Il tuo nome sulle labbra di Ailis_ (/viewuser.php?uid=42715)
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** L'inizio, ossia quando Fury comparve alla sua porta ***
Capitolo 2: *** Fidarsi è un po' come camminare sospesi nel vuoto ***
Capitolo 3: *** Anche in un mondo in guerra c'è spazio per la tenerezza ***
Capitolo 4: *** Il triangolo non lo avevo considerato ***
Capitolo 5: *** E' come scegliere tra l'Inferno appassionato e il Paradiso più dolce ***
Capitolo 6: *** Si fan cose folli quando si ama ***
Capitolo 7: *** I cliché sono classici che funzionano sempre ***
Capitolo 8: *** Un'offerta che devi rifiutare ***
Capitolo 9: *** Vivi oggi, combatti domani ***
Capitolo 10: *** Se è amore non puoi scappare ***
Capitolo 11: *** Send me away with the word of a love song ***
Capitolo 1 *** L'inizio, ossia quando Fury comparve alla sua porta ***
Loki/Lila
Buonasera!
Sono
i primi di Settembre e come promesso io torno con il seguito de
“Come
un fiore su un precipizio”. Alla fine non sono riuscita a
decidere
quale dei due seguiti pubblicare, perciò li ho messi
semplicemente
entrambi.
Uno
qui e l'altro sul mio livejournal, di cui vi aggiungo il link
così
che possiate lasciarmi un commento, se vorrete.
Non
mi dilungherò in queste note.
Sono
passati appena sei mesi dall'attacco di Loki eppure gli Avengers sono
costretti a riunirsi perché qualcos'altro minaccia il mondo.
All'inizio
avevo pensato a Thanos, ma mi sono resa conto di saperne
così poco
al riguardo che sarebbe un vero azzardo.
Non
ho ancora deciso quale via prendere, però ho deciso comunque
di
cominciare a pubblicare e di modificare la storia di volta in volta.
Per
questo gli aggiornamenti potrebbero non essere molto regolari.
Mi
riservo di commentare capitolo per capitolo per spiegare il
perché
di certe scelte, anche se so che probabilmente troverete Loki un po'
– o forse molto, chissà- OOC.
In
ogni caso, buona lettura!
Me
lo lasciate un commentino?
A
metà strada tra
il cielo e la terra
Il
tuo nome sulle labbra
“Simile
a un nobile cavaliere,
vorrei
sguainare la spada, liberare il mio principe dal tormento
e
lasciare che la mia anima segua il semidio liberato”
I dolori
del giovane Werther, Goethe
Prologo
L'inizio, ossia quando
Fury comparve alla sua porta
Quando
l'oramai ben nota sensazione che presto sarebbe accaduto qualcosa
fece la sua comparsa, Lila era seduta -accasciata, più che
altro-
sul divano dell'appartamento che divideva con Kurt e Jackson e
sbocconcellava una ciambella: la sentì che le stringeva lo
stomaco
mentre la tv borbottava monotona in sottofondo.
L'ultima
volta che era successa una cosa del genere si era ritrovata arruolata
in una squadra di supereroi -cosa centrava lei era ancora una bella
domanda- a difendere la Terra.
Allora
aveva accettato solo per suo fratello, per permettergli di fare
quell'intervento che altrimenti non avrebbero mai potuto permettersi.
Ma
stavolta, se fosse accaduto un'altra volta una cosa del genere,
avrebbe accolto la notizia quasi a braccia aperte.
E
certo, avrebbe voluto dire che la Terra era di nuovo in pericolo, ma
nei profondi recessi della sua anima Lila non chiedeva altro che
potersi riunire agli altri Vendicatori.
Avrebbero
dovuto incontrarsi ogni tanto per sorvegliare la situazione e per
allenarsi un po' tutti insieme, ma Lila non andava a quelle riunioni
da mesi dal momento che lo studio non le consentiva tali
libertà.
Le
mancavano tutti, anche se li sentiva sovente. Ogni occasione per lei
era buona per prendere il telefono e fare due chiacchiere con Tony o
con Bruce, anche solo per sapere come procedeva il lavoro.
Reperire
Natasha e Clint era molto più difficile, ma niente a che
vedere con
l'impossibilità di parlare con Thor.
A
volte si trovava a pensare a lui e, di conseguenza, al fratello,
Loki. Si chiedeva cosa ne avessero fatto di lui, quale fosse stata la
sua pena, e si scopriva a sperare che non fosse stata troppo severa.
Il
tarlo del dubbio la coglieva di quando in quando: avrebbe potuto
convincere Loki a desistere? Poteva lei, Lila, salvarlo da
sé
stesso?
Erano
momenti fugaci, brevissimi battiti di ciglia che scomparivano quando
la sopraffaceva il pensiero di Steve. Allora tornava a sorridere come
mai aveva fatto.
Fu
interrotta dal flusso dei suoi pensieri da qualcuno che bussava alla
porta. Non il suono delicato delle nocche di Kurt quando dimenticava
le chiavi e neanche quello ritmato di Jackson, ma qualcosa di deciso
e forte.
Lila
si districò dal groviglio di coperte in cui era avvolta e
aprì la
porta. Non si stupì di trovarsi di fronte a Nick Fury,
mortalmente
serio.
A
volte Lila si chiedeva se quell'uomo sapesse cosa volesse dire
sorridere e se, per caso, lo avesse mai fatto in tutta la sua vita.
Non
le chiese il permesso di entrare, ma lo fece comunque e Lila fu
costretta a farsi di lato per lasciarlo passare.
“Prego,
entri pure” ironizzò Lila mentre chiudeva la
porta. Il direttore
non diede segno di aver colto il sarcasmo nella voce della ragazza.
“A
cosa devo l'onore di questa visita?” domandò Lila.
Avrebbero
potuto sedersi, parlare magari di fronte a una tazza di
caffè, ma
Lila preferiva restare in piedi, quasi avesse la sensazione di poter
affrontare meglio l'uomo che le si parava di fronte. Sapeva di dover
essere attenta e perspicace perché con Fury tutto poteva
succedere
ed erano le cose non dette – le uniche attraverso le quali
avrebbe
potuto comprendere qualcosa di quell'uomo- le più
pericolose, in
quel frangente.
“La
Terra è di nuovo in pericolo”
Schietto,
diretto al punto: di certo non si poteva dire che il direttore dello
S.H.I.E.L.D fosse un uomo che girava intorno alle cose, quando
voleva.
Lila
alzò gli occhi al cielo “Ma da quando tutti i
cattivi sono
interessati a questo pianeta?” domandò, senza
aspettarsi davvero
una risposta.
“Non
è questo il punto, Lila. I Vendicatori si riuniranno domani
sul
Elivelivolo e spero vorrai essere dei nostri”
La
ragazza dovette sforzarsi per mantenersi impassibile, ma avrebbe
voluto aprirsi in un sorriso soddisfatto.
Da
quando era tornata alla normalità, tutto le sembrava
monotono e lei
stessa si sentiva una ragazza come tante. Solo quando era con Steve
riscopriva la sensazione che provava quando era tra gli altri
Vendicatori e tornava a sentirsi speciale.
Ora,
poteva finalmente sbarazzarsi di quella routine che la costringeva in
limiti fastidiosi e tornare alla vita che segretamente bramava.
“Credo
di poterci essere” si limitò a dire molto
diplomaticamente.
Pensava
che a quel punto Fury avrebbe annuito e se ne sarebbe andato con
qualche ermetica frase, magari dicendole che sarebbero andati a
prenderla in qualche modo strano e contorto. Ma si sbagliava.
L'uomo
rimase lì ad aspettare in perfetto silenzio.
“Ehm,
cosa dovrei fare ora?” gli domandò la ragazza ad
un certo punto,
non sapendo cosa aspettarsi da quella situazione.
“Non
vai a fare le valigie?”
“Dobbiamo
andare via subito?” gli domandò con tanto d'occhi.
Le sembrò di
vivere in un curioso deja-vu quando Fury annuì e si
girò per
attraversare la cucina con passi moderati.
Lila
alzò gli occhi al cielo e sfrecciò in camera
“Ma guarda te cosa
mi tocca fare! Due volte! Due volte mi piomba in casa e mi ritrovo a
fare i bagagli di fretta e furia. E' una congiura, ecco
cos'è!”
Mugugnando
e borbottando tutta la sua scontentezza, Lila afferrò tutto
quello
che poteva servirle e lo gettò in una valigia.
Di
nuovo, si trovò a dover inventare una valida giustificazione
per
spiegare ai suoi coinquilini la sua assenza. Ci pensò un po'
su e
alla fine decise che sì, una piccola vacanza poteva essere
la scusa
ideale: non era forse Jackson che le diceva sempre che aveva bisogno
di rilassarsi?
Quando
uscì dalla sua stanza lasciò il bigliettino sotto
un vaso di fiori
-secchi, Kurt avrebbe dovuto cambiarli- posto all'ingresso.
Fury
era già fuori e la attendeva sul viale d'ingresso ai
dormitori
accanto a un SUV nero. Lila si ritrovò a pensare di non
averlo mai
visto con addosso qualcosa di un colore diverso. Chissà,
forse non
sapeva dell'esistenza degli altri colori, pensò con un
sorriso.
Infilò
le valigie nel bagagliaio e poi si lasciò cadere sul sedile
del
passeggero.
“Ci
saranno tutti?” domandò ad un certo punto, proprio
mentre fuori
dal finestrino Harvard scorreva via come un l'acqua nel letto di un
fiume.
“Sono
già lì” le rispose l'uomo alla guida e
ogni pezzo del puzzle andò
al suo posto.
“Mi
faccia indovinare: sono arrivati l'altro ieri”
Fury
non si dette nemmeno la pena di replicare, ma a Lila non servivano
conferme: erano -guarda caso- due giorni che Steve non si faceva
sentire e quando erano usciti insieme l'ultima volta le aveva detto
di avere una cosa importante da fare.
Lila
aveva pensato a qualche missione da parte dello S.H.I.E.L.D e
così
non aveva protestato: con un sorriso gli aveva detto di stare attento
e poi lo aveva coccolato abbastanza da saziarsi di lui.
Non
immaginava certo che fosse un lavoro per i Vendicatori, ma Steve
sicuramente lo sapeva. Ne era a conoscenza eppure non le aveva detto
niente.
E
Lila sospettava anche di saperne la ragione: quello stupidissimo
istinto di protezione che si faceva vivo ogni volta che si parlava di
lei. Era carino, ma fino ad un certo punto.
Le
labbra si piegarono in una posa scontenta, ma si ripromise che gliela
avrebbe fatta pagare. Oh sì, lo avrebbe fatto!
Continua
|
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Capitolo 2 *** Fidarsi è un po' come camminare sospesi nel vuoto ***
Lila/Loki
Buongiorno!
Eccomi
con il primo capitolo effettivo della storia.
Ok,
devo avvisarvi che questa sarà una storia piuttosto lenta: ci
saranno molti momenti di riflessione e a volte i personaggi
potrebbero essere un po' OOC.
Credo
che Lila stessa sia diversa dalla ragazza che vi ho presentato
nell'altra storia, soprattutto in questi primi capitoli.
Penso
che sia dovuto al fatto che fino ad ora l'abbiamo vista in
determinate situazioni, molto meno personali di quanto non siano
quelle presentate in questa storia ed è per questo che il suo
approccio sarà molto diverso.
Devo
ancora decidere chi sarà il cattivo di questa storia, ma penso
proprio che me lo inventerò di sana pianta.
Per
quanto riguarda l'OOC dei personaggi, ditemi voi cosa ne pensate.
In
ogni caso, vi auguro buona lettura per entrambe le storie. A metà strada tra la terra e il cielo- Capitolo 1
Capitolo
I
Fidarsi
è un po' come camminare sospesi nel vuoto
Steve
era seduto nella solita sala di riunione dei Vendicatori e stava
pensando a dove fosse il direttore.
Aveva
detto che sarebbe tornato presto, ma era il giorno prima e Steve
cominciava a perdere la pazienza, anche se non era sicuramente
l'unico.
Anche
Tony cominciava, dall'altro lato del tavolo, a dare segni di noia.
“Detesto
interrompere questi momenti, ma qualcuno sa dov'è finito Fury?”
domandò Stark mentre si alzava e andava ad armeggiare con un
computer, probabilmente più per fare qualcosa e passare il tempo che
per altro.
Tutti
alzarono le spalle, chiaro segno che ne sapevano tanto quanto lui.
L'unico
motivo per cui Steve voleva fare in fretta era la speranza di poter
tornare presto a casa da Lils.
Non
le aveva detto dove sarebbe andato nella speranza che lo S.H.I.E.L.D
non avesse bisogno di convocare anche lei e per non farla
preoccupare, ma gli mancava terribilmente.
Erano
due giorni che non assaggiava la tenera consistenza delle sue labbra
o non sfiorava la morbidezza della sua pelle. Il suo profumo di rose
e gelsomino era evaporato dalla sua pelle.
“Piuttosto,
qualcuno sa perché siamo qui?” stavolta fu Bruce a parlare, ma la
risposta fu sempre il solito silenzio.
“L'informazione
dilaga” scherzò Stark mentre si apriva un pacchetto di patatine.
Poi
chiese ancora “Chi manca?”
“Thor
e Lila, direi. Non è venuta con te?” domandò Natasha guardando
Steve. L'uomo si trovò momentaneamente in difficoltà, restio ad
ammettere che non le aveva neanche chiesto di seguirlo.
La
verità era che sarebbe stato molto più tranquillo a saperla al
sicuro, lontana dal pericolo.
Era
certo che se le avesse detto dove stava andando lei lo avrebbe
seguito, anche a costo di farlo a sua insaputa. A volte era davvero
testarda ai limiti dell'incoscienza.
“Non
credo verrà” si limitò a dire.
“Credo
che Fury sia andato a prenderla” ipotizzò Clint.
In
quel momento mille prospettive si dipanarono di fronte agli occhi di
Steve ed erano tutti quei mille modi in cui Lila avrebbe potuto
fargliela pagare.
Non
era neanche da prendere in considerazione l'eventualità che
soprassedesse: c'erano più possibilità che all'improvviso il Sole
si spegnesse.
Nello
scenario più idilliaco gli avrebbe gridato contro, ma a essere
realisti era molto più probabile che si vendicasse a tempo debito...
sì, quello era decisamente il suo stile.
Era
stato un folle a pensare che non lo sarebbe mai venuta a sapere.
Diamine, lei era Lila e sembrava avere occhi e orecchie dovunque!
Si
batté una mano sulla fronte e si chiese quando, quando gli era
venuta l'idea di poterla fare franca.
“Che
c'è, Capitan Furbizia, volevi che se ne stesse a casa e non le hai
detto niente?” lo prese in giro Tony mentre Bruce al suo fianco
scuoteva il capo, poco convinto.
“Speravo
che lo facesse” borbottò lanciando un'occhiataccia a Stark. Non
era il momento di fare dell'ironia, ecco. Lui
rischiava di passare da supersoldato vivo a
morto in meno di tre secondi e non c'era proprio niente di
divertente.
“Chi
sperava cosa?”
Lupus
in fabula! In quel momento Lila fece il suo ingresso nella sala con
l'espressione poco pacifica che prometteva guerra.
Nonostante
tutto, Steve non riuscì a non provare la solita stretta allo
stomaco, la sensazione che provava ogni volta che la vedeva. Non
si sarebbe mai abituato alla sua bellezza e non avrebbe mai smesso di
stupirsene, proprio come un bambino che vede per la prima volta un
arcobaleno.
Tony
sghignazzò divertito mentre si avvicinava per salutare la nuova
arrivata “Oh, nessuno. Sai, ci chiedevamo come mai non fossi qui”
Tony
le passò un braccio intorno alle spalle e la strinse brevemente con
un sorriso divertito che Lila non ricambiò.
Steve
prese nota di fargliela pagare appena possibile: l'ultima cosa di cui
aveva bisogno era che qualcuno soffiasse sul fuoco.
“Per
la verità io mi chiedevo perché voi foste
qui”
“Non
ne sapevi niente?” le domandò innocentemente Tony e a Steve venne
voglia di ringhiare.
“No”
si limitò a dire Lila prima di voltarsi verso di lui. Si avvicinò e
si chinò su di lui, fulminandolo con gli occhi.
“Io
e te facciamo i conti più tardi” sibilò a pochi centimetri dal
suo viso e Steve si protese per avvicinarsi a lei.
“Dai,
Lils, non te la prendere” provò a blandirla sfoderando il suo
miglior sorriso, ma a quanto pareva lui era l'unico a lasciarsi
ancora incantare perché lei rimase impassibile.
Anzi,
se possibile il suo tentativo la fece arrabbiare ancora di più.
Lila
mulinò i capelli e si lasciò cadere su una sedia a caso, ma Steve
non si diede per vinto.
Fece
per dirle qualcosa, ma in quel momento fece il suo ingresso Fury
seguito da qualcuno che nessuno pensava di vedere lì.
Thor
non era cambiato per niente in quei sei mesi e Lila gli rivolse un
sorriso luminoso quando lo vide entrare. Un sorriso che si frantumò
quando infine entrò Loki.
*
Lila
avrebbe voluto provare paura e indignazione nel vedere Loki lì e,
soprattutto, libero, ma
sarebbe stata una bugia dire che effettivamente si sentì in quel
modo.
A
dire il vero provò una profonda sensazione di sollievo e qualcosa di
simile alla speranza che si riaccendeva in lei.
Aveva
sempre pensato di poter fare di più per aiutarlo e vederlo lì,
anche senza sapere perché, era come se le venisse data quella
possibilità, di nuovo.
Lo
avrebbe preso per mano e lo avrebbe aiutato a fare le scelte giuste.
Lo avrebbe preso a calci, se fosse stato necessario per farlo rigare
dritto, ma non gli avrebbe permesso di cadere di nuovo nel baratro.
Era
tutta colpa del suo stramaledetto istinto da crocerossina: suo
fratello diceva sempre che un giorno le avrebbe procurato dei guai. Oppure
si trattava di una qualche strana forma di sindrome di Stoccolma, ma
non le importava. Sperava solo che Steve non fraintendesse la
situazione.
Il
fatto che volesse fare qualcosa per Loki non voleva dire niente;
sentiva di doverlo fare, anche se non sapeva in base a cosa: era il
suo istinto.
Non
diede a Fury il tempo di parlare e, tra le proteste generali, si alzò
e coprì la distanza che li separava dai due fratelli con poche
falcate.
Non
poté trattenersi dall'abbracciare il dio del tuono, benché credesse
che la cosa lo mettesse a disagio.
Ridacchiò
nel sentire che si tendeva come una corda di violino e poi si
rilassava nel suo abbraccio.
Eppure
non avrebbe dovuto essere sorpreso: Lila forse non era brava a
esprimere a parole i propri sentimenti, ma non si era mai tirata
indietro dal dimostrarli con abbracci, carezze e sorrisi.
Lo
lasciò andare e gli regalò un bel sorriso, prima di voltarsi verso
il fratello. Divenne improvvisamente seria, facendo correre lo
sguardo sulla figura di Loki.
Era
alto e – non avrebbe voluto che così non fosse- affascinante come
lo ricordava. L'unico problema erano le occhiaie che gli circondavano
gli occhi e il pallore più pronunciato. Per il resto sembrava stare
bene, così si sciolse in un breve sorriso.
“Finito
l'esame, principessa?” la prese in giro con un sorriso beffardo, in
parte infastidito per quell'accurata scansione.
“Simpatico”
borbottò la ragazza “avevo dimenticato quanto fosse piacevole
parlare con te” ribatté lei e
Loki accennò a un sorriso divertito: ecco finalmente un
interlocutore degno di quel nome, qualcuno che riuscisse a tenergli
testa.
“Non
mi abbracci neanche?” la schernì, ma dietro la maschera si scoprì
a sperare vivamente che lei lo facesse.
Si
disse che era solo perché era rimasto chiuso in una prigione, da
solo, per tanto tempo: chiunque avrebbe agognato un qualunque
contatto umano.
Lila
scosse il capo, lasciandolo insoddisfatto e deluso: avrebbe voluto
avere almeno un abbraccio, ma la ragazza non sembrava intenzionata a
stringerlo a sé come aveva fatto con il fratello.
Doveva
ammettere di essersi quasi dimenticato quanto gentili fossero i suoi
lineamenti, quanto rosse le sue labbra o azzurri i suoi occhi.
Ovviamente non avrebbe mai detto niente del genere ad alta voce, ma
nel segreto del suo animo poteva concedersi di pensare che fosse la
cosa più bella che vedeva da... be', da un pezzo.
“Sei
crudele”
“Non
la peggiore in questa stanza, ne converrai con me”
Loki
alzò le spalle e si accomodò su una sedia accanto al fratello
mentre la ragazza veleggiava verso Capitan America.
Quando
Lila si lasciò cadere sulla poltroncina girevole si accorse che
Steve la stava fissando e la sua espressione era, per Lila, un libro
aperto.
Era
contrariato, per non dire arrabbiato, ed era abbastanza certa che il
problema fosse Loki. Se non fosse stata tanto indispettita per la
bugia gli avrebbe stretto una mano per confortarlo, ma si limitò a
mostrargli un sorriso e un'espressione un po' addolcita.
“Cosa
ci fa lui qui?” domandò Tony indicando il dio dell'inganno che
sorrise alla volta di Iron man.
Lila
era abbastanza sicura che quei due avrebbero potuto andare d'accordo.
Dopotutto,
sotto certi aspetti -ironia, malizia, ancora ironia e intelligenza-
erano davvero simili.
“E'
qui per aiutarci. E così veniamo al motivo per cui vi ho convocati”
intervenne Fury e cadde il silenzio. Tutti erano voltati verso di lui
e lo ascoltavano con attenzione.
“Due
settimane fa, una cittadina in Brasile è stata attaccata. Quando i
nostri agenti sono sopraggiunti, le nostre forze li hanno messi in
fuga. Pensavamo che fosse finita lì, ma la stessa cosa si è
ripetuta la settimana scorsa e tre giorni fa” spiegò, salvo poi
venire interrotto da Lila.
“E
chi sono questi fantomatici nemici?”
“E'
questo il punto. Non lo sappiamo. Sembrava un normale esercito di
mercenari, ma si sono rivelati molto più forti di qualunque essere
umano. Per questo ho permesso a Thor di portare lui, nella speranza
che possa aiutarci” chiarì indicando Loki che intanto continuava a
sorridere come se fosse la persona più felice del mondo.
“E
tu puoi aiutarci?” domandò con scetticismo Tony guardando il dio.
“Tu
vuoi aiutarci?” lo corresse Steve mentre riservava a Loki
un'occhiata poco gentile.
“Non
mi è stata data molta scelta. E' la mia occasione per accorciare la
mia pena” spiegò.
“E
come facciamo a fidarci di te?” gli domandò Bruce.
“Non
farà niente per sabotarci, garantisco io per lui” intervenne per
la prima volta Thor.
Lila
non disse niente, ma non aveva bisogno di Thor facesse da garante.
Qualcosa le diceva che Loki non avrebbe tentato di fare nulla per
tradirli, forse perché aveva anche lui i suoi interessi in quella
guerra.
E
se mai avesse provato a passare al lato oscuro ci avrebbe pensato lei
a riportarlo sulla giusta strada, anche a costo di riportarcelo a
forza.
Ma
gli altri non sembravano convinti e, anzi, erano piuttosto lontani
dall'esserlo così Lila pensò che fosse il caso di intromettersi.
Non credeva che il suo intervento sarebbe stato deciso -al contrario,
era certa che ognuno sarebbe rimasto della sua idea perché erano le
persone più testarde del mondo, oltre che le più speciali- ma
sentiva di dover dire la sua, come se qualcosa la spingesse a non
tenersi tutto dentro.
“Io
mi fido” disse e con tre semplici parole riuscì ad attirare gli
sguardi di tutti su di sé. C'era chi la guardava semplicemente e chi
la fissava con tanto d'occhi come Steve, ma lei aveva occhi solo per
Loki in quel momento.
“Hai
un'occasione, non me ne far pentire”
Si
chiese distrattamente se le sue parole suonavano melense e
assolutamente scontate come le sembravano, ma preferì non sapere la
risposta.
“E
se dovessi deluderti?”
Lila
gli rivolse un sorriso mettendo in mostra i denti bianchi “Non lo
so, ma sono sicura di riuscire a inventarmi qualcosa. So essere molto
fantasiosa, a volte”
Loki
chinò il capo con un sorriso malandrino “Agli ordini, mia signora”
Lila
abbozzò un sorriso prima di alzarsi “Bene, sbrigate le formalità,
io vado a disfare i bagagli. Conosco la strada” anticipò Fury che
stava per dire a qualcuno di accompagnarla e si diresse verso la sua
stanza.
*
Steve
si chiuse la porta alle spalle e abbracciò con lo sguardo tutta la
stanza. Lila stava armeggiando con alcuni abiti e li stava riponendo
in un armadio.
Era
certo che si fosse accorta della sua presenza anche se non diede
segno di averlo fatto. Dal canto suo Steve decise che era presto per
rovinare quella pace con un litigio, perciò si sedette su una sedia
e rimase ad ammirarla mentre si muoveva per la stanza.
A
volte lo stupiva la quantità di tempo che avrebbe speso
semplicemente guardandola. Non si sarebbe mai stancato di osservarla
mentre si spostava o sorrideva o semplicemente era presente.
Tutto
di lei lo attraeva, dal profumo dolce agli occhi grandi ed
espressivi.
Lila
lo prendeva sempre in giro e gli diceva che cadeva nei cliché
peggiori della storia del mondo, ma lui non poteva proprio farci
niente né voleva perché sospettava che, dopotutto, a Lila piacesse,
anche se non lo avrebbe mai ammesso.
Non
voleva che lei fosse arrabbiata; le aveva mentito per proteggerla,
perché non avrebbe sopportato di sapere di non poterla difendere
come avrebbe dovuto mentre era impegnato a combattere. Ma quella per
Lila non sarebbe stata una spiegazione valida né sufficiente.
Orgogliosa com'era non avrebbe mai ammesso di essere più in pericolo
di tutti loro.
Aveva
imparato a combattere, era vero, ma a Steve non bastava per stare
tranquillo.
Fu
strappato dalle sue riflessioni da un movimento repentino della
chioma di Lila e quando alzò lo sguardo per incontrarne gli occhi li
vide lampeggiare.
Ecco,
era arrivato il momento dello scontro. Con un sospiro pesante si alzò
e le si mise di fronte.
“Perché
non mi hai detto che saresti venuto qui?”
“Volevo
proteggerti”
“Non
hai ancora capito che non ne ho bisogno?”
“Questo non è il
genere di cosa che una persona umana può affrontare senza rischi,
Lils!” la afferrò per le braccia e le strinse. La ragazza non si
aspettava una reazione così forte e spalancò gli occhi in
un'espressione sorpresa.
“Non
capisci? L'ho fatto perché ti amo e non sopporterei di perderti. Non
riesco” sibilò, come se le parole gli uscissero con difficoltà “a
pensare alla mia vita senza te”
Lila
rimase in silenzio.
Era
una frase grande, mastodontica e occupava tutto lo spazio tra loro.
Lila ne sentiva tutto il peso addosso e il suo calore sulla pelle che
piano piano penetrava a fondo e raggiungeva il cuore.
Le
faceva paura la grandiosità di quelle poche parole, ma allo stesso
tempo erano bastate quelle per farla approdare a una realtà che non
aveva mai compreso del tutto.
Una
cosa che sapeva da sempre, ma che solo ora riusciva a realizzare
davvero.
Neanche
lei sarebbe più riuscita a immaginarsi senza Steve al suo fianco.
Sarebbe stato come tentare di immaginarsi senza una parte di lei. Non
un banale organo o arto, ma qualcosa di più profondo e importante
come la sua stessa anima.
“Steve”
lo chiamò e lui la guardò negli occhi. Lila non disse altro, ma era
sicura che lui stesse leggendo nei suoi occhi tutto quello che
avrebbe voluto dire a parole.
“Mi
dispiace” confessò l'uomo dopo alcuni minuti di silenzio “ma ti
faccio una promessa: d'ora in poi, ti dirò solo la verità”
“E'
difficile credere che un uomo dica la verità quando tu sai che se
fossi al suo posto mentiresti”
“Sarò
sempre sincero, parola d'onore”
Lila
non aveva bisogno di altro perché sapeva quanto una la parola
d'onore fosse importante per lui. Non erano vuote frasi al vento,
come per la maggior parte delle persone: lui ci credeva davvero.
Annuì
perché non si fidava della sua voce.
“Ora
però tocca a te farmi una promessa. Sta lontana da Loki, non mi
piace come ti guarda”
A
quel punto Lila avrebbe potuto dirgli che lo avrebbe fatto, ma
sarebbe stata una bugia. Non poteva farlo, non dopo essersi
arrabbiata tanto per la sua menzogna a fin di bene.
Ma
d'altronde non poteva neanche fare quanto le chiedeva: aveva fatto
una promessa a sé stessa -tendere una mano a Loki e fare quello che
non aveva fatto prima- e non sarebbe venuta meno, non di nuovo.
“Non
sono sicura di poterlo fare” gli disse e vide la sua espressione
mutare. A quel punto Lila comprese che doveva aver frainteso le sue
parole e gli mise una mano sul braccio per trattenerlo.
“Voglio
solo aiutarlo” gli spiegò.
“Ha
quasi distrutto la Terra e ti ha rapita. Perché?”
“Credo
che abbia bisogno di qualcuno che lo obblighi a fare le scelte
giuste. Ha bisogno qualcuno che gli sia accanto ed è chiaro che non
permetterà a Thor di farlo, benché lui lo vorrebbe. Ma posso farlo
io per lui” gli spiegò.
Non
gli disse che sapeva quanto potesse essere forte il legame tra due
fratelli e che immaginava quanto grande potesse essere il dolore per
la sua perdita. Se fosse stata al posto di Thor sarebbe stata
divorata dalla sofferenza e avrebbe dato tutto per trovare un modo
per riavere Simon.
Steve
intanto era rimasto in silenzio e Lila pensava che stesse per
ribattere, ma la sorprese stringendola a sé e passandole le braccia
intorno alla vita.
“Ti
prego” le sussurrò mentre le accarezzava il collo con le labbra e
il naso “ti prego, stai solo attenta. L'idea di perderti mi
terrorizza”
Lila
sorrise perché sapeva di aver vinto e fece quanto le aveva chiesto.
Giurò che avrebbe fatto attenzione, ma quando si scostò per
guardarlo negli occhi era un'altra la promessa che le aleggiava nelle
iridi.
Con
gli occhi, gli promise che mai lo avrebbe lasciato e che non sarebbe
bastato Loki a dividerla da lui.
Dopotutto,
pensò Lila mentre si lasciava coinvolgere nel bacio più dolce che
avesse mai ricevuto, non si può dividere ciò che è semplicemente
destinato ad essere.
Continua
|
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Capitolo 3 *** Anche in un mondo in guerra c'è spazio per la tenerezza ***
Lila-Loki
Non
mi dilungherò in queste note, per vari motivi.
Prima
cosa, devo andare a studiare latino e sono veramente in alto mare.
Secondo, c'è inglese!
Oh,
quante belle cose!
Be',
rubo ancora un secondo allo studio per ringraziare chi ha messo la
storia tra le seguite, chi tra i preferiti, chi legge e soprattutto
chi recensisce.
Grazie,
mi riempite il cuore di gioia!
E
ora... buona lettura!
Solito link per
l'altra storia. Volevo anche aggiungere che l'ho pubblicata anche sul
sito di Fanword.it, perciò vi lascio entrambi i link.
A metà tra terra e cielo- LJ
A metà tra cielo e terra-Fanword.it
Capitolo
II
Anche
in un mondo in guerra c'è spazio per la tenerezza
Quando
Lila si svegliò, la mattina dopo, trovò il letto
vuoto, ma non si
sorprese: sapeva quanto a Steve piacesse iniziare la giornata con un
po' di sano allenamento ed era discretamente certa che lo avrebbe
trovato in palestra.
Si
avvolse nel lenzuolo e si trascinò in bagno mentre
raccattava lungo
il percorso la sua biancheria.
Biancheria
di Victoria's secret oramai ridotta a brandelli, per la precisione. Era
un vero peccato perché quel completo blu le piaceva proprio.
Fece
spallucce e si infilò sotto la doccia con un sorriso allegro
sul
viso. Mentre l'acqua le scorreva sulla pelle cominciò a
riflettere,
anche se le sarebbe piaciuto conservare ancora per un po' quella
sensazione di pace che provava al risveglio.
Purtroppo
per lei, il suo cervello era una macchina inarrestabile e una volta
avviato lavorava a pieno regime.
Si
chiese come mai Fury l'avesse convocata di nuovo. Aveva bisogno di
un'altra consulenza?
