VACANZE TITANICHE - Ovvero: quando gli eroi vanno in vacanza

di Ely_fly
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Cyborg: Detroit ***
Capitolo 2: *** Beast Boy: Hollywood ***
Capitolo 3: *** Starfire: Hawaii ***
Capitolo 4: *** Robin: Cina ***
Capitolo 5: *** Raven: Praga ***



Capitolo 1
*** Cyborg: Detroit ***


 CYBORG: DETROIT
 
«Oh mio dio! Ragazzi, guardate! Avete mai visto una cosa del genere?»
«Affascinante» commentò sarcastica Raven, alzando gli occhi al cielo.
«Già…» concordò Robin, guardandosi attorno annoiato.
«Ooooh, Cyborg, cos’è quella meraviglia?»
«Star? Stai guardando un estintore» le fece notare Robin.
«È così che lo chiamate? È semplicemente meraviglioso, credete che potremo portarne uno con noi a Jump City?» esclamò eccitata la ragazza aliena.
Robin e Raven scossero la testa sconsolati.
 
In quel momento comparve un Beast Boy piuttosto alterato: «Ragazzi, non è possibile! Devo passare una settimana delle mie preziosissime vacanze in questo buco di città, dove il tofu sembra essere più inverosimile di un attacco alieno e dove non c’è assolutamente nulla a parte… Macchine???» gridò il ragazzino verde, sull’isterico andante: «E soprattutto dove la mia ragazza viene seguita da sguardi lascivi per tutta la città!!!» concluse, fulminando con gli occhi un incauto giovane che aveva osato allungare gli occhi su Raven e stringendo a sé la ragazza.
«Che male c’è nelle macchine?» domandò piccato Cyborg, che aveva staccato a malincuore gli occhi da un modello futuristico di automobile: «Abbiamo deciso che avremmo trascorso le vacanze scegliendo a turno dove andare! Questa è la mia settimana e io ho deciso di venire qui.»
«Questo posso quasi accettarlo, ma qui è più facile trovare uno yeti vivo che del tofu! E come la mettiamo con i pervertiti che girano qui?» replicò Beast Boy, per nulla incline a lasciar cadere l’argomento.
Cyborg stava per ribattere, ma a quel punto intervenne Raven, tappando con fasci di energia le bocche dei due litiganti.
«Grazie, Rae» le sorrise riconoscente Robin, prima di voltarsi verso il cyborg e il mutaforma: «Allora. Siamo qui e una settimana passa in fretta. Il prossimo a scegliere sei tu, Beast Boy, quindi non lamentarti. Sai che Cy va matto per queste cose. Noi troveremo altro da fare. E anche se per una settimana non mangi quella cosa molliccia non morirai. Accontentati di qualche foglia di insalata. E tu, Cy, cerca di capirci e non fare l’offeso.»
 
Il discorso del leader sembrava aver calmato i due Titans e Raven liberò le loro bocche. Vedendo che Beast Boy stava per aggiungere qualcosa, Robin intervenne: «E mi dispiace che Raven venga guardata in quel modo, ma siamo qui in incognito, per quanto possibile, con tipici abiti estivi e una bella ragazza con indosso shorts e canottiera viene per forza guardata così.»
Beast Boy borbottò qualcosa che comprendeva le parole “maledetti pervertiti”, ma rinunciò a questionare oltre. Con passo deciso uscì dal salone espositivo.
«Dove vai, ora?» gli gridò dietro Robin.
«A cercare qualcosa da fare» urlò lui di rimando, agitando la mano.
«Credo che andrò con lui. Ci ritroviamo qui fuori, ok?» mormorò Raven, avviandosi dietro a Beast Boy.
«In caso ci fossero problemi il trasmettitore è sempre in funzione» le ricordò Robin, agitando una mano in segno di saluto. Poi si voltò verso i due compagni, che erano tornati ad ammirare la macchina del futuro e l’estintore. Con un sospiro il leader dei Titans mormorò: «Sarà un luuuuuuuuungo pomeriggio…»
 
Intanto Raven aveva raggiunto Beast Boy, che camminava infuriato per la città, aggredendo l’asfalto, quasi anche quello avesse contribuito a rovinare le sue vacanze.
«Era necessario?» gli domandò cauta, sfiorandogli il braccio. Non aveva bisogno di chiedergli come stesse, grazie alle sue doti empatiche e medianiche riusciva a percepire la sua rabbia. E poi solo un cieco non si sarebbe accorto dello stato d’animo del ragazzo.
«Sì!» replicò lui infuriato, accelerando ancora di più.
«Andiamo, Beast Boy!» il ragazzo sobbalzò: da quando stavano insieme Raven lo chiamava con il suo nome per esteso solo quando era particolarmente infuriata con lui. E adesso, a quanto pareva, lo era.
«Lo sai benissimo anche tu come è fatto Cyborg e sai anche che è per pura democrazia che abbiamo deciso di attuare questo metodo per andare in vacanza. Avresti preferito passare qui tutto il nostro mese e mezzo di vacanze? Almeno dobbiamo restarci solo una settimana… E poi, qui a Detroit non ci sono solo macchine, sai?»
Era uno dei discorsi più lunghi che le avesse sentito fare da quando la conosceva. Il ragazzo continuò a camminare, ma con meno foga.
«Ci sono tantissime cose da fare e poi un giorno è già passato. Credo che potrai sopravvivere, no?» continuò la ragazza imperterrita, guardandolo con rimprovero.
Beast Boy fece una smorfia, poi finalmente accennò a parlare: «Lo so… È solo che in questo posto mi sembra non ci sia niente che funzioni, questa non è la mia idea di vacanza!»
«Ma è quella di Cyborg» commentò Raven, facendogli chinare il capo in un gesto di assenso e sconfitta.
«Già.» mormorò «Mi sono comportato da stupido, eh?» chiese poi, sollevando il capo e guardando la ragazza negli occhi.
«Proprio così» confermò lei.
«Grazie per la sincerità…» borbottò, prima di aprirsi in un sorriso dolce: «Cosa stavi dicendo a proposito di altre cose da fare?»
Raven sorrise a sua volta, prima di estrarre dalla borsa (non senza difficoltà, vista la sua scarsa dimestichezza con aggeggi del genere) un depliant che aveva preso il giorno prima appena arrivati: «Potremmo fare un salto qui, che ne dici?» domandò, mostrandogli l’opuscolo.
Beast Boy lo prese e lo lesse attentamente: «”Concert of colors”?» domandò.
«Sembra proprio che tu sappia leggere» sorrise lei, prima di mostrargli un evento segnato con una penna: «Che ne dici di questo?»
«Una serie di concerti jazz? Mi piace l’idea… Dove dobbiamo andare?» domandò il ragazzo entusiasta.
«Al Max M. Fisher Music Center, ma inizia stasera alle otto e un quarto. Nel frattempo ti va un giro al Detroit Science Center?» replicò lei, indicandogli un cartello.
«Marion Hayden, James Carter, Marcus Belgrave…» stava intanto leggendo Beast Boy, ignorandola completamente.
Raven sospirò, poi lo prese per un braccio e cominciò a trainarlo verso il centro scientifico di Detroit. Stavano per entrare quando il trasmettitore suonò.
 
«Robin!» salutò la ragazza aprendo il piccolo aggeggino rotondo.
«Ehi, Rae! Come sta Beast Boy?» replicò il ragazzo-meraviglia.
«Sono riuscita a convincerlo che non è poi così male qui… Da te come va?»
«Potrebbe andare meglio, ma almeno sono riuscito a staccare Starfire dall’estintore…» Raven sorrise vedendo il ragazzo scuotere la testa.
«Meglio che niente… Che programmi avete per il pomeriggio?» si rallegrò la maga.
«Non so, Cy sembra molto preso qui, ma… Aspettaaspettaaspetta!! Oddio!»
«Robin? Tutto a posto?» domandò perplessa la ragazza, vedendolo agitarsi per qualcosa che aveva visto.
«C’è una moto fantascientifica! Devo assolutamente vederla da vicino! Ci risentiamo, eh?» rispose il leader agitato, salutando in fretta e interrompendo la comunicazione, senza aspettare la risposta dell’amica.
 
«Uomini…» brontolò lei, mettendo via il trasmettitore. In quell’istante arrivò Beast Boy con i biglietti: «Chi era al trasmettitore? Robin è morto di noia? Si sta decomponendo?»
«Non essere stupido… Comunque sì, era Robin. Ma è andato anche lui: ha visto una moto che a suo dire era fantascientifica. Doveva vederla da vicino.»
«Ce lo siamo giocato, giusto?»
«A-ah.»
«Bene, spero che per stasera si rimetterà… Entriamo?» domandò cavallerescamente, inchinandosi e facendole cenno di passare.
«Grazie, mio cavaliere» sorrise lei radiosa come poche volte in vita sua, passando davanti a lui e poggiando una mano sulla sua tesa. Parecchie teste maschili intorno a lei si voltarono nella sua direzione, per poi tornare in fretta alla loro posizione originaria, richiamati da mogli e fidanzate, oltre che atterriti dal ringhio scaturito dalla gola di B.B..
«Tutto a posto?» domandò la maga, non essendosi accorta di niente.
«Adesso sì!» le sorrise lui, scortandola all’ingresso.
 
I due Titans si persero nelle meraviglie della scienza e quando uscirono dal centro erano già le tre passate.
«Comincio ad avere fame…» borbottò Beast Boy, cercando di far tacere lo stomaco, che reclamava la sua dose quotidiana di carboidrati e compagnia.
«Cominci? Pensavo tu l’avessi sempre…» sorrise Raven, abbagliando un povero passante. «Comunque hai ragione, anche io avverto un languorino… Andiamo a mangiare da qualche parte?»
«Là!» esclamò il mutaforma, indicando un ristorante italiano poco distante. «Pizza va bene?»
«Certamente» rispose la ragazza, guardando il ristorante: sembrava innocuo e anche piuttosto carino.
«Ottimo!» esclamò allegro il mutaforma, prendendola sottobraccio e trascinandola verso il locale.
Una volta entrati, l’opinione di Raven fu confermata: il posto era arredato con semplicità e pulizia e i camerieri (soprattutto i camerieri MASCHI, notò Beast Boy) erano davvero gentili.
«Un tavolo per due, signorina?» domandò infatti uno di loro a Raven, ignorando con molta nonchalance il ragazzo al suo fianco.
«Sì, grazie» annuì lei, con un sorriso appena accennato. Il cameriere si illuminò e li portò verso un tavolino accanto alla vetrata: «Et voilà, mademoiselle!» esclamò, spostando la sedia per farla sedere.
«Molte grazie» rispose Raven con educazione, accomodandosi.
«Vi porto subito i menu» dichiarò il giovane, correndo ad accaparrarsi due liste prima che uno dei colleghi si avvicinasse a quella bellezza esotica. Poco importava che fosse in compagnia.
Compagnia che non tardò a commentare caustica: «”Et voilà, mademoiselle”… Puah! Ma dove crede di essere?»
«Eddai, B.B., non essere così cattivo… In fondo ci ha dato un tavolo bellissimo, no?» lo sgridò dolcemente la ragazza, prima di alzare gli occhi viola verso il cameriere, che era tornato alla velocità della luce.
«Prego, signorina» le sorrise, porgendole con gentilezza il menu e sbattendolo con malagrazia davanti a Beast Boy, che non reagì solo perché la sua amabile ragazza gli tirò un calcione stratosferico nelle ginocchia.
“Non avrei mai dovuto permetterle di allenarsi con Robin” si maledisse mentalmente, soffocando un urlo di dolore.
«Un’acqua naturale e una pizza margherita, grazie» ordinò Raven.
«Io una Coca alla spina e una pizza vegetariana» aggiunse brusco B.B..
«Subito, signorina!» cinguettò il cameriere allontanandosi in fretta.
 
«Era necessario distruggermi il menisco?» domandò alterato Beast Boy alla ragazza davanti a lui.
«Stavi per ridurre il cameriere a carne da macello. Perciò, sì, credo fosse necessario» replicò lei calmissima, frugando dentro la sua borsa.
«Non l’avrei mai fatto…» rispose lui, con un tono molto poco convincente.
«Certo» disse lei sarcasticamente, estraendo dalla borsa una guida di Detroit.
«E adesso che fai? Ti pare il momento di mettersi a leggere?»
«Perché no? Il pranzo non è ancora arrivato, mi spieghi cosa posso fare mentre aspetto?»
«Potresti parlare con il tuo ragazzo, per esempio, non credi?»
«B.B. non essere geloso… E poi sto cercando di progettare il tuo pomeriggio, che credi?»
«Grazie, tesoro, ma puoi farlo anche dopo.»
«Dai, adesso non offenderti…» lo rimbrottò lei, alzando gli occhi dal libro e trovandosi il viso del ragazzo a pochi centimetri dal suo.
«Non sono offeso» sussurrò lui, prima di baciarla dolcemente.
Raven sorrise e rispose in fretta al bacio, staccandosi quando il cameriere arrivò con le bevande.
«Prego» disse gelido, come se si fosse accorto solo in quel momento del legame che esisteva tra quella bellissima ragazza e il suo accompagnatore.
«Molte grazie» rispose Raven sorridendo, facendo sciogliere nuovamente il giovane. Bastò quel sorriso a fargli dimenticare la scena appena vista.
«Le pizze arriveranno tra qualche minuto» la informò lui, allontanandosi con la gioia nel cuore per aver ricevuto un sorriso da quell’eterea creatura.
 
«B.B. non pensarci nemmeno.»
«Non volevo fare niente, sei ingiusta con me!» si difese il mutaforma, sorridendo colpevole. «Comunque, che progetti hai per il pomeriggio?»
«Se qualcuno mi avesse lasciato consultare la guida lo saprei…» replicò lei con tono canzonatorio.
«Già, perché la distrazione ti è molto dispiaciuta, vero?» sogghignò lui, guardandola con sfida.
La ragazza arrossì, poi rispose: «Non farmi pentire di averti scelto. E comunque oggi pomeriggio non mi dispiacerebbe un salto all’acquario di Belle Isle…»
«Ahah, chi è che mi avrebbe scelto? Pensavo di essere stato io a dichiararmi per primo…»
«Dimentichi Aqualad?»
Beast Boy si rabbuiò: «A proposito di pesci…»
«Stavo scherzando, scemo. Però l’acquario mi ispira davvero, mi accompagni?»
«E come posso dirti di no? Il tuo sguardo supplicante fa concorrenza ai miei occhioni da gattino…» rise lui, aggiungendo: «Però non puoi negare che io sono molto molto meglio di quel damerino subacqueo.»
«Certo, B.B., certo. Oh, le pizze!» replicò lei noncurante, nascondendo però un sorriso mentre spiegava il tovagliolo.
«Ecco a lei, signorina» disse il cameriere poggiando la pizza fumante davanti a Raven: «Mi raccomando, faccia attenzione, scotta. Prego» aggiunse poi gelido, posando la pizza davanti a Beast Boy premurandosi di centrargli le dita. Sfortunatamente per lui i riflessi del mutaforma erano piuttosto rapidi.
«Mamma mia quanto non lo sopporto! Sbrigati a mangiare, non vedo l’ora di non vederlo mai più!» esclamò furibondo il Titan, cominciando ad armeggiare intorno alla sua pizza.
«Con calma, non vorrei scottarmi!» disse pacata la maga, tagliando un minuscolo angolo di pasta e portandoselo alla bocca.
«Mi raccomando, attenta a non fartelo cadere su un piede… Vista la grandezza potrebbe ferirti seriamente!» la prese in giro lui, addentando una fettona enorme di pizza.
Raven, saggiamente lo ignorò, continuando a mangiare.
 
Finalmente, all’alba delle quattro, i due eroi uscirono dal ristorante, accompagnati dal cameriere, che si inchinò esageratamente davanti a Raven per farla passare e che continuò a salutarla finché i due non furono troppo lontani.
«Meno male, ce ne siamo liberati!» gioì Beast Boy, stringendo a sé la ragazza.
«B.B:, fa un po’ caldo…» annaspò lei, cercando di liberarsi.
«D’accordo, scusa. Andiamo all’acquario?» domandò lui, liberandola e prendendole la mano.
«Okay!»
 
 
Il rumore del trasmettitore si diffuse in tutto il corridoio, fortunatamente vuoto. I due Titans sobbalzarono dalla paura, poi Raven estrasse il dispositivo dalla borsa: «Ehi, Robin!» salutò.
«Ciao, Rae! Come va?»
«Bene, direi. Com’era la moto fantascientifica?»
«Oh, era fantastica! Cyborg ha preso nota di tutto e applicherà diverse modifiche alla mia moto» sorrise Robin dallo schermo.
«Entusiasmante… Dove siete adesso?»
«Siamo appena usciti dalla fiera, voi dove siete?»
«All’acquario, ma la visita è quasi finita. Vi raggiungiamo in albergo, okay?»
«Va bene, così facciamo i progetti per stasera.»
«Ho già una mezza idea» lo informò la maga, prima di interrompere la comunicazione.
«Era Robin?» domandò Beast Boy.
«Cavoli, sei intuitivo! Da cosa l’hai capito?» lo sbeffeggiò la mezzo-demone, prima di aprirsi in un sorriso alla vista della sua espressione imbronciata: «Sì, era lui. Loro hanno finito e ci aspettano in albergo. Finiamo di vedere qui e poi andiamo anche noi, okay?»
«Sigh… Il mio tempo a disposizione con te è finito, quindi?» domandò lui in tono melodrammatico.
«Non fare il cretino» lo rimbeccò lei.
«Sissignora!» replicò lui, mettendosi sull’attenti e facendo il saluto militare.
«Io ci rinuncio…» si arrese la ragazza, rimettendosi in marcia verso l’uscita.
«Ehi, aspettami!» la rincorse B.B..
 
 
 
«Bene, ragazzi. Cosa facciamo stasera?» domandò Robin ai quattro compagni riuniti attorno al tavolo della sala da pranzo dell’albergo.
«Io un’idea l’avrei…» annunciò Raven, stupendo i suoi compagni: lei che faceva proposte??? Era proprio vero che in vacanza si scoprivano i lati più nascosti delle persone…
«Dicci tutto, Rae» la incitò il ragazzo-meraviglia.
La mezzo-demone estrasse dalla borsa il depliant del “Concert of colors”: «Ecco, stasera al Max M. Fisher Music Center c’è un concerto jazz con diversi artisti e pensavo sarebbe stato carino andarci… Che ne dite?»
«Tu ascolti musica jazz?» le domandò Cyborg guardandola con tanto d’occhi.
«E che male c’è?» si difese lei.
«Assolutamente nessuno, è solo che non sembri una tipa da jazz.»
«Tralasciando il fatto che Raven sembri o no una tipa da jazz, mi pare una buona idea. Ma dobbiamo affrettarci, a che ora inizia?» intervenne Robin, guardando l’orologio.
«Inizia alle otto e un quarto» rispose B.B..
«Sono già un quarto alle otto, muoviamoci!» esclamò Starfire, alzandosi in piedi.
I Titans si alzarono dal tavolo e si diressero verso il centro, arrivando appena in tempo.
 
«Allora, vi è piaciuto?» domandò Robin, quando uscirono, a mezzanotte passata.
«Molto. Soprattutto il party che è seguito. È stato bellissimo!» esclamò Starfire agitando le braccia e sollevandosi di qualche centimetro. Robin la riacchiappò per l’orlo della maglietta, sibilandole: «Star, siamo in incognito!»
«Già, è stata davvero una bella serata» commentò Cyborg, lanciando un’occhiata a Raven: «Ottima idea, Rae!»
«Grazie» mormorò lei, soffocando uno sbadiglio.
«Direi che è ora di tornare in albergo…» osservò Beast Boy, sorreggendo la sua ragazza, che sembrava sul punto di addormentarsi.
«Hai ragione. Forza, cerchiamo un autobus o un taxi che ci riporti all’hotel» convenne Robin, guardandosi intorno. Vide un cartello che indicava la fermata dell’autobus: «Accidenti, il prossimo passa tra mezz’ora!» imprecò, leggendo gli orari.
«Troppo. Prendiamo un taxi» propose Cyborg, che non vedeva l’ora di sprofondare nel suo morbido letto.
«Ma ci staremo tutti e cinque?» domandò ragionevolmente Starfire.
«Mmm… Credo di no… Vi va bene se ci dividiamo?» domandò Beast Boy.
«Buona idea. Tu e Raven su uno e…»
«Posso venire con voi?» domandò Cyborg.
«Ehm, certo. Nessun problema» rispose il mutaforma, sconcertato.
«Oh, eccone uno! Ci vediamo all’albergo, d’accordo?» esclamò Cyborg, fermando l’auto che stava arrivando.
 
Dopo aver indicato la loro destinazione all’autista, i tre Titans si misero comodi. Raven, stanchissima, si appoggiò a Beast Boy, crollando in un profondo sonno.
«Che dolce…» mormorò Cyborg guardandola.
«Già, a vederla non si direbbe, ma è la persona più dolce che abbia mai incontrato» commentò B.B. guardandola a sua volta con uno sguardo d’amore.
I due rimasero in contemplazione della mezzo-demone addormentata, poi cominciarono a parlare nello stesso momento: «Senti…» per poi interrompersi.
«Prima tu!»
«No, prima tu, davvero!»
«Sul serio, Cy…»
«Nono, prima tu, B.B.! Insisto!» esclamò il cyborg.
«D’accordo… Senti, volevo scusarmi per quello che ti ho detto oggi. Non ero molto a posto con la testa e l’idea di passare una settimana in mezzo a macchine e carne non mi entusiasmava affatto.»
«Oh» replicò argutamente Cyborg. «Bè, volevo scusarmi anche io, non vi avevo detto che cosa ci fosse qui, quindi…»
«Oh, non ti preoccupare. Rae ha trovato molto altro da fare. Credo che sopravvivrò. Ma la settimana prossima è il mio turno! Preparati!»
I due ragazzi si sorrisero e scoppiarono a ridere, causando una serie di movimenti inconsulti nella ragazza addormentata tra loro.
 
Una volta arrivati all’albergo i due scesero dall’auto, Beast Boy con Raven tra le braccia: la ragazza era profondamente addormentata e non dava segno di volersi svegliare. Stavano entrando nella hall, quando li raggiunsero Starfire e Robin.
«Sbaglio o voi due vi state parlando?» domandò il ragazzo con i capelli neri, prendendo le chiavi della stanza.
«Oh, avete fatto pace? Ma è fantastico!» gorgheggiò Starfire, recuperando le chiavi della camera.
«Sì, bè… Ci siamo comportati da idioti, tutti e due» si giustificarono i due ragazzi, bofonchiando.
«Ne sono contento, non avrò nulla da temere stanotte!» esclamò Robin tutto contento, avviandosi verso gli ascensori.
«Simpatico, Rob…» gli disse Cyborg, scompigliando la già scompigliata massa di capelli che aveva in testa.
Starfire rise contenta e schiacciò il pulsante dell’ascensore, che arrivò subito. I cinque Titans entrarono, Raven ancora addormentata tra le braccia di Beast Boy e in breve arrivarono al loro piano.
«Buonanotte ragazzi, ci vediamo domani mattina» disse Starfire, salutando tutti e aprendo la porta della sua stanza.
«Porto Raven a letto e vi raggiungo, non chiudetemi fuori!» bisbigliò B.B., seguendo Star nella camera.
I due ragazzi sogghignarono maliziosi, ma accostarono comunque la porta.
 
«Entra pure, B.B.. Io vado un attimo a cambiarmi, il letto di Raven è quello» gli indicò Star, mostrandogli i due letti. Non che fosse difficile identificare le padrone dei letti: il letto di Raven era in perfetto ordine, come anche i bagagli. Quello di Star, pur essendo stato rifatto dalla cameriera al mattino, era un caos indescrivibile e i vestiti dell’aliena occupavano ogni superficie disponibile. Aggirando mucchi di scarpe e di magliette, il mutaforma arrivò al letto della sua ragazza. Con delicatezza appoggiò l’esile ragazza sul letto e fece per allontanarsi, ma qualcosa lo trattenne.
Voltandosi, vide che Raven aveva aperto gli occhi e che lo stava trattenendo per la maglietta.
«Scusami, sono stato troppo poco delicato? Non volevo svegliarti» le disse, abbassandosi per poterla guardare negli occhi assonnati, depositandole un bacio in fronte.
«Non ti preoccupare… Volevo solo…» si interruppe per uno sbadiglio «Solo… Dirti che sei stato bravo… A…» altro sbadiglio «Scusarti con… Con… Cy…» ulteriore sbadiglio.
«Ma allora… Eri sveglia! Imbrogliona!» esclamò il ragazzo, raddrizzandosi all’improvviso.
«No… Sono… Sono…» la ragazza si addormentò prima di concludere la frase. Il ragazzo sorrise davanti all’espressione pacifica del suo viso, poi si chinò nuovamente per baciarla e mentre si allontanava sussurrò: «Continueremo il discorso domani mattina. Buonanotte!»
Si alzò e uscì dalla stanza con un ultimo saluto a Starfire, che rispose dal bagno, dopodiché entrò nella sua stanza.
 
Il mattino dopo i Titans si ritrovarono nel salone per la colazione e per discutere dei progetti per la giornata.
«Io vorrei andare al museo “Henry Ford”» chiarì subito Cyborg.
«Io vengo volentieri con te, voglio proprio conoscere questo signor Ford!» si aggregò Starfire.
«Star, Henry Ford è morto. Il museo è dedicato alla storia dell’automobile» le spiegò Robin, aggiungendo: «Io farei un salto al museo di storia.»
«Anche io» si accodò Raven, sorseggiando il suo tè.
Beast Boy gemette. «Non sei obbligato a venire con me» gli disse Raven, con un sorrisetto.
«Ecco, non prenderla a male, ma… Io e la storia non andiamo molto d’accordo» si giustificò lui.
«Tranquillo, nessun problema, davvero. Ci vedremo nel pomeriggio, d’accordo?» propose la ragazza.
«Sei un angelo!» la lodò il mutaforma, scompigliandole i capelli scuri.
«Tranquillo, B.B., la sorveglierò io e non le farò avvicinare nessuno!» promise solennemente Robin.
«Grazie, amico. Conto su di te. E se qualche cameriere vi importuna, asfaltalo» lo ringraziò B.B..
«Sono capace a difendermi da sola…» mormorò Raven da sopra la tazzina.
«Non ti deluderò, Beast Boy» la ignorò Robin, ricevendo ulteriori raccomandazioni dal mutante.
«Prego, fate pure come se non ci fossi» sibilò irata la mezzo-demone, rifiutandosi di capire quei due. Cyborg e Starfire ridacchiarono allegramente.
Il momento dei saluti fu straziante: Beast Boy continuava a fare raccomandazioni a Raven, girandole intorno e parlando a macchinetta. La ragazza a un certo punto lo bloccò con i suoi fasci di energia, avvolgendolo in un bozzolo di oscurità e, trattolo a sé, gli disse: «B.B., posso cavarmela da sola. Non preoccuparti. E poi con me c’è Robin, non ti preoccupare, ‘kay?»
«Ma…»
«Non ti preoccupare. Fidati di me» lo zittì lei, baciandolo dolcemente e liberandolo dalla prigione.
«Okay…» mormorò lui di malavoglia, baciandola a sua volta e abbracciandola stretta.
«A-ehm… Se avete finito…» si schiarì la voce Robin.
«Su, vai» incitò Raven, spingendo il suo ragazzo verso Starfire e Cyborg. «Ci vediamo oggi, se hai problemi chiamami, d’accordo?»
«Va bene. Buona visita» la salutò lui, scambiando un’occhiata d’intesa con il ragazzo-meraviglia e raggiungendo i due amici.
Appena si fu allontanato, i due Titans rimasti si scambiarono uno sguardo e Raven dichiarò decisa: «Se hai intenzione di trattarmi come una fanciulla indifesa marchi male, chiaro? E ora andiamo a questo benedetto museo!»
«D’accordo» rispose Robin, avviandosi con lei verso la fermata.
 
