smessa con quei commenti poco
consoni al momento.
Entrammo
in quelli che dovevano essere i camerini e ad attenderci, seduti su dei bassi
divanetti, trovammo loro: i One Direction.
Descrivere
la reazione che ebbero le mie amiche fu qualcosa di veramente difficile, visto
che successero troppe cose contemporaneamente.
Sgranai
gli occhi e cercai di analizzare tutto a rallentatore, come nei film, per
capire cosa stesse succedendo.
Appena
eravamo entrate, i ragazzi si erano alzati per venirci in contro e salutarci.
Ross e
Ludo si erano scambiate uno sguardo di pura elettricità, poi Ludo mi aveva
afferrata per il braccio, quasi stritolandomelo, probabilmente per evitare che
un urlo spropositato uscisse dalla sua bocca.
Fu solo
questione di un attimo prima che quei cinque marmocchi accennarono a cinque
diversi sorrisi e fu in quel preciso istante che le mie amiche persero
definitivamente il controllo.
Ludovica
iniziò a piangere silenziosamente per l’emozione, mentre continuava a torturare
il mio braccio, mentre Rossella iniziò a saltare sul posto, come fosse
impazzita.
La guardai
divertita, cercando di trattenere le risate e lo stesso fecero anche quei tipi.
“Hi.”,
salutò quello con i capelli biondi che avevo capito si chiamasse Niall.
Le mie
amiche non risposero, troppo emozionate com’erano.
Tirai un
lungo respiro e decisi di prendere in mano la situazione, almeno per evitare il
protrarsi di quella inconfondibile figura di merda.
“Ciao!
Come va? Non fate caso alle mie amiche, sono davvero entusiaste di incontrarvi
e questo è il loro modo per dimostrarlo!”, dissi in un perfetto inglese, frutto
di anni ed anni di studio.
Loro
sorrisero con fare comprensivo, come se fossero abituati a tutto questo.
“I’m
Louis!”, si presentò uno porgendo la mano in nostra direzione.
“Ma noi il
tuo nome lo conosciamo benissimo!”, trillò Rossella, evidentemente appesa
ripresasi dallo shock, con gli occhi sognanti.
“Mi piace
tantissimo la tua voce!”, aggiunse poco dopo afferrando la mano e stringendola
energicamente, come se volesse che sulle sue rimanesse impresso un segno a
prova di quel contatto.
“Cioè, mi
piace la voce di tutti voi!”, si corresse poi gesticolando con le mani,
continuando a parlare in inglese, arrancando e commettendo qualche piccolo
errore di pronuncia.
“Bene,
allora visto che i nostri nomi li conoscete già, diteci i vostri!”, esclamò il
ragazzo con i capelli neri introducendosi nella conversazione.
“Io sono
Ludovica!”, si presentò la bionda, piegando le labbra in un delizioso sorriso.
“Io
Rossella!”, dichiarò poi l’altra.
Io ero
rimasta alle spalle delle due mie amiche, quasi esclusa dal gruppetto, mentre
mi godevo la scena che si teneva davanti ai miei occhi.
Fu in
quell’istante che percepii lo sguardo di tutti i presenti fisso su di me.
Ludovica
indietreggiò leggermente, dandomi una lieve gomitata come per volermi
riscuotere, mentre Rossella mi incitava a parlare con una chiara espressione
del viso.
“Ah.”,
iniziai capendo ciò che dovevo fare. “Io sono Giulia.”, dissi mettendomi in
riga con le altre due.
“Sbaglio o
non ci siamo già visti?”, mi chiese allora il riccio che fino ad un istante
prima era rimasto in silenzio.
Aveva le
mani nelle tasche dei pantaloni che portava a vita bassa, molto bassa, una
camicia bianca, ormai abbastanza stropicciata a causa di tutto il movimento
fatto sul palco, ed una giacca blu.
I ricci
gli cadevano più scombinati che mai sulla fronte corrugata, impregnata da
qualche piccola gocciolina di sudore.
“Ma sì!
Lei è quella del cd per l’amica!”, si ricordò il ragazzo con gli occhi azzurri,
portandosi una mano sulla fronte, prima di sorridere.
“Confermo!
Era il regalo per il mio compleanno!”, chiarì Rossella intromettendosi nella conversazione.
“Allora
non era poi tanto una scusa!”, commentò il riccio.
“Ragazzi,
possiamo farci una foto?”, propose poi Ludovica cacciando la macchina
fotografica dalla borsa.
“Ottima
idea! Ora vado a chiamare…”, stava dicendo quello che capii essere Liam.
“Tranquillo.”,
lo interruppi io. “La scatto io!”, mi offrii prendendo l’aggeggio dalle mani
della amica.
“E tu non
la vuoi una foto con noi?”, mi chiese il riccio dalle pozze verdi e nel suo
tono di voce mi parve di cogliere sarcasmo misto a provocazione ed unito a
tanta arroganza.
Gli
sorrisi forzata, arretrando per poterli prendere tutti nell’inquadratura.
“Non
m’interessa.”, dissi semplicemente sotto lo sguardo intimidatorio di Rossella
che mi pregava silenziosamente di essere garbata.
Il riccio
aggrottò le sopracciglia, prima di lasciarsi sfuggire un sorriso che andava da
un orecchio all’altro, scavando due piccole fossette, ma non disse nulla.
Si misero
in posa e scattai. A dir il vero ne scattai quattro, volevo essere sicura che
ce ne fosse almeno una semplicemente perfetta.
Subito
dopo Ludovica e Rossella iniziarono a tartassare, curiose, quei ragazzi,
ponendo loro mille assurde domande.
Si erano accomodate sui divanetti, loro due
al centro e il biondo, lo scemo e il ciuffone a sinistra, il cretino e il dolce
a destra.
Io me ne
stavo ancora in piedi, ma poco dopo, intuendo la brutta e soprattutto lunga
piega che aveva preso la situazione, decisi di affiancare il tipo castano con
gli occhi marroni, sedendomi anche io.
“E per
quanto altro tempo resterete in Italia?”, chiese Ludovica, rivolgendosi
principalmente al biondino al suo fianco.
“Avevamo
intenzione di visitare Roma, alla fine è una così bella città e nessuno di noi
l’ha visitata. Poi il tour è finito e vorremmo prenderci una specie di pausa,
una vacanza! Probabilmente resteremo qui per una decina di giorni, ma per
Natale di sicuro saremo a casa.”, dichiarò quello, mentre prendeva a morsi un
panino che un’assistente gli aveva appena portato.
“Volete?”,
chiese poi agitandolo tra le mani.
Scossi il
capo per rifiutare e lui si soffermò su Ludo e Ross per cogliere anche le loro
risposte.
“No,
grazie.”, declinarono poco dopo anche loro.
“Magari
potremmo farvi da guide! Noi siamo di Roma, la conosciamo bene la città!”,
propose entusiasta Rossella.
“Sarebbe
magnifico.”, iniziò il ragazzo con il ciuffo alzato, ma il suo sorriso si
incrinò un attimo dopo aver pronunciato quelle parole.
“Però non
ci permetteranno di girare per Roma come se…”, iniziò non concludendo la frase,
ma capimmo bene cosa intendeva.
“Come se
fossimo adolescenti qualsiasi.”, terminò quello con i capelli castani,
abbassando leggermente il capo, quasi imbarazzato.
Sbuffai
sommessamente, cercando di rimanere calma e zitta.
Possibile che se la tirassero anche quando
cercavano di non tirarsela?
Ludovica e
Rossella annuirono comprensive e ciò non fece altro che spazientirmi ancora di
più.
“Poi
sarebbe davvero difficile con le fans!”, continuò il riccio.
Sentivo il
sangue ribollirmi nelle vene e le tempie pulsare prepotentemente sulla mia
fronte: mancava davvero poco e sarei scoppiata.
Ma chi si credeva di essere?
“Dai
Harry, non tirartela troppo!”, lo canzonò giocosamente quello con gli occhi
azzurri, scombinandogli con una mano i capelli.
Ecco, quello iniziava a starmi simpatico!
Scoppiarono
tutti a ridere, compreso il riccio che si ribellava al tocco dell’amico.
“Non è
mica colpa mia se tutte le ragazze vogliono me!”, scherzò facendo spallucce.
Feci
roteare gli occhi, poi, senza capirne il perché, né come accadde, il mio
sguardo incrociò il suo.
Fu come se
per un istante tutto intorno a me si bloccasse, come se non ci fosse più nulla,
come se esistessero soltanto quei due occhi tanto grandi e verdi.
Le voci mi
parvero giungermi ovattate, tardive e persino le sagome delle figure degli
altri presenti mi sembravano troppo sbiadite e lontane.
“Non
prendetemi per una sfrontata.”, iniziò Rossella cacciando dalla borsa carta e
penna.
La sua
voce giunse al mio orecchio come un fulmine a ciel sereno, riscuotendomi da
quel breve ed intenso contatto visivo.
Mi voltai
imbarazzata in sua direzione, cercando di capire le sue intenzioni, mentre
sentivo ancora lo sguardo di Harry
puntato sulla mia testa.
Harry? Ora eravamo passati ai nomi? Cretino,
ecco come lo dovevo chiamare!
“Questo è
il mio numero. Se riuscite a liberarvi e volete conoscere Roma, la vera Roma,
chiamateci!”, disse porgendo il bigliettino in direzione dei ragazzi.
Il ciuffo
lo afferrò prontamente, sorridendo, o forse avrei dovuto dire ammiccando, in
sua direzione.
Rossella
sostenne lo sguardo, ricambiando poi il sorriso.
Bene, ci mancava solo che si mettesse a
filtrare con quello!
“Ora però
si è fatto tardi, noi dovremmo andare!”, disse Ludovica indicando l’orario
segnato sul quadrante dell’orologio che portava al polso.
“Grazie
mille per il tempo che ci avete dedicato e ancora complimenti per il
concerto!”, disse Ross, salutandoli uno per uno con due baci sulla guancia.
“Davvero,
dal vivo siete anche molto più simpatici!”, continuò Ludovica, mentre la
imitava seguita a ruota dalla sottoscritta.
“Ciao.”,
mi salutò poi il riccio in italiano quando poggiò le sue labbra a contatto con
la mia guancia.
Non
riuscii a capire il perché di quella strana sensazione di vuoto che pervase il
mio stomaco e dell’improvvisa debolezza delle mie ginocchia.
“Ciao.”,
risposi sempre nella mia bellissima lingua, piegando le labbra in un sorrisetto
forzato.
Lui
sorrise divertito a pochi centimetri dal mio viso e fu come essere travolta da
un fascio di luce luminosa tanto forte da riuscire ad accecarti.
Mi ero forse fumata il cervello?
“È stato un
piacere conoscervi, davvero!”, salutò il ragazzo con gli occhi blu.
“Si,
speriamo di rivederci in giro!”, aggiunse il ciuffo, facendo uno strano
occhiolino in direzione della rossa.
Sbuffai,
ormai davvero al limite dei loro atteggiamenti da superstar e da casanova da
quattro soldi.
Tra quello e l’altro riccio non riuscivo a
capire chi fosse peggio!
“Si, va
bene, playboy da quattro soldi! Io e le mie amiche ora dovremmo davvero andare,
quindi dite tutti ciao e basta!”, bofonchiai in italiano, per non essere capita
da quelli, cercando di trascinare fuori quelle due, ancora incantate a muovere
la mano a mezz’aria.
“Come ci
hai chiamati?”, disse il riccio sopprimendo una risata.
Giusto, quello l’italiano lo capiva!
Gli altri
ci guardavano incuriositi, non riuscendo a comprendere quello che stavamo
dicendo, mentre Ross e Ludo mi rimproveravano con gli occhi.
“Andiamo,
mi hai sentita benissimo!”, sottolineai con tono stizzito.
“Così
pensi che io sia un playboy?”, chiese avvicinandosi a noi tre che eravamo ormai
quasi fuori da quella stanza.
Ovviamente
aveva calcato adeguatamente sia l’io
che il playboy finale.
Scossi la
testa, preparandomi a dargli una risposta con i fiocchi.
“No, ho
detto che voi vi ritenete tali!”, lo corressi con aria da saputella enfatizzando
sul voi.
No, non mi
interessava di sembrare scorbutica o antipatica.
Lui inarcò
le labbra, alzando l’angolo sinistro ed inevitabilmente si scavarono due
piccole fossette sulle sue guance.
“Allora
ciao a tutti!”, salutai infine, scatenando un’ultima serie di bye, prima di andare via definitivamente
con al seguito le mie due amiche.
Quel
supplizio era finalmente finito il che significava solo una cosa: addio One Direction!
---
Angolo Autrice
Cioè, vorrei dire... Ho preso il foglio rosa oggi!! :D
E la prima cosa che ho pensato di fare, ovviamente, è stata quella di festeggiare pubblicano un nuovo capitolo!!!xD
Comunque, passando alle cose serie...
E finalmente si sono incontrati!!
Ce ne abbiamo messo di tempo, ma alla fine ce l'abbiamo fatta!
Inutile dire che il lieto fine è ancora troppo, troppo lontano...
talmente tanto che per ora ancora non è stato scritto!!xD
Preciso che i dialoghi con i Zayn, Louis, Niall e Liam generalmente sono in inglese,
solo quelli con Harry, naturalmente quando non c'è di mezzo il resto del gruppo, sono in italiano.
L'ho scirtto nel capitolo, ma lo volevo chiarire meglio per evitare qualsiasi tipo di confusione.
Allora, ringrazio ancora chi legge, chi segue, chi preferisce (si può dire, vero? Vero???xD),
ma ringrazio soprattutto Smiler_4_Ever che con le sue recensioni mi riempie di gioia!!!*-*
Bene, bene... per ora è tutto!
Al prossimo capitolo!! :*
Astrea_
|
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Capitolo 5 *** Different date every night. ***
s
Every piece of your heart
Different
date every night.
“Si?”,
dissi svogliatamente a colui che doveva esserci dall’altro capo della cornetta.
Erano
appena le cinque del pomeriggio quando il telefono aveva iniziato a squillare.
La prima volta avevo lasciato che nessuno rispondesse, non trovano la forza per
alzarmi dal divano sul quale mi ero appisolata per recuperare le ore di sonno
perse la notte precedente, visto che quella mattina ero comunque dovuta andare
a scuola. La seconda avevo provato, con tanta buona volontà, a mettere un piede
a terra, ma il leggero contatto con il freddo pavimento non era stato per nulla
d’aiuto, così ero tornata a raggomitolarmi su me stessa.
Solo al
terzo tentativo decisi di alzarmi, pensando che di quel passo se fossero stati
i miei genitori si sarebbero davvero preoccupati tanto.
“Ma che
fine hai fatto Lia?”, trillò innervosita Rossella.
Sbuffai
sonoramente, non preoccupandomi che potesse sentire.
“Secondo
te? Dormivo, mi pare ovvio!”, risposi seccata.
Lei non si
fece scoraggiare dal mio tono di voce, anzi, non se ne preoccupò minimamente.
“Passo a
prenderti tra dieci minuti!”, squittì allegra come un pasqua.
Strabuzzai
gli occhi quasi fino ad avere l’impressione che uscissero fuori.
“Cosa?”,
tuonai incupendo lo sguardo.
“Hai
capito bene! Anzi, mi sa che passo tra cinque minuti! Scusa, ma ora ha suonato
Ludovica alla porta, quindi devo andare! Stiamo arrivando! Mi raccomando, fatti
trovare in stato decente e pronta per uscire!”, esclamò con un fiume di parole
che a stento riuscii a seguire.
Non ebbi
neppure il tempo di replicare che lei aveva già chiuso la telefonata.
Merda.
Sbadigliai
un’altra volta, poi a passo lento, peggio di un bradipo, mi diressi al piano di
sopra.
Necessitavo
assolutamente di una rinfrescata, così mi recai in bagno.
Mi guardai
allo specchio: i capelli erano arruffati e scombinati, sulla guancia destra
c’era un alone di rossore, gli occhi erano davvero troppo stanchi.
Continuai
il controllo sul resto del corpo. Indossavo ancora la tuta, il che significava
una sola cosa: dovevo davvero muovermi se volevo che quella pazza scatenata
della mia amica non venisse in camera mia e mi obbligasse con la forza a
mettere ciò che lei avrebbe scelto.
Sbuffai,
ma quel gesto si unì ad un altro sbadiglio.
Dovevo muovermi.
Venti
minuti dopo eravamo in macchina di Ludovica. La bionda era al volante, mentre
faceva lo slalom tra le varie corsie della strada, cercando un rimedio al costante
traffico che invadeva la nostra città. Rossella, invece, continuava a
controllarsi il trucco, come se invece di andare in ospedale, si stesse recando
in discoteca. Io, invece, me ne stavo incazzata nera ed inviperita sul sedile
posteriore.
“Ma si può
sapere perché avete fatto venire anche me? Non potevate andarci da sole?”, le
accusai sporgendomi in avanti.
“Andiamo
Lia! Ma se noi tre non facciamo mai nulla da sole!”, mi fece notare Ludo nel
tentativo, inutile, di tranquillizzarmi.
“E poi ti
ricordo che dovresti portare rispetto! Stiamo pur sempre andando in un
ospedale!”, continuò imperterrita Rossella, mettendosi altro rossetto.
In quel
momento non ci vidi più dalla rabbia, tutto davanti a me sembrò offuscarsi per
lasciar spazio solo alla voglia, elevata all’ennesima potenza, di stritolare il
collo della rossa con le mie stesse mani.
“Cazzo
Ross!”, urlai davvero arrabbiata. “Sei tu quella che si sta agghindando come
non mai per andare in ospedale, non io!”, replicai stizzita.
Lei
sorrise, facendomi spallucce.
“Voglio
essere perfetta quando vedrò Zayn!”, confessò guardandosi per l’ultima volta
nello specchietto, prima di chiuderlo.
“Porca
miseriaccia!”, imprecai. “Ma tuo padre proprio il medico doveva fare?”, chiesi
puntando gli occhi in alto, riferendomi a Ludovica.
“Sì, è stato davvero un colpo di fortuna!”,
controbatté Rossella, senza far troppo caso alle mie lamentele.
“Almeno
abbiate la decenza di raccontarmi bene cos’è successo!”, esclamai, calmandomi
di poco.
“Ma
nulla.”, iniziò con nonchalance Ludovica.
“E no,
bella! Nulla lo vai a dire a qualcun altro, non a me che sono qui contro la mia
volontà!”, sbottai energicamente.
Loro
sorrisero.
Ma perché diamine ridevano? Le avrei volute
ammazzare!
“Te l’ho
detto! Quando papà è tornato a casa per il pranzo, mi ha raccontato che in
ospedale avevano appena portato un ragazzo per indigestione alimentare. Certo,
la cosa non avrebbe suscitato il ben che minimo interesse, se non fosse stato
per i centinai di paparazzi sparsi ovunque per le corsie dell’ospedale che
cercavano dei dettagli piccanti da pubblicare su qualche rivista di gossip! Mio
padre ha detto che si vociferava fosse un cantante di diciannove anni, così ho
cercato su internet e poi ho chiamato immediatamente Rossella, per appurare i
fatti.”, spiegò con tranquillità.
Respirai
profondamente, cercando di recuperare la calma che ormai avevo perso da molto.
“E di
grazia, mi spiegate cosa ci stiamo andando a fare? Non crederete mica che facciano
entrare noi?!”, domandai con fare scettico.
“E qui
entra in gioco il fatto che il padre di Ludo sia primario! Ha convinto il tipo
che lo tiene sotto controllo a farci entrare! Basterà dire che siamo amiche di
Ludovica Martinucci!”, dichiarò entusiasta Rossella sottolineando il cognome
della bionda.
Bene, a quanto pareva io e i One Direction
ancora non avevamo chiuso. Male, molto male.
Quando
finalmente arrivammo al tanto sospirato ospedale, l’ingresso principale era
assediato da centinaia di fans e fotografi, il che mi fece presupporre che
sarebbe stato particolarmente difficile entrare.
Le mie
speranze, però, si vanificarono non appena Ludovica ci indicò la strada
secondaria che avremmo dovuto percorrere e alla fine, poco dopo, ci trovammo
davanti alla stanza del marmocchio con l’indigestione alimentare.
“Bene, io
vi aspetto fuori, voi fate subito!”, dissi alle mie amiche che saltellavano
come due idiote nel corridoio del piano.
“Non vuoi
proprio entrare?”, chiesero quasi deluse.
Scossi il
capo ed indietreggiai fino a sedermi sulla prima di una serie di sedie.
“Giuro che
aspetto qui e che faccio la brava, voi andate!”, dissi accennando ad un
sorriso.
Loro non
se lo fecero ripetere due volte, recuperarono l’entusiasmo che per un attimo
aveva lasciato i loro visi ed entrarono, chiudendosi la porta alle spalle.
Tirai un
lungo respiro, per rilassarmi, e mi misi comoda. Probabilmente avrei dovuto
attendere per molto.
“Ciao, ci
si rivede!”, salutò una voce calda che non riconobbi, non da subito perlomeno.
Alzai lo
sguardo in direzione di colui che aveva parlato ed immediatamente i miei occhi
marroni si persero nei suoi, verdi e chiari.
Sbuffai,
avendo riconosciuto il tipo riccio della band.
“Ciao.”,
dissi semplicemente per non sembrare troppo maleducata, ma probabilmente il mio
tono di voce fu talmente basso che lui non riuscì a sentirlo a poco più di due
metri di distanza.
“Cos’è? Il
gatto ti ha mangiato la lingua?”, mi chiese ironico, facendosi più vicino.
“Ho detto
ciao.”, ripetei con tono secco.
Lui sorrise,
continuando la sua avanzata in direzione della sottoscritta.
“Non
riesci proprio a starci lontani, eh?”, domandò sedendosi accanto a me.
Feci un
sorrisetto forzato e fissai il mio sguardo inviperito su di lui.
“No,
guarda! Vedi, sei il mio idolo, il mio amore, la mia unica ragione di vita, non
riesco proprio a stare senza di te!”, risposi sarcastica gesticolando con le
mani per imitare meglio le ragazzine in calore con le quali era abituato ad
avere a che fare.
Lui
scoppiò in una leggera risata, poi le sue labbra si piegarono in un ampio
sorriso, incorniciato da due piccole fossette che presero vita sulle sue guance.
“Non sei
poi così antipatica come sembri!”, commentò ancora ridendo.
“Tu invece
si!”, controbattei senza indugiare per neppure un istante su quelle parole.
Solo dopo
averle pronunciate mi resi conto di ciò che avevo detto ed avevo ben due motivi
per pentirmene.
Per prima
cosa, di certo gli ero sembrata una perfetta maleducata, non che mi
interessasse della sua opinione sia chiaro, ma non sarebbe sicuramente stato
d’aiuto se Rossella non fosse riuscita a vederli almeno un’altra volta prima
che partissero. In secondo luogo quella scenetta che si era creata era davvero
patetica: suvvia, sembravamo i protagonisti idioti e snervanti delle storie d’amore
in cui si inizia con un odio profondo tra i due, pieno di battibecchi e
risposte a tono. La cosa positiva, almeno, era che quasi sicuramente io e il
riccio non ci saremmo mai più rivisti dopo quella volta.
“Allora,
che ci fai qui?”, mi chiese forse nel tentativo di fare conversazione.
“Beh, se
ti rifilo la scusa dell’amica ora mi crederesti?”, domandai ironica, mentre ci
sfidavamo con lo sguardo.
“Cazzo!”,
imprecò lui qualche secondo dopo a voce bassa, puntando qualcosa dietro la mia
testa.
Stavo per girarmi,
ma fui bloccata dal leggero tocco della sua mano sulla mia spalla, per
impedirmi di fare alcun movimento.
“Sta
ferma!”, mi ordinò lui.
I suo
lineamenti si erano fatti più duri e rigidi, persino il suo corpo mi sembrava
più teso, per non parlare poi del sorriso, per la prima volta assente sul suo
viso.
“Si può
sapere cosa sta succedendo?”, chiesi quasi in un sussurro con voce seccata.
“Ci sono
una decina di fotografi in fondo al corridoio, dietro la porta.”, m’informò.
Corrugai
la fronte, spiazzata. E allora?
“E
allora?”, mi trovai a dire senza neppure rendermene conto.
Lui
strabuzzò gli occhi e per un istante mi sentii davvero una stupida per non
riuscire a capire.
“E allora
se mi riconoscono e vengono qui per prima cosa inizieranno con le foto, poi con
le domande!”, mi spiegò e nella sua voce colsi i segni del suo crescente
disagio misto a rabbia.
Lo
squadrai con fare inquisitorio.
“E
allora?”, ripetei sollevando l’angolo destro delle labbra fino ad assumere
un’espressione scettica.
“E allora
non vorrai mica finire sulla prima pagina di domani come la mia nuova fidanzata
italiana, vero?”, sbottò lui.
Cosa? Cosa? Quel tipo era pazzo, davvero
pazzo!
“Ma se non
ti conosco neppure!”, controbattei io con gli occhi ormai fuori orbita.
“Questo di
certo a loro non importa. Si inventano milioni di storie e ne approfittano del
fatto che esca con parecchie ragazze. Piuttosto sta ferma che ci vedono
altrimenti!”, disse rilassandosi di poco.
“Della
seria la modestia è di casa.”, borbottai riferendomi alle arie da dongiovanni
che si era appena dato.
Feci
roteare gli occhi, poi scivolai più giù sulla sedia.
“Merda.”,
bofonchiò il riccio, ignorandomi bellamente.
“Cosa c’è
ora?”, domandai ormai quasi al limite.
Lui si
alzò di scatto, poi mi afferrò per il polso, costringendomi a fare lo stesso.
Lo fissai,
senza capire molto.
“Che
diamine stai facendo?”, mi lamentai cercando di puntare i piedi per terra,
intenzionata a non seguirlo.
“Ci hanno
visti, corri!”, disse lui un attimo prima di iniziare a correre come un
forsennato per il lungo corridoio con la sottoscritta al seguito.
Ma ero io che attiravo disgrazie o le
disgrazie che attiravano me?
Così,
senza capirne veramente il motivo, mi trovai a seguire il riccio che mi
stringeva forte la mano destra, mentre mi faceva da navigatore tra le varie
corsie dell’ospedale, seguiti di tanto in tanto da qualche paparazzo che ci
trovava lungo la strada.
“E ora
dove si va?”, chiese ad un tratto fermandosi di punto n bianco davanti alle
scale, tanto che finii per sbattere contro la sua schiena.
Lui mi
sembrò sogghignare per un attimo, ma non riuscii neppure ad avere il tempo di
dire qualcosa che da dietro l’angolo alla fine del piccolo corridoio spuntarono
due fotografi.
“Di qua!”,
dissi presa da un improvviso spirito d’iniziativa.
Strinsi di
più la sua mano e partii spedita verso le scale, del resto conoscevo
quell’ospedale molto meglio di quanto potesse conoscerlo lui.
Lui non
pose alcun tipo di obbiezione e si lasciò trascinare da me.
Scesi per
le scale fino al primo piano, poi mi diressi verso l’ingresso.
Pessima idea.
Era
letteralmente assediato da un centinaio di ragazzine.
Mi
ricordai della strada che avevamo fatto poco prima io e le ragazze per entrare,
così optai per quella.
Girai a
destra, poi ancora a destra ed infine a sinistra.
Il
corridoio era libero, ma al di fuori della porta secondaria s’intravedevano
altri fans accalcati in attesa di una botta di fortuna.
“Idee?”,
chiesi al riccio subito dopo aver svoltato in un corridoio sulla destra.
Lui fece
spallucce.
Scossi
lievemente la testa.
Ma vedi tu cosa doveva capitarmi!
Decisi di
seguire l’istinto così chiesi alla prima infermiera che mi capitò sotto tiro
dove si trovassero degli spazi riservati al personale ai quali nessuno, tra
fotografi e fans, avrebbe potuto accedere.
Lei mi
indicò una stanza, quella che era solita utilizzare la guardia medica per il
turno notturno, fortunatamente sullo stesso piano.
La
ringraziai e veloce come un fulmine la raggiunsi.
Solo
quando chiusi la porta alle mie spalle tirai un lungo sospiro di sollievo.
Sì, l’avevamo scampata.
No, ero con il riccio.
---
Angolo Autrice
Salve a tutti! Oggi cercherò di non dilungarmi troppo perchè sono davvero di fretta:
devo partire nel pomeriggio e non ho preparato neppure una valigia!-.-"
Comunque, diciamo che da qui in poi le cose inizieranno a svilupparsi.
Come? Beh, questo lo scoprirete sololeggendo!;)
Ok, questa potevo davvero risparmiarmela!!xD
Ringrazio ancora chi legge!!*-*
Se vi va, lasciate anche una recensione...
mi fareste davvero felice!!
Ah, altra cosa importante... da domani non potrò più pubblicare con tanta frequenza,
nonostante la storia sia già a buon punto,
a causa di svariati motivi che non sto qui a dire...
finirei solo per annoiarvi.
Comunque se non riesco in settimana, di sicuro ogni sabato trovereta un nuovo capitolo!;)
Bene, tutto qui...
Scappo a fare i bagagli!! Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 6 *** Closer, maybe looking closer. ***
d
Every piece of your heart
Closer, maybe
looking closer.
“Bene, io
ora me ne vado!”, dichiarai poco dopo che ebbi accuratamente analizzato la
situazione.
L’errore
più grande consisteva nel fatto che, piuttosto che entrare in quella maledetta
stanza con le mie amiche, mi ero messa a correre per un ospedale intero con il
riccio al seguito.
Sì, decisamente da idioti.
Poi c’era sicuramente
da tenere in considerazione che non si trattava assolutamente di un mio
problema e, nonostante la foga del momento mi avesse spinta a scappare, ora era
lui quello che doveva rimanere nascosto, non di certo io.
Ed infine
dovevo assolutamente tornare dalle mie amiche, che altrimenti mi avrebbero
lasciata lì.
“E
sentiamo dove vuoi andare?”, mi chiese con aria saccente il riccio,
interponendosi tra me e la porta, così da bloccarmi il passaggio.
“A casa,
con le mie amiche.”, risposi sicura e decisa, tenendo gli occhi puntati nei
suoi.
“Peccato
solo che, vista l’ora, se ne saranno andate già da un pezzo!”, replicò lui con
una smorfia.
Controllai
l’orario sull’orologio che tenevo al polso e fui sorpresa di costatare che la
nostra fuga aveva impegnato più del previsto: erano quasi le otto.
Strinsi
forte i denti, per evitare di far uscire dalla mia bocca fiumi di parole
scortesi e davvero poco carine.
“Chiamerò
un taxi.”, annunciai cercando di superarlo.
“Se
aspetti ancora un po’ ti accompagno io.”, propose lui, spostandosi lateralmente
così da poter essere perfettamente davanti a me.
“E con
cosa? La tua limousine che passa inosservata o la Ferrari trasparente?”,
ironizzai poggiando le mani sui fianchi, ormai troppo nervosa e stanca.
Lui
sorrise, poi passò la mano destra tra i capelli, scuotendoli di poco.
“Con la
mia anonimissima Volvo.”, dichiarò facendo spallucce.
“Adesso
sei anche un vampiro?”, chiesi con fare scettico riferendomi al protagonista di
Twilight, un bel, bel, bel, bel, bel, insomma molto bel, vampiro con un auto
dello stesso marchio automobilistico.
Lui parve
non capire ed io non mi premurai affatto di spiegarglielo.
“Grazie ma
no, io me ne torno a casa.”, rifiutai cercando di scansarlo.
Questa
volta mi lasciò fare, così senza alcun problema lo oltrepassai ed uscii dalla
piccola stanza, senza concedermi neppure un ultimo sguardo in sua direzione.
“Ciao.”,
dissi soltanto prima di chiudere la porta dietro di me, finalmente pronta per
tornarmene a casa e mettere fine a questa brutta parentesi della mia vita: i
One Direction.
Iniziai a
percorrere i corridoi con calma, senza né fretta, né urgenza, poi estrassi
dalla tasca dei pantaloni il cellulare, desiderosa di chiamare un tassista, ma
era spento.
Non me ne
preoccupai molto e premetti energicamente sul tasto che ne permetteva
l’accensione.
Merda!, pensai quando sul display comparve
l’antipatico disegnino che informava che la batteria fosse scarica.
Sbuffai
sonoramente, maledicendomi per aver dimenticato di metterlo sottocarica la
notte precedente.
Cosa potevo inventarmi?
Conoscevo
già la risposta a quella domanda, la soluzione più ovvia e a portata di mano.
Certo,
avrei potuto chiedere all’ingresso di farmi fare una chiamata d’urgenza, ma non
sapevo neppure se il telefono dell’ospedale fosse abilitato a chiamare tutti i
numeri, e di certo la donna sulla quarantina che era seduta dietro il bancone
non sarebbe stata affatto lieta di attendere tutto quel tempo, mentre un taxi
veniva liberato.
Seppur
contro la mia volontà, ascoltai la parte razionale del cervello che mi
suggeriva che quella era sicuramente l’opzione migliore, così pochi attimi dopo
mi trovai a bussare di nuovo a quella porta.
“Ehm, non
posso aprire, sono nudo!”, sentii dire dall’altro lato dall’inconfondibile voce
del riccio.
Non
riuscii a trattenere un sorriso, immaginando la sua espressione preoccupata.
“Ehi
superstar, sono io, quella di prima! Apri!”, gli dissi in tono quasi scherzoso.
Pochi
istanti dopo percepii la chiave girare nella toppa della serratura, poi la
porta si aprì.
“Tu non
dovevi andare a casa?”, mi chiese squadrandomi da capo a piedi.
Era buffo
in ogni suo movimento. Era uno di quei ragazzi che riuscivi a notare anche
mentre non facevano nulla, quelli che sorridevano in modo particolare, che
facevano espressioni particolari, quelli che non passavano inosservati,
insomma.
“Brutta
storia.”, spiegai sventolandogli il cellulare spento sotto il naso, per poi
chiudermi la porta alle spalle.
“Mi presti
il tuo?”, chiesi poi, essendo colta da un improvviso lampo di genio.
“Mi
spiace, l’ho lasciato su in camera di Niall.”, si giustificò lui andandosi a
sedere su un divanetto posto sulla parete a destra.
“Allora mi
tocca proprio aspettare.”, borbottai avanzando fino a sedermi anch’io.
“Qualche
idea per trascorrere il tempo?”, domandò alzando il sopracciglio destro.
Scossi la
testa, in segno di negazione.
“Uff.”, si
lamentò lui. “Ok, che ne pensi del concerto di ieri sera? Ti è piaciuto? Non mi
sei sembrata molto entusiasta nel backstage!”, iniziò lui nel palese tentativo
di fare conversazione.
Feci
spallucce, mentre mi mettevo più comoda.
“In realtà
il concerto non è stato male, solo che non sono una vostra fan.”, annunciai
stranamente calma.
“Dai, non
farmi credere che tutte le volte che ti ho vista è stato a causa delle tua
amiche!”, provò a dire, come per farmi sciogliere a contatto con quelle due
pozze verde chiaro, chiarissimo.
E per un
attimo ebbi la sensazione che ci riuscisse, ma per l’appunto fu solo un attimo.
“Preparati
a ricevere un duro colpo per la tua autostima, perché è davvero così!”, chiarii
io, continuando a guardarlo.
Lui
sorrise, mostrandomi due file perfette di denti bianchi, mentre le due fossette
si accentuarono sulle sue guance, la sinistra leggermente più marcata della
destra.
Però, forse, diciamo… sì, poteva anche essere
che avesse un sorriso discreto, carino, affascinate, bello, meraviglioso, da
mozzare il fiato. No,stavo correndo troppo, stavo davvero esagerando. In fin
dei conti era solo uno stupidissimo sorriso!
“Davvero,
eh?”, chiese lui, quasi come se non ci credesse realmente. “E chi sarebbero allora
i tuoi cantanti preferiti?”, domandò poi, non interrompendo per nulla al mondo
il nostro contatto visivo.
“Non saprei,
ce ne sono molti. Coldplay e Muse principalmente, gli altri sono tutti ad un
gradino più in basso, compreso il mio adorato Ligabue e i Kings of Leon.”,
risposi.
Lui poggiò
un gomito sullo schienale del divano, piegandosi a mezzo busto verso di me, forse
per stare più comodo.
Diamine, in quella posizione era quasi… E no!
Non dovevo azzardarmi neppure a pensarlo!
Suvvia, mi stava antipatico, non avevo mica prestato
voto di castità o cecità e… Diamine se non era sexy!
“E tu? Non
dirmi che ascolti davvero le canzoncine che canti?!”, lo provocai io con un
sorriso angelico disegnato sulle labbra.
“Ma che
spiritosa! A me piacciono le canzoni che canto, ma questo non significa che non
possa ascoltare dell’altro!”, disse sistemandosi i capelli ricci, ormai ancora
più scombinati del solito.
“Dell’altro
tipo…?”, incalzai per farlo continuare.
“Dell’altro
tipo John Mayer, Katy Perry, Pink Floyd… la mia lista è molto più lunga e vasta
della tua!”, disse tagliando corto, per poi assumere un’espressione sarcastica.
“Se
inserisco pure i Coldplay continueranno a piacere anche a te o smetterai di
ascoltarli?”, terminò in tono ironico.
“Ora sei
tu quello spiritoso!”, ribattei con un sorrisetto sulle labbra.
Tra noi
due calò uno strano ed improvviso silenzio che tuttavia non riuscivo a trovare
imbarazzante.
Insomma,
mi trovavo chiusa in una stanza con uno sconosciuto che mi squadrava il viso,
ma non ero assolutamente a disagio.
Quando si dice i misteri della vita!
“Quanti
anni hai?”, mi chiese poi per riprendere la conversazione.
“Diciassette,
ma ho fatto la primina, quindi sono all’ultimo anno di liceo.”, risposi anche
con troppi dettagli considerato il mio carattere schivo e riservato.
“Non mi
chiedi quanti ne ho io? O forse già lo sai?”, mi incitò lui dopo qualche altro
attimo di silenzio, provocandomi sull’ultimo punto.
“A dir il
vero non m’interessa, però se ci tieni così tanto dimmi quanti anni hai.”,
dichiarai con fare risoluto.
Lui
sorrise, come soddisfatto.
“Diciotto,
ma a febbraio ne faccio diciannove.”, esclamò facendosi di poco più vicino.
“Sei di
Roma?”, domandò continuando con il filone di domande.
Annuii.
“Tu,
invece, da dove vieni?”, chiesi ormai rassegnata all’idea di dover trascorrere
altro tempo con lui a conversare.
“Possibile
che davvero tu non sappia nulla di me?”, sbottò lui scandalizzato, tanto da
sgranare bene gli occhi.
“Te l’ho
già detto: tu, i tuoi amici e la tua musica da quattro soldi non rientrate
affatto tra i miei interessi!”, ripetei per l’ennesima volta.
“Perché?”,
continuò lui sovrappensiero, quasi come se stesse ricordando un triste evento
passato.
“Perché
cosa?”, replicai non avendo capito dove volesse arrivare.
“Perché
non ti piaccio? Perché non ti piacciamo?”, ripeté lui chiarendo il precedente
quesito.
Rimasi
spiazzata dalla sua domanda e non perché fosse inopportuna e ridicola, ma
perché mi accorsi di non conoscerne neppure io la risposta.
“Io…”,
provai a dire senza alcun risultato. “Non lo so, non avete suscitato
particolare interesse in me! Cioè, le vostre canzoni saranno anche carine, ma
poi finisce tutto lì!”, riuscii poi a dire, senza troppa convinzione.
Lui
sorrise.
“Secondo
me dici così solo perché non ci conosci!”, decretò fissandomi bene negli occhi.
“Non mi
serve conoscervi per capire che tipi siete!”, ribattei.
“Ah no? Sai
almeno come mi chiamo?”, mi chiese ed il suo tono di voce era un misto tra
divertimento, sarcasmo e accusa.
Come diamine si chiamava? Perché proprio ora
non riuscivo a ricordarmelo?
Fui
costretta ad abbassare la testa, puntando lo sguardo sulle mie ginocchia.
“Ecco,
appunto.”, aveva commentato lui quasi deluso.
“Piacere,
Harold Edward Styles, ma tutti mi chiamano Harry.”, si presentò un attimo dopo,
ma nel suo tono di voce colsi che aveva riacquistato il buon umore.
Alzai la
testa e fui nuovamente travolta da quegli occhi verdi.
“Piacere,
Gi…”, stavo per dire quando fui interrotta da lui.
“Io il tuo
nome me lo ricordo, ti chiami Giulia!”, esordì il riccio.
Quasi
sentii le guance andarmi a fuoco per l’imbarazzo.
Brava, bella figura di merda!
“Giulia Lamberti.”,
dissi soltanto, aggiungendo il cognome.
Lui mi
sorrise, travolgendo anche me in un altro sorriso.
“Bene,
Giulia Lamberti, credo che ora dovremmo andare!”, annunciò poi alzandosi.
Mi tese
una mano per aiutarmi ed io la afferrai prontamente.
“Credi che
se ne saranno andati?”, gli chiesi a poca distanza dal suo petto.
“Lo
spero.”, quasi sussurrò rassegnato.
“Che ne
dici di uscire prima tu per vedere com’è la situazione là fuori?”, propose.
Io annuii
e feci come mi aveva detto.
Pochi
minuti dopo eravamo seduti nella sua macchina, lui alla guida ed io sul sedile
anteriore del passeggero.
In fin dei
conti la sua auto non era appariscente come me l’ero immaginata.
Gli
spiegai la strada che avrebbe dovuto percorrere per raggiungere casa mia, ma
lui preferì impostare il navigatore selezionando l’indirizzo da raggiungere,
poi partì.
“Allora,
racconterai alle tue amiche di questa giornata?”, mi chiese tenendo lo sguardo
fisso sulla strada davanti a lui.
“Ovvio che
no! Si arrabbierebbero perché sono stata troppo poco carina nei tuoi
confronti!”, confessai voltandomi verso di lui.
“In
effetti potevi anche essere un po’ più gentile!”, scherzò lui sogghignando.
“Non
tirare troppo la corda.”, gli intimai, ma ovviamente il mio tono non era
neppure lontanamente minaccioso.
Lui
sorrise.
“Sono
simpatiche le tue amiche.”, commentò poi lui.
Questa
volta fui io a sorridere.
“Non
aspettarti che ricambi il complimento sui tuoi, di amici!”, borbottai
sarcastica.
“Dai, alla
fine non sono tanto male!”, provò a dire tirando su l’angolo sinistro delle
labbra.
“Non sono
neanche tanto bene se è per questo!”, obiettai rimanendo fissa sulla mia
posizione.
“Ma se
dicevi lo stesso di me ed ora siamo qui a parlare tranquillamente!”, costatò
voltandosi per un solo secondo nella mia direzione.
“Solo
perché non ho avuto altra scelta.”, chiarii.
Il riccio
si lasciò scappare una leggera risata.
“Ammettilo
che sono simpatico!”, disse quasi per cercare di convincermi a confessare.
Confessare? Perché, cosa ci sarebbe da
confessare?
“Ma anche
no!”, controbattei.
“Perché
sei così cocciuta? Io non ho nessun problema ad ammettere che tu, nonostante
sia acida peggio di uno yogurt andato a male, possa essere simpatica!”,
dichiarò lui, guardandomi di sottecchi.
Sbuffai.
“E va
bene.”, borbottai. “Diciamo che in fin dei conti sei piuttosto normale.”, mi
lasciai scappare.
“Normale?”,
chiese conferma lui aggrottando le sopracciglia.
“Sì,
normale, come un diciannovenne qualsiasi.”, aggiunsi facendo spallucce.
“Comunque
siamo arrivati.”, esclamai a pochi metri dal cancello di casa mia.
Lui
accostò sul ciglio della strada, poi spense il motore e si voltò verso di me,
facendo incontrare i suoi occhi verdi con i miei marroni.
Anche gli occhi erano belli. Cosa? Ma che
diamine mi stava succedendo?
“Allora ci
vediamo.”, disse lui con fare allusivo.
“Non
credo.”, ribattei quasi… delusa?
Amareggiata?
Cazzo, dovevo riprendermi ed anche alla
svelta!
“Chissà,
del resto questa è già la terza volta!”, mi fece notare sorridendomi.
Sorrisi
anch’io, del resto come non avrei potuto farlo?
Aprii la
portiera e scesi dall’auto.
“Quindi ci
si vede, Harry.”, lo salutai, pronunciando per la prima volta il suo nome ad
alta voce.
Lui
accentuò ancora di più il suo sorriso, facendo comparire quelle due fossette
sulle guance.
“Lo spero
davvero tanto, Juls.”
---
Angolo Autrice
Ecco qui il nuovo capitolo! Ieri tra una cosa e l'altra non sono riuscita a pubblicarlo,
così stamattina appena mi sono svegliata ho preso il pc in mano
ed ora eccomi qui!xD
Comunque sia, ringrazio ancora tutti quelli che leggono,
in particolare Smiler_4_Ever
(mi dispiace non aver risposto alla tua recensione, davvero non ne ho avuto il tempo!:(
Ma apprezzo davvero tanto, e tanto in questo caso è riduttivo!!!)
Allora, per quanto riguarda il resto...
avrei tante cose da dire,
ma il tempo stringe, quindi per questa volta vi lascio solo alla lettura del capitolo!
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 7 *** Always like na na na. ***
7
Every piece of your heart
Always like na
na na.
“Allora,
hai capito tutto?”, mi chiese Rossella a modi conferma.
Riuscii
solo ad annuire, mentre massaggiavo le tempie con i polpastrelli delle dita.
“Il
ragazzo con il ciuffo si chiama…?”, iniziò allora Ludovica per invitarmi a
completare la frase e verificare che quella stressante ora di lezione sui One
Direction avesse portato ai frutti desiderati.
“Si chiama
Zayn.”, terminai non troppo sicura di me stessa.
Le vidi
sorridere, quindi intuii avessi dato la risposta esatta.
“Ci tiene
molto al suo ciuffo, che deve stare sempre alzato, e si specchia di continuo.”,
aggiunsi allora, quasi come per recuperare i punti persi a causa
dell’insicurezza.
Erano passati
due giorni dal pomeriggio in ospedale, così quella domenica prima di uscire ci
incontrammo a casa di Ludovica.
Non avevo
raccontato alle mie amiche di Harry,
o almeno non fin dall’inizio. Tuttavia le sempre più curiose ed invadenti
domande di Rossella avevano finito per mettermi in difficoltà e le bugie che
avevo articolato con tanto sforzo, caddero a terra tanto facilmente quanto un
castello di carte con un soffio di vento.
“E allora perché non sei tornata da noi?”, mi
aveva chiesto con fare inquisitorio.
“Te l’ho detto, avevo il cellulare scarico.”,
ripetei per l’ennesima volta.
Lei annuii, ancora poco convinta.
“E allora come hai fatto a chiamare un taxi?”,
aveva continuato poco dopo aggrottando un sopracciglio.
“Ho incontrato il riccio al primo piano e mi
ha prestato il suo.”, avevo mentito cercando di non tradire le mie parole con
l’espressione del viso.
Lei aveva fatto una faccia scettica.
“E sentiamo… che telefonino avrebbe Harry
Styles?”, mi aveva domandato poggiando le mani sui fianchi, in tono di sfida.
Merda! Cosa diamine potevo saperne io?!
“Veramente non ricordo bene.”, provai a dire.
“Andiamo, voglio sapere solo la marca!”,
protestò lei ancora con lo sguardo fisso nei miei occhi.
“Un Nokia, mi pare.”, borbottai incerta.
Lei sorrise malefica.
“Brava. Harry Styles possiede solo un Iphone e
un Blackberry, che tra l’altro aveva lasciato sul comodino accanto al letto di Niall.
Ora, di grazia, vuoi dirmi la verità?”, aveva esordito trionfante e a quel
punto avevo per forza dovuto cedere.
Dunque,
ero stata sottoposta ad un lungo, lunghissimo, accurato e snervante
interrogatorio in cui ero stata minacciata più volte di essere arsa viva per il
comportamento indecente che avevo assunto nei confronti di quel riccio.
“Cioè, spiegami bene.”, aveva iniziato
Rossella portandosi una mano sul mento. “Tu eri chiusa in una stanza, su un
divano, con quel gran pezzo di figo di Harry Styles e non ci hai fatto
niente?”, mi aveva chiesto conferma sbattendo più volte le palpebre come
scandalizzata.
“Ross, solo perché è un cantante ed è famoso
non significa che debba farci sesso!”, mi ero difesa.
“Ma dico io, tu cosa hai al posto degli ormoni
e degli occhi? L’hai visto quanto cazzo è sexy?”, aveva continuato lei
gesticolando come una forsennata.
“Invece
quello biondo si chiama…?”, questa volta fu Rossella a pormi il quesito,
riscuotendomi dai miei ricordi.
“Si chiama
Niall!”, risposi prontamente. “E mangia sempre!”, aggiunsi con foga.
Molto
presto anche quel supplizio sarebbe finito, ma conoscere i nomi dei cinque
ragazzi mi avrebbe sicuramente aiutata ad accelerare i tempi.
“Quello
con gli occhi azzurri invece…”, iniziò poi Ludo.
“Louis,
gli piacciono le ragazze che mangiano le carote e, no, non è gay.”, decretai,
questa volta più sicura di me stessa.
Loro
annuirono soddisfatte, mentre nei loro occhi si poteva cogliere una strana luce
di eccitazione.
“Il
castano con gli occhi marroni è…”, continuò Ludovica.
“È Liam e
ha paura dei cucchiai.”, sentenziai. “Ah, è fidanzato con una che si chiama
Danielle.”, aggiunsi poco dopo per non tralasciare alcun dettaglio.
“Ed infine
il riccio supersexy è…”, ovviamente fu Rossella ad iniziare la frase.
“Harry
sarà anche riccio, ma di certo non è supersexy!”, sbottai in risposta alla sua
descrizione.
Lei piegò
le labbra in un ampio sorriso.
“Ottimo
lavoro, socia. Ha imparato tutto!”, disse poi voltandosi verso Ludo per poterle
battere il cinque.
Anche la
bionda sorrise.
“Certo
però che potresti anche essere un po’ meno ipocrita! Cioè, persino una suora di
clausura ammetterebbe che Harry è davvero da stupro!”, borbottò poi quasi
rimproverandomi.
Sgranai
gli occhi scandalizzata: quella era ancora la mia cara, dolce ed ingenua
Ludovica?
Brutti alieni, rivoglio la mia amica! O forse
sarebbe stato meglio dire brutti One Direction?
“Non
vorrei interrompere i vostri sogni erotici sul tipo ogniricciouncapriccio, ma se volete davvero andare credo proprio
che dovremmo muoverci.” Bofonchiai infastidita alzandomi dalla sedia posta
davanti alla scrivania della camera di Ludovica.
“Ma che
sbadate! Cazzo, è tardissimo!”, sbottò Rossella controllando l’orologio.
“Prendo le
chiavi della macchina e andiamo.”, sentenziò infine Ludovica.
Una
mezz’oretta dopo ci trovavamo poco distanti da una piazza, di cui ovviamente
non ricordavo il nome, che dava accesso a uno dei tantissimi parchi di cui era
costellata la città di Roma.
Perché ci
trovavamo lì? Ovviamente il motivo ormai doveva essere più che chiaro: i One Direction.
Ciò che mi
consolava, almeno, era che tra una decina di giorni al massimo se ne sarebbero
finalmente tornati a casa per Natale.
“Ross, cos’è successo?”, le aveva chiesto
Ludovica quando la rossa era rientrata in classe dopo aver trascorso una ventina
di minuti in bagno.
Ci sorrise con occhi sognanti quando prese
posto nel banco dietro al mio, accanto ad un ragazzo.
Si sporse particolarmente in avanti cosicché
io e Ludo, seduta al mio fianco, potessimo sentirla nonostante il tono di voce
basso.
“Mi ha chiamata!”, esultò in un sussurro,
cercando di contenersi per non attirare l’attenzione della professoressa di
latino che stava interrogando alla lavagna.
“Chi?”, chiesi io voltando il viso verso di
lei.
“Ma come chi?”, sbottò quasi offesa. ”Zayn! È
ovvio!”, annunciò pavoneggiandosi.
Ludovica si aprì in un sorriso disarmante, mentre
tentava con tutte le forze di contenere le grida di gioia che di sicuro avrebbe
voluto emettere data l’espressione disegnata sulla sua faccia.
Io mi limitai a far roteare gli occhi in
direzione del bianco soffitto dell’aula.
“Ha detto che vogliono vedere la vera Roma!”,
continuò lei, felice come una pasqua.
“E quindi ci uscirai?”, domandò curiosa
Ludovica.
Rossella ci fissò con fare quasi malizioso.
“No.”, disse con un sorriso serafico disegnato
sulle labbra. “Ci usciremo.”, corresse sottolineando la prima parola.
“Domenica mattina.”, aveva aggiunto poi prima
di cominciare a battere le mani in modo frenetico, senza però emettere suoni.
“Secondo
me non verranno.”, annunciai io controllando per l’ennesima volta l’orologio.
Insomma,
potevano anche essere delle stars, ma avevamo appuntamento alle dieci e mezzo e,
nonostante fossero già le undici, di loro non c’era la benché minima traccia.
“Dagli
tempo, avranno avuto qualche difficoltà nel trovare il posto.”, cercò di
ammorbidirmi Ludovica, sorridendomi.
“Eccoli!”,
esclamò infine Rossella in un boato di gioia.
“Finalmente.”,
borbottai a denti stretti, ma fortunatamente nessuno parve sentirmi.
Mi alzai
lentamente, senza avvicinarmi a loro. Non sapevo assolutamente come avrei
dovuto comportarmi e, a dir il vero, non sapevo neppure come avrei dovuto
salutarli.
A fugare
ogni mia perplessità fu, chiaramente, lo spirito d’iniziativa di Rossella, la
quale, senza troppi problemi, fece rotta verso il tipo con il ciuffo alzato,
che avevo capito si chiamasse Zayn, e gli posò due baci sulle guance.
Di
conseguenza, poco dopo mi ritrovai a dover salutare nello stesso ed identico
modo i cinque ragazzi, prima Louis, poi Liam, Zayn, Niall ed infine Harry.
“Te
l’avevo detto che ci saremmo rivisti!”, sussurrò a una spanna dal mio orecchio
subito dopo aver posato un bacio sulla mia guancia.
Senza
neppure rendermene conto, sentii le labbra piegarsi in un leggero sorriso, ma
mi premurai subito di camuffarlo con una smorfia scettica.
“A quanto
pare la fortuna non è dalla mia parte!”, borbottai ironica.
Lui mi
fissò per un attimo negli occhi, nei quali ebbi la sensazione di poter
sprofondare, poi un sorriso a trentadue denti si aprì sulle sue labbra, incorniciato
da due piccole fossette.
“Allora,
entriamo?”, chiese Rossella in inglese rivolgendosi a tutto il gruppo.
Loro
annuirono entusiasti, così ci avviammo all’interno del parco.
Harry
continuava a camminare al mio fianco, mentre Rossella civettava allegramente
con il ciuffo, in testa al gruppo. Ludovica, invece, continuava a fare domande
su domande ai tre restanti, quasi peggio di quelle presentatrici televisive
invadenti ed insaziabili.
“Come mai
avete scelto questo posto?”, chiese il riccio, mentre metteva le mani nelle
tasche dei jeans.
Aveva un
cappotto grigio il cui collo era lasciato sbottonato, così da far intravedere la
camicia bianca che indossava. I suoi ricci, invece, erano nascosti da un
delizioso cappellino di lana.
Feci
spallucce.
“A dir il
vero l’ha scelto Ludovica. Diciamo che non è molto frequentato e questo per voi
significa meno possibilità di incontrare fans e fotografi, ma offre una vista
spettacolare su tutta Roma.”, spiegai infilando le mani nelle tasche del
cappotto, colta da un improvviso brivido di freddo.
“E voi
come siete riusciti a liberarvi di tutto e tutti?”, domandai non riuscendo a
spiegarmi la totale assenza di guardie del corpo, assistenti o chissà chi.
Lui
sogghignò, poi alzò lo sguardo che fino ad un attimo prima aveva puntato sulla
ghiaia sotto i nostri piedi.
“Diciamo
che siamo piuttosto bravi a scappare. Abbiamo le nostre tecniche, anche se ci
portano ad arrivare in ritardo.”, disse semplicemente accennando ad un sorriso
ed io capii che in realtà per loro non doveva poi essere così semplice poter
comportarsi da persone normali.
“Piuttosto.”,
iniziò per attirare la mia attenzione. “Movimentiamo questa giornata!”,
esclamò.
Accadde
tutto nel giro di neppure un secondo. Harry si avvicinò a me di qualche passo, poi
mi sfilò senza troppi problemi il cappellino che avevo in testa ed iniziò a
correre, così da superare anche gli altri.
Sgranai
gli occhi, realizzando quello che era appena successo.
“Andiamo
Juls, non vorrai mica che lo butti in acqua! Corri!”, disse lui, a modi
minaccia, mentre si avvicinava ad una fontana.
“Ti aiuto
io, principessa in pericolo!”, si era offerto Niall in inglese, intuendo
probabilmente quello che stava succedendo.
Così,
pochi attimi dopo, io e Niall ci trovammo a rincorrere Harry per tutto il
parco, mentre minacciava di gettare il mio cappello di lana in acqua.
“Ora che
ti prendo, ti faccio vedere io!”, borbottai quasi a corto di fiato.
“Come on
Giulia! Let’s go!”, mi incitava Niall per invogliarmi a continuare.
“Niall!
Sei più lento di una lumaca! Di questo passo non lo recupererete mai! Lascia
fare a me!”, s’intromise Liam, ovviamente in inglese.
“Harry fa
attenzione!”, urlò Louis per avvertirlo dell’arrivo del castano che correva
veloce come un fulmine.
“Louis,
prendi!”, gridò lui prima di lanciare il cappello al suo amico.
Io mi
fermai, ormai cercare di seguirli era inutile. Ludovica rideva di gusto,
godendosi a pieno quella scena, mentre Ross e Zayn continuavano a filtrare
senza dare troppa importanza a ciò che li circondava.
Sì, in
effetti la scena era piuttosto esilarante.
Liam
correva come un deficiente da Harry a Louis e poi viceversa, mentre Niall
rimaneva bloccato al centro, cercando, ogni volta che il cappello passasse
sopra la sua testa, di afferrarlo con un saltello, senza alcun risultato
ovviamente.
In fondo, ma forse solo in fondo in fondo, non
erano poi così male.
“Si!”,
gridò trionfante Liam. “L’ho preso!”, annunciò sventolando l’agognato berretto
in aria a pochi metri dalla fontana.
“Ancora
per poco, amico!”, lo ammonì Harry con fare minaccioso.
Scattò
veloce verso di lui, per poi darsi lo slancio quasi sul suo petto e saltare, ma
ovviamente non tutto andò secondo i piani.
Liam, che
di certo non poteva aspettarsi una cosa del genere, finì per perdere
l’equilibrio e cadere a terra, subito seguito dal riccio. Il mio cappellino,
invece, inevitabilmente cadde in acqua.
Il classico, insomma.
Si levò un
suono acuto di risate, tra le quali distinsi perfettamente quella di Louis, la
più fragorosa di tutte.
Sbuffai,
non realmente arrabbiata, del resto si trattava solo di uno stupido cappello di
lana e se quello era il prezzo da pagare per assistere a quella divertentissima
scena, allora non avevo nulla da obiettare.
“Bel
colpo, riccio!”, canzonai ironica Harry, ancora steso sul corpo di Liam.
“Hazza,
alzati che così non mi fai respirare!”, si lamentò cercando di scostarlo.
Hazza? E questo da dove usciva?
Harry si
alzò, mettendo su un’espressione mortificata mentre mi cercava con lo sguardo.
Si
avvicinò ancora, trovandomi finalmente.
Si
mordicchiava il labbro inferiore e teneva la fronte leggermente aggrottata al
centro, quasi non sapesse cosa gli aspettava.
“Mi
dispiace.”, disse soltanto a mezza voce.
Sorrisi,
scrollando le spalle.
“Faccio
finta di nulla solo se mi dai il tuo!”, lo ricattai porgendo una mano in sua
direzione.
Lui sgranò
gli occhi.
“Ma come…
il cappello! Il mio cappello?!”, balbettò.
Non
riuscii a trattenere una risata mentre lo fissavo scettica.
“Sai, lui
adora i suoi cappelli.”, m’informò Louis forse per cercare di spigarmi il
perché di quella assurda reazione.
“Sai,
anche io adoro i miei cappelli ed ora uno di quelli è in acqua, quindi…”, dissi
imitando il suo tono di voce, ma lasciai intenzionalmente la frase in sospeso,
con fare teatrale, prima di metter su un sorrisetto beffardo.
In realtà
non mi interessava granché del suo cappello, né del mio, ma ormai era diventata
una questione di principio, o forse solo un gioco.
“E va bene!”,
si arrese lui sfilandoselo, per poi rigirarselo un’ultima volta tra le mani.
“Ma abbine
cura!”, mi ammonì prima di infilarmelo in testa, sorridendomi.
---
Angolo Autrice
Allora, come vedete questa settimana sono stata bravissima:
ho pubblicato addirittura un giorno prima del previsto!!!xD
In realtà il motivo è che ho preso la febbre, quindi stamattina sono tornata a casa mia
e ne ho approfittato della connessione internet che purtroppo a scuola non c'è. -.-"
Perché non mi compro una dannatissima chiavetta?
A dir il vero ce l'ho, ma la promozione è scaduta e mi dimentico sempre di ricaricarla!xD
Vabbè, lasciando perdere queste inutili chiacchiere...
Avete visto il nuovo video dei 1D????
Cioè, sono meravigliosi!!!*-*
Credo che ormai stia diventando anche io una loro fan
e la cosa è piuttosto preoccupante: ne sono quasi ossessionata!
Inutile dire che l'ho subito scaricato, poi ho messo la canzone sull'ipod e mi sono messa a imparare le parole!xD
Per quanto riguarda il capitolo... spero vi piaccia!!
Diciamo che da adesso, piano piano, le cose inizieranno a farsi più interessanti!ù.ù
Ringrazio di cuore le persone che leggono, chi segue la storia e chi l'ha inserita tra le preferite,
ma un ringraziamento speciale va alle persone che hanno lasciato una recensione
e che così facendo mi hanno riempito il cuore di gioia! <3
Bene, credo di aver detto tutto!
Lasciate un commento se vi va, insomma, mi farebbe davvero piacere!
Alla prossima! :*
Astrea_
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Capitolo 8 *** Under your nose. ***
8
Every piece of your heart
Under your
nose.
“Dai
guarda!”, esclamò Ludovica facendo posto ad un titubante Liam, ancora convinto
che ci stessimo prendendo gioco di loro.
“Ok, guarda
dentro la serratura ora!”, continuò la bionda non appena il ragazzo si abbassò
per puntare alla maniglia del portone.
“Ecco,
quella che vedi è la cupola di San Pietro!”, dichiarò infine entusiasta.
“Anche io
voglio vedere!”, trillò poi energicamente Louis, strattonando l’amico per
prendere il suo posto.
Sorrisi
inevitabilmente nell’assistere a quella scena.
“Wow!”,
esclamò soddisfatto quando i suoi occhi poterono ammirare quello scorcio di
panoramica su Roma.
“Ragazzi,
la cupola sarà anche fantastica.”, iniziò Niall richiamando la nostra
attenzione. “Ma io davvero non ce la faccio più! Sono le due ed ho una fame
tremenda!”, si lamentò massaggiandosi lo stomaco con la mano destra.
Ludovica
sorrise sicuramente intenerita dai loro modi di fare piuttosto infantili.
“Ross,
Zayn!”, li chiamai.
Loro
allontanarono leggermente i loro visi, prima intenti a baciarsi, per voltarsi
nella nostra direzione.
“Che ne
dite di andare a mangiare?”, proposi alzando la voce di modo che potessero
sentirmi.
Li vidi
annuire, poi il ciuffo si alzò e tese una mano a Ross. Lei la afferrò
prontamente e si tirò su, per poi raggiungerci ancora mano nella mano.
“Giro a
Trastevere?”, suggerì allora la rossa.
Storsi il
labbro, ovviamente non sapevo se fosse conveniente o meno farli girare per i
quartieri di Roma come se nulla fosse.
“Scusate
se mi metto in mezzo, ma io vorrei assaggiare qualche cosa di tipico e poco
salutare!”, confessò il biondino mettendo su un sorrisetto da bambino
capriccioso, mentre cercava di farci gli occhi dolci.