Il
Tesseract era al sicuro, ad Asgard, e Lila non riusciva a comprendere
a cosa potesse servirgli il suo aiuto.
Al
di fuori del laboratorio lei era -le doleva ammetterlo- piuttosto
inutile. Anche se era diventata brava a difendersi e Natasha le aveva
fatto più volte i complimenti per come aveva imparato in
fretta,
Lila rimaneva convinta che poco avrebbe potuto in un attacco vero e
proprio.
Ma
allora perché?
Non
riusciva a venire a capo di quel dilemma e per lei era inconcepibile
non riuscire a comprendere. A cosa serviva essere un genio se poi non
si arrivava a capire cose del genere?
Sbuffò
indispettita e uscì dalla doccia: neanche lo scorrere
dell'acqua
sulla sua pelle l'avrebbe aiutata a rilassarsi ora.
Quando
fu vestita e con i capelli raccolti in una treccia a spina di pesce
si chiese cosa fare, ma le venne in soccorso il suo stomaco che, con
un brontolio molto poco elegante, le comunicò che era
proprio ora di
colazione.
Quando
entrò nella zona adibita al pranzo si stupì di
trovarsi di fronte
ad una tavola imbandita di mille prelibatezze.
Pancake,
crepes, uova, muffin, bacon e mille tipi di salse e marmellate
troneggiavano sul piano ed emanavano un profumo così
invitante che
Lila sentì l'acquolina in bocca.
C'era
l'imbarazzo della scelta e per una volta non era stata lei a cucinare
per tutti, anzi, poteva tranquillamente godersi la colazione senza
pensare che a Kurt non piaceva questo e Jackson voleva le uova in un
certo modo.
Era
una bella sensazione e avrebbe anche potuto farci l'abitudine.
L'unica
cosa che non le piaceva era il fatto di essere sola: aveva sempre
pensato che una colazione degna di quel nome dovesse essere fatta in
compagnia o in famiglia. Ad Harvard infatti lei non si metteva mai a
tavola senza che ci fossero Jackson e Kurt.
Era
strano trovarsi da sola a occupare tutto quel tavolo e il silenzio
che aleggiava, rotto solo dal rumore del coltello che tintinnava
contro il bordo del piatto, non le piaceva neanche un po'.
Con
un'espressione scontenta si versò il tè e stava
giusto infilando in
bocca un pezzo di pancake annegato nello sciroppo d'acero quando la
porta alle sue spalle si schiuse.
“Buongiorno,
principessa” la salutò una voce a lei nota e per
poco il boccone
non le andò di traverso.
Tossicchiò
e riuscì a inghiottire il pezzo di dolce che stava
masticando solo
dopo aver mandato giù anche del tè -bollente- che
le ustionò la
lingua.
Pessimo
inizio di mattina, si disse.
“'giorno”
bofonchiò alla fine con una mano davanti alla bocca. Quando
si voltò
notò che Loki era ancora vicino alla porta con il suo solito
sorriso
beffardo.
“Niente
colazione per te?” gli domandò dopo un momento.
“Non
credo che quella roba che voi vi ostinate a chiamare cibo potrebbe
piacermi” affermò, accennando al cibo nel suo
piatto con
un'espressione quasi disgustata.
Lila
sgranò gli occhi “Non hai mai assaggiato del
pancake con lo
sciroppo d'acero?” gli chiese.
Quando
lui scosse il capo Lila pensò che non c'era da stupirsi se
aveva
cercato di conquistare la Terra. Che razza di infanzia deviata aveva
avuto quel ragazzo? Niente pancake e sciroppo d'acero a colazione?
Era
una mostruosità, ecco.
“Vieni
qui” gli ordinò accennando alla sedia accanto alla
sua. Loki la
guardò un scettico, indispettito dal fatto che lei cercasse
di
dargli un ordine.
Ma
la guardò e non vide nel suo sguardo un tentativo di
comandarlo,
quanto più il divertimento che quella situazione -che per
lei doveva
essere un gioco- le causava.
Alla
fine fece come gli aveva chiesto perché il suo sguardo,
diventato
improvvisamente molto deciso, gli fece capire che se non avesse fatto
come diceva con le buone lo avrebbe costretto con le cattive.
Si
accomodò e Lila gli riempì il piatto di una cosa
rotonda, di un
color marroncino chiaro, che ricoprì con un'altra sostanza
-sciroppo
d'acero, così lo aveva chiamato prima- liquida e dorata.
Dovette
ammettere che aveva un buon profumo, ma francamente per il resto non
spasimava dalla voglia di assaggiare quei cibi midgardiani.
“Assaggia”
lo incitò lei mentre lo guardava con gli occhi ridenti.
“Ne
faccio volentieri a meno, grazie”
“Non
dire sciocchezze, è la cosa più buona che
potresti assaggiare. Be',
magari non la più buona, ma merita un
posto nella top ten”
Lila
sembrava decisa a fargli fare quella nuova esperienza a tutti i costi
e a Loki ricordò un po' una madre con il proprio figlio.
Si
era chiesto più di una volta come sarebbe stato se avesse
avuto
sempre accanto una persona come Lila, qualcuno capace di fargli
vedere le cose sotto una prospettiva diversa, qualcuno che tenesse a
lui abbastanza da condurlo a forza sulla retta via.
Per
tanto tempo era stato solo un pensiero, ma adesso sembrava che si
stesse avverando: Lila pareva intenzionata a comportarsi proprio
così
con lui e per un attimo Loki sentì una strana sensazione di
calore.
Loki
esitava e Lila alla fine si spazientì. Prese un pezzo di
pancake e,
dopo averlo infilzato con la forchetta, fece per imboccarlo.
Loki
si stizzì: pensava che ne avesse davvero bisogno? L'aveva
scambiato
per un infante?
“Ehi,
possiamo restare così fino a quando vuoi. Ho
tempo” lo avvertì
lei che non sembrava per nulla intenzionata a desistere.
“Sei
sempre così testarda?”
“Assolutamente sì” gli rispose con
un sorriso a trentadue denti tanto luminoso da non temere un
confronto con il sole.
“Ma
tu sei sempre così di buon umore la mattina
presto?” le domandò.
Proprio
non riusciva a capire come si facesse ad essere tanto felici alle
otto e mezza di mattina. Certo, anche lui era un tipo mattiniero, ma
non sarebbe stato tanto allegro a quell'ora, neanche se fosse stato
nel suo carattere.
Lila
scosse la testa “Se pensi che questo mi distrarrà
da quanto stavo
facendo, ti sbagli. La mia mente è abbastanza spaziosa per
entrambe
le cose”
A
quel punto Loki fu costretto, seppur a malincuore e mettendo a tacere
il suo orgoglio, ad aprire la bocca e a mangiare il boccone che Lila
gli porgeva.
Con
enorme dispiacere si rese conto che Lila aveva ragione: era la cosa
più deliziosa che avesse mai assaggiato fino ad allora.
“Allora?”
gli domandò la ragazza con gli occhi grandi e speranzosi,
poggiando
il mento sulla mano aperta a conca.
“E'...
buono” si costrinse ad ammettere. In realtà era
assolutamente
delizioso, ma non era necessario che lei sapesse.
Nonostante
tutto il suo fermo proposito di tenere per sé i suoi veri
pensieri,
tutto sembrò vano quando vide un lampo di comprensione
attraversare
le iridi di lei e il suo sorriso mutare in una smorfia beffarda.
“Io
te l'avevo detto” gongolò.
“Non
vedevi l'ora di dirlo, vero?”
“Spasimavo”
“E
tu saresti quella buona tra di noi?” le chiese con un ghigno.
Aveva
già detto che era esattamente quello a
piacergli di lei?
Non
lo aveva colpito tanto per la sua bellezza -di donne belle ne aveva
viste tante e forse lei non era nemmeno la più bella
- ma per
quel suo irriducibile sarcasmo, per la sua intelligenza e, ancora di
più, per la fierezza che aveva dimostrato di possedere.
Loki
era fermamente convinto che il suo posto fosse su un trono,
possibilmente al suo fianco. Sarebbe stata una regina davvero
splendida, equa e fiera al punto giusto.
“Così
dicono” fece spallucce lei e tornò a gustarsi la
sua colazione.
Per
un momento l'unico rumore tra loro fu il suono delle posate contro il
piatto poi Loki parlò di nuovo.
“Perché
mi hai dato un'occasione?” le domandò a bruciapelo.
Lila
si era aspettata quella domanda già da tempo, ma non si
voltò a
guardarlo. Non aveva bisogno di vederlo per capire che la stava
fissando: sentiva i suoi occhi sulla pelle ed era una strana
sensazione.
Non
sapeva dire se le piaceva o meno.
“Tutti
meritano una seconda chance, non credi?”
“Ti fidi davvero di
me?”
“Non
dovrei?” lo schernì lei.
“Lila”
La
ragazza sospirò e ruotò la poltroncina per
inchiodarlo con gli
occhi chiari, decisa a mettere le carte in tavola. Alcune, per lo
meno.
Lei
non era come Steve: per lui c'era solo la verità, pura e
semplice,
ed era facile per lui restare fedele a quella bella parola.
Per
Lila era più difficile: lei non era – e mai
sarebbe stata – così
assolutamente pura come Steve e avrebbe sempre avuto qualcosa da
nascondere, anche se si fosse impegnata ad essere sempre sincera.
“Quando
mi hai portata via con te, qualche mese fa, avresti potuto uccidermi.
Oppure soggiogarmi per farmi fare qualunque cosa volessi. Potevi, ma
non lo hai fatto. E' un favore che voglio ricambiare: non mi piace
avere debiti”
Non
era la verità, non tutta almeno, e Lila lo sapeva proprio
come
sapeva che non gli avrebbe mai detto tutto. Non ora, almeno. Loki non
era pronto a sentirsi dire il vero motivo per cui lei era
lì,
disposta ad aiutarlo.
Non
poteva ancora dirgli che lo faceva perché era convinta che,
sotto la
maschera da arrogante psicopatico, ci fosse un profondo desiderio di
rivalsa e di affetto e che aveva bisogno di aiutarlo per essere a
posto con la sua coscienza.
In
più, come aveva detto a Steve, voleva ridare a Thor suo
fratello. E
a Loki il suo, perché era quello il risvolto della medaglia.
“Non
è un debito. Ti avrei portata via se non fossero arrivati i
Vendicatori”
“Il
punto è un altro: non mi avresti mai fatto
del male”
“Ne
sei sicura?” ringhiò l'uomo.
Non
gli piaceva che qualcuno riuscisse a leggerlo così
facilmente, a
penetrare nei recessi più reconditi della sua mente con
così tanta
facilità. Doveva ricordare che Lila aveva uno sguardo
davvero molto
acuto per essere una terrestre.
“Sì”
“E
non ti sei mai sbagliata?”
Lila
fece spallucce “Mi è capitato una volta di pensare
che stessi
sbagliando, ma effettivamente mi sbagliavo. Smettila di farmi
cambiare idea, ok?”
Loki
scoprì di non desiderare che lo facesse, ma non lo disse. Si
limitò
a scuotere la testa con aria sdegnosa.
A
quel punto si alzò e si diresse verso la porta “Ci
vediamo dopo,
principessa”
“Dove
vai?” gli domandò, tornando a fare colazione.
Loki
alzò le spalle “A fare un giro” e detto
ciò scomparve mentre
alle sue spalle Lila sorrideva appena.
*
Era
pomeriggio quando Steve entrò nella stanza di riunione
insieme a
Tony. Avevano passato le ultime quattro ore ad allenarsi ed era
così
impegnati a darsele di santa ragione da non accorgersi che il tempo
era passato in fretta.
Trovò
tutti intenti a rilassarsi in attesa di qualunque cosa dovesse
accadere. Nessuno di loro sapeva bene cosa stessero aspettando, ma
era chiaro che qualcosa sarebbe successo prima o poi.
Sondando
la stanza, anche senza essere ancora arrivato al punto in cui sedeva,
Steve sapeva già che Lila era lì.
Sembrava
che il suo corpo ne avvertisse la presenza ancora prima di averla
localizzata, come se avesse sviluppato un senso extra solo per lei.
E
infatti la trovò seduta comodamente su una poltroncina. Non
l'aveva
vista per tutto il giorno e perciò si cibò
avidamente della sua
immagine, proprio come l'affamato che si trovi di fronti un piatto di
cibo dopo giorni di digiuno.
Era
adorabile nel suo vestito rosa, ma per Steve sarebbe stata bellissima
anche con un sacco di iuta addosso.
Stava
leggendo e sembrava così presa dal libro da non accorgersi
dello
sguardo che Steve le stava riservando.
Mentre
si avvicinava si rese conto che non era l'unico a guardare Lila. Loki
gettava di tanto in tanto occhiate nella direzione della ragazza e a
Steve non piacque per niente lo sguardo che gli vide addosso.
Era
molto diverso da quello da predatore che gli aveva visto una volta;
sembrava velato di qualcosa di simile alla tenerezza e alla dolcezza,
sentimenti che mai avrebbe pensato potesse provare.
Se
fosse stata un'altra persona, Steve avrebbe detto che era quasi
reverenziale. Ma lui era Loki e dubitava potesse
arrivare a
provare un sentimento tanto estremo in maniera sincera.
Tuttavia
provò l'impulso di prendere Lila e spingerla dietro la
propria
schiena per nasconderla alla vista del dio degli inganni, nella
speranza che smettesse di mangiarla con gli occhi.
Intanto
l'aveva raggiunta e si era chinato su di lei. I suoi capelli erano
morbidi e la vide sorridere di profilo senza voltarsi.
“Cosa
leggi?” le domandò.
“Cime
tempestose”
“Cosa?”
le domandò con un sorriso. Sapeva che adesso avrebbe alzato
gli
occhi al cielo, fingendosi esasperata per la sua ignoranza in
fatto di letteratura -così diceva sempre-, prima
di iniziare a
spiegargli qualcosa sul libro del momento.
Sembrava
che non ci fossero limiti alla cultura di Lila e a volte si chiedeva
quante nozioni potesse incamerare quella testolina. Come
da copione la ragazza sospirò esasperata, celando un mezzo
sorriso,
prima di iniziare a parlare.
O
meglio, avrebbe voluto iniziare a farlo, ma la comparsa di Fury le
impedì di fare quanto si era proposta.
“C'è
stato un altro attacco nei pressi di Huston. Vendicatori, è
arrivato
il vostro turno”
Non
se lo fecero ripetere due volte e scattarono in piedi, ognuno diretto
verso il luogo dove tenevano le attrezzature.
Era
una stanza piena di teche, dietro le quali facevano bella mostra di
sé l'armatura di Iron Man, lo scudo di Capitan America,
l'arco di
Clint e tutti gli attrezzi di cui poteva servirsi Natasha.
Proprio
Natasha porse a Lila una tuta simile alla sua, nera e che prometteva
di essere molto, molto aderente.
A
Lila piaceva poco, ma doveva ammettere che aveva i suoi pregi. Era
ignifuga e difficile da strappare, inoltre forniva una minima
protezione verso coltelli e armi bianche.
Con
una smorfia, la prese e si diresse verso un angolo appartato dove
avrebbe potuto cambiarsi senza essere vista.
Una
volta in cui avrebbe avuto un po' di tempo ne avrebbe migliorato il
design, si ripromise mentre la indossava. Aveva dimenticato quanto
fosse stretta, le mozzava quasi il respiro.
“Carina”
notò Loki quando uscì allo scoperto. Lila era ben
consapevole che
“carina” era un aggettivo blando per definire il
modo in cui la
divisa le si modellava addosso.
Era
una seconda pelle, così fasciante da mettere in evidenza
ogni
singola curva: la faceva sentire nuda.
“Non
un'altra parola” lo minacciò con uno sguardo torvo.
Loki
sogghignò e non disse altro, ma decise di porre tutta la sua
attenzione sulla figura della ragazza che si allontanava.
“E
smettila di fissarmi!” gli urlò senza voltarsi
mentre si
avvicinava a Steve.
L'unica
cosa che Loki riuscì a fare fu sorridere ancora di
più e pensare
che, dopotutto, non era stata poi una cattiva idea unirsi ai
Vendicatori. C'erano decisamente lati molto
positivi.
*
“Dovresti
restare qui”
Lila
guardò l'orologio digitale sul pannello di controllo del
telecomando: venti minuti. Conoscendo Steve pensava che ci sarebbe
voluto molto meno prima che pronunciasse quelle tre paroline.
Era
un nuovo record: di solito non resisteva nemmeno cinque minuti, il
che era tutto dire.
Alzò
gli occhi al cielo “Sai che non lo farò, mi chiedo
quindi perché
ti ostini a ripeterlo”
“Forse
perché ogni volta spero che ti entri un po' di sale in
zucca”
Lila
fece spallucce “La speranza è l'ultima a
morire”
Steve
la prese per le spalle e la fissò negli occhi “Tu
starai qui” le
ordinò.
A
quel punto Lila pensò di aver sentito male. Certo, adesso
sarebbero
tutti scoppiati a ridere perché quello era sicuramente
uno
scherzo. Steve
non stava tentando di darle ordini, figuriamoci. Lui sapeva benissimo
quanto lei fosse insofferente a quel genere di cose.
Eppure
l'espressione sul suo viso era seria e in un attimo Lila comprese che
no, non stava scherzando.
Strinse
le labbra in una linea sottile e assottigliò gli occhi,
entrambi
chiari segni dell'ira crescente.
“Non
provare a darmi ordini, Steven Rogers” soffiò.
Rimasero
in silenzio a guardarsi, entrambi forti e immobili sulle loro
posizioni: Lila era decisa a non farsi mettere i piedi in testa, ma
anche Steve non avrebbe mollato dato che c'era in ballo la sicurezza
di Lils, cosa che lei sembrava non comprendere.
A
mettere pace tra i due amanti ci pensò Tony “Non
prenderla a male,
piccola leonessa, ma forse dovresti davvero restare sul jet”
“Ti
ci metti anche tu?! Qualcun altro, per caso?” si
indignò Lila.
“In
effetti, anche io sono d'accordo” si fece avanti Thor
“Tu non hai
un'armatura, sei giovane e fragile. Non è un gioco,
Lila”
“Però,
acuto” si prese gioco di lui la ragazza, tropo nervosa e
arrabbiata
per conservare un minimo di gentilezza “E io che pensavo di
andare
a giocare a scacchi”
L'aereo
cominciò a scendere, chiaro segno che mancava poco
all'atterraggio.
Dal finestrino Lila scorse fumo e lingue di fuoco che si stagliavano
contro il cielo mentre la cittadina ardeva.
Li
fissò tutti con aria truce e battagliera e Steve
sospirò. Non gli
lasciava molta scelta, ma se quello era l'unico modo per tenerla al
sicuro... be', allora lo avrebbe fatto.
Avrebbe
accettato la punizione che ne sarebbe conseguita, pur di saperla al
riparo da qualunque cosa potesse farle del male.
“Non
mi lasci molte possibilità” sospirò
mentre la prendeva tra le
braccia.
“Che
stai facendo?” strillò lei “Mettimi
giù!”
Fece
come gli aveva chiesto solo quando fu seduta su una piccola panca e
Thor, che aveva capito le sue intenzioni, gli passò quella
che
sembrava tanto una fune. Lila strabuzzò gli occhi pensando
che non
la stessero davvero legando.
Le
mani le prudevano dal desiderio di picchiare entrambi, ma la
priorità
ora era riuscire a sfuggire alla presa di Steve.
Voltò
lo sguardo verso Tony e Bruce, ma nessuno dei due sembrava
intenzionato a fare niente. Clint e Natasha dal canto loro sembravano
troppo impegnati a pilotare l'aereo per poter intervenire.
“E'
per il tuo bene” le disse addirittura il dottore.
Finalmente
incontrò due iridi verdi che la fissavano combattute. Fu in
Loki che
Lila vide la sua speranza e lo guardò con gli occhi
più supplicanti
del suo repertorio.
Si
vedeva che Loki avrebbe tanto voluto lasciarla lì, al
sicuro, ma
alla fine con un ringhio di gola si intromise e la liberò
con un
colpo secco.
“Lasciatela
venire. Troverebbe comunque il modo di liberarsi e sarebbe ancora
peggio”
“Grazie”
sussurrò la ragazza mentre gli rivolgeva uno dei suoi
sorrisi più
radiosi.
“Stavolta
è il tuo turno di non farmene pentire”
borbottò in modo che solo
lei potesse sentirlo.
“Starò
attenta” promise sbattendo le lunghe ciglia e guardandoli
tutti.
Steve
pensò che Lila sapesse essere tremendamente diabolica,
quando
voleva. Le bastava qualche sguardo, un sorriso e la gente rimaneva
abbacinata e lei era brava a sfruttare quel vantaggio.
Steve
sospettava che fosse per quella sua innata abilità a
manipolare le
persone che Fury l'avesse convocata tra i Vendicatori.
“Sei
una civetta” la riprese Tony bonariamente e la tensione si
sciolse
in una risata collettiva.
L'aereo
atterrò sul tetto di un edificio e il portellone si
aprì.
“Pronti,
Vendicatori?” li incitò Steve mentre si calava la
maschera sul
viso.
“Facciamogli
vedere quanto siamo tosti!” ribatté Tony e Lila
sbuffò alzando
gli occhi al cielo.
“Il
solito sbruffone” borbottò.
Si
voltò verso Loki “Vedi di tornare sano e
salvo” gli disse con un
sorriso, dietro al quale tuttavia si nascondeva ansia sincera.
Poi
incontrò lo sguardo di Steve “E lo stesso vale per
te. Vi ucciderò
tutti con le mie stesse mani se tornerete feriti” li
minacciò.
Steve
le baciò la fronte e lei gli regalò una carezza
prima di scendere
dal velivolo.
*
Combattevano
da un tempo infinito.
Erano
scesi in campo senza sapere cosa avrebbero dovuto affrontare e si
erano stupiti di trovarsi di fronte a creature che apparentemente
sembravano essere perfettamente umane.
Nessuna
persona normale avrebbe potuto sollevare in quel modo un auto o
resistere alla caduta di un intero cumulo di macerie senza un
graffio: era fisicamente impossibile.
Lila
era scesa in battaglia con il fermo proposito di scoprire quanto
più
possibile, ma sembrava che combattessero in modo da impedirle di
osservare con attenzione.
Aveva
il fiato corto, era sporca di polvere e sudata, ma non avrebbe
dichiarato la resa così in fretta per nessuna ragione al
mondo.
Ci
voleva molto di più per metterla al tappeto, si disse,
mentre una di
quelle creature le sferrava un pugno allo stomaco che la fece
boccheggiare.
Era
stanca, aveva perso velocità e forza nelle gambe e nelle
braccia, ma
avrebbe combattuto comunque: era stata lei a voler scendere in campo
e avrebbe dimostrato di potercela fare da sola.
“Tutto
qui?” ansimò con un mezzo sorriso di scherno.
Il
suo nemico fece per colpirla un'altra volta, ma riuscì a
scartare
l'attacco mentre alle sue spalle altri tre o quattro cercavano di
farla fuori.
Cinque
contro uno... sleale, pensò
con
una smorfia. Non era quello il momento di pensare a cosa era leale e
cosa no, si disse.
Intorno
a lei, la cittadina di provincia bruciava come legna da ardere. Le
persone erano state evacuate e la battaglia imperversava con una
babele di suoni diversi: rumore d'armi, grida, oggetti distrutti.
Avrebbe
voluto liberarsi in fretta di quegli stupidi aggressori per poter
andare ad aiutare, ma con la coda dell'occhio notò che se la
stavano
cavando tutti meglio di lei.
Steve
non aveva particolari problemi a fronteggiare quegli essersi, Thor e
Bruce li vedevano a malapena mentre li fulminavano o li
accartocciavano come bottigliette d'acqua.
Quella
che aveva bisogno di aiuto, constatò con fastidio, era solo
lei.
Parò
e scartò fino a quando le fu possibile, ma ad un certo punto
uno di
quei mostri le afferrò una caviglia e si ritrovò
a terra.
Batté
la testa contro il suolo e provò una ben nota sensazione di
leggerezza. Da qualche parte, il suo corpo faceva male, ma era una
consapevolezza latente nella sua mente. Mille luci le esplosero
davanti agli occhi e le orecchie presero a ronzare mentre il respiro
le si mozzava in gola.
Ansimò
e quando recuperò finalmente l'uso della vista
scansò un colpo
vibrato, per sua fortuna, con poca attenzione.
Se
solo fosse riuscita a prendere un'arma, una qualunque, ci sarebbe
voluto poco per sterminarli tutti, ma l'unica pistola nelle vicinanze
era ad almeno sei metri e la testa le doleva terribilmente.
Neanche
il tempo di pensarlo e il gruppetto si ritrovò sbalzato
lontano,
tutti privi di vita. Lila seguì la direzione del colpo e
vide Loki
armeggiare con il suo bastone.
“Ce
l'avrei fatto benissimo da sola” soffiò mentre si
alzava.
“Certo”
la prese in giro con un sorriso sornione che urtò
profondamente
Lila. La ragazza aprì la bocca per dire qualcosa, ma in quel
momento
si materializzò al suo fianco Steve.
“Stai
bene?”
Non le diede neanche il tempo di rispondere -l'analisi
delle sue condizioni fisiche doveva essere stato soddisfacente- che
Steve si voltò verso Loki con un'espressione seria.
“Grazie
per averla salvata”
“Non l'ho fatto per te”
“Lo
so, ma non importa”
Rimasero
a guardarsi in modo che Lila non riuscì a decifrare come
avrebbe
voluto. Lo sguardo di Steve era adombrato da qualcosa che non
comprendeva, ma neanche gli occhi di Loki erano perfettamente
sgombri.
Sembrava
che si stessero valutando e Lila avrebbe giurato di sentire una certa
tensione agitarsi tra loro.
Le
vennero in mente le correnti contrarie che si agitavano sotto la
superficie delle acque, una calma solo apparente.
Lila
stessa si sentì tremendamente a disagio in quella situazione
ma -e
se ne accorse solo quando distolse lo sguardo dai due- non erano loro
il motivo di quella sensazione.
Sentiva
sulla pelle che qualcuno li stava guardando tutti, ma non riusciva a
capire come potessero i suoi sensi averle trasmesso quella sciocca
informazione.
Intorno
a loro c'era solo guerra, devastazione, persone che combattevano e
nessuno si sarebbe fermato per fissare loro.
Eppure
non bastarono tutti quei pensieri, apparentemente così
logici, a
farle smettere di sentire quello sguardo sulla pelle.
“Ragazzi”
li richiamò ed entrambi si voltarono verso di lei
“Non vi sembra
che ci sia qualcosa di strano?”
I
due si guardarono intorno, ma a parte il caos creato dalla battaglia
che ancora imperversava intorno a loro non c'era altro.
“Cosa
intendi?”
“Non
lo so, ma ho una strana sensazione, come se ci stessero
osservando”
Guardandoli
si rese conto che non le credevano. Questo la indispettì:
non
avevano ancora imparato a fidarsi del suo istinto?
Dal
canto suo Lila non aveva più alcun dubbio: lei aveva piena
fiducia
in quella sorta di sesto senso e sapeva che raramente sbagliava. Era
certa che ci fosse qualcuno, da qualche parte, che li scrutava.
Come
un lampo, nel suo cervello balenò un pensiero: che li stesse
osservando per valutarli? Un nemico nell'ombra,
pronto a
cogliere ogni loro gesto e a scrutarli a fondo per conoscerli.
La
conoscenza rende potenti, Lila lo aveva sempre detto. Un nemico
astuto avrebbe potuto applicare quel principio: lei lo avrebbe fatto.
Quasi
a tacita conferma del suo pensiero, l'esercito iniziò
inspiegabilmente ad arretrare.
Quel
gesto fugò ogni ragionevole dubbio in Lila e istintivamente
si
avvicinò di più a Steve e Loki, come se il suo
corpo le imponesse
di cercare protezione.
Entrambi
se ne accorsero e Steve la strinse a sé. Tra le sue braccia
un po'
della sua ansia svanì, ma non smise di sentire
quell'angosciante
sensazione.
Incontrò
lo sguardo di Loki e vi vide dentro una strana luce, ma
batté le
ciglia e quel barlume non c'era più, sparito così
in fretta che
Lila pensò di esserselo immaginato.
“Torniamo
alla base” li incitò la voce distorta dalla
maschera di Tony e i
tre si diressero in silenzio verso l'aereo.
Nonostante
la presenza rassicurante dei due uomini, Lila non fu tranquilla fino
a quando il portellone del velivolo non si fu chiuso alle sue spalle.
Due
occhi intanto scrutavano tutto, nascosti dalle tenebre.
Continua
|
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Capitolo 4 *** Il triangolo non lo avevo considerato ***
Lila/Loki
Zan
zan!
Eccomi
di ritorno!
Sì,
sono in ritardo e sì, mi dispiace molto. Ho notato che le recensioni
sono un po' diminuite e devo dire che la cosa mi dispiace molto.
Ovviamente
non posso obbligarvi a recensire, ma questo mi ha fatto molto pensare
sul fatto di continuare a meno la storia.
Per
ora aggiorno, ma la decisione è solo rimandata a presto.
Capitolo
IV
Il triangolo non lo avevo
considerato
Aveva
la sensazione di fluttuare.
Decise
di aprire gli occhi per capire dove fosse e quando lo fece si trovò
a fissare qualcosa di bianco e familiare.
In
un barlume di comprensione, capì che quella era una stanza, la sua.
Era
esattamente come l'aveva, con le pareti rosa salmone che aveva
dipinto lei stessa, i mobili di legno, il baldacchino di ferro
lavorato e il disordine che ricopriva ogni superficie.
Nonostante
la familiarità della situazione, Lila sentiva che c'era qualcosa di
sbagliato in quella stasi innaturale. O meglio, qualcosa di
impossibile: nessun luogo umano poteva essere così immobile.
Si
alzò dal letto e mosse alcuni passi incerti verso la sala.
Sentiva
di non avere il controllo completo del proprio corpo e che era
qualcun altro a suggerirle cosa fare.
Il
salotto era esattamente come lo aveva lasciato: c'era il divano, la
tv accesa che trasmetteva una partita di football e il mazzo di fiori
un po' secchi che Kurt avrebbe dovuto cambiare. Avrebbe dovuto
sentirsi a casa, ma provava solo la stessa inquietante sensazione che
aveva avvertito quel pomeriggio.
All'improvviso
tutto cambiò con la stessa velocità con cui qualcuno avrebbe potuto
far scattare un interruttore.
La
stanza mutò lentamente e comparve suo fratello, poi Dave, Steve e
infine gli altri Vendicatori.
Cominciò
ad avere paura e il cuore prese a battere ad un ritmo più serrato.
Il suo cervello era vigile e attento, in uno stato febbrile che le
faceva cogliere ogni singolo dettaglio intorno a lei; i suoi sensi
erano tesi fino allo spasmo: era quasi una sofferenza fisica.
Poi
qualcosa cambiò ancora.
In
un secondo si ritrovò a fissare i corpi esanimi delle persone che
amava stesi a terra, immersi nel loro stesso sangue.
Sangue
anche sulle pareti, sui suoi vestiti, sulle sue stesse mani.
Iniziò
a tremare, mentre sentiva il cuore accartocciarsi nel petto. Non le
importava dove fosse finito l'autore di quello scempio, voleva solo
smettere di guardare.
Voleva
tornare sul Elivelivolo, andare dovunque quella visione non avrebbe
potuto raggiungerla.
All'improvviso
le mani di qualcuno la afferrarono per le spalle e la spinsero contro
il muro. Lila gemette per la botta alla schiena.
Riuscì
a scorgere, sotto il cappuccio, solo le labbra.
Inquietanti,
bluastre come se fosse rimasto esposto al gelo per lungo tempo e che
presto si atteggiarono a un ghigno da far accapponare la pelle. Non
c'erano parole, nel suo fornito vocabolario, in grado di definire la
sensazione che stava provando: una mistura di angoscia, terrore,
rabbia, paura.
“Verrò
a prendervi. Questo non è altro che lo specchio del futuro”
Le
mani dell'uomo -sempre che fosse tale- serpeggiarono lungo il suo
collo e strinsero la presa. Annaspò e per un attimo pensò che
sarebbe morta.
Provò
a dimenarsi, per quanto le fosse possibile.
“Li
ucciderò tutti e non potrai fare niente” la canzonò con un altro
sorriso. La ragazza si abbandonò, incapace di continuare a
combattere ancora.
“Lils!
Svegliati!”
Aprì
gli occhi di scatto e la prima cosa che fece fu tirare un grande
respiro per riempire i polmoni di aria.
L'ossigenò
le bruciò la gola, ma non fu mai più contenta di sentire male.
