Mountain trip

di Kilian_Softballer_Ro
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Una semplice gita...forse. ***
Capitolo 2: *** Incontri...molto più che strani. ***
Capitolo 3: *** Un elfo da (in)seguire. ***
Capitolo 4: *** Qualche spiegazione, finalmente. ***
Capitolo 5: *** Ma stiamo scherzando? ***
Capitolo 6: *** Prime prove ***
Capitolo 7: *** Mai da sola... ***
Capitolo 8: *** The real trip ***
Capitolo 9: *** Why so serious? ***
Capitolo 10: *** Verità ***
Capitolo 11: *** Lezione di geografia ***
Capitolo 12: *** Turbolenze ***
Capitolo 13: *** La Voce ***
Capitolo 14: *** Estel come Speranza ***
Capitolo 15: *** "Bad" day ***
Capitolo 16: *** Bere o impazzire, questo è il problema ***
Capitolo 17: *** Tensione preparativa ***
Capitolo 18: *** Rosso sangue, verde rabbia ***
Capitolo 19: *** Male e Bene ***
Capitolo 20: *** La fine...di un sogno? ***



Capitolo 1
*** Una semplice gita...forse. ***


Il mio nome è Esmeralda. E questa è sicuramente la storia più assurda che abbiate mai sentito.
Okay, okay, non è vero che mi chiamo Esmeralda. E’ solo un soprannome che mi hanno dato un paio di anni fa, e raccontando questa avventura ho intenzione di usarlo a prescindere. Anche perché il mio nome vero è talmente stupido, che mi vergogno a presentarmi con quello.
A proposito di presentarsi. Ormai ho iniziato a farlo, quindi andiamo fino in fondo.
Ho 14 anni ,  sono alta normalmente , e i miei capelli sono color legna da ardere. Ad essere sincera, sono color legna già arsa. Quando sono spettinati, sembrano grigio cenere . Normalmente, sono di un marrone così scuro da sembrare nero. E infine, nei giorni di sole, hanno delle sfumature rosso-marrone che sembrano quasi carine. I miei occhi sono color cacca di cane. Proprio la stessa tonalità. Pensate che bellezza. Va beh, lasciando perdere questi dettagli inutili, io direi di tornare alla storia.
Quel giorno ( non so di preciso quale: era all’incirca a metà di agosto ) ero andata in montagna con mio padre. Niente di strano, una normalissima gita , solo il paesaggio mi sembrava magnifico. Mi pareva di essere nella Terra di Mezzo. Montagne altissime mi circondavano , in parte rocciose e in parte costellate di arbusti , e mi sembrava veramente di essere in un racconto di Tolkien.
Ero così impegnata a guardarmi intorno, che non prestavo molta attenzione a mio padre dietro di me. Ma ad un certo punto, girando dietro un costone di roccia, mi accorsi di non vederlo più. Immediatamente feci dietro-front e ritornai sui miei passi per un pezzetto, ma niente da fare. Era svanito nel nulla, a quanto pareva.
Subito presi il cellulare, e tentai di chiamarlo, ma ovviamente eravamo troppo in alto perché ci fosse campo. “ Che stupida” pensai. Decisi di sedermi per terra ad aspettare, probabilmente era rimasto indietro. E così, mi sedetti e aspettai. E aspettai. Finché non mi resi conto che si stava facendo già buio, e io ero ancora lì sola come un cane. Tanto per aumentare il divertimento, si stava anche mettendo a piovere. Fantastico.
Per fortuna, girando lo sguardo attorno adocchiai una specie di grotta poco distante. Non ero granché entusiasta di usarla. Avevo visto troppe puntate di Criminal Minds dove in montagna si celavano brutti ceffi psicopatici, ma preferivo incrociare uno psicopatico  piuttosto che stare lì. Almeno con i matti i vestiti restano asciutti.
Perciò, presi lo zaino, il bastone e tutto l’ambaradan e mi infilai nella grotta. Aspettai un po’ prima di accendere la torcia, perché non era ancora del tutto buio, e intanto mi sbafai i panini che mi erano rimasti. Quando ebbi finito, vidi (o meglio non vidi ) di essere completamente all’oscuro. Nella Terra di Mordor, dove l’ombra nera scende…. – Sei una scema, Esmeralda – esclamai rivolta a me stessa dopo che mi accorsi di aver pensato quella frase. Stavo diventando troppo tolkieniana quel giorno.
Rimasi seduta lì per un bel pezzo , senza riuscire a calcolare il tempo grazie al cellulare che aveva deciso di dare forfait, ad ascoltare la pioggia che cadeva. Molto poetico….Se non fossi stata da sola in una grotta a 1200 metri da terra.
Ad un tratto, sentii un rumore provenire dall’ingresso del mio rifugio improvvisato. Io mi ero infilata molto in fondo, perché all’entrata l’acqua mi raggiungeva lo stesso, perciò avvertii solo una specie di tap tap . Immediatamente, spensi la torcia, terrorizzata. Che razza di bestia poteva essere?
Ero lì, rannicchiata come una palla, tutta preoccupata, quando sentii una pelliccia bagnata sfiorarmi….
-         Aaaaaaaaaaah!!!
-         Pikaaaaaaaaa!

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Capitolo 2
*** Incontri...molto più che strani. ***


L’animale era saltato via, ma lo sentivo rantolare a qualcosa come mezzo metro da me. Accesi la torcia e gliela puntai contro. Quel verso era stato molto strano, ma familiare… qualcosa come… No, non era possibile…
A quattro zampe su una roccia, davanti a me, c’era un Pikachu.
Spalancai gli occhi, sbalordita. Mi diedi anche un pizzicotto per sicurezza. E anche un altro. Niente da fare. Ero tentata di dare anche una testata alla parete, ma decisi che non era il caso. E poi ormai avevo capito che stava succedendo davvero.
Come prova inconfutabile, quando io timidamente allungai una mano per accarezzare il piccolo Pokemon e lui fiducioso ci strusciò la testa , sentii veramente la sua pelliccia fradicia sotto le mie dita. Non era un sogno. Avevo veramente un Pikachu davanti al naso.
Appurato che era vero, e che io non stavo diventando pazza, mi accinsi a guardare meglio il mio compagno di sventura. No, non pensavo che quel che mi stava accadendo fosse normale, ma me ne facevo una ragione.
Innanzitutto era piccolo, anche per essere un Pikachu. Doveva essere un cucciolo o poco più .E poi sembrava più spaventato di me, tutto bagnato e raggomitolato sulla roccia.
-         Poveraccio… Ti sei perso sotto la pioggia pure tu, vero? – Lo vidi annuire. Mi fece pena. Mi fanno sempre pena gli animaletti con l’aria da angioletto martire. Sono teneri.
-         D’accordo. Allora vorrà dire che mi farai compagnia.
Estrassi dallo zaino la mia felpa di pile e la avvoltolai per terra, facendogli cenno di avvicinarsi. Poi tirai fuori una coperta e mi ci avvolsi, guardandolo mentre annusava il proprio giaciglio con circospezione e poi ci si appallottolava dentro.
-         Buonanotte, Pikachu. – Conclusi sdraiandomi.
-         Pika-pika.
Sprofondammo tutti e due nel sonno.
 
 
Il mattino dopo, svegliandomi di buon ora (maledetta alba montanara ), capii subito cosa dovevo fare. Dovevo tornare a valle e da lì cercare mio padre o chiamarlo da un telefono pubblico. Radunai le mie cose, feci cenno a Pikachu, che annusava un po’ ovunque incuriosito, di seguirmi e mi avviai lungo il sentiero.
Avevo deciso di portare il Pokemon con me. Dopotutto, non è da tutti i giorni incontrarne uno. Avrebbe fatto felici me e le mie sorelle che mi avevano “iniziato” a essere una Pokemon-fan.
Dunque, scendevo tranquillamente il versante della montagna con Pikachu al seguito (era più fedele di un cane: non era mai più distante di due passi da me ), quando un vento improvviso e fortissimo mi raggiunse mandandomi a gambe all’aria.
Mi alzai a sedere, confusa, quando mi accorsi , sempre più sbalordita, che non era stato un normalissimo vento. Era stato Sonic the Hedgehog, che ora sorrideva sornione davanti a me.
Ricaddi all’indietro, incredula, e mi coprii gli occhi con la mano. – No, no, no…. Non è possibile… - Mormorai.
-         Che cosa non è possibile? – Disse una voce sopra di me. Tolsi la mano. Il riccio era sopra di me, con un’espressione preoccupata.
-         E te lo chiedi? Non è possibile che TU sia qui! – Quasi gridai saltando su. – Qui siamo sulla Terra, non su Mobius, e nemmeno nel mondo dei Pokemon! Perché sto diventando pazza?
-         Esmeralda.
-         Che c’è? E come fai a conoscere il mio nome?
-         Allora… Innanzitutto conosco tante cose di te. E poi…prendi la mia mano e vedrai se sei diventata pazza.
Esitando, mi avvicinai e afferrai la sua mano guantata. Pikachu alle mie spalle seguiva le nostre mosse preoccupato.
La sua mano era calda, forte e decisamente reale. Di slancio, del tutto involontariamente, gli saltai al collo abbracciandolo.
-         Oh. Mio. Dio. Se non sono pazza, sono così felice di incontrarti davvero! – Balbettai.
-         Anch’io. – Replicò lui stringendomi. – Ma…non ti va di vedere qualcuno che ti renderebbe più felice?
-         Che cosa?- Mi staccai, lasciando però le mani sulle sue spalle. –Cosa potrebbe rendermi più felice che vedere te?
-         Seguimi, e lo vedrai. E non lasciare qui quel povero Pokemon.
Mi alzai e presi in braccio Pikachu, carezzandolo e rassicurandolo. Mi preoccupavo già per lui nonostante lo conoscessi da meno di un giorno. – D’accordo. Dov’è che dobbiamo andare?
Sonic scoppiò a ridere.- Tu non devi fare niente! – Mi afferrò il braccio e si mise a correre alla sua solita velocità (supersonica, appunto ).
-         Ma tu sei scemooooooooo – urlai mentre con l’altro braccio cercavo di tenermi stretto Pikachu.
-         Pikaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa!
Si fermò senza nessun preavviso e io piombai a terra con zaino e tutto. – E che diamine! Avvisa, prima di stoppare! – Senza nemmeno  ascoltarmi e sorridendo, mi indicò un punto a fianco di un grosso masso, e io seguii il suo dito.
Inginocchiato per terra , concentratissimo, c’era un echidna rosso con guanti e scarpe. Aveva una mezzaluna bianca sul petto. Sembrava che stesse consultando qualcosa appoggiato sull’erba davanti a sé.
Se fossi stata in piedi, le gambe non mi avrebbero retto comunque. Ero totalmente incredula.
-         Ehi, Knuckles! – Urlò Sonic. Lui alzò lo sguardo su di noi, sorrise e si avvicinò.
-         Ehi, riccio. Ciao, Esmeralda. – Io restai a guardarlo intontita, senza profferir parola.
Quella era l’unica cosa che non mi sarei mai, mai, mai aspettata. Perché, se Sonic mi aveva fatto scoprire tutto il suo mondo, per Knuckles mi ero presa una vera e propria cotta. Diversi mesi prima, certo, ma adesso che ce l’avevo davanti… Lui si accorse del mio sguardo vacuo e la sua espressione si fece preoccupata.
-         Ma che ha? Sonic, non l’avrai mica portata qui di corsa? – Il riccio alzò le spalle.
-         Dovevamo fare in fretta.
-         Sì ma questa non ha mai preso neanche un Frecciarossa! Esme, mi dispiace.
-         C-come fai a sapere che… - Te lo spiegheremo poi. Io, Sonic e Gambelunghe.
-         Chi cavolo è Gambelunghe?
-         Te lo spiegheremo…- Poi, ho capito. Mi aiuti ad alzarmi?
Dopo che mi ebbe praticamente alzato di peso, mi spazzolai il fondoschiena e dissi: - Cosa dovremmo fare, adesso?
Knuckles rifletté per qualche minuto: -  Dobbiamo avviarci per di qua – e  indicò un sentiero – e incrociare Mister orecchie a punta.
-         Ma non era Gambelunghe?
-         E’ la stessa cosa.
Scossi la testa. Non ci capivo assolutamente niente ma… Mi fidavo di Sonic e Knuckles. Soprattutto di Knuckles ( domandiamoci il perché ). Quindi, quando loro si avviarono lungo il sentiero, li seguii, sempre con Pikachu abbarbicato alle mie braccia.

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Bene, che ne pensate? E' il primo crossover che scrivo ^^" ma spero che l'abbiate apprezzato. Pubblicherò presto il seguito, ma per ora....Ciao a tutti!
Ro =)

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Capitolo 3
*** Un elfo da (in)seguire. ***


Fortunatamente il riccio non si mise a correre. Non avrei retto un altro viaggio del genere.
Tanto per far passare il tempo, mi accinsi a fare conversazione con i due Mobiani.
-         Knuckles?
-         Sì?
-         Com’è che mi hai chiamato prima?
-         Quando? Quando ti ho salutata? Esmeralda, no? Pensavo che ti piacesse quel soprannome. Ma se preferisci che ti chiami S…
-         NO! Non intendevo questo. – Lo avevo bloccato appena in tempo. Cavoli, quanto odio il mio nome. – Quando mi hai chiesto scusa per la corsa. Mi hai chiamato Esme.
Mi guardò un po’ imbarazzato. – Sì, diciamo che è un po’ più corto di Esmeralda… Mi è venuto spontaneo…
-         Ecco, per favore, trattieni la tua spontaneità la prossima volta. – Ero serissima, ma lui si mise a ridere, seguito da Sonic.
-         Sissignora. – Replicò l’echidna.
-         Non sto scherzando! – Ma ridevo anch’io . – Non chiamarmi così, o io ti chiamo Knuckie!
-         NO! Knuckie no! – Esclamò lui. Mi diede una gomitata. Per contro, io gli allungai una spinta. Ci conoscevamo di persona da poco tempo, ma scherzavamo lo stesso come vecchi amici. D’altronde, io avevo fantasticato così tante cose su di lui, e lui sembrava sapere tutto di me, quindi…
Andammo avanti a battibeccare per tutto il tempo, con Sonic davanti che scuoteva la testa, quando all’improvviso il riccio si bloccò. Io e Knuckles, che eravamo distratti, andammo a sbattere contro di lui.
-         Ehi! Senti, blu, non inchiodare così! –Esclamò lui.
-         Ma siamo arrivati! Guarda chi c’è! -  E indicò il vialetto davanti a sé.
Qualcuno si stava avvicinando. Non  era un riccio, o un echidna, ma un umano. Vestiva con degli abiti verdi, e a  tracolla portava un arco e una faretra piena di frecce. Quando un alito di vento sollevò i suoi capelli biondi, trattenni il fiato. Aveva le orecchie a punta: un elfo. E non un elfo qualsiasi. Lo conoscevo troppo bene, nonostante non l’avessi mai incontrato, per non riconoscerlo…
Legolas si fermò davanti a noi e sorrise. Io continuavo  a guardarlo, totalmente imbambolata.
-         Sonic, Knuckles. Esmeralda. Salve.
-         Ciao, Gambelunghe. Dov’eri andato? – Fu il saluto di Knuckles.
-         Compivo delle ricerche. – Mi prese le mani. – Ma non sarei mai mancato a quest’incontro.- Mi guardò coi suoi occhi grigi nei miei. Io ricambiai con uno sguardo vacuo.
-         Tu…tu…- Balbettai.
-         Sì, io .  Ne deduco che questi due non ti hanno spiegato niente.
-         Sono come un hobbit nei boschi di Lothlorien – ammisi con un fil di voce – non conosco niente.
Lui scoppiò a ridere. – Ma bene! Vedo che conosci la Terra di Mezzo.
-         Francamente è da quando sono su queste montagne che continuo a sentirmi nel tuo paese.
-         Hai quasi azzeccato. Questo non è il mio paese. E’ il paese di tutti noi.
-         Ehm… Non vorrei disturbare – si intromise Knuckles – ma faremmo bene a raggiungere gli altri prima di pensare a questa storia.
Legolas annuì. – Certo. – Sfilò le mani e ci fece cenno di seguirlo.  – Muoviamoci. Qui fa buio molto presto.
Lo bloccai. – Fermi un attimo. Volete dire che non mi spiegate ancora cosa sta succedendo?
-         Vogliamo dire che te lo spiegheremo fra poco. – Rispose Sonic, e seguì l’elfo.
-         Andiamo. – Borbottò Knuckles. Mi prese per mano e mi tirò verso gli altri. Pikachu ci seguiva a balzelloni.
Non dirò niente di quel tratto di strada che percorsi con loro. Capito? Niente. Era un normale sentiero di montagna, per uno che ci vive, ma io vivo in città. E soprattutto, Legolas lo aveva scelto perché semplice per i canoni di un elfo, ma per un umano era totalmente assurdo. Benedetti i miei abiti da montagna.
Lui andava avanti tranquillo, Sonic e Knuckles lo seguivano più o meno alla stessa velocità, e io mi incagliavo regolarmente,  anche grazie allo zaino e a Pikachu che affondava nei punti più impervi. Per fortuna c’era il mio compagno echidna, che cercava di togliermi da davanti più ostacoli possibili. Ma in ogni caso, quando arrivammo al ruscello ero zuppa di rugiada, e piena di lividi e tagli.
Sull’altra sponda del ruscello, a un capo di un ponte che tutto sembrava meno che solido, c’era un riccio nero. Era solo l’ennesima delle stranezze che mi erano capitate nelle ultime 24 ore, ma… ritrovarmi davanti Shadow the Hedgehog…Il più sexy protagonista delle fan-fiction… Bon, avevo toccato il fondo.
Raggiungemmo anche noi il ponte, ma mi impuntai prima di attraversarlo. E’ una mia fobia, non posso farci niente. Ho il terrore delle cose pericolanti. Perciò, mi abbarbicai al braccio di Legolas, che era il più vicino, e piantai i piedi nell’erba.
Shadow mi squadrò mentre facevo tutto questo, e si fece sfuggire un sorrisetto sardonico.
-         E sarebbe questa qui? – Ghignò.
-         SENTI, tu – esclamai – non so cosa tu ti aspettassi da questa qui , ma si dà il caso che lei abbia già i suoi problemi senza che tu faccia commenti cretini! – Okay, lo so che stavo esagerando, ma quando sono triste, o stanca, basta un nonnulla per farmi incazzare. E mi spuntano mediamente anche delle lacrime. Non vado fiera di questa parte del mio carattere, ma come ho già detto, non posso farci assolutamente niente.
Pensavo che quel riccio avrebbe fatto qualche commento sarcastico alla mia reazione isterica , invece diventò serio e alzo le mani. – Mi dispiace. Lo so che ne hai passate veramente tante, oggi, per i tuoi standard, ma ti prometto che fra poco saprai tutto quello che c’è da sapere. Devi solo attraversare questo ponte. – Ma…ma io non ce la faccio…ho una paura matta di cadere… - Balbettai.
-         Stai tranquilla, Esmeralda, possiamo darti una mano. – Cercò di tranquillizzarmi Legolas. Con pochi, abili movimenti tolse una freccia dalla faretra e vi assicurò un capo di una corda che non avevo nemmeno visto. Poi incoccò la freccia, tese l’arco e la spedì a piantarsi su un albero poco dietro a Shadow. – Puoi tenerti a quella, non cadrà.
-         Come sul Nimrodel – sussurrai con un filo di voce. Esitante, posai un piede sul ponte.
-         Dai, Esme. Se cadi, ti prendo io al volo. – Mi incitò Knuckles, piazzandosi dietro di me.
-         Cazzo, Knuckles. Se non la smetti di chiamarmi Esme ti faccio cadere io.
Legolas intanto aveva già attraversato il ponte, e mi invitava a venire avanti.
Bene o male, arrivai in fondo al ponte. Shadow e Legolas mi aiutarono a scendere, e Sonic, Knuckles e Pikachu ( che nonostante fosse elettrico continuava a sporgersi sull’acqua con aria curiosa )ci raggiunsero dopo poco.
Presi in braccio il mio Pokemon e lo accarezzai. – Pika… Pika-pi. – Si strusciò contro di me, cercando di tranquillizzarmi.
Shadow lo guardò incuriosito. – E’ tuo, quel Pokemon? – Chiese.
-         Beh, non proprio. – Ammisi. – Diciamo che l’ho incrociato ieri sera e adesso lo tengo con me. E poi ,lo sai che se non catturi un Pokemon , sta con te solo per scelta sua.
-         No, veramente non lo sapevo. – Ribatté lui. – Perché non provi a fargli fare qualche mossa, così possiamo vedere se si è legato a te?
-         Ehm…Veramente, Shadow  - interloquì Knuckles – dovremmo muoverci, se vogliamo che Esme…
-         KNUCKLES….
-         Che Esmeralda – si corresse – sappia tutto in tempo breve.
-         Senti, Knuckles, non possiamo rischiare di portarci dietro una spia. Quindi , se vogliamo assicurarci che questo animaletto non lo sia, dobbiamo provare che è veramente legato a Emerald.
-         E va bene, ci prov…come mi hai chiamato?- Esclamai interrompendomi.
-         Te lo spiego dopo. Fai questa prova.
-         Eh, okay… - sbuffai. Posai Pikachu per terra. – Bene, Pikachu…Usa… - D’un tratto mi accorsi di non sapere minimamente che mosse fosse in grado di eseguire. Cosa gli potevo chiedere?
Decisi di provare con la mossa standard per i tipo elettrico.
-         Pikachu, usa fulmine! – Annunciai sicura.
Lui mi guardò un po’ stranito, poi chiuse gli occhi, sembro concentrarsi e…
-         Pikaaaaaaaaa… chuuuuuuuuu! – Una saetta partì dal centro del campo elettrico che aveva creato intorno a sé e andò  a scaricarsi davanti ai piedi di Sonic, che fece un balzo indietro. – Ehi!
-         Perfetto – asserì Shadow. – Possiamo andare.
Ci avviammo. Tutta la mia incazzatura era come dissolta, lasciando al suo posto un’enorme euforia. Avevo un sorriso gigantesco stampato sulla faccia. Legolas se ne accorse, e mentre camminavamo fianco a fianco mi chiese come mai fossi  così felice.
-         Beh, vada – risposi – quando ancora pensavo di avere una vita…normale… avevo 4 sogni. Primo, combattere con un elfo. Secondo, incontrare Sonic e Co. E terzo…Allenare un Pokemon. Ecco come mai!
-         Ah. Ma….ne hai detti solo 3.
-         Il quarto è un segreto. – Chiusi la questione imbarazzata.
-         Ho capito, non farò domande, però… Non hai ancora combattuto contro un elfo. – Disse, sorridendo ( e facendomi saltare un battito: nonostante non sia mai stata davvero innamorata di lui devo ammettere che è un gran figo ).
-         Ho detto CON un elfo, non contro – lo corressi – non voglio mica suicidarmi. Vorrei, se mai mi trovassi in una battaglia, avere accanto a me un compagno elfo: così sarei al sicuro.
Il suo sorriso vacillò e lo vidi abbassare la testa. Poi, dopo un attimo: - Capisco.

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Capitolo 4
*** Qualche spiegazione, finalmente. ***


Intanto eravamo arrivati nei pressi di un casermone, uno di quegli alpeggi abbandonati che trovi verso l’alta montagna. Sul prato davanti ad esso, assurdamente in piano, una piccola echidna di colore scuro e vestita di rosso saltava la corda cantando una filastrocca a ripetizione ( che avevo già sentito, ma non mi ricordavo assolutamente dove ) .
-         Tre, sei, nove, dodici le ove, la scimmia salta il fosso, con le scarpe nuove….
Vedendoci, smise di botto di saltare, mollò la corda e ci corse incontro. Anzi, più che altro stava correndo incontro a Knuckles.
Io ero totalmente basita. Insomma, trovandomi all’interno di una follia di gruppo mi andava bene di incontrare tutti, ma Roxy l’avevo inventata io. Va bene, con una mia amica, ma non esisteva nel mondo di Sonic, era tutta inventata.
La piccola echidna fece un balzo e atterrò fra le braccia di Knuckles. – Ciao sorellina! – Esclamò lui. – Ciao, Knuck! Ciao Esmeralda! – Rispose lei notando il mio sguardo fisso su di lei.
-         C-come…Come fai a conoscere il mio nome? – Balbettai. Lei scese dalle braccia di suo fratello e mi si mise davanti.
-         Sai, se non era per te io mica ero qui. – Fece lei sorridendo.
-         Roxy! – La redarguì Knuckles. – Non sa ancora niente della storia.
Lei annuì, con un’espressione di intensa serietà. – Va bene. Possiamo andare in casa? Ho una fame da lupi.
Soffocai una risata. Era esattamente il tipo di frase che le avrei fatto dire nei miei film mentali.
Shadow alzò gli occhi al cielo. – Con dei membri così , siamo proprio un gruppo credibile.D’accordo, andiamo. Non possiamo più rimandare le spiegazioni.
-         Grazie al cielo.  –Dissi. Primo, perché volevo capire finalmente qualcosa. Secondo, perché stavo morendo di fame.
Mentre ci avvicinavamo al casermone, tesi le braccia verso Roxy, che senza nessuna paura mi salì in braccio. Potevo permettermi certe confidenze con un mio personaggio. In un certo senso, non era solo la sorellina di Knuckles, era anche la mia.
All’interno, la prima cosa che mi colpì fu l’odore. Non era esattamente sgradevole, ma era….strano. Un misto di profumo ( o puzza, a seconda delle opinioni )  di fieno, di ruggine e di zuppa.
La costruzione era divisa in due stanze. Quella dove ci trovavamo noi non aveva mobilio, a parte un paio di panchette basse e una pila di ciotole. In quella a fianco, invece, sul pavimento era disteso un nutrito gruppo di materassi e giacigli. Non c’erano porte a dividere le stanze, solo un’apertura rettangolare in mezzo al muro di divisione. A formare un angolo retto con questo muro, dalla parte di qua, c’era una porta, ma non sapevo se portasse fuori o in un’altra stanza.
Sonic mi fece cenno di sedermi, e io obbedii subito, mettendomi per terra a gambe incrociate. Roxy mi giocava tranquilla in grembo. Pikachu, invece, si accoccolò al mio fianco.
Tutti gli altri mi imitarono, sedendosi in un cerchio, tutti più o meno nella stessa mia posizione.
Mi guardai intorno, con la sensazione che ci fosse qualcosa che andava. Fra me e me, feci un elenco dei presenti, mormorandoli a bassa voce.
-         Cos’hai? – Mi chiese Knuckles, seduto alla mia sinistra.
-         Mi state dicendo che a parte me e Roxy qui sono tutti maschi? –
Shadow si agitò al suo posto, un po’ imbarazzato. – Beh, no. C’è anche Bev.
-         Bev? – Chiesi incredula.
-         Sì, Bev. Beverly Marsh. E’ di là che prepara qualcosa da mangiare. Aspetta che te la chiamo. Bev!! – Esclamò alla fine.
-         Arrivo! – Rispose una voce dietro la porta con direzione ignota. Questa si aprì, ed entrò una ragazzina con fra le mani una pentola fumante. Feci appena in tempo a notare una stanzetta alle sue spalle, prima di concentrarmi su di lei.
Doveva avere undici, o dodici anni al massimo. Ed era bellissima. Aveva dei capelli rosso fuoco fantastici. Anche il suo corpo ( notai con una punta d’invidia ) era uno schianto, considerata la sua età, e nonostante le ombre giallastre-ricordi di vecchi lividi-sulle gambe.
Esatto. Avevo davanti Beverly Marsh, una dei protagonisti (e la mia preferita) di It, il libro di Stephen King.
Sbarrai gli occhi. Lei sorrise, ma si vedeva che era stupita a sua volta.
-         Ciao Esmeralda, non sapevo che fossi già arrivata. – Disse, guardando storto Shadow. Evidentemente era lui il colpevole di non averla avvertita.
-         E io non sapevo che anche tu fossi qui. Dove l’hai lasciato Pennywise? – Chiesi, alludendo al pagliaccio del libro.
-         Aveva altro da fare.
Ci guardammo negli occhi, e dopo un secondo scoppiammo a ridere come delle matte, attirando su di noi gli sguardi stupiti di tutto il gruppo maschile.
Beverly stese uno straccio su una delle panche e vi posò sopra la pentola, poi venne a sedersi alla mia destra, scansando Legolas.
-         Sono contenta che tu sia qui. Era un po’ noioso con tutti questi tizi seri come unica compagnia. – Mi disse.
-         Vorrei dire lo stesso, ma non so ancora nemmeno perché sono qui.
Sonic si schiarì la voce. – Stiamo per spiegarlo, ma oserei dire che è meglio prima mangiare.
Come a conferma delle sue parole, il mio stomaco brontolò MOLTO rumorosamente. Tutti risero, ma io avrei voluto sprofondare.
Dopo due ciotole e mezza di zuppa ( l’altra metà la lasciai a Pikachu ) , mi sentivo abbastanza soddisfatta, ma battei lo stesso le mani per attirare l’attenzione del gruppo. – Adesso, non credete che forse, magari, probabilmente, sarebbe il momento di spiegarmi perché oggi continuo a incontrare personaggi inesistenti che mi hanno portato qui?
Shadow posò la propria ciotola e diventò serio di colpo. – Certo. Se non avete nulla in contrario, comincio io.
-         Vai pure, Shad. – Assentì Sonic.
-         Come forse sai, la fantasia di ciascuno di voi umani “reali” è soggettiva. In altre parole, ognuno di voi immagina noi – e fece un gesto a indicare tutti i componenti del cerchio – in un modo diverso.
-         Lo so, purtroppo lo so. Vai avanti. – Lo incitai.
-         Comunque, siete tutti liberi di fantasticare sul mondo che preferite. Ma-e noi lo sappiamo bene-c’è un punto, una zona, chiamala come vuoi, in cui tutti questi mondi si incontrano. E’ quello normalmente chiamato “ Mondo della Fantasia”. Qui ogni personaggio inventato si incontra con gli altri, infatti ci conosciamo tutti.
-         Il problema è che non tutti gli individui provenienti da questi mondi personali sono pacifici. – Interloquì Legolas.
-         Esatto. Capita – continuò il riccio nero – che una mente non molto calma idei dei personaggi malvagi. Succede molto spesso, ma di solito questi ultimi sono quasi innocui, o hanno un punto debole facile da trovare, oppure esiste già un avversario adeguato, creato dalla stessa persona. Raramente, per fortuna, arriva in questo “mondo comune” un malvagio autentico, ma siamo riusciti a sedarli tutti, in passato.
-         Ma stavolta, qualcuno ha esagerato. – Disse Knuckles.
-         Già. Un ragazzo ha ideato il nemico perfetto. L’ha pensato come imbattibile da parte di tutte le creature fantastiche. Perché, non si sa. Ma il problema è un altro. – Si fermò per riprendere fiato.
-         Questo essere – riprese- ha intenzione di distruggere la volontà di immaginazione dei giovani umani, per prendere possesso delle loro menti e farli diventare malvagi quanto lui. E’ probabilmente uno psicopatico.
-         Ma può farlo?! – Esclamai incredula. – Voglio dire, è solo un personaggio inventato.
-         Sì che può. Per il semplice fatto che può agire dall’interno. – Fece cupa Beverly.
Shadow annuì. – Esattamente. Passando per il mondo che abbiamo in comune, riesce a penetrare nella fantasia di chi vuole e farne quello che preferisce. E noi non possiamo fermarlo.
-         Possiamo fermare i membri del suo esercito, combattendoli uno per uno, ma è un magro risultato. – Disse Legolas.
-         Esercito?
-         Ha assoldato tutti i nemici di ogni mondo fantastico, ma per lui sono solo pedine. – Rispose Sonic. – Li usa per tenere alla larga noi “buoni” , così da essere il solo a far parte dei pensieri di voi umani. Anzi, di voi giovani umani.
-         Okay, fatemi capire bene – li interruppi – c’è questo psicopatico che va in giro per il mondo della fantasia, dove probabilmente adesso mi trovo, a rubare l’immaginazione dei bambini. E fin lì ci sono. Ma perché voi siete riuniti tutti qui? E perché avete portato qui anche me?
-         Ci stiamo arrivando. – Replicò Shadow. –  Le due cose sono collegate. Vedi, il fatto è che il creatore di questo essere l’ha pensato come superiore a tutti noi, e poi lui se n’è andato dalla sua mente, perché non gli venisse apportata alcuna modifica. Il suo problema è che non è stato progettato come superiore a una persona reale.
-         E qui subentri tu – interloquì Knuckles – perché noi superstiti, in piccoli gruppi, siamo stati spediti nelle menti di chi ci pensava di più. Ma la gran parte dei gruppi è finita in cervelli già occupati dal nemico, e li abbiamo persi. Ma noi siamo stati più fortunati.
-         Ha ragione. Abbiamo trovato te, che conservavi tutta la tua fantasia intatta, e ti abbiamo portata nel nostro mondo. – Finì Shadow.
-         Ma PERCHE’?! – Quasi gridai, anche se credevo di sapere già la risposta.
-         Per salvarci. Tu sei l’unica che può ancora combattere il nemico.
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Ero totalmente indecisa se mettere questo capitolo o no. Perché? Non lo so XD . Mi sembrava che ci fosse qualcosa che non andava ma.....The story must go on. Comunque, spero che lo apprezziate.
Ro =)
P.S. Lo so che praticamente nessuno di voi conosce Roxy. E' un mio personaggio, di cui ho fatto la descrizione nel primo capitolo di "Dal diario di Christine Thorndyke" . Se avete voglia, buttateci un occhio. Se no...Amen XD

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Capitolo 5
*** Ma stiamo scherzando? ***


Rimasi basita. Dopo tutto quel discorso, avevo iniziato a sospettare una cosa del genere, ma vedersela buttare giù in quel modo era diverso.
-         C-cosa? Io? – Balbettai quando riuscii a riprendere il dono della parola. – Ma non è possibile…Io non ho nessuna abilità particolare, sono solo una normalissima ragazza maldestra e umana. Ci sarà qualcun altro migliore, qualcuno con la fantasia non corrotta…
-         Qualcuno di sano c’è ancora, ma sono perlopiù bambini piccoli, corpi e menti che a LUI non servono. – Rispose Legolas. – E in ogni caso, portare un umano nel nostro mondo non lo lascia indenne. Il viaggio di oggi ti ha resa diversa, più adatta agli scopi per cui ti abbiamo condotta qui. Su di te non vedi alcun cambiamento fisico, ma non sei esattamente la stessa Esmeralda che si è svegliata stamattina.
-         Ah davvero?? E quando sarei cambiata, sentiamo? – Chiesi sarcastica.
-         Mentre ti portavamo qui. Se il sentiero era così impervio, il motivo era quello. E la trasformazione è terminata quando hai attraversato il ponte.
-         E come faccio a sapere che tutto quel che mi avete detto è la verità, compresa la storia del nemico da combattere?
-         Per il nostro discorso, devi affidarti al tuo cuore. Ma se vuoi una prova del tuo cambiamento…canta.
-         Cosa?
-         Canta. L’abilità su quel versante è uno dei cambiamenti principali.
Chiusi gli occhi e riflettei. Nonostante tutto quello che avevo sentito fosse folle, e totalmente sconclusionato… sentivo che era vero. E non mi piaceva per niente.
Quanto al cantare…Mi ero sempre vergognata della mia voce da contralto stonato, ma se volevano bruciarsi le orecchie, erano affari loro.
Perciò, aprii gli occhi, tappai le orecchie di Roxy ( che per tutto il tempo era rimasta seduta in braccio a me senza dire nulla ) con le mani e iniziai a cantare.
La canzone era un caso. Ricordavo di aver letto quel canto nel Signore degli Anelli, ma mi venivano in mente solo due brani su tre.
-                                                       Alte navi ed alti re
                                                               Tre volte tre
                                                          Sette stelle e sette p…
Mi bloccai di colpo. Quella non era la mia voce. Era totalmente diversa. Somigliava alla voce che avevo sempre sognato di avere, dolce e acuta, ma molto, molto migliore.
Legolas sorrise. – Ottima esibizione. Hai visto?
-         Io…io non so cosa dire. – Dissi, confusa.
-         Devi dire solo una cosa. – Mi incitò Knuckles. – Devi dirci se accetti di aiutarci a salvare la fantasia. Se lo farai, faremo tutto il possibile per riuscirci. Altrimenti, tornerai alla tua vita normale, a fantasticare su di noi. Se troveremo qualcun altro, sarà lui o lei a tentare di salvarci, oppure te ne accorgerai.
-         Knuckles, non lo so. Mi avete posto di fronte queste alternative due minuti fa. Non puoi pretendere che abbia fatto una scelta immediatamente.
Shadow annuì. -  Hai ragione. E’ la fretta che ci spinge, ma una notte possiamo lasciartela. Però, domattina dovremo saperlo.
-         E lo saprete. Ma domani. – Mi alzai, lasciando Roxy per terra. – Buonanotte.
Mi diressi verso l’altro stanzone, ma una volta lì, mi resi conto di non avere un posto dove dormire. O almeno, così credevo.
Sul materasso più vicino alla porta, qualcuno aveva lasciato un bigliettino con una scritta in rosso: Esme.
Lo lessi due o tre volte, di volta in volta più arrabbiata, poi lo strappai, lo appallottolai e lo spedii di slancio verso un certo echidna rosso che rideva come un matto. Ed era un lancio da nazionale di baseball, infatti lo beccai. E grazie al cielo, quello smise di ridere.
 