Ma come diamine potevano essere tutti così…
buffi? Simpatici?
“Idea!”,
annunciò in italiano Ludovica con gli occhi quasi luccicanti, rivolgendosi a me
e Ross.
“Perché
non andiamo a prendere dei panini con la porc…”, provò a dire, ma la bloccai
ancor prima che potesse terminare quella frase.
“Ma sei
matta? Non starai mica dicendo sul serio? Supermontati come sono, di
certo faranno storie!”, sbottai con aria scandalizzata.
“Ma non è vero! Alla fine vogliono qualcosa di tipico e la porchetta è tipica di Ariccia! Poi
credo che Niall apprezzerebbe davvero molto!”, continuò facendo spallucce.
“Anche
secondo me è una buona idea! Magari li andiamo a prendere noi, così non devono
neppure preoccuparsi di nascondersi!”, aggiunse Rossella accennando ad un
sorriso.
Aggrottai
lievemente le sopracciglia, ancora non del tutto convinta.
“Dai Juls,
è un’ottima idea, altro che buona! E poi i ragazzi vanno matti per questo tipo
di cibo!”, s’intromise il riccio, che ormai aveva preso a chiamarmi con quello
stupido diminutivo, facendo ancora una volta mostra del suo perfetto italiano.
Che poi com’è che lo parlasse?
Scrollai
le spalle, rassegnata. Certo, non era il massimo da fargli assaggiare, ma a
quanto sembrava erano tutti d’accordo.
“Bene,
allora andiamo!”, capitolai alzando l’angolo sinistro della bocca in un mezzo
sorriso.
Feci per
incamminarmi, prendendo le mie amiche sotto braccio, ma fui bloccata dalla mano
di Harry che si posò decisa sul mio braccio.
“Che
c’è?”, gli chiesi puntando il mio sguardo su di lui.
“Se non vi
dispiace vado io con lei.”, disse all’indirizzo delle mie amiche, che annuirono
immediatamente, lanciandomi sguardi d’intesa.
“E no!
Dispiace a me!”, mi lamentai io, svincolandomi dalla sua presa.
“Non farti
pregare, Juls!”, continuò lui mentre le mie amiche indietreggiavano, quasi
stessero dalla sua parte.
Infami!
“Tanto è
inutile, non ho intenzione di cedere.”, dichiarai con fare risoluto,
incrociando le braccia al petto.
Lui mi
squadrò bene, poi tirò su gli angoli della bocca, sorridendomi.
“Devo
prenderti in braccio e trascinarti fuori di qui?”, mi chiese avvicinandosi
pericolosamente.
Sbuffai.
“Ragazzi,
noi andiamo a prendere i panini!”, salutai gli altri, voltandomi per un secondo
nella loro direzione, ancora seduti sulle panchine nei pressi del terrazzo che
offriva un’eccezionale visuale di Roma.
“Ecco,
solo con la forza puoi costringere una ragazza a venire con te!”, sbottai
incamminandomi verso l’uscita del parco, senza guardarlo neppure in faccia.
Lui mi
affiancò l’istante dopo, senza alcun problema, e mi parve sogghignare, ma non
controllai per evitare che i nostri occhi si incrociassero.
“Veramente
le ragazze di solito sono piuttosto contente di venire con me!”, controbatté lui con tono studiatamente malizioso e
provocatorio.
Bene, ci mancava solo che facesse il
pervertito!
Cercai di
prendere il sopravvento sul crescente imbarazzo che sentivo nascere, anche
perché di certo non mi avrebbe aiutato ad affrontare quella situazione.
“Allora
stai attento! Non vorrei che qualcuna ti saltasse addosso!”, replicai
sarcastica.
“Spera
solo che non mi riconoscano.”, aggiunse lui.
Socchiusi
le palpebre per un attimo, poi presi un respiro profondo.
“Il tuo
egocentrismo e la tua vanità mi disgustano.”, commentai con una smorfia di
disapprovazione dipinta sul viso.
Uscimmo
dal parco, per poi proseguire dritto, intenzionata a raggiungere un posto che
ben conoscevo dove avremmo preso i panini.
“Io invece
non sopporto la tua saccenteria e la tua testardaggine, ma non lo vado mica a
sbandierare ai quattro venti.”, replicò lui, prendendomi palesemente in giro.
“Ops,
l’hai appena detto anche tu.”, gli feci notare, anche se dal suo tono di voce
mi parve capire che l’aveva fatto di proposito.
Lo sentii
ridere e, d’istinto, alzai lo sguardo verso il suo volto.
Le labbra
rosse si erano aperte per lasciar spazio a due fila di denti bianche, mentre
sulle guance si erano scavate due fossette, la sinistra più accentuata della
destra. Gli occhi verdi e chiari si perdevano nel vuoto ed i capelli ricci e
scuri, ora non coperti da nessun cappello, gli ricadevano disordinati sulla
fronte.
Era bellissimo.
Sorrisi
anche io, beandomi per qualche altro istante di quella scena.
Ma cosa cazzo mi saltava in mente?
“Smettila
di ridere come una papera, rischieresti di attirare l’attenzione di qualche
passante!”, gli suggerii cercando di riprendermi dall’assurdità che il mio
cervello aveva appena concepito.
Lui puntò
il suo sguardo sul mio viso, lo sentivo anche se non potevo vederlo,
concentrata com’ero a fissare la strada, poi smise di ridere.
“Ti sta
bene il mio cappello.”, commentò poi, riducendo di poco la distanza laterale
tra noi due.
“Non
esulterò solo perché Harry Styles mi ha fatto un complimento, mettiti l’anima
in pace!”, decretai soddisfatta.
“Finalmente!”,
esclamò invece lui, quasi ignorando le mie parole.
“Finalmente
cosa?”, chiesi girando il viso in direzione del suo, come se quel contatto
visivo potesse aiutarmi a capire.
“Mi hai
chiamato Harry Styles, hai imparato il mio nome!”, costatò con fare ovvio ed un
sorrisetto beffardo.
Scossi
lievemente la testa, poi mi fermai sul ciglio della strada per aspettare il
verde del semaforo, in quel momento rosso, che ci avrebbe permesso di
attraversarla.
“Ecco, da
bravo, segna la data sul calendario!”, borbottai sarcastica.
Lui si
fece più vicino a me, sfiorandomi le mani così da farmi voltare in sua
direzione.
Poggiò un
dito sotto il mio mento, poi mi costrinse ad alzarlo e subito i miei occhi
incontrarono i suoi.
Non stava
sorridendo in quel momento, era quasi… serio.
“Ehi
riccio!”, lo ammonii. “Non ci starai mica provando con me?”, chiesi ironica ed
indiscutibilmente inopportuna.
Lui
sorrise, tirando su l’angolo sinistro della bocca, cosicché anche la fossetta,
una sola, prese vita sul suo volto.
L’avevo già detto che era bellissimo?
“Perché,
potrei riuscirci?”, mi provocò lui con voce bassa, intrecciando le dita della
sua mano con le mie.
Perché diamine non opponevo resistenza?
“Ovvio che
no!”, sbottai non riuscendo, tuttavia, a trovare la forza per interrompere quel
lieve contatto fisico tra noi due.
Cazzo se non era sexy! Avevano ragione Ludo e
Ross!
“Tentar
non nuoce.”, replicò semplicemente lui scrollando le spalle.
Harry
aveva ancora lo sguardo fisso nel mio e solo allora mi resi conto che non avrei
retto ulteriormente quella situazione e saltargli addosso di certo non era tra
le mie priorità.
Feci
roteare gli occhi, perdendomi su alcuni particolari della strada, per poi
finire sul semaforo.
“È verde,
dobbiamo attraversare.”, lo informai.
Lui annuì,
lasciando scivolare via la mano sinistra, ma teneva ancora stretta la destra
con la sua.
Attraversammo
la strada così, mano nella mano, e per la prima volta percepii uno strano
brivido correre forte lungo tutta la mia schiena.
“Quindi
ora dove si va?”, mi domandò Harry che mi aveva guidata per quel brevissimo
tratto di strada.
“Di qua.”,
dissi superandolo, senza neppure guardarlo in faccia.
Inutile
dire che era tutta colpa di quello stupidissimo contatto tra le nostre mani. Mi
imbarazzava, mi mandava il cervello in tilt, mi metteva decisamente a disagio,
in senso positivo purtroppo.
Fortunatamente
arrivammo presto, così quando dovetti ordinare fummo costretti a sciogliere la
presa tra le nostre mani.
Finalmente.
“Ecco a
te, signorina!”, mi disse l’uomo sulla cinquantina.
“Grazie.”,
esclamai accennando ad un sorriso mentre afferravo le buste con ben quindici
panini.
Mi voltai
verso sinistra, ma fui sorpresa nel non trovare Harry al mio fianco.
Dov’era finito?
D’istinto
mi girai anche dall’altro lato e lo vidi alla cassa, mentre ritirava lo
scontrino.
“Non
dovevi pagare tu, in fin dei conti voi siete pur sempre degli ospiti!”,
annunciai avvicinandomi a lui.
Lui fece
spallucce, sorridendomi.
“Dovere,
del resto io sono un gentiluomo d’altri tempi!”, scherzò ironico.
“Certo,
come no!”, borbottai. “Comunque grazie.”, aggiunsi poco dopo.
Lui puntò
i suoi occhi nei miei, poi prese una ciocca dei miei capelli che fuoriusciva
dal suo cappello. La arricciò per qualche secondo, seguendo la sua ondulazione
naturale, infine mi sorrise ed io, per la prima volta, ebbi la sensazione di
sciogliermi come neve al sole.
“Torniamo
dagli altri, saranno affamati.”, riuscii a dire non appena ebbi recuperato un
po’ di lucidità.
Sì, il riccio mi faceva uno strano effetto.
“Andiamo.”,
acconsentì lui, riprendendo la strada verso il parco.
---
Angolo Autrice
Hi guys! Allora, ovviamente sono appena tornata a casa...
indovnate un po' qual è stata la prima cosa che ho fatto???
Aggiornare? No, mangiare fino ad avere il mal di pancia!xD
Ma aggiornare è stata immediatamente la seconda!;)
Quindi eccoci qui con il nuovo capitolo! :D
Bene, per prima cosa c'è da dire che le cose, come avevo annunciato, cominciano a farsi più interessanti...
nei prossimi capitoli vedrete, cioè leggerete!!;)
Comunque, ma quanto è bello Hazza???*-*
Ovviamente la storia è ancora agli inizi, quindi non ci pensate
proprio che filerà tutto liscio e che nel giro di tre capitoli
si dichiareranno amore eterno, si sposeranno e avranno un figlio, no!ù.ù
Ne passeranno ancora parecchie!!;)
Ringrazio di cuore quelle meravigliose persone che hanno inserito la storia tra le seguite, ricordate o preferite:
davvero, mi rendete superissimissimissimamente (?) felice!!! :)
E ringrazio ancora le persone che hanno lasciato una recensione!
Siete favolose!! <3
Ok, il mio "lavoro" da autrice credo che per oggi termini qui,
quindi vado a fare quello da lettrice!!xD
Spero che il capitolo vi piaccia, lo so, non è di dimensioni esorbitanti,
ma la lunghezza non è tutto!
Fatemi sapere cosa ne pensate! ;)
Alla prossima! :*
Astrea_
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Capitolo 9 *** Blow a kiss, take it back. ***
5
Every piece of your heart
Blow a kiss,
take it back.
Quando io
ed il riccio di nome Harry tornammo al parco, i ragazzi erano sdraiati sulla
fresca erbetta, intenti a contemplare il cielo. Avevamo poi mangiato tutti
insieme, seduti a cerchio sul prato, mentre ci raccontavano strani aneddoti
accaduti durante il tour. Ovviamente i più divertenti erano quelli riguardanti
Harry, Louis e Niall. Anche i panini avevano avuto un grande successo, tanto
che quando il biondino si decise a mangiare il terzo ci preoccupammo tutti che
potesse finire un’altra volta in ospedale per indigestione alimentare, ma lui
ci tranquillizzò dicendoci che quello gli capitava soltanto quando frullava le
caramelle gommose per poi metterle nel gelato.
Subito
dopo aver pranzato, poi, Zayn e Ross si erano appartati su una panchina oltre
la serie di alberi ed ovviamente noi non avevamo fatto domande per approfondire
cosa avessero intenzione di fare, o almeno non io e Ludovica.
“Perché, amico, cosa hai in mente di fare?”,
aveva chiesto malizioso Louis riferendosi alla comunicazione che Zayn aveva
appena dato.
“Louis, non fare il cretino!”, lo aveva
rimproverato lui con sguardo truce.
“Andiamo Zayn, non vorrai mica farci credere
che state andando lì dietro solo per poter meglio apprezzare la natura?”, aveva
continuato Niall ammiccando in direzione delle mani, ancora intrecciate, di
Ross e del ciuffo.
“Tanto sappiamo tutti che tipo di natura vuole
studiare!”, aveva aggiunto poi, con tono malizioso, il riccio, lanciandogli
occhiate d’intesa.
Ross aveva abbassato lo sguardo, forse per la
prima volta in imbarazzo da quando la conoscevo.
“La volete smettere o no?”, aveva poi sbottato
Zayn ormai al limite.
“No!”, avevano risposto in coro gli altri
quattro.
Lui fece roteare gli occhi, poi strinse ancora
di più la presa sulla mano di Rossella.
“Lasciali perdere, si divertono a fare i
bambini.”, le aveva sussurrato quasi all’orecchio.
Lei si era tranquillizzata all’istante, poi si
era lasciata guidare da lui, fino ad allontanarsi completamente da noi.
“Ella, se fa qualcosa che non deve fare lancia
un urlo!”, le aveva poi gridato Louis mentre loro andavano via.
Sì, in
effetti avevano preso l’abitudine di chiamare Rossella semplicemente Ella,
dicevano che faceva più inglese di Ross.
Il resto
del pomeriggio era davvero volato tra battutine e scherzi, così quando iniziò a
farsi scuro fummo decisamente sorpresi di scoprire che erano già le sette.
Poi, dopo
aver richiamato i due piccioncini ed esserci adeguatamente salutati, ci eravamo
avviati alle macchine.
Ovviamente
qualcosa dovette andare storto, visto che mi ritrovai, per la seconda volta, in
macchina con il riccio.
“Juls!”, mi aveva chiamata Harry, prima che
salissi sul sedile posteriore della macchina di Ludovica. “Vieni con me?”, aveva
poi chiesto dopo avermi raggiunta, ormai a pochi centimetri di distanza.
Avevo aggrotto la fronte e spalancato gli
occhi per la sorpresa.
“No.”, avevo rifiutato quasi indugiando per
non aver ancora compreso il senso di quella proposta.
“Lia, giuro che se non te ne vai con Harry
stanotte vengo a casa tua e ti ammazzo!”, mi aveva minacciata Ross dal
finestrino del passeggero, seduta sul sedile accanto a Ludovica.
Avevo puntato gli occhi al cielo, spazientita
dalle sue continue costrizioni che ormai non mi davano tregua. Certo, lei
diceva di farlo per il mio bene, ma il fine non giustificava i mezzi.
“Giù, Rossella ha ragione! E poi vuole solo
accompagnarti a casa, mica mangiarti viva!”, aveva aggiunto Ludovica,
rincarando la dose.
Mi ero voltata in direzione del riccio, che mi
fissava paziente, con un timido sorriso sulle labbra ed una fossetta sulla
guancia sinistra appena accennata.
“Ci vediamo domani!”, aveva salutato Ludo
mettendo in moto la macchina.
“Ciao!”, aveva, poi, esclamato Rossella,
mentre già le vedevo allontanarsi da me.
“Bene.”, avevo borbottato a denti stretti.
“E sentiamo, come dovremmo starci in sei nella
tua Volvo?”, avevo poi domandato ironica, tornando a guardare il riccio a pochi
passi da me.
“Gli altri tornano con l’auto di Louis.”,
aveva detto indicandomi una Audi nella quale si erano già accomodati gli altri
quattro.
“Magnifico.”, commentai scettica.
“Bye Giulia!”, mi salutarono quelli,
sporgendosi dai finestrini.
“Bye guys!”, avevo ricambiato io sventolando
la mano.
“Allora,
vuoi che ti ridia l’indirizzo?”, gli chiesi quando fummo saliti a bordo della
sua auto.
“Non
serve, l’ha memorizzato il navigatore l’altra sera.”, disse accennando ad un
sorriso, puntando gli occhi sulla strada.
“Dopo
stasera dovrò ricordarmi di cancellarlo, o al massimo cambiare casa!”, scherzai,
ma nel mio tono era evidente il sarcasmo.
Lui rise,
poi si passò velocemente la mano destra tra i capelli e fu in quell’istante che
mi ricordai di avere ancora il suo cappello in testa.
Lo sfilai
velocemente e lo appoggiai sul cruscotto.
“Quasi mi
dimenticavo di restituirti il cappello.”, dissi lanciando uno sguardo in
direzione di quest’ultimo.
Lui scosse
lievemente il capo ed inevitabilmente anche i ricci si mossero con lui.
Da stupro, eh?
“Se ti
piace e se vuoi, puoi tenerlo.”, dichiarò con voce bassa, enfatizzando però il vuoi.
“Ti ho già
detto che non sono una tua fan, non lo prenderò per poi custodirlo in una teca
e venerarlo!”, borbottai ironica.
Lui rise
alle mie parole, per poi lanciarmi un veloce sguardo.
“Prendilo
come un regalo di Harry per Juls.”, propose lui.
Cuore, perché avevi smesso di battere?
Cervello, perché avevi smesso di funzionare e
mi facevi pensare certe cose?
Sorrisi
flebilmente, ancora scossa da mille piccoli brividi.
“In tal
caso…”, iniziai, ma poi mi tornò in mente il nomignolo che aveva utilizzato
Liam quel giorno. “Anzi, diciamo solo che lo accetto se è da parte di Hazza per
Juls.”, decretai, stringendo il cappello di lana tra le mani.
“Detesto
quel soprannome!”, si lamentò Harry.
“Io invece
lo adoro!”, replicai io, ancora sorridendo.
“E va
bene, concesso. Per Juls, da Hazza.”, si arrese poi, sorridendo anche lui.
Rimisi il
cappello in testa, contenta.
“Quasi sta
meglio a te che a me!”, commentò lui, guardandomi per qualche secondo.
“Perché,
tu avevi dubbi?”, domandai scettica dandomi delle arie. “Era ovvio che stesse meglio
a me!”, conclusi scherzando, facendolo ridere.
“Mi piace
che tu mi tratti così.”, quasi sussurrò.
Rimasi in
silenzio per qualche secondo, mentre lo osservavo cercando di metabolizzare le
parole e la serietà con la quale le aveva pronunciate.
“Cioè sei
masochista?”, lo presi in giro, anche se avevo capito cosa intendesse.
“Andiamo,
hai capito. Intendo dire che mi piace il fatto che tu mi ritenga semplicemente
Harry, o Hazza, e non Harry Styles il cantante dei One Direction.”, chiarì
questa volta con voce un po’ più sicura.
“Mi fa
sentire una persona vera.”, mormorò poco dopo.
Sorrisi.
“Se ti può
consolare, anche a me piace trattarti così.”, commentai per farlo sorridere e
ci riuscii.
“Siamo
arrivati.”, mi informò lui, parcheggiando sulla soglia destra della strada.
Slacciai
la cintura di sicurezza e afferrai la borsa.
“Sono
stato bene oggi.”, mi confessò lui avvicinandosi a me.
“Anche
io.”, concordai, mentre i nostri occhi si scrutavano con una calma quasi
snervante.
“Credi che
ci rivedremo?”, domandò lui facendosi sempre più vicino.
“Hazza,
questo discorso l’abbiamo già fatto.”, gli feci notare alludendo alla
precedente conversazione che avevamo avuto in auto.
Lui
sorrise, prima nel sentirmi pronunciare quello stupido soprannome, poi per le
mie parole.
“Allora
ciao.”, lo salutai io aprendo la portiera, per poi scendere dall’auto.
“Ciao
Juls.”, ricambiò lui con un sorriso.
Lo guardai
per l’ultima volta, poi chiusi la portiera alle mie spalle.
Forza, dovevo fare qualcosa, qualsiasi cosa!
Era come
se percepissi la concreta paura che dopo quella sera non l’avrei più rivisto e
la cosa, per quanto strano potesse sembrare, mi spaventava, mi terrorizzava, mi
spezzava il fiato.
“Juls!”,
mi chiamò.
Mi fermai
di scatto, poi lentamente mi voltai.
Harry era
a pochi passi da me, con uno scatto era sceso dalla macchina e mi aveva
raggiunta.
Lo vidi
deglutire quasi impercettibilmente.
“Io
volevo…”, iniziò lui abbassando lo sguardo.
In quel
momento pendevo completamente dalle sue labbra, esattamente come avevano fatto
Ross e Ludo quando avevo mostrato loro il cd autografato.
Volevi?
Il mio
cuore, senza alcuna spiegazione logica, batteva frenetico e le ginocchia mi
sembrava stessero per cedere sotto il peso del mio corpo.
Harry alzò
nuovamente il viso, puntando i suoi occhi nei miei ed io ci sprofondai
completamente dentro.
Non si
trattava di una semplice sensazione, al contrario. Era come se riuscissi a
cogliere tutto quello che Harry non mi stava dicendo a voce, era come se
fossimo connessi su un’altra linea che ci permetteva di comunicare senza l’utilizzo
di alcuna parola, perché in quel momento sarebbero state del tutto superflue.
Si
avvicinò ancora a me, ormai i nostri visi erano a pochi centimetri di distanza,
tanto che potevo sentire il suo naso sfiorare il mio ed il suo fiato caldo
accarezzarmi dolce le guance.
Sì, era ufficiale: quell’unico neurone che
doveva esserci nella mia testa doveva essersi impiccato per solitudine.
In
circostanze normali avrei decisamente allontanato chiunque, personaggi famosi,
amici o conoscenti, ma con Harry era tutto diverso.
Tutto sembrava così insensatamente giusto.
“Volevo
dirti che…”, riprese a parlare con tono roco quasi sulle mie labbra.
Si fece
ancora più vicino, fino a quando le sue labbra non si poggiarono sulle mie.
Avvertii
come un’esplosione all’interno del mio stomaco, quasi come se fosse quella
stessa sensazione procurata dalle farfalle, ma elevata all’ennesima potenza.
Con la
lingua tracciò delicatamente e con calma, tanto che rischiai di perdere il
controllo, il contorno delle mie labbra, fino a chiedermi il permesso per approfondire
il bacio.
Avrei
dovuto negarglielo, di ciò ne ero pienamente consapevole, ma tutto ciò che
riuscii a fare fu portare le mie braccia intorno al suo collo.
Lui poggiò
le mani sui miei fianchi, poi con una mi circondò completamente la vita.
Iniziai ad
accarezzargli i capelli, giocherellando con qualche riccio ribelle, mentre le
nostre lingue si rincorrevano ed i nostri sapori si mischiavano fino a fondersi
in uno nuovo, il nostro.
Lo sentii
sorridere sulle mie labbra un attimo prima che ci staccassimo, quasi a corto di
fiato.
Sorrisi
anch’io, non interrompendo neanche per un istante il contatto visivo che
avevamo appena ristabilito.
Eravamo
ancora fermi nella stessa posizione, ancora avvinghiati l’uno all’altra.
“Hazza.”,
lo chiamai in un sussurro.
Lui
arricciò leggermente la fronte, quasi a chiedermi di continuare.
“Volevo
dirti una cosa anche io…”, sussurrai ad un soffio dalle sue labbra, prima di
farle nuovamente mie.
Al
contatto con le sue, fu come tornare a respirare dopo un lungo periodo di apnea,
come trovare un’oasi nel bel mezzo del deserto.
Con una
mano mi accarezzava la schiena, mentre con l’altra mi teneva ben stretta a lui
per la vita. Io, invece, continuavo a giocare con i suoi soffici ricci,
incapace di fare altro.
Ogni
singola cellula del mio corpo sembrava essere attratta da lui, persino i piedi.
Poco prima
che ci staccassimo, gli morsi lievemente il labbro inferiore, sorridendo.
Ancora una
volta, incontrai subito i suoi profondi occhi di un verde chiarissimo.
“Devo
andare.”, mormorai ansante, ancora senza fiato.
Lui piegò
le labbra in un sorriso, subito incorniciato da quelle due meravigliose
fossette.
“Ciao
Juls.”, mi salutò lui, svincolandomi dalla sua ferrea presa.
“Ciao Hazza.”
---
Angolo Autrice
Salve gente! Finalmente eccoci a sabato!!*.*
Sono a casa e come promesso ho pubblicato il nuovo capitolo!
Si sono baciati!!!!<3
Ma che dolce che è Harry!!!!*.*
Comunque sia, non vedevo l'ora che giungesse questo momento!
Cioè, se fossi stata io Giulia non avrei di certo aspettato tanto!!xD
Passando, invece, alle cose serie,
volevo ringraziare quelle spelndide persone che hanno inserito
la storia tra le preferite, ricordate o seguite...
siete meravigliose!!
Ringrazio poi i silenziosi lettori, spero che continuiate a seguirmi!
Un ringraziamento speciale, però, va a quelle magnifiche
cinque persone che hanno lasciato una recensione...
Dire che sieste state divine è ancora troppo poco!!
Grazie mille, davvero!! <3
Ora, giunti a questo punto, mi auguro che il capitolo vi sia piaciuto!
Ovviamente non è tutto oro quello che luccica,
quindi non fatevi ingannare dalle prospettive rosee!!:P
Non aggiungo altro, anzi, dico solo che le recensioni sono sempre ben gradite!xD
Alla prossima! :*
Astrea_
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Capitolo 10 *** You're messing with my head. ***
10
Every piece of your heart
You’re messing
with my head.
Erano
passati cinque giorni da quando io ed Harry ci eravamo baciati ed, ovviamente,
di lui non avevo avuto più notizie. In fondo, avrei dovuto saperlo fin
dall’inizio che quel bacio non avrebbe portato a nulla di serio. Non ci eravamo
più rivisti, non ne era più capitata l’occasione, e, nonostante lui potesse
tranquillamente mettersi in contatto con me tramite Zayn e Ross, non aveva fatto
nulla.
“Non ci posso credere! Cioè, tu hai baciato
quel gran pezzo di figo di Harry Styles!”, aveva esclamato incredula Ludovica
il lunedì mattina successivo durante l’intervallo.
Avevo semplicemente annuito, sotto lo sguardo
sognante delle mie amiche.
“A dir il vero, prima mi ha baciata lui, poi
io.”, avevo precisato subito dopo.
“Lo dicevo io che non si poteva resistere ad
un tipo come lui!”, aveva commentato Ross, esultando quasi avesse appena vinto
il premio Nobel.
“E come siete rimasti? Ti chiamerà?”, aveva
chiesto Ludovica curiosa di scoprire altro.
Feci spallucce e loro sembrarono leggermente
deluse.
“Non lo so, del resto non abbiamo mai
programmato nulla! Ci siamo sempre incontrati solo per caso.”, avevo dichiarato
con lo stessa voce di un condannato che stava per andare al patibolo.
“Ma come? Prima vi baciate e poi non sai
neppure quando lo rivedrai?”, mi aveva rimproverato Ross, sbottando come
scandalizzata da quelle notizia.
“Ross, ti ricordo che eri tu quella che
pomiciava con Zayn, mica io!”, avevo borbottato in mia difesa.
Lei mise su sorrisetto forzato.
“Ed io, Lia, ti ricordo che il numero di Zayn
ce l’ho, mentre tu quello di Harry no!”, aveva replicato.
Certo,
chiedergli un recapito telefonico non sarebbe stata poi un’idea malvagia, ma
ormai il danno era fatto e non avevo la benché minima voglia di piangere sul
latte versato, per lui poi.
Un’altra
brutta notizia mi era poi giunta il mercoledì di quella stessa settimana,
quando Rossella mi aveva chiamata a casa perché aveva un’informazione urgente
da riferirmi.
Per un
attimo sperai che si trattasse di Harry, che lei gli avesse dato il mio numero.
Io mi sarai arrabbiata, le avrei ribadito più volte il concetto di privacy e le
avrei tenuto il muso per qualche minuto, infine le avrei detto che, tutto sommato, non era poi così grave.
“Lia, devo dirti una cosa.”, mi aveva detto
non appena presi la cornetta del telefono, senza neppure premurarsi di
salutarmi.
Il suo tono di voce era serio e preoccupato,
tanto che temetti fosse successo qualcosa di davvero grave.
“Dimmi.”, l’avevo incitata, cercando di sembrare
neutrale, nonostante avessi intuito che tirasse cattiva aria.
“Mi ha chiamata Zayn.”, disse per introdurre
l’argomento.
Sbuffai sonoramente, irritata dalla snervante
attesa alla quale mi stava sottoponendo.
“Ross, Zayn ti chiama un giorno si e l’altro
pure!”, le avevo fatto notare con aria stizzita.
Ormai quei due avevano preso a sentirsi. Nulla
di serio, sia chiaro, ma avevano deciso che avrebbero provato a tenersi in
contatto per vedere come sarebbe evoluta la loro situazione. Più che altro si
trattava di interesse fisico nei confronti dell’altro, che purtroppo ancora non
erano riusciti a soddisfare.
“Tra poco è Natale.”, continuò lei, quasi come
se stesse cercando le giuste parole per darmi quella notizia che tanto sembrava
essere importante.
Serrai la bocca, cercando di non inveire
contro di lei.
“E allora? Fuori piove e a giungo diamo la
maturità.”, avevo bofonchiato non appena ebbi ripreso il controllo di me
stessa.
“Sono partiti.”, quasi aveva sussurrato lei
tutto d’un fiato, come per liberarsi di un peso che la stava opprimendo.
Sgranai gli occhi dalla sorpresa, mentre
sentivo una strana fitta all’altezza del cuore.
“Chi?”, avevo mormorato timorosa di ricevere
la risposta a quella domanda.
“Loro, i One Direciton. Sono tornati a Londra
per le vacanze di Natale, alla fine prima o poi sarebbero comunque dovuti
tornare a casa. Si sono trattenuti un po’ di più qui a Roma soltanto perché
necessitavano di qualche giorno di tregua dopo la fine del tour.”, mi aveva
spiegato.
Io ero rimasta in silenzio, incapace di dire o
fare qualsiasi cosa.
L’unica silenziosa domanda che si ripeteva
nella mia testa era: perché?
Perché non mi aveva detto nulla? Perché mi
aveva baciata e poi era sparito? Perché?
“Ehi, Lia, ci sei ancora?”, aveva chiesto
Ross, riscuotendomi dai miei pensieri, forse preoccupata del fatto che non le
avessi più dato cenni di vita.
“Si, si.”, avevo confermato. “Non vedo come
questo possa interessarmi.”, avevo mentito. “Vuoi forse che organizzi una festa
per esserci liberate di quelle palle al piede?”, avevo aggiunto dopo nel
tentativo di sembrare più convincente.
Rossella aveva riso dall’altro capo del
telefono.
“Tanto lo so che ci sei rimasta male per
Harry.”, aveva precisato.
Al sentire il suo nome fu come se il sangue
all’interno delle vene raggelasse, come se tutto intorno a me si fermasse per
questione di pochi millesimi di secondo.
“Chi? Quello di ‘Harry, ti presento Sally’?”,
avevo chiesto, come per voler far finta di nulla.
Mi parve di sentire Rossella sospirare, ma
ignorai anche quello.
“Comunque,volevo dirti che sabato sera
organizzano una serata fantastica in discoteca!”, aveva esclamato per cambiare
argomento e da quel punto in poi della conversazione smisi di seguirla.
Mi rigirai
sul mio letto, poggiandomi sul fianco destro. Afferrai il cuscino e lo strinsi
forte sul petto.
Avevo una
tale confusione in testa da poter essere assimilata alla mia stanza il sabato
sera prima di uscire, cosparsa ovunque di vestiti, trucchi, borse, scarpe,
accessori e gli inevitabili libri.
Da un lato
avevo tranquillamente appurato il fatto che Harold Edward Styles fosse uno
stronzo di prima categoria, dall’altro, invece, non riuscivo a spiegarmi il
motivo di quella strana sensazione di delusione che percepivo ogniqualvolta lui
o la sua band venisse nominata ad alta voce.
Non
conoscevo il vero Harry, di questo ne ero assolutamente consapevole, ma quella
persona con la quale avevo trascorso del tempo in quei pochi giorni mi aveva
quasi stupita.
All’inizio,
infatti, credevo che lui fosse semplicemente un ragazzino montato, vanitoso,
sfacciato, egocentrico, antipatico, arrogante, presuntuoso e giù di lì, del
resto la lista era ancora lunga.
Quando poi
avevo iniziato a parlarci, avevo scoperto un altro Harry e mi ero dovuta
ricredere su molti punti, anche se il mio orgoglio non aveva apprezzato molto
quel cambio di opinione.
Lui sapeva
essere un diciannovenne quasi simpatico, piuttosto gentile ed alla mano.
Infine, ma
non meno importante, avevo scoperto anche la sua parte peggiore, quella capace
di sparire nel nulla e farti sentire parte di quel nulla.
Avevo
iniziato a pensare che per lui si era trattato di un gioco sin dall’inizio.
Insomma, poteva anche essere una sorta di sfida, quella di farmi capitolare ai
suoi piedi e, seppur questo non era realmente successo, il bacio gli aveva
assicurato la vittoria.
Magari in
realtà lui non era neppure così come si era preoccupato di apparire ai miei
occhi e magari, mentre mi sorrideva o mi baciava, pregava che il tutto finisse
a breve.
Mi alzai
lentamente dal letto, afferrando il portatile che tenevo sulla scrivania, per
poi tornare sul morbido e caldo piumone. Appoggiai la schiena alla spalliera e
piegai leggermente le gambe per fare da sostegno al computer, poi lo aprii e lo
accesi.
Quello che
stavo per fare non mi piaceva per nulla, ma in quel momento ne sentivo la
necessità.
Aprii una
pagina di internet e veloce digitai il nome della band di quei cinque mocciosi.
Esitai
ancora qualche secondo prima di premere il tasto che avrebbe avviato la
ricerca.
Pochi
istanti dopo sullo schermo comparvero una serie di siti riportanti notizie sui
One Direction.
Continuai
a scorrere, fino a trovare l’icona del video di una loro canzone.
Cliccai
sul collegamento e pochi istanti dopo la musica inondò tutto la camera.
Riconoscevo
quelle note frizzanti e allegre, le avevo sentite canticchiare dalle mie amiche
migliaia e migliaia di volte.
Chiusi gli
occhi, privandomi delle immagini che scorrevano veloci come accompagnamento
alle parole cantate, poi lo sentii.
Era la
voce di Harry.
Everyone else in the
room can see it,
everyone else but you…
Di scatto
sgranai gli occhi, tornando a fissare con una nuova e strana esigenza il video.
Correva,
rideva, giocava con l’acqua, scherzava con i suoi amici.
Rimasi
immobile, come ipnotizzata da quelle note.
Poi la
scena si spostò su di lui.
Cantava a
pochi centimetri di distanza dal volto di una ragazza, sorridendole, mentre il
sole calava alle loro spalle.
Baby you light up my world like nobody else.
The way that you flip your hair gets me overwhelmed.
But when you smile at the ground
it ain’t hard to tell,
You don’t know you’re beautiful.
Sorrisi
amareggiata, forse rassegnata, quasi come se fossi appena venuta a conoscenza
di un’ovvia verità.
Harry
Styles era un cantante famoso ed io ero solo una delle mille ragazzine che lui
aveva incontrato durante il suo tour, una delle tante con le quali aveva
giocato e si era divertito.
Probabilmente
in quel moneto, mentre io guardavo quel suo fottutissimo video, lui aveva già
dimenticato il mio nome ed il mio viso.
Di scatto,
presa da un moto d’ira, chiusi la pagina, come se ciò servisse a cacciare il
suo dannatissimo viso fuori dalla mia testa.
Ma
passarono pochi secondi prima che sentii l’impellente bisogno di vederne altri,
di continuare a sentire quella sua stupidissima voce meravigliosamente dannata.
Così,
senza neppure rendermene conto, mi trovai a saltare da un video all’altro,
soffermandomi con particolare attenzione sulle parti interpretate da Harry.
Iniziai
con le loro canzoni accompagnate dai testi, per proseguire con i live dei
concerti tenuti in America o in Inghilterra, fino a quelli dell’ultimo tour e
qualche spezzone dell’esibizione a Roma.
Infine, mi
trovai a frugare anche tra le varie serate che avevano fatto ad X-Factor ed i
vari diari che avevano registrato.
In ognuno
di quei video era come sei riuscissi a cogliere una sfumatura diversa del
carattere del riccio. Prima le battute con gli amici, poi i sorrisetti
maliziosi, le distrazioni che era costretto a subire durante gli assolo, le
lacrime che aveva versato, la voce che gli tremava, poi ancora lui che ballava,
che rispondeva alle domande, alle varie interviste.
Fu così,
in quel modo ed in quel momento, che mi accorsi di non conoscere affatto Harry
Styles.
Fu così, in quel modo ed in quel momento, che mi accorsi di
essere stata totelmente, completamente e perfettamente presa in giro da
quello sconosciuto di nome Harold Edward Styles.
---
Angolo Autrice
Buongiorno a tutti!!! :D
Allora, come potete vedere questa volta sono stata velocissima ad aggiornare!!!
In meno di ventiquattro ore, quasi un record insomma!!!!xD
Il motivo è che, non potendo farlo in settimana ed essendo piuttosto avanti con la storia,
ho deciso di pubblcare quanto più spesso possibile,
anche perché altrimenti finirebbe troppo per le lunghe e non voglio assolutamente annoiarvi!
Comunque sia, eccoci al nuovo capitolo! :)
Non mi ammazzate, vi prego!
Insomma, Harry è solo partito senza dire nulla!!xD
Ovviamente non poteva andare tutto liscio.
Ho detto fin dall'inzio che avrei provato a rendere quanto più realistica la storia,
quindi credo possiate capirmi se ho deciso di far partire Harry come se nulla fosse.
Insomma, tralasciando il fatto che è il nostro protagonista maschile,
rimane comunque uno dei One Direction!!!
Vabbè, detto questo aggiungo solo un'altra piccola nota.
Mi piaceva l'idea di creare un collegamento fittizio tra Giulia ed Harry attraverso un video.
Si tratta solo di un legame illusorio,
di un qualcosa che inconsciamente la tiene più vicina a lui,
come se bastasse tanto poco per sentirlo ancora lì.
Certo, il risultato non è affatto soddisfacente,
del resto Hazza non potrà mai essere sostituito da un suo stupido video,
però è l'unica cosa alla quale lei può aggrapparsi.
Ok, ora ringrazio immensamente i silenziosi lettori!!*.*
Ringrazio di cuore anche coloro i quali hanno inserito la storia tra preferite, seguite e ricordate...
siete sempre più magnifiche!!! (?) <3
Infine, non per importanza, sia chiaro, ringrazio mille e mille volte le persone
che hanno lasciato una recensione!
Ma un particolare ringraziamento va a FeniceHowl_ che mi segue e mi supporta/sopporta con tutta la pazienza del mondo!
Grazie mille!!!<3
A proposito, passate anche a leggere qualcosa di suo, ne vale la pena!;)
Dunque, mi pare di aver detto tutto...
Lo so, il capitolo non è uno dei migliori, né è felice o allegro,
però magari in futuro...
Dai, fatemi sapere cosa ne pensate!!!
Alla prossima!:*
Astrea_
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Capitolo 11 *** You just like to know you can. ***
2
Every piece of your heart
You just like to know you can.
Le vacanze
di Natale trascorsero molto più velocemente di quanto avessi desiderato, così
senza neppure rendermene conto, mi trovai a dover tornare a scuola.
Ormai
eravamo a metà Gennaio.
Le cose
procedevano piuttosto regolari e, dopo quella assurda parentesi della mia vita,
non si erano più verificati fatti o eventi straordinari.
Ross aveva
smesso di sentirsi con Zayn, consapevole del fatto che quella sorta di
conoscenza effettuata a distanza non avrebbe fruttato assolutamente nulla.
Così, già
dalla fine del mese di Dicembre, aveva iniziato ad uscire con un ragazzo
conosciuto in discoteca, di quattro anni più grande di lei, che personalmente non
avevo ancora mai visto. L’unico dettaglio che avevo per identificarlo, oltre la
descrizione accurata e dettagliata che la mia amica mi aveva fatto ormai tante
di quelle volte da perderne il conto, era il nome: Giovanni.
Inizialmente,
anche se avevo cercato con tutte le mie forze di non darlo a notare, non avevo
preso bene la notizia della partenza improvvisa del riccio, che poi mi aveva
bellamente ignorata, senza neppure tentare di mettersi in contatto con me.
“Ma dai, non dirlo neanche per scherzo!”, si
era lamentata Ludovica, facendo mezzo giro sulla sedia della scrivania della
mia camera.
“Ludo, guarda che per me non è mica un
problema ammettere che ci sono cascata come una stupida!”, le avevo chiarito
per cercare di convincerla ad essere più sincera.
“Bene, allora non ti farà male sapere che la
lista dopo di te è già molto lunga!”, aveva insinuato Rossella, puntando lo
sguardo sul mio viso per cogliere la mia reazione.
Sentii formarsi uno strano nodo in gola,
quasi come se mi rendesse difficile respirare.
“Ah, ma davvero?”, avevo chiesto a mo’di
conferma, cercando di non far trapelare alcuna espressione.
Era tutto uno scherzo, vero? Non potevo
essere così patetica da finire nella rete di uno stupidissimo ragazzino che
giocava a fare il dongiovanni, vero?
“Guarda qui, se proprio non ci credi!”,
aveva infierito maggiormente Ross, indicandomi una serie di notizie che aveva
appena cercato su Internet, girando il portatile in mia direzione, cosicché
potessi leggere.
Sgranai gli occhi quando vidi l’ammontare dei
nomi, di sesso femminile ovviamente, accostati a quello del riccio.
“Persino con una trentaduenne se la fa!”,
aveva commentato Ludovica facendosi più vicina a me, per poter leggere anche
lei.
“Cazzo, vedi questa che bella ragazza che
è!”, aveva esclamato poi Rossella, indicando una foto in cui veniva ritratto
con una modella bionda.
Il cuore mi si era quasi stretto in gola.
Sì, ero stata così patetica da non essere
riuscita a resistere al suo fascino.
“Del resto si sapeva già che Harry è il più
pervertito del gruppo!”, aveva dichiarato Ludovica con tono ovvio, informandomi
su quella spiacente e nuova verità che si apriva davanti ai miei occhi.
Rimanevo in silenzio, mentre con lo sguardo
scorrevo veloce su quelle mille parole sul suo conto.
‘Un tecnico del suono pare aver chiesto ad
una fan tra le prime file se volesse raggiungere il nostro caro Harry dopo il
concerto.’, diceva un articolo che Ludovica aveva appena aperto.
‘Una fan dichiara: l’ho incontrato in un
bar, lui mi ha chiesto di andare al suo tavolo ed io ho accettato. Non avrei
mai creduto che entro la fine della serata avrei baciato Harry Styles e… dio,
come bacia!’, dichiarava una ragazza di poco più grande di lui.
‘Sembra che finalmente Styles abbia deciso
di frequentare ragazze della sua età.’, informava un’altra pagina, mostrando
una foto del riccio in dolce compagnia.
“Harry continua a darsi da fare.”, era il
titolo di un post inserito in uno dei tanti blog.
“Il lupo perde il pelo, ma non il capello.”,
ironizzava un altro facendo riferimento alla sua colorita vita sentimentale.
Sbuffai, ormai stanca di leggere ancora
quelle stupidissime notizie relative a quello stupidissimo ragazzo.
Mi aveva preso in giro, questo era chiaro,
ed io glielo avevo permesso.
Davvero tanti complimenti, Giulia!
“Tutto bene, Lia?”, mi aveva chiesto
Ludovica, forse avendo notato il mio sguardo quasi… deluso da me stessa?
Avevo annuito, senza però proferir parola.
Da allora mi
ero obbligata a tagliare i ponti con qualsiasi cosa che potesse farmi sentire
ancora più ridicola di quanto già non fossi, così avevo smesso con le inutili
ricerche su internet, i video, le interviste e le canzoni.
Non era lui
ad avermi ferita, per essere chiari.
Mi ero
ferita da sola, con le mie stesse mani. Mi ero resa conto che, in fondo,non ero
poi così forte e invulnerabile come credevo di essere, tanto che ero crollata
già la prima volta che le mie difese erano state attaccate.
Mi ero
ripromessa, dunque, che in futuro sarei stata molto più riflessiva e restia in
certe situazioni, così da evitare il ripetersi di quella orribile situazione.
Altro
discorso, invece, era stato capire che a lui non interessavo minimamente. Ero
giunta alla ovvia conclusione che il suo obiettivo era sempre stato solo e
soltanto uno: sapere che poteva, sapere che non l’avrei respinto, sapere che
era lui a dettare le regole del gioco.
Sì, era stata davvero una brutta batosta per
la mia autostima.
Il cellulare
vibrò sul comodino, segnalandomi l’arrivo di un messaggio. Era Massimiliano, un
ragazzo che avevo conosciuto poco dopo le vacanze di Natale, in una libreria
del centro.
“Stai cercando qualcosa in particolare o sei
semplicemente affascinata dalla psicologia di Freud?”, mi aveva chiesto quel
ragazzo moro, con gli occhi ambrati, facendomi sussultare per lo spavento.
Avevo alzato gli occhi dalla pagina che
stavo leggendo con tanta attenzione e i nostri sguardi si erano incrociati per
qualche istante.
Lui mi aveva sorriso in maniera che avrei
definito quasi dolce e amichevole.
“Immagino tu sia una studentessa di psicologia?!”,
aveva continuato poi, visto che non davo cenni di risposta.
Sorrisi, abbassando imbarazzata la testa sul
libro per pochi attimi, prima di tornare a guardarlo.
“È questa la tua tecnica di abbordaggio?”,
gli avevo chiesto ironica. “Dare dell’universitaria ad una liceale?”, avevo
continuato poi chiudendo il libro sotto il mio naso.
Lui aveva spalancato gli occhi, sorpreso da
quella rivelazione.
“Veramente io…”, aveva provato a dire a
mo’di scuse, senza però riuscire a terminare la frase.
Sembrava così indifeso ed ingenuo, quasi
tenero.
“Tranquillo, stavo scherzando!”, avevo
chiarito per tranquillizzarlo.
Lui si era rilassato, ammorbidendo i
lineamenti del viso, poi si era lasciato andare ad un flebile sorriso.
“Allora, tu che facoltà frequenti?”, gli avevo
domandato poi mentre riponevo il libro che avevo appena consultato sullo
scaffale.
“Lettere moderne.”, aveva prontamente
risposto.
Lo squadrai bene da capo a piedi, mentre
sentivo il mio volto piegarsi in un’espressione dubbiosa.
“Tu?”, avevo detto quasi per chiederne
conferma. “Sembri più il tipo da medicina.”, avevo commentato in un soffio.
“A dir il vero mi piacerebbe diventare un
giornalista. Perché, non mi ci vedi proprio?”, aveva scherzato lui.
“No, no, figurati! Anzi, quasi riesco a
immaginarti dietro ad una scrivania mentre butti giù fiumi di parole.”, avevo
aggiunto per rincuorarlo.
“Comunque, piacere! Io mi chiamo
Massimiliano.”, si era presentato porgendomi la mano.
Gli avevo sorriso prima di afferrarla,
subito ricambiata.
“Io sono Giulia.”
Aprii la
cartella e veloce lessi il messaggio.
‘Ciao Giu!
Per stasera tutto confermato? Ci vediamo alle nove davanti la libreria?’,
diceva riferendosi all’appuntamento preso dopo la seconda volta che ci eravamo
incontrati, sempre davanti a quello scaffale.
Sorrisi,
prima di digitare velocemente la risposta.
‘Certo! Non
vedo l’ora.’, scrissi prima di inviare.
Aspettai
ancora qualche secondo, rileggendo quella breve conversazione che tanto mi
metteva di buon umore, poi il vibrare del cellulare mi riscosse da quella
inusuale attività.
‘Già conto i
minuti.’, mi aveva scritto.
Sorrisi
ancora ed in quel momento mi sentii quasi un’ebete per lo stupido comportamento
che stavo adottando, o per meglio dire sella stupida reazione che stavo avendo.
“Giù, mi
presti il tuo computer?”, mi chiese mio fratello fermandosi sulla soglia della
porta della mia stanza.
Mio fratello
si chiamava Marcello ed aveva solamente sei anni, frequentava il primo anno
delle scuole elementari.
Aveva i
capelli castani, ma molto più chiari dei miei, e degli occhi marrone cioccolato
stupendi, tanto che numerose volte mi ero trovata a chiedermi il perché a lui
fossero capitati così belli, mentre il colore dei miei era decisamente molto
più anonimo e banale.
Non era
particolarmente alto per la sua età, più che altro si limitava a restare nella
norma, ma era magro quasi quanto un’acciuga, nonostante fosse capace di
divorare tonnellate di cibo al minuto.
Gli sorrisi,
facendogli cenno di entrare.
“Devi
giocare?”, gli chiesi mentre lui prendeva il portatile che avevo sulla
scrivania per poi sedersi accanto a me sul letto.
Scosse la
testa, in segno di negazione.
“Veramente
volevo solo stare un po’ con la mia sorellona.”, confessò lui puntando lo
sguardo sul piumone, quasi come se per lui dire quelle parole era simbolo di
debolezza.
D’istinto lo
abbracciai e con la mano destra gli scombinai giocosamente i capelli.
“Allora,
Lello!”, iniziai attirando la sua attenzione. “Che ne dici di una sfida a Super
Street Fighter?”, proposi menzionando uno dei suoi giochi preferiti.
Bene, anche per quel pomeriggio lo studio
era andato a farsi benedire.
“Si!”,
esclamò lui entusiasta.
“Bene, dai,
vai a prendere i joystick in camera tua.”, gli dissi poi.
Lui mise su
un bellissimo sorriso a trentadue denti, poi scattò in piedi come una molla e
ancora sorridendo corse veloce verso la sua stanza, per poi tornare qualche
secondo dopo con i due oggetti tra le mani.
“Che la
sfida abbia inizio!”, scherzai poco prima di iniziare una nuova partita.
Ovviamente, inutile dirlo, vinse mio fratello
con i suoi mille trucchetti e le imprevedibili mosse che imparava giorno dopo
giorno.
Così dovetti
piegarmi alla suo volontà e fui obbligata a promettergli che per i prossimi tre
giorni gli avrei lasciato il mio computer tutte le volte che voleva.
La sera
stessa, poi, uscii con Massi. Avevo deciso di non indossare nulla di
particolare, non volendo inviargli alcun tipo di messaggio tramite il mio
abbigliamento. Non sapevo dove mi avrebbe portata, ma indossare un vestito gli
avrebbe fatto sicuramente pensare che volevo fare colpo su di lui.
Decisamente
fuori discussione era l’ipotesi di mettere una gonna, con quel freddo avrebbe
dedotto che lo facevo solo per mettere in mostra le gambe e a me, di fare la
figura dell’intraprendente già alla prima uscita, non andava proprio.
Avevo così
deciso di mettere un jeans stretto e scuro a vita bassa, con gli stivali,
abbinato ad una deliziosa camicetta a righe ed un cardigan di lana.
Insomma,
carina ma non eccessiva.
Avevo poi
optato per un leggero filo di matita, il mascara e un lucidalabbra.
“Ciao
Massi!”, lo salutai quando finalmente raggiunsi il posto del nostro incontro.
Lui era già
lì.
Mi sorrise
non appena mi vide, poi si avvicinò fino a posarmi un delicato bacio sulla
guancia.
“Ciao Lia!”,
ricambiò guardandomi negli occhi.
“Allora,
dove hai intenzione di portarmi?”, gli chiesi, mentre mi stringevo tra le
braccia per riscaldarmi, colpita da una folata di vento gelido.
“Sulla luna,
mia signora!”, scherzò lui passando un suo braccio sulla mia schiena, mentre
insieme ci avviavamo verso la sua macchina.
“Allora
spero che questa cosa abbia le ali!”, scherzai puntando la sua auto con
l’indice.
Lui rise di
gusto, poi mi aprì la portiera per farmi salire e poco dopo entrò anche lui
nell’abitacolo.
“Non dubitare
delle capacità della mia auto! Certe volte le apparenze ingannano!”, replicò
lui, sottolineando l’ultimo punto con uno strano sguardo.
Cosa voleva dire?
Accennai un
sorriso, in parte spiazzata da quelle parole, in parte incapace di fornirgli
una risposta.
“Che ne dici
di cinema e cioccolateria?”, suggerì Massi, mentre accendeva il motore, poi
fissò i suoi occhi nei miei quasi per ottenere la mia approvazione.
“Credo sia
un’ottima idea!”, concordai sorridendogli.
---
Angolo Autrice
Salve bella gente!xD
Allora, ecco il nuovo capitolo, come promesso! :D
Eheh, qui di cose ne succedono!
Per prima cosa voglio assolutamente precisare che i fatti della vita privata
di Harry sono chiaramente ripresi dalla realtà,
a seconda delle necessità.
Anche la storia del tecnico del suono è ripresa da qualche pagina di gossip,
sempre per il fatto che volevo rendere la storia quanto più reale possibile.
Comunque, povera la nostra Juls!
Ora è anche costretta ad assistere da esterna alle avventure del nostro caro Hazza!-.-"
Ma non preoccupatevi, con lei adesso ci sarà Massi!
Allora, che ve ne pare di questo nuovo personaggio?
Interessante? Fastidioso?
Vogliamo ucciderlo subito o aspettiamo ancora un po'?xD
Ok, la smetto di delirare...
Piuttosto, ringrazio di cuore tutte le persone che hanno letto la storia,
soprattutto chi l'ha inserita tra le preferite, ricordate o seguite! :*
Un ringraziamento enorme va a quelle magnifiche persone
che hanno lasciato una recensione!*.*
Siete tutte stupendissimamente stupende!!!<3
Ah, quasi dimenticavo... grazie mille Bettins!
Per tutto quello che fai, perché mi sopporti tutte le sere quando ti importuno
cantando le canzoni che solo tu sai
e perché mi supporti in ogni mia più piccola pazzia!:*
Bene, vi lascio al capitolo!
Conto di aggiornare anche domani,
quindi l'attesa per il seguito sarà davvero brevissima!!
Fatemi sapere cosa ne pensate!!!;)
Alla prossima! :*
Astrea_
|
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Capitolo 12 *** So keep in mind. ***
3
Every piece of your heart
So
keep in mind.
Il tempo in
quel periodo sembrava passare ancora più veloce del solito, complici i mille
impegni scolastici, i compiti, le ansie per l’ormai sempre più vicino esame, il
conto alla rovescia per il mio compleanno e le numerose uscite con
Massimiliano.
No, quella
sera, quando eravamo usciti per la prima volta, non ci eravamo baciati.
Cioè, in
realtà si era anche creata la situazione perfetta, ma all’ultimo secondo mi ero
tirata indietro tirando in ballo la scusa dell’orario. Insomma, mi ero fatta
prendere dal panico e non ero riuscita a concludere nulla.
Lui non
aveva posto alcuna obbiezione e mi aveva riaccompagnata a casa, promettendomi
che mi avrebbe chiamata il giorno successivo e così fece, lasciandomi davvero
senza parole.
Dopo
l’ultima esperienza che avevo avuto, infatti, pensavo che anche lui si sarebbe
volatilizzato da un momento all’altro, ma ovviamente mi stava dimostrando
l’esatto contrario, seppur questo richiedesse tempo, costanza e pazienza.
Da allora ci
sentivamo praticamente tutti i giorni ed uscivamo ogni volta che ci fosse
possibile, del resto anche lui era piuttosto impegnato con i corsi e le mille
iniziative organizzate dall’università.
Io, dal mio
canto, cercavo di organizzare il mio futuro a tavolino.
Avevo
trascorso ore intere a fare ricerche su internet, cercando di trovare una
pratica soluzione alle mie aspirazioni, senza però ottenere molti risultati.
Mi sarebbe
davvero piaciuto tanto continuare a studiare l’inglese, ma sapevo che una
laurea in lingue era davvero difficile da utilizzare nel mondo del lavoro. Così
avevo preferito indirizzarmi su facoltà come medicina, lettere e filosofia o,
nel peggiore dei casi, giurisprudenza.
Certo, avrei
preferito di gran lunga qualcosa come scienze politiche o scienze delle
comunicazioni, ma ero troppo codarda per espormi tanto, mettendomi in
gioco
fino a quel punto. Preferivo optare per qualcosa capace di darmi un
accesso diretto al mondo del lavoro, seppur implicasse qualche anno in
più di studio.
Eravamo
ormai giunti a metà febbraio ed i giorni continuavano a scorrere inesorabili.
Ormai la
data del mio diciottesimo compleanno si faceva sempre più vicina e con essa
aumentava anche l’esuberanza e l’eccitazione.
Sapevo che
non sarebbe cambiato nulla, ma era come se quel compleanno fosse un altro
piccolo passo verso la maturità, verso la crescita.
“Allora, hai già pensato a cosa fare il 9
marzo?”, mi aveva chiesto Rossella durante l’ora di italiano, mentre la
professoressa spiegava qualcosa che non mi preoccupavo affatto di ascoltare.
Scossi il capo, facendole intuire che ancora
non avevo deciso nulla.
“Potresti sempre fare una festa!”, aveva
proposto lei ad un soffio dai miei capelli, sporgendosi quanto più avanti le
fosse possibile.
“Non so.”, avevo bofonchiato rimuginando
ancora una volta su quella eventualità.
“Oppure potresti semplicemente mettere i
soldi da parte e poi utilizzarli per una vacanza quest’estate!”, mi aveva
suggerito Ludovica avvicinandosi al mio orecchio.
Scrollai le spalle.
“Ho ancora le idee confuse.”, avevo
confessato.
“Però sarebbe bello poter fare una vacanza
noi tre insieme, quest’estate!”, aveva sussurrato poi Ross con aria sognante,
immaginando chissà quali paradisi terresti nella sua testa.
Sorrisi, in effetti non era per nulla una
cattiva idea.
“A proposito di compleanni…”, aveva poi iniziato
la rossa, cambiando argomento. “Sapete che il 12 gennaio è stato il compleanno
di Zayn? Cioè, io non me ne sono neppure ricordata! Infatti non gli ho mandato
neppure gli auguri!”, quasi aveva sbraitato in un sussurro.
Io e Ludo sorridemmo, ormai abituate alle
sue strane uscite.
“E a dir il vero anche Harry ha fatto il
compleanno, appena pochi giorni fa, il 1 febbraio!”, aveva aggiunto poco dopo,
puntando il suo sguardo su di me, lo sentivo anche se non potevo accertarmene.
“Ops, peccato che ci siamo dimenticate di
fare gli auguri anche a lui!”, ironizzai prendendola in giro.
“Almeno per una sera non si sarà dovuto
impegnare più di tanto per stare tutto il tempo al centro dell’attenzione!”,
avevo borbottato poco dopo, prima di tornare a seguire la professoressa, quella
volta con più attenzione.
Alla fine
avevo davvero deciso di non festeggiare, anche perché ormai avevamo deciso che
io, la rossa e la bionda terminati gli esami saremo partite per un qualsiasi
posto, ovunque ma non in Italia.
Nel frattempo,
poi, anche la vita sentimentale delle mie amiche si era evoluta.
Ludovica si
era fidanzata da poco più di una settimana con la sua storica cotta risalente
al tempo delle medie, Francesco, mentre Rossella aveva deciso di lasciar
perdere il tipo, che comunque non vidi mai, di nome Giovanni per concentrarsi
sul classico ragazzo bello e stronzo della quinta accanto alla nostra classe.
“Secondo me tu e Massi dovreste mettervi
insieme!”, mi aveva detto qualche giorno prima Rossella durante l’ora di
educazione fisica.
I ragazzi stavano giocando a calcio, mentre
noi ci eravamo appollaiate sulle gradinate della palestra e ci eravamo messe a
chiacchierare. La professoressa era come sparita, ma anche se fosse stata
presente di certo non sarebbe cambiato nulla.
Scrollai le spalle, come a voler far
scivolar via quell’idea.
“Ross ha ragione! Andiamo, sono due giorni
che viene a prenderti davanti scuola!”, aveva sottolineato Ludovica,
gesticolando per enfatizzare ancora di più le sue parole.
Misi su un’espressione dubbiosa mentre
riflettevo sulle loro parole.
“Il punto è che noi stiamo bene insieme,
ma…”, avevo provato a dire, lasciando poi la frase incompleta a causa della
mancanza di parole.
“Ma?”, mi avevano chiesto in coro per farmi
continuare.
“Ma non mi sento girare la testa, non sento
le farfalle nello stomaco, non mi manca l’aria!”, avevo confessato tutto d’un
fiato.
Rossella aveva fatto roteare gli occhi, in
segno di tacita protesta mista a rassegnazione, Ludovica invece mi aveva
lanciato uno sguardo di complicità.
Quasi mi sentivo ridicola per le parole
melense ed esageratamente dolci che avevo pronunciato, tanto che percepii una
strana sensazione di nausea.
“Sei un’inguaribile romanticona!”, mi aveva
accusato Rossella puntandomi giocosamente l’indice contro.
Avevo scosso il capo, ritrovando la
sicurezza di cui necessitavo.
“No, sono soltanto talmente razionale da
riconoscere che non sono innamorata di Massi.”, avevo chiarito con tono
saccente.
Lei aveva fatto una smorfia titubante, per
farmi intendere che in realtà non se l’era affatto bevuta come scusa.
“Sarà.”, aveva sussurrato poi, chiudendo la
conversazione.
Mi guardai
per l’ultima volta allo specchio, rendendomi conto di essere finalmente pronta.
Quel sabato
sera ci eravamo organizzate per andare in discoteca, per divertirci e
festeggiare tra ragazze il primo fine settimana dopo San Valentino.
Per quella
dannatissima ricorrenza, cioè appena due giorni prima, avevo ricevuto
un’orribile, stucchevole sorpresa.
Quella mattina entrai in classe, senza farmi
alcun tipo di problema, credendo che sarebbe stato esattamente un giorno come
tutti gli altri, ma mi sbagliavo ed anche di tanto.
Quando oltrepassai la porta, intravidi una
strana scatola poggiata sul mio banco.
Aggrottai la fronte per la sorpresa, poi
senza indugiare oltre mi avvicinai al mio banco, il terzo a partire dalla
cattedra, nella fila di destra.
Sgranai gli occhi quando sul bigliettino
posto sulla scatola a forma di cuore lessi la semplice scritta ‘Per Giulia, tuo
Massi’.
Quasi mi prese un infarto.
Ross mi raggiunse subito, tirandomi qualche
leggera gomitata all’altezza dello stomaco.
“Allora, il tuo principe ti fa gli auguri?”,
mi aveva chiesto lanciandomi una strana occhiata.
Sbuffai e lasciai cadere lo zaino sul
pavimento, per poi sedermi.
La scatola era rivestita con della carta
colorata. La parte inferiore era di un unico colore, rossa, quella superiore
invece era a fondo bianco, dal quale si staccavano poi disegni colorati
rappresentanti cuori, rose, orsacchiotti e torte.
“Hai capito tu, Massimiliano?”, aveva
scherzato Ludovica sedendosi al mio fianco, guardando curiosa l’oggetto che
tenevo tra le mani.
Sollevai il coperchio, trovando una rosa
rossa ed una scatola di cioccolatini.
‘Buon San Valentino’, c’era scritto su un
altro biglietto legato alla rosa.
Osservai bene il pacchetto sotto i miei
occhi, decisamente esagerato se si teneva in considerazione il fatto che non
stessimo neppure insieme.
Presi un cioccolatino e me lo rigirai tra le
dita, poi lo scartai e lo mangiai.
Almeno il cioccolato non era male!
“Giulia, è
arrivata Ludovica!”, mi avvisò mia madre, affacciandosi sulla soglia della
porta della mia camera.
“Grazie, ora
scendo!”, le dissi mentre afferravo la borsetta per poi dirigermi fuori dalla
stanza.
“Aspetta un
attimo.”, mi fermò mia madre, bloccandomi per il polso.
Mi voltai
verso di lei e aspettai che continuasse.
“Sei
bellissima.”, commentò dopo avermi squadrata per bene.
Sorrisi,
soddisfatta e compiaciuta dal suo complimento.
“Dai, mamma!
Non dire così! E poi lo sai come dice il proverbio!”, borbottai per screditare
le sue parole, in fondo non ci credevo veramente.