Era
finalmente ritornata nel letto in cui si era addormentata e quello
era solo un incubo, ma il suo petto si alzava e si abbassava ancora
affannosamente.
Si
accorse di avere le braccia alzare, i polsi imprigionati nella morsa
solida di due mani che ben conosceva.
Mise
a fuoco tra le lacrime il volto gentile di Steve e fu con gioia che
si rese conto che stava bene, che non c'erano tracce di sangue su di
lui né sui muri della stanza.
Ancora
ansante, si rese conto che non erano soli, ma che nella stanza
c'erano anche gli altri Vendicatori.
Con
sollievo vide che stavano bene anche loro, che era stato davvero solo
uno stupido incubo.
Steve
lasciò la prese sui suoi polsi e Lila si mise a sedere.
“Era
solo un incubo” sussurrò mentre si scostava i capelli da volto.
Sì, era solo un sogno, ma allora perché l'inquietudine non la
abbandonava?
“Cosa
hai sognato?” si intromise Loki. La ragazza alzò lo sguardo su di
lui, ma era chiaro che non lo stesse guardando.
I
suoi occhi vagavano ben al di là della sua figura mentre rispondeva.
“E'
stato orribile. C'era sangue ovunque: sulle pareti, sulle mie mani,
sui vestiti...”
Pur
non essendo una persona impressionabile, il ricordo del sangue, il
suo odore ferroso, le provocarono un intenso moto di nausea.
Cercò
la mano di Steve sulla coperta e la strinse. Si sentì meglio quando
avvertì che lui ricambiava la sua stretta. Riuscì anche ad
atteggiare le labbra in un pallido sorriso.
“Ho
urlato molto?” domandò agli altri Vendicatori.
“Nah,
magari in Australia qualcuno un po' duro d'orecchi non ti ha sentita”
la prese bonariamente in giro Tony per farla sorridere ancora.
“Non
volevo spaventarvi, scusate” mormorò mentre si abbandonava a uno
sbadiglio.
“Dovresti
tornare a dormire” la incitò Tony “Su, è decisamente tardi: i
bimbi devono andare a letto presto”
Lila
socchiuse gli occhi in un'espressione minacciosa mentre tutti
scoppiavano a ridere. Sapeva benissimo che quello era un tentativo di
farle dimenticare il sogno, magari soppiantandolo con un po' di sana
rabbia.
“Va'
al diavolo” scandì prima di coricarsi e dare le spalle a tutti
“Buonanotte!”
Un
sorriso comparve sulle labbra di tutti mentre se ne andavano, ora più
tranquilli. Rimase solo Steve e si stese sul letto insieme a Lila,
infilandosi sotto le coperte con lei.
Lila
ne avvertì il calore contro la schiena e sorrise mentre si lasciava
avvolgere dalle sue braccia. Era abbastanza certa che così non
avrebbe avuto incubi.
A
volte le faceva paura lasciarsi avvicinare tanto da Steve proprio
quando era più vulnerabile. Non era mai stata il tipo di persona da
cercare conforto quando era triste o aveva paura. Al contrario, lo
rifuggiva come la morte: le faceva paura l'idea di permettere a
qualcuno di avvicinarsi così tanto proprio quando era più
vulnerabile.
Tuttavia
lui era Steve ed era l'eccezione: non sapeva neanche lei come
o in base a quale principio, ma era certa che non l'avrebbe mai
ferita.
Era
una consapevolezza tanto romantica e sdolcinata da farle venire le
carie ai denti e Lila non l'avrebbe mai detto a parole -mai una cosa
così melensa sarebbe uscita dalle sue beffardissime labbra-
ma glielo dimostrava ogni giorno della loro vita insieme.
“Vedi
di non rubarmi le coperte come fai di solito” gli intimò.
Steve
sorrise e le baciò la spalla nuda “Buonanotte anche a te”
*
La
mattina dopo Lila gironzolava per la base dello S.H.I.E.L.D.
Aveva
deciso di accantonare l'incubo e qualunque significato potesse avere:
era stato uno stupido sogno, niente di più.
Probabilmente
aveva mangiato pesante e quello, sommato alla brutta sensazione che
le aveva lasciato addosso la battaglia, aveva causato l'incubo.
Elementare, scontato, banale.
La
base era piuttosto tranquilla, il che poteva significare solo che
tutti gli altri Vendicatori stavano ancora dormendo.
Non
ne fu sorpresa: dopotutto, chi si sarebbe svegliato tanto presto -le
otto di mattina- quando non c'era nessuna missione?
Non
potevano fare molto. Non sapevano chi stessero combattendo, cosa
volesse e perché. Odiava ammetterlo, ma brancolavano nel buio più
totale.
Con
una smorfia risentita entrò nella piccola saletta che Fury aveva
fatto costruire dopo la prima battaglia contro Loki.
Era
immerso nella luce dorata del sole nascente, quella luce che c'era
solo al mattino presto e che riusciva a far sembrare tutto più
pacifico, più calmo.
Si
accoccolò sulla poltrona più vicina all'ampia vetrata, laddove la
luce del primo sole poteva lambirla senza infastidirla, e poi aprì
il libro che si era portata dietro.
Cime
tempestose, lesse sulla copertina con un sospiro.
Era
un libro vecchio e consunto, oramai, ma Lila non se ne sarebbe mai
separata. Fissò la copertina logora con affetto.
Aveva
trovato quel libro per caso, frugando tra i tomi di sua madre quando
era bambina. Era stato amore a prima lettura e da quel momento non lo
aveva mai lasciato.
Non
era importante dove andasse o per quanto, il volume la seguiva
fedelmente in ogni spostamento.
Lo
aveva letto tante di quelle volte che oramai conosceva molti dei
dialoghi contenuti quasi a memoria.
Aveva
una strana capacità di risucchiarla nel suo mondo: un momento prima
era a casa sua e quello dopo si ritrovava a camminare tra la
brughiera inglese insieme a Catherine e Heartcliff.
“Come
mai già sveglia?”
Lila
sobbalzò e si rese conto che Tony Stark sedeva sulla poltrona di
fronte alla sua con un sorrisetto impertinente.
“Non
volevo spaventarti”
“Il
modo migliore per non spaventare una persona è proprio comparirle
alle spalle” ironizzò lei.
Tony
accennò ad un sorriso divertito mentre Lila chiudeva il libro e lo
appoggiava tra sé e il bracciolo.
Sapeva
cosa stava per chiederle Tony, ma era una conversazione che non
voleva affrontare. Non voleva rivivere ancora l'incubo di quella
notte.
Mentre
alzava lo sguardo su suo viso Lila si rese conto di un taglio che gli
attraversava la fronte. Non l'aveva notato la sera prima, ma ora
avevo un'aria poco rassicurante.
Si
alzò e prese un kit medico, imbevette un batuffolo di cotone con il
disinfettante e lo premette sulla ferita con delicatezza.
“Dovresti
farci mettere qualche punto”
“E
tu cosa ne sai?”
“Ho un fratello minore. Ne ho visti di tagli”
si limitò a fargli notare. Simon era una peste da piccolo ed era
più il tempo che passava a terra di quello in cui camminava, perciò
era un'esperta nel medicare escoriazioni e tagli più o meno gravi.
“A
dire il vero speravo di riuscire a parlare con te, da soli”
Ecco,
Lila sapeva che era arrivato il momento. Be', non poteva evitarlo per
sempre, perciò che iniziasse: prima era, meglio sarebbe stato.
“Dimmi”
lo incitò senza incontrarne lo sguardo.
“Perché
hai deciso di fidarti di Loki?”
Ecco,
quella era esattamente la domanda che non si aspettava. Spostò
i suoi occhi su Tony e lo fissò con le iridi piene di sorpresa.
Dopo
un momento di tentennate silenzio Lila parlò.
“C'è
un bel sole fuori”
“Stai
cercando di cambiare argomento?”
“Cosa te lo ha fatto
pensare?”
Tony
fece spallucce per poi tornare serio e Lila comprese che no, non
l'avrebbe scampata stavolta.
“Tutti
meritano una seconda possibilità e voglio aiutarlo. Non l'ho fatto
sei mesi fa perché era molto più facile odiarlo, ma ora che ne ho
la possibilità... mi odierei se non lo facessi”
“E'
solo per questo?” le domandò l'uomo e fu come se qualcuno
l'avesse schiaffeggiata. Si pose quella domanda per la prima volta.
O
meglio, per la prima volta si interrogò sinceramente, senza farsi
influenzare dalla consapevolezza di ciò che era giusto fare e dire,
senza che niente oscurasse la risposta.
No,
non era solo per quello.
In
qualche anfratto della sua mente, c'era una parte di lei che le stava
suggerendo la soluzione e che le dava della stupida per non esserci
ancora arrivata.
Lei
era un genio e la risposta davvero troppo semplice per non vederla.
Eppure Lila si rifiutò di ascoltare quella parte – forse la voce
della coscienza, chissà - che cercava di parlarle.
Aveva
buone intenzioni, Lila ne era certa, ma non era pronta a sentire cosa
aveva da dirle. Era un passo troppo lungo per le sue gambe.
“Per
quale altro motivo?” domandò.
“L'ho
chiesto prima io a te, principessa” la sbeffeggiò con un
sorriso sarcastico in perfetto stile Stark, usando lo stesso
soprannome con cui la chiamava Loki.
“Non
hai altro da dire? Niente niente?”
“Mi
dispiace deluderti, signor Stark, ma non ci saranno triangoli amorosi
né soap opera da quattro soldi questa volta” rise Lila, sperando
che quella risata mascherasse bene il suo turbamento interiore.
“Meno
male che c'è la pay per view per questo” sospirò di sollievo
Tony, come se la cosa lo allietasse e Lila rise con lui e l'atmosfera
si alleggerì.
Quando
smisero di ridere Tony sembrò sul punto di dire qualcosa di
tendenzialmente serio -Lila era sicura che se fosse successo quel
giorno sarebbe diventato festa nazionale- ma una sirena suonò e li
avvertì che stava succedendo qualcosa. Di nuovo.
Entrarono
gli altri Vendicatori, alcuni con l'aria di essere stati buttati giù
dal letto e forse era davvero così.
“C'è
stato un altro attacco, a Los Angeles” li informò Clint. Lui
sicuramente non stava dormendo, ma Lila non se ne stupì. A dire il
vero si chiedeva se mai lo facesse, perché era sempre sveglio quando
lei si alzava e lo era ancora quando lei si coricava.
“Possibile
che i super cattivi non conoscano la domenica?” si lagnò Lila.
“Essere
cattivi è un lavoro a tempo pieno, bella mia. Su, andiamo a farci
belli per la festa” li incitò Tony.
E
poi successe una cosa che Lila non aveva mai pensato, qualcosa che
mai avrebbe potuto prevedere.
“Andate
voi. Io resto qui”
Cinque
parole in grado di far crollare la mascella di sette persone che ne
avevano viste di tutti i colori. Dopo la rivolta che aveva messo in
piedi il giorno prima pur di scendere in battaglia con loro, nessuno
era pronto a vederla desistere senza nemmeno aver tentato. Nessuno se
lo sarebbe mai aspettato, ecco.
Neanche
Lila per la verità riusciva a credere a ciò che aveva detto. Per la
prima volta non voleva andare con loro.
Sentiva
il bisogno di stare sola, di mettere ordine tra i propri pensieri
perché li sentiva già premere contro le tempie e sapeva che presto
le avrebbero procurato un mal di testa con i fiocchi. Inoltre -anche
se non lo avrebbe mai ammesso- non voleva provare di nuovo la
sensazione del giorno prima: era convinta che fosse stata quella la
causa degli incubi, come se si fosse impressa a fuoco nel suo
subconscio.
Steve
le si avvicinò e le posò una mano sulla fronte “Stai bene? Hai la
febbre?”
Lila
sbuffò e alzò gli occhi al cielo, poi rivolse a tutti un ghigno “Se
proprio volete, verrò volentieri”
A
quel punto fu un profondersi di “No no, per carità” e annessi e
connessi da parte di Steve a cui fecero eco le risposte degli altri
Vendicatori.
Una
parte di Lila se ne risentì un po', ma subito si disse che era
sciocco e infantile e assolutamente non da lei che non era né l'una
né l'altra cosa.
“Andate,
prima che mi arrabbi” li incitò indicando la porta e scuotendo il
capo, sconsolata.
Si
incamminarono tutti.
Solo
Steve rimase indietro. Lila gli rivolse un sorriso carico di dolcezza
e lo abbracciò stretto. All'improvviso un brutto presentimento la
attraversò e fu come una stoccata al petto.
“Sta
attento” sussurrò contro il suo collo. Ispirò il profumo del suo
dopobarba e chiuse gli occhi perché le entrasse fin nell'anima.
Si
allontanò quel tanto che bastava per potergli prendere il viso tra
le mani e appoggiare la fronte su quella di lui.
“Non
provare a farmi strani scherzi, Steve. Io ti amo”
L'uomo
si illuminò. Lila non glielo diceva spesso -non era il tipo da
grandi discorsi romantici- e gli faceva sempre uno strano effetto
sentirglielo dire, benché glielo dimostrasse ogni singolo secondo.
“Quindi
per farti dire quelle due magiche paroline basta che stia per partire
per una missione potenzialmente mortale?” scherzò.
Ma
Lila non era dell'umore e lo coinvolse all'improvviso nel bacio più
appassionato che gli avesse mai dato. E Lila era la regina di quel
genere di baci: sembrava sapere esattamente come fare per
farlo impazzire.
“Devo
andare” le disse quando si separarono e, dopo un breve momento in
cui Lila sembrò sul punto di opporsi, lo lasciò libero.
Steve
si diresse verso la sala delle armi senza voltarsi. Sentiva uno
strano groppo in gola e un'anomala stretta allo stomaco: se si fosse
voltato non sarebbe salito sul velivolo per Los Angeles.
Si
disse che era stupido, che Lila era al sicuro e che sarebbe stata lì
anche a missione conclusa, ma qualcosa gli diceva che stava per
succedere qualcosa.
*
Guardò
la sua schiena allontanarsi e si voltò solo quando svoltò l'angolo.
Aveva il cuore pesante di angoscia e di tante altre cose che non
riusciva a comprendere.
Deglutì
per ricacciare indietro il profondo magone che per un attimo aveva
minacciato di sopraffarla. Non si era mai lasciata andare, neanche
quando erano morti i suoi genitori. Di certo non lo avrebbe fatto
ora. Per cosa poi? Una sensazione datale dal suo sesto senso? Non era
infallibile, si disse, poteva sbagliare.
“Principessa”
sobbalzò nel sentirsi chiamare e si voltò trovando Loki sullo
stipite della porta. Aveva addosso la sua armatura, con tanto d'elmo
in testa.
Gli
rivolse un sorriso stiracchiato “Non dovreste essere partiti?”
“Gli
altri si stanno preparando. Partiremo tra cinque minuti” la informò
mentre si avvicinava a lei. Aveva visto tutta la scena e, benché non
lo avrebbe mai ammesso ad alta voce, non gli era piaciuta.
Per
un attimo aveva invidiato Rogers e aveva desiderato essere al suo
posto, tra le braccia di lei.
“State
attenti” gli disse mentre posava il suo sguardo su di lui. Si rese
conto che non era ciò che voleva dire, non del tutto almeno.
“Stai
attento” si corresse.
Una
curiosa replica, si disse: ecco cos'era quella scena. Il problema?
Stava dicendo le stesse parole che aveva detto a Steve a un altro
uomo, uno che avrebbe dovuto odiare.
Loki
le si avvicinò e all'improvviso Lila si rese conto che non potevano
esserci più di dieci centimetri a dividerli.
Dire
che voleva che le stesse lontano era una bugia e Lila non poteva
mentire a sé stessa. Questo non significava che non sapesse
perfettamente quanto fosse sbagliato.
“Sei
preoccupata per me?” le chiese e stavolta non c'era traccia di
ironia nella sua voce. Nessuna cattiveria, nessun sarcasmo: era
davvero curioso di capire.
“Io
mi preoccupo per tutti voi” gli fece notare ed era vero.
“Ti
sei corretta e hai detto a me di stare attento” le fece
notare con un mezzo sorriso. Loki era una mente brillante, doveva
ricordarlo. Con lui non sarebbero bastati i soliti trucchetti che
sfoderava con la gente.
A
quel punto però non sapeva cosa dire. Alzò lo sguardo e incontro i
suoi occhi. Verdi, intensi, come foreste irlandesi, con gli stessi
giochi di ombre e luci.
“Cosa
vuoi che ti dica ora?” gli domandò.
“Una
volta hai detto che ero un essere miserabile, che non mi avresti mai
amato. E' ancora così, principessa?”
“Loki...
per favore”
Quella
situazione non faceva che confonderla e di certo non aveva bisogno di
un aiuto in quel senso.
“Ti
metto in difficoltà?” le soffiò a pochi centimetri dal viso. Lila
aveva un buon profumo che lo colpì e inebriò: sapeva di rose e
gelsomino, con una vaga nota di cocco.
Sensuale,
dolce, languido eppure stuzzicante al punto giusto... il profumo
perfetto per Lila, insomma.
Decise
che la risposta era evidente dalle sue guance rosate e dagli occhi
luccicanti, così passò oltre.
“Potrei
morire oggi” le disse con un sorriso. Voleva solo vedere la sua
reazione e non lo deluse quando strabuzzò gli occhi.
“Non
lo dire neanche per scherzo” ringhiò.
“Perché
non vuoi ammetterlo? Tu provi qualcosa per me” le soffiò
all'orecchio.
Lila
non trovò la forza di sottrarsi a quel calore, benché sapesse di
doverlo fare.
“Dì
la verità, principessa. Io e te ci assomigliamo, ricordi? Siamo
capaci di azioni inaccettabili, lottiamo per quello che vogliamo e
non guardiamo in faccia nessuno nel farlo. Con me potresti essere te
stessa, sempre”
Lila
non avrebbe voluto sentire quelle parole, ma sapeva che erano vere.
Lo aveva sempre saputo, già da quando gliele aveva dette un anno
prima.
Allora
non era stata disposta ad accettarle, ma in fondo erano sempre state
lì e solo ora si rendeva conto davvero di essere lei, quella che
Loki aveva dipinto.
Non
una persona cattiva, ma una ambiziosa e disposta a tutto pur
di avere ciò che voleva.
“Basta.
Ho bisogno di stare sola e tu devi andare” comandò Lila.
Loki
non si scompose per quell'ordine: sapeva che non lo era perché aveva
avvertito il tremito nella voce e gli era parso più che altro una
supplica.
“Va
bene, principessa”
Le
prese il mento tra le dita e la baciò con ardore. Tentazione,
proibito, gioco pericoloso. Chiamatelo come volete, ma Lila non trovò
la forza di sottrarsi a quel bacio e vi si abbandonò con languore.
Le passò un braccio intorno alla schiena e la strinse a sé.
Loki
sentì un piacevole calore al petto. Era solo un momento e forse,
anzi, sicuramente Lila sarebbe tornata subito tra le braccia di
Steve, ma non gli importava. Erano insieme, si stavano baciando ed
era evidente che loro ci fosse qualcosa che neanche Lila con tutta la
sua determinazione avrebbe potuto negare.
Solo
quando il bisogno d'aria si fece impellente liberò Lila dalla sua
stretta quel tanto che bastava per farla respirare e rimase con la
fronte contro la sua, con gli occhi fissi in quelli di lei. Cielo ed
erba in contrapposizione, mondi opposti e allo stesso tempo
perfettamente complementari.
“Vai”
gli ordinò e per rendere più forte le sue parole fece un passo
indietro. Gli rivolse una pallida imitazione di sorriso e ricevette
in cambio un ghigno divertito.
Poi
si voltò e imboccò la direzione della porta senza voltarsi
indietro.
*
Si
era avvicinata al vetro e aveva visto il caccia con gli altri partire
alla volta di Los Angeles.
Quando
il velivolo fu lontano all'orizzonte, lo sguardo di Lila si concentro
sul proprio riflesso. Lo sfiorò con la punta delle dita e gli occhi
furono attraversati da un ombra.
Cosa
c'era di sbagliato in lei?
Il
vetro le trasmetteva l'immagine imperfetta di una bella ragazza.
Tanto bella fuori quanto brutta dentro. Era così che si sentiva
Lila: una pessima persona.
Si
stava lentamente trasformando in qualcuno che non era lei, qualcuno
che non avrebbe mai voluto essere.
Non
poteva negare quello che era appena accaduto, non quando le sue
labbra erano ancora gonfie per i baci e sentiva ancora il calore di
quei due uomini – non ebbe il fegato di chiamarli entrambi suoi-
sulla pelle.
Allo
stesso modo non poteva negare di provare qualcosa per Loki. Qualcosa
che non era mera attrazione fisica, non più almeno. Non poteva
negare l'alchimia che condividevano, sarebbe stato sciocco e inutile.
Abbassò
lo sguardo perché per un'ammissione di quella portata non poteva
guardarsi negli occhi.
Quando
era successo?, si chiese mentre camminava senza meta per la base.
Quando si era trasformata nell'eroina del suo libro preferito,
Catherine, combattuta tra due uomini, due nemesi?
C'era
Steve, senza il quale non sarebbe riuscita a immaginare la sua vita.
Era semplicemente un limite oltre il quale la sua mente non riusciva
ad andare. Scomparso lui era certa che sarebbe scomparsa anche lei.
E
poi c'era Loki, l'altra faccia della medaglia.
Heartcliff
e Linton, la stessa storia. L'unico problema era che non sapeva
proprio chi fosse l'uno e l'altro; inoltre sperava che il finale
fosse un po' diverso.
Con
un gemito frustrato e la solita sensazione di panico svoltò verso il
laboratorio. Quando era agitata o nervosa quel luogo la calmava. La
scienza, con i suoi principi e le sue solide basi, le trasmetteva
sicurezza e pace.
Continua
|
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Capitolo 5 *** E' come scegliere tra l'Inferno appassionato e il Paradiso più dolce ***
Lila/Loki cap. 5
Buongiorno!
Di
ritorno dalla verifica di filosofia e da un pasto un po' misero
–
maledetta dieta!- pubblico questo nuovo capitolo.
Vorrei
ringraziarvi per il vostro sostegno: non ho ancora deciso cosa fare,
ma nel frattempo io aggiorno e poi si vedrà.
Comunque,
il banner qui sotto è opera, ovviamente, di Lights che, come
sempre,
crea immagini meravigliose.
Detto
ciò, vi lascio. Fisica mi aspetta e io non sono Lila,
perciò mi
servirà un po' per venirne a capo.
Buona
lettura^^
Come al solito, vi
lascio il link del seguito alternativo.
A
metà tra cielo e terra-Capitolo 4
Capitolo
V
E' come
scegliere tra Inferno appassionato e Paradiso più dolce
Sul
campo di battaglia, a tutti sembrava di vivere un curioso deja-vu.
L'esercito
aveva combattuto a lungo e senza risparmiarsi. Steve esibiva vari
tagli sul viso, ma anche gli altri non potevano certo vantare di
essere in condizioni molto migliori delle sue.
C'era
qualcosa di inspiegabile nell'atteggiamento di quei mostri –
perché
erano tutti unanimi nel considerare che non fossero semplici umani-,
ma gli sfuggiva cosa fosse quel qualcosa.
Steve
era sicuro che Lila l'avrebbe compreso, complice il suo istinto e il
suo genio, ma non poteva negare che fosse contento di non averla
lì.
“Si
stanno ritirando... di nuovo” notò con disappunto
Tony. Era
strano: perché farlo quando non erano in svantaggio?
“Perché?”
domandò Natasha. Nessuno seppe risponderle, nemmeno la mente
geniale
di Tony Stark.
“Lils
saprebbe intuirlo” buttò lì lo stesso
Stark. Percepiva che c'era
qualcosa che non avevano compreso, qualcosa che sembrava semplice ma
che sfuggiva dalle loro dita come granelli di sabbia senza che ne
comprendessero la natura.
“Ma
Lils non c'è, giusto?” ribatté Steve.
“Grazie
per l'appunto, Capitan Ovvio” lo prese in giro Tony, ma era
più
che altro un modo per sfogare la tensione. Non era abituato a non
comprendere e il non riuscirci lo frustrava.
“Quale
potrebbe essere il loro scopo?” domandò Thor e la
mente di Tony
tornò a lavorare a pieno regime. Anche Bruce, tornato alle
sue
sembianze naturali, mise in moto i neuroni. Se avessero saputo
qualcosa del loro nemico, forse avrebbero capito cosa stava
succedendo, ma la verità era che brancolavano nel buio
più totale.
“Dovremmo
chiederci soprattutto chi c'è dietro a tutto
questo” fece notare
Natasha e gli sguardi si spostarono su Loki.
“Tu
ne sai qualcosa?” gli domandò Clint senza
gentilezza. Non aveva
ancora dimenticato lo scherzetto che il dio gli aveva tirato qualche
mese prima e forse mai lo avrebbe fatto.
“Pensavo
che fosse tutta opera di Thanos per avere il Tesseract, ma ora credo
che non abbia niente a che fare con questa storia” gli
rispose il
dio degli inganni con supponenza, come se stesse spiegando
un'ovvietà
a un bambino poco sveglio.
“E'
possibile che questi attacchi siano un modo per valutarci?”
esordì
Tony, interrompendo le occhiate ostili di Hawkeye, improvvisamente
memore della sensazione di Lila.
Il
giorno prima nessuna l'aveva presa in seria considerazione, neanche
lui. Solo in quel momento si rendeva conto di quanto fosse stato
sciocco sottovalutarla.
Non
perché lei fosse Lila e tutto ciò che usciva
dalle sue labbra era
ora colato, no. Semplicemente perché era una
possibilità da
prendere in considerazione, una mossa intelligente che un buon
giocatore avrebbe fatto.
“Cosa
te lo fa pensare?” gli domandò Natasha.
“Vi
ricordate la sensazione di Lila? Ieri nessuno le ha creduto quando ha
detto che qualcuno ci stava osservando, ma se la bimba avesse
ragione? Se ci fosse stato davvero qualcuno a
valutare le
nostre forze?”
“La
conoscenza rende potenti” recitò Steve, ricordando
una frase di
Lila.
Bruce
soppesò la possibilità e si trovò a
pensare che in effetti era
perfettamente logico. Quale mezzo migliore per sconfiggere i propri
avversari che conoscere le loro debolezze?
Cadde
il silenzio. Ognuno era immerso nelle proprie preoccupazioni e nei
propri pensieri. Steve non riusciva a fare altro che darsi dello
sciocco per non aver dato fiducia a Lila, per non averle creduto.
Più
di una volta gli aveva dimostrato che il suo istinto raramente
sbagliava, eppure lui continuava a dubitare. Cosa gli serviva d'altro
per capire e fidarsi?
“Secondo
voi questo ha qualche connessione con il sogno di Lils?”
domandò
improvvisamente, colto da illuminazione.
“Potrebbe”
ammise Loki. Aveva già letto e sentito parlare del fatto che
a volte
gli abitanti di Midgard vedevano proiettate in sogno paure e angosce,
mentre in altre occasioni -e con soggetti particolarmente sensibili-
la loro mente riusciva addirittura a sognare cose che non avevano
ancora visto.
“Se
così fosse, vorrebbe forse dire che Lila ha una
sensibilità fuori
dal comune?” domandò Steve, ma Loki scosse il capo.
“Non
è solo questione di sensibilità. E' tutto nella
testa di Lila. Lei
lo chiama istinto, ma non è solo quello” gli
spiegò per poi
iniziare a meditare ad alta voce, come se avesse dimenticato la
domanda che Capitan America gli aveva rivolto.
“Ci
stai dicendo che abbiamo una sorta di veggente tra noi e non ce ne
siamo mai accorti?”
“Non
ho detto che è una veggente, non
è questo. E' solo che la
sua mente è lo strumento più potente che abbia
visto da un po'”
si difese Loki. Non credeva che Lila avesse il potere di prevedere il
futuro, ma era indubbio che avesse un intuito fuori dal comune.
Cadde
di nuovo il silenzio, interrotto dopo poco da Tony. Steve seppe che
avrebbe detto qualcosa di particolarmente beffardo quando vide il
ghigno che si era aperto sul suo viso.
“Chissà
come se la cava la fata Morgana con la lotteria” si
domandò e
tutti risero, persino Loki che abbozzò un mezzo sorriso.
Intanto
il velivolo sorvolava l'oceano, diretto alla base.
*
Steve
pareva impaziente di vedere il portellone aprirsi durante tutte le
manovre di atterraggio e un osservatore attento avrebbe potuto notare
un temperamento simile in Loki.
Entrambi
spasimavano -anche se Loki non lo avrebbe mai ammesso- dal desiderio
di vedere Lila, anche per frenare quel senso di angoscia che gli
opprimeva le viscere.
Le
aspettative di tutti non vennero deluse e quando scesero trovarono
una familiare chioma castana, un sorriso da farfalle allo stomaco e
profondi occhi azzurri. Accanto a lei c'era Fury, ma Steve non vi
badò.
Colmò
la distanza che lo separava da Lila con poche falcate e la strinse a
sé. Chiuse gli occhi e si beò del suo profumo,
così conturbante e
dolce.
Lila
lo strinse a sé, sollevata di vederlo sano e salvo e il
senso di
colpa che le strinse lo stomaco in una morsa.
Una
vocina nella sua testa le disse che era una persona davvero pessima:
avrebbe dovuto confessare tutto a Steve, dirgli che tuttavia lo amava
e non voleva altro che lui.
Era
la cosa giusta da fare, eppure Lila sapeva di non poterlo fare, a
prescindere da quanto lo desiderasse.
Dirgli
che andava tutto bene, che Loki non significava niente per lei...
sarebbero state tutte bugie.
Cosa
fare?
Spostò
gli occhi verso un'altra direzione, ma nel farlo incontro la figura
di Loki. Il suo cuore prese a battere all'impazzata e non
poté
trattenersi dal provare sollievo nel vederlo lì.
Ad
onor del vero, dovette ammettere con se stessa che non era solo
sollievo. Anzi, sentì l'insano desiderio di avvicinarsi e
stringerlo
come stava facendo con Steve.
Lasciò
andare l'uomo e gli rivolse un sorriso.
“Come
è andata?” domandò mentre si avviava
tutti verso la sala delle
riunioni. Quando si furono accomodati tirarono un sospiro di sollievo
e Lila sorrise con dolcezza: dovevano essere molto stanchi.
“Li
abbiamo ricacciati indietro, ovviamente” le rispose Tony con
un
sorrisetto divertito e Lila alzò gli occhi al cielo
sbuffando
qualcosa che somigliava a “sbruffone”.
“Lila”
la chiamò Bruce e lei si volse verso di lui “Ci
puoi spiegare che
tipo di sensazione hai provato ieri?”
“Non
era una sensazione. Ora come ora è diventata una certezza:
c'era
qualcuno che ci stava valutando e se voi non volete
crederci...”
lasciò la frase in sospeso.
“Noi
ti crediamo” la tranquillizzò Thor prima di
continuare “Secondo
Loki potresti avere una specie di senso extra, giusto?”
chiese
conferma al fratello.
Lila
aveva paura a voltarsi verso di lui, ma alla fine cedette e ne
incontrò lo sguardo. Erano sempre stati così
verdi i suoi occhi?
“Più
o meno. Non ho mai visto nessuno con una sensibilità tanto
spiccata”
considerò.
“Quindi
cosa sono? Una sorta di Sibilla cumana?”
Loki
abbozzò una sorriso sghembo “No, solo un'umana
molto sensibile”
“E
con una mente portentosa” completò Tony mentre si
versava una
tazza di caffè.
“E'
anche per questo che sono qui, vero?” si voltò
verso Clint, che
forse era l'unica persona a poterle rispondere in quel momento e lo
vide annuire.
“Sì,
anche”
“Ma come facevate voi a saperlo? Non ne ero a
conoscenza neanche io!”
“Lo
S.H.I.E.L.D ti ha osservata per un po'. All'inizio ti avevano
convocata solo per la tua intelligenza, ma mentre eri qui Fury si
è
accorto che c'era qualcosa altro a renderti speciale. Ovviamente non
c'era certezze riguardo questo tuo talento, se così vuoi
chiamarlo,
ma c'erano discrete possibilità che ti dimostrassi fuori dal
comune
e non solo per la tua intelligenza” le disse e Lila
rabbrividì,
mentre pensava che fosse il discorso più lungo che avesse
mai
sentito fare all'agente Barton. Cosa doveva fare? Sapere che qualcuno
l'aveva spiata, chissà per quanto tempo, senza che se ne
accorgesse
era una sensazione da brividi sulla pelle.
Avrebbe
voluto ribattere, ma scorse con la coda dell'occhio Natasha che si
massaggiava una spalla e Tony che sbadigliava.