 
Quella notte faticai a dormire, nonostante tutta la stanchezza per ciò che mi era capitato. Ma mi frullavano in testa troppi pensieri.
In realtà, avevo già preso una decisione, ma volevo esserne veramente sicura prima di annunciarlo agli altri. Non era cosa da prendere alla leggera. D’altronde si trattava di salvare un mondo che ero quasi certa di stare sognando.
Comunque, non era il solo motivo per cui non riuscivo ancora a dormire. Roxy e-ovviamente-Pikachu avevano insistito per dormire con me. No, insistito non è la parola adatta. In realtà si erano limitati a venire al mio giaciglio come se fosse la cosa più naturale del mondo.
In ogni caso, fra tutti e due il materasso raggiungeva una temperatura abbastanza alta e, nonostante ci fosse una temperatura da montagna cioè fresca, io morivo di caldo.
Mi alzai, cercando di non svegliarli, e in punta di piedi raggiunsi la porta che dava fuori, schivando vari esseri addormentati. Mi infilai nell’aria fresca con immenso sollievo.
Ma non ero sola. Sul dorso della collina, a guardare le stelle come perso in sé stesso, c’era Shadow.
Mi avvicinai più silenziosamente che potei e mi sedetti accanto a lui.
Il riccio non si voltò nemmeno sentendomi arrivare, ma abbozzò un inizio di sorriso. Restammo un bel po’ di tempo così, ognuno perso nei propri pensieri, poi fu lui a parlare per primo.
-         Neanche tu riuscivi a dormire?
-         Beh, è difficile con due esserini che ti occupano il letto. – Risposi.
Il suo sorriso si allargò. – Già.
Ci fu un’altra lunga pausa.
-         Esme? – Partivamo male con quel soprannome, ma decisi di lasciar correre.
-         Sì?
Sembrò riflettere a lungo prima di rispondere. – Sai, non devi credere a tutto quello che ti abbiamo detto stasera. – Per poco non mi venne una sincope. COSA?
-         Che cosa intendi dire? Che mi avete raccontato solo balle?
-         No, no, non prenderla  così. E’ solo che….- Si interruppe e abbassò lo sguardo.
-         Vedi, tutto quel che ti abbiamo raccontato è vero. L’unica cosa su cui abbiamo un po’…esagerato è la fretta. Tutto ciò che tu sai che il nemico ha fatto, è vero, l’ha fatto, ma non in quantità così grandi. Potrebbero ancora esserci molte menti libere, ma volevamo tu capissi che bisognava muoversi. Sai, perché anche prima dello scontro diretto con questo “nemico” che ti abbiamo descritto, minimo minimo avremmo dovuto prepararti a combattere sul serio con i membri del suo esercito, quindi con la spada, in una rissa…E soprattutto, nel caso tu…avessi deciso di rifiutare, dovevamo avere tempo di manovra. A proposito – si voltò verso di me – cos’hai deciso?
Gli lanciai uno sguardo vacuo. – Lo saprai domattina. Devo pensarci ancora un po’.
Lui annuì. – Certo. Niente fretta. Però… - Si interruppe di botto.
-         Però? Continua! – Lo spronai.
-         Non so se posso dire, è un po’…come dicono le tue amiche? Vergognevole. – Sembrava imbarazzato. Oh santo cielo. Alla luce della luna non avrei potuto giurarlo ma…Stava arrossendo o sbaglio?
-         Spara. – Insistetti.
-         E va bene… - Sospirò. – Lo sai che nelle storie fantastiche normalmente l’eroe è un bel ragazzo forte e muscoloso , e che noi dovevamo cercare il suo opposto per combattere?
-         …..sì?
-         Ecco… Noi speravamo tu accettasi perché eravamo alla ricerca di.. – Deglutì. – Di una bella ragazza. – Si girò dall’altra parte. Okay, ora era definitivamente arrossito.
Rimasi di stucco per un bel pezzo. Shadow…The hedgehog…Mi aveva fatto…Un complimento?! Stavo sognando? La parte di me che tenevo sempre nascosta, quella che mi avrebbe fatto dire “awwwww!” , stava venendo pericolosamente a galla.
Ma la mia parte razionale mi diceva soltanto di tirare fuori qualche battuta per togliere di mezzo l’imbarazzo, o non avrei più potuto parlare con lui quella sera. E forse neanche per svariato tempo dopo.
-         Ehm…Shad, lo so che siamo al buio, però credevo che la tua vista fosse molto migliore.
Scoppiò a ridere e io con lui. Non sembrava il tipo da fare complimenti a una ragazza normalmente, quindi dovevo distoglierlo subito dalla questione…Le spiegazioni le ho date prima. Purtroppo non ci riuscii.
-         Non essere così severa, Emerald. Hai un sacco di muscoletti e anche grazie alla trasformazione di cui ti ha parlato Legolas sei diventata l’eroina perfetta.
-         Wonder Woman – borbottai – adesso però mi spieghi quel soprannome?
-         Quale?
-         Emerald.
-         Oh, okay…Vedi, tutti quanti ti chiamavamo nel modo che ci sembrava più congeniale. Knux e Sonic Esme, perché parlano in fretta, Beverly ”collega” , Legolas Eorl , e io Emerald perché…Perché con gli smeraldi ho fin troppo a che fare.
-         E Roxy? Come mi chiamava?
-         Non ridere.
-         Promesso.
-         Ti chiamava Essie. Non chiedermi perché, però continuava a chiamarti così.
Lo guardai di sbieco. – Non c’è niente da ridere. E’ una bambina, e mi hanno dato soprannomi peggiori.
-         Tipo?
-         Non te li dico neanche sotto tortura.
-         E dai, non li dico a nessuno…
Insomma, finimmo a battibeccare come due…due…come due idioti, sì, e avremmo continuato per tutta la notte probabilmente, quando notammo qualcosa muoversi sulla linea dell’orizzonte.
-         Ma che cosa…. – Mormorai. Ci alzammo in piedi. Shadow aveva una vista migliore della mia, e lo vidi scrutare la massa nera.
-         Non è possibile…- Sussurrò lui. Strinse gli occhi.
-         Sonic! Legolas! Tutti! Venite fuori! – Urlò.
Uscirono quasi tutti, gli umani con i vestiti alla e via così e i mobiani pronti e vigili, e seguirno il dito puntato di Shadow. Ed ebbero la stessa sua reazione.
Io che non ci capivo niente, come un fulmine mi infilai nel casolare, spaventando ancor di più Roxy che stava rannicchiata sotto le coperte e abbracciata a Pikachu, e buttai all’aria tutto il contenuto dello zaino, finché non rinvenni quello che cercavo.
Quando tornai fuori con il binocolo, la massa non accennava a scomparire. Lo puntai verso di essa e raggelai. Non era una massa.
Erano tanti, tanti esseri incolonnati disordinatamente, come un esercito. Ma non fu quello a ghiacciarmi il sangue.
Erano le espressioni che vedevo sui loro volti. Alcune sembravano quelle di un bambino che tsa andando a rubare marmellata, ma altre…Erano puramente crudeli. E poi, molti di quelli li avevo già visti, purtroppo. In libri, fumetti e cartoni. Come avversari.
In alto, sopra alla massa, alcune figure scura volteggiavano tetre. I casi erano due: o avevo delle allucinazioni da sonno ( e avrei preferito di gran lunga quelle) oppure…Oppure i Nazgùl erano lì, dietro le lenti del mio binocolo.
-         Vanno verso Nord, non verso di noi…-  Sentii sussurrare alle mie spalle. Mi voltai, e vidi che c’erano tutti. Persino Roxy, abbarbicata a Knuckles come se temesse di perderlo.
-         Questo vuol dire che… - Mormorò Legolas.
-         Sì. L’esercito nemico è pronto. – Rispose Shadow.
Strinsi i pugni. Dopo quello che avevo visto, non avevo più motivo di pensare ancora.
La mia risposta era un sì.

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Cavoli negri se ero in stallo. Non riuscivo a sbloccare la storia è.é comunque, adesso fortunatamente ce l'ho fatta. Spero non faccia troppo schifo ^^"
Ciao ciao!
Ro =)
P.S. c'era qualcuno che cercava i Nazgul XD Lo so, lo so, questo è solo un cameo per loro, ma prometto che presto li vedremo fin troppo.

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Capitolo 6
*** Prime prove ***


E così cominciai ad allenarmi, perché con la venuta del nemico tutto quello che mi aveva detto Shadow quella notte non valeva una cicca, e quindi il tempo stringeva come una cintura da bambino sulla pancia di un ciccione.
Mi allenavo con Knuckles, in lotte corpo a corpo ( e regolarmente perdevo, è ovvio ), e con Legolas in combattimenti di spada e a tirare con l’arco.
Avete presente come sono gli elfi con le armi? Ve lo dico io. Sono IMPOSSIBILI da battere. Soprattutto da parte di una come me che le spade, prima di allora, le aveva viste solo nei film fantasy.
E quindi io potevo darmi da fare finché volevo, ma la mia spada finiva regolarmente piantata a terra o in un tronco d’albero vicino.
- Se non lavori di polso, non otterrai mai nulla, Esmeralda. – Mi disse l’elfo un giorno, dopo avermi fatto volar via la lama con un colpo ben assestato. La sua spada, al contrario di quel trabiccolo che mi avevano procurato, era sottile e elegante…Ma micidiale, ve lo assicuro.
- Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, non te l’ha mai detto nessuno?! – Borbottai raccogliendo la mia e ricominciando a combattere a modo mio, cioè menando botte da orbi senza cognizione logica.
Il suo sguardo si fece duro. – Il mare non è l’argomento migliore quando tratti con un elfo, questo dovresti saperlo. – Parò la mia stoccata disastrosa come se stesse bevendo un bicchiere d’acqua.
A quel punto, perdetti le staffe. – ORA BASTA! – Sentivo energia, pura e irrefrenabile, crescermi dentro come uno tsunami
Con un movimento che nemmeno io sono mai riuscita a spiegarmi, scattai di lato, passai la spada nella mano sinistra e gli infersi un colpo alla schiena fermandomi a pochi millimetri dal suo corpo. Il tutto in un nanosecondo.
Legolas era rimasto paralizzato dallo stupore, tanto era stata veloce la mia mossa.
Gli lanciai uno sguardo feroce, ancora incavolata nera. – ALLORA?
-         Elbereth Gilthoniel. – Mormorò lui lasciando cadere la spada. – Non…Non è possibile.
-         Cosa? Cosa non è possibile?!
-         Tu…Tu hai appena eseguito qualcosa di…impossibile.
-         Ma di cosa vai cianciando?
Si avvicinò  con un movimento fulmineo e mi afferrò i polsi. – Esme, guardati le mani!
Obbedii e rimasi di stucco. Sui palmi delle mia mani brillava una luce in continua mutazione, che passava dal verde foresta al grigio cupo.
Guardai Legolas a occhi spalancati. – Ma cosa diamine…
L’elfo riaprì le mani e mi lasciò. – Adesso credi a quello che ti abbiamo detto? Un potere cova dentro di te e sta iniziando a svegliarsi.
-         Ma com’è possibile una cosa del genere? Voglio dire…Io, io ti ho battuto…
-         A quanto pare, la tua fantasia è ancora totalmente pura. E’ da lì che trai il tuo potere, non c’è altra spiegazione.
Mi appoggiai a un albero, improvvisamente esausta. Continuavo a guardarmi i palmi. La luce andava scemando, si spegneva, e mano a mano che lo faceva mi sentivo sempre più debole.
Legolas rinfoderò la spada. – L’allenamento è finito. Non hai più energia.
Girò sui tacchi e ritornò nel casermone, lasciandomi lì appoggiata e ansante.
 
 
Quel pomeriggio, mi misi alla ricerca di un asciugamano. Forse per levarmi di dosso tutto quello che mi era capitato, almeno per cinque minuti, sentivo il bisogno di fare un bagno.
L’unica a possederne uno in buono stato, cioè che si potesse davvero definire “un asciugamano”, era Beverly. – Che ci vuoi fare, gli altri sono uomini, li avranno distrutti come al solito. – Mi disse cedendomelo, alzando le spalle. Ma io avevo fretta, quindi risposi solo con una risata e scappai via.
Perciò poco dopo stavo già lavando i miei vestiti distrutti nel ruscelletto che scorreva lì vicino. Quando ebbi finito, li stesi sul prato, mi levai l’asciugamano di dosso e mi immersi nell’acqua gelida.
Nonostante avessi un freddo cane, mi sentivo benissimo. Era come se tutte le preoccupazioni si stessero sciogliendo, invece che al caldo, al freddo.
Uscii dall’acqua e mi riavvolsi subito nell’asciugamano. Per fortuna, non tirava vento e c’era un bel sole che metteva di buonumore. Mi sedetti, con la schiena appoggiata a un tronco caduto, mi misi a guardare il cielo strizzando gli occhi.
Forse per questo non li vidi arrivare.
Riabbassai lo sguardo di scatto solo quando sentii un ringhio basso e soffocato. Davanti a me, minacciosi, c’erano cinque enormi lupi grigi.
Mi alzai in piedi, lentamente, terrorizzata. Li conoscevo fin troppo bene, da piccola ci avevo fatto persino degli incubi. La Regina di Narnia aveva mandato le sue guardie.
Gettai un rapido sguardo intorno. La spada era a pochi metri da me, e forse, con un po’ di fortuna, sarei riuscita ad ammazzare uno dei lupi…Sempre che gli altri quattro non mi avessero sbranato prima.
Come se avesse intuito qualcosa, il lupo più grosso mi guardo con un lampo di rabbia negli occhi. – Non provare a fare un passo, ragazzina, o i miei lupi avranno carne fresca stasera.
Dovevo tenerli occupati. Parlare forte, in modo che i miei amici capissero cosa stava succedendo e venissero in mio aiuto. O fuggissero, era una scelta loro.
-         Non siete capaci ad attaccare qualcuno lontano da un fiume? Cos’è, senz’acqua siete senza forze?
Lo sguardo del lupo che aveva parlato ( probabilmente il capo) si fece ancora più duro. – Non osare sfidarci, umana. Tu sei sola, e puoi solo parlare a vanvera.
-         E chi ti dice che sia inutile?
-         Questo, te lo dice. – E con un ruggito, mi si avventarono contro.
Cercai di schivarli, ma non ce ne fu bisogno. Una figura si era messa in mezzo fra me e loro e aveva colpito uno dei lupi con un pugno.
-         Non è educato attaccare una signora. Vero, Esme? – Disse ironico Knuckles, guardandomi con la coda dell’occhio.
-         Knux, attento! – Urlai. Il capo gli si stava lanciando addosso.
Una freccia lo trafisse al collo. Alzai lo sguardo. Legolas era appollaiato su un albero, l’arco pronto, un’altra freccia incoccata.
I lupi restanti arretrarono ringhiando.  – Ci rivedremo, Falsa. – Ruggì il primo della fila, poi tutti si voltarono e fuggirono a gambe levate.
L’elfo scivolò lungo il tronco atterrandomi vicino . – Devo abbatterli tutti? – Mugugnò, con un lampo di rabbia negli occhi.
-         No…Per Diana, no…  - Sussurrai, lasciandomi cadere per terra.
-         Esme? – Knuckles si avvicinò preoccupato, e mi mise un braccio intorno alle spalle per sorreggermi. – Non devi farti prendere dal panico adesso, è inutile.
-         E grazie al cavolo, questo l’avevo capito perfino io.
Lui mi strinse delicatamente, e io mi abbandonai, perché l’unica cosa di cui avevo bisogno in quel momento era un po’ di protezione virile.
Mentre ero chiusa in quell’abbraccio, però, mi resi conto che andava tutto bene, ma io continuavo ad avere addosso solo un asciugamano….
Balzai in piedi, sostenendo quest’ultimo con la mano ( perché si sa come sono gli asciugamani: si slegano sempre nel momento meno opportuno, i bastardi ). – Knux, stai attentando alla mia purezza!
Nonostante c’entrasse come i cavoli a merenda, la battuta fece ridere entrambi i miei salvatori, che però tornarono subito seri.
-         Esme, è meglio se torniamo dentro. Stavolta ti  è andata bene, perché io e l’elfo eravamo di guardia, ma la prossima volta potresti non essere così fortunata.
Annuii e raccolsi la mia roba, ma non mollai l’asciugamano nemmeno per un secondo.
Ancora a piedi nudi, seguii l’echidna e Legolas verso la casa, mentre quei due parlottavano a bassa voce.

Perché non riesco a pubblicare tanto spesso? Eeeee...non lo so XD so solo che questo capitolo era sul pc da tre secoli e non lo pubblicavo per qualche strano motivo. Vabbé. Spero che lo gradiate. Ciao ciao!
Ro =)

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Capitolo 7
*** Mai da sola... ***


Dal giorno dell’attacco, iniziò la tortura. Non potevo azzardarmi a mettere piede fuori dal casermone senza che almeno uno degli altri mi venisse dietro. Okay, avevano paura che qualcuno cercasse di nuovo di ammazzarmi, ma dopo un po’ la cosa diventava noiosa.
-         Mi sento una bambina di tre anni. Quei tizi sono diventati la mia ombra! – Mi lagnai un giorno con Beverly, mentre passeggiavamo nei pressi del fiume. Lei scoppiò a ridere.
-         Devi capirli, collega, sono paranoici. – Replicò raccogliendo un sassolino e lanciandolo lontano con la sua inseparabile fionda. – Hanno paura che diventi la cena di qualche altro strano essere. Argh! – Ringhiò facendo ridere anche a me.
-         Oh, Bev, sei l’unica persona non seria che c’è da queste parti!
-         Dimentichi Roxy – ribatté lei con sussiego – lei è l’unica che riesca a farci ridere mettendo nel sacco tutti quanti.
Aveva ragione. Qualche giorno prima, quando Knuckles le aveva fatto capire che era troppo piccola per proteggere me, lei aveva ribattuto – Preferisco essere piccola e intelligente piuttosto che grande e rimbambita!
Anche se non l’avessi già adorata, dopo quell’episodio si sarebbe guadagnata la mia stima per i secoli dei secoli.
-         Okay, Roxy continua a segnare punti a suo favore – ammisi prendendo in braccio Pikachu, che mi seguiva ormai passo passo. – Però devi ammettere che è difficile tenere con lei una discussione seria.
-         E quando mai noi facciamo discussioni serie?
Dopo questa uscita ricominciammo a ridere a crepapelle. Le nostre risate erano talmente forti che non sentii qualcuno arrivare finché praticamente non mi investì. D’istinto portai la mano alla spada che mi pendeva dal fianco, prima di rendermi conto che si trattava semplicemente di un idiota in blu.
-         Sonic! Sei impazzito? – Esclamai, rialzandomi. Bev , con una mano sulla bocca, cercava di soffocare nuove risate.
-         E’ un quarto d’ora che mi chiamo e voi non mi sentite! – Ribatté lui. – Dovete tornare subito indietro!
-         Cos’è, è finita l’ora d’aria? – Borbottai.
-         No, stupida, dobbiamo parlarvi. Ci sono novità.
 
-         La questione è molto semplice – cominciò Shadow qualche minuto dopo, mentre facevamo il nostro ingresso nell’edificio – le truppe ci hanno comunicato che hanno bisogno di rinforzi. Quindi, dobbiamo dirigerci subito al campo base più vicino.
-         Tutti noi? – Chiesi incredula.
-         Ti dovremmo lasciare qui? – Fece lui sarcastico.
-         No, ma io non sono ancora in grado di combattere…E poi Roxy…
-         Tu  e Roxy combatterete come tutti gli altri – mi interruppe il riccio nero. – Il viaggio è lungo, ci sarà tempo per un altro po’ di addestramento. I nostri colleghi necessitano di tutti i soldati possibili.
-         Voi volete farmi morire. – Borbottai fra me.
-         No, Esme, semplicemente ci fidiamo di te. – Mi disse Legolas dolcemente. Lui e le sue maledette orecchie di elfo avevano sentito tutto. – Crediamo che tu sia in grado di scendere sul campo di battaglia senza morire. Ti basta?
-         Se anche non mi bastasse, la  storia sarebbe identica, no?
-         Hai afferrato il concetto, ragazza. – Ghignò Knuckles.
-         Per curiosità, come ci muoveremo? – Mi informai con lui mentre impacchettavo le mie quattro cose. Mi premeva di chiedergli una cosa, e quella mi sembrava la scusa migliore per parlargli.
-         Come nelle migliori abitudini – mormorò l’echidna rosso, impegnato nello stesso lavoro – a cavallo.
Lo guardai per un attimo, poi scoppiai a ridere istericamente. Lui si voltò, interdetto e con due occhi così. – Ma che hai?
Cercai di soffocare le risate con la mano, senza risultato. – Ahhaaahhahahahaah scusa, ma…buahahahha – lasciai perdere e caddi a sedere sul materasso, piegata in due.
-         Riesci a tornare seria due secondi e a dirmi che ti prende? – Mi chiese Knuckles avvicinandosi.
-         Beh, sai, l’idea di me, te e  tutta la truppa a cavallo….Non è molto convincente – risposi asciugandomi le lacrime. Lui fece un mezzo sorriso.
-         Tu ci sai andare a cavallo?
-         Mi hai visto bene? Ti paio una che va a lezione di equitazione?
-         E tu credi che ci sappia andare,io? Ma io devo andare a piedi. Siete tu, Roxy e Beverly che andrete a cavallo di certo.
-         Questa è discriminazione. – Non era possibile sostenere una conversazione intelligente con lui, però ci potevo provare. – Knux, ma tu sei convinto a lasciare che Roxy combatta?
-         No, ma non c’è scelta. – Borbottò. – E’ un personaggio fantastico, quindi deve combattere. Anche i neonati del mondo della fantasia combattono.
-         Ma è un suicidio!
-         Sì, lo è! – Si infuriò lui. – E’ un suicido, e dobbiamo lasciare che muoiano tutti i bambini! Io non ne sono felice, ma così è. Chiaro?!
Non risposi. Lui si voltò con un grugnito e uscì portandosi dietro la propria roba. Io rimasi accovacciata sul materasso, incazzata con me stessa. Perché diamine gli avevo fatto quella domanda? Era ovvio che lui non potesse farci niente, ed era altrettanto ovvio che la cosa non gli piaceva. “Sei un genio, Esme” mi disse il mio cervello mentre raccoglievo il mio zaino e uscivo dalla casa.
Ad aspettarmi c’era tutta la truppa vicino a due cavalli. Ognuno di essi aveva legata sulla schiena una pila di involti e pacchi. Sonic si fece avanti per darmi tutte le spiegazioni.
-         Bene, Esme, questi sono i cavalli con cui viaggerete tu , Bev e Roxy. Ro verrà con te, se non è un problema…
-         Figuriamoci se è un problema. – Risposi lanciando un sorriso alla mia sorellina.
-         Perfetto. Il vostro è quello grigio.
Mi avvicinai con immensa cautela al cavallo grigio chiaro e lasciai che mi annusasse la mano. – Ragazzi, non sarà mica…
-         Esatto. Quel cavallo è giunto da Rohan – confermò Legolas.
-         Wow…Come si chiama?
-         Irminglod. Vuoi caricargli sopra quello zaino sì o no? – Esclamò Knuckles.
-         Sopra a chi? Al cavallo o all’asino che ha appena parlato?
-         Vai a farti…fregare, Esme. – Ribatté mentre tutti scoppiavano a ridere. Io legai strettamente il mio zaino sopra alle altre borse e poi mi fermai a guardare Irminglod un po’ confusa. Ma uno che mi desse una mano no?
-         Che hai, collega? – Chiese Beverly, già sopra il cavallo marrone.
-         Già non so salire su un cavallo con la sella…Questo nemmeno ce l’ha!
-         Oh, cribbio, quante storie! – Sentii esclamare Knuckles e d’un tratto qualcun mi sollevò di peso e mi piazzò sopra al cavallo. Che, ovviamente, si imbizzarrì e partì di corsa, fermandosi a un fischio di Legolas e lasciandomi cadere dentro un gruppetto di cespugli rachitici.
-         Cominciamo bene…
-         Che dici, Shad?
-         Dico che mentre viaggiamo me la dovete tenere lontana.
-         Questa me la paghi, echidna! – Urlai tirandomi fuori dal cespuglio e portandomi dietro pezzi di ramo nei capelli.
 
Bene o male, riuscimmo a partire. La mia tecnica di cavalcamento (ovvero avvinghiarsi al collo del cavallo come se ne andasse della mia vita ) a quanto pare funzionava, perché non caddi più. Però Roxy si rifiutò di salire davanti a me, e preferì andare con Beverly.
Il viaggio proseguì sostanzialmente tranquillo. Noi andavamo tranquille come dei pascià e i maschietti al nostro fianco ci venivano dietro camminando. Non che facessero fatica, contando di chi stiamo parlando….Però non spiccicarono praticamente parola. Io e Bev e direi quasi logicamente, continuavamo a sparare  stupidaggini, e loro, seri. Dei tocchi di marmo. Finché un’ombra non attraversò il cielo sopra le nostre teste, facendoli bloccare tutti. Sentii Legolas bisbigliare concitato agli altri.
-         Che succede? – Gli chiesi preoccupata, facendo fermare Irminglod. - Cos’era quello?
-         Nazgul. – Sibilò lui estraendo una freccia dalla faretra e incoccandola lentamente. – Una spia del nemico. Tacete o siamo scoperti.
Restammo immobili per qualche attimo lunghissimo, senza emettere un suono. Io, più che altro, ero immobilizzata dalla paura. Venire attaccati da quei mostri volanti, che mi avevano sempre terrorizzata…Non era precisamente un’idea allettante.
Non muovemmo un muscolo fino a quando l’ombra non ci ripassò sopra. A quel punto, l’elfo mirò verso l’alto e scagliò la freccia contro la bestia. Si sentì un grido lacerante e quella sparì dalla nostra vista. Io fissai Legolas a occhi sbarrati, mentre riponeva l’arco. Lui se ne accorse e fece un sorrisetto leggero
-         Sorpresa? Anche tu riuscirai a farlo, quando ti sarai allenata e saprai utilizzare i tuoi poteri.
Preferii non replicare e chinai la testa, mentre lui discuteva con gli altri su quando fosse meglio accamparsi per la notte. Non ero preoccupata per via del Nazgul o per il nascondiglio silenzioso che avremmo dovuto cercare, in modo da ripararci da altre possibili spie. Avevo un dubbio strano che mi frullava per la testa.
Lo tirai fuori qualche ora dopo, quando avemmo trovato un luogo abbastanza riparato e nascosto per fermarci, parlando con Shadow. Non avevamo fuoco, per non farci scoprire da nessuno, e nel cercare un po’ di calore mi appoggiai al primo che mi capitò di fianco, che poi scoprii essere proprio il riccio nero ( esatto, successe per sbaglio, che nessuno pensi male. Era buio, diamine). Lui sogghignò-lo vidi benissimo alla luce della luna-e mi passò un braccio intorno alle spalle. – Freddo Esme? – Sussurrò.
-         Già. – Risposi, guardando le ombre degli altri probabilmente addormentati. Ci fu una lunga pausa di silenzio, nella quale temetti che si fosse addormentato, ma dovevo parlare con qualcuno. – Shadz?
-         Che cosa c’è?
-         Non ti sembra strano tutto questo? – Sussurrai sollevandomi sulle braccia e guardandolo fisso.  –Voglio dire, stanno succedendo troppe cose già successe nei libri!
-         Non ho mai letto i vostri libri, Esme, come faccio a capirti?
-         Allora – cominciai ad elencare – Bev si è già trovata in mezzo a una compagnia di soli maschi. I lupi di Narnia hanno già attaccato delle ragazze di fianco a un fiume. Legolas ha già ucciso un Nazgul in volo. Ti pare possibile che siano tutte coincidenze?
Lui sospirò. – No, non possono essere coincidenze. Per qualche motivo, dobbiamo rivivere dei momenti già passati. Ma spero…Spero che non tocchi a me farlo.
-         Perché? – Ci mise qualche secondo a rispondermi, e quando lo fece, la voce gli tremava leggermente.
-         Non voglio perdere un’altra ragazza a cui tengo. – Mormorò stringendomi. Io sbarrai gli occhi, ma si trattò di un attimo. Il riccio si staccò da me e si spostò da un’altra parte, lasciandomi lì confusa e persa.
Davvero…Davvero Shadow aveva paura di vedermi morire come Maria? O si trattava soltanto di un mio film mentale? Non lo sapevo. Ma rimasi a rimuginarci sopra per un bel pezzo, finché non mi riuscì di addormentarmi.