“Guarda che
non lo dico mica solo perché sono tua madre!”, si era difesa lei sorridendomi.
“Stai davvero benissimo stasera!”, replicò poi, accarezzandomi una guancia.
“Ed ora vai,
che altrimenti fai tardi!”, disse per farmi sbrigare.
“Ciao
mamma!”, la salutai posandole un veloce bacio sulla guancia.
“Mi
raccomando!”, mi ricordò lei, ormai alle mie spalle.
Circa una
mezz’oretta dopo raggiungemmo finalmente la discoteca.
Posammo i
cappotti all’ingresso, poi ci dirigemmo sicure verso i divanetti.
La sala era
già piena di gente che si muoveva a ritmo di musica. Le luci colorate
illuminavano a tratti i volti delle persone, alcune particolarmente sudate a
causa dell’eccessivo movimento e dello scarso riciclo di aria fresca.
Intorno al
bancone c’erano una ventina di ragazzi, intenti a sorseggiare drink, ovviamente
la maggior parte stava ballando. Altri, invece, se ne stavano appartati a
pomiciare.
“Che ne dite
di andare a ballare, piuttosto che restare qui sedute?”, proposi alzandomi
tutto d’un tratto.
“Ottima
idea!”, esclamò Rossella, imitandomi.
Ludovica
storse il viso, come ad implorarci silenziosamente di attendere ancora.
“Dai Ludo!”,
la incoraggiò Ross, afferrandola per una mano. “Se volevi startene seduta
potevi anche rimanere a casa! Siamo venute per ballare!”, le ricordò lei,
sorridendole.
La
trascinammo al centro della pista ed insieme iniziammo ad ondeggiare, mentre la
musica cominciava a penetrarci nelle vene.
Dapprima
erano passi lenti, quasi impacciati, poi finimmo per scioglierci completamente,
tanto che ci trovammo a strusciarci tra di noi, circondate da qualche ragazzo
che ci fissava bramoso.
“Credo che
forse dovremmo andare a prendere qualcosa da bere.”, dissi, sorridendo in
direzione di un ragazzo con i capelli rossi.
Ross e Ludo
seguirono il mio sguardo, fino a trovare il tipo che aveva catturato la mia
attenzione.
“Forse tu
dovresti andare a prendere qualcosa da bere.”, mi aveva corretto Rossella,
sottolineando spropositatamente il tu.
“E poi io ho
da fare con il tipo con la cresta lì dietro.”, mi comunicò a poca distanza dal
mio orecchio, cosicché potessi sentirla.
Per un
attimo vagai con lo sguardo sulle persone che ci circondavano alla ricerca
della sua nuova presunta preda, fino a trovare il ragazzo che intuii aver fatto
colpo sulla mia amica.
“Scusate,
eh!”, ci aveva richiamato all’ordine Ludovica, afferrandoci per un gomito. “E
io cosa dovrei fare?”, ci aveva chiesto con tono scocciato.
Rossella
fece spallucce, io invece mi morsi il labbro, pensando ad una veloce soluzione.
“Perché non
balli con quel moretto?”, le suggerii indicando un ragazzo che si dimenava a
pochi passi da noi.
Lei lo
guardò disgustata, dunque dedussi non lo trovasse particolarmente affascinante
o attraente.
“Che ne dici
di quello?”, le chiesi puntando poi ad un ragazzo con i capelli castano chiaro
dall’aria stranamente familiare.
Ma lo avevo già visto?
“Ma se
quello sta spalmato addosso alla bionda ossigenata!”, si lamentò Ludovica.
Vidi
Rossella soffermarsi per qualche secondo ad osservare quel tipo, come se anche
lei stesse cercando di capire di chi si trattasse.
“Ma quello
è…”, provò a dire, fissandomi con le pupille dilatate ed una voce
particolarmente tremante.
Scossi il
capo, come a farle intendere che sarebbe stato meglio non continuare e lei
parve capire subito le mie intenzioni.
Non era Francesco?
“Dai Ludo,
allora vieni con me e basta!”, esclamai afferrandole la mano, per poi trascinarla
con me lontano da quello che preferii pensare fosse un sosia.
Lanciai una
veloce occhiata a Rossella, quasi per chiederle di andare a verificare di chi
si trattasse.
Lei annuì e
iniziò a muovere qualche passo in direzione del castano sulla quale era
spalmata una bionda che di certo non era la sua ragazza.
“Due
mojito.”, ordinai al barman.
“Cosa ci
fanno due belle ragazze come voi sole solette?”, ci chiese il rosso che avevo
notato poco prima, parandosi davanti a noi.
Sorrisi
squadrandolo bene da capo a piedi: quello sì che era un gran pezzo di figo!
“Stavamo
aspettando che un bel ragazzo come te venisse a farci compagnia.”, risposi con
tono malizioso.
Ecco, questo
era un altro dei tanti motivi che aiutavano a far crescere la mia fama da
combina guai.
Non ero una
facile e neppure una spudorata che ci provava con il primo che le capitava
sotto tiro.
Tuttavia,
quando decidevo di disinibirmi e lasciare i freni per divertirmi, iniziavo a flirtare
come una stupida, per poi non concludere mai nulla.
Principalmente
mi piaceva vedere le facce da pesce lesso che i ragazzi facevano quando li
mollavo sul più bello, un attimo prima che potessero baciarmi.
Ludovica
fece roteare gli occhi, facendomi capire che non tollerava di buon grado il mio
comportamento.
Il rosso mi
sorrise, ammiccando, poi si fece più vicino.
La mia
amica, invece puntò lo sguardo sulla folla poco distante da noi che ballava.
“Lia.”, mi
chiamò qualche secondo dopo, afferrando d’impulso la mia mano.
“Che c’è?”,
le chiesi voltandomi nella direzione indicata dai suoi occhi.
E fu allora
che ne ebbi la certezza: Francesco, il suo ragazzo, stava ballando audacemente con
la bionda di poco prima, mentre di tanto in tanto si scambiavano baci
appassionati.
“Ludo!”,
esclamò Rossella raggiungendoci.
“Forse è
meglio se andiamo a casa.”, decretai quasi mormorando.
“Di già?”,
chiese il rosso, ancora nei paraggi.
Non gli
risposi neppure.
Mi avvicinai
a Ludovica, poi le avvolsi la vita con un braccio.
Rossella
andò a recuperare veloce tutte le nostre cose poi, insieme, uscimmo dal locale.
---
Angolo Autrice
Buongiorno a tutte/i!! :D
Come promesso, eccomi qui con il nuovo capitolo! :)
So bene che non è uno dei migliori e che in relatà non succede neppure nulla di eclatante,
ma mi serivava qualcosa che facesse da ponte, da collegamento,
un capitolo di passaggio, insomma!
Comunque, come avrete potuto leggere, il tempo continua a passare
e di Harry non si hanno più notizie:
che fine avrà fatto quel dannato ricco??xD
Per quanto riguarda Massimiliano, invece...
Devo dire che a me non piace particolarmente,
forse perché non sono né romantica, né mi piacciono i tipi accondiscendenti!ù.ù
Perché l'ho inserito nella storia allora?
In effetti ancora me lo chiedo anche io!-.-"
Comunque, nel prossimo capitolo arriverà finalmente il diciottesimo di Juls
e con esso anche una piccola, piccolissima, novità
di cui però non vi dico assolutamente nulla!:P
Ringrazio ancora di cuore quelle magnifiche-stupendissime-fantasticissime
persone che hanno inserito la storia tra preferite, seguite o ricordate,
chi silenziosamente legge e chi, invece,
mi lascia delle recensioni talemente belle da farmi sorridere in ogni circostanza!*.*
Grazie mille di cuore a tutti! <3
Questa volta il ringraziamento speciale lo dedico a FeniceHowl_ ,
che ieri sera ha concluso in modo favoloso la sua storia,
e a Smiler_4_Ever che mi segue da tempi immemori rendendomi più che feliciccimissima!
Bene, ora passiamo ad un'altra cosa che volevo dire...
Ma stamattina li avete visti in tv, vero???*.*
Ovviamente parlo dei One Direction!!
Lo so, lo so, era un video vecchio e stravecchio che avevo visto e stravisto,
ma non sono riuscita a non vederlo!xD
Io li seguivo mentre ripetevo latino per la quasi certissima interrogazione di domani,
indi per cui mi tocca dire che ora devo studiare!xD
Vabbè, ringrazio ancora tutti!:D
Spero che il capitolo vi sia piaciuto!
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 13 *** It just won't feel right. ***
a
Every piece of your heart
It just won’t feel right.
“Basta!”, aveva urlato Ludovica ad un certo
punto.
Quel pomeriggio, dopo che lei avesse
chiarito riguardo all’episodio verificatosi in discoteca con il suo ragazzo, ci
eravamo precipitate a casa sua, per vedere come stesse.
All’inizio lei non aveva voluto raccontarci
nulla, così noi ci eravamo limitate a parlare della scuola e delle notizie che
giungevano riguardo i One Direction, che di li a poco sarebbero tornati in
Italia per chissà quali assurdi motivi, ma neppure questo sembrò funzionare per
farla rilassare.
Così, alla fine, lei aveva lanciato un urlo
liberatorio, stufa delle nostre inutili chiacchiere.
“Ci siamo lasciati!”, aveva giunto
immediatamente dopo, ormai sull’orlo di una crisi nervosa.
Io e Ross ci facemmo più vicine e
l’abbracciamo, mentre sentivo alcune lacrime che iniziavano a scendere sulle
sue guance.
Le accarezzai i capelli, cercando di farla
rilassare.
Era tesa, tutto lo suggeriva. Teneva le
testa bassa sulle ginocchia, la schiena piegata, le mani chiuse in pugni, le
gambe serrate, il volto nascosto.
Non sapevo cosa dire e probabilmente lo
stesso valeva anche per Rossella, così restammo in silenzio per qualche minuto,
prima che Ludovica ricominciasse a parlare.
“Mi ha chiesto scusa, ha detto che era
ubriaco, che non si ricorda neppure come si chiama quella ragazza, ma io non ci
credo! Ed anche se fosse vero non sarebbe comunque una valida giustificazione!
Ha tradito la mia fiducia, ormai non potrà conquistarla mai più!”, sbottò poi
tra i singhiozzi, ma la sua voce era piena di rancore, rabbia e delusione.
La strinsi ancora più forte, quasi per trasmetterle
calore, affetto, amore.
“Mi dispiace.”, sussurrai, non riuscendo a
trovare le parole adatte alla circostanza.
“Non potrò più fidarmi di lui! Non ci
riuscirei! Ogni volta rivedrei di riflesso anche le immagini dell’altra sera e
non potrei sopportarlo! Non ce la faccio!”, aveva continuato aggrappandosi alla
spalla di Rossella che si era inginocchiata per stare alla sua altezza.
Mi accovacciai anche io, cercando i suoi
occhi, che però non trovai.
“E dire che ci credevo davvero tanto in noi!
Insomma, non pensavo di certo che sarebbe finita tanto presto!”, concluse con
foga, rimproverando se stessa.
“Non dire così, vedrai che con il tempo
tutto si sistemerà.”, mormorò Ross, mentre le sistemava una ciocca di capelli
dietro l’orecchio.
Annuii anche io, come se ciò potesse
aiutarla a convincersene.
“Non preoccuparti, andrà tutto bene.”, le
assicurai accennando ad un sorriso mentre le accarezzavo la schiena.
Erano
passate ormai tre settimane da quel giorno.
Ludovica si
era ripresa, ma non del tutto. C’era ancora una parte di lei che continuava a
soffrire ogni volta che Francesco cercava di avvicinarsi a lei, senza però
ottenere l’agognato perdono.
Era come se
ogni volta che lui le chiedesse scusa, lei tornasse a vivere il dramma e la
sofferenza di quella sera, ma con un’intensità sempre maggiore, come se il
tempo l’avesse aiutata a metabolizzare tutto il dolore che quel semplice gesto
le aveva procurato.
Poche erano
le certezze nella vita di Ludo, ma su quelle lei puntava tutto ed una era
appena andata a farsi allegramente fottere. Ora le restava solo la scuola, il
lavoro e una famiglia.
“Buongiorno
piccolina, tanti auguri!”, trillò mia madre entusiasta entrando in camera mia.
Sì,
finalmente il 9 marzo era arrivato ed io ero diventata maggiorenne.
Per
festeggiare ero stata addirittura esonerata dal dovere di andare a scuola quel
sabato mattina, dunque i miei genitori mi avevano lasciata riposare più del
solito.
“Mamma, ma
che ore sono?”, domandai con la voce ancora impastata dal sonno.
“Dormigliona
sono le undici! Dai, scendi che papà ti ha preparato la colazione!”, mi informò
posando un dolce bacio sulla mia guancia.
Borbottai
ancora per qualche secondo parole sconnesse, poi mi decisi ad accontentare mia
madre.
Scostai le
coperte ed infilai le pantofole, poi seguii mia madre fino alla cucina.
“Tanti
auguri a te, tanti auguri a te, tanti auguri a te, e il cornetto a noi!”,
cantarono a squarciagola mio padre e mio fratello Lello.
Non riuscii
a trattenere una sonora risata nel costatare che fossero davvero stonati.
“Grazie,
grazie!”, dissi mettendoli a tacere giocosamente con una mano. “Buongiorno!”,
salutai poi, prendendo posto sulla mia sedia.
La tavola
era imbandita con dolci di ogni genere. Per prima cosa notai dei cornetti alla
nutella, poi una torta al cocco, una ciambella al cacao ed una classica, dei
biscotti con le gocce di cioccolato, dei muffins e delle crostatine… insomma,
un ben di dio!
“Mamma, ma
quante cose hai preparato?”, le chiesi sgranando gli occhi.
Facendo un
calcolo veloce, quella roba sarebbe bastata per sfamare un esercito intero ed
anche Niall!
Accennai ad
un sorriso, ma subito dopo mi pentii di aver concepito quel pensiero.
I One
Direction restavano per me ancora una sottospecie di argomento tabu.
“Vuoi il
caffè?”, mi chiese mio padre, porgendomi una tazzina.
Annuii grata,
mentre la afferravo: praticamente si poteva dire che io dipendessi dal caffè
per quanto ne bevevo!
“Giù,
stasera per le otto e mezzo avevamo pensato di andare a cena fuori, tu che ne
dici?”, mi chiese mia madre sedendosi alla mia destra.
Annuii
ancora una volta, mentre addentavo il mio cornetto.
“Bene, però
mi raccomando! Sii puntuale!”, mi ammonì mio padre con un sorriso stampato in
faccia.
“Tranquillo
pà, da oggi sono responsabile!”, scherzai dopo aver buttato giù un altro morso.
Lui si
sporse verso di me fino ad abbracciarmi.
“Per me
resterai sempre la mia bambina!”, sussurrò mentre mi lasciava un bacio tra i
capelli.
“Lia, non
tenerti papà tutto per te! Lo voglio anche io!”, si lamentò Lello come se
stesse parlando di un giocattolo e non di una persona.
Sorrisi,
prima di interrompere l’abbraccio così che mio fratello potesse saltare sulle
gambe di papà per farsi coccolare anche lui.
“Programmi
per la giornata?”, mi chiese mia madre, riempiendo la mia tazza con dell’altro
caffè.
Scossi il
capo, rispondendo alla sua domanda.
“Voglio solo
rilassarmi!”, decretai con un sorriso sulle labbra e gli occhi sognanti.
Circa dieci
ore dopo, mi muovevo come una pazza sul piano superiore di casa mia, in ritardo
ed ancora non pronta.
Avevo
sistemato i capelli con la piastra, definendo i boccoli che scendevano morbidi
sulle mie spalle, mentre il ciuffo lo avevo fermato sulla fronte con un
ferretto. Mi catapultai in camera per indossare il vestito che avevo
precedentemente scelto. Era di un verde acqua inteso, scuro, carico di colore.
Scendeva dritto a tubino, accentuando le mie forme, ma era coperto da due
volant di una tonalità leggermente più chiara che si aprivano dal taglio a
girocollo sceso del vestito.
Non era
particolarmente lungo, arrivava poco sopra il ginocchio. Infilai svelta anche i
tacchi, dello stesso colore della parte inferiore del vestito, poi mi
catapultai in bagno.
Non avevo
molto tempo, quindi passai veloce sia il fondotinta e tutto il resto per
potermi meglio concentrare sull’ombretto e sulla sfumatura che volevo
riprodurre. Partivo con un bianco che poi passava ad un verde chiarissimo, che
si scuriva fino a raggiungere una tonalità verde petrolio. Passai un filo di
matita, stando attenta a non esagerare. Avevo degli occhi piuttosto grandi che
risaltavano già senza l’utilizzo del trucco. Poi conclusi velocemente con il
mascara e il rossetto.
Tornai
velocemente in camera ad afferrai al volo la borsa che avevo precedentemente
preparato, poi mi diedi un’ultima occhiata allo specchio: ero pronta.
Arricciai
gli occhi, quando mi accorsi che al primo piano tutte le luci erano spente,
persino quelle della rampa di scale. Poggiai una mano sul corrimano, per poi
intensificare la presa, timorosa di inciampare sugli scalini.
“Mamma?
Papà? Che fine avete fatto? Sono pronta!”, dissi a metà tra una rampa e
l’altra.
“Sorpresa!”,
urlarono tutti, mentre le luci venivano accese.
Sgranai bene
gli occhi per lo stupore, sbattendo più volte le palpebre per accettarmi che
fosse tutto vero.
Sorrisi nel
costatare che tutta la mia classe, i miei amici più stretti e Massi fossero nel
mio salotto, sorridenti e raggianti come non mai.
“Auguri
Giulia!”, iniziarono a urlare, mentre io li raggiungevo.
“Grazie!”,
riuscii solo a dire presa dall’emozione.
“Grazie!”,
ripetei quando cominciarono ad avvicinarsi per farmi personalmente gli auguri.
“Non pensavi
mica che avremmo fatto passare il tuo compleanno inosservato?”, mi chiese
Ludovica sorridendomi, un attimo prima di abbracciarmi.
“Ti adoro!”,
le soffiai tra i capelli.
“Ehi, non
vorrai mica rovinarle il trucco!”, la rimproverò Rossella facendosi più vicina
a noi.
“Vieni qui
piccolina! Tanti auguri!”, mi disse poi abbracciandomi a sua volta.
Fu poi il
turno di Massimiliano, dei miei compagni di classe e dei miei amici, infine
ringraziai i miei genitori, prima che sparissero chissà dove.
Poco dopo
qualcuno, che poi identificai come il mio caro e vecchio cugino, fece partire
la musica da una sottospecie di piccola console che era stata preparata.
Alcuni
iniziarono a ballare al centro della sala, altri invece si avvicinarono al
buffet che era stato allestito sicuramente da mia madre, vista l’abbondanza e
la varietà di cibo proposta.
“Lia!”,
sussurrò Massi tra i miei capelli, alle mie spalle.
Mi voltai,
sorridendogli.
“Sono
contenta che sia venuto anche tu!”, confessai sincera.
“Non sarei
mancato per nulla al mondo!”, ammise lui, mentre si faceva più vicino.
“Balliamo?”,
gli chiesi prendendolo per mano.
“Veramente
vorrei prima darti questo.”m disse prendendo con la mano che teneva libera una
scatoletta dalla tasca della giacca.
“Non
dovevi.”, bofonchiai imbarazzata.
“Invece sì,
era il minimo.”, disse lui porgendomi il pacchetto.
Liberai la
mano dalla sua ed afferrai la scatolina tra le mie mani. La guardai per un attimo,
poi la aprii.
“È
bellissima!”, esclamai guardando con occhi di ammirazione quel piccolo ciondolo
a forma di cuore di Swarovski legato ad una semplice catena.
“Speravo ti
sarebbe piaciuta!”, quasi sussurrò, sorridendomi.
“Girati, te
la metto!”, aggiunse poi.
Feci come mi
aveva detto e pochi istanti dopo sentii il tocco delle sue mani sul mio collo.
Non mi dava
fastidio, ma percepivo chiaramente che non mi procurava alcun brivido.
“Ti sta
benissimo!”, commentò lui, quando mi fui nuovamente girata nella sua direzione.
Sorrisi forzatamente, cercando di mascherare
la crescente sensazione di disagio.
Non dovevo
trovarmi lì con lui, era come se sentissi che non fosse la cosa giusta, come se
sapessi di star sbagliando.
“Vuoi
ballare?”, mi domandò porgendomi una mano con fare cavalleresco.
Mi sforzai
di sembrare entusiasta, mentre cercavo di metter su un espressione quanto più
allegra possibile.
“Certo!”,
acconsentii lasciandogli stringere la mia mano tra la sua.
Mi guidò al
centro della sala, poi si fermò, parandosi davanti a me, a pochi centimetri di
distanza.
Iniziammo a
muoverci a tempo di musica, seguendo il ritmo decisamente house di quella
canzone.
“Mi piaci.”,
confessò lui ad una spanna dal mio viso, in un lieve sussurro che riuscii a
sentire a malapena.
Il mio cuore
scalciava, si ribellava, mi urlava di allontanarmi, di andare via. Tuttavia,
c’era qualcosa, forse la mia parte razionale, che mi spingeva a rimanere ferma
davanti a lui e a continuare a guardarlo negli occhi.
Sì, Massi era senza alcun dubbio il ragazzo
perfetto per me.
Lui era
dolce, sensibile, comprensivo, sapeva rispettare i miei tempi ed i miei spazi.
Era quasi un affare, un’offerta troppo
vantaggiosa per poter essere rifiutata.
Gli sorrisi,
avvicinando pericolosamente le mie labbra alle sue.
Lui mi
circondò la vita cosicché i nostri corpi si sfiorassero, poi, ancora
sorridendo, mi baciò.
Il resto
della serata passò tranquillo a scherzare e fare battute con i miei amici,
mentre di tanto in tanto Massi mi lasciava qualche bacio a fior di labbra,
felice come mai lo avevo visto.
Solo quando
arrivò la torta mi resi conto che si era fatto veramente tardi, ormai era già
notte inoltrata.
“Esprimi un
desiderio!”, mi ordinò con enfasi Rossella, mentre abbassavo il volto in
direzione delle candeline.
Non sapevo
bene cosa desiderare. In realtà avevo una famiglia splendida, i soldi non ci
mancavano, a scuola ero piuttosto brava, avevo delle splendide amiche e un
nuovo presunto fidanzato che era la perfetta copia del principe azzurro.
Cos’altro potevo volere?
Essere felice, pensai mentre soffiavo su
quelle candeline ad occhi chiusi e fu in quell’attimo che due occhi verdi,
tanto chiari da sembrare trasparenti, mi balenarono in testa come un fulmine a
cielo sereno.
Poi, quando
riaprii gli occhi, erano di nuovo spariti.
---
Angolo Autrice
Salve gente!!! :D Allora, ecco qui il nuovo capitolo con ben un giorno di anticipo!xD
Che dire? Insomma, a me proprio non piace, soprattutto per il contenuto!-.-"
Cioè, ho fato succedere di tutto tranne cià che realmente volevo accadesse!xD
Vabbè, vuol dire che tocca apsettare ancora...
Finalmente è arrivato il diciottesimo di Juls! :D
Ovviamente Ross e Ludo non potevano lasciar passare inosservato il grande evento!;)
Per quanto riguarda la festa...
Fino all'ultimo ho pensato di metterci in mezzo Harry,
con una chiamata, un messaggio, qualsiasi cosa,
ma poi mi sono convinta che ancora non era il momento!ù.ù
Così ora Juls sta con Massi!xD
Anche se l'ultima scena...
Dai, non aggiungo altro,
anche perché il prossimo capitolo arriverà a brevissimo!;)
Voglio solo ringraziare tutte quelle supersplendide persone che
lasciano una recensione!!!*.*
Siete meravigliosamente meravigliose!<3
Ringrazio anche tutti quelli che leggono,
chi inserisce tra i preferiti, le seguite o le ricordate!!*.*
Davvero, grazie mille!!
Ok, fatemi sapere cosa ne pensate!!;)
Alla prossima!:*
Astrea_
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Capitolo 14 *** You don’t really want my heart. ***
1
Every piece of your heart
You don’t really want my heart.
Sbuffai
inviperita, prima di sbattere violentemente la porta alle mie spalle.
Era passato
un mese dal mio compleanno e le cose non procedevano affatto nel migliore dei
modi, da nessun punto di vista.
A scuola si
era creata una situazione stressante ed insostenibile. I professori avevano
preso ad interrogarci ogni giorno e fissare in continuazione verifiche, al
contempo, però, ci obbligavano a portarci avanti con l’elaborazione della tesina
per la maturità, così da renderci la vita praticamente impossibile.
Stavo ancora
con Massi, forse quella era l’unica cosa che non stava andando a rotoli, per
quanto strano potesse sembrare, anche perché c’era davvero poco da poter
rovinare.
Sì, agli occhi
di tutti noi eravamo la coppia perfetta. Lui era lo studente modello di lettere
moderne con le idee ben chiare sul suo futuro, mentre io ero la capricciosa
liceale che aveva trovato il suo posto nel mondo, crescendo e maturando al suo
fianco.
In realtà il
nostro rapporto mio opprimeva, Massi mi opprimeva.
Riusciva
quasi a farmi mancare l’ossigeno, ad irritarmi con un semplice messaggio.
Avevo
pensato più volte di lasciarlo e più volte ero stata sul punto di farlo, ma poi
non riuscivo mai a portare a termine i miei propositi. Lui era semplicemente
così ingenuo e dolce in ogni sui atteggiamento che quasi mi faceva tenerezza.
Non si
arrabbiava mai con me, neppure quando mi dimenticavo di presentarmi ai nostri
appuntamenti e non lo avvertivo.
Diceva che
era normale, che ero stressata e che avevo solo bisogno di rilassarmi un po’ e,
a dirla tutta, i suoi metodi di rilassamento a base di baci e carezze mi
piacevano ed anche tanto.
Mi faceva
sentire amata, desiderata, rispettata e probabilmente non riuscivo a farne a
meno, anche se sapevo di non poter ricambiare i suoi sentimenti.
“Lia, ma che fine ha fatto il cuore che ti
ho regalato?”, mi aveva chiesto mentre sorseggiavamo un caffè al bar nei pressi
dell’università che frequentava.
Mi ero toccata il collo, come per costatare
la reale assenza di quel ciondolo, ed effettivamente non trovai nulla.
Gli sorrisi con aria mortificata, mentre mi
ingegnavo a trovare una scusa credibile.
“Prima di uscire ho fatto la doccia e per la
fretta ho dimenticato di rimetterlo!”, avevo mentito cercando di sembrare
convincente.
In realtà erano già ben quattro giorni che
non la portavo. Mi dava fastidio, mi faceva sentire sentimentalmente legata a
qualcuno, quasi vincolata.
Mi opprimeva, appunto.
“Ah.”, aveva detto lui accennando ad un
mezzo sorriso.
“Tranquillo, appena torno a casa la rimetto
e non lascerà mai più il mio collo!”, avevo aggiunto dopo, come per
rassicurarlo, ma in realtà si trattava soltanto di una bugia, l’ennesima.
“Così sarò sempre con te.”, aveva concluso
lui guardandomi negli occhi, per poi sporgersi verso di me e posare le sue
labbra sulle mie.
Sì, schifosamente dolce e romantico.
Da quel
giorno mi preoccupavo di mettere la collana ogni volta che sapevo di
incontrarlo, per poi toglierla non appena andava via. Era diventato quasi un
gioco, ma non era per nulla elettrizzante, forse solo nauseante.
Ludovica mi
assecondava, dicendo che riusciva a comprendermi e che avevo solo bisogno di
tempo per chiarirmi le idee. Non aveva voluto sbilanciarsi, dandomi giudizi affrettati,
dicendo che anche lei aveva una visione confusa della situazione. In realtà
dalle sue parole trapelava tutt’altro messaggio: lei aveva capito benissimo di
cosa si trattasse, ma non mi avrebbe detto nulla fino a quando non lo avessi
compreso anche io.
Da un lato
le ero grata per questo, consapevole che data la mia personalità non avrei mai
accettato pareri che non rientravano nell’accurata progettazione che avevo
fatto della mia vita, dall’altro temevo che ci avrei messo davvero troppo tempo
per scavare a fondo nel mio cuore e decidere cosa farne della storia con
Massimiliano.
Certo, non
ero stata esplicita sull’argomento, ma alle mie amiche bastava osservarmi per
capire ciò che mi frullava per la testa.
Le prime
volte loro non avevano detto nulla, si erano limitate ad ascoltarmi, dandomi
qualche consiglio, che poi, ovviamente, non avevo seguito.
Con il
tempo, tuttavia, Rossella aveva iniziato a prendere la situazione talmente a
cuore che finivamo per litigare quasi tutti i giorni.
Era convinta
del fatto che io stessi cercando di ingannare me stessa e voleva riportare alla
luce la vecchia Giulia, quasi fossi stato un reperto archeologico.
“La smetti di dire idiozie?”, le avevo
urlato contro per telefono pochi minuti prima.
“E tu la smetti di camminare con le fette di
prosciutto sugli occhi?”, mi aveva accusato senza alcun remore.
“Ross, sono stufa delle tue futili
insinuazioni!”, avevo sbottato a denti serrati, sperando di poter concludere
quell’assurda conversazione che ormai durava già da troppo tempo.
Non faceva altro che dirmi che quella che
vivevo io, era una relazione imposta ma non voluta e ciò mi mandava
completamente in bestia, perché sapevo quanto perfetto per me fosse Massi.
“Perché sai che sono vere!”, aveva gridato e
dal suo tono di voce colsi che anche lei era furiosa, forse nei suoi occhi
c’erano delle fiamme dello stesso colore dei suoi capelli.
“Senti, facciamo così.”, avevo iniziato io
per ammorbidire la tensione. “Smettiamola di discutere per queste stronzate!”,
avevo infine proposto.
Lei sbuffò sommessamente dall’altro lato del
telefono, poi restò in silenzio per qualche secondo.
“Lo vedi come sei?”, mi aveva domandato
retorica in un impulso d’ira. “Con te è impossibile parlare! Sei talmente
testarda che non vuoi sentir ragioni! Ma guarda che ce ne siamo accorte sia io
che Ludovica che stai fingendo!”, aveva continuato poi, mantenendo il tono di
voce più alto di un’ottava.
“Allora vi siete sicuramente sbagliate.”,
avevo controbattuto fintamente calma, sicura di me stessa.
“Sei impossibile!”, aveva tuonato lei,
veramente arrabbiata. “E allora spiegami perché giochi a nascondino con quella
cazzo di collana!”, mi aveva provocato.
Avevo abbassato lo sguardo non appena le sue
parole erano giunte al mio orecchio e fui lieta del fatto che lei non fosse con
me in quel momento, di certo vedere quella reazione non mi avrebbe aiutata ad
avere la meglio.
Rimasi in silenzio ancora per qualche
secondo, senza trovare una risposta da darle.
Ma, nonostante ciò, non avevo assolutamente
intenzione di darle ragione.
“Non sto giocando a nulla!”, avevo negato
poi. “Il ciondolo è delicato, potrebbe rovinarsi facilmente.”, avevo spiegato
dopo, raccontando un’altra della lunga serie di bugie ed in quel periodo ne
stavo dicendo davvero tante.
Lei aveva emesso uno strano suono che a me
sembrò quasi un mezzo sospiro disperato.
“Lia, io non ho tempo da perdere con le
cazzate che mi racconti. Quando deciderai di smetterla con tutte queste
stronzate ed ammetterai la verità, allora richiamami.”, aveva decretato, chiudendo
immediatamente dopo la chiamata.
Io ero rimasta ancora per qualche secondo
con la cornetta attaccata al mio orecchio, come se da un momento all’altro
potessi sentire ancora la voce della mia amica che mi dava della stupida, per
poi ridere insieme, ma non avvenne.
Agganciai il telefono e mi avviai verso
l’uscita.
Non sapevo
bene dove recarmi, quindi decisi di farmi guidare dall’istinto.
Necessitavo
di un posto dove poter trovare la tranquillità giusta per poter pensare, per
poter analizzare minuziosamente ogni insignificante dettaglio della mia vita.
Così, quasi
senza rendermene conto, presi i mezzi pubblici fino a ritrovarmi all’ingresso
di quel parco dove ero stata mesi prima con… con i One Direction.
Non avevo
più saputo nulla sul loro conto, sul suo conto, dopo quella breve conversazione
sui vari compleanni ed avevo ormai chiuso da tempo con le inutili ricerche su
internet.
Come quella
sera del mio compleanno, all’improvviso e contro la mia volontà, due occhi
verdi e chiari presero spazio tra la mia mente.
Scrollai la
testa, come se con quel gesto potessi far scivolar via anche quell’immagine.
Oltrepassai
il cancello e continuai il sentiero fino a raggiungere la terrazza che dava uno
squarcio di vista su Roma.
Quel posto
era intrinseco di ricordi.
“Vuoi spiegarmi perché te la prendi con
quello stupido cappellino?”, mi aveva chiesto Ludovica il giorno dopo che seppi
della partenza dei One Direction.
“Non me la prendo con questo stupido
cappellino! Ho solo deciso di disfarmi delle cose vecchie!”, avevo chiarito
sottolineando con cura ogni singola parola, per poi avviarmi verso il cestino.
“Dallo a me, se proprio vuoi gettarlo!”, mi
aveva fermata la bionda parandosi davanti a me e cercando di strapparmi quel
dannatissimo indumento dalle mani.
“No, voglio che finisca tra i rifiuti!”,
avevo dichiarato, aumentando l’intensità della mia presa.
“Facciamo che lo tengo io e che tu non lo
rivedrai mai più! A me piace e poi sai bene anche tu chi fosse il
proprietario!”, aveva detto lei, strappandomelo definitivamente dalle mani.
“Va bene, prenditelo! Anzi, facci quello che
ti pare!”, avevo borbottato stizzita.
Mi
sedetti su una panchina, poi fissai il paesaggio che si apriva davanti ai miei
occhi: era qualcosa di meravigliosamente indescrivibile.
“Juls.”, mi
sentii chiamare alle mie spalle.
Quel
ridicolo soprannome, quella voce che avrei riconosciuta tra mille: lui.
Il cuore si
fermò all’istante, perdendo uno, forse due battiti, per poi ricominciare a pulsare
ad un ritmo accelerato ed irregolare.
Deglutii
appena quando sentii il rumore dei suoi passi, indizio che mi annunciava la sua
vicinanza.
Mi voltai
lentamente, quasi per paura di incontrare quegli occhi dopo tutto quel tempo, o
forse temendo che si trattasse di una fottutissima visione.
Quando il
suo sguardo incontrò il mio mi sentii come percorsa da una miriade di piccoli
ed intensi brividi.
Per quale cazzo di motivo mi faceva
quell’effetto?
Indossava
dei pantaloni neri, stretti e a vita davvero troppo bassa, ed un cappotto
grigio al di sotto del quale si intravedeva una maglietta bianca.
I ricci,
invece, erano lasciati liberi e scombinati, accarezzati da qualche lieve folata
di vento che di tanto in tanto tirava.
“Ah, sei
tu.”, sbottai tutto d’un fiato fingendo delusione.
Lui sorrise
e non potei non notare quelle dannatissime fossette.
“Come
stai?”, mi chiese poi sedendosi accanto a me sulla panchina.
“Scusa, ma
non ho proprio voglia di conversare con te.”, borbottai, incrociando le braccia
all’altezza del petto.
“A quanto
pare sei rimasta la solita educata.”, commentò lui sarcastico.
Sgranai gli
occhi, mentre sentivo la rabbia montare dentro di me e le tempie pulsare
prepotentemente sulla fronte.
Mi stava prendendo anche in giro?
“Fino a
prova contraria non sono io quella che non saluta prima di partire.”, bofonchiai
a denti stretti in chiaro tono di accusa.
Lui si
mordicchiò il labbro prima di rispondermi, come se stesse pensando alle parole
giuste da dire.
“Non sapevo
come dirtelo.”, si scusò infine.
“Così hai
preferito non dire nulla e basta, ottima scelta!”, continuai imperterrita.
Certo, ero
consapevole del fatto che lui non mi dovesse alcuna spiegazione e soprattutto
che un bacio non aveva tutta quella importanza, ma il mio orgoglio era ancora
ferito.
“Sparisci.”,
gli intimai poco dopo.
“Non vuoi sapere
neppure perché sono qui?”, mi domandò arricciando di poco gli occhi,
sporgendosi leggermente verso il mio viso.
“Non mi
interessa.”, dichiarai con fare risoluto.
“Bene.”,
sbottai poi all’improvviso alzandomi. “Se non te ne vai tu, me ne vado io.”,
sentenziai, ancora con le braccia incrociate.
Lui si alzò,
ponendosi davanti a me. Mi guardò negli occhi ed accennò ad un sorriso.
La calma e
la tranquillità dei sui gesti mi davano sui nervi.
“Vuoi un
passaggio?”, si offrì con un mezzo sorriso.
Spalancai
gli occhi ed incurvai le sopracciglia.
Sì, mi prendeva per culo.
“Cosa ti fa
pensare che io possa accettare?”, gli domandai con fare scettico e disgustato,
così che capisse bene che con lui non volevo avere proprio più nulla a che
fare.
“A dicembre
mi è sembrato che stessimo in buoni rapporti.”, mi ricordò facendo spallucce.
Misi su un
sorrisetto beffardo, preparandomi a dargli la mia bella risposta.
“Hai detto
bene: a dicembre! Ora siamo a marzo e le cose sono cambiate!”, dichiarai
inviperita, quasi sibilando.
Lui aggrottò
la fronte, poi si passò veloce una mano tra i ricci.
“Perché?”,
mi chiese semplicemente.
“Perché? Io
non ti conosco, io non so chi tu sia! Fingi talmente tanto di essere qualcosa
di diverso da te che alla fine finisci per confonderti persino tu! Tu non sei
una persona vera!”, tuonai ormai incapace di contenermi.
“Sei così
preso dal personaggio che devi essere, dal playboy che devi apparire, dal
simpatico presuntuoso che gli altri vogliono vedere da aver dimenticato chi
realmente tu sia. Fingi di continuo, lo hai fatto con me e probabilmente lo fai
anche con te stesso.”, continuai poco dopo come un fiume in fuoriuscita dagli
argini.
Lui abbassò
il capo, puntando lo sguardo a terra.
“Ed ora
davvero non ho più tempo da perdere con te.”, dissi prima di squadralo per
un’ultima volta e poi voltarmi, diretta verso l’uscita.
Feci solo
qualche passo, quando mi sentii chiamare.
“Juls.”,
gridò esattamente come poco prima.
D’istinto mi
voltai. Lui era ancora fermo lì, ma in compenso aveva alzato il viso ed ora i
suoi occhi erano fissi nei miei.
“So che non
mi crederai, ma con te non ho finto.”
---
Angolo Autrice
Ed ecco il grande ritorno di Harry!xD
Insomma, in questo capitolo il nostro riccio preferito è di ritorno a Roma!
Ma procediamo con calma...
Diciamo che Giulia è letteralmente in caduta libera.
Insomma, ormai sta perdendo la percezione di se stessa,
quasi trasformandosi in una persona totalmente diversa.
Non c'è più òa promtezza e l'ironia dei primi capitoli,
solo uno strano senso di apatia e disinteresse quasi nei confronti di tutto,
eccezion fatta per qualche piccola cosuccia...
Insomma, un cambiamento drastico, direi!
Per non parlare poi della conversazione con Ross...
Lei ci vede lungo!! Insomma, ha già capito tutto!!
E Ludo non è da meno, ma almeno lei è disposta a darle più tempo per capire cosa le sta succedendo...
Qui l'unica tarda a capire ovviamente è Giulia!-.-"
Vabbè, io confesso che Massi mi ha già fatto venire la nausea!
Cioè, lui è esattamente tutto ciò che non vorrei in un ragazzo!ù.ù
E questo lo dico giusto perché non voglio dare giudizi!xD
Comunque, che ne dite di Harry?
In effetti più avanti, molto più avanti, si spiegherà il motivo delle sue varie presenze a Roma,
ma ovviamente non subito,
altrimenti non ci sarebbe gusto!:P
Volevo ringraziare di cuore tutte le persone che leggono,
ma ancora di più quelle favolose persone che hanno inserito la storia tra le preferite, recensite o ricordate!*.*
Siete davvero spettacolari!!<3
Ovviamente ringrazio ancora di più quelle magnifiche persone che hanno lasciato una recensione!
Insomma, non immaginate neppure quanto mi rendete felice!!*.*
Vi riempirei di baci!!! Davvero, grazie mille!!<3
Bene, spero abbiate gradito il capitolo...
In ogni caso, mi farebbe davvero piacere leggere le vostre opinioni!
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 15 *** I still feel it every time. ***
2
Every piece of your heart
I still feel it every time.
Con
Rossella, ovviamente, avevo chiarito la mattina dopo averci litigato. Entrambe
ci eravamo guardate in faccia per un po’, prima di scoppiare contemporaneamente
in una fragorosa risata.
La parte più
bella, poi, era venuta solo successivamente, quando avevo dovuto raccontare
alle mie amiche del fortuito incontro con il riccio al parco.
“Allora, vuoi tenerci ancora per molto sulle
spine?”, mi aveva incitata Ludovica durante l’intervallo, sperando di ottenere
al più presto le informazioni desiderate.
“Guarda che se continui a guardarci così
senza dire niente, giuro che ti apro la testa e vedo direttamente io cosa c’è
dentro!”, mi aveva minacciato Rossella puntandomi l’indice contro.
Accennai ad un lieve sorriso, almeno per
scongiurare l’espressione da funerale dipinta sul mio volto.
“Perché, come vi sto guardando?”, avevo
chiesto facendole spazientire ancora di più.
“Diamine Lia! Parla!”, mi aveva ordinato
allora Rossella.
“Ierihoincontratoilriccioalgiardinodegliaranci.”,
avevo sbottato tutto d’un fiato tanto veloce da saltare su alcune lettere.
“Che?”, avevano esclamato le mie amiche non
avendo capito nulla.
Sospirai, poi mi feci coraggio e ripetei la
stessa frase con più calma, in modo da farmi capire.
“Ieri ho incontrato il riccio al giardino
degli aranci.”, avevo scandito parola per parola, per evitare di doverlo dire
ancora una volta.
Loro avevano spalancato occhi e bocca.
Bene, ottima reazione!
“Tu hai incontrato Harry Styles?”, mi aveva
chiesto per conferma Ludovica che ancora non riusciva a metabolizzare il
concetto.
“E come avete fatto ad incontrarvi?”, mi
aveva domandato invece Rossella con aria inquisitoria.
Feci roteare gli occhi, come per farle
capire che non era nulla di ciò che lei pensasse.
“Non lo so, per caso. Io ero lì, ci sono
andata dopo che abbiamo discusso per telefono e qualche attimo dopo è arrivato
anche lui.”, avevo spiegato con tono neutro.
“Ma pensa te che culo che hai! Io pagherei
per incontrarlo!”, aveva esclamato Rossella.
Scossi lievemente il capo, rassegnata alle sue
sempre inopportune costatazioni.
“Comunque se ti può consolare, ho discusso
anche con lui.”, l’avevo informata e, sì, quello era stato un grosso errore.
“Cosa?”, aveva tuonato lei in un sussurro
per non essere sentita dal resto degli studenti che si aggiravano per il
cortile.
“Tu con uno come quello non puoi sprecare
tempo a fare queste cazzate! Ci devi fare sesso e basta!”, aveva sentenziato
gesticolando con le mani.
Io avevo guardato Ludovica, trovando subito
i suoi occhi, poi insieme eravamo scoppiate a ridere.
Il giorno
seguente alla mia pseudo confessione, cioè quella mattina, a scuola non si era
fatto altro che parlare dell’arrivo in città dei One Direction.
Rossella,
ovviamente si era tenuta perfettamente aggiornata riguardo alla questione di
vitale importanza.
“Ieri sera ho chiamato Zayn, ha detto che
sono in città da tre giorni e che probabilmente resteranno fino a domenica.”,
ci aveva informate all’uscita di scuola, mentre oltrepassavamo il cancello.
“Credi li incontreremo un’altra volta?”, le
aveva chiesto con aria sognante Ludovica.
Rossella aveva scrollato le spalle, poi
aveva lanciato una breve occhiata a me.
“Lia incontra Harry a tutte le ore!”, aveva
borbottato in risposta, alimentando le vane speranze della bionda.
Io avevo semplicemente sbuffato, mentre
continuavo ad ascoltare quell’inutile conversazione.
“Su Twitter c’era scritto che sono qui
perché hanno dovuto partecipare ad un programma e rilasciare un paio di
interviste.”, aveva aggiunto poi.
Possibile che Rossella il pomeriggio non avesse
altro da fare che controllare ogni singola parola pronunciata da quei cinque
mocciosi?
“Sarebbe magnifico rivederli! Cioè, l’altra
volta siamo state così fortunate! Credo che non è mai capitato a nessuna fan di
poter stare tutto quel tempo a contatto con loro e di vederli comportarsi da
normali adolescenti!”, aveva detto Ludovica con un sorriso ebete disegnato in
faccia.
Ecco, anche il suo cervello era andato a
farsi benedire!
“Magari potrei provare a chiedere a Zayn di
rivederci…”, aveva proposto Rossella.
Solo a quel punto avevo deciso di
interrompere il momentaneo mutismo.
“No!”, avevo esclamato forse con troppa
foga.
Le mie amiche mi fissarono per qualche
secondo, cercando di cogliere il motivo di tale reazione.
“Cioè, volevo dire che loro sicuramente
saranno impegnati con il lavoro, non possiamo disturbarli ogni volta!”, avevo
continuato cercando di convincerle, ma ovviamente non ci riuscii.
“Si, infatti Harry ha talmente tanto lavoro
da svolgere che se ne va in giro per il parco!”, aveva ironizzato Ludovica con
fare scettico.
“E va bene, fate quello che volete! Ma
questa volta io non voglio essere in alcun modo inclusa nelle vostre pazzie!”,
avevo concluso con tono secco e deciso.
Dopo scuola
mi ero affrettata a terminare i compiti in tempo, anche perché non avrei potuto
rimandare ancora una volta l’appuntamento con Massimiliano.
Ormai il
nostro rapporto era statico, stabile ma non travolgente.
Prima di
uscire di casa mi ricordai di mettere la collanina al collo, almeno per evitare
lo sforzo di dover inventare altre scuse. Ormai ne avevo usate talmente tante
che mi era difficile trovarne delle nuove che fossero credibili.
“Ciao
piccola!”, mi salutò Massimiliano avvicinandosi a grandi falcate a me.
“Ciao
Massi!”, ricambiai prima che lui mi baciasse.
“Allora,
come sta andando a scuola?”, mi chiese dopo che ci fossimo adeguatamente
salutati.
Mi aveva
preso la mano destra, poi aveva iniziato a passeggiare con calma.
“Insomma,
gli esami sono sempre più vicini ed è tutto così stressante.”, mi lamentai
stringendogli forte la mano, mentre mettevo su una smorfia che rappresentasse
al meglio il mio stato d’animo riguardo alla domanda che mi aveva fatto.
Lui si
lasciò scappare una lieve risata.
“Vedrai che
passerà presto!”, mi rincuorò facendomi l’occhiolino.
“Comunque
volevo dirti una cosa.”, mi disse come per assicurarsi che lo stessi
ascoltando.
“Spara.”, lo
incitai prontamente.
“Beh ecco…”,
aveva iniziato con tono incerto. “So che non c’è nessuna ricorrenza in
particolare, ma ho pensato che magari ti avrebbe fatto bene uscire e
rilassarti.”, aggiunse poco dopo.
Lo squadrai
meglio, non riuscendo a capire le sue parole.
“Sì,
insomma, ho prenotato un ristorante in centro per sabato sera, per noi due.”,
annunciò quasi tentennando sulle ultime parole.
Le mie
labbra si curvarono in un sorriso.
Lo dicevo io che era un fidanzato perfetto!
“A lume di
candela.”, specificò in un sussurro.
Senza che
potesse aggiungere altro mi avvicinai a lui, alzandomi sulle punte dei piedi,
poi lo baciai.
Lo sentii
sorridere sulle mie labbra, prima che potessimo approfondire il bacio.
Massi era
sempre attento ad ogni mia necessità, era premuroso e gentile, paziente e
comprensivo.
Mi faceva
sentire coccolata, protetta e quella sensazione mi piaceva davvero tanto.
Passammo il
resto del pomeriggio in giro tra i negozi, mentre guardavamo le vetrine e
commentavamo tutto ciò che passava sotto i nostri occhi, in vendita o meno.
Era
divertente trascorrere del tempo con lui.
Tralasciando
la parte del carattere, che ci rendeva inequivocabilmente diversi, eravamo
affini quasi su tutto.
Ascoltavamo
la stessa musica, guardavamo gli stessi film, leggevamo i medesimi libri,
preferivamo l’inverno all’estate e l’alba al tramonto.
Sì, eravamo
praticamente compatibili su tutto, compreso lo sport.
Lui odiava
il calcio o, al massimo, lo guardava per dovere di maschio, io invece odiavo
qualsiasi attività implicasse del movimento che avrebbe portato a stanchezza.
L’unica sua
pecca era che preferiva i marshmallow alle haribo. Avevo lottato a lungo per
cercare di fargli cambiare idea, ma i miei sforzi non erano valsi a nulla.
Ci fermammo,
poi, soltanto per prendere un caffè, di cui entrambi eravamo bevitori
incalliti.
Quando ci
salutammo ormai era quasi buio. Gli avevo tassativamente vietato di venire a
prendermi a casa o di riaccompagnarmi. Temevo, infatti, che così facendo
avrebbe potuto incontrare i miei genitori e quella prospettiva, seppur remota,
non mi piaceva affatto.
Così eravamo
soliti salutarci davanti alla fermata della metro che dovevo prendere per
tornare a casa da sola, ormai abituata ai continui cambi con i mezzi pubblici.
Avevo appena
imboccato il vialetto davanti al cancello di casa, quando sentii ancora una
volta quella voce.
“Juls!”, mi
chiamò il riccio.
Non mi
voltai, ma sentii ugualmente il rumore della portiera dell’auto che veniva
chiusa.
“È tardi,
devo rientrare.”, gli dissi, continuando a camminare con lo sguardo fisso in
avanti.
Pochi
secondi dopo, probabilmente aveva corso, si parò davanti a me bloccandomi il
passaggio.
Fui costretta
a fermarmi, ma tenevo gli occhi fissi sulla recinzione alla mia destra, per
evitare che potessero incontrare i suoi.
“Non mi
piace affatto questa situazione.”, sbottò tutto d’un tratto mentre percepivo cercasse
il mio sguardo.
Rimasi
impassibile, decisa ad ignorarlo.
“Va bene, va
bene.”, mormorò lui più a se stesso che a me, scrollandosi le braccia.
“Ok, avevi
ragione tu.”, confessò poi, attirando finalmente la mia attenzione.
I miei occhi
cercarono i suoi, per poi trovarli in una frazione di secondo.
Erano ancora
più verdi e chiari di quanto non ricordassi e fu come poter tornare ad
affogarci dentro.
Lui deglutì,
cercando di riprendere il filo del discorso.
“Sì,
insomma, ci ho pensato stanotte a dir il vero.”, chiarì torturandosi le dita
delle mani, quasi… imbarazzato?
Inarcai le
sopracciglia e continuai a guardalo in silenzio, attendendo che continuasse.
“Ero
talmente concentrato nel diventare ciò che gli altri volevano da aver
dimenticato chi io fossi. Avevo perso il contatto con la realtà e non me n’ero
neppure reso conto, non fino a ieri almeno. Quando sono tornato in hotel ne ho
parlato anche con gli altri e mi hanno confermato che certe volte ci si
sente…”, si era interrotto, non riuscendo a trovare le parole per esprimere ciò
che provava.
“Tante persone
credono in noi, io non voglio deluderne neppure una.”, dichiarò poco dopo,
intensificando il suo sguardo.
“Ma così
deludi te stesso. E con il tempo deluderai anche gli altri.”, gli feci notare,
ma parlare mi costò più sforzo del previsto a causa di uno strano nodo che si
era appena formato in gola.
Lui accennò
ad un mezzo sorriso, poi abbassò lo sguardo.
“Lo so che
ora tu mi darai dello spaccone…”, iniziò, ma non gli diedi neppure il tempo di
continuare.
“Io non ti
do dello spaccone, tu sei uno spaccone!”, lo corressi enfatizzando il verbo
essere.
“Ecco,
appunto.”, borbottò lui in una leggera risata.
Sorrisi
anch’io, poi tornai seria.
“Essere me
certe volte è davvero sconveniente.”, sussurrò quasi come se quelle parole
potessero fargli male.
Non dissi
nulla, anche se nella mia testolina trovai almeno una decina di rispostacce che
di sicuro l’avrebbero fatto tornare con i piedi per terra, ma quello non era di
certo il momento adatto per curare il suo spropositato egocentrismo.
“Le persone
stanno con me solo perché sono io, cioè insomma il cantante famoso intendo, non
perché sono Harry e basta.”, ammise mantenendo un tono di voce basso e roco.
“Certe volte
vorrei poter mettere da parte il gruppo e tornare ad essere solo me stesso.”,
concluse scrollando le spalle.
Io gli
sorrisi comprensiva, prima di trasformare il mio viso in una smorfia beffarda.
“Tranquillo,
con me non corri alcun rischio!”, ironizzai nel tentativo di farlo ridere e ci
riuscii.
Era bello
vederlo sorridere, mi procurava una strana sensazione all’altezza dello
stomaco.
E fu come se
in quell’attimo tutte le emozioni provate la sera che ci eravamo baciati, assopite
dalla lontananza, tornassero ad invadermi prepotenti, corpo e anima.
“Per questo
mi piace stare con te!”, sbottò dopo ancora ridendo.
Feci roteare
gli occhi in tono scherzoso.
“Questo non
vuol dire mica che piaccia anche a me!”, controbattei incrociando le braccia in
tono di sfida.
“Andiamo,
per quelle poche volte che ci vediamo potresti anche evitare di lamentarti!”,
mi canzonò lui.
“Credo che
tu abbia decisamente frainteso il nostro rapporto.”, commentai riferendomi a
quella strana confidenza che si era stabilita tra noi due.
Lui aggrottò
le sopracciglia, fissandomi confuso.
“Il fatto
che tu mi abbia dato ragione non cambia mica le cose! Io continuo a non
sopportarti! E poi io ho sempre ragione!”, chiarii sottolineando l’avverbio.
Lui piegò le
labbra in un sorriso, subito incorniciato da due fossette, poi scosse
lievemente il capo, così da far smuovere anche i ricci.
“Ci si vede.”,
provò a dire, ma lo travolsi subito con uno sguardo omicida.
“Non
provarci neppure a dirlo, mi pare che fino ad ora questo tipo di saluto non mi
abbai mai portato fortuna!”, borbottai alludendo a tutte le volte che aveva
ripetuto quelle parole e che poi alla fine si erano sempre e comunque avverate,
anche se a distanza di tempo.
Lui
sogghignò.
“Facciamo
allora che ti chiamo.”, propose lui lanciandomi una strana occhiata.
“Non hai il
mio numero.”, gli feci notare con aria da saputella.
“Me lo farò
dare da Rossella, tanto lei non farà alcun tipo di obiezione.”, replicò tanto
prontamente da sorprendermi.
“Rifiuterò
la chiamata, allora.”, bofonchiai quasi a denti stretti, cercando di apparire
risoluta.
“Vedremo.”,
disse poi, ancora sogghignando mentre si avvicinava a me.
Per un
attimo abbassai la testa, consapevole che se si fosse avvicinato ancora non
sarei stata in grado di resistergli.
Porca puttana!
Lui poggiò
un dito sotto il mio mento, costringendomi ad alzare il volto per poi
incontrare i suoi occhi.
Tutte le
sensazioni di quella fottutissima sera di dicembre sembrarono riscatenarsi nel
mio corpo.
“Ciao
Juls.”, soffiò sul mio viso, prima di posarmi un lieve bacio sulla guancia
destra.
“Ciao
Hazza.”, fui solo capace di dire.
---
Angolo Autrice
Ed eccomi ancora qui! :D
Insomma, mi sono davvero superata questa settimana: tre capitoli in tre giorni!!!
Quasi non ci credo neppure io!O.o
Cioè, non voglio proprio darvi pace!xD
Comunque, passiamo subito a parlare della storia! :)
Come avete letto, le cose procedono...
Ross è sempre la solita, ma almeno abbiamo capito che lei e Juls proprio non riescono a stare litigate!
Massi continua ad essere insopportabilmente dolce,
e Juls... beh, lei è ancora confusa,ma non disperiamo!;)
Piuttosto, passiamo al mio (?) amatissimo Hazza!*.*
In questo capitolo finalmente si va oltre la corazza:
certo, non si tratta di chissà quale intimo sfogo, ma almeno comincia ad esserci più confidenza tra i due!
Per non parlare poi della promessa/proposta/minaccia di Harry...
Io non la sottovaluterei!!;)
Ok, non aggiungo altro ora che altrimenti mi lascio scappare qualche cosa!xD
Ringrazio di cuore le personcine magnifiche che hanno inserito la storia
tra le preferite, le ricordate o le seguite!<3
Ringrazio ancora quelle due fantastiche persone che hanno lasciato una recensione nel capitolo precendete,
rendendomi immensamente felice!*.*
Anzi, molto, molto, ma molto di più!*.*
Ringrazio anche i silenziosi lettrori, che comunque continuano a seguire! :D
Ora, prima di smettere di annoiarvi, volevo soltanto invitarvi a lascaire una vostra opinione,
bella o brutta che sia.
Insomma, tutte voi sapete quanto gradite siano le recensioni, quindi...xD
Vabbè, ora scappo a studiare italiano, visto che ho degli arretrati arretratissimi!-.-"
Comunque, prossimo capitolo previsto per sabato!;)
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 16 *** But they stay close. ***
j
Every piece of your heart
But
they stay close.
Il giorno
dopo averlo incontrato davanti casa mia, Harry era partito un’altra volta per
tornare a Londra. Era stata Rossella a darmi la notizia quella mattina stessa,
appresa appena qualche minuto prima da internet.
Non era
stato come la prima volta, no.
Non l’avevo
presa male, anzi, del resto le circostanze erano decisamente diverse. Mesi
prima, più che con lui, mi ero arrabbiata con me stessa per averlo assecondato,
per avergliela data vinta, per essermi fatta mettere i piedi in testa da uno
spocchioso marmocchio viziato e mi detestavo per quello.
Non era il
bacio in sé che mi aveva dato fastidio, ma il mondo in cui lui era riuscito in
così poco tempo a sviare tutte le mie difese ed io mi ero sentita come una
delle tante stupide ragazzine cadute ai suoi piedi. Era quella la sensazione
che mi mandava il sangue agli occhi.
Stavolta,
invece, sapevo che sarebbe dovuto partire, ma soprattutto avevo capito di che
tipo si trattasse.
Così la
notizia della loro partenza, della sua partenza, mi era giunta come qualcosa di
ovvio ed inevitabile.
“Ross, si può sapere perché ci mandi segnali
di fumo da circa mezz’ora?”, le aveva chiesto stizzita Ludovica che cercava di
seguire la spiegazione di filosofia, continuamente distratta da Rossella.
Sorrisi lievemente mentre osservavo bene
l’espressione della mia compagna di banco.
“Mi sono appena sconnessa da twitter.”, ci
aveva informato lei, quasi come se da quell’indizio era facile capire dove
volesse arrivare.
“E quale sarebbe la novità? Tu stai sempre
su internet durante l’ora di filosofia!”, aveva replicato Ludo con fare
canzonatorio.
Ross scosse il capo, mordendosi il labbro
inferiore.
“Gli One Direction sono partiti stamattina per
tornare a Londra, l’ho appena letto.”, aveva dichiarato con voce triste e
sconsolata e un faccino imbronciato.
“Dai Ross, non fare così! Sapevi che sarebbe
successo e poi non puoi mica vederli tutte le volte che vengono in Italia!”,
avevo detto io per rincuorarla, ma le mie parole non erano servite a molto.
Lei aveva abbassato la testa sul banco, non
accennando neppure ad un lieve, piccolo sorriso.
“Uffa però!”, aveva sonoramente sbuffato
Ludovica, senza preoccuparsi del professore, attirando inevitabilmente la sua
attenzione.
“Martinucci, la mia lezione ti annoia?”, le
aveva chiesto l’uomo sistemandosi meglio gli occhiali sul naso con fare
intimidatorio.
Ludo era come sobbalzata, rendendosi conto
della gaffe appena fatta.
“Ehm, no, mi scusi. Cioè…”, aveva provato a
dire. “Non riuscivo a scrivere tutto tra gli appunti.”, aveva concluso prima di
abbassare violentemente il capo.
Il professore l’aveva guardata con aria di
sufficienza, come per farle intendere che non credeva minimamente alle sue
parole, ma non si era preoccupato di controbattere.
Era rimasto ancora in silenzio per qualche
secondo, squadrando bene la mia amica, poi aveva quasi sogghignato ed infine
aveva ripreso a parlare.
Per qualche minuto facemmo finta di seguire
la lezione, per evitare che si accorgesse nuovamente di noi.
“Questa è colpa tua che non sfrutti le
occasioni con Harry!”, mi aveva accusata Rossella sussurrando.
Strabuzzai gli occhi a quelle parole, non
riuscendo a trattenere un risolino.
“Tu non stai bene.”, borbottai.
“Potevi anche farci la carina, però! Magari
ci dava qualche biglietto o qualche pass!”, aveva continuato Ludovica.
Scossi il capo.
“Per prima cosa io non ho alcuna intenzione
di diventare una loro fan, quindi non gli chiederei mai biglietti o
quant’altro.”, avevo iniziato a dire, ma poi mi ero bloccata quando lo sguardo
del professore si era posato su di me.
Feci finta di scrivere qualcosa, cose se
stessi seguendo la spiegazione per prendere appunti e lui parve credere alla
messa in scena, poi quando si voltò tornammo a parlare.
“E poi io non mi faccio mica usare così da voi!”,
avevo aggiunto arricciando il naso.
“Ma per le tue migliori amiche potresti
anche fare un sacrificio!”, aveva borbottato Rossella.
“Hai dimenticato il terzo e più importante
punto della lista, Ross!”, le avevo fatto notare.
Lei mi aveva guardata confusa ed io avevo
aspettato qualche secondo prima di risponderle, come per creare la giusta
atmosfera.
“È partito.”, avevo sentenziato facendo
spallucce.
Avevo
completamente rimosso quella piccola e stupida promessa che mi aveva fatto
quella sera, convinta che non l’avrebbe mantenuta impegnato com’era a filtrare
con mezzo mondo.
Dunque non
ero stata affatto sorpresa dal non ricevere alcuna telefonata per tutta la
prima settimana, sapevo già che sarebbe andata così.
Quel ragazzo
non era assolutamente una costante nelle mia vita. Appariva e scompariva, per
poi riapparire e scomparire ancora più velocemente.
Il desiderio
espresso il giorno del mio compleanno ancora non si era realizzato.
Certo, la
mia vita ostentava la perfezione, ma io non ero assolutamente felice.
Avevo
imparato a convivere con lo stress, mentre mi districavo tra i mille
numerosissimi impegni.
Ciò che,
tuttavia, mi dava più noia era continuare quell’assurdo gioco con Massimiliano.
Ormai,
considerato che eravamo già alla seconda settimana di aprile, erano due mesi
che stavamo insieme, ma a me sembrava un’eternità.
Il giorno
del nostro mesiversario mi aveva portata fuori a cena, in un ristorante con una
terrazza sul Tevere.
Avevamo
ballato al chiaro di luna, mi aveva sussurrato dolci parole che
soffiavano delicate sul mio orecchio, ci eravamo baciati tante di
quelle volte da poterne
perdere il conto.
Mi aveva
regalato una rosa rossa, come quella che tempo prima mi aveva fatto recapitare
per San Valentino.
Tutto schifosamente dolce.
Detestavo
tutte quelle smancerie, quei cliché da commedia romantica da quattro soldi.
Detestavo
dover parlare ad alta voce dei miei sentimenti, non ero brava in certe cose, e
detestavo anche tutte le carinerie e le attenzioni che lui mi riservava.
Quasi non mi contraddiceva mai, cazzo! Mi
dava ragione perfino quando avevo torto!
Certo,
quelli erano tutti segnali positivi che mi facevano intuire quanto lui ci
tenesse a me, ma l’amore non era certo tutto lì!