Che
stupida: lei era rimasta tutto il giorno a poltrire, ma solo avevano
combattuto e dovevano essere a pezzi.
Assunse
il suo miglior cipiglio da madre, lo stesso che esibiva con Simon
quando doveva fargli fare qualcosa.
“Non
è il momento di continuare questa conversazione. Andate a
riposarvi
fino all'ora di cena” e fece loro cenno di andare.
Nessuno
se lo fece ripetere due volte e si dileguarono.
“Vieni?”
le domandò Steve. Lila temeva di restare da sola con lui
perché
sapeva che sarebbe arrivato il momento di confessare la sua colpa.
Forse
Steve glielo lesse negli occhi perché per un attimo il suo
sorriso
vacillò e Lila impallidì.
“Ti
raggiungo tra poco”
L'uomo
annuì e se ne andò senza aggiungere altro,
neanche un sorriso.
Rimasta
sola, Lila si voltò e si rese conto di aver dimenticato
qualcosa. O
meglio, qualcuno.
Loki
era ancora lì e le rivolgeva un sorrisetto divertito, come
se
vederla in difficoltà lo rendesse felice.
Lila
sospirò e si avvicinò. Avrebbe voluto rimandare
anche quella
conversazione, ma doveva almeno mettere in chiaro una cosa.
Poi
si sarebbe presa il suo tempo, ma c'era un'unica considerazione da
fare, una comunicazione da trasmettere.
“Mi
chiedevo” la precedette il dio “come
reagirà il tuo bel capitano
quando saprà cosa è accaduto”
“Non
gli dirai niente, Loki” gli intimò.
“Perché?
Vuoi negare che ci sia qualcosa tra noi, principessa?”
“Glielo
dirò io, quando sarà il momento”
rispose lei, eludendo la seconda
parte della domanda.
“E
cioè quando?” gli occhi verdi di Loki sprizzarono
scintille e si
avvicinò mentre Lila retrocedeva. Non era di Loki che aveva
paura,
ma non si fidava del proprio corpo: aveva già dimostrato di
non
riuscire a controllarsi in sua presenza.
“Non
lo so” dovette ammettere. Non era del tutto vero: si
conosceva e
sapeva che non sarebbe riuscita a tenere quel segreto
con
Steve.
Come
avrebbe fatto a guardare in quegli occhi così limpidi e a
dirgli che
lo amava con quel peso sullo stomaco?
No,
non poteva fargli questo. Se c'era una cosa che Steve non si
meritava, oltre al tradimento, era di essere anche ingannato.
“Potrei
farlo io. Immagino sarebbe divertente vedere la sua espressione nel
sapere che la sua dolce amata lo ha tradito”
Un
violento senso di nausea la sopraffece quando si rese conto che non
era una termine sbagliato: lei aveva tradito Steve.
Provò
il forte desiderio di piangere, ma trovò la forza di reagire
e di
accantonare quell'agghiacciante pensiero per il tempo di quella
schermaglia.
“Non
lo farai. Non mi ferirai a tal punto” sussurrò
inchiodandolo con
gli occhi chiari.
“Perché
non dovrei? Se servirà ad ottenere il mio scopo...”
A
quel punto Lila si rese conto che c'era un solo modo per fermarlo
quando bastava perché fosse lei a risolvere quella
situazione.
Una
parte di lei avrebbe voluto togliersi quel peso, scaricandolo sulle
spalle di Loki, ma poi si malediceva per quei pensieri: doveva essere
lei e nessun altro a parlare a Steve.
“Ora
come ora sarebbe stupido negare che io provi qualcosa per te”
ammise stancamente “ma non per questo te.
Tu sei migliore di
così, io lo so. Forse neanche tu ci credi, ma sono sicura
che tu
possa esserlo”
Loki
rimase in silenzio, ma alla fine decise di cambiare argomento.
“Cosa
farai ora? Tornerai da lui e magari cercherai di sopprimere quello
che provi?” la prese in giro, ma sotto l'atteggiamento
beffardo
sentiva il cuore sanguinare.
Lila
non lo avrebbe mai scelto, non gli avrebbe mai concesso neanche una
possibilità. Avrebbe voluto urlarle di concedergliene una,
anche
piccola e insignificante. Non essere preferito a qualcun altro... era
la storia della sua vita.
“No.
Parlerò con Steve e poi... non lo so, ma potrebbe essere lui
a
lasciarmi” chiarì con un sorriso così
amaro che Loki provò il
desiderio di baciare di nuovo quelle labbra fino a cancellare
quell'espressione così affranta.
Loki
annuì e Lila considerò chiusa la conversazione,
anche perché non
credeva di poter reggere oltre.
Se
Loki aveva sentito il suo cuore sanguinare, Lila era sicura che il
suo stesse lentamente andando in frantumi, ma non si sarebbe lasciata
abbattere da quella sensazione, anche perché era certa che
il peggio
dovesse ancora venire.
Per
un attimo desiderò che Loki non fosse mai entrato nella sua
vita e
lo bramò con tanta intensità da alzare lo sguardo
verso di lui e
dirglielo.
“A
volte vorrei che non fossi entrato nella mia vita” erano
parole
pesanti come macigni, ma non c'era cattiveria in loro. Solo una
disarmante sincerità.
Loki
nascose dietro un sogghigno quanto quella frase lo avesse ferito, ma
non disse niente perché era certo che avrebbe continuato.
E
infatti non lo deluse.
Lila
si avvicinò e alzò gli occhi su di lui. Gli
puntò addosso due
iridi chiare, azzurre come i fiumi e il cielo di Asgard.
“Ma
ora che ci sei dentro non posso immaginarla senza di te”
finì e
Loki sorrise.
Non
il solito ghigno beffardo, ma un sorriso sincero che portò
Lila ad
arricciare appena le labbra a sua volta.
“Ora
devo proprio andare”
“Ci
vediamo dopo, principessa”
Lila
annuì, troppo spossata per dire altro. Si sentiva senza
forze e
stanca come se avesse combattuto con loro, ma c'era ancora una cosa
che doveva fare, forse la peggiore: parlare con Steve.
*
Quando
entrò nella stanza Lila trovò Steve seduto sul
letto ad attenderla.
Non si era ancora cambiato e aveva addosso un'espressione
così seria
da farle capire che aveva intuito qualcosa.
Ma
d'altronde non la sorprese. Lei poteva anche avere quel senso extra
super sviluppato, ma lui era Steve e la conosceva come nessun altro.
Forse
persino meglio di quanto lei conoscesse se stessa e questo la diceva
molto lunga.
Rimasero
in silenzio per alcuni minuti.
Lila
voleva godere di quegli ultimi minuti di pace, una situazione
così
statica da essere irreale. Ed era così: era la calma prima
delle
tempesta.
Steve,
dal canto suo, aveva capito che c'era qualcosa che turbava
profondamente Lila e lo aveva intuito guardando la sua espressione
sconfortata e colpevole, la stessa di un bambino che ha fatto
qualcosa che non doveva.
Dal
canto suo Lila sapeva che era arrivato il momento di prendersi le
proprie responsabilità: era sempre stata una ragazza
coraggiosa, di
quelle che non si fanno troppi problemi a perseguire i propri
obbiettivi, anche a costo di ferire qualcuno.
Ma
qui si trattava di Steve e la sola idea di fargli del male le pareva
un abominio.
Si
disse che non era una persona cattiva: lei non voleva Loki e Steve ai
suoi piedi, si trattava solo di capire di chi dei due non poteva fare
a meno e lasciare andare l'altro.
Facile
a dirsi, ma la sola idea di restare senza uno dei due le faceva
paura. Ed era certa che fosse un sentimento nato da motivi diversi,
da affetti diversi.
Doveva
essere
così. Il problema era
che le sembrava di amare entrambi con la stessa intensità,
anche se
in modi diversi, entrambi ugualmente impossibili da spiegare.
“Che
sta succedendo, Lils?”
La
voce di Steve la riscosse e seppe che era arrivato il momento di
parlare, ma non ebbe il coraggio di guardarlo negli occhi.
Glielo
devi, Lils, glielo devi, le
ricordò la sua coscienza e si obbligò ad alzare
lo sguardo da terra
per posarlo sull'uomo che, intanto, si era alzato e la fissava a sua
volta.
“Ho
baciato Loki”
A
quel punto provò diverse sensazione. Dapprima sollievo -quel
segreto
pesava come un macigno- ma poi vide l'espressione sul viso di Steve e
si sentì sprofondare di nuovo.
“Cosa
significa?” le domandò stupidamente e Lila
provò l'insano
desiderio di ribattere con una battuta.
“Significa
che le mie labbra hanno toccato le sue” istinto che,
malauguratamente, non riuscì a sopprimere.
E
allora Steve fece qualcosa che Lila non si sarebbe mai aspettata. O
forse sì, anche se sperava in un'altra reazione.
Si
lasciò cadere sul letto e si passò una mano sul
viso.
“Sapevo
che prima o poi sarebbe successo. C'era qualcosa che non andava tra
noi, Lils? C'è qualcosa che non va?”
“Non
c'è niente che non vada, Steve. E' successo e
basta”
“Provi
qualcosa per lui?”
“Vuoi
la verità o la comoda bugia?”
“La verità, Lils, sempre”
“Sì,
provo qualcosa per lui. E vorrei dirti che non è niente, ma
mentirei
e ho promesso di essere sincera con te. Ti avevo detto che volevo
aiutarlo per Thor, ma credo che fosse anche per me, anche se non ero
ancora pronta ad ammetterlo”
“Va
bene” ammise stancamente alzando finalmente lo sguardo. Lila
avrebbe voluto che la aggredisse a parole, che le urlasse contro
perché sarebbe stato più facile trovare il
coraggio di cui aveva
bisogno.
Se
l'avesse aggredita avrebbe potuto reagire, in qualche modo, e per un
po' il dolore sarebbe stato assopito dalla rabbia.
Verso
Steve, verso Loki, verso se stessa... non le importava, voleva solo
trovare qualcosa che le annebbiasse i sensi per un po'.
“Io
ti amo” iniziò Steve “e probabilmente lo
farò per sempre, ma
non posso stare con te”
Lila
chiuse gli occhi. Si disse che non avrebbe pianto, che sarebbe stata
forte, ma sentì lo stesso le lacrime scivolarle lungo le
guance,
fedifraghe e traditrici.
“Non
finché non farai la tua scelta. Lo capisci?”
Lila non riuscì a
parlare, ma annuì semplicemente. In quel momento sentiva di
non
essere lei, come d'altronde si rendeva conto di non essere stata
sé
stessa in quei giorni.
Lila
Cassandra Charmichael era una ragazza forte, decisa, non una mocciosa
piagnucolante. E quando era finita in quel triangolo di pessimo
gusto? Dov'era
andata la vecchia Lila, giusta, incorruttibile, sicura di sé?
Si
odiò per la propria debolezza e avrebbe voluto gridare al
mondo
tutto il suo disgusto.
“Non
posso stare senza di te” gli ricordò, in un ultimo
tentativo di
trattenerlo a sé. Si asciugò le lacrime e
alzò gli occhi su di
lui.
“E
Loki? Non puoi stare neanche senza di lui?” le
domandò Steve.
Strinse
le labbra “Loki è importante, non lo nego. Hai
ragione” dovette
convenire alla fine.
Benché
l'avesse portata lui a dire quelle parole e benché fosse
consapevole
dei sentimenti di Lila, sentirla pronunciare quella frase lo
ferì
così a fondo che dubitava che quella ferita si sarebbe mai
rimarginata.
“Prenditi
tutto il tempo che hai bisogno, Lils, ma scegli”
La
ragazza annuì, incapace di dire altro e chiuse gli occhi
quando
Steve le posò un bacio sulla fronte, scostando i capelli.
Quando
se ne andò rimase ancora un momento così, con le
palpebre chiuse e
mordendosi le labbra.
Quello
sarebbe stato l'ultimo momento di debolezza.
Da
quel momento in poi sarebbe tornata la vecchia Lila: forte e decisa.
Avrebbe fatto la sua scelta e sarebbe stata per sempre, ma non ci
sarebbero stati drammi.
Non
avrebbe permesso a niente e nessuno di rovinare la magica
complicità
che si era instaurata tra tutti loro.
Continua
|
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Capitolo 6 *** Si fan cose folli quando si ama ***
Lila/Loki 6
Buongiorno!
Lo
so, sono in ritardo, ma ho una buona motivazione.
Perciò
vi prego, rimette a posto katane e spade e datemi il tempo di
spiegare.
Allora,
la storia ha subito una modifica rispetto a come l'avevo pensato
prima di pubblicarla e perciò sto modificando capitolo per
capitolo.
Purtroppo,
questo richiedeva modifiche molto sostanziali e piuttosto estese
perciò ci è voluto un po' per decidere come e
dove intervenire.
Vi
lascio alla lettura, sperando di non aver fatto danni.
A metà strada tra il cielo e la terra-Capitolo 5
Capitolo
VI
Si
fan cose folli quando si ama
La
mattina dopo Lila si svegliò presto, troppo per i suoi
gusti. Quando
vide l'ora sulla sveglia decise che poteva permettersi di tornare a
dormire.
Si
rigirò nel letto per svariati minuti prima di desistere e di
alzarsi. Era tornata a dormire nella stanza che era stata sua prima
che si trasferisse a dormire in quella di Steve.
Non
era più abituata a riposare sola e sentire il freddo
dell'altro lato
del materasso né ad avvertire sotto le dita la consistenza
delle
lenzuola invece che quella di un corpo caldo.
Preferì
allontanarsi dal giaciglio piuttosto che tentare di procurarsi un
calore che intanto non avrebbe trovato lì, sola.
Indugiò
più a lungo del solito sotto la doccia e si
dedicò con cura a
scegliere i vestiti e pettinarsi. La routine quotidiana aveva sempre
avuto un potente effetto calmante su di lei e quel giorno aveva
decisamente bisogno di rilassarsi.
In
particolare, spazzolarsi i capelli e districarne i nodi con le dita
era un efficace deterrente per la tensione.
Forse,
a livello inconscio, tutti quei procedimenti erano solo un modo per
ritardare l'inevitabile. Lo stomaco le si annodò e le
passò
qualunque appetito, così decise di andare direttamente in
laboratorio.
Di
solito la scienza le trasmetteva pace e sicurezza, con tutte le sue
solide basi e i suoi principi. Quello era un ambito che non le
avrebbe mai presentato sorprese indesiderate, considerò con
un
sospiro di sollievo.
Era
presto e sicuramente stavano ancora tutti dormendo, così
iniziò a
trafficare con le attrezzature.
Durante
la sua notte tormentata aveva avuto una mezza idea. O meglio,
più
che un'idea era un'intuizione.
Loki
aveva detto che forse c'era Thanos dietro tutta la vicenda, ma oramai
era chiaro che chiunque fosse il loro nemico, non era certo chi si
aspettavano. Nelle lunghe ore insonni di quella notte, Lila aveva
compreso che era importante mettere fine a quel gioco
-perché per
lui, chiunque fosse, era sicuramente quello-
presto, prima che
l'attesa e l'ignoranza logorasse i loro nervi.
Era
ragionevole pensare che volesse il Tesseract: dopotutto, quale super
cattivo non avrebbe desiderato possedere una fonte di energia
inesauribile e potentissima, oltre che un portale per mondi
sconosciuti?
E
allora perché non darglielo?, si chiese.
L'idea
le era balenata nella mente per caso e quasi le era venuto da ridere.
All'inizio aveva pensato di essere impazzita, ma poi si era
soffermata a considerare meglio l'opzione e l'aveva trovata folle,
assurda e quasi suicida.
Perciò
era sicura che potesse funzionare.
Creare
un oggetto simile al Tesseract, una fonte di energia che attirasse il
loro nemico proprio nella trappola.
Avrebbe
dovuto creare il cubo e trovare il modo di alimentarlo, in qualche
modo, con raggi gamma o qualcosa di simile.
Non
sarebbe stato facile, ma su quel elivelivolo c'erano tre geni: se
c'era qualcuno che poteva farlo, erano proprio loro.
Iniziò
ad armeggiare alla ricerca delle resine necessarie per creare il
contenitore, ma un rumore alle sue spalle la fece sobbalzare e la
costrinse a voltarsi di scatto impugnando un bastoncino elettrico
come arma.
“Stai
cercando di minacciarmi?” le domandò Loki alzando
un sopracciglio,
scettico.
“Sei
impazzito? Oh, scusa, domanda infelice: tu sei già
pazzo”
ringhiò la ragazza.
“Oh,
questo era un colpo basso”
“Mi
hai spaventata” si giustificò lei e Loki le
rivolse un sorriso
poco rassicurante.
Si
chiese cosa di un essere così beffardo, folle e,
perché no, crudele
potesse piacerle tanto da mettere in crisi il suo rapporto con Steve,
ma poi si disse che era una domanda stupida.
Loki
le piaceva perché non era solo tutte quelle cose. O almeno,
lei ne
vedeva molte altre che non avrebbe potuto descrivere a parole.
Sapeva
solo che quegli occhi verdi le accendevano qualcosa dentro che la
turbava per la sua intensità.
Un
quid che mancava di un nome e che pure era tanto
intenso e
caldo da farle desiderare di abbandonarsi ad esso.
“Principessa?”
la chiamò e Lila si riscosse.
“Ho
parlato con Steve” iniziò lei “ora sa
del bacio” specificò
poi.
“Sei
stata veloce” Loki non poté trattenere un sorriso
e a Lila pianse
il cuore nel vederlo così speranzoso, così umano.
Le
pianse il cuore perché per un attimo non desiderò
altro che farsi
stringere da quelle braccia.
“E'
complicato” continuò imperterrita, fingendo di non
aver sentito le
sue parole, prima di alzare di nuovo lo sguardo su di lui
“Non so
cosa fare”
“Provi
qualcosa per me, Lila?”
“Mi
pareva di avertelo già detto. Dov'è finito tutto
il tuo acume, dio
degli Inganni?” lo prese in giro lei per alleggerire la
tensione.
“Ma
non hai intenzione di lasciare Steve” constatò
Loki, ma Lila lo
stupì.
“E'
già successo, ma non mi prenderò il merito di
questa decisione: è
stato lui”
“E
questo cosa significherà per noi?” le
chiese, cominciando a
scaldarsi. Cos'era lui, una sorta di ripiego?
La
spalla a cui appoggiarsi ora che Steve l'aveva piantata in asso? Se
era quella la condizione per starle accanto non era sicuro di poterlo
fare.
Forse
Lila comprese cosa gli passava per la testa perché fece un
passo
avanti e gli prese una mano, intrecciando le dita con le sue.
“Non
sei un rimpiazzo, Loki. Ma devo fare una scelta e Steve ha voluto
darmi lo spazio di cui ho bisogno”
“Mi stai chiedendo del
tempo da sola per pensare?” le chiese. Non riusciva a
scherzare
come aveva fatto prima con lei così vicina e le sue dita
calde a
contatto con le proprie.
“Ti
sto chiedendo spazio per pensare, per prendere la decisione giusta e
definitiva, ma non voglio che stiate lontani. La solitudine non mi
piace, Loki, e non sono abbastanza altruista da tenervi lontani da
me”
Loki
annuì. Ecco, ora avrebbe voluto baciarla, ma era certo che
Lila lo
avrebbe allontanato così, per evitare la sofferenza di un
rifiuto,
districò le dita da quelle di lei e si allontanò.
Pensava
che lei lo avrebbe lasciato andare, ma si sentì trattenere
dalla
mano di Lila e in un attimo lo stava stringendo a sé,
abbracciata a
lui e con la testa appoggiata alla sua schiena.
“Non
ti chiedo di cambiare per me, ma voglio l'uomo migliore perché
so che ce n'è uno dentro di te”
sussurrò.
Non
seppe dire cosa glielo fece cogliere, ma avvertì dietro
quelle
parole, proferite con semplicità, un dolore gigantesco.
In
un attimo Loki comprese quanto grande fosse la scelta che le
chiedevano di fare e, di conseguenza, quanto smisurato fosse il suo
amore per loro.
Aveva
sempre visto in Lila una donna impiegabile, astuta e non si era mai
avveduto del fatto che si era piegata tanto tempo addietro alla forza
dei propri sentimenti.
Forse
Lila era anche astuta e calcolatrice, ma era prima
di tutto
una donna appassionata, capace di passioni così forti da
piegare
persino lei.
Come
aveva fatto a non capirlo prima?
Alla
luce di questa considerazione Loki preferì tacere la
risposta
beffarda che gli era salita alle labbra e si lasciò
stringere,
comprendendo quanto lo avesse sempre desiderato.
“Mi
stai concedendo una possibilità?”
chiarì Loki.
“Te
ne concedo un'altra” sottolineò lei che, di
possibilità, a Loki
ne aveva concesse più di quanto non avessero fatto gli altri.
Abbandonò
la presa e si separò da Loki mentre questi si girava con
un'espressione scontenta.
Forse
il dio si aspettava che dicesse ancora qualcosa, magari di
tendenzialmente romantico e smielato, ma Lila lo sorprese mulinando i
capelli e rivolgendogli un sorrisetto.
“Ora
io devo lavorare, perciò hai due opzioni: o sgombri il campo
o resti
qui e mi dai una mano”
“E
come pensi che possa aiutarti, principessa?”
“Puoi
passarmi quello di cui ho bisogno” ribatté
candidamente lei.
“Dimmi
un po', mi hai scambiato per un maggiordomo?”
“Certo
che no!” si indignò lei “un maggiordomo
non lavora certo in un
laboratorio” rispose come se fosse un'ovvietà.
Loki
sospirò e scosse la testa, ma non poté trattenere
un sorriso
divertito. Decise di lasciar perdere i libri nella sua stanza, visto
che gli si offriva l'opportunità di passare del tempo con
Lila e si
accomodò su uno sgabello, dall'altra parte del piano dove
Lila
lavorava.
La
vide armeggiare in un armadio alla ricerca di chissà cosa e
sbuffare
contrariata qualcosa come “non c'è mai
quello che serve”
“Cosa
cerchi?” le domandò.
“Resine”
“Che?”
“Lascia
perdere. Devo creare una copia del Tesseract”
“E a cosa ti
servirà? Lo vuoi tenere da soprammobile, per caso?”
“Spiritoso.
No, voglio vedere se la mia idea funziona. E se lo farà
avrete un
motivo in più per chiamarmi genio, dopo aver battuto il
nostro
nemico”
“Non
dovremmo tentare di capire prima chi sia, questa persona?” le
ricordò con una certa nota ironica che fece sì
che Lila ignorasse
completamente la domanda.
Allora
Loki la guardò con fare interrogativo, chiedendosi cosa
volesse
fare. Conoscendo Lila, era certo che fosse qualcosa di assolutamente
folle e spregiudicato. Ma, sempre sapendo con chi aveva a che fare,
era quasi certo che avrebbe potuto funzionare.
Non
indagò oltre, concentrato ad osservare come Lila si muovesse
tra
tutti quegli aggeggi a lui sconosciuti.
Loki
si appoggiò al piano e iniziò a guardarla con
attenzione. Non si
era mai accorto dei piccoli gesti che Lila compiva inconsapevolmente.
Quando
era concentrata aggrottava le sopracciglia, si mordicchiava il labbro
inferiore e si scostava continuamente i capelli dal volto.
“Se
continuerai a fissarla così la consumerai” fece
notare la voce
beffarda di Tony.
Fece
il suo ingresso in laboratorio insieme a Bruce, ma Lila non si dette
la pena di rispondere né di alzare lo sguardo dal lavoro di
taglio
che stava facendo.
“Che
fai, Lils?” si intromise Bruce, impedendo a Loki di ribattere
in
qualunque modo.
“Sto
creando una copia del Tesseract” li informò lei,
ma prevenne le
altre domande continuando a spiegare “La useremo come esca
per il
nostro caro avversario”
“E tu lo sai perché sei la nostra
sibilla cumana, giusto?” la sbeffeggiò Tony che,
come al solito,
non sapeva tenere per sé la sua ironia. “Mettiamola così” lo
prese in giro Lila “non credo che sia qui perché
adora il modo in
cui facciamo il caffè, ecco”
“La
bimba fa del sarcasmo” berciò Tony guardando Bruce
con
un'espressione quasi orgogliosa “Ha avuto un grande
maestro”
"Da
che ricordi io” si intromise proprio Banner “non ha
mai avuto
bisogno di un maestro”
“Guastafeste”
si imbronciò Tony, ma Lila li richiamò subito
all'ordine.
“Avete
intenzione di stare lì a cincischiare o pensare di darmi una
mano?”
Li
mise al lavoro entrambi, riprendendoli quando si distraevano -ossia
quando Tony lo faceva- e ridacchiando di quando in quando con loro.
Persino
Loki si lasciò carpire da quell'atmosfera di allegra
confidenza,
tanto che si ritrovò a sorridere con loro.
Poi
comparvero Thor e Steve e Lila tacque improvvisamente, incupendosi.
Tutti si resero conto che qualcosa era cambiato nell'aria
perché i
loro sguardi corsero tra Steve e Lila, entrambi taciturni e
chiaramente scontenti.
In
particolare Capitan America sembrava triste e abbattuto, mentre Lila
aveva la classica espressione del bimbo che viene beccato con le mani
nella marmellata.
“Problemi
in paradiso?” domandò Tony, ma nessuno dei due si
prese la briga
di rispondergli. Lila alzò lo sguardo e incontrò
gli occhi di
Steve.
Così
azzurri, così intensi da farle mancare il fiato e
provò una
dolorosa stretta allo stomaco nel pensare di averlo ferito.
Avrebbe
voluto correre tra le sue braccia e urlargli che lo amava, ma sapeva
di non poterlo fare perché non avrebbe potuto dargli la
garanzia che
Loki non era niente più di un amico per lei.
Così
si limitò a rivolgergli un mesto sorriso, prima di
riprendere a
lavorare. Doveva comportarsi come avrebbe fatto sempre, dopotutto non
era cambiato nulla.
Cuori
a pezzi e drammi amorosi a parte, ovviamente.
“Cosa
fai?” le chiese Steve avvicinandosi.
Prima
che Lila potesse rispondere intervenne Tony “Stiamo
costruendo una
copia del Tesseract da usare come esca per il simpaticone che ha
deciso di attaccare la Terra, cosa che succederà sicuramente
seconda
la nostra Pizia”
“Punto uno” scattò Lila “la
pizia era
invasata da un dio, quindi no, non mi rispecchio molto in lei. Punto
due, se è un'idea così stupida nessuno vi obbliga
a darmi una mano.
Me la cavo da sola, grazie!” e detto ciò strappo
dalle mani di
Tony la resina che aveva preso e iniziò a scaldarla per
renderla più
duttile.
“La
bimba si è arrabbiata” notò Clint,
giunto con Natasha in tempo
per sentire la sua sfuriata.
Lila
dovette far ricorso a tutta la sua pazienza per non urlargli contro,
ma decise che non era il momento adatto. Prima o poi avrebbero fatto
allenamento in palestra e allora sì che avrebbe potuto
rendergli pan
per focaccia.
Però,
a ben vedere, qualcosa poteva già dirlo adesso.
Aprì
la bocca, pronta a uscirsene con una qualche cattiveria, ma venne
interrotta dall'entrata di un Fury piuttosto cupo.
“Mi
faccia indovinare: un altro attacco alieno?” gli chiese Clint
con
l'aria di chi la sa lunga.
L'uomo
annuì e l'alone nero che gli gravitava intorno, chiaro segno
del suo
pessimo umore, sembrò aumentare.
“Dove
dobbiamo andare?” domandò Natasha.
“Seattle”
Bastò
quello per farli scattare verso la porta e dirigersi verso la sala
delle armi.
“Non
ci sono possibilità che tu resti di nuovo qui,
vero?” domandò
Steve guardando Lila.
La
ragazza scoppiò a ridere e mulinò la chioma
castana.
“Neanche
mezza” confermò.
“Lo
sospettavo”
*
Quel
giorno Lila si stava proprio divertendo.
Era
folle, assurdo e privo di senno, ma mentre menava le mani contro un
battaglione di uomini super dotati, riuscì finalmente a
sfogare un
po' della frustrazione e della rabbia che aveva represso.
A
dire il vero non sapeva neanche di averne così tanta in
corpo, ma
questo non era importante. L'unica cosa che contava era fare fuori
quanti più avversari poteva e sfogarsi.
Utile
e dilettevole, come si suol dire.
Si
accorse con rammarico di essersi liberata di tutto il gruppetto che
l'aveva accerchiata – e di averlo fatto senza l'aiuto di
nessuno,
cosa che la riempì di soddisfazione-, così volse
lo sguardo per
vedere se qualcuno avesse bisogno d'aiuto.
A
poca distanza da lei c'era Steve e sembrava cavarsela bene anche da
solo, tuttavia lei decise di intervenire perché si sa: due
è meglio
di uno.
E
poi voleva stargli accanto, in qualche modo. Anche se non poteva
stringerlo a sé come avrebbe voluto, non in quel momento
almeno,
combattere al suo fianco forse glielo avrebbe fatto sentire
più
vicino e avrebbe colmato un po' la distanza -abissale, come se tra
loro si fosse aperto un oceano- che sembrava dividerli.
Nessuno
poteva sapere quanto ne avesse bisogno.
“Bisogno
di una mano?” gongolò, conscia che no, non ne
aveva affatto
bisogno, ma che avrebbe comunque accettato il suo aiuto, troppo
gentiluomo per cacciarla.
Come
aveva previsto le rivolse un mezzo sorriso “Perché
no”
Schiena
contro schiena, Lila non si era mai sentita così al sicuro,
anche in
mezzo a una battaglia.
Era
così che doveva essere, si disse.
Loro
due che combattevano, insieme, per qualche nobile
causa,
coprendosi le spalle a vicenda. Mentre assestava un calcio ad un
mostro che stava per attaccare Steve si sentì al posto
giusto.
Non
nel mezzo nella mischia, ma accanto a lui.
Ma
allora se si sentiva così perché non riusciva a
scegliere lui?
Perché la sola idea di abbandonare Loki la faceva stare male?
Decise
che no, non era quello il momento adatto per pensare a certe cose,
così si concentrò su quello che stava facendo.
Era
una bella coppia, anche sul campo di battaglia, tanto che nel giro di
dieci minuti avevano sbaragliato tutto il gruppo.
Il
merito era per lo più di Steve, ma per una volta non le
importò. Si
fermarono a prendere fiato e si sorrisero.
“Non
ci avevo fatto caso, ma sei molto migliorata” le disse.
“Non
hai mai voluto vederlo, Steve: eri sempre troppo preoccupato di
ciò
che poteva accadermi per renderti conto che sono brava, davvero
brava”
Steve
fece un passo avanti e poi un altro ancora, fino a quando non fu a
pochi centimetri da lei. Si chinò sul suo viso e Lila si
ritrovò a
specchiarsi nelle sue iridi azzurre.
“Tu
sei brava in tutto quello che fai” soffiò sulle
sue labbra prima
di colmare la distanza che li separa con un bacio.
In
realtà, fu più che altro uno sfioramento di
labbra, ma Lila
rabbrividì per l'eccitazione.
Quando
Steve si allontanò -restando pur sempre troppo vicino per i
suoi
gusti- Lila dovette ripetersi tutti i motivi per cui no, non poteva
proprio saltargli addosso.
“Lo
stai facendo apposta?” gli domandò.
“Devo
convincerti a scegliere me, giusto? Bene. Userò tutte le
armi a mia
disposizione, anche se a sedurre sei sempre stata più
brava”
“Questo
lo dici tu” borbottò, stando tuttavia ben attenta
a non farsi
sentire. Obbiettivo in cui fallì miseramente
perché non solo Steve
la sentì, ma le rivolse un sorriso compiaciuto.
Forse
avrebbe anche detto qualcosa -davvero, doveva smettere di frequentare
Tony o avrebbe cominciato a ribattere allo stesso modo- ma un rumore
alla loro destra li costrinse a voltarsi.
“Loki!”
chiamò Thor e Lila vide il dio correre in direzione del
fratello,
pronto ad aiutarlo. Solo allora Lila si accorse di cosa stava
accadendo intorno a loro.
Non
si era resa conto della comparsa di un nuovo personaggio, ma era
evidenti che in quei pochi minuti erano accadute molte cose.
Quando
vide chi era, Lila impallidì.
Avrebbe
riconosciuto quei ghigno crudele dovunque e istintivamente si mosse
in avanti.
“Non
avvicinarti!” le intimò Steve, ma quando vide il
viso della
ragazza capì che non gli avrebbe dato ascolto: poteva essere
spaventata e terrorizzata quanto voleva, ma ad essere in pericolo era
Loki e quello vinceva ogni timore.
Se
ne rese conto con dolore e rabbia, ma si disse che la reazione di
Lila sarebbe stata la stessa anche se ci fosse stato lui al posto del
dio.