Non è possibile. Non è maledettamente possibile. Sono riuscita a pubblicare un altro capitolo! Chiedo venia, ragazzi, l'ispirazione aveva deciso di andarsene e di non tornare più. Spero che mi perdoniate il mese di ritardo ç_ç
Comunque, tornando alla storia....Esme riesce a far scappare un sacco di gente, non trovate? Knux, Shad, il cavallo....Vabbè, asciando perdere questi deliri, spero che appreziate questo capitolo in ritardo mostruoso. Hasta la vista!
Ro =)

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Capitolo 8
*** The real trip ***


Pensieri a random a parte, dormii come un sasso, ma il mattino dopo fui la prima a svegliarsi.
Non fu esattamente un momento piacevole. Era quel momento preciso della mattina in cui apri gli occhi, vedi che  fuori è tutto grigio e freddo e ritorni sotto le  coperte implorando pietà, cosa che avrei fatto volentieri…Se  non mi fossi trovata in un bosco sperduto, sotto una coperta sottilissima e sdraiata per terra.
Mi alzai bestemmiando mentalmente e stringendomi nelle braccia in un patetico tentativo di scaldarmi. Erano ancora tutti profondamente addormentati, così decisi di prendere e andare a farmi una passeggiata senza nessuno chaperon attaccato. Pikachu, svegliato dai miei movimenti tutt’altro che silenziosi, scosse la testa per svegliarsi e cominciò a trotterellarmi dietro.
Dopo cinque minuti mi resi conto che una passeggiata era quanto di più inutile potessi fare. Il paesaggio era tutto uguale, tutto alberi immersi nella nebbia. Presi in braccio il mio Pokemon e mi girai, pronta  a tornare in mezzo ai miei amichetti iperprotettivi, quando mi accorsi di un movimento rapido alle mie spalle. Mi girai, e per poco non mi venne un infarto.
A pochi metri da me c’era un essere altissimo, con il viso bianco, vestito con giacca e cravatta. Mentre i miei occhi stavano ancora registrando quell’immagine, il resto del mio corpo correva urlando verso l’accampamento.
- Cazzocazzoloslendermanloslendercazzoaiutoooooooooo! – Gridai tutto d’un fiato nascondendomi fra le braccia di Legolas.
- Ma che…..- Borbottò lui uscendo dai suoi sogni ad occhi aperti.
- C’è lo Slenderman! Lo Slenderman! – Probabilmente gli bucai un timpano.
- Pika! Pika! – Rincarò la dose Pikachu, che era ancora incastrato fra le mie braccia.
- Calmati, Esme. Respira. – L’elfo si alzò tirandomi su con sé. – Non ti può fare nulla, adesso, è lontano da noi.
- Ma era lì….- Balbettai indicando il punto da cui ero arrivata.
- Lo so, lo so, è difficile ignorare tanto male che viene. Ma siamo troppi per lui, e poi ormai è giorno.
- Sono esattamente le sei del mattino e io ti maledirò tutto il giorno per avermi svegliato. – Mugugnò Sonic alzandosi.
- Come facciamo adesso? Andato via o no, ormai mi ha visto. – Buttai lì quando ci radunammo per una velocissima colazione.
Legolas sogghignò. – E’ difficile che diventi una spia, senza occhi né bocca. Stai tranquilla, presto ci sposteremo e sarà più difficile incontrarlo. Ma vorrei che tu non andassi più in giro da sola, e che mettessimo dei turni di guardia durante la notte. – Svuotò in un sorso il contenuto della propria ciotola e poi si alzò. – E’ giunto il momento di ripartire.
Di lì a poco la nostra carovana fu ricomposta e ci mettemmo in marcia. La scarica di adrenalina di poco prima mi tenne sveglia per un po’, ma dopo cominciai ad avvertire le conseguenze del poco sonno. La testa iniziò a ciondolarmi e per poco non caddi addormentata sul collo del cavallo.
-         Collega? Esme! Ehi, sveglia, non è ora del pisolino ancora! – La voce di Beverly mi fece tirare su di scatto, stordita.
-         Sempre pronti e sull’attenti, questo è il motto dei perdenti.  – Canterellò Sonic in tono di scherno. Io mi voltai, incazzata, per urlargli cosa avrebbe perso lui se non l’avesse piantata, ma uno strattone ai finimenti di Irminglod mi costrinse a girarmi.
-         Ci fermeremo qui, per poco. – Legolas indicò un ruscelletto poco distante. – I cavali devono bere e tu devi prepararti, Esme. I tuoi allenamenti sono lontani dall’essere finiti.
A malincuore, scesi di sella e condussi il cavallo fino al corso d’acqua, imitata da Beverly, e poi mi riavvicinai all’elfo. – Sentiamo, cosa mi tocca oggi? Lotta nel fango? Corsa?
Lui sogghignò e sfilò l’arco dalla faretra, allungandomelo. –Niente di simile. Devi solo perfezionare la tua mira.
Io impallidii e presi l’arco e una freccia dalle sue mani. – Dove…. – Legolas mi indicò un albero ad alcuni passi da me, abbastanza contorto da essere un difficile bersaglio. Con le mani che tremavano, incoccai la freccia e la puntai verso il tronco. Mi concentrai, la lasciai andare…e ovviamente sbagliai. La freccia si andò a conficcare nell’erba dietro l’albero.
-         Cominciamo bene…. – Sospirò Sonic. Knuckles si dichiarò d’accordo, mentre fortunatamente Shadow si astenne dal commentare. Cercando di ignorarli, presi un’altra freccia dalla faretra che Legolas mi aveva lasciato di fianco e ripetei il tentativo, con lo stesso risultato.
Cinque, dieci….Quasi tutte le frecce mancarono il bersaglio. Solo un paio colpirono l’albero, e una di esse finì proprio in mezzo ai rami. Scoraggiata, incoccai la penultima freccia e mi accinsi a ripetere il gesto.
-         Che c’è Esmie? Paura di fare cilecca? – Disse Sonic Sardonico.
-         Adesso stai esagerando, Sonic! Come credi che faccia a concentrarsi, con te che spari cazzate? – Il sentire Shadow prendere le mie difese con tutto quel vigore mi fece salire il cuore in gola.
-         Che ci posso fare se ha la mira di un piccione miope?
-         Ora basta. –Ringhiai. Un torrente di energia mi sgorgò da chissà dove e riempì tutto il mio corpo. Con la coda dell’occhio vidi le mie mani illuminarsi di quella luce strana che avevo visto solo una volta, ma non ci badai. Strinsi i denti e lasciai andare il dardo, che si conficcò esattamente al centro del tronco. Dopodiché, a una velocità innaturale, incoccai l’ultima freccia e la puntai contro il riccio blu. – Dì una sola parola….
-         Fermati, Esme! – Sentii la voce brusca di Legolas vicino all’orecchio e la sua mano ancora più brusca  chiudersi intorno alla mia. – Tutto questo può bastare.
-         Ma l’hai sentito? Lo hai sentito?
-         Ehi! Io stavo scherzando! – Sonic si ritrasse, spaventato.
-         Sì, l’ho sentito. –La voce dell’elfo era ferma ma risoluta. – Ma tu non puoi usare l’odio come movente per attaccare.. Ti venderesti al nemico. Abbassa l’arma.
Lo guardai negli occhi grigi, furiosa, poi spostai lo sguardo oltre la sua spalla e vidi Bev, Pikachu e Roxy guardarmi spaventati. Fu quella visione a farmi lasciar cadere l’arco e la freccia, mentre la luce sui miei palmi si spegneva. L’elfo fu rapido a raccoglierli.
-         Non lasciare che la rabbia ti guidi. – Mi sussurrò all’orecchio mentre tornavamo verso i cavalli. – Mai.
Io annuii, troppo confusa per parlare.
-         Avresti veramente colpito Sonic? – Mi chiese Beverly mentre ripartivamo.
-         Se Legolas non mi avesse fermato probabilmente sì. E credo che l’avrei anche colpito.
-         Però sei stata una forza! Con quello sguardo, poi…Sembrava volessi incenerirlo! Non è vero, Roxy?
-         Era fantastica! Ma per fortuna non ha colpito il signor Sonic… - Mi concessi un mezzo sorriso a quello scambio di battute.
Quella sera, però, faticai ancora una volta ad addormentarmi. Tutti gli avvenimenti della giornata mi frullavano in testa come biscotti nel mixer. Slenderman, le battutacce di Sonic, i miei poteri…E soprattutto (un momento che mi tornava in mente sempre più spesso) la voce  di Shadow che prendeva le mie parti. Chissà perché, quel ricordo mi faceva arrossire ogni volta di più dalla contentezza, e ringraziai il cielo di essere abbastanza coperta da non farmi vedere dal riccio nero.
 
Il viaggio durò parecchi giorni, o almeno così credevo. Non riuscivo a tenere il conto del tempo che passava. Quasi quotidianamente ci fermavamo per consentirmi di proseguire gli allenamenti, ma Sonic non fece più commenti che mi potessero irritare e l’energia fantastica non tornò a riempirmi.
-         Secondo te perché non sono più saltati fuori, i poteri? – Domandai un giorno a Legolas mentre proseguivamo. Lui sospirò.
-         Credo che ci sia un legame fra la tua rabbia e l’energia che ti percorre. Dobbiamo solo sperare che il giorno in cui scenderai in campo tu sia abbastanza infuriata.
Scoppiammo a ridere, ma d’un tratto lui si fermò e puntò un dito verso il basso. -  Siamo arrivati!
Guardai in giù. I fianchi delle montagne e delle colline convergevano tutti lì, in una specie di vallata erbosa. E in quella vallata, mentre guardavo, vedevo centinaia di persone brulicare fra tende erette alla meglio. Anzi, no, non erano solo persone: erano esseri di ogni tipo, uomini, animali e altro.
La mia compagnia si lasciò andare a un sospiro di sollievo. Legolas mi mise una mano sulla spalla. – Abbiamo raggiunto le nostre truppe.

Lo so, lo so, avevo detto che avrei pubblicato più in fretta....mi dispiace ç_ç ho fatto il possibile! Spero comunque che non mi tiriate troppi pomodori metaforici...Kalimera!
Ro =)

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Capitolo 9
*** Why so serious? ***


La fretta dei miei colleghi era palpabile mentre scendevamo il fianco della collina e ci avvicinavamo alla massa di gente. Quando finalmente arrivammo alle porte dell’accampamento, un grosso centauro ci si parò davanti. – Da dove proviene questa giovane? – Ringhiò indicandomi. Io mi ritrassi, intimorita dalla sua mole e dal suo aspetto feroce. Beverly, imperturbabile, mi passò davanti.
-         Suona il corno che sai, equino. – Ordinò in tono insolente. – La Predestinata è arrivata.
Vidi impallidire l’altro.  –C-come desiderate. – Balbettò fissandomi. Allungò una mano verso alcuni corni di varie forme al suo fianco e ne scelse uno molto grande, finemente decorato. Prese fiato e suonò una lunga e bassa nota, che fece vibrare il terreno ai nostri piedi.
Nello stesso tempo, le attività nell’accampamento si bloccarono tutte insieme, mentre il centauro si scostava per lasciarci passare. Noi avanzammo, e rimasi di stucco nel vedere due ali di folla ai lati della strada, che ci fissava…che mi fissava. Deglutii e mi costrinsi ad avanzare.
Il silenzio era totale, mentre camminavamo, o almeno lo fu finché un bambinetto, arrivato in prima fila a furia di spintoni, non mi puntò un dito addosso urlando: - La bella Predestinata!
Fu come se si fosse spezzato qualcosa. Tutti si “risvegliarono” e cominciarono a gridare ed acclamare, facendomi arrossire. Per me era una sensazione nuova, essere al centro dell’attenzione..E che attenzione! Fortunatamente durò poco.
Arrivati davanti a una tenda più grossa delle altre, Legolas mi fece cenno di scendere e consegnò Irminglod a un ragazzino davanti all’entrata. – Devi incontrare i nostri esperti di strategia. – Mi sussurrò tenendo alzato il lembo di stoffa per farmi passare. Io annuii ed entrai.
Dall’interno, la tenda sembrava molto più piccola che da fuori, e l’atmosfera era leggermente soffocante, nonostante lo scarso mobilio. Infatti, al centro, c’erano solo un tavolo e alcune sedie,  solo una di esse era occupata, da un giovane con arruffati capelli neri, occhiaie profonde e piedi nudi, seduto in una maniera assurda.
L Lawliet si voltò verso di me e con voce bassa mi disse: - Benvenuta, Esme.
- S-salve…Elle….- Balbettai sforzandomi di riconoscere le altre persone all’interno della tenda. Erano in tre: un giovane con i capelli castani, alto e magro dallo sguardo timido, una giovano donna con pelle e capelli scuri e un uomo con lunghi capelli neri e profondi occhi azzurri, vestito di grigio. Mi ci volle poco a distinguerli, soprattutto quando notai le bende sulle braccia della  donna. – Lady Nasuada – mormorai sorpresa, tentando un goffo inchino di fronte alla signora di Eragon. Lei scoppiò a ridere.
- Ti prego, Esmeralda, se dovessi chiamare lady o signore tutte i governanti di questo posti impazziresti. Chiamami Nasuada, come fanno i miei colleghi qui. – E fece un cenno verso gli altri due. Io sorrisi a mia volta.
- D’accordo, Nasuada. Dovresti essere onorata di avere dei colleghi del genere. Vero, Reid? Vero, Aragorn? – Scherzai per nascondere l’imbarazzo. Loro ricambiarono il mio sorriso.
- Speriamo che sia così. L’onore è nostro, di conoscere la giovane che ci salverà. – Replicò il Ramingo, facendomi arrossire per l’ennesima volta.
- Esatto. Ora, se vuoi scusarci, dobbiamo tornare ai nostri progetti. – L  indicò il tavolo. Curiosa, sbirciai e notai una grande mappa che non riuscii a decifrare (dopotutto continuavo ad avere sei, a scuola, in geografia) e una pila di altri fogli di carta, pergamene e simili.
- Giusto. – Spencer Reid, che non avrei mai pensato di incontrare se non nei miei sogni o nelle repliche di Criminal Minds mi si parò davanti. – Non è che non ti vogliamo mostrare cosa sta succedendo, Esme, ma  è inutile fartene vedere frammenti a caso. Ti sarà spiegato tutto questa sera. – Disse a mo di scusa.
- Questa sera?
- Hai ragione. – Nasuada si colpì la fronte con la mano. – Ce ne stavamo dimenticando tutti. I personaggi più influenti tengono molto a conoscerti e a mettere bene in chiaro la tua…situazione. Perciò, adesso una persona ti porterà alla tua tenda, dove riposerai e farai ciò che desideri, e stasera tornerà a riprenderti per condurti a cena da noi.
- Sa…sarà un onore -  balbettai. Il gruppetto, Legolas compreso, scoppiò a ridere notando il mio imbarazzo e facendomi assumere il colore di un gambero cotto. Con mio sommo stupore, notai che non ero la sola ad arrossire. Anche Spencer….Ed L…avevo le guance colorite. Avrei voluto chiedere perché, ma mentre aprivo la bocca Nasuada mi spinse fuori.
- Forza, avrai bisogno di riposare. Li rivedrai stasera. – E lei ridacchiava sotto i baffi. Dio, perché tutti si comportavano così? – Legolas deve restare qui per riferirci. Arrivederci, Esme.
Osservai il telo di chiusura tornare al proprio posto e mi guardai intorno, confusa. Chi mi avrebbe accompagnato in qualunque maledettissimo posto dovessi andare? E perché diamine CONTINUAVANO a fissarmi tutti?
Rimasi a lambiccarmi il cervello per un po’, finché un ragazzo con i capelli castani non mi si avvicinò.
-         Esme Svit-kona? – Lo guardai sorpresa, e notai il suo aspetto curioso: sembrava un miscuglio fra un elfo e un umano. Insomma, il genere di ragazzo che mi avrebbe fatto urlare “tanta roba!” se solo mi fossi trovata in altra situazione.
-         Sì…E tu devi essere…
-         Eragon Ammazzaspettri, per servirti – Sorrise. – Dovrei accompagnarti alla tua tenda, Nasuada ti ha avvisato?
-         Mi ha avvisato che qualcuno avrebbe dovuto accompagnarmi, ma…..un Cavaliere dei Draghi… - Avevo dato abbastanza enfasi comica alle mie parole e scoppiammo a ridere insieme, ma mi raggelai subito sentendo un’ombra gigantesca che mi passava sopra. Un fremito mi corse lungo la schiena, mentre alzavo lo sguardo per controllare il presunto Nazgul. Eragon intercettò il mio sguardo.
-         Non preoccuparti, è soltanto Saphira. Sta facendo un volo di perlustrazione. Allora, vuoi andare a quella tenda sì o no?
Ci rimettemmo a ridere e io lo seguii. Mentre camminavamo, parlando come se fossimo due vecchi amici (era estremamente facile con gente come loro), mi accorsi di altri sguardi puntati su di me.
-         Ma perché cazzo mi guardano tutti così? -  Proruppi con una nota isterica nella voce. Lui sogghignò, ma stava arrossendo anche lui.
-         Ormai tutti ti conoscono almeno per fama. E poi..beh, ecco…guardati. – Si arrese alla fine, e io obbedii. Non l’avessi fatto. Sentii il sangue scorrermi fino alle guance di getto.
Io indossavo ancora i miei vecchi abiti da montagna, ma possedevo solo quelli, e nonostante li lavassi più frequentemente possibile e ne avessi la cura che potevo, si andavano logorando. E adesso ( che momento di merda ) mi accorsi che i vestiti disastrati rivelavano un po’ le forme. Ma purtroppo, un po’ tanto. Era per questo che Nasuada mi aveva spinto via da una tenda piena di maschi. Li mettevo tutti in imbarazzo!
Eragon ridacchiò vedendo la mia reazione, e si tolse il mantello dalle spalle. – Indossa questo, ti coprirà.
Lo ringraziai, avvolgendomi nel caldo tessuto, e così bardata mi feci condurre alla tenda. Una volta arrivata, sbirciai all’interno e notai con gioia che le mie borse erano già state portate lì. Ma prima che potessi farlo, il Cavaliere  mi prese la mano e mi fece sedere per terra.
-         Ascolta, Esme, io ho piena fiducia in te. Tutti hanno piena fiducia in te, ma devo controllarti la mente. Devo verificare se la tua…”fantasia” – mimò il gesto delle virgolette con le mani – è ancora integra. Cose simili. Capisci? - Io annuii, ricordando cosa succedeva praticamente in ogni capitolo del suo libro. – Preparati allora.
-         Non esagerare – lo implorai sapendo di sembrare una fifona. Ma tutti gli avvenimenti dell’ultimo periodo avevano minato il mio coraggio, invece di farlo aumentare.
-         Non esagera mai, è solo un po’ maldestro. – Il contatto mentale improvviso mi fece sobbalzare. Eragon alzò di scatto la testa.
-         Saphira!! Lei non ci è ancora abituata!
-         Scusa.- La coscienza della dragonessa si ritirò. Lui sospirò e torno a guardarmi. – Sei pronta?
Annuii ancora, per non parlare rompendo la concentrazione, e lui si insediò nel mio cervello.
Aveva ragione, non esagerò. Si limitò a controllare tutti i miei movimenti da quando ero piombata in quell’avventura maledetta e tutte le fantasticherie di prima, ma non potei fare a meno di avvertire alcune fitte di disagio. Non ditemi che è normale che qualcuno vi frughi in testa come se fosse un barbone in un cestino della spazzatura!
Quando finì, lasciai andare un sospiro di sollievo. Eragon sorrise, soddisfatto.
-         Non c’è assolutamente niente di sospetto. Sei pulita.
-         Metaforicamente parlando. – Mi guardai intorno nella tenda e fui felice di scoprire un otre per l’acqua in un angolo. Sentivo il bisogno di darmi una pulita, ma non sapevo come buttare fuori quell’altro senza sembrare scortese. Per fortuna, lui colse il mio sguardo.
-         Immagino che tu voglia riposare. – Disse infatti alzandosi. -  Verrò a prenderti fra un paio d’ore. Preparati, sarà una serata piena di uomini e donne importanti, che tengono all’etichetta più che all’intelligenza.
Lanciai un gemito. Cosa si aspettavano da un’adolescente del mondo reale? Che conoscessi tutto il Galateo? Ma fatemi il piacere! Eragon scoppiò a ridere.
-         Fidati, non sarà così terribile. Io sarò lì, e anche alcuni membri della tua compagnia. – Fece per uscire. – Ricordati: un paio d’ore. A dopo!
Appena fu uscito, mi precipitai verso l’otre e lo stappai. Come pensavo, era pieno d’acqua.
Mi lavai con una furia strana. La causa forse erano state le ultime parole del Cavaliere…L’idea di ritrovarmi davanti Legolas, Knuckles….O magari Shadow….Mi faceva arrossire e mi costrinsi a dedicarmi alle abluzioni con tutta la mia concentrazione.
L’idea di rindossare i miei vecchi abiti non mi piaceva, ma fortunatamente scorsi un mucchietto  di stoffe poco lontano dal mio futuro giaciglio. Erano vestiti un po’ strani, ma chi si contenta gode, no?
Infilai i pantaloni, la maglia di stoffa grezza e la corta  tunica marrone e poi mi sedetti a gambe incrociate sul “letto”, a occhi chiusi, cercando di mettere ordine al macello dei miei pensieri.
Dunque. Ero arrivata all’accampamento, quindi si cominciava a fare sul serio. Ma io…ero pronta?
La malefica vocina dell’inconscio mi disse di no. A parte quelle due volte in cui il mio cosiddetto potere si era fatto sentire, le mie prestazioni erano state alquanto deludenti. Ed era altamente improbabile che in battaglia mi incazzassi a un livello tale da riattivare l’energia. Era molto più probabile che fuggissi a gambe levate. E quella sarebbe stata la fine per tutto.
Consapevole che tutti contavano su di me, tranne proprio me, chinai la testa e cominciai a piangere.
Non riuscivo a frenare le lacrime, ma mi costrinsi a farlo quando sentii bussare  al palo d’ingresso della tenda. – Avanti! – Esclamai mentre mi tamponavo gli occhi con il lenzuolo. Non avevo nessuna intenzione di farmi vedere da Eragon (perché così in anticipo poi?) in quello stato…
Il visitatore entrò, ed era molto più basso di quanto mi aspettavo. Merda. Non era Eragon.
Era Shadow.

Io che riesco a riaggiornare in settimana? Unbelievable o3o però sì, incredibile ma vero stavolta non è passato un mese. Alleluia ** *si aprono i cieli e coro angelico* ehi! Chi ha chiamato gli angeli stonati?
Esme: beh, io.
Ma se sei atea almeno quanto me! Baaaaah.....
Tornando al capitolo, come potete vedere, adesso si è infilato anche Eragon. Avrà un'utilità? O resterà ai margini a rompere le balle come il caro Sonic? E che ne so io?
Alla prossima!
Ro =)

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Capitolo 10
*** Verità ***


-         Oh, c-ciao Shad. -  Lo salutai confusa. Cosa diamine era venuto a fare lì, oltretutto in quel momento pessimo?
-         Perché stai piangendo? – Mi chiese lui avvicinandosi. Teneva quegli spaventosi…e bellissimi…occhi color rubino puntati su di me.
-         Cosa? Io non sto piangendo!
-         Sì, e io non sono stato qua fuori un quarto d’ora aspettando che ti sfogassi. – Ma che belle figure di merda che ti fai, Esme!
-         Okay, va bene, sto piangendo. Sono per caso affari tuoi? – Mugugnai guardando da un'altra parte.
-         Lo sono finché mi preoccupo per te. – Sentii la sua  mano posarmisi sulla spalla e l’altra salire ad accarezzarmi la guancia rossa di imbarazzo. – Cos’è successo, Esme?
-         Non posso dirtelo. – Sussurrai. – Non vi fidereste più di me se ve lo dicessi.
-         Io mi fiderò sempre di te. – Con delicatezza ma senza possibilità di scampo la sua mano mi costrinse a girarmi verso di lui. Il suo naso era a pochi centimetri dal mio, pochissimi, e si stava avvicinando ancora. – Sempre….
Sapevo cosa stava per succedere. Chiusi gli occhi, per pregustare il bacio che di lì a poco sarebbe arrivato…
-         E-ehm. – Il suono ci fece voltare di scatto. A schiarirsi la voce era stato un ragazzino vestito da paggio, rosso come un peperone. – L-la mia signora Nasuada ti manda a chiamare con urgenza, Predestinata.
-         S-sì. – Balbettai alzandomi e precipitandomi verso l’esterno. – Grazie.
Non mi curai del riccio nero rimasto a guardarmi, basito. Mentre seguivo il ragazzetto, a passo svelto, nella mia testa regnava una confusione ancora più grande di prima.
Perché avevo permesso a Shadow di mettermi in quella situazione? Perché dovevo proprio prendermi una cotta per LUI, un riccio, mentre io ero un’umana, per giunta del “mondo reale”? Ma soprattutto, perché, PERCHE’ non era venuto Eragon a cercarmi come aveva detto? Lui era in grado di entrare nelle teste altrui, avrebbe potuto capire cosa stavamo facendo e se ne sarebbe rimasto fuori finché…finché….oh, diamine, finché non avessimo finito!
Sì, dovevo ammetterlo, quella sarebbe stata una situazione da fantasticare a casa mia, nei momenti di insonnia….Ma era successa veramente, e la mia parte più sensibile era in visibilio. La parte razionale mi stava prendendo a martellate, d’altro canto. Mi ero lasciata affascinare da lui, proprio come…come la sua Maria: un genio!
Il pensiero di quella ragazza bionda mi fece tornare in testa di botto un pensiero di alcune notti prima. Shadow aveva paura di perdermi come Maria, perché io gli avevo fatto notare che molte cose si stavano ripetendo….Ecco, anche questa era una ripetizione. Il riccio milanista si era già innamorato di un’umana, e quell’umana aveva fatto una brutta fine. Consolante!
Finalmente io e la mia piccola guida raggiungemmo la tenda degli strateghi, davanti alla quale stava Eragon. Lui mi accolse con un sorriso amaro.
-         Scusa l’anticipo, ma credo che ci toccherà combattere.
-         Combat…Merda! – Imprecai tastandomi i fianchi. Avevo lasciato la spada nella tenda.
Una mano improvvisamente aprì la mia e la riavvolse intorno a un’elsa. Mi voltai appena in tempo per vedere Shadow scomparire di nuovo e farmi affluire il sangue alle guance.
-         Che velocità… -Commentò il Cavaliere. – Muoviamoci, ci hanno convocato d’urgenza.
Entrammo nella tenda. Oltre alle persone che avevo visto prima ora ce n’erano altre in tenuta da combattimento, fra cui Legolas. Sembravano tutti molto agitati.
-         Ah, finalmente. –Commentò L vedendoci. – Dobbiamo fare in fretta.
Mi aggiornarono sulla situazione. A quanto avevano visto alcuni perlustratori, un piccolo esercito si dirigeva verso il nostro accampamento. Le spie non avevano riconosciuto nessuno fra di loro, ma il modo in cui si comportavano era, a loro dire, inequivocabile.
-         C’è un’altra cosa….A quanto ci dicono, sono accompagnati da un essere volante non ben identificato, comandato da qualcuno vestito di nero. – Continuò Nasuada.
Sentii un brivido gelato che mi percorreva la schiena.  – Un…Nazgul?
-         Probabile. Comunque, vi vogliamo tutti pronti a combattere. Anche tu, Esme. Con un essere simile in campo, ci serve ogni uomo, donna o…o bambino abile a combattere.
Mi astenni dal replicare che qualsiasi bambino sarebbe stato un combattente migliore di me e rimasi in silenzio, guardando preoccupata Legolas e Eragon e chiunque mi conoscesse abbastanza da capire la mia paura. Ma gli occhi di tutti erano puntati su Nasuada, che dava ordini con una facilità impressionante.
-         Eragon, prendi i tuoi elfi,i Varden e Esme e dirigiti all’angolo sud-ovest. Legolas, Aragorn,  i vostri a sud-est. Sennar…
Non udii più nulla quando il Cavaliere dei Draghi mi prese per mano e mi trascinò via. Intanto che correvamo ( anzi più che altro che lui correva mentre io gli arrancavo dietro ), urlava ordini a destra e a manca. Diamine, va bene che dovevano assegnarmi un babysitter, ma non poteva essere uno un po’ meno veloce?
Quando grazie al cielo arrivammo a destinazione, le truppe erano già radunate. Tutti erano concentrati , con lo sguardo rivolto verso una delle colline lì intorno. Alzai gli occhi anch’io e la sensazione stile cubetto di ghiaccio lungo la schiena tornò a farsi sentire.
L’esercito non sembrava molto grande, ma incuteva ugualmente timore in quella prospettiva. E sopra di esso volteggiava una figura distante che avrebbe fatto cadere nel panico chiunque. Persino me. Portai la mano all’elsa della spada, terrorizzata…
-         Fermi! Fermi! Non attaccate !– Ci girammo tutti, sbalorditi da quel grido. Era stato…Legolas? Ma che era, impazzito?
-         Legolas! Cosa vedono i tuoi occhi di elfo?
-         Vedono che non devi fregare le battute di qualcun altro, idiota! – Mi concessi un ghigno. Se anche non sapevo chi avesse fatto quella domanda, la risposta veniva chiaramente da Beverly.
-         Non attaccate, ho detto! Non è un Nazgul! E’ un drago! – Eragon sbarrò gli occhi.
-         Un…drago? Ma Murtagh non… - Aggrottò le sopracciglia, cercando di mettere a fuoco la persona che volava in alto. – Ma certo! Nihal! Nihal della Terra del Vento!
-         N-nihal? – Avevo letto le Cronache del mondo emerso,  ci sarebbe mancato altro, ma…
-         Sì! – Il Cavaliere si arrampicò in groppa a Saphira, che spalancò le ali creando una nube di polvere e spiccò il volo.
Li seguii con lo sguardo. I due draghi si incrociarono a metà strada, girandosi intorno. Credo che da sotto sarebbero sembrati come il simbolo dell’infinito, sì, quello della Storia infinita. Dopo poco puntarono di nuovo verso terra, e tutti istintivamente si spostarono, creando uno spiazzo libero dove i due si posarono.
Oarf ( mi era tornato in mente il nome in uno di quei lampi di memoria che succedono ovunque tranne che a scuola) era più grande e imponente di Saphira, e incuteva molto più timore, mentre il suo Cavaliere…Quando scese e si affiancò a Eragon notai, anche sotto il mantellone nero, che era piccolo e minuto. Anzi, per essere giusti, piccola e minuta.
Nihal si tolse il cappuccio dalla testa, rivelando i corti capelli blu e le orecchie a punta. Non sorrideva, anzi sembrava tesa e affaticata. Era immersa in un’accesa discussione con l’altro Cavaliere, e mi avvicinai per sentire meglio.
-         E’ stata una pazzia! Una missione…suicida! Vorrei proprio sapere di chi è stata l’idea…
-         Era necessaria, Nihal! I nostri inviati dovevano recuperare la Predestinata, dovevamo distrarre il nemico!
-         Ah sì? Quindi le mie truppe erano solo un diversivo? Sai quanti uomini ho perso, Eragon?
-         No. – Si arrese lui. – Ma so cosa stai provando, ma era necessario.
-         ….mah. Piuttosto, l’avete recuperata?
-         Certo. Eccola. – Il ragazzo mi indicò. La mezzelfo mi si avvicinò, con un sorriso cordiale.
-         Tu saresti la famosa…Predestinata?
-         Sì. E tu saresti…L’ALTRA Predestinata? – Ci scambiammo uno sguardo e dopo poco stavamo soffocando le risate.
-         Ma bene, vedo che sai tutto. Mi piacerebbe restare a parlare, ma devo portare giù le mie truppe e andare a insultare i nostri strateghi. – E con un gesto leggero della mano, si voltò e tornò al proprio drago.
-         Quale sarebbe quella missione suicida? – Chiesi sottovoce a Eragon, mentre la guardavamo risalire la collina in volo. Lui sospirò.
-         Una parte dell’esercito del Nemico stava arrivando esattamente dove ti avremmo trovato. Nihal e altri sono andati a fronteggiarli per permetterci  di portarti qui. E ha funzionato. – Distolse lo  sguardo. – Ma a che prezzo…
Insieme guardammo le truppe sfilare. Sembravano tutti stanchi e demoralizzati, ma riuscii comunque a riconoscere fra di loro alcuni personaggi conosciuti.
Per ultimi venivano i feriti, su barelle o su cavalli condotti da altri. Proprio su uno di essi vidi con stupore una gatta viola ben conosciuta, in lacrime. Aveva una gamba bendata.
-         Blaze! – Sonic schizzò fuori dalle nostre  file e le corse incontro. Dopo alcuni secondi di discussione rabbiosa col cavaliere dietro di lei, riuscì a farsela scivolare in braccio. Nonostante non fossero molto vicini, udii distintamente la breve e triste conversazione che seguì.
-         Blaze…Cos’è successo?
-         Oddio, oddio, Sonic…Silver…Silver…
-         Calmati, Blaze. Dov’è Silver?
-         L’abbiamo...L’abbiamo perso. Una freccia…
Non volevo più sentire. Mi misi le mani sulle orecchie, feci dietro-front e cominciai a correre.
Non potevo sopportare di essere la causa della morte di qualcuno. Perché mi avevano portato fin lì? Perché? Non sarei mai riuscita a fare quel che avrebbero voluto loro, a salvarmi, e allora perché mi avevano trascinato in quella cazzata a rischio della vita di altra gente?
Avevo la vista offuscata. Impiegai qualche secondo a capire che stavo piangendo, ma continuai a correre. E fu un errore.
Non mi importava di andare a sbattere contro le persone[a loro probabilmente sì, ma in quel momento non mi sarei accorta ( né stupita) neanche di avere davanti il Papa] ma disgraziatamente oltre a loro non distinguevo neanche ciò che mi circondava.
Quando mancavano ormai pochi metri alla tenda, andai a sbattere contro il palo di un’altra. Barcollai all’indietro, poi caddi e persi i sensi.