Avevo
bisogno di qualcuno che mi rispondesse a tono, che sapesse rimettermi al mio
posto, che mi facesse notare tutte le baggianate che dicevo, che litigasse con
me per motivi che non avremmo neppure mai ricordato, per poi poter far pace con
un semplice bacio. Avrei dovuto aprire gli occhi, ma era come se loro
rimanessero chiusi per permettermi di ingannare me stessa con più facilita.
Ma, forse, dopotutto
ero solo troppo ambiziosa da poter riconoscere quanto fortunata fossi stata ad
aver incontrato un ragazzo come Massimiliano.
Era davvero
perfetto, fatta eccezione per quella sua disgustosa e nauseabonda eccessiva
dose di romanticismo, sia chiaro.
Anche la
situazione sentimentale delle mie amiche si era evoluta.
Ludovica,
dopo aver rifiutato ancora per un altro centinaio di volte le scuse di
Francesco, aveva iniziato a sentirsi con uno studente di medicina che aveva
conosciuto tramite suo padre, un giorno in ospedale e tutto sembrava andare per
il meglio tra loro due.
Rossella,
invece, dopo aver rinunciato all’ardua impresa di conquistare lo stronzo della
classe accanto, aveva deciso di lasciar perdere i ragazzi e concentrarsi solo
sullo studio, visto che aveva già due materie da recuperare e gli esami erano
sempre più vicini.
Così, tra un
impegno e l’altro, eravamo giunti già a metà aprile.
Chiusi il
libro con un veloce scatto, soddisfatta del lavoro che avevo appena concluso,
poi mi buttai a peso morto sul letto, esausta.
Fu in quel
momento che sentii squillare il cellulare sul mio comodino.
Feci roteare
gli occhi: ma perché mi chiamavano sempre nei momenti peggiori?
Allungai una
mano in direzione della superficie del mobile, muovendola a tentoni alla
ricerca del mio telefonino, senza neppure guardare.
Quando lo
trovai lo portai veloce sotto agli occhi, per poter leggere di chi si
trattasse, ma era un numero a me sconosciuto.
Aggrottai la
fronte, chiedendomi chi potesse essere, poi risposi.
“Allora alla
fine mi hai risposto!”, scherzò la sua
voce dall’altro capo del telefono, senza neppure preoccuparsi di salutare o
presentarsi, come se avesse saputo che l’avrei riconosciuto.
Sgranai gli
occhi per la sorpresa: era davvero Harry?
“Non sapevo
che fossi tu, solo per questo non ho rifiutato la chiamata!”, chiarii io
rigirandomi nel letto per mettermi più comoda.
Lo sentii
sogghignare.
“Bene,
adesso che so che sei tu, posso anche attaccare.”, dichiarai poi, infastidita
da quel suo continuo prendermi in giro, e senza indugiare oltre, troncai la
chiamata.
Sopirai, poi
piegai le ginocchia e mi rannicchiai sul letto.
Fu solo
questione di attimi prima che il telefono squillasse un’altra volta.
Tenevo
ancora il cellulare stretto nella mano destra, così senza troppa difficoltà
controllai che fosse ancora lui ed ovviamente non mi sbagliai.
Sbuffai,
indecisa sul da farsi.
Avrei potuto
continuare ad ignorarlo, ma non sapevo per quanto ancora avrebbe continuato e
soprattutto non sapevo se era quello che volessi davvero.
Senza
rendermene neppure conto mi trovai ad accettare quella fottutissima chiamata.
“Che vuoi?”,
gli domandai stizzita.
Perché diamine gli avevo risposto?
“Per fortuna
ti sei arresa subito! Pensavo di doverti stare a chiamare fino a domani prima
di poter parlare con te!”, commentò lui in una risata che al mio orecchio
sembrava... felice.
“A quanto
pare oggi è la tua giornata fortunata.”, ironizzai. “Allora, si può sapere
perché mi hai chiamata?”, aggiunsi poco dopo.
Chiedergli
come avesse fatto ad avere il mio numero era inutile, di certo aveva chiesto a
Zayn che a sua volta aveva chiesto a Ross. Lei, sicuramente, aveva iniziato a
saltare come una pazza dalla gioia, per poi dargli quella dannatissima sequenza
di cifre.
“Avevo
bisogno che qualcuno ridimensionasse il mio ego. Sono in giro per le strade di
Londra e migliaia di fans acclamano il mio nome, provano a sfiorarmi, si
incantano a guardarmi. Mi sto davvero sentendo come un dio sceso in terra.”,
spiegò lui con voce ilare.
Non c’era
nessun rumore di sottofondo e il suo tono non mi convinceva per nulla.
“E,
sentiamo, tu perderesti tempo a parlare con me invece di goderti il momento?”,
gli domandai scettica, quasi sicura del fatto che mi stesse prendendo in giro ancora una volta.
Lui scoppiò
in una leggera risata e potei immaginare distintamente le sue labbra piegarsi
in un sorriso a trentadue denti incorniciato da quelle due fossette, come se
fosse davanti a me in quel momento.
“Colpito e
affondato.”, disse quasi in un sussurro.
“Non stiamo
giocando a battaglia navale.”, gli feci notare con voce studiatamente saccente,
riferendomi all’espressione che aveva appena utilizzato.
“Ok, hai
vinto. Sono a casa e mi sto annoiando.”, confessò poi con lo stesso tono che
mio fratello usava con la mamma per dirle che aveva bisogno di coccole.
Sospirai
sommessamente e percepii le sopracciglia inarcarsi sul mio viso.
“E quindi
hai pensato di chiamare me.”, conclusi al posto suo.
“Si!”,
asserì entusiasta.
“Bene, visto
che ora l’hai fatto, possiamo anche attaccare.”, proposi, anche se in realtà
non ero del tutto certa di volere che quella telefonata terminasse tanto
presto.
“Ti
richiamerei fino a domattina.”, mi minacciò lui.
“Non
risponderei.”, replicai rispondendo come meglio potevo al suo tono di sfida.
“Non dovevi
farlo neppure ora.”, mi fece notare.
Ecco, ero davvero una stupida.
“L’eccezione
che conferma la regola.”, decretai allora per salvarmi in calcio d’angolo.
Lo sentii
sorridere ancora una volta.
“Continuerei
imperterrito per tutta la notte fino a farti cedere.”, continuò allora lui,
portando avanti quello stupido giochetto che nessuno dei due aveva intenzione
di perdere.
“Spegnerei
il telefono, allora.”, controbattei.
Entrambi
volevamo avere l’ultima parola, troppo orgogliosi e testardi per lasciarla
all’altro.
“Proverei
sul fisso, allora.”, disse imitando il tono di voce che avevo appena usato.
“Pure quello
ti ha dato? Credo proprio di dover fare un bel discorsetto a Rossella!”,
borbottai a denti stretti.
Lui rise e
la sua risata arrivò limpida e fresca alle mie orecchie. Mi piaceva quel suono.
“Se ti può
interessare ho anche il tuo indirizzo e-mail.”, mi informò lui.
Sì, urgeva una lunga chiacchierata con la
rossa.
“Hai deciso
di fare lo stalker?”, ironizzai allora, prima di sentirlo ridere ancora.
“Dici che ho
la faccia giusta per farlo?”, mi domandò scherzando.
Feci finta
di pensarci un po’ su, ma in realtà cercavo solo una risposta da dargli.
“Se è una
faccia di cazzo quella che cercano, allora sì, hai la faccia giusta.”,
sentenziai con un sorriso serafico disegnato sulle labbra.
In quel
momento mi sarebbe davvero piaciuto vedere la sua faccia, ma lo potei solo sentire
sogghignare.
“Ecco, ora
mi sento uno straccio.”, decretò infine.
“Vuol dire
che ho svolto bene il mio compito.”, dedussi dunque accennando ad un sorriso.
In fondo, ma proprio in fondo, non era tanto
male parlare con lui.
“Dalle
stelle alle stalle in meno di cinque minuti.”, scherzò, facendomi ridere.
“Devo
andare.”, gli dissi dopo qualche secondo di silenzio.
Ebbi come la
sensazione che annuisse dall’altro capo del telefono.
“Non provare
ad ignorarmi, potrei diventare il tuo incubo peggiore!”, mi disse lui quasi con
tono di minaccia.
“Ciao
riccio.”, lo salutai allora con un sorriso stampato in faccia.
Per fortuna che non poteva vedermi!
“Ciao
Juls.”, mi salutò lui, poi chiusi la chiamata.
---
Angolo Autrice
Buon pomeriggio a tutte/i! :D
Ecco qui il nuovo capitolo, tutto esclusivamente per voi! ;)
Allora, diciamo che la prima parte è una sorta di transizione,
insomma, mi sono soffermanta su qualche evento più importante
per dare la sensazione del passaggio del tempo.
Ludo sta facendo una nuova conoscenza,
Ross pare aver deciso di studiare, finalmente,
mentre la nostra protagonista...
è ancora ferma alla stesso punto, purtroppo!
Però Harry l'ha chiamata!
Cioè, qualche piccolo passo almeno lui l'ha fatto!
Non mi sbilancio a dire altro,
visto che domani dovrebbe già arrivare il nuovo capitolo!
Per di più non saprei neppure cosa altro dire
visto che ho il cervello in fumo a causa di un eccessivo studio della matematica!-.-"
Passando alle cose più importanti...
Grazie, merci, thank you... Cioè, davvero non so come dirvelo...*.*
Grazie mille a tutte quelle persone che leggono,
lasciano una recensione,
a quelle che hanno inserito la storia tra le preferite, ricordate o seguite...
Davvero grazie di cuore a tutti voi!<3
Bene, spero che quasto capitolo vi piaccia,
anche se ammetto non sia chissà cosa...
Comunque, domani nuovo capitolo!;)
Fatemi sapere cosa ne pensate di questo però!
Ne sarei davvero moltissimissimissimo felice!
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 17 *** Circles, we're going in circles. ***
f
Every piece of your heart
Circles, we’re going in circles.
Arrivata a
fine mese stavo davvero per scoppiare.
Avevo la sensazione
di essermi trasformata d’un tratto in un criceto, tutta la mia vita sembrava
essere al ruota all’interno della quale io correvo senza sosta, ripetendo
continuamente la stessa ed identica strada.
E non mi
riferivo solo alla routine quotidiana, ma anche alle strane sensazioni che
provavo.
Dopo quel
pomeriggio non avevo più sentito Harry e tutto sembrava ripetersi esattamente
come a dicembre. Ogni volta che sembrava ci stessimo avvicinando, finiva per
sparire senza alcun motivo, per poi ricomparire trionfante insieme a qualche
ragazza sulle riviste di gossip per adolescenti.
“Ross, potevi anche avvertirmi prima di
dargli il numero del cellulare, di casa e l’indirizzo e-mail!”, l’avevo
rimproverata la mattina dopo la telefonata di Harry, qualche minuto prima del
suono d’ingresso della campanella.
“Se te l’avessi detto, di certo non saresti
stata d’accordo!”, aveva detto lei a sua discolpa, facendo spallucce.
“E poi non capisco come tu abbia fatto a
saperlo dopo dieci giorni!”, aveva sbottato poi, fissandomi curiosa.
Ancora non
le avevo detto che mi aveva chiamata.
“L’ho saputo e basta!”, avevo esclamato
mentre avanzavo perso il portone d’ingresso.
Lei mi aveva bloccata per un braccio,
costringendomi a fermarmi, poco dopo ci aveva raggiunte anche Ludovica.
“Devi dirci qualcosa?”, mi aveva chiesto la
bionda con uno sguardo d’intesa, aspettandosi di certo delle rivelazioni
scottanti.
Mi liberai dalla presa della rossa, poi
sbuffai.
“Al massimo eravate voi due quelle che
dovevano dirmi qualcosa!”, le avevo canzonate, non avendo preso di buon grado
il fatto che Rossella si mettesse a dare in giro i miei recapiti telefonici.
“Suvvia, smettila con questa sceneggiata! Lo
sappiamo che in realtà stai gongolando di gioia!”, aveva ammiccato Rossella,
strizzando l’occhio sinistro.
“Altro che Massi, tu quello dovresti
lasciarlo!”, mi aveva suggerito Ludovica annuendo con fare convinto.
“Ludovica ha ragione! Cioè, io vorrei capire
perché cazzo perdi tempo con lui quando potresti stare con quel gran bel pezzo
di figo di Harry! Harry Styles!”, aveva esclamato Ross gesticolando come se
davvero stesse parlando con una lenta di comprendonio.
“Ragazze!”, avevo tuonato per zittirle. “Io
non potrei proprio stare con nessuno, non fatevi strani film in testa!”, avevo
esclamato poi con voce stizzita.
“Vedi?!”, aveva squittito Ludovica
puntandomi l’indice contro.”Tu non hai detto che non vuoi, hai detto che non
puoi!”, aveva sottolineato con fare ovvio.
Feci roteare gli occhi al cielo, consapevole
che di lì a poco avrei perso la pazienza.
“Io sto con Massi e mi piace stare con
lui!”, avevo chiarito alzando il tono di voce.
Loro avevano fatto delle espressioni
scettiche, facendomi capire che in realtà non credevano neppure ad una sola
delle mie parole.
“Il tuo problema è che sei troppo
testarda.”, aveva sentenziato ancora Ludovica.
“Oltre al fatto che sei sessualmente
frustrata.”, aveva continuato Rossella, tirando ancora una volta in ballo il
fatto che fossi ancora vergine.
Diamine, non era colpa mia se lei era più
spigliata di me!
“Bene, volevo dirvi una cosa, ma a questo
punto credo sia meglio evitare.”, avevo detto poi, incrociando le braccia al
petto.
Loro mi avevano fissata per bene per qualche
secondo, poi avevano iniziato a fare mille moine per farmi cedere. Alla fine,
stanca di tutte quelle smancerie e carezze, avevo deciso di vuotare il sacco.
“Ieri pomeriggio il vostro amichetto mi ha
chiamata.”, avevo detto tutto d’un fiato come per liberarmi del peso di quella
notizia.
“Chi?”, avevano domandato in contemporanea
immobilizzandosi per attimi che a me parvero lunghi almeno quanto secoli.
“Il riccio.”, avevo sussurrato con la testa
bassa, preparandomi alla loro reazione.
Rossella aveva iniziato a cantare ‘That’s
amore’, intonandola senza vergognarsi affatto, mentre alcuni ragazzi ci
fissavano divertiti.
Ludovica, invece, mi era saltata addosso e
mi aveva abbracciata.
Sì, di una cosa ero del tutto certa: erano
matte e piene di illusioni.
Le loro teste potevano assomigliare a delle
videoteche per tutti i film che si facevano!
Io avevo fatto semplicemente spallucce, poi
le avevo guardate meglio.
“È inutile che fate le sceme, tanto a me non
piace.”, avevo chiarito, ma ovviamente loro non mi avevano presa sul serio.
Pochi giorni
dopo, tra l’altro, avevo iniziato a litigare anche con Massimiliano.
Sia chiaro,
io ero del tutto convinta di voler stare con lui, ma ultimamente era diventato
impossibile per me tollerare alcuni suoi atteggiamenti maniacali.
Ad
esempio, non sopportavo quando, mentre mi riaccompagnava a casa dopo la scuola,
cambiava la frequenza della radio, che io avevo scelto, per sentire le notizie riguardanti
chissà cosa o quando, passeggiando per le strade di Roma, mi diceva di non dare
corda agli artisti di strada, con i quali io adoravo parlare anche per soli
pochi minuti.
“Smettila di fargli domande! Crederà che tu
voglia dargli dei soldi!”, mi aveva ammonito con un sussurro al mio orecchio,
di modo tale che l’uomo davanti a noi non potesse sentirci.
Era un pittore, un po’ stravagante forse.
Poteva avere all’incirca una quarantina d’anni e portava un eccentrico cappello
verde sulla testa. Sulla giacca nera aveva appuntato un girasole.
Ai suoi piedi teneva una serie di tavole
dipinte con colori acuti e vivaci che rappresentavano paesaggi ameni e realtà
illusorie.
Io l’avevo notato subito, così avevo
attraversato la strada e mi ero avvicinata a lui per potergli parlare.
Mi ero presentata e lo stesso aveva fatto
lui con me. Si chiamava Vincent e veniva da un paesino della Francia del sud.
Aveva iniziato a raccontarmi la sua storia, fatta di strane avventure e
bizzarrie, ma il racconto era stato interrotto dalla fredda voce del mio
ragazzo che mi aveva riportata alla realtà.
“Non crederà proprio nulla! Ha solo bisogno
di un po’ di compagnia.”, avevo replicato io cercando di metterlo a tacere.
Massi non aveva preso di buon grado la mia
risposta, così mi aveva afferrata per un braccio e mi aveva trascinata via, non
lasciandomi neppure la possibilità di salutare quell’uomo.
“Si può sapere cosa diamine ti è preso?”, avevo
urlato quando finalmente si era deciso a fermarsi, ormai già lontani.
“Lo capisci o no che non sei più una
bambina?”, mi aveva accusata lui.
Sentivo gli occhi offuscarsi per la rabbia,
mentre le mani mi tremavano per il nervoso.
“Non capisco quale sia il nesso logico.”,
tuonai inviperita.
“Non lo capisci? Non ci vediamo da una
settimana, Giù! Cazzo!”, aveva gridato esasperato. “E tu, invece che stare con
me, farmi domande, baciami, te ne stai a parlare con il primo sconosciuto che
ti capita sotto il naso!”, aveva continuato poi accusandomi.
“Mi dici che sei sempre impegnata con lo
studio ed io ci credo, però diamine! Ci siamo passati tutti! Tutti abbiamo
fatto l’esame di maturità, non sei mica l’unica! Però sei troppo concentrata su
te stessa per accorgerti che anche io sto male! Perché io sto male, cazzo!”,
aveva aggiunto con la voce più alta del solito, facendo voltare qualche
passante curioso nella nostra direzione.
Non riuscivo a guardarlo in faccia mentre
diceva quelle cose, perché sapevo che lui avesse perfettamente ragione.
Aveva persino utilizzato due volte la parola
cazzo in meno di un minuto e questo era un brutto, pessimo segno.
“Hai bisogno dei tuoi spazi e su questo sono
d’accordo, hai bisogno dei tuoi tempi e va bene, ma non pensi mai a ciò di cui
possa aver bisogno io? Credi che io non abbia capito il giochetto che fai con
la collana? Ogni volta che ti faccio una sorpresa non la porti mai, ma quando
abbiamo un appuntamento allora c’è. Credi forse che sia stupido?”, mi aveva
accusata.
Ovviamente non ero riuscita a dire nulla per
discolparmi.
Mi mordicchiavo il labbro inferiore e tenevo
lo sguardo basso, fisso sulle dita delle mani che intrecciavo in modo quasi
compulsivo.
“Senti, io non so cosa ci stia succedendo,
so solo che entrambi abbiamo bisogno di tempo.”, aveva sentenziato in fine.
Le sue parole mi erano arrivate dritte al
cuore, travolgendolo.
Avevo boccheggiato un po’, alla ricerca di
qualcosa da dire, di qualsiasi cosa da dire.
Tutto in quelle circostanze sarebbe stato
meglio del silenzio, ma, nonostante ciò, non ci riuscii.
Lui mi lanciò un’ultima occhiata, forse
delusa.
“Ti chiamo io.”, mi aveva detto poi prima di
andarsene.
Non ci
eravamo parlati per ben tre giorni interi dopo quel pomeriggio.
Io avevo
troppa paura di essere rifiutata per potergli mandare anche solo un messaggio,
lui, probabilmente, aveva soltanto bisogno di sbollire la rabbia.
Così, alla
fine, mi aveva chiamata chiedendomi scusa. Mi aveva detto che era
particolarmente stanco e nervoso perché in quel periodo stava studiando per
dare due esami e che non voleva dire tutte quelle cattiverie.
Insomma, si era attribuito colpe che non
aveva.
Io avevo
provato a fargli notare anche i miei errori, ma lui non aveva voluto sentir
ragioni.
Per lui era come
se fossi praticamente perfetta. Riusciva a far diventare pregi anche i miei
difetti e non ero del tutto convinta del fatto che ciò fosse positivo.
Del resto i
difetti si accettavano, se ne prendeva atto e si cercava di non farli pesare
troppo all’altra persona, di certo non si distorcevano a tal punto da farli diventare
cose che in realtà non erano.
Il mio
egocentrismo si era così trasformato in una ricerca di attenzioni dovute alla mia
profonda insicurezza, il mio orgoglio in un’arma che utilizzavo per difendere
la mia fragile personalità, la mia testardaggine in un modo per evitare di
soffrire a causa degli altri.
Mi guardai
allo specchio per l’ultima volta e potei ammirare la mia figura riflessa.
Finalmente ero pronta.
Quel sabato
sera, l’ultimo di aprile, avevamo deciso di andare in discoteca, per rilassarci
prima di immeggerci completamente nello studio.
Afferrai la
borsa e scesi al piano di sotto. Veloce come un fulmine salutai i miei, poi
uscii di casa e salii nell’auto di Ludovica, che era già lì ad aspettarmi.
“Ciao!”,
salutai sia lei che Rossella.
Loro
ricambiarono subito ed iniziammo a conversare del più e del meno, quando
sentimmo la suoneria del mio cellulare avvisarci dell’arrivo di una telefonata.
Immediatamente
mi chiesi di chi si potesse trattare, escludendo istintivamente sia i miei
genitori, che avevo da poco salutato, che Massi, il quale era al corrente dei
piani per la serata.
Senza
indugiare oltre, estrassi il telefonino dalla borsa e vidi che era un numero
sconosciuto.
Sussultai.
“Che fai,
non rispondi?”, mi chiese Rossella voltandosi in mia direzione.
Anche
Ludovica mi stava osservando tramite lo specchietto.
Presi un
respiro profondo, come per tranquillizzarmi, poi accettai la chiamata.
“Si?”,
riuscii soltanto a dire.
Il cuore mi
batteva forte all’interno del petto e potevo sentire il mio respiro farsi più
ansante ed irregolare.
“Ciao
Juls.”, mi salutò Harry.
Smisi di
respirare, rimanendo in apnea per qualche secondo e fu come se tutto intorno a
me si fermasse.
“Ciao.”,
quasi mormorai colta dalla stupore.
Le mie
amiche mi guardavano, cercando di cogliere qualche indizio che le avrebbe
aiutate a capire di chi si trattasse.
“Allora,
come va?”, mi chiese lui con voce allegra e solare.
Non sapevo
cosa rispondergli ed il fatto che Rossella e Ludovica fossero lì ad ascoltare
mi metteva ancora più a disagio di quanto già non fossi.
“Non dirmi
che mi hai chiamata per sapere questo.”, borbottai semplicemente, sperando di
scoraggiarlo o, nel caso in cui dovesse davvero dirmi qualcosa, di farlo
giungere al nocciolo della questione.
Lo sentii
sogghignare dall’altro capo del telefono.
“In effetti
no.”, ammise. “Volevo solo dirti che il mese prossimo saremo a Roma per due
giorni.”, m’informò quasi in un sussurro, probabilmente non sapendo cosa
aspettarsi.
“Non vedo
come questo possa interessarmi.”, bofonchiai fingendomi sprezzante.
Rossella mi
lanciò un’occhiata inviperita, quasi minacciosa, mentre Ludovica sorrideva.
“Uhm.”, si
fece scappare. “Stasera sei particolarmente acida.”, commentò sarcastico.
“Ma non hai
nulla di meglio da fare il sabato sera?”, gli domandai spazientita.
Quella
conversazione, in quel momento, mi imbarazzava molto più del dovuto.
Fece finta
di pensarci.
“Avevo
cinque minuti liberi tra Britney e Jennifer, così ho pensato di chiamarti.”,
disse.
Non capii se
stesse scherzando, se mi stesse prendendo in giro o se fosse la mera e pura
verità, sta di fatto che per poco, davvero poco, non gli attaccai il telefono
in faccia, spinta da una furia omicida.
“Ecco bene,
allora torna a divertirti che anche io ho da fare!”, replicai palesemente
seccata.
Lui rise, ma
non bastò a calmarmi.
“Sei
uscita?”, mi chiese, ma non riuscii bene a cogliere il tono della sua voce.
“Mi avvalgo
della facoltà di non rispondere.”, sibilai a denti stretti.
“Deduco di
no. Magari ora te ne starai buttata sul divano con il pigiama e il piumone a
vedere un film strappalacrime mentre ti infilzi di schifezze.”, sentenziò lui
ridendo.
Sbuffai
sonoramente.
“Si, sono
uscita e mi hai anche interrotta sul più bello. Contento ora?”, sbottai
mentendo su alcuni dettagli.
“Ah.”, disse
soltanto quasi… amareggiato?
“Se è così
allora ti lascio continuare.”, borbottò con la voce leggermente più incrinata e
bassa del solito.
“Ciao.”,
dissi poi secca, riagganciando.
“Chi era?”,
mi chiese Rossella sporgendosi verso di me.
Feci roteare
gli occhi con aria afflitta, poi mi lasciai scivolare più giù sul sedile.
“Il
riccio.”, sussurrai soltanto.
---
Angolo Autrice
Buongiorno a tutte, carissime!*.*
Neanche il tempo di bere il caffè ed eccomi qui a pubblicare il nuovo capitolo!:D
Comunque, finalmente Massi e Giulia iniziano a litigare!!!
Insomma, sono troppo contenta!!
La coppia inizia a scoppiare!!*.*
Va bene, va bene, non voglio esagerare con tutti questi commenti mega-super-soggettivi!xD
Tornando a noi, che altro dire?
Questa volta la telefonata non è andata propriamente a buon fine,
però ci sono due cose che vorrei sottolinere.
Allora, Harry ha annunciato che il mese prossimo
lui e gli altri torneranno a Roma,
il motivo però è ancora un mistero.
Seconda cosa, presto arriverà un capitolo nel quale tutte queste stranezze
verranno spiegate grazie a quelche ficcanaso di troppo!;)
Comunque, stay strong che la parte più romantica della storia
sta per arrivare!;)
Bene, cioè male visto che ora mi tocca un'intensa mattinata di studio!-.-
Ringrazio di cuore Liz in love, cioè più felice di così davvero non potevi farmi!!!*.*
Davvero, grazie mille e mille ancora!!!<3
Ringrazio poi tutti quelli che hanno inserito la storia
tra preferite, ricordate o seguite...
insomma, siete tutte magnifiche!!!*.*
E ringrazio ancora quelle anime pie che continuano a lasciare recensioni:
non ho parole per ringraziarvi...
semplicemente GRAZIE!<3
E ringrazio anche le persone che leggono, grazie anche a voi! :D
Il prossimo capitolo mercoledì!;)
Questa settimana torno prima a casa per il ponte,
così non dovrò aspettare fino a sabato prima di impossessarmi del computer!!
Spero mi lasciate un vostro parere, se vi va... :)
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 18 *** I might just die inside. ***
l
Every piece of your heart
I might just die inside.
Ci eravamo
divertite davvero tanto in discoteca, avevamo ballato senza sosta per tutta il
tempo e Rossella si era persino ubriacata, ma ci avevamo pensato io e Ludovica
a tenerla sotto controllo, cosicché evitasse di fare cose di cui poi si sarebbe
pentita.
Nel
frattempo continuavo a studiare come una matta, cercando di recuperare gli
arretrati che si erano accumulati per tutte quelle volte che in classe non
avevo prestato attenzione alle spiegazioni dei vari professori.
Ero brava a
scuola, certo non come Ludovica, ma la sua intelligenza era completamente
diversa dalla mia. Lei aveva metodo e dedizione, passava interi pomeriggi con
la testa calata sui libri, imparando tutto quello che c’era da sapere.
Io, invece,
ero più lo stereotipo della sfaticata fortunata e con buona memoria che finiva
per avere gli stessi voti della prima della classe studiando la metà del tempo.
Leggevo
qualcosa, poi mi prendevo una pausa che inizialmente doveva essere breve, ma
che poi si protraeva nel tempo, e alla fine, quando decidevo che si era fatta
ora di tornare sui libri, davo un’altra veloce lettura, saltando i periodi che
mi sembravano particolarmente lunghi e noiosi, per soffermarmi sulle notizie
principali.
Quel metodo,
assurdo tra l’altro, aveva anche potuto funzionare per i primi quattro anni di
liceo, ma quell’anno, all’esame, volevo prendere il massimo, così mi ero
affidata ai consigli di Ludovica, anche se mi stavano facendo letteralmente
impazzire.
Non riuscivo
a mantenere la concentrazione per più di mezz’ora senza essere distratta dal
cellulare, dal computer o persino dal paesaggio.
Ero un caso
disperato, insomma.
Harry,
invece, non lo avevo più sentito.
“Potresti anche chiamarlo tu, per una
volta!”, mi aveva suggerito Rossella quando ci eravamo ritrovate a parlare di
quella breve conversazione che avevamo avuto per telefono sotto gli occhi
delle mie amiche.
“Ma se non mi ha dato neppure il suo
numero!”, avevo risposto scandalizzata al solo pensiero di compiere un’azione
del genere.
Lei aveva sorriso sotto i baffi.
“Mi pare che neppure tu l’abbia dato a lui,
ma non si è fatto tutti questi problemi.”, mi aveva fatto notare
punzecchiandomi.
“E poi il numero ce l’hai tra le chiamate
ricevute e se lui non avesse voluto dartelo ti avrebbe chiamata con
l’anonimo!”, aveva aggiunto imperterrita Ludovica.
Avevo piegato il volto in una smorfia di
disappunto, senza preoccuparmi di replicare, anche perché non avevo le parole
per farlo.
“Magari sta aspettando che sia tu a farti
sentire.”, aveva provato a dire Ludo sedendosi sul divano del mio salotto.
“In effetti lui ti ha già chiamata due
volte, tre se consideri che la prima gli hai attaccato il telefono in faccia! E
poi l’ultima volta sei stata anche particolarmente scorbutica e scontrosa!”,
aveva costatato Rossella portando un’altra manciata di popcorn alla bocca.
Quella domenica avevamo organizzato una
serata tranquilla a casa mia a base di schifezze, film e chiacchiere tra
amiche.
“Parlate come se…”, avevo iniziato, ma poi
mi ero bloccata realizzando cosa quella frase mi avrebbe portata a dire. “Come
se fossimo due ragazzi che si stanno frequentando.”, avevo sussurrato senza
neppure rendermene conto.
Ludovica smise all’istante di sfogliare
distrattamente la rivista di moda che teneva tra le mani, per puntare i suoi occhi
chiari su di me e lo stesso fece anche Rossella.
“Stai ammettendo che ti piace?”, mi aveva
chiesto incredula Rossella.
Io avevo sgranato gli occhi e arricciato il
naso con aria disgustata.
“No!”, avevo esclamato scandalizzata.
“Ah, ecco.”, aveva borbottato Ludovica quasi
delusa, tornando a sfogliare le pagine di quel giornaletto.
“Sembrava troppo bello per essere vero,
quasi pensavo che finalmente te ne fossi resa conto!”, aveva confessato
Rossella mormorando.
“Sentite.”, le avevo chiamate, facendole
voltare ancora verso di me. “A me non può piacere una persona che non conosco e
poi io sto con Massi.”, avevo chiarito cercando di convincerle e forse, ma solo
forse, dovevo convincere anche me stessa.
“Non ti stiamo mica dicendo che ne sei
innamorata, solo che sei interessata!”, aveva specificato Ludo facendo
spallucce con una finta aria ingenua dipinta sul volto.
“E poi con Massi sai anche tu che non è una
cosa sentita.”, aveva bofonchiato Rossella.
Certo, solo quello ci mancava!
“Mi sembra di aver discusso già abbastanza
su questo punto.”, avevo sentenziato afferrando un cuscino alla mia sinistra, per
poi stringerlo al petto.
Rossella annuii, sospirando pesantemente.
“Hai ragione e sono anche piuttosto stufa di
litigare per quel coglione.”, aveva confessato con un filo di voce.
“Appunto, non ne parliamo più!”, avevo
proposto avvicinandomi a lei.
“Sai, vero, che ignorare un problema non ti
aiuterà a risolverlo?”, mi aveva chiesto prima di abbracciarmi.
Ricambiai la stretta, mentre annuivo sulla
sua spalla.
“Lo so, ma per ora non voglio pensarci.”, e
non fui mai più sincera di allora.
Da quella
domenica erano passati altri quattro giorni, così quel giovedì della seconda
settimana di maggio, uscii con Massimiliano.
Era il 9
maggio e quel giorno avremmo festeggiato due mesi insieme.
Gli avevo
chiesto di rimandare la cena alla volta successiva perché non volevo fare tardi
visto che il giorno seguente, alla prima ora, avevo il compito in classe di
matematica.
Lui non
l’aveva presa propriamente bene, ma erano bastate due moine e qualche parola
dolce usata di proposito per l’occasione per fargli cambiare idea.
Non aveva
voluto dirmi dove mi avrebbe portata, ma io avevo sviluppato le mie ipotesi.
Prima tra
tutte, ovviamente, casa sua. Non ci ero mai stata, seppur lui mi avesse più
volte invitata, ma erano sempre sopraggiunte circostanze avverse che mi avevano
impedito di andarci.
Ormai mi
sembrava quasi di conoscerla per la capillarità con la quale me l’aveva
descritta.
Lui non era
di Roma, ma si era trasferito al primo anno di università ed aveva affittato
una casa con altri due ragazzi. Certo, non era particolarmente grande e neppure
particolarmente bella, ma era tutto quello di cui necessitava per poter
realizzare i suoi sogni. Inoltre, aveva stretto un bellissimo rapporto con i suoi
coinquilini, tanto che ormai erano diventati amici per la pelle.
Altra
ipotesi, invece, era quella che mi portasse in giro per qualche museo.
In quei due
mesi, infatti, avevo appurato che lui fosse un vero appassionato d’arte, tanto
da poterci perdere giornate intere a contemplare un solo quadro o una scultura.
Per quel
giorno avevo fatto un’eccezione, concedendogli di venirmi a prendere sotto casa
e lui fu estremamente contento per quel piccolo gesto.
“Piccola
mia.”, mi sussurrò a fior di labbra non appena salii nella sua macchina dal
lato del passeggero.
“Auguri.”,
riuscii a dirgli poco prima di impadronirmi delle sue labbra.
All’inizio
sentii le sue piegarsi in un leggero sorriso a contatto con le mie, per poi
approfondire il bacio.
Si posizionò
più comodo sul sedile, senza interrompere quel contatto, poi poggiò una mano
dietro la mia nuca per avvicinarmi ancora di più, mentre io posizionai una mano
sul suo petto.
“Auguri
anche a te.”, sussurrò ad una spanna dal mio viso ancora ansante quando ci
staccammo senza fiato.
Sorrisi e
lui poggiò nuovamente le sue labbra sulle mie, questa volta con meno fretta,
più delicato.
Con la
lingua mi chiese l’accesso alla mia bocca ed io fui ben lieta di darglielo. La
mia mano passò dal suo petto sempre più giù, quasi fino alla vita, per poi
circondargli la schiena.
Lui si
sporse di più verso di me, facendo aderire i nostri corpi, mentre con una mano
mi accarezzava con dolcezza un fianco.
“Credo che
ora sia meglio andare, altrimenti di questo passo non arriveremo mai dove
dobbiamo arrivare.”, sussurrò ancora troppo vicino al mio viso per permettermi
di pensare razionalmente.
“Un po’ di
ritardo non ha mai fatto male a nessuno.”, dissi impiegandoci più del previsto
dato che ad ogni parola finivo per fermarmi e baciarlo, per poi riprendere e
ribaciarlo.
Lui sorrise,
cercando di resistere contro la sua volontà ed era bello guardarlo mentre
tentava di restare concentrato e non cadere in tentazione.
“Metti la
benda! Non voglio rovinarti la sorpresa!”, esclamò infine mettendo più distanza
tra i nostri corpi, mentre con la mano destra mi passava un foulard azzurro.
Lo guardai
riluttante.
“Lo so che
sbircerai lo stesso appena mi distraggo un attimo, ma almeno fammi contento e
mettilo.”, mi aveva detto aprendosi in un sorriso.
Sì, forse mi conosceva davvero troppo bene.
“Va bene.”,
gli concessi afferrando quel pezzo di stoffa tra le mani. “Ma non ti assicuro
affatto che farò la brava.”, aggiunsi con un faccino angelico che lo fece
ridere.
“Vieni
qui.”, disse poi, facendomi voltare per potermi legare il foulard intorno alla
testa, all’altezza degli occhi.
“Bene, metti
la cinta che ora partiamo.”, disse poi lui quando la mia vista si fu
annebbiata.
Mi rigirai
sul sedile e rimasi ferma.
“Ehi,
genio!”, lo chiamai attirando la sua attenzione. “Ti ricordo che non ci vedo,
come faccio a prendere la cinta a tentoni?”, lo provocai leggermente.
Lo sentii
ridere prima di percepire il suo corpo sfiorare il mio per una manciata di
secondi.
Era strano sentirlo così vicino.
Poco dopo
sentii uno scatto, segno che aveva terminato con successo quella operazione.
“Partiamo.”,
mi informò mettendo in moto.
All’incirca
mezz’ora dopo eravamo al mare, sulla spiaggia, io accoccolata al suo petto.
Niente casa
con gli amici, niente musei, soltanto noi due.
Non era una
giornata particolarmente soleggiata, anzi. Il cielo era coperto da qualche
nuvola grigia e di tanto in tanto soffiava un vento tagliente e gelido che mi
scombinava i capelli.
Il mare era
abbastanza agitato, ma questo non ci aveva impedito di bagnarci fin poco sotto
le ginocchia. Poi ci eravamo seduti a pochi metri dalla riva, abbracciati, mentre
ammiravamo il paesaggio davanti ai nostri occhi.
Ero
rannicchiata tra le sue gambe, con la schiena appoggiata al suo petto. Lui mi
cingeva dolce la vita, cercando di riscaldarmi quando percepiva il mio corpo
scosso da qualche brivido di freddo.
Teneva la
testa poggiata sulla mia spalla e le sue labbra sfioravano la mia pelle nuda
del collo.
Erano solo brividi di freddo quelli che
sentivo?
“Sei
bellissima.”, sussurrò al mio orecchio.
Il suo
respiro mi solleticava dolce e caldo quei pochi centimetri di pelle scoperta.
Sorrisi al
complimento che mi aveva fatto e con una lentezza estenuante girai il viso in
direzione del suo.
Incontrai
subito i suoi occhi e rimasi a contemplarli per qualche secondo.
Mi
trasmettevano sicurezza, protezione, ma non quella strana sensazione di vuoto.
Non riuscivo
a perdermi nelle profondità nascoste delle sue iridi.
Sentii il
cuore quasi aggrovigliarsi quando me ne resi conto.
Lui si
avvicinò con calma, tenendo lo sguardo incatenato al mio, fino a quando le
nostre labbra si incontrarono.
Senza
neppure rendermene conto mi ritrovai con la schiena sulla sabbia, mentre Massi
lasciava lunghe scie di baci che andavano dal collo, alle labbra, all’orecchio
per poi ripetere quell’agognante giro.
Sotto il suo
corpo mi sentivo tremare, ma di certo non era per il suo peso.
Si fermò ad
un centimetro dalle mie labbra e mi sorrise.
Provai a
ricambiarlo, ma ero troppo tesa ed infatti lui se ne accorse.
“Tranquilla.”,
mi sussurrò passandomi una mano tra i capelli, per poi sistemarli dietro all’orecchio.
“Non
dobbiamo fare nulla per forza.”, continuò poco dopo con voce calda e
rassicurante.
Al suono di
quelle parole percepii il mio corpo rilassarsi all’istante, tanto che senza
attendere oltre lo baciai.
Lui prese ad
accarezzarmi la schiena ed io feci lo stesso.
Sì, uno dei
motivi che mi spingevano a stare con Massi era proprio quello: sapevo che lui
ci sarebbe stato per me sempre e comunque, sapevo che non mi avrebbe fatta
soffrire.
Ma era sufficiente?
Così, mentre
mi baciava e sfiorava, percepii una strana sensazione attanagliarmi l’anima.
Stavo facendo la cosa giusta?
Quando
decidemmo di avviarci a casa si era già fatto piuttosto tardi se si considerava
che avevo detto a mia madre che sarei tornata ad ora di cena.
Massi mi
accompagnò con l’auto fin davanti il cancello di casa mia, ma fu in quel
momento che percepii il mio cuore perdere un battito.
Dietro di
noi, ad un centinaio di metri di distanza, era parcheggiata una Volvo che mi
sembrava di ricordare.
Fu come se
tutto il resto venisse cancellato, tanto che mi ritrovai a salutare Massi con
un frettoloso ‘ciao’, prima di scendere dalla sua macchina, intenzionata a
rientrare in casa il prima possibile.
“Ehi
piccola!”, mi chiamò Massi raggiungendomi di corsa, dopo essere sceso veloce
anche lui dalla macchina.
Mi sorrise
ed io fui solo capace di mordicchiarmi il labbro, imbarazzata.
Sapevo che
di lì a pochi secondi mi avrebbe baciata, era anche piuttosto ovvio visto che
ero la sua ragazza, ma il pensiero che quella potesse essere la sua Volvo mi soffocava, mi impediva di
respirare, mi mandava in tilt il cervello.
Mi ripetei
più volte che non poteva assolutamente essere lui, del resto quell’auto
potevano averla milioni e milioni di persone, quasi come se avessi bisogno di
una scusa per non respingere il mio ragazzo che inesorabilmente continuava
l’avanzata verso il mio viso.
Tuttavia,
anche la più remota eventualità che quello potesse essere
veramente lui e che di lì a qualche minuto mi avrebbe vista
baciare Massi mi torturava, mi logorava dall’interno.
Così, quando
le labbra del mio ragazzo entrarono a contatto con le mie, mi sentii morire
dentro.
“Ciao.”, mi
sussurrò dopo sorridendo.
“Ciao.”, lo
salutai, sforzandomi di sorridere per mascherare quella sensazione di disagio
che ovviamente non volevo condividere con lui.
Rimasi ferma
mentre lo vedevo allontanarsi, per poi sparire dietro l’angolo.
“Così quello
sarebbe il tuo ragazzo.”, sbottò una voce che ben conoscevo alle mie spalle.
Smisi di
respirare all’istante e mi ritrovai immobile come una statua, tanto che neppure
le palpebre accennavano ad un minimo movimento.
Non poteva,
non doveva essere lui.
Mi voltai ed
i miei dubbi vennero confermati da due occhi verdi che mi perforarono l’animo.
Indossava un
giubbino blu e dei jeans chiari. Teneva le mani in tasca, la mandibola
contratta e i capelli ricci disordinati. Gli occhi, invece, dopo un brevissimo
contatto li aveva puntati nel vuoto.
Perché mi sentivo così… male?
“Si.”,
mormorai con la testa bassa.
Lui si
avvicinò ancora, mordicchiandosi le labbra, per poi accennare ad un sorriso forzato.
Di sottecchi
cercavo di spiare ogni sua più piccola reazione, ogni particolare che mi
avrebbe aiutata a capire cosa stesse pensando in quel momento.
“Ero venuto
per salutarti, poi ho visto anche lui e ho pensato di fermarmi, non volevo
disturbarti come l’altra sera.”, mi spiegò e nella sue voce non colsi neppure
un po’ del solito sarcasmo.
Annuii.
“Comunque
era solo una visita di cortesia, domani ripartiamo visto che siamo pieni di
impegni.”, continuò fermandosi a qualche passo da me.
Non riuscivo
a guardalo direttamente in viso, ero troppo codarda per farlo. Sapevo che
qualunque fosse stata la sue espressione mi avrebbe solo fatto del male.
Da un lato
temevo che fosse deluso, non lo avrei sopportato, dall’altro, invece, avevo
paura che a lui non importasse nulla.
Mi maledissi
per aver pensato quelle cose: io non potevo sentirmi in colpa!
Io non gli
dovevo alcun tipo di spiegazione, noi non eravamo neppure amici, ed io ero solo
una stupida ragazzina con le idee confuse.
“Sono
contento che tu abbia trovato qualcuno.”, disse poi e solo allora mi decisi a
guardarlo finalmente negli occhi.
Per qualche
secondo rimasi in silenzio, inerme, mentre li contemplavo perdendomi nei
meandri più profondi di quelle iridi verdi e percepivo come quel semplice
contatto visivo fosse capace di sostituire mille parole non dette.
Sì, era quella la sensazione che non
riuscivo a provare con Massi.
Harry teneva
l’angolo sinistro della bocca sollevato in un mezzo sorriso, incorniciato da
una sola fossetta.
I suoi
lineamenti erano stranamente rigidi ed al contempo rilassati, sembrava si
stesse obbligando a tenere un’espressione del viso neutra.
“Grazie.”,
balbettai in risposta non appena fui di nuovo capace di parlare.
“Bene, mi ha
fatto piacere rivederti, ma ora devo andare.”, dichiarò sfilandosi una mano
dalla tasca per passarsela tra i capelli, accarezzandoli con un gesto fulmineo
e pieno di foga.
“Ciao
Giulia.”, mi salutò non avendo ricevuto alcuna risposta dalla sottoscritta.
Ancora una
volta non riuscii a dire nulla, così lui si voltò e con calma si diresse verso
la macchina che aveva parcheggiato qualche metro più in là.
“Ciao
Hazza.”, sospirai quando lui fu troppo lontano per potermi sentire, cosicché le
mie parole si dispersero nel vento.
---
Angolo Autrice
Lo so, sono in netto ritardo...
Cioè, in effetti è ancora mercoledì, però ho sforato sull'orario...
Beh, almeno sappiate che non è del tutto colpa mia:
tutta questa pioggia ha bloccato le strade,
ci ho messo ben tre ore e mezzo per tornare a casa,
invece della solita oretta!-.-"
Comunque sia, non mi dilugno maggiormente,
tanto in questi giorni ci sentiremo spessissimo
visto che ho intenzione di aggiornare ogni giorno!;)
Comunque, volevo dedicare questo capitolo a Turo,
sei davvero splendida e mi dispaice averti fatto aspettare tanto prima di pubblicare...
almeno sepro ne sia valsa la pena!
Altro grande ringraziamento va a FeniceHowl_, lei sa il perché!;)
Ringrazio poi tutti quelli che hanno letto,
inserito la storia tra preferite, seguite o ricordate!:D
Siete favolosi!*.*
E ringrazio quelle magnifiche persone che hanno lasciato una recensione!
Vi adoro con tutta me stessa!<3
Bene, detto questo ora vado a sentire per l'ennesima volta Little Things...
ma non è fantastica???*.*
Ok, buona serata a tutte voi! Diverittevi!!;)
Ah, lasciate anche un commnetino se vi va...
mi rendereste ancora più felice!:D
A domani!:*
Astrea_
|
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Capitolo 19 *** How I wish that was me. ***
h
Every piece of your heart
How I wish that was me.
Il tempo
continuava a scorrere inesorabile, certe volte troppo veloce e certe altre
ancora troppo lento.
Io, invece,
rimanevo bloccata in una situazione di stallo da cui non avevo la forza di
uscire.
Sapevo cosa
avrei dovuto fare, ma avevo troppa paura per farlo davvero.
Ci avevo
riflettuto talmente tante volte che persino i miei ragionamenti sembravano un
disco rotto, il cui suono era fermo sempre a ripetere la medesima nota, senza
andare mai avanti o indietro.
Erano passati
dieci giorni da quando avevo visto Harry per l’ultima volta.
Il nostro
rapporto, se così poteva essere definito, era stato strano sin dall’inizio. Non
avevamo mai programmato nulla. Le prima volte ci eravamo incontrati per puro
caso, complice la passione sfrenata e la totale devozione delle mie amiche nei
confronti del suo gruppo.
Tuttavia,
con il tempo, le cose sembravano aver preso una loro strana ma coerente strada
che finiva sempre per farci ritrovare, nonostante il passare dei giorni, delle
settimane e dei mesi.
Solo quando
avevamo deciso di dare un taglio netto al caso, o meglio solo quando Harry
aveva deciso di smetterla di giocare con la fortuna, era stata lei a giocare
con noi.
Sorrisi
amareggiata mentre aspettavo che anche le mie amiche finissero quello
stupidissimo esercizio di matematica.
Ormai
mancava poco più di un mese all’inizio degli esami e quel pomeriggio avevamo
deciso di studiare insieme per aiutarci a vicenda, ma soprattutto per aiutare
Rossella.
Ci eravamo
incontrare a casa di Ludovica visto che da lei, il pomeriggio, non c’era mai
anima viva in giro.
A
Massimiliano non avevo detto nulla riguardo alle sensazioni, non del tutto
normali, che il mio corpo, ma soprattutto il mio cuore, percepivano.
Io, dal
canto mio, avevo preferito ignorare quello che temevo fosse il problema.
Sì, insomma,
avevo capito di cosa si trattasse, ma non ero riuscita ad ammetterlo neppure a
me stessa tanto che evitavo persino di pensarlo.
Avevo paura
che, una volta che quel pensiero si fosse impossessato della mia mente, avrebbe
preso il sopravvento su tutto e questo io non potevo assolutamente permetterlo.
“Lia, mi dai
una mano che non si trova?”, mi chiese Rossella, ma la sua voce giunse ovattata
al mio orecchio.
Ebbi la
sensazione che in realtà non avesse parlato, anzi ne ero sicura, così continuai
a rimuginare sui miei sempre meno coerenti pensieri.
Stavo
commettendo molti più errori di quelli che volevo dar a vedere e, forse, stavo
compromettendo il mio futuro dal punto di vista sentimentale.
“Lia, ma ci
sei? Ti sto chiamando da mezz’ora!”, esclamò d’un tratto Ross, sventolandomi
una mano sotto gli occhi per attirare la mia attenzione.
Sobbalzai
dallo spavento, prima di rendermi conto che ero solo sovrappensiero.
“Allora, mi
aiuti a risolvere questo cazzo di esercizio?”, ripeté indicandomi con lo
sguardo i passaggi che avrei dovuto controllare.
Presi il
quaderno che teneva sotto il naso e passai alla rassegna tutti i numeri che
teneva segnati, trovando non solo dei calcoli sbagliati, ma anche degli errori
nel procedimento.
Provai a
spiegarglielo per ben tre volte, ma alla fine lei si arrese esausta, facendomi
promettere che all’esame le avrei dovuto passare il compito di matematica.
Risi
rassegnata al fatto che non sarebbe cambiata mai.
“Ragazze, io
davvero non ce la faccio più! Sono sfinita! È tutto il pomeriggio che studiamo,
prendiamoci una pausa!”, propose Ross allora, approfittando del momento.
Io e
Ludovica ci guardammo per un attimo, indecise sul da farsi, poi alla fine ci
sciogliemmo con un leggero sorriso.
“E va
bene.”, concesse la bionda chiudendo libri e quaderni.
“Accendo il
computer?”, proposi allora e senza attendere una loro conferma pigiai il
bottone che lo metteva in moto.
“Facebook?”,
chiese allora Ludo, posizionandosi meglio sulla sedia davanti alla scrivania.
Io mi alzai
per poi mettermi a gambe incrociate sul letto con il busto in direzione dello
schermo, decisamente più comoda che su una sedia di plastica.
Ross storne
il naso emettendo uno strano suono.
“Posso
controllare un attimo le ultime notizie sugli One Direction?”, domandò più a me
che a Ludovica che, nonostante tutto, rimaneva la proprietaria di casa e del
computer.
Feci
spallucce, mettendo su un’espressione di indifferenza.
In realtà
dentro di me pregavo che cambiasse repentinamente idea, cercando qualsiasi cosa
ma non loro, non lui.
Vedere la
sua faccia sorridente non mi avrebbe aiutata a sentirmi meglio, soprattutto se
pensavo che per colpa delle mie stupide paranoie stavo per mandare a monte la
mia storia con Massi.
Lei sorrise
a trentadue denti, non avendo intuito la mia tacita richiesta, del resto
sarebbe stato impossibile farlo.
Conoscendo
la rossa, poi, se l’avesse saputo l’avrebbe fatto di proposito a mettermi sotto
il naso qualsiasi cosa potesse essere ricollegata a lui.
“Bene,
prometto che ci metto poco!”, esclamò trionfante mentre si voltava verso il
computer.
Velocemente
digitò la scritta, poi avviò la ricerca.
Fece
scorrere con il mouse la pagina, leggendo solo i titoli delle varie notizie.
Ne aprì una
ed iniziò a leggere ad alta voce.
“Gli One
Direction preparano le valigie: Roma li aspetta.”, trillò felice come non mai
declamando il titolo di quell’articolo.
“Proprio
ieri è arrivata la conferma dalla casa discografica riguardo alla location del
prossimo video che promuoverà la prima canzone in uscita del nuovo album. Pare,
infatti, che i cinque ragazzi siano stati stregati dal fascino della città
eterna e che ora non riescano a farne più a meno.”, continuò interrompendosi solo
per lanciare un urlo acuto per l’emozione che quell’informazione doveva
suscitare in lei.
“Nulla di
certo ancora sulla durata della permanenza, riguardo alle date per ora si sa
solo che partiranno nella prima settimana di giugno. Care italiane, preparatevi
ad accoglierli, perché i One Direction stanno tornando!”, squillò di gioia,
iniziando a battere le mani freneticamente.
Sorrisi nel
vederla così presa da quella stupidissima informazione.
“Non vedo
l’ora!”, esclamò poi con aria sognante, subito seguita da Ludovica che esultava
con lei.
Sarebbero tornati.
Deglutii
sommessamente, sforzandomi di apparire rilassata e disinteressata, anche se
potevo sentire lo stomaco accartocciarsi come un foglio prima di essere gettato
nel cestino.
Ci misero
ancora qualche secondo prima di calmarsi definitivamente.
Questa volta
fu Ludovica a prendere il mouse, conducendo le redini della ricerca.
Tornò
indietro, continuando a frugare tra i mille articoli sul loro conto, per
trovarne qualcuno che fosse davvero degno di essere letto.
Ne aprì un
altro, iniziando a leggere come aveva fatto Rossella poco prima.
“Chi sarà
mai a far battere i loro cuori?”, intonò il titolo che sormontava una loro
foto.
Fece
scorrere la pagina sotto i suoi occhi, fino a giungere alla didascalia.
“Ormai è ben
risaputo che Liam, Zayn, Niall, Louis ed Harry stiano lasciando una lunga serie
di cuori infranti alle loro spalle, continuando a conquistare milioni di
ragazze anche con un semplice sorriso, ma pare che solo pochi di loro si siano
avviati verso un rapporto stabile e duraturo.”, iniziò a dire, interpretando
parola per parola come fosse una speaker professionista.
“Viene
confermata la relazione tra Liam Payne e Danielle Peazer, la quale pare aver
seguito la sua dolce metà durante gli ultimi spostamenti lavorativi. Anche la
storia tra Louis Tomlinson e l’ormai storica fidanzata Eleonor Calder sembra
procedere a gonfie vele.”, decretò sorridendo soddisfatta, per poi riprendere
la seconda parte del testo.
“Tutt’altra
storia, invece, sono Niall, Zayn ed Harry. Il primo ha, infatti, dichiarato di
volersi fidanzare ma il recente vociferare riguardo al suo scarso autocontrollo
nell’assumere alcolici non sembra affatto facilitare il compito. Amici molto
vicini a lui hanno dichiarato che Niall ha mostrato palese interesse nei
confronti di una ragazza conosciuta qualche mese prima, con la quale però ha
perso i contatti.”, annunciò ammiccando.
“E chi sarà
mai questa tipa?”, chiese Rossella aggrottando la fronte, mentre scavava tra i
ricordi per trovare una soluzione, ma probabilmente non dovette trovarla vista
la sua espressione corrucciata.
Ludovica
fece spallucce, poi ripuntò lo guardo sulla schermata.
“Gli altri
due pare invece che stiano lavorando al raggiungimento della famosa etichetta
del bello e dannato, ottenendo anche ottimi risultati. Ma se Zayn continua a
limitarsi a modelle della sua età, avendo dimenticato del tutto la storia con
Perrie Edwards, Harry è di certo di più ampie vedute e non solo per i dati
registrati all’anagrafe. Tralasciando l’ormai arcaica storia con la trentatreenne
Caroline Flack, l’ultima resa nota con una donna decisamente più matura di lui,
pare che si sia dedicato in particolar modo anche a delle sue fans, dopo le
varie serate tenute in tutto il mondo prima della pubblicazione del nuovo
singolo che presenterà l’album, in uscita quest’estate.”, terminò girandosi
verso di me per poi puntarmi bene gli occhi addosso.
Cosa si aspettava Ludo? Una mia reazione? E
cosa mi aspettavo io?
Ero a
conoscenza della fama da perfetto seduttore che circondava Harry e comprendevo
tutte quelle ragazze che non riuscivano a resistergli perché, in fondo, non ci
ero riuscita neppure io.
“Pare che si
dia da fare!”, trillai, fingendo sarcasmo misto a divertimento.
“Sicura che
non ti dia fastidio?”, mi domandò in modo esplicito Rossella.
Scossi il
capo con fare convinto.
No, non doveva darmi fastidio.
“Quindi non
ti dispiacerà leggerne uno sul suo conto?”, continuò dopo aver appurato la mia
negazione.
Sorrisi
forzatamente, alzandomi dal letto per avvicinarmi allo schermo.
Sapevo
benissimo che quello era un altro degli stupidi tranelli che la rossa mi
tendeva per cercare di cogliermi in fallo, ma non potevo dargliela vinta a
tavolino.
Erano giorni
che provava in tutti i modi a farmi ammettere quello che mi frullava per la testa
ed io, puntualmente, riuscivo a raggirare l’ostacolo.
Fu Rossella
a scegliere il post successivo, aprendo un sito nel quale si parlava
esclusivamente di loro.
Percepii il
cuore perdere un battito quando lessi la scritta a caratteri cubitali che spiccava
nero su bianco sotto i miei occhi.
Ludovica si
alzò, lasciandomi la sedia per sedersi sul letto.
Iniziai a
leggere subito dopo essermi accomodata.
“Ad Harry
piacciono le italiane e si vede.”, diceva la prima riga.
Tirai un
respiro profondo e cercai di farmi coraggio.
Ma,
nonostante sapessi che lo faceva per il mio bene, in quel momento stavo odiando
Rossella.
Spostai per
un secondo l’occhio sulla data di pubblicazione e fui sorpresa di costatare che
quel brano risalisse ad appena tre giorni prima.
“È già passata
una settimana dall’ultima permanenza a Roma degli One Direction, ma solo ora
sembrano pervenirci i particolari piccanti sul loro soggiorno. Pare infatti che
il nostro caro Styles sia stato avvistato in una zona residenziale della città,
mentre si incontrava segretamente con una ragazza, lontano dalle telecamere e
dagli occhi indiscreti. Ma per una star del suo calibro non deve essere così
semplice passare inosservato! Nonostante le piccole precauzioni prese da questi
due amanti, ci sono giunte numerose segnalazioni, tutte concordanti riguardo
data, luogo e ora. Che Harry si sia finalmente innamorato ed abbia deciso di
chiudere con le storie da una botta e via?”, lessi.
Mi fermai
per riprendere fiato, mentre il mio cuore batteva fuori controllo.
Parlavano di me? Ero io quella ragazza? Ero
io, vero? Vero?
Quasi
sentivo la necessità di leggere il mio nome tra quelle righe, anzi.
Quello di
cui necessitavo era di leggere il mio nome al posto di tutti gli altri, come se
ci fossi sempre stata solo e soltanto io, come se desiderassi rimpiazzarle
tutte semplicemente schioccando le dita.
“Non
preoccupatevi care fans. Dopo la scappatella lontano dai riflettori, Harry sembra
essere tornato su piazza.”, enunciai ancora, ma sentii l’esigenza di fermarmi
anche solo per un instante.
La testa
cominciava a girarmi e sentivo le mani e le gambe tremare.
Spinta da
una nuova urgenza di sapere come terminasse l’articolo, ripresi con foga la
lettura, correndo sulle parole come un treno sui binari, con un tono di voce
più alto del solito.
“Sembra,
infatti, che Harry abbia festeggiato il ritorno a Londra con una sua vecchia
conoscenza, la cantante Alyssa Reid, che lo aveva adocchiato già da tempo. Solo
di ieri, infine, sono gli scatti che lo ritraggono mentre scambia baci bollenti
in macchina con la stessa Reid, ma a quanto pare non è servito a nulla
nascondersi.”, sbottai non perdendo neanche una lettera di quel fottutissimo
testo.
Le mie
amiche si erano avvicinate a me, preoccupate a causa del mio tono di voce
eccessivamente isterico, ma io non me ne curai.
Volevo
soltanto terminare quel fottutissimo testo.
“Su internet
intanto si scatena la guerra. Le fans lo vogliono single e sempre più frequenti
sono le minacce nei confronti di tutte le donne che osano avvicinarsi tanto
all’inarrivabile Harry Styles, compresa la madre Anne Cox. Allora, caro Harry,
quando metterai la testa a posto?”, sbottai in un impeto d’ira, giungendo
finalmente alla fine di quel fottutissimo testo.
Sì, caro Harry, quando metterai la testa a
posto?
Il mio viso
era livido di rabbia, gli occhi puntati nel vuoto, sudavo freddo. Le mani mi
tremavano e sentivo il mio corpo completamente vuoto, come se fosse una vecchia
carcassa privata del suo contenuto.
Sentii le
braccia delle mie amiche avvolgermi con fare dolce e materno, e non appena mi
sfiorarono scoppiai in lacrime per la prima volta dopo tanto tempo, come se
quel lieve contatto fosse stato capace di far crollare ogni barriera, di andare
oltre la facciata che mi preoccupavo di mostrare.
E piansi.
Piansi per
il ragazzo che avevo ma non volevo, per tutte quelle volte che avevo
ascoltato la testa e non il cuore, per essere state presa in giro. Piansi per
uno sconosciuto e per il dolore che mi stava procurando, per il fatto che,
contro ogni spiegazione logica e razionale, avrei voluto essere io quella al
suo fianco, al posto di tutte quelle donne. Per Harry.
Forse quella di leggere un articolo sul suo
conto non era stata proprio una buona idea.
---
Angolo Autrice
Buongiorno carissime/i (nel caso dovesse esserci anche qualche lettore di passaggio xD)! :D
Allora, com'è andata la serata di ieri??
Io alla fine non ho fatto più nulla,
sono torata a casa alle sei passate per colpa della pioggia e
stanca com'ero abbiamo deciso di rimandare a stasera la festicciola tra amici!*.*
Comunque sia, ecco il nuovo capitolo!:D
Si tratta di un capitolo di passaggio,
anche perché nel prossimo capitolo potremmo leggere del...
beh, non dico molto a rigurado,
tanto per domani sarà pubblicato anche quello!;)
Che ne pensate?
Ringrazio di cuore quelle persone che hanno inserito la storia
tra le preferite, ricordate o seguite!<3
A massive thank you!;)
E ringrazio anche i silenziosi lettori!! :D
Per quanto riguarda le recensioni...
ecco, capisco che ho aggiornato la sera prima di halloween e
che una persona normale a quest'ora del mattino ancora dorme,
però mi farebbe davvero piacere conoscere la vostra opinione!!
Quindi, che ne dite di lasciarne una??xD
Ok, scappo a fare colazione!:Q
Buona gioranta!:*
Astrea_
|
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Capitolo 20 *** Just a beautiful mistake. ***
k
Every piece of your heart
Just
a beautiful mistake.
Avevo sempre
odiato l’attesa, era snervante, ma più di ogni altra cosa non riuscivo a
sopportare i tempi morti.
Non mi
riferivo a quei momenti in cui non si faceva nulla, no, quelli mi piacevano ed
anche tanto.
Mi riferivo
a quei periodi, giorni, settimane, delle volte addirittura mesi, in cui si
sopravviveva, piuttosto che vivere.
C’era una
sostanziale differenza tra quei due verbi. Io volevo vivere, ma continuavo a
sopravvivere ed era sopravvivendo che era giunto anche il mese di giugno.
Avevo
ultimato la tesina, ormai era pronta. L’avevo riletta tante di quelle volte da
averla quasi imparata a memoria. Avrei dovuto solo stamparla, ma a quello ci
avrebbe pensato papà, come d’accordi precedentemente presi.
Per quanto
riguardava lo spiacevole incidente che si era verificato a casa di Ludovica
qualche giorno prima, avevo deciso di metterci una pietra sopra e depositarlo
tra i ricordi in una piccola, piccolissima parte del mio cervello.
Ero giunta
alla ovvia conclusione che non era per Harry che avevo pianto. No, non ero
contraddittoria, solo preferivo convincermi che le cose fossero esattamente
come dicevo io.