Perché
lei li amava entrambi, forse non ugualmente, ma entrambi.
La
vide scattare avanti e corse nella sua stessa direzione. L'avrebbe
seguita se non fosse stata improvvisamente circondato da altri nemici
che gli sbarrarono il passo.
Loki
e il suo avversario -ancora a volta coperto, ma a Lila non serviva
vederlo per sapere chi si celava lì sotto- combattevano, ma
le cose
non sembravano andare nel migliore dei modi per il dio degli Inganni
e Lila se ne rese conto con sgomento.
Scattò
in avanti per intromettersi, ma le braccia di Thor la fermarono.
“Non
puoi farlo. Stai indietro, ci penso io” le disse e si
lanciò in
aiuto del fratello. Ebbe il tempo di sbattere le palpebre e quando le
riaprì, Thor era già lontano, intento a rialzarsi
dopo un volo di
qualche metro.
L'altro
afferrò Loki per il collo, strattonandolo mentre apriva un
varco
verso chissà quale mondo con uno strano scettro.
“Tu
dovresti andare bene: vedremo se saprai darmi le informazioni che
cerco”
La
sua voce era forse peggio del suo aspetto: gutturale, ferina,
più
simile al ringhio di una bestia che a una voce umana.
Ma
stranamente Lila non provò paura. Per la prima volta da
molto tempo
si riconobbe nel fiotto di adrenalina che le si riversò
nelle vene e
nella rabbia che le divampò dentro.
Finalmente
era di nuovo lei, la Lila coraggiosa e forte, determinata fino alla
sconsideratezza. Ne fu felice.
“Andiamo,
abbiamo alcune cose di cui discutere” sogghignò
l'uomo -sempre che
lo fosse- da sotto il cappuccio.
“Lascialo!”
Lila si lanciò in avanti, dimentica di tutto il resto. Non
avrebbe
permesso a quel essere di portare via Loki, non fino a quando avrebbe
potuto opporsi in qualche modo.
“A
quanto pare qualcuno qui ci tiene a te” rise e Lila si
sentì
ribollire di furia. Certo che c'era qualcuno che ci teneva a lui,
come poteva credere il contrario?
Lila
ringhiò qualcosa tra i denti e si sporse ancora con cautela.
L'altro
sogghignò: quella ragazzina aveva coraggio da vendere, ma
questo lo
aveva già capito.
Li
aveva osservati tutti, per carpire ogni informazione possibile su di
loro e aveva compreso come Lila fosse l'anello debole della catena.
Certo,
poteva anche essere più coraggiosa di una persona normale,
ma in lei
non c'era nient'altro di speciale.
“Vuoi
fermarmi?” le domandò con un sorriso crudele.
“Credi
che non ce la farei?”
“Sei
solo una ragazzina piena di incertezza. Come pensi di vincere me, che
sono la paura personificata, quando non sai vincere ciò che
ti
spaventa neanche nel tuo animo?” la prese in giro, ma Lila
era ben
lungi dal lasciarsi abbattere.
“Oh,
ti prego! Speravo che almeno i super cattivi non amassero cadere nei
cliché peggiori della storia, ma mi sbagliavo” lo
sbeffeggiò. Se
pensava che bastasse dirle una tale ovvietà per
distruggerle
l'equilibrio su cui si muoveva, si sbagliava di grosso.
Aveva
passato momenti ben peggiori e poi gli doveva ancora un favore per il
bel sogno che le aveva provocato due notti prima.
“Mi
piacerebbe restare qui a parlare, ma io e il tuo caro dio abbiamo
alcune cose di cui discutere” la congedò e detto
ciò entrò nel
portale.
Ma
non aveva fatto i conti con la creatura testarda e priva di spirito
di autoconservazione che era Lila.
Non
pensò, si lasciò guidare dall'istinto e si
lanciò in avanti.
“Lila!”
la richiamò Steve che aveva capito cosa avesse intenzione di
fare,
ma era troppo lontano per impedirglielo.
Vide
Thor frapporsi tra la ragazza e il varco e per un attimo
sospirò di
sollievo: lui l'avrebbe sicuramente fermata.
Ma
Lila era agile e scavalcò senza fatica apparente la figura
massiccia
del dio del tuono. Con la coda dell'occhio lanciò un'ultima
occhiata
a Steve e sorrise mestamente.
Forse
era una follia e forse sarebbe morta quella volta, ma qualunque cosa
sarebbe successa voleva tenere con sé il ricordo di Steve.
L'avrebbe
sollevata nei giorni a venire, qualunque cosa sarebbe successa.
Varcato il portale lo sentì chiudersi alle sue spalle e si
ritrovò
a cadere nel vuoto.
A
quel punto le palpebre si fecero incredibilmente pesanti, impossibili
da tenere aperte e alla fine, nonostante tutto, fu costretta a cedere
e a lasciare che si chiudessero.
Continua
|
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Capitolo 7 *** I cliché sono classici che funzionano sempre ***
Capitolo VI- Loki/Lila
Toc
toc!
Mi
uccidete? No, voi siete buone e misericordiose perciò perdonerete
l'enorme ritardo con cui pubblico... giusto?
La
mia giustificazione è la più banale e la più consueta: studio.
Senza contare che la storia ha bisogno di profonde modifiche quindi
ci vuole sempre un po' per apportare le correzioni e pubblicare.
E
non dimentichiamo che sto scrivendo circa tre storie, tutto allo
stesso tempo ^^
Be',
detto questo vi lascio e inserisco anche il banner creato da Lights.
Non trovate che sia stupendo?
Capitolo
VII
I
cliché sono classici che funzionano sempre
Quando
aprì gli occhi Lila vide solo tenebre, al punto di pensare che,
forse, aveva solo creduto di aver sollevato le palpebre. Poi
i suoi occhi si adattarono lentamente alla mancanza di luce e,
socchiudendoli, scorse i contorni poco precisi degli oggetti.
Non
che ci fosse molto da vedere: c'erano alcuni mobili e una porta,
bassa e stretta. Sotto le dita percepì la consistenza delle
mattonelle del pavimento e del muro. Quando il suo cervello ebbe
raccolto più dati possibili, si rese conto che quella doveva essere
una cella o qualcosa di molto simile.
Ma
come ci era arrivata lì? Chi l'aveva rinchiusa?
Ricordava di
essersi lanciata nel portale per seguire Loki e di essere... svenuta?
Si
alzò e si massaggiò il capo dolorante: chiunque l'avesse portata lì
non doveva averla depositata con molta grazia. Per fortuna aveva la
testa particolarmente dura, perché se così non fosse stato avrebbe
rischiato un trauma cranico tanto tempo prima.
Percorse
con passi lenti il perimetro quadrato della stanza, misurandola e
muovendosi con circospezione. Intanto percepì dentro emozioni
contrastanti; dapprima ci furono panico e sgomento.
Non
era la prima volta che si metteva in un guaio -davvero, doveva fare
qualcosa per sopperire alla mancanza di spirito di conservazione- ma
l'unica volta in cui aveva rischiato tanto era stato quando Loki
l'aveva rapita e anche allora non aveva provato quelle sensazioni che
perciò la colsero del tutto impreparata.
Già
allora aveva pensato di aver provato paura e sconforto, ma con il
senno di poi ora capiva che quella non era mai stata angoscia.
Una
parte di lei -qualcosa che neppure lei all'epoca aveva avuto l'acume
di ascoltare- sapeva già allora che Loki non le avrebbe fatto
davvero del male.
Forse
aveva ucciso e avrebbe voluto soggiogare il loro mondo -senza forse,
le ricordo la sua coscienza, lo avrebbe fatto se ci fosse riuscito-
ma a lei, Lila, Loki non avrebbe mai torto un capello.
Ma
stavolta non era con lui che aveva a che fare, ma con qualcuno che
aveva visto per pochi minuti e che pure sembrava molto pericoloso.
Pensò
a Loki, si chiese dove potesse essere e sentì la paura attanagliarle
le viscere: cosa gli stavano facendo? E chi era la persona che li
aveva rapiti?
Immaginò
i mille modi in cui avrebbe potuto torturarlo e si sentì mancare il
fiato per l'angoscia. Avrebbe voluto gridare, ma si limitò a
ringhiare frustrata mentre percorreva il pavimento a passi sempre più
grandi e nervosi.
Poi
decise che quello era il momento di calmarsi e riprendere il
controllo della propria mente e di tutte le sue facoltà.
Ragiona,
si impose. L'intelligenza era
l'unica cosa su cui poteva contare lì e se ne avesse fatto buon uso
avrebbe potuto trasformare il suo soggiorno forzato in
un modo per ottenere le informazioni che mancavano ai Vendicatori.
Prima
o poi qualcuno sarebbe venuto e allora avrebbe messo in atto tutte le
astuzie di cui era capace, ma fino ad allora non le restava che
lasciarsi cadere sul pavimento a far niente.
Incapace
di restare inattiva, la sua mente volò inevitabilmente a Steve e a
Loki e di nuovo l'ansia la sopraffece.
Non
riusciva a stare ferma e iniziò a tamburellare con le dita sulle
mattonelle, fino a quando non si ritrovò a chiedersi cosa fosse
quel sentimento che provava per Loki, quello che la spingeva a
preoccuparsi tanto.
Non
era semplice attrazione, ma questo voleva dire che quindi era amore?
Non era lo stesso sentimento che provava per Steve, quella era una
certezza.
Ciò
che provava per Capitan America era qualcosa di destabilizzante,
qualcosa che aveva ribaltato il suo mondo.
L'amore
che provava per Steve aveva trasformato il suo modo di vedere tutto;
mari, stelle, vento, persone... tutto si era fermato e poi aveva
ripreso a muoversi intorno ad un altro asse di simmetria.
E
allora perché non le bastava un sentimento del genere? Qualunque
ragazza avrebbe dato tutto per avere qualcuno che la guardava come
faceva Steve, per essere amata in
quel modo.
Cosa
c'era di sbagliato in lei? Perché non riusciva ad essere felice con
tutto quello che aveva?
Mi
sto trasformando in Catherine, constatò
con una punta di amarezza, e sto diventando lagnosa come la
protagonista di una soap opera della abc.
Sbuffò
una mezza risata, poi sentì una chiave girare nella toppa della
serratura e la porta aprirsi.
Scattò
in piedi, pronta ad affrontare qualunque avversario, ma l'unico a
varcare la soglia fu Loki. O meglio, l'unico ad essere spinto
attraverso l'uscio fu lui.
Lila
non vide chi fosse l'autore del gesto né se ne curò: scivolò
laddove Loki era caduto e si chinò su di lui.
Gli
abiti erano strappati sulle braccia e sulla schiena, laddove era
passata la frusta, trascinando via con sé la pelle e lasciando
profondi squarci.
Il
viso, per quel poco che riusciva a vedere, era pallido e sporco di
sangue: ad occhio e croce doveva avere il labbro inferiore spaccato
in più punti.
Aveva
paura di toccarlo e di muoverlo: non voleva provocargli dolore.
“Loki!”
lo chiamò sfiorandogli delicatamente la spalla.
“Loki”
lo chiamò ancora e cominciò a spaventarsi quando non ottenne
nessuna risposta. Sentì la stessa preoccupazione che provava quando
Steve andava in battaglia assalirla e sommergerla.
Si
chinò su di lui per sentire se respirava e avvertì il suo respiro
spostarle una ciocca di capelli.
Solo
allora sospirò di sollievo e ricacciò indietro la paura. Non poteva
farsi prendere dal panico: doveva pensare a lui, curarlo e lenire il
suo dolore: sentiva che era suo dovere farlo.
In
quel momento Loki aprì gli occhi e Lila gli rivolse un sorriso pieno
di tenerezza, ma non si azzardo ad accarezzargli una guancia.
“Stai
bene?”
“Ho
avuto momenti migliori” sussurrò lui, regalandole tuttavia un
mezzo sorriso per poi scoppiare in un eccesso di tosse.
“C'è
dell'acqua” gli fece notare Lila alzandosi per prendere la brocca
posata sul tavolo “ne vuoi un po'?”
Loki
scosse il capo mentre si sistemava su un lato, probabilmente una
delle poche parti prive di ferite.
“Aspetta”
intervenne lei a sostenerlo.
Guardandosi
intorno si rese conto che la cosa più simile a un letto era un
pagliericcio su cui era stato buttato sopra una coperta e storse il
naso.
Non
avrebbe fatto coricare Loki lì, non con le ferite ancora aperte che
potevano infettarsi facilmente.
Si
spostò perciò verso il muro e vi appoggiò la schiena, lasciando
poi che Loki prendesse posto tra le sue gambe, con il capo appoggiato
contro la sua spalla.
Da
quella posizione Loki poteva respirare a pieni polmoni il profumo di
Lila, una mistura perfetta di gelsomino, cocco e rose.
Era
tremendamente rilassante e gli trasmetteva una sensazione di calore
che lo avvolse e quasi lenì il dolore. Era assurdo che lui, un dio,
si sentisse al sicuro nell'abbraccio di una fragile umana, ma era
proprio così.
“Se
continuerai a mostrarti così dolce potrei pensare che ti sia
improvvisamente accorta di amarmi” la prese debolmente in giro e
Lila non lasciò sfuggire l'occasione di una piccola schermaglia
verbale.
“Non
montarti troppo la testa. Sai, mi sembrava che questo fosse il
momento in cui il principe -e tu lo sei, permettermi di ricordartelo-
si mostra in tutta la sua forza alla principessa” si fece beffa di
lui.
“Per
fortuna che non ce n'è una in vista” mormorò e Lila ridacchiò.
Le
palpebre si fecero pesanti e provò il desiderio di risposare tra le
braccia di Lila, nel calore di quella stretta. Piano piano, senza
neanche accorgersene, cedette a quella tentazione e si addormentò.
“Cosa
è successo?” gli domandò, ma non ottenne risposta.
Abbassò
lo sguardo e vide che dormiva con un'espressione beata sul viso, così
sorrise e iniziò a carezzargli i capelli.
All'improvviso
la stanchezza sopraffece anche lei, ma era decisa a non chiudere gli
occhi. Avrebbe vegliato su Loki fino a quando non si fosse svegliato
e per tenersi vigile afferrò la brocca d'acqua e, strappato un lembo
di stoffa dai suoi pantaloni, lo usò per lavare via il sangue.
Guardando
il volto rilassato di Loki, fremette mentre gli sfiorava il viso e i
capelli, mentre posava le labbra sulla sua fronte e sulla punta del
naso.
Una
prigione era fatta per contenere cose pericolose che non potevano
girare in libertà e quel sentimento lo era: una lama a doppio
taglio, da maneggiare con estrema cautela, ma che ancora non aveva un
nome.
Tuttavia
non voleva reprimerlo. Aveva passato tutta la sua vita a sconfiggere
tutte quelle sensazioni che il suo cervello valutava come
inappropriate e il risultato qual era stato? Si era persa mille
esperienze.
Era
venuto il momento di lasciarsi andare a quella sensazione di calore
che provava sia con Steve che con Loki: tutto stava nel comprendere
chi dei due fosse più importante nella sua vita.
Sapeva
che non sarebbe stato semplice, ma al diavolo! Per una volta non
voleva preoccuparsi di niente e godere di quel momento -forse
l'ultimo- di pace.
*
“Una
pazza, folle, sconsiderata, incosciente e imprudente, ecco cos'è la
tua fidanzata, Steve!” ringhiò Thor sbattendo il pugno sul tavolo.
Steve
si chiese dove stesse la novità. Era insolitamente calmo, vista la
situazione, e questo non piaceva a nessuno.
Non
aveva ancora proferito verbo da quando erano tornati e questo era
anche peggio, dato che non avevano fatto altro che pensare a dove
potessero essere Lila e Loki e come fare per riportarli a casa. E di
solito quando si parlava di piani d'azione Steve non era silenzioso,
mai.
Il
fatto era che stava ancora assimilando bene ciò che era successo:
Lila, la sciocca e sconsiderata Lila, si era gettata in un portale
per seguire il loro nemico e Loki.
Scavando
a fondo ed essendo sincero con sé stesso, Steve non poté negare che
era quello a preoccuparlo e sentì un vero egoista.
Dopotutto,
rischiavano entrambi di morire, giusto? Eppure a lui importava solo
del fatto che lei aveva scelto di correre quel rischio per Loki e non
per lui.
Lo
avrebbe fatto anche per te, gli
disse la sua coscienza e razionalmente -se ci poteva essere qualcosa
di razionale in quella storia- lo sapeva anche il suo cervello, solo
che era difficile da accettare.
Proprio
come era dura da digerire la rabbia che provava verso la ragazza.
Non
pensava alle conseguenze delle sue azioni? Quando l'avrebbero trovata
le avrebbe fatto passar ela voglia di compiere gesti così folli, o
se lo avrebbe fatto!
“Il
problema non è la sconsideratezza di Lila” iniziò Natasha, ma
venne interrotta dal borbottio di Capitan America, qualcosa di molto
simile a “questo lo dici tu”.
“Il
problema” continuò imperterrita “è capire con chi abbiamo a che
fare e perché ha portato via Loki e poi trovare il modo di scovarli,
dovunque siano”
“E
hai qualche idea per la prima e un piano per la seconda?” la prese
in giro Tony. Steve si appuntò di dirgli che no, il sarcasmo non era
un modo per allentare la tensione e che al contrario ne creava solo
dell'altra.
Natasha
fu costretta a tacere, anche se si vedeva lontano un miglio che
avrebbe voluto poter rispondere a quella provocazione.
“Cosa
possono volere da Loki?” si chiese Thor, con un tono di voce
abbastanza alto perché tutti potessero sentire.
Nessuno
riuscì a trovare una risposta e il dio del tuono rimase ad
arrovellarsi il cervello. Poteva essere vendetta per il suo
fallimento? Una punizione per la mancata conquista di Midgard e del
Tesseract?
O c'era altro?
In
ogni caso, gli importava relativamente. Voleva solo ritrovare suo
fratello e salvarlo, dovunque fosse.
Poteva
anche aver ucciso e tutto il resto, ma per Thor Loki sarebbe stato
sempre, qualunque cosa fosse successa, il suo fratellino.
E
nella sua ottica era suo dovere di fratello maggiore proteggere
l'altro.
Certo,
era anche preoccupato per Lila, ma il pensiero di lei veniva
completamente oscurato da quello di Loki e della sua incolumità.
Voleva
riportarlo a casa anche perché sentiva, per la prima volta dopo
molto tempo, che Loki stava tornando ad essere il fratellino che
aveva sempre amato.
Ed
era merito di Lila e forse anche un po' suo. Probabilmente non era
vero, ma gli piaceva pensarla così.
Sospirò,
ma le sue elucubrazioni furono interrotte dall'ingresso di Fury che
teneva in mano un oggetto che non riconobbe subito.
“Questo
cos'è?” domandò.
Tutti
spostarono lo sguardo sul cubo e all'improvviso ricordarono: Lila ci
stava lavorando prima della battaglia.
“Niente
di importante, ora come ora” borbottò Tony mentre prendeva
l'oggetto e iniziava a giocherellarci. Avrebbe dovuto buttarlo,
dopotutto Lils non era lì per metterci mano, tuttavia qualcosa gli
diceva che sarebbe tornato utile un giorno.
Non
sapeva cosa fosse a suggerirglielo, però sentiva che era un oggetto
prezioso, forse addirittura la chiave per la liberazione di Loki e
Lila.
Tutto
stava nel trovare il modo in cui usarlo.
“A
ben pensarci” considerò Stark mentre esaminava l'oggetto sotto
varie angolazioni “potremmo finire il lavoro di Lila”
“A
che scopo?” gli domandò Barton
“Pensateci
un attimo” li incitò Bruce “se noi concludiamo la copia del
Tesseract potremmo mettere in atto il piano di Lila per attirare lui,
chiunque sia, qui”
“E
farci dire dove ha rinchiuso Loki e Lila” completò Thor battendo
ancora una mano sul tavolo, ma stavolta con un sorriso che gli
attraversava il viso da orecchio a orecchio.
Tony
si alzò “Allora, cosa state facendo ancora lì? Su su, abbiamo
qualcuno da prendere a calci” e con questa perla di saggezza si
diresse verso il laboratorio.
*
Quando
Loki aprì gli occhi si chiese dove fosse e cosa fosse la cosa
profumata su cui era appoggiata la sua testa. Sapeva di fiori, con
una nota calda e accogliente: in qualche modo gli ricordava l'aria di
Asgard, il profumo che entrava dalle finestre nelle calde mattine
della primavera morente.
In
un attimo i ricordi della sera passata gli riempirono la mente e
quando realizzò che era una spalla quella su cui si era accasciato
la notte prima, alzò lo sguardo.
“Buongiorno”
Lila lo guardò con dolcezza, in un modo diverso da quanto avesse mai
fatto e Loki se ne rese conto, anche con i sensi annebbiati dal
sonno.
“Buongiorno”
biascicò. Sentiva il corpo debole e affaticato, ma la sua mente, al
di là della nebbia del sonno che si stava lentamente diradando, era
lucida.
C'era
qualcosa che però non quadrava. La debolezza era legittima, ma
avrebbe dovuto essere accompagnata dal dolore e dal pulsare delle
ferite.
Non
sentiva né l'uno né l'altro e solo allora si accorse che anzi erano
pulite e cominciavano a rimarginarsi.
Poteva
essere stata solo lei, Lila. La guardò, come a chiedere una
spiegazione, ma non ne ebbe bisogno: vide gli occhi azzurri, quelli
che tanto gli piacevano, contornati da profonde occhiaie violacee e
comprese.
Lo
aveva vegliato tutta la notte, stringendolo a sé e curandolo come
avrebbe fatto una madre. O un'innamorata.
Il
pensiero era dolce come il miele, tentatore, ma non voleva che la sua
mente se ne assuefacesse perché altrimenti non ne avrebbe più
potuto farne a meno.
“Come
ti senti?” gli chiese accarezzandogli i capelli scuri, in netto
contrasto con quelli di lei, quasi biondi.
Loki
si perse ad osservare quel gioco di colori, così diversi che
chiunque avrebbe potuto pensare che non potessero conciliarsi l'uno
con l'altro.
Ma
non era così: il castano dorato di Lila sembrava simile al sole per
i suoi riflessi e sembrava fatto apposta per illuminare il nero notte
di quelli di Loki.
Quei
pensieri non erano proprio da lui, assolutamente inadatti a un dio:
era tutta colpa del dolore che gli aveva annebbiato la mente, ecco.
“Meglio”
le rispose dopo svariati minuti di silenzio e Lila si aprì in un
sorriso tirato.
Doveva
essere davvero stanca, considerò Loki. Da quanto non dormiva? Uno,
due giorni?
“E
tu invece?” le chiese.
La
ragazza si portò una mano alla bocca e sbadigliò “Ho solo molto
sonno” si limitò a dire.
Fu
il turno di Loki di sorridere -o ghignare, a seconda dei punti di
vista- e sollevarsi a sedere.
“Aspetta,
ti si apriranno le ferite!” lo redarguì lei, ma era troppo stanca
per opporre una vera resistenza.
Ma
Loki non si appoggiò al muro -le ferite potevano anche essere in via
di guarigione, ma restavano un punto estremamente sensibile-, ma si
stese di lato sulla coperta e trascinò Lila con sé.
La
avvolse con le braccia e notò quanto fosse minuta, abbastanza
affinché le sue braccia la circondassero completamente.
Gli
fece uno strano effetto sentire che non si opponeva a quel contatto,
come se avesse deposto le armi e si fosse arresa a ciò che provava.
Era
ora, pensò.
“Dormi”
le disse solo mentre spostava la testa e le sue labbra sfioravano
accidentalmente la fronte di Lila che pure sorrise e scosse il
capo.
“Non
riesco a fare niente se c'è silenzio totale, neanche dormire”
“Sei
assurda. Come fai di solito?”
“Ipod” rispose semplicemente
lei. Le palpebre erano pesanti, eppure era certa che nel momento in
cui sarebbe calato il silenzio tra loro non sarebbe più riuscita a
dormire.
“E
cosa sarebbe?”
Lila
ridacchiò, poi si sistemò meglio nell'abbraccio di Loki, mugugnando
soddisfatta quando trovò il calore che cercava “Te lo spiego
un'altra volta, eh?”
“E cosa dovrei fare per farti dormire?”
le chiese, beffardo, ma Lila era davvero troppo esausta per badarvi.
“Parla”
“Di
cosa?”
“Di
tutto ciò che vuoi. Per esempio, non ti senti mai in colpa per le
persone che hai ucciso?”
“Oh, vuoi iniziare con i discorsi
pesanti, eh? Perché dovrei, principessa?”
“Perché
avevano una vita, una famiglia, dei figli, fratelli”
“E
questo dovrebbe commuovermi?” le domandò con voce fredda perché
aveva capito esattamente dove Lila voleva andare a parare.
“Se
ci fosse stato mio fratello tra quelle persone, io ne sarei morta”
gli fece notare semplicemente “Il legame tra due fratelli è
qualcosa di unico, Loki, forse ancora più di quello tra madre e
figlio e marito e moglie. L'amore va e viene, ma un fratello è per
sempre”
“Io e Thor non siamo davvero fratelli, Lila. Non vedo
perciò l'utilità di questo discorso”
Lila
era stanca, ma non avrebbe mollato ora che era riuscita a iniziare il
discorso. Aveva atteso tanto per arrivare a quel punto e non avrebbe
permesso alla stanchezza di vincerla.
“I
legami di sangue sono sopravvalutati. Io ho avuto un padre per metà
della mia vita, ma Simon no. Per lui è Dave il suo papà, anche
se non è colui che gli ha dato fisicamente la vita. Come puoi
vedere, non contano poi molto dna, annessi e connessi”
“Perché
fai tutto questo?”
“Come ti ho detto, se mi portassero via mio
fratello in qualunque modo ne morirei e vorrei che qualcuno me lo
riportasse indietro. La famiglia è l'unica cosa ad essere sempre
con noi”
“Questi sono un sacco di clichè” la redarguì
con una punta di cattiveria.
“Può
darsi” sussurrò lei, per poi chiudere gli occhi e posare la testa
sul suo petto “Ma sono clichè per un motivo: i classici funzionano
sempre” le ultime sillabe scemarono in un mormorio indistinto e poi
si addormentò.
A
Loki non rimase che rimuginare, suo malgrado, sulle parole di Lila in
solitudine, cullato solo dal respiro regolare della ragazza e dalle
smorfie sul suo volto.
Avrebbe
preferito poterle rimuovere, ma ogni volta che abbassava lo sguardo
sul viso addormentato di Lila gli tornavano alla mente a tradimento.
Si
disse che per lei era facile parlare: era la primogenita e non aveva
mai dovuto vivere all'ombra di un fratello come Thor.
Non
aveva mai dovuto competere per un trono né i suoi genitori le
avevano mai preferito qualcun altro, perciò non poteva sapere cosa
aveva provato, cosa lo aveva spinto a fare quel che aveva fatto.
Stranamente
desiderò svegliarla e spiegarle tutto per farle capire tutte quelle
cose. Fu tentato di farlo davvero, ma poi vide la sua espressione
rilassata contro il suo petto e rinunciò.
*
Benché
avrebbe di gran lunga preferito continuare a lavorare per trovare
Loki e Lila, alla fine Thor dovette cedere e andò a letto.
Ci
mise molto ad addormentarsi, oppresso dall'angoscia e dalla rabbia.
Ogni minuto trascorso coricato sul materasso –e classificato perciò
come una perdita di tempo- era una vera tortura.
Alla
fine cedette senza accorgersene, proprio nel pieno di un ricordo che
si trasformò in sogno. Forse per quello ci mise un po' a comprendere
di essersi addormentato.
Nel
sogno c'erano lui e Loki.
Non
potevano avere più di sei anni e stavano giocando a fare la lotta in
un prato. Lo faceva spesso, quando erano lontani dagli occhi vigili
di Frigga.
Già
allora Thor aveva dimostrato una maggior predisposizione al
combattimento, ma ogni tanto gli piaceva lasciar vincere il
fratellino.
Era
bello vederlo sorridere quando succedeva e sembrava bastare davvero
poco per renderlo felice.
Thor
sorrise guardando se stesso e Loki mentre si azzuffavano senza vera
cattiveria.
Solo
dopo un po' si rese conto che la prospettiva da cui guardava era
strana. Insomma, avrebbe dovuto vivere quel ricordo, non guardarlo da
fuori come se fosse un semplice spettatore.
Era...
strano.
Si
guardò intorno, ma alla fine la sua attenzione fu di nuovo attratta
dai due bambini che giocavano.
Socchiuse
gli occhi, guardandoli con tenerezza.
Avrebbe
tanto voluto poter tornare a quei tempi, quando Loki non sapeva
ancora di essere stato adottato e sorrideva più spesso. Quando,
soprattutto, non lo odiava.
Non
aveva mai pensato a quanto gli volesse bene finché Loki non aveva
iniziato a disprezzarlo e a tentare di ucciderlo.
Quel
pensiero lo uccideva, proprio come lo torturava l'idea di averlo
ferito per tanto tempo.
“Siete
adorabili” sussurrò una voce dolce alle sue spalle.
Thor
sussultò e quando si voltò si trovò di fronte a Lila. Lo stupì
vederla con addosso una lunga veste verde pallido e ancora di più lo
sorprese il fatto che la sua attenzione si fosse catalizzata su quel
dettaglio insignificante.
“Cosa
ci fai qui?” le domandò, scrutandola con stupore.
“Non
lo so” ammise sinceramente “un momento prima stavo dormendo in
una cella e quello dopo mi sono trovata qui”
“Non
è opera tua?” le domandò avvicinandosi. La sfiorò con le dita e
si accorse che era reale, tanto quanto lo era lui almeno.
“Come
potrebbe? Sono un essere umano, ricordi?” lo prese bonariamente in
giro. Thor socchiuse gli occhi e decise che sì, quella era
decisamente Lila.
Lila
si avvicinò e lo affiancò. Era tanto vicina che ne poteva sentire
il suo profumo -rose e gelsomino- unito però a una nota nuova,
diversa eppure familiare.
“State
bene? Siete feriti?” le domandò.
Lila
attese un momento: non voleva farlo preoccupare, ma dirgli che era
tutto a posto equivaleva a mentire. Alla fine opto per una mezza
“Ora
stiamo bene. Entrambi” chiarì senza guardarlo negli occhi,
rivolgendo la sua attenzione ai due bimbi che ora hanno smesso di
lottare e ridono insieme.
“Eravate
adorabili” ribadì sorridendo brevemente. E c'era tanta tristezza
in quel sorriso che Thor la sentì più vicina a sé e per la prima
volta capì davvero quanto Lila tenesse a Loki.
Poi
gli venne in mente un dubbio, un dettaglio su cui non poteva
sorvolare.
“Cosa
vuol dire che ora state bene?”
Lila
si morse il labbro inferiore prima di parlare “Loki è stato
torturato, ma ora sta bene” si affrettò ad aggiungere quando vide
l'espressione sul viso di Thor.
“Dobbiamo
tirarvi fuori da lì”
“E come pensi di fare? Non sappiamo
neanche dove siamo”
“Tony
e Bruce stanno lavorando alla copia del Tesseract” la informò
nella speranza che le venisse una qualche idea geniale.
“State
portando avanti la mia idea? A che pro? Se anche doveste catturare
quella creartura non vi dirà dove ci tiene rinchiusi”
“Hai
altre idee?”
“No, insomma, quella della copia è buona, ma
sento che non funzionerà” si lagnò lei spostando lo sguardo su di
lui.
Cominciò
a camminare avanti e indietro di fronte a lui e Thor si chiese cosa
stesse passando per la mente di Lila. La conosceva da abbastanza da
sapere che se c'era un modo per liberarli lei lo avrebbe trovato. La
sua mente era l'arma più potente che le fosse stata data e lo sapeva
proprio tutti.
Ad
un certo punto Lila si immobilizzò e si voltò con un'espressione
concentrata impressa sul viso.
“Thor,
pensate di poter finire in fretta la copia del cubo?”
“Tony
dice che è quasi terminata. Ancora poche ore di lavoro, così ha
detto”
Lila
annuì e tornò a camminare, ma stavolta la sua espressione era
impercettibilmente mutata.
Tornò
a fissarlo, ma quando aprì la bocca non ne uscì nessun suono. Thor
inarcò con un sopracciglio, stupito e confuso.
Lila
boccheggiò e cercò di dire qualcosa, ma niente: sembrava che
qualcuno le avesse rubato la voce.
Si
sporse verso Thor che tentò di afferrarla al volo, ma gli sembrò di
toccare aria condensata che si faceva via via sempre più
impalpabile.