Sono l'unica che riesce a venire a pubblicare anche il 31 Dicembre. Ma d'altronde, chi pubblica a Capodanno pubblica tutto l'anno, no?
Comunque...chi si aspettava la Shadesme? No, TheLordoftheChronicles, tira giù quella mano, lo so già.....Fra parentesi, volevi rendermi depressa  e "inclinarmi" al suicidio? A quanto vedo dal capitolo di oggi, credo che tu ci sia riuscito u.u ma non demordo, perché se tu sei una pigna verde, io sono una noce di cocco!
Esme: quindi sei vuota dentro?
Ma vai a  sbattere contro un palo, va....In ogni caso, gente, buon anno, e ci sentiamo al prossimo capitolo!
Ro =)
P.S. per chi non avesse letto le Cronache del mondo emerso, anche Nihal è detta "predestinata" lì dentro...Esme ha più memoria di me per questo u.u"

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Capitolo 11
*** Lezione di geografia ***


Quando rinvenni, vidi confusamente che qualcuno era sopra di me e mi fissava preoccupato. Scossi la testa. Sentivo la fronte pulsare, segno della mia botta (di intelligenza, anche).
-         Bene, è sveglia. –Disse una voce. A fatica riconobbi quella del mio elfo favorito.
-         Legolas? – Mi levai su un braccio, sfregandomi la faccia con l’altra mano per svegliarmi. – Cos...Perché sono bagnata?
-         La donna a cui hai tirato giù la tenda non ha avuto idea migliore che tirarti una brocca d’acqua in faccia. – Rispose un’altra voce. Eragon
-         Ah. – Se mi fosse successo nel mondo reale mi avrebbero tirato direttamente LA BROCCA, in testa. – Voi due non dovreste essere …a comandare i vostri eserciti? – Chiesi alzandomi.
-         Per fare cosa? – Eragon alzò le spalle. – Non c’è nessuno da combattere. E se non te ne sei accorta, non sei così facile da raggiungere.
-         Che diamine stai dicendo? – Borbottai spazzolandomi la tunica e notando che una piccola folla di curiosi ci osservava a poca distanza.
-         Il tuo potere ha conseguenze anche  su questo. Corri come un giovane elfo che non abbia mai corso prima d’ora.
-         Sì, insomma, l’elfo sta cercando di dirti che vai veloce come un treno. – Una voce alle mie spalle mi fece sobbalzare e voltare. Beverly, ansante e con una fionda in mano. – Ma ti sei messa le ali ai piedi? Non ti stavo dietro!
-         E tu che ci fai qui? – Chiesi sbalordita.
-         Non si abbandona mai una collega. – Replicò lei facendomi l’occhiolino. Notai che aveva una lacrima rimasta sull’angolo dell’occhio.
-         Bev…che è successo? – Balbettai indicandola.
-         Cosa? – Si passò una mano sul viso, per poi controllarla sbalordita. – Oh, mi avevano avvertito che Bill era ferito, ma per fortuna era un errore.
-         Forza, Esme, andiamo. Ci sono state delle perdite, e le piangeremo, ma dobbiamo raggiungere Nasuada e gli altri per quella cena .- Ci interruppe il Cavaliere mettendomi una mano sulla spalla.- Si parlerà anche delle notizie  che ha portato Nihal.
Annuii e lo presi per mano, con la faccia da “fate di me tutto quello che volete”. Lui mi trascinò via, mentre Legolas e Beverly ci seguivano a poca distanza…Anche se dopo poco, complice forse la luce del giorno che si stava spegnendo,  li persi di vista.
 
Eragon mi condusse verso un’enorme tenda rossa, dal cui interno veniva un rumore soffocato di gente che parlava. Stavo per entrare, ma lui mi trattenne, guardandomi per un momento negli occhi.
-Sei pronta a tuffarti nel vortice della politica di questo posto? – Mi chiese  con un lampo strano nello sguardo.
- Uhm…non può essere più difficile che tirare giù una tenda…no? – Cercai di scherzare…già preoccupata in ogni caso.
- Te lo concedo…ma non tirare giù questa. – Il Cavaliere alzò il telo e mi spinse all’interno.
La mia prima reazione fu di sbattere le palpebre, confusa. La tenda, dentro, era illuminata da decine di luci di vario genere…ed era molto più grande  di quanto non sembrasse all’esterno.
Era occupata da una tavola tanto lunga che non potevo vederne la fine, né da un lato, né dall’altro,e tanto piena di gente che faticai a distinguere i singoli individui. Tutti erano di colori e forme più disparati, e tutti mi stavano fissando. Dire che mi sentivo in imbarazzo è poco. Ero assolutamente impanicata.
Ci fu un lungo istante in cui tutti mi fissarono in silenzio, poi Nasuada si alzò dal suo posto dall’altra parte  della tenda. – Finalmente, Esmeralda. Vieni pure.
Mi avvicinai preoccupata, trovando vicino a lei il mio posto (ovvero una di poche sedie vuote), ma quando stavo per sedermi la donna mi fermò. – Fai il giro, prima, e parla con loro.
-         Tutti? – Bisbigliai di rimando, terrorizzata. Lei annuì, seria.
-         Tutti. E’ una questione politica, se non parlassi con almeno una persona di ogni gruppo te li troveresti contro.
E così cominciò il mio calvario. Il giro fu lunghissimo, anche se conoscevo la maggior parte di loro dovevo comunque fermarmi, presentarmi e farmi presentare i rappresentanti di ogni videogioco, libro, film e chissà cos’altro. Fu noioso e stressante, e anche imbarazzante, quando raggiunsi l’angolo riservato a Sonic e ai suoi amici. Il riccio blu non c’era, sicuramente era ancora insieme a Blaze, e al suo posto c’era Knuckles…insieme a Shadow. Per evitare una conversazione al limite della vergogna, dopo quello che era accaduto nella mia tenda, mi limitai a sorpassarli, mentre con una mano li salutavo e con l’altra accennavo alla massa di gente che ancora mi aspettava. L’echidna sogghignò, ricambiando con un cenno della testa, ma Shad tenne ostinatamente gli occhi fissi sul piatto. Scappai prima di dovermi concentrare ancora su di lui.
Quando finalmente terminai il giro, esausta e ansante, un uomo si alzò , levando il boccale di birra. Lo riconobbi a fatica come Billy Williams, il mio eroe dei libri di Ken Follett. Billy si schiarì la voce ed esclamò: - Alla Predestinata, che ci porti via da questo disastro! – Poi bevve d’un fiato la birra e si sedette.
Scoppiò un applauso e il cibo cominciò a circolare. Sedendomi, notai con stupore che accoccolato vicino al mio piatto c’era anche il mio Pikachu, e che mentre Nasuada occupava il posto alla mia sinistra, alla mia destra c’era Legolas che mi rivolse un caldo sorriso, e davanti a me sedeva trionfalmente Beverly.
Per poco non piansi di gioia. Avrei potuto passare la serata parlando con gente che mi era ormai familiare, invece di trovarmi seduta con personaggi sconosciuti o magari odiati. Intendiamoci, sono pochi i personaggi che mi stanno DAVVERO antipatici…Ma un’intera cena con una vampiro brillantato di Twilight mi avrebbe rovinato l’appetito. Comunque, torniamo alla parte più importante della serata: il cibo.
Dapprima mi passarono sotto il naso soltanto, chiamiamolo così, antipasti: ovvero verdure e simili, e mi stavo già pentendo di essermi sorbita tutta la manfrina di prima, quando Legolas mi toccò la spalla e indicò un punto poco lontano. – Guarda cosa sta arrivando.
Mi girai, e spalancai gli occhi: un enorme vassoio di carne stava arrivando come volteggiando nell’aria. Poi capii che quattro nani lo stavano portando…ma era una visione troppo celestiale per guardare più in basso del vassoio. Dietro di loro venivano altri nani con carichi analoghi.
Bev guardò la mia espressione e scoppiò a ridere. – Sembra che non tocchi cibo da un anno…
-         No, diciamo che negli ultimi giorni non abbiamo fatto pasti così sostanziosi, e poi oggi ho saltato il pranzo…E poi un vassoio così…
-         Sì sì, ogni scusa è buona…A proposito, che carne è?
-         Tutti i tipi di carne che i nani di ogni opera sono riusciti a trovare. Quindi carne di Feldunost, carne di manzo con l’osso….. – Mentre Nasuada elencava tutto con la precisione di un macellaio, mi accorsi che Legolas aveva smesso di prestare attenzione a ciò che lo circondava ed era perso nei propri pensieri. Muovendo solo le labbra,dissi alle altre due “datemi corda”. Poi, ad alta voce: - Dev’essere davvero buona, da come la descrivi, la carne d’elfo…
Mi imposi di restare seria mentre il bel biondo quasi sobbalzava e si voltava verso di noi. – Prego?
-         Oh, buongiorno! Sai, Nasuada mi stava dicendo che alle tavole dei re più ricchi  un tempo si usava servire carne d’elfo, nel loro mondo…
-         Già, purtroppo quei tempi sono finiti...Da parte mia ho assaggiato la carne elfica solo una volta.
-         E com’era?
-         Assolutamente deliziosa.
A quel punto Beverly non si trattenne più e scoppiò a ridere fragorosamente guardando il viso del nostro amico, stupefatto e diventato quasi verde  dall’orrore. Anche io cominciai a sghignazzare, e poco dopo si unì anche Nasuada con una risata trattenuta. L’elfo incrociò le braccia e si voltò dall’altra parte. – Non c’è nulla da ridere.
- La tua faccia era uno spettacolo, orecchione – sbuffò Beverly fra le risate, coperta dal frastuono della tenda. Aragorn batté una mano sulla spalla di Legolas e, ridendo sotto i baffi, gli disse qualcosa in elfico.
- Che cosa gli ha detto? – Volle sapere Nasuada.
- Non lo so, ma spero sia qualcosa tipo “hai fatto una figura di merda” – disse la ragazzina dai capelli rossi. Io e lei ci guardammo negli occhi per un paio di secondi…E poi ricominciammo a sghignazzare.
- Adesso smettetela – sbuffò Legolas. – Sta arrivando la carne.
 - Spera che non abbia su delle orecchie a punta. – Lui si voltò, senza replicare.
I nani posarono un gigantesco vassoio proprio davanti al mio naso. Io spalancai gli occhi, con l’acquolina in bocca…ma poi mi bloccai, chiedendomi cosa fare. Dovevo servirmi, o darla anche agli altri?
- Prendi il tuo pezzo e lascia che gli altri si accapiglino, Predestinata – disse un uomo seduto alcuni posti più in là. Io annuii, bestemmiando solo mentalmente (e che diamine, ce l’avevo un nome, non c’era bisogno che tutti usassero quello stupido nome formale), presi il coltello e mi misi un pezzo di carne sul piatto, e poi mi buttai sul cibo.
Quella cena era la parte migliore di tutta l’avventura, fino ad allora. Mentre volgeva al termine, però mi ritrovai a pensare agli avvenimenti della mattina. Mi sembrava un po’ strana tutta quella allegria. Dopotutto, c’era una guerra in corso, erano anche arrivate brutte notizie, e tutti bevevano, mangiavano e cantavano. E poi nessuno mi aveva ancora spiegato niente sulla nostra situazione.
Esposi i miei dubbi a Nasuada, che annuì e disse: - Presto saprai tutto.
Alla fine, mentre io e Beverly attaccavamo una torta in due, Spencer Reid si alzò in piedi e battè le mani per attirare l’attenzione. Noi ci voltammo, perché eravamo vicini, ma ovviamente quasi tutti gli altri neanche si accorsero di lui. Frustrato, salì sulla sedia, ma il risultato fu lo stesso.
-         Vai con lui, magari a te prestano attenzione – mi bisbigliò Nasuada, impietosita. Io mi arrampicai sulla stessa sedia del ragazzo, ma niente da fare. Tutti erano ancora immersi nelle proprie discussioni.
-         E che diamine…..Silenzio! – Urlai con tutto il fiato che avevo in gola. Nulla.
All’improvviso, un corno suonò facendo sobbalzare tutti. Non so da chi provenisse quel casino, ma fece azzittire chiunque fosse presente. Spencer sospirò e batté di nuovo le mani. – ORA mi ascoltate?
Gli occhi di tutti si puntarono verso di noi. Sentendomi molto osservata, scivolai giù dalla sedia e tornai al mio posto.
Il genietto si schiarì la voce e tirò fuori una grossa tela arrotolata.
-         Bene. Mi dispiace interrompervi, ma  ora dobbiamo tornare alle cose più serie. – Aprì la tela, rivelando una grossa mappa che appese a dei ganci sul telo della tenda. Non riconobbi i paesi tracciati sopra, probabilmente il mondo della fantasia aveva una forma diversa dal nostro. – Come ormai tutti sapete, la squadra diversivo mandata contro un drappello  di nemici è tornata questa mattina, il che ci aiuta a stabilire dove si trovi il loro capo adesso. – Estrasse un pennarello dalla tasca e segnò un puntino sulla mappa. – A beneficio dei pochi che non lo sanno, qui è dove ci troviamo noi. – I pochi che non lo sapevano? Chissà perché mi sentivo tirata in causa! – E ora…..
-         Scusa, genio, ma è il mio turno. – Nihal si avvicinò e gli tolse il pennarello di mano, per poi voltarsi verso la tavolata. – Io e le mie truppe ci siamo scontrati con il nemico qui… - E segnò un altro punto sulla cartina - ….e in tal caso avrebbero potuto essere venuti solo da Nord o da Est.
Io ci capivo sempre meno. Non avevo mai visto quelle cartine, cosa ne sapevo io dell’ovest, dell’est et cetera et cetera? Per fortuna Legolas venne in mio aiuto.
-         In questo momento noi ci troviamo nella zona più a Sud. A Ovest si trova solo…il mare….e quindi hanno dovuto scartarlo. – Mi sussurrò.
-         Capito.
-         Inoltre – proseguì la mezzelfo – dato che a Est si trova il Dente Avvelenato, possono essere venuti solamente da Nord. – E tracciò una linea sinuosa sulla tela.
-         Il Dente Avvelenato è la montagna più alta del nostro mondo. Nessuno è mai riuscito a valicarlo – mi bisbigliò Nasuada in spiegazione. Io annuii e mi concentrai di nuovo sulle notizie.
-         Ciò lascia una sola possibilità. – Nihal cerchiò un grande tratto di mappa. – La base del nemico si trova nell’ Asmhelor.
Ci fu un coro di respiri trattenuti. Confusa, chiesi ad alta voce: - Che cosa vuol dire questo? E’ una brutta notizia?
-         Molto brutta – rispose Reid, tetro. – L’ Asmhelor è la nostra regione più grande, circondata da monti. E chiunque si sia avvicinato ai suoi confini di recente non è più tornato indietro. Questo vuol dire….
-         Che il loro esercito è talmente grande da coprirla tutta. – Concluse Nasuada.
-         E anche che… - Nihal chiuse gli occhi. – Sono vicini. Maledettamente vicini.

Com'è che ci metto tanto a scrivere un capitolo e poi esce di merda? Non chiedetelo a me, è un mistero O.O comunque spero che non faccia così schifo....Dopotutto sono solo le prime avventure politiche della nostra Esme, tenda a parte....
Esme: e taci!
Va beeeene....beh, gente, arrivederci. Ci sentiamo al prossimo capitolo!
Ro =)

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Capitolo 12
*** Turbolenze ***


Un silenzio di tomba calò sulla tavolata. Ora, io non ne sapevo molto della geografia di quel posto, ma dagli sguardi terrorizzati di tutti afferrai il concetto di base:non erano solo molto vicini, erano anche in una posizione vantaggiosa.
Il silenzio fu rotto da una voce profonda. – Perché tutto questo stupore? Sapevamo di non avere possibilità.
Ci voltammo tutti. A parlare era stato un uomo che stava appoggiato al tavolo con i gomiti. In mezzo alla barba e ai lunghi capelli chiari guardava tutti con aria sarcastica. Vidi Legolas stringere i pugni.
-         Riconosco il tuo solito ottimismo, Boromir. – Replicò una voce ancora più bassa. Stavolta proveniva da Elle, accovacciato su una sedia e apparentemente concentratissimo sul piatto di dolci davanti a sé.
-         Non si tratta di ottimismo o pessimismo. Si tratta di realismo. – Ribatté l’uomo di Gondor ( a quel punto, con grande prontezza di memoria, l’avevo riconosciuto anch’io) alzandosi in piedi. – Io vi sfido, signori: alzate la mano se avevate la speranza di riuscire in questa folle impresa.
Io alzai immediatamente la mano, quantomeno per dare l’esempio ( non potevo dire di aver avuto molte speranze nell’ultimo periodo), e mi guardai intorno sperando di vedere altri farlo.
Alcune mani si alzarono, ma con sgomento mi accorsi che si trattava di quelle dei miei amici, degli strateghi e di pochi altri. Persino Pikachu si rizzò sulle zampe posteriori e alzò la zampetta per darmi conforto, ma invano.
Boromir sembrava soddisfatto. – Vedete? Quasi nessuno sperava. Faremmo meglio a lasciar perdere questa folle battaglia.
A quel punto non riuscii più a contenermi. – E permettere che quell’essere tolga la libertà a tutti? QUESTA è una follia, Boromir. – Esclamai alzandomi in piedi e cogliendo di sorpresa quelli intorno a me. Non badai a loro né agli sguardi puntati su di me e continuai. – Se non sbaglio avete chiamato me perché vi aiutassi, quindi una speranza in me ce la dovreste aver avuta, e l’avete trasmessa a me. Molti non ce l’hanno più? Bene. La mia è rimasta. E farò il possibile per aiutarvi, anche se voi abbandonerete le armi. In questa battaglia per me le alternative sono vincere o morire, e non credo che creperò così presto.
Il silenzio calò di nuovo, ma fu ancora Boromir a spezzarlo. – Avete sentito? La nostra speranza resta nelle parole irrispettose di una ragazzina presuntuosa.
A quel punto si scatenò il putiferio.
Un’ombra nera percorse velocissimamente il lato del tavolo e Shadow saltò addosso all’uomo. – Parlale ancora così e stai pur certo che il tuo pessimismo avrà ragione di esistere. – Ringhiò.
Boromir cercò di toglierselo di dosso, ma i due caddero e restarono avvinghiati a lottare sul pavimento,ma nessuno prestava loro attenzione. Tutti si erano alzati e parlavano ad alta voce, discutevano, urlavano. Nei punti più infocati dalla discussione mi sembrava di veder volare addirittura dei piatti pieni .
Io ero ancora in piedi, ma la confusione stava prendendo piede dentro di me. Avevo perso il filo del discorso, anzi di tutti mille discorsi che adesso avevo intorno, e non capivo più cosa dovessi fare. Mi sembrava di trovarmi nel bel mezzo del consiglio di Elrond nel Signore degli Anelli. Peccato che non ci fosse nessun Frodo ad avanzare per interrompere il casino.
Dopo pochi secondi mi accorsi che Beverly, davanti a me, mi faceva dei cenni per attirare la mia attenzione. Rapidamente indicò sotto il tavolo e poi sparì. Io afferrai Pikachu e poi mi infilai anch’io lì sotto.
La rossa mi sussurrò: – Questa tenda è diventata un manicomio. Usciamo finché qualcuno non ci mette in mezzo.
Io annuii, ma con la coda dell’occhio vidi che Eragon, poche sedie più lontano, ci aveva imitate e adesso avanzava verso di noi. – Dovunque vogliate andare, vengo con voi. Sto impazzendo.
Guardai Bev per una conferma e lei mi fece un cenno di assenso. – Basta che ce ne andiamo.
Sgattaiolammo fuori più veloci che potemmo e ci ritrovammo nel fresco buio della notte. La strada era appena appena illuminata da poche torce.
Mi asciugai il sudore dalla fronte. – Grazie a Dio. Però adesso  dove andiamo?
Bev fece un sorrisetto.-  C’è un solo posto dove nessuno ci urlerà addosso. Seguitemi.
Ci avviammo con lei in testa. Eragon mi mise un braccio intorno alle spalle. – Non credere che tutte le nostre discussioni siano così. Di solito i piantagrane come Boromir non vengono a rovinarci le cene, ma oggi doveva partecipare anche lui.
-         E chissà quante altre stupidaggini avrebbe detto se Shadow non gli fosse saltato addosso. – Sbuffai.
-         Già…A proposito…Ho visto che quel riccio sembrava tenerci molto a difenderti. – Insinuò con un tono strano, a metà fra il sospettoso e (possibile?) il geloso.
-         Siamo amici. – Replicai seccamente, cercando di non pensare al probabile bacio di quella mattina né al mio cuore che stava saltellando di gioia pensando a come Shad si era buttato contro chi mi insultava.
-         Certo….amici. – Sbuffò il Cavaliere stringendo la presa sulle mie spalle. – MOLTO amici, da quel che ho visto.
-         Oh, andiamo, Eragon, non farle il terzo grado! Non è tua sorella, e nemmeno la tua ragazza. – Ridacchiò Beverly che aveva sentito tutto.
Il ragazzo lasciò cadere il braccio e borbottò qualcosa che non riuscii a capire, non avendo le orecchie  di un elfo. Ma il suo tono non mi piacque, così cercai di mantenere le distanze fra di noi mentre arrivavamo a destinazione.
-         Siamo arrivati – annunciò l’undicenne indicando un gruppo di tende più piccole di quelle che avevo visto nel resto dell’accampamento. L’ingresso in quel settore era indicato da due pali che sorreggevano una striscia di stoffa, ma nel buio non riuscii a vedere cosa ci fosse scritto.
-         Dovrebbero essere tutti a dormire a quest’ora, ma sono pronta a scommettere che qualcuno è ancora sveglio. – Continuò lei mentre entravamo.
Non capii cosa volesse dire. Quali guerrieri in un accampamento sarebbero andati a dormire così presto?
Avanzammo fra le tende, in direzione di una luce, e sbucammo in uno spiazzo con un falò al centro. Quello che vidi mi lasciò sbalordita.
Intorno al fuoco c’erano una decina di bambini di tutte le età , che ora ci squadravano sospettosi. Noi entrammo nel cerchio di luce, Bev sicura, io imbarazzata, Eragon teso, e i loro visetti si rischiararono.
-         La Predestinata!  - Urlarono i più piccoli allegramente, correndomi incontro.
-         Era ora,B-beverly, ti avevamo t-tenuto in caldo qualc-c-cosa. – La salutò uno dei più grandi, un ragazzino dai sottili capelli rossi, mentre io venivo assalita da quelle piccole belve. Lei sorrise.
-         Scusa, Big Bill, ma c’era quella cena politica a cui dovevo andare per forza.
-         Bill Denbrough? – Esclamai sorpresa, cercando di convincere un bambino nano a smettere di arrampicarsi sulle mie gambe.
-         P-proprio così. – Ammise Bill sorridendo.
-         Oh, Esme, siediti. Sappiamo quanto siano noiose le cene fra adulti – disse una ragazzina , di nuovo con i capelli rossi ( cos’era, una piantagione a coltura intensiva?) dall’altra parte del fuoco. – Abbiamo i marshmallow! – Implorò vedendo che esitavo, imbarazzata.
Io e Bev scoppiammo a ridere e ci accomodammo. Eragon rimase  in piedi, dondolandosi da una gamba all’altra.
-         Ecco, non so se dovrei essere qui….Gli adulti di solito non sono i benvenuti…. – Balbettò. Mi ritrovai a implorare che avesse ragione. Non volevo che mi facesse scenette come prima.
-         Oh, senti, se tu sei adulto allora It era bellissimo – scherzò invece Beverly, battendo la mano sul terreno accanto a sé. – Avanti, siediti.
E lui si sedette proprio accanto a me. Io mi scansai di pochi centimetri e mi concentrai sui ragazzini. I piccoli avevano rinunciato a fare l’arrampicata ed erano tornati ai propri posti, quasi tranquilli. Erano anonimi sconosciuti, ma gli altri…
 - Tu devi essere Ginny Weasley – tentai accettando un marshmellow piantato su un bastoncino dalla ragazzina dai capelli rossi. Lei sorrise.
- In persona. – Ginny dimostrava più o meno dodici anni.
- Strano…Non ho visto i tuoi fratelli o Harry alla cena. – Il suo sorriso vacillò.
- Sono tutti a combattere…Serve almeno un mago in ogni truppa.
- E allora perché non sei andata anche tu? – Protestò un ragazzino magro dai capelli biondi, tentando di infilare una salsiccia sulla punta di un rametto.
- Perché senza di me non ce la fareste, Laio. Accio. – La salsiccia volò via dalle mani del biondo e atterrò in quelle di Ginny.
- Laio? Quello del Mondo Emerso? – Chiesi incuriosita. Lui arrossì.
- Sì, sono io.
- Ma insomma, quanti siete qui? – Protestai. – Mi giro, e spunta qualcuno di nuovo!
Gli altri scoppiarono tutti a ridere. – Non ci siamo mai contati, ma fra i bambini siamo almeno un migliaio….Uno più uno meno… - Rispose Beverly.
-         E io dovrei ricordarvi tutti? Siamo messi male! – Questo li fece ridere di nuovo, così forte che alcune testoline spuntarono dalle tende più vicine.
-         Ssssh…fate piano…Ai più piccoli ci vanno ore per farli addormentare…- Sussurrò Ginny.
-         Va bene…
Ma ovviamente era troppo tardi. In pochi secondi ci ritrovammo accerchiati da decine di bambini in pigiama, in tunica e simili che mi guardavano incuriositi. Ora, all’inizio mi era anche piaciuto avere un po’ di attenzione, ma adesso cominciavo sempre di più a sentirmi come un fenomeno da baraccone. Perciò, nonostante fosse il posto dove mi ero sentita più a mio agio da quando ero arrivata all’accampamento, mi alzai a malincuore e salutai, cercando di essere educata ( mentre in realtà volevo solo fuggire da quegli occhioni tondi che mi fissavano). Bev rimase seduta , anzi apparentemente era troppo concentrata su Bill per prestarmi attenzione, ma Eragon si alzò spazzolandosi i vestiti e mi seguì. Sembrava quasi contento.
-         Preferisco quando ci sono adulti che urlano….Non sopporto il modo in cui i bambini ti fissano? – Borbottò quando fummo lontani.
-         In cui fissano…me? Non è che ha ragione Beverly e sei geloso? – Tentai di scherzare, col vago terrore di aver centrato il bersaglio.
-         Forse…. – Rispose lui sul vago. Ecco, conoscendo le reazioni dei ragazzi in tutti  i libri e i film, QUESTO voleva dire che avevo centrato il bersaglio. –Vuoi andare subito alla tua tenda?
Per qualche strana ragione, non riuscivo a far combaciare l’idea di me e Eragon con quella di me e Shadow nello stesso posto. Così risposi in fretta: - Nah, non ancora…C’è qualche posto dove andare?
-         Oh, allora devo farti conoscere una persona.  – Replicò allegro il Cavaliere. – Vieni.
Così dicendo mi trascinò verso una tenda più grande delle altre, che sulle prime non avevo notato perché di colore molto scuro. Quando fummo vicini, mi accorsi dell’odore acre che ne usciva.
-         Ma cosa….- Non feci in tempo a protestare che Eragon entrò portandomi con sé.
-         Angela? Si può? – Chiamò mentre entravamo. Nella tenda non si vedeva un accidente, dato che sembrava che nessuno si fosse curato di accendere una luce, ma doveva essere piena di roba, visto che sbattei almeno tre volte contro qualcosa.
-         Non vedo perché tu me lo chieda, visto che sei già entrato. – Una lanterna fu accesa e si fece strada fra mucchi di oggetti che non distinguevo ancora. Dietro la lanterna intravidi una donna minuta, con una massa di capelli ricci che le incorniciavano il volto. – Ah, ma non sei solo….Tu sei Esmeralda, vero?
-         Come fai a sapere il mio nome…Angela? – Chiesi aggrottando la fronte, ma poi mi diedi della stupida. Così come tutti si conoscevano fra loro, e io conoscevo tutti i personaggi delle mie opere preferite, dovevano per forza conoscere anche me, visto che ero diventata pseudo-famosa.
-         Oh, diciamo che io so tutto quel che mi interessa….Solembum mi porta tutte le notizie di cui ho bisogno. – Replicò lei alzando le spalle e accennando con la mano a qualcuno che non vedevo, vicino…ai miei piedi?
“ Giusto, il gatto mannaro….” Mi dissi abbassando lo sguardo. Qualcosa di molto peloso mi si strusciava sui pantaloni. Angela accese un’altra lanterna ( non so come, probabilmente con l’antica lingua) e me la passò, poi alla luce di entrambe afferrò Eragon per il polso e lo trascinò via. – Vieni qui e dimmi ad alta voce quello che devi dire.
Io mi piegai sulle ginocchia e osservai attentamente Solembum. Il gatto mannaro sembrava un normalissimo, grosso gatto, ma mi fissava con uno sguardo supponente di sicuro non normale in un felino. Allungai una mano finché non fu a pochi centimetri dal suo naso. Lui mi guardò sarcastico e cominciò a leccarsi una zampa.
-         Ti aspetti che te la annusi come un gattino qualsiasi?- Come già con Saphira, il contatto mentale mi colse alla sprovvista, ma non distolsi lo sguardo. Poco lontano sentivo gli altri due che parlavano fitto.
-         Veramente volevo stringerti la zampa. Credevo si facesse così, quando si rispetta qualcuno. – Stavolta fu lui a essere preso alla sprovvista. Smise di leccare e mi squadrò.
-         Adulatrice professionista, vedo…- Alzò la zampa. – Sembri più furba di molte ragazzine che circolano in questo accampamento. Il piacere è mio.
Gli strinsi la zampa e poi mi tirai su. Angela fece ritorno, seguita dal Cavaliere.
-         Questi due vogliono entrambi che ti predica il futuro.  – Borbottò, spiazzandomi. – Ti ritengono….degna Sono talmente testardi che devo chiedertelo. Vuoi che lo faccia?
Rimasi un attimo interdetta.  Conoscere il mio futuro? Fino a poco tempo prima avrei risposto di sì quasi immediatamente, ma ora…e se avessi saputo di dover perdere le mie battaglie? Di dover morire presto?
Decisi di rischiare. La curiosità era troppo forte. – Va…va bene.
Lei annuì. – Ne ero sicura. Seguimi.
Mi fece cenno di andare con lei, ma mentre ci avviavamo verso il fondo della tenda, si fermò di botto e si voltò. – Eragon! Sai come funziona, devi restare fuori!
Mi girai anch’io. Il Cavaliere era a un passo da me, con un’espressione confusa. – Ma Esme….
-         Te la restituirò intera, ora esci.
Brontolando, lui girò sui tacchi e sparì, inghiottito dalle pile di oggetti che cominciavo a vedere meglio.
-         Che ti dicevo? Testardo. – Sogghignò Angela, appendendo le lanterne a dei ganci e trafficando con un sacchetto di pelle. – Siediti.
Quasi obbedii e mi inginocchiai per terra. Lei aprì un largo quadrato di tela davanti a me e si sedette dall’altro lato. Fra le mani aveva degli oggetti biancastri. “ Gli ossi di zampa di drago” mi dissi rammentando cosa era successo nel libro.
Angela mormorò qualcosa fra sé, poi lanciò in aria le ossa gridando – Manin! Wyrda! Hugin!
Queste caddero con degli schiocchi sonori. Notai, nella debole luce, che su ognuno era inciso qualche segno. Proprio come nel libro.
L’indovina le osservò attentamente. – Il tuo futuro è quasi più complicato di quello di Eragon. Farò il possibile.
Indicò l’osso più vicino a sé, dove sembrava essere inciso un albero. Era caduto diritto in piedi.  – L’olmo e il pioppo, in piedi rovesciati. Avrai una vita appena più lunga di quella di un normale essere umano. – Mi balzò il cuore in gola. Quindi forse non sarei morta subito…. Mi concentrai su Angela, che passava da un osso all’altro con velocità sorprendente. – Il tortuoso cammino, proprio come Eragon….Dovrai combattere a lungo e duramente, anche contro chi consideri buono e potente su questa terra. Le rose incrociate…Due uomini si contenderanno, e forse si contendono già ora, il tuo cuore.
Sobbalzai. – Che cosa? Due uomini? – Avevo dei mezzi sospetti, su chi potessero essere, e non volevo che nessuno diventasse intero.
-         Certo, e credo dovrebbe essere una fortuna. Infine, il veliero, incrociato con la radice di biancospino….Possono solo significare…
Ma non seppi mai cosa significassero. Da fuori venne un rumore assordante, e il trambusto di molta gente che correva e urlava. Angela si bloccò. – che cosa sta succedendo?
Ci precipitammo fuori. Nugoli di bambini strillavano e scappavano da tutte le parti, inframmezzati da pochi adulti, e una gigantesca ombra, tanto familiare da farmi gelare il cuore, ci sovrastava tutti. Ecco l’origine delle grida.
-         I Nazgul! I Nazgul sono qui!