I due Titans stavano camminando nel museo in silenzio, quando all’improvviso Robin parlò: «Come mai hai scelto proprio Beast Boy?»
Raven lo guardò sorpresa, fermandosi in mezzo al corridoio. Il ragazzo si voltò verso di lei, fissandola con gli occhi azzurri, finalmente liberi dalla maschera che portava abitualmente.
«Come mai vuoi saperlo?» chiese poi, piuttosto freddamente.
«No, bè, è una curiosità, non pensare male. È solo che tu sei circondata di spasimanti, sia tra i ragazzi che vivono a Jump City sia tra i supereroi. Insomma, credo ti sarai accorta di Aqualad, Speedy e persino di Mas e Minos! Per non parlare di Control Freak, sempre che si possa definire un eroe!» si spiegò il leader.
L’espressione della maga si addolcì: «Capisco. In realtà non c’è un motivo preciso, ma credo sia perché c’è qualcosa in lui di molto particolare. Mi attrae, forse perché è il mio esatto opposto. Ma anche perché è diverso. Oltre ad essere bello, naturalmente. Personalmente ritengo che i centimetri guadagnati in questi anni gli abbiano fatto bene.»
«E cosa diresti se anche io ti dovessi dire che mi piaci?» le domandò dopo parecchi minuti di silenzio.
La ragazza si fermò di nuovo. Lo guardò. Ma non superficialmente, lo guardò veramente: quello non era il solito Robin. Aveva perso tutta la sua aura di autorevolezza e carica, era un ragazzo che soffriva per qualcosa. Qualcosa che gli stava accadendo in quel momento. Non poteva essere… «Sei serio?» gli domandò.
Lui eluse il suo sguardo, ma lei gli si avvicinò e lo costrinse a guardarla. Adesso non aveva neanche la maschera a coprirgli gli occhi: Raven fissò i propri occhi violacei nei suoi azzurri, incatenandolo a lei.
In un soffio rispose: «Sì» e prima che lei potesse reagire la baciò delicatamente sulle labbra.
Raven rimase congelata. Non se l’aspettava. Non sapeva nemmeno cosa pensare. Cosa gli doveva dire? Cosa doveva fare?
Robin sembrò cogliere quel dissidio interiore e le disse: «Non ti preoccupare. Capisco che tu non possa provare niente di simile a quello che provi per Beast Boy per altri, ma… Volevo sapere cosa ne pensi di me.»
La ragazza riacquistò l’uso della parola: «Robin… Mi dispiace, non posso ricambiarti. Magari una volta, ma adesso…» deglutì «Adesso per me c’è solo B.B.. Per me tu sei come un fratello. Un fratello maggiore, se vuoi, ma più di così non posso fare. Mi dispiace tanto.»
La vetrina dell’estintore esplose.
«Rae, recupera il controllo di te stessa. Ti prego. Non volevo turbarti. Ma una cosa del genere non potevo tenermela dentro ancora per molto» la calmò il ragazzo-meraviglia. «Quello che volevo sapere l’ho saputo, mi spiace solo di non avertelo detto prima. Chissà, magari adesso al posto di B.B. potrei esserci io… Se soltanto…»
«Robin. Mi dispiace. Ma così è stato, non possiamo rimpiangere il passato. Sono sicura che è la scelta giusta per te. Io non sono adatta a te… Meriti di meglio.»
«Non dirlo neanche per scherzo. Non ora, almeno. Comunque meglio essere un fratello che un perfetto estraneo.»
«Già, a un estraneo non potrei fare questo» replicò lei, tirandogli un pugno in testa e aggiungendo: «O questo» gettandosi attorno al suo collo e stringendolo in un abbraccio davvero fraterno.
«Grazie, Rae. Sei grande, come sempre» le sussurrò lui nell’orecchio, stringendola a sua volta.
«Figurati. È il minimo che possa fare dopo averti rifiutato. Comunque non ti dimenticare quello che ho detto… Fratellone» gli rispose lei, lasciandolo andare.
«Mai… Sorellina» sorrise il ragazzo, guardandola.
«Continuiamo la visita?» domandò la mezzo-demone, accennando qualche passo lungo il corridoio.
«Volentieri» rispose lui, seguendola.
Stavano camminando già da un po’, quando improvvisamente Raven chiese: «Cos’è che ti piace di me?»
Robin arrossì di colpo, prima di balbettare: «Bèè… Ecco… Come posso spiegarti…»
«Calmati e rispondimi con tranquillità. Non mi offendo.»
«No, bè, ecco… A parte il fatto che sei davvero una bella ragazza…»
«Grazie» mormorò lei con un timido sorriso.
«Figurati. È la verità. Comunque anche per come sei: sei forte, sincera e non esiti a batterti per ciò che ritieni giusto. E poi hai un gran senso dell’umorismo. Ma mi spieghi il senso della domanda?»
«Così, per curiosità.»
«Quindi non ti offenderai se ti chiedo cosa ne pensi di me?»
«Bé… Ecco… Tu sei un gran leader, riesci a capire le persone, hai coraggio, sei forte e bè, sei anche bellino…»
«Oh, che gentile concessione» rise lui.
«Non rendere le cose ancora più difficili. Comunque sappi che se io ho un fan club tra i ragazzi di Jump City, tu ne hai almeno tre tra le ragazze.»
I due ragazzi scoppiarono a ridere e continuarono la visita, i cuori più leggeri di quando erano entrati, grati per quel momento.
 
I due gruppi si radunarono verso le quattro di pomeriggio, in centro.
«Raven! Allora, come è andata?» le domandò subito Beast Boy, stritolandola in un abbraccio e fulminando tutti quelli che osavano guardarla.
«Benone, ma adesso mi stai soffocando…» rispose lei, annaspando.
«Ottimo lavoro, Robin, è stato necessario fare del male a qualcuno?» chiese il ragazzo, continuando a stringerla.
«No, anche se mi fanno male gli occhi a furia di guardare storto la gente» rispose il ragazzo-meraviglia. «Ed è stato piacevole parlare con lei» aggiunse, scambiando un sorriso complice con Raven.
«Perfetto. Grazie, amico. Sempre debitore!» disse con tono cameratesco il mutaforma, prima di esclamare allegramente: «E ora tutti a mangiare una cialda per merenda!» e partire alla volta del chioschetto, tirandosi dietro la sua ragazza che aveva un’espressione indecifrabile sulla faccia. I tre Titans rimasti scoppiarono a ridere e poi li seguirono.
 
 
 
 
«Domani mattina ripartiamo…» mormorò Raven, appoggiandosi alla spalla di Beast Boy, guardando il panorama della città di Detroit in notturna, illuminata dalle luci dei grattacieli e dei lampioni.
«Già…» mormorò lui in risposta, abbracciandola e accarezzandole la mano, disegnando dei cerchi con le dita.
«Alla fine mi mancherà, sai? Sono successe un sacco di cose mentre eravamo qui.»
«Tipo?»
«Tipo il cameriere del secondo giorno, te che sei caduto nel fiume ieri, il concerto jazz, i musei, le serate insieme… E poi…» la ragazza si interruppe. Avrebbe dovuto dire a B.B. di Robin?
«E poi?» domandò lui curioso.
«E poi… E poi, cosa ne pensi di me?» domandò lei in risposta, cogliendolo di sorpresa.
«Rae? Che ti prende d’un tratto?»
«Avanti, B.B., è importante per me. Cosa pensi di me?»
«Rae… Cosa vuoi che pensi? Sei una ragazza meravigliosa, dolce e forte allo stesso tempo, sei una che sa quello che vuole e riesci a mettermi in ginocchio con uno sguardo. Sei l’unica ragazza che io abbia mai amato. E soprattutto, sei bellissima.»
«Credi davvero?»
«Rae, che ti prende? Certo che lo credo davvero. E hai anche uno strano senso dell’umorismo. E non capisci il mio. Ma forse questo non dovevo dirtelo…» scherzò lui, guardandola e prendendole il mento per farla voltare verso di lui. «Adesso mi spieghi che ti è preso? A cosa ti serve sapere cosa penso di te? L’importante è sapere che ti amo, no? E che tu ami me, perché mi ami, vero?»
«Certo, sciocco. È solo che… Bé… Te lo racconterò un’altra volta, okay?» concluse lei, stringendolo in un abbraccio lunghissimo, suggellato da un bacio tra i due.
Quando finalmente sentirono la necessità di ossigeno farsi strada nei loro polmoni si staccarono.
«Dici che dovremmo tornare?» chiese il ragazzo, guardando il fiume scorrere lento sotto di lui.
«Penso di sì, ci staranno cercando…» rispose lei.
«E allora andiamo.»
«Un momento solo, voglio fare una cosa.»
«Cosa?» domandò lui.
In risposta Raven si alzò in volo sopra la città e continuò a salire finché non ne ebbe una visione globale. Solo allora si fermò e mormorò: «Grazie, Detroit.»
Dopodiché si soffermò per un istante sulla sagoma del Detroit Historical Museum, poi, con un che di commozione negli occhi ridiscese verso terra.
 
«Ma sei pazza? Avrebbero potuto vederti!»
«Non importa, dovevo farlo» spiegò lei con un sorriso, stringendo la mano di Beast Boy e camminando con lui nella notte.
 

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Capitolo 2
*** Beast Boy: Hollywood ***


 BEAST BOY: HOLLYWOOD

I Teen Titans si trovavano nella sala centrale della T-Tower, appena tornati dalla settimana di vacanza trascorsa a Detroit.
«Ooooouff… Sono esausto!» esclamò Cyborg, svaccandosi beatamente sul divano, abbandonando i propri (ingombranti) bagagli in mezzo alla sala.
«Esausto? Ma se siamo appena tornati dalle vacanze!» esclamò Robin, svaccandosi accanto a lui con in mano una bibita fresca.
«Già, ma chi ha portato su tutti i bagagli?» domandò retorico il mezzo robot, indicando le numerosissime valigie di Starfire e Raven, che si limitarono a sorridere e sedersi sul divano insieme ai loro amici.
«Davvero, da Star me lo sarei aspettato, ma tu Raven cosa cavolo ci hai messo dentro??» domandò il ragazzo bionico, guardando la maga.
«Eravamo sotto copertura. Ho dovuto portare gli abiti adatti» rispose semplicemente la ragazza. «Vado anche a lavarli, direi… Visto che partiamo tra pochi giorni. A proposito, qualcuno sa dove andiamo?»
«Chiedilo al tuo ragazzo» le rispose Robin, indicando il mutaforma verde che entrava in quel momento nella sala, dopo essere scomparso nei meandri della torre appena tornato.
«Ragazzi è ufficiale. La prossima settimana la passeremo a…» annunciò Beast Boy.
«A…?» gli chiesero in coro i quattro Titans.
«A…» cominciò il ragazzo, ma venne interrotto dall’allarme.
«Titans, go!» esclamò Robin, scattando in piedi.
«Ma siamo appena tornati…» bofonchiò Cyborg. «Non abbiamo quasi neanche fatto a tempo a rimandare a casa i Titans East che già ci riparte l’allarme!»
Gli altri seguirono il ragazzo correndo e volando, ma comunque lamentandosi.
 
Fortunatamente l’emergenza venne risolta velocemente (guai a chi dice che le vacanze non fanno bene!) e poco meno di un’ora dopo i cinque ragazzi erano di ritorno nella loro amata torre.
«E ora riposo!» gemette Cyborg, quasi strisciando verso il divano.
«Non prima di aver scoperto dove andremo tra tre giorni!» replicò Raven, cominciando a far sollevare le sue valigie per portarle in camera sua.
«Già, Rae ha ragione! Dove hai deciso che andremo, B.B.?» domandò Robin, aiutando Raven con l’ultima valigia che era sfuggita al suo controllo.
«Sì, B.B., dicci dove andremo!» lo pregò Starfire.
Il mutaforma si diede arie di importanza e cominciò a schiarirsi la gola.
«Prima di domani, possibilmente» lo bloccò immediatamente la sua ragazza.
«Grazie, tesoro, tu sì che sai stemperare la tensione!» le disse risentito il mutaforma.
«Faccio del mio meglio» si schernì lei mandandogli un bacio in volo.
Lui fece finta di acchiapparlo, poi, ignorando la faccia nauseata di Cyborg e quella incupita di Robin (ancora non aveva superato il rifiuto di Raven di qualche giorno prima a Detroit), continuò: «Stavo dicendo, dunque, che andremo in vacanza a… Rullo di tamburi, prego!... A HOLLYWOOD!»
Starfire saltellò di gioia, mentre Raven dalla sorpresa fece cadere tutte le valigie, mancando Robin e Beast Boy di qualche centimetro. Cyborg fece una faccia tutto sommato nemmeno troppo dispiaciuta, mentre Robin guardò il mutaforma come se avesse appena annunciato che sarebbero andati a nuoto da Jump City all’Inghilterra per bere un tè con la regina Elisabetta.
«Fammi capire bene… Andremo a Hollywood? Quella Hollywood?» domandò poi all’amico.
«Ma certo! Ce ne sono forse altre? Ho appena confermato la prenotazione, partiremo il 23 mattina! Siate tutti pronti, chiaro?» esclamò entusiasta B.B. guardandoli tutti con una faccia da saputello.
Dopodiché uscì dalla stanza, fischiettando allegramente.
«Io l’ho sempre detto che quel ragazzo ha dei problemi» disse Cyborg scuotendo la testa.
 
Il giorno dopo, Raven fu svegliata da una leccata di cane.
Si tirò su dal letto a una velocità impensabile persino per lei e scacciò l’animale, che si ritrasformò in Beast Boy: «È questo il modo di trattare il tuo ragazzo?» domandò con un tono irritato.
«Oh, scusami! Non pensavo che fossi tu… È stata una reazione alla presenza animale accanto a me. Scusami!» si scusò la ragazza, alzandosi dal letto e dirigendosi verso di lui per dargli una mano a tirarsi su. Dovette trattenersi per non ridergli in faccia, visto che era atterrato tra le sue valigie aperte, finendo sommerso dai vestiti.
«Carino questo vestitino, non ricordo di avertelo mai visto» commentò lui, districandosi da un allucinante vestito corto rosa shocking.
«Me l’ha messo in valigia Star, è orribile. Io odio il rosa» disse la ragazza, rabbrividendo platealmente.
«Invece il blu è ancora il tuo colore preferito, vedo…» replicò lui, sorridendo malizioso. Solo allora la maga si rese conto di indossare ancora il pigiama, che consisteva in una lunga maglietta blu che le arrivava a malapena a metà coscia… E basta. Arrossì e cercò qualcosa per coprirsi, ma il ragazzo la fermò con una risata: «Non ti preoccupare, non mi formalizzo. E poi stai benissimo anche così.»
«Grazie mille, ma ora esci pure… Devo cambiarmi!» ribatté lei, spingendolo verso la porta, che si aprì, rivelando Robin che passava in quel momento con un mucchio di vestiti da lavare.
«’Giorno B.B., ‘giorno Rae!» disse distrattamente, prima di accorgersi di cosa avesse (o meglio, non avesse) indosso la ragazza: «Nuovo look, Rae?» domandò, rosso come un peperone, distogliendo lo sguardo al più presto.
«No!» ringhiò lei, chiudendo la porta e nascondendovisi dietro, di un grazioso color ciliegia.
I due ragazzi si guardarono stupiti, poi Robin chiese all’amico: «Dici che avremmo dovuto ricordarle che la maglietta è trasparente?»
«Naah! Che divertimento ci sarebbe stato, se no?» replicò l’altro, ridacchiando e appoggiandosi alla porta, per aspettare la ragazza.
«Beast Boy, sei un pervertito» commentò il ragazzo-meraviglia, allontanandosi con la sua roba sporca.
«Ehi, è la mia ragazza! Si suppone non debbano esserci problemi di questo tipo, no? E poi non vedo che problema ci sia, visto che normalmente indossa un body da ginnastica artistica che non lascia nulla all’immaginazione!» gli urlò dietro il mutaforma.
«Cosa si suppone, scusa? E chi indossa un body da ginnastica artistica?» gli domandò la furiosa voce della sua ragazza, che aveva aperto la porta facendolo cadere all’indietro e sbattere la testa.
«Hai sentito tutto?» domandò il ragazzo, massaggiandosi il cranio e cercando di rialzarsi.
«Tu che dici?» ringhiò lei, superandolo con in mano una pila di abiti da lavare.
 
«No, dai, Rae, non volevo! Mi dispiace!» gridò il ragazzo, inseguendola lungo i corridoi della torre.
«Bè, nemmeno io volevo che tu mi vedessi in camicia da notte, eppure è successo. Che strana la vita, eh?» domandò lei di rimando, alquanto infuriata.
«D’accordo, sono molto molto dispiaciuto. Cosa posso fare per farmi perdonare?» domandò il ragazzo, arrivando quasi a strisciare per terra.
«Potresti cominciare a non entrare più a svegliarmi in quel modo assurdo, direi. E smetterla con quell’aria da cane bastonato. Mi basta che tu prometta che non lo farai più e che non entrerai mai più in camera mia mentre sono…» arrossì e s’interruppe.
«Mentre sei?» chiese lui curioso.
«Mentre sono in deshabillé!» esclamò lei, diventando del colore di capelli di Starfire, mentre apriva la porta della lavanderia. «E lo stesso vale per te, caro il mio fratellone!» esclamò, vedendo Robin che cercava di ricomporsi facendo il bucato, ma la cosa sembrava non funzionare. A meno che di punto in bianco non si fosse deciso che il detersivo doveva essere versato nel cestello e i vestiti messi nel vano detersivo.
«Robin… Che stai facendo a quei poveri vestiti?» gli domandò Beast Boy, notando lo strano comportamento del leader.
«Li lavo, secondo te?» replicò quello in risposta.
«Secondo me li stai massacrando…» ammise candidamente B.B., guardando lo scempio.
«Beast Boy» (ahia, non l’aveva ancora perdonato!) «ha ragione, Robin. Li stai trucidando, quei poveri vestiti. Lascia fare a me» intervenne Raven, prendendo dalle mani del ragazzo il flacone di detersivo e poggiandolo sul pavimento.
«Via quest’arma letale» commentò, prima di cominciare a togliere i vestiti che il ragazzo-meraviglia era riuscito a stipare nel minuscolo vano detersivo e a infilarli nella lavatrice, dividendoli per colore.
«Non ti spiace, vero, se lavo i miei vestiti insieme ai tuoi?» gli domandò poi.
«Nessun problema» rispose lui, rientrando un pochino nel suo ruolo e aiutandola a mettere a posto.
Dopo dieci minuti di paziente lavoro, la ragazza risolse il problema creato dal leader dei Titans, celebre per le arti marziali ma di sicuro non per come svolgeva i lavori domestici.
«Ecco perché voi uomini necessitate dell’aiuto di noi donne» concluse, uscendo sinuosa dalla stanzetta, lasciando i due ragazzi a guardarla a bocca aperta.
 
Fortunatamente per la salute fisica di Beast Boy e quella mentale di Robin, l’incidente non si ripeté più e i cinque Titans arrivarono sani e salvi alla notte tra il 22 e il 23 luglio.
Verso le undici del 22 i Titans si riunirono nella sala centrale con le valigie, pronti a caricarle: «Ragazze, sicure che abbiate preso tutto il necessario? Non è che magari avete dimenticato il casco da parrucchiere o il set di bigodini di ferro della nonna?»
«Non credo ci sia bisogno del tuo sarcasmo, Cyborg» lo freddò Raven, guardandolo non male, malissimo.
«Okay, okay, come non detto. Non mordermi» si difese lui, cominciando a prendere le valigie più pesanti e a stiparle nel bagagliaio dell’aereo in cinque moduli separabili dei Titans.
«Ragazzi, ma ci pensate?? Domani a quest’ora saremo a Hollywood! Hollywood, capite?» domandò eccitato Beast Boy, saltellando per tutta la pista di decollo dell’aereo.
«Credo che continuerà così per tutta la settimana…» commentò Raven, degnandolo di una sola occhiata e poi tornando al suo libro. In realtà era molto presa dai preparativi della partenza. Certo, come no.
«Che il signore ce ne scampi e liberi, allora!» esclamò Robin, aiutando Cyborg a caricare.
«Ma sbaglio o stai trattando B.B. piuttosto duramente in questi giorni?» domandò candida Starfire, guardando ora Raven ora il mutante, che si era congelato a metà di un passo di danza.
«Diciamo che il signorino deve capire cosa può permettersi di fare e cosa no» rispose vaga la maga, continuando a leggere.
«U-uuh! Cosa hai combinato amico?» domandò Cyborg, sistemando una valigia in una posizione davvero precaria.
«Già, B.B., cosa è successo?» rincarò la dose Starfire, ignorando Robin che si stava strozzando con la propria saliva. Purtroppo per lui, Raven se ne accorse e gli scoccò un’occhiata di fuoco.
«Ehm, ecco, niente di così spiacevole… Insomma, sarebbe potuto capitare di peggio…» rispose evasivo Beast Boy, cercando di guardare altrove tranne che in direzione della sua ragazza.
«Davvero? Ad esempio?» domandò la ragazza in questione con tono (falsamente) distaccato.
«Bè, ecco… Sarei potuto entrare nel bagno mentre tu ti facevi la doccia!» esclamò il povero mutaforma.
«In tal caso non saresti sopravvissuto» lo informò la mezzo-demone.
Beast Boy deglutì spaventato. Cyborg e Starfire continuarono a non capire nulla. Robin rischiò di morire d’infarto, visto che la sua fantasia era partita per la tangente.
Fortunatamente Cyborg decise che i bagagli erano sistemati e che potevano rientrare nella torre per dormire e prepararsi alla levataccia del giorno dopo: «Ci vediamo domattina ragazzi! Buonanotte!» esclamò, sbadigliando e camminando con andatura da zombie fino alla sua camera.
«Buonanotte amici! Ci vediamo domani!» salutò Starfire, seguendolo a ruota.
«Buonanotte» augurò tetra Raven, chiudendo il libro e veleggiando verso la sua stanza.
Rimasero solo il mutaforma e il ragazzo-meraviglia.
 
«Bé…» esordirono i due in contemporanea.
«Ehm, buonanotte, Beast Boy. Ci vediamo domani» spezzò il silenzio Robin, avviandosi verso la sua camera.
«Aspetta, Robin! Devo chiederti una cosa!» esclamò l’altro ragazzo, inseguendolo.
«Che c’è?» domandò con un filo d’ansia il leader dei Titans.
«Volevo solo chiederti… Cos’è questa storia del fratellone? Non è la prima volta che sento Rae chiamarti così, da quando siamo tornati dalla vacanza a Detroit» domandò B.B., guardandolo negli occhi.
Occhi che espressero emozioni contrastanti che non sfuggirono al mutante.
“Ecco, e ti pareva se non andava a chiedermi proprio questo!” pensò disperato il ragazzo.
«Avanti, Robin, sputa il rospo!»
«Vuoi dire che Rae non ti ha detto nulla?»
«Detto cosa?»
«Mi spiace, non posso dirtelo. Chiedilo a lei. Buonanotte, Beast Boy» tagliò corto il ragazzo dai capelli neri, allontanandosi nel corridoio buio.
«Robin! Aspetta!» tentò di richiamarlo l’altro, inutilmente.
A quel punto, fissando il corridoio deserto, prese una decisione. Con passo sicuro si diresse verso la camera di Raven e una volta davanti alla porta bussò.
 
«Chi è?» domandò la voce soffocata della ragazza.
«Sono io, B.B.. Devo parlarti.»
«Vedo che hai imparato la lezione. Cosa vuoi?» domandò lei, aprendogli la porta e comparendogli davanti con una maglia lunga di cotone e dei calzoncini al ginocchio.
«Devo chiederti una cosa, posso entrare?»
Lei lo guardò dubbiosa per qualche istante, poi si scostò per farlo passare: «Dimmi tutto.»
«Ehm, è una cosa un po’ strana, lo so, probabilmente mi darai dello scemo, ma… Che è successo con Robin? Cos’è questa storia del fratellone?»
«Oh» mormorò la ragazza, lasciandosi cadere sul letto.
«Perché “oh”? Devo preoccuparmi?» domandò il ragazzo, sedendosi a terra davanti a lei, in modo da poterla guardare negli occhi.
«No, non credo. Ma è una lunga storia… E non credo ti farà piacere sentirla» rispose lei, cercando di evitare il suo sguardo.
«Non c’è problema. Ho tutto il tempo che vuoi. E deciderò io se mi farà piacere o no sentirla»n la rassicurò lui, prendendole il mento tra le dita e facendola voltare verso di lui: «Avanti, lo sai che puoi dirmi tutto, no?»
«D’accordo, ma… Questo non ti piacerà sentirlo. Hai presente a Detroit l’altro giorno? Quando io e Robin siamo andati al museo di storia, mentre voi eravate al museo Ford?» B.B. annuì.
«Ecco, stavamo camminando, quando di punto in bianco lui mi ha chiesto come mai io abbia scelto te e poi una cosa tira l’altra e…»
«E…?»
«E… Si è dichiarato. Mi ha detto che gli piaccio e cosa ne penso di lui. E poi mi ha baciata» bisbigliò la ragazza a voce talmente bassa che, pur essendo a pochi centimetri da lei, il ragazzo fece fatica a capire cosa avesse detto.
Senza fiato le chiese: «E tu che gli hai detto?»
«Gli ho spiegato che ormai non ci sono più speranze, perché ormai tu sei tutto quello che potrei desiderare e che lo vedo come un fratello» spiegò concisa la ragazza.
«Stai scherzando?» le domandò lui, guardandola stupito.
«No» soffiò lei, allontanandosi da lui.
«Oh, Rae, ma perché non me l’hai detto subito?» domandò, salendo sul letto e tirandola verso di sé, abbracciandola stretta stretta.
«Non sapevo come dirtelo» replicò lei sottovoce, stringendosi a lui, come se fosse stato una boa di salvataggio.
«Oh, Rae… A volte sei davvero sciocca! Avrei capito. Certo, all’inizio mi sarei un po’ arrabbiato… Okay, tanto arrabbiato, ma sarebbe passata in fretta. In fondo tu gli hai detto di no, giusto? Che problema c’è?»
«Ma voi due siete amici, B.B., avreste rovinato un’amicizia per niente!»
«Probabilmente, ma sai come sono i maschi… Due giorni e passa tutto» sorrise lui, sprofondando il viso nei capelli profumati di lei.
«Già, i maschi sono idioti» sussurrò lei, accarezzandogli la colonna vertebrale con una mano.
Beast Boy sentì un brivido di piacere scivolargli lungo la stessa. Sorrise, poi sollevo il viso della maga e la baciò delicatamente.
Non si meravigliò di sentirla rispondere al bacio. Con nonchalance fece in modo di farla stendere sul letto, proprio sopra di lui, ma la ragazza reagì: «Non ci pensare nemmeno.»
«Okay…» mormorò lui mogio, lasciandola libera di sdraiarsi accanto a lui.
«È tardi, dovresti andare a dormire» replicò lei, guardando il soffitto scuro.
«Anche tu…» ribatté lui, voltandosi a guardarla.
«Era proprio quello che stavo facendo, prima che qualcuno venisse a disturbarmi!»
«Scusami. Ma era importante!»
«Certo…»
«Posso restare qui finché non ti addormenti?» domandò lui di punto in bianco.
«E chi mi garantisce che non ti addormenterai tu per primo?» domandò lei, alzandosi e scostandolo dal letto per sollevare il lenzuolo.
«Giuro che non mi addormenterò!» promise solenne il ragazzo, guardandola infilarsi nel letto. Quando fu ben coperta dal sottile strato di cotone, si sdraiò accanto a lei, sorridendole.
«Buonanotte, B.B.» mormorò la ragazza, chiudendo gli occhi.
«Buonanotte, Rae» rispose lui, guardandola e pensando che non c’era assolutamente niente di più bello al mondo.
 