“Lila!”
la chiamò. Avrebbe voluto avere più tempo, chiederle ancora come
stava Loki e magari ringraziarla per quello che stava facendo per
lui, ma Lila stava lentamente svanendo e c'era una cosa che doveva
fare prima che sparisse del tutto.
La
abbracciò e fu una sensazione strana, come se stesse cercando di
afferrare il fumo a mani nude.
“Abbraccia
mio fratello anche per me” sussurrò ed era certo che lei avesse
capito perché la vide annuire brevemente un momento prima che si
dissolvesse nell'aria.
Solo
quando fu scomparsa del tutto si rese conto che non gli aveva detto
cosa aveva in mente e come avesse pensato di risolvere la situazione.
Tuttavia
lei era Lila ed era insieme a Loki: insieme quei due avrebbero
pensato a qualcosa e lui si fidava. Di entrambi.
Continua
|
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Capitolo 8 *** Un'offerta che devi rifiutare ***
Il tuo nome sulle labbra- 8
Ehm,
ehm...
Dai,
so che non mi odierete: a Natale siamo tutti più buoni e io
ho
deciso di aggiornare proprio oggi così da farvi anche un
piccolo
regalino.
Altro
regalo: non mi dilungherò affatto con le note.
Ho
solo una cosa da dire: chiedo scusa per la brevità delle
risposta
alle recensioni, ma mia madre chiama e devo preparare il dolce per
domani.
Ebbene
sì, oltre alla scrittrice – che non è
che mi riesca così bene
xD- faccio anche la cuoca a tempo perso.
Che
è davvero tempo perso, anche se fino ad ora non ho ancora
avvelenato
nessuno e i miei muffin sembrano essere apprezzati.
Ultima cosa: il banner è opera di Lights, bravissima
come al solito.
Bene,
ora vi lascio.
Buona
lettura!
Capitolo
VIII
Un'offerta
che devi rifiutare
Lila
sbatté le palpebre un paio di volte per accertarsi di essere
davvero
sveglia, stavolta.
Era
stato strano trovarsi nel sogno di Thor, a chissà quanti
chilometri
-o forse mondi- di distanza. Non sapeva come fosse possibile, ma era
sicura che non ci fosse niente di razionale in quella connessione.
Decise
che non era il momento di pensarci. Aveva ancora sonno e il tepore
del corpo caldo di Loki premuto contro il suo era molto piacevole.
Si
acciambellò ancora di più contro di lui e
affondò il viso contro
il suo petto, chiudendo di nuovo gli occhi.
Si
ricordò all'improvviso di una cosa importante che doveva
fare e alzò
lo sguardo sul volto di Loki.
Stava
guardando di fronte a sé e sembrava molto concentrato.
Forse
non si era accorto del fatto che si fosse svegliata.
“Buongiorno”
la salutò.
Lila
gli rivolse un mezzo sorriso mentre gli passava le braccia intorno al
collo e lo stringeva a sé con quanto più affetto
poteva.
Voleva
trasmettergli esattamente ciò che aveva avvertito
nell'abbraccio di
Thor, tutto il calore che il dio aveva cercato di comunicarle
affinché lo portasse con sé per donarlo a Loki.
“E'
da parte di tuo fratello” sussurrò.
Loki
non capì cosa stesse dicendo e quando Lila si
scansò la inchiodò
con lo sguardo.
“Cosa
stai dicendo?”
Fu
allora che Lila gli spiegò cosa era appena successo,
premurandosi di
affermare che no, non era un semplice sogno. Lo aveva capito subito
quando aveva aperto le palpebre e aveva visto la luce accecante del
primo pomeriggio.
All'inizio
non aveva capito dove fosse eppure aveva iniziato a camminare, mossa
da chissà quale istinto e ad un certo punto si era trovata a
fissare
due bambini che giocavano.
Non
ebbe bisogno che qualcuno le dicesse di essere ad Asgard e che quelli
erano Thor e Loki da piccoli: lo sapeva, semplicemente.
Li
stava osservando, all'ombra di un salice, quando qualcosa aveva
attirato la sua attenzione. Un uomo alto, biondo e aitante era
comparso nel suo raggio visivo, ma chissà da quanto tempo
era lì
senza che lei se ne accorgesse: Thor.
Anche
lui stava guardando i due giocare e si era avvicinata. Ciò
che lui
le aveva detto era stato illuminante e poteva tornarle utile.
Doveva
ideare un piano ed era sicura che la copia del Tesseract potesse
tornare utile, anche se non sapeva bene come.
Lila
decise che nessuno poteva aiutarla come Loki in quel momento
perciò
quando ebbe finito di raccontare gli espose il problema.
“Tu
puoi aiutarmi a ideare un piano” concluse. Poi Lila
notò di essere
ancora stretta a lui e che la distanza tra le loro labbra era quella
di un soffio.
Il
cuore prese a martellarle nel petto e sbatté le palpebre,
confusa da
quella sensazione di calore e dal desiderio di allungarsi quel tanto
che bastava per sfiorarle.
Ne
ricordava la consistenza e la morbidezza tentatrici, ma poi
pensò a
Steve e si disse che non avrebbe dovuto farlo.
Scosse
lievemente il capo per togliersi dalla mente quei pensieri e
tornò a
concentrarsi sul vero problema.
“Se
davvero sono pronti con la copia del Tesseract”
iniziò Loki
“allora potrebbero davvero mettere in atto il tuo
piano”
“Pensi
che lui ci cascherebbe? Pensi che direbbe loro dove
ci tiene,
anche se lo catturassero? E, ultima ma non meno importante, credi che
voglia davvero il Tesseract”
“Credo
che sia l'unica cosa che possa desiderare”
confermò, ma poi scosse il capo e dovette convenire con lei
che no, non avrebbe
funzionato.
“E
se variassimo un po' il piano di base?” le propose dopo
qualche
minuto di silenzio. Lila socchiuse le palpebre e ne incontrò
gli
occhi, resi più luminosi dall'idea che aveva in mente.
“Spiegami”
“Abbiamo
sempre pensato di dover fargli confessare dove siamo, ma se bastasse
attirarlo lontano da qui?”
Lila
lo guardò come se fosse impazzito “Vuoi tentare la
fuga? Sei
impazzito, Loki? Ci sono un milione di motivi per cui non
funzionerà”
“Pensaci:
se sarà lontano per cercare di rubare il Tesseract ai
Vendicatori,
spiegherà tutta le sue forze, magari facendone entrare
qualcuna allo
S.H.I.E.L.D. Ciò che a noi importa è il fatto che
qui la guardia
sarà molto diminuita”
“Certo” lo prese in giro lei “e una
volta usciti da qui che facciamo? Chiediamo gentilmente
dov'è
l'uscita?”
“No.
Recuperiamo il mio scettro e torniamo sul Elivelivolo”
Lila
rimase alcuni minuti in silenzio, ponderando il piano. Nella sua
mente prese vita tutto ciò che avrebbe potuto andare storto
e le
possibili conseguenze, tuttavia non riuscì a pensare a una
soluzione
migliore.
In
ultima analisi, non le restava che fidarsi di Loki. Lei non sapeva
nulla del loro nemico e forse neanche Loki, anche se lo aveva visto
il giorno prima, quando lo avevano torturato.
In
ogni caso, non restava loro che fare supposizioni e sperare che
andasse tutto bene. Era, purtroppo, la loro unica
possibilità di
salvarsi.
Alla
fine sospirò sconfitta.
“E
va bene, Loki”
L'uomo
le sorrise e Lila si sorprese del modo in cui riuscisse a farle
venire voglia di sorridere ogni volta. Era contagioso, ecco.
Fece
per stiracchiare le labbra in un sorriso, ma vennero carpite in un
bacio da Loki. In realtà, forse definirlo tale era esagerato
dato
che si limitò a sfiorarle le labbra con le proprie, ma tanto
bastò
a far fremere entrambi.
Lila
sentì i brividi correre lungo la spina dorsale. Sapeva di
star
commettendo un errore, ma quando quel contatto finì il suo
primo
impulso fu di cercarne ancora e non riuscì a pentirsene.
“Sai”
gli disse quando si separarono e mentre si tirava a sedere
“credo
di avere una mezza idea per migliorare il tuo piano”
“Il
nostro piano” la corresse mentre copiava
i suoi movimenti
“Comunque, di cosa si tratta?”
“Lui
– e, tra le parentesi, se sapessi il suo nome
sarebbe carino
dirmelo- deve sapere che i Vendicatori hanno il Tesseract”
gli
rispose solo.
“E
tu hai intenzione di dirglielo”
“Verranno
a prendere uno di noi per farlo parlare, Loki. Andrò
io”
Quando
Loki fece per parlare e opporsi Lila lo precedette “Niente
storie.
Tu sei già ferito e non è il caso di vedere fino
a che punto il tuo
fisico può resistere, ok? Qualunque cosa mi faranno, la
sopporterò
e poi fingerò di confessare” concluse.
Loki
la guardò negli occhi. Erano gli occhi della ragazza che lo
aveva
affrontato tante volte quando voleva conquistare la Terra, lo stesso
sguardo deciso e sgombro di chi sa cosa deve fare.
Chissà,
forse Lila era semplicemente un'imprudente, ma Loki si trovò
ad
ammirarla lo stesso. Era così diversa da lui... tanto da
essere
complementare.
Capì
che niente l'avrebbe dissuasa, così si limitò a
prenderle una mano
e a baciarla, attirandola di nuovo a sé.
Lila
non oppose resistenza e si lasciò intrappolare dalle braccia
di
Loki.
“Oggi
sei molto arrendevole” le fece notare e la sentì
ringhiare
qualcosa contro il suo petto per poi pizzicargli un braccio. Con un
sorriso si massaggiò l'arto dolorante.
“Dicevi?”
gli chiese sbattendo le ciglia in un'espressione così
fintamente
innocente che non avrebbe ingannato nessuno.
“Niente,
scherzavo”
Lila
rise e per un attimo non furono più seduti su uno squallido
pagliericcio, dispersi chissà dove.
Poi
però la porta si aprì ed entrambi tornarono seri.
La
prima cosa che Lila fu tentata di fare quando vide la creatura che
era entrata fu arretrare, ma si impose di rimanere immobile. Sulla
porta c'era lui. Non si aspettava che si scomodasse lui stesso per
venirli a prendere, ma evidentemente si sbagliava.
La
prima volta che si era trovata a scontrarsi con lui non lo aveva
osservato bene, ma ora che poteva farlo si rese conto che poteva
apparire un uomo qualunque.
Era
alto, con la pelle più chiara che avesse mai visto e
inquietanti
occhi neri, in netto contrasto con i capelli biondo platino.
Non
era certo il genere di aspetto che avrebbe conferito a un super
cattivo, anche se Lila doveva ammettere che le ricordava un po' gli
antagonisti nei film fantasy che suo fratello adorava tanto.
Nonostante
questo, l'aura intorno a lui sembrava pregna di negatività e
grave,
come se con la sua sola presenza potesse privare ogni animo della
gioia e della capacità di sperare.
Se
il primo impulso fu quello di arretrare, il secondo fu il ringhio che
le salì lungo la gola quando lo vide avvicinarsi.
Dovette
fare violenza su se stessa per evitare che sgorgasse dalle labbra, ma
quando vide il sorriso derisorio sul viso di quella creatura non
riuscì più a frenarsi.
Ringhiò,
come una leonessa pronta a difendersi dal suo aggressore, ma lui non
smise un attimo di ghignare.
“Possiamo
riprendere da dove ci siamo interrotti, dio degli Inganni?”
Dapprima
Lila sbatté le palpebre, confusa, ma quando
sollevò Loki e lo
strattonò lontano da lei comprese e sussultò.
Scattò
a sedere “No! Lui non ti serve, prendi me!”
“Che
generosità, ragazzina. Ma non preoccuparti,
arriverà anche il tuo
turno”
Lila
tentò di colpirlo, ma la creatura la spinse brutalmente per
terra e,
con una risata roca, scomparve insieme a Loki.
Lila
si alzò e si fiondò sulla porta, battendo
vigorosamente i pugni
contro il legno al punto di graffiarsi le mani, lanciando maledizioni
e imprecando.
Sapeva
che era un gesto sciocco e privo di utilità, ma era l'unica
cosa che
potesse fare. L'idea di restare ad attendere la faceva impazzire
perciò continuò a colpire l'uscio con quanta
più forza aveva in
corpo.
Era
consapevole che non avrebbe risparmiato a Loki le peggiori torture e
quella consapevolezza la logorava da dentro, procurandole un dolore
sordo e rabbia cruda.
Provare
rabbia era un bene, si disse. Le impediva di scivolare nel vortice
della debolezza e la manteneva forte e aggressiva al punto giusto.
Alla
fine si lasciò cadere a terra, sfinita dal conflitto
interiore,
dalla preoccupazione e dal sonno irrequieto.
Si
accoccolò contro il muro di pietra, freddo e nudo, e
lasciò che a
riscaldarla fosse l'abbraccio di Morfeo.
*
Aveva
sempre saputo che la frusta non era la peggiore delle sofferenze che
Phobos -questo era il suo nome, avrebbe dovuto dirlo a Lila una volta
tornato nella cella- avrebbe potuto infliggergli e lo aveva compreso
a pieno quando aveva visto avvicinarsi il suo aguzzino con un sorriso
crudele e tra le mani ferri arroventati.
Ora
che quegli stessi strumenti lo stavano infilzando lentamente, per
fargli sentire tutto il dolore possibile, non poteva fare altro che
maledirli tutti, imprecare contro di loro e bestemmiare i loro nomi.
Era
l'unico modo che aveva per sfogare l'atroce sofferenza che lo
dilaniava.
Ogni
volta che credeva di essere arrivato al limite scopriva che non era
così e che poteva andare molto oltre. Sembrava non esserci
un
confine a cui aggrapparsi per resistere.
Poi,
proprio quando stava pensando che Thanos avrebbe continuato fino alla
fine dei suoi giorni, la tortura cessò.
Ma
il dolore non diminuì e l'aria fredda che attraversava le
pareti e
gli sfiorava la carne viva era una sofferenza atroce.
Si
abbandonò contro le catene che lo tenevano in piedi e che
gli
graffiarono i polsi già lividi.
Non
c'era parte di lui che non soffrisse in quel momento, ma si costrinse
ad alzare lo sguardo sul suo avversario.
“Questo
è solo l'inizio, dio degli inganni” gli
ricordò Phobos e Loki
fremette involontariamente quando gli si avvicinò.
“Ho
passato molto tempo a cercarti. Mi stupisce vederti al fianco di
quegli insulsi umani. In realtà, avevo sentito parlare del
tuo
tentativo di conquistare la misera potenza della Terra e speravo che
volessi essere mio alleato in questa missione”
Non
gli diede il tempo di rispondere che gli afferrò il viso e
lo
sollevò ancora di più. Loki gemette per quel
movimento inaspettato
e brusco.
“Dovrei
ucciderti subito e mettere fino a questo gioco, ma potresti ancora
essermi utile. Ho una proposta per te, dio degli inganni”
Phobos
comprese che lo stava ascoltando e stirò le labbra in un
sorriso
crudele. Riuscire a catturare Loki era stato provvidenziale per i
suoi piani: poteva sfruttarlo fino a quando si fosse dimostrato utile
e solo allora ucciderlo.
Avrebbe
preso due piccioni con una fava, come dicevano su quell'insulso
pianeta: Loki sarebbe morto e lui avrebbe ottenuto ciò che
voleva.
L'unica
nota stonata nei suoi piani era la presenza di quella ragazzina, la
Vendicatrice. Non aveva previsto che qualcuno li seguisse per salvare
Loki, ma era un problema da poco.
Se
ne sarebbe sbarazzato in fretta una volta ottenuto il Tesseract:
dopotutto era una fragile umana.
“Il
tuo compito è semplice, Loki. Combatterai al loro fianco e
poi mi
porterai il Tesseract al momento opportuno. Farai ciò che ti
viene
meglio, ingannare e tradire, in cambio della sua vita”
Cadde
il silenzio.
Era
un'offerta allettante, si disse Loki. Non si illudeva che Phobos lo
avrebbe davvero risparmiato, ma in quel modo gli avrebbe dato il
tempo di fuggire o di fare qualunque cosa per salvarsi.
Avrebbe
dovuto accettare: si sarebbe salvato e poco gli sarebbe importato se
la stessa fortuna non sarebbe toccata agli altri Vendicatori.
Tuttavia,
quando prese seriamente in considerazione l'idea
di accettare
e di gettare alle ortiche la seconda possibilità che tutti
gli
avevano offerto, si rese conto di non poterlo fare.
Hai
un'occasione, non me ne far pentire, così
gli aveva detto Lila.
Non
poteva tradirla, si rese conto. Non voleva farlo
perché spezzare il cuore di Lila -la donna che amava e che
lo
accettava così com'era- sarebbe stato spezzare anche il
proprio.
Ma
non era solo per Lila che lo faceva; lei era l'unica ad avergli
concesso la sua fiducia.
Anche
Thor lo aveva fatto e, per quanto avrebbe preferito ignorare quelle
sensazione, non voleva deluderlo ancora una volta.
Per
quanto avesse provato -e, davvero, lui ci aveva provato così
tanto!-
non riusciva a non considerarlo un fratello. Forse a parole poteva
anche rinnegarlo, ma dentro di sé non avrebbe mai potuto
cambiare
quella realtà.
Una
volta accettati quei pensieri, fu facile prendere una decisione.
“Grazie,
ma mi vedo costretto a declinare l'offerta” un
ghignò gli si
delineò sul viso nel vedere l'espressione furiosa di Phobos.
“E
sia, dio degli inganni. Non ti ucciderò ora: la tua tortura
sarà
lenta e scoprirai cos'è davvero il dolore”
Fece
un cenno a uno dei suoi super uomini, che fino ad allora era rimasto
in disparte, e quello tirò di nuovo fuori i ferri ardenti.
La
tortura era appena iniziata e sarebbe andata avanti per le lunghe.
*
“Tu
hai sognato Lils. E avete parlato della sua idea del cubo”
riassunse Steve con una punta di fastidio.
“Non
credo fosse proprio un sogno” rimuginò Thor. A
dire il vero non ne
sapeva molto -l'esperto di magia, annessi e connessi era Loki- ma era
abbastanza certo che quella cosa, qualunque cosa fosse, non era un
parto della sua mente.
Non
del tutto almeno. Certo era che non era per niente facile capire di
cosa si trattasse, perciò aveva smesso di chiederselo e
aveva
accettato la cosa così com'era.
“Qualunque
cosa fosse” sbottò Steve, liquidando la questione.
Thor
lo guardò di traverso. Decise di non prendersela, dopotutto
Steve
era solo preoccupato, esattamente come lo era lui: immaginava come
dovesse sentirsi.
“E
se anche fosse un sogno nessuno potrebbe biasimarti, Thor”
intervenne Tony per alleggerire un po' l'atmosfera, riuscendo a
strappare un mezzo sorriso a tutti.
Persino
Steve sospirò e sollevò le labbra in un accenno
di sorriso. No, non
lo avrebbero biasimato, ma solo invidiato, si disse Capitan America.
Esattamente come stava facendo lui in quel momento.
Avrebbe
tanto voluto sognarla lui, Lils. Almeno avrebbe potuto mettere a
tacere un po' di quel senso di mancanza e privazione che da due
giorni a quella parte non lo abbandonava mai.
E
sapeva che non sarebbe stato come avere Lila accanto in carne e ossa,
ma sarebbe stato sempre meglio che niente.
Si
abbandonò ad un sospiro silenzioso.
“Non
riesco a capire perché ti abbia chiesto a che punto siamo se
pensa
che non possa funzionare” osservò Steve.
“Oh
Capitano, mio Capitano. E' evidente che ha un piano” lo
informò
Tony.
“E
perché non lo ha detto a Thor?”
“Non ne ha avuto il tempo”
lo informò l'asgardiano “quando ha tentato di
parlare di nuovo ha
cominciato a sparire”
“Quindi
cosa dovremmo fare?” chiese Natasha.
“Temo
che l'unica alternativa che ci resta è aspettare e seguire
il corso
degli eventi” considerò Bruce massaggiandosi le
tempie.
Quella
situazione era davvero massacrante. Non solo dovevano cercare di
sconfiggere un nemico più sfuggente del fumo, ma ora
dovevano anche
salvare Lila e Loki senza sapere dove si trovassero. E purtroppo la
ricerca poteva estendersi in qualunque luogo: la Terra, altri mondi,
altri universi addirittura. Era una ricerca letteralmente infinita.
“A
meno che Lils non si degni di farci un'altra visitina per comunicarci
le sue intenzioni” riassunse Tony, senza tracce di sarcasmo
nella
voce.
Succedeva
raramente che Anthony Stark non infarcisse le sue frasi con una buona
dose di ironia, ma quando accadeva era il chiaro segno della
gravità
della situazione.
Tutti
annuirono e si congedarono: era oramai notte inoltrata e ognuno non
vedeva l'ora di andare a letto.
Steve
si coricò nel proprio, ma il sonno tardava ad arrivare. Il
materasso
erano freddo e vuoto e le lenzuola oramai avevano perso il classico
profumo di rose, gelsomino e cocco di Lila.
Non
riusciva a dormire dalla sua parte del letto, a toccare i suoi abiti
e le sue cose né a entrare nella sua stanza. Eppure sarebbe
stato
facile: la porta era lì, proprio di fianco alla sua. Non
sarebbe
stato difficile entrare e magari alla fine si sarebbe sentito meglio.
Forse
era quello il punto.
Sentire
il profumo di lei, vedere le sue cose... tutto gliela avrebbe fatta
sentire più vicina. Si sarebbe cullato nella dolce illusione
di
averla accanto, forse avrebbe potuto addirittura immagine la dolce
consistenza delle sue labbra o delle sue carezze.
E
per qualche ora gli sarebbe bastato ricordare, salvo poi tornare
bruscamente alla realtà. Sarebbe caduto dalle nuvole e
l'urto
sarebbe stato cento volte più doloroso della sensazione di
vuoto che
provava in quel momento.
Forse
avrebbe dovuto amarla meno, si disse. Chissà, se non si
fosse
buttato con tutto il suo cuore in quella relazione forse ora avrebbe
ancora la possibilità di non uscirne a pezzi.
Eppure
era certo che se anche fosse tornato indietro, anche sapendo cosa lo
attendeva, non avrebbe esitato ad amarla con tutto se stesso.
Era
innamorato, non c'era altro da dire, e Lila gli mancava da morire.
Alla
fine chiuse gli occhi e si lasciò carpire dalle braccia di
Morfeo.
Continua
|
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Capitolo 9 *** Vivi oggi, combatti domani ***
Vivi oggi, combatti domani
No,
non proverò neanche a giustificarmi.
La
puntualità non è proprio più il mio mestiere perciò taglio molto
corto e vi lascio subito alla storia.
Per
farmi perdonare – ed evitare il lancio di pomodori- oggi
pubblicazione doppia: due capitoli al prezzo di uno.
Capitolo
IX
Vivi oggi, combatti domani
Il
rumore della porta che ruotava sui cardini e di qualcosa che veniva
lasciato cadere dentro la cella la riscosse.
Quando
Lila si alzò la porta si era già richiusa alle sue spalle e per
terra c'era Loki. La casacca nera era a brandelli, il torace era
coperto di sangue rappreso e ferite e i polsi erano lividi e
martoriati.
Lila
emise un gemito strozzato di angoscia e stupore mentre si chinava su
di lui. Allungò una mano, ma non osò sfiorarlo per paura di
procurargli altro dolore.
“Loki”
lo chiamò con dolcezza.
Quando
non le rispose sentì il panico montare dentro di lei e accelerarle i
battiti del cuore.
“Loki!”
Finalmente
il ragazzo aprì gli occhi e la ragazza tirò un sospiro di sollievo.
Fu
di nuovo tentata di accarezzargli il volto, ma si bloccò a mezz'aria
fino a quando Loki non le rivolse un sorriso stiracchiato.
A
quel punto non poté più fermarsi e gli carezzò il viso con tutta
la delicatezza di cui era capace, ricambiando il sorriso per
trasmettergli una sicurezza che non sentiva di avere.
“Andrà
tutto bene” tentò di rassicurarlo.
“Ultimamente
cadi in troppi cliché, principessa” la prese in giro e la ragazza
sbuffò una mezza risata, sollevata.
Non
perché lui si stesse beffando di lei, no -era certa che Loki lo
avrebbe fatto anche in punto di morte- quanto perché riuscì a
sincerarsi delle condizioni in cui versava davvero.
Le
ferite erano brutte e da non sottovalutare, ma aveva già notato come
il corpo di Loki tendesse a reagire ai traumi molto più velocemente
di un organismo umano.
Era
un bene, soprattutto in una cella fredda e sporca come quella. A
proposito di quello, doveva trovare un modo per disinfettate le
ferite e purtroppo i suoi pantaloni erano già ridotti al minimo.
Adocchiò
uno dei lenzuoli stesi sul pagliericcio e lo afferrò, per poi
esaminarlo a fondo. Non era perfetto, ma era sempre meglio che
niente.
Lo
fece a pezzi e ne immerse un brandello nell'acqua avanzata nella
brocca.
“Questo
potrebbe fare un po' male” lo ammonì mentre strizzava il
fazzoletto. Loki annuì, troppo stanco per fare altro e chiuse gli
occhi, abbandonandosi alle cure di Lila.
Avrebbe
voluto dormire, ma quando il panno entrò a contatto con la sua pelle
fu peggio che se ci avessero riversato sopra la lava.
Nella
confusione dovuta al dolore artigliò qualcosa di morbido e vi
immerse le dita e le unghie così a fondo che ad un certo punto sentì
qualcosa di caldo colare sulla sua mano, ma non se ne diede pena fino
a quando Lila non ebbe finito di pulire le ferite.
A
quel punto gli fasciò il torace con i brandelli di lenzuolo restanti
mentre Loki riapriva gli occhi.
“Mi
dispiace, avrei dovuto essere più delicata”
Loki
scosse la testa, ma le parole gli rimasero impigliate in gola quando
vide che la sua mano aveva afferrato la coscia di Lila, proprio sopra
il ginocchio, e che aveva stretto al punto da lacerarne la pelle.
Rivoli
rosso scuro sgorgavano dalle ferite e le imbrattavano la pelle, ma
lei non aveva fatto una piega.
Pur
di continuare a medicarlo aveva sopportato in silenzio la presa.
“Non
preoccuparti” si affrettò a rassicurarlo quando vide il suo
sguardo perso “sono taglietti da niente. Ne ho viste di peggiori
quando mio fratello ha scoperto la sua passione per il fioretto”
Loki
cercò di tirarsi a sedere, ma Lila intervenne prontamente.
“Non
ti devi muovere. Se vuoi qualcosa te lo prendo io”
“In
effetti, c'è una cosa che vorrei” sussurrò a bassa voce, così
che lei dovette chinarsi su di lui per sentire meglio.
Era
esattamente ciò che Loki sperava facesse. Allungò un po' il collo e
in un attimo le labbra di Lils erano sulle sue, calde e morbide
nonostante tutto.
Pensava
che sarebbe fuggita subito da quel contatto così inatteso, ma dopo
l'irrigidimento iniziale, si sciolse e lo lasciò fare.
Decise
che era il momento di osare di più e le accarezzò le labbra con la
lingua, chiedendo un accesso che gli concesse.
Ne
fu stupito e felice, ma furono emozioni fuggevoli perché un momento
dopo si stava lamentando per il dolore: Lila lo aveva morso e ora lo
stava guardando con un'espressione divertita e malandrina.
“Un
momento prima mi baci e quello dopo mi mordi, mi abbracci e poi mi
prendi a pugni... Lila, soffri di disturbi della personalità?” la
sbeffeggiò.
“Ma
guarda, hai ritrovato la voce. Comunque, la mia personalità sta
benissimo e, tecnicamente, sei tu che baci e abbracci me”
Loki
avrebbe voluto ribattere affermando che quelle non erano che
sottigliezze, ma di nuovo nell'arco di poche ore la porta si
riaprì e di nuovo comparve Phobos.
La
rabbia oscurò lo sguardo di Lila che si alzò in piedi per
fronteggiarlo, un ringhio crudo che le accarezzava la gola.
La
creatura non si dimostrò per nulla inquietata dalla sua reazione, al
contrario, parve quasi divertito e le
rivolse uno sguardo compiaciuto e soddisfatto.
“E'
il tuo turno, ragazza” disse mentre la afferrava. Lila si dimenò,
disgustata da quel contatto indesiderato, mentre la sua mente le
diceva che era l'occasione che aspettava.
Se
Phobos voleva sapere dov'era il Tesseract, lei glielo avrebbe detto.
Avrebbe condotto i giochi, anche se sottoposta a tortura, e sarebbe
stata sempre lei ad aver ragione in quella battaglia.
Che
rida pure, presto non
si divertirà più così tanto, parola di scout, si
ripromise mentre la lasciava cadere con poca grazia sul pavimento di
un'altra stanza.
Non
erano soli, notò subito. In un angolo c'era un chitauro. Uno di
quelli giganteschi, con due braccia grandi almeno quando le sue
cosce e che brandiva -con troppa allegria per i suoi gusti- una
frusta.
Aveva
sempre saputo a cosa andava incontro; ciò nonostante impallidì e la
gola le si fece secca. Per un attimo la paura minacciò di
ottenebrarle la mente -e forse Phobos voleva quello- ma si impose di
rimanere lucida.
Quando
la porta si chiuse alle spalle dei suoi aguzzini si disse che era il
momento.
Che
i giochi abbiano inizio.
*
La
schiena bruciava terribilmente, ma Lila era decisa a non dare a
Phobos la soddisfazione di sentirla gridare.
Strinse
le labbra e quando sentì l'ennesima scudisciata infrangersi sulla
sua carne sussultò, ma non gemette.
“Che
mano delicata. Mia nonna saprebbe fare meglio” sputò con un
sorriso di scherno. Sapeva che era stupido provocarli così, ma era
nella sua natura.
Certo,
questo voleva dire aumentare la sua tortura, sia in intensità sia in
durata, ma non poteva fare a meno di sputare sui suoi aguzzini tutto
il suo disprezzo.
Come
aveva previsto la frustata successiva la colpì con maggior forza e
la tagliò poco sopra le natiche.
“Meglio?”
la prese in giro Phobos
“Decisamente”
sibilò tra i denti.
“Hai
intenzione di parlare?”
Lila
serrò le labbra: non sarebbe stato credibile se avesse confessato
ora, dopo averli appena presi in giro.
Doveva
sopportare ancora un po'.
Una
scudisciata, un'altra, un'altra e un'altra ancora... Lila ora era
certa di non poter più resistere e il sangue fluiva dalle ferite
mentre i vestiti erano oramai ridotti a pochi brandelli.
Avrebbe
dovuto gemere e magari piangere, far capire che era arrivata al
limite e che avrebbe fatto di tutto per non subire quella tortura, ma
qualcosa non andò come aveva previsto.
All'improvviso
realizzò che piangere, gemere, supplicare la cessazione della
tortura equivalevano a sottomettersi, come se si fosse
inchinata.
E
Lila non poteva farlo. Quando arrivò l'ennesima frustata sentì le
lacrime premerle contro gli occhi, ma non per il dolore.
Era
l'umiliazione, la consapevolezza della sua necessità ad annebbiarle
lo sguardo. Sapeva di doverlo fare, era indispensabile per il loro
piano.
Arrivò
fino al punto di sperare che continuasse a torturarla perché il
dolore della carne era niente in confronto a ciò che sentiva dentro
e al suo orgoglio che veniva ucciso dalla crudele necessità.
“Hai
deciso di parlare?”
Alla
fine si disse che era il momento e non poteva più rimandarlo.
Lasciò
scorrere le lacrime sulle guance e gemette prima di annuire. Immaginò
come Phobos dovesse essere soddisfatto, ma decise di non voltarsi per
non permettergli di vedere la furia che le divampava negli occhi.
“C-cosa
v-vuoi sapere?”
“Il
Tesseract. Dov'è?” la voce non era più sardonica, ma somigliava a
un ringhio.
“Lo
hanno i Vendicatori” gemette tra le lacrime, fedele fino in fondo
alla sua recita benché dentro di sé provasse un profondo disprezzo
verso se stessa.
Pensava
che fosse finita e che nessuno l'avrebbe più importunata, ma Phobos
si chinò su di lei e le prese il mento tra le dita.
Lila
si dimenò per quanto poté, disgustata da quel contatto
indesiderato.
“Alla
fine ti sei inchinata anche tu”
A
quel punto Lila non riuscì a trattenersi. Cercò di scattare in
piedi e allungò le mani per ferirlo, emettendo un grido di rabbia
cruda, ma una fitta lancinante alla schiena le impedì di fare ciò
che avrebbe voluto.
Phobos
rise e fece cenno al chitauro di condurla di nuovo nella sua cella.