Un capitolo lunghissimo e terribile, missione impossibile? GIAMMAI. Eh...si fa quel che si può. Ma prometto che il prossimo sarà migliore in ogni caso. Anche perché presto Esme dovrà finalmente combattere.....Ma ci riuscirà, pensando a chi potrebbe essere il secondo spasimante? 
Esme: fra parentesi, hai un'idea di chi potrebbe essere?
Certo che ce l'ho, sono l'autrice u.u ma non te lo dirò mai.
Esme: idiota...tanto secondo me i tuoi lettori sanno già chi è.
Scommettiamo? Va bene, se avete un'idea, ditemela. Chi indovina vince un Nazgul impagliato :3 namarie mellon!
Ro =)

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Capitolo 13
*** La Voce ***


-         I Nazgul! I Nazgul sono qui!
Mi ci volle qualche secondo per riprendere coscienza di dove fossi e di cosa dovessi fare. Tirai fuori la spada dal fodero e mi buttai in mezzo alla mischia. Angela mi seguiva brandendo un bastone dotato di lame.
In realtà non sapevo davvero cosa fare. Ero piombata in una battaglia impossibile da combattere, perché il Nazgul si limitava a volare sopra le tende fuori dalla portata di qualsiasi colpo, e non c’era traccia di fanti o cavalieri intorno a me. I bambini mi sciamavano intorno urlando, ma in mezzo alle grida riconobbi una voce conosciuta.
-         Esme! Esme!
Mi voltai. Beverly, Ginny e Eragon stavano correndo verso di me, schivando i marmocchi. Quando furono vicini, Bev mi gridò: - Dobbiamo raggiungere subito il centro dell’accampamento! Sta succedendo un casino laggiù!
-         E i bambini? – Urlai io di rimando.
-         Ci penserò io, andate! – Anche se non capivo come Angela sarebbe riuscita a tenerli tutti al sicuro, corsi via insieme agli altri.
In quei pochi attimi, mentre correvamo, notai che anche alcuni dei ragazzini più grandi sembravano venire nella nostra stessa direzione. Tutti, me compresa, impugnavano una spada o qualcosa di simile, tranne Ginny che stringeva la bacchetta. La confusione era a un livello altissimo, ma il peggio doveva ancora arrivare.
Piombare nella parte principale del campo fu peggiore di quanto credessi. Lì sì che c’erano dei soldati. Ed erano ovunque.
Non feci in tempo a voltarmi che uno di loro, armato di spadone, mi saltò addosso. Più per fortuna che per altro, riuscii a schivarlo, ma finii a terra. Quello cercò di nuovo di infilzarmi, ma sentii la voce di Ginny che urlava: - Impedimenta!
Il tizio fu spedito a pochi passi di distanza e cadde a terra, giacendo poi immobile. Io riuscii a rialzarmi, strinsi con più forza la spada e mi ricongiunsi al gruppo.
-         Quanto sei brava a usare quella spada? – Mi urlò Beverly in mezzo al frastuono. Al nostro fianco, Eragon mormorava qualcosa che dovevano essere imprecazioni.
-         Meno di te di sicuro!
-         Allora siamo nella merda!
-         Siete protette, state tranquille! – Sentimmo urlare la voce del Cavaliere. – Vi ho eretto delle barriere magiche intorno, ma fate attenzione, non pareranno tutto!
Manco a farlo apposta, un altro soldato ci venne addosso prima che riuscisse a finire la frase. Con un impeto che non so neanch’io da dove uscisse, alzai la spada, che incrociò la sua con un cozzare assordante. Lui, un uomo ben più alto di me, scoppiò a ridere sardonicamente, cercando di colpirmi di nuovo e vedendo come schivavo.
-         Balla, balla novellina, presto sarai il mio spiedino.
Una delle poche cose che mi fa incazzare anche normalmente è che qualcuno mi chiami “piccolina” o “novellina”. Perciò dire che mi infuriai è dire poco. Insieme alla rabbia sentii che mi arrivava anche un’ondata di energia, grazie alla quale riuscii a calare un fendente esattamente sulla spalla dello spadaccino, facendolo crollare.
Tutti i sensi sembravano essere aumentati di qualche grado di potenza. Nonostante il rumore, sentii che qualcuno mi stava cercando di colpire da dietro e mi voltai, trafiggendolo. Avevo mirato al ventre, ma scoprii che si trattava di un nano, e perciò lo avevo colpito alla testa. Quella visione normalmente mi avrebbe dato alla nausea, ma quella parte di me sembrava essersi spenta.
Continuai a combattere, senza fermarmi un secondo. Per ogni nemico che abbattevo, un altro mi raggiungeva alle spalle e faceva la stessa fine del primo, qualsiasi arma impugnasse: spada, lancia, bacchetta magica, bastone, semplici zampe. Ero talmente carica di energia che probabilmente avrei avuto bisogno di un interruttore per spegnermi. E a mano a mano che il tempo passava, la mia rabbia non calava di una tacca. Ero una furia.
Oltretutto nessuno riusciva a ferirmi seriamente, grazie alle difese di Eragon, e questo mi rendeva ancora più distruttiva mentre gli altri crollavano.  Non mi era mai piaciuta granché l’espressione “macchina per uccidere”, ma più tardi avrei convenuto che non potevo descrivermi altrimenti.
Stavo ancora duellando quando la voce si fece sentire. In quell’istante, tutti, nemici e alleati, si bloccarono, e un fremito di paura si diffuse fra le nostre file.
Era bassa e profonda, ma aveva anche una nota stridula dentro di sé, ed emanava potenza al solo sentirla. Fu come se la mia energia si dissolvesse,lasciando il posto al panico. La voce si propagò per tutto l’accampamento, innaturalmente amplificata, e nel momento in cui la sentii io avvertii i muscoli sciogliersi, come se dovessi farmela addosso dalla paura.
-         Spero che l’assaggio che vi ho dato dei poteri delle mie schiere vi sia piaciuto. Ora si ritireranno, ma lasceranno morte e distruzione. Era solo un avvertimento, per farvi conoscere la vostra stupidità nel credere di potermi battere. Io sono L’UNICO. Nessuno fra voi può sconfiggermi. Molti non riescono a sconfiggere nemmeno i miei più umili servitori, quindi perché tentare? Quindi i miei seguaci se ne andranno, ma io al posto loro vi lascio un consiglio.
-         Non continuate nella vostra follia. Unitevi a me, e forse sarò clemente. Altrimenti otterrete solo perdite. E si sa…..nessuno vuole perdere, mai.
Dopodiché, chiunque fosse, scoppio in una risata tanto malefica da farmi gelare il sangue nelle vene, poi scomparve. E insieme ad essa anche i nemici. Così. Da un momento all’altro, sul campo rimasero solo i miei compagni. Sui volti di tutti vedevo lo stesso terrore che probabilmente loro vedevano sul mio. Molti erano a terra ,e come scopersi con grande stupore, io pure. Non mi ero neanche accorta di essere caduta, durante quel discorso malefico.
Mi alzai faticosamente ma, prima che potessi fare qualsiasi passo, qualcosa di vagamente somigliante a un tornado mi finì addosso.
-         Bev…Bev mi stai stritolando – balbettai cercando di liberarmi dalla presa delle sue braccia.
-         Hai sentito quella roba? Hai sentito?
-         Sì, purtroppo ho sentito.- Risposi in fretta, per non scendere nei dettagli. -  Dove sono gli altri?
-         Non lo so, in tutto quel casino li ho persi di vista….Ma dico, come faceva a parlare così? Mi è sembrato….Mi è sembrato di stare per farmela sotto!
Felice che fosse stata lei a tirare in ballo l’argomento, replicai: - Anch’io. Ma credi che fosse proprio…”il nemico” – mimai le virgolette con le mani – o qualche trucchetto dei loro stregoni?
-         Mi sa che era proprio lui. Non ho mai sentito di una magia che facesse un effetto del genere. – Come temevo. Con tono lugubre chiesi:
-         Sai cosa significa questo?
-         Ho paura di saperlo.
-         Significa che se volesse potrebbe spazzarci via come dei granelli di polvere.
Ci guardammo in silenzio per un minuto, terrorizzate da questa idea, poi Beverly sospirò. – Andiamo a cercare gli altri.
Dopo aver dato un’occhiata intorno a noi, per assicurarci che non ci fossero feriti gravi da soccorrere ( grazie al cielo non ce n’erano: viste le nostre scarse conoscenze del campo di battaglia, avevamo già cincischiato fin troppo), ci avviammo. Non sapevamo dove andare, così ci incamminammo verso la tenda degli strateghi, certe che qualcuno sarebbe pur dovuto andare da loro. Ma  a mano a mano che ci avvicinavamo, la mia preoccupazione aumentava. Fra i tanti feriti e illesi che incrociavamo, non uno era un volto conosciuto. Non uno!
La cosa mi spaventava non poco. Io e Bev non ci eravamo fatte praticamente niente grazie alle difese di Eragon, ma a quanto ne sapevo nessuno degli altri le possedeva. Cosa poteva essere successo a Sonic, Legolas, Elle….e Shadow?
Il pensiero che proprio il mio riccio nero potesse essere ferito, o peggio morto, mi fece saltare il cuore in gola. Mi imposi di pensare positivo, ma quell’idea non se ne voleva andare dalla mia testa.
Finalmente, dopo quelle che mi parvero ore, intravedemmo qualcuno che invece di girovagare come uno zombie, ci correva incontro. Era Knuckles, e liberammo un sospiro di sollievo.
-         Meno male, voi due state bene… - Borbottò quando ci ebbe raggiunto. – Due in più, almeno.
-         Knux, hai visto qualcuno degli altri? Fino a poco fa stavamo combattendo vicini, ma ce li siamo persi. – Chiese Beverly.
-         Non credo di aver visto nessuno, e credo ci sia altro di cui preoccuparsi. Mi hanno appena riferito un po’ di…..numeri. – Rispose lui cupo.
-         Numeri?
-         Prima che quel….bastardo si decidesse a parlare, i suoi soldati hanno combinato un bel disastro. A occhio, come stima, abbiamo perso circa duecento dei nostri.
-         D-duecento? – Balbettai. Certo, io tutta presa dal mio combattimento non mi ero accorta di quello che mi succedeva intorno.
-         Duecento. E questo solo i soldati. Quel maledetto coso volante deve aver fatto di peggio.
-         Il Nazgul? Ma….era nel settore dei bambini, non avrà…
-         Sto andando a controllare. Fate attenzione, potrebbero tornare. – Ci oltrepassò, deciso ad allontanarsi, ma all’ultimo lo fermai.
-         Knux! – Lui si voltò. – Che c’è?
-         Hai visto Shadow da qualche parte? – L’echidna si grattò la testa, già pronto ad andarsene.
-         Ora che ci penso….l’ho intravisto quando ha incrociato il suo battaglione e poi è sparito. Sai com’è, avevo altro da fare.
-         C-certo. Ciao. – Lui si allontanò e io sospirai molto profondamente.
-         Andiamo, Esme, sono sicura che stanno tutti bene. – Cercò di rincuorarmi Beverly, ma vedevo benissimo che stava pensando quello che pensavo io.
A mano a mano che avanzavamo, cominciammo a incrociare sempre più visi noti. Dopo ognuno, la morsa che mi bloccava il respiro si apriva un po’ di più, ma…Shadow  non si vedeva. E per colpa di questo avevo sempre più paura. Finché ad un certo punto Beverly, che mi conosceva come le sue tasche, mi diede un pugno sulla spalla.
- Ah! Che vuoi?
- Guarda un po’ là, zingarella.
Seguii il suo dito e il mio cuore, manco stesse saltando la corda, perse un battito. Poco lontano, ma ovviamente in una direzione totalmente opposta rispetto a quella in cui stavamo andando, vidi una sagoma nera ben conosciuta, vicino ad un’altra bianca.
Dimenticandomi di  tutto, di Beverly, della battaglia, dei feriti che stavo incrociando, mi misi a correre verso di loro, e quando fui a pochi passi, saltai al collo di Shadow senza nessun ritegno.
-         E-esme? – Balbettò lui, lasciando cadere la spada dalla sorpresa. – Esme, mi stai….strozzando….
Sciolsi l’abbraccio e lo guardai con un misto di rabbia e felicità. – Eri introvabile! Pensavo…pensavo che tu fossi morto!
-         Non dirmi che ti stavi preoccupando per me…. – Sogghignò lui.
-         Certo che ero preoccupata! - Esclamai offesa. Parlavamo come avevamo fatto prima del “bacio”, senza neanche un briciolo di imbarazzo da parte sua (dalla mia ce n’era molto). Poi mi resi conto che stava fingendo, visto che non incrociava mai il mio sguardo ed era rosso in viso, ma ero troppo sollevata per sentirmi confusa. – Ero molto preoccupata!
-         Non ci credo neanche se lo vedo.
-         Ehm…scusate… - La voce di fianco a noi ci fece distrarre. Mi ero completamente dimenticata del riccio al nostro fianco.
Ero quasi certa che fosse un personaggio inventato: non l’avevo mai visto prima. Somigliava molto a Shadow, ma era bianco, con una zona grigia sulla pancia, e aveva gli occhi azzurri. Non aveva neanche le strisce colorate sugli aculei, né una spada. L’unico segno particolare era uno strano aggeggio, a forma di L, appoggiato con due stanghette alle sue orecchie come il paio di occhiali più folle del mondo.
Notandolo, capii perché Shadow si era comportato in quel modo. Chiaramente l’avevo messo in imbarazzo, davanti a quel tipo. Che idiota.
Il riccio nero si schiarì la voce. – Esme, ti presento Soter, il mio luogotenente Estel migliore.
-         Estel? – Chiesi confusa. Mi risultava che fosse una parola elfica, del mondo di Tolkien, ma era assurdamente fuori contesto.
-         Nel gergo del campo, Estel sono tutti i fan-character. – Rispose Soter, con una voce insolitamente profonda, guardandomi con i suoi occhi gelidi. – E, sì, è una parola elfica. Significa “speranza”. A molti sembrava adeguata. In ogni caso, piacere.
-         Pia….piacere mio. – Non c’era un personaggio normale che fosse uno, no, vero?
-         Esme, devo raggiungere i miei soldati. Ti affido a Soter. Lui ti porterà dagli strateghi e loro ti spiegheranno tutto. – D’improvviso, Shadow mi afferrò la mano e mi costrinse a chinarmi. – Se è ancora in piedi, stasera resta nella tua tenda e aspettami. Ti devo parlare. – Sussurrò al mio orecchio.
-         O-okay. – Balbettai. – Fai attenzione.
-         Senz’altro. Soter….mi fido di te. Trattala bene.
-         Senz’altro. – Ripeté lui, serio. Magari era solo un’impressione, ma a me quel riccio bianco preoccupava. IO non mi fidavo.
Con un rapido cenno di saluto, Shadow schizzò via. Probabilmente sarei rimasta tutta la giornata a guardare il punto dov’era sparito, se Soter non mi avesse preso per il polso e costretto a seguirlo…dovunque stesse andando.

Grazie ai Valar ce l'ho fatta. Questo capitolo non aveva voglia di farsi scrivere. E...tutto quello che volevo metterci l'avrebbe fatto allungare ancora di più, quindi ho tagliato fino a qui...però questo vi assicura che il prossimo capitolo arriverà presto. u.u
Allora, Riddler, sei felice?
Voldemort: cosa c'entro io?!
Non Riddle, nasone. RiddleR. The New Riddler. Il creatore di Soter.
In ogni caso, sei felice? Lo so che è appena comparso Soter. Però come ho detto, il capitolo stava venendo troppo lungo è ho dovuto tagliare.....buona parte del prossimo però lo occupa lui! Giuro! E se non mantengo la promessa mi....mi....
Esme: ti inginocchi e cominci a chiedere pietà perché ancora scrivi questi capitoli assurdi?
Può dar....come ti permetti di darmi certi suggerimenti? FUORI DI QUI!
Esme: vai al diavolo! Anzi vai nella tenda con Legolas, che ne esci ancor peggio!
Tu......tu....scusate gente, me ne vado a far morire questa ragazza......TU NON TORNERAI PIU' INDIETRO VIVAAAAAA *corre urlando inseguendo Esme*

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Capitolo 14
*** Estel come Speranza ***


Ci incamminammo attraverso l’accampamento distrutto. O meglio, non era così distrutto. Erano solo i colpiti, accovacciati in ogni angolo a leccarsi le ferite, a dare l’impressione che tutto fosse cambiato. In realtà la maggior parte delle tende erano ancora in piedi, soprattutto lontano da dov’era stato il fulcro della battaglia. O forse era semplicemente una mia impressione, dopotutto cominciava appena a fare giorno.
Mentre camminavamo, Soter sembrava non accorgersi nemmeno della mia esistenza. Guardava fisso davanti a sé, scrutando ora un soldato ora l’altro attraverso quell’aggeggio che aveva sulla testa. Mi ignorava deliberatamente.
Tanto per dire qualcosa (e perché ormai le domande nella mia testa si stavano accumulando come documenti nell’ufficio di uno scansafatiche), gli chiesi: - Dove sono gli strateghi? Non nella loro solita tenda?
Il riccio scosse la testa. – No. E’ stata abbattuta dal Nazgul. Si sono spostati un po’ più in là, nella zona dove risiedono gli Estel adulti.
-         Avete una vostra zona? Ma siete così tanti? – Soter fece una mezza risata sarcastica.
-         Contando che i creatori di Estel sono per la maggior parte adolescenti, che ne ideano di coetanei, e qui vengono considerati “adulti” tutti quelli sopra i tredici anni….sì.
-         Non immaginavo che esistessero così tanti fan character.
-         Non ne esistevano così tanti fino a poco tempo fa, ma….Adesso ne spuntano di nuovi ogni giorno. E’ una forma di ribellione.
-         Che intendi dire?
-         Intendo dire – rispose lui fissandomi – che sembra che voi del mondo reale avvertiate qualcosa di quello che succede qui. Forse sentite che c’è una guerra e volete mandarci dei soldati, fatto sta che ideate Estel nuovi ogni giorno. E sono tantissimi.
Visto che, per una delle mie idee folli, avevo da poco sfornato circa una quarantina di fan character, non potei che trovarmi d’accordo. – Quindi come soldati siete un gran numero?
-         Non proprio. Vedi, io, la tua Roxy, e tanti altri, siamo qui da parecchio tempo, perciò qualsiasi età abbiamo, siamo dei veterani. Questi Estel piombano nel bel mezzo di una guerra senza avere la minima idea di cosa fare, quindi dobbiamo istruirli.
-         Tu sei un veterano? E come combatti, scusa? Non hai neanche una spada….
-         Non ne ho bisogno – sogghignò il riccio. – Se l’esercito nemico è vicino quanto crediamo, la guerra è imminente, quindi capirai presto cosa intendo.
-         Devo preoccuparmi?
-         Oh sì che devi. – Soter sogghignò di nuovo. – Devi preoccuparti, e molto.
Okay, sicuramente molto rassicurante andare in giro con un riccio del genere. Per fortuna il vento cambiò direzione, portando con sé un pessimo odore e con esso un nuovo argomento.
-         Ma che diamine…. – Borbottai tappandomi il naso. – La sento solo io questa puzza? Sembra…sembra…
-         Pipì? Molto probabile. – Per qualche strana ragione, sembrava trovare questa cosa molto divertente. – Suppongo che anche tu abbia avuto la sensazione di….diciamo…fartela addosso.
-         S…sì?
-         Ho come l’impressione che i bambini non si siano trattenuti.
Non fu l’idea a farmi scoppiare a ridere, lo giuro. Era il modo in cui aveva appena parlato. Voglio dire, chi mai direbbe “i bambini non si sono trattenuti” per dire che se la sono fatta addosso? Forse un nonnetto, a mio modesto parere.
La mia risata sembrava fuori luogo in quel posto, ma non riuscii a trattenermi. Mi misi una mano sulla bocca per cercare di frenarmi, ma ridevo talmente forte che Soter e chiunque incontrassimo per strada si voltavano.
-         Quanti anni hai, si può sapere? – Chiesi fra gli sbuffi di risa.
-         Quindici. – Decisamente non un nonnetto. Mi guardò stranito, con tutta probabilità dovevo sembrare fuori di testa. Per fortuna, poco dopo (mentre ancora mi scrutava con la coda dell’occhio) si fermò. – Siamo arrivati. – Annunciò.
Ci fermammo. Quell’area era ancora diversa da tutte quelle che avevo visto in precedenza.
Le tende erano grandi, come se avessero potuto ospitare molte persone, e in molti colori differenti raggruppati. Le più vicine a me erano verdi, il gruppo poco più in là rosso, e per quello che ne potevo vedere, ce n’era uno blu più distante.
E soprattutto, i personaggi erano gente mai vista prima.
Decisamente, i creatori di Estel avevano molta fantasia. C’erano umani, elfi, animali, tutte le bizzarrie possibili, e molti erano corredati di ali e accessori simili. Guardavano me e Soter come avrebbero guardato un alieno…o forse guardavano soltanto me. Probabilmente ero troppo normale per i loro gusti.
Il riccio fece un cenno di saluto ad alcuni di loro, poi mi guidò in un’altra direzione in mezzo alle tende. Sembrava apparentemente andare “ad minchiam”, perché dopo un po’ io persi l’orientamento fra quelle stoffe di tutti i colori, ma forse un’idea di dove stesse andando ce l’aveva, perché alla fine sbucammo davanti a una tenda ulteriormente più grande, con parti di tutti i colori.
-         L’hanno eretta con quello che hanno trovato – disse Soter notando il mio sguardo disorientato. – Ora entra.
-         Tu non….
-         No, meglio di no. Aspetterò qui fuori. Su, entra.
Alzai le spalle e entrai. Non sono mica una psicologa. Non esploro le manie del cervello dei ricci, anche se quello in particolare mi doveva ancora molte spiegazioni.
L’interno della tenda era, se possibile, ancora più cupo di quello della precedente base degli strateghi. Mobilio non ce n’era, lampade neppure, c’erano solo Nasuada, Reid, Elle e Aragorn accovacciati per terra intorno a una mappa, illuminata a malapena da un raggio di luce. In piedi in un angolo, dritti come soldatini di metallo, Eragon e Legolas li osservavano.
Sembrava che avessi interrotto la banda del pavimento nel bel mezzo di una discussione, perché si voltarono verso di me con le facce corrucciate e le bocche aperte. Si ricomposero in fretta, ma li avevo visti bene. Mi domandai di cosa avrebbero potuto discutere, quando c’era bisogno di tutta la solidarietà possibile.
Nasuada si alzò e mi si avvicinò. Indossava una corazza dorata e il suo sguardo era duro. – Esme…per fortuna non hai subito danni. – Parlava sbrigativamente, come se nel caso che avessi “subito danni” sarebbe stata colpa mia. – Qualcuno ti avrà riferito che ai nostri soldati è andata…diversamente.
-         Mi hanno detto qualcosa. – Ammisi.- Quanti morti?
-         Duecentoottanta circa, stando a quanto abbiamo calcolato. – Serrò le labbra. – Di cui una settantina di bambini.
Vacillai. Era un dato che avrei preferito non sapere. Settanta bambini…Per un breve terribile istante mi domandai se Roxy fosse stata una di quelli.
Cercai di ricompormi in fretta. – Avete già scoperto da dove veniva quella voce?
-         Non con certezza….- Rispose Reid. – Ma pare che si trattasse proprio di Lui. Sì insomma…Il Nemico.
-         Lo sapevo…E sulla sparizione dei soldati?
-         Quello è ancora un mistero. – Eragon fece un passo avanti. – E’ un genere di magia che non ho mai visto. Nel mio mondo avrebbe richiesto tonnellate di energia, ma per lui…è stato come bere un bicchier d’acqua.
-         Mentre quell’…Estel…Veniva a cercarti, abbiamo cercato di trovare un accordo. – Disse Elle. Indicò un punto sulla mappa. – Come forse avrai intuito, il Nemico sa esattamente dove ci troviamo. E ha dimostrato di poterci sconfiggere anche solo schioccando le dita. Perciò…la mia idea sarebbe di sferrare il colpo finale il prima possibile, altrimenti sarà lui a farlo.
Nasuada sbuffò, chiaramente irritata. – MA…Come ho già spiegato….I soldati sono tutti stanchi e demoralizzati, e abbiamo molti feriti. Attaccare adesso sarebbe un suicidio.
-         Se non ci muoviamo in fretta, saranno tutti troppo morti per sentirsi stanchi.
-         Ma se ci muoviamo ORA, saremo morti ancora prima di partire!
L’atmosfera si stava scaldando. Ora capivo qual era il motivo della loro discussione. Lanciai un’occhiata impanicata ad Aragorn, che aprì le braccia e scosse la testa.
-         Dì loro qualcosa. – Bisbigliò.
Dire qualcosa?Io? Va bene che in quanto “Predestinata” magari mi avrebbero dato ascolto, a di lì a farli smettere di litigare….
Per fortuna, in quel momento il mio unico neurone decise di attivarsi. Un’idea, nella testa, ce l’avevo. Miracolo!
-         Scusate… - Mi feci avanti alzando un dito. I due smisero di battibeccare e mi guardarono truci. Mi feci coraggio  continuai.
-         Perché invece di litigare non vi ascoltate a vicenda? Avete ragione tutti e due, dopotutto…
-         Ah davvero? E cosa penseresti di fare? – Nasuada mi guardò corrucciata.
-         Di quanti giorni avremmo bisogno per essere pronti a combattere?
-         Due, forse tre.
-         Allora fra quattro giorni potremo attaccare il Nemico. Non farà nulla fino ad allora. Credetemi, conosco troppo bene i cattivi per non sapere che aspetterà la battaglia finale per attaccarci.
Solo quando finii di parlare mi resi conto che mi stavano tutti guardando con gli occhi di fuori. ADESSO capivo perché avevano voluto che parlassi io. Nessuno di loro aveva mai visto la propria storia con l’occhio del lettore, non sapevano niente di lieto fine o delle mosse ovvie che fanno tutti i cattivi….Forse alla fine un’utilità ce l’avevo davvero.
Lentamente, come se fosse costretto a sputare le parole una ad una, Elle disse: - Mi sembra…una buona idea.
-         Anche a me – convenne Nasuada.
-         Idem.
Aragorn  sogghignò. – Ve l’avevo detto. Ero sicuro che il suo parere sarebbe servito.
-         Per questo mi avete chiamato? Per chiedermi un parere?
-         Un parere…e qualcos’altro. – Si scambiarono tutti degli strani sguardi, poi Eragon, che aveva aperto bocca per la prima volta, continuò. – Sai, Esme, all’inizio del combattimento ti ho visto. E….ho dovuto riferire quello che ho visto.
-         E che cosa avresti visto? – Cominciavo a innervosirmi. Nasuada si fece avanti.
-         Sta cercando di dirti, con la sua solita bravura, che ha visto i tuoi miglioramenti nella lotta. Ce l’ha riferito, e quindi noi abbiamo ritenuto che per il giorno del “combattimento finale” tu sarai pronta.
-         Ma pronta a fare cosa?!
-         Pronta per combattere, e se necessario a comandare gli altri. Vogliamo che tu diventi un generale.
 
Non molto dopo, uscivo dalla tenda con l’aria vagamente trasognata, affiancata da Legolas ed Eragon. Soter, accovacciato a terra, si alzò e mi scrutò attraverso quell’affare che aveva sul naso.
-         Com’è andata? – Mi chiese, ignorando la strana occhiataccia che gli lanciò il Cavaliere.
-         Sono sincera se ti dico che non lo so. – Come facevo a dirgli che in meno di dieci minuti avevo decretato il giorno dell’ultima battaglia ed ero diventata generale?
-         Non importa, non è a me che devi dirlo.  In ogni caso….
-         In ogni caso adesso Esme deve venire con noi. – Lo interruppe Eragon prendendomi per un braccio.
Soter strinse gli occhi. – Chiedo scusa. – Sibilò. – Ma ho ricevuto io stesso l’ordine di portarla dovunque volesse andare.
-         Gli ordini sono cambiati. E’ più al sicuro con noi.
Ma che stava succedendo? Cos’era tutta questa rabbia? Mi misi in mezzo. – Eragon, non c’è nessun problema se è Soter ad accompagnarmi alla tenda…..
-         Oh sì che ce ne sono. Ci sono MOLTI problemi.
-         Cosa intendi dire, First? Non ti fidi di me?
-         Assolutamente no, Estel. Non mi fido.
Ero assolutamente sbalordita. I due si fronteggiavano fissandosi negli occhi, rabbiosi, per qualche motivo che non riuscivo a capire. Per fortuna Legolas li separò.
-         Fermatevi. Non è il momento di discutere di queste cose.
-         Bene. – Soter sputò per terra, poi mi guardo con un sorriso ironico. – Non preoccuparti. Forse la prossima volta incontrerò qualcuno di cui godo della fiducia. – E con un cenno della mano sparì fra le tende.
Appena se ne fu andato, praticamente saltai addosso ad Eragon. – Si può sapere cosa ti è preso? Soter non ti ha fatto niente!
-         Io non mi fido a prescindere di quelli come lui. – Ringhiò il Cavaliere. – Questi Estel…. – Sembrava che quella parola fosse un veleno che doveva sputare. – Come facciamo a sapere se sono leali a noi o al Nemico?
-         Queste non sono parole da pronunciare qui e ora. – Lo rimbeccò Legolas. – Ti rendi conto di cosa stai dicendo?
-         Non lascerò Esme in balia di possibili traditori!
-         So cosa provi per lei, ma questo non deve offuscare la tua mente!
-         Ma cosa sai, tu?
E cominciarono ad insultasi in elfico. Nonostante fossero due idiomi diversi, sembravano capirsi a meraviglia, e questo li faceva infuriare ancora di più.
Quanto a me, ero assolutamente basita. Non solo per l’improvviso cambiamento di Eragon, ma anche per le parole che l’elfo aveva appena pronunciato. La frase So cosa provi per lei si accavallava nella mia testa con un’altra, sentita in un altro momento e in un altro luogo….
Due uomini si contenderanno, e forse si contendono già ora, il tuo cuore…
“ No, no, ti prego no…” Supplicai mentalmente mentre un sospetto tutt’altro che piacevole mi sorgeva in testa.
Avrei continuato ad arrampicarmi sugli specchi pur di non pensare certe cose, ma purtroppo la discussione incomprensibile si interruppe e la frase che non avrei voluto sentire uscì dalla bocca del ragazzo di Alagaesia.
-         Hai ragione, va bene? Sì, la amo. Sono pazzo, ma la amo!