Sapevo
perché avevo pianto, lo sapevo bene e non lo avrei mai potuto dimenticare, ma
avevo tirato in gioco altri fattori, altre motivazioni, tante scuse.
Alla fine mi
ero convinta che era stata soltanto la goccia che aveva fatto traboccare il
vaso. Ero stressata, ero piena di impegni, non avevo ancora completato il
percorso per l’esame, non fino a quel giorno, non avevo sentito Massi per tutta
la giornata e mi sentivo oppressa.
Piuttosto credibile, vero?
La prima
domenica del mese il mio ragazzo mi aveva portato finalmente a casa sua e mi
aveva presentato i suoi amici: Fabrizio e Andrea, due ventiduenni piuttosto
simpatici ed affabili, nonostante il primo fosse fissato per la pulizia,
l’ordine ed i germi.
In realtà,
cosa ben più importante, Massi non mi aveva semplicemente portata nel suo
appartamento e probabilmente se non ci fossero stati i suoi amici non ci
saremmo fermati a qualche bacio appassionato sul divano del salotto.
Lui mi aveva
dato una copia delle chiavi del suo appartamento quel giorno.
“Usale quando e come ti pare, anche se in
casa non dovessi esserci io! Diciamo che puoi considerare questo
appartamento…”, si era fermato per un attimo guardandosi intorno, ma il suo
sguardo era inevitabilmente caduto sui suoi due coinquilini intenti ad
imprecare mentre giocavano ad uno stupido gioco a quella che intuii essere la
playstation.
Massi era tornato a fissarmi, mettendo su
un’espressione imbarazzata e desolata al contempo, come se volesse scusarsi per
il comportamento dei suoi amici.
Io avevo accennato ad un sorriso scrollando
poi la testa, per fargli capire che dei suoi amici non mi interessava
minimamente.
“Va bene, diciamo allora che puoi
considerare la mia camera come un nascondiglio, un posto in cui rifugiarti
quando hai bisogno di rilassarti.”, aveva concluso allora, sorridendomi mentre
mi accarezzava una guancia con i polpastrelli delle dita.
Mi ero avvicinata a lui, guardandolo
estasiata, poi lo avevo baciato con dolcezza, per trasmettergli tutto quello
che sentivo in quel momento.
Gratitudine, affetto, complicità, gioia,
comprensione, protezione e forse… amore.
“E poi sappi che…”, aveva ripreso a dire
quando le nostre labbra si staccarono per riprendere fiato.
Eravamo ancora molto vicini, tanto che
potevo sentire il suo fiato cadere delicato sulla mia pelle stuzzicandola,
solleticandola.
Aveva abbassato lo sguardo per un secondo,
indugiando sulle parole, con fare imbarazzato, forse anche un po’ timido.
Avevo sorriso a quella sua reazione così
genuina ed ingenua.
Lui aveva puntato nuovamente i suoi occhi
nei miei, avvicinandosi fino a poggiare la sua fronte sulla mia, facendo
sfiorare i nostri nasi.
“Sì, insomma, troverai anche me sempre
pronto a coccolarti.”, aveva concluso scrutando il mio viso come per volerne
cogliere la reazione a quelle sue parole.
Era dolce e forse potevo iniziare a farmelo
andare bene.
Mi mordicchiai il labbro inferiore,
sorridendo, mentre immaginai la faccia da ebete che si era dipinta sul mio
viso.
“Allora verrò spesso.”, sussurrai sulle sue
labbra, prima di appropriarmene.
Non era un bacio casto quello, affatto.
Le nostre lingue si intrecciavano, si
rincorrevano senza sosta, mentre le nostre mani si cercavano.
Me ne strinse una all’altezza del suo petto,
mentre con l’altra mi accarezzava la schiena dolce e passionale allo stesso
tempo.
La mia mano invece, quella ancora libera,
andò veloce a circondargli il collo, sfiorando la base di esso con movimenti
lenti e delicati.
Lo sentii muoversi mentre si posizionava
meglio sul divano, mentre il suo corpo si avvicinava al mio, spingendomi con la
schiena sulla morbida superficie del divano.
In pochi attimi fu sopra di me, mentre mi
baciava con foga, esplorando con le mani il mio corpo.
“Ehi piccioncini, almeno potreste chiudervi
in camera, no?!”
Dopo quella volta
non ero stata più a casa di Massi, non ne avevo avuto la possibilità visto che
nell’ultima settimana ero stata troppo impegnata.
Mi ero però
ripromessa che, messo da parte l’imbarazzo, ci sarei ritornata appena mi fosse
stato possibile, magari per fargli una sorpresa.
Così i
cappotti, i maglioni di lana, le sciarpe, i guanti ed i cappelli avevano
lasciato il posto alle magliette di cotone ed i pantaloncini. Ormai l’estate
era alle porte, rimaneva solo un ultimo ostacolo da superare, l’ultima barriera
da abbattere.
Rossella si
stava occupando del viaggio che avevamo deciso di fare a luglio, senza però
dirci nulla a riguardo, né a me, né tantomeno a Ludovica. Diceva che noi
dovevamo solo pensare a studiare e che quello era il minimo che lei potesse
fare per ripagarci di tutto il disturbo che ci stava arrecando, chiedendoci
aiuto in continuazione.
Per di più
si era fissata con l’idea che avrebbe voluto farci una sorpresa, assicurandoci
che l’avremmo gradita.
All’inizio
avevo provato a convincerla del fatto che stesse esagerando, offrendole il mio
aiuto, ma poi Ludovica mi aveva suggerito di lasciarla fare, cosicché potesse
sfogare in quel modo la sua irrefrenabile vivacità e alla fine le avevo
lasciato carta bianca, arrendendomi alla sua volontà.
Uscii velocemente
di casa quando costatai di essere già in ritardo. Dovevo incontrarmi con le mie
amiche quel pomeriggio in un posto in cui non ero mai stata. Si trattava di un locale,
non avevo ben capito di che genere, poco distante da casa mia, in una zona decisamente
poco trafficata.
Rossella
aveva detto che una ragazza in palestra ne aveva parlato benissimo, così si era
fatta dare l’indirizzo per poi andarci personalmente.
Non avevo
fatto ulteriori domande alla rossa, accondiscendendo alla sua voglia di scoprire
posti nuovi, del resto, per quanto Roma fosse grande, noi frequentavamo sempre
i soliti.
Salutai mio
padre, avvertendolo che sarei tornata per cena, poi mi avviai per strada.
Subito sentii
i raggi del sole scaldarmi la pelle, mi piaceva quella sensazione.
Ormai le
giornate si facevano sempre più lunghe e soleggiate e la pioggia di
quell’inverno sembrava essere solo un lontano ricordo.
Mi
incamminai a passo svelto, intenzionata a recuperare qualche minuto, poi presi
i mezzi pubblici.
Quando scesi
alla fermata che Ross mi aveva indicato, mi guardai bene intorno, per cercare
di individuare il posto che mi aveva accuratamente descritto in precedenza.
Inutile dire
che non fu propriamente facile trovarlo. Percorsi lo stesso pezzo di strada per
ben quattro volte prima di notare una scritta lampeggiante in uno dei vicoli
sulla destra.
Mi fermai di
scatto, arricciando la fronte per la confusione.
Da quando sceglieva posti tanto nascosti?
Scrollai le
spalle, cacciando via quel pensiero dalla testa e mi introdussi nella stradina.
Era piccola
ed i raggi del sole stentavano ad illuminarla a causa della presenza di alti
palazzi su ambedue i lati.
Feci solo
qualche passo prima di giungere davanti alla porta d’ingresso del locale.
Sembrava una
semplice e comunissima caffetteria, solo arredata meglio.
Entrai e con
lo sguardo cercai le mie amiche tra i vari tavolini, senza però trovarle.
“Cerca
qualcuno?”, mi chiese una donna oltrepassando il bancone per venirmi incontro.
Era
piuttosto anziana, aveva i capelli grigi e gli occhi azzurri. Non era grassa,
ma ben piazzata, ed aveva un ampio e caldo sorriso sulle sottili labbra.
Annuii e lei
si fece ancora più vicino.
“Due mie
amiche.”, spiegai.
Il suo
sorriso si aprì ancora di più, mentre anche i suoi occhi sembravano brillare di
una strana luce.
“Forse ho
sbagliato il posto.”, borbottai facendo spallucce, quasi imbarazzata da quella
strana situazione.
Feci per
girarmi, ma lei mi bloccò afferrandomi con delicatezza per il gomito.
“Non
credo.”, controbatté lei con voce calma e rassicurante.
“Per caso la
tua amica è rossa?”, mi chiesi a mo’di conferma.
Io annuii,
sorpresa com’ero avevo talmente tante domande da farle che non riuscii ad
esternarne neppure una.
“E l’altra è
bionda?”, continuò allora l’anziana donna.
Annuii
ancora, guardandola con fare circospetto.
Non mi
rassicurava affatto sapere che un’estranea fosse a conoscenza di tutti quei
dettagli.
“Sono nella
saletta al piano superiore, però devi passare di qua.”, mi comunicò facendo
cenno con una mano alle scalette che s’intravedevano al di là dell’arco che si
ergeva dietro il bancone e che, probabilmente, dava accesso ad un’aria privata.
E se voleva ammazzarmi e poi chiudermi nella
cella frigorifera?
Accennai ad
un sorriso, ma venni scossa da un leggero brivido di paura.
“Vai, ti
stanno aspettando!”, m’incalzò la donna, continuando a sorridere.
Annuii
ancora, facendomi coraggio.
Sì, ero
davvero una stupida a temere di una signora anziana, ma non potevo certo sapere
chi ci fosse al piano di sopra! I telegiornali parlavano chiaro: i tempi erano
cambiati e bisognava diffidare di tutti.
Bene, ero una fifona paranoica!
Mi feci
coraggio e mi diressi dietro al bancone, oltrepassai l’arco e iniziai a salire
le scale che si snodavano sulla sinistra.
Già dalla
prima rampa si sentiva il parlottare sconnesso di Rossella, unito ad altre
risate che non riconobbi.
La voce
della mia amica mi giunse all’orecchio come un’ancora di salvezza, come un
salvagente per un uomo caduto in mare durante la tempesta.
Non sarei morta, non quel pomeriggio perlomeno!
Feci gli scalini a due a due, ansiosa di vedere il volto della mia
amica sorridermi per poi rimproverarmi a causa del ritardo.
Non ero mai stata così felice di sentire la sua voce stridula
borbottare infastidita che il rispetto degli orari era fondamentale, che la
prossima volta se ne sarebbe andata, che ero un caso cronico e via dicendo.
Il piano superiore era arredato in maniera deliziosa, con tonalità
chiare che mettevano maggiormente in risalto la luce che entrava dall’ampia
vetrata.
Seguii le voci delle mie amiche, giungendo ad un’area più appartata, e
fu allora che li, lo, vidi.
M’immobilizzai all’istante, ferma a qualche passo dal tavolino intorno
al quale erano seduti su bassi e apparentemente comodi divanetti.
“Finalmente sei arrivata!”, esclamò Rossella, alzandosi per venirmi
incontro.
“Quasi pensavamo non venissi più!”, aggiunge dandomi un bacio sulla
guancia.
“Dai, vieni, siediti!”, disse poi prendendomi per mano e trascinandomi
con lei.
Rimasi in silenzio per tutti quei pochi secondi che a me parvero
millenni.
Mi misi seduta all’estremità di un divanetto, accanto a Ludovica.
Tenevo lo sguardo fisso sul legno smaltato di bianco del tavolino,
senza avere il coraggio di alzarlo, consapevole che avrei potuto incontrare il suo.
“Ti ricordi di loro?”, mi chiese allora Ludovica, prendendomi una mano
per incrociarla con la sua.
Alzai la testa, consapevole che comunque l’avrei dovuto affrontare, ed
annuii convinta sorridendo.
“Ho persino imparato i vostri nomi!”, dissi allora scherzando in
italiano e solo allora mi resi conto che per tutto il tempo, anche quando avevo
sentito la voce di Rossella dalle scale, non avevano fatto altro che parlare la
nostra lingua.
“E noi abbiamo imparato l’italiano!”, affermò quello con gli occhi
azzurri che ricordai essere Louis, sorridendo di rimando.
“Ma che bravi! Ed io che dubitavo delle vostre capacità
intellettive!”, ironizzai ancora, prendendoli in giro.
Loro sorrisero.
Dovevo farmi coraggio, dovevo
apparire… serena.
“Piuttosto, cosa ci fate qui?”, chiesi allora rivolgendomi ai cinque
ragazzi.
Non appena terminai di pronunciare quelle parole vidi Niall, Zayn,
Liam e Louis voltarsi con un’espressione confusa e disorientata verso… verso
Harry.
“Hazza, ma non le hai detto nulla? Avevi detto che ci avresti parlato
tu!”, esclamò allora Niall con voce sorpresa e frastornata, ma ricevette subito
una leggere gomitata da Liam che gli sedeva accanto.
Harry non rispose, non disse nulla. Teneva gli occhi fissi sul
bicchiere che stringeva tra le mani.
Abbassai il capo repentinamente, stringendo con forza la mano di
Ludovica, ancora incatenata alla mia.
“Bene, allora te lo dico io!”, annunciò allora Louis, cercando di
ammortizzare la tensione che si era appena creata.
“Dobbiamo girare il nuovo video della canzone promozionale dell’album
che uscirà quest’estate ed abbiamo scelto Roma come location.”, chiarì lui
allora.
“Siamo venuti qui anche il mese scorso per fare un sopralluogo sui
posti designati per il video.”, continuò Liam mentre sorseggiava quello che dal
colore dedussi essere the.
“E non riuscite proprio a starci lontane?”, li provocai con
un’espressione scettica disegnata sul viso.
Per quale cazzo di motivo
dovevamo incontraci ogni volta?
“Ma veramente è per Zayn che siamo qui! Dice che voleva rivedere
Ella!”, confessò Niall facendomi un complice occhiolino.
Io e Ludovica scoppiammo a ridere, mentre Rossella, la nostra cara
Ella, rimase in silenzio, imbambolata e forse anche imbarazzata.
“Niall!”, lo rimproverò allora Zayn dandogli uno scappellotto dietro
la nuca, prima di abbassare il capo in segno di evidente disagio.
“Ma perché ogni volta che dico qualcosa mi picchiate sempre tutti?”,
si lamentò allora il biondino massaggiandosi il punto indolenzito.
Sorrisi ancora, godendomi la scenetta, e mettendo da parte, almeno per
un attimo, il fatto che ci fosse anche lui.
“Perché tu non ti rendi conto di quello che dici! Ci fai sempre fare
figure di merda!”, sbottò allora Louis.
“Zayn, ora che l’hai rivista possiamo andarcene?”, domandò allora lui con voce seccata, posando sul
tavolino il bicchiere ormai vuoto che prima doveva contenere qualcosa simile,
almeno per il colore, a succo d’arancia rossa.
Sentirgli pronunciare quelle parole fu per me un profondo e duro colpo
al cuore.
D’istinto spostai gli occhi, sgranati e dilatati, su di lui.
Non aveva un’espressione rilassata, né tantomeno accennava ad un
sorriso, probabilmente si stava annoiando.
Teneva il gomito del braccio sinistro appoggiato sulla spalliera del
divanetto, mentre quello destro gli cadeva morbido un fianco. La gamba destra,
invece, era piegata in modo tale che la caviglia poggiasse sul ginocchio
sinistro.
Indossava una semplice maglietta grigia e dei jeans chiari, il polso
era ricoperto di tanti piccoli e sottili bracciali.
Fu allora che notai per la prima volta il suo tatuaggio, posto sulla
parte inferiore del braccio: una stella a cinque punte sotto alla qualche si
snodava una frase che non riuscii a leggere.
“Andiamo Hazza!”, lo rimproverò
Liam. “Non fare l’antipatico!”, aggiunse storcendo il labbro.
Harry non rispose, gli rivolse solo un’occhiata di sufficienza.
“Lo è, che è diverso da lo fa.”, borbottai sovrappensiero senza
neppure rendermi conto che avevo pronunciato quelle parole ad alta voce.
Mi immobilizzai del tutto appena realizzai ciò che avevo appena fatto,
o meglio detto.
Di scatto tutti gli occhi si puntarono su di me, compresi i suoi verdi
e stranamente inespressivi.
“A quanto pare non sono l’unico poco socievole.”, costatò lui con un
sorriso beffardo mentre mi sfidava con lo sguardo.
Stava forse cercando di
provocarmi?
Serrai le labbra e strinsi forte i denti, presa da un incontrollabile
moto di rabbia.
“Se non ti piace la nostra compagnia puoi anche andartene.”, quasi
sibilai non interrompendo il nostro contatto visivo.
Percepivo l’atmosfera farsi chiaramente più tesa. Gli altri rimanevano
in silenzio, probabilmente non sapendo cosa sarebbe stato giusto fare.
“A me piace la loro compagnia, è la tua che non sopporto.”, replicò
allora lui sottolineando prima il loro
e poi il tua.
Per quanto possibile sgranai ancora di più gli occhi, mentre sentivo
la rabbia montarmi nelle vene.
“Questi sono i tuoi amici, li vedi sempre. Ripeto, nessuno ti obbliga
a restare.”, decretai fingendo un tono di voce calmo e risoluto, ma in realtà
l’avrei voluto volentieri prendere a schiaffi.
Lui tirò su l’angolo sinistro delle labbra, disegnando un sorriso
molto più simile ad un ghigno, e sulle sue guance si scavarono due piccole
fossette.
“Hai ragione, non dovrei perdere tempo con certa gente e con il certe
non mi riferisco a Ludo o Ella.”, dichiarò modulando la voce decisamente meglio
di quanto avessi fatto io.
“Sei solo un ragazzino viziato e presuntuoso!”, lo accusai alzando il
tono di voce, evitando comunque di urlare.
“Tu invece non sei nulla.”, rispose lui come se fosse la cosa più
ovvia del mondo.
Nella sua voce non c’era alcun cenno a rabbia, irritazione, nervoso,
collera o rancore di cui invece era stracolmo il mio.
Non c’era nulla, esattamente come io non ero nulla.
Annuii a ritmo lento, quasi come se mi servisse del tempo per
assimilare le sue parole.
“Devo andare.”, dissi in un sussurro alzandomi di scatto dal divano.
“Scusate, ma devo andare.”, ripetei lanciando una veloce occhiata alle
mie amiche.
Loro mi guardavano dispiaciute, desolate, ma non dissero o fecero
nulla per fermarmi e di questo ne fui grata.
Neanche gli altri dissero nulla. Niall piegò le labbra all’ingiù, in
una chiara espressione di tristezza, mentre Liam annuì comprensivo. Zayn fece
spallucce, come per dirmi che non potevano farci nulla se avevano un amico
tanto coglione. Louis, invece, accennò ad un lieve, piccolissimo, sorriso di
scuse.
Lui non lo guardai neppure.
“Ciao a tutti.”, salutai prima di andare via.
Sì, Harry Styles era stato solo
un incidente di percorso, una sbandata.
Un errore, meraviglioso, ma pur
sempre sbagliato.
---
Angolo Autrice
Ed ecco il nuovo capitolo!
Quasi mi stupisco io stessa di quanto spesso stia riuscendo a pubblicare!
Comunque, credo che questo capitolo parli da solo...
Insomma, la prima parte costituisce una sorta di riavvicinamento a Massi,
in virtù anche del fatto che lui comunque si sia dato da fare a Londra,
mentre lei era a leggere degli stupidi articoletti di giornale su internet.
La seconda parte, invece...
Harry è tornato, carissime!*.*
Sì, lo so, ha fatto lo stronzo, ma non ammazzatemi, vi prego!
Insomma, lui è ancora profondamente ferito!
Juls ci è rimasta male, però io sono convinta che se lo meritasse!ù.ù
Cioè, qui nessuno pensa al mio caro e dolce Hazza???
Del prossimo capitolo non vi anticipo assolutamente nulla,
però voglio darvi due infomazioni piccole piccole!;)
Per prima cosa, vi annuncio che mancano dieci capitoli alla fine!*.*
Quindi sappiate che questa tortura avrà presto fine!;)
Seconda cosa, nell'ultima parte
(ora non preciso da quale a quele capitolo, altrimenti direi troppo)
ho concentrato tutta la dolcezza che è mancata fino ad ora...
Certo, non aspettatevi le carie,
non credo neppure di essere capace di scrivere cose etremamente romantiche,
però ci saranno dei momenti particolarmente dolci!;)
Bene, detto tutto anche oggi!
Anzi, devo ancora fare la cosa più importante:
ringraziare voi tuttte!<3
Grazie a chi inserisce a storia tra preferite, ricordate e seguite,
grazie a chi legge
e grazie immensamente alle persone che lasciano dei commenti!
Grazie di cuore!<3
Ok, se vi va fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitolo!;)
Ah, ma ieri sere li avete visti ad X Factor?*.*
Io ho lottato con tuttte le mie forze contro la volontà dei miei amici,
ma alla fine ce l'ho fatta!:D
Hanno cantato Live While We'Young!!*.*
E poi ieri l'avevte visto il video di Harry di Little Things???<3
Cioè, io l'avrò messo in ripetizione almeno una ventina di volte!xD
Oggi esce il video ufficiale!*.*
Non vedo l'ora di vederlo!!!:D
Ora scappo a fare matematica, purtroppo!-.-"
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 21 *** Loved to see me breaking. ***
l
Every piece of your heart
Loved to see me breaking.
Negli ultimi
quattro giorni ero stata particolarmente suscettibile e, soprattutto,
distratta.
Finivo
sempre con la testa tra le nuvole, rimuginavo tra i pensieri, riflettevo sul
presente e sul passato, ma mai sul futuro, non mi concentravo su quello che
facevo e lasciavo tutto ancora più in disordine del solito, il che era
piuttosto grave se si considerava che, dopo essere stata riordinata, la mia
camera sembrava essere lo scenario dello scoppio di una qualche bomba.
Insomma,
l’incontro con gli One Direction mi aveva condizionata molto più del dovuto ed
ammetterlo tanto liberamente, anche se solo nella mia testa, mi constava un
incredibile sforzo.
Rossella e
Ludovica si erano scusate per tutto il giorno successivo per l’imprevisto che
si era verificato, ma io avevo detto loro che non aveva alcuna importanza, al
contrario avevo finalmente trovato una valida scusa per non doverli incontrare
più.
Anche con
Massi non andava propriamente bene ed era per quello che avevo deciso di usare
finalmente la chiave che mi aveva consegnato per fargli una sorpresa.
Sapevo che
non era in casa, me lo aveva detto appena cinque minuti prima per messaggio, ma
suonai lo stesso, convinta che in casa ci fossero sia Fabrizio che l’altro
ragazzo di cui non ricordavo il nome.
Al terzo
squillo, non essendo ancora venuto nessuno ad aprirmi, capii che in realtà
erano fuori anche loro.
Estrassi la
chiave dalla borsa e la infilai nella toppa della serratura, poi la girai.
Fece uno
scatto, poi si aprì. La spinsi di poco, il necessario per poter passare e la
richiusi. Quasi mi sentivo un ladro mentre percorrevo il corto corridoio di
quella casa.
Diamine, era la casa del mio ragazzo! Non
potevo sentirmi un’estranea!
Feci un
veloce giro di tutte le stanze, appurando che non vi fosse nessuno, poi mi
lasciai cadere sul divano del salotto.
Ispirai
forte l’aria, come se quel gesto potesse farmi entrare in confidenza con quelle
mura che mi mettevano tanto a disagio, poi con lo sguardo passai ad osservare
l’arredamento.
Non aveva
uno stile proprio. Riconoscevo il gusto di Massi tra i vari soprammobili, ma
era come se fosse sopraffatto da altro. Tutto in quella casa era la chiara
espressione dell’anonimato.
Scossi la
testa, del resto non poteva che essere così.
Quello era
comunque l’appartamento di un gruppetto di universitari che preferiva mettere
da parte i soldi, piuttosto che spenderli per arredare una casa che di lì a
qualche anno non sarebbe stata nemmeno più loro.
A ciò si
aggiungeva il fatto che fossero in tre, che avessero gusti ed esigenze diverse,
personalità contrastanti e che fossero maschi.
Sospirai,
poi decisi di spostarmi in camera di Massimiliano, sperando di trovare almeno
in quella stanza qualcosa che mi desse lontanamente l’idea di casa.
E fu proprio
quando aprii la porta della sua camera che un sorriso si disegnò sulle mie
labbra: sì, qualcosa di familiare c’era.
La sua
camera, che per l’arredamento restava comunque la chiara espressione
dell’anonimato, era disordinata quasi quanto la mia.
Non era
esattamente per quello che avrei voluto sentirla più sua, mia, nostra, ma non
avendo trovato altro mi accontentai.
Una pila di
vestiti era accatastata sulle due sedie della scrivania, mentre quest’ultima
era ricoperta di fogli, libri aperti e tazze vuote che intuii dovessero essere
di caffè, perché lui, come me, ne beveva davvero tanto, soprattutto quando
doveva studiare ed avrebbe voluto dormire.
Il letto,
invece, era sormontato da due valigette di pelle, di quelle che usavano gli
uomini d’affari per darsi delle arie, entrambe aperte, dai quali fuoriuscivano delle
fotocopie rilegate e ben tenute.
Sul
comodino a prima vista riuscii a distinguere soltanto il portafogli,
il caricabatteria, la custodia degli occhiali da sole, l’orologio da polso e un
bracciale d’argento che non avevo mai visto prima, sotto al quale intravidi un
pacchetto di fazzoletti.
Sì, quella
stanza esigeva una bella ripulita.
Senza
riflettere iniziai a riordinare il letto, che mi sembrava l’unico ad essere
ancora in condizioni dignitose, poi passai al comodino ed al resto della
stanza.
Quando
realizzai quello che stavo facendo mi sentii quasi in imbarazzo, tanto che per
un attimo pensai di rimettere tutto in disordine come prima.
Sì, insomma,
sembravo quasi una casalinga disperata sulla soglia dei quaranta.
Scossi il
capo, cercando di far scivolare via quell’assurdo pensiero, e mi dedicai alla
scrivania.
C’erano tanti,
tanti, troppi fogli. Alcuni erano scritti con una grafia ordinata, chiara e
precisa, altri invece erano molto più simili a degli scarabocchi, quindi
dedussi si trattasse di carta straccia.
Li divisi in
due gruppi, quelli da gettare e quelli da lasciare, ordinati in una pila, sul
tavolo di legno.
Ne riempii
una busta intera, tanto che il cestino ne era ricolmo fino all’orlo, così
decisi di passarli con il trita documenti che si trovava sul secondo ripiano
dello scaffale del salotto, cosicché tutti potessero utilizzarlo.
Quando
terminai mi sentii soddisfatta del lavoro che avevo svolto ma si trattò di una
sensazione che durò solo pochi attimi.
D’un tratto,
come un fulmine a ciel sereno, mi accorsi che anche l’unico legame che si era
stabilito con quella casa, era andato in frantumi, ridotto in mille pezzi come
la carta straccia.
O meglio,
ero stata io a distruggerlo.
Mi guardai
intorno e ne ebbi la totale conferma: in quel momento non c’era più nulla che
mi facesse percepire la sensazione di essere nel posto giusto, di essere
accolta, di essere protetta.
Era
esattamente come trovarsi per la prima volta a casa di qualcuno che non
conoscessi.
Lo scatto
della serratura mi fece destare dai miei pensieri: Massi doveva essere
rientrato.
Rimasi in
silenzio, seduta sul suo letto, aspettando che arrivasse per poi saltargli
addosso.
“Fabri,
Andrè ci siete?”, chiese lui chissà da quale stanza.
Andrea, ecco come si chiamava l’altro!
Sentii i
suoi passi farsi sempre più vicini, fino a quando non spalancò la porta socchiusa
della sua camera.
“Sorpresa!”,
esclamai alzandomi per andargli incontro.
Lui sgranò gli
occhi non appena mi vide, poi un sorriso a trentadue denti si aprì sulle sue
labbra.
“Hai detto
che potevo usarle quando e come mi pare ed io ho seguito il consiglio!”,
dichiarai con tono malizioso, un attimo prima di baciarlo.
Lui ricambiò
il bacio, poi mi abbracciò forte, stringendo il mio corpo al suo.
“Hai anche
messo in ordine?”, mi chiese tra un bacio e l’altro.
Annuii
soltanto, troppo presa com’ero dalle sue labbra, mentre con una mano giocai con
i suoi capelli che per un attimo, un solo fottutissimo attimo, mi parvero
troppo corti, ordinati e chiari.
Lui sorrise,
riavvicinando ancora la mia bocca alla sua.
“Sei una
donna da sposare, insomma.”, scherzò mentre mi avvicinava al letto, fino a
quando non finii per sbatterci le ginocchia.
Il bacio non
era più semplicemente di ringraziamento. Percepivo il desiderio, l’eccitazione,
la passione ed in casa non c’era nessuno.
Merda.
Si staccò
per un attimo dalle mie labbra, fissandomi negli occhi.
I suoi erano
particolarmente languidi e pieni di lussuria.
Mi sorrise
con fare rassicurante, poi poggiò le sue mani sulle mie spalle, invitandomi a
stendere.
In un attimo
la mia schiena fu a contatto con il copriletto, mentre Massi era sopra di me,
intendo a lasciarmi una scia di baci che andava dalle labbra alla clavicola,
per poi continuare seguendo lo scollo a v della mia camicetta.
Merda.
Poco dopo
tornò sulle mie labbra, per baciarmi, con una mano mi accarezzò la guancia con
movimenti lenti e circolari, mentre l’altra era sul mio fianco, mentre cercava
di farsi spazio tra la mia pelle e la stoffa.
Fremetti per
quel contatto.
Ero pronta? Ero pronta a fare sesso con
Massimiliano?
Sì, mi
imposi di rispondere a quella tacita domanda che attanagliava la mia testa.
E allora perché continuavo a chiedermelo
piuttosto che farlo? Perché avevo usato la parola sesso e non amore?
Dovevo
trovare un modo per temporeggiare, altrimenti di quel passo avrei finito per
bloccarlo.
Mi serviva solo
un po’ di tempo per assimilare cosa stava succedendo.
Io volevo,
ma…
Se davvero volevo non sarebbero dovuti
esserci ma.
Maledissi
all’istante quella stupida vocina che continuava a sottolineare ogni mio più
piccolo passo falso.
“Forse
potrei venire più spesso se questa è la ricompensa per aver buttato tutta
quella carta straccia.”, sussurrai ansante sulle sue labbra, distraendolo per
qualche secondo.
Mi resi
conto, soltanto dopo ovviamente, che le mie parole non avevano fatto altro che
aggravare la situazione.
Lui mi
sorrise e tornò a baciarmi ancora con più foga, mente con una mano sbottonava
l’ultimo bottone della mia camicia.
Doppio merda.
Poi si
svolse tutto in un attimo.
Lui si
scostò di qualche centimetro, inchiodando le mani sul letto per reggersi senza
pesare su di me, e mi fissò dritto negli occhi.
Deglutì, il
suo pomo d’Adamo andò su e poi giù, e aggrottò la fronte.
“Di quale
carta straccia stai parlando?”, mi chiese con un filo di voce, quasi temesse la
risposta.
Gli sorrisi,
mentre con le dita gli tracciai i contorni delle labbra.
Certo, in quel modo non ero assolutamente
d’aiuto.
“Quei fogli
scarabocchiati che tenevi sulla scrivania.”, mormorai.
Massi scattò
giù dal letto con un gesto repentino, avvicinandosi alla pila di fogli che
avevo ordinato sul legno del tavolo.
Iniziò a
sfogliarli con fare frenetico, isterico, arrabbiato.
“Dove cazzo
sono?”, chiese più a lui che a me, mentre ancora continuava quella estenuante
ricerca.
Non avevo combinato un casino, vero?
“Cosa stai
cercando?”, gli chiesi mettendomi seduta sul letto.
“Dove li hai
buttati i fogli che erano qui?”, tuonò adirato, fulminandomi con lo sguardo.
“Sono tutti
lì.”, risposi scrollando le spalle.
“No,
cazzo!”, sbottò lui portandosi le mani dietro la nuca, come esasperato.
“Gli scarabocchi,
quelli che credevi fossero scarabocchi, dove sono?”, mi domandò allora.
Cazzo.
Mi
mordicchiai il labbro, avendo intuito che forse non era carta straccia quella
che avevo distrutto.
“Li ho
passati nel trita carte.”, confessai in un sussurro abbassando la testa.
Lui sospirò,
poi si passo una mano sul viso.
“Erano gli
appunti delle ultime tre lezioni che avrei dovuto copiare oggi. Quelli che mi
servivano per l’esame che ho tra dieci giorni.”, disse cercando di rimanere
atono.
Mi alzai,
avvicinandomi a lui.
“Mi
dispiace.”, mormorai affranta cercando la sua mano.
“No, Giulia,
non venirmi a dire che ti dispiace perché delle tue scuse non me ne faccio un
cazzo!”, urlò alzando un braccio per respingere il contatto.
Spalancai
gli occhi.
Certo, avevo sbagliato, ma erano solo
appunti! Poteva chiedere a chiunque di prestarglieli e mancavano ancora dieci
giorni!
“Io così non
ce la faccio!”, gridò ancora, guardandomi in faccia. “Con te è come se tutto ti
fosse dovuto, non riesci ad apprezzare tutti gli sforzi che le persone fanno
per cercare anche solo di stare in sintonia con te! Sono sempre io a dover
capire tutto, a dover essere comprensivo, a cercarti. Sempre e solo io, cazzo!”,
continuò poi.
Indietreggiai,
mentre torturavo le mani che sudavano freddo.
“Non ti sei
neppure ricordata che ieri erano tre mesi che stiamo insieme!”, aggiunse.
Il cuore
perse un battito quando sentii quelle parole: l’avevo completamente rimosso.
Provai a
dire qualcosa, ma fui interrotta da lui.
“E no! Non
venirmi a dire che eri qui proprio per questo perché, se c’è una cosa che ho
capito di te in questi mesi, è che le balle le sai dire alla grande! Pensa che
all’inizio ti credevo persino!”, disse ma questa volta il suo tono di voce era
calato.
Sentivo gli
occhi pizzicarmi, ma mi imposi di non piangere. Mi morsi con forza il labbro
inferiore, come se quel piccolo dolore fosse stato capace di darmi la forza di
cui necessitavo.
“Credo che
dovremmo prenderci una pausa.”, dichiarò infine calmo, atono.
Non riuscii
a replicare.
Ero stufa di
prenderlo in giro, ma soprattutto ero stufa di prendere in giro me stessa.
Annuii,
facendo un cenno con la spalla destra.
“Hai
ragione.”, sussurrai.
Non era
stato lui a ferirmi e neppure le sue parole, ma la verità che quelle
implicavano.
“Ora è meglio
che tu vada.”, mi suggerì abbassando la testa.
Indugiai
ancora un po’, non sapendo esattamente cosa avrei dovuto dirgli, come avrei
potuto rendere quel momento meno tragico e melodrammatico, ma poi i suoi occhi
si incatenarono ai miei e fu in quel momento che capii che non avrei dovuto
fare assolutamente nulla.
Quello era
il momento buono, anche se suonava terribilmente male.
Dovevo solo
lasciarlo andare via.
“Allora
ciao.”, lo salutai con un filo di voce facendo rotta verso la porta.
“Ciao.”, mi
parve di sentire quando già ero nel corridoio.
Recuperai
veloce la borsa, poi mi diressi verso la cucina. Estrassi le chiavi, le rigirai
per l’ultima volta tra le dita e quasi sentii scendere una lacrima sulla mia
guancia, poi le posai sul tavolo ed uscii.
In pochi secondi
mi ritrovai lungo la affollata strada. D’istinto presi il cellulare e composi
un messaggio, inviandolo sia a Ludo che a Ross.
Volevo
vederle in quel momento, avevo bisogno di sentire le loro voci, magari di
ridere con loro.
Lo schermo
del cellulare si accese, segnalando una chiamata che prontamente accettai.
“Ross!”,
esclamai e la mia voce mi parve sin troppo esitante.
“Che succede
Lia?”, mi chiese lei preoccupata dall’altro capo del telefono.
“Possiamo
vederci? Avvisi tu Ludo?”, le chiesi con tono implorante.
“Veramente
lei è già a casa mia.”, m’informò.
Non mi
preoccupai del perché, in quel momento avevo altro a cui pensare.
“Allora vi
raggiungo.”, dissi, ma la mia non era affatto una proposta.
“Forse
sarebbe meglio se venissimo noi da te tra qualche…”, provò a dire, ma la
interruppi.
“Niente
scuse, tra cinque minuti sono lì.”, decretai chiudendo la chiamata per evitare
che replicasse.
Neppure
mezz’ora dopo ero davanti alla porta di casa sua, ad aspettare che mi aprisse.
La porta si
spalancò, rivelando le figure di Rossella e Ludovica.
D’istinto mi
gettai su di loro e le abbracciai.
Loro
ricambiarono immediatamente quel gesto, accarezzandomi la schiena ed i capelli
per infondermi tranquillità e affetto.
Affondai la
testa tra i loro capelli e chiusi gli occhi che ormai mi pizzicavano,
assaporando finalmente l’odore di casa.
“Ma che bel
quadretto! Quasi potreste vincere un premio per la miglior scena melodrammatica
dell’anno!”, commentò ironica una voce proveniente dal corridoio che collegava
l’ingresso al salotto.
Mi staccai
immediatamente delle mie amiche ed i miei occhi finirono per incontrare quelli
di Harry che se ne stava tranquillamente appoggiato alla parete, con le braccia
incrociate al petto ed un’aria di sfida.
Sbattei più
volte le palpebre, quasi sperassi che potesse sparire con quel semplice gesto.
“Cosa ci fa
lui qui?”, chiesi poi lanciando un’occhiata omicida a Rossella.
Lei abbassò
la testa, senza rispondermi.
“Zayn voleva
vederla e hanno pensato di incontrarsi qui, piuttosto che in giro. Non ti
abbiamo chiamata perché non ci sembrava più giusto coinvolgerti in qualcosa che
non volevi.”, mi spiegò al suo posto Ludovica.
Harry fece
qualche passo in direzione nostra, avvicinandosi.
“Allora,
cos’è successo al bel faccino e alla lingua tagliente?”, mi provocò con un
sorrisetto beffardo incastonato tra due fossette.
Lo guardai,
ma i miei occhi erano vuoti.
Non gli
risposi neppure, probabilmente stava cercando solo di infierire contro di me,
di arrecarmi altro dolore.
“È meglio
che vada a casa mia.”, bofonchiai con la voce impastata.
A quelle parole
Rossella alzò il viso, tornando a fissarmi.
“Aspetta, li
mando via in un secondo.”, propose facendo per girarsi, ma la fermai per un
braccio.
“Tranquilla,
davvero. Ne parliamo domani, tanto adesso ho solo bisogno di una bella
dormita.”, la rassicurai con un mezzo sorriso di circostanza.
Sentivo
ancora lo sguardo del riccio addosso: che si stesse divertendo a vedermi in
quello stato?
“Salutate
gli altri da parte mia.”, dissi mentre posavo un bacio sulla guancia ad
entrambe.
Loro
annuirono, sventolando con agonia la mano a mezz’aria, poi andai via, diretta a
casa mia, quella vera in tutti i sensi questa volta.
---
Angolo Autrice
Little Things!!<3
Sono senza parole, è qualcosa di disumanamente splendido quel viedo!*.*
Orami l'avrò già visto una ventina di volte!
Ed Harry... ma l'avete visto quant'è meraviglioso??*.*
Lo voglio, lo voglio, lo voglio!!!!xD
Davvero, il video di Little Thing è splendidissimamente splendido!!!*.*
*ok, la sottoscritta prende un profondo respiro e cerca di calmarsi*
E rieccoci ancora qui!:D
Allora, questo capitolo lo adoro: sia chiaro, non sono una di quelle a cui paice ciò che scrive,
semplicmente mi piace perché finalmente Massi e Giulia si lasciano!
Cioè, si lasciano! Bye-bye Massi! Welcome back home, Hazza!<3
Certo, nell'ultima parte il nostro riccio è ancora freddino nei confronti di Juls,
ma almeno non c'è più quella palla al piede di mezzo!ù.ù
A proposito, ci tenevo a sottolinerare la descrizione delle sensazioni della nostra protagonista
quando si aggira per la stanza di Massimiliano:
più avanti noterete quanto le cose siano diverse con altri!;)
Per non parlare poi di quella svampita che butta gli appunti del ragazzo, ormai ex-ragazzo.
Cioè, sta proprio con la testa tra le nuvole e questo può significare solo due cose:
prima di tutto, ha la testa altrove (a buon intenditor poche parole *.*),
in secondo luogo, non le deve poi importare più di tanto della vita di quel Massi!ù.ù
Go Harry, go!!*.*
Nel prossimo capitolo la sitaizione migliorerà,
ma purtroppo ancora non è detta l'ultima parola!-.-
Ma perché questi due li ho fatti così complicati???-.-"
Passiamo alle cose serie:
A MASSIVE TAHNK YOU, GIRLS! YOU'RE ABSOLUETLY AMAZING!*.*
Ok, questo fa tanto 1D dopo un'esibizione!xD
Comunque, davvero, grazie mille a chi legge,
alle magnifiche 31 persone che hanno inserito la storia tra le preferite,
quelle 3 splendide che l'hanno inserita tra le seguite
e quelle meravigliose 34 che l'hanno inserita tra le seguite...
voi mi volete morta gi gioia!<3
Per non parlare poi di quelle supermegaiperfantasticissime persone che hanno lasciato una recensione...
grazie mille!*.*
Bene bene, fatemi sapere cosa ne pensate di questo capitoletto...;)
Io scappo a vedere un'altra volta quel fantastico video!*.*
A presto!:*
Astrea_
|
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Capitolo 22 *** If we could only turn back time. ***
g
Every piece of your heart
If we could only turn back time.
Tirai un
profondo sospiro di sollievo quando sentii la campanella suonare per l’ultima
volta: il liceo era praticamente finito, anche se ufficialmente mancavano gli
esami.
Quel giorno
ci misi più tempo del solito a sistemare le mie cose prima di uscire fuori
dall’aula.
Indugiavo su
ogni più piccolo particolare.
Con un dito
tracciai i contorni del mio banco, poi con cura e pazienza, ripassai tutte le
scritte ed i disegni che con il tempo si erano accumulate sulla superficie di
legno smaltata di verde.
“Ehi, bella
addormentata, andiamo?”, mi chiese Rossella con la solita grazia di un elefante
in un negozio di cristalli.
Lei, il
tatto non sapeva neppure dove stesse di casa.
Feci roteare
gli occhi, poi mi alzai e presi lo zaino, poggiandolo sul quel tavolino che
all’improvviso mi parve troppo piccolo e basso.
Misi tutto
dentro, ponendo particolar cura al diario, testimone di quell’anno.
Chiusi la
cerniera ed infilai il braccio destro nella spalliera.
Lo zaino era
talmente leggero che non avevo neppure bisogno di reggerlo su entrambe le
spalle.
Sorrisi alle
due mie amiche, poi insieme ci avviammo per quei corridoi.
Era strano
vederli così deserti e silenziosi.
Non parlammo
per tutto il tragitto che conduceva al cancello, come se quel silenzio servisse
a ciascuna di noi per imprimere quegli attimi nella memoria, cosicché avessimo
potuto ricordare quel momento in futuro. Ma quegli istanti erano di per sé dei
ricordi.
Era come se
dalle pareti bianche ma sporche prendessero forma volti, episodi, risate,
suoni, colori che ci avevano tenuto compagnia per quei cinque lunghi anni.
Solo quando
raggiungemmo il marciapiede riprendemmo a parlare.
“È finita.”,
commentò con aria malinconica Ludovica.
“E lo dici
così? Io farei i salti di gioia! Anzi no, ora li faccio!”, trillò Ross euforica
mentre saltava come una matta attirando l’attenzione di studenti e passanti.
Scoppiai a
ridere nel vederla così grande ma ancora così piccola.
“Smettila
che ci guardano tutti!”, protestò Ludo cercando di trattenere una risata.
“Non
m’importa! Forza, saltate anche voi!”, esclamò afferrandoci per mano.
Io non me lo
feci ripetere due volte ed iniziai a saltare come lei, sbracciandomi e
lanciando qualche piccolo urlo di felicità, Ludovica invece si limitò a far
roteare le mani strette in pugni a mezz’aria.
“Volete
smetterla voi tre? Ho capito che l’idea di non vedermi più tutti i giorni vi
renda felici, ma andate a festeggiare da un’altra parte!”, ci rimproverò la
voce che riconobbi subito essere quella dell’odioso professore di fisica.
Ci fermammo
all’istante.
Era finita la scuola, no? E allora cosa
diamine voleva?
“Ci scusi
professore, ora andiamo.”, si scusò a nome anche nostro Ludovica, la più
diligente e ligia al dovere del trio.
Certe volte
la sua estrema educazione mi dava ai nervi.
Insomma, avevamo diciotto anni! Dovevano pur
divertirci!
L’uomo fece
una faccia scettica, poi ci oltrepassò senza aggiungere altro.
“Ecco,
sempre figure di merda dobbiamo fare!”, si lamentò la bionda sbuffando.
“Ma goditi
la vita!”, la canzonai sorridendole.
“Ecco, brava
Giulia!”, concordò Ross guardandomi complice.
“Si, come
no. Ora vogliamo andare?”, chiese Ludo, rivolta più alla rossa che a me.
La guardai
confusa, squadrandola un po’ con aria inquisitoria.
“Andare
dove?”, domandai tanto curiosa quanto indispettita che non ne sapessi nulla.
Vidi
Rossella lanciare un’occhiataccia a Ludovica, la quale abbassò subito la testa.
Ross si
mordicchiò il labbro, poi prese fiato.
“Dopo ieri
sera non volevamo dirtelo, ma qualcuno non è per nulla d’aiuto.”, borbottò
sottolineando quel qualcuno mentre guardava
ancora torva la bionda.
Spalancai di
poco la bocca, aspettando che continuasse.
“Io e Zayn
abbiamo fatto sesso domenica, in hotel, in camera sua.”, confessò tutta d’un
fiato.
Sgranai gli
occhi e percepii la mia mascella toccare il cemento del marciapiede per quanto
ora fosse spalancata la mia bocca.
Cosa?
“Sì, lo so
che non approvi le storie di solo sesso, ma a me lui piace e poi prendo la
pillola.”, continuò lei sulla difensiva.
Riuscii a
sbattere le palpebre più volte, ma le parole mi morivano in gola.
La sorpresa
era davvero troppa.
“E dai,
chiudi quella bocca!”, mi rimproverò.
Ci misi
qualche secondo prima di metabolizzare quelle parole e seguire il suo
consiglio.
“E tu lo
sapevi?”, chiesi allora all’indirizzo della bionda.
Lei annuii.
“Dopo la
storia della settimana scorsa con Ha…”, si bloccò poi pronunciando quel nome.
Scosse
lievemente il capo, come per rimproverarsi, poi riprese.
“Insomma,
dopo abbiamo pensato di tenerti fuori da tutte le cose che riguardavano lui.”,
mi spiegò tentennando.
“Cioè anche
Rossella?”, domandai scettica, inarcando le sopracciglia.
“Lia, come
faccio a raccontarti ciò che succede con Zayn se ogni volta che nominiamo anche
solo per caso i One Direction la tua espressione cambia? Ecco, proprio come
adesso!”, costatò lei scrollando le spalle, come se non avesse potuto fare
altro.
Abbassai il
capo.
“Almeno è
bravo a letto?”, le domandai poi sorridendo e facendo ridere anche loro.
“Sì e anche
molto!”, confermò con occhi sognati e maliziosi la rossa.
“Però ora lo
chiamo e rimandiamo tutto.”, aggiunse subito dopo, tornando a fissarmi.
“Non ce n’è
bisogno, davvero.”, mi affrettai a dire, impedendole di sfilare il cellulare
dalla tasca dei jeans.
“Massimiliano
si è fatto sentire?”, mi chiese allora Ludovica.
Quella
mattina, alla prima ora, avevo raccontato ad entrambe per filo e per segno
tutti gli avvenimenti del giorno prima.
Rossella era
felice che ci fossimo lasciati, Ludovica continuava a ripetermi che si sarebbe
fatto vivo di lì a poco.
Scossi il
capo in risposta.
“La cosa
strana è che non mi fa neppure male.”, confessai in un sussurro.
“Finalmente
l’hai ammesso!”, squittì di gioia Rossella. “E poi a me quel tipo mi è sempre
sembrato noioso ed antipatico!”, aggiunse poco dopo per avvalorare le sue
parole.
Non sapeva quanto avesse ragione!
“Ross,
dovresti dirle un’altra cosa.”, le ricordò Ludovica, lanciandole lievi gomitate
sul braccio.
“Da quando
mantieni tutti questi segreti?”, scherzai ironica, riferendomi al fatto che
solitamente fosse lei la bocca larga del gruppo.
Non che
spiattellasse le cose che non le confidavamo in giro, sia chiaro, ma non aveva
mai esitato un solo attimo prima di metterci al corrente di tutte le notizie
che le giungevano all’orecchio.
“No, credo
di averti detto tutto.”, controbatté Ross, annuendo.
“Se non lo
dici tu, lo dico io.”, la ricattò allora la bionda.
Lei sbuffò,
lasciandosi cadere le braccia lungo i fianchi, per poi incrociarle sotto al
petto.
“Sappi che
io non volevo dirtelo, anche perché potrebbe soltanto essere fonte di false
illusioni.”, mi ammonì prima di cominciare.
“Ieri sera,
dopo che te ne sei andata, ho parlato con Zayn. Lui era davvero molto
preoccupato per te, così mi ha chiesto che cosa avessi.”, si fermò un attimo,
probabilmente intimidita dallo sguardo omicida che le avevo appena lanciato.
“Ehi, calma!
Non gli ho detto nulla!”, si difese.
La guardai
scettica, ma decisi di non indagare oltre.
“Comunque ci
siamo ritrovati a parlare di… di tu sai chi.”, annunciò.
Arricciai la
fronte.
“Stai forse
parlando di Voldemort?”, scherzai allora. “Guarda che se dici il suo nome non
casca mica il mondo!”, continuai sarcastica.
Quella volta
fu lei a guadarmi scettica, ma non approfondimmo l’argomento.
Ludovica si
lasciò scappare un leggero risolino, poi l’attenzione si spostò nuovamente su
Rossella.
“Insomma, quello
che in sostanza mi ha detto è che è stato Harry a convincere la casa
discografica a girare il video a Roma.”, dichiarò pesando con particolare cura
il tono di voce sull’unico nome che aveva menzionato.
“In realtà
ha dovuto insistere parecchio, all’inizio non erano per nulla d’accordo. Cioè,
girare un video qui costa il doppio, se non il triplo, di quanto costerebbe
farlo a Londra.”, proseguì scendendo nei dettagli con una calma snervante.
Cosa stava cercando di dirmi con tutto quel
fiume di parole?
“E allora
perché ci teneva così tanto?”, domandai allora, interrompendola prima che
potesse riprendere.
Fu Ludovica
a prendere la parola, inserendosi nel discorso.
“Aveva
bisogno di una scusa per passare del tempo a Roma.”, quasi sussurrò temendo
chissà quale reazione.
Cosa significavano quelle parole? Perché
Harry voleva passare del tempo a Roma?
“Bene,
allora siamo tutti felici per lui.”, borbottai ironica, senza riuscire a porre
la domanda che mi stava tartassando.
Ludovica
scosse il capo, guardandomi fissa negli occhi, come per dirmi che ero fuori
strada.
“È successo
poco prima che ti chiamasse. Cioè, quando ti ha chiamata la seconda volta aveva
appena saputo che sarebbero venuti qui a maggio per valutare concretamente la
proposta. Poi hanno fatto coincidere altri impegni, come esibizioni ed interviste,
in quei giorni.”, chiarì ancora la bionda.
Volevo solo dirti che il mese prossimo
saremo a Roma per due giorni.
Le parole
che Harry aveva usato mesi prima mi tornarono in mente, rimbombando nella mia
testa tanto che ebbi l’impressione che sarebbe presto esplosa.
Il cuore
batteva forte, il suo ritmo era accelerato ed irregolare e le mie mani non
erano solo sudate, erano molto, molto di più. Bagnate, praticamente.
Perché il solo parlare di lui mi faceva
questo dannatissimo effetto?
“Ma non è
finita qui.”, sbottò poi Ludo interrompendo lo strano silenzio che era calato.
Rossella
aveva sgranato gli occhi, per poi puntarli minacciosa in quelli della bionda.
“Che intendi
dire?”, chiesi con un filo di voce.
“Ora basta,
non intendeva dire nulla.”, borbottò la rossa.
Ma sbaglio o fino a qualche giorno fa era lei
quella che mi spiattellava la mera verità in faccia?
E perché tutto d’un tratto si poneva tutti
quei problemi?
“Mi spieghi
perché stai facendo tutte queste storie?”, la accusai seccata da quel suo modo
di fare.
“Lia, io
solo la prima a volere che tu faccia chiarezza con te stessa, ma qui non si
tratta solo di cacciare fuori quello che senti.”, mi spiegò con voce
malinconica.
“E di cosa,
allora?”, inveii con fare aggressivo contro di lei.
La vidi
torturasi il labbro inferiore con i denti prima di rispondermi.
“Il punto è
che ti ha già fatta soffrire abbastanza ed io non voglio che capiti un’altra
volta.”, sbottò poi tutto d’un fiato.
“Lo so che
tu non lo ammetterai mai, ma a te lui piace o perlomeno ti piaceva. Ma è e
resterà uno stronzo ed io non voglio che tu ci stai ancora male.”, confessò in
un sussurro.
“Ma deve
sapere tutto.”, ricordò Ludo enfatizzando l’ultima parola.
“Così magari
finisce per illudersi e farsi il doppio del male.”, replicò la rossa.
“Ok, ora
basta.”, dissi interrompendo quella stupida discussione tra le due.
Mi sembrava
di essere appena scesa dalle nuvole.
Tutto
sembrava così surreale e distante.
“Allora?”,
le incitai dopo.
Non mi
importava di soffrire, non mi importava del futuro. Io volevo soltanto sapere e
lo volevo ora, non domani o chissà quando.
“Abbiamo
saputo che il mese scorso Harry è venuto a cercarti.”, disse Ludovica tutto
d’un fiato.
Il mio cuore
perse un battito. Ricordavo quel giorno come se fosse ieri.
Il 9 maggio.
Non lo avevo
raccontato alle mie amiche, ero stata troppo codarda per farlo.
“Harry lo ha
raccontato in tono confidenziale ai ragazzi un attimo prima di prendere l’aereo
per Roma, qualche giorno fa.”, continuò poco dopo soffermandosi con calma su
ogni singola parole, come per accertarsi che fosse quella giusta.
Rossella
scrollò il capo.
“Diciamo che
è stato obbligato dalle circostanze. C’erano troppe cose che non tornavano, strani
comportamenti che non si spiegavano, continui cambi d’umore, ma soprattutto…”, si
bloccò allora lei, titubante ed insicura.
Prese un
altro lungo respiro, l’ennesimo, poi tornò con gli occhi nei miei.
“Soprattutto
non voleva più che il video si girasse a Roma, ma ormai era già troppo tardi.”,
concluse sempre Rossella.
Rimanemmo
per qualche minuto in silenzio, senza riuscire a dire nulla.
Sentivo gli
sguardi oppressivi e preoccupanti delle mie amiche osservare minuziosamente
ogni centimetro della mia pelle, pronte a cogliere ogni più piccolo segnale.
Io avevo
semplicemente lo sguardo puntato dritto in avanti, gli occhi si perdevano nel vuoto,
non percepivo neppure lo sbattere delle palpebre.
Tenevo la
bocca serrata ed i denti stretti. Una mano era aggrappata allo spallaccio destro
dello zaino, l’altra invece scendeva tesa lungo un fianco.
Percepivo
chiaramente ogni battito del cuore come se ognuno di essi fosse una bomba
atomica scoppiata nella mia testa.
“Tutto
qui?”, la mia voce era talmente bassa che temetti non mi avessero sentita.
Annuirono
entrambe.
“Ci
sarebbero altri dettagli, in sostanza questo è quanto.”, confermò Rossella.
“Altri
dettagli quali?”, chiesi allora come rianimata dalla possibilità di scoprire
ancora qualcosa su di lui.
Rossella
scrollò le spalle, mandando giù della saliva forse per rinfrescare la gola che
doveva essersi seccata.
“Coincidenze,
o forse non coincidenze, che hanno notato Louis, Liam, Zayn e Niall.”, disse
con voce più bassa del solito.
“Ross, non
farti pregare e parla!”, le ordinai mossa da una nuova energia che neppure
sapevo mi appartenesse.
Lei intuì e
mi sembrò chiaramente intimorita dal cambiamento repentino del mio tono di
voce.
“Harry, tra
aprile e maggio, non ha avuto storie, nessuna, neanche solo per del sesso.
Cioè, i ragazzi dicono che quel frangente vada da quando ha parlato con te
l’ultima volta a quando poi ti ha vista con Massi.”, disse con voce rotta da
tristezza ed indecisione, probabilmente dirmi tutte queste cose le stava
costando più di quanto credessi.
Era come se
entrambe stessero combattendo una guerra interiore tra quello che avrebbero
voluto e dovuto dirmi e quello che io, invece, avrei voluto e dovuto sapere.
Harry, tra aprile e maggio, non ha avuto
storie.
Il mio
cervello aveva registrato quella frase e la ripeteva senza sosta, propagandola
per tutta la testa ed il corpo, cosicché la sentissi pulsare in ogni fibra di
esso.
“E poi
quando è tornato in albergo, quella sera di maggio, si è ubriacato e ha dato di
matto. Arrivato a Londra, ha scopato con una sua vecchia fiamma.”, aggiunse
Ludovica.
All’improvviso
sentii l’aria venirmi a mancare, era come se non riuscissi più a respirare,
come se il mio cuore e i miei polmoni si fossero trasformati tutto d’un tratto
in un unico blocco di pietra, o forse ghiaccio visto che in quel momento
sarebbe bastato solo un suo sorriso per farmi sciogliere, esattamente come la
neve al sole.
Per la prima
volta pensai che forse anche io avevo le mie colpe in quella specie di storia
non storia.
Sì, insomma,
addossare tutti gli sbagli sui di lui era stata la scelta più comoda da fare,
ma non veritiera e solo allora ne prendevo consapevolezza, ascoltando le
parole, a metà tra il pettegolezzo e la segreta confidenza, delle mie amiche.
Era stata
colpa mia, era sempre stata colpa mia.
O per meglio
dire, era stata sempre e soltanto colpa di entrambi, ma io ero stata troppo
cieca ed orgogliosa anche per prenderlo solo in considerazione, figuriamoci per
capirlo.
Certo, lui
non era stato per nulla d’aiuto ed il fatto che anche lui avesse sofferto non
lo giustificava minimamente per tutte le cazzate che aveva fatto.
Forse, ma solo forse, ed il forse andava
sottolineato ed evidenziato, non ci eravamo del tutto indifferenti, insomma,
almeno non l’uno nei confronti dell’altra.
E ancora più forse del primo forse, mi
sarebbe piaciuto poter tornare indietro per evitare tutti quegli stupidi
errori.
Non ero
innamorata di Harry, di questo ne ero sicura come poche altre cose nella vita.
Ma
nonostante ciò, dovevo ammettere che mi sentivo stranamente attratta da lui e
con stranamente intendevo qualcosa di largamente ricollegabile alla sfera
amorosa.
Attrazione? Sì.
Fisica? Non solo.
Altra cosa
di cui ero certa in quel momento era che avevo bisogno di tempo per pensare,
per riflettere sulle piccole grandi rivelazioni.
Non riuscivo
a capire se ne fossi felice, delusa o arrabbiata, forse un misto tra le tre.
“E tutte
queste cose te le ha dette mentre ci facevi sesso?”, scherzai allora
rivolgendomi a Rossella per sdrammatizzare la situazione.
Lei scoppiò
in una fragorosa risata, seguita a ruota da me e Ludo.
“Se non ti
abbiamo detto tutto e subito è solo perché non volevamo che tu soffrissi per un
coglione come lui.”, quasi si giustificò Ludovica quando ci fummo
tranquillizzate.
“Lo so.”,
ammisi, forse più a me stessa che a loro.
“Ehi, ma
Harry Styles non era quel gran pezzo di
figo, tanto che persino una monaca di clausura sarebbe capace di ammettere che
è da stupro?”, chiesi scettica citando l’appellativo con le quali loro
erano solite chiamarlo.
Ludo e Ross
fecero spallucce, sorridendomi.
“Sarà anche
bello da far paura, ma se fa star male te allora è soltanto un coglione.”,
spiegò allora Ross e detto da lei mi parve davvero una gran cosa.
---
Angolo Autrice
Buongiorno guys!:D
Ma l'avete vista la pubblicità delle Haribo?? Io ho subito pensato ad Hazza!xD
Ok, sono ufficialmente malata!!
Comunque, in questo capitolo si chiariscono davvero molti dettagli. :D
Insomma, ma quant'è dolce Harry che fa di tutto per tornare in Italia??*.*
Forse alla luce di queste "rivelazioni" il comportamento che lui ha assuto negli ultimi due capitoli
diventa quasi comprensibile.
Cioè, lui ha davvero fatto di tutto,
mentre lei non ha praticamente fatto nulla, anzi, ha solo peggiorato la situazione!-.-"
Ross e Zayn sono tornati a darsi da fare!;)
Ah, altra cosa importante...
Ho pensato molto bene al comportamento da far adottare a Ross.
Da una parte lei è sempre stata la più sfacciata, sfrontata,
senza peli sulla lingua, ma dall'altra...
Insomma, sono state lei e la sua passione a far incontrare Harry e Juls,
è stata lei ad assillare Juls giorno e notte,
a farle imparare nomi e canzoni...
Diciamo che in parte si sente colpevole.
Per non parlare poi del fatto che lei l'ha sempre spinta ad ammettere
i suoi sentimenti nei confronti del riccio...
Ora vorrebbe solo evitare che Juls ne soffra ancora.
E vabbè, anche questa è fatta...
Ma quanto siete meravigliose voi tutte che continuate a seguire la storia???*.*
Vi adoro tutte, davvero!<3
Grazie alle persone che hanno inserito la storia tra quelle preferite, seguite o ricordate!!:D
E grazie a quelle che, con tanta pazienza, lasciano dei commenti...
Grazie di cuore!:*
Certo, lo so, non faccio altro che ringraziarvi...
Ma non so come altro farvi capire che apprezzo troppissimo il vostro supporto!!*.*
Bene bene, fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!;)
Alla prossima!:*
Astrea_
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Capitolo 23 *** It’s just something that you do. ***
j
Every piece of your heart
It’s just something that you do.
I dieci giorni
successivi li avevo trascorsi rintanata in casa esattamente come un topo di
biblioteca, intenta studiare e rivedere tutto il programma in vista dell’orale
che avrei dovuto affrontare a fine mese.
Gli scritti
erano andati bene, molto bene, soprattutto il tema di italiano.
Non potevo
lamentarmi neppure della terza prova, avevo risposto a tutto, anche se su
alcuni punti non ci avrei messo la mano sul fuoco.
Matematica,
infine, era andata alla grande. Cioè, avevo dovuto lavorarci parecchio su,
anche perché all’inizio sembrava tutto troppo complicato e lungo, ma alla fine
avevo risolto tutti i quesiti ed ero persino riuscita a confrontarmi con
Ludovica, poi avevo dovuto passare l’intero compito a Rossella.
Riguardo
alle notizie che mi avevano riferito l’ultimo giorno di scuola, avevo deciso
che la cosa giusta da fare sarebbe stata ignorarle, fingere di non sapere nulla
ed avevo dunque agito di conseguenza.
Non
m’interessavano i se ed i ma, erano i fatti a parlare, non le storielle che
voci riferivano a quarti per conto di terzi.
Se veramente
lui avesse voluto dirmi qualcosa, l’avrebbe dovuto fare di persona, fino ad
allora tutte le strane coincidenze che le mie amiche avevano sottolineato non
avevano alcuna importanza, o perlomeno non dovevano averla.
Rossella,
invece, continuava a frequentare assiduamente Zayn ed era persino stata
menzionata in diversi articoli come la fiamma, visti anche i suoi capelli,
italiana dell’estate del ciuffo.