Lila
gemette quando si sentì sollevare, ma era più che decisa a non
emettere altro fiato. Sarebbe morta prima di dare altra soddisfazione
a quella creatura spregevole.
La
porta della sua cella si spalancò e il mostro la lasciò cadere sul
pavimento, il tutto senza che Lila avesse emesso un singulto.
Quando
l'uscio si chiuse si sentì afferrare da due braccia e il suo cuore
traboccò di gioia quando vide il viso di Loki.
Era
segnato dalla preoccupazione e per una volta il ragazzo non si stava
premurando di nasconderla.
“Guarda
come ti sei fatta ridurre” la riprese gentilmente, sfiorando con i
polpastrelli i contorni del viso di Lila.
Quel
gesto gentile le fece salire le lacrime agli occhi, non tanto per il
dolore alla schiena -che pure era tanto- quando per quello che le
stava stritolando l'anima.
L'umiliazione
bruciava più di cento frustate.
“Ti
sto facendo male?” le domandò subito, preoccupato di star
stringendo troppo o di sfiorarla maldestramente.
Loki
le afferrò il viso tra le mani e raccolse con le labbra le lacrime
impigliate tra le ciglia di lei, un gesto privo di qualunque malizia
e così dolce che normalmente le avrebbe fatto girare la testa.
“No,
le ferite non fanno troppo male” sussurrò e un groppo alla gola le
impedì di procedere oltre. Temeva di scoppiare in lacrime da un
momento all'altro, perciò preferì chiudersi in un ostinato mutismo.
“Sei
sicura che vada tutto bene?”
La
ragazza annuì e poi si allontanò da lui, lasciandosi scivolare
prona sul giaciglio di fortuna della cella.
“Dovresti
farti medicare” tentò ancora Loki, sperando di vedere in lei una
qualunque reazione di orgoglio.
Dannazione,
non poteva averla ridotta tanto male da aver fiaccato anche il suo
spirito!
“E
tu invece dovresti smettere di interpretare la parte di ragazzo
premuroso. Non ti si addice” lo freddò lei e Loki fu felice di
sentire il veleno che usciva da quelle labbra riversarsi su di lui.
“Qual
è il proble...” non finì la frase che Lila riprese a parlare, ma
con gli occhi chiusi, intenzionata ad abbandonarsi al sonno molto
presto.
Chissà,
se avesse chiuso gli occhi e si fosse lasciata carpire dalle tenebre
forse si sarebbe svegliata nel proprio letto, al caldo e al sicuro e
avrebbe scoperto che era tutto un dannatissimo incubo.
“Una
volta hai preteso che mi sottomettessi a te. Sai, sarebbe bastato
fare ciò che ha fatto oggi Phobos per ottenere ciò che volevi”
In
un attimo Loki comprese dove fosse il problema. Era quello, dunque?
Pensava davvero di essersi sottomessa dando a Phobos ciò che voleva
da lei?
“Non
ha ottenuto nulla, Lila” chiarì “Gli hai dato quel che ha
chiesto perché noi lo avevamo deciso. Non ha vinto”
Lei
non gli rispose e Loki si sporse oltre la sua spalla. Dormiva, ma sul
suo viso non c'era l'espressione beata della notte precedente.
Non
sapeva esattamente da cosa lo intuisse, ma leggeva in
quell'espressione apparentemente pacifica un enorme dolore e una
tristezza senza limite, come se qualcosa si fosse rotto e la stesse
logorando dall'interno.
Le
carezzò una guancia e poi si stese al suo fianco. Avrebbe dormito
con lei, ma non per questo avrebbe permesso ai brutti sogni di
rovinarle l'unico momento di quiete in quella giornata piena di
efferatezze.
*
Quando
vide dove si trovava non riuscì a trattenere un sorriso.
Era
un posto che conosceva, ci era stato un milione di volte. Con Lila.
Era stata lei a farglielo scoprire ed era lì che lo aveva portato la
prima volta che erano usciti a Cambridge.
Ricordava
ancora le parole che gli aveva rivolto mentre si accomodavano ad un
tavolo nel portico.
“Non
hai vissuto veramente fino a quando non assaggi le lasagne di
Giuseppe”
Aveva
annuito e lui era scoppiato a ridere, trascinandosi dietro anche lei.
Un velo di nostalgia gli annebbiò lo sguardo mentre lo spostava alla
ricerca del loro tavolo.
Poi
all'improvviso il riso scomparve sostituito dallo stupore quando vide
che, seduta là, c'era Lila.
Lila
e un sorriso invitante.
Senza
attendere altro corse da lei e la costrinse ad alzarsi per
abbracciarla forte.
Affondò
il viso tra i suoi capelli, ne ispirò il profumo dolce e le carezzò
la schiena e le braccia prima di allontanarla da sé quel tanto che
bastava per sfiorare il suo naso con il proprio.
Non
riuscì a trattenersi e la baciò come se da quello dipendesse la sua
vita.
Lila
ricambiò con lo stesso ardore, posando le mani sulle sue spalle per
sostenersi. Steve annullò ogni pensiero logico e si abbandonò a
quel contatto con ogni parte di sé.
Era
ciò che era accaduto a Thor. Forse tutta l'atmosfera era
un'illusione, ma Lila era lì, era reale. E la stava davvero
baciando, era davvero tra le sue braccia.
Non
le avrebbe permesso di andarsene, non di nuovo. Aveva già commesso
quell'errore una volta, non lo avrebbe fatto di nuovo.
Quando
si separarono per il bisogno di ossigeno Lila mugugnò contrariata e
Steve si sedette, seguito a ruota da lei.
Le
afferrò una mano in una deliziosa replica di quel loro famoso
appuntamento.
“Stai
bene?” le domandò.
Sembrava
in salute, si disse mentre la scrutava. Forse un po' pallida, ecco.
“Ho
avuto momenti migliori, ma me la cavo”
“Cosa
vuol dire?” le chiese.
Lila
rimase in silenzio e Steve comprese che non voleva dirgli la verità
per non farlo preoccupare.
“Lila!”
la richiamò, arrabbiato.
La
ragazza sussultò e si rese conto che era furibondo. Non succedeva
mai che Steve si infuriasse a quel modo, ma quando lo faceva
persino Lila se ne sentiva urtata.
“Sono
stata torturata” sussurrò e Steve sbiancò. C'erano un milione di
domande che Steve avrebbe voluto farle, ma quando vide i suoi occhi
comprese che non era il suo corpo a stare male.
“Cosa
c'è che non va?”
Lo sguardo di Lila si riempì di malinconica
dolcezza “Tu sei sempre riuscito a capirmi con uno sguardo”
constatò, allungandosi per accarezzargli una guancia.
“Dov'è
il problema?”
“Mi
sono lasciata torturare perché era il piano che io e Loki abbiamo
ordito. Gli ho detto ciò che voleva sapere” sussurrò abbassando
il capo.
Era
stata debole e anche se quello era ciò che doveva fare il suo
orgoglio non lo accettava.
Steve
comprese quale fosse il problema e le strinse più forte la mano.
“Non
sei stata debole, Lils. Ti sei lasciata tortura e hai mantenuto la
mente abbastanza lucida da ingannare Phobos. Io lo chiamerei
coraggio, questo!”
Lila
alzò lo sguardo, pronta a ribattere, ma quando incontrò gli occhi
ardenti di Steve, così sinceri e convinti, non riuscì a
parlare.
Si
chiese se davvero fosse stata una sconfitta. Dopotutto, aveva
ingannato Thanos, lo aveva portato esattamente dove volevano loro.
Non
si era inchinata, si disse, e se anche lo avesse fatto avrebbe preso
la sua rivincita su quella creatura presto, molto presto.
“Grazie”
sussurrò a quel punto Lila.
Steve
le sorrise, ma poi tornò subito serio “Mi manchi, Lils”
“Anche
tu”
“Davvero? Non ti basta Loki accanto a te?”
Lila
strabuzzò gli occhi e quando Steve si rese conto delle sue parole si
morse la lingua, desiderando rimangiarsele. Non avrebbe voluto farle
sentire la sua amarezza, non quando avevano così poco tempo per
stare insieme.
“Non
hai ancora preso una decisione, vero?” le domandò, incapace di
cambiare argomento ora che avevano iniziato quello.
Lila
scosse il capo e non disse altro. Cadde il silenzio e Steve sospirò.
Avrebbe voluto sentirle dire che aveva fatto la sua scelta, che era
lui che voleva, ma sapeva di dover attendere ancora.
Ad
un certo punto Lila alzò lo testa di scatto “Abbiamo perso tempo,
Steve! Non so come faccio ad essere qui, ma è un bene. Dovete essere
informati del piano”
“Ma
Lila...”
“Niente
ma, Steve. Phobos pensa che voi abbiate e il Tesseract e lo vuole”
“E
perché pensa questo?”
“Perché glielo ho detto io. Quando
verrà a cercarlo, e lo farà presto, dovrete tenerlo occupato
abbastanza a lungo da permettere a me e a Loki di fuggire”
“E
come avete intenzione di fare? Non sarà pericoloso?” le domandò.
“Non
ti preoccupare di questo. Non so come Phobos abbia intenzione di
agire, ma tenetelo occupato quanto più potete”
“E
se doveste fallire?”
A
quel punto, anche se Lila tacque, Steve comprese tutto ciò che lei
non voleva dirgli. Quasi soffocò nella consapevolezza che quella
poteva essere l'ultima volta che la vedeva.
Si
alzò e la costrinse a fare altrettanto, poi se la strinse al petto.
Dolorosamente, come se dipendesse la sua vita da quell'abbraccio.
Lila
chiuse gli occhi e si lasciò andare tra quelle braccia. Poteva
essere l'ultima volta che lo stringeva a sé e se proprio doveva
morire voleva farlo con il suo ricordo ben impresso nella mente.
Il
suo profumo la faceva impazzire e non riuscì a trattenersi dal
baciarlo. Non era un semplice bacio, ma pura necessità.
Entrambi
dipendevano da quel contatto come se fosse stato aria o acqua.
Si
scoprì ad attingere a piene mani da quell'oceano di dolcezza e
passione e il bacio crebbe in fretta, come se fossero i loro corpi a
dettare il ritmo al di là della loro volontà.
Non
che loro non fossero pienamente consenzienti.
Sembrava
che l'istinto li spingesse ad attingere quanto più potevano da quel
bacio, come un assetato a cui viene dato da bere dopo una lunga
astinenza.
Se
fosse dipeso da loro sarebbero rimasti così fino alla fine dei loro
giorni, ma Steve si rese conto presto -troppo- che Lila stava
cominciando a sparire.
Era
esattamente come lo aveva descritto Thor: dapprima perse consistenza,
poi la sua immagine sbiadì lentamente.
“Ti
amo!” riuscì solo ad dirle prima che se ne andasse.
“Anche
io, qualunque cosa succeda” e poi scomparve del tutto, lasciandolo
sveglio e madido di sudore nel proprio letto.
Continua
|
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Capitolo 10 *** Se è amore non puoi scappare ***
L'amore
Come
promesso, il secondo capitolo in una sola giornata.
Vi
chiedo scusa se non risponderò alle recensioni, ma non mi sento
molto bene in questi giorni e andrò nel letto appena pubblicato.
Buona
lettura^^
Capitolo
X
Se è amore non puoi scappare
Lila
aprì gli occhi, ma avrebbe preferito rimanere ancora nel suo sogno,
o qualunque cosa fosse.
Si
sentiva debole, spossata dalle ferite e dalla tristezza.
Fino
a quando era rimasta sveglia e con Loki accanto era stato facile non
pensare a Steve e alla sua lontananza, ma ora che lo aveva rivisto
non poteva negare quanto le mancasse: era come se mille coltelli
arroventati le avessero infilzato il cuore e la carne.
Una
volta superata l'iniziale ondata di dolore, Lila si accorse di una
mano che le accarezzava i capelli.
“Sei
sveglia?” le chiese Loki e Lila annuì.
“Ti
sei agitata molto stanotte” le disse e la ragazza notò la sua
freddezza.
Se
ne risentì: perché un minuto prima doveva essere premuroso e quello
dopo doveva tornare ad essere semplicemente il dio degli Inganni di
sempre? I suoi cambiamenti di umore le facevano girare la testa.
“Cosa
c'è che non va, Loki?” gli domandò con un sospiro, troppo stanca
per mostrare tutta la sua indignazione.
“Hai
invocato più di una volta il nome di Steve”
“Ho
fatto un sogno, come l'altra volta, e gli ho comunicato i nostri
piani” disse. Non si stava giustificando, non aveva fatto niente di
male dopotutto, ma Loki doveva comunque sapere che i Vendicatori
erano al corrente dei loro piani. Questo non implicava certo che
dovesse sapere cos'altro era successo.
“Terranno
Phobos occupato?”
Lila
annuì e si sentì stanchissima, come se avesse corso per miglia
senza mai fermarsi.
Vide
lo sguardo di Loki e comprese che c'era qualcosa che voleva
chiederle, una domanda che aveva intenzione di farle: glielo leggeva
negli occhi.
“Cosa
vuoi sapere, Loki?”
Il ragazzo si chinò su di lei e Lila si
sentì sovrastare dal suo corpo. Fronte contro fronte, Lila si
ritrovò occhi negli occhi con lui.
Se
fosse stata un'altra persona forse Lila avrebbe pensato al desiderio
di trasmetterle il proprio amore, ma era Loki e la ragazza era certa
che ci fosse dell'altro.
“E
avete parlato solo del piano?” le domandò e in un attimo fu tutto
chiaro: quel suo sguardo era un modo per comprendere se stesse
davvero dicendo la verità.
Buffo
come il dio degli inganni pretendesse da lei la sincerità.
“No,
ma questi non sono affari tuoi, giusto?”
“Ne
sei convinta?” le soffiò a pochi centimetri dalle labbra.
Il
bisogno di contatto fisico di Loki a volte la sconcertava, tanto più
che non lo aveva visto comportarsi in quel modo con nessuno. Sembrava
che avesse bisogno di sentire vicina solo lei, Lila.
Si
era chiesta perché accettasse i suoi baci, le sue carezze, i suoi
abbracci e all'inizio si era detta che poteva essere un modo per
raggiungere lo scopo che si era prefissa, ma ora non era più
credibile.
Era
inutile negare che le piaceva quando le stava vicino e che il
contatto fisico era una parte integrante del loro rapporto, qualunque
esso fosse.
“Sì”
sussurrò prima che lui la baciasse. Si attardò un po' sulle labbra
di lei e quando la liberò dal suo abbraccio Lila sospirò.
Non
poteva più negare il nome di quel sentimento, non a quel punto
almeno. E in fondo si trattava solo di dargli uno stupidissimo nome,
la cosa più semplice da fare a quel punto.
Era
amore, quel tipo di amore che addolcisce lo sguardo e illumina
di un luce nuova ogni cosa.
Se
fosse stata in un'altra situazione avrebbe gioito per l'aver
finalmente raggiunto la conoscenza, ma in quel caso serviva solo a
complicare la situazione.
Loki
si rese conto che qualcosa era cambiato nello sguardo di Lila.
“Mi
guardi in modo diverso” le fece notare.
“E'
perché ti amo” gli rispose, simulando il suo stesso stupore di
fronte a quelle parole.
Non
aveva deciso di dirlo, non era nemmeno sicura che fosse giusto farlo,
eppure la frase era sgorgata dalle sue labbra prima che riuscisse a
fermarla e con una naturalezza che la sorprese.
Tuttavia
non si sarebbe tirata indietro perché sapeva che erano vere.
Dapprima
Loki faticò a credere alle proprie orecchie, poi piano a piano le
sue parole penetrarono dentro di lui e alla fine non riuscì a
trattenere un sorriso.
“Mi
ami?”
Lila
annuì, inchiodandolo con gli occhi. Non era il tipo da fuggire di
fronte alle cose, neanche quando minacciavano di provocarle dolore.
Lei
era più il genere di persona che prendeva in mano la situazione e
così fece anche in quella situazione.
Prese
il viso di Loki tra le mani e lo avvicinò al proprio “Io ti amo.
Non so che tipo di amore sia, so solo che ti amo. So che questo
complicherà la mia scelta, ma dovevo dirtelo”
“Perché?”
Lila
gli rivolse un sorriso sfavillante, di quelli che gli riservava tempo
prima “Perché mi avevi chiesto una possibilità e ti sto
dimostrando che te l'ho concessa davvero”
Fu
lei stavolta a baciarlo e quando le sua labbra toccarono quelle di
lui, Loki pensò di non aver mai provato un'emozione così intensa.
Gli
scoppiò nel petto, simile a un fuoco d'artificio, e si irradiò per
tutto il suo corpo, simile a un fiume.
Non
aveva mai provato un'emozione tanto forte né aveva mai amato -sì,
non poteva negare di amarla- qualcuno a quel modo.
Fu
felice di aver rifiutato l'offerta di Phobos e si disse che ora aveva
un motivo in più per non morire.
Rumore
di armi, ringhi e urla feroci li costrinsero a separarsi e a volgere
lo sguardo verso la porta. Non ci voleva un genio per capire che
Thanos si stava muovendo ed entrambi si scambiarono uno sguardo
significativo.
Dal
momento in cui il chiasso sarebbe cessato non avrebbero avuto molto
tempo e avrebbero dovuto fare in fretta se volevano uscirne vivi.
“Pronta?”
le domandò
Lila
annuì e si alzò in piedi. Le doleva la schiena e muoversi era
difficile, ma non poteva permettersi nessuna debolezza in quel
momento, tanto più che neanche Loki era in piena forma.
A
dire il vero, forse quello messo peggio era proprio lui perciò
avrebbe dovuto stringere i denti. Ma prima di iniziare doveva
assicurarsi di una cosa. Si voltò verso Loki e ne incrociò lo
sguardo.
Fuori
l'aria era ancora satura dei suoni che precedono una battaglia.
“Se
qualcosa andasse storto e solo tu dovessi raggiungere lo scettro,
devi andare via”
“Non
ti lascio qui” inorridì lui.
“Non
servirebbe a niente essere catturati entrambi di nuovo. Tu puoi
capire dove siamo mentre fuggi e portare con te i Vendicatori, io no.
E' semplice, Loki”
Il
dio avrebbe voluto trovare un argomento che lei non potesse confutare
per dimostrarle che aveva torto, ma, per quanto si sforzasse, non
riuscì nel suo intento.
Alla
fine dovette desistere e fu costretto ad annuire.
Lila
sospirò, sollevata. Era stata una decisione difficile da prendere e
ci aveva riflettuto a lungo.
Era
un gesto assurdamente eroico, il classico sacrificio da film -sì,
Lila aveva anche trovato il tempo di riderci sopra-, ma per Lila
aveva un significato ben preciso.
Voleva
dire mettere da parte l'istinto di sopravvivenza, letteralmente se
stessi, per lasciare spazio a qualcun altro e non era neanche
lontanamente facile come pensava chi non si trovava in quella
situazione.
La
sola idea di essere lasciata sola la faceva impazzire, ma era la cosa
giusta da fare e non poteva ignorarlo.
Non
era però il momento per pensarci: ora doveva fare l'impossibile per
fuggire.
“Bene”
chiuse la questione e tese l'orecchio.
I
rumori si erano placati, sostituiti dal silenzio, il che voleva dire
che era giunto il momento di agire.
Appena
furono in piedi si presentò loro il primo ostacolo, una cosa che
pure con le loro menti illuminate non avevano considerato: la porta.
“Non
capisco come abbiamo fatto a dimenticarcene” considerò Loki.
Lila
la esaminò in ogni dettaglio: era un uscio di legno massiccio, ben
saldo sui cardini e con una stupida serratura arrugginita.
Se
ci fossero stati Steve o Thor avrebbe detto loro di buttarla giù a
spallate, ma non era sicura -in realtà ne era certa- che la sua
forza e quella di Loki non fossero sufficienti.
No,
la soluzione era un'altra e arrivò proprio ripensando all'unica
volta in cui si era trovata prigioniera in una stanza.
Sorrise
diabolicamente, armeggiando con i propri capelli e alla fine trovò
ciò che aveva bisogno.
“Non
mi sembra il momento di dedicarsi alla propria immagine” la prese
in giro.
Lila
alzò gli occhi al cielo mentre si chinava sulla serratura con un
sorriso furbo.
“Cosa
pensi di fare?”
“La
stessa cosa con cui ho fregato te sei mesi fa”
Iniziò
ad armeggiare con la forcina e la porta. La sua espressione si faceva
via via più concentrata mano a mano che procedeva nello sforzo di
unire velocità ed efficacia.
Lila
sapeva di non avere troppo tempo e quella porta si stava rivelando
fin troppo complicata da aprire per i suoi gusti.
Sentì
che una parte del cilindro scattava, ma nonostante questo la porta
opponeva ancora resistenza ai suoi tentativi di aprirla.
“Oh,
dannazione!” imprecò scagliando un calcio all'uscio che ruotò su
se stesso. Lila strinse le labbra in un'espressione stizzita mentre
Loki scoppiava a ridere alle sue spalle.
“Be'”
ansimò alla fine il dio “almeno l'hai aperta”
La
ragazza lo fulminò, ma decise di rimandare ad un altro momento la
sua legittima vendetta: ora dovevano sbrigarsi.
Il
corridoio era sgombro, ma ora erano di fronte ad un altro problema.
“Come
troviamo il tuo scettro?” domandò rivolta a Loki. Quando lo vide
ammutolire, sbiancò.
Se
il loro piano fosse andato a monte Thanos li avrebbe uccisi. Ma, a
ben pensarci, quella era la prospettiva più rosea.
Poteva
frustarli fino alla morte, torturarli o far loro del male in mille
altri modi, tutti di gran lunga peggiori della morte.
Loki
chiuse gli occhi e Lila si aggrappò inconsciamente al suo braccio.
“Non
preoccuparti, principessa. Seguiamo la scia di energia”
Non
sapeva di cosa stesse parlando, ma Lila si fidava di lui e lo seguì
senza remore. Solo a metà strada si rese conto che Loki avrebbe
potuto condurla in una trappola.
Aveva
parlato con Thanos da solo e poteva aver stretto con lui un'alleanza
che gli salvasse la vita.
Una
persona normale avrebbe preso in considerazione quell'eventualità e
avrebbe cercato di tutelarsi, in qualche modo, ma non Lila.
Lei
era certa che non l'avrebbe ingannata né messa in pericolo,
non dopo quello che si erano detti -che lei gli aveva detto, si
corresse- e che avevano passato in quei giorni, insieme.
Era
così immersa in quei pensieri che non si accorse che Loki si era
fermato ad un angolo e continuò a camminare fino a quando il dio non
la afferrò per la vita e la strinse a sé, impedendole di procedere
oltre.
“Ma
cos...” la sua domanda venne stroncata dalla mano di Loki. Si
sporsero e notarono due chitauri a fare da guardie alla porta dove
era evidentemente custodito lo scettro di Loki.
“Idee?”
le domandò e Lila annuì mentre Loki mollava la presa sulla sua
vita. A Lila bastò poco per scattare in avanti e correre verso i due
mostri.
Quando
la videro diedero l'allarme, ma quel gesto segnò la loro disfatta.
Dovevano essere molto deboli, perché per Lila fu facile metterli al
tappeto.
Rubò
loro le armi e fece cenno a Loki si avvicinarsi. L'allarme non la
smetteva di suonare e a breve sarebbero stati sotto attacco.
“Sei
un'incosciente” le disse mentre la vedeva buttare giù la porta
grazie all'arma che si era appena conquistata.
“Volevi
entrare, giusto? Bene, ti ho aperto la strada” gli fece notare
mentre varcavano l'uscio o quello che un tempo lo era stato.
Al
centro della stanza faceva bella mostra di sé il tanto sospirato
scettro. Quando Loki lo afferrò brillò di più per un momento.
“Devo
dire che non sono mai stata così contenta di vederti con un'arma in
mano” scherzò Lila.
Sapeva
che erano vicini al raggiungimento del loro piani e non poté
trattenere l'euforia quando si rese conto che presto sarebbero stati
con gli altri Vendicatori, al sicuro.
In
quel momento un boato distrusse la parete di fronte a loro e un
gruppo di chitauri fece la sua comparsa, armato e pronto ad
aggredirli.
“Andiamo
via di qui!” urlò Loki e tentò di afferrare il braccio di Lila.
Purtroppo
per lui la ragazza venne strattonata lontano e sbatté la testa
contro il muro. Quando si tastò la nuca sentì qualcosa di caldo e
appiccicoso impiastricciarle le dita, ma stranamente il mondo intorno
a lei non perse consistenza.
Per
un attimo si velò, come se fosse scesa la nebbia, ma tornò subito
nitido. Si rialzò un po' a fatica, anche a causa delle ferite sulla
schiena e schivò un paio di colpi, poi finalmente trovò un secondo
per voltarsi verso Loki.
Stava
combattendo con un gruppo di mostri, ma i suoi movimenti erano lenti
e le ferite lo rendevano goffo.
Doveva
andare a dargli una mano, decise, ma prima che potesse muovere un
solo passo vide un chitauro allungarsi, superare la guardia di Loki e
colpirlo al fianco.
In
un'altra occasione probabilmente Loki non avrebbe fatto una piega, ma
il suo corpo era sfiancato dalle ferite e troppo debole per
resistere.
Scivolò
in ginocchio e Lila si slanciò verso di lui. Era furiosa e
preoccupata, una combinazione che non portava mai niente di positivo.
Sapeva
di dover rimanere lucida, ma la rabbia la accecò e all'improvviso la
priorità divenne avvicinarsi a Loki e capire se stava bene.
Con
un calcio ben assestato riuscì ad allontanare l'ultimo chitauro che
si era frapposto fra lei e il suo obiettivo.
“Loki!”
lo chiamò.
“Prendi
lo scettro e va via” sussurrò mentre tentava di rialzarsi.
Lila
non gli diede retta.
Recuperò
lo scettro, scivolato poco più avanti, e strinse la presa sul
braccio di Loki. Non sapeva esattamente cosa doveva fare ed era
sicura che non avrebbe funzionato fino a quando non fosse stato Loki
a volerlo.
“Loki,
devi essere tu. Lo scettro con me non funziona” lo richiamò con
energia.
Il
dio, per parte sua, si sentiva galleggiare in una sorta di curioso
dormiveglia. Le tenebre promettevano di dargli un sonno tranquillo,
una pace tanto agognata, ma c'era la voce di Lila, calda e luminosa
come un raggio di sole, che gli impediva di addormentarsi.
Dovette
sforzarsi per comprendere le sue parole, ma alla fine riuscì a
decifrarle.
Mosse
una mano e afferrò lo scettro che lei gli porgeva.
Lila
lo strinse a sé e in un attimo scomparvero.
*
Stavano
combattendo da troppo poco tempo, si disse Steve mentre vedeva che i
Chitauri cominciavano ad arretrare verso il portale.
Dovevano
dare più tempo a Lila e Loki di fuggire.
“Bloccateli!”
urlò agli altri Vendicatori e subito Tony e Bruce si frapposero fra
i mostri e la loro via di fuga.
Steve
non era concentrato come avrebbe dovuto e lo sapeva anche lui.
Tuttavia il suo pensiero era solo per Lila e per ciò che stava
facendo.
Perché
ci metteva tanto?
La
sua mente non faceva che proporgli gli scenari peggiori e stava
letteralmente diventando pazzo.
Un
lampo di luce azzurra illuminò il campo di battaglia e Steve perse
un battito.
Si
distrasse e come lui fecero tutti i Vendicatori, quel tanto che
bastava per permettere ai chitauri di fuggire.
A
nessuno importava visto che quel raggio poteva voler dire solo una
cosa: Lila e Loki ce l'avevano fatta.
E
infatti un secondo dopo la luce scomparve e al suo posto c'erano i
due ragazzi.
Visibilmente
provati, sporchi di sudore, polvere e sangue, con gli abiti a
brandelli, ma vivi.
Il
cuore di Steve perse un battito per il sollievo.
Non
gli importava nemmeno che Lila tenesse Loki tra le sue braccia: la
sola cosa importante era che fosse libera.
Coprirono
tutti la distanza che li separava dal duo con poche falcate veloci,
dimentichi di tutto ciò che non fossero loro.
“State
bene?” domandò Bruce, tornato alla sua forma umana e avvicinandosi
per accertarsi delle condizioni di salute di entrambi.
Lila
annuì, ma guardò significativamente Loki. Le aveva passato un
braccio intorno alle spalle e lei lo sorreggeva per la vita.
La
figura di Loki la sovrastava e Lila sembrava malferma sotto il suo
peso, ma non diede cenno di voler lasciare la presa.
“Direi
che abbiamo passato momenti migliori”
“Fai
la sbruffona mentre siamo in piena fuga e vedi cosa accade” la
rimbrottò a mezza voce Loki e Lila sbuffò una mezza risata.
“Non
facevo la sbruffona. Ti ho salvato il culo” constatò, stizzita.
Loki fece per allontanarsi, ma non aveva considerato il taglio al
fianco dal quale perdeva sangue e le ferite, tanto che un violento
capogiro lo fece vacillare.
Pensava
che sarebbe caduto, nonostante le mani di Lils che si erano protese
per afferrarlo, e chiuse gli occhi, aspettando l'impatto con il
suolo.
Un
contatto che tuttavia non arrivò.
Ci
mise un po' a capire che qualcuno lo aveva afferrato, qualcuno di
molto più forte e grande di Lila
“Fratello”
lo chiamò Thor.
A
quelle parole, Loki alzò lo sguardo proprio a ribattere che no, lui
non era suo fratello, ma fu fermato da qualcosa nello sguardo di
Thor.
Una
tenerezza che non vedeva da tanto, un affetto antico che aveva
ignorato per troppo tempo. Per un attimo Loki capì di cosa parlava
Lila quando diceva di amare suo fratello.
Le
sue riflessioni furono interrotte dall'abbraccio in cui lo avvolse
Thor. Era assurda e strana tutta quella delicatezza messa in
relazione al dio del tuono.
All'inizio
cercò di opporsi, ma alla fine desistette e ricambiò timidamente la
sua stretta. A quel punto non poteva negare che una parte di lui, per
quanto avesse cercato di metterla a tacere, considerava ancora -e lo
avrebbe fatto sempre e per sempre- Thor suo fratello.
“Bentornato”
sussurrò il dio del tuono e Loki si lasciò scappare un mezzo
sorriso.
Lila
si morse il labbro e gli occhi le si inumidirono, ma sfoggiò un bel
sorriso, come quello di chi ha finalmente raggiunto il traguardo dopo
una lunga maratona.
Intanto
Steve si fece avanti, la afferrò e la strinse a sé delicatamente.
Non sapeva di che tipo fossero le sue ferite e quanto male le
facessero, perciò non voleva provocarle dolore.
“Ciao”
la salutò mentre lei appoggiava il capo sulla sua spalla. Lila
sorrise contro il suo collo e a Steve parve che un tassello
importante del puzzle fosse finalmente andato al suo posto.
“Ciao”
sussurrò la ragazza aumentando la presa sul suo collo.
Accanto
a loro, Loki guardava la scena senza fiatare. Sapeva che sarebbe
successo ed era giusto, ne era conscio.
Mentre
abbracciava Steve, le si affacciarono alla mente parole che
sembravano essere state pronunciate in un'altra vita.
Steve
una volta aveva detto che solo un miracolo avrebbe potuto salvare il
rapporto di Thor e Loki ed era così sicuro della sua affermazione da
aver scommesso con lei una cena nel suo ristorante giapponese
preferito.
“Ho
vinto io” gli ricordò con un sorriso divertito. All'inizio Steve
parve non capire, ma poi una significativa occhiata a Thor che
sollevava tra le braccia Loki gli fece comprendere ciò a cui Lila
stava alludendo.
“Vinto
cosa?” domandò Tony.
“Spero
che vi piaccia il giapponese, ragazzi. Stasera paga Steve” annunciò
la ragazza mentre Capitan America scuoteva il capo, sconsolato.
Prevedevano
tempi di magra per il suo povero portafogli.
*
“E'
proprio necessario tutto questo?” domandò per l'ennesima volta
Loki.
“Sei
stato torturato” ribadì Thor, con lo stesso tono di voce che
avrebbe usato con un bimbo poco sveglio -il che era piuttosto comico,
oltre che paradossale-.
“Ma
sto bene!” si lagnò di nuovo il dio degli inganni e Thor alzò gli
occhi al cielo. Era segretamente felice di battibeccare in quel modo
con Loki: gli sembrava di essere tornato ai tempi in cui erano poco
più che bambini e discutevano per le piccole cose.
Non
sapeva cosa fosse successo durante la prigionia, ma qualcosa doveva
essere accaduta. Loki se n'era andato come il dio degli Inganni ed
era tornato come suo fratello.