La ragazza stava per addormentarsi, quando sentì una voce accanto a lei sussurrarle: «Comunque… Perché hai scelto me?»
Aprì gli occhi confusa e si guardò intorno, prima di riconoscere la sagoma di Beast Boy allungata al suo fianco, sopra il lenzuolo.
«Come?» domandò con voce impastata.
«Perché hai scelto me?» ripeté il ragazzo, guardandola negli occhi.
«Come mai me lo chiedi proprio ora?» replicò lei.
«Cos’è, giochiamo al gioco delle domande? Dai, rispondimi!» ribatté lui esasperato.
«Ti ho scelto perché sei tu. Perché mi attrai, come se fossi il mio opposto. Perché sei diverso dagli altri. E poi perché credo che con gli anni tu sia diventato più bello, oltre che più alto. Contento?» rispose lei d’un fiato, voltandosi poi dall’altra parte con le guance in fiamme.
Ci fu un momento di silenzio, poi B.B. parlò di nuovo: «Pensi davvero tutto questo?»
«Cosa? Ma mi prendi in giro? Certo che lo penso davvero!» esclamò lei, voltandosi verso di lui infuriata.
«Sicura? E questo è quello che hai detto a Robin?»
«Cosa c’è, non ti fidi di me? Sono quasi le esatte parole che gli ho detto. Sei libero di chiedere anche a lui, se vuoi» ribatté piuttosto piccata la ragazza, guardandolo, furente.
«No, no, ci credo. Era solo per… » la rassicurò lui, tentando di sfiorarle la fronte con le dita.
«Per…?» domandò lei gelida.
«Per rassicurarmi. Insomma, hai detto di no a uno come Robin per uno come me? Non sono in molte quelle che lo farebbero. Anzi, credo proprio che nessuna lo farebbe. Robin è perfetto: bello, simpatico, intelligente, bravo nelle arti marziali, coraggioso…» borbottò il ragazzo, sputando fuori la confessione con qualche difficoltà.
«Robin sarà anche perfetto, ma tu hai quel tocco in più che è riuscito ad attirarmi. Ti basta?»
«Allora ammetti che è perfetto?»
«B.B.» sospirò la ragazza «Taci» e lo baciò dolcemente.
Il ragazzo assaporò le labbra morbide della ragazza e appena si staccarono mormorò: «Sono uno stupido, vero?»
«Vero. Ma sei il mio stupido» gli rispose la mezzo-demone, accoccolandosi addosso a lui: «Buonanotte, B.B.. Sul serio, stavolta.»
«Buonanotte» rispose lui, abbracciandola.
Non erano passati nemmeno cinque minuti che di nuovo si sentì la sua voce nella stanza buia: «Ma… Bacio meglio io o lui?»
Raven si limitò a tirargli un calcione ad altezza ginocchia.
«Capito… Mi cucio la bocca. Buonanotte!» commentò lui, massaggiandosi la gamba dolorante.
 
 
Driiiiiiin!
Il fastidioso suono della sveglia strappò Raven dai suoi sogni. La ragazza fece per allungarsi verso il comodino, ma sentì qualcosa di pesante addosso a lei che glielo impediva. Con uno sforzo immane aprì gli occhi e vide un braccio che decisamente non era il suo, muscoloso e soprattutto verde.
«B.B.!» esclamò sorpresa, cercando di smuovere il braccio.
«Uh? Che c’è? Che succede?» domandò il ragazzo in questione, alzandosi allarmato.
«Avevi detto che saresti tornato in camera tua a dormire!» lo sgridò la ragazza, spegnendo la dannata sveglia che le stava traforando i timpani.
«Eh? Cosa?» domandò lui confuso, guardandosi intorno e riconoscendo l’ambiente in cui si trovava. «Ah… Già…» mormorò, aspettandosi un rimprovero.
«Ti va bene che tra poco dobbiamo partire e che devo ancora prepararmi. Accidenti a te!» sibilò la ragazza, spingendolo fuori dalla stanza, facendolo cozzare contro Cyborg, di ritorno dal bagno.
Fortunatamente il mezzo-robot era ancora abbastanza in coma da non rendersi conto di quello che stava accadendo e si limitò a biascicare un “Buongiorno” non troppo convinto.
«Curioso, ho come una sensazione di déjà vu…» commentò Beast Boy, sentendo la porta chiudersi dietro di lui e avviandosi verso la sua stanza per prepararsi.
 
Pochi minuti dopo tutti i Titans si ritrovarono nella sala centrale per la colazione.
«Bene, ragazzi, pronti per partire?» domandò Cyborg, completamente sveglio dopo un litro di caffè scolato direttamente dalla brocca, tre o quattro brioche accompagnate da sei o sette cialde allo sciroppo d’acero.
«Ma certo! Non vedo l’ora di arrivare!» esclamò entusiasta Starfire, coccolando Silkie. L’animaletto aveva risentito della sua mancanza durante quella settimana e l’aliena voleva rendere più facile il distacco per una nuova settimana di separazione.
«Sarà fantastico, state tranquilli!» esclamò B.B., estraendo dal nulla una lista di cose da vedere a Hollywood.
«Speriamo…» commentò caustica Raven, sorseggiando la sua tisana.
«Sarà grandioso, fidati!» la rassicurò il ragazzo, elencandole per l’ennesima volta in due giorni i posti che avrebbero visitato. Fortunatamente per lei, in quel momento suonò il campanello e in pochi istanti i Titans East fecero la loro entrata trionfale nel salone.
«Buongiorno, amici! Volete unirvi a noi per la colazione?» domandò ospitale Starfire, accennando al tavolo imbandito.
«No, grazie, Star. Siamo a posto» ringraziò cortese Bumble Bee, sedendosi comunque su una sedia libera.
«Allora? Pronti a folleggiare? Dove andrete stavolta?» domandò Speedy, svaccandosi sul divano, guardando Robin.
«A Hollywood» rispose pacata Raven, poggiando la tazza per salutare Aqualad, che le si era avvicinato.
«Hollywood? Wow! Vi invidio, ragazzi!» esclamò Bumble Bee, passando in rassegna i visi degli amici.
«Già. Speriamo non accada niente mentre noi siamo via. Non vi ripeto quello che vi ho detto la volta scorsa, non ne avete bisogno, no?» rispose Robin, alzandosi dal tavolo e ficcando in fretta e furia le sue stoviglie sporche nella lavastoviglie.
«Partite tranquilli, a Jump City ci pensano i Titans East!» sorrise la ragazza alata, alle cui parole gli altri componenti della squadra sorrisero. Mas e Minos esclamarono qualcosa in spagnolo che gli altri ragazzi non afferrarono pienamente, anche se il senso più o meno c’era.
«Bene, Titans. Possiamo andare!» esclamò Robin, recuperando dal divano i suoi occhiali da sole.
«Ti serve una mano per qualcosa, Raven?» domandò servizievole Aqualad, scostandole la sedia per farla alzare.
«No, grazie» rispose al posto della ragazza Beast Boy, porgendole la sua borsa.
«Grazie comunque» disse la ragazza all’eroe subacqueo con un sorriso, prima di dirigersi verso la pista di decollo.
I due ragazzi rimasero a guardarsi in cagnesco, poi B.B. decise che era inutile una cosa del genere, quindi si allontanò salutando tutti i Titans East: «Ciao, ragazzi! Ci vediamo tra una settimana!»
I sostituti dei Teen Titans si spostarono sulla pista per salutare i loro amici. Una volta che l’aereo fu lontano nel cielo, abbassarono le mani e tornarono all’interno della torre.
 
 
 
«Quanto non lo sopporto quel damerino da strapazzo!» esclamò furibondo Beast Boy.
«B.B., non credo interessi a nessuno cosa ne pensi di Aqualad» gli fece notare Robin attraverso il microfono. Il mutaforma sbuffò, mentre Raven, al sicuro nel suo abitacolo, sorrideva.
«Rotta per Hollywood impostata. Tra qualche ora dovremmo esserci» annunciò poi Cyborg, segnando l’inizio definitivo di quel nuovo viaggio.
Dopo circa cinque ore i cinque ragazzi atterrarono sul tetto dell’albergo. Anche se viaggiavano in incognito, almeno gli albergatori dovevano essere informati di chi fossero.
Con calma scesero e scaricarono i bagagli e dopo essersi sistemati nelle stanze si ritrovarono giù nella hall.
«Allora? Cosa ci porterai a visitare, B.B.?» domandò impaziente Starfire, guardando con aspettativa il ragazzo.
«Allora, visto che abbiamo già perso mezza giornata, proporrei un giro orientativo della città, magari anche passando davanti alle case degli attori. Per domani invece, propongo una giornata di visita agli Universal Studios: potremo visitare i set di tutti i miei film e telefilm preferiti!!» esclamò contento il ragazzo, prima di riprendersi e continuare: «Poi, per il 25 direi che basterà girare per la città, magari spostandoci sul Sunset Strip per avvistare i vip e per fare un giro nel centro del distretto. Ci ficcherei dentro anche una visita al Grauman’s Chinese Theater, se vi va. Poi il 26 sarà dedicato alla Walk of Fame: ho intenzione di percorrerla tutta, non ci sono scuse. Il giorno dopo potremmo andare a Los Angeles, visto che in fondo Hollywood è solo un distretto della città e per il 28 propongo una visita ai Paramount Studios. Poi il 29 partiamo, d’accordo?»
«Wow, sembra che sarà una vacanza molto impegnativa» osservò Robin, consultando la lista che B.B. gli aveva consegnato pochi istanti prima.
«Starai scherzando, spero! Io non ci vengo a visitare due studi cinematografici! Uno basta e avanza!» esclamò Cyborg. Beast Boy fece per ribattere, ma Raven lo fermò dicendo: «Tu hai criticato la sua vacanza, permettigli di criticare la tua. In fondo, se non vuole venire, basterà che si trovi altro da fare, no?»
«Hai ragione» ammise il mutaforma con un sorriso.
«Wow, sembra interessante. Non vedo l’ora di iniziare!» esclamò contenta Starfire, saltellando sul posto.
«E allora andiamo!» gridò Beast Boy, uscendo dall’albergo e incamminandosi seguendo i cartelli indicatori.
 
A fine giornata i ragazzi erano esausti: «Non ho mai camminato tanto in vita mia!» boccheggiò Cyborg, stendendosi sul letto.
«Idem» disse Robin, strisciando fino al suo.
«Forse ho un pochino esagerato…» ammise Beast Boy, raggiungendo a fatica il suo letto.
«Spero che domani il programma non comporti una sfacchinata simile. Siamo in vacanza, nel caso l’avessi dimenticato» lo redarguì Robin, sfinito.
«Non credo…» rispose B.B. leggermente preoccupato: non ricordava esattamente quanto ci volesse per visitare gli studios, ma di sicuro più di mezza giornata.
«Però durante il nostro giro ho visto un bel negozio di elettronica decisamente fornito: quando tu andrai a visitare i tuoi amati studios il penultimo giorno io so già dove sarò!» gongolò Cyborg, soddisfatto della conquista.
«Bene, sono contento. Alla fine siamo riusciti ad organizzarci anche in posti che non ci andavano propriamente a genio» constatò Robin, ricordando la scenata offerta da Beast Boy il secondo giorno di vacanza a Detroit.
«Già…» ammise B.B., togliendosi le scarpe e sistemandosi più comodo sul letto.
«Che fai, vuoi già dormire? Dobbiamo andare a lavarci, tra poco c’è la cena!» lo rimproverò Robin, togliendosi a sua volta le scarpe e cercando a tastoni le ciabatte da doccia. Rapidamente si tolse la maglietta e stava accingendosi a prendere l’asciugamano nella valigia quando si sentì bussare alla porta.
«Chi è?» domandarono i tre ragazzi all’unisono.
«Sono io, Raven» rispose la voce roca della ragazza: «Devo restituire a B.B. tutta la roba che ha mollato nella mia borsa, posso entrare?»
«Ehm… Un attimo!» rispose Robin, cercando alla svelta qualcosa per coprirsi. Cyborg però non aveva tutta quella pazienza e, a dirla tutta, non capiva perché Rae non potesse entrare: mica erano nudi! Quindi aprì la porta, rivelando il leader mezzo nudo e Beast Boy che lo guardava allucinato.
La ragazza guardò il ragazzo-meraviglia, ormai tendente al bordeaux, con tanto d’occhi, mentre B.B. si parava davanti al ragazzo coprendolo allo sguardo della maga: «Oh, grazie mille, Rae, per avermi tenuto le mie cose. Ci vediamo a cena, eh?» la ringraziò in fretta, dirigendola poi fuori dalla porta, dove la ragazza rimase per un attimo, cercando di capire cosa fosse successo.
Nel frattempo nella stanza scoppiò l’inferno: «Dì, ma sei scemo? Cosa non capisci di “un attimo”?? Ero mezzo nudo, accidenti a te!» esclamò furioso Robin.
«Mezzo nudo davanti alla mia ragazza!» sottolineò Beast Boy, appoggiando con violenza i suoi oggetti sul letto e voltandosi furente verso Robin.
«Ragazzi, non mi sembra niente di che… In fondo Raven sta con te, no? Che problema c’è se vede Rob a torso nudo? Non mi sembra che fosse appena uscito dalla doccia o cose del genere…» tentò di giustificarsi Cyborg, ottenendo solo più rabbia dai due amici.
«Ma ci sarebbe mancato altro!!» esclamò B.B. rasentando l’isterismo.
«Grazie al cielo non è stato così!» rincarò Robin, dirigendosi verso il bagno. Entrò e sbatté la porta violentemente. Poco dopo i due ragazzi sentirono il rumore dell’acqua che scorreva.
«Mi spieghi cos’è successo tra lui e Rae?» domandò Cyborg a B.B., che sembrava essersi leggermente calmato. «Finora non ci sono mai stati problemi tra loro, no?»
«È piuttosto complicato da spiegare, meglio se te lo fai dire da lui appena esce. Sempre che nel frattempo non decida di annegarsi nella doccia» rispose l’altro, radunando il necessario per lavarsi.
«Ehi, se non volete dirmelo basta che lo diciate!»
«Ma no, è che dovresti chiedere a Robin. Davvero. Se te lo dicessi io mi ucciderebbero, prima Rae e poi Rob» chiarì il mutante, raccogliendo accappatoio e beauty case ed entrando nel bagno appena liberato da Robin, che si aggirò per un po’ per la stanza con il solo asciugamano addosso.
Cyborg gli rivolse la stessa domanda che aveva rivolto al mutaforma, ottenendo come prima risposta un annaspamento piuttosto preoccupante. Poi, con la calma, vestendosi, Robin raccontò tutto all’amico, che rimase ad ascoltarlo a bocca aperta.
«Scherzi, vero?» gli chiese, non appena recuperò l’uso della parola.
«No, purtroppo» rispose tetro l’altro, cercando di domare i capelli neri.
«Mi spiace, Rob…» commentò allora il cyborg, dandogli qualche pacca sulla schiena.
«Non preoccuparti. Mi ci abituerò» lo rassicurò il ragazzo, rinunciando a pettinarsi.
In quel momento B.B. uscì dal bagno e cominciò a vestirsi con gesti lenti e misurati, segno che stava cercando di rilassarsi.
«Muoviti a lavarti, tra venti minuti dobbiamo essere giù» incitò Robin. Cyborg andò a lavarsi lasciando i due ragazzi da soli nella stanza.
«Senti…» esordirono nello stesso momento, scoppiando poi in una risata stentata.
«Sembra che io e te proprio non riusciamo a parlare normalmente, eh?» domandò B.B. all’altro, mantenendo un tono scherzoso.
«Già. Comunque volevo scusarmi per quanto accaduto poco fa. Non volevo che succedesse» disse Robin, distogliendo lo sguardo.
«Anche io volevo scusarmi, in fondo non è colpa tua. È stato Cy ad aprire anche se tu avevi detto di aspettare. Senza rancore, eh?» domandò il ragazzo verde, porgendo la mano all’amico.
«Naturalmente. Rae ti ha detto tutto, non è vero?» replicò il leader in risposta, stringendo la mano tesa davanti a lui.
«Esatto. Mi dispiace amico. Davvero» rispose il mutaforma.
«E di cosa? Di essere riuscito a catturare il suo cuore prima di me? Non devi dispiacerti, è andata così» si schernì il ragazzo-meraviglia cercando di capire dove volesse arrivare B.B..
«Già…» mormorò pensoso il mutante, prima di tirargli un dritto spaventoso al mento. «Questo è perché l’hai baciata. Credo mi sia dovuto, no?»
«Credo di sì» rispose Robin, massaggiandosi la mandibola, ma sorridendo.
«Uomini…» si sentì dalla porta. I due si voltarono e videro Raven in piedi sulla soglia con un’espressione indecifrabile sul viso di porcellana.
«Oh, ehm… Ciao Rae. Da quanto sei lì?» domandò Beast Boy imbarazzato.
«Da abbastanza per dirvi che siete due idioti» rispose la ragazza, abbracciandoli entrambi all’improvviso: «Ma anche per dirvi che vi voglio bene lo stesso.»
I due ricambiarono l’abbraccio della ragazza, poi, una volta scioltisi dal groviglio di corpi la guardarono bene: la maga indossava un corto tubino nero, abbinato con dei tacchi vertiginosi dello stesso colore e illuminato da orecchini e bracciali a cerchio in oro.
«Wow, dove vai di bello?»
«Giù a cena. Non avete sentito il direttore, prima? Ci ha avvisato che sarebbe stata una serata molto speciale e di vestirci eleganti» ribatté lei.
I due ragazzi la guardarono come se avesse appena dichiarato di voler passare il resto della sua vita in compagnia di un bruco peloso: «Okay, non l’avete sentito. Meno male che sono venuta ad avvisarvi. Dovete cambiarvi» commentò la ragazza, squadrandoli. «Io vado a finire di prepararmi, ditelo anche a Cyborg» si raccomandò, uscendo dalla stanza.
I ragazzi sospirarono e cominciarono a frugare tra i loro vestiti. Incredibilmente trovarono degli smoking, cui erano attaccati dei bigliettini con le inconfondibili calligrafie di Raven e Starfire. Sentendosi molto ridicoli li indossarono e quando Cyborg riemerse dal bagno non gli diedero nemmeno il tempo di ridere, indicandogli il suo letto, dove campeggiava un terzo smoking nero.
Per le otto e mezza i tre ragazzi bussarono alla porta delle ragazze, ma non ottennero risposte. Tentarono un paio di volte, ma alla fine rinunciarono e scesero in sala da pranzo.
 
«Come mai è tutto buio?» domandò Beast Boy, cercando di scorgere qualcosa nella densa oscurità che li avvolgeva.
«Come possiamo saperlo?» ribatté Robin, cercando un interruttore.
All’improvviso le luci si accesero tutte insieme e un grido risuonò nel salone: «Sorpresa!»
I ragazzi si guardarono intorno: Raven e Starfire erano in prima fila, entrambe con un calice di champagne in mano, Star raggiante, mentre Raven esibiva un sorriso non troppo esagerato. Dietro di loro tutti gli altri ospiti dell’albergo e il personale.
«Come pensavo, non ve ne ricordavate» commentò Raven, porgendo un bicchiere a B.B..
«Oggi è il quarto anniversario del nostro primo incontro!» esclamò contenta Starfire, rischiando di innaffiare Robin e Cyborg di vino.
I tre ragazzi si illuminarono, ricordando all’improvviso e le due ragazze sorrisero della loro sbadataggine.
«Serata speciale, eh?» domandò Beast Boy, abbracciando Raven e baciandola sulla testa.
«Ci puoi scommettere, perché dopo la cena…» rispose lei misteriosa, trascinandolo al tavolo.
«Dopo la cena cosa?» domandò curioso Cyborg, sedendosi al suo posto.
«Vedrete… Per ora buon appetito!» ridacchiò Starfire, scambiandosi un’occhiata con Raven.
«Ragazze, siete fantastiche. Confesso che me ne ero proprio dimenticato» ammise Robin con un’occhiata ammirata alle due amiche, che annuirono comprensive: «Ce ne siamo accorte» disse Starfire con un sorriso, attaccando gli antipasti.
«Meno male che ci siamo noi» rincarò la dose la maga, assaggiando il suo vol-au-vent.
«E siete riuscite a organizzare tutto in una giornata, complimenti!» continuò Cyborg, ingurgitando stuzzichini senza ritegno.
«Siamo donne» disse semplicemente Raven, strappando sorrisi a tutto il tavolo. La serata proseguì nel migliore dei modi, anche se la mezzo-demone rischiò di uccidere qualcuno quando Cyborg tirò fuori una macchina fotografica digitale e iniziò a scattare foto a ripetizione “a ricordo per i posteri”, si giustificò.
Finalmente, verso le undici i cinque ragazzi, tutti ancora in buona salute, uscirono dall’albergo e trovarono ad attenderli una bellissima automobile nera.
«Una limousine? Davvero?» domandò esterrefatto Beast Boy, guardando la macchina e sfiorandola con un dito, per assicurarsi che fosse davvero lì e non fosse un miraggio. Starfire e Raven annuirono e salirono sull’auto, ringraziando con un cenno il ragazzo che aveva aperto la portiera. I tre amici le seguirono a ruota, poi Raven si sporse dal finestrino e disse all’autista: «Possiamo partire, grazie.»
In breve i cinque Titans si ritrovarono in giro per Hollywood, ben nascosti dai vetri fumé dell’auto ma con gli occhi apertissimi per guardare cosa succedeva fuori.
 
Alle tre e mezza del mattino i ragazzi tornarono nelle loro stanze (il proprietario dell’albergo aveva acconsentito a un piccolo strappo alla regola, che prevedeva il rientro per l’una), augurandosi la buonanotte sul pianerottolo.
«Notte ragazzi» sbadigliò Starfire, scivolando nella stanza che divideva con Raven.
Cyborg e Robin si accodarono, augurando la buonanotte a tutti ed entrando nella loro camera.
«Allora buonanotte» disse Raven, baciando Beast Boy sulla guancia.
«Aspetta!» la trattenne lui per un polso. Lei lo guardò con aria interrogativa e anche parecchio insonnolita.
«Volevo chiederti… Continui a preferire me a Robin anche dopo averlo visto a torso nudo?» chiese lui.
La ragazza scoppiò a ridere, riempiendo il corridoio con la sua risata argentina, che raramente veniva sentita. B.B. si immaginò la Raven che rappresentava la gioia saltellare per tutto il cervello della sua Raven con il mantello rosa svolazzante.
«Non fare lo scemo! Certo che preferisco te. Ho scelto te, no?» gli disse lei a voce bassa, avvicinandosi a lui e stringendogli le braccia intorno al collo in un caldo abbraccio.
«Per fortuna» rispose lui, stringendola a sé e baciandola con passione, continuando a stringerla sempre di più, come per timore che scivolasse via dalle sue braccia.
Raven rispose molto volentieri al bacio e in un momento di pausa gli sussurrò: «Oggi è anche il quarto anniversario del nostro incontro, ricordi?»
«Come dimenticare il giorno più bello della mia vita?» rispose lui, ricominciando a baciarla.

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Capitolo 3
*** Starfire: Hawaii ***


 STARFIRE: HAWAII

«Aaah, casa dolce casa!» esclamò Cyborg, varcando la soglia della T-Tower.
«Hai ragione, nessun posto è come casa» concordò Robin, seguendolo e inspirando a pieni polmoni l’aria della sua amata torre.
«Ehi, state forse dicendo che non vi è piaciuto dove vi ho portati?» domandò Beast Boy, fingendosi irritato.
«È stato tutto fantastico, B.B., ma forse… Troppo concentrato» gli rispose Starfire, rassicurandolo.
«Lo pensi anche tu?» domandò il ragazzo voltandosi con esagerata drammaticità verso Raven, che annuì distrattamente.
«Cosa?!?» gridò il ragazzo, accasciandosi teatralmente sul divano. «Ah, tu quoque mi tradisci così?»
«Finiscila. È stata una bella settimana, ma decisamente piena. E non leggere più i miei libri di Shakespeare, ti fa male» lo redarguì la ragazza, dandogli un colpo con la mano per farlo spostare e sedendosi accanto a lui sul divano.
In quel momento i Titans East entrarono nella sala: «Bentornati, ragazzi!» esclamò Bumble Bee, sorridendo.
«Com’è andata?» domandò Aqualad, sedendosi vicinissimo a Raven, ottenendo in cambio un ringhio gutturale da Beast Boy. A favore del ragazzo va detto che ignorò con molta classe il verso animalesco.
«Oh, benissimo. Hollywood è meravigliosa, sul serio!» esclamò entusiasta Starfire, lanciandosi in una descrizione delle esagerate abitazioni che avevano visto e di cosa avevano fatto. Fortunatamente per i Titans East, intervenne Robin a salvarli da quel fiume di parole: «Già, ci siamo davvero divertiti. Anche perché Star e Rae si sono ricordate che era il nostro quarto anniversario e hanno organizzato una serata specialissima.»
«Il vostro quarto anniversario? Robin, mi stai dicendo che stai insieme a Star e a Raven… Contemporaneamente?» domandò Speedy, strabuzzando gli occhi. Mas e Minos guardarono il leader dei Titans con malcelato disprezzo, come anche Aqualad.
«Ma sei idiota? Certo che no!» sospiro di sollievo collettivo. «Era il quarto anniversario della creazione dei Teen Titans!» chiarì il ragazzo.
I Titans scoppiarono a ridere e tra le risate Cyborg riuscì a boccheggiare: «Ma come ti è venuto in mente?» prima di scoppiare in ulteriori risate.
«Sì, bè, non è poi così divertente…» commentò cupo Robin, mettendo il broncio.
«Certo che sei suscettibile! Quanti anni hai, cinque?» gli chiese Speedy, mollandogli una sonora pacca sulla spalla, rischiando di dislocargliela, peraltro.
«Direi di no» rispose secco l’altro, massaggiandosi l’articolazione.
«Bene, ragazzi, noi dobbiamo andare. Le nostre vacanze ci aspettano!» annunciò Bumble Bee per stemperare l’atmosfera.
«Grazie mille per averci sostituiti durante la nostra assenza, serve aiuto per le vostre vacanze?» domandò Robin, rientrando nel ruolo di leader serio e composto.
«No, grazie. Abbiamo già contattato altri eroi che sono stati davvero entusiasti di sostituirci» rispose la ragazza alata, abbracciando tutti i Titans per salutarli.
«Allora buon divertimento» augurò Cyborg, stringendo la ragazza tra le possenti braccia.
«Dove andrete?» domandò curiosa Starfire, abbracciando gli altri Titans East.
«Pensavamo di fare un salto in Messico e poi chi lo sa… Abbiamo davanti due settimane di libertà!» esclamò la leader dei Titans East, accennando a Mas e Minos, che alla parola Messico avevano improvvisato un balletto di gioia.
«Buon viaggio, quindi» augurò Raven, abbracciando Aqualad e Speedy, che si beccarono due occhiatacce fulminanti da Beast Boy: secondo i gusti del mutaforma quei due avevano prolungato troppo l’abbraccio alla ragazza. La maga, dal canto suo, nascose un sorriso.
 