Ludovica, al
contrario, aveva smesso di sentirsi anche con il tipo di medicina conosciuto
tramite il padre, adducendo come scusa che quell’estete avrebbe voluto fare
baldoria, senza preoccuparsi dei legami, cosa alquanto insolita vista la sua
indole da stinco di santo.
La città, o
almeno le ragazzine in calore, erano in totale subbuglio. Le riprese del video
erano iniziate da due giorni e Roma era diventata lo scenario della partita di
nascondino più grande alla quale avessi mai assistito.
Ogni giorno
centinaia di fans, complice il fatto che la scuola fosse finita e che il sole
splendesse alto regalando bellissime e calde giornate di inizio estate,
correvano senza mai stancarsi per le strade dove si supponeva potessero trovare
i One Direction, incrociando le dita.
Io non li
avevo più visti, eccezion fatta per l’unica volta che avevo provato a recarmi
senza preavviso a casa di Rossella.
Avevo
suonato il campanello, sicura che appena la porta fosse stata aperta avrei
visto la chioma rossa della mia amica, ma mi sbagliavo.
“Ah, sei tu.”, avevo borbottato imbarazzata
quando l’immagine di Harry si rivelò davanti ai miei occhi.
Teneva un mano tra i capelli, ricci e
scombinati come al suo solito, l’altra era appoggiata alla maniglia del
portone.
I suoi occhi verdi erano fissi nei miei, si
scrutavano, si cercavano, parlavano.
“Se cerchi Ella è in salotto.”, aveva
dichiarato con un filo di voce.
Non era arrabbiato o nervoso come l’ultima
volta che ci eravamo incontrati, ma non si poteva neppure dire che fosse felice
di rivedermi.
“Ero passata per darle questi.”, avevo detto
cacciando dalla borsa un plico di fotocopie che avrebbe dovuto studiare per
l’esame orale.
Li porsi ad Harry, facendogli segno di
prenderli, e lui li afferrò con fare titubante, incerto.
“Dai, entra.”, mi aveva poi invitata,
facendosi di lato così che io potessi passargli accanto.
Accennò ad un lieve sorriso, senza alcuna
traccia di irruenza, e sulla guancia sinistra si scavò una piccola fossetta. I
suoi occhi verdi continuavano a penetrarmi, mandandomi il cervello in tilt, ma
il mio sguardo cadde inevitabilmente sulle sue labbra, rosse e ben definite.
Sembravano morbide e delicate e per un
attimo mi chiesi come sarebbe stato ribaciarle.
Scossi il capo.
Non mi andava di certo di trascorrere altro
tempo con loro, con lui.
Quasi non riuscivo già più a reggere il suo
sguardo incrociato al mio, figuriamoci cosa sarebbe successo se fossi entrata.
Era questo il problema. Con Harry un attimo
prima l’avrei voluto ammazzare e quello dopo gli sarei voluta saltare addosso,
esattamente come in quel momento.
Altro che monaca di clausura, gli avrei
fatto vedere io di cosa ero capace!
Mi maledissi non appena mi resi conto del
genere, poco casto ed appropriato alle circostanza, di pensieri che prendevano
vita nella mia mente.
Diamine, Harry Styles era sexy, fottutamente
sexy, ma ammetterlo non mi avrebbe di certo aiutata a fare la parte della
scontrosa!
“Meglio che vada, ho altro da fare.”,
bofonchiai cercando di mantenere un tono distaccato e pregai che le mia guance
non si colorassero di un rosso scarlatto e alquanto scomodo.
Il riccio annuì, facendo una piccola smorfia
con la bocca, quasi fosse… dispiaciuto?
“Bene, allora io…”, avevo iniziato a dire
con tono più sicuro, recuperando in parte la lucidità.
Sapevo solo che dovevo andare via il prima
possibile.
“Mi dispiace per l’altra volta.”, si era
scusato tutto d’un soffio.
Rimasi immobile per qualche istante, il
tempo che mi serviva per capire cosa avesse detto.
Le sue parole rimbombavano forti nella mia
testa, procurandomi stani effetti al cuore.
Che fossero capriole? Salti mortali?
Mi obbligai a non esultare, a mantenere la
calma, almeno apparentemente, poi dentro di me poteva scatenarsi anche
l’inferno, o forse il paradiso, ma quello era un altro conto.
“Non ce n’è bisogno, hai solo detto quello
che pensavi.”, avevo replicato facendo spallucce.
Lui scosse il capo, facendo smuovere quella
informe chioma di ricci ed una ciocca gli cadde sulla fronte.
Certo, mi divertivo a fare la dura quando,
invece, non ero per nulla arrabbiata con lui, quasi neppure risentita.
“Sai che non è cosi.”, aveva affermato lui
con un filo di voce, tenendo gli occhi ben saldi nei miei.
Abbassai lo sguardo, colta da una improvvisa
sensazione di imbarazzo.
“So soltanto che dici tante cose, ma poi i
fatti dimostrano il contrario.”, avevo costatato io con aria affranta,
riferendomi anche a quella discussione che avevamo avuto mesi prima in cui lui
si era quasi confidato con me.
Chissà, magari anche in quel momento mi
stava prendendo in giro.
Scrollò le spalle.
“Mi dispiace anche per quello.”, si era
scusato ancora.
Il mio cuore perse un battito al suono di
quelle parole, come ipnotizzato da esse, ammaliato da lui.
“Dà gli appunti a Rossella, ora devo davvero
andare.”, gli avevo ordinato tornando a guardarlo in faccia.
Lui annuì e accennò ad un mezzo sorriso.
“Ciao Juls.”, mi salutò in un sussurro.
Massimiliano,
invece, non l’avevo più sentito. In realtà lui aveva provato a chiamarmi una
volta, ma io avevo rifiutato la chiamata. Ancora non ero pronta per
affrontarlo, o forse semplicemente non volevo farlo.
Così, tra
una cosa e l’altra, era arrivato anche il giorno dell’esame orale.
Il sorteggio
volle che si iniziasse dalla lettere b, così Rossella, il cui cognome era
Bonardi, se ne era liberata già dal primo giorno. A me, invece, che di cognome
facevo Lamberti, era toccato il secondo, a Ludovica Martinucci il terzo.
Avevo
chiesto ai miei di non venire, così nell’aula mi ritrovai sola davanti alla
commissione.
Cioè, in
effetti non ero proprio sola. C’erano Ross, Ludo ed altri miei compagni di
classe che avevano deciso di rimanere per sostenermi.
Tremavo come
una foglia su quella sediolina di legno, quasi mi mancava il respiro per quanto
fossi agitata.
Le mani
strusciavano con fare nervoso sulla stoffa dei jeans all’altezza delle cosce,
mentre il piede sinistro tamburellava energicamente sul pavimento.
“Bene,
signorina Lamberti. Inizi pure a parlarci della…”, suggerì il presidente di
commissione, sfogliando la mia tesina tra le mani, ovviamente menzionando un
argomento che non avevo inserito nel percorso.
Senza
neppure rendermene conto mi ritrovai a cacciar fuori fiumi di parole, senza
sosta, senza prendere neppure fiato di tanto in tanto. La gola mi si seccava,
le mani gesticolavano, il cervello non riusciva a registrare ciò che dicessi.
Vedevo
soltanto i visi dei professori annuire o sorridere ogni volta che terminavo un
pensiero, facendomi capire che era esatto. Citavo personaggi famosi, frasi che
erano rimaste alla storia, date, eventi, tutto.
Era come se
mi liberassi di tutte quelle piccole cose che avevo imparato in quei cinque
anni, come se avessi finalmente trovato un modo per renderle utili e mi piaceva
quella sensazione.
Sembrava
quasi di poter governare il mondo.
Parlavo,
spiegavo, approfondivo, rispondevo alle mille domande e tutto mi sembrava così
estremamente facile, quasi come se stessi andando in bicicletta dopo anni che
non l’avevo più fatto.
“Va bene,
per noi può bastare.”, mi bloccò il professore dopo un intervallo di tempo
interminabile.
Solo quando
oltrepassai per l’ultima volta il cancello della scuola controllai l’orologio.
Ero stata
dentro per poco più di un’ora.
“Sei stata
una bomba!”, commentò Ross porgendomi il cinque, di modo che glielo battessi.
“Davvero ti
faccio i miei complimenti! Quasi mi hai spaventata quando hai iniziato con
tutte quelle citazioni!”, aggiunse Ludovica abbracciandomi.
Sorrisi, ero
soddisfatta e sollevata.
“Ehm.”,
mugugnò Rossella per attirare la mia attenzione.
“Che c’è?”,
le chiesi ancora con le labbra piegate in un raggiante sorriso.
Nulla in
quel momento avrebbe potuto intristirmi o preoccuparmi, ero troppo felice.
“Credo che
tu abbia un problema.”, borbottò indecisa.
Aggrottai la
fronte e storsi il labbro, guardandola fissa negli occhi.
Lei con lo
sguardo mi indicò la direzione da seguire e fu allora che lo vidi.
Il mio cuore
si fermò per un secondo che mi parve durare secoli.
Era di
fianco, appoggiato alla portiera della sua auto. Teneva le mani in tasca e le
gambe incrociate.
Lo riconobbi
immediatamente, nonostante avesse gli occhiali da sole ed uno stupido
berrettino da baseball.
Era vestito
in modo semplice, comune, quasi non volesse destare attenzione.
“Cosa ci fa
lui qui?”, chiesi voltandomi verso le due ragazze.
Loro fecero
spallucce e le loro espressioni sorprese e spiazzate mi fecero intuire che
davvero non ne sapessero nulla.
“Prova a
chiederlo a lui.”, mi suggerì allora Ludovica.
Tornai con
lo sguardo sulla figura di Harry, notando che anche lui aveva girato il viso in
mia direzione.
Per qualche
istante rimanemmo entrambi fermi, immobili, poi lui fece un cenno con la mano a
mo’di saluto.
Possibile che bastasse quel semplice gesto
per farmi perdere le facoltà mentali?
Accennai ad
un mezzo sorriso.
“Vado a
parlarci.”, annunciai alle mie amiche, tenendo però ancora gli occhi fissi sul
riccio.
No, no e ancora no!, suggeriva invece la
mia testa.
“Buona
fortuna!”, mi augurò Ludovica in un sussurro.
“Ti chiamo
dopo!”, mi salutò invece Rossella.
Così, spinta
da chissà cosa e chissà per quale motivo, mi ritrovai ad attraversare la strada
fino a raggiungerlo.
“Ehi
superstar, non hai paura di essere assalito da qualche fans?”, borbottai
ironica per provocarlo.
Lui sorrise
non appena pronunciai quelle parole, poi con un gesto fulmineo abbassò di poco
gli occhiali di modo da poter puntare i suoi occhi verdi nei miei.
Ehi gambe, riuscivate a reggermi vero? E
allora perché vi sentivo tremare?
Perché bastava qualche suo piccolo gesto per
mandarmi a fuoco?
“Correrò il
rischio.”, si fece scappare con un filo di voce. “E poi stare con te è una
sicurezza: la tua faccia farebbe passare a chiunque la voglia di avvicinarmi,
anche se si tratta pur sempre di me!”, scherzò poi con sarcasmo, lanciandomi
una strana occhiata.
Rimasi un
secondo incantata a guardarlo, mentre sentivo una strana sensazione allo
stomaco.
Non stava ammiccando, vero? Vero? Ed io non
stavo facendo la figura di una delle sue gallinelle in calore, vero? Vero?
“Abbassa la
cresta, playboy.”, lo canzonai restando sul tono giocoso, accennando però ad
un’espressione stizzita.
Le sue
labbra si piegarono in un bellissimo sorriso incorniciato da due fossette.
Lo guardai
scettica, non avendo capito molto della sua reazione, tanto che lui dovette
spiegarmela.
“È il
secondo complimento che mi fai in meno di cinque minuti! Prima superstar, ora
playboy. Quale sarà il prossimo?”, mi chiese e questa volta fui certa che
stesse davvero ammiccando in mia direzione.
Feci roteare
gli occhi poi misi su un’espressione di sufficienza.
“Sfacciato
presuntuoso va bene?”, gli domandai allora con un sorrisetto beffardo.
“Uffa, devi
sempre rovinare i miei momenti di gloria!”, si lamentò lui sbuffando.
Non riuscii
a trattenere una leggera risata.
C’era
qualcosa nei suoi modi di fare, nel suo sguardo, nella sua voce, nel suo
sorriso capace di estraniarmi completamente dalla realtà, di dimenticare tutto
e tutti e concentrarmi solo su di lui.
“Comunque
congratulazioni! O forse si dice auguri?”, esordì poi, mostrando chiara
insicurezza sulle parole che avrebbe dovuto usare per quella circostanza.
“Ma se non
sai neppure se sono andata bene!”, gli feci notare quasi rimproverandolo.
Lui fece
spallucce, sorridendomi.
“Lo so
invece. Se fosse andato male mi avresti già mandato al diavolo.”, dichiarò con
un tono di voce decisamente più basso ed intenso.
Il mio cuore
perse un battito, l’ennesimo probabilmente per causa sua.
Perché bastava che lui facesse anche la
minima cosa per scatenare in me reazioni inconsulte?
“Ecco,
almeno su questo ci hai preso.”, borbottai sarcastica.
Rimanemmo in
silenzio per qualche secondo, come per studiarci, ma non c’era imbarazzo tra di
noi.
Se solo
fosse stato possibile, avrei voluto rimanere così per un tempo indeterminabile.
Mi sarei
accontentata semplicemente di guardarlo all’infinito.
Stavo forse dando i numeri? Cosa diavolo
andavo a pensare? Forse avrei dovuto far visita all’esorcista!
“Facciamo un
giro?”, propose Harry interrompendo il silenzio.
“Per farmi
scarrozzare in auto da te in mezzo al traffico? Grazie, ma no!”, rifiutai con
aria da saputella acida.
“Intendevo
una passeggiata.”, chiarì allora sfilando le mani dalle tasche, per poi scollarsi
finalmente dalla portiera alla quale era rimasto appoggiato per tutto quel
tempo.
Sgranai gli
occhi, fissandolo bene.
“Sbaglio o
eri tu quello con la fobia di fans e fotografi?”, gli ricordai scettica,
provocandolo.
“Si, no,
forse, in passato, ieri, domani, oggi…”, iniziò a farneticare scuotendo la
testa seguendo il ritmo delle sue parole sconnesse.
“L’altro
ieri e dopodomani.”, continuai al suo posto, prendendolo in giro.
Lui scrollò
le spalle, avvicinandosi a me di qualche passo.
“Non
m’interessa. Che mi vedano pure, che ci vedano pure.”, sussurrò sottolineando
quel ci.
Quelle
semplici parole giunsero come una soave melodia alle mie orecchie, non avrei
voluto mai più sentire altro.
Sì, dovevo essermi fumata una canna. Non
c’erano altre spiegazioni per il mio assurdo comportamento.
Recuperai la
lucidità, ma soprattutto un briciolo di fermezza.
“A me si,
non mi va di finire sulla lista delle tue conquiste.”, bofonchiai a denti
stretti.
Il suo
sorriso si allargò ancora di più, scavando quelle due fossette sulle guance
così sexy e dolci allo stesso tempo.
“Smentirei
tutto in tal caso, così non avresti di cosa preoccuparti.”, mormorò ancora.
“Non ci
sarebbe nulla da smentire, comunque, visto che non succederebbe nulla!”,
replicai soffermandomi bene su ogni singola parola, così che capisse bene il
messaggio.
Ma perché diamine continuava ad avanzare?
Voleva farmi perdere i sensi?
Bene, dovevo ricordarmi di non farmi più
canne la mattina.
Ma io non mi facevo le canne!
Il mio
cervello era andato in tilt, completamente. Quasi sentivo il respiro di Harry
sulla mia pelle ed era una sensazione strana. Da un lato mi eccitava, diamine
quanto mi eccitava, dall’altro mi torturava.
“E allora di
cosa hai paura?”, soffiò quasi sulle mie labbra.
Mi soffermai
qualche millesimo di secondo a guardarlo. Gli occhi verdi e chiari, trasparenti
ma profondi, erano puntati nei miei. Sulla fronte aveva qualche riccio, mentre
le sue labbra erano leggermente schiuse.
Ecco, pessimo errore quello di guardargli le
labbra a ben oltre il limite imposto dalla distanza di sicurezza!
Detestavo
l’ascendente che pareva avere sul mio corpo, sul mio cervello e sul mio cuore.
Su tutto, insomma.
“Io non ho
paura.”, sbottai in tutta risposta, ma solo dopo mi resi conto che quelle
parole sembravano essere uscite direttamente da un film e probabilmente fu ciò
che anche lui pensò, visto che scoppiò a ridere.
“E questa da
dove l’hai cacciata fuori? Baci perugina o film strappalacrime?”, mi prese in
giro ancora ridendo.
D’istinto
gli feci il verso, ma peggiorai solo la situazione.
“Da che
pulpito viene la predica!”, borbottai allora quando lui parve calmarsi.
“E con
questo cosa vorresti dire? Guarda che le mie battute sono molto più originali
ed ad effetto delle tue!”, controbatté con fare convinto.
“Il solo
fatto che tu le abbia definite battute induce a pensare che siano programmate o
studiate.”, gli feci notare con tono saccente.
“E va bene,
saputella!”, si arrese lui con un sospiro. “Vogliamo aspettare che cali la
notte prima di andare?”, mi chiese facendomi cenno con la mano di avviarmi.
“Fino a
prova contraria non ho ancora accettato.”, sottolineai e senza rendermene
neppure conto inizia a camminare.
Lui mi
affiancò subito.
“Si, in
effetti se tu non avessi accettato, ora non staremo qui a passeggiare.”, borbottò
lui ironico, per poi sogghignare.
Sentii le
guance andarmi a fuoco per l’imbarazzo, così di scatto abbassai la testa quasi
per nascondermi.
Merda! E che figura di merda! Ci mancava
solo quello ora!
“Potrei
anche solo voler tornare a casa.”, provai a dire in mia difesa, guardandolo con
poca convinzione.
“Bene,
allora mi accontenterò di accompagnarti a casa.”, esclamò lui sorridendomi e,
nonostante facesse già caldo, quelle parole mi scaldarono il cuore.
---
Angolo Autrice
Ri-salve guys!!
Sì, lo so, i miei aggiormamenti stanno diventando talmente frequanti da dare la nausea!xD
Beh, se vi può consolare, sappiate che ci avviciniamo sempre di più alla fine.
Perché lo dico??
Perché a me non è mai piacuto quando le storie finivano all'improvviso, senza preavviso.
Sembrava quasi che con loro se ne andasse un piccolo pezzattino di me.
Vabbè, ok, non mi prendete per pazza, ma è vero!
Insomma, quando comincio a familiarizzare con i personaggi, poi mi dispaice lascarli!xD
Ok, dopo aver appurato la mia insanità mentale, passiamo oltre!:D
Questo capitolo era previsto per domani,
ma mi sono rimboccata le maiche ed ho deciso di postarlo ora,
a causa dell'effetto che le vostre recensioni mi fanno...
Vi adoro!!!*.*
However, ho notato che questo pomeriggio sono affetta dall'english morbo...xD
Hazza torna all'attacco!!!:D
Che ve ne pare??? Quasi sembra di rivedere i Juls e Hazza dell'inizo!!!:)
Lei con la risposta pronta e lui con le battutine e i sorrisetti!:D
Però questa volta pere chiaro che c'è dell'altro, vero Juls???;)
Anyway, questo è solo un capitolo di passaggio.
In realtà è quello di domani, che posterò
traqnuille, ad essere piùimportante per i fini della storia.
Shut up! *questa era la vocina nella mia testa*
Bene, now I have to go, o i miei amici mi ammazzeranno visto che ultimamente faccio sempre tardi!-.-
Ovviamente ringrazio chi leggere silenziosamente,
chi inserisce la storia tre preferite, ricordate o seguite
e ringrazio ancora di più quelle stupendissime personcine che mi riempiono il cuore di gioia con i loro commenti!:D
GRAZIE!*.*
Spero il capitolo vi piaccia e non abbia deluso nessuno...
In ogni caso, potete sempre farmi sapere: non sono affatto una tipa permalosa!:D
A domani! Buon sabato sera a tutte, carissime carotine!:*
Astrea_
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Capitolo 24 *** And I lost the moment again. ***
d
Every piece of your heart
A te.
Avevo le mani fredde, ieri sera, ma questa volta non c'eri tu a riscaldarle.
Ho cercato il tuo volto tra quello di decine di passanti, senza mai trovare i tuoi occhi.
Perché è così che sarebbe dovuta andare tra di noi,
una promessa troppo grande per poter essere mantenuta.
And I lost the moment again.
“La smetti
di cantare quella stupidissima canzone?”, lo rimproverai spegnendo la radio
della sua auto.
Erano
trascorsi due giorni dal mio esame, così anche luglio era arrivato.
Gli One
Direction avevano ultimato il video, sarebbero partiti il giorno successivo ed
io ed Harry, per quanto strano e snaturale potesse sembrare, passavamo ogni
attimo che lui avesse libero insieme.
Certo, aveva
dovuto rilasciare tante di quelle interviste ed incontrare tante di quelle fans
che alla fine di tempo non ne era rimasto molto, ma comunque per me non sarebbe
mai stato abbastanza.
Quella
mattina avevamo deciso di fare un giro in macchina, senza una reale meta.
Il manager
del loro gruppo li aveva avvertiti che sarebbe stato meglio non farsi vedere in
giro, soprattutto aveva ricordato ad Harry di smetterla di farsi fotografare
ogni volta con una ragazza diversa, così avevamo deciso di rinchiuderci nella
sua Volvo, del resto ci accontentavamo di qualsiasi cosa pur di stare… insieme.
C’era però
una cosa, davvero importante, che aveva stravolto la già anormale routine
quotidiana: Ross e Zayn avevano deciso di frequentarsi più seriamente, mentre
Ludo aveva preso a guardare con gli occhioni dolci da gatta morta il povero e
piccolo Niall, ma ancora negava tutto.
“Ma questo
devi assolutamente sentirlo, è il mio assolo!”, si lamentò lui guardandomi con
sguardo supplichevole.
“Harry ne ho
abbastanza di te che canti le tue canzoni!”, borbottai sbuffando, ma lui fece
finta di non sentirmi.
“Katy Perry is on replay, she’s on
replay. Dj got the floor to shake, the floor to shake. People going all
the way, yeah all the way. I’m still wide awake.”, canticchiava scuotendo il
capo a ritmo di quella che doveva essere la musica della canzone.
Aveva gli
occhi leggermente socchiusi, mentre si lasciava andare a quegli attimi di puro
relax.
Le mani
erano entrambe ben salde sul volante, la sua espressione era rilassata e
serena.
Era bello
vederlo così.
“Cioè, ma
siete così poco originali da mettere in mezzo altri cantanti e le parole che
usano nelle loro canzoni?”, lo provocai con un sorrisetto beffardo.
“Tanto non
ci casco nei tuoi tranelli! Sono troppo di buon umore persino per risponderti,
invece che cantare! Piuttosto goditi il momento!”, dichiarò lui facendo spallucce,
prima di riprendere ad intonare quello che dedussi essere il ritornello.
“I wanna
stay up all night and jump around until we see the sun.”, cantò dandosi mille
arie, smuovendo i ricci sulla sua testa.
Quasi capii
perché le ragazze lo acclamassero tanto.
Insomma, era fottutamente sexy!
“Non mi
metterò ad urlare come fanno le tue fans ai concerti.”, bofonchiai guardandolo
con aria risoluta, tradendo i miei pensieri.
“Io non ti
ho mica chiesto di farlo.”, mi fece notare fissandomi per un attimo negli
occhi, prima di spostare la sua attenzione sulla strada.
“Dai Juls,
canta anche tu!”, m’incitò lui prima di riprendere. “I wanna stay up all night and find a girl and
tell her she’s the one.”, continuò lui, mentre io sbuffavo sonoramente.
“La smetti
di interrompermi ogni volta?”, si lamentò allora con un bellissimo sorriso
disegnato sulle labbra.
“Ma se sei
tu che ti fermi!”, controbattei scattando come una molla.
“Ci credo! Tu
prima mi prendi in giro e poi sbuffi!”, si difese allora lui con tono ovvio.
“E tu
ignorami!”, gli suggerii incrociando le braccia al petto.
Sussurrò
qualcosa muovendo impercettibilmente le labbra, parlando ovviamente più a se
stesso che a me.
Paste care , mi parve capire. O forse
era fosse facile?
Rimasi
qualche secondo in silenzio, per analizzare entrambe le possibilità.
Anche perché
se la risposta giusta alla mia domanda fosse stata la seconda mi sarei dovuta
preparare a morire d’infarto, o forse asfissiata, nel giro di pochi minuti per
l’emozione.
Scossi la
testa, come per cacciar via da essa quei futili ed illogici pensieri.
“Uffa!”, sbottai
allora. “È che questa scenetta mi sembra così patetica!”, commentai scrollando le
spalle.
Lui si voltò
per qualche secondo verso di me, fissandomi titubante e chiedendomi con gli
occhi di continuare.
“Andiamo, tu
che canti le tue canzoni in auto. Ci manca solo che le canti anche io, che
svenga tra le tue braccia e che dopo inizi a baciarti le mani ed implorarti di
farti una foto con me e di lasciare la tua firma su chissà solo quale parte del
mio corpo!”, confessai tutta d’un fiato, farneticando.
Lui sogghignò.
“Se vuoi, io
qualche idea su chissà solo quale parte del tuo corpo ce l’ho.”, disse con fare
malizioso citando le mie parole.
Fui colta da
una improvvisa vampata di calore e sentii le guance andare letteralmente a
fuoco, ardevano per l’imbarazzo.
Pure il pervertito doveva fare!
“Sbaglio o
sei arrossita?”, mi chiese poi con fare vittorioso sporgendosi in direzione
delle mie guance.
Diamine quanto sapeva essere irritante!
“Sbagli e di
grosso anche!”, controbattei inviperita.
Harry
sogghignò ancora, poi tornò a dedicarsi esclusivamente alla strada davanti ai
suoi occhi.
“I wanna
stay up all night and find a girl and tell her she’s the one.”, riprese poco
dopo, canticchiando la stessa strofa di poco prima.
“Harry, ma
la vuoi piantare?”, cercai di stroncarlo per l’ennesima volta, senza ottenere
risultati.
Un bambino, ecco cos’era! Sexy,
fottutissimamente sexy, ma pur sempre un bambino!
“Non fin
quando non canterai anche tu!”, mi ricattò sorridendomi sornione.
Appunto.
“Bene,
allora continua pure.”, decretai, non volendo dargliela vinta.
Al diavolo
quel bellissimo sorriso, quegli occhi verdi e profondi che in quel momento non
potevo vedere, quelle fossette che gli si scavavano sulle guance e quei ricci
ribelli.
Il problema
era che tutto di lui mi attraeva. Persino quel piccolissimo tatuaggio a forma
di lucchetto che teneva disegnato sul polso aveva un effetto malsano sul mio
corpo.
“Hold on to the feeling and don’t
let it go, ‘cause we got the flow now.”, riprese allora per poi fermarsi poco
dopo.
“Ora me lo
dai un bacino per poi svenire?”, mi chiese ammiccando nella mia direzione.
Gli lanciai
un’occhiata truce non appena realizzai le sue parole e lui scoppiò a ridere.
“Scordatelo.”,
sibilai con fare minaccioso, senza però ottenere la reazione desiderata, tanto
che lui neppure fece finta di ascoltarmi e continuò a sogghignare allegramente.
“Dai,
facciamo allora che mi lanci il reggiseno addosso!”, propose allora ancora
ridendo.
Aveva ragione Rossella a dire che quel
ragazzo era un pervertito!
“Secondo me
sei ubriaco.”, ironizzai allora.
“Se canti
con me giuro che la smetto!”, promise portandosi una mano al petto come per
conferire solennità a quel giuramento.
Conoscevo le
parole di quella canzone, a dir il vero conoscevo le parole di tutte le loro
canzoni visto che le mie due migliori amiche non facevano altro che cantarle
dalla mattina alla sera e dalla sera alla mattina, ma di certo non lo avrei
ammesso davanti a lui.
“No e ancora
no!”, sbraitai. “E poi non conosco neppure le parole!”, aggiunsi per sembrare
più convincente.
“Sei noiosa
almeno quanto mia nonna e ti assicuro che lei è davvero molto noiosa!”,
commentò allora lui arricciando il naso esattamente come un bambino
capriccioso.
“E va bene,
hai vinto!”, mi arresi sospirando pesantemente.
Lui si voltò
verso di me, per guardarmi, e mi sorrise, quasi gongolava dalla felicità.
“Davvero?”,
mi chiese poi incredulo.
I suoi
atteggiamenti erano decisamente molto infantili, ma mi piacevano.
“No.”, mi
contraddissi allora.
Il sorriso
ebete che fino a qualche secondo fa era disegnato sul suo viso sparì per
lasciare spazio ad un’espressione imbronciata.
Era
divertente, dopotutto.
“Sei perfida
a prendermi in giro così!”, protestò corrucciato.
“E tu invece
sei insopportabile quando fai così!”, controbattei facendo in modo di terminare
la frase con la sua stessa parola.
Mi guardò
per qualche istante, poi il suono di un clacson lo ridestò, costringendolo a
riportare gli occhi sulla strada.
“Sta attento
quando guidi!”, lo rimproverai presa da un leggero spavento.
Stava per
voltarsi nuovamente verso di me, ma gli bloccai il viso con una mano, cosicché
lo tenesse rivolto in avanti.
“E smettila
di guardarmi in continuazione! Guarda la strada, piuttosto!”, aggiunsi sempre
con aria canzonatoria.
Il tocco con
la sua pelle mi fece quasi sussultare. Era morbida e liscia e mi costò molto
più del previsto riuscire ad allontanare la mia mano dalla sua guancia,
interrompendo quel lieve contatto.
“Ecco, lo
dicevo io che sei più noiosa di mia nonna.”, borbottò lui, questa volta senza
accennare a girarsi.
“Juls.”, mi
chiamò poi dopo qualche secondo di silenzio.
Mi voltai
verso di lui aspettando che continuasse.
“Ma se io
faccio finta di voltarmi verso di te, tu mi tocchi un’altra volta?”, mi domandò
allora con tono malizioso, ovviamente adducendo al doppio senso di quella
frase.
Presi un
respiro profondo cercando di rilassarmi per tre buoni motivi.
Innanzitutto
dovevo dare una bella calmata ai miei ormoni, visto che iniziavano a farmi
brutti scherzi. Poi dovevo assolutamente evitare che le guance mi si
colorassero un’altra volta di rosso scarlatto o avrebbe ricominciato a
prendermi in giro ed, infine, dovevo evitare di ammazzare il conducente, cioè
lui, visto che ancora non avevo la patente.
“Harry sta
zitto e guida.”, gli ordinai allora a denti stretti.
Lui sbuffò e
fece roteare gli occhi, prima di farsi scappare un altro risolino.
“I wanna stay up all night and do it
all with you.”, canticchiò ancora poco dopo.
“Up all
night like this, all night.”, continuai allora senza neppure rendermene conto,
quasi sovrappensiero.
Merda, pensai quando finalmente me ne
resi conto.
Lui si voltò
di scatto verso di me, aveva gli occhi verdi spalancati ed un sorrisetto
beffardo sulle labbra, incorniciato da una sola piccola fossetta sulla guancia
sinistra.
“Cosa hai
detto?”, mi chiese con tono a metà tra meraviglia e stupore, mentre i suoi
occhi si illuminavano di una strana luce.
“Niente.”,
negai mettendo il broncio.
“Ripetilo,
tanto ho sentito.”, disse lui come per convincermi.
“Se hai
sentito cosa lo ripeto a fare?”, replicai allora perdendomi nelle sue due
infinite pozze verdi.
Ehi, nel mio cervello c’era ancora qualcuno,
vero?
“Allora non
ho sentito.”, si affrettò a dire Harry, sorridendo ed annuendo con quel faccino
che si ritrovava.
“Allora non
ho detto niente.”, dichiarai con fare risoluto.
Lui sbuffò,
voltando nuovamente la testa in direzione della strada.
Quasi
iniziai a detestare il fatto che stesse guidando solo perché non mi permetteva
di vederlo in faccia ogni singolo istante.
“Sapevo che
alla fine anche tu avresti imparato le nostre canzoni e saresti diventata una
nostra fan!”, esclamò entusiasta Harry.
Scossi il
capo rassegnata alla sua infantile testardaggine. Sì, ma in fono era anche
questo che mi piaceva di lui.
“Up all night like this, all night.
Up all night like this, all night. Up all night like this, all night.”,
intonò lui allora ed io non riuscii a trattenere un sorriso prendere forma
sulle mie labbra.
“Ma ti si è
incagliato il nastro?”, lo presi in giro, guadagnandomi un’occhiataccia.
“Ed eccoci
di nuovo a casa.”, borbottò poi lui parcheggiando a qualche metro dal cancello
di casa mia.
Slacciai la
cintura, mentre lui spense il motore per poi fare lo stesso.
“Domani
parto.”, sussurrò, ma questa volta nel suo tono di voce c’era qualcosa che se
non era delusione, ci somigliava comunque parecchio.
“Lo so.”,
mormorai io abbassando la testa.
Lui si avvicinò
di poco, poi con l’indice della mano destra mi sollevò il mento.
Fremetti a
quel contatto con la sua mano, poi i miei occhi incontrarono i suoi, verdi e
stranamente ancora più limpidi e chiari del solito.
Lui si
avvicinò ancora al mio viso, procedendo con calma, come se quello fosse il suo
tacito modo di chiedermi il consenso.
Il mio
respiro, il battito del mio cuore, tutto in quel momento era irregolare,
persino la testa sembrava pulsarmi in un modo che neppure pensavo fosse
possibile.
Per non parlare
dello stomaco, poi, nel quale ebbi la sensazione si fosse appena scatenata la
terza guerra mondiale.
Altro che graziose e leggere farfalle!
“Credo che
tu debba smetterla di baciarmi il giorno prima della tua partenza.”, dissi con
un filo di voce sulle sue labbra.
I nostri
respiri si confondevano, il suo mi stuzzicava dolce la pelle, i nostri occhi si
perdevano gli uni negli altri.
Era una
sensazione unica, totalizzante. Mi sentivo completamente rapita da lui, tutta.
“Magari
potrei tornare prima, molto prima del previsto.”, sussurrò lui dopo aver
buttato giù della saliva.
“Dovrei
crederti?”, gli chiesi ancora in un sussurro, ma nella mia voce era ben chiara
tutta la straziante agonia di quel momento.
“Per una
volta potresti provare a fidarti di me, Juls.”, rispose facendo aderire la sua
fronte alla mia.
Persi il
controllo di me stessa a causa di quelle fottutissime parole, o forse a causa
di Harry. Ero come creta nelle sue mani, in quel momento avrebbe potuto fare di
me qualsiasi cosa.
“Mi fiderò,
Hazza.”, mormorai con il cuore che batteva a mille.
Lui piegò le
labbra in un leggero sorriso, poi finalmente mi baciò e fu come tornare a
respirare.
Mi sentii
completa, come se avessi trovato l’altra perfetta metà che mi mancava, ed era
una sensazione bellissima.
Era dolce,
leggero, delicato, desiderato, come se entrambi avessimo aspettato tanto,
troppo tempo.
Harry con la
lingua mi chiese il permesso per approfondirlo ed io fui ben lieta di
accordarglielo subito. Quando le nostre lingue entrarono in contatto ebbi la
sensazione di poter svenire dall’emozione.
Anche il
bacio si fece più passionale, meno casto, più travolgente, tanto che mi
ritrovai con le braccia intorno al collo di Harry, per tenere il suo viso ben
saldo al mio, e le mani affondate tra i suoi capelli.
Lui, invece,
con una mano giocava con le punte dei miei capelli sulla schiena, mentre
l’altra era ben ancorata al mio fianco, quasi avesse paura che scappassi via da
lui.
Non sapeva quanto si sbagliava! In quel
momento non sarei scappata per nulla al mondo!
Quando,
ansanti e a corto di fiato, fummo costretti a staccarci, Harry fece aderire
nuovamente la sua fronte alla mia, premendola con delicatezza come se sentisse
il bisogno di stare a contatto con la mia pelle.
“Mi
mancherai a Londra..”, sussurrò sulle mie labbra, con voce roca e profonda,
guardandomi dritta negli occhi, tanto che non riuscii a dubitare neppure per un
istante delle sue parole.
“Torna
presto.”, la mia era quasi una supplica.
Non avrei
sopportato a lungo l’idea di vederlo in giro per il mondo a darsi da fare con
decine di altre ragazze.
“Promesso.”,
disse con un filo di voce, accennando ad un sorriso.
Per un
attimo feci calare il mio sguardo. Temevo con tutta me stessa che non avrebbe
rispettato quel piccolo grande patto.
Lui probabilmente
intuì le mie preoccupazioni, perché con l’indice mi fece alzare il mento, poi
mi accarezzò la guancia.
“Tornerò,
davvero. Tu piuttosto vedi di lasciare quel bamboccio del tuo ragazzo.”, ripeté
lui, finendo poi per canzonarmi.
Sulle ultime
parole si era decisamente incupito.
Ops, cioè… lui non sapeva che io e Massi ci
eravamo lasciati!
“Veramente
io…”, provai a dire, ma fui bloccata da lui ancor prima che potesse parlare.
“Non
preoccuparti per ora, ne riparleremo con calma.”, mi zittì con un dito sulle
labbra.
Rimasi
immobile, incantata da quell’intimo gesto.
“Comunque
ora devo andare, si è fatto tardi. E poi è appena arrivato il bamboccio davanti
casa tua.”, aggiunse poco dopo, facendo aumentare le distanze tra i nostri
volti.
Dovevo parlare, dovevo dirglielo.
“Harry, io…”,
ricominciai, ma lui mi interruppe ancora.
“Tranquilla,
Juls. Però, ecco…”, iniziò imbarazzato, abbassando gli occhi, per poi rialzarli
nuovamente fino a farli incrociare con i miei.
Sembrava
timido ed impacciato in quel momento.
“Ecco, ti
sarei grato se evitassi di baciarlo, cioè almeno se hai intenzione di
lasciarlo.”, sbottò tutto d’un fiato.
Io annuii,
sorridendogli con una faccia da pesce lesso ed anche lui parve rilassarsi, fino
a distendere le labbra in un sorriso appena accennato, ma comunque bellissimo.
“Bene,
allora scappo.”, disse poi, avvicinandosi a me ancora una volta.
Mi posò un
leggero bacio sulla guancia destra e quasi mi sentii mancare l’ossigeno.
“Ciao
Hazza.”, lo salutai, poi scesi dalla macchina.
“Giulia!”,
esclamò pochi secondi dopo Massimiliano, venendomi incontro.
“Mi stavo
preoccupando, non mi rispondevi più a telefono!”, continuò raggiungendomi.
Accadde
tutto in pochi secondi, tanto che all’inizio non riuscii neppure a realizzarlo.
Massi prese
il mio volto tra le sue mani e lo avvicinò al suo, baciandomi con foga, mentre
io rimanevo ferma ed inerme, con le braccia distese lungo i fianchi e gli occhi
aperti per la sorpresa.
Solo quando
sentii il rombo di un auto sfrecciare a tutto gas per poi sparire dietro
l’angolo mi resi conto di quello che era appena successo.
Scansai Massi
con uno strattone.
“Ma che
cazzo fai?”, lo accusai mentre sentivo già le lacrime scendere a fiumi lungo il
viso.
Lui provò ad
avvicinarsi a me, ma con uno scatto del braccio glielo impedii.
“Non
toccarmi! Non avvicinarti neppure!”, gli ordinai singhiozzando.
“Giù, ma
cosa ti prende? Sei la mia ragazza!”, disse lui con voce chiaramente
sconcertata.
“Ero! Ero la
tua ragazza!”, urlai come una furia sottolineando il tempo al passato.
“Ma io…”,
iniziò con tono di scuse.
“Tu
niente!”, tuonai allora. “Massi, è finita, non ne voglio sapere più nulla!”,
gridai con tutta l’aria che mi era rimasta nei polmoni.
Lui abbassò
il capo, in una chiara espressione amareggiata.
“È per lui?
Quello nella macchina?”, mi domandò a bassa voce, forse spaventato dalla
consapevolezza che quella risposta gli avrebbe dato.
Fui solo
capace di annuire, poi ancora piangendo corsi a casa.
Massi mi aveva baciata. Harry ci aveva
visti.
---
Angolo Autrice
Buongiorno carotine! Ormai ci ho preso gusto a chiamarvi così!xD
Ok, tengo particolarmente alla prima parte del capitolo,
insomma, alla scena in auto per intenderci.
Diciamo che è piena di ricordi e promesse infrante, anche se qui l'atmosfera è del tutto diversa!
Ok, basta con il depression-time (?) e passiamo alle cose serie!xD
Juls e Hazza più complici che mai nella prima parte,
ma ovviamente non potevo far filare tutto liscio...
Allora, quante di voi vogliono unirsi alla missione speciale "mettiamo alrogo Massi"?xD
Vabbè, insomma... oggi sono di poche parole...
Ringrazio i lettori, chi segure, preferisce o ricorda!*.*
E ringrazio chi lascia recensioni, riscaldandomi il cuore con tutte quelle belle parole!<3
Credo di aver detto tutto... e credo anche che questo sia l'angolo
autrice più corto di sempre, ma pazienza!ù.ù
Prossimo capitolo sabato!;) Non anticipo nulla!:P
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 25 *** Stop the tape and rewind. ***
k
Every piece of your heart
Stop the tape and rewind.
Avevo
provato per tutta la settimana successiva a mettermi in contatto con Harry in
qualsiasi modo, comprese telefonate, messaggi e Twitter, ma ovviamente non ci
ero riuscita.
Era passata una settimana, un’intera
settimana e di lui non avevo avuto più notizie.
Non mi ero
neppure arrabbiata come avrei dovuto quando Rossella ebbe finalmente la decenza
di informarmi riguardo alla meta del viaggio, soltanto il giorno prima di
partire.
“Io non so davvero come dirtelo. All’inizio
verso aprile sembrava la cosa giusta da fare, poi a maggio mi sono ricreduta e
ho chiesto di cambiare meta, ma visto gli eventi delle ultime settimane l’ho
fatta ricambiare con l’originale e quando ieri sono andata in agenzia per
modificarla ancora mi hanno detto che era troppo tardi, quindi ora dobbiamo
andarci.”, aveva detto tutto d’un fiato, quasi delirando.
“Ma andare dove?”, avevo chiesto io non
avendo capito molto dal suo sproloquio.
“A Londra.”, aveva detto Ludovica con un
filo di voce.
Io avevo sgranato gli occhi per fissarli
prima sulla bionda e poi sulla rossa, aspettando spiegazioni.
“Non sembrava un’idea malvagia quando l’ho
pensata!”, si era difesa alzando le mani. “E poi era per poter incontrare più
facilmente i One Direction!”, aveva aggiunto facendo spallucce con finta aria
ingenua.
“Ma quindi tu lo sapevi?”, avevo poi
domandato a Ludovica, avendo notato che era stata lei e non Rossella a
rispondere alla mia prima domanda.
Lei aveva annuito, abbassando il capo.
“Ross me l’ha detto quando ha cambiato
destinazione la prima volta.”, aveva sussurrato.
Così quel
giorno mi trovavo su un aereo di linea diretto a Londra, dove avrei trascorso i
prossimi giorni in un albergo del centro a cinque stelle, per festeggiare la
fine del liceo.
Inutile dire
che speravo di utilizzare quella vacanza come un’occasione per incontrare
Harry, quindi non feci obiezioni quando le mie due amiche pianificarono tutti i
nostri impegni in base a quelli degli One Direction.
Ormai ero
sicura che Ludo si fosse presa una cotta per Niall, ma lei, timida com’era, non
voleva raccontarci nulla.
Rossella,
invece, non faceva che ripetere quanto fosse appagante il sesso con Zayn e che
non voleva assolutamente farne a meno, almeno fino a quando fosse stato
possibile.
“Ecco,
questo è il numero di Louis, me l’ha appena dato Zayn.”, m’informò Rossella,
sventolandomi sotto il naso lo schermo del suo cellulare non appena mettemmo
piede a terra.
“E cosa
dovrei farci io?”, le chiesi mentre mi avviai alla zona destinata al recupero
bagagli.
“Magari puoi
farti dare l’indirizzo e andare a parlare con Harry!”, propose lei
raggiungendomi, subito seguita anche da Ludo.
“Io e quello
non abbiamo più nulla da dirci.”, replicai a denti stretti, mentre afferravo la
mia valigia.
Attendemmo
ancora qualche minuto che anche quelle di Ludo e Ross apparissero sul rullo,
poi terminata l’operazione ci avviamo all’uscita dell’aeroporto.
“Ora sei
addirittura passata a chiamarlo quello?”, mi fece notare con fare scettico
Ludovica.
Rimuginai
sulle sue parole per qualche secondo.
Forse sarei
davvero potuta andare da lui e spiegargli tutta la situazione.
Il problema,
tuttavia, era che io non gli dovevo assolutamente nulla, né tantomeno
spiegazioni.
Lui avrebbe
potuto tranquillamente dirmi che a lui non interessava nulla, perché non
eravamo mica fidanzati ed io avrei fatto la figura della patetica illusa.
“Lo chiamo
come mi pare.”, borbottai.
“Chiamalo,
sta già squillando!”, continuò ignorandomi bellamente la bionda, mentre mi
passava il cellulare.
Lo afferrai,
senza tuttavia esserne convinta.
Magari con
le giuste parole avrei potuto sondare il terreno e poi decidere cosa sarebbe
stato giusto dire, nel peggiore dei casi avrei potuto addurre la scusa della
visita di cortesia.
“Hello!”, mi
salutò una voce dall’altro capo del telefono.
Con un lento
movimento lo portai all’orecchio, presi una lunga boccata d’aria, poi mi decisi
a rispondere.
“Ciao Louis,
sono Giulia.”, dissi cercando di sembrare tranquilla, per mascherare tutte
quelle smisurate sensazioni che mi stavano attraversando in quel momento.
E se non avesse voluto vedermi? Se stesse
con un’altra?
“Ehi Lia!
Siete già arrivate a Londra?”, mi chiese con voce allegra.
Lanciai una
veloce occhiata omicida alle mie amiche:
ma perché tralasciavano sempre qualche dettaglio?
Perché non mi avevano detto che avevano
avvisato anche loro?
“Si, proprio
in questo momento. Comunque volevo chiederti un favore.”, iniziai a dire per
giungere al nocciolo della conversazione.
“Dimmi pure,
carotina.”, m’incitò lui.
Ancora la fissa per le carote aveva?
“Volevo
chiederti se Harry fosse a casa, è una settimana che provo a parlarci, ma lui
mi evita.”, gli dissi mordicchiandomi il labbro.
Non sapevo
cosa sperare che mi rispondesse.
Insomma, se
era fuori poteva benissimo essere con un’altra, se era in casa, invece,
significava che davvero non voleva vedermi visto che comunque continuava a non
rispondere alle mie chiamate.
“Si, è in bagno
in questo momento.”, rispose lui. “Vuoi che te lo vada a chiamare?”, mi domandò
poi.
“No!”, mi
affrettai a dire, sobbalzando. “Cioè no, mi attaccherebbe il telefono in
faccia.”, ammisi.
Restammo in
silenzio per qualche secondo, io ad assimilare quella triste verità e lui
probabilmente a concedermi il tempo di cui necessitavo.
Le mie
amiche, invece, tenevano lo sguardo fisso su di me, cercando di capire cosa mi
stesse dicendo.
“Louis, chi
è?”, sentii domandare da Harry che presumibilmente doveva averlo raggiunto in
quella stanza.
“Mia
sorella.”, mentì lui all’amico e gli fui davvero grata per quella piccola
accortezza.
“Posso
venire ora da voi?”, gli chiesi senza troppo peli sulla lingua.
Non appena
pronunciai quelle parole vidi Ludovica e Rossella battersi energicamente il
cinque, prima di sorridere entusiaste.
“Ma certo!
La mamma ne sarà contentissima!”, acconsentii lui per rendere più credibile la
conversazione con la sua presunta sorella.
“Mi dai
l’indirizzo?”, gli domandai allora.
“Ma certo
che puoi mandarmi i messaggi ogni volta che vuoi!”, esclamò lui, come se fosse
un codice da decifrare.
“Stai
cercando di dire che devo mandarti un messaggio o che tu mandi a me l’indirizzo
tramite messaggio?”, gli chiesi conferma, non avendo ben afferrato il suo indizio.
“Secondo me
la seconda, la prima è troppo piccola per il tuo seno!”, dichiarò lui allora.
Sgranai gli
occhi e spalancai la bocca.
La perversione era di casa!
Scossi la
testa, per riprendermi, non avevo tempo per soffermarmi su quelle futili
riflessioni.
“Bene,
allora muoviti a mandarmi l’indirizzo.”, sentenziai infine.
“Va bene,
ciao sorellina! Ti voglio bene anche io!”, mi salutò prima di chiudere la
chiamata.
Non ebbi
neppure il tempo di restituire il cellulare alla mia amica che arrivò il
messaggio con l’indirizzo.
Lo lessi e
deglutii.
Coraggio! Coraggio, Giulia!
“Devo andare
da Harry.”, sussurrai tutto d’un fiato.
Ross e Ludo
annuirono.
“Questo è
l’indirizzo dell’hotel, così saprai comunque dove andare. Alla valigia ci
pensiamo noi.”, mi disse la bionda porgendomi un bigliettino da visita appena
cacciato dalla borsa.
“Allora
grazie, di tutto. Io vado.”, le salutai, poi corsi fuori alla ricerca di un
taxi.
Ci misi
circa tre quarti d’ora prima di giungere a destinazione e fortuna volle che non
incontrai neppure traffico per le strade londinesi.
Ero talmente
agitata che non mi soffermai neppure a guardare il paesaggio che scorreva
veloce sotto i miei occhi, dall’altro lato del finestrino.
Le mani mi
tremavano, sudavo freddo per l’ansia.
Quasi ero sussultata
quando il tassista mi aveva avvisato di essere giunta a destinazione.
Pagai, poi
scesi e mi ritrovai proprio davanti al numero civico che Louis mi aveva
indicato.
Rimasi ferma
lì davanti per qualche minuto, indecisa sul da farsi.
Tutto d’un
colpo mi resi conto che non dovevo assolutamente essere lì in quel momento, che
sembrava stessi per mettere su una di quelle scene disgustosamente romantiche
di qualche commedia di secondo ordine.
Perché diavolo avevo ascoltato il consiglio
di quelle due pazze che mi ritrovavo per amiche?
Perché tu ad Harry vuoi bene!, mi
rispose una vocina dentro la mia testa.
Era vero, io
ci tenevo ad Harry, davvero tanto, ma non fino al punto di presentarmi a casa
sua perché mi ignorava da appena una settimana e poco più.
Non ne avevo
il diritto.
Tuttavia mi
sentivo in colpa.
Diamine quanto mi sentivo in colpa!
Ci eravamo
baciati, il che non equivaleva a dire nulla considerati i suoi standard, ma le
parole che aveva detto appena dopo mi avevano lasciata basita.
Non preoccuparti per ora, ne riparleremo con
calma.
Tranquilla, Juls. Però, ecco…
Ecco, ti sarei grato se evitassi di
baciarlo, cioè almeno se hai intenzione di lasciarlo.
Come in un
film nei momenti cruciali, rividi quelle scene nella mia mente, le sue parole
rimbombavano forti e chiare.
Probabilmente
furono quei ricordi la goccia che fecero traboccare il vaso.
Capii che
non avrei voluto attendere neanche un istante in più, io avevo bisogni di
chiarire con Harry, volevo che lui sapesse che non era stata mia intenzione,
che non volevo prendermi gioco di lui con quel bacio, anche se per lui non era
significato nulla.
Del resto,
non potevo certo dire che fosse la stessa cosa per me.
Suonai il
citofono, per farmi aprire il cancello e fu Louis a rispondere.
“Entra.”, mi
disse non appena ebbe riconosciuto il mio viso attraverso la piccola telecamere
istallata sull’aggeggio.
Non me lo
feci ripetere due volte ed oltrepassai il cancello, giungendo al portone, dove
lui mi attendeva insieme ad una ragazza.
“Ciao Lia!”,
mi salutò con due baci sulle guance.
“Ciao
Louis!”, ricambiai subito.
“Lei è la
mia ragazza, Eleanor.”, disse indicandomi la mora alla quale cingeva la vita.
“Però parla
solo inglese.”, aggiunse poco dopo.
“Nice to
meet you.”, la salutai porgendole una mano.
“She’s Hazza’s
girlfrie… Hazza’s italian friend.”, si corresse probabilmente intimorito
dall’occhiata omicida che gli avevo lanciato al suono delle parole che aveva
utilizzato per presentarmi.
La ragazza
mi sorrise, lanciandomi un’occhiata d’intesa, chissà per cosa poi.
“Ok, noi
usciamo. Harry è tutto tuo, è in salotto.”, mi comunicò Louis.
“Grazie.”,
gli dissi soltanto prima che andasse via con la sua ragazza.
Oltrepassai
l’ingresso e mi inoltrai in un largo e luminoso corridoio, sul cui lato
sinistro c’era una libreria.
Era piena di
cornici, alcune molto buffe, altre colorate, ed in ognuna c’era una foto che
ritraeva i ragazzi in diversi momenti della loro carriera.
Una in
particolare attirò la mia attenzione. Aveva una cornice di un rosa vivace ed
energico, i cui contorni erano ondulati, modellati come le onde del mare.
Riconobbi subito il faccino di Harry nel bambino della foto. Aveva i capelli
corti, lisci e chiari, l’esatto contrario di come li aveva ora, ma gli occhi
erano esattamente gli stessi, così come il sorriso e le fossette sulle guance.
Sorrideva
all’obiettivo ed era davvero bellissimo.
Notai anche
una serie di libri, gialli, thriller ed horror, ma non capii a chi
appartenessero.
“Louis, sei
ancora qui?”, chiese una voce che riconobbi subito.
Era Harry.
Non risposi,
piuttosto mi feci guidare dalla traccia d’eco che aveva lasciato nella mia
testa e forse, ma solo forse, anche nel mio cuore.
“Ciao
Harry.”, gli dissi quando me lo ritrovai davanti sulla soglia di quello che
doveva essere il salotto.
Lui si era
alzato, forse per cercare il suo amico, ed ora era in piedi a qualche passo di
distanza da me.
Arrossii
violentemente quando realizzai che quell’unico indumento che aveva indosso
erano dei boxer neri.
Ma questo proprio in mutande doveva girare
per casa?
Spostai lo
sguardo sul suo viso, solo su quello, cercando di rimanere concentrata e non
pensare a quello che c’era sotto di esso.
Lui sbatté
più volte le palpebre, come per avere la conferma che non fossi solo il frutto
della sua immaginazione.
“Cosa ci fai
tu qui?”, mi chiese poi con tono rude e secco.
“Ricambio la
visita di cortesia.”, risposi facendo spallucce, dicendo la prima cosa che mi
passò per il cervello.
Di certo non
avrei mai ammesso che ero lì perché mi sentivo in colpa, in fottutissima colpa.
“E hai
intenzione di restare lì impalata ancora per molto o vai via subito?”, continuò
lui quasi attaccandomi, ma infondo quasi capivo la sua reazione.
Io al suo
posto avrei fatto molto peggio.
“Devo dirti
una cosa.”, sbottai allora con un sospiro.
“Non so se
ti crederei.”, ammise lui tanto sincero quanto affranto.
“Almeno puoi
provare ad ascoltarmi.”, proposi allora accennando ad un mezzo sorriso.
“Non so se
ne ho voglia.”, borbottò in risposta a quella mia richiesta.
Spostai lo
sguardo di lato, stando attenta a non farlo cadere neppure per una frazione di
secondo sul suo corpo.
“Da quando
sei così insicuro proprio tu?”, provai a dire cercando di sembrare scherzosa,
ma il mio tono di voce si incrinò non appena tornai con gli occhi nei suoi.
Non rideva,
non sorrideva o sogghignava neppure ed era strano vederlo così serio.
Lui non
rispose, ovviamente.
Dovevo farmi
coraggio e spiegargli bene le cose, non c’era altra soluzione.
“Io e
Massi…”, iniziai ma fui interrotta da Harry.
“Ti ho detto
che non so se ho voglia di sentirti.”, tuonò in un sussurro, stringendo la mano
destra in un pugno.
Mi
immobilizzai all’istante, rimanendo rigida e tesa davanti ai suoi occhi carichi
di rabbia e rancore.
Da quando ero così codarda?
Harry era un amico, no? Più o meno sì e per
gli amici si era disposti a tutto!
Volevo perderlo? No.
Volevo baciarlo? Si.
Bene, forse allora non era proprio un amico.
Tralasciai
l’ultima riflessione, davvero poco opportuna in quel momento, per concentrarmi
sulle altre.
Mi sentii
come rinascere, mentre una nuova forza ardeva dentro di me.
“Ed io
voglio che tu mi senta.”, replicai con tono più sicuro, alzando di poco la
voce.
Lui sembrò
scosso dal cambiamento repentino che aveva assunto non solo la mia voce, ma
probabilmente anche la mia espressione.
Sentivo le
fiamme ardermi negli occhi e le mani tremare.
“Io e Massi
ci eravamo già lasciati quando mi hai baciata! Cioè, in teoria eravamo in
pausa, in pratica era finita da un pezzo.”, gli dissi tutto d’un fiato.
Lui non
proferì parola, rimase in silenzio, ad aspettare che continuassi.
“Quando mi
ha baciata quella sera, l’ha fatto perché credeva di poter recuperare il
rapporto con me e se io non l’ho respinto subito è soltanto perché mi aveva
presa alla sprovvista. Non volevo venir meno alla parola che ti avevo dato. Ho
provato a dirti che ci eravamo già lasciati, ma tu continuavi ad interrompermi
dicendomi che ne avremmo parlato con calma, dopo e a me quella prospettiva del
tempo futuro piaceva. Non volevo prenderti in giro e non volevo che tu assistessi
a quella scena, ma è successo. Poi abbiamo chiarito e ti assicuro che ora anche
lui ha capito che è inutile stare dietro ai miei cambi d’umore e alle mie
sbadataggini perché…”, delirai senza sosta fino ad essere interrotta
dall’indice destro di Harry che si posò sulle mie labbra, per farmi tacere.
Mentre io
continuavo con quell’assurdo, imbarazzante e patetico sproloquio senza senso,
lui si era avvicinato a me, restando solo a qualche spanna dal mio viso.
Avevo già detto che indossava solo i boxer?
“Shhh”, fece
in un sussurro che al mio orecchio parve estremamente roco e sensuale.
“Facciamo
che ricominciamo daccapo.”, mormorò lui a pochi centimetri dalle mie labbra,
con gli occhi incatenati ai miei.
Con una
lentezza estenuante ritrasse il dito, poi mi sorrise.
Pantaloni e maglia no, eh?
Sorrisi
anche io, cercando di rimanere concentrata solo sul suo viso.
“Piacere,
Giu…”, iniziai scherzando, ma lui mi bloccò un’altra volta.
“Io il tuo
nome lo so già, ti chiami Giulia.”, terminò esattamente come aveva fatto la
prima volta.
Sorrisi per
quel piccolo ma significativo gesto: ricordava anche lui quel momento.
“Questa
volta anche io conosco il tuo, Harold Edward Styles detto Harry.”, dissi
guardandolo ancora negli occhi, mentre sentivo le labbra incurvarsi nel tipico
sorriso da pesce lesso.
“Uffa, ma
così cambia tutta la storia!”, si lamentò lui sbuffando come un bambino.
Feci roteare
gli occhi e, disgraziatamente non proprio, caddero sul suo fisico.
Non era
eccessivamente muscoloso, non come i palestrati delle spiagge americane dei
film, ma nel giusto avrei detto. Era praticamente perfetto ai miei occhi. Le
sue spalle erano piuttosto grandi, ma ben proporzionate al resto del corpo. I
pettorali non erano particolarmente accentuati, ma si distinguevano
perfettamente, mentre man mano che scendevo con gli occhi potevo notare i suoi
addominali scolpiti in una leggera tartaruga.
Deglutii
quando con lo sguardo partii dall’estremità dei suoi fianchi, seguendo la v ben
scolpita sulla sua pelle, fino a giungere all’elastico dei boxer che erano
troppo, davvero troppo calati.
Alzai di
scatto gli occhi, trovando però i suoi che mi scrutavano per capire cosa stessi
facendo.
Ecco, grande figura di merda!
Sentii
immediatamente le guance andare a fuoco, imbarazzata com’ero.
“Va a
metterti qualcosa addosso, Styles.”, gli suggerii con voce flebile allora,
consapevole che ormai non avrei potuto ridicolizzarmi oltre.
Lui
sogghignò.
“Tanto l’ho
visto come mi guardavi e come sei arrossita! E poi non mi hai mai chiamato per
cognome!”, borbottò lui, sorridendo sornione.
“Guarda che
lo dicevo per te, potresti prenderti una broncopolmonite!”, provai a dire, ma
lo feci solo ridere.
“A luglio?”,
mi chiese con un’espressione scettica sul viso.
Sbuffai.
“Va a
metterti qualcosa addosso e basta.”, gli ordinai ormai al limite.
Era davvero difficile far finta di nulla con
tutto quel ben di dio sotto gli occhi!
“Va bene, va
bene!”, acconsentì lui ridendo ancora sotto i baffi mentre si allontanava ed io
ne approfittai per squadralo bene anche dietro.
Si, era proprio un gran bel pezzo di figo!
---
Angolo Autrice
Ed eccomi qui!:)
Appena tornata a casa sono stata accolta da una meravigliosa sorpresa:
ben 14 recensioni!!*.*
Ma dico, 14!!!!*.*
Grazie mille, di cuore!!<3 Vi adoro tutte, carotine!!!:3
Questo nuovo capitolo è tutto per voi
e per una volta c'è qualcosa che va per il verso giusto!:D
Juls ha finalmente messo le cose in chiaro, più o meno!
Ma, soprattutto, si è data una mossa!!:D
Ed Hazza... vabbè, rimane sempre Hazza!<3
Comunque, non mi dilungo che domani ci risentiamo con il prossimo chap!;)
Ancora grazie a tutti i lettori,
coloro che inseriscono la storia tra seguiti, preferiti o ricordati
e grazie a quelle spelndide personcine che hanno commentato!!*.*
A MASSIVE THANK YOU!!!<3
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!:D
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 26 *** I’ll take you to another world. ***
G
Every piece of your heart
I’ll take you to another world.
Il giorno
successivo mi svegliai di buon umore, nonostante l’irritante suono della
sveglia a cui non feci minimamente caso.
Avevamo
programmato la giornata con cura la sera precedente, ovviamente dopo che avessi
raccontato alle mie amiche nei minimi dettagli tutto quello che era successo
con Harry, compresi i particolari sul suo corpo che furono, in realtà,
l’argomento principale della conversazione.
Non ci
eravamo baciati, avevamo trascorso tutto il pomeriggio, dopo che si fosse
vestito, a conoscerci meglio. Avevamo parlato delle nostre famiglie, della
scuola, di ciò che ci piaceva fare o mangiare ed avevo scoperto tante cose sul
suo conto.
Praticamente
eravamo due opposti su tutti i fronti. Qualsiasi cosa piacesse a me finiva per
non piacere a lui, fatta eccezione per le haribo. Sì, quelle caramelle gommose
erano l’unica cosa che ci accumunava.
“Certo che è proprio figo il tuo ragazzo!”,
aveva commentato con aria stralunata Ross non appena ebbi terminato di
riassumerle la conversazione che avevamo avuto io e il riccio.
“Non è il mio ragazzo!”, l’avevo
rimproverata io, mettendo su un’espressione schifata ed assolutamente falsa.
Ludovica e Rossella mi avevano lanciato uno
sguardo di chi la sapesse lunga ed io avevo sonoramente sospirato.
“Ti piace, altrimenti non saresti subito
corsa da lui a spiegargli come stavano i fatti.”, aveva chiarito Ludo con
calma, come se la cosa fosse ovvia persino ad un cieco.
“No.”, avevo negato. “Non mi piace, ma
stranamente ci tengo a lui.”, avevo ribattuto, non convincendole per nulla.
“Senti Lia, ormai abbiamo appurato che tu
sei tarda a capire le cose! Prendi la storia di Massimiliano, ad esempio!”,
aveva detto Ross, prendendomi sotto braccio con fare da vecchia zitella che
spettegola.
Io l’avevo guardata titubate, poi lei aveva continuato
ad esporre la sua tesi.