Alè! Chi se lo aspettava tutto ciò? Esme, la generale con due spasimanti....Ha stupito persino me mentre scrivevo XD
In ogni caso, spero vi piaccia il capitolo. Kalimera!
Ro =)

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Capitolo 15
*** "Bad" day ***


Cominciai ad arretrare senza nemmeno rendermene conto, scioccata. I due sembravano non accorgersene, continuavano a guardarsi in cagnesco, alla faccia della cosiddetta tranquillità elfica. Mi voltai e mi misi a correre.
Non conoscevo la strada per tornare alla mia tenda, ma non me ne accorgevo. Ero tanto stordita da vagare praticamente senza vedere dove andavo, non sapevo nemmeno dove fossi! Mi sentivo come quando mi avevano dato la notizia delle morti in battaglia. Camminavo con il pensiero del momento fisso in testa e andavo a sbattere contro chiunque.
Tutte le avevo pensate, meno questa. Sembrava di essere dentro Beautiful.
Come potevo sapere che Eragon…Eragon…provava questo? Andava solo a complicare una situazione già maledettamente complicata di suo. Com’è che cantava Renato Zero? Il triangolo no…Già, perché la questione non era solo fra me e lui. C’era di mezzo anche Shadow. Io non potevo già concedermi l’unico ragazzo che mi fosse andato dietro, e adesso se ne aggiungeva anche un altro!
In un certo senso mi veniva anche da ridere. Io, Esmeralda, soprannominata anche Esmeagol per la mia proverbiale non-bellezza, avevo due ragazzi che mi “corteggiavano”….ne ricambiavo uno…..e naturalmente non potevo stare con nessuno!
Mentre rimuginavo tutto questo dentro di me, sentii con una minuscola percentuale della mia attenzione una voce che mi chiamava.
-         Esme? Esme!
Davanti a me si parava Soter, con un’espressione sconcertata. – Non eri con i due First? Cos’è, non si fidavano neanche di te?
-         Io….io…- Cominciai, ma serrai subito la bocca. Diamine, conoscevo quel riccio solo da poco, non ero così disperata da confidarmi con uno sconosciuto.
-         Sicura di sentirti bene? Hai la faccia di qualcuno che ha appena scoperto di essere sterile!
-         Io….COSA?
-         Sembri esattamente così. – Ribatté lui serio.
Non resistetti e scoppiai a ridere. Era una risata liberatoria, ci vuole sempre un po’ di sana follia quando si è tristi, incazzati o confusi come ero io allora.
-         Ti pagano per tirarmi su il morale? – Dissi alla fine, soffocando le ultime risatine.
-         Non proprio…Non pagano nessuno qui. Ma il mio compito è portarti dovunque tu desideri andare, anche se quei due First sono sospettosi come…
-         Due cosa?
-         First. In gergo, i personaggi originali. Il contrario di noi Estel. Ma bando alle ciance, ti sei liberata di quei due?
-         Non proprio… - Risposi vaga. Soter mi guardò sospettoso, sempre attraverso il suo marchingegno assurdo. Per distogliere l’attenzione da quel discorso, fu proprio quell’oggetto che indicai. – Si può sapere cosa dovrebbe essere?
-         Questo? – Se lo sfilò. -  Una sorta di scanner. Mi indica lo stato della persona che sto guardando, il battito cardiaco, la sagoma a raggi x….E le fonti di calore. Per esempio… - Se lo rimise sulle orecchie. – Tu ne hai una esattamente in mezzo al petto, e a quanto sembra la tua faccia è una fonte a sé.
Dovevo essere arrossita. E certo. Come sempre. Tanto per cambiare, mi sentii arrossire di nuovo. – O-okay. Possiamo andare, sì, o no?
Il riccio sogghignò. – Come desideri. Dove vuoi andare?
-         Vorrei ritrovare la mia tenda, non la vedo da ore….
-         Ma certo. Seguimi.
E io lo seguii. O quantomeno ci provai, contando che seguire lui significava fare slalom fra tende in piedi, tende abbattute, persone, cose di corsa, senza perderlo di vista. Mi sembrava di essere tornata all’inizio, quando Legolas aveva guidato me e il resto della compagnia fino alla loro base. L’unica differenza era che adesso avevo almeno una vaga idea di cosa stesse succedendo.
Per qualche strana fortuna, riuscii a stare al passo di Soter fino a che raggiungemmo la mia tenda, miracolosamente intatta. Guardai il sole: doveva essere quasi mezzogiorno, secondo la mia non elevata capacità di calcolo. Non che avessi fame, ma ero impaziente. Shadow mi aveva promesso che sarebbe venuto lì da me verso sera, il che voleva dire un’attesa di almeno altre sei o sette ore.
Il riccio si fermò e mi guardò. – Siamo arrivati. Vuoi che ti aspetti fuori?
-         Oh, no, non preoccuparti. Penso che resterò qui per il resto della giornata.
-         D’accordo. Se hai bisogno di me, chiedi a chiunque. Non so se sia una fortuna, ma qui tutti sanno chi sono. – Agitò la mano in un breve saluto. – Ci vediamo. – E sparì.
Io entrai finalmente nella mia tenda e mi abbandonai sul giaciglio, chiudendo gli occhi. Ero stanca morta, fisicamente e mentalmente. In poche ore avevo conosciuto la nostra precaria situazione, combattuto la mia prima battaglia, scoperto che Eragon mi amava ed ero diventata un generale. Uff. Mi stancava solo pensarci. Non c’è da stupirsi perciò se praticamente crollai e mi addormentai dopo un nanosecondo. Purtroppo però la giornata era stata così piena, che il mio subconscio decise di svuotarsi un po’ immergendomi in un sogno assurdo. O forse più che altro un incubo, dove Legolas e Soter mi nominavano Generale degli Ossi e Eragon litigava con Shadow perché gli mancava un Bacio Perugina.
Mi svegliai di soprassalto, sudata e intontita, non a causa di questo rincorrersi di assurdità, ma perché una mano mi aveva presa per la spalla e mi stava scuotendo con forza.
-         Esme? Esme, svegliati!
E chi poteva essere, con la mia fortuna, a cogliermi in quel bel momento? Ma Shadow, ovvio!
Il riccio nero era inginocchiato al mio fianco, con un’espressione preoccupata, per quel che potevo vederne. Doveva essersi fatto buio.
-         Cos…..Shadow? Da quanto sei qui? – Mugugnai tirandomi su e strofinandomi gli occhi.
Un sorriso gli si disegnò sul muso. – Da un po’. Sei carina quando dormi.
Mi sentii arrossire (qual novità!), ma cercai di mantenere un contegno, ringraziando il buio che mi copriva almeno in parte. – E allora perché mi hai svegliata? – Replicai alzandomi in piedi e stirandomi. Anche lui si alzò, senza distogliere lo sguardo da me.
-         Parlavi nel sonno…Sembrava stessi facendo un incubo.  –Corrugò la fronte. – Parlavi di Eragon…e di un bacio. C’è qualcosa che non so? – Oh, grazie al cielo ero già rossa abbastanza.
-         No, no….Un Bacio Perugina, sai..i cioccolatini.
-         Mmmh…d’accordo. – Raccolse da terra una sacca che non avevo notato. – Ho portato qualcosa da mangiare. Hai fame?
-         Da morire. – Era vero. Me ne rendevo conto solo ora. Ma, sapete com’è…avevo altro a cui pensare.
-         Perfetto.
Uscimmo e ci sedemmo davanti all’entrata della tenda. Era calata la notte per davvero, e il terreno  intorno a noi era illuminato solo dai primi fuochi. Non c’era un’atmosfera allegra, non quella sera, ma io ero felice. Avevo il MIO riccio accanto a me. Mi sentivo in grado di combattere contro un intero esercito da sola.
Shadow estrasse dalla sacca un involto, che si rivelò contenere carne secca, pane e una borraccia. – Idromele dei nani – rispose notando il mio sguardo interrogativo. – Mai assaggiato? Non è male.
Svitai il tappo e annusai il liquidi. L’odore era buono, appena appena speziato. Quando lo assaggiai potei confermare che buono lo era davvero.
Presi una pagnotta e la addentai (sì, avevo decisamente FAME). Il riccio mi osservò mangiare come un maiale a digiuno da un mese con un leggero sorriso, poi si voltò a fissare il nulla davanti a sé con un sospiro. – C’è silenzio, stasera…Hai notato?
-         Già. – Effettivamente non risuonavano canti, ma non si sentiva nemmeno l’eco di una parola portata dal vento. Come ho detto prima, non c’era un’atmosfera allegra. Il lutto decisamente si sentiva.
-         Non è stata una bella giornata…No, per niente.  –Shadow prese la borraccia e ne trasse un lungo sorso. – Pensavo di conoscere gli aspetti peggiori di tutta questa storia, ma forse mi sbagliavo. – Si voltò verso di me con un’espressione di scusa, forse non voleva farmi sentire come una sua valvola di sfogo. Ma capii che aveva bisogno di parlare, così gli feci un cenno di incoraggiamento, e lui continuò.
-         Siamo nel caos più totale. Organizzare delle truppe in questa situazione è quasi impossibile, ma è necessario. Solo che guardare in faccia i tuoi uomini e urlare loro degli ordini, da eseguire subito senza spazio per il cordoglio, quando sai che potrebbero aver perso un amico, un compagno…o un parente…Ti fa sentire un verme. -  Si passò una mano sugli occhi. – Sì, un verme. Ogni volta che sono costretto a farlo, mi sento senza cuore.
-         Non devi. – Con un gesto che sorprese anche me, gli presi la mano libera. – Tu non sei così, tu sai cosa stanno provando. Ma devi eseguire anche tu degli ordini. – Sorrisi. – Non stai facendo niente di sbagliato.
-         Forse hai ragione. – Mi fissò sorridendo a sua volta. – Mi hanno detto che anche tu sei un generale, ora. Congratulazioni. Una bella manciata di gatte da pelare anche a te.
-         Tu sì che sai tirarmi su di morale.
-         E’ sempre un piacere.
Scoppiammo a ridere entrambi, dopodiché, con un peso in meno, continuammo a parlare di argomenti più leggeri, dividendoci la carne e passandoci la borraccia. Si vedeva che gli aveva fatto bene parlare. E a me faceva SEMPRE piacere ascoltarlo, quindi…
Non molto dopo, ero ubriaca. Di felicità, di amore, di…di idromele…Non mi era mai successo prima, ma d’altronde non ero mai stata in compagnia di un ragazzo che mi piaceva bevendo l’equivalente di un super alcolico. Però ora lo stavo facendo, ed ero euforica. Nello stato in cui ero, avrei potuto dire qualsiasi cosa. Fortunatamente fu soprattutto Shadow a parlare (reggeva l’alcol molto meglio di me, a quanto pareva), io mi limitavo a contemplarlo senza quasi capire cosa mi stesse dicendo.
Non ho idea  di quanto tempo fosse passato da quando il riccio mi aveva svegliata, ma ad un certo punto lui si fece serio, e disse: - Che stupido. Ero venuto qui per parlarti seriamente, e ora….sono perso in chiacchiere inutili.
-         E’ tutto a posto – farfugliai.
-         No, non lo è. Esme… - Si alzò e mi prese il volto tra le mani. – Dopo la battaglia, questa mattina, ho capito un sacco di cose. Per esempio, che potremmo morire da un momento all’altro. E non voglio che succeda, perché….Perché è come se avessi lasciato qualcosa in sospeso. Qualcosa di non finito.
Sapevo a cosa alludeva. Okay, ero ubriaca, ma anche dietro i fumi dell’alcol riuscivo a capire che stava parlando del nostro quasi-bacio. Era come se il cuore mi fosse salito in gola, e battesse tanto forte da impedirmi di parlare. Grazie al cielo, ce la feci.
-         E….c-c’è qualcosa che ti farebbe sentire meglio? – Si aprì in un sorriso sardonico, eppure, per me, dolcissimo.
-         Per esempio, terminare ciò che avevo cominciato. – E si avvicinò al mio viso, pronto a baciarmi. Ma non ce la fece.
Perché prima lo baciai io.

......Coro  di FINALMENTE? =D okay, okay,  non esageriamo.....diciamo che per "terminare ciò che avevano cominciato" , per usare le parole del nostro Shadow, ci hanno messo un po'. u.u
In ogni caso, a voi il capitolo...spero vi sia piaciuto. Kalispera!
Ro =)
P.S. Non so precisamente se l'idromele faccia ubriacare così tanto, ma se ho esagerato chiedo venia @_@  dopotutto ho finito il capitolo ripassando contemporaneamente greco, è già tanto che abbia un senso XD

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Capitolo 16
*** Bere o impazzire, questo è il problema ***


Fu un bacio davvero da inesperti, dopotutto per me e forse anche per lui era il primo, ma lento e dolcissimo. Tempo pochi secondi ed eravamo l’una nelle braccia dell’altro, a baciarci come se fosse l’ultimo minuto della nostra vita. Lo so che suona tanto come una frase da librone strappalacrime, ma è vero.
Tutto intorno a me ogni cosa aveva cessato di esistere, come coperta dalla nebbia. C’era solo il viso che stavo baciando, gli occhi di rubino fissi nei miei, il pelo nero che stringevo fra le dita. Null’altro.
Andammo avanti per un tempo che a me parve immenso e brevissimo contemporaneamente. E forse avremmo continuato, ma a un certo punto sentii Shadow irrigidirsi e persi il contatto con le sue labbra. Feci un verso lamentoso, tipo bambino a cui hanno tolto un giocattolo, poi mi accorsi che stava fissando qualcosa alla nostra destra. Mi voltai anch’io e raggelai. Non era “qualcosa”. Era Eragon.
Il Cavaliere ci guardava con un’aria al contempo incredula e rabbiosa, uno sguardo da bestia che si vede soffiare la preda. Stringeva i pugni e non era che a pochi passi da noi.
-         Tu… - Ringhiò . – Tu
-         Sì, io. - Replicò calmo Shadow, staccandosi da me e incrociando le braccia. – Mi dispiace, amico, ma come vedi lei è con me.
-         Con…te. Con….- Si voltò verso di me. – Esme? Come puoi?!
-         Eragon…. – Non sapevo cosa dirgli. Sul serio, non mi ero mai trovata in una situazione del genere, come avrei potuto saperlo?!
-         Non è tenuta a render conto a te delle sue scelte, Cavaliere. – Il riccio si parò fra me e lui.
-         Ed è tenuta a questo abominio?!
-         Eragon! – Balzai in piedi. – Non è affar tuo!
-         Oh, sì, lo è!! Non posso permettere uno scempio del genere! Ma guardatevi… - Emise un verso di disgusto. – Come fai a preferire una bestia così…a me?
-         Eragon, torna alla tua tenda, sei ubriaco anche tu – disse Shadow.
-         “Anche tu”? Perché, l’hai ubriacata prima di saltarle addosso?
-         ADESSO BASTA!
Il mio urlo sorprese tutti quanti…me compresa. Ma non me ne curai. Mi buttai verso Eragon con un ruggito di rabbia, desiderosa solo di fargli più male possibile.
Riuscii ad arrivargli tanto vicino da sfiorargli la tunica con le dita, poi… - CHAOS CONTROL! – Non potei fare un movimento di più, ero immobilizzata. O forse no, non esattamente immobilizzata. Più che altro rallentata, ecco. Mi muovevo, per così dire, in extra slow-motion . Ma bastò che qualcuno mi desse una spinta, e caddi faccia a terra.
Mi ritrovai Shadow davanti al naso, con in mano uno smeraldo del Caos. Lui e Eragon si fissavano negli occhi, l’uno di fronte all’altro.
-         Stammi bene a sentire. – Il riccio parlava lentamente, senza mai distogliere gli occhi dal Cavaliere. – L’ho fermata perché stava andando fuori di testa, ma non credere che non vorrei farti la stessa cosa che voleva lei. E credo lo voglia anche tu, no? Ti stai comportando come un bambino, ebbene, risolviamola come due bambini. Una lotta. Chi vince se la prende. Ci stai?
-         Ci sto. –Sogghignò l’altro, con una luce pericolosa negli occhi. Non so se avete mai sentito l’espressione “pazzo per amore”. Ecco, io in quel momento sarei stata pronta a giurare che questo era. Pazzo. Non so se per amore, ma di sicuro aveva l’aria di un folle. Si sfilò la spada dall’elsa, lasciandola cadere a un paio di metri da me. – Poggia quella pietra,se hai intenzione di giocare leale.
-         Certo che sono leale. – Lo smeraldo del Caos cadde distante di pochi centimetri da me, che ero ancora sdraiata nella polvere, attonita. Poi, prima che avessi tempo di formulare un pensiero, Shadow si gettò su Eragon e cominciarono a lottare.
“ Questi sono pazzi.”
I due si rotolavano per terra, picchiandosi. Shadow aveva ragione, sembravano davvero due bambini. Due grandi, orgogliosi, STUPIDI bambini.
Frattanto io non avevo mosso un dito per fermarli, la mia reattività era scesa a un livello preoccupante. Ma non dimentichiamoci che ero ancora ubriaca di idromele e del bacio di Shadow, per cui avevo il cervello piuttosto confuso, e ci misi un attimo di più a capire cosa stesse succedendo. Quando però lo capii, purtroppo per loro, mi infuriai.
Non era una sola ragione a farmi arrabbiare. Era tutto. Eragon che aveva interrotto quel momento che aspettavo da secoli, Shadow che si era presto a quello stupido gioco della lotta, perfino con me ero furiosa, per aver permesso che si arrivasse a questo punto. E poi ero preoccupata. Se come aveva detto il riccio, Eragon era ubriaco, allora non sarebbe rimasto leale a lungo. Lui aveva la magia, e dai suoi libri sapevo che la magia poteva fare MOLTO male. Infine, tutti sanno che le incazzature degli ubriachi sono cose da rimetterci la testa.
Insomma, fatto sta che per tutti questi motivi mi alzai da terra, furibonda, e praticamente senza degnare di uno sguardo i due che ora erano in piedi a spingersi con le mani, raccolsi la spada del Cavaliere. La presi a due mani per l’elsa e la calai di taglio a metà fra i loro volti, fissi gli uni in quelli dell’altro. Mi resi solo vagamente conto che le mie mani avevano preso quell’aura verdastra del mio potere e che era stato proprio IL POTERE a permettermi di menare un fendente così preciso, e non me ne curai.
La lama rimase sospesa fra il riccio e il ragazzo, a pochi centimetri di distanza da entrambi i loro volti. Due paia di occhi si voltarono verso di me, sorpresi.
-         Esme…? – Shadow mi guardava come se fossi impazzita. IO, impazzita? Se c’era qualcuno di folle lì, di sicuro non ero io.
-         Taci – ringhiai.
-         Esme, stai…
-         CHE CESSI QUESTA FOLLIA!-  Nella confusione mentale del momento, attinsi automaticamente al mio deposito di citazioni. – STACCATEVI IM-ME-DIA-TA-MEN-TE!
-         Okay, okay. – I due si separarono,e il riccio si avvicinò a me con le mani alzate. – Esme, per favore….
-         Siete due IDIOTI! – Urlai. – Siete diventati due bambini per caso? Vi state comportando come dei cretini!
Erano ammutoliti. Passavo dal volto dell’uno a quello dell’altro, e a mano a mano che li guardavo la mia rabbia si scioglieva. Ora che ero a poca distanza da loro (e non stavo baciando nessuno dei due) mi rendevo conto dell’odore di alcol che mandavano entrambi. Ah, e che mandavo anch’io. Non era la situazione migliore per ragionare lucidamente.
Abbandonai le braccia lungo i fianchi. L’aura verde se ne stava andando insieme alla mia furia, ma avevo ancora abbastanza potere per fare quel che volevo. Chiusi gli occhi e allargai la mente, come avevo visto fare nei libri.
-         Saphira!!! – Dovette passare un bel pezzo prima che arrivasse la risposta, una sorta di grugnito mentale.
-         Spero che tu abbia un buon motivo per svegliarmi a quest’ora, Predestinata. – Sospirai. Avrei preferito NON avercelo, quel motivo.
-         Il tuo Cavaliere è ubriaco e impazzito. Per favore, vieni a recuperarlo. Non riuscirei a tenerlo a bada.
-         Che….cosa? Eragon!! – L’ultima parola non era stata solo scambiata fra me e lei, ma anche Saphira aveva allargato la mente perché la sentissimo tutti. Il ragazzo sobbalzò.
Pochi secondi, e la dragonessa planava sopra di noi. Non c’era spazio per atterrare, così allungò il collo e prese delicatamente il bordo dei vestiti di Eragon fra i denti. Lui si agitava e divincolava, ma un ringhio sordo di Saphira lo “convinse” a calmarsi. Io e Shadow restammo soli, a scambiarci sguardi vacui. Ora si notava parecchio che eravamo fatti. Gli occhi sognanti e persi nel vuoto non lasciavano dubbi.
Il riccio mi guardò e fece un sorriso spento. – Beh…Dove eravamo rimasti?
Fu un lampo. Mezzo secondo dopo la mia mano era per aria e sulla sua guancia spiccava una zona rossa, ben visibile e dolorosa.

Non sono solo loro ad essersi ubriacati. Anche i miei neuroni hanno partecipato al festino...E si vede ^^" scusate il capitolo pessimo, ma domani devo partire e avevo la testa da tut'altra parte. Chiedo somma venia.
Tornerò venerdì sera e mi metterò subito a scrivere il prossimo capitolo...Perintanto, pazientate e recensite! Kalimera!
Ro =)

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Capitolo 17
*** Tensione preparativa ***


Nei giorni successivi feci di tutto per non pensare a quella serata ad alta gradazione di alcool. Non che dovessi sforzarmi granché. La prospettiva di una battaglia entro pochi giorni aveva scatenato l’agitazione in tutto il campo, fra le cose da fare e quelle da pensare, e io in quanto nuovo generale dovevo prendere confidenza con la mia truppa e conoscere il mio ruolo nella guerra ormai vicinissima. Fortunatamente Bev era stata assegnata al mio gruppo, il che era un ottimo supporto per me, ma il tutto era abbastanza faticoso lo stesso.
Mi allenavo, anche. Con Legolas. Con Knuckles. Sostanzialmente con chiunque. Quindi, ero davvero piena zeppa di impegni. La mia giornata cominciava alle sei, finiva a mezzanotte tarda ed ero sempre attiva. Per tutto il tempo che passavo fuori dalla mia tenda, le delusioni d’amore erano all’ultimo posto nella top ten dei miei pensieri.
Quando però rientravo, la sera, e crollavo sul giaciglio, i brevi intervalli di veglia che trascorrevo con gli occhi sbarrati contro il cuscino erano fitti di film mentali. Che stavolta purtroppo erano successi davvero. Rivedevo Shadow che mi baciava, il suo corpo davanti a me sdraiata….E  anche la zuffa, Eragon e il ceffone che avevo mollato a un riccio ubriaco. Ma quando cominciavo a chiedermi se avrei dovuto fare qualcosa, immancabilmente crollavo addormentata.
Dopo quello schiaffo ero entrata nella mia tenda, pronta a sfoderare la mia spada nel caso cercasse di seguirmi. Non l’aveva fatto. Non lo avevo più visto da quel momento in poi.
Eragon apparve inaspettatamente il giorno prima della battaglia, mentre era fuori dalla tenda cucina, intenta a fare a pezzi del pan secco  per renderlo masticabile. Ruminavo tenendo gli occhi bassi, cercando di vincere il nervosismo, perciò all’inizio non lo vidi arrivare. Quando però un paio di stivali giunse praticamente fin sotto il mio naso, alzai lo sguardo. Il Cavaliere mi guardava dall’alto, con un sorriso mite. – Salve.
Mi costrinsi a non  sembrare troppo sorpresa e assunsi un’espressione dura. – Ciao. – Borbottai.
-         Ti vedo ancora tesa, perciò andrò subito al dunque. Sono venuto a porgerti le mie scuse per il mio comportamento dell’altra sera.
-         E….cosa ti fa pensare che le accetterò?
Lui alzò le spalle. – Niente. Ma dovevo tentare.
Lo fissai intensamente. La rabbia, adesso che avevo avuto tempo di pensare ragionevolmente, se n’era andata quasi del tutto, ma mi era rimasto ancora qualcosa sulla punta della lingua. Gli puntai addosso il pezzo di pane.
-         Tu sei stato un idiota, ubriaco, frantumatore di bei momenti, rompicazzo e attaccabrighe. – Scandii.
Eragon annuì. – Lo so.
-         Allora, se lo sai, il caso è chiuso. – Abbassai il braccio e battei la mano sul terreno al mio fianco. – Vieni pure.
Il suo sorriso si allargò e il Cavaliere si sedette a gambe incrociate accanto a me.  – Grazie.
-         Prego
Restammo in silenzio per un po’, guardando fisso davanti a noi, ma dopo alcuni minuti mi accorsi con la coda dell’occhio che lui si stava trattenendo a stento dal ridere. Mi girai appena.
-         C’è qualcosa di buffo di cui non mi sono accorta? Perché avrei davvero bisogno di ridere un po’. – No, i giorni precedenti non erano stati così allegri. CHISSA’ come si faceva a intuirlo.
-         Nulla, nulla…. – Rispose Eragon, ma intanto vedevo benissimo che stava sbuffando. Non si conteneva più.
-         Non-mentire-a me. – Il mio tono voleva essere scherzoso, ma non mi uscì esattamente così.
-         Cielo, come sei seria…
-         Scusami…- Mi passai una mano sugli occhi. – Non è un momento molto allegro. Anzi, a dirla tutta sono così stanza che mi appoggerei a te e mi farei un pisolino, ma ho troppe cose da fare.
-         Ti  capisco…Sei un generale ora, giusto?
-         Già.  E domani andiamo a morire.
-         Quanto ottimismo.
-         Chiamasi realismo.
-         Forse hai ragione. – Stese le braccia per stiracchiarsi e in quel momento mi resi conto di quanto ci somigliassimo. Anche lui era un ragazzino, poco più di un ragazzino, su cui poggiavano più responsabilità di quante dovessero essere. – Ah….Sai che pace, un minuto di tranquillità? Non ho ancora finito di correre ovunque da stamattina.
-         A chi lo dici. Uno dei miei “amorevoli” soldati ha deciso di ammutinarsi perché sono una donna. – Borbottai. – Sciocco. Spero solo che la botta che gli ha dato Beverly non sia troppo forte.
-         Dai, possiamo considerarci fortunati in questo genere di cose. Tu hai Beverly che si fa valere. Io ho Saphira.
-         Bev non sputa fiamme.
-         E Saphira non tira padelle.
-         Anche questo è vero. – Sì, Beverly era in grado di farlo. Sì, aveva veramente tirato una padellata in testa a un elfo che l’aveva irritata. Non l’aveva beccato, ma la storia aveva fatto il giro di mezzo accampamento. O forse di tutto?
In quel momento vedemmo un ragazzino arrivare di corsa verso di noi. Non c’era un’uniforme particolare per paggi o messaggeri, ma di solito lo si capiva, ed era questo il caso.
-         Mio signore, c….ci sono alcuni suoi soldati che vorrebbero parlarle. – Balbettò, rosso come un pomodoro.
-         E’ finita la pacchia – sospirò Eragon alzandosi. – Bene, Esme. Ci vedremo domani sera, se saremo ancora vivi. Grazie per avermi perdonato.
-         C-ciao. – Cosa potevo rispondere a un saluto del genere? Lasciava intendere che avremmo potuto non vederci mai più. Non ero abituata a questo genere di cose. – Non mi hai ancora detto cosa ti faceva ridere così tanto.
-         E non te lo dirò. Lo saprai domani.- Si voltò verso il paggio. – Andiamo, Jarsha. Portami dai miei soldati.
-         Sissignore.
-         Aspetta! – Balzai in piedi. Ma lui si limitò a salutarmi con la mano come se fossi una bambina.
Imprecando e gettando a terra il pezzo di pane che stavo ANCORA stringendo nella mano, me ne tornai anch’io ai miei doveri.
Quel discorso, nonostante fosse servito a mettere pace fra noi due, non mi aveva distratto per niente. Anzi.
Adesso avevo anche la consapevolezza che l’indomani avremmo potuto morire. Io, lui, Shadow.
Tutti.
 
Avete presente quelle giornate luuuuunghe,  che sembrano non finire mai? Fu una di quelle.
La tensione cresceva a mano a mano che passavano le ore. Il problema era che queste NON passavano.
Feci l’ennesimo discorso ai miei soldati. La maggioranza di loro erano alle prime armi (già, non ve l’ho detto? Sarò anche stata la prescelta, ma siccome nessuno mi vedeva davvero come un generale, mi avevano affidato una gran quantità di ragazzini inesperti), quindi ancora più nervosi di me.
Andai nella tenda degli strateghi per conoscere di preciso la mia posizione nello schieramento del giorno dopo. Avevo sperato di incontrare Shadow, anche solo per vederlo, ma non era presente. Al suo posto c’era Soter.
Non ci fu molto tempo per parlare dopo la riunione. Tutti scapparono da una parte e dall’altra per tornare ai propri doveri. Io ero l’unica che non aveva (quasi) niente da fare. Tornai dai miei commilitoni a spiegare ciò che avevo appreso, e poi mi ritrovai senza sapere cosa fare di me stessa.
Praticamente trascinai Beverly fino a un campo di allenamento. Piuttosto che finire a vagare per l’accampamento senza un’utilità preferivo sfinirmi con una spada in mano.
Mentre combattevo, però, mi accorsi di una cosa che qualcuno meno idiota di me avrebbe notato molto prima.
Bisogna sapere che all’inizio Bev non era così abile nell’usare le armi. Ovvero, era sempre meglio di me, ma aveva l’abilità di una che la spada, l’arco e tutto il resto aveva imparato ad usarli tempo prima e li prendeva in mano solo ogni tanto. Ora invece, anche se la nostra bravura lasciava ancora molto a desiderare, c’era qualcuno che si fermava a osservarci con interesse mentre incrociavamo le lame.
Quando terminammo, era ormai il tramonto. Ci guardammo ansanti e ghignammo. Sotto sotto, oltre a far passare il tempo, ci eravamo divertite. Uscimmo dal campo, portammo le spade ad affilare (dopotutto avremmo dovuto presto combattere, non ce l’eravamo scordato) e ci appostammo fuori dalla tenda dell’arrotino, preparandoci ad una lunga attesa.
Beverly sciolse la coda che le teneva fermi i capelli e li scosse. Poi estrasse un pacchetto di sigarette dalle tasche, se ne infilò una in bocca e la accese. Dopo tutto ciò, mi guardo interrogativa. – Scusa, Esme…Ti da fastidio?
-         Nah. – Ci pensai un attimo, poi aggiunsi: - Dammene una?
-         Sul serio? Non hai sempre detto che il fumo uccide?
-         Lo dicevo quando ancora sapevo che non sarei morta il giorno dopo, genio.
-         Oh, giusto. – Me ne passò una e me la accese. – Bene, ora che siamo qui che fumiamo in allegria…cosa facciamo? Dobbiamo cominciare con i requiem aeternam per domani?
Sogghignai. – Non hai mai paura tu?
Lei alzò le spalle. – Paura? Perché? Se è destino che moriamo, moriremo. Non ha senso cominciare a deprimersi ora.
-         Hai anche ragione.
-         Ovvio che ho ragione. Bene, passiamo ad altro. Trovami un argomento migliore di cui parlare.
-         Perché devo trovarlo io?
-         Perché io non faccio nulla di appassionante oltre che tirare padelle. Su, parla. Per esempio…uh…Per esempio parlami di Shadow! Come va con lui?
Io sospirai. Non le avevo raccontato niente. – Male va, Bev.
-         Davvero? Perché?
-         No, niente.
-         NON è niente. Si vede dalla tua faccia. Quindi tu adesso mi racconti. Tutto.
-         No, Bev.
-         Raccontamelo o questa sigaretta salirà su senza bisogno di un ascensore. Capita l’idea?
-         Va bene, va bene! – Sbottai. – Vuoi sapere? Accomodati!
E le raccontai tutto. Praticamente senza prendere fiato. Mentre parlavo la vedevo corrucciare la fronte e guardarmi stranita. Quando terminai, ansimando, buttò fuori una boccata di fumo e commentò: - I ragazzi, che idioti.- Mi guardò. – Non stare a preoccuparti. Se domani non morite, verrà da te in ginocchio.
- Se non moriamo! E se falliamo, cosa accadrà?
- Esme, non parlare per citazioni! Sembri Boromir!
- Non me ne importa! Lo dico lo stesso! Se anche muoio solo io, o solo lui, allora chiunque dei due sia rimasto si sentirà un cretino!
- E allora vacci a parlare!
- Non ne ho il coraggio. – Ammisi sottovoce. Ora che avevo vomitato tutto quello che mi ero tenuta in bocca per tre giorni, tanto valeva che dicessi tutto.
- Ma come….Oh, capito. Siete due idioti, tu e lui, ma l’amore e l’amore, no? – Soffiò in aria un’altra boccata. – In tal caso, non ti resta che sperare che non crepi nessuno.
- Già.
- Ehi, non fare quella faccia. – Abbozzò un sorriso. – Secondo me almeno tu sopravvivi. Chiunque si farebbe ammazzare al posto tuo. Tu sei….”la Predestinata”! Ti troverai decine di bei ragazzi che si buttano davanti a te nel tentativo di salvarti la vita.
- Oh, taci. Augurami un bel riccio nero che mi si butti davanti, invece.
- Va bene anche quello.
Ci guardammo, e dopo qualche secondo scoppiammo a ridere. Fu davvero una risata liberatoria, anche se avevo ancora una bella dose di inquietudine in testa. Comunque, restammo a parlare più tranquillamente ancora per un po’, finché non vennero a chiamarci perché le nostre spade erano pronte. A quel punto ci toccò separarci, e mi ritrovai di nuovo sola, senza sapere come far passare quelle lunghe ore che ancora mi separavano dalla battaglia.
La tensione era alle stelle. Era talmente palpabile che se avessi estratto la spada e avessi fenduto l’aria sarei riuscita a tagliarla. Dai libri, sapevo che prima dei combattimenti era sempre così, quindi cercai di adeguarmi. Il problema era che davvero non sapevo cosa fare.
Dopo una cena frugale al minimo, cercai di andare a buttarmi sul letto per dormire, ma non riuscivo. I miei occhi restavano spalancati. Sembravano due uova: impossibili da richiudere una  volta aperti.
Resistetti per un’ora o giù di lì, poi mi alzai ed uscii dalla tenda.
La notte, stavolta, non era calma. Sentivo borbottare o fare rumore praticamente in ogni tenda. Molti erano ancora in giro, e sedevano negli angoli con gli occhi bassi. Qualcuno parlava fra sé.
Cominciai a gironzolare, senza sapere bene dove andare. Da Beverly era meglio che non tornassi, le avevo, per essere precisi, rotto i coglioni a sufficienza. Legolas ed Eragon probabilmente erano troppo concentrati sull’indomani per sopportarmi.
Mi avviai alla ricerca di qualcuno con cui parlare. Elencavo tutti coloro che conoscevo, ma ricadevo sempre sullo stesso nome.
“Shadow,  Bev, Soter, Shadow, Eragon, Shadow…” Era inutile, finivo sempre lì. Ma come avevo detto a Beverly, non avevo il coraggio di andare da lui. Se mi sentivo un’idiota io, con tutta probabilità anche lui sarebbe stato allo stesso livello, quindi…
Ricominciai la mia cantilena mentale. “ Beverly Shadow, Legolas, Knuckles…..” Knuckles! Ecco chi c’era! Mi affrettai verso la sua tenda. Sapevo vagamente dov’era, ma potevo trovarla.
In effetti la trovai. Per abitudine, non bussai. Misi la testa dentro e raggelai, arrossendo. Il letto di Knuckles era colmo di coperte, sotto il quale notavo movimenti e saltelli. In un angolo, un mucchio di vestiti.
“Okaaaaaay…..” Pensai arretrando lentamente.
Sì, preferivo non indagare. Ma così facendo non sapevo di nuovo dove andare.
A quel punto rinunciai. Ero una nullafacente terrorizzata dal domani, oh sì, e non avevo voglia di pensare a qualcosa da fare. Lasciai che i  miei piedi mi portassero dove pareva loro, mentre cercavo di svuotare la mente.
Funzionò. In quelle settimane avevo appreso un metodo sicuro per non pensare a niente. Bisognava focalizzare un oggetto comune, concentrandosi solo su quello. Quella notte avevo nella testa un paio di occhiali da sole, senza un perché.
Quando non riuscii più a fissarmi su di essi, scossi la testa e mi guardai intorno, cercando di capire dove fossi.
Ero in uno spiazzo quasi ai margini dell’accampamento, distante dalle tende, dove solitamente facevano atterrare i draghi. C’era pace, e silenzio. Alzai lo sguardo e rimasi senza fiato.
Vedevo stelle, stelle su stelle, molte di più di quante ne avrei mai viste nel “mio mondo”. Il cielo era calmo, un’oasi di tranquillità in tutto quel borbottare. Mi sedetti a gambe incrociate sull’erba, sempre col naso all’insù.
Finalmente avvertivo l’inquietudine sciogliersi. Sentivo…pace, non c’è altro modo per descrivere quella sensazione. So che fa molto estasi da droga, o anche discorso da santone indiano (che dopotutto è la stessa cosa), ma adesso provavo un’assoluta tranquillità. Non mi importava più del domani. Avevo la consapevolezza del senso di “destino” e mi bastava. Le preoccupazioni per la battaglia? Puff. Svanite.
 