«Uuuf, meno male che se ne sono andati!» esordì Beast Boy, non appena gli altri ragazzi se ne furono andati, lasciando la sala decisamente più vuota e silenziosa.
«Solo perché tu non sopporti Aqualad e Speedy non vuol dire che siano tutti antipatici» gli fece notare Robin, servendosi da bere dal frigo. «Qualcuno vuole qualcosa?» chiese in un attacco di cavalleria.
«Io, grazie!» gli risposero in coro quattro voci. Il ragazzo gemette: lo sapeva che non avrebbe dovuto chiedere. Quante volte era successa la stessa cosa? E come era finito tutto quelle volte? A fare il cameriere, ecco come era finito! Con un sospiro cercò nei pensili un vassoio e vi dispose cinque bicchieri. Riempì il proprio di Coca Cola, poi guardò gli amici e chiese speranzoso: «Coca per tutti?»
«Io preferirei del latte di soia» rispose Beast Boy e il ragazzo ottemperò alla sua richiesta versando il liquido biancastro in un bicchiere. Lo rimise subito via, certo che nessun altro sarebbe stato altrettanto masochista da chiederlo.
«Per me del succo di mirtillo!» trillò Starfire e al leader non restò altro da fare che scavare nel frigorifero alla ricerca del succo, rischiando di congelarsi il naso, visto che la bottiglia era stata nascosta dietro a tutto. Evitando danni di sorta l’eroe riuscì a versare il liquido scuro in un bicchiere. Sperò che Cy e Rae volessero la stessa bevanda, ma sapeva che sarebbe stata una speranza vana, quindi richiuse la bottiglia e la mise nel frigorifero.
«Per me una bella gassosa frizzante!» pretese Cyborg, venendo prontamente accontentato.
«E tu, Rae?» domandò leggermente sfinito il ragazzo dai capelli neri.
«Per me un tè freddo, grazie» rispose la mezzo-demone, alzando gli occhi da una rivista che aveva trovato abbandonata sul divano.
In precario equilibrio i bicchieri arrivarono dai destinatari, che ringraziarono il loro amico e bevvero allegramente.
«Allora, Star, hai deciso dove andremo?» domandò curioso Cyborg, sorseggiando la sua gassosa come se fosse stata un pregiato vino d’annata.
«Sì. Volete saperlo o vi faccio una sorpresa?» rispose l’aliena, sorridendo agli amici.
«Direi che di sorprese ne abbiamo avute a sufficienza, ultimamente» commentò Raven.
«Avanti, Star, non farti pregare!» esclamò B.B. strappando la rivista dalle mani di Raven e sfogliandola distrattamente.
«Sicuri sicuri?» domandò furbetta la ragazza.
«Diccelo!» esclamarono i Titans, esasperati. A volte Starfire si comportava davvero come una bambina e non come una ragazza di diciotto anni.
«Va bene, va bene, calmi. Andremo alle Hawaii!» esclamò l’aliena, allargando le braccia.
«Wow» fu l’unico commento che spezzò il silenzio venutosi a creare.
«Alle Hawaii, quindi… Al mare?» domandò Robin, per essere sicuro di aver capito bene.
«Esatto. Non ho mai fatto vacanze del genere qui sulla Terra, anche perché da quando sono qui non ce ne siamo mai concessi una e volevo provare. Va bene per voi?» spiegò Starfire, guardandoli preoccupata.
«Ma sì, certamente. Non ti preoccupare, sarà fantastico!» la rassicurò B.B. immaginandosi in spiaggia spalmato sul telo ad abbronzarsi.
«Lo pensate davvero?» chiese in ansia la ragazza aliena.
«Ma certo. Andiamo a preparare il necessario, allora» esortò Robin, alzandosi dal divano con uno sforzo immane.
«Con la calma, no? Partiamo tra due giorni!» esclamò Cyborg, restio ad abbandonare il soffice mobile.
«Appunto! Bisogna lavare i vestiti, stirarli, metterli in valigia…» elencò l’amico, sottolineando la cosa contando sulle dita della mano le varie mansioni.
«Ho capito, Casalinga Perfetta!» lo fermò Cyborg, beccandosi una cuscinata in pieno volto.
«Ehm… Io credo di avere un problema» intervenne Raven, prima che la cosa degenerasse e distraendo i due contendenti.
«Problema? Di che tipo?» domandò incuriosito Robin, pensando subito alla salute della ragazza.
«Bè, ecco, non ho un costume da bagno. Non sono mai stata al mare qui sulla Terra e su Azarath non esiste» spiegò la mezzo-demone.
«Ora che ci penso nemmeno io» ammise Starfire.
«E tu vuoi andare in vacanza al mare??» le chiese esterrefatto Beast Boy, guardandola a bocca aperta.
Starfire lo ignorò: «Quindi ci resta solo una cosa da fare!»
Raven gemette: sapeva cosa l’aspettava.
«Andiamo al centro commerciale!» esclamò infatti l’aliena, entusiasta, praticamente volando verso la porta. Non le pareva vero di poter trascorrere un intero pomeriggio al centro commerciale con Raven! La mezzo-demone si incamminò dietro di lei con un’aria da martire.
I tre ragazzi le guardarono uscire, poi decisero di occupare degnamente il tempo a loro disposizione. Si lanciarono verso i joystick della playstation e avviarono una partita al loro videogioco preferito.
 
«Star… Non credo che una cosa del genere sia indicata» arrischiò cauta Raven, guardando con disgusto il microscopico pezzo di stoffa che la ragazza aveva in mano.
«Perché dici così, Rae?» domandò delusa l’aliena, guardando il costume che aveva in mano.
«Hai davvero intenzione di indossare una cosa di quel colore?» le chiese in risposta la maga, storcendo il naso.
«Perché no? A me piace!» esclamò l’altra, mostrandole l’oggetto della discussione.
«Se sei convinta tu…» mormorò la mezzo-demone, rifiutandosi di guardare ancora quell’oggetto.
«Ma sì! Un po’ di colore farà bene, non credi?» replicò allegramente Starfire, aggirandosi per il negozio alla ricerca di altri costumi.
«Rosa evidenziatore…» bofonchiò Raven, voltandole le spalle e dirigendosi verso un espositore di costumi dai colori normali. Li guardò un po’, indecisa. Non sapeva proprio scegliere, le sembravano tutti così… Anonimi. Squallidi. Spenti. Stava per rinunciare quando il suo sguardo venne attirato da un costume blu ricoperto di stelline bianche. La commessa intercettò lo sguardo e si gettò a capofitto su di lei: «Ottima scelta signorina, ne ho venduti tantissimi di quello,sa? Credo proprio che sia l’ultimo, vuole provarlo? Sono sicura che le starà benissimo, con il fisico che ha. Per non parlare del colore: si intona perfettamente al suo incarnato e al suo colore di capelli, non crede? E poi, mi creda, è comodissimo! Non si renderà…»
Travolta da quel fiume di parole, la ragazza fu tentata di colpire la donna con uno dei suoi fasci di energia, ma riuscì a controllarsi e a interromperla: «Lo proverò volentieri, grazie» le disse sorridendo.
«Prego, allora! Per di qua!» trillò la commessa, trascinandola di peso verso i camerini. Starfire notò le manovre e distolse l’attenzione da una serie di allucinanti costumi fosforescenti per seguire l’amica e la sua rapitrice.
Raven entrò nel camerino e tirò un sospiro di sollievo per essere riuscita a sfuggire alle grinfie della commessa. Quella donna era una tale piattola… Si vergognò di averlo pensato: era decisamente troppo cattivo. “Da quando ti preoccupi di certe cose?” le domandò la sua voce interiore, era quasi sicura che si trattasse della Raven dal mantello rosso, anche se pensava di averla debellata del tutto. La mise a tacere, anche perché parlare da sola non era una cosa rassicurante e provò il costume. Si guardò nello specchio e dovette ammettere che la commessa aveva ragione: le stava proprio bene. Da fuori sentì Starfire chiamarla: «Rae, hai fatto? Voglio vedere come ti sta!»
Uscì dal camerino e la commessa e l’aliena la guardarono entusiaste. Poco ci mancava che la donna si mettesse a piangere dalla commozione.
«Oh, Rae, ti sta benissimo! Devi comprarlo!» la implorò Star, girandole attorno per guardarla meglio.
«Lo credi davvero?» si schernì la maga, facendosi dare dell’ipocrita da una delle tante Raven che popolavano il suo cervello.
«Ti sta una meraviglia!» le garantì l’amica, ammirandola.
«Allora lo prendo» disse alla commessa, che l’avrebbe abbracciata dalla gioia.
«Solo questo o prende anche altro?» chiese la donna, prendendo in consegna l’indumento.
«Penso che guarderò ancora in giro» le rispose vaga la mezzo-demone. Poi si rivolse a Starfire: «Tu hai preso altro, oltre al costume evidenziatore?»
«Non chiamarlo così, è fantastico! Comunque ne ho preso anche uno verde smeraldo e questo qui rosso cupo. Anche se è intero mi piace tantissimo» le rispose l’aliena, mostrandole i suoi futuri acquisti.
Togliendo l’orrore fosforescente, Raven dovette ammettere che gli altri due non erano affatto male.
«E poi voglio prenderne ancora uno, così faccio un numero pari» annunciò l’altra ragazza, aggirandosi per il negozio come un predatore a caccia. La maga la seguì con un sospiro: le avrebbe impedito anche con la forza di comprare un altro costume come quello rosa.
Quando finalmente uscirono dal negozio, le due ragazze portavano un sacchetto per ciascuna, contenente ben sei costumi: quell’incantatrice della commessa era riuscita a convincerle a comprarli tutti e Raven ancora si chiedeva come fosse stato possibile.
Stava ancora rimuginando quando la voce di Starfire la richiamò alla realtà: «Che dici, prendiamo delle pizze per cena?»
«Perché no? Così festeggiamo anche il ritorno a casa» acconsentì, aggiungendo poi: «E se prendessimo anche del gelato?»
«Che bella idea! Allora io mi occupo delle pizze, okay?» esclamò l’aliena, entrando a passo di marcia nel locale davanti al quale si erano fermate. Poco dopo le due ragazze si ritrovarono e cominciarono ad arrancare verso casa.
«Senti, potremmo fare uno strappo alla regola? So che dovremmo essere in incognito,ma… Ho un mal di piedi atroce!» propose Starfire dopo un po’ che camminavano. Raven sapeva benissimo cosa voleva dire Star: perché non ce ne svolazziamo tranquille fino a casa? Effettivamente non era una malvagia idea e poco dopo le due ragazze volavano ad un’altezza sufficiente per non essere riconosciute con i loro pacchi.
 
«Siamo tornate!» annunciò a gran voce Starfire, ottenendo in cambio un silenzio che indicava una sola cosa: la playstation era accesa.
Entrando nella sala centrale, infatti, le due ragazze videro i loro compagni inchiodati allo schermo televisivo, impegnati a muovere i joystick per battere il record del videogioco.
«Fine dei giochi» annunciò Raven, staccando la spina e mostrando ai tre ragazzi inferociti la scatola di pizza. «La cena è servita» aggiunse a mo’ di spiegazione, attirandoli verso il tavolo, come se fossero stati animali. Bè uno di loro ci si avvicinava parecchio.
Una volta a tavola davanti alle pizze fumanti i ragazzi riacquistarono la capacità di formulare frasi più lunghe di un monosillabo: «Allora, come è andata? Cosa avete preso?» domandò Robin.
«Oh, ci siamo divertite tantissimo! E abbiamo preso sei costumi fantastici!» rispose entusiasta Starfire, dando un morso alla sua fetta di pizza.
«Sei costumi in due, vero?» domandò Cyborg, addentando la pizza.
«No, sei ciascuna» disse l’aliena, facendo soffocare il mezzo-robot con il boccone.
«Sei?? Ma cosa ve ne fate? Stiamo via sei giorni!» fece notare Beast Boy, palesando il pensiero degli altri due.
«Ci cambiamo» rispose semplicemente Raven, bevendo un sorso di tè freddo.
«Okay, lasciamo perdere. La logica femminile non la capirò mai…» si arrese il mutante, prima di chiedere: «Allora ce li fate vedere?»
«No, saranno una sorpresa!» replicò Star, ridendo delle facce deluse dei ragazzi.
Saggiamente i tre decisero di cambiare argomento e la serata proseguì come al solito, tra frecciatine e battute insensate.
 
Il giorno della partenza i Titans si ritrovarono sulla pista di decollo, insieme a loro c’erano anche alcuni degli eroi cui avevano deciso di affidare la loro città nel periodo di assenza. I saluti furono molto più brevi che la volta precedente con i Titans East e in pochi minuti i cinque ragazzi erano in viaggio per le Hawaii.
Atterrarono sull’isola principale, Ohau e presero subito possesso della casa sulla spiaggia che Starfire aveva affittato per quella settimana.
«Ragazzi, ma è enorme!» gridò Beast Boy entrando, sentendo l’eco rimandargli la sua voce. Effettivamente il salone era grande come due volte la loro sala centrale o poco di meno e c’erano una miriade di stanze. C’erano due bagni situati al piano delle camere e venne subito stabilito che uno sarebbe andato alle ragazze e uno ai ragazzi. La cucina era uno sfavillante insieme di bianco e acciaio cromato, dotata di tutti gli elettrodomestici più moderni.
«Cavoli, Star, ma chi te l’ha affittata? Un miliardario?» chiese stupito Robin, guardandosi intorno: era magnifica.
«Oh mio dio! Ragazzi, guardate l’impianto home theatre! È dell’altro mondo!» esclamò Cyborg, abbracciando il televisore che sembrava uno schermo del cinema per dimensioni.
«Davvero lussuosa» osservò Raven, aprendo una porta a caso e trovandosi davanti una piscina piena di acqua limpida e circondata da un piano ricoperto di piastrelle con cinque sedie a sdraio pronte per accoglierli.
«Vi piace?» domandò orgogliosa Starfire, guardandosi attorno: aveva fatto una bella scelta, niente da dire.
«È fantastica, Star» le disse semplicemente Raven, sorridendole e facendole cenno di salire a sistemare i bagagli.
In breve i cinque Titans presero possesso delle loro camere e decisero che la prima cosa da fare dopo pranzo sarebbe stato un giro in spiaggia. Cambiati, ovviamente.
Del pranzo si occuparono Robin e Cyborg e i ragazzi mangiarono una deliziosa insalata mista (per la gioia di Beast Boy) sulla terrazza vista mare di quella casa da miliardari. Dopodiché le due ragazze salirono nelle rispettive camere per indossare i costumi nuovi e così fecero i ragazzi.
Dopo cinque minuti i tre erano svaccati sul comodo divano del salotto a decomporsi dalla noia aspettando le altre due. Passarono altri cinque minuti. Poi altri cinque. Altri cinque. Allo scoccare dei venticinque minuti di attesa Beast Boy saltò in piedi esclamando: «Non è possibile! Ma che stanno facendo? Li stanno fabbricando quei maledetti costumi??» Con piglio deciso si diresse verso le scale che portavano alle camere, ma la strada gli venne bloccata dall’apparizione delle due ragazze in tenuta da spiaggia. I costumi erano sadicamente nascosti da due abitini prendisole molto semplici.
«Possiamo andare» annunciò con tono incolore Raven, sistemandosi il cappello di paglia a tesa larga sul capo e aggiustando la presa del manico della borsa sulla sua spalla. Guardandole stupiti, i ragazzi rinunciarono a capirle e si avviarono verso la spiaggia a pochi passi da casa loro.
 
«È bellissimo!» esclamò l’aliena, affondando i piedi nella candida sabbia.
«Hai ragione» concordò Robin, stendendo l’asciugamano sotto l’ombrellone.
«Mi piace proprio. È anche pieno di ragazzi, potremmo fare conoscenza!» esclamò Cyborg, liberandosi della t-shirt e dei sandali.
«Bè, magari non troppa…» disse Beast Boy, controllando le mosse di Raven e dei ragazzi che passavano sul bagnasciuga, rivolgendole occhiate che non apprezzava per niente.
«B.B. smettila di preoccuparti» lo redarguì la sua ragazza, stendendo l’asciugamano ed estraendo la crema solare dalla borsa. «Piuttosto, mettimi la crema per favore. Sulla schiena non ci arrivo» gli chiese, togliendosi il vestito, rivelando il fantastico costume a stelline.
Beast Boy la guardò con la mandibola che toccava terra e un rivolo di bava che scorreva lungo la linea della stessa e ugualmente la guardarono Robin, Cyborg e la popolazione maschile della spiaggia che aveva la visuale libera nella loro direzione.
«Che c’è?» domandò la mezzo-demone, notando le facce dei suoi amici. «Mi sta male?» chiese.
«N-No, affatto» riuscì a balbettare B.B., recuperando l’uso della parola. Con la calma si ripresero anche i due amici e tutto il resto della spiaggia, ma la scena dovette ripetersi quando anche Starfire decise di togliersi il vestito, rivelando l’orribile costume color evidenziatore. Solo che su di lei, Raven doveva ammetterlo, stava veramente bene. Avevano fatto davvero degli ottimi acquisti: le due ragazze si scambiarono un sorriso, poi la mezzo-demone decise che era il momento di svegliare il suo ragazzo dal coma. Con la tipica gentilezza che la distingueva gli tirò una sberla in pieno viso: «La crema, per favore» gli disse poi con un sorriso smagliante.
Massaggiandosi la guancia, il mutaforma cominciò a spalmare la pelle candida di Rae con la crema a protezione cinquanta, mentre la ragazza la spalmava sulla schiena di Starfire. Intanto Cyborg e Robin cercavano di riprendersi dalla visione delle due compagne di squadra: avrebbero dovuto abituarsi, dovevano passare una settimana in quello stato!
Una volta pronte le due ragazze si stesero al sole, controllate dai loro amici, che le vegliavano come cani da guardia, ringhiando contro chiunque osasse avvicinarsi. Dopo poco però il caldo cominciò a farsi sentire, ma stoicamente le due ragazze resistettero, mantenendo tenacemente la propria posizione. I tre guardiani, invece, decisero di andare a farsi un tuffo nelle acque cristalline che gli si paravano davanti e le abbandonarono al loro destino. In breve le due vennero accerchiate da un gruppo di aitanti giovanotti, abbronzati e muscolosi, che le pregavano di raggiungerli al campo da beach volley per una partita.
Raven e Starfire scoccarono un’occhiata ai loro maschi, immersi nell’acqua fresca e totalmente disinteressati a loro, poi si scambiarono uno sguardo d’intesa e accettarono l’invito.
«E come vi chiamate, se è lecito saperlo?» chiese il più abbronzato e palestrato, autonominatosi capo della banda.
«Rachel, molto piacere» si presentò rapida Raven, utilizzando il nome terrestre che le era stato dato dalla madre, umana.
«Kory, molto lieta» aggiunse Starfire, usando il suo nome da terrestre.
«Due bei nomi per due belle ragazze! Io sono Lucas, ma voi potete chiamarmi Luke» si presentò Mr Bicipiti, accennando poi agli altri ragazzi del gruppo: «E loro sono Matt, Joe, Jack, Tom, Rick, Jason, Andrew, Mark e Mike» I ragazzi fecero dei cenni con la testa, che le ragazze interpretarono come cenni di saluto.
«Siete pronte per una partita emozionante?» chiese poi Luke, accennando al campo di beach dietro di lui.
«Bè, penso di sì. Non ho mai giocato in vita mia, ma imparo in fretta» sorrise Starfire, seguendolo entusiasta.
«Non ti preoccupare, noi siamo i campioni del nostro college» la rassicurò Matt, cominciando a raccontarle delle loro ultime partite. Intanto Raven era attorniata da altri tre ragazzi che cercavano di carpirle informazioni, senza riuscirvi. Con grande savoir faire la ragazza riuscì a cambiare discorso parecchie volte. Raggiunto il campo, i ragazzi formarono le squadre e la partita iniziò. Come aveva promesso, Starfire imparò quasi subito, memore delle partite tutte particolari che ogni tanto organizzava con gli altri sul tetto della torre. Certo, qui era un po’ diverso perché giocava su sabbia e non poteva volare, oltretutto i ragazzi erano davvero potenti, ma l’aliena non si lasciò scoraggiare per così poco e in breve dava filo da torcere con le sue schiacciate che bucavano il muro. Raven, dal canto suo, si rivelò piuttosto portata per quello sport, anche se i ragazzi non le facevano quasi toccare palla, parandosi davanti a lei con molta cavalleria. Fu solo dopo il suo turno di battuta, quando mise a segno sei ace consecutivi che i ragazzi cominciarono a passarle la palla seriamente.
Mentre le due ragazze si divertivano con le loro nuove conoscenze, i tre Titans sguazzavano allegramente nell’acqua limpida della riva. Fu solo dopo una buona mezz’ora che Beast Boy decise di controllare che fine avessero fatto le ragazze: se stavano al sole ancora un po’ si sarebbero carbonizzate! Si voltò quindi per chiamarle, ma vide i loro teli abbandonati e nessuna traccia. Allarmato uscì dall’acqua e dopo qualche secondo di ricognizione le rintracciò al campo da beach volley, circondate da… «Ragazzi! Abbiamo un problema!» richiamò i due amici. I due ragazzi si voltarono verso di lui e seguirono il suo sguardo.
«Improvvisamente mi è venuta voglia di giocare a beach volley, a voi no?» chiese il mutaforma quando lo raggiunsero.
«Hai ragione» lo appoggiarono gli altri due, avviandosi con passo feroce verso il campo. Nello stesso momento le due ragazze e il loro nuovo entourage decisero che avevano giocato a sufficienza e cominciarono a tornare verso il loro ombrellone.
«Ehi, guardate quei tre!» esclamò uno dei ragazzi, Joe, o forse era Jack?
«Che facce scure, che dite, secondo voi vogliono attaccare briga con noi?» domandò con tracotanza Mike, gonfiando ancora di più i muscoli.
«Troveranno pane per i loro denti» sogghignò Mark, dandosi di gomito con Jason.
«Mmm… Credo che dovreste stare attenti» commentò invece Raven, nascondendo un sorriso.
«Perché, piccola Rachel? Credi che possano farci qualcosa?» domandò con palese sarcasmo Tom.
«Ne sono sicura: quelli sono i nostri amici» rispose lei semplicemente.
«E tutti e tre conoscono piuttosto bene le arti marziali» aggiunse sorridendo Starfire.
I ghigni si congelarono sulle facce degli energumeni, mentre i due gruppi si congiungevano.
«Ciao ragazzi! Vi presentiamo i nostri nuovi amici! Lui è Luke e loro sono…» esclamò Starfire, cominciando ad elencare i nomi dei ragazzi, ignorando le facce truci dei tre Titans. «E loro sono Garfield, Richard e Victor» li presentò poi l’aliena, ricorrendo ai loro nomi da copertura.
Tutti i ragazzi fecero dei grugniti piuttosto selvaggi, ma la ragazza parve non farci caso. Anzi, aggiunse contenta: «Li abbiamo invitati per cena, spero non sia un problema!»
«Oh, ehm, certo che no» si costrinse a dire Robin, mascherando le sue vere emozioni.
«Fantastico!» esclamò lei contenta. «E ora vi andrebbe un bagno?» domandò poi, correndo verso il mare. Dimenticando quei tre insignificanti mocciosi, il gruppo di ragazzi si precipitò verso l’acqua, sollevando schizzi a non finire.
Robin, Cyborg e Beast Boy guardarono Raven per chiederle spiegazioni: «Bè?»
«Sono simpatici. Si credono un po’ il centro del mondo, ma sono davvero niente male» rispose lei.
«Come no!» commentò ironico B.B. lanciando occhiatacce alla marmaglia chiassosa sul bagnasciuga.
«Stasera ve ne renderete conto, vedrete. Mi è venuta voglia di un bagno, vieni con me?» gli chiese la ragazza guardandolo con i suoi occhioni viola e prendendolo per mano, trascinandolo verso l’acqua.
«Se lo dici tu» si arrese lui, prendendola in braccio e buttandola in acqua. Lei strillò di sorpresa, poi lo tirò verso di sé, costringendolo ad entrare a sua volta.
Cyborg e Robin rimasero lì come due allocchi, prima di unirsi al gruppo in acqua.
 
Alle nove di sera i ragazzi stavano apparecchiando in terrazza, disponendo i piatti lungo il tavolo, che avevano scoperto essere allungabile, per loro fortuna. Starfire, già cambiata per la serata, stava sistemando i bicchieri, mentre Cyborg si occupava del barbecue. Robin e Beast Boy piazzavano piatti e posate molto alla buona.
«Dov’è Rae?» domandò ad un certo punto Robin, guardandosi intorno.
«Sta finendo di prepararsi» rispose con un sorrisetto saputo Starfire, entrando a prendere le bevande. In quella si sentì un gran rumore e i ragazzi sentirono il campanello.
«Uh, sono arrivati!» esclamò contenta l’aliena, precipitandosi ad aprire la porta. La sentirono dare il benvenuto a tutti i ragazzi e poi dirigerli verso la terrazza. Qui i saluti si fecero un pochino più rigidi, ma l’atmosfera si riscaldò nuovamente quando la ragazza li raggiunse. «Rachel arriva tra un attimo» annunciò a beneficio dei nuovi arrivati, che la stavano cercando.
I ragazzi si accomodarono e così fecero anche i Titans. La carne sfrigolava sulla brace e l’insalata era già nei piatti. Mancava solo la maga.
«Vado a cercarla» decise Beast Boy, alzandosi e sparendo all’interno della casa.
Tom lo guardò per un istante, prima di chiedere ai tre Titans rimasti: «Ma in che rapporti sono lui e Rachel?» I suoi amici scoppiarono in una serie di risate e ululati prettamente maschili, mentre Robin e Cyborg sogghignavano, pensando alla risposta. Sarebbe stato fantastico assistere alla sua faccia quando l’avrebbe saputo. Oh sì, assolutamente magnifico.
«Stanno insieme» spiegò Starfire, versandosi da bere. Le risate e gli ululati aumentarono di volume, mentre il ragazzo assumeva la tipica faccia da cane bastonato. Robin e Cyborg furono costretti a fingere di controllare la carne che cuoceva per nascondere le loro facce divertite e le loro risate.
In quel momento Raven e Beast Boy fecero il loro ingresso, mano nella mano. La ragazza, dietro consiglio di Starfire, aveva indossato degli shorts di jeans e un top con scollo all’americana, rosso fuoco. Ai piedi un paio di tacchi neri altissimi (raggiungeva il metro e ottantacinque di Beast Boy senza problemi) e ai polsi e alle orecchie cerchi d’oro sottilissimi. Le labbra erano rosse come la maglietta. Inutile dire che il mutaforma aveva dovuto riprendersi dal mezzo infarto che gli era preso quando l’aveva vista.
«Buonasera» salutò, sedendosi aggraziata al suo posto accanto al suo ragazzo, che le lasciò la mano per servirle da bere.
«Oh, grazie» lo ringraziò, sorridendogli. A tutti i maschi intorno al tavolo il cuore cominciò a battere forte. Starfire ridacchiò, annunciando poi che la cena era pronta.
Tutti si buttarono sul cibo e Cyborg e Jason si sfidarono a chi mangiava più hot dog. La sfida si risolse in parità e con una nuova tiepida amicizia tra i due, che si consolidò non appena il ragazzo venne a sapere che anche il mezzo-robot si interessava di automobili. L’amicizia nacque anche tra gli altri ragazzi e i due membri restanti dei Titans, anche se Beast Boy continuava a guardare in cagnesco tutti quelli che osavano guardare Raven per più di dieci secondi.
Quando la serata finì i due gruppi si separarono dandosi appuntamento per il giorno dopo in spiaggia. Con velocità insospettabile i Titans misero a posto la terrazza e i piatti (ringraziarono Robin per aver avuto la geniale idea di usare piatti di plastica) e poi si riunirono in salotto, cambiati per la notte, con delle tazzone di latte caldo e miele per conciliare il sonno.
«Visto che erano simpatici?» disse Starfire, nascondendo uno sbadiglio dietro la mano fresca di smalto.
«Hai ragione, non sono poi così male» ammise Cyborg, ripensando alla chiacchierata affrontata con Jason.
«Già, sembravano molto peggio» commentò Robin, bevendo dalla sua tazza.
«Lo dici solo perché ti hanno supplicato di dargli una dimostrazione di arti marziali domani, non è vero?» gli chiese Raven, accoccolata sul divano con un braccio intorno alle ginocchia e l’altro a sorreggere la tazza.
«Colpito e affondato» ammise con un sorriso il ragazzo-meraviglia.
«Mmm… Continuano a guardarti in un modo che non mi piace, ma non sono malissimo» disse B.B., stringendo a sé la ragazza.
«Uh, che gentile concessione» commentò lei, guardandolo con sfida. Il ragazzo abboccò e le scoccò un bacio sulla fronte.
Cyborg si esibì in uno sbadiglio formidabile: «Ragazzi, con il vostro permesso io andrei a dormire!»
«Anche io» si aggregò Starfire, alzandosi in piedi e seguendo il mezzo-robot fuori dalla stanza, augurando la buonanotte a tutti quanti.
Nel salotto rimasero solo Raven e i due ragazzi.
«Io torno subito, scusate» disse B.B. alzandosi e correndo verso il bagno.
Raven e Robin sorrisero, poi calò il silenzio. La maga continuò a bere il suo latte caldo, mentre il ragazzo la guardava.
«Robin, hai intenzione di fissarmi ancora per molto?» domandò la maga, sollevando gli occhi e incrociandoli con quelli azzurri del leader.
«Scusami» mormorò lui, distogliendo a fatica lo sguardo.
«Non ti preoccupare, è solo che è un po’ strano, ecco. Sentirmi osservata, dico.»
«Scusa. Io ce la sto mettendo tutta, ma ho bisogno di tempo per digerire… Quello» si giustificò lui.
«Capisco. Mi spiace farti soffrire così.»
«Sarebbe successo prima o poi, non credi? Non posso essere sempre il preferito di tutti.»
«Bè, ma tu sei tra i miei preferiti» gli disse la maga, avvicinandosi a lui, appoggiando la tazza sul tavolino di cristallo in mezzo alla sala. Il suo cammino terminò accanto a Robin, sul divano. Gli si sedette vicino e lo strinse in un abbraccio fraterno: «Sei il mio amico preferito, sei il mio confidente preferito, sei il mio fratello preferito…» cominciò ad elencare la ragazza, ma venne interrotta dal dito del ragazzo, posato sulle sue labbra con leggerezza.
«Credo di aver afferrato il concetto, grazie» le disse, prima di restituirle l’abbraccio.
«Non ti preoccupare, troverai quella giusta anche tu.»
«Hai una gemella?»
«Scemo.»
«Interrompo qualcosa?» chiese in quel momento Beast Boy, entrando nella stanza. Robin cercò di sciogliersi dalla stretta, colpevole, ma Raven lo trattenne mormorando: «Beast Boy non fare l’idiota.»
Finalmente la ragazza lo liberò e gli augurò la buonanotte, scoccandogli un bacio sulla guancia. Il ragazzo scappò letteralmente in camera sua, mentre la maga riprendeva possesso della sua tazza.
B.B. prese posto accanto a lei, tirandola verso di sé e poggiandole un braccio sulle spalle.
«Allora, risolto tutto con il tuo fratellone?»
«Non fare l’idiota, te l’ho già detto. Mi fa sentire in colpa, poverino… Anche se non credo lo preferirei a te» aggiunse in tutta fretta, vedendo l’espressione che andava formandosi sul viso del mutaforma.
«Meno male» sospirò lui, baciandola delicatamente. Lei rispose, ma poco dopo era in piedi a portare via le tazze, con l’ausilio della magia: «È tardi, andiamo a dormire.»
Con uno sbuffo di insoddisfazione il mutante la seguì fino alle camere, dove la salutò con un ulteriore bacio.
 