“Te l’abbiamo detto mesi prima che non ti
piaceva e tu non ci hai creduto fino a quando non ci hai sbattuto la faccia
contro!”, aveva sbottato tutto d’un fiato.
“Ed ora cosa dice la tua sfera di cristallo?”,
l’avevo presa in giro.
Lei aveva fatto spallucce, come se la
risposta a quella domanda fosse stata la più semplice del mondo.
“Che ti stai innamorando.”, soffiò con un
filo di voce.
Ovviamente
non le avevo dato assolutamente ragione, anche perché non l’aveva, ma la
possibilità che Harry mi piacesse veramente
iniziava a far breccia nella mia mente.
Quando
finalmente fummo pronte, erano già le nove.
Decidemmo di
non scendere a fare colazione, per dedicarci direttamente alla città, magari
avremmo potuto prendere del caffè al primo Starbucks che ci fosse capitato a
portata di mano, o per meglio dire di gamba, visto che per quella mattina era
prevista una lunga passeggiata.
Harry mi
aveva detto che avrebbe dovuto lavorare tutta la giornata, impegnato com’era
con gli ultimi perfezionamenti al nuovo disco, poi si aggiungeva un’intervista
radio nel pomeriggio.
Mi aveva
anche chiesto di andare con lui, ma avevo rifiutato.
Insomma, mi
sembrava una cosa quasi formale portarmi con lui e poi volevo vedere Londra, ma
soprattutto non volevo abbandonare le mie amiche.
“Però io
voglio sentirla, l’intervista!”, riprese Ross mentre attraversavamo la strada
che ci avrebbe portate da Trafalgar Square, dove eravamo appena state, al Big
Ben, poi avremmo attraversato il fiume passando per Westminister Bridge e
infine avremmo fatto un giro sul London Eye.
“Ma dai, è
inutile! Saranno solo costretti a dire un mucchio di scemenze!”, mi ribellai,
mentre mi godevo il panorama intorno a me, sorseggiando il caffè che avevo da
poco preso.
Quella città
era davvero meravigliosa.
“Secondo me
dici così solo perché hai paura di sentire cosa dice Harry nel caso in cui…”,
iniziò a dire Ludo, ma io la bloccai prima che potesse terminare di dire
quell’idiozia.
“Non è
assolutamente vero!”, dichiarai, totalmente presa dai mille palazzi, dalle
vetrine, dal cielo stranamente azzurro e dai pullman rossi che percorrevano la
strada.
“Dimostracelo.”,
mi provocò Ross con aria di sfida, ma non me ne curai affatto, affascinata da
quelle mille bellezze.
Annuii
soltanto, dandogliela vinta senza neppure replicare.
Passammo
tutta la mattinata in giro, a fare foto ed ad accumulare figure di merda.
Rossella
aveva provato per ben tre quarti d’ora a far ridere la guardia davanti al Buckingham
Palace, senza alcun risultato ed alla fine era stata pregata, o per meglio dire
obbligata, ad allontanarsi, per non arrecare ulteriore disturbo al personale in
servizio da un uomo pelato con giacca e cravatta.
Io e Ludo
avevamo riso per tutto il tempo quando lei si era resa conto che quello non le
stava chiedendo di farsi fare una foto con la guardia, ma di andare via.
Lei ci era
rimasta di sasso, poi si era scusata ed era corsa da noi.
Aveva borbottato
per un po’, mentre noi la deridevamo, poi aveva incontrato un ragazzo con i capelli
e gli occhi chiari, uno dal tipico aspetto inglese, con il quale aveva iniziato
a filtrare ed era tornata a sorridere come prima.
A pranzo ci
eravamo fermate in un piccolo locale, dove avevamo potuto assaggiare i
cosiddetti fish and chips, che
decisamente non rientravano tra i cibi che io avrei definito commestibili, ma
non avrei potuto non mangiarli proprio a Londra. Infondo, ma molto infondo, non
mi erano poi sembrati così male, ma forse era la fame a farmi dare giudizi
tanto poco accurati.
Alle
quattro, esauste, eravamo tornate in albergo, anche in vista dell’intervista
radiofonica che ci sarebbe stata alle quattro e mezzo.
Non appena
misi piede in stanza, mi spogliai e andai a farmi una doccia.
Quando
riuscii dal bagno, con indosso un semplice pantaloncino ed una canotta ed i
capelli bagnati legati in una coda, la radio era già sintonizzata sulla
frequenza che dedussi essere quella dove di lì a poco avrebbero parlato i One
Direction.
Ross e Ludo
erano stese sui letti, con le teste rivolte in direzione di quella piccola
scatolina che emetteva suoni. Le loro espressioni erano concentrate e le
orecchie tese all’ascolto.
Mi sdraiai
accanto a Ludo, rimanendo in religioso silenzio mentre le note di una canzone a
me sconosciuta si propagavano per la stanza.
“Ora
inizia!”, trillò elettrizzata Ross, controllando l’orario sul display del
cellulare.
“Ross,
calma! Non è poi così importante!”, dissi per smorzare il suo eccessivo
entusiasmo.
“Non fare la
guastafeste e sta zitta che sta per iniziare!”, mi rimproverò lei senza neppure
guardarmi, concentrando tutte le sue attenzioni sulla radio sotto i suoi occhi.
Non risposi
neppure, consapevole che non sarei riuscita a farla ragionare tanto facilmente
e la situazione sarebbe degenerata se lei avesse perso anche un solo secondo
dell’intervista.
Il programma
era ovviamente in inglese, quindi non fu semplice seguirlo dall’inizio alla
fine.
“Salve cari
ascoltatori! Oggi qui con noi ci sono i One Direction!”, annunciò una voce
femminile.
Solo al
sentire quel nome Rossella scattò seduta sul letto, come se quella posizione
l’avesse aiutata a capire meglio tutte le parole.
“Allora,
sappiamo che a fine estate uscirà il nuovo album. Cosa ci dite al riguardo?”,
chiese sempre la stessa voce che dedussi essere quella della conduttrice.
Fu Liam a
rispondere a quella prima domanda, lo capii dal tono di voce.
“È diverso
dagli altri, è più sentito, più nostro. Siamo cresciuti tanto in questi anni,
siamo maturati e stiamo cercando di dimostrarlo anche attraverso le nostre
canzoni. Molti dei testi delle canzoni del nuovo album sono stati scritti
interamente da noi, in momenti particolari delle nostre vite. Speriamo solo di
riuscire a trasmettere le stesse emozioni che abbiamo provato noi
producendolo.”, concluse.
Rimasi
sorpresa da quelle parole. Avevo sempre pensato a loro come una banda di
mocciosi ed in quello momento, invece, mi accorgevo che in realtà erano semplici
ragazzi che stavano crescendo sotto i riflettori che mezzo mondo gli aveva
puntato addosso.
“Quando ci
sarà il prossimo tour?”, domandò ancora la donna.
Questa volta
fu Zayn a prendere la parola.
“Per il
momento non è in programma, almeno non per l’immediato, anche perché siamo da
poco tornati dall’ultimo. Abbiamo confermato la partecipazione a molte serate
per i prossimi tre mesi, poi se tutto procede secondo i piani, il prossimo
inverno potremmo essere impegnati in un tour mondiale.”, spiegò il ciuffo.
Anche la sua
voce mi parve più riflessiva del solito, più seria, matura e meno
giocherellona.
Sì, erano
soltanto dei ragazzi, ma in quel momento mi sembravano uomini.
“Speriamo di
rivedervi presto sul palco, allora!”, scherzò l’intervistatrice, per poi
proseguire con altre domande riguardanti la loro carriera artistica.
“Non vorrei
essere indiscreta, ma in questo momento ci stanno arrivando in redazione
numerose domande dai fans riguardo alla vostra vita sentimentale. Posso
leggerne qualcuna?”, propose quasi in tono giocoso dopo che ebbe terminato con
quella sottospecie di interrogatorio durato ben oltre una quindicina di minuti.
“Perché
no!”, sentii parlottare ma non capii bene da chi provenisse, forse era soltanto
un insieme dei loro assensi.
“Allora, la
prima domanda è per il nostro Niall. Ci chiedono chi è quella biondina con la
quale sei stato avvistato a Roma. Non sarà la tua ragazza?”, lo provocò la
donna.
Si levò una
risata collettiva prima che il biondino potesse rispondere.
Spostai lo
sguardo su Ludovica: aveva le guance rosse per l’imbarazzo e si sventolava una
mano davanti al viso come per farsi aria.
Sorrisi, poi
le tirai un leggero buffo.
“Hai capito
tu e Niall?!”, la presi in giro e lei mi sembrò voler sprofondare con la testa
nel cuscino che teneva tra le braccia.
“Shhhhh! Fa
sentire cosa risponde!”, si lamentò Rossella.
“Si tratta
di un’amica alla quale sono davvero molto legato.”, disse soltanto ed il suo
tono di voce era chiaramente imbarazzato.
“Solo
un’amica?”, replicò la donna quasi delusa.
“No.”,
sentii dire da quello che mi parve Louis.
“Si.”,
controbatté Niall.
“No.”, fu
ancora la volta di Louis, subito seguita da una serie di risate.
“Va bene
ragazzi, passiamo alla prossima domanda!”, li interruppe quella voce femminile.
“Liam, cosa ci dici riguardo alla tua storia con Danielle? È vero che tira aria
di crisi?”, domandò.
“Assolutamente
no, anzi. Siamo felicissimi ed innamoratissimi, anche se non riesco a capire
perché la gente continui a mettere in giro falsi pettegolezzi sul nostro conto.
Lavoriamo entrambi, è normale che non possiamo trascorrere ogni istante delle
nostre vite insieme, ma io mi fido di lei e lei di me.”, spiegò lui, subito
seguito da uno strano sottofondo di cori che lo prendevano in giro.
“Il nostro
Liam è un vero romanticone!”, commentò Harry con voce spensierata e allegra.
Era la seconda
volta che parlava da quando era iniziato il programma, la prima aveva risposto
ad una domanda sui progetti futuri del gruppo.
“Questa
domanda, invece, è per Louis. Le tue fans ti chiedono se Eleanor mangia carote,
perché in tal caso molte di loro sarebbero disposte a buttarne giù a quintali
per te!”, esclamò divertita l’intervistatrice.
Anche Louis
rise mentre rispondeva a quell’assurda domanda.
“No, anzi,
le detesta!”, riuscì solo a dire, prima di ripartire con un’altra risata.
“Insomma
care fans, fatevi avanti!”, disse la donna rivolgendosi alle ascoltatrici.
“Certo,
fatevi avanti e la sua ragazza sarà ben lieta di spezzarvi le gambe!”, borbottò
ironico Zayn, facendo ridere tutti.
“Ecco Zayn,
la prossima domanda è proprio per te. Qual è il tuo metodo per sedurre una
ragazza?”, chiese sempre la solita voce femminile.
“Non ci sono
metodi, succede e basta.”, rispose lui risoluto, subito acclamato dagli amici.
“Ha ragione,
però.”, sbottò Rossella in un sussurro.
“È vero che
hai ripreso i contatti con la tua ex Perrie Edwards?”
Rossella si
fece più vicina alla radio.
“No, sono
solo voci che girano.”, negò in maniera molto semplice e chiara che mi fece
quasi dubitare.
Feci finta
di nulla, non volendo far ripercuotere i miei dubbi sulla mia amica, ancora
intenta a cercare di capire cosa avesse detto il ragazzo con il quale faceva
sesso.
“Harry, è il
tuo turno.”, lo informò la donna che li stava intervistando. “Pare che anche tu
abbia trovato qualcuno in Italia.”, ammiccò quella.
Avvampai.
“Sì, in
effetti ho trovato un cane e due gatti.”, scherzò lui, ma nella sua voce mi
sembrò esserci della leggera tensione.
Scoppiarono
tutti in una risata alla sua battuta, comprese Ludo e Ross, io invece rimanevo
in bilico sul filo di un rasoio, in attesa che rispondesse a quella domanda.
“Andiamo,
Harry. Ti dice nulla la moretta che è stata fotografata ieri davanti casa
tua?”, domandò la donna.
Merda. Ma come facevano a sapere sempre
tutto?
Si sentiva
qualcuno sogghignare, le mie amiche tenevano lo sguardo fisso su di me, io
invece pendevo dal suono di quella voce alla radio.
“Eleanor, la
fidanzata di Louis?”, provò allora a dire Harry rimanendo sul vago.
“Hazza, non
tirare in mezzo la mia ragazza per coprire Ju..”, le parole gli morirono in
gola quando si accorse di quello che aveva appena rivelato.
“Dunque il
suo nome inizia per J?”, domandò la
presentatrice sulla scia di quell’idiota.
Nello studio
calò il silenzio per qualche secondo, gli stessi che io trascorsi in completa apnea,
aspettando che il riccio riprendesse.
“Che ne dite
di cambiare argomento?”, propose allora Harry.
“Ma come?
Sul più bello?”, protestò la donna.
“Al massimo
il più bello sono io!”, s’intromise Louis, forse per far distogliere l’attenzione
dall’amico.
“Certo,
l’importante è che almeno tu ci creda!”, continuò Liam come per dar vita ad una
sorta di gioco che avrebbe portato la conversazione lontana da quell’argomento.
Non aveva risposto.
Non sapevo
se esserne felice o meno.
Continuarono
a scherzare ancora per qualche secondo, prima di essere interrotti dalla voce
della conduttrice.
“Bene, anche
per oggi il tempo a nostra disposizione è scaduto! Prima di andare via vi
lascio ascoltare i One Direction, in esclusiva qui sul nostro canale radio!”,
annunciò, poi la musica di ‘What makes
you beautiful’ partì ed i ragazzi iniziarono a cantare il testo di quella
canzone.
Anche
Rossella e Ludovica presero a canticchiare, mentre io mi alzavo dal letto per
andare ad asciugarmi i capelli in bagno.
Quando
tornai in camera la radio era spenta. Mi avvicinai al mio letto e presi il
cellulare che avevo lasciato sul comodino, notando che c’era un messaggio non
letto.
Sorrisi
quando lessi che era di Harry.
Mi diceva
che sarebbe passato a prendermi alle otto, mentre Niall sarebbe venuto a fare
compagnia a Ludo per non lasciarla sola, o almeno questa era la versione ufficiale dei fatti.
Ross era già
stata invitata a casa di Zayn.
Controllai
l’orologio, rendendomi conto che erano già le cinque passate, così decisi di
iniziare a passare in rassegna tutti i miei vestiti, per stabilire quali
sarebbero stati i più adatti per l’occasione e, non sapendo dove mi avrebbe
portata, fu davvero un’impresa difficile.
Erano ormai
le sette quando terminai quell’accurata analisi, decidendo di indossare una
semplice gonna di jeans con una camicetta bianca molto particolare e delle
ballerine dello stesso blu della borsetta a tracolla che avevo deciso di
utilizzare.
Così, senza
indugiare oltre, iniziai a prepararmi.
Ludo rimase
a vedere un film per tutto il pomeriggio, mentre Ross ne approfittò per dormire
visti i programmi che prevedevano la sua serata.
Appena
terminai, scesi giù nella reception dell’albergo, trovando Harry seduto di
spalle su uno dei divanetti, particolarmente appartato, che mi aspettava.
“Finalmente!”,
si lasciò scappare con un sorriso sulle labbra quando da dietro gli coprii gli
occhi con le mani.
Rimasi quasi
delusa dal fatto che mi avesse riconosciuta subito.
“Come facevi
a sapere che ero io?”, gli chiesi liberandogli la vista.
Lui si alzò,
venendomi accanto.
“Solo tu
puoi ancora fare questi giochetti a diciotto anni suonati.”, scherzò con un
sorriso beffardo sulle labbra.
Gli feci il
verso, aggrottando la fronte ed arricciando il naso, mentre muovevo le labbra
senza preoccuparmi di rendere bene il labiale.
“Sei buffa.”,
commentò lui ridendo.
“Almeno io
faccio ridere la gente, tu invece la fai piangere!”, ribattei giusto per dire
qualcosa, anche se quella frase non aveva davvero molto senso.
Lui allargò
ancora di più il suo sorriso, cosicché si scavassero due fossette per
incorniciarlo.
“Sì, ma
dall’emozione di starmi accanto.”, precisò.
Feci roteare
gli occhi.
“Hai
intenzione di portarmi da qualche parte o restiamo qui?”, gli chiesi con tono
scettico.
“Ti porterò
in un altro mondo.”, rispose lui con tono teatrale mentre i suoi occhi
luccicavano all’idea di aver detto una frase ad effetto.
Gli lanciai
un’occhiata di sufficienza.
“Riccio, non
provare a rifilarmi le parole delle tue canzoni perché tanto con me non
attacca.”, lo canzonai con aria da saputella.
Lui rise.
“Sapevo che
prima o poi le avresti imparate tutte.”, disse gongolando di gioia.
Stavo per
rispondergli a tono, dicendo che era tutta colpa delle sue fans pazze scatenate
che mi ritrovavo per amiche, ma lui fu più veloce di me e mi bloccò sul
nascere.
“Non provare
a dirmi che è a causa di Ella e Ludo perché tanto non ci crederei.”, dichiarò
incrociando le braccia al petto.
Fu in quel
momento, quando lui menzionò le mie amiche, che mi ricordai dell’intervista di
quel pomeriggio.
Forse avrei potuto chiedergli… no!
Ma forse… no! No, no e ancora no!
Assolutamente no.
Andiamo, ma… no.
“Tutto
bene?”, mi chiese Harry facendosi più vicino.
Annuii
soltanto, cercando di scacciare via quei pensieri dalla mia mente.
“Se non ti
conoscessi bene, quasi crederei che sei stata finalmente colpita dal fascino di
Harry Styles!”, ironizzò lui afferrandomi le mani per tirarmi più vicino a lui.
Era
stranamente intima e piacevole quella posizione.
Le mie mani
erano intrecciate alle sue poco sotto il suo petto, quasi gli sfioravo la maglietta
beige che indossava.
Sentivo il
suo sguardo fisso sulla mia testa, abbassata, così mi sentii quasi costretta ad
alzarla.
Fui subito
accolta dai suoi occhi che mi fissavano con fare rassicurante e da un dolce e
caldo sorriso.
Ma forse non era del tutto una catt… no.
Non m’interessava saperlo! Io ed Harry
eravamo soltanto amici!
E allora perché continuavo a chiedere a me
stessa il permesso di chiederglielo?
Forse perché sapevo anche io che era
sbagliato?
Al diavolo tutto!
“Harry,
perché non hai risposto a quella domanda alla radio?”, gli domandai tutto d’un
tratto con un filo di voce, imbarazzata come non mai.
Lui scrollò
lievemente le spalle con fare impacciato.
“Non sapevo
cosa dovevo o potevo dire. Non sapevo neppure cosa tu volessi sentire.”,
confessò con un sussurro, non interrompendo il nostro contatto visivo.
Era sincero,
lo leggevo nei suoi occhi.
Ma quel
momento di serietà durò soltanto un istante, del resto stavamo pur sempre
parlando di Harry Styles.
“Se vado in
giro a dire che ci frequentiamo mi scuoi vivo?”, mi chiese scherzando, mentre
con le dita giocava con le mie sul suo petto.
Il mio cuore
perse non uno, forse una decina di battiti al suono di quelle parole.
Ero come
estasiata e per un attimo mi ritrovai in un mondo parallelo dove stavano
suonando campane a festa e il riso cadeva sopra la mia testa.
Ecco, forse non era quella la reazione che
avrei avuto se lui fosse stato solo un amico.
Ma perché a me piaceva Harry Styles,
diamine!
Ovvio che non poteva essere solo un amico e
la cosa buffa era che lo sapevo da sempre e mai avevo avuto il coraggio di
ammetterlo!
Sì, forse in futuro avrei dovuto dare
maggior ascolto alle parole di Rossella l’indovina.
“Se vado in
giro con la tua testa come trofeo di battaglia dici che mi arrestano?”, borbottai
imitando il suo tono di voce, troppo orgogliosa per ammettere che avrei fatto i
salti di gioia, piuttosto che scuoiarlo.
“Forse, ma
tu non ammazzeresti mai il ragazzo con cui esci.”, controbatté lui, poggiando
la sua fronte a contatto con la mia e subito un brivido percorse veloce tutta
la mia schiena.
Perché ogni più piccolo contatto con lui era
capace di mandarmi tutta in subbuglio?
“E chi ti
dice che io e te usciamo insieme?”, lo provocai a pochi centimetri dalle sue
labbra, cercando di non concentrarmi su quelle perché altrimenti avrei finto
per baciarlo, incapace di tenere a freno i miei ormoni.
“Il fatto
che tu abbia accettato l’invito di stasera ti dice qualcosa?”, soffiò sulle mia
pelle con tono particolarmente roco, provocandomi tanti altri piccoli ma
intensi brividi.
Mandai giù
della saliva, cercando di riprendermi dal penoso stato in cui mi ritrovavo per
colpa del riccio.
“Non avevo
di meglio da fare?”, suggerii, mentre lui faceva aderire una mia mano
completamente al suo petto, sormontata dalla sua, all’altezza del cuore.
Batteva
forte ed irregolare esattamente come il mio.
“In effetti
nulla sarebbe meglio di me.”, constatò ammiccando con un sorrisetto malizioso
sulle labbra.
E, diamine, quanto aveva ragione!
“Il solito
modesto.”, borbottai ironica cercando di non avvampare.
“Facciamo
così.”, mi propose allora. “Io la smetto di fare l’egocentrico e tu mi dai il
permesso di dire che ci stiamo frequentando, ovviamente senza terzi di mezzo.”,
concluse con un sussurro sulle mie labbra, ormai davvero troppo vicino.
“Mi stai
ricattando?”, gli chiesi quasi balbettando.
Lui sorrise.
“Se
funziona, si.”, rispose guardandomi dritto negli occhi, tanto che mi ci persi
per l’ennesima volta.
“Funziona.”,
riuscii soltanto a dire, prima che le sue labbra si poggiassero delicate sulle
mie per pochi secondi.
Quando si
allontanò di quel tanto che serviva per far incrociare i nostri sguardi
sorrideva ancora.
“Ora
andiamo. Hyde Park ci attende.”, annunciò poi, prima di trascinarmi fuori
dall’albergo con la mano ancora intrecciata alla sua.
Diamine, se non mi piaceva quel ragazzo!
---
Angolo Autrice
Carissime carotine mie!!*.*
Ecco il nuovo capitolo, come promesso!:D
Questa volta non riesco proprio a dilungarMi perché sono di frettissimissima...
Insomma, tra gli arretrati di storia, il dentista e gli amici
di tempo ne rimane davvero ben poco!-.-
Come vedete, però, qualche minuto per aggornare l'ho trovato...
ma non sono bravissima??xD
Ma anche no, insomma!!xD
Ok, in questo capitolo le cose vanno ancora meglio...
E ci avviciniamo sempre di più alla fine...
Vabbè, c'è poco da dire,
solo che questi due continuano ad andarci con i piedi di piombo,
però almeno qualche progresso c'è stato!:D
Ringrazio quelle meravigliose persone che leggono,
inseriscono la storia tra preferite, ricordate o seguite
e quelle splendidissime persone che trovano il tempo per lasciarmi una recensione...
grazie di cuore!!!*.*
Ah, ancora non ho risposto, ma lo farò immediatamente!;)
Fatemi sapere cosa ne pensate, se vi va!
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 27 *** Everything about you. ***
k
Every piece of your heart
Everything
about you.
Non vedevo
Harry dalla sera in cui eravamo stati all’Hyde Park ed il fatto che in quei
giorni fosse pieno di impegni per la pubblicazione del video della canzone
girato in Italia ne era la causa.
Ci eravamo
divertiti tanto quella sera, davvero, ma al mio rientro in hotel ero stata
accolta da una brutta, bruttissima scena.
Rossella, in
lacrime, si disperava tra le braccia di Ludo, di Niall non c’era più neppure la
traccia.
Zayn le
aveva appena comunicato che la loro storia, se tale si potesse chiamare, non
poteva più continuare. Solo quando la vidi in quello stato, con il trucco tutto
colato e le lacrime che scendevano senza tregua, la voce rotta dal pianto ed il
corpo tremolante, capii che forse in realtà per lei Zayn non era mai stato solo
quello con qui aveva fatto sesso qualche volta.
Mi sentii
male quando realizzai che, così presa da Harry com’ero, non mi ero neppure resa
conto di quello che stava succedendo alla mia amica.
Il giorno
successivo, dunque, lo passammo in giro per Londra a cercare di farla
divertire, non con troppi risultati ovviamente.
“La smettete di fare le coglione?”, aveva
provato a dire per l’ennesima la rossa con le braccia incrociate al petto
mentre io e Ludo ci fingevamo conigli in giro tra i prati verdi di un parco
londinese.
“Ma se siamo superdivertenti!”, mi ero
difesa allora, con un sorriso sulle labbra, sperando di contagiare anche lei
con il mio buon umore.
“Siete solo ridicole!”, aveva borbottato
Ross a denti stretti.
“Dai, vieni anche tu con noi!”, aveva
esclamato Ludo prendendola sotto braccio, trascinandola di peso, ovviamente.
“Giuro che se non ridi all’istante ti butto
nel laghetto lì dietro!”, l’avevo minacciata con aria giocosa.
“Non mi va di ridere.”, aveva bofonchiato.
Io mi ero avvicinata, prendendola
sottobraccio dall’altro lato, poi insieme a Ludovica ci eravamo dirette verso
un piccolo laghetto che si apriva nel bel mezzo del verde.
“Ne sei ancora convinta?”, aveva replicato
Ludo lanciandole un’eloquente occhiata in direzione dell’acqua.
Lei aveva sospirato, poi aveva messo su un
finto sorriso, poi mi aveva guardata quasi come a chiedere se ora fossi
soddisfatta.
“Potresti fare di meglio… ma per ora mi
accontento.”, le avevo concesso con aria titubante ma bonaria.
“Invece di stare qui a fare le cretine, se
proprio volete che mi riprenda, andiamo a conoscere qualche bel londinese, che
almeno mi distraggo un po’!”, aveva proposto lei e noi avevamo accettato di
buon grado.
Era il minimo che potessimo fare per non
farle pensare, anche solo per qualche minuto, a Zayn.
Quel giorno,
invece, il quarto da quando ero a Londra, avrei dovuto incontrare Harry, o per
meglio dire sarei dovuta andare a casa sua nel tardo pomeriggio.
Io e lui non
stavamo propriamente insieme, anche se il termine niente terzi implicava
comunque una certa serietà nel nostro rapporto. Non eravamo pronti a parlare di
sentimenti, ma ad entrambi piaceva la compagnia dell’altro, ma soprattutto a me
lui piaceva e forse poteva ricambiare anche lui.
Mi preparai
alla svelta, dopo essere tornata dall’ennesima passeggiata per le strade di
Londra, ma quella mattina il tempo non aveva affatto aiutato. Il sole era
praticamente sparito per lasciar spazio alle peculiari caratteristiche
climatiche per cui era nota quella città.
Eravamo
state all’immancabile Hard Rock, tappa obbligatoria secondo le teorie di
Rossella, poi avevamo camminato fino a raggiungere Piccadilly Circus ed infine
avevamo fatto un giro al National Gallery, ovviamente costrette da Ludovica e
le sue manie da persona saggia e culturalmente attiva, ma almeno in quel modo
ci eravamo riparate dalla pioggia che era cominciata a scendere a catinelle.
Ogni volta
che dovevo vedere Harry ero scossa da una strana agitazione.
Da una parte
non vedevo l’ora che giungesse il momento in cui i nostri sguardi si sarebbero
incontrati, dall’altro mi preoccupavo di non essere mai pronta, di aver
indossato qualcosa di non adatto, di non essermi truccata nel modo giusto,
insomma, temevo di apparire brutta ed il confronto con le sue ex non aiutava
affatto.
Così, quando
finalmente arrivai a casa sua, ancora tremavo come una foglia, più per
l’emozione che per la maglietta leggermente bagnata dalla pioggia che non aveva
smesso di venir giù neanche per un attimo quel pomeriggio.
“Juls.”, mi
salutò lui venendomi ad aprire, accolta subito dal suo sorriso.
Al solito,
maledetto ragazzo, non indossava la maglietta, ma almeno apprezzai, ovviamente non
del tutto, che indossasse i pantaloni della tuta.
“Hazza.”,
ricambiai entrando in casa.
“Ma tu e il
nudismo andate molto d’accordo a quanto pare!”, commentai sarcastica mentre lui
chiudeva il portone alle sue spalle.
“Sì, in
effetti si tratta più di una filosofia di vita. Insomma, sarebbe un torto a
madre natura nascondere tutto questo splendore!”, scherzò lui sventolandosi una
mando davanti al busto nudo.
Evitai di
seguire con lo sguardo la direzione da lui suggerita, consapevole che i miei
ormoni avrebbero gradito anche troppo, e accennai ad un mezzo sorriso.
“Attento Michelangelo,
a quanto pare c’è qualcuno in giro che crede di essere migliore del tuo David!”,
lo presi in giro.
Lui
sogghignò, mentre si avvicinava a me. Mi prese le mani ed intrecciò le dita con
le sue, poi con il volto si fece sempre più vicino.
Mi sentivo
tremare. Il cuore batteva forte, tanto che temetti riuscisse a sentirlo persino
lui.
Mi sarei mai abituata a tutto questo?
“Sono
contento di rivederti.”, soffiò ad una spanna dal mio viso, con il fiato sulla
mia pelle.
Il mio cuore batteva ancora, vero? Vero?
Sorrisi al
suono di quelle parole, ma non ebbi eppure il tempo di rispondergli che le sue
labbra furono sulle mie per un leggero e dolce bacio.
“Non
prenderci la mano, Styles.”, lo ammonii cercando di camuffare la voce ansante e
roca, di certo effetto di quel suo fottutissimo bacio a fior di labbra.
“Se la
smetti di lamentarti ti porto in camera mia.”, mi propose, ammiccando con fare
malizioso.
Ecco, e ora cosa avrei fatto?
“Io ti dico di
non prenderci la mano a baciarmi e tu mi chiedi di fare sesso?”, borbottai
scettica ed imbarazzata come non mai per le parole che avevo appena detto.
Lui sorrise,
prendendo a giocare con una ciocca dei miei capelli.
“Ed io che
volevo solo mostrarti il mio letto!”, si difese con tono falsamente ingenuo ed
un’espressione scandalizzata in volto.
Sbaglio o aveva calcato la parola letto?
Avvampai
tutta d’un colpo.
“E poi sarei
io il pervertito.”, continuò a scherzare lui.
“Smettila di
fare il deficiente e andiamo a vedere questa camera!”, gli ordinai io, dandogli
un leggero scappellotto sulla nuca.
“Adoro le
ragazze che vanno dritte al sodo!”, dichiarò ancora facendomi l’occhiolino.
Bene, Harry era davvero impossibile!
Sbuffai
facendo roteare gli occhi, poi lui mi prese per mano e ancora sorridendo mi
portò al piano superiore.
Entrammo
nella seconda stanza sul corridoio di destra e subito capii che doveva essere
quella di Harry.
Era
costellata di foto, tante foto, che lo ritraevano con quelli che dedussi essere
i suoi genitori. In alcune aveva ancora i capelli biondi, come in quella che
avevo visto qualche giorno prima su uno scaffale della libreria.
Era in
disordine, ma me lo sarei aspettata.
Notai subito
i tre pacchetti di caramelle Haribo sul comodino accanto al letto, ma uno solo
era quello ancora intero, gli altri erano già a metà.
Sulla scrivania
era poggiato un portatile, sovrastato da mille post-it che gli ricordassero
tutti i suoi impegni.
Sulla sedia
c’era la giacca della tuta ed un sacchetto che mi sembrava contenere peluche e
bigliettini.
Notai subito
la foto che c’era su una mensola. Ritraeva Harry abbracciato ad una ragazza.
In un primo
momento ne fui quasi… gelosa.
Sì, insomma, perché mai teneva la foto con
lei in camera sua?
Ed io per qualche cazzo di motivo ne ero
gelosa?
La osservai
meglio, notando alcune caratteristiche del suo viso. Aveva i capelli scuri e
lisci, la pelle chiara e gli occhi chiari quasi quanto quelli di Harry. Ma fu
altro a darmi la conferma: il suo sorriso.
Il suo
sorriso era perfettamente identico a quello del riccio, persino la fossetta
sulla guancia sinistra che si vedeva in quella posizione.
“È tua
sorella?”, gli chiesi facendo qualche passo in direzione della foto.
“Ed io che
volevo farti credere fosse la mia amante.”, bofonchiò lui scherzando,
lasciandosi cadere a peso morto sul letto.
“Dai, vieni
qui! Giuro che tengo le mani a bada!”, disse poi ancora scherzando.
Poggiai la
borsa sulla scrivania, poi mi sedetti al suo fianco.
Lui spostò
un braccio sotto la testa, così da rivelare quel tatuaggio a forma di stella
che avevo notato anche l’altro giorno.
“Che
cos’è?”, gli chiesi allora, indicandoglielo.
“Una
stella.”, rispose facendo spallucce.
Ma grazie!
Non voleva parlarmene?
Lui parve
intuire le mie perplessità con uno sguardo.
Mi circondò
le spalle con il braccio destro, fino a farmi stendere accanto a lui.
Bene, cioè male.
Il mio corpo
era in completo subbuglio. Il mio stomaco faceva le capriole, si contorceva e
poi si accartocciava come una foglia secca, il mio cuore sembrava stesse per
uscire da un momento all’altro fuori dal petto per quanto battesse forte.
Le braccia
erano tese lungo il mio corpo.
“Rilassati.”,
mi sussurrò ad un orecchio Harry, per poi sorridermi in maniera dolce.
Provai a
seguire il suo suggerimento, così mi misi più comoda seguendo l’istinto per una
volta.
Scollegai il
cervello e poggiai la testa sulla sua spalla, mentre con un braccio gli
circondavo il busto poco più su della vita, girandomi leggermente di fianco in
sua direzione, in modo tale che almeno di sottecchi riuscissi a guardarlo in
viso.
Per un
attimo lui parve irrigidirsi al tocco della mia mano con la sua pelle nuda,
forse sorpreso da tutto quello spirito d’iniziativa che neppure sapevo di
avere.
“Rappresenta
i One Direction, una punta per ognuna di noi. E la frase ‘won’t stop till we surrender’ parla da sola.”, mi spiegò con un
filo di voce in risposta alla domanda che gli avevo fatto poco prima.
Il suo
respiro sulla mia pelle mi solleticava piacevolmente.
“Ne hai
altri di tatuaggi?”, gli chiesi allora e la mia voce mi sembrò anche fin troppo
annaspata.
“Qualcuno.”,
disse solo.
Fremetti
ancora quando il suo respiro sfiorò la mia pelle.
“Il più
bello comunque è quello con la lettera A che ho sul braccio.”, aggiunse poco
dopo mormorando.
Non riuscivo
a capire perché continuassimo a parlare così a bassa voce.
In casa non
c’era nessuno e quelle parole sussurrate non mi aiutavano affatto a mantenere
saldo il mio autocontrollo, ma non potevo non apprezzare quell’atmosfera intima
che si era creata.
Sussultammo
entrambi quando fummo colti dal rumore assordante di un tuono.
Harry portò
il braccio che teneva sotto la testa intorno ai miei fianchi, stringendomi più
forte.
“Non avrai
mica paura dei tuoni, cowboy?”, gli chiesi scherzando, non avendo però
dimenticato il discorso lasciato in sospeso su quella A.
Che fosse di Amber? Alice? Alexis? Alyssa?
Alyssa non era il nome di una sua ex?
“Potresti
anche abbracciarmi, invece di ridere dei miei timori.”, borbottò lui con un
finto broncio sul viso.
Lo strinsi
di più a me, facendo affondare la mia testa sulla sua spalla.
“La A,
invece, è per Alyssa?”, gli chiesi ancora sulla sua pelle, non avendo il
coraggio di guardarlo in faccia.
Lui teneva
la testa poggiata alla mia nuca.
“Potrebbe
essere.”, disse in un sussurro tra i miei capelli.
Mi scostai
di poco, affinché potessi guardarlo in faccia.
Aveva
un’espressione seria e mi scrutava attentamente con quegli occhi verdi.
“È… è stata…
è stata così importante per te?”, balbettai con la voce rotta dall’insicurezza.
Lui sorrise
soltanto.
“Sei
gelosa.”, sbottò tutto d’un tratto allegro e ilare.
“Ma se ti ho
solo fatto una domanda.”, controbattei.
Sì, ero gelosa, gelosa marcia! Gelosa che
sarei andata a casa di quella e gli avrei distrutto l’auto o tutto quello che
mi capitava a portata di mano.
“Sei gelosa,
sei gelosa, sei gelosa.”, iniziò a cantilenare lui sornione.
“Non sono
gelosa!”, negai cercando di liberarmi da quella sorta di abbraccio, ma lui mi
strinse ancora di più, così da tenermi incatenata a lui.
“Ammettilo
che sei gelosa!”, provò a dire lui ad un soffio dalle mie labbra.
“Io non dico
le bugie.”, dichiarai con fare risoluto mantenendo il contatto visivo che si
era appena creato.
“Ne hai
appena dette due allora.”, mi fece notare con aria da saputello.
“Andiamo,
non è una cosa brutta da dire! Anche a me dava fastidio vederti con quel
bamboccio che ti ritrovavi per fidanzato.”, disse scrollando le spalle.
Il mio cuore
perse un battito quando quelle parole giunsero al mio orecchio.
Si poteva morire di gioia?
“Tu non hai
detto che sei geloso, hai detto solo che ti dava fastidio!”, sottolineai
mettendo in risalto la piccola differenza che sussisteva tra i due termini.
Lui sorrise,
dando vita a quelle due fossette sulle sue guance, mentre ancora mi guardava
negli occhi.
“Ma era solo
per non fare una ripetizione.”, spiegò lui a pochi centimetri dalle mie labbra.
“Sono
geloso.”, confessò poi in un sussurro che arrivò forte e chiaro al mio
orecchio.
Smisi di
respirare, godendomi ogni attimo di quel momento. Era tutto perfetto.
Poi fummo
entrambi scossi da un altro tuono. Sogghignai quando Harry d’istinto si
avvicinò ancora di più a me, stringendomi forte.
“Forse
potrei esserlo anche io.”, ammisi con un mezzo sorriso e voce tremolante.
Lui sorrise.
“Forse la A
potrebbe essere l’iniziale di Anne, mia madre.”, mi spiegò ancora troppo vicino
per permettermi di pensare con lucidità.
Sua madre? Cioè dico, sua madre?
“Sei un
imbroglione!”, mi lamentai, mentre con la mano destra passavo le dita tra i
suoi ricci.
Lui si
mordicchiò il labbro, trattenendo una risata.
“Forse
potremmo provare a stare insieme, ufficialmente dico.”, sussurrò ancora, continuando
quel gioco dei forse, scrutandomi bene con gli occhi.
Ma voleva farmi morire quel giorno?
Si, oui, yes, ya! Certo! Come, dove e quando
vuoi!
Bastava come risposta?
Mandai giù
della saliva, cercando di rimanere concentrata.
Lui era
Harry Styles ed io semplicemente Giulia, non poteva funzionare.
Lui aveva
avuto tante di quelle storie da perderne il conto, mentre le mie si potevano
contare sulle dita di una sola mano.
Quanto tempo sarebbe passato prima che si
fosse stancato di me?
“Forse non
sarebbe proprio una buona idea.”, mormorai con il cuore in gola che si dimenava
per raggiungere il mio cervello e ammazzarlo sul colpo.
Harry si
scostò di poco, guardandomi basito e
sorpreso.
“Perché?”,
mi chiese soltanto con un filo di voce talmente flebile che lo sentii a stento.
Scrollai le
spalle, non sapendo come, ma soprattutto cosa avrei dovuto dirgli.
“Andiamo
Harry, tutti sono a conoscenza della tua vivace vita sentimentale.”, riuscii
solo a dire, facendomi del male con le mie stesse parole.
“Juls, io
sono qui. Sono con te ora.”, sussurrò per rassicurarmi.
“Appunto!”,
sbottai con tono isterico senza neppure rendermene conto sotto il suo sguardo
incredulo.
“Ora sei con
me, chissà tra un’ora o tra un giorno!”, continuai.
Bene, se
prima avevo dato la parvenza di essere una donna aperta alle varie prospettive
e matura, in quel momento invece sembravo la classica fidanzatina gelosa,
possessiva ed insicura dei film romantici, drammatici e strappalacrime.
Lui avvicinò
il suo viso al mio, facendo sfiorare i nostri nasi, poi passò una mano sui miei
capelli, sistemandomi meglio una ciocca dietro all’orecchio.
“Il mo primo
bacio l’ho dato ad undici anni, a scuola, la mia prima fidanzata a dodici. La
prima volta che ho fatto sesso ho avuto paura di aver messo incinta la ragazza
anche se avevo usato il preservativo ed avevo quindici anni. È vero, sono stato
con una donna ben più grande di me ed anche con una sposata, negli ultimi tempi
ho avuto molte frequentazioni, ma sono tutte storie passate.”, confessò tutto
d’un fiato, con un filo di voce, quasi si vergognasse di dire quelle cose o
temesse la mia reazione.
Rimasi
immobile per qualche secondo, analizzando le sue parole, poi fui scossa da un
altro tuono.
Presi un
respiro profondo prima di parlare.
Non avevo
molta scelta. Era il suo passato quello, non potevo cambiarlo ed escluderlo dal mio futuro era un’opzione che
non prendevo neppure in considerazione.
“Ah, ed il
mio vero primo amore è stato Louis Tomilinson.”, disse cercando di rimanere
serio, senza scoppiare a ridermi in faccia, ma dai suoi occhi si capiva
benissimo che mi stava prendendo in giro.
Forse voleva
solo far alleggerire la tensione. Mi lasciai andare anch’io ad una risata
soffocata.
“E
riusciresti a sedare i tuoi bollenti spiriti?”, gli chiesi cercando di sembrare
ironica, ma in realtà pendevo dalle sue labbra, dalla risposta che mi avrebbe
dato.
“Sì.”, disse
soltanto con tono deciso e sicuro, guardandomi negli occhi.
Sì.
Sorrisi,
mentre con una lentezza estrema colmavo quella breve distanza che separava le
nostre bocche, mentre sentivo l’attesa logorarmi.
Sfiorai le
sue labbra con le mie e lui, ovviamente, non perse l’occasione per approfondire
il bacio, procurandomi una serie di frastornate sensazioni che mi scorrevano
veloci nelle vene raggiungendo ogni parte del mio corpo, dalla punta estrema
dei miei capelli a quella dei miei piedi.
Ogni cellula
voleva esplodere di gioia, ma allo stesso tempo mi sentivo mancare il fiato.
“Dovresti smetterla
di leggere tutte quelle idiozie sul mio conto.”, dichiarò Harry non appena
allontanammo di poco i nostri visi, incrociando i nostri sguardi.
I suoi occhi
erano verdi e limpidi.
“Per credere
solo a quello che dici tu?”, gli chiesi scettica sulle sue labbra.
“Sarebbe
un’ottima idea.”, sogghignò lui.
“Hazza, mi
stai chiedendo il permesso per tradirmi e farmi credere che non sia vero?”,
scherzai io guardandolo torva.
Harry si
fece scappare una leggera risata, prima di stringere più forte le mie spalle, così
da fare aderire i nostri corpi.
“Lo sai che
non lo farei. Però per valutare l’ipotesi del tradimento vuol dire che stiamo
insieme.”, mi fece notare lui giocando con il mio naso.
Inutile
descrivere tutte le sensazioni che provai in quel momento.
Gioia,
felicità, completezza, persino un briciolo di imbarazzo e… amore.
“Diciamo che
ci proviamo.”, asserii io prima di ribaciarlo.
E diamine come baciava!
---
Angolo Autrice
E rieccomi, ragazzuole!!:D
Non sono mai andata di fretta come in questo momento, quindi sarò brevissima
visto che tra un'ora devo partire e sono ancora in pigiama e
la valigia ancora disfatta.-.-"
Comunque sia, il momento è finalmente giunto!!
Insomma, questi due stanno insieme!!
Anche se... Tra Ross e Zayn non va più tanto bene...
Il capitolo è piuttosto romantico,
quasi mi sono venute le carie quando l'ho scritto!xD
Vorrei ringraziare quelle magnifiche persone che
hanno inserito la storia tra ricordate, preferite o seguite...
veramente grazie!!*.*
Ringrazio anche i lettori, quasi non riuscivo a credere alle cifre delle visite!!:D
E grazie a quelle splendidissime persone che hanno lasciato una recensione!!!<3
Cercherò di rispondere a tutti,
appena trovo anche un solo attimo, giuro!!!;)
Anche perché vi adoro troppo per non ringraziarvi uno ad uno!!!:D
Il capitolo è dedicato alla cara giu_giu_ che oggi compie 18 anni!!!
Tantissimi auguri carotina!!!:D
Ok, ora devo davvero scappare...
Spero il capitolo vi piaccia,
in ogni caso mi fareste davvero molto felici lasciando anche solo un piccolissimo commento!!;)
Sabato nuovo capitolo!:D
Alla prossima!!!:*
Astrea_
|
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Capitolo 28 *** You’re my kryptonite. ***
g
Every piece of your heart
You’re
my kryptonite.
Il tempo a
Londra trascorse molto più velocemente di quanto avessi voluto.
Ludovica era
ufficialmente impegnata con il caro, dolce e mangione Niall, mentre Rossella
sembrava essersi almeno in parte ripresa da quella che era stata la sua prima
vera cotta.
“Devo comunicarvi una cosa.”, ci aveva detto
un pomeriggio Ludovica, sedendosi con fare strategicamente calmo e neutro accanto alla rossa.
“Insomma, io pensavo che fosse una cosa
piuttosto seria tra me e Zayn!”, si era lamentata Ross sbattendo i pugni sul
materasso del letto, senza curarsi minimamente dell’affermazione della bionda.
“Andiamo, tra voi due non c’è mai stato
nulla di serio!”, borbottai forse con voce troppo acida, tanto che la vidi
trucidarmi con lo sguardo.
“Devo dirvi una cosa.”, aveva ripetuto Ludo,
questa volta con fare più deciso.
“Solo perché la nostra relazione all’inizio
si basava sul sesso, non significa che io non mi sia poi legata a lui!”,
replicò la rossa incrociando le braccia sotto al seno, in segno di sfida.
“Ma
tu non eri quella che si voleva godere la vita?”, l’avevo provocata,
avvicinandomi a lei di qualche passo.
Sbuffò, poi abbassò lo sguardo in direzione
del pavimento della stanza.
“Io dovrei ancora dirvi una cosa!”, aveva
riprovato allora Ludovica.
“E dilla, allora!”, aveva sbottato Rossella,
forse ancora scossa da quella conversazione.
“Io e Niall ci siamo baciati!”, aveva
sussurrato con gli occhi puntati sulle mani che intrecciava con fare frenetico.
“Cosa?!”, avevamo esclamato io e Ross, con
il tono di voce più alto di un’ottava, gli occhi sgranati e le labbra schiuse
per la sorpresa.
“Ma cosa aspettavi a parlare?”, l’aveva
quasi rimproverata la rossa pochi secondi dopo.
“Ci ho provato, ma eri troppo presa dall’effetto
Zayn!”, aveva borbottato Ludovica facendo spallucce, come per discolparsi.
“Ma racconta, vogliamo i dettagli!”, l’avevo
esortata io, prima che l’uragano Rossella si abbattesse prepotentemente su di
lei per estorcerle quante più informazioni possibili con un interminabile fiume
di domande.
Io ed Harry,
invece, continuavamo a vederci ogni momento che fosse possibile, anche se i
suoi impegni erano sempre tanti.
A quelli si
aggiungevano le fans in calore, le numerose richieste d’amicizia che mi erano arrivate
su facebook da quando era iniziata a circolare la voce che Harry stesse
provando a sedurmi ed anche qualche minaccia sparsa in giro per la rete.
Io avevo
bellamente ignorato tutto, continuando a godermi quei giorni con Hazza,
consapevole che presto sarei dovuta ritornare a casa, ma i miei genitori non
erano stati ben lieti di leggere il mio nome spiattellato su internet accanto a
quello del cantante dei One Direction.
“Giulia, puoi spiegarci cosa sta succedendo
lì a Londra?”, mi aveva chiesto mia madre con tono intimidatorio dall’altro
capo del telefono.
Non avevo capito sin da subito a cosa si
riferisse, ma poi avevo sentito la voce di mio padre in sottofondo e tutto si
era fatto più chiaro.
“Voglio sapere chi è quel riccio da quattro
soldi!”, aveva urlato in preda ad un attacco d’ira.
Oh cazzo.
“Allora, hai sentito tuo padre, no? Chi è il
tipo?”, aveva ripetuto mia madre con voce più calma, forse credendo che in quel
modo sarei stata meno restia a confidarmi con loro.
Avevo preso un lungo respiro, come per farmi
coraggio prima di andare al patibolo.
“Diciamo che è il mio ragazzo.”, avevo detto
poi tutto d’un fiato.
“Come diciamo? Come tuo?”, aveva sbraitato
mia madre.
A quel punto avevo sentito un repentino
scatto, prima che dalla cornetta risuonasse la voce altisonante e arrabbiata di
mio padre.
“Ora tu prendi il primo aereo per Roma e
torni a casa!”, tuonò lui.
Sospirai, cercare di farli ragionare mi
avrebbe impiegato più tempo del previsto.
“Hai capito, signorina?”, continuò lui con
tono stizzito.
“Dammi il telefono, ci parlo io.”, aveva
borbottato mia madre.
“Giulia, cara, ti rendi conto che quel
ragazzo è un personaggio famoso che ti sta solo prendendo in giro? Lo conosci
da appena una settimana!”, aveva detto mia madre con tono ovvio.
“Io lo conosco da mesi!”, avevo detto in
risposta, senza neppure rendermene conto.
“Ma allora è per lui che sei andata a
Londra?”, mi aveva accusato mia madre. “Giulia, torna immediatamente a casa!”, aveva
ordinato poi.
“Mamma, ma se non sapevo neppure dove
dovessi andare! Te l’ho detto milioni di volte che ha pensato a tutto Rossella,
altrimenti perché avrei chiesto a te di aiutarmi a fare la valigia non sapendo
cosa portare?”, le avevo chiesto retoricamente.
Lei parve pensarci un po’ su.
“Guarda, ti voglio credere solo perché non
sei mai stata bugiarda, ma questo non cambia il fatto che tu debba tornare a
casa.”, aveva detto dopo qualche minuto.
Ma era forse impazzita? Per perdermi poi gli
ultimi giorni con Harry? Ma assolutamente no!
“Mamma, ragioniamo insieme!”, avevo provato
a dire. “Tra tre giorni dovrei comunque tornare a casa, è inutile spendere
tutti quei soldi per anticipare il rientro di così poco!”, avevo costatato
mentre mentalmente mi complimentavo per la mia saggezza.
Davvero ottima mossa.
“Hai ragione, aspetta che ti passo tuo padre
che deve parlarti.”, aveva ammesso, con voce più calma.
“Giulia, ora mi spieghi perché io cerco
Lamberti su internet e mi esce la tua faccia con il riccio? Un riccio poi!”,
aveva inveito lui stordendomi quasi il timpano dell’orecchio che tenevo sulla
cornetta.
Ecco, cosa gli avrei detto ora?
“È il mio quasi fidanzato.”, avevo
sussurrato soltanto.
“Che vuoi dire?”, mi aveva chiesto lui con
fare burbero ed irruente.
“Che ci stiamo conoscendo meglio e che a me
piace tanto.”, avevo confessato sempre con un filo di voce, imbarazzata della
strana piega che aveva preso la conversazione con mio padre.
“Ma con tutti i normali ragazzi che ci sono
in Italia, proprio il cantante di Londra dovevi sceglierti?”, aveva continuato
lui senza darmi tregua.
Presi un altro respiro, cercando di rimanere
calma. Rispondergli a tono non avrebbe di certo giovato alla causa.
“Non posso decidere chi mi piace! E lui mi
piace davvero tanto.”, avevo detto franca.
Mio padre sospirò. Probabilmente si stava
calmando.
“Piccola mia, lo capisci che così ci saranno
molte complicazioni? Pensa ai giornalisti, alle riviste scandalistiche o di
gossip, ai paparazzi, alle minacce, all’università, a tutto!”, aveva quasi
balbettato lui palesemente preoccupato.
“Non m’interessa. Harry mi piace davvero.”,
avevo mormorato sorprendendomi per quanto la mia voce fosse stata sincera
nell’ammetterlo.
Sì, Hazza mi piaceva davvero.
Il resto
della conversazione si era rivelato solo una lunga serie di raccomandazioni ed
ammonimenti ai quali mi ero imposta di prestare attenzione, non con troppi
risultati, tanto che appena agganciai il telefono avevo già dimenticato tutto.
Avevo
raccontato ad Harry della telefonata, evitando accuratamente di dirgli come lo
avevo presentato ai miei, e lui era scoppiato a ridere, per poi dare completa
ragione ai miei genitori.
Roba da pazzi!
Quel pomeriggio
sarei partita per tornare finalmente a casa, a Roma.
Certo, non
ero del tutto entusiasta all’idea di lasciare Harry da solo a Londra, ma non
avevo altra scelta e già contavo i minuti che mi separavano dalla prossima
volta che ci saremmo visti, più o meno tra due settimane.
Avevamo
deciso di trascorre la mattina insieme, anche perché ovviamente lui non avrebbe
potuto accompagnarmi in aeroporto, il suo agente glielo aveva impedito.
Mi aveva
portato al museo delle cere, ma io lo avevo obbligato a mettersi occhiali da
sole e cappellino e vestirsi come una persona normale e non come quel gran pezzo di figo di Harry Styles, per
evitare che ad ogni passo qualcuno gli chiedesse un autografo o una foto. Anche
perché Harry, egocentrico com’era, non rifiutava affatto quelle piccole
attenzioni che gonfiavano ancora di più il suo già spropositato ego.
Quasi mi
prese un colpo quando scorsi quello che doveva essere Adolf Hitler tra i vari personaggi.
Avevamo
iniziato il giro concentrandoci prima sui personaggi come Spiderman, Hulk ed Indiana
Joans, poi lo avevo letteralmente trascinato vicino alla cera di Johnny Depp, pregandolo
di farmi una foto, ma ovviamente lui non aveva acconsentito, non da subito perlomeno.
Dopo circa dieci
ininterrotti minuti durante i quali non avevo fatto altro che farneticare a
pochi centimetri dalla faccia della cera dell’attore riguardo
all’insopportabile carattere del riccio e al mio incondizionato amore per il
personaggio che interpretava nel film Pirati dei Caraibi, si era arreso
sbuffando sonoramente, borbottando qualcosa del tipo pure delle cere devo preoccuparmi.
Fu poi il
turno di Freddie Mercury, dei Beatles e dell’inquietante Micheal Jeackson,
prima che Harry mi portasse di peso davanti alle cere di Marylin Monroe e Naomi
Campbell, mettendosi in pose equivoche per poi essere fotografato con
rassegnazione dalla sottoscritta.
“Lady D!”,
quasi urlai quando intravidi l’immagine della principessa Diana al termine del
corridoio.
“Vieni
Hazza!”, lo incitai prendendolo energicamente per il polso così da trascinarlo
con me davanti alla piccola statuetta che ritraeva la donna.
Era
bellissima, accuratissima, rifinita nei minimi dettagli, perfetta.
“Dai,
facciamo una foto!”, proposi allora cercando di coinvolgerlo nel mio
entusiasmo.
“E va
bene.”, acconsentì lui. “Dai, avvicina la faccia così la facciamo insieme!”, mi
suggerì indicando la sua guancia sinistra.
Storsi il
naso, fino a quel momento non avevamo ancora fatto una foto insieme, ci eravamo
alternati davanti alle varie cere.
Feci come mi
aveva detto e lui scattò la prima foto, poi rigirò la macchina fotografica tra
le dita, per vedere come fosse uscita.
“Uffa, il
tuo capoccione occupa tutto lo schermo!”, si lamentò con tono giocoso vedendo
che aveva preso solo la mia testa.
“È colpa del
fotografo che non riesce a centrare l’obiettivo.”, risposi con una smorfia.
Lui sospirò,
prima di tirare nuovamente il suo viso vicino al suo.
“Sorridi.”,
mi ricordò soltanto prima di scattare ancora.
“Ma bravo,
questa volta siete usciti solo tu e i tuoi capelli!”, sogghignai vedendo la
nuova immagine sul display della sua fotocamera.
Provammo per
altre tre volte a fare una foto, ma nell’unica in cui comparimmo entrambi,
Harry aveva tagliato la faccia a Lady D.
Insomma, con
la macchina fotografica non ci sapeva proprio fare.
“Da qua,
faccio io.”, dissi allora prendendo il comando di quella situazione, convinta
che lasciando fare a lui, di certo avrei perso l’aereo.
“Ma se con
quel braccino che ti ritrovi non riusciresti a prendere neppure il tuo viso per
intero!”, ironizzò il riccio.
Gli lanciai
un’occhiata omicida e lui mi guardò leggermente sconcertato, prima di decidersi
a lasciarmi fare. Pochi istanti dopo premetti su un pulsante e fummo abbagliati
per un attimo dalla luce del flash, lo stesso attimo in cui sentii le labbra di
Harry premere sulla mia guancia.
Sorrisi per
quel gesto inaspettato.
“Voglio
proprio vedere cosa sei riuscita a fare.”, bofonchiò lui rigirando la macchina
fotografica.
Era
bellissima.
Sullo
sfondo, nell’angolo in alto a destra si distingueva perfettamente il volto di
Diana, mentre più in basso c’eravamo io ed Harry. Io sorridevo all’obiettivo,
mentre lui con gli occhi chiusi mi lasciava un leggero bacio sulla guancia.
Sorrisi
ancora, gongolando di gioia come una bambina.
“Sembri
uscita da un cartone animato.”, scherzò allora Harry afferrandomi per la vita,
facendo aderire i nostri corpi.
Sussultai
per quel piacevole ed inatteso contatto.
“Ecco, ben
ti sta! Potere ai piccoli!”, esclamai soddisfatta.
“E questa da
dove viene?”, mi domandò aggrottando le sopracciglia, alzando l’angolo destro
delle labbra in un mezzo sorriso.
“Non hai visto mai Scooby-doo, eh? Ora capisco
perché sei venuto su così!”, lo presi in giro.
Lui aveva
ancora un’espressione titubante.
“Scooby-doo?”,
mi chiese soltanto quasi sulle mie labbra.
“Sì, Scooby-doo e quella era una frase di
Scrappy-doo.”, dichiarai con fare da saputella.
Lui scosse
lievemente il capo, sogghignando.
“Scrappy
chi?”, soffiò poi facendosi sempre più vicino al mio viso.
“Scrappy-doo,
il pestifero nipotino di Scooby-doo!”, spiegai con fare ovvio cercando di
tenere puntato lo sguardo sui suoi occhi e non sulle sue labbra.
“Ma come fai
a non conoscerlo? Sei scandaloso!”, esclamai subito dopo con una strana smorfia
disegnata sul viso.
Lui scosse di
nuovo il capo, quasi come fosse rassegnato, poi sorrise.
“Va bene
Scooby-doo, che ne dici di andare adesso che si sta facendo tardi?”, disse ad
un soffio dalle mie labbra.
Aveva gli
occhi verdi, tanto profondi quanto trasparenti, puntati nei miei, un sorriso
appena accennato e due fossette ad incorniciarlo, mentre dal cappellino usciva
qualche ciuffo riccio ribelle.
Era
bellissimo.
“Va bene,
papà.”, lo assecondai con tono da bambina.
Lui arricciò
il naso
“Non
chiamarmi papà!”, si lamentò con una strana smorfia sul viso.
“E perché
mai? Tu mi hai chiamata Scooby-doo!”, gli feci notare.
Lui quasi
non prestò neppure attenzione alle mie parole. Il suo sguardo si concentrò solo
sulle mie labbra.
“Perché
altrimenti non potrei fare questo.”, mormorò prima di baciarmi.
E diamine! Che bacio!
Strinse
ancora di più le braccia intorno alla mia vita, io gli circondai il collo con
le mie, mentre approfondivamo il bacio, facendo giocare le nostre lingue.
Baciarlo era
sempre un’emozione intensa, ogni volta come se fosse la prima.
Era capace
di rendermi debole, congelata e senza fiato, esattamente come diceva in quella
stupidissima canzone.
Sentii una
mano scendere lenta fino alla base della mia schiena, per poi indugiare qualche
secondo prima di continuare fino alle mie due rotondità.
Fremetti
quando sentii il tocco della mano sul mio sedere.
“E non avrei
neppure potuto fare questo.”, sussurrò sulle mie labbra con il fiato corto.
“Harold Edward
Styles sei un pervertito!”, lo accusai a denti stretti, facendolo ridere.
Lui fece
risalire la mano, poggiandola su un mio fianco, ma non accennava ad
interrompere quel contatto che c’era tra i nostri corpi.
“Andiamo,
non fare la pudica.”, sogghignò mentre io mi facevo rossa d’imbarazzo.
Eravamo in un museo! Eravamo in un museo e
lui mi aveva palpato il culo!
“Io non sono
pudica! Sei tu che sei sessualmente frustrato!”, inveii contro di lui in un
sussurro.
Lui cercò di
sopprimere una risata ed iniziò a baciarmi ogni centimetro del viso, mentre
ancora lo sentivo sorridere sulla mia pelle.
“Mi tocchi
il culo?”, mi chiese poi tutto d’un tratto.
Mi
pietrificai all’istante.
Ma era scemo o cosa?
“Harry, il
tuo British humour non è affatto divertente.”, borbottai prendendogli il viso
tra le mie mani cosicché la smettesse di lasciare quella scia di baci bollenti,
consapevole che se avesse continuato mi sarei messa ad urlare come una cagna in
calore, ammesso che le cagne urlassero.
“Ma guarda
che dicevo sul serio!”, chiarì lui guardandomi negli occhi, anche se potei
notare una strana luce in essi.
Sbattei più
volte le palpebre, sconcertata, cercando di capire se mi stesse prendendo in
giro.
Stava scherzando ancora, vero?
“Prendilo
come un esperimento! Di solito non mi piace quando le ragazze mi trascinano
come un pupazzo da qualche parte, ma quando l’hai fatto tu prima per il museo
non mi ha dato fastidio. Quindi magari, mi può piacere anche…”, provò a dire.
Ecco, una cosa che dovevo ricordarmi: Harry
era davvero un pervertito.
Con un dito
lo bloccai prima che potesse giungere al termine di quella frase, ma le sue
labbra si piegarono istintivamente in un sorriso soppresso
Sì, mi stava prendendo in giro.
“Scordatelo.”,
lo apostrofai risoluta, cercando di non preoccuparmi della strana sensazione di
calore che sentivo sulle guance.
Se fossero
state rosse, avrei preferito non saperlo in quel momento.
Lui iniziò a
sbattere le palpebre, guardandomi con gli occhi dolci, nel chiaro tentativo di
convincermi facendomi tenerezza.
“No.”,
ripetei ancora.
“Una cosa
piccola, veloce ed indolore! Giusto per capire…”, riprovò ancora una volta con
sguardo supplichevole ed un sorriso disegnato sulle labbra, incorniciato da due
fossette.
“No.”, lo interruppi.
“Solo una
volta!”, continuò imperterrito afferrandomi le mani per poi portarle
all’altezza del suo petto e giungerle quasi in un gesto di preghiera.
“No!”, ormai
la mia voce sembrava un disco incagliato.
“Dai!”,
quasi m’implorò.
“No! Sei un
pervertito!”, sbottai allora seccata, facendolo ridere.
“Mi piace
quando ti imbarazzi.”, confessò ad un soffio dalle mie labbra, tornando serio
tutto d’un tratto.
“E a me non
piace quando fai l’idiota.”, controbattei cercando di rimanere immune alla
vicinanza e, purtroppo dovevo ammetterlo, anche al suo fascino.
Harry
sogghignò, prima di baciarmi ancora una volta e un’altra ancora e un’altra
ancora.
Quando poi
ci decidemmo a tornare in hotel era davvero tardi, così dovetti sbrigarmi a
preparare le valigie.
“Ci vediamo
tra due settimane.”, sussurrò Harry sulle mie labbra, un attimo prima che
salissi sul taxi che mi avrebbe portata all’aeroporto insieme alle mie amiche.
“Sfoglierò
le riviste di gossip tutti i giorni per non dimenticare la tua faccia.”, scherzai
accennando ad un sorriso.