Rimasi lì per tutta la notte. Quando vidi il cielo schiarirsi, mi alzai e raggiunsi camminando la mia tenda. Non ero stanca, non avevo sonno. Ero ancora in pace.
Indossai l’armatura che avevo già scelto un paio di giorni prima, la cotta, gli schinieri, tutto. Mi misi l’arco a tracolla e la spada nella fodera. Presi l’elmo sottobraccio e uscii dalla tenda. Nonostante sapessi che forse non ci sarei più entrata, ero ancora calma, anche se attendevo l’adrenalina che presto avrebbe cominciato a scorrermi nelle vene.
All’esterno, centinaia, migliaia di First e Estel si stavano radunando davanti all’accampamento. Raggiunsi la mia truppa e mi schierai con loro, al fianco di Beverly, che mi indirizzò un sogghigno nervoso.
Chiusi gli occhi e ascoltai tutti i rumori che sentivo intorno  a me.  Gli scudi degli uomini che cozzavano mentre loro si schieravano. Qualche chiacchiericcio, ma pochi, soprattutto dove sapevo esserci i nostri strateghi. Questi suoni vagavano nell’aria carica, e arrivavano (e anche se ne sapevo il perché, non ne avevo paura) da una parte e dall’altra delle montagne. Ripeto, non avevo paura. Ero pronta.
Riaprii gli occhi solo quando sentii il segnale, il suono di un corno ripetuto per tre volte.
La battaglia aveva inizio.

Io sooono un'idioooota. Lo so. Ho di nuovo ritardato un sacco ad aggiornare e chiedo venia. Ma qui è successa sostanzialmente qualunque cosa, ho cercato di fare il possibile.
Comuuuunque....siamo arrivati alla battaglia definitiva: questo vuol dire che il prossimo capitolo sarà importante e farò il possibile per aggiornare in fretta. Se ricomincio di nuovo ad aggiornare a distanza di un mese avete il permesso di spezzarmi le gambine :)
In ogni caso, spero vi piaccia! See ya!
Ro =)

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Capitolo 18
*** Rosso sangue, verde rabbia ***


Non appena aprii gli occhi, tutta la calma che avevo conservato dentro di me svanì. Al suo posto mi fluì nelle vene più adrenalina di quanta ne avessi mai avuta. L’esercito nemico apparve davanti a noi con la stessa rapidità di un battito di ciglia, ma io non aspettavo altro.
Sfoderai la spada e urlai. Non so cosa, il mio grido si perse in migliaia di simili, ma urlai e mi precipitai in avanti seguita dalle mie truppe. Dall’altra parte fecero la stessa cosa, e i nostri eserciti si scontrarono a metà strada, con una cacofonia di metallo. E a quel punto, roteai la mia spada ed esplosi.
La sensazione di potere che mi aveva riempito durante la mia prima battaglia era niente al confronto di questo. Ero carica, elettrica, come se fossi stata un gigantesco maglione dove migliaia di gatti si erano strusciati. La paura, le preoccupazioni, tutto sparito.
Il braccio che brandiva la spada agiva come per volontà propria, attaccando e respingendo. Non avevo nemmeno bisogno di guardare chi stavo affrontando, anche se continuavo a farlo. Ero una furia, una belva, e ridevo.
Dentro di me sentivo un’eccitazione mai provata prima. Più combattevo, più aumentava, più io sghignazzavo abbattendo nemici. Una iena ridens. Sembra crudele a dirsi, ma non potevo fare a meno di ridere, era come un riflesso involontario. Era una conseguenza del potere che si espandeva dentro e fuori il mio corpo. L’aura verde in quel momento mi avvolgeva interamente, ma vi prestavo scarsa attenzione. Anche se il mio corpo agiva quasi autonomamente, io tenevo d’occhio tutto quello che mi circondava e che poteva attaccarmi, e se si avvicinava troppo, beh, era l’ultima pessima idea che aveva.
Ad un certo punto afferrai l’elsa con entrambe le mani e cominciai a combattere così, a tratti infilzando di punta chi mi si parava di fronte, a volte girando su me stessa travolgendo qualcuno che mi stava intorno, altre ancora calando loro sopra dall’alto, colpendoli alla testa.
Non erano solo uomini quelli che dovevamo affrontare. Erano tutto. Animali, bestie orribili, mutanti, persino alcuni esseri di cui era difficile definire la razza. In una frazione di secondo vidi con la coda dell’occhio Beverly che trapassava con la sua lama un grosso lupo con ali di pipistrello, ma non c’era tempo di concentrarsi oltre su di lei. Dovevo continuare a pensare solo a me, alla mia spada, e all’idiota di turno che avevo di fronte.
Ovviamente non si trattava solo di loro che mi venivano incontro. Anche io avanzavo, sempre più verso l’interno delle loro schiere, trovandomi davanti sempre nuovi nemici, e insieme a me veniva tutto l’accampamento. Tutte le truppe amiche della fantasia libera combattevano insieme contro ogni avversario si fosse mai parato davanti a uno di loro. Era una battaglia epica, di quelle che si vedono alla fine di film d’azione. Solo che non era un film, ed ero felice che non lo fosse. Finalmente potevo lottare io.
Era troppo facile, avrei dovuto aspettarmelo. Non era possibile che ci lasciassero avanzare così senza schierare nessuna delle loro armi migliori. Quando si udì l’urlo, un urlo di terrore puro, tutti ci voltammo verso la sua origine, non solo fra noi alleati, ma anche fra i nemici. Solo che loro lo fecero con un ghigno di soddisfazione.
Era di nuovo Bev, ma come non l’avevo mai vista prima. Aveva perso l’elmo e la spada, che le giacevano davanti, abbandonati, e guardava in alto con la mani sulle guance, con un grido strozzato che le usciva dalla bocca aperta. Davanti a lei, c’era un essere spaventoso.
Un mostro alto cinque metri o più, non seppi vedere bene quanto, che sembrava composto da tubi e canali, ricoperto e grondante di sangue. In alto, su su, su quella che doveva essere la testa, due occhi argentati brillavano maligni. L’essere roteava le braccia immense, abbattendo i nostri soldati, e nessuno riusciva a sconfiggerlo. Era troppo potente.
Dallo sguardo di Beverly capii il suo terrore. Quello era il mostro che la assediava. Quello era It.
Dietro di me avvertii qualcun altro urlare. Mi voltai appena. Era Ginny Weasley.
-         E’ un Molliccio! – Gridò. – Deve sconfiggerne la forma che ha in testa, deve farlo, ma non ce la fa.
Aveva ragione, It era un vero e proprio Molliccio. Assumeva la forma che più impauriva chi aveva davanti. Ma Bev non aveva una bacchetta,  aveva solo la sua mente. Ma finché qualcuno non l’avesse distratta da quella visione, non sarebbe mai riuscita a tornare in sé e abbatterlo.
Stavo per slanciarmi in avanti ad aiutarla, ma un’ombra ci sorpassò tutti dall’alto. Un pensiero raggelante –un Nazgù- Mi attraversò la mente ancora più in fretta, ma era errato.
Saphira piombò sul mostro, ruggendo. Esso barcollò, poi i due possenti esseri cominciarono a lottare corpo a corpo. Nonostante la dragonessa fosse più piccola di lui, gli teneva testa con eccellente bravura. Batteva le ali, si manteneva in aria, lo sferzava con coda e artigli.
Intanto, Eragon era sulle sue spalle, e li fissava assorto. A un certo punto alzò la mano destra e urlò una lunga serie di parole nell’Antica Lingua, mentre il suo palmo si illuminava in corrispondenza del gedwey ignasia. Il coso sanguinolento vacillò, come colpito da una forza invisibile, sembrando sul punto di cadere.
-         Ora, Beverly Svit-Kona!!- Urlò il Cavaliere, con la voce amplificata dalla magia. – Dillo ora! Sai cosa fare!! Fallo!
Allora Bev prese fiato, chiuse gli occhi e gridò con tutte le sue forze.
-         Vattene, mostro! Tu non sei reale! Il tuo sangue non è di bambini! E’ il sangue della donne ogni mese! Non è il sangue della morte! E’ il sangue della vita! Vattene!
It si voltò verso di lei. I suoi occhi lampeggiarono, poi sembrò cominciare a liquefarsi. Pareva un gelato al sole, un gelato orrendo.
-         Vattene! – Ribadì la ragazza. – Sparisci! Torna nelle fogne!! Ti ho ucciso tante volte e ti ucciderò ora! Non farti più vedere!
L’essere era ormai completamente sciolto. Di lui era rimasta solo un’immensa pozzanghera rossastra. Si udì un verso inumano, un grido da bestia, e anche questa sparì, in una nube di fumo.
Ci fu un secondo di immobilità. Il tempo si era fermato. Poi Beverly raccolse la sua spada e la levò urlando ancora. – Mooooorte!!
Tutto si sbloccò. Mi catapultai sul primo nemico che avevo davanti al naso, finendolo in due fendenti precisi, poi alzai appena lo sguardo.
Eragon era atterrato, e dall’alto della sella di Saphira lui e…Beverly, ora arrampicatasi, combattevano senza tregua. Mi slanciai anch’io, non potevo fermarmi, non volevo farlo.
 
Non avevo più tenuto il conto degli avversari che avevo abbattuto, né del tempo che era passato, ma era stato un lungo, lungo periodo. Il sole ora si levava alto sopra le teste di tutti, accecando e scottando.
Nonostante fossi ancora in grado di lottare con la stessa velocità di prima, ora avvertivo sempre di più un senso di spossatezza, che mi prendeva piano piano le membra e tentava di offuscarmi anche la mente. Ma l’adrenalina era come una droga. Ero lucida e vedevo ancora tutto, come se mi fossi iniettata una dose di eroina.
Tanti però non resistevano. Intorno a me cadevano corpi su corpi, molti delle truppe del Nemico, ma anche parecchi delle nostre. Quella battaglia stava esigendo troppe vite come prezzo, e chissà quanti ancora avrebbero dovuto pagarlo. Mi chiesi in un attimo di panico quando tutto questo sarebbe finito, ma scacciai quel pensiero prima che potesse farsi strada e insediarsi di fisso nella mia mente. Non potevo pensarci ora. Intercettare, colpire. Intercettare, colpire. Parare il colpo, intercettare, colpire. Il meccanismo non poteva fermarsi.
Ma sembrava che fosse destinato a non avere davvero una fine. Combattevamo da ore, e migliaia di nemici si stendevano ancora davanti ai nostri occhi. Quanto ancora avremmo resistito? Abbastanza per ucciderli tutti?
Un soldato con un lungo becco ricurvo mi si parò davanti distogliendomi da questi pensieri. Roteava una mazza ferrata. Lo schivai a velocità sovrumana e gli piantai la spada nella fessura fra il becco e l’elmo, trapassandogli la testa. Cadde senza un rumore.
Mi asciugai la fronte col dorso della mano, prestando appena attenzione alla luce verde che ancora mi avvolgeva. Lanterna Verde. Avrebbe quasi fatto ridere.
Nessuno mi stava attaccando in quel momento. Voleva forse dire che si erano resi conto che avrei finito chiunque mi si fosse parato davanti e che ora puntavano a nemici un po’ più facili? Non mi importava il perché, ero soltanto grata di poter finalmente riprendere fiato. Cominciavo a sentirmi davvero stanca.
Ma ovviamente era destino che non riuscissi a riposare più di qualche secondo. Avvertii la mano di qualcuno che afferrava la mia, e quel qualcuno che mi trascinava via incitandomi a correre.
-         E’ il momento di essere elfi – sentii sussurrare Legolas mentre sgusciava fra i combattenti, tirandomi via con sé. Io non so come riuscii a stargli dietro. La prima volta che avevo tentato di seguirlo ero quasi morta di fatica, ma adesso mi veniva quasi naturale. Benedetti poteri.
Riuscimmo a uscire dalla mischia. L’elfo mi portò sul versante di una delle colline che circondavano la valle dove ci trovavamo. Da lì vedevo la battaglia dall’alto, ma distinguevo ancora la differenza fra nemici e compagni.
-         Perché diavolo mi hai portata qui? – Esclamai rivolta a Legolas. Per tutta risposta lui sfilò una freccia dalla faretra e la incordò sul suo arco.
-         E’ il momento di essere elfi. – Ripeté. Tese la corda e scagliò la freccia nel mezzo della battaglia, colpendo un soldato avversario.
All’improvviso capii. Estrassi a mia volta l’arco e una freccia e lo imitai. Non presi nemmeno la mira, quel potere che ancora mi riempiva e avvolgeva mi diceva che non era necessario, ma  riuscii a spedire il dardo esattamente dove volevo: nella testa di uno dei nemici.
Ero euforica. Se ricordate, solo l’idea di sfiorare il bersaglio, all’inizio, mi avrebbe resa felicissima. Ma questo….questo era troppo!
Io e Legolas continuammo a scagliare frecce giù nella mischia, abbattendo nemici dietro nemici. Mi accorsi con la coda dell’occhio che altri elfi e arcieri di vario tipo  avevano seguito il nostro esempio e scalavano le colline per prendere la mira. Ma non erano solo delle nostre schiere…
Vidi con sgomento molti dell’esercito avversario puntare i loro archi contro i combattenti liberi….E contro di noi.
-         Coprimi! – Urlai all’elfo biondo al mio fianco. Mi appostai dietro di lui e cominciai ad attaccare a mia volta quegli arcieri infami. Funzionò. Cadevano come pedine del domino.
Stavo per esultare, quando un suono ci raggelò tutti.
Era come se la mano di un gigante grattasse sulla lavagna più grande del mondo. Un rumore atroce. Tutti, di entrambi gli eserciti, si tapparono le orecchie, ma io e Legolas d’istinto alzammo gli occhi al cielo. Conoscevamo quel verso, e da parte mia pregai di essermi sbagliata. Ma ovviamente avevo ragione.
Esseri alati riempivano il cielo, oscurando il sole e facendo calare il buio su tutta la battaglia. Nazgul. Maledetti Nazgul. Erano otto (mancava quello ucciso dall’elfo) e sembravano disposti quasi in formazione, in cerchio, il loro Re davanti a tutti, mentre nel mezzo della schiera si estendeva una nube color piombo, come lo smog delle città in cui ero cresciuta.
Poteva essere solo un trucchetto per spaventarci, ma io non ci credevo. Sentivo l’aria di Male che emanava quella nebbia, quasi fosse un odore.
Non ebbi tempo di pensarci. I mostri calarono sull’esercito e mi ritrovai a correre giù per il pendio per affrontarli, seguita da molti altri.
Peccato che molti stessero facendo tutto l’opposto. Sgomenta, vidi soldati su soldati abbandonare le armi e fuggire, terrorizzati da quelle bestie e dai loro versi. Anch’io avevo la tentazione di scappare, il gelo che i Nazgul mi facevano montare dentro era quasi insopportabile, ma mi costrinsi ad avanzare. Non ero un semplice soldato. Avevo un DOVERE verso tutti loro, da quando avevo accettato di essere la Predestinata, e l’avrei compiuto a tutti i costi.
Così corsi, e vidi che anche se i fuggitivi erano un gran numero, tanti erano rimasti a combattere. Molti elfi, e con mio gran compiacimento, molti Estel. Chissà se i loro Creatori stavano vedendo la battaglia e indicando loro cosa fare. Non sapevo se funzionasse così, ma lo speravo. In alto, tre draghi stavano attaccando due mostri in volo. Gli altri Nazgul erano a terra, e facevano strage.
Sapevo cosa fare. Se il Signore dei Nazgul fosse stato ucciso, avremmo avuto un notevole vantaggio, ed esso poteva essere annientato solo da una donna.
Lo individuai. In effetti, a fronteggiarlo c’erano tre ragazze. Un’elfa dai capelli d’oro, una Estel con ali da pipistrello…E Blaze.
Negli occhi della gatta c’era furia cieca, che doveva essersi accumulata dopo la morte di Silver. Spediva palle di fuoco contro il nemico, che le schivava agilmente e tentava di colpirla con il uso Flagello, la mazza ferrata, mentre le altre due cercavano di infliggere alla bestia alata colpi di spada, senza successo.
Mentre mi avvicinavo, vidi il Flagello colpirle entrambe con un unico movimento e farle piombare a terra lontano, col collo spezzato.
Ero terrorizzata da ciò che avevo appena visto, ma continuai ad avanzare. Ero dietro di lui, la spada stretta con entrambe le mani sudate, silenziosa nel fragore della battaglia.
Da sopra la spalla del Signore, Blaze mi notò. Gocce di sudore le imperlavano la fronte, ma era ancora una belva. In un attimo ci scambiammo un messaggio con gli occhi. Annui e strinsi ancora più forte la spada, avvicinandomi di qualche altro passo, lentamente, aspettando che la gatta facesse la sua parte distraendo il nemico.
-         Tu hai ucciso il mio ragazzo, bastardo! – Urlò infatti, recitando alla perfezione. O forse non recitava. In ogni caso funzionò. Il Signore dei Nazgul scoppiò in una risata malefica e terribile da sentire.
-         Stupida. Molti ho ucciso, e te ucciderò fra poco. Non penarti. Fra poco raggiungerai il tuo amato. – E con una mossa fluida, calò il Flagello su di lei. Blaze lo schivò, ma non abbastanza velocemente. La mazza le colpì il braccio destro, mandandoglielo in frantumi.
Avrei voluto gridare dall’orrore, ma non potevo. Nonostante non avessi mai voluto che accadesse questo, dovevo attaccare, ora o mai più.
E attaccai. Approfittando del momento, calai la lama con tutte le mie forze sulla coda del mostro, mozzandogliela.
Animale e padrone si voltarono di scatto verso di me, con un unico urlo di rabbia. Avrei giurato di vedere lo scintillio di due occhi nel nulla sotto l’elmo del Signore. La mazza si alzò, minacciosa.ù
-         Ora, Blaze! – Urlai.
La gatta, faticosamente, alzò il braccio sinistro. Il Signore dei Nazgul e la sua cavalcatura presero fuoco, ardendo come una pira. Udii uno stridio lacerante, e una colonna di fiamme si alzò da loro.
Poi più nulla. Del Re e della bestia non rimaneva altro che un mucchietto di cenere.
Ansimando, corsi da Blaze. Era ancora a terra, rantolante, e si teneva il braccio disastrato. Di nuovo…Ancora una volta, ancora un’altra coincidenza. Il Signore aveva già rotto un braccio alla donna che aveva ucciso. Possibile che fosse solo un caso?
Mi chinai su di lei, scacciando il pensiero. – Stai bene?
-         Stavo meglio prima.
-         Andiamo, ti porto dove potranno curarti.
-         No! – Urlò. – Tu devi restare, devi combattere, devi…
Non sentii la terza cosa che dovevo fare. Una voce mi riempì le orecchie, assordante.
-         Vieni.
Alzai di scatto la testa. – Hai sentito?
-         Cosa? – La gatta mi guardò corrucciata. –Cosa dovrei sentire?
Stavo per risponderla, quando la Voce tornò a farsi sentire.
-         Vieni.
Mi guardai intorno. Non c’era nessuno abbastanza vicino da parlarmi così forte, eppure…quel suono era familiare….
Poi gli occhi mi caddero sulla nube grigia. Era atterrata coi Nazgul e ora era non molto distante da noi, che ruotava su sé stessa, placidamente ma sempre emanando quell’aria di male. La Voce non poteva che venire da lì.
E all’improvviso capii. Capii chi o cosa si trovava lì dentro.
Il Nemico. Il Nemico era nascosto nella nebbia.
E mi stava chiamando.

Wow. Seriamente. Wow.
Ragazzi, scusate se ci ho messo tanto. E' stato un capitolo alquanto complesso.
Ma a prescindere di come è venuto (male, come sempre XD), beh, wow.E' decisamente il capitolo che mi è piaciuto scrivere di più di tutta la storia, e parlo sul serio. Era tanto che volevo scrivere una scena di battaglia così. Sperando che vi sia piaciuta....
Tra parentesi c'era qualcuno che mi stressava ab saecula saeculorum (chissà se almeno il latino riesco a metterlo giusto) per vedere il suo vecchio amico il Re Stregone....contento del cameo? L'ho messo appositamente pour toi :)
Con le migliori speranze di ricevere recensioni, vi saluto. A presto!
Ro =)

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Capitolo 19
*** Male e Bene ***


Mi tirai su lentamente, senza staccare gli occhi dalla nube. La Voce si era interrotta, come se avesse capito che l’avevo sentita.
-         Esmeralda? – Chiamò Blaze. – Ti senti bene? Cosa sta succedendo?
Non le risposi. Ero completamente disconnessa. Osservavo le volute di nebbia come ipnotizzata, e mi accorgevo appena di quello che mi succedeva intorno, della battaglia, di tutto…
-         Esme? Esme!
Una voce si era aggiunta a quella di Blaze. Beverly. – Che ha? Che le è preso?
-         Non lo so, poco fa ha detto di aver sentito qualcosa e si è messa  a fissare quella roba…
-         Esme? – Non sentii quasi la mano che mi si appoggiava sulla spalla.  –Esme, va tutto bene, avete ammazzato quel Nazgul. Torna in te.
Strinsi le labbra. Più guardavo quel fumo malefico, più sentivo di dover obbedire alla Voce. – Devo andare.
-         Ma che…E dove dovresti andare?
Per tutta risposta, indicai la nube.
-         Cosa? Ma  sei impazzita? – Beverly mi strinse la spalla con più forza.
-         Devo andare – ripetei. Feci un passo in avanti e lei tentò di trattenermi.
-         Questa cosa non mi piace. Resta qui, collega. Torna fra noi  - mi scongiurò.
Me la scrollai di dosso e continuai a camminare verso la nube. Ero come in trance. Beverly mi si parò davanti.
-         Fermati, Esme, porca miseria!
La scansai e mi misi a correre. Sapevo, nonostante non fossi più tanto lucida come poco prima, che con i poteri che avevo non mi avrebbe mai raggiunto. Sentii per poco i suoi passi dietro di me, ma dopo scomparvero anche quelli.
Corsi e corsi, e mi fermai solo quando fui al cospetto della nube.
Era più imponente di quanto avessi immaginato. Era alta almeno due o tre volte me, e si estendeva per metri e metri, forse chilometri. La guardai un attimo, incerta. Stavo facendo la cosa giusta? Ma poi la Voce tornò a farsi sentire, risuonando come un’eco nelle mie orecchie.
-         Vieni.
Chiusi gli occhi, feci un passo in avanti ed entrai nella nube.
 
Dapprincipio avanzai con le palpebre serrate, ma dopo qualche passo mi arrischiai ad aprire gli occhi. Non vedevo niente di strano. Cresciuta in mezzo a città trafficatissime, ero abituata ai nugoli di smog, e questo non era poi così differente. Per giunta, sembrava addirittura meglio, poiché non puzzava come gli altri.
Non potevo orientarmi, tutto intorno a me era uguale. Agitai il braccio, ma il fumo non si disperse nemmeno un po’. Mi accorsi comunque di avere ancora in mano la spada. Bene. Anche se l’ipnosi mi offuscava la mente, sapevo ancora che trovarmi in una qualunque situazione del genere senza armi sarebbe stato peggio.
Ero ancora lì che mi giravo e rigiravo su me stessa, cercando di capire cosa fare, quando vidi la luce.
Di primo acchito mi chiesi “Ma è possibile?”. Sì, era normale vedere una luce nella nebbia, dove non si capisce mai cosa possa averla generata, ma una luce nera?
Eppure era così. Una luce che sembrava del colore dell’oscurità stessa (lo so. E’ un’idea pazzesca. Ma lo giuro , fu la prima cosa che pensai e l’unica che mi convince tuttora) brillava poco distante. I miei piedi parvero muoversi da soli in quella direzione, e io non feci nulla per fermarli. Provavo un sentimento solo, in quel momento: desiderio. Volevo scoprire cosa generasse quella strana luminescenza. Lo volevo con tutte le mie forze.
Mi sembrava di essere in un sogno. In tutti i sensi. Innanzitutto non riuscivo a controllare il mio corpo, che si muoveva verso la luce come comandato, e provavo quel desiderio fuori luogo. E poi, proprio come in quei sogni in cui cammini e cammini ma non vai da nessuna parte, la luce era sempre alla stessa distanza. Stava lì, e girava su sé stessa, beffarda, mentre io la inseguivo e non riuscivo ad avvicinarmi.
Contemporaneamente, cominciavo a provare una strana nausea, quasi dovessi rimettere da un momento all’altro. Mi girava la testa, e la mia lucidità svaniva lentamente. Ma continuai a camminare, finché non risentii quella voce.
-         Eccoti, finalmente.
Mi bloccai, fissando la luce davanti a me. Era da lì che provenivano quelle parole.
La domanda mi uscì dalle labbra prima che me ne accorgessi.
-         Chi sei?
-         Credo che tu lo sappia già, mia dolce Esmeralda. – Il tono mellifluo suonava come se mi stesse prendendo in giro. – Io sono colui che può tutto. Ogni potere di ogni mondo è nelle mie mani, e presto anche il tuo lo sarà.
-         Come?
-         Guardati le mani, piccola Predestinata.
Non potei fare a meno di obbedire. L’aura verde, la mia aura, mi stava svanendo dalla pelle, come assorbita dalla nebbia. Alzai gli occhi. La luce era ora più vicina, e le mie forze e la mia ragione continuavano a scivolare via.
-         Il tuo potere sta svanendo. Lo sento…ah…sento la tua energia scorrere in me, ed è così fresca, e piena…Un peccato dovertela togliere.
-         Non puoi farlo – farfugliai.
-         Posso e lo farò. Ma naturalmente sarebbe uno spreco, è così…fulgido, nelle tue mani…che non saprei come utilizzarlo meglio. Perciò ti farò una proposta. Lascerò che tu mantenga tutti i tuoi poteri, ma solo se mi giurerai fedeltà e obbedienza.
-         Ti unirai alle mie schiere,  e combatterai per me. Con te nelle mie mani, tutti quegli sciocchi che dicono di rappresentare il bene saranno spazzati via, e con loro tutte quelle menti fresche di bambini che ancora non sono riuscito a prendere. Lo vorresti?
-         Lo vorrei. – dissi. Era vero. In quel momento avrei abbandonato tutto quello per cui avevo lottato nelle ultime settimane, e solo per inginocchiarmi e prostrarmi davanti a una luce e alla voce di un folle. Ero affascinata, e convinta. – Lo vorrei davvero. Ma come puoi dire che riuscirai a vincere? Non so nulla di te, non so nulla dei tuoi poteri e di come hai fatto a conquistare tutto questo. Dimostrami che puoi, raccontami come hai fatto, e io ti servirò per il resto dei miei giorni.
-         Oh,dolce fanciulla, è una storia breve. Ma te la narrerò. Così comprenderai il potere di colui che chiamano…il Nemico.
La forza che mi aveva reso quel burattino inservibile che ero ora mi costrinse a chiudere gli occhi, e a lasciarmi andare al suono della Voce.
-         Il mio creatore era un ragazzo molto intelligente. E molto, molto ambizioso. Mi creò con l’intento di ottenere un nemico invincibile, che nessuno potesse distruggere. Mi dotò di tutti i poteri di cui era a conoscenza, e di altri che non riusciva a nominare nemmeno nella sua testa. Ma poi crebbe, e mi relegò nell’angolo più nascosto della sua mente, come una fantasticheria infantile da dimenticare.
-         Ma ormai ero stato creato. Libero in questo mondo, potei assoggettare chiunque volessi, e molti mi seguirono senza che nemmeno li obbligassi. Li hai visti oggi. Combattono ancora tutti per me. E’ così che sono diventato potente come mi vedi ora, ed è così che ogni mondo, il tuo come il mio, mi appartiene.
-         Io sono il migliore. Io sono l’unico che può fare questo. E se ora tu ti unirai a me sarai parte anche tu di questo potere
-         Lo voglio. Voglio unirmi alle tue forze, e servirti fino alla morte.
-         Allora vieni da me, sciocca ragazza. Avvicinati e giura. Entra nella mia luce.
Un passo. Due passi. Ripresi a camminare verso la luminescenza, che ora si avvicinava. Volevo toccarla, entrarvi con tutte le mie forze, prostrarmi a quello che mi si era presentato come un dio.
La distanza si accorciava, e la  Voce era lì ad incitarmi.
-         Vieni, Esme. Vieni da me.
Ero a un metro da lui. Allungai un braccio, quasi timidamente, aspettando il grande potere che mi avrebbe riempita non appena lo avessi toccato…
Una freccia attraversò la nebbia, passò sibilando appena sopra il mio braccio, ferendolo, e sparì nel grigio. Ritrassi l’arto di scatto, spaventata. Il Nemico ruggì.
-         Sciocchi! Cosa credono di fare? Nessuno può ferirmi con una semplice arma! Vieni, Esme, vieni da me e sistemiamoli!
Stavo per obbedire, ma altri dardi ora volavano tutto intorno a me, schizzando fuori dal fumo e rituffandocisi dentro poco dopo. Una freccia volò dritta davanti ai miei occhi, e d’istinto mi ritrassi e scossi la testa per cancellarne l’immagine.
-         Tu! Entra!Ora!
Scossi ancora la testa, mentre altre frecce sibilavano nell’aria. Ma ora sorridevo. Non sapevo chi avesse avuto quell’idea, né come, ma l’utilità c’era stata.
L’incantesimo si era spezzato. Ero di nuovo lucida. Forte. E FURIOSA.
-         No. – Ringhiai alzando gli occhi di scatto.
-         Come osi…
-         Non entrerò nel tuo male, razza di bastardo! – Urlai a pieni polmoni.
-         Tu….Sciocca mortale….Hai scelto il nemico sbagliato!
-         Non ho sbagliato io – mormorai. Dentro di me sentivo crescere una potenza nuova, qualcosa che non veniva dal Nemico né da me stessa, ma da un altro luogo. Quale, non riuscivo a capirlo. Ma chiunque me la stesse inviando, era come se mi dicesse cosa fare. – TU hai scelto la nemica peggiore! – E obbedendo all’istinto di quel momento, a quella forza che mi spingeva, alzai la testa e saltai.
Mi parve di alzarmi di miglia e miglia, come volando. Intorno a me non vi era più la nebbia maligna, ma una luce, una luce bianca e pura, che sapevo essere parte del Bene.
Chiusi gli occhi e volai ancora più su, e ancora e ancora. E intanto che volavo, una nuova voce, carica di un potere troppo esteso perché riuscissi a capirne la fonte, mi parlava e mi riempiva le orecchie.
-         Vola, giovane Predestinata, vola. Cerca il tuo potere. Sai che esiste.
-         Chi sei? – Mi ritrovai a chiedere ancora, mentre un sorriso spontaneo mi si allargava sul volto. Era una voce buona, questa, una voce dal tono paterno e affettuoso.
-         Io sono colui che ha permesso tutto questo, che ha lasciato libere le menti di ogni bambino e ne ha fatto un’arma al servizio del Bene. Tu sai che il Bene esiste, e che non può perdere, perché è più puro dell’acqua più cristallina. Il Male è destinato a fallire. Il Bene a vincere.
-         La vittoria del Bene si ripete in ogni attimo, ancora e ancora, fino alla fine del tempo. – Mormorai. Non avrei mai potuto immaginare un’idea del genere, ma la frase era uscita dalle mie labbra come spinta, come se fosse la cosa esatta da dire in quel momento. E lo era davvero. Era un’idea perfetta.
-         Esatto. Tu sai perché tutto si ripeteva, nel tuo lungo viaggio. Tutto si ripeteva perché doveva ripetersi, perché se le storie non si ripetessero sempre, gli equilibri si romperebbero e  il Bene non potrebbe vincere. E allora vinci, piccola Esme. Vinci e credi nel Bene.
-         Io ci credo. – Ero piena. Ero carica. Un’estasi mischiata a consapevolezza di tutto, di ciò che era bene e di ciò che era male, mi avvolgeva, e quando spalancai gli occhi non mi aveva ancora abbandonato. Era il mio potere.
Aprii dunque gli occhi, ed avevo volato davvero. Ero sospesa per metri sopra la nube, e ogni combattente aveva gli occhi fissi sul cielo, fissi su di me.
Allargai lentamente le braccia. Il potere mi stava attendendo, e mi riempì all’istante. Un lampo accecò me come tutti gli altri, e fui avvolta da quell’aura verde che ormai mi sapeva di abbraccio ed era il segno della forza che avevo. Ma stavolta era diversa.
Questa volta mi ricoprì tutta, dentro, e fuori, in ogni anfratto del mio corpo e della mia mente, e mi si allargò intorno, un’altra nube, verde foresta, elettrica di potere e che si estendeva fino ai confini dell’altra. E il potere…oh, quel potere….mi sentivo incendiata di furore e di potenza, avrei potuto distruggere un continente con un soffio. Ma non era quello il volere del Bene.
Guardai la nube del Nemico, da cui usciva un immenso urlo di furore, e una forza che fino a pochi secondi prima mi avrebbe uccisa. Ma ora era per me poco più di un solletico. Il mio avversario non poteva più battermi. Trassi il respiro più profondo che avessi mai preso.
-         IO CI CREDO! – Urlai alzando le braccia e abbassandole in un attimo. L’onda verde  si contrasse e poi si ampliò, calando con tutta la sua potenza sulla nebbia del Male.
Accadde tutto in un attimo. Vi fu un’esplosione,  piena di frastuono come immagino sia quella di una bomba nucleare, e un vento fortissimo si alzò. Alzò anche tutta la polvere del terreno, e quando entrambi si calmarono, la nube non c’era più. E con lei erano spariti tutti i nemici.
Un lunghissimo istante di silenzio, e poi ci fu l’urlo di gioia.
Tutti i nostri soldati acclamavano, gridavano, sbattevano le spade sugli scudi, giubilanti. Io sorrisi stancamente. Il potere stava scemando, e l’apatia di prima minacciava di tornare.
Cominciai a scendere per tornare a terra, lentamente, poi sempre più veloce, precipitando come una lenta meteora. Non mi importava nemmeno di schiantarmi contro il terreno, la stanchezza mi stava sopraffacendo.
Due braccia forti e calde mi presero al volo prima che toccassi terra.
-         Esme? – Una voce nota era vicina al mio orecchio, rassicurante e preoccupata. Shadow. – Esme, è finita. Hai vinto. – I suoi occhi color rubino mi scrutavano dalla testa ai piedi, felici ma ansiosi. Dietro di lui vedevo spuntare le teste di qualcun altro. Credetti di riconoscere quella bionda di Legolas, ma in quel momento non importava.
-         Shadow – sussurrai. Andava tutto bene. Ero fra le braccia del mio riccio. – Shadow, sono stanca.
-         Lo so, piccola, lo so. Dormi. E’ finita. – Era così bella quell’idea. Mi si stava appannando la vista. Presto sarei crollata.
-         Shadow – chiamai ancora, anche se mi uscì un borbottio confuso. Lui comunque mi capì.
-         Cosa, Esme?
-         Non lasciarmi con Eragon. Io voglio te.
E dopo questo sussurro sdolcinato, mi arresi alla stanchezza e persi i sensi. L’ultima cosa che sentii prima di affidarmi al dio del sonno fu una frase di qualcuno lontano, ma eppure vicino.
- Siamo orgogliosi di te, Predestinata.