La mattina dopo i ragazzi erano molto sullo zombie andante, ma dopo due litri di caffè a testa sembravano svegli a sufficienza da trovare la strada per la spiaggia senza finire sull’autostrada dall’altro lato della casa. Il loro stato comatoso venne notato anche dai loro nuovi amici, che decisero che per svegliarli non c’era nulla di meglio che una bella spruzzata di acqua di mare gelata. Effettivamente servì alla grande e dopo pochi minuti era possibile vedere i cinque Titans inseguire come pazzi i dieci ragazzi. Una volta raggiunti, li riempirono di sabbia, prima di tornare con la calma più pacifica del mondo al loro ombrellone per spogliarsi degli indumenti bagnati. Quel giorno Starfire aveva optato per il costume rosso cupo, che le stava divinamente, mentre Raven si era buttata su un classico bikini marrone, che le stava comunque d’incanto ed entrambe le ragazze non mancarono di far girare verso di loro la maggior parte degli occhi maschili della spiaggia.
La mattinata passò tra risate e scherzi, mentre il pomeriggio fu dedicato al beach volley, ai racchettoni e infinamai alle bocce.
Verso le otto di sera il gruppo degli Atletici Biondini, come li aveva rinominati Beast Boy, riaccompagnò i cinque ragazzi a casa e si salutarono dandosi appuntamento per il giorno dopo. Luke si raccomandò: «Domani mattina passiamo noi a prendervi, vi porteremo in un posto fantastico! Quindi svegli alle otto, chiaro?»
I ragazzi gemettero: le otto erano l’equivalente dell’alba nel loro mondo estivo (anche invernale, a dire il vero). I ragazzi risero, poi si salutarono.
«Ragazzi, stasera andrò a letto alle nove e mezza» annunciò Beast Boy, trascinandosi in casa come un vecchietto.
«Se non passassi tutto il tuo tempo a sbaciucchiarti con lei saresti più riposato, sai?» disse malizioso Cyborg, beccandosi una manata su ogni spalla ustionata. «Okay… Non lo faccio più…» boccheggiò dolorante, strappando risate a più non posso ai quattro amici.
Comunque, in previsione della giornata seguente, i ragazzi andarono davvero a dormire presto e il giorno dopo quando Matt suonò il campanello erano più o meno coscienti e in grado di mettere più di due parole sensate in fila.
«Buongiorno!» trillò Starfire, uscendo a salutare l’amico.
«Buongiorno, Kory» le rispose lui, sorridendo. «Allora, pronti per l’esperienza da urlo che vi faremo fare?»
«E come no!» esclamò impaziente la ragazza, voltandosi verso la casa per vedere se gli altri erano pronti. Effettivamente lo erano e poco dopo erano in viaggio nei fuoristrada dei ragazzi, diretti a…
«Makaha Beach, ragazzi! Il paradiso dei surfisti!» esclamò entusiasta Rick, guardando i volti di Robin e Cyborg, capitati nella sua stessa macchina. I due ragazzi lo guardarono come se avesse parlato in ebraico.
«Non conoscete Makaha Beach??» domandò esterrefatto il ragazzo, scuotendo la testa davanti al loro cenno di diniego.
«Sapete almeno surfare?» chiese allora Jack.
«Più o meno» risposero i due.
La stessa scena si ripeté nelle altre jeep e quando arrivarono alla celebrata spiaggia i Titans sapevano tutto il possibile sul surf.
«Ora vediamo come ve la cavate!» esclamò Tom, prendendo una tavola dal retro dell’auto e sospingendo i cinque amici verso il bagnasciuga. «Prendete una tavola e venite con noi!»
Con aria di sfida i cinque Titans presero una tavola per ciascuno e si liberarono dei vestiti, rimanendo con i costumi. Si scambiarono dei sorrisetti di superiorità: con chi credevano di avere a che fare quei tizi? Loro erano i Teen Titans (anche se non ancora per molto, perlomeno, non teen) di Jump City! Avevano surfato su onde di luce e altre cose strane! Gliel’avrebbero fatta vedere.
I quindici ragazzi cominciarono ad entrare in acqua: «Bel costume, Rachel» si complimentò Joe, ammirando la mise di Raven, che gli sorrise e gli disse: «Non è con i complimenti che mi batterai» e detto questo si alzò in piedi sulla tavola e cominciò a solcare le onde con una bravura tale da far credere che fosse nata per quello. Joe la guardò ad occhi aperti, prima di spingere ancora un po’ la tavola e iniziare a surfare anche lui.
Restarono su quella spiaggia per tutto il giorno e quando tornarono a casa la sera erano stravolti, ma i ragazzi ebbero il fiato per chiedere: «E voi non avreste mai surfato? Ma cosa siete, alieni?»
I Titans si sorrisero: effettivamente… Ma tennero il segreto e si limitarono a blaterare qualcosa sulla fortuna del principiante e cose del genere. Bastò per far tacere il gruppo A.B., che si allontanò salutandoli e promettendogli una giornata dedicata allo snorkeling a Hanauma Bay per l’indomani e una interamente di windsurf a Kailua Bay per il giorno dopo ancora. Contenti di avere la settimana impegnata fino alla fine della vacanza e di aver surclassato quegli energumeni i Titans entrarono in casa e si prepararono per la cena.
 
«Avete visto come ci hanno guardato?» domandò Beast Boy, una volta che furono tutti riuniti sulla terrazza per guardare le stelle.
«Già, ci credevano degli incompetenti… Pff!» rise Robin, sistemandosi un ciuffo ribelle.
«È stato meraviglioso!» esclamò Starfire, ignorando i maschi.
«Direi che la tua vacanza si sta rivelando una miniera di tesori, Star» si congratulò Cyborg, sventolandosi con un ventaglio.
«Già, ho anche preso colore» ammise Raven, mostrando a tutti il segno del costume intorno al collo.
«È stata una grande idea venire qui, Star» disse Robin, guardando il cielo.
«Sentite, ho un’idea: e se andassimo sul tetto a guardare le stelle?» propose B.B., alzandosi e indicando appunto il tetto della casa.
«Devo ammettere che non è affatto una brutta idea» disse Robin, alzandosi, seguito a ruota dagli altri Titans. Raccolsero gli asciugamani e poi li stesero sul tetto, una volta arrampicatisi sullo stesso.
«È tutta un’altra cosa… Guardate che spettacolo!» esclamò Cyborg, additando il cielo.
«Mai quanto te» replicò Beast Boy, guardando Raven e baciandola. Lei gli si aggrappò addosso, quasi temesse che potesse scomparire e quando si staccarono disse: «Sapete, ragazzi? Sono contenta di essere qui con tutti voi.»
«Anche io!» esclamò entusiasta Starfire, perdendosi tra il brillio degli astri sopra di loro, vagando con lo sguardo alla ricerca del suo pianeta natale.
«Idem» si aggiunse Cyborg, contemplando la luna e pensando a una certa ragazza alata che al momento era presumibilmente in Messico.
«Hai ragione Rae. Siete i migliori amici che si possano avere» commentò Robin, sfiorando la mano della maga, accanto a lui. La ragazza la strinse, mentre con l’altra strinse quella di Beast Boy: «Se ci fossero le stelle cadenti credo che avrei un desiderio da esprimere…»
«Sarebbe lo stesso per noi» commentò Robin, guardando l’immensità sopra di lui.
«Ragazzi, vi voglio bene» sussurrò Raven, lasciando poi libero il suo sguardo di volare nel cielo.

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Capitolo 4
*** Robin: Cina ***


 ROBIN: CINA
 
«Siamo arrivati? Tutto questo mare comincia a stancarmi!»
«Beast Boy, sei una piattola!»
«Grazie, Cy. Sei un vero amico!»
«Figurati! Quando vuoi.»
«La smettete? Siamo quasi arrivati, stiamo sorvolando adesso la Grande Muraglia Cinese. Ancora un’oretta, al massimo una e mezza.»
«E tu lo chiami “quasi arrivati”? Dico, Robin, ti sei bevuto il cervello? Un’ora e mezza è tantissimo! Insomma, in un’ora e…»
Nel suo abitacolo, Raven spense il sistema di interfono e si rilassò contro il sedile, stiracchiandosi come una gatta. Certo, erano i suoi amici e il suo ragazzo, ma quando ci si mettevano diventavano piuttosto pesanti. Meglio zittirli, finché poteva. Si infilò gli auricolari nelle orecchie e chiuse gli occhi, cullata dai ritmi jazz delle canzoni.
 
«Rae! Ehi, Rae! Sveglia, siamo arrivati!» La voce entusiasta di Beast Boy riportò la ragazza nel mondo dei vivi, che si rivelò un luogo piuttosto oscuro e decisamente freddo. La maga rabbrividì e, mentre si infilava un maglioncino sopra la t-shirt (meno male che Robin aveva consigliato a tutti di mettersi i pantaloni lunghi!), chiese: «Dove siamo?»
«In Cina» le rispose Cyborg, scaricando i bagagli.
«Grazie, navigatore. Fino a qui c’ero arrivata, ce l’ha detto Robin. Volevo sapere dove siamo esattamente» replicò lei sarcastica.
«Sembrerebbe una foresta, ma Robin è sparito!» spiegò Starfire, guardandosi attorno alla ricerca dell’amico, che però non comparve magicamente da dietro un albero.
«Bè, spero che ricompaia presto. Vorrei sapere dove devo mettere tutta questa roba» borbottò Cyborg, guardando le valigie davanti a lui.
«Eddai, guarda che ci siamo contenute!» gli fece notare Starfire.
«E meno male! No, dico, hai presente che siamo nel mezzo del nulla? Che cosa vi siete portate dietro?» replicò il mezzo-robot, squadrandole.
«Il necessario per sopravvivere» rispose Raven, sfidandolo con uno sguardo gelido a ribattere.
La disputa venne interrotta dall’arrivo di Robin: «Il maestro ci sta aspettando. Seguitemi!» Recuperò il suo trolley nero con l’inconfondibile R rossa stampigliata in un angolo e si avviò a fatica dentro la foresta. Raven sorrise, poi attivò i suoi poteri telepatici, sollevando il suo trolley blu, quello verde di B.B., la valigia rossa di Starfire, la sacca sportiva di Cyborg e anche il trolley di Robin, che si guardò stupito la mano vuota, prima di capire cosa fosse successo.
«Grazie, Rae. Venite, è per di qua» la ringraziò il leader, facendo un cenno agli altri del gruppo, che si incamminarono con cautela.
«Ci stai portando dal maestro di cui ci hai parlato l’altra volta?*» chiese Starfire, guardando gli alberi che la circondavano: era la prima volta da quando era arrivata sulla Terra che ne vedeva di così alti. Pensava che esistessero solo su Tamaran e invece…
«Intendi quella volta che vi siete messi le mie divise di ricambio?» domandò il ragazzo di rimando, ridacchiando.
«Evitiamo di ricordare certe cose, grazie» intervenne Raven, con una faccia contrariata.
«Perché? Ti stava bene la sua divisa!» replicò Beast Boy, voltandosi a guardarla, sorridendo.
«B.B. ha ragione, Rae, stavi bene» le sorrise a sua volta Robin. Le guance della mezzo-demone diventarono rosa, mentre la ragazza distoglieva lo sguardo dal suo ragazzo e dal suo migliore amico.
«Stavamo tutti bene!» tentò di salvarla Starfire.
«Voi forse, io sembravo un idiota» commentò cupo Cyborg.
«Se sei una montagna vivente non è colpa mia!» esclamò Robin, accelerando il passo, prevedendo la mossa dell’amico.
«Se sei uno stuzzicadenti con le gambe non è colpa mia!» ribatté piccato il cyborg, raggiungendo il ragazzo-meraviglia per poi stritolarlo.
«Gaak!» annaspò quest’ultimo, cercando di respirare.
«Ehi! Vi state divertendo senza di me, non è giusto!» gridò B.B., lanciandosi nella mischia.
Raven e Starfire li guardarono, si scambiarono uno sguardo d’intesa e in contemporanea scossero la testa, sconsolate.
«Li abbiamo persi» commentò Starfire, portandosi una mano al viso.
«E ci perderemo anche noi, se continuiamo a vagare per questa foresta senza un minimo di logica» osservò Raven, guardandosi attorno. Fece un respiro profondo, poi diede una voce al Fantastico Trio: «Scusate, non vorrei disturbare, ma… Dove dobbiamo andare?»
I tre ragazzi interruppero la loro lotta per prestarle ascolto: effettivamente era piuttosto difficile orientarsi in quell’oceano di verde e grigio. Con impeccabile aplomb, Robin rientrò nel suo ruolo di leader e si infilò in un invisibile varco tra i rami: «Seguitemi. Il maestro abita proprio qui dietro.»
«Grazie» gli disse Raven, incamminandosi dietro di lui, seguita dagli altri Titans.
 
Dopo un paio di centinaia di metri, arrivarono in una radura, da cui partivano sei sentieri. Enza esitare, Robin si diresse verso quello isolato rispetto agli altri. I suoi amici lo seguirono, un po’ esitanti. Seguendo il sentiero arrivarono in un ampio spiazzo di terra battuta. In un angolo c’era un piccolo orto, dove una nonnina dalle lunghe trecce bianche stava sradicando strane piante.
«E quella chi è? La moglie del maestro?» domandò Beast Boy, sghignazzando allegramente.
«Da come le si sta rivolgendo Robin credo di no…» osservò Starfire, indicandogli l’amico che si inchinava rispettosamente davanti alla vecchina.
Effettivamente il ragazzo la presentò come “il Vero Maestro” e disse che sarebbero stati suoi ospiti per quella settimana. I quattro Titans lo guardarono incuriositi, soprattutto perché non riuscivano a credere che quella fragile signora fosse il tanto decantato maestro di arti marziali di cui Robin parlava senza sosta da anni.
«È un piacere conoscere i tuoi amici, ragazzo» disse la signora, sorridendo benevola ai ragazzi, che continuavano a guardarla come se da un momento all’altro potesse trasformarsi in una montagna di muscoli urlante. Quella era la loro idea di maestro di arti marziali. Certo, nemmeno Robin rientrava nello stereotipo di un praticante di kung fu e compagnia, ma pensavano fosse l’eccezione che conferma la regola.
Intanto la vecchina proseguì: «Non mi sembrano molto in forma. Sicuro che potranno affrontare le prove della loro via?» I ragazzi strabuzzarono gli occhi: come osava?? Loro, non in forma??? E poi di che stava parlando? Prove? Via? Aveva a che fare con il loro indirizzo?
«L’apparenza inganna, Maestro. Me l’avete insegnato voi, no? Riusciremo a portare a termine le prove, non preoccupatevi» la rassicurò Robin, sorridendo con sicurezza.
«Molto bene, se lo dici tu, giovanotto. Allora passerò a illustrarvi cosa vi accadrà questa settimana. Seguitemi!» ordinò la signora, agitando il bastone che aveva raccolto da terra e incamminandosi di nuovo verso la radura in cui erano sbucati prima. Un po’ perplessi i quattro ragazzi la seguirono, cercando di carpire informazioni da Robin.
«Robin, di che accidenti sta parlando la signora? Sicuro che non sia un po’ tocca?» domandò Cyborg con la sua tipica finezza.
«Di che prove stava parlando?» chiese Starfire, temendo chissà cosa.
«Ma non doveva essere una vacanza?» si lagnò Beast Boy, prima di ricevere un pestone da Raven, che disse: «Esattamente cosa dobbiamo fare, Robin?»
Il ragazzo però sorrise misterioso e si rifiutò di rispondere alle domande: «Tra poco saprete tutto.»
 
Una volta giunti nuovamente nella radura, il Vero Maestro si appoggiò al bastone e squadrò i cinque ragazzi davanti a lei. Poi, come un presentatore in uno show televisivo, cominciò a spiegare come si sarebbe svolta la settimana seguente: «Bene, ragazzi. Il mio allievo mi ha chiesto di aiutarvi a ritrovare i veri voi stessi, oltre che a migliorare le vostre abilità. È per questo che vi ha condotto qui da me. Vi avviso che non sarà una settimana facile, ma Robin mi ha assicurato che ce la farete. Spero per voi che sia così.»
«Senti, nonna… Non so chi tu credi che noi siamo, ma sarà così sicuramente!» proruppe B.B., irritato dalla sfiducia della vecchina. Il ragazzo ricevette prontamente una gomitata al plesso solare da Raven e una pacca alla testa da Robin.
«Lo scusi, Maestro. È un po’ irruento. Vada pure avanti» lo giustificò quest’ultimo, facendo cenno alla signora di proseguire.
«Questa sarà una delle cose su cui lavorerà» replicò asciutta la donnina, prima di ricominciare a spiegare: «Come vedete alle mie spalle ci sono cinque sentieri. Ognuno di essi rappresenta uno dei cinque elementi: l’acqua,» e indicò il primo sentiero da sinistra «la terra,» indicò il secondo «l’oro**,» fece un cenno verso il sentiero centrale «il fuoco» indicò il penultimo sentiero «e il legno***» concluse, indicando l’ultimo. «Il vostro compito sarà di percorrere questi sentieri ed arrivare nei templi che si trovano alla fine di ognuno di essi. Lungo il percorso dovrete affrontare diverse prove, ma se utilizzerete le vostre abilità, che il giovanotto mi ha rivelato essere piuttosto particolari, in alcuni casi, dovreste riuscirci. Avete una settimana di tempo. Non potrete andare insieme, ognuno dovrà affrontare un solo cammino.»
«E in base a cosa dovremo scegliere il sentiero da percorrere?» domandò educatamente Starfire, guardando le cinque stradine, che le parevano tutte uguali.
«Ve lo assegnerò io, ragazza, insieme ad un talismano che dovrete usare solo in caso di emergenza, evocando la forza dell’elemento corrispondente. Conoscete il cinese?» rispose la vecchina, squadrando i cinque ragazzi, che scossero la testa.
«D’accordo, vi insegnerò il nome del vostro elemento» sospirò rassegnata, estraendo dalla tasca un sacchetto di pelle consunta, che sembrava piuttosto pesante.
«Una cosa: dove alloggeremo?» domandò Cyborg, guardandosi intorno e non trovando traccia di costruzioni.
«Lungo il sentiero sono presenti piccole capanne. Vi troverete il necessario per una notte al massimo, ma se doveste riuscire a raggiungere in fretta il tempio, potrete alloggiare lì fino allo scadere della settimana. Ovviamente io saprò chi di voi ha già concluso il suo percorso» rispose con praticità la donna, tornando poi al sacchetto.
«Vieni avanti, ragazza» disse poi con tono autoritario, rivolgendosi a Raven. Senza esitazione (che male poteva farle una vecchina?), la maga avanzò verso di lei, trascinando la valigia. «Tu percorrerai il primo sentiero, il sentiero dell’acqua. Percepisco che tu possiedi la forza di questo elemento, ma anche la calma e l’imprevedibilità ad esso collegate. Quando sarà necessario, utilizzerai questo talismano. Per attingere alla sua energia dovrai pronunciare la parola shuĭ, acqua in cinese» la istruì, porgendole una pietra perfettamente liscia, proveniente dal fondo dell’oceano, con inciso l’ideogramma 水. La ragazza la guardò con curiosità, sfiorandone la superficie: le diede una bella sensazione, di tranquillità, ma anche di potenza. Sgranò gli occhi viola e guardò la vecchina davanti a lei, che sorrideva con aria saputa. Sempre sorridendo le indicò il sentiero. La maga si girò verso i suoi amici per salutarli: «Allora io… Ehm… Vado?»
«Ci vediamo tra una settimana! Fai vedere chi sei!» la salutò Cyborg, strizzandole l’occhio e stritolandola.
«Buona fortuna, Rae! Ci vediamo tra pochi giorni!» esclamò Starfire, dando il cambio al mezzo-robot nello stritolamento della povera ragazza.
«Ragazzi, sta semplicemente andando nella foresta per una settimana! Mica se ne va per sempre!» esclamò Robin, abbracciandola comunque e sussurrandole “Buona fortuna, Rae!” all’orecchio.
Beast Boy semplicemente l’abbracciò stretta, baciandola come se potesse essere la sua ultima occasione per il resto della sua vita. Lei lo abbracciò a sua volta e rispose al bacio, poi quando lui la lasciò andare gli disse: «Tranquillo, sono forte. Ce la farò.» Poco ci mancò che il mutaforma si mettesse a piangere. Con riluttanza la lasciò andare. Emozionata, Raven si diresse verso il sentiero, con il talismano in una mano e il manico del trolley nell’altra.
«Ragazza, fermati!»
Il richiamo del Maestro la fece fermare e voltare nella sua direzione: «Che succede?» chiese, preoccupata.
«La valigia puoi lasciarla qui. Farò in modo che uno dei miei aiutanti la porti dove ti sistemerai per la notte» rispose la vecchina. La ragazza obbedì, poi partì definitivamente, con un ultimo cenno di saluto ai suoi amici.
 
Quando scomparve alla vista, la vecchia signora chiamò Cyborg: «Tu, baldo giovanotto, affronterai il sentiero della terra. Questo è il tuo talismano: per evocare la forza del tuo elemento, dovrai ricorrere alla parola . Tutto chiaro?» Il ragazzo annuì, prendendo il pezzo di roccia che gli veniva porto. Aveva un bel colore e recava inciso l’ideogramma 土. Salutò a gran voce i suoi amici, abbandonò la sacca da palestra accanto al trolley blu di Raven e si avviò verso il suo destino.
La vecchina lo guardò allontanarsi: «Non è ancora a conoscenza del suo potere, ma lo scoprirà presto» mormorò, prima di rivolgersi a Robin: «Tu, mio allievo, seguirai il sentiero centrale, quello dell’oro. Questo sarà il tuo amuleto. Sono certa che te la caverai.»
Dal sacchetto estrasse una piccola pepita d’oro che luccicò, illuminata da un intrepido raggio di sole che aveva sfidato la coltre di nubi che copriva la radura. Come sugli altri talismani, vi era inciso un ideogramma: 金, ossiajīn, oro. Anche il ragazzo-meraviglia venne istruito sulla parola cinese da pronunciare in caso di emergenza, poi, con un saluto ai suoi amici, si avviò anche lui lungo il sentiero.
Erano rimasti in due. Beast Boy deglutì rumorosamente, sperando di non essere l’ultimo e di non dover restare solo nemmeno per un secondo con la vecchia. Non l’avrebbe mai ammesso davanti agli altri, ma quella donnina lo inquietava abbastanza, per non dire che gli faceva quasi paura.
Si rivolse a qualsiasi entità esistesse sopra di lui: “Tipregotipregotiprego, fa che non sia io l’ultimo! Giuro che se non sarò l’ultimo… Rinuncerò alla playstation per… Per una… Ok, per due settimane. E non prenderò più in giro Cyborg. Almeno per cinque minuti. E….”
Ma le sue (discutibilissime) preghiere vennero interrotte dalla voce del Vero Maestro: «Tocca a te ragazza.» Il mutaforma crollò a terra dalla delusione e pensò che non avrebbe mantenuto nemmeno mezza delle promesse che la situazione l’aveva costretto a fare. E soprattutto maledisse qualsiasi entità in cielo.
Intanto che lui si disperava, la signora aveva dato le indicazioni necessarie all’aliena, consegnandole anche il suo talismano, una lucidissima pietra nera di origine vulcanica, sulla quale era inciso l’ideogramma di fuoco: 火. «Hai capito bene? In caso di emergenza, pronuncia ad alta voce e con molta concentrazione la parola huŏ. Stai molto attenta a non sbagliare, non vorrei che capitasse qualcosa di brutto» si raccomandò l’anziana, prima di lasciar andare la ragazza. Evidentemente anche lei, a pelle, si era accorta che Starfire era piuttosto distratta e confusionaria. L’aliena, entusiasta, salutò B.B. e si avviò lungo il sentiero, con la pietra stretta in mano.
 