Quello era
il mio strano modo per chiedergli, implicitamente, di comportarsi bene.
“Dì
piuttosto che le leggerai per controllarmi.”, mi punzecchiò lui.
Era bella
quella sensazione: mi sentivo compresa anche senza aver parlato.
A dir il
vero solo Harry riusciva a farmi sentire così.
“Avrò
talmente tanti appuntamenti che mi scorderò non solo il tuo viso, ma anche il
tuo nome.”, continuai avvicinandomi ancora alle sue labbra.
Lui sorrise,
tirando su l’angolo sinistro della bocca, mostrando quella piccola fossetta con
la guancia.
“Io invece
non farò altro che pensare a te.”, mormorò guardandomi negli occhi così
intensamente che ebbi la sensazione che il marrone dei miei si mescolasse al
verde dei suoi.
Sperai con
tutto il cuore che quelle parole fossero vere.
“Dobbiamo
andare, o perderemo l’aereo!”, mi richiamò Rossella dall’abitacolo del taxi, richiamando
sia me che Ludo, ancora intenta a salutare Niall.
Annuii,
guardai Harry ancora per qualche secondo, prima che lui facesse aderire le mie
labbra alle sue.
“Farò il
bravo, promesso.”, sussurrò al mio orecchio quando ci staccammo a corto di
fiato.
Sorrisi e
probabilmente sul mio viso si dipinse la cosiddetta espressione da pesce lesso,
ma non mi interessava.
In quel
momento volevo solo godermi gli ultimi istanti con Harry.
“Ciao riccio.”,
lo salutai, provando a liberarmi dalla sua presa, ma lui me lo impedì.
“Ciao
Scooby-doo.”, disse con un filo di voce, prima di baciarmi ancora.
“Ehi
piccioncini! Qui si sta facendo tardi!”, borbottò nuovamente Rossella,
interrompendoci.
Mi scostai
dal suo viso, mordicchiandomi le labbra.
Avrei voluto
che quel momento non fosse mai finito.
“Chiamami
appena arrivi.”, mi ricordò Harry mentre svincolava quella sorta di abbraccio
che ci teneva legati, tenendo ancora una mia mano tra le sue.
“Sarà la
prima cosa che farò.”, accordai annuendo.
Gli sorrisi
ancora, poi ritirai la mano e salii sul taxi, subito seguita da Ludovica, che
con gli occhi lucidi si sforzava di non piangere.
Harry rimase
fermo sulla soglia del marciapiede, mentre vedevo la sua sagoma farsi sempre
più piccola sullo specchietto retrovisore, fino a quando non sparì del tutto.
Mi sarebbe mancato Harry.
---
Angolo Autrice
Buon sabato pomeriggio a tutte, mie care carotine!!!:D
Oggi è stata una giornata durissima, per non parlare poi della settimana...
Un vero schifo insomma, ma non ci pensiamo, visto che è finita!!*.*
Piuttosto, veniamo a noi!!:D
Ludo sta con Niall finalmente!!*.*
Secondo me insieme quei due sono dolcissimi!!!<3
E Juls comincia a diventare famosa su internet!!xD
Cioè, vorrei dire... pure suo padre è venuto a sapere della sua relazione!!
Però prima o poi sarebbe dovuto succedere visto
che le ragazze di Harry non passano mai inosservate!!
Anyway, la scena al museo era per ricreare qualcosa di simpatico,
visto che ora lei riparte.
Volevo che si lasciassero senza lacrime o litigi,
consapevoli di aver passato in modo splendido il loro tempo insieme.
Beh, in questo capitolo ci sono dei riferimenti,
uno è quello importante,
che verrranno ripresi nel prossimo.
Ricordo che con questo siamo a 28 e la storia finisce al 30esimo,
il 31esimo se si considera anche l'epilogo.
However, passiamo a cose ancora più importanti!!
Ringrazio di cuore quelle magnifiche 10 persone che
hanno lasciato una recensione questa settimana,
per me è sempre una gioia immensa poter leggere i vostri pareri, davvero!!*.*
E ringrazio anche quelle persone che hanno inserito la storia tra preferite, seguite e ricordate!!*.*
Non credevo di poter ricevere tanto supporto,
ma voi l'avete reso possibile!!*.*
Grazie anche ai silenziosi lettori che continuano a seguire!!:D
Risponderò alle recensioni il prima possibile,
di questo potete starne certe!;)
Bene, ora vado a prepararmi per la serata!:D
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo!!!;)
A domani!!:*
Astrea_
|
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Capitolo 29 *** Only you. ***
f
Every piece of your heart
Only
you.
Il rientro a
Roma era stato davvero traumatico. Non solo avevo dovuto lasciare quella città,
che era a dir poco stupenda, il clima molto più fresco rispetto al caldo
asfissiante che c’era qui, la libertà ed il caffè dello Starbucks, ma anche
Harry e quella era senza dubbio la cosa peggiore.
Ludovica
continuava a sentirsi con Niall tanto frequentemente da avere l’impressione che
l’irlandese fosse realmente con noi, mentre Rossella si era rassegnata all’idea
che Zayn stesse frequentando di nuovo la sua ex, quella di cui avevano parlato
nell’intervista sul cui conto il ciuffo aveva negato tutto.
Bene, aveva mentito.
Lui e Perrie
Edwards erano tornati insieme ed erano più felici che mai e non si faceva che
parlare d’altro.
Ross
all’inizio ci era rimasta davvero male, ma già nell’arco di quelle due settimane
si era ripresa, almeno in parte. Zayn era stata la sua prima vera cotta, non
che se ne fosse innamorata, sia chiaro, ma era comunque stato importante per
lei.
Tutt’altra
storia eravamo io ed il riccio.
Per quanto continuassi
a ripetermi che fosse una stupida cotta per un cantante famoso, io ero
innamorata di Harry e non ci voleva di certo un genio per capirlo.
“Ti senti le farfalle allo stomaco quando ti
si avvicina?”, mi aveva chiesto Rossella qualche pomeriggio dopo il nostro
rientro, mentre passeggiavamo per la città.
Io avevo strabuzzato gli occhi.
“Le farfalle? Quelle al massimo le sento
quando parla alla radio! Quando mi è vicino è molto, molto peggio!”, avevo
confessato con tono quasi scandalizzato, come se le parole della mia amica
fossero state un’eresia.
“Il tuo cuore batte forte quando sei con
lui?”, mi aveva domandato questa volta Ludovica.
“Lu, non siamo in una puntata di ‘piccoli
problemi di cuore’! Il mio passa da perdere battiti a voler scoppiare fuori dal
petto quando il riccio è nei paraggi! Neanche riesco a controllarlo!”, avevo
sbottato allora sempre più con tono indignato.
“Ed il tuo cervello? Che fine fa il tuo
cervello?”, aveva continuato l’interrogatorio la rossa.
Scossi la testa, prendendo una boccata
d’aria.
“Mi dimentico persino come mi chiamo! Il che
può solo significare che il mio cervello se ne va letteralmente a fare in c…”,
avevo dichiarato gesticolando con le mani, per poi essere interrotta da Ludo.
“Abbiamo afferrato il senso!”, si era
affrettata a dire.
Tra di noi calò il silenzio per qualche
secondo, fino a quando mi resi finalmente conto delle cose che avevo detto, ma
soprattutto della naturalezza con la quale erano uscite dalla mia bocca.
“Secondo voi cos’ho? Sono malata? Ho qualche
disturbo psicologico?”, avevo chiesto con voce tremante al loro indirizzo.
Ludo mi aveva abbracciata comprensiva,
mentre Rossella era scoppiata a ridere.
“Sì, è il morbo dell’amore!”, aveva
scherzato la rossa ancora ridendo fragorosamente.
Io le avevo lanciato uno sguardo truce,
accoccolandomi meglio tra le braccia della bionda.
“Ross ha ragione, sei innamorata di Harry.”,
aveva ripetuto Ludo molto meno sguaiatamente dell’altra.
“Ma non può essere.”, avevo borbottato io,
spaventata da quelle parole.
“E perché mai?”, mi aveva domandato la
bionda scrutandomi bene.
Anche Ross aveva smesso di ridere.
“Perché lui è Harry! Ed io sono Giulia!”,
avevo esclamato con la voce stranamente tremolante.
“Io sono Rossella e lei è Ludovica!”, aveva
ironizzato la rossa in tutta risposta.
Le avevo lanciato uno sguardo di
sufficienza, prima di rifugiarmi sulla spalla di Ludo.
“Guarda che non è una cosa brutta o di cui
vergognarsi.”, aveva commentato la bionda cercando di rincuorarmi.
“Io vorrei gridarlo al mondo che sono
innamorata di Niall!”, aveva aggiunto subito dopo con uno smagliante sorriso
disegnato sulle labbra ed un’espressione sognante dipinta sul viso.
L’effetto dell’amore era inquietante.
“Ma io non sono tipa da cioccolatini,
bacini, paroline dolci, regalini…”, avevo delirato.
“Abbiamo capito! Niente diminutivi!”, mi
aveva interrotta Rossella, sogghignando.
“Ross, smettila! Così non sei d’aiuto!”,
l’aveva rimproverata Ludo, prima che io potessi riprendere a farneticare.
“Non sono tipa da fidanzamento ufficiale,
presentazione ai genitori, matrimonio, famiglia, figli…”, avevo balbettato
dando i numeri.
“Ehi, una cosa per volta Giù!”, mi aveva
bloccato la bionda con voce calda e rassicurante.
“E poi Harry ha detto in un’intervista che a
lui piace il sesso sicuro, quindi non preoccuparti inutilmente! Il preservativo
lo usa!”, aveva scherzato la rossa facendo ridere Ludovica, mentre io mi
limitai a mandarle uno sguardo omicida.
“Dai Lia, non prenderla così seriamente.”,
aveva poi aggiunto quasi per cercare di scusarsi. “Ti sei solo innamorata, non
hai mica ucciso nessuno!”, aveva continuato ancora, facendosi più vicina.
In fondo, ma molto in fondo, aveva ragione.
“E se fossi in te ne approfitterei per bene,
visto il gran pezzo di figo che…”, aveva provato a dire.
Stava parlando del mio ragazzo?
“Lo so cosa pensi del mio ragazzo!”, avevo
sbottato per evitare che portasse a termine quella frase, quasi con tono
stizzito.
“Non sarai mica gelosa?”, mi aveva provocato
sempre la rossa.
“Va bene, ora basta! Andiamo a mangiarci un
gelato!”, aveva proposto Ludo alzandosi dalla panchina sulla quale io e lei
eravamo sedute.
Sì, ero gelosa ed ero fottutamente
innamorata di Harry.
Era stato
quel pomeriggio che l’avevo finalmente capito.
Anzi,
sarebbe stato decisamente più corretto dire che l’avevo finalmente ammesso,
perché, in realtà, lo sapevo da sempre.
Lo sapevo
quando, la prima volta che lo avevo visto, mi aveva sorriso pensando che non
avessi capito quello che aveva detto in inglese al suo amico.
Lo sapevo
quando, prima di andare via, mi ero girata per un’ultima volta e avevo
incontrato i suoi occhi verdi e limpidi.
Lo sapevo
quando gli avevo parlato per la prima volta nel backstage, dopo il concerto,
quando lo avevo incontrato il giorno dopo in ospedale, quando mi aveva dato il
suo cappellino e quando ci eravamo baciati per la prima volta.
Lo sapevo
persino quando lui non era con me, quando era partito senza dirmi nulla, quando
avevo soffiato le candeline, desiderando solo la felicità, ed avevo rivisto i
suoi occhi.
Lo sapevo
quando era tornato, quando mi aveva chiamata, quando mi aveva vista baciare
Massi, quando ero andata a cercarlo a casa sua.
E lo avevo
saputo persino per tutto il tempo che avevo trascorso con lui a Londra, ogni
minuto, ogni secondo.
Tutto in
quei giorni sembrava gridarmi quanto amore provassi per quella testa riccia,
ogni ricordo, ogni parola, ogni gesto.
Ma non avevo
mai avuto il coraggio di confessarlo, neppure a me stessa,troppo timida,
orgogliosa e allo stesso tempo spaventata dalla complessità di quel sentimento
totalizzante che mi stravolgeva tutta, anima e corpo.
Eppure in
quel momento mi sembrava essere una cosa talmente giusta, talmente naturale,
talmente bella che avrei voluto anche io gridarla al mondo intero, esattamente
come aveva detto Ludovica.
Sì, ero
innamorata di Harold Edward Styles.
Fremevo
dalla voglia di rivederlo, pur sapendo che avrei dovuto aspettare ancora tanto,
troppo tempo.
Ci saremmo
dovuti vedere il giorno successivo, a distanza di due settimane dall’ultima
volta, ma appena due giorni prima gli avevano imposto di partecipare ad una
serata, per esibirsi in diretta e loro non avevano potuto rifiutare.
Così avevo
dovuto mettermi il cuore in pace e rassegnarmi all’idea che forse non l’avrei
rivisto più tanto presto.
Avevo da
poco terminato di cenare, così avevo deciso di prendere il portatile e
riguardare qualche video dei vari concerti dei One Direction pubblicati su
internet dai fans, per poterlo rivedere.
Mi mancava
terribilmente e non riuscivo a non pensarlo neanche solo per un istante.
“Giù, ne
abbiamo abbastanza di questa canzone! Almeno cambiala!”, si lamentò mia madre
quando feci partire ‘What makes you beautiful’, scelta ovviamente per l’assolo
di Harry.
Sbuffai,
mentre mi mettevo più comoda sul divano del salotto, poi l’assecondai,
scegliendone un’altra, ‘Moments’.
Sorridevo
ogni volta che sullo schermo appariva il volto di Harry, esattamente come
facevano Rossella e Ludovica ogni volta che si parlava dei One Direction, o
almeno come facevano prima di conoscerli.
Non mi
preoccupai neppure di nascondere la mia espressione, intenta com’ero a cogliere
tutti i particolari dei suoi movimenti, come se volessi coglierne qualcuno che
solo io avrei potuto notare.
“Sembri un
pesce lesso.”, commentò mia madre sogghignando, senza troppi peli sulla lingua.
Non risposi
neppure, cercando di rimanere concentrata.
Uno strano
titolo in inglese attirò la mia attenzione. Citava i nomi di Danielle ed
Eleanor affiancato dal titolo della stessa canzone che stavo ascoltando.
Lo aprii,
curiosa di scoprire di cosa si trattasse.
Sorrisi
ancora quando capii: mentre Liam cantava la prima strofa, veniva interrotto
dalla voce di Louis che gridava il nome della ragazza del primo,
deconcentrandolo cosicché lui finiva per non fare l’acuto. L’inverso, invece,
succedeva qualche minuto dopo.
Dopotutto
erano davvero simpatici e teneri.
Il cellulare
vibrò sul cuscino del divano, a pochi centimetri dalle mie gambe.
Non
controllai neppure chi fosse, perché già lo sapevo.
“Hazza.”, lo
salutai non appena ebbi accettato la chiamata.
“Ehi Juls,
sto per andare sul palco.”, mi informò e la sua voce era particolarmente tesa.
Spostai il
portatile sul tavolino davanti al divano e mi concentrai sul riccio.
“Ansia da
prestazione?”, chiesi senza neppure rendermi conto del doppio senso.
Harry rise
dall’altro capo del telefono, mentre mia madre mi guardò torva.
“Smettila di
ridere! Tanto lo so che hai capito cosa intendevo!”, borbottai per farlo
smettere, senza troppi risultati.
“Guardi la
diretta stasera?”, mi chiese tutto d’un tratto, tornando teso.
“Non avevo
intenzione di farlo, ma…”, stavo per acconsentire, quando fui bloccata dalle
sue parole.
“Cosa stai
facendo di così importante per non guardarmi in tv?”, mi chiese allora quasi
scherzando, ma capii perfettamente che stava cercando di mascherare
l’agitazione.
“Guardo te e
gli altri su youtube.”, risposi semplicemente, senza preoccuparmi di sembrare
patetica.
In quel
momento Harry aveva solo bisogno di essere rassicurato.
Lo sentii
sogghignare per qualche secondo.
“Sì, ma non
farti illusioni. Sto vedendo questo video solo perché il titolo ha destato la
mia curiosità!”, chiarii facendo finta di borbottare e lui rise ancora di più.
“E che video
sarebbe?”, mi domandò più spensierato e rilassato.
“Uno in cui
Louis e Liam si prendono in giro con i nomi delle loro fidanzate.”, risposi con
sincerità.
“Ah,
davvero?”, mi aveva chiesto quasi scettico.
“Mi è
capitato sotto gli occhi, perciò. Ma tranquillo, ne ho già abbastanza della tua
faccia. Ora lo tolgo.”, scherzai, ma non sentii la sua solita risata
cristallina dall’altro lato.
“Guarda la diretta.”,
sussurrò questa volta con un filo di voce.
La sua non
era più una domanda, quasi una supplica.
“Guardala,
anche se non sei una mia fan. Guardala per prendermi in giro!”, esclamò poi con
più sicurezza.
Era strano.
“Va bene,
Hazza.”, acconsentii.
“Non mi stai
prendendo in giro solo perché non posso essere sicuro che tu la guarderai?”, mi
domandò ancora con fare retorico, con un filo di preoccupazione nel tono di
voce.
“Guarderò la
diretta, promesso.”, dichiarai allora, per fargli capire che davvero l’avrei
fatto.
Mi parve
tirare un sospiro di sollievo.
“Ora devo
scappare, tu accendi la tv.”, mi disse veloce come un fulmine.
“Ciao
Scooby-doo.”, mi salutò senza darmi neppure la possibilità di replicare.
Su internet
cercai veloce il canale dove sarebbe stata trasmessa la loro esibizione, poi mi
ci sintonizzai sul televisore.
“Ora segui
anche tutti i suoi concerti?”, mi chiese mia madre, sedendosi accanto a me,
mentre sullo schermo prendeva vita l’immagine di un palcoscenico.
“Era teso,
mi ha chiesto di vederlo.”, risposi sincera, ma dal mio tono di voce si intuiva
chiaramente che fossi preoccupata.
Mia madre
non aggiunse nulla, spostando lo sguardo sulle immagini che venivano proiettate
davanti ai nostri occhi.
Il
programma, ovviamente, era in inglese.
“Stasera
sono nostri ospiti i One Direction! Accogliamoli con un clamoroso applauso!”,
diceva un presentatore sulla quarantina, indicando con un braccio la direzione
dalla quale sarebbero arrivati.
Il primo
della fila era Liam, subito seguito da Niall e Zayn. Louis, invece, era rimasto
indietro con Harry, l’ultimo.
Tirai un
respiro profondo e sperai che tutto andasse bene.
Il pubblico
era in delirio ed acclamava i loro nomi.
Subito partì
la musica di quella che riconobbi essere ‘Gotta be you’.
L’inquadratura
si soffermò su Liam, che cantava la prima strofa, mostrando un suo primo piano.
Fece una panoramica generale, per poi finire su Harry, che aveva appena
iniziato ad intonare le parole della sua parte.
“Can we fall one more time? Stop the
tape and rewind. And if you walk away I know I’ll fade, ‘cause there’s nobody
else it’s gotta be you.”
Sussultavo
ad ogni sua più piccola parola, pendevo dalle sue labbra e da ogni movimento
che faceva sul palcoscenico.
“Scooby-doo, it’s gotta be you, only
you.”
Trattenni il
respiro per svariati secondi, prima che un sorriso, enorme, gigantesco,
mastodontico si disegnasse sulle mie labbra.
“Ma il tuo
ragazzo ha fatto una canzone su Scooby-doo?”, mi chiese mia madre scettica,
mentre mi squadrava cercando di dare una spiegazione logica alla mia reazione.
Non riuscii
neppure a risponderle, le parole mi si bloccarono in gola, sorridevo soltanto,
mentre continuavo a guardare le immagini scorrere sullo schermo.
La
telecamera tornò ad inquadrare il volto di Liam che aveva appena iniziato a
cantare la seconda parte della canzone, poi si soffermò veloce su ognuno di
loro, per fissarsi, infine, sul volto di Zayn.
L’inquadratura
si allargò lentamente, cosicché quando partì il ritornello per la seconda volta
tutti fossero ben visibili sullo schermo.
Harry era
più rilassato, si muoveva portando il tempo.
“’Cause it’s gotta be you, only
you.”
E fu in quel
momento che venne fatto un suo primo piano. Harry fissava dritto la telecamera,
quasi mi sembrò che potesse vedermi. Sorrise appena mentre cantava con tutta la
voce e la forza che aveva quelle due magiche paroline.
“Scooby-doo,
only you.”
Rimasi
incantata a guardarlo, non mi accorsi neppure che la scena era cambiata.
Continuavo a
vedere i suoi occhi chiari davanti a me, mentre pronunciava quello stupido
soprannome, ed immaginavo il suo bellissimo sorriso incorniciato da due
fossette.
“One, one, one more time. One,
one, one more time.”, solo allora mi riscossi almeno in parte dallo stato in
cui ero precipitata e il televisore non trasmetteva più il viso di Harry, ma
quello di Zayn.
“’Cause it’s
gotta be you, it’s gotta be you.”, riprese poi il riccio per l’ultima volta,
muovendo la testa a ritmo.
“Ma
veramente questa canzone parla di Scoody-doo?”, mi domandò mia madre
interrompendo quel magico momento.
“It’s gotta
be you.”, quasi lo urlò con tutto il fiato che aveva in gola, piegandosi su sé
stesso.
“L’ha detto
per me.”, quasi sussurrai più a me stessa che a mia madre, come per capacitarmi
di quelle parole.
“Only you.”,
continuò Harry guardando ancora una volta l’obiettivo della telecamera.
“It’s gotta
be you, only you.”, terminarono insieme raggiungendo il riccio al centro del
palco.
Il pubblico
iniziò a urlare e ad applaudire le mani, esultando per la loro perfetta
performance.
Guardai
Harry, nonostante l’inquadratura era piuttosto lontana per riprendere il gruppo
al completo.
Mi sembrava
più rilassato ora, sereno. Sorrideva e sorridevo anch’io con lui.
Il
presentatore si affrettò a risalire sul palco, per condurre una veloce
intervista, facendo una domanda sul nuovo video, poi sull’album e via dicendo,
probabilmente soffermandosi anche su quella leggera ed inattesa modifica del
testo del ritornello di quella canzone.
Non riuscii
a seguire un briciolo della conversazione, intenta solo ad osservare ogni più
piccolo gesto di Harry, poi quando finalmente li vidi lasciare il palco,
afferrai il cellulare e composi il suo numero.
Ad ogni
squillo il mio cuore perdeva un colpo.
“Scooby-doo!”,
mi salutò Harry allegro rispondendo finalmente alla chiamata.
“Harry.”,
sussurrai con un filo di voce, cercando di trattenere le lacrime che già
pizzicavano i miei occhi.
“Scusa per
prima, ero parecchio agitato stasera, le prove non erano andate bene, avevo
steccato tutti gli acuti, così ho pensato di chiamarti. Poi tu mi hai detto del
video e mi è venuto in mente di cambiare le parole della canzone, per te.”,
disse e nel suo tono di voce non c’era più preoccupazione, lo percepivo
rilassato, tranquillo e spensierato.
“Grazie, è
stato bellissimo.”, balbettai con voce incerta.
“Non dirmi
che ti ho fatta piangere? E per fortuna che volevo farti sorridere!”, scherzò
lui, nel tentativo di consolarmi.
Sorrisi tra
un singhiozzo e l’altro, tanto che persino mia madre si avvicinò a me per
vedere cosa stesse succedendo.
“Mi machi.”,
sussurrai talmente a bassa voce che temetti non mi avesse sentito.
A quelle
parole anche mia madre sembrò capire cosa stesse succedendo, così andò in
cucina, lasciandomi sola.
“Se ogni
volta che ti dedico una canzone fai così, allora giuro che lo farò più
spesso!”, esclamò Harry mentre immaginavo un sorriso angelico disegnarsi sulle
sue labbra.
Sorrisi alle
sue parole, mandando giù un groppo in gola.
“Mi manchi
anche tu, Juls.”, confessò qualche attimo dopo, tornando immediatamente serio.
“Harry, dobbiamo
andare! Ci stanno aspettando per delle foto!”, lo avvisò Niall la cui voce mi
giunse come un lontano eco.
“Devo
andare.”, mormorò Harry.
“Non fare
troppe stragi di cuori.”, ironizzai con la voce ancora impastata.
“E tu non
piangere più.”, disse imitando il mio tono di voce.
“Ci sentiamo
domani, Juls. Buonanotte.”, mi salutò dopo qualche altro secondo.
“Buonanotte.”,
sussurrai prima di chiudere la chiamata.
Diamine, quanto mi mancava! E diamine,
quanto lo amavo!
---
Angolo Autrice
Buonsera carotine dolcissime!!!<3
Questa sera non torno a scuola!!*.*
Per fortuna, chissà per quale grazia concessa, ci hanno dato un giorno di vacanza,
quindi domani non ho lezioni, dunque posso starmene a casa un giorno in più!!!:D
Ok, magari non vi interessa garnché,
però io sono troppo felice!!!*.*
Ma ora passiamo al capitolo!
Lo so, lo so, è disgustosamente romantcio,
quasi mi è venuto da vomitare quando l'ho letto...
Cioè, vorrei proprio capire cosa mi passava per la testa quando l'ho scritto!!xD
Passi sul fatto che l'amore ti annebbia la vita,
ma io ero davero cieca per scrivere certe cose, diamine!!xD
Vabbè, lasciamo perdere, che è meglio!ù.ù
Allora, ci tengo a specificare che il video in cui Louis
pronuncia il nome dell'ormai ex-ragazza di Liam mentre lui canta la sua parte di Moments
e poi viceversa esiste davvero.
L'ho trovato su youtube e mi è subito sembrato dolcissimo!*.*
Altra cosa importante:
è vera anche la modifica del testo di Gotta be you.
In realtà Harry lo fa per scherare, almeno credo,
ma io ho aggiunto di mia iniziativa dei precedenti
così da poter giustificare in tutto altro modo quello Scooby-doo.
Ok, questo capitolo è concentrato essenzialmente sui sentimenti di Juls
e sulla lontananza che, purtroppo, la divide da Harry.
Sarà per sempre così?
Costretti a vdersi soltanto una volta ogni chissà quanto??
Spero il capitolo vi sia piaciuto, nonostante tutto lo sfondo romantico....xD
Ringrazio di cuore le 7 persone che hanno lasciato
una recensione nel capitolo precedente!*.*
Davvero, io vi ADORO!!!!<3
Ringrazio anche le 55 persone che hanno inserito la storia tra le preferite,
quelle 53 persone che invece l'hanno inserita tra le seguite
e quelle 7 persone che l'hanno aggiunta alle ricordate...
A MASSIVE THANK YOU!!!<3
Grazie anche ai silenziosi lettori!:D
Bene, detto anche questo, credo proprio che andrò in cucina
a preparare una bella tazza di cioccolata calda!*.*
Fatemi sapere cosa ne pensate del capitolo, se vi va...;)
Un bacio a tutte/i (nel remoto caso in cui ci sia anche qualche maschietto in giro) voi!
Alla prossima!:*
Astrea_
|
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Capitolo 30 *** More than this. ***
g
Every piece of your heart
More
than this.
Il giorno
successivo mi svegliai quasi all’alba, quando il cielo era ancora scuro e
l’aria fresca e tagliente.
Non avevo
dormito affatto bene quella notte, complice la lontananza che divideva me ed
Harry.
Per quanto tempo
ancora saremmo potuti andare avanti così? Chiamandoci ad ogni ora del giorno e
della notte senza mai vederci?
Tra l’altro
in autunno io avrei anche dovuto frequentare l’università e ciò non avrebbe
fatto altro che rendere le cose ancora più difficili di quanto già non lo
fossero.
Presi un
libro tra le mani, uno di quelli che avevo letto decine e decine di volte, e lo
aprii ad una pagina a caso, iniziando a leggere esattamente da quel punto.
Mi resi ben
presto conto che non ero assolutamente in grado di terminare neppure un periodo
senza indugiare per tempi inesorabilmente lunghi su ogni parola.
Era
frustrante come ogni cosa mi ricordasse ogni singolo metro che mi divideva da
Harry.
Decisi di
chiudere il libro con un sonoro e deciso gesto, poi lo abbandonai sul comodino.
Poggiai un
solo piede sul pavimento bianco e freddo della mia stanza, per darmi lo slancio
che mi avrebbe permesso di arrivare con le mani al portatile che era sulla mia
scrivania.
Lo afferrai
per poi ricadere a peso morto sul morbido materasso del mio letto.
Lo accesi e
senza neppure un valido motivo cercai il nome di Harry su internet.
Vedere le
sue immagini, i suoi video, seguire i suoi spostamenti quasi poteva darmi la
lontana idea di essere con lui.
Sorrisi
quando trovai un video in cui i ragazzi cercavano in tutti i modi di distrarlo
mentre cantava un assolo durante un loro concerto, dandogli piccoli buffetti o
toccandogli il sedere.
Andai
avanti, alla ricerca di qualche altro momento della sua vita che non avevo
potuto condividere con lui.
Reggiseni
buttati sul palco, strane mosse di danza, cadute improvvise che cercava di
camuffare e poi Liam e Zayn che all’improvviso gli aprivano la camicia,
tirandogliela per le estremità.
Dovetti
soffocare una risata per non svegliare i miei quando vidi quella scena, era
davvero esilarante.
Gli altri
ridevano, mentre lui cercava di coprirsi come meglio poteva senza rinunciare ai
suoi esagerati movimenti che poi finivano per smuovergli la camicia dal petto,
ed il gioco ricominciava dall’inizio.
Certo, non
mi piaceva affatto la prospettiva che Harry fosse esposto come carne da macello
davanti ad una serie di panterone affamate, ma ero consapevole del fatto che
anche quello faceva parte del suo lavoro e dovevo accettarlo.
Continuai a
navigare su internet, incantandomi a guardare i suoi bellissimi occhi verdi che
in foto non rendevano neppure bene.
Solo quando
sentii mia madre bussare alla porta mi resi conto di tutto il tempo che era
passato.
“Giù, sei
sveglia?”, mi chiese entrando.
“Buongiorno
mamma.”, borbottai ancora con la voce roca in tutta risposta alla sua domanda.
“Ma che ore
sono?”, chiesi lasciandomi scappare uno sbadiglio.
“Le otto, ma
c’è una visita per te.”, annunciò lei sorridendomi a trentadue denti.
“Per me? A
quest’ora?”, chiesi scettica mettendomi seduta sul letto.
“Sì, tuo
padre l’ha visto che aspettava in macchina quando è uscito per andare a lavoro,
così ha pensato di farlo entrare ed ora è giù che ti aspetta.”, mi spiegò lei
con gli occhi che le brillavano.
Neppure
capii bene le sue parole, stanca e stralunata com’ero.
“Ma lui
chi?”, chiesi allora quasi come se stessi su un altro pianeta.
“È in
salotto, corri.”, disse soltanto mia madre facendo spallucce.
Harry? Harry? Harry? Harry?
Non me lo
feci ripetere ancora e senza neppure infilare le pantofole scesi giù per le
scale come una furia.
Intravidi la
sua chioma riccia quando ancora ero sulle scale.
Il mio cuore
si fermò un attimo, poi riprese a galoppare tanto forte da farmi venire il mal
di testa.
“Harry!”,
urlai abbracciandolo da dietro.
Lo sentii
ridere, mentre poggiava le sue calde mani sulle mie.
Con calma si
rigirò tra le mie braccia, per poi cingermi la vita con le sue.
“Buongiorno.”,
sussurrò soltanto prima che mi baciasse a fior di labbra.
“E da quando
hai deciso di fare il bravo limitandoti ai baci a stampo?”, gli chiesi ironica
senza neppure rifletterci.
Mi era mancato così tanto che di certo non
mi sarebbe bastato un bacio del genere come saluto!
“Da quando
siamo a casa tua.”, mi fece notare sorridendomi sulle labbra, quasi volesse
costringersi ad evitare contatti troppo ravvicinati con la sottoscritta per
presentarsi nel migliore dei modi ai miei genitori.
Al diavolo casa mia e al diavolo mia madre
che poteva scendere da un momento all’altro.
“A me non
interessa.”, borbottai baciandolo, questa volta per davvero però.
All’inizio
lui non si lasciò andare, era piuttosto rigido, poi quando decisi che era
arrivata l’ora di approfondire quel bacio, lo sentii sciogliersi completamente
al tocco della mia lingua.
“Ecco,
questo sì che è un buongiorno!”, ironizzai con un soffio sulle sue labbra.
Lui
sogghignò.
“Pare quasi
che si siano invertite le parti!”, commentò poi, mentre l’angolo sinistro delle
sue labbra si sollevava fino a farle curvare in un sorriso incorniciato da due
fossette.
Persino quelle erano sexy!
Gli afferrai
un ciuffo con le dita, poi iniziai a giocarci, mentre i nostri visi erano
ancora a pochi centimetri di distanza.
“È stata…”,
iniziai indugiando sull’aggettivo che sarebbe stato giusto usare per descrivere
quello che aveva fatto la sera precedente durante la diretta.
Sapevo bene
com’era stata, diamine se non lo sapevo, ma non volevo sembrare patetica nel
dirlo ad alta voce, a lui soprattutto.
“È stata
particolarmente bella la canzone, ieri sera.”, conclusi allora, senza
sbilanciarmi troppo.
Harry
sogghignò, poi mi guardò meglio negli occhi.
“Particolarmente
bella? Guarda che puoi dirlo che è stata un’idea originale, romantica e
perfetta, come me d’altronde!”, mi provocò lui soffiando sulla mia pelle
cosicché mille piccoli brividi mi percorsero tutta.
Feci roteare
gli occhi, mentre mi sforzavo di non ridere.
“E va bene,
mister ‘egocentrico presuntuoso’!”, scherzai, accordandogli quegli aggettivi
che in realtà erano ancora riduttivi se paragonati a quello che aveva fatto, ma
soprattutto a lui.
“Ragazzi,
cosa avete intenzione di fare oggi? Harry, tu rimani qui a pranzo, vero? Hai
già un posto dove dormire?”, chiese mia madre senza darci neppure il tempo di
rispondere.
Harry
sobbalzò non appena sentii la sua voce, allontanandosi di scatto.
Ecco, ci mancava solo che avesse la fobia di
mia madre!
Si grattò
leggermente la testa, smuovendo i ricci, con fare imbarazzato.
“Ehm, non lo
so.”, quasi balbettò. “Non si preoccupi, signora. Ancora non ho cercato un
hotel perché sono arrivato stanotte, ma provvederò subito.”, disse poi
riassumendo tutto d’un tratto sicurezza.
“Ma quale
hotel e hotel! Sei il ragazzo di mia figlia, dormi pure qui! Preparerò il
divano in salotto!”, esclamò mia madre facendosi più vicina.
Avvampai
quando lo etichettò con quell’appellativo e subito sentii lo sguardo di Harry
posarsi su di me, ma lo evitai, temendo di leggere nei suoi occhi cose che
sicuramente avrei preferito non sapere.
“Allora
grazie mille, signora.”, accettò Harry.
“E smettila
di chiamarmi signora! Ho un nome io, sai? Mi chiamo Angela!”, continuò mia
madre sorridendogli, probabilmente Harry doveva piacere anche a lei.
E ci credo! A chi non sarebbe piaciuto un
ragazzo come lui?
“Allora
grazie mille, Angela.”, ripeté il riccio calcando l’ultima parola.
Quasi mi
parve che persino mia madre per un attimo si fosse lasciata incantare dai suoi
occhi verdi e magnetici.
Certo, era una reazione di famiglia!
“Allora io
vado a fare la spesa che non ho nulla in frigo. Lia, ti ricordi vero che alle
undici deve chiamare tuo fratello dal campeggio?”, mi chiese puntandomi dritta
in faccia.
Annuii con
fare convinto, anche se ero sicura che me ne sarei dimenticata.
Mio fratello
Marcello, che in quel momento era in un assurdo campeggio in Sardegna con la
famiglia del suo migliore amico, aveva il tassativo obbligo di chiamare tutti i
giorni alle undici di mattino e alle quattro del pomeriggio.
“Bene,
allora io vado. Ci vediamo dopo!”, salutò mia madre dirigendosi in cucina, dove
probabilmente prese le ultime cose.
Pochi minuti
dopo sentimmo sbattere il portone di casa, segno inconfondibile del fatto che
fosse uscita.
“Finalmente
soli.”, sussurrò Harry con fare malizioso, avvicinandosi pericolosamente a me.
“Ma non ci
eravamo invertiti i ruoli? Sbaglio o dovrei fare io la parte del cacciatore e
tu quello della preda?”, borbottai mentre lui si faceva sempre più vicino.
Mi prese il
viso tra le mani, mentre mi guardava negli occhi e mi sorrideva.
Era così bello sentirlo vicino.
“Te l’hanno
mai detto che parli troppo?”, soffiò con un sussurro sulle mie labbra e, prima
che potessi rispondergli, mi baciò.
Questa volta
fu lui ad approfondire il bacio e fu ancora lui a spostare una mano sulla mia
schiena, accarezzandomela dolcemente.
Io passai un
braccio dietro al suo collo, mentre con l’altro gli cinsi forte la vita.
Con le dita
iniziai a giocherellare con i ricci dei suoi capelli, mentre le nostre lingue
si rincorrevano con passione.
Con estrema
lentezza fece scendere una sua mano fino all’orlo della canotta che indossavo,
per poi infilare le dita al di sotto di quel leggero pezzo di stoffa.
Sussultai al
suo tocco sulla mia pelle.
Era qualcosa
di eccezionale. Era talmente bello che non riuscivo neppure a trovare le parole
per descriverlo.
“Hazza.”,
ansimai sulle sue labbra quando ci staccammo quel poco che ci permetteva di
respirare.
“Allora,
questa storia del fidanzato?”, chiese con un sorriso sotto i baffi, ancora
troppo vicino alle mie labbra.
Di certo non
gli erano sfuggite le parole di mia madre.
Mi irrigidii
all’istante, mentre sentivo le guance andare letteralmente a fuoco.
A me non
erano mai piaciute le etichette e neppure ad Harry. Eravamo sempre e solo stati
io e lui, noi.
Non ci
eravamo mai definiti con un termine più specifico, o almeno non ad alta voce o
in presenza dell’altro.
“Mi piace
come suona e poi ammettilo, Juls la ragazza di Harry è perfetto.”, continuò lui
sorridendomi.
Alle sue
parole mi si riscaldò il cuore e temetti davvero di sciogliermi incantata dai
suoi occhi e dal suo sorriso.
“Guarda che
suona meglio Harry il fidanzato di Juls.”, lo corressi sorridendo anch’io,
quasi sulle sue labbra.
“Piuttosto,
tu cosa ci fai qui?”, gli domandai poi con tono meno melenso.
“Credevi
davvero che sarei riuscito a stare tutto quel tempo senza vederti?”, sogghignò
quasi prima di baciarmi ancora.
“Hazza.”, lo
richiamai un attimo prima che la sua lingua incontrasse la mia.
“Dimmi.”,
sussurrò guardandomi intensamente negli occhi.
Bene, come potevo dirgli che mi ero
innamorata di lui? Con quelle parole no, eh?
Esitai ancora
per qualche istante prima di parlare, mordicchiandomi il labbro.
Ma da quando erano le ragazze a doversi
dichiarare per prime?
Del resto
non si poteva certo dire che io ed Harry avessimo rispettato tutte le regole di
un primo appuntamento, figuriamoci quindi quelle di una storia normale.
“Mi sono
innamorata di te, Harry.”, quasi balbettai, tremante come una foglia scossa dal
vento in pieno autunno.
E se lui non avesse ricambiato i miei
sentimenti? In tal caso ci avrei dovuto pensare prima, non ora che il danno era
fatto.
Harry
sorrise, fino a far sfiorare il suo naso con il mio.
“Avrei
voluto dirtelo io, ma al solito tu mi rubi la scena.”, mormorò sulle mie
labbra.
Scossa
com’ero non capii neppure il significato di quelle parole.
Rimasi in
silenzio, senza dire nulla, guardandolo negli occhi e aspettando che mi desse
una risposta che in fondo mi aveva già dato.
“Ti amo,
Juls.”, sussurrò prima di baciarmi.
Si poteva essere tanto felici?
Quelle
parole erano giunte dolci e soavi al mio orecchio, come una musica amena che
non avrei mai voluto smettere di ascoltare.
Persino quel
bacio, quello che aveva seguito la sua dichiarazione, mi era sembrato diverso
dagli altri.
Era più
consapevole, più intenso, travolgente, profondo.
D’istinto
gli afferrai una mano e mi allontanai dal suo viso, sorridendogli appena mentre
sentivo brillare una strana luce nei miei occhi.
Lui arricciò
la fronte, non avendo capito le mie intenzioni.
Senza
indugiare oltre mi diressi verso la rampa di scale, trascinando Harry al
seguito. Mi sembrava di sentire la sua mano particolarmente tesa, mentre la mia
tremava.
Avevo paura.
In pochi
secondi mi trovai davanti alla porta della mia stanza. La spalancai, poi mi
voltai verso Harry.
Aveva la
mascella serrata, la mano libera chiusa in un pugno ed un’espressione vitrea
sul volto.
Poggiai
lentamente le mie mani sul suo petto, percependo distintamente il battito
vigoroso e accelerato del suo cuore.
Lo guardai
negli occhi ancora per qualche istante, cercando di capire cosa stesse
pensando.
Forse anche lui aveva paura.
Lo spinsi
leggermente, fino a quando lui non si ritrovò con la schiena poggiata allo
stipite della porta.
“Juls, se
fai così metti a dura prova il mio autocontrollo.”, sussurrò con voce
tremendamente bassa e roca, quasi come fosse un ammonimento, procurandomi una
scossa lungo tutto il corpo.
Con le dita
risalii percorrendo tutto il collo, poi il mento, fino a fermarmi sulle sue
labbra.
Lui le schiuse,
poi socchiuse gli occhi lasciandosi scappare un sospiro.
“Juls,
davvero, smettila o non sarò più responsabile delle mie azioni.”, quasi
balbettò con voce ancora più bassa e sexy.
Lo volevo.
Ogni cellula
del mio corpo bramava il contatto con il suo.
Volevo
accarezzarlo, sfiorarlo, baciarlo. Volevo sentirmi sua, completamente.
“Hazza, potrei
volere esattamente la stessa cosa che vuoi tu.”, dissi con un filo di voce,
scoprendo quanto il mio tono fosse ansante ed eccitato.
Lui spostò
la mano che tenevo ancora sulle sue labbra, intrecciandola con la sua fino ad
appoggiarla sul suo petto, poi fissò i suoi occhi nei miei, scrutandoli come se
da essi potesse leggere le parole che in quel momento nessuno dei due aveva la
forza di pronunciare ad alta voce.
“Non devi
sentirti costretta o…”, iniziò a dire, torturandosi i ricci con la mano che
teneva libera, ma io lo interruppi.
“Lo voglio
davvero.”, sussurrai tutto d’un fiato.
Lui mi
guardò ancora negli occhi per qualche istante, il suo sguardo era intenso e
forte.
Probabilmente
voleva essere sicuro delle mie parole.
Poi, con una
lentezza tale da mandarmi in tilt il cervello, sfiorò le mie labbra con le sue.
Dapprima si
trattava di un bacio dolce, lento, straziante, ma poi si trasformò in qualcosa
di più profondo, impetuoso, una specie di vortice che mi stava risucchiando
tutta.
Harry poggiò
una mano sul mio fianco, l’altra sulla spalla e dolcemente mi spinse
all’interno della stanza, fino a quando non mi ritrovai con la schiena sul
letto ancora disfatto.
Lui fu
subito sopra di me. Con una mano gli circondai il collo, accarezzandogli i
ricci ribelli, con l’altra invece partii all’esplorazione del suo corpo,
passando dall’orecchio al collo, poi al petto, per scendere più giù fino alla
cinta dei pantaloni.
Avvampai
quando mi resi conto di quello che stava per succedere.
Io ero vergine, cazzo! Ecco, di certo quella
era l’imprecazione meno adatta da usare.
Harry iniziò
a ricoprire ogni centimetro del mio collo con una lunga scia di baci, ad ognuno
dei quali mi sentivo sussultare, mentre con una mano risaliva verso il mio
ventre, al di sotto della leggera stoffa della canotta.
“Harry.”, lo
chiamai in un sussurro, ma lui parve non sentirmi.
Continuava a
torturare in modo tanto delizioso la mia pelle da desiderare che non smettesse
mai, mentre con la mano era ormai giunto alla base del mio reggiseno.
“Harry.”, provai
ancora, questa volta quasi boccheggiando.
Lui si fermò
di scatto, irrigidendosi all’istante, poi alzò la testa e mi guardò negli
occhi.
Sembrava
stesse combattendo una lotta interiore. Esitava, ma al contempo i suoi
lineamenti tesi suggerivano frustrazione.
“Questa è la
mia prima volta.”, confessai con voce tremante, stando attenta alle parole da
usare.
Volevo che
lui lo sapesse, volevo che lui ne avesse la certezza, ma allo stesso tempo
volevo che capisse che ero sicura di quello che stavo per fare.
Lui parve
rilassarsi all’istante, poi mi sorrise con fare rassicurante.
“Tranquilla.”,
mormorò sulle mie labbra, come per rassicurarmi.
Non furono
le sue parole, ma la sua voce a farmi completamente sciogliere.
Lui mi
baciò, poi sentii le sue mani salire lungo il mio corpo per sfilarmi la
canotta.
Si muoveva
lento, come se volesse darmi il tempo per capire la sua prossima mossa, per
farmi sentire sempre a mio agio.
Riprese a
baciarmi la pelle, questa volta partendo dalla sagoma del reggiseno fino a
giungere sulla mia pancia.
Sorrisi
vergognosamente quando mi mordicchiò l’ombelico, prima che tornasse a baciarmi
sulle labbra.
Presa da
un’inaspettata intraprendenza e audacia, feci scivolare le mie mani sotto la
sua maglietta, per poi aiutarlo a sfilarsela stando attenta a seguire con la
punta delle dita tutte le forme dei suoi pettorali.
Lui si allontanò
di qualche centimetro dal mio corpo, per potermi guardare ancora negli occhi.
I suoi erano
liquidi e pieni di desiderio, non era difficile capirlo.
“Juls, sei sicura?”,
mi chiese con voce roca e tremante allo stesso tempo.
Non
servirono parole perché lui capisse, bastarono i miei occhi fissi nei suoi a
rispondere a quella domanda.
Lo volevo. Volevo Harry con tutta me stessa
e volevo che lui lo capisse.
Quel giorno
feci l’amore per la prima volta. Con Harry.
Quando mi
accasciai esausta sul suo petto ancora nudo ero felice, mi sentivo completa
come non lo ero mai stata.
Lui teneva
la testa appoggiata alla mia nuca e mi circondava le spalle con un braccio,
mentre con una mano giocherellava con le dita della mia, poggiata sul suo
petto.
Era stato
tutto perfetto.
La mia
insicurezza, la sua, la voglia di appartenerci, tutto.
“Juls.”, mi
chiamò Harry con un filo di voce.
Con una mano
feci leva sul suo petto e mi tirai poco più su, così da poterlo vedere negli
occhi.
Rimase in
silenzio per qualche secondo, probabilmente pensando a come continuare.
“Ho pensato
molto a noi.”, sussurrò.
Il solo
sentire la sua voce pronunciare quell’ultima parola mi procurò uno strano
effetto allo stomaco e al cuore, riducendoli entrambi ad un mucchio di macerie.
Attesi
ancora che continuasse, mentre continuavo a sostenere il suo sguardo intrepida.
“Vieni con
me a Londra.”, propose tutto d’un fiato.
Smisi di
respirare all’istante, immobilizzandomi.
“Insomma, tu
devi andare all’università ed io devo lavorare. A Londra ci sono ottime
università e potremmo vederci tutte le volte che vorremo, cioè non proprio
tutte, ma sicuramente più spesso. Però, ti prego, non dirmi che è una scelta
azzardata, perché se c’è una sola cosa di cui sono e sarò sempre sicuro sei tu,
cioè siamo noi, insomma, hai capito cosa voglio dire. Ho già chiesto
informazioni in diversi college, non ci sarebbe alcun problema per
l’ammissione. Ma tu ora non dirmi nulla, pensaci. Sì, ecco pensaci, poi quando
sarai pronta ne riparleremo. Io non voglio assolutamente metterti fr…”, aveva
iniziato a delirare gesticolando come un forsennato, mentre il suo viso
cambiava espressione alla velocità della luce, ma io lo bloccai poggiando il dito
indice sulle sue labbra.
Mi aveva convinta già prima di iniziare lo
sproloquio. Erano bastate quelle cinque parole a farmi capitolare.
“Si.”,
sussurrai soltanto.
“Capisco che
ora tu dica di no perché sei presa alla sprovvista, ma…”, aveva ricominciato, ma
poi le parole gli erano morte in gola.
Mi guardò
come fosse appena rinato, con gli occhi verdi che brillavano ed un sorriso a
trentadue denti incorniciato da due fossette.
“Hai detto
si?”, mi chiese a mo’di conferma.
“Si.”,
ripetei annuendo convinta, mentre sorridevo con lui.
“Si, hai
detto si!”, quasi urlò dalla gioia prima di baciarmi.
Era bello vederlo così felice. E finalmente
lo ero anche io, felice.
Il desiderio espresso mesi prima si era
realizzato.
Chissà per
quale assurdo motivo il video che avevo visto quella mattina mi si parò davanti
agli occhi.
“Ah,
Harry.”, lo richiamai io quasi con fare canzonatorio, attirando la sua
attenzione.
Lui arricciò
la fronte, chiedendomi silenziosamente di continuare.
“La prossima
volta ricorda a Louis, Liam e tutto il resto del gruppetto che la camicia posso
sbottonartela solo io.”, borbottai ironica.
Lui
sogghignò, poi si avvicinò alle mie labbra e mi baciò con foga.
Rifacemmo
l’amore. Un’altra volta e un’altra ancora. Ed era tutto perfetto.
Ed io ero davvero felice.
---
Angolo Autrice
Salve carotine carissime!!!:D
Bene, questo è l'ultimo capitolo!
Insomma, scommetto che molte molte di voi faranno i slati di gioia per essrsi liberate finalmente di me!!
Ma io vi suggerisco di stare attente, perché ho già pubblicato il prologo di una nuova storia!xD
Ok, di questo ne parliamo dopo, ora concentriamoci sul capitolo!
Allora, Harry torna a Roma!
E poi succede tutto così velocemente:
tra ti amo, l'amore e strane proposte, direi che abbiamo finalmente raggiunto il lieto fine!
Lo so, piuttosto banale, ma che volete farci...
sotto sotto anche io sono una romanticona!
No, ok, non è vero, ma mi dipsiaceva troppo far finire male la storia!xD
Comunque sia, spero che vi sia piaciuto,
che non abbia deluso le vostre aspettative e che , in qualche modo,
sia riuscita a trasmettere almeno in parte qualcuna delle emozioni provate dai personaggi.
Sappiate che ho scritto anche un epilogo,
nel quale rivedremo i nostri protagonisti a distanza di qualche settimana,
nulla di che, sia chiaro, giusto per concretizzare il loro futuro.
Beh, i ringraziamenti li lascio per il prossimo aggiornameto,
anche perché mi mette malinconia anche solo l'idea di doverli fare!xD
Per ora ringrazio, come ogni volta, quelle meravigliose persone che hanno inserito
la storia tra le preferite, le ricordate o le seguite!!!
Siete fantastiche, davvero!!!
Per non parlare poi di quelle che hanno commentato i capitoli,
rendendomi ogni volta sempre più felice ed entusiasta!
E anche grazie a voi che questa storia è andata avanti,
come è grazie al vostro supporto che ho trovato un'altra trametta per una storielluccia...
Grazie di cuore!!!<3
E grazie ai silenziosi lettori!!:D
Beh, detto questo, volevo anche dire che ho appunto iniziato una nuova storia,
il cui prologo è stato pubblicato qualche minuto fa.
Se vi va di passare, mi fareste davvero un piacere,
anche perché non ne sono ancora del tutto sicura,
quindi qualche consiglio mi sarebbe particolarmente di aiuto.
Ci sentiamo per l'epilogo, allora!!!;)
Alla prossima!:*
Astrea_
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Capitolo 31 *** The beat of my heart. ***
e
Every piece of your heart
The beat of my heart.
Epilogue.
Ci avevo
messo un po’ per convincere i miei genitori a lasciarmi partire, ma alla fine
ci ero riuscita.
Anche mio
fratello non era stato molto entusiasta all’idea, ma gli avevo promesso che
l’avrei telefonato tutti i giorni e che sarebbe potuto venire a trovarmi tutte
le volte che avrebbe voluto.
Avevo deciso
di frequentare la facoltà di medicina presso la University College London, una
prestigiosa università britannica che Harry mi aveva ardentemente consigliato.
Dunque agli inizi
di settembre mi ero trasferita a Londra.
Rossella e
Ludovica non avevano preso molto bene la notizia, ma alle fine se ne erano
fatte una ragione.
A proposito
delle mie due pazze scatenate amiche, ero infinitamente grata a loro e alla
loro dannatissima fottutissima passione che avevano mostrato sin dall’inizio
per i One Direction.
Se non fosse
stato per loro, e per la tresca di Ross, probabilmente dopo quello sguardo
furtivo che ci eravamo scambiati all’incontro con i fans, io ed Harry non ci
saremmo più rivisti.
Era buffo
pensare a come delle strane coincidenze della vita potessero essere così
importanti.
Nel
frattempo, comunque, anche le mie due amiche si erano date da fare.
Ludo era
ancora fidanzata con Niall, ma aveva deciso di rimanere in Italia, a Roma, dove
frequentava l’università. Ormai Niall aveva preso tante di quelle volte l’aereo
per andarla a trovare da poterne perdere il conto, ma a lui questo non
importava.
Era felice
con la bionda, lo era per davvero.
Rossella,
invece, archiviata la storia con Zayn, aveva deciso di darci un taglio con i
ragazzi, per dedicarsi soltanto a sé stessa e al puro relax.
Avevo
infittito i rapporti anche con gli amici di Harry, gli altri componenti del suo
gruppo e man mano che trascorrevo sempre più tempo con loro mi accorgevo di
quanto fossero davvero simpatici.
Pochi giorni
prima avevo conosciuto anche Danielle, la fidanzata di Liam, una ragazza
davvero dolce e garbata, tanto che Liam al suo confronto sembrava uno
scorbutico zoticone.
Completamente
diversa, invece, era Eleanor, la fidanzata di Louis, sempre piena di energia e
solare, capace di tener testa a quel giocherellone che si ritrovava accanto. A
dir il vero, in quel periodo erano in crisi, ma era chiaro che insieme
l’avrebbero superata.
Anche Zayn
sembrava aver trovato la sua dolce metà, Perrie. Era tornato con lei poco dopo
aver chiuso quella specie di storiella con Ross e da allora non si erano più
lasciati. Addirittura girava voce che lei avesse intenzioni serie, ma per il
momento ancora non era arrivato nessun invito alle nozze. Dunque il matrimonio,
almeno per un altro po’ di tempo, era stato scongiurato.
Per quanto
riguardava me ed Harry, invece, c’era davvero molto da dire.
Per prima
cosa la settimana scorsa mi aveva portata ad Holmes Chapel, la sua città
d’origine. Mi aveva presentata a sua madre Anne e a sua sorella Gemma. Inutile
dire che ero stata tesa per tutto il viaggio all’idea di dover incontrale, ma
poi, appena arrivata, ero stata accolta da due calorosi abbracci che avevano
spazzato via ogni timore.
Sua madre
era una vera forza della natura. Non si fermava mai, parlava sempre, era
allegra ed energica, pronta ad apostrofare con un sorriso le baggianate che
uscivano molto frequentemente dalla bocca del figlio.
Gemma,
invece, era l’esatta copia al femminile di Harry. Tralasciando tutte le
caratteristiche fisiche che avevano in comune, come gli occhi, il sorriso e le
fossette, era il carattere la parte che più mi aveva sconvolta. Chiacchierare
con lei era esattamente come chiacchierare con Harry, l’unica differenza che
riuscii a riscontrare fu la perversione del mio ragazzo, della quale ovviamente
sua sorella era priva.
Avevo
inoltre appurato che ad Harry piacesse davvero girare nudo per casa e a me non
dispiaceva affatto, anche perché in quel modo non dovevo neppure perdere tempo
a spogliarlo.
Mi aveva
persino presentata a suo padre, un giorno che lui era venuto a trovarlo a
Londra e, per quello che mi aveva detto Harry a riguardo, gli ero piaciuta
molto, non che lui avesse mai ammesso il contrario, sia chiaro.
Prima di
partire, poi, mi ero fatta gentilmente restituire il cappellino di Harry che
Ludo teneva come sacra reliquia in un cassetto del suo armadio, al riparo da
tutti e tutto.
Ovviamente
mi aveva ricattata, quindi avevo dovuto scambiare quel dannatissimo cappellino
con boxer che Harry mi aveva aiutato a sottratte dal cassetto dell’intimo di
Niall, per compensare la perdita alla sua personale e privata collezione di
oggetti, riviste e foto della sua adorata band.
Che poi, visto che era il suo ragazzo,
perché non l’aveva chiesto direttamente a lui?
Avevo preso
una stanza negli appartamenti del college, che condividevo con altre tre
ragazze, ma in pratica passavo tutto il mio tempo libero, e non solo, a casa
dei ragazzi, con Harry.
E, per l’appunto,
quella sera mi trovavo nel bagno privato al quale si accedeva dalla stanza del
riccio, mentre finivo di prepararmi di fretta e furia, ovviamente in ritardo
rispetto all’orario in cui avremmo dovuto incontrarci con gli altri per uscire
tutti insieme.
Avremmo festeggiato l’uscita del loro album.
“Scooby, sei
pronta?”, mi chiese Harry sporgendosi con la testa oltre la porta del bagno,
facendo scivolare tutti i ricci sulla fronte.
“Se proprio
devi chiamarmi come un cane, almeno usa il nome completo!”, borbottai mentre
mettevo il mascara.
Lo sentii
sogghignare, poi tramite il riflesso dello specchio lo vidi avvicinarsi a me.
Posai il
mascara sul lavabo un attimo prima che le sue braccia mi circondassero forte la
vita, mentre la sua testa si posizionava dolce nell’incavo del mio collo.
Mi sorrise
attraverso lo specchio ed io ricambiai appena, intenta com’ero a cercare di
spegnere le fiamme che sentivo bruciare nello stomaco.
Lui con un
gesto lento e delicato fece risalire una sua mano sulla mia schiena, fino a
giungere alla spalla.
Mi spostò i
capelli da un lato, scoprendo il collo lasciato completamente nudo dal taglio
del vestito che avevo deciso di indossare, poi iniziò a ricoprirlo di piccoli e
seducenti baci, solleticandomi la pelle.
“Hazza, non
provocarmi, dovevamo essere giù già dieci minuti fa.”, sussurrai cercando di
resistere alla sua provocazione.
Lui sorrise
sulla mia pelle nuda, facendomi sussultare.
“Lascia pure
che aspettino.”, mormorò con voce fottutissimamente roca e sexy.
Mi mordicchiai
il labbro, mentre cercavo di non farmi abbindolare dal suo stramaledettissimo
fascino.
“Hazza.”,
boccheggiai ancora, prima di girarmi con uno scatto e baciarlo con foga.
Bene, dovevo placare i bollenti spiriti.
“Dobbiamo
andare.”, quasi balbettai sulle sue labbra poco dopo.
Lui fece una
strana smorfia contrariata, prima di lasciarsi andare ad un sorriso,
incorniciato da quelle due fossette che non mancavano mai.
“Ti amo.”,
sussurrò con un filo di voce sulle mie labbra, guardandomi dritta negli occhi.
Il mio cuore
perse un battito, forse due, tre, quattro. Tutto intorno a me parve fermarsi
per interminabili secondi, assaporando la magia di quel semplice momento.
Mi sarei mai abituata ad Harry?
“Lo so,
sarebbe impossibile non farlo!”, scherzai io facendo spallucce, camuffando
tutta l’elettricità che sentivo scorrere in ogni fibra del mio corpo.
Harry
sogghignò scuotendo leggermente il capo, così da far muovere anche i suoi
ricci, poi tornò a fissarmi.
“Io ti amo
sul serio, Juls.”, ripeté questa volta più convincente, come se volesse
trasmettermi la veridicità di quelle parole.
Sorrisi,
mentre nel mio corpo si scatenava la fine del mondo.
“Ti amo
anche io, Hazza.”, dissi ancora con gli occhi puntati nei suoi.
Harry si
avvicinò, fino a baciarmi con dolcezza.
“Ora però
non farci l’abitudine a queste scenette romantiche!”, ironizzò lui tornando il
burlone di sempre.
Feci roteare
gli occhi, sorridendo rassegnata.
No, non sarebbe cresciuto mai.
Ma soprattutto no, non sarei mai riuscita ad
abituarmi a lui.
Ogni momento
era come se fosse il primo che trascorressimo insieme, ogni volta che i nostri
sguardi si incontravano finivo per perdermi nei suoi occhi sempre con maggiore
intensità di quella precedente, ogni volta che le nostre labbra si incontravano
sentivo il mio corpo reagire sempre più spropositatamente, come se tutto fosse
sempre nuovo con lui.
“Tranquillo,
non mi piacciono le smancerie!”, chiarii io mentre uscivamo mano nella mano dal
bagno.
“Ottimo,
perché ho in testa un paio di posizioni nuove per quando…”, iniziò a dire con
aria maliziosa, stringendo più forte la mia mano.
“Harry!”, lo
bloccai indispettita. “Sei sempre il solito pervertito!”, borbottai.
Lui sorrise,
avvicinandosi di scatto, poi poggiò la fronte sulla mia, facendo sfiorare i
nostri nasi.
“E tu la
solita nonna noiosa.”, mormorò sulle mie labbra.
“Sei odioso
quando fai così.”, borbottai.
Lui fece
spallucce, non curandosi minimamente di quelle parole, come se non ci credesse
neanche un po’, del resto sapeva benissimo anche lui che non era così.
Mi sorrise,
tirando su l’angolo sinistro delle labbra, subito accompagnato dalla fossetta,
guardandomi ancora negli occhi così intensamente da poter confondere i miei
marroni ed i suoi verdi.
“Io invece
ti amo sempre.”, sussurrò soltanto prima di baciarmi ancora una volta.
The end.
Angolo Autrice
E con l'epilogo siamo davvero giunti alla fine!
Insomma, questa storia è terminata.
Spero vi sia piaciuta, che sia riuscita a trasmettere qualcosa,
a divertirvi o distrarvi dalla routine quotidiana.
Comunque sia, volevo ringraziare ancora una volta tutti!
Inzio con i silenziosi lettori,
che seppur con commentando hanno continuato a seguire la storia.
Ringrazio di cuore le persone che hanno aggiunto la storia tra l preferite,
quindi un enorme grazie va a
Aivlisloveonedirection
Amoilmioidolo, ana19
apliensa
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Davvero grazie!!! Siete fantastiche!!!*.*
Un altro enorme ringraziamento va alle persone
che hanno aggiunto la storia tra le seguite, quindi
abigail_malik
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AnnabethChase
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Un gigantesco grazie anche a voi, carotine splendidissime!!!*.*
E continuo ringraziando
Difettosa483Vs
giorgialouis99
keeponfeelingbetter_
Liz in love
lolei
Ludocacca
Ros_Directioner
sel4ever
che hanno aggiunto la storia tra le ricordate!!*.*
Ringrazio mia sorella Giula per tutto il supporto, il sostegno e la disponibilità,
questo epilogo è tutto dedicato a lei!!<3
Ringrazio anche Elisabetta e ne approfitto per fare gli auguri a Francesca
che oggi compie 18 anni!
Buon compleanno Pina!!:D
Bene, volevo anche ringraziare FeniceHowl_ per tutto il suo sostegno,
grazie mille!!:*
E ringrazio anche tutte quelle persone che hanno lasciato recensioni,
dandomi sempre maggiore motivazione per proseguire questa "avventura".
Ok, mi sembra di non aver domanticato nessuno, spero...xD
Spero sia rusicta a non deludere le vostre apsettative!
In ogni caso, sappiate che sto già pubblicando una nuova storiuccia,
sempre in questa sezione, nel caso qualcuno volesse leggerla.
Ok, credo che ora sia veramente tutto.
Alla prossima!:*
Astrea_
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