Sono ufficialmente un'invasata. Non scherzo. Mi sono messa davanti al pc dicendomi "Ma sì vediamo se riesco a scrivere qualche riga...."
Ho scritto per un'ora e mezza. Senza interruzioni. E dimenticandomi di studiare greco. Dopo questa, se il capitolo è pessimo potete farmi qualcosa di male, avete il permesso.
Comunque, a proposito del capitolo.....Esme è esplosa! (Sento l'eco dei "finalmente"....) E questo vuol dire che purtroppo siamo quasi alla fine. Il prossimo capitolo sarà l'ultimo. E...tutte le domande avranno una risposta, tutte i single avranno la loro metà, eccetera, eccetera. Quindi...attendete fiduciosi. E se vi è piaciuto questo capitolo, ripeto, recensite. Grazie.
A presto!
Ro =)

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Capitolo 20
*** La fine...di un sogno? ***


C’era solo buio. O quasi. L’oscurità, pesante e soffocante, mi avvolgeva, ma quando cercavo di socchiudere gli occhi una luce accecante li feriva.
-         Dove sono? – Farfugliai.
-         Esattamente dove dovresti essere. In un letto, a riposare.
Aprii definitivamente gli occhi e mi guardai intorno. Se qualcuno ha presente la scena del Signore degli Anelli dove Frodo si sveglia e Gandalf gli fa “sono le dieci del mattino del ventiquattro ottobre” può capire come mi potessi sentire. Ero sdraiata davvero in un letto, e non ero a Gran Burrone, ma in una tenda bianca, sul cui tetto era stato aperto un foro quadrato da cui entrava quella luce rompicoglioni (sì, la mia finezza era finita). E a fianco del letto, o della branda, seduto tranquillamente, c’era Shadow.
Il riccio nero mi sorrise. – Buongiorno. - Era il Gandalf della situazione, o era solo un’impressione della mia mente malata?
-         Giorno… - Mugugnai. – Dove…Dove cazzo sono?
-         Che domande monotone. Ecco, se proprio vuoi saperlo, sei in una tenda dei guaritori e dovresti ancora essere sotto effetto dei sedativi. Ma a quanto pare non erano forti abbastanza. E’ mezz’ora che parli nel sonno, e dici cose anche molto volgari.
Finsi di ignorare le sue ultime parole, mentre  mi tiravo su sui gomiti. – Quanto ho dormito?
-         Vediamo un po’…Hai sconfitto il Nemico tre giorni fa, solo che subito dopo sei svenuta o entrata in coma, non mi hanno neanche detto quale dei due. Poi qualche stregone o elfo ti ha fatto cadere in questo sonno senza dolore, ma prima…Ci hai fatto prendere un infarto colossale, Esme.
-         Mi dispiace.
-         Non penso tu ti debba dispiacere.
-         Perché no?
-         Perché adesso dovrai pagare il fio. E sappi che sono un creditore molto esigente. – Si alzò e mi si avvicinò con un’espressione indecifrabile sul volto.
-         Cosa…che cosa cazzo vuoi farmi? – Questo può darvi un’idea di quanto fossi fusa. Shadow non era una persona molto calma, ma io non ne potevo avere paura. Non potevo proprio. Eppure…
-         Questo – rispose lui. Mi prese il volto con una mano e mi baciò.
Fu un bacio assolutamente meraviglioso. Lungo, e tutto tranne che casto. Non scendo in dettagli. Basta sapere che, debilitata com’ero dalla stanchezza, quando finì mi lasciò senza fiato e stravolta, ma felice. Soprattutto felice.
Estasiata, mi lasciai ricadere sui cuscini, mentre il riccio si sedeva sul letto, molto più vicino alla mia testa di prima. Sorridevamo entrambi.
-         Ho saldato il mio….debito? – Mormorai.
-         Credo di sì, ma potrei richiedere gli interessi più tardi.
Scoppiammo a ridere, ma io smisi dopo poco. Mi girava la testa, non mi ero ancora completamente ripresa.
-         Mi fai un riassunto di quello che è successo?  - Chiesi quando mi fui rimessa in sesto. – Ho un vuoto di memoria di…non so quanti giorni.
Così Shadow raccontò. All’inizio non prestavo molta attenzione a ciò che diceva, troppo felice di sentirlo parlare, ma poi mi riscossi e cercai di seguire il discorso.
Il mio attacco distruttivo aveva cancellato dal campo di battaglia tutti i nemici. Non li aveva uccisi, no: erano comunque personaggi di opere esistenti nel mio mondo, non potevano essere eliminati così. Ma dalle loro teste erano stati cancellati tutti  i ricordi della battaglia e del Nemico, come avevano scoperto alcuni stregoni esperti di lettura della mente quando uno dei soldati avversari era stato catturato.
Quanto al Nemico, lui sì, che era stato distrutto. Non esisteva più. Puff. Cancellato dalla faccia della Terra.
Comunque, non essendoci più nessuno da combattere, l’accampamento si era ripreso molto in fretta. I feriti erano stati curati, le costruzioni distrutte riparate, il banchetto per la vittoria preparato.
Ci sarebbero stati grandi festeggiamenti, una volta che mi fossi ripresa completamente e avessi preso coscienza del mio nuovo stato….
-         Quale stato? – Lo interruppi a quel punto, confusa.
Lui evitò il mio sguardo, pensieroso, poi mi rivolse una strana domanda. – Senti ancora il tuo potere?
Non ci avevo fatto ancora caso. Mi concentrai. Sì, effettivamente sentivo qualcosa, anche se non era esattamente “il potere”. In un certo senso mi sentivo come quando qualcuno grattava con le unghie su una lavagna. Quando succede la pelle si tende e freme, e poco dopo entra in una fase di stallo, come se si preparasse a tendersi di nuovo nel caso quel suono orribile si facesse sentire di nuovo. Era così che sentivo il mio corpo. Come una sorta di pelle d’oca continua. Non era una sensazione sgradevole, ma era….assurda.
-         Qualcosa del genere, sì – risposi alla fine di questa analisi.
-         Esme, alzati. – Disse Shadow con voce atona.
-         Cosa?
-         Alzati. Se non ti reggi ti aiuto io, ma ti devi alzare.
Obbedii, sempre più confusa. Appena misi piede a terra mi sentii tremare, ma ci misi tutto il mio impegno quantomeno per tirarmi su. A quel punto mi appoggiai con tutto il mio peso a Shadow.
Lui mi guidò in un angolo dove c’era un oggetto oblungo coperto da un telo bianco, che al primo sguardo non avevo notato. Il riccio mise una mano sul telo, poi mi guardò. – Chiudi gli occhi – ordinò.
Li serrai. Sentii un fruscio e poi una leggera spinta che mi fece muovere un passo in avanti, poi la voce di Shadow che diceva: - Adesso puoi aprirli.
Socchiusi le palpebre, ma non appena ebbi dato un occhiata a ciò che avevo davanti le spalancai, sbalordita .L’oggetto era uno specchio, e l’immagine riflessa – la mia, doveva essere la mia – era….
Sfiorai il vetro freddo  con un dito, per assicurarmi di essere io ciò che vedevo.
Qualcuno mi aveva fatto indossare una lunga camicia da notte bianca, che mi copriva del tutto le gambe e le braccia, ma non la testa. La teoricamente mia testa.
Una massa di capelli scuri incorniciava i mio volto stupefatto. Erano molto ricci, e si allargavano intorno alla testa. Dapprima pensai che fossero neri, ma invece erano di una strana sfumatura di verde petrolio. Da esse spuntavano due orecchie a punta da elfo.
I miei occhi si erano allargati, si erano letteralmente espansi, ed erano diventati verde foglia. Ma la pelle, la pelle era il cambiamento più sconvolgente.
Tremante, mi sfilai la camicia dalla testa e feci un lento giro su me stessa.
La mia pelle aveva preso un colore verde a sua volta, ma non un verde stabile. Quando mossi il braccio per scostarmi i capelli dal volto, la sfumatura della mia nuova carnagione cambiò come cambia quella di  una stoffa di seta se la inclini verso la luce.
E dietro la schiena, dulcis in fundo, mi erano spuntate due ali di drago verdi grandi quanto due aquiloni.
In silenzio abbassai lo sguardo su Shadow. Lui mi guardò con un misto di pena e orgoglio. – E’ tutto dovuto al tuo potere. Non potevamo avvertirti, non eravamo a conoscenza di questi effetti collaterali. Mi dispiace, Esme, mi dispiace un sacco, dovevamo pensarci….
Non lo ascoltavo più. Guardavo la mia immagine e vedevo le mie labbra arricciarsi fino al punto di rottura. Che arrivò mentre io esplodevo in una sonora risata isterica.
Il riccio mi fissò a occhi spalancati. – Esme, ma che…
-         Oh, no, niente…..- ansimai mentre sghignazzavo – è solo…è solo che…è tutto così assurdo….
-         Assurdo?
-         Adesso….Adesso sembra tutto un disastro, ma….quando ero nel mio mondo….avrei voluto così tanto avere questo aspetto e ora…E ora a te dispiace….- Non riuscii ad andare avanti perché una risata più forte di prima mi bloccò la gola e non potei fare altro che ridere appoggiandomi a Shadow. Lui scosse la testa, con un sorriso.
-         Quanto sei assurda. – Disse, ma dopo poco scoppiò a ridere insieme a me.
E al diavolo la tristezza.
 
Nei giorni seguenti furono in molti a venirmi a trovare, soprattutto fra gli strateghi che volevano congratularsi per il mio successo, e rividi anche diversi dei miei primi compagni.
Loro, come tutti, erano visibilmente stupiti dal mio cambiamento di aspetto, ma ebbero la delicatezza di non mostrarlo troppo. Vennero Knuckles ( non mi azzardai a chiedergli chi fosse la ragazza che si rotolava nel suo letto prima della battaglia, ma ci andai vicino) , Legolas, e il giorno in cui finalmente i guaritori mi dissero che mi ero ristabilita del tutto vidi spuntare Beverly nella mia tenda.
Ci abbracciamo come se non ci fossimo viste per anni, poi lei si allontanò a distanza di braccio e mi scrutò. – Non male, ragazza mia, non male, ma i tuoi capelli sono un disastro.
Scoppiammo a ridere e ci sedemmo sul letto. Bev ci appoggiò sopra una borsa che aveva con sé e ne estrasse quello che sembrava un pezzo di stoffa.
-         Cos’è? – Domandai.
-         Il tuo abito da cerimonia – rispose. -  Domani ci sarà la celebrazione della vittoria, e tutti saremo obbligati a partecipare e a metterci in ghingheri.
-         Oh, merda. Non mi sono mai piaciuti gli abiti eleganti.
-         Questo ti piacerà. Non può non piacerti. – Lo svolse e me lo mostrò.
Beh, era davvero fantastico. Lungo fino ai piedi e di un blu elettrico, senza maniche, con sulla schiena due fessure dove avrebbero trovato posto le mie nuove ali. Era di una stoffa sottile e morbida al tatto come non ne avevo mai vista una uguale.
-         E’ stata tessuta dagli elfi – sussurrò Beverly, quasi in soggezione – e l’abito lo hanno creato gli stilisti degli Hunger Games. Ne vorrei uno così anch’io.
-         E’ meraviglioso. – Incrociai il suo sguardo e sentii che non potevo restare così seria molto a lungo. – Quantomeno il colore si intona col verde.
Ridemmo di nuovo e passammo a parlare d’altro. Chiacchierammo del più e del meno per ore, finché non calò il buio, ma ogni volta che facevo alla mia amica qualche domanda su cos’era successo mentre io ero svenuta o in convalescenza ( Shadow non mi aveva detto più niente, dopo il giorno del mio risveglio )  lei scuoteva la testa e con un sorriso rispondeva “Lo saprai domani”.
L’indomani mi alzai fremente di agitazione. Ero tesa e nervosa come non mai, mentre mi infilavo quell’abito stupendo e giravo su me stessa davanti allo specchio, però dovevo ammettere che mi stava davvero molto bene. Nel mio mondo, con abiti così ero sempre sembrata un cotechino. Ora invece sembravo una principessa guerriera.
Vene Shadow in persona ad accompagnarmi ai festeggiamenti. Mi porse il braccio come un vero cavaliere, ma io gli afferrai la mano e la strinsi. Lui sorrise e annuì. – Stai tranquilla. Non c’è niente per cui agitarsi.
-         Lo dici tu.
-         Lo dico io, quindi appunto stai tranquilla. Cos’è, vuoi un bacio per calmarti i nervi?
-         Magari…
Mi sfiorò le labbra con le sue, poi ci avviammo verso la festa.
Mentre attraversavamo l’accampamento, notai che era vuoto. Deserto. Non incontrammo anima viva. In un certo senso ne fui felice, la prospettiva che qualcuno mi vedesse col mio nuovo aspetto mi lasciava ancora molto preoccupata.
Raggiungemmo una zona che dapprima non riconobbi, ma quando accadde mi spunto un sorriso sulel labbra. Era quella stessa pianura dove in un giorno che sembrava lontano secoli avevamo visto arrivare il drago di Nihal scambiandolo per un Nazgul. Solo che adesso era ricoperta completamente da lunghi tavoli, disposti a cerchi concentrici, e in mezzo a tutti vi era un tavolo da solo. Fu lì che Shadow mi trascinò.
E fu solo lì che mi accorsi di tutti gli sguardi puntati su di me. Erano tanti. Tutte le tavolate erano occupate e ogni singolo paio di occhi mi stava fissando. Cercai di mantenere il mio sorriso, ma con tutto quel nervosismo non era facile. Probabilmente sembrava più una smorfia.
Il tavolo centrale era occupato da quelli che ormai riconoscevo come i pezzi grossi del mondo della fantasia, che si alzarono in piedi al mio arrivo, imitati da tutti gli altri. Io accennai un goffo inchino a quegli elfi, umani e svariati esseri così importanti.
Ma poi sentii una mano che mi si poggiava sulla spalla e quando alzai lo sguardo vidi il volto di Aragorn, dolce e severo, che mi fissava. – Non devi inchinarti a nessuno – disse pacatamente.
Ed ebbi una stranissima sensazione di deja-vu quando la folla intorno a me iniziò a inchinarsi. Ogni uomo, ogni donna e ogni bambino si stava  inginocchiando di fronte a me.
Quel momento durò pochi secondi, ma furono i secondi di più grande orgoglio della mia vita.
Purtroppo furono rotti da una voce (che conoscevo benissimo ) che esclamò: - Questa scena l’ho già vista!
Non potei trattenermi dal ridere, e molti altri mi imitarono. In breve tutti stavano ridendo, e iniziarono a battere le mani. Applaudivano me. Acclamavano me. Non potevo crederci.
Nasuada si avvicinò e alzò le braccia per imporre silenzio, poi parlò. Il suo tono era serio, ma venato di pura gioia. – Oggi festeggiamo la fine di un incubo. Il Nemico è stato abbattuto, e grazie ad una sola persona. Lunga vita alla Predestinata!
-         Lunga vita alla Predestinata! – Ruggì la folla, e le acclamazioni ripresero. Sembrava non dovessero terminare mai, invece riuscirono a placarsi quando qualcuno mi trascinò al tavolo delle “celebrità” e mi fece sedere.
Ma non era destino che riuscissi a stare tranquilla. Eragon, pochi posti distante da me, si alzò in piedi e levò il calice di vino. – Brindiamo! – Urlò. – Brindiamo alla fine e al nuovo inizio! Brindiamo al destino della nostra terra! E brindiamo…A Esme!
Tutti risposero con urla di gioia e alzarono i bicchieri. La mia faccia era diventata dell’esatto colore del loro vino. Ebbi voglia di scomparire, ma solo finché la voce di prima non tornò a farsi sentire. Era Beverly, che salì in piedi sul proprio sedile.
-         Basta! Finiamola e mangiamo! – Gridò. Il popolo scoppiò a ridere e tutti si sedettero.
-         Grazie – sussurrai.
-         Non c’è di che. Ho una fame da lupi.
-         In tal caso….festeggiamo! – Esclamò Sonic!
Mi guardai intorno. Oltre al riccio, al tavolo con me vi erano diversi personaggi di opere che non conoscevo, ma anche Legolas e Aragorn, e il riccio blu e Shadow, e Harry Potter, e Nasuada ed Eragon, e Beverly….seduta vicino al Cavaliere. All’improvviso rammentai che li avevo visti insieme anche nel mezzo dalla battaglia. E se forse…
Come in risposta al mio dubbio, Bev sorrise a Eragon e con voce dolce gli chiese: - Mi passeresti la brocca, Eragon-finiarel? – “Ma che diamine…” pensai. La brocca era a mezzo metro da Beverly, e molto più lontana dal Cavaliere che era seduto dal lato opposto della ragazza
-         Con molto piacere, Esme Svit-kona – rispose lui e si allungò per prenderla. Se non che ne approfittò per rubarle un bacio a fior di labbra.
-         Ah, sì, credo che stiano insieme adesso – disse Shadow vedendo dove puntava il mio sguardo. – Doveva essere una sorpresa, ma in fondo non fanno molto per nasconderlo.
-         Ma possono? Voglio dire, sono di due mondi diversi….
-         Esme, se loro non possono, a noi allora cosa dovrebbero dire?
Sorrisi e accettai il rimprovero, lasciando che il riccio mi appoggiasse una mano sulla schiena.
Fu un pranzo allegro e chiassoso. C’era cibo in abbondanza e scorrevano vino, birra e idromele a fiumi. E stavolta potevo ubriacarmi in pace, senza timore di combinare disastri.
Si parlò di molte cose, e io dovetti ripetere molte volte ciò che era successo nella nube del Nemico. Non fu un’esperienza piacevole, ma sentivo il conforto della mano di Shadow sulla mia spalla. In compenso ricevetti molte notizie su cosa mi ero persa in quei giorni, a cominciare da dove diavolo arrivavano tutte quelle frecce che mi avevano salvato la pelle.
-         Quando Beverly e Blaze videro che Esme eri scomparsa nella nube – raccontò Eragon  - Bev corse a chiamarmi e io mi precipitai in quella zona insieme ad altri. Non potevamo vederti, e sentivamo appena la magia del Nemico…Una magia che ammaliava e poteva convincerti a fare ciò che lui voleva. Non sapevamo come fare; era troppo potente per tutti noi.
-         Fu Blaze ad avere l’idea – si intromise Beverly.  – Si mise a urlare che se noi eravamo ipnotizzati da quell’incantesimo, allora tu dovevi esserlo più di noi, e dovevamo distrarti. Ma come? Non potevamo infilarci anche noi lì dentro, sarebbe stato un suicidio.
-         Allora pensammo alle frecce – riprese il Cavaliere. – Radunammo tutti i più abili arcieri che si conoscono in questo mondo: gli elfi, Robin Hood, Katniss Everdeen, Susan Pevensie….E ordinammo loro di scoccare frecce contro la nebbia, ma evitando te. C’eravamo anche io e Legolas. Ora ti vedevamo, ma appena appena, eri solo una sagoma indistinta. Comunque siamo riusciti nell’intento.
-         Grazie – dissi, incapace di esprimere quanto fossi davvero grata. Mi voltai finché non trovai Blaze, e le rivolsi un cenno, a cui lei rispose con un sorriso. Il braccio distrutto dal Nazgul era ora fasciato e lei lo portava appeso al collo…E al suo fianco c’era Silver.
-         Ma non era morto? – Bisbigliai sbalordita, indicandolo a Shadow, ma prima che lui potesse rispondere un’altra voce si intromise.
-         Nessuno di noi può morire. Non possiamo venire cancellati dal vostro mondo né dalle vostre menti, solo il Nemico ha subito questa immensa punizione. Tutti i morti, sia nostri sia del Nemico, sono tornati in vita. – Mi girai. Seduto a pochi posti da me, con un sorriso sardonico sul volto e il solito aggeggio a L sulla fronte, c’era Soter. – Salve, Esme. Era te che davo per morta, se proprio lo vuoi sapere.
-         Salve, Soter. Brindiamo al tuo ottimismo infinito. –Levai il bicchiere verso di lui, sorridendo a mia volta. Lui mi imitò. Doveva essere solo un gioco fra noi due, ma vidi che diversi che sedevano al nostro tavolo seguirono il mio esempio e alzarono i calici. Ero sbalordita. Da quando ero diventata così importante che tutti imitavano le cagate che facevo?
Ma in sostanza tutto quello che stava accadendo mi lasciava sbigottita. Un aspetto da mutante, gente che si inchinava davanti a me, il fatto che sembrassi essere diventata il personaggio più importante di tutto l’accampamento…Era troppo per farmene una ragione, dunque presi una decisione: non ci dovevo neanche provare.
D’altronde perché preoccuparmi per questo? Avevamo vinto: il mio compito era finito. Non dovevo più avere paura del futuro. Stavamo festeggiando, e tutti intorno a me ridevano e scherzavano e mangiavano a sazietà.
Beh, forse non tutti. A mano a mano che il pranzo andava avanti mi accorsi che Shadow diventava sempre più pensieroso e cupo, e non toccava quasi cibo. A un certo punto (eravamo ormai al dolce, e dunque quasi alla fine del pasto) mi chinai verso di lui in modo da potergli sussurrare all’orecchio. – Tutto bene?
-         Cosa? – Si riscosse. – Oh, sì, sì. Tutto….Tutto a posto.
-         Sicuro? – Non ero convinta.
-         Sicuro – rispose con un sorriso e mi baciò.
Quando tutti o quasi ebbero finito, Nasuada si alzò di nuovo. Stavolta non sorrideva, né sembrava pronta a festeggiare. Anzi, aveva un’espressione desolata. Spalancai gli occhi. Cosa diavolo…?
-         Sono…felice che tutti abbiamo potuto festeggiare a dovere la nostra vittoria – disse, tenendo gli occhi bassi. Era calato il silenzio, quindi nonostante non avesse alzato la voce, ognuno riusciva a sentirla. – Molto, molto felice. E ringrazio ancora Esmeralda per aver permesso tutto questo. Tuttavia questo è anche un momento triste, per me e per altri. Anche per te, Esme.
-         Cosa….Cosa succede?- Balbettai.
-         Abbiamo delle regole in questo mondo – proseguì lei senza guardarmi – regole che dobbiamo rispettare per il bene di tutti. Il poter convocare un umano in questo mondo è una di queste, ma questo umano non può restare più a lungo di quanto occorra al suo addestramento e alla sua missione. Sarebbe un paradosso che sconvolgerebbe ogni normalità. – Finalmente alzò lo sguardo e mi fissò. – Per questo sono triste, Esme. Per te è il momento di andare.
Niente. Non dissi assolutamente niente. Rimasi a fissare Nasuada a occhi spalancati, incapace di credere a ciò che aveva appena detto. Al mio fianco sentii il gemito di Shadow.
Finalmente ritrovai la voce. – C…cosa? Devo andarmene? Ora?
Lei annuì. – Sì.
-         Ma…non posso! Non c’è modo per andarmene! Non posso semplicemente rifare la strada che ho fatto all’andata! – Mi rendevo conto di parlare a vanvera, ma proprio per me era inconcepibile.
-         Non dovrai. – Si scostò dal proprio sedile e mi fece cenno di seguirla. Stralunata, obbedii. Shadow si mise al mio fianco e mi prese la mano. Ero vagamente cosciente che dietro di noi veniva tutto l’accampamento.
Seguimmo Nasuada fino a uno spiazzo fra le tende poco lontano. Nel bel mezzo si trovava un arco di cemento, Ricoperto di disegni che non capivo. Era rigido e squadrato, e nel mezzo vedevo le tende che si trovavano dall’altra parte, solo sfocate, come se le vedessi attraverso una cascata.
-         Questo – disse la donna – è il portale che conduce in tutti i mondi da dove noi proveniamo, compreso il tuo. Quando lo si attraversa, bisogna concentrarsi sul luogo dove ci si deve recare. E’ così che tornerai a casa.
-         Devo…Devo proprio farlo?
-          Sì. Così stabiliscono le regole. Così ha deciso Colui che ha creato ogni mondo della fantasia, Lui che sa cosa è meglio per il futuro di tutti. E’ un brutto giorno, per te e per noi, ma è necessario.
-         E’ necessario – ripetei. Mi guardai intorno, guardai tutti quegli occhi fissi su di me. Come potevo lasciare quella gente? Quel mondo, nell’ultimo periodo, era diventato la mia casa , e quelle persone i miei compagni. Non potevo andarmene.
Eppure….Io non ero nata lì. Io ero nata sulla Terra. Avevo una famiglia, dei genitori, due sorelle. Dei compagni di scuola. Degli amici. Quella era la mia origine. Quello era il mio posto.
All’improvviso sentii una consapevolezza simile a quella che avevo provato prima della battaglia finale, una consapevolezza pacifica. Non era bello, ma era giusto.
Era davvero necessario.
Sospirai e mi voltai verso Nasuada. - Hai ragione. E’ destino.
Lei sorrise tristemente. – Ci mancherai. – All’improvviso si avvicinò e mi abbracciò. Io ricambiai, sentendo le lacrime che mi sgorgavano dagli occhi.
Salutai così tutti quelli che avevo conosciuto di più, ma ognuno in modo più personale. Knuckles mi dette un pugno scherzoso sulla spalla. Eragon mi diede un bacio all’angolo della bocca. – Fai felice Beverly – gli sussurrai.
-         Ai vostri ordini – mi rispose.
Con Bev ci stringemmo fortissimo, senza parlare. Ci saremmo mancate, ma capivamo.
Lasciai Shadow per ultimo. Lo condussi fin davanti all’arco, e gli altri ci lasciarono fare, capendo che dovevamo parlare da soli. Lo fissammo, uno di fianco all’altra.
-         E così questo è un addio – mormorai.
-         Forse. – All’improvviso mi prese per un braccio e mi costrinse ad abbassarmi alla sua altezza. Mi guardò negli occhi. – Promettimi che quando sarai nel tuo mondo non penserai a me. Devi trovare un ragazzo della Terra.
-         Non posso dimenticarti.
-         Neanch’io. – Con un suono strozzato mi attirò a sé e ci baciammo appassionatamente. Anche lui piangeva. Restammo attaccati a lungo, poi ci separammo lentamente. Capii all’improvviso che quello era davvero l’ultimo momento che avevamo a disposizione.
-         Mentre combattevo il Nemico, ho sentito una voce  che mi diceva cosa fare. Era….quel Lui di cui parlava Nasuada?
Il riccio annuì. – Sì. Pare che parli ai Predestinati per aiutarli. E’ Lui che ci governa.
-         E’…una divinità?
-         Forse. – Mi diede una leggerissima spinta. – Devi andare.
Annuii e mi alzai, guardando ancora una volta tutte quelle persone che si erano fidate di me. Molte erano commosse, persino Soter aveva le lacrime agli occhi (anche se cercava di nasconderle), ma io più di tutti.
-         Grazie – dissi. Era una parola sola, ma bastava.
Poi mi voltai ed entrai nel portale.
 
-         L’abbiamo trovata!
Era un deja-vu. Di nuovo qualcuno mi stava puntando una luce rompiballe negli occhi mentre io me ne stavo tranquilla al buio.
Socchiusi le palpebre, preparandomi a tirare un bestemmione di quelli grossi, emi trovai davanti un tizio con la divisa della guardia forestale.
-         Tutto bene, ragazzina? – Mi chiese l’uomo.
-         Credo di sì – borbottai. Girai lo sguardo intorno. Una grotta, illuminata dalle torce di quel tipo e di altri con la stessa divisa. Il mio zaino da montagna. Il cielo buio subito fuori. Guardai anche il mio corpo: pelle rosa, vestiti normali, capelli color legno bruciato. – Cos’è successo? Ho un vuoto…
-         Ti sei persa fra le montagne e tuo padre ci ha chiamati….Ci hai fatto prendere un gran bello spavento, signorina!
-         Mi dispiace – mugugnai massaggiandomi la testa. Ed ecco un altro deja-vu. Quella scena l’avevo già vissuta…..ma ne ero così sicura? Era possibile che fosse stato tutto un sogno? Che mi fossi immaginata tutto quanto e in realtà non mi fossi mai mossa  da quella caverna?
Sopportai tutta la trafila come in trance. Controlli di un medico ( stavo bene, ero solo infreddolita) viaggio fino a casa, cazziatoni da parte dei miei genitori. Dopodiché mia madre mi spedì a letto intimandomi di riposare.
Ma non ci riuscii. Continuavo a rigirarmi fra le lenzuola, chiedendomi se era possibile che tutta quella storia…..dall’arrivo di Pikachu fino al portale….fosse successa solo nella mia mente? Perché se era stato un sogno, era il più lungo, preciso e assurdo che avessi mai fatto! E d’altronde, quando mai in un sogno si potevano sentire i suoni, le sensazioni….I baci sulle labbra…
Accesi la luce e mi alzai di scatto. Non riuscivo a prendere sonno, tanto valeva che facessi qualcosa per passare il tempo e scacciare quelle riflessioni malinconiche. Perché sì, avvertivo una punta di nostalgia al pensiero che si fosse trattato solo di un’illusione.
Decisi di disfare lo zaino. Spavento o no, l’indomani mia madre mi avrebbe fatto la predica perché abbandonavo in giro le borse ancora piene. Estrassi la felpa, la borraccia, tutto, e mentre tastavo il fondo per vedere se avessi dimenticato qualcosa sentii sotto le dita la sensazione di un foglio di carta. Anzi, non precisamente di carta. Di pergamena
Estrassi l’oggetto che avevo trovato. Era una busta sigillata con la ceralacca. Ma come diamine…
La aprii con mani tremanti, e ne cadde un biglietto ripiegato Lo raccolsi e lessi l’intestazione
Cara Esme,
dopo quello che mi hai detto su Colui che ci ha dato le regole, ho convinto gli altri a cercare di mettersi in contatto con Lui. Ci siamo riusciti. Non so come e non so se ci riusciremmo di nuovo, ma ce l’abbiamo fatta.
Il succo è questo. E’ disposto a lasciarti tornare qui, perché sa che hai lasciato qui un pezzo del tuo cuore. Non per visite lunghe, naturalmente, e dovresti trovare tu una scusa per cadere addormentata e coprire il tuo viaggio, ma potrai tornare ogni volta che vorrai. Non destabilizzeresti nulla. Riavresti anche il tuo aspetto derivato dal potere.
Siamo riusciti anche ad aprirti un portale d’eccezione, ma non sei costretta a usarlo. Se pensi che potrebbe essere meno doloroso per te vivere la tua vita da umana normale, sei libera di farlo. Mi manchi, ma non ti costringerei mai a fare nulla.
Quando riceverai questa lettera saranno passate solo poche ore nel tuo mondo, ma circa un mese nel nostro. Perciò aspetterò la tua scelta. Ma se vuoi tornare, apri il biglietto e vieni.
Con affetto, Shadow.
Restai imbambolata per un attimo, poi lentamente aprii il foglio. Vi era stata disegnata sopra una piccola riproduzione del portale fra i mondi a china.
Esitai. Volevo tornare? Volevo davvero saltare da un mondo all’altro, e magari finire per non ricordare più quale fosse il mio?
Ma, d’altra parte, volevo buttare all’aria la possibilità di rivedere i miei amici, anche solo ogni tanto, e di allontanarmi dal grigio mondo reale?
Sorrisi e appoggiai la mano sul piccolo arco, che si illuminò e mi risucchiò al suo interno.
Verso un nuovo sogno.
                                                  FINE

Solo io posso scrivere un capitolo finale, chilometrico e orribile, impiegando per di più un mese. Concedetemi almeno questo, solo io posso farcela. Devo avere un talento per i finali terribili.
In ogni caso, ragazzi, è finita. Ebbene sì. E devo ammettere che stavolta FINALMENTE lo dico io =D perché sì, mi è piaciuto un sacco scrivere questa storia...ma è durata, eh! E spero quantomeno che a qualcuno sia piaciuta.
Intanto però ho da fare dei ringraziamenti. Innanzitutto a tutte quelle persone che l'hanno messa fra le preferite e quella che l'ha messa nelle ricordate, e poi a tutti quelli che hanno recensito. Infiniti grazie.
Ma poi ho un grazie stratosferico da fare a The New Riddler. Che ha un'immensa pazienza. Che mi ha prestato un personaggio (Soter) prima ancora che glielo chiedessi. Che mi ha costretto a sfidarlo in una gara di storie, e temo che abbia anche vinto. Insomma, grazie. A Natale ti regalerò un palantìr nuovo.
Per il resto, che altro c'è da dire? Qui si finisce. Ho in mente un altro crossover, ma per ora è solo un progetto 3=D cominciate però a preoccuparvi. E salutatemi, perché questa storia invece non andrà più avanti.
A presto!
Ro =)

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