«Sei rimasto solo tu.»
Quella frase sembrò a Beast Boy una condanna a morte. Stava per inginocchiarsi a chiedere perdono, quando vide che la signora non sembrava avere cattive intenzioni. Anzi, stava sorridendogli e gli porgeva un oggetto di legno rotondo, che sembrava ricavato da un ramo tagliato. Su di esso era inciso un altro ideogramma: 木, legno. Con mano tremante lo prese e la donna gli disse: «Non aver paura. Tu sei vicino alla natura e sei vivo, proprio come il legno. Per questo ti è stato assegnato questo elemento. In caso di pericolo, evoca il suo spirito usando la parola . Sono sicura che te la caverai: tu sei mosso da sentimenti profondi, soprattutto dall’amore.» Il ragazzo arrossì e la vecchina scoppiò in una risata chioccia. «Non ti biasimo, la ragazza è davvero bella. E anche lei possiede delle capacità molto sviluppate. Credo che tu abbia fatto un’ottima scelta. Anche se vedo che tutto questo ha portato molto disordine nello spirito del mio giovane allievo.» Ohccavolo. Come poteva parlare con una nonnina, che comunque sembrava sapere già tutto, di quello che era successo con Robin? Non poteva! E poi come poteva parlarle dell’amore che provava per Raven? Insomma, quella donna sembrava avere…
«Ti sbagli, figliolo. Non sono così giovane, anche se ti ringrazio.» Il mutaforma sobbalzò: quella donna gli aveva… «Sì, caro, riesco a leggere nel pensiero. Anche se mi costa molta fatica. Quindi ti pregherei di avviarti lungo la tua strada, di modo che io possa riposarmi. Buon cammino» lo congedò la vecchina, sorridendo. Profondamente turbato, il ragazzo si avviò lungo la strada, tenendo in mano il pezzo di legno ed esaminandolo alla ricerca di qualcosa che ne tradisse la natura incantata. Niente di niente. Pensò di buttarlo appena fuori vista, ma la voce del Maestro lo raggiunse: «Non pensarci nemmeno, giovanotto.» Spaventato, accelerò il passo, lasciando la vecchina a ridacchiare con il bastone in mano.
Quando anche lui si fu allontanato, la donnina batté le mani e richiamò a sé cinque animali: un orso, una scimmia, un enorme serpente, una tigre e un’aquila comparvero davanti a lei.
«Seguite le tracce dei cinque ragazzi e portate con voi questi bagagli. Inoltre, scatenate lungo il cammino i vostri seguaci» ordinò con voce carica di potere. I cinque animali si inchinarono e in un batter d’occhio obbedirono ai suoi ordini.
«E ora torniamo al mio bell’orticello!» ridacchiò soddisfatta, una volta rimasta sola, avviandosi verso lo spiazzo in terra battuta dove si trovava il suddetto campo.
 
«E questa secondo Robin sarebbe una vacanza??» esclamò Cyborg, guardandosi intorno: era circondato da serpenti sibilanti e non aveva praticamente armi per sconfiggerli. Con suo grande disappunto aveva infatti scoperto che i suoi congegni non funzionavano, a causa di una qualche interferenza sconosciuta. Se non fosse stato un uomo di scienza avrebbe detto che era certamente colpa degli alieni. Per fortuna lo era. Ma in quel momento compiangere i suoi delicatissimi strumenti non sarebbe servito a scacciare quell’ammasso squamoso che si muoveva davanti ai suoi occhi. Imprecò violentemente, tanto nessuno poteva sentirlo. Si guardò ancora intorno alla ricerca di qualcosa che potesse essergli d’aiuto: «Dannazione! Se ne esco vivo giuro che lo uccido, quel ragazzo! Vacanza! Ma che idee bacate ha? Poveretto, fare il leader l’ha proprio sconvolto! Porca miseria, che accidenti faccio, ora? E sto pure parlando da solo! Sto impazzendo!»
«Ssssssssembrerebbe proprio di sssssssì» gli rispose una voce fredda e sibilante.
Strabuzzando gli occhi si voltò e vide un serpente enorme. Che parlava. Con lui. Okay, era decisamente impazzito.
«Ch-che cosa sei?» domandò, vacillando sul pronome. Era meglio chiedere “chi sei”? Oh, per il diavolo, ormai era andata.
«Ssssono il guardiano del tempio della terra, il grande ssssserpente Hebi**** e sono stato incaricato dal Maestro di mostrarti la via.»
«E allora mostramela, che aspetti? Che questi serpenti mi aggrediscano? Digli di andarsene, no?»
«Ahahahahah! Pensssssi davvero che ssssssia cossssssì facile? Quesssssti sssserpenti sssssono ai miei ordini. Per poter giungere alla prima tappa del tuo ssssssentiero devi sssssssconfiggerli» lo informò il serpente, ridacchiando. Per quanto sia possibile che un serpente ridacchi, ovviamente.
Il cyborg lo guardò quasi a chiedergli se stesse scherzando. Poi decise che non era affatto da lui arrendersi: lui sarebbe andato fino in fondo, superando anche i suoi limiti, se necessario. D’altronde aveva già dimostrato una volta che poteva farlo senza problemi. Lanciò un urlo belluino e si scagliò contro i serpenti. Gli animali si rivelarono però piuttosto resistenti e in breve il ragazzo esaurì le forze. Stava per arrendersi, quando si ricordò del talismano che gli era stato affidato. Con enorme sforzo lo tirò fuori dalla tasca e pronunciò la strana parola cinese che aveva appreso dalla nonnina.
Come per magia, sentì una forza immensa scorrergli nelle vene. Guidato da uno spirito antichissimo, posò le mani a terra e sprigionò la stessa forza nel terreno: esso si spaccò a metà e tutti i serpenti ci caddero dentro. Il ragazzo guardò lo squarcio  sorpreso, poi si rese conto che accanto a lui c’era qualcosa. O qualcuno? Alzò gli occhi e vide una strana creatura, che sembrava composta dello stesso terreno attorno a lui, che levitava davanti ai suoi occhi. La creatura mosse una mano nella sua direzione, ma scomparve prima di poter fare altro.
«Molto bene. Hai ssssssuperato la prima prova» lo raggiunse la voce del serpente, attutita, come in sogno.
«Cosa?» si riscosse il ragazzo, distogliendo lo sguardo dal punto in cui poco prima aveva visto quell’essere.
«Hai ssssssuperato la prima prova. Puoi proseguire» ripeté il serpente, pensando che doveva avere seri problemi di comprendonio.
«Oh. Grazie» rispose Cyborg, avviandosi confuso lungo il sentiero, voltandosi continuamente verso il punto in cui i poteri della terra avevano spaccato il terreno e lo spirito elementale si era rivelato. Poco distante vide una specie di capanna, quello doveva il posto in cui passare la notte. La vecchia aveva detto la verità, a quanto pareva. La raggiunse in fretta, soprattutto per mettere la maggiore distanza tra sé e il serpentone ed entrò chiudendosi la porta alle spalle. Non che avesse paura, figuriamoci! Lui, avere paura?, ma si sentiva meglio lontano da qualsiasi cosa strisciante e squamosa. Una volta certo di essere al sicuro tirò un sospiro di sollievo e si guardò intorno: la capanna era attrezzata di cucinino e di una branda. Dietro una porta si nascondeva un minuscolo water corredato da un altrettanto minuscolo lavandino. «Possibile che non ci sia una doccia?» domandò esasperato.
«Certo che c’è, giovanotto. Dove credi di essere? La troverai dietro all’altra porta, zuccone!» gli rispose la voce della vecchina. Il ragazzo sobbalzò dalla paura e si voltò: c’era solo uno specchio appeso alla parete spoglia. Eppure avrebbe giurato di aver sentito la voce della nonnina.
«Certo che l’hai sentita! Questo specchio mi permette di comunicare con chiunque possieda un talismano» riprese la voce, che proveniva effettivamente dallo specchio. Eppure, per quanto guardasse, non vedeva altro che il suo riflesso. La sua mente razionale non poteva accettare una cosa del genere. Già doveva rielaborare quello che gli era appena accaduto fuori…
«Intendi scervellarti tutto il tempo? Robin mi aveva detto che sareste stati in grado di affrontare le prove senza problemi, ma ti vedo scettico. Spero che supererai questa ristrettezza mentale prima della fine» commentò la voce, sparendo poi del tutto. Stupito, si avvicinò ancora di più allo specchio, come ad esaminarlo. Non fece in tempo a muovere un muscolo che la voce risuonò ancora: «E piantala! Non hai altro da fare che specchiarti? Vanitoso!»
Saltò all’indietro spaventato, ma non osò avvicinarsi di nuovo allo specchio. Si dedicò invece alla ricerca della doccia, che era dove indicato dalla voce e delle sue cose, che trovò sul tavolo microscopico che completava l’arredamento. Nessun segno di oggetti più evoluti di un cucchiaino, esclusi i fornelli. Fantastico. Recuperò la borsa da ginnastica e ne estrasse i mille aggeggi necessari al rifornimento delle batterie. Si lanciò in un eroico tentativo di ricerca di una presa elettrica, tentativo che si concluse con il vittorioso ritrovamento di una scassatissima presa nel muro, nascosta dietro la branda. “Poteva andare peggio” pensò, prima di liberarsi degli abiti luridi e sudati e di buttarsi sotto il getto gelido dell’acqua. Represse un urlo e una maledizione ad indirizzo del Vero Maestro.
 
Nella sua casa, il Vero Maestro ridacchiò divertito e disse: «Questo ragazzo è proprio divertente.»
 
Nello stesso istante, Raven sentì la sua ricetrasmettente vibrarle in tasca. La estrasse con cautela e l’aprì, sorpresa che funzionasse. Si era aspettata che la vecchina mettesse fuori uso ogni forma di comunicazione tra loro. In fondo dovevano trovare la loro forza interiore legata ad un elemento naturale, serviva concentrazione.
«Ehi, Rae!» la salutò la voce allegra di Beast Boy.
«B.B.?» domandò incredula.
«Proprio io! Come stai?» le rispose il ragazzo, cercando di capire se fosse ferita o meno.
«Direi benone. Non mi è accaduto niente e sono riuscita a superare tre prove.»
«Tre prove?? Stai scherzando??»
«No, perché?»
«Perché io ho fatto una fatica bestia a superarne una, ho dovuto ricorrere al potere del talismano; e anche Cyborg, che ho appena sentito, ha dovuto evocare l’elemento.»
«E di Starfire e Robin non hai notizie? E a proposito, come mai funzionano i nostri trasmettitori?»
«Star aveva appena superato la sua seconda prova ed era esausta, ma non mi ha detto se ha dovuto usare il talismano. Robin non l’ho ancora sentito. Non ho la più pallida idea del perché funzionino, ma non mi sembra una brutta cosa. Almeno così potrò vederti di tanto in tanto. Mi manchi!»
«B.B., siamo stati lontani un pomeriggio scarso» gli fece notare la ragazza, pur essendo colpita dai sentimenti del suo ragazzo.
«Anche troppo, per me. Inoltre sapendo che ci sono tutti questi pericoli…»
«Tranquillo, non ti devi preoccupare. Sono forte e so resistere a tutto. Ce la faremo tutti quanti» lo rassicurò lei.
«Non è che non abbia fiducia in te… Ma non mi sento sicuro a saperti da sola contro chissà cosa.»
«Eddai, stai tranquillo. Andrà tutto benone, okay?»
«Mmm… Speriamo… Ora vado a lavarmi, ho dovuto lottare contro di tutto e di più, davvero! E poi ho avvertito una presenza attorno a me, anche se appena mi voltavo era sparita. Stai attenta, mi raccomando!»
«Non ti preoccupare. Stai attento anche tu» gli raccomandò, in uno slancio di tenerezza.
«Ti amo!» le urlò lui, mandandole un bacio.
«Anche io…» rispose lei sottovoce, arrossendo. Poi chiuse la comunicazione. Rimase a guardare l’aggeggio elettronico che aveva in mano. «Anche io» ripeté sommessamente, prima di rimettersi in cammino.
Non aveva fatto neanche due passi che la ricetrasmittente vibrò di nuovo: l’aprì e vide il volto sorridente di Robin.
«Ehi, Rae, come te la passi?» le domandò entusiasta il leader.
«Bene, direi. Anche se questo non è il mio ideale di vacanza» rispose lei, sorridendo a sua volta.
«Mi sembrava che ci fossimo impigriti…» si giustificò lui, continuando: «Comunque sono sicuro che questa settimana ci gioverà. Allenarci con il Vero Maestro ci aiuterà tantissimo nei combattimenti futuri e anche padroneggiare gli elementi ci servirà.»
«Non hai bisogno di giustificarti, tranquillo. Era un’osservazione. Comunque non mi dispiace questo posto e il Maestro sembra davvero in gamba. Non vedo l’ora di raggiungere il tempio. Cosa credi che accadrà una volta là?»
«Non so, posso solo immaginarlo. L’altra volta che ho raggiunto il tempio, ho trovato il Maestro che mi ha allenato nelle arti marziali. Stavolta potrebbe aver mandato dei sottoposti per allenarci o metterci alla prova. Non saprei. A che punto sei?»
«Ho superato tre prove.»
«Wow, congratulazioni!» la lodò il ragazzo dai capelli neri, sorridendo entusiasta.
«E tu? Non sei ancora al tempio?» domandò lei, ironica.
«Ahahaha… Non ancora. Ma ho superato un po’ di prove. Anche se sono partito avvantaggiato, con quello che ho imparato venendo qui.»
«Modesto, mi dicono. Comunque sarà meglio che vada, ho sentito dei passi. E anche B.B. mi ha detto una cosa simile. Cosa credi che potrebbe essere?»
«Probabilmente sono i sottoposti del Maestro che ci seguono. Mi raccomando, fai…»
«Non dirmi di fare attenzione! Se me lo dici, giuro che la prima volta che ti rivedo ti mordo.»
«Okay, okay, non lo dico. Ci rivediamo tra sei giorni, Rae! Ti voglio bene!» replicò in fretta il ragazzo, facendo velocemente marcia indietro: raramente le minacce di Raven restavano tali.
«Anche io» gli rispose lei, chiudendo in fretta la comunicazione. Stava riponendo in tasca il trasmettitore, quando sentì dei passi pesanti dietro di sé. Richiamò quanta più energia poteva nelle mani e si voltò per fronteggiare il nemico. Che si rivelò essere un orso alto più di tre metri.
«Oddio» mormorò. L’orso fece un altro passo verso di lei, poi spalancò le fauci. Raven stava per colpirlo con le sue scariche micidiali, quando udì una voce cupa e cavernosa: «Complimenti, ragazza. Sei arrivata fin qui senza l’aiuto del talismano. Sei potente. Ma lo sarai abbastanza per proseguire lungo il cammino?»
«Tu chi sei?» rispose lei, senza abbassare la guardia.
«Sono il guardiano del tempio. È mio compito osservarti e giudicarti.»
«Il guardiano del tempio? Allora anche gli altri sono seguiti dai guardiani.»
«Sei intelligente.»
«Dunque siete voi i sottoposti del Maestro di cui parlava Robin.»
«Robin? Ah, il mocciosetto che è venuto qui l’altra volta. Non è male, anche se ha ancora parecchio da imparare, prima di arrivare al livello del Maestro.»
«Cosa ci fai qui, comunque? Sei venuto ad insultare i miei amici, a presentarti per bere qualcosa in compagnia o cos’altro?» domandò innervosita la ragazza.
«Frena i bollenti spiriti, ragazza» ridacchiò l’enorme animale. «Volevo semplicemente renderti noto che non sei sola in questo sentiero e che molto presto mi dovrai affrontare. Fossi in te mi riposerei per la notte. La tua capanna non è distante. Ci rivedremo.» Detto questo, sparì.
Raven fissò il vuoto, prima di abbassare finalmente le mani e lasciar scorrere libera l’energia che vi aveva incanalato. Non riusciva a credere a quello che aveva appena visto. Cose dell’altro mondo. Anche se era abituata a cose strane, quell’orso era quanto di più strano vi era al mondo. Scosse la testa e si diresse verso la capanna, che effettivamente era in vista.
 
«Uhuhuh, ben fatto, Xióng*****. E ben fatto anche alla ragazza. Credo che sarà una settimana davvero interessante… Uhuhuhuh!» ridacchiò il Maestro, nella sua abitazione.
 
 
 
 
 
 
«Sono esausta!» esclamò Starfire, lasciandosi cadere sui gradini del tempio, che era riuscita a raggiungere in poco meno di tre giorni. Era soddisfatta del suo risultato, ma era praticamente a pezzi. Aveva appena sentito gli altri: Raven e Robin erano già in vista del tempio, Beast Boy aveva superato l’ultima prova (almeno così gli era stato detto da una strana scimmia) e anche Cyborg si stava avvicinando al traguardo. Tutti quanti sembravano piuttosto provati: le prove escogitate dal Maestro erano piuttosto difficili, dovette ammetterlo. Ma solo una volta aveva dovuto ricorrere al potere del talismano e in quell’occasione aveva avuto una visione di un essere di fiamme che le stava accanto. Secondo quanto diceva Robin, quello poteva essere il suo spirito elementale. Stava per chiudere gli occhi e addormentarsi quando i suoi sensi ipersviluppati l’avvertirono che c’era qualcuno (o qualcosa, non si poteva mai sapere) in avvicinamento.
Scattò in piedi, giusto in tempo per vedere arrivare un’enorme aquila.
L’animale atterrò sotto l’ingresso del tempio, contrassegnato dall’ideogramma del fuoco. Poi aprì il becco e parlò: «E così sei arrivata, finalmente. Benvenuta. Per poter accedere alla prossima fase dell’allenamento, dovrai battermi in combattimento. Ti senti pronta per questa prova?»
Malgrado la stanchezza, la ragazza aliena rispose: «Prontissima!»
«Allora cominciamo!» esclamò l’aquila, alzandosi in volo.
«Pensi di potermi battere volando? Mi spiace deluderti, ma anche io sono piuttosto brava in questo!» mormorò la ragazza, seguendo l’animale in cielo e cominciando a scagliare i suoi dardi verdi di plasma. Dardi che sembrarono non sortire alcun effetto sull’uccello, che schivava elegantemente i colpi.
«Dovrai fare molto di più per battermi, ragazzina» la provocò. In tutta risposta, Starfire lanciò una scarica paurosa di colpi verso l’animale, che ne uscì indenne. «Questi tre giorni allora non ti sono serviti a niente, vedo…»
In quel momento, la ragazza sentì un’energia potentissima provenire dalla tasca in cui aveva riposto il talismano. Il pezzo di pietra scottava parecchio, ma lei lo estrasse senza problemi dalla tasca e lo portò davanti a sé. Riusciva a sentire la potenza del fuoco scorrere in lei, darle la forza necessaria. Allora pronunciò nuovamente il nome dell’elemento in cinese. Dalla pietra si sprigionò un enorme fuoco che avvolse l’aliena, senza però bruciarla o ferirla in alcun modo. Nello stesso momento Starfire vide la creatura di fuoco della volta precedente andare verso di lei e raggiungerla. Vedeva tutto sfocato, ma non riusciva a capire il perché. Le prese le mani: la guardò negli occhi e semplicemente con la forza della mente le parlò.
“Io sono lo spirito del fuoco. Erano secoli che attendevo qualcuno come te. Tu sei forte, sei potente e hai dentro di te il calore e la passione. Tu sei degna di ricevere il mio potere.”
Starfire cercò di parlare, ma riuscì soltanto ad aprire e chiudere la bocca, come un pesce fuor d’acqua.
“Non avere paura di accogliermi in te, ragazza. Io e te da adesso saremo una cosa sola” la rassicurò lo spirito, prima di abbracciarla. L’aliena sentì la forza del fuoco scorrerle nelle vene, ad aumentare la sua forza. Dopodiché la vista si schiarì e si ritrovò di nuovo davanti all’aquila, che sembrava sorridere. Anche se non era facile interpretare l’espressione facciale di un uccello.
Conscia della sua nuova forza, Starfire scagliò una serie di palle di fuoco contro l’animale, che non poté fare nulla per schivarle. Colpito, l’uccello cadde a terra e l’aliena lo raggiunse. Attingendo nuovamente all’energia del fuoco, creò una sorta di gabbia intorno all’animale, che cercava di rialzarsi in volo. La ragazza stava per dare il colpo di grazia, quando all’improvviso comparve il Maestro.
«Basta così, ragazza. Sei stata molto brava. Hai superato la prova finale. Robin aveva ragione, riguardo le vostre abilità» esordì con voce carica di autorità. Poi il volto le si aprì in un sorriso: «Washi******, ti presento la tua nuova allieva. Da oggi fino allo scadere della settimana la allenerai nelle arti marziali ma anche nelle arti elementali. La affido a te.»
Queste parole erano rivolte all’aquila, che, tiratasi in piedi, accennò un inchino. Poi accadde qualcosa di straordinario: l’animale cominciò a mutare. Le piume e le penne rientrarono nel corpo, che assunse una forma umanoide. Il becco diventò un naso e gli occhi si spostarono fino a trovarsi uno accanto all’altro e non opposti. L’aquila era diventata una donna dall’aspetto esotico, fasciata da un kimono bianco stretto in vita da una cintura nera.
«Non vi deluderò, Maestro» disse con deferenza, inchinandosi profondamente. La vecchina sorrise, batté le mani e la gabbia scomparve. Dopodiché, con un cenno che poteva essere di saluto, scomparve anche l’anziana, lasciando Starfire e Washi a squadrarsi.
«Molto piacere di conoscerti! Il mio nome è Starfire e farò di tutto per essere all’altezza dei compiti che mi assegnerai!» esordì la ragazza, contenta di aver superato la prova.
«Il piacere è mio. Per oggi ti sei guadagnata del tempo per riposare. Domani cominceremo il tuo addestramento. Puoi ritirarti. Verrò a chiamarti per cena» rispose pacatamente la donna, scuotendo la testa e la chioma scura che richiamava il colore delle penne dell’aquila. Detto questo si avviò verso l’interno del tempio, lasciando lì Starfire, che si affrettò ad entrare anche lei.
 
«Ce l’hai fatta anche tu, Raven??» esclamò contenta Starfire, guardando il volto impassibile dell’amica nel minuscolo schermo del trasmettitore.
«Già. Ho evocato lo spirito dell’acqua che si è unito con me e mi ha permesso di mettere in ginocchio il mio avversario. Poi è comparso il Maestro» Raven si riferiva alla vecchina con una deferenza seconda solo a quella di Robin «che ha detto che avevo superato la prova e che da oggi fino alla fine della settimana Xióng sarà il mio maestro.»
«Wow, quindi tu hai un maestro maschio! E com’è?»
«Normale. Tranne per il fatto che è alto due metri e che ha un senso dell’umorismo piuttosto scarso.»
«Tutto qui? Che vuol dire normale? Di che colore ha gli occhi? E i capelli? E la voce com’è?»
«Starfire, ti posso ricordare che sono fidanzata?»
«Il tuo cuore sarà anche occupato, ma non farmi credere che gli occhi non ti funzionino!»
«Ooooh, d’accordo. Ha gli occhi castani e i capelli neri. E sembra un armadio a sei ante. E ha una voce cavernosa da orso. Contenta?»
«Molto. Spero di riuscire a vederlo. Sembra carino.»
«Certo, Star, certo…»
«Comunque questa vacanza mi piace, nonostante la fatica che abbiamo fatto per arrivare fino a qui. Non credi?»
«Mmm… Non c’è male, dai. Sto scoprendo un sacco di cose su me stessa.» Ci fu un momento di pausa. «Scusa, devo andare. Xióng dice che devo meditare prima di cena. Ci sentiamo.»
«Ciao, Rae!» esclamò Starfire, chiudendo la ricetrasmittente per qualche istante. La riaprì poco dopo, sentendo il suono di una chiamata: era Cyborg.
«Cyborg! Come è andata?»
«Sono sfinito! Quel maledetto serpente mi ha fatto quasi morire! Meno male che c’era lo spirito elementale a darmi man forte, altrimenti sarei ancora dietro a combattere. Quanto non lo sopporto! E devo pure allenarmi con lui fino alla fine della settimana. Robin mi sentirà!» si sfogò l’amico.
«Mi spiace. La mia maestra sembra grandiosa, anche se è un po’, come dire, scostante.»
«Anche tu una donna? Anche Beast Boy, l’ho appena sentito. Spero per lui che non l’abbia detto a Raven, se no la maestra finisce male…» ridacchiò il mezzo-robot.
«Credo che sarà il maestro di Raven a finire male, invece. Lo sai, Rae si controlla perfettamente, quando è gelosa.»
«Cosa cosa? Il maestro di Rae è un uomo? Uhuhuhuh, aspetta che lo sappia B.B.!»
«Cyborg! Non vorrai dirglielo!»
«Credo proprio che lo farò, invece! Uhuhuhuh!» e con una risata malefica il ragazzo chiuse la comunicazione. Starfire sospirò, poi si rilassò sul materasso che le era stato messo a disposizione. Stava per assopirsi, quando sentì la voce della sua maestra chiamarla: la cena era servita. Affamata, si alzò e corse di sotto, dove trovò la donna ad accoglierla con una ciotola di zuppa e un kimono bianco ripiegato, simile a quello che indossava lei.
«Questa sarà la tua divisa per i giorni a venire, dovrai lavarla ogni sera. Non tollererò disordine e sporcizia, chiaro?» disse in tono autoritario, porgendole l’indumento. Spaventata da tale severità, Starfire annuì, prendendo l’indumento e ringraziando con un fil di voce. Con sua grande sorpresa, la maestra sorrise e disse: «Buon appetito.»
“Oddio, questa è bipolare…” pensò l’aliena, sorridendo a sua volta, anche se con un po’ di incertezza, avvicinandosi al tavolo e iniziando a mangiare.
 
«Cosa pensavi di aspettare a dirmi che hai un maestro maschio?» domandò irritato Beast Boy, attraverso il trasmettitore. Con la mano libera gesticolava, sferrando pugni ad un nemico immaginario.
«Pensavo non fosse importante. E vogliamo parlare del tuo maestro?» replicò Raven, fredda. Se c’era una cosa che odiava erano le scenate di gelosia di B.B., completamente inutili.
«Ma è importantissimo! Devo ricordarti cos’è successo a Detroit? O alle Hawaii? Non posso lasciarti sola quattro giorni con un uomo! E comunque non crederai davvero che io possa guardare altre donne oltre a te, spero!»
«Senti, io non ho nessuna intenzione di subire questo interrogatorio. Se hai intenzione di proseguire su questa linea, vai. Io spengo la comunicazione.»
«No, ti prego, Rae! Cerca di capire, sono preoccupato per te!»
«Questo lo capisco, ma puoi stare tranquillo. Quando mai ti ho tradito? Eppure ne ho avuta l’occasione, mi pare!»
«Mi avresti tradito con Robin?» domandò inorridito il mutaforma.
«Forse una volta sì, ma adesso di sicuro no. Non riesci a capire i miei sentimenti per te? Eppure mi sembrano così chiari! Davvero non riesci a capire che ti amo e che sei l’unica persona che conta davvero per me? Perché in tal caso possiamo anche chiudere qui la storia.»
«No, ehi, Rae, calmati. Aspetta. Non intendevo dire questo. Davvero, non volevo offenderti e nemmeno mettere in dubbio i tuoi sentimenti. È che non mi sento sicuro, sapendo quanti ragazzi migliori di me ci sono in giro. Insomma, potresti avere Robin, potresti avere Aqualad, potresti avere Speedy…»
«Potrei. Ma non voglio. Credo tu debba capire questo, Beast Boy.»
«E io credo di averlo capito.»
«Non sembrerebbe, dalle scenate che stai facendo.»
«Hai ragione, mi sto comportando da stupido. Ma quando si tratta di te perdo la testa. Non posso farci niente. Mi perdoni?» chiese con un profondo tono di umiltà che non sfuggì alla ragazza.
«Se mi prometti che la smetterai» gli rispose lei, con un tono meno duro.
«Lo giuro! Ti amo, Rae.»
«Ti amo anche io, B.B..»
«Buonanotte, allora.»
«Buonanotte.»
«Aspetta, hai chiuso la porta? Non vorrei che magari il tuo maestro entrasse di soppiatto…»
«Beast Boy…»
«Okay, okay, come non detto. Buonanotte!»
«Buonanotte» rispose lei, chiudendo la comunicazione e tirando un profondo respiro. Certe volte ci voleva una pazienza con quel ragazzo… Che poi veniva a farle delle scenate di gelosia pazzesche per cosa? Per nulla! Come se lei avesse mai potuto tradirlo! Al massimo era lei che non doveva fidarsi della sua maestra, quella Hóu*******! Si sapeva che le scimmie erano subdole e pronte all’inganno. Ed era pronta a scommettere che quella tipa avrebbe messo gli occhi sul suo ragazzo. Una lampadina accanto a lei esplose.
Si disse di calmarsi e di controllare le sue emozioni: per farlo, immaginò lo sciabordio delle onde, il rumore ritmico dell’acqua sull’acqua…
Il momento di pace interiore venne interrotto dalla vibrazione della ricetrasmittente: la ragazza fece un salto sul letto dallo spavento (anzi, dalla sorpresa. Lei non aveva paura!), poi rispose.
«Robin!»
«Ehi, Rae! Ti trovi bene al tempio?»
«Sì, ci sono tutte le comodità necessarie e il maestro sembra una brava persona. Un po’ allergico all’ironia, magari, ma una brava persona.»
«Oh, sì, il buon vecchio Xióng fa abbastanza il sostenuto. Tranquilla, ti troverai benissimo con lui.»
«Speriamo. Tu, tutto bene?»
«Ottimamente. Ho incontrato la mia maestra, Hŭ********. Lei rappresenta lo spirito della tigre. È severa, ma sono certo che mi insegnerà nuove tecniche fantastiche.»
«Sono contenta per te. Anche se ti consiglio di stare attento, potrebbe invaghirsi di te.»
«Sono note di gelosia quelle che sento nella tua voce?»
«Assolutamente no!»
«Capito. Anche B.B. ha un maestro donna, giusto?» domandò divertito il ragazzo.
Raven arrossì violentemente: «Sì» ammise con un borbottio piuttosto seccato.
«Ahahah! Tranquilla, la sua maestra è Hóu, giusto? Non hai di che preoccuparti. Non gli farà niente.»
«Spero per lei. Se no il Vero Maestro si troverà con un sottoposto in meno.»
«Credo che B.B. pensi lo stesso del tuo maestro, o mi sbaglio?»
«Credo proprio di no. Mi ha appena fatto una scenata di gelosia pazzesca, dicendomi che potrei avere chiunque e invece ho scelto lui e che lui si fida di me e dei miei sentimenti, ma che non si fida degli altri…»
«E fammi indovinare? Tra quel “chiunque” ero compreso anche io?»
«Esatto. Gli ho spiegato che ormai per me c’è solo lui, proprio come l’ho spiegato a te. Scusami, lo so che fa male, ma purtroppo è così.» La maga aveva notato la smorfia sul viso di Robin mentre pronunciava quella frase.
«Non c’è problema. È la realtà e devo accettarla, no? Comunque non hai niente da temere da me, lo sai.»
«Certo che lo so! E lo sa anche B.B., solo che mi ha detto che quando si tratta di me perde la testa e non ragiona più. Inteso: non che di solito sia un genio dei ragionamenti, ma qualche neurone si collega.»
Robin ridacchiò: «Povero, non denigrarlo così. Comunque se può rassicurarti gli posso parlare di questa cosa. Inoltre non deve preoccuparsi, ci penserò io ad aiutarlo a proteggerti da certi loschi figuri.»
«Con “loschi figuri” chi intendi?»
«Bè, per esempio Aqualad. Una volta mi era quasi simpatico, ma adesso è evidente che sta facendo di tutto per strapparti dalle braccia di B.B.. Per non parlare di Speedy! Sai che siamo in rivalità!»
«Non sono una debole fanciulla indifesa, non cederò alle lusinghe di certa gente. Ti consola? Comunque mi faresti davvero un piacere a parlare con B.B.. Forse è la volta buona che capisce che non deve temere nessuno.»
«Sarà un piacere!» sorrise Robin.
I due passarono poi ad argomenti più leggeri, tipo gli allenamenti che avrebbero affrontato il giorno successivo o dei piccoli cambiamenti avvenuti a Jump City durante le loro vacanze… Finché Raven non si addormentò con il trasmettitore in mano. Robin guardò il viso delicato della ragazza, la pelle color porcellana che manteneva ancora qualche traccia dell’abbronzatura derivata dalla settimana passata sotto il sole hawaiano, le ciglia lunghe che le sfioravano le guance rosee, le palpebre delicate che nascondevano i suoi incredibili occhi viola, la ciocca di capelli scura che si muoveva davanti al suo naso e alla sua bocca, mossa dal respiro della maga addormentata, che passava attraverso le sue labbra socchiuse. Labbra che potevano fare male, ma che facevano anche del bene.
Stupendosi dei suoi stessi pensieri, così poco razionali e così lontani da quello che credeva essere il vero Robin, il ragazzo si riscosse, mormorò un dolce “Buonanotte”, pur sapendo che la ragazza non avrebbe sentito e concluse la comunicazione. Restò a guardare per un po’ il soffitto, pensando a tutto ciò che gli era accaduto da quando conosceva Raven. Perso nei ricordi si addormentò.
 
Il Vero Maestro, dalla sua stanza, sorrise alla visione dei corpi dei cinque ragazzi addormentati, riflessi nei cinque specchi magici. Quei ragazzi erano delle forze della natura: sarebbero diventati dei guerrieri provetti, ne era certa.
Con calma, si alzò e si diresse verso una stanza buia, in cui sparì.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*Riferimento all’episodio 2 della stagione 4, intitolato “Il sentiero e la montagna” (almeno credo, io l’ho visto in inglese e si intitolava “The quest” ^^) in cui Robin parte per cercare il Vero Maestro (l’ho tradotto paro paro dall’inglese, dove si chiama “the True Master”) di cui gli aveva parlato un delinquente. Mentre lui non c’è i suoi amici usano le sue divise di riserva.
**L’oro è uno dei cinque elementi fondamentali della vita, secondo le filosofie cinesi.
***Idem per il legno ^^
****Hebi in giapponese vuol dire proprio serpe.
*****Xióng in cinese vuol dire orso (ho una fantasia illimitata per i nomi u.u).
******Washi è il corrispettivo giapponese di aquila.
*******Esatto, Hóu vuol dire proprio scimmia, in cinese ^^
********E c.v.d. Hŭ in cinese vuol dire tigre.

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Capitolo 5
*** Raven: Praga ***


 RAVEN: PRAGA
 
«Più forte! Più forte!»
«Ci sto già mettendo tutta la mia forza, Robin! Non posso fare altro!»
«D’accordo. Pausa allora» cedette il ragazzo dai capelli neri, sedendosi a terra con la schiena contro il muro della sala degli allenamenti.
«Sia ringraziato il cielo!» esclamò Raven, sedendoglisi accanto e prendendo la bottiglietta dell’acqua.
«Sbaglio o durante le vacanze ti sei indebolita?»  le chiese scherzosamente, lanciando un’occhiata intorno: Beast Boy si stava allenando con il punching ball, anche se la riteneva una perdita di tempo; Starfire stava lanciando dardi a più non posso e Cyborg distruggeva blocchi di cemento spessi due metri con il suo laser. Loro due avevano appena finito di scambiarsi una serie di calci e affondi. Tutto sommato l’allenamento stava procedendo benone.
«Sbaglio o durante le vacanze sei diventato un tiranno?» replicò lei, altrettanto sarcastica.
«Può essere, non escluderei niente» ammise il leader, passandosi una mano tra i capelli.
«Secondo me è tutta colpa della tua vacanza. Che tutto era meno che una vacanza. Quel maledetto Xióng mi ha distrutta!»
«Non lo dire a me!» intervenne Beast Boy dalla sua postazione, da dove sentiva tutto.
«Però è stata una vacanza utile, no?» cercò di difendersi il ragazzo-meraviglia.
«Su questo posso darti ragione. È stato molto utile apprendere come controllare un elemento naturale e anche qualche nuova mossa di arti marziali» concesse la maga.
«Non che il mio elemento naturale sia poi così utile…» si lagnò B.B., lanciando un altro pugno contro il sacco.
«Come direbbe il Maestro, ti renderai conto della sua utilità. A parte che mi sembra che ti abbia preso molto in simpatia» buttò lì Robin con fare casuale.
«Cosa? Oh, bè, mi ha solo detto delle cose, niente di speciale» lo liquidò il mutaforma, con aria di disinteresse.
«Se non fossi esausto ti chiederei quali cose» ammise il ragazzo dai capelli neri.
«Io sono esausta ma lo faccio comunque: quali cose?» chiese Raven con curiosità, posando accanto a sé la bottiglietta quasi vuota. Con un sorrisetto, mosse un dito, pronunciò qualche parola in cinese e la bottiglia si riempì.
«Non te lo dico!» strillò B.B., arrossendo e voltando le spalle ai due amici.
«Dopo glielo chiederò di nuovo. Si sa, la curiosità è femmina» disse la maga, continuando a guardare il ragazzo verde.
«Naturalmente lo voglio sapere anche io. E credo che lo scopo di dominare gli elementi non fosse proprio quello di usarli per i nostri comodi, Rae» la rimproverò bonariamente Robin, che aveva notato la sua manovra con la bottiglia.
«L’ho usata per un fine superiore: devo aiutare il mio ragazzo assetato!» si giustificò lei, prendendo in mano il contenitore di plastica e alzandosi per raggiungere Beast Boy, che era caduto a terra boccheggiando, in maniera molto teatrale. Il ragazzo-meraviglia represse una risata.
«Oh, grazie, Rae» disse il mutaforma, quando la ragazza gli porse l’acqua. «Come farei senza di te?»
«Moriresti di sete» rispose lei, semplicemente, sedendosi accanto a lui.
Il ragazzo stava per dire qualcosa, ma la voce di Robin lo interruppe: «Bene, ragazzi, direi che per oggi basta! Andiamo a prepararci per la cena.»
Cyborg spense immediatamente il laser e anche Starfire atterrò con eleganza a terra. I Titans uscirono dalla sala allenamenti, chiacchierando tra loro e lasciando Raven e Beast Boy sul pavimento.
 
«Ci hanno lasciato qui.»
«Già. Vedo che il tuo intuito funziona.»
«Non c’è bisogno di essere sarcastici, sai?»
«Ero serissima.»
«Non ci credo neanche se mi preghi in aramaico.»
«Potrei provarci in azaratiano? Tanto non capiresti comunque.»
«Grazie, tesoro, meno male che ci sei tu!»
«Prego, caro. Quando vuoi.»
«Okay. Smettila. Sei inquietante quando fai così.»
«E tu no? Comunque… Di che cosa hai parlato con il Maestro?» cambiò discorso la maga, cercando di cavargli fuori la verità.
«Non te lo dico» rispose il ragazzo, arrossendo e distogliendo lo sguardo.
«Eddai… Cosa ti costa dirmelo? Ti prego?» gli domandò lei, percorrendo la lunghezza del suo braccio con due dita affusolate.
Beast Boy deglutì rumorosamente. Accidenti a Raven! Lo sapeva che non poteva resisterle quando faceva così!
«Per piacere?» domandò lei, continuando a muovere le dita seguendo le linee del suo corpo e arrivando fino alla mascella.
«Noooo…» mugolò lui, sapendo di star per cedere.
«Davvero davvero davvero?» chiese lei, facendo in modo di trovarglisi davanti e a una distanza quasi nulla.
La sua concentrazione stava per dargli il definitivo addio. «Non posso…» mormorò poco convinto.
«Sul serio?» fece lei, baciandolo delicatamente sulla mascella. Sentì il ragazzo deglutire e represse una risata: il suo piano stava funzionando alla grande. Passò a baciarlo sulla guancia. Poi si avvicinò sempre più alla bocca. Il ragazzo cominciò a tremare. Infine arrivò alle labbra e lo baciò intensamente, lasciandolo senza fiato. Durante quelle manovre, la ragazza era finita sopra il ragazzo, che si era accasciato contro il muro, impotente davanti a una tale forza di volontà. Sapeva che mancava pochissimo al cedimento totale. Perciò perché non fare le cose in grande stile? si chiese, decidendo di ribaltare la situazione.
Prese Raven tra le braccia e la fece sedere sulle sue gambe, cullandola come una bambina, accarezzandole i serici capelli scuri e ammirandone la bellezza.
«Allora, me lo dici?» chiese lei, con voce volutamente roca.
Per tutta risposta il ragazzo la baciò, avido di sentire il suo sapore. La ragazza rimase stupita dall’improvvisa foga, ma non poté fare a meno di congratularsi con se stessa per l’ottima riuscita del piano.
«D’accordo» cedette il mutaforma, una volta staccatisi.
Stava per raccontarle tutto quando la porta della sala si spalancò e la figura di Cyborg si stagliò sulla soglia: «Siete ancora qui? La cena è pronta! Ma cosa stavate facendo?» domandò con un sorrisetto malizioso.
«Nulla che possa interessarti, Cy» gli rispose Raven, alzandosi dalle gambe del suo ragazzo e raccogliendo la sua bottiglietta d’acqua. «Cosa c’è per cena?» gli chiese, passandogli accanto sorridendo.
«Insalata, hamburger e Star ha preparato qualcosa che dovrebbe essere un dolce ma che non mi fiderei troppo ad assaggiare» rispose il mezzo-robot, seguendola per le scale fino alla sala da pranzo.
Beast Boy si alzò con estrema calma da dove era seduto, quasi avesse paura di cancellare il ricordo di ciò che era appena successo. ‘Cidenti, quando si trattava di Raven non riusciva proprio a resistere, anche se pensava non avrebbe mai avuto il coraggio di dirle cosa gli aveva detto la nonnina cinese. E invece eccolo lì, pronto a spiattellarle tutto dopo nemmeno un minuto. Doveva migliorare la sua capacità di resistenza alle tentazioni, decise.
 
«Allora, Rae, non ci hai ancora detto dove ci porterai in vacanza, domani» disse ad un certo punto della cena Starfire, mentre mangiava il delizioso (a suo dire) budino che aveva cucinato appositamente per i suoi amici.
«È vero! Dove hai programmato di andare?» chiese a sua volta Robin, rinunciando ad assaggiare l’intruglio verde acido che aveva davanti.
«Oh. In Europa» rispose la ragazza, posando il bicchiere di tè freddo.
«In Europa? Wow! Non sono mai stato in Europa!» esclamò Cyborg, approfittandone per gettare via il budino di Starfire.
«E dove andremo esattamente?» chiese curioso B.B., tentando di capire almeno la composizione della pappa aliena nella sua ciotola.
«Pensavo a Praga, la città degli alchimisti» rispose Raven, guardando i suoi amici. «Ho sempre desiderato visitarla, da quando ho letto di questa creatura, il Golem, nei miei libri e ho pensato che questa fosse un’ottima occasione, non pensate anche voi?»
«Esattamente, che cos’è un golem?» chiese esitante Beast Boy.
«Tecnicamente è solo una leggenda, ma comunque si tratta di una creatura d’argilla creata da un rabbino nella città di Praga. Il suo nome era Jehuda Löw ben Bezalel e si dice che creò questa creatura plasmando l’argilla e donandole la vita scrivendo la parola “verità” in ebraico sulla sua fronte. Questo è un dettaglio molto importante, perché in ebraico “verità” si dice emet e si scrive così» scarabocchiò degli strani simboli su un foglietto che aveva trovato sul divano: אמת. «Il problema del Golem era che continuava a crescere a dismisura, fino ad arrivare ad un punto tale da essere inutilizzabile. A questo punto, allora, il rabbino mutava la parola “verità” sulla loro fronte con la parola “morte” che in ebraico è met, ossia…» e scrisse un’altra parola nello stesso alfabeto di prima, proprio sotto la parola emet: מת. «Come vedete, manca la prima lettera della parola “verità”.»
«No, aspetta. Manca l’ultima lettera» le fece notare Cyborg.
«No, in ebraico si legge da destra a sinistra…» cominciò Raven, ma venne interrotta da Beast Boy, che esclamò: «Come in Giappone, giusto?»
Molto elegantemente, la ragazza annuì e proseguì la sua storia come se niente fosse accaduto: «In questo modo il rabbino creava e distruggeva i Golem, non appena non rispondevano più alle sue necessità, perché scrivendo met sulla loro fronte, le creature tornavano ad essere argilla inanimata. Questi esseri venivano usati anche per proteggere le comunità ebraiche della città, da sempre perseguitate. Un giorno però il mago perse il controllo su uno di essi, che cominciò a distruggere la città stessa. Una volta riuscito a rimetterlo sotto il suo controllo, decise di non servirsene mai più e nascose i Golem restanti nella soffitta della sinagoga Staronová, ossia la sinagoga “vecchia e nuova”. La leggenda dice che si trovino ancora lì, in attesa.»
Un silenzio di tomba calò dopo la conclusione del racconto, poi Robin si schiarì nervosamente la gola e disse: «Ehm, sembra una bella storia. Inquietante, certo, ma…»
«Inquietante? Stanotte io non dormo, amico, ma hai idea?» esplose Beast Boy.
«Perché, di solito lo fai? Pensavo te la spassassi con…» cominciò Cyborg, ma venne interrotto dalla maga che gli rifilò una ginocchiata fenomenale, oltre che uno sguardo che avrebbe messo in fuga anche Attila.
«Stavi dicendo qualcosa?» gli chiese poi, con tutta la dolcezza possibile.
«No» mugolò il mezzo-robot, massaggiandosi il ginocchio.
«Come pensavo» ridacchiò la ragazza.
 
«Ehi, Rae.»
Raven si svegliò, sentendo qualcuno bisbigliare accanto a lei. Si guardò intorno disorientata, cercando di mettere a fuoco qualcosa in tutto quel buio. Improvvisamente la luce si accese, ferendole gli occhi. Li richiuse immediatamente, sprofondando nei cuscini.
«Che c’è B.B.?» chiese, continuando a tenere gli occhi chiusi.
«Ecco…» cominciò il ragazzo.
«Aspetta, prima spegni la luce. Mi dà fastidio.» Il ragazzo obbedì, facendo ripiombare l’intera stanza nell’oscurità.
«Ecco…» riprese il mutaforma, con una punta di imbarazzo nella voce.
«Che c’è?» chiese esasperata la maga, riemergendo dai cuscini.
«Posso dormire con te?» chiese lui tutto d’un fiato.
Adesso Raven era perfettamente sveglia. Guardò il mutante verde come se non l’avesse mai visto prima: «Scusa?» chiese con un filo di voce.
«Posso dormire qui con te? La tua stupida storia del golem mi ha spaventato a morte e non riesco a dormire. Perciò pensavo che magari, con te accanto…» si spiegò il ragazzo.
«Beast Boy, sono demone per metà. Sono l’ultima cosa rassicurante al mondo» ragionò la maga.
«Ma cosa c’entra? Tu sei anche la mia ragazza e basta questo per farmi sentire al sicuro!» urlò lui.
«Abbassa la voce» gli sussurrò lei, posandogli una mano delicata sulla bocca.
«Abbassare la voce non cambierà le cose, quindi… Posso dormire qui?» replicò lui, abbassando comunque il tono.
«E va bene…» cedette la ragazza, spostandosi sul letto per fargli posto. «Ma se provi a fare qualcosa ti ammazzo, chiaro?» lo avvisò, raggomitolandosi nel lenzuolo e dandogli le spalle.
«Trasparente. Prima posso fare una cosa?» chiese il ragazzo.
Aspettandosi che le chiedesse di andare al bagno, la ragazza si girò verso di lui dicendo: «Il bagno è…» ma le parole le morirono in gola perché Beast Boy le si era avvicinato e aveva approfittato della vicinanza per baciarla.
Quando si staccarono, la maga, un po’ a corto di fiato, sussurrò: «Buonanotte, B.B..»
«Buonanotte, Rae.»
I due si addormentarono abbracciati e così li trovò Cyborg il mattino dopo, quando, non vedendoli arrivare a colazione, andò a cercarli.
«E poi mi zittiscono quando dico la verità!» borbottò risentito, mentre entrava per svegliarli alla sua maniera. Ossia con un urlo che avrebbe fatto crollare l’intera T-Tower.
I due ragazzi si svegliarono di soprassalto, facendo delle facce davvero spettacolari. Quando videro l’artefice di tutto quanto, si alzarono dal letto per cercare di raggiungerlo. Il ragazzo, sghignazzando allegramente corse fuori dalla stanza, seguito a ruota da Beast Boy e da Raven, ancora in pigiama. Durante la loro folle corsa, i ragazzi si scontrarono con Robin, che stava appunto andando a cercarli per vedere che fine avesse fatto Cyborg. Finirono tutti quanti a terra, uno sopra l’altro, come pezzi di shanghai.
«Ragazzi, mi fareste la cortesia di aaaaaaaahlzarvi?» chiese Cyborg, sotto a tutti, gemendo di dolore quando il gomito di B.B. lo prese nelle reni.
«Robin, quella sarebbe la mia gamba!»
«Scusa, Rae, pensavo che fosse il braccio di Beast Boy!»
«Ragazzi!! Quella è la mia mano, mi serve!»
«E sappiamo anche per cosa, vero?»
«Cyborg, prega qualunque dio perché appena mi alzo ti uccido.»
«Amici? Tutto bene?» domandò in quella Starfire, arrivando da in fondo al corridoio.
«Tutto benissimo!» risposero in coro i quattro Titans, sgarbugliandosi da quel groviglio umano.
«Bene!» sorrise l’aliena, tornando con aria sollevata verso la sala centrale, dove venne raggiunta dagli altri.
Una volta terminata la colazione, i ragazzi si diressero verso le loro stanze per preparare le valigie, con eccitazione crescente: sarebbe stato il loro primo viaggio nel Vecchio Continente e non vedevano l’ora.
 
 
 
 
 
 
 
«Ooooh! È bellissimo!» esclamò Starfire, guardando l’orologio astronomico che sovrastava la piazza della Città Vecchia, o dell’Orologio, come era anche conosciuta.
«Hai ragione» ammise Cyborg, guardando le mosse delle figure meccaniche. Sembrava impossibile che fosse un meccanismo antichissimo.
«Devo ammettere che Praga è proprio una bella città» disse Robin, guardandosi intorno, sorridendo.
«E non avete visto il meglio. Seguitemi, vi porto al quartiere ebraico e alla Sinagoga Storonová» sorrise Raven, infilandosi gli occhiali da sole sul viso pallido, facendo cenno ai suoi amici di seguirla.
Beast Boy la tallonava, attento a salvaguardarla da sguardi non voluti.
«Credi che ci sia ancora il golem della leggenda?» domandò con un lieve tono di ansia.
«Credo proprio di no, anche se sarebbe piuttosto interessante incontrarlo, non credi?» domandò lei, voltandosi per guardarlo attraverso le lenti scure.
«Personalmente, credo di stare benissimo anche senza incontrarlo» rispose il ragazzo, piuttosto a disagio.
«B.B., hai combattuto contro ogni sorta di nemici, spiegami che paura potresti avere di un ammasso di argilla!» esclamò la ragazza esasperata, facendo ridacchiare i suoi amici.
«Sapevo contro cosa combattevo!» replicò il ragazzo, piccato. «E poi è un ammasso di argilla vivente ed enorme!» puntualizzò.
«In tal caso basterà cancellare la prima lettera che ha sulla fronte e tornerà ad essere argilla, va bene?» cercò di rassicurarlo la maga, prendendolo per mano e guidandolo verso il quartiere ebraico.
«Se lo dici tu…» borbottò lui, raddolcito dal contatto con la sua pelle liscia e fresca, posandole un bacio sui capelli.
«Raven, ci sono altre leggende in questa città?» domandò incuriosita Starfire, allineandosi ai due ragazzi e attirando l’attenzione della mezzo-demone.
«Oh, tantissime, è per questo che Praga viene chiamata la Città degli Alchimisti. Ed è per questo che sono qua. Prendi ad esempio la leggenda dei vodník: sono folletti che vivevano nel fiume Vlatva» cominciò a spiegare Raven, pronunciando le parole in ceco con un accento impeccabile «che cercavano di stabilire contatti con la popolazione. Non riuscendoci, annegavano le persone e le conservavano in pentoloni, sott’acqua.»
«Che allegria!» la interruppe Cyborg, rabbrividendo all’idea.
«La leggenda parla in particolare di uno di loro, che viveva a Na Frantisku, che, annoiandosi e trovando poco da fare, aveva creato una biblioteca sottomarina» continuò la maga, come se niente l’avesse interrotta.
«Scommetto che ti piacerebbe trovarla, vero, Rae?» le domandò Robin, sorridendo. Conosceva bene la maga e sapeva che non si sarebbe tirata indietro davanti a nulla per un libro.
«Ammetto che sarebbe interessante leggere qualcuno di quei libri» rispose la ragazza, con un cenno della testa.
«Fosse per te ti butteresti nel fiume anche in questo istante, per fortuna ci sono io a trattenerti» scherzò Beast Boy, rinsaldando la presa sulla sua mano.
«Non credere che basti così poco a fermarmi» lo minacciò lei, scherzosamente.
In breve arrivarono al quartiere ebraico. La prima cosa che notarono fu la presenza di moltissime sinagoghe, cosa piuttosto strana, anche se erano in un quartiere ebraico. Erano semplicemente troppe.
«In realtà attualmente solo tre sinagoghe vengono utilizzate» spiegò Raven, autoproclamatasi guida turistica del gruppo. «La Staronová, ossia la nostra sinagoga del golem; la Visoká, ossia la sinagoga “alta”; ed entrambe si trovano in questo quartiere; oltre alla sinagoga Jeruzalemská, cioè “di Gerusalemme”, che però si trova nel quartiere di Nové Mĕsto.»
«E quante altre ce ne sono, in questo quartiere?» si informò Robin, mentre entravano nella Staronová, con grande disappunto di Beast Boy, che avrebbe preferito di gran lunga stare quanto più possibile lontano dal golem, che esistesse o meno.
«Bè, fammici pensare… C’è la Španĕlská, ossia la sinagoga “spagnola”, la più recente; poi c’è la Pinkasova, che è diventata un monumento a tutti gli ebrei boemi e moravisterminati dai nazisti durante l’Olocausto; c’è la Maiselova, dal nome dell’uomo che la fece costruire; ci sono le sinagoghe Barocche, la Zigeuner e quella della Grande Corte. Alcune furono distrutte in un incendio nel ghetto nel 1689, ricostruite e poi di nuovo abbattute definitivamente tra il 1898 e il 1906. In compenso, nel 1694 venne costruita la sinagoga Klausová, cioè “piccola”, utilizzata principalmente per le funzioni funebri» snocciolò la ragazza sottovoce, mentre entravano nella sinagoga e si guardavano attorno nel silenzio rarefatto.
L’atmosfera era davvero inquietante, dovettero ammettere i Titans e si aspettavano che da un momento all’altro comparisse un golem o qualcosa del genere.
Per questo, quando un anziano comparve da dietro una colonna i ragazzi non ne furono molto colpiti. Poteva capitargli di peggio, conclusero.
L’uomo cominciò a parlare in una lingua incomprensibile, ma Raven gli si avvicinò e cominciò a parlargli nella stessa lingua.
«Non sapevo che Rae sapesse parlare anche il ceco» bisbigliò Robin, stupefatto.
«Non dirlo a me!» sussurrò di risposta B.B., mentre guardava a bocca aperta la sua ragazza discorrere con quel perfetto sconosciuto in una lingua perfettamente sconosciuta.
«Io lo sapevo» mormorò Starfire. «Un giorno che sono riuscita a farla parlare un po’ di sé, mi ha detto quante lingue sa parlare. Tra queste c’era anche il ceco.»
«Una vera miniera di tesori, quella ragazza» commentò Cyborg, guardandola parlare tranquillamente come se stesse parlando in inglese con uno di loro.
«Infatti è la mia ragazza» sibilò Beast Boy, come se quello spiegasse tutto.
In quella Raven tornò verso di loro, accompagnata dall’anziano e con un sorriso stampato sulle labbra. Da quando aveva sconfitto Trigon ed era libera di mostrare i suoi sentimenti senza distruggere (quasi, ogni tanto i suoi accessi di rabbia portavano all’esplosione di qualcosa, ma tutti oggetti piuttosto piccoli) nulla, era diventata molto più solare e aperta, per quanto mantenesse ancora la sua indole riservata. Tutti quanti erano contenti di questo cambiamento e non potevano fare a meno di sorriderle in risposta ogni volta che le sue labbra si incurvavano verso l’alto. Ed effettivamente fu quello che fecero, accogliendola a loro volta con sorrisi allegri.
 
«Ragazzi, lui è il rabbino» disse un nome incomprensibile «e ha acconsentito a farci vedere la soffitta della sinagoga. Non è fantastico?» chiese, scambiando poi qualche parola con l’uomo, che sorrise, mostrando i pochi denti che gli restavano, prima di fargli cenno di seguirlo.
«Aspetta, con soffitta intendi quella soffitta?» le chiese B.B. in un soffio, prendendola per un braccio a attirandola verso di lui.
«Proprio quella, perché?» domandò lei in risposta, spalancando gli occhi viola.
«Come perché? Ti sto dicendo da due giorni che ho una paura folle e tu mi porti a vedere proprio l’ultimo posto che vorrei vedere in vita mia??» esclamò lui, non credendo alle sue orecchie.
«Eddai, B.B., ci tengo tantissimo…» tentò di convincerlo la ragazza, sbattendo le lunghe ciglia e avvicinandosi al viso del ragazzo.
“Eccola di nuovo… Forza, B.B., sii forte” «Anche io ci tengo tantissimo alla mia incolumità mentale» replicò lui.
«Ma per favore?» continuò lei, passandogli una mano sul braccio.
“Urgh” pensò il ragazzo, accorgendosi con orrore che stava per cedere.
«Giuro che poi non ti chiederò più niente» stava promettendo intanto Raven, stringendosi a lui e guardandolo con degli occhioni dolcissimi.
«So che me ne pentirò amaramente, ma va bene» concesse lui, sospirando e dandosi del debole dentro di sé. Ma in fondo doveva ancora trovare qualcuno in grado di resistere a Raven quando faceva così.
«Oh, grazie B.B.!» esclamò lei, saltandogli al collo e stampandogli un bacio sulla guancia.
Lui ne approfittò per rubarle un bacio sulle labbra, prima di raggiungere gli altri, che erano rimasti in balia del rabbino, che continuava a parlare in ceco a manetta, convinto che loro tre capissero. Salutarono l’arrivo di Raven con sguardi di pura gioia e ben presto, grazie all’accurata traduzione dell’amica, capirono che l’uomo gli stava raccontando la storia del golem.
La soffitta, con grande delusione di tutti, si rivelò una normalissima soffitta polverosa e contenente oggetti rotti o antichi. Niente di magico, né di attraente. L’unica che sembrava vederci qualcosa di particolare era Raven, che si guardava attorno come se vedesse scritte magiche su ogni muro. Ad un certo punto notò qualcosa in un angolo scuro del locale e vi si diresse: c’era un vecchio manoscritto e qualche traccia di argilla. Emozionata, la maga chiese al rabbino se poteva tenere il manoscritto per qualche giorno, oltre a chiedere il permesso di raccogliere un pochino della sostanza scura.
Il rabbino sembrò esitare un attimo sulla prima richiesta, ma poi decise che Raven sembrava una ragazza a posto e sicuramente non avrebbe fatto nulla di male al libro.
Fu quindi con un’espressione di pura gioia che la ragazza uscì dalla sinagoga, stringendo a sé il libro come se fosse stata la cosa più preziosa sulla faccia della Terra.
Lo stava ancora contemplando quando i suoi amici decisero di riportarla nel mondo dei vivi.
«Rae? Ci sei? Abbiamo fame!» esclamò Cyborg, muovendole una mano davanti alla faccia.
«Oh, certo. Andiamo, di là c’è un buon ristorante, secondo la guida» si riscosse, guidandoli in una strada secondaria.
 
«Qual è il programma di oggi? Oddio, Rae, non hai una bella cera!» esclamò Robin il mattino dopo a colazione, notando lo stato in cui si trovava la sua migliore amica: aveva le occhiaie che le arrivavano alle guance e gli occhi iniettati di sangue, oltre ad essere di un pallore quasi cadaverico.
«È stata tutta notte a leggere quel manoscritto» spiegò Starfire, servendosi di succo d’arancia fresco.
«Tranquilli, sto benissimo» li rassicurò la maga, mordicchiando il suo toast. «Comunque oggi pensavo di andare a visitare il Castello e il giardino reale, oltre allo Zlata Ulicka.»
«Lo cosa?» domandarono in coro Starfire, Robin e Cyborg, guardandola.
In quella entrò anche Beast Boy: «Buongiorn… Ohmiodio, Raven! Che hai fatto?»
«Buongiorno anche a te, caro» rispose lei sarcastica, sorbendo un sorso di tè.
«Sei uno straccio, sicura di aver dormito bene?» le chiese lui, preoccupato, ignorando persino il sarcasmo della ragazza.
«Non ha dormito e basta» puntualizzò Starfire. «Per colpa di quel manoscritto» aggiunse, poi, guardando Raven con aria di rimprovero. Tutti quanti ricordavano cosa era successo con l’ultimo manoscritto sospetto che la maga aveva maneggiato* e non era il caso di rischiare anche stavolta.
«Non ti preoccupare, Star, non è niente di quel genere. È un normale manoscritto. Anzi, tanto normale non direi…» replicò la maga con uno sbuffo, prima di essere interrotta brutalmente dal suo ragazzo: «Ecco, vedi! Non è normale, lo ammetti anche tu!»
«Beast Boy, non è un normale manoscritto perché si tratta del diario personale del rabbino Jehuda Löw ben Bezalel, il creatore del Golem» chiarì la ragazza, seccata.
«Ah» disse intelligentemente il ragazzo, sedendosi al tavolo e cominciando ad ingurgitare la sua colazione.
«Dice qualcosa di interessante?» domandò Robin, imburrando una fetta di pane.
«Abbastanza, descrive nel dettaglio tutti i passi compiuti dal rabbino per giungere alla creazione del Golem. Credo che potrei riuscirci anche io» rispose la maga, facendo rabbrividire tutti gli astanti. «Tranquilli, non penso che lo farò!»
«Lo spero per te, perché se quel coso dovesse distruggere la mia torre, poi sarei io a distruggere te, sorellina o non sorellina, chiaro?» disse minaccioso Robin.
«Ma sentitelo, la sua torre! Fino a prova contraria sono io quello che ha fatto il grosso del lavoro!» intervenne Cyborg, stemperando l’atmosfera.
«In ogni caso… Che si fa oggi?» domandò B.B., pulendosi la bocca con il tovagliolo.
«Come stavo dicendo, pensavo al Castello reale, con annessa visita ai giardini e allo Zlata Ulicka. Nel caso non lo sapeste, quest’ultimo è il cosiddetto Vicolo d’Oro, perché si diceva che ci vivessero gli alchimisti, che trasformavano il ferro e altri materiali in oro, appunto. Attraverso la pietra filosofale. In realtà ci vivevano gli orafi» spiegò la mezzo-demone, prendendo il tovagliolo dalle mani del ragazzo e pulendolo meglio dalle macchie di marmellata e caffelatte.
«Grazie, miss Enciclopedia» le disse lui, imbarazzato.
«Se non sei capace di mangiare non accanirti su di me» replicò lei, alzandosi dal tavolo.
 
I Titans rimanenti guardarono Beast Boy con uno sguardo di rimprovero, spingendolo a seguirla con sguardi vagamente minacciosi. Con un sospiro, il mutaforma si alzò e la seguì, raggiungendola nella hall, dove stava aspettando l’ascensore.
Stava per chiamarla quando vide un ragazzo poco più vecchio di loro, sui ventuno-ventidue anni, avvicinarsi a lei e iniziare a parlarle in quella strana lingua che era il ceco.
D’improvviso ci vide rosso e, quasi sbuffando fumo dalle orecchie e dalle narici, si diresse a passo di carica verso la ragazza (la sua ragazza!, per l’amor del cielo!). Raggiuntala, la prese per un braccio e la trascinò su per le scale, ignorando le sue proteste e lo sguardo allucinato del ragazzo.
La lasciò solo una volta nel corridoio dove si trovavano le loro stanze. Irritata come non mai, la mezzo-demone gli urlò contro: «Ma che ti prende? Me lo spieghi?»
«Rae, ascolta…» tentò di spiegarle il ragazzo, prendendole i polsi per impedirle di schiaffeggiarlo.
«Vieni lì, dopo avermi insultata e pretendi anche…» La rabbia della ragazza venne interrotta dalle labbra del ragazzo sulle sue. Raven sgranò gli occhi.
Una volta accortosi che il suo espediente aveva fatto effetto e che la ragazza si era calmata, Beast Boy la lasciò andare, chiedendo: «Posso spiegare, ora?»
La maga rimase in silenzio. “Chi tace acconsente” pensò il mutante, iniziando a parlare: «Scusami se in sala da pranzo ti ho aggredito a quel modo, ma mi sentivo piuttosto in imbarazzo. Insomma, ho diciotto anni, non due. Sì, lo so cosa stai per dire, che non li avrò, ma che a volte li dimostro. Comunque non è questo il punto. E poi, quando sono venuto a scusarmi, ho visto quel ragazzo che parlava con te ed era così vicino e… Non ci ho visto più dalla gelosia. Mi perdoni?»
«Il mio innato buonsenso mi dice di dirti di no, ma mi sento buona e ti perdono. Comunque credo che Robin e gli altri siano abituati a vederti mangiare, giusto cielo, ci vivi insieme da quattro anni! E il ragazzo voleva solo chiedermi un’informazione» replicò la ragazza, alzando gli occhi al cielo.
«Oh… Bè, sai come si dice, meglio prevenire che curare, no?» ridacchiò imbarazzato il ragazzo.
«Certo, ma si dice anche di non fasciarsi la testa prima di essersela rotta, giusto?» lo riprese la maga, con un lieve sorriso.
«Vero, ma chi l’ha detto non aveva una ragazza come te» rispose lui, abbracciandola da dietro, incrociando le braccia sulla sua vita sottile e cominciando a camminare, costringendola a muoversi come un robot.
«Non essere stupido» mormorò lei, cercando di liberarsi dalla stretta, in modo da poter camminare normalmente.
«Così mi ferisci» rispose lui, lasciandola andare, ma trattenendo una mano nella sua. Lei rise leggermente, poi gli diede un rapido bacio sulle labbra prima di scendere le scale e tornare nella hall, dove gli altri li stavano aspettando.
«Oh, finalmente! Stavamo facendo la muffa!» esclamò Cyborg, vedendoli arrivare.
«Per la cronaca, Rae, hai fatto esplodere qualche lampadina» aggiunse Robin.
«Ops» mormorò la maga, arrossendo leggermente. Tutta colpa di quell’idiota di B.B. che l’aveva fatta arrabbiare!
«Tranquilla, Raven, abbiamo sistemato tutto noi» la rassicurò Starfire, sorridendo.
«Okay, bene. Allora possiamo andare» decretò la ragazza dai capelli scuri, avviandosi oltre il portone d’ingresso, portando i suoi amici alla scoperta del Vicolo degli Alchimisti.
 
Tra una visita e l’altra, compresa quella alla presunta casa in cui aveva abitato Faust e dove era ancora visibile lo scorcio sul tetto causato dal rapimento del suddetto scienziato da parte del diavolo, senza contare le serate in giro per il centro di Praga, arrivò l’ultimo giorno.
Per Beast Boy e Raven era un giorno piuttosto speciale: si trattava del loro anniversario. Il primo, per l’esattezza.
Con grande sorpresa della ragazza, il mutaforma sembrava essersene ricordato, perché la aspettò fuori dalla stanza al mattino, con un pacchetto in mano. «Auguri, Rae!» esclamò contento, quando la vide uscire.
La maga, senza parole, prese il pacchettino che le veniva porto e con delicatezza lo aprì: si trattava di una collana che la ragazza aveva visto un paio di pomeriggi prima in un negozietto del centro di Praga; una catenina d’oro brillante con un pendente, che ne costituiva la maggiore attrattiva. Si trattava infatti di una pietra tonda chiarissima, quasi trasparente, che rappresentava la luna. Luna dotata di due sottili ali nere da corvo**. Era splendido.
«B.B., non ho parole… È meraviglioso. Davvero. Grazie, grazie mille» riuscì a balbettare la ragazza, prima di scoppiare in lacrime.
Il ragazzo la guardò sconvolto: da quando in qua la sua Raven piangeva? Tuttavia la prese tra le braccia e la strinse delicatamente, mentre i singhiozzi scuotevano il suo esile corpo.
Dopo un tempo che parve infinito, la ragazza si calmò e guardò il mutaforma negli occhi, viola nel verde.
«Tutto a posto?» domandò con dolcezza il ragazzo, accarezzandole la testa con delicatezza.
«Tutto bene» rispose lei in un soffio, asciugandosi gli occhi con le mani.
«Se avessi saputo che reagisci così ai regali avrei evitato di spendere quanto ho speso per comprarti una cosa del genere!» scherzò lui, continuando a tenerla tra le braccia.
«Non reagisco così a tutti i regali» puntualizzò lei, con tono falsamente seccato. «Solo ad alcuni. E questo è uno di questi.»
«Quindi ti piace?» domandò con un filo di preoccupazione il mutaforma.
«Lo adoro. È perfetto» rispose la maga, rigirandolo tra le dita per osservarlo meglio. «Mi aiuteresti a metterlo?» chiese poi, con un sorriso timido sul viso.
«Ma certo» acconsentì il ragazzo, rassicurato, prendendo tra le mani il gioiello e allacciandolo intorno al collo sottile della mezzo-demone.
«Grazie, grazie e ancora grazie» lo ringraziò ancora la maga, stampandogli un bacio appassionato sulle labbra, che il ragazzo non disdegnò.
A corto di fiato disse: «Ci conviene andare, ci staranno aspettando.»
«In realtà gli ho dato il giorno libero» confessò la maga, arrossendo un pochino.
«Intendi dire che abbiamo la giornata tutta per noi?» domandò il ragazzo.
«Esatto.»
«Fantastico! Cosa facciamo?»
«Non so, qualunque cosa va bene, purché siamo insieme.»
«Allora che ne dici di un giro per bene per la città? Solo io e te, perdendoci nei vicoli?»
«Andrà benissimo, ma dovremo tornare presto perché il mio regalo prevede di essere di ritorno in albergo per le cinque circa.»
«Sai che non so resistere ai regali, saremo qui alle quattro e mezza!» esclamò il ragazzo, entusiasta.
Raven scoppiò in una risata argentina, prima di recuperare la propria borsa dalla camera e di dirigersi con Beast Boy verso la hall.
Una volta per strada, i due ragazzi cominciarono a camminare senza una meta, passando accanto ad edifici che avevano visto più volte durante la settimana o che non avevano mai visto prima, sempre ridendo e tenendosi dolcemente per mano. A Raven sembrava di toccare il cielo con un dito e a Beast Boy sembrava ancora impossibile di essere in compagnia di un essere etereo e perfetto come lei.
Pranzarono in un piccolo ristorante, semplice, ma molto tranquillo. Avevano appena finito di ordinare (e di fulminare il cameriere che ci stava provando con la mezzo-demone), quando dalla radio scaturirono le note di una ben nota canzone.
«B.B., ascolta!» esclamò la ragazza, facendogli cenno di tacere.
«Come?»
«La canzone, ascolta!»
 
Every breath you take
Every move you make
Every bond you break
Every step you take
I'll be watching you.



«Ma è…» cominciò a dire il ragazzo.
«Esatto» annuì Raven, ascoltando la melodia e le parole.

Every single day
Every word you say
Every game you play
Every night you stay
I'll be watching you.



«Mi ricordo ancora la prima volta che me l’hai fatta sentire…» disse con nostalgia la mezzo-demone, sorridendo leggermente.
«Era la mia canzone preferita, prima di incontrarti» confessò il mutaforma, arrossendo.

Oh can't you see
You belong to me?
How my poor heart
aches with every step you take.



«Davvero? Una canzone così romantica?» domandò sorpresa la ragazza.
«Che c’è? Ho un’aria così poco romantica?» chiese in risposta il ragazzo.

Every move you make
Every vow you break
Every smile you fake
Every claim you stake
I'll be watching you.

 
«No, però… Non pensavo che davvero ascoltassi i Police!» rise leggermente Raven, continuando ad ascoltare la canzone.

Since you've gone I've been lost without a trace.

I dream at night, I can only see your face.

I look around but it's you I can't replace.

I keep crying baby, baby please...



«Sissignora! Vecchi finché vuoi, ma le canzoni sono supende, questa soprattutto!»

Every move you make
Every vow you break
Every smile you fake
Every claim you stake
I'll be watching you.

Every move you make

Every vow you break
Every smile you fake
Every claim you stake
I'll be watching you...

 
«Questa canzone è poesia pura…» mormorò Raven, una volta che la canzone finì, sfumando le note.
«Hai ragione. Sono contento che questa canzone ti sia piaciuta da subito» replicò B.B., scostandosi per permettere al cameriere di posargli il piatto davanti.
«E come potrebbe non piacere?» domandò sorridendo la ragazza, cominciando a mangiare.
 
«Rae, sei pronta? Mi avevi detto di essere alla tua porta alle sette e sono le sette e cinque!» esclamò Beast Boy, bussando insistentemente alla porta della stanza di Raven e Starfire.
«Arrivo!» gli rispose la voce soffocata della ragazza. Si sentì un trambusto di qualcosa che cadeva, un’imprecazione piuttosto colorita che strappò un sorriso a B.B. e poi la porta si aprì.
Per una volta il mutaforma rimase senza parole.
Se aveva pensato che Raven avesse dato il meglio di sé a Hollywood in occasione del quarto anniversario dei Titans o alla Hawaii alla cena con gli Atletici Biondini… Bè, si sbagliava di grosso.
La ragazza indossava un vestito verde smeraldo, composto di un corsetto strettissimo decorato con ricami di un verde leggermente più chiaro e di una lunga gonna di seta, che arrivava fino alle scarpe della ragazza, frusciando ad ogni suo passo. Era possibile intravvedere anche le scarpe, dotate di altissimi tacchi a spillo e di un sobrio colore nero. I capelli erano sistemati in un elegante chignon, decorato da piccole pietre verdi e con un grande fiocco anch’esso verde a mantenerlo stabile. Al collo portava la sua collana, che pendeva sul tessuto verde, oltre ad un piccolo nastro che faceva pendant con l’abito. Al polso, un braccialetto di perle nere e uno di cristalli viola, mentre un anello con ametista risaltava sulla mano opposta. Gli occhi erano sapientemente truccati con tonalità di verde e le labbra erano color fuoco.
Sembrava un’apparizione divina.
«Sto male?» domandò esitante la maga.
«N-No… Sei… Sei bellissima» balbettò il mutaforma, cercando di darsi un contegno.
Il sollievo si dipinse sul volto perfetto della ragazza, mentre sorrideva e gli faceva cenno di avviarsi verso l’uscita.
Una volta nella hall, parecchi sguardi maschili si puntarono su di lei e parecchi giovanotti, quella notte, fecero sogni popolati da una ragazza in verde, con i capelli scuri e magnetici occhi viola.
Per una volta B.B. lasciò perdere gli sguardi truci, gli bastava sapere di essere in compagnia di una tale bellezza. Cavallerescamente le aprì la porta e anche la portiera del taxi, che li portò a destinazione: un ristorante lussuosissimo, in cui gli venne servita una cena perfetta dall’antipasto al dolce, insieme ad un’atmosfera elegante e raffinata.
«Questo sarebbe il tuo regalo?» domandò esterrefatto il ragazzo, tra una portata e l’altra.
«Diciamo che è parte del regalo, sì» confermò lei, senza tradirsi.
«Parte del regalo? C’è dell’altro?» esclamò lui, sorpreso.
Raven si limitò ad annuire, certa che sarebbe stata una sorpresa fantastica.
 
Terminata la cena, i due ragazzi uscirono e si avvicinarono al fiume Vlatva, camminando per un po’ lungo il celeberrimo ponte Carlo. Mentre loro erano al ristorante, il buio era calato e con esso era sorta la luna e anche qualche stella. L’atmosfera era perfetta.
Ad un certo punto, una volta percorso l’intero ponte, Raven fece girare Beast Boy lungo il bordo del fiume, dove c’era un molo e una piccola barca. La ragazza parlò qualche istante in ceco con un uomo, che poi fece cenno di salire sull’imbarcazione.
Una volta accomodatisi, l’uomo salì e fece partire il motore della nave, mantenendolo però silenzioso, dando così modo ai ragazzi di parlare.
«Rae, hai davvero organizzato un viaggio sul fiume solo per noi?» domandò B.B., guardandosi intorno estasiato. La città illuminata era davvero uno spettacolo da mozzare il fiato, anche se non quanto la ragazza accanto a lui.
«Così sembrerebbe» confermò lei, sorridendo.
«Oh, Rae, non hai idea di quanto ti ami!» esclamò il ragazzo, guardando la città.
«Non hai idea di quanto io ami te, invece…» mormorò lei, sorridendo per il suo entusiasmo.
«È una delle serate più belle della mia vita» ammise il mutaforma, posandole un braccio sulle spalle e stringendola a sé. La sentì rabbrividire e si rese conto che non aveva nulla a coprirle le spalle nude e che si stava alzando un leggero venticello. Con cavalleria, si tolse la giacca dello smoking e la posò sulle spalle della ragazza, che accettò l’offerta con un sorriso. Stringendosi nella giacca, appoggiò la testa sulla spalla del ragazzo e chiuse gli occhi, godendosi quell’istante di serenità.
Mentre scivolavano lenti sul canale, in lontananza si sentiva da qualche parte la radio che trasmetteva una canzone, la loro canzone.
 
Every breath you take
Every move you make
Every bond you break
Every step you take
I'll be watching you…

 
I due ragazzi sorrisero e si strinsero ancora di più, scambiandosi un dolcissimo bacio al chiar di luna, nella città della magia.
 
 
Quando arrivarono in albergo, trovarono i loro tre amici ad aspettarli nella hall, seduti sui divanetti messi a disposizione per gli ospiti.
Starfire scattò in piedi quando li vide arrivare: «Raven, oddio, ma sei… Fantastica! Meravigliosa! Quel vestito è un amore, ti sta benissimo!»
«Grazie, Star» mormorò Raven, circondata dalle braccia dell’amica, che fecero cadere a terra la giacca di Beast Boy.
«E ti sei truccata benissimo, io stessa non avrei saputo fare di meglio! Oh, questo vestito è davvero bellissimo…» continuò l’aliena, guardando la sua mise.
Nel frattempo, Cyborg  e Robin erano rimasti senza parole. Quella non poteva essere la loro Raven, ci doveva essere un errore, qualcuno aveva scambiato la loro dark con un’altra.
I dubbi vennero sanati quando la maga si voltò verso di loro e disse: «Ragazzi, state riempiendo di bava il pavimento.»
«Raven! Sei davvero tu?» domandò Cyborg, riprendendosi un attimo.
«Credo di sì, non penso di soffrire di disturbi della personalità e non credo di avere una gemella» rispose la ragazza, sarcastica.
«È lei, riconosco il sarcasmo» intervenne Robin, senza riuscire a staccare gli occhi dalla ragazza. Non riusciva a credere di non essere lui il ragazzo in sua compagnia.
Raven sentì delle ondate di tristezza emanare dal ragazzo, quindi, con un sorriso di scuse agli altri e un sussurro a B.B. per spiegargli la situazione si avviò verso di lui e lo prese per mano, portandolo verso un angolo appartato della hall.
«Bè, mentre loro due parlano, che ne dite se noi ci avviamo verso le camere? Domani mattina ripartiamo, dobbiamo svegliarci presto» propose il mutaforma agli altri due, sospingendoli verso gli ascensori.
 
«Che c’è, Rae?» domandò Robin, puntando gli occhi azzurri in quelli della ragazza.
«In realtà volevo assicurarmi che tu stessi bene» rispose la ragazza, guardandolo attentamente, alla ricerca di qualunque cosa le tenesse nascosta.
«Sto benissimo, alla grande» rispose lui, con l’entusiasmo di un cadavere in putrefazione.
«Già, come no. E io sono la Fata Turchina» replicò la ragazza, pungente.
«Rae…»
«Robin, ascolta. So che le cose tra noi sono un po’ difficili ultimamente e capisco che non sia bello vedermi vestita in questo modo assurdo…»
«Sei bellissima, Rae. Credimi.»
«Grazie. Comunque, ti prego, non essere triste per questo. Ne abbiamo parlato e abbiamo affrontato l’argomento, mi sembrava che fosse risolto.»
«Infatti è risolto. Devo solo abituarmi, di solito sono io quello che rifiuta. È dura essere quello rifiutato, per una volta» spiegò il ragazzo-meraviglia, prendendo tra le sue mani quelle della ragazza.
«C’è sempre una prima volta per tutto, eh?» sorrise Raven, facendo sorridere anche il suo leader, sebbene amaramente.
«A questo punto sono contento che tu sia stata la prima a rifiutarmi. Spero anche l’ultima…»
Raven arrossì, poi decise di mettere chiare le cose: «Comunque, sappi che per te ci sono sempre, per qualunque problema, vieni pure da me. Hai capito? Sei il mio fratellone, almeno questo voglio che tu lo sappia.»
«Chiaro. Posso abbracciarti?»
«Ma certo!» esclamò lei, aprendo le braccia e stringendolo a sé.
Rimasero così qualche minuto, poi la ragazza si liberò dalla stretta e con un lieve bacio sulla guancia gli disse: «Ti voglio bene, Robin.»
«Anche io, Rae.»
«Bene, direi che potreste anche smetterla!» si intromise una voce maschile.
«Beast Boy! Ci stavi spiando! Come hai potuto!» esclamò Raven, furibonda.
«Ero venuto a cercarti, non tornavi più… E ti ritrovo qui a dichiarare il tuo affetto per Robin. Dovrei essere offeso.» replicò il mutaforma verde.
«Dovresti, ma non lo sei, dico bene?» disse lei, pestandogli un piede con il tacco a spillo.
«Ahia! Tranquilla, non lo sono, non lo sono» mugolò lui, massaggiandosi l’arto.
«Bene. Buonanotte, Robin» disse poi la ragazza, rivolgendosi al leader, che rispose al saluto e si avventurò verso la camera.
«Andiamo anche noi?» domandò B.B..
«Volentieri, sono piuttosto stanca e queste scarpe mi stanno uccidendo. Per non parlare del corsetto!»
«Potresti toglierlo…»
«Come no. Pervertito!» esclamò lei, allontanandosi verso le scale.
Lui rise e la inseguì, baciandola davanti alla sua porta.
«Buonanotte. E buon anniversario» le augurò, quando si staccarono.
«Buonanotte anche a te e buon anniversario» sorrise lei, sparendo dietro la porta.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
«Ragazzi, non so voi, ma la routine quotidiana mi sta uccidendo! Ce ne torniamo in vacanza?» esclamò B.B., mentre i Titans correvano sul luogo di un nuovo crimine.
«Ne riparliamo l’estate prossima, B.B., ne riparliamo l’estate prossima!» ridacchiò Robin, continuando a correre.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
*Mi riferisco all’episodio 6 della terza stagione, “Magia nera” (“Spellbound” in originale) in cui Raven libera un drago malefico (Malchior) da un libro antico pensando che sia un prode eroe. Tutto perché il drago la inganna dal libro, facendole credere di essere l’eroe e lusingandola.
**Per chi non lo sapesse, Raven in inglese vuol dire corvo ^^
 
Per la cronaca, la canzone è “Every breath you take” dei Police, del 1983. Adoro questa canzone :D

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