Dopo
attenta analisi, Thor aveva deciso che non gli importava: l'unica
cosa che contava era riavere suo fratello.
Intanto
Loki continuava ad agitarsi, irrequieto, sul lettino dell'infermeria
in cui lo aveva costretto. Probabilmente se non fosse rimasto lì
sarebbe sgattaiolato via tempo prima, ma Bruce non aveva ancora
finito di curarlo e le sue ferite erano davvero brutte.
“Sai,
se persino peggio di Lila” notò Bruce mentre suturava un taglio su
una spalla.
Loki
e Thor lo guardarono senza capire e il dottore alzò lo sguardo per
un secondo, giusto il tempo di sorridere appena e tornò al suo
lavoro.
“Ha
fatto molte scene e quando ho tentato di farle l'anestesia... be', ha
tirato fuori tutta la sua aggressività”
“Ha
affrontato eserciti, Phobos, la frusta... e ha paura di un ago?”
rise Loki, appuntandosi mentalmente di prenderla in giro per questo.
Bruce
non disse niente e Thor sorrise, ma da quel momento cadde il silenzio
fino a quando la porta non si aprì ed entrarono gli altri
Vendicatori.
Per
ultima entrò Lila. Era ancora pallida, aveva un braccio fasciato,
appeso al collo e si muoveva con cautela evitando i movimenti
bruschi.
In
una mano teneva una scatola verde mentre mangiucchiava quelli che
avevano l'aria di essere biscotti.
“Perché
lei mangia mentre io sono qui a farmi medicare?”
“Perché
mentre Bruce suturava i miei tagli, Steve è andato a prendermi i
macarons” gli fece la linguaccia lei prima di addentare un altro di
quei dolcetti.
“Cosa?”
le domandò e Lila si avvicinò, porgendogli con un sorriso uno di
quegli strani biscotti.
“E'
la mia ultima offerta” lo avvertì dopo un minuto buono di attesa
“Ora o mai più”
Aveva
un profumo e un aspetto invitante, dovette ammettere, così ne
addentò cautamente un pezzo.
E
scoprì che Lila aveva fatto bene a chiedere quei così per
prima cosa: erano assolutamente squisiti.
Forse
la ragazza comprese quanto gli fosse piaciuto perché gli porse la
scatola.
“Dai,
mangiali con me” lo incitò.
Per
quanto fosse golosa -e pochi sapevano quanto- a Lila piaceva mangiare
in compagnia e dividere il proprio cibo.
Riteneva
che condividere con le persone importanti qualcosa di banale come il
proprio cibo preferito potesse trasformare un azione di tutti i
giorni in qualcosa di speciale.
“Ora
che siamo tutti qui, che ne dite di raccontarci un po' cosa è
successo mentre eravate rinchiusi?” chiese Natasha.
Avrebbe
voluto lasciarli in pace, almeno per un po', ma non c'era tempo per
il riposo: erano in guerra e dovevano avere quante più informazioni
possibili.
“Se
volete sapere del nascondiglio di Phobos vi rivolgete alle persone
sbagliate” la freddò Loki “Non siamo riusciti a scoprire nulla”
“A
parte che me la pagherà per ciò che ci ha fatto” ringhiò Lila
serrando i pugni.
Non
avrebbe voluto reagire in quel modo, ma il ricordo dell'umiliazione
subita era ancora vivido in lei e lo sarebbe sempre stato.
Bruce
le aveva detto che le ferite si sarebbero rimarginate e che se
fossero rimaste cicatrici sarebbero state molto piccole e quasi
impossibili da vedere, ma Lila avrebbe sempre saputo che erano lì:
un tatuaggio, un marchio inciso sulla sua stessa pelle.
“A
questo punto non possiamo neanche programmare di attaccarlo”
sospirò Steve mentre prendeva una mano di Lila e la stringeva
delicatamente.
“A
questo punto l'unica cosa che possiamo fare è aspettare” concordò
Clint.
A
nessuno piaceva l'idea di lasciare che fosse Phobos a fare la prima
mossa, ma non aveva niente che potesse aiutarli a pianificare una
strategia.
“Aspettare
e tenerci pronti” gli diede man forte Tony.
Cadde
il silenzio, rotto solo di tanto intanto dagli strumenti che Banner
posava e afferrava di quando in quando.
Dopo
qualche minuto, il dottore alzò la testa e sorrise “Ho finito”
Si
tolse i guanti e li gettò di lato, poi tornò a guardare i suoi due
pazienti “Vi riprenderete benissimo entrambi, ma per precauzione è
meglio che vi riposiate in questi giorni. E” aggiunse quando vide
che Lila era pronta a ribattere “adesso conviene che andiate a
dormire. Senza offesa, ma avete delle occhiaie spaventose”
“Sarà
emozionante dormire di nuovo in un vero letto” asserì sbadigliando
Lila mentre si dirigeva verso la porta, imboccando la via per la sua
stanza.
Loki
la seguì e mentre si allontanavano li sentirono parlare.
“Ma
come” stava dicendo il dio “quel pagliericcio non ha soddisfatto
i tuoi bisogni?”
Non
sentirono la replica di Lila, ma il rumore di uno schiaffo fu per
loro una risposta esauriente e scoppiarono a ridere.
Continua
|
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Capitolo 11 *** Send me away with the word of a love song ***
Send me away with the words of a love song- Il tuo nome sulle labbra
Buondì!
Lo
so, gli aggiornamenti regolari non sono il mio forte, ma consolatevi: l’odissea
di questa storia –che si trascina da un anno e più- sta per finire perché avete
di fronte l’ultimo capitolo prima dell’epilogo.
E
manca tanto così alla scelta.
Per pura curiosità: voi lettori con chi fareste finire Lila?
Perciò,
accomodatevi e godetevi il capitolo.
Capitolo XI
Send me away with the words
of a love song
Lord make me a rainbow, I'll shine down on my mother
She'll know I'm safe with you when she stands under my colors
Oh, and life ain't always what you think it ought to be, no
Ain't even gray, but she buries her baby
If I die young, The Band Perry
Quattro
giorni dopo era ancora tutto tranquillo.
Lila
era decisissima a godersi un giorno -uno solo, non chiedeva certo tanto!- di
meritato risposo come lo intendeva lei.
E
ciò non comprendeva un letto, coperte, bevande calde e cinque Vendicatori nella loro miglior
versione di chiocce protettive.
Così
si era svegliata molto presto e aveva convinto -più che altro obbligato- un
pilota molto gentile ad accompagnarla a terra.
Certo,
l'uomo era stato un po' reticente perché non aveva avuto nessuna autorizzazione
da parte di Fury, ma alla fine Lila era riuscita a persuaderlo a portarla giù
per poi venirla a prendere nel tardo pomeriggio.
Si
era fatta depositare su un tetto nei sobborghi di New York e ora camminava
tranquillamente per le strade di Manhattan, diretta verso Broadway.
Aveva
chiamato suo fratello e gli aveva detto di volerlo vedere, così gli aveva
concesso di saltare la scuola e di raggiungerla da Starbucks.
Un
comportamento non proprio da lei che doveva aver insospettito Simon, ma il
ragazzo non aveva protestato.
Lila
aveva bisogno di respirare un po' di normalità e credeva di averne anche il
diritto.
Insomma,
non la si poteva biasimare se per alcune ore cercava di sfuggire all'orrore che
era diventato parte della sua stessa vita.
Aveva
passato quattro giorni in una prigione, con l'incubo della morte sempre
accanto, e probabilmente mai avrebbe dimenticato le battaglie e la distruzione
di quei giorni...
Nell'ottica
di Lila, era quasi un dovere trovare qualcosa di cui sorridere di tanto in
tanto, in tutto quel caos.
Entrò
nel negozio e la accolse subito la familiare aria profumata di caffè, caramello
e latte.
Diede
un'occhiata in giro e scorse una ben nota chioma bionda che sorseggiava un
caffè e si pavoneggiava con alcune ragazzine in divisa, esibendo la tua felpa
della squadra di football come se fosse una medaglia al valore.
“A
volte mi chiedo come facciamo io e te ad essere parenti” lo prese in giro con
un sorriso sardonico.
“Sorella!”
si alzò e la strinse in un abbraccio da orso.
Simon
aveva solo quattordici anni, ma era già più alto di lei e con le spalle larghe
di un uomo. Non sapeva come avesse fatto a diventare così massiccio, ma
era sicura che non fosse una cosa di famiglia: prova ne era il fatto che lei
era tanto minuta e aggraziata quanto lui alto e massiccio.
Se
qualcuno li avesse visti -lei quasi bionda, piccola e lui castano scuro e
muscoloso- avrebbe pensato che non fossero neanche lontanamente parenti.
Quando
la lasciò libera di tornare a respirare Lila si accomodò sulla sedia di fronte
e ordinò un latte caramellato con tanta, tanta panna.
“Come
va con la scuola?” domandò con un sorriso disinvolto.
Simon
la scrutò con occhi attenti e alla fine si sporse verso di lei con
l'espressione più seria che gli avesse mai visto addosso.
“Cosa
c'è che non va, Lils?”
Quello
-l'innata
capacità di guardare dentro le persone- avrebbe invece confermato che erano
proprio fratello e sorella.
“Perché
dovrebbe esserci qualcosa che non va? E non hai risposto alla mia domanda”
“Tu mi hai fatto saltare la scuola. E tu non lo fai mai, a meno che non
sia qualcosa di veramente serio. Perciò, sorellina, dimmi qual è il problema,
senza girarci troppo intorno”
La
ragazza abbassò lo sguardo e si mordicchiò nervosamente il labbro inferiore,
tamburellando le dita sul tavolo.
Non
poteva coinvolgere suo fratello in quella guerra, ma aveva bisogno di parlare
con qualcuno della situazione con Steve e Loki, qualcuno che non la giudicasse
e che l'avrebbe amata a prescindere da qualunque scelta avesse fatto.
“Mi
sono innamorata di un altro uomo” esalò alla fine.
“E
Steve? Lo amavi così tanto!”
“E
lo amo ancora! E' questo il problema, capisci? Come posso scegliere tra due
tipi di amore così diversi, eppure ugualmente forti?”
“Ok,
ho capito. Ora taci e ascolta, sorella” la fermò lui stringendole una mano.
Lila era stata una bambina, poi una ragazza e infine una donna decisa e forte.
Era stata un modello da seguire, non tanto per i suoi traguardi
-irraggiungibili per lui, in realtà- ma per la sua capacità di fare la cosa
giusta, anche quando era la scelta più difficile.
Spesso
lo aveva fatto per lui, spesso per sé stessa... ma questo non la rendeva una
persona perfetta, priva di macchie e sovrumana.
Al
contrario, sua sorella era tremendamente umana e Simon poteva solo immaginare
quanto le dispiacesse non riuscire a fare la cosa giusta.
“Io
adoro Steve e tu lo sai, ma non ti dirò di scegliere lui se non sei sicura e
spero non sia questo quello che ti aspettavi. Il punto non sono loro, ma tu: io
voglio che tu sia felice e forse il fatto che questo amore ti provochi
tanta sofferenza vuol solo dire che non sono le persone giuste per te. L'amore
dovrebbe essere la cosa che più ci avvicina alla magia, non dovrebbe
tormentarti fino a desiderare di fuggire. Non so cosa provi esattamente per
loro, ma qualunque sia la tua scelta, ti appoggerò sempre” la rassicurò.
“Cosa
mi stai suggerendo?”
“Sto
solo dicendo che non ti lascerò mai sola. Mi dispiace, ma dovrai sopportarmi
ancora per... il resto della tua vita?”
Lo
sguardo di Lila si addolcì mentre si alzava con il suo latte caramellato da
asporto. Simon la seguì e insieme uscirono dal locale.
“Ora
devo andare. Posso anche aver saltato la scuola, ma non posso mancare agli
allenamenti”
Lila
lo abbracciò. Mentre lo stringeva a sé si rese conto che di lì a poco si
sarebbe scatenata la più terribile delle battaglie che la Terra avesse mai
visto e che sarebbe potuta morire davvero. Non era un'opzione improbabile:
quella poteva essere l'ultima volta che abbracciava suo fratello.
Gli
occhi le si riempirono di lacrime. Lo faceva anche per lui, si disse, eppure
l'idea di un futuro senza Simon la distruggeva.
Aveva
amato suo fratello dal primo momento in cui aveva respirato ed era stato la sua
famiglia prima che arrivassero Kurt, Jackson e i Vendicatori.
“Qualunque
cosa succeda” gli sussurrò all'orecchio “ti vorrò sempre bene”
“Cosa
dovrebbe succedere, sorella?” rise lui e Lila provò una stretta allo stomaco
mentre si allontanava da lui.
“Niente,
hai ragione, ma sappi comunque che sono tremendamente fiera di ciò che sei
diventato”
“Sì,
modestia a parte, sono un fico”
“Sì,
ho fatto proprio un ottimo lavoro con te” scherzò Lila e Simon si imbronciò
borbottando parole incomprensibili.
Quando
si separarono, Lila prese a camminare in fretta per allontanarsi da Broadway.
Le parole di suo fratello l'avevano fatta riflettere.
Era
stato facile non pensare alla scelta che doveva fare fino a quando era stata
rinchiusa: aveva altro a cui pensare e nessuno l'avrebbe biasimata per questo.
Ma
ora che era tornata non poteva più esimersi. Mentre camminava e sbocconcellava
distrattamente un dolcetto comprato in
una piccola pasticceria, si ritrovò a fissare una grande fontana in pieno
Central Park.
Avrebbe
dovuto tornare per non far preoccupare nessuno, ma decise che poteva concedersi
qualche minuto per ammirare i giochi d'acqua e il riflesso del sole.
Da
quando era rimasta rinchiusa in quella microscopica prigione con Loki aveva
iniziato ad apprezzare di più gli spazi ampi e la solitudine. Non aveva mai
apprezzato tanto la libertà.
Ma
non era quello il motivo per cui voleva un po' di quiete. Doveva fare la sua scelta,
non c'era possibilità.
A
volte si chiedeva se non stesse diventando monotona: l'unica cosa a cui
riusciva a pensare ora era quella.
Non
poteva andare a impelagarsi in una storia più scontata: lei, lui, l'altro.
Con
uno sbuffò si lasciò cadere su una panchina, al sole: novembre era una stagione
fredda, ma quel giorno i raggi dorati erano tiepidi a sufficienza da scaldarle
il viso.
Steve
o Loki? Chi scegliere?
Aveva
sempre saputo di amare Steve e di farlo con un'intensità tale da togliere il
fiato. Non aveva mai provato un amore del genere per qualcuno.
Lui
tirava fuori il meglio di lei, la rendeva una persona migliore, degna di ogni
cosa buona.
Qualunque
ragazza sognava un amore di quel genere.
E
allora perché a lei non bastava?
Non
era quello il punto, comprese in un lampo. Non era questione di farsi bastare
Steve. Il problema era che non aveva chiesto di innamorarsi anche di Loki,
non lo aveva voluto per compensare una qualche insoddisfazione.
Era
successo e basta ed era stufa di chiedere scusa per quello.
Sì,
amava anche Loki. Forse non allo stesso modo di Steve, ma sicuramente con la
stessa intensità.
Fu
quel pensiero a farle capire che non avrebbe mai potuto scegliere.
Avrebbe
voluto e dovuto farlo, ma se li amava con la stessa forza... come fare a dire
addio a uno dei due?
Sapeva
che se avesse scelto, prima o poi avrebbe fatto pesare quella decisione sul
capo del fortunato e non era ciò che voleva.
C'era
un'unica cosa da fare, anche se questa le avrebbe spezzato il cuore, un'unica
decisione da prendere e...
All'improvviso
i suoi pensieri vennero interrotti da un boato assordante e dalle urla di
migliaia di persone.
Scattò
in piedi e notò, al di là della sommità degli alberi, filoni di fumo e polvere
provenienti dal 'Upper West Side.
Non
ci volle molto a capire cosa stesse accadendo e tutto divenne ancora più palese
quando notò il varco nel cielo.
Non
aveva tempo di inorridire, così corse in direzione della battaglia. Mentre si
muoveva afferrò l'auricolare che per precauzione portava sempre con sé e se lo
infilò.
“Ragazzi,
mi sentite?”
Quando
non ricette risposta si lasciò scappare un'imprecazione colorita.
“Dannazione,
volete rispondere?”
“Lila,
sono Bruce. Che succede?”
“Thanos
sta attaccando New York. Dovete venire qui, ora. Io mi sto dirigendo verso la
zona”
“Aspetta!
Non puoi andare da sola!” la richiamò la voce di Steve.
“Sono
già qui, non starò ad aspettare che tutto sia distrutto. Fate in fretta” gridò
mentre entrava nel pieno dell'azione.
Sembrava
di rivedere l'attacco dei chitauri di sei mesi prima. Alcuni edifici stavano
crollando, la gente correva da una parte all'altra, tutto intorno a lei c'erano
macchine distrutte e altre che bruciavano.
Era
uno spettacolo terribile, uno scenario di morte e distruzione che mai Lila
avrebbe potuto dimenticare.
“Lila,
no, aspetta! Dannazione, fermati!”
“Muovetevi”
ribadì prima di chiudere le comunicazioni. Le avrebbe riaperte una volta che
fossero comparsi sul campo di battaglia.
Diamo
il via alle danze.
*
“Io.
Odio. I. Chitauri” ringhiò Tony mentre si risollevava dalla polvere.
Al
suo fianco, tutti gli altri Vendicatori erano sudati, sporchi di polvere e
sangue. Ed erano tutti stremati: combattevano da ore senza pause e al massimo
delle loro forze.
Natasha
e Lila sembravano le più provate, ma dopotutto erano umane e combattevano senza
l'ausilio di armature.
Nessun
essere semplicemente umano avrebbe retto a ritmi del genere, ma erano entrambe
decise a non mollare.
“Il
peggio deve a-ancora a-arrivare” ansimò Lila mentre si piegava su un fianco e tossiva
per lo sforzo, salvo poi spostare la testa a destra e sinistra.
Non
era solo la stanchezza del corpo a stordirla, ma anche quella dello spirito. I
suoi occhi avevano visto morti, sangue,
devastazione a sufficienza per infiacchire anche l'animo più coriaceo.
Era
sconfortata: se non avevano potuto salvare tutto quelle vite, per cosa
combattevano?
“Dovresti
riposarti un po'” azzardò Steve e Lila alzò lo sguardo su di lui,
fronteggiandolo con una strana luce negli occhi.
“Fingerò
che tu non abbia aperto la bocca per dire una stronzata tanto grande” sibilò e,
pur nella confusione, il linguaggio di Lila attirò la loro attenzione. Lei non
era mai volgare, mai, neanche per sbaglio.
“Scusate,
divento sboccata quando sono arrabbiata. E nervosa. E stressata. Ho bisogno di
un centro benessere” gemette alla fine, facendo sorridere tutti per un attimo.
Poi
tornarono a combattere, forse con più forza di prima.
Lila
aveva ragione: il peggio non era ancora arrivato dal momento che Thanos non era
ancora giunto.
Nessuna
comparsa, neanche breve. Niente.
Quell'assenza
era sospetta e quantomeno preoccupante.
Lila
pugnalò un mostro e si lasciò cadere per un attimo a terra, ansante. Sentiva i
polmoni in fiamme, le gambe molli e la testa pulsante.
Ogni
respiro era una sofferenza e sembrava che qualcuno la infilzasse la trachea con
lame roventi.
All'improvviso
i chitauri si ritrassero e accerchiarono i Vendicatori che a loro volta si
strinsero in un cerchio, guardandosi le spalle a vicenda.
Una
luce azzurra, familiare e inquietante, illuminò brevemente la strada e le
macerie per poi dissolversi, lasciando il posto a lui.
Thanos.
Solo
quando lo vide sul viso di quel mostro, Lila capì quanto aveva sperato di
vederlo comparire.
Non
aveva mai provato un disprezzo così intenso, così pulsante, verso qualcuno, ma
non le faceva paura.
Era
galvanizzante, un veleno caldo che le serpeggiava lungo le membra e le fece
vibrare in gola un ringhio.
Fu
felice di vedere che non sorrideva più. Al contrario, sembrava furibondo.
“Pagherete
entrambi per avermi ingannato” sibilò e per qualche strana ragione a Lila
ricordò il suono di un serpente pronto ad attaccare.
“Che
ne dici di fare meno chiacchiere e più a botte?” lo istigò Tony mentre tutti i
Vendicatori serravano la propria presa sulle armi.
“Vi
do un'ultima chance, Vendicatori” esordì Thanos “consegnatemi il Tesseract e
quei due e avrete salva la vita insieme alla libertà del vostro pianeta”
Se
non avesse chiesto la consegna del cubo sarebbe stata un'offerta allettante,
quasi impossibile da rifiutare.
Sarebbe
stato bello poter ottenere una vittoria senza combattere, senza rischiare di
sacrificare nessuno, ma non a quel prezzo.
Il
Tesseract doveva restare ad Asgard, al sicuro. Senza contare che nessuno
avrebbe permesso a Thanos di portare via Loki e Lila.
Nessuno
lo disse, ma nemmeno per un attimo i Vendicatori presero in considerazione di
cedere la vita di quei due per la loro libertà.
Lila
spostò lo sguardo su tutti loro e vide impressa nei loro occhi la stessa
sicurezza che era sicura fosse presente anche nei propri.
In
un attimo comprese quanto grande dovesse essere l'affetto che nutrivano per lei
e, a dispetto di tutto, per Loki.
Se
ne sentì toccata e commossa perché mai avrebbe pensato che qualcuno avrebbe
scelto una guerra pur di salvare lei.
Non
che fosse l'unica ragione, questo lo sapeva. Ciò nonostante non riuscì a
levarsi di dosso la sensazione di intenerimento che le accese gli occhi.
“Grazie
per l'offerta, ma ci vediamo costretti a rifiutare” affermò con sicurezza
Steve.
Cadde
una calma irreale sul campo di battaglia, ma tutti sapevano che era la quiete
prima della tempesta.
Lila
sfruttò quegli ultimi secondi di pace per posare lo sguardo su Steve e poi su
Loki. Se fosse sopravvissuta a quella guerra, avrebbe detto loro qual'era la
sua scelta
perché oramai non aveva più dubbi.
Era
la cosa migliore da fare, anche se dentro di sé si sentiva morire per la
tristezza e il suo cuore si accartocciava per il dolore.
Decise
che non voleva pensarci, non ora. Le bastava vederli lì, accanto a lei, ancora
entrambi suoi, anche se forse era un pensiero egoista.
Un
mezzo sorriso fece la sua timida comparsa sul suo viso, ma venne presto
spazzato via dal boato che diede inizio allo scontro.
Lila
aveva un obbiettivo. E non era quello di arrivare viva alla fine della guerra
-non solo almeno- ma qualcosa di molto più ambizioso.
Voleva
Thanos.
Sapeva
che era folle, sconsiderato e imprudente -e probabilmente i Vendicatori
l'avrebbero placcata prima che lo raggiungesse- ma voleva saldare il vecchio
debito e non si sarebbe data pace fino a quando non lo avesse fatto.
L'umiliazione
bruciava e le ferite erano un monumento ad essa, un ricordo inciso su di lei.
Non
avrebbe perdonato né dimenticato ciò che aveva fatto a lei e a Loki e voleva
saziare quell'insano desiderio di vendetta.
Era
riuscita a strappare una lancia ad un chitauro e l'aveva eletta a sua arma,
scoprendo con essa un' affinità maggiore di quanto avrebbe mai immaginato: le
piaceva ed era facile maneggiarla.
Con
un gesto secco la strappò dal torace di un mostro morente e si guardò intorno
alla ricerca del suo nemico.
In
un altro momento, un gesto così crudo l'avrebbe almeno turbata, ma non in quel
frangente.
La
guerra priva l'uomo della sua umanità, pensò con amarezza, salvo poi svuotare la mente.
Aveva
scoperto che era più facile se si lasciava andare all'istinto, se permetteva al
disperato desiderio di vivere di guidarla.
Non
trovò Thanos e questo gli parve strano: dove poteva essere andato?
Steve
combatteva con un'orda di chitauri, Bruce e Natasha combattevano a terra,
mentre Thor e Tony controllavano il perimetro, il tutto sotto l'occhio vigile
-e la freccia pronta- di Occhio di Falco.
Che
fosse fuggito? Era certa che volesse ucciderli di persona e non credeva di
essersi sbagliata.
Eppure
lì lui non c'era, di questo era certa.
Voltò
il capo in ogni direzione, scansando attacchi e distruggendo avversari di
quando in quando fino a quando non si trovò in un punto più esposto degli
altri.
E
li lo vide: Thanos che le sorrideva, crudele.
Qualcuno
aveva detto che basta un attimo perché tutto cambi e in effetti fu questione di
un secondo.
Vide
Thanos alzare lo scettro, una raggio di luce partire da esso e attraversarla.
Dopodiché
fu il buio.
Ma
non erano le tenebre accoglienti e prive di paura nelle quali si dovrebbe
intravedere la luce, no.
Erano
dolorose e contorte, come un labirinto.
Le
sembrava le stessero lacerando le pelle in mille punti e ogni parte del suo
corpo andava alla deriva.
Non
aveva il controllo delle gambe, delle braccia, del viso... era intontita,
confusa e ogni volta che provava a focalizzare l'attenzione su un pensiero la
testa pulsava fino a darle la nausea.
Sentiva
lo stomaco bruciare come se dentro vi fosse lava e avrebbe voluto poter parlare
per chiedere aiuto.
Per
quanto tentasse di riprendere il controllo del proprio corpo questo le sfuggiva
e cadeva in uno stato di incoscienza fino a quando una nuova fitta non la
riportava indietro.
Il
dolore era insopportabile ed eccessivo.
Il
silenzio era irreale, soprattutto perché aveva la vaga sensazione che avrebbe
dovuto udire il rumore di qualcosa, anche se non ricordava cosa e le feriva i
timpani.
A
un certo punto venne sostituito da un vociare confuso e caotico, come se tante
persone stessero parlando tutte insieme.
Non
riusciva a distinguerle nel caos, anche se aveva la vaga sensazione che fossero
familiari.
Qualcuno
al suo fianco gemeva, qualcuno la chiamava. Perchè era lei Lila, no? Era il suo
il nome che stavano invocando, giusto?
E
all'improvviso, senza alcun nesso logico, realizzò che stava morendo; che un
momento prima stava combattendo una guerra e quello dopo giaceva a terra,
morente.
Stava
morendo.
Provò
panico e terrore, ma non così tanto come avrebbe pensato. Forse perché la sua
mente cominciò a lavorare a pieno regime per trovare il modo di rifiutare
quella realtà.
C'è
ancora speranza, sussurrò
a sé stessa e si aggrappò con forza a quel frammento di coscienza per non
andare alla deriva.
Eppure
sembrava così facile mollare la presa. Era come fare un passo o respirare: del
tutto naturale e di una semplicità disarmante.
Ma
non poteva, aveva troppi motivi per restare lì, motivi che superavano il
dolore. Non voleva che cessasse perché se l'avesse fatto sarebbe stata morta.
Fredda,
irrigidita, perduta.
Suo
fratello aveva ancora bisogno di lei e lei stessa non si sentiva pronta a una
vita -anche ultraterrena- senza Steve e Loki.
E
non era pronta neanche a lasciare se stessa. Amava ciò che era e non voleva
morire. Voleva vivere, con ogni fibra del suo essere. No,
si disse, non avrebbe mollato la presa.
*
Era
stato impossibile non vedere cosa era accaduto a Lila, eppure tutti
continuavano a pensare che si sarebbe rialzata da un momento all'altro.
Certo,
sarebbe scattata in piedi digrignando i denti e ringhiando come una tigre
arrabbiata, pronta a tornare a combattere.
Ma
quando niente di tutto quello si avverò il panico li assalì e un dolore forte,
persistente, invase l'animo e lo sguardo di Steve.
All'improvviso
non furono più importanti i chitauri né le milioni di persone da proteggere. L'unica
cosa davvero essenziale era lei, il centro del suo universo, stesa in una pozza
di sangue e mortalmente pallida.
Provò
la stessa sensazione che avrebbe sentito se qualcuno avesse preso il suo cuore
e lo avesse stritolato crudelmente fino a farlo morire.
Una
volta le aveva detto di non riuscire a pensare alla propria vita senza di lei.
Solo ora si rendeva conto di quanto fossero vere quelle parole: ora che lei era
lì, coperta di sangue e polvere, comprese come sarebbe stato inutile tentare di
tornare a vivere se lei fosse morta.
Si
sarebbe trascinato stancamente fino alla fine dei suoi giorni, combattendo i
cattivi e difendendo il pianeta per cui Lila aveva tanto lottato, ma non
sarebbe stato paragonabile a quando c'era lei.
Avrebbe
respirato la stessa aria, camminato sotto lo stesso cielo, guardato la stessa
luna... eppure niente sarebbe stato uguale, come se qualcuno avesse tolto il
colore ad un film.
“Lila”
la chiamò, scioccamente mentre si lasciava cadere accanto a quel corpo
mortalmente pallido, dimentico della battaglia intorno a lui.
Avrebbe
continuato a proteggere la terra, non avrebbe perso la fiducia nella giustizia,
avrebbe continuato ad essere Capitan America, ma non quel giorno.
“Lils...”
la chiamò ancora, prendendola tra le braccia e accarezzandole i capelli. Il
sangue gli imbrattò i guanti, ma non se ne curò.
Rimase
lì, con gli occhi sgranati e le labbra posate sulla fronte di Lila, mentre
intorno a lui imperversava la battaglia.
Non
gli importava: non si sarebbe alzato da lì.
*
Come
si uccide un immortale?, si chiese Loki mentre scansava un colpo ben assestato di
Thanos.
Combatteva
con quel mostro da un tempo che gli pareva lunghissimo, ma probabilmente non
erano più che una manciata di minuti.
Non
aveva visto cosa era accaduto a Lila, troppo impegnato a combattere contro un
manipolo di chitauri, ma ad un certo punto aveva avvertito una strana
sensazione allo stomaco e poi era stato come se una crepa gli si fosse aperta
al centro del petto, laddove c'era il cuore.
Allora
si era voltato come guidato da un istinto superiore e aveva visto Lila cadere a
terra, simile a un fiore in boccio reciso.
Era
stato allora che aveva provato una vasta gamma di emozioni. Dapprima c'era
stata la negazione, sostituita presto dalla rabbia, incontrollata e forte, che
aveva scaricato su altri mostri.
Infine
era stata la volta del dolore, acuto e straziante come se mille aghi di fuoco
gli stessero dilaniando il cuore.
A
quel punto non aveva più pensato e per la prima volta aveva agito d'istinto: si
era lanciato contro Thanos e avevano iniziato a combattere, mosso da qualcosa
che era parte di lui e che conosceva da sempre: la vendetta, calda, dolce,
inebriante.
Come
si uccide un immortale?, si domandò ancora.
Non
lo si uccide: questa fu l'unica desolante risposta.
Eppure
doveva esserci un modo per annientarlo, uno qualunque. La mente di Loki
lavorava incessantemente e a pieno regime per trovarlo, ciò nonostante la
soluzione tardava ad arrivare. Tuttavia era certo che di esserci tanto vicino
da poterla sfiorare con le dita, una volta che avesse allungato la mano nella
direzione giusta.
Come
si uccide un immortale?, ripeté, quasi come se ribadire la domanda lo avvicinasse
alla risposta.
“Lo
si rende mortale” gli rispose nella sua testa la voce di Lila , divertita
proprio come la sentiva sovente. Sembrava che lo stesse prendendo in giro e
quasi gli cadde l'arma di mano nel sentirla nella propria testa.
“Sto
impazzendo?” chiese.
“Mi
sembrava che fossimo d'accordo che tu sei già pazzo”
“E
tu saresti... cosa, esattamente? La mia coscienza?”
“Oh
no! Sono una proiezione della tua mente”
“E
cosa intendi con ?” le domandò ancora. Sembrava uno
sciocco mentre faceva tutte quelle domande, ma una parte di lui voleva
continuare a sentire la voce di Lila, convinto che, fino a quando lei avesse
parlato, il suo corpo non sarebbe morto.
“Renderlo
soggetto alla morte, privarlo dell'immortalità... ti bastano come sinonimi o ne
vuoi altri?” lo prese bonariamente in giro.
“E,
sentiamo, come dovrei fare?”
“Non
lo so, sei tu il mago, giusto? Io mi fido di te” lo disse con noncuranza e
se avesse avuto un volto e un corpo avrebbe anche alzato le spalle e accennato
a un sorriso distratto.
Quello
sarebbe
stato esattamente da Lils.
Intanto
però la sua voce era andata facendosi più flebile e Loki comprese che quel
parto della sua mente stava per dissolversi.
“Aspetta!”
la richiamò “Tutto questo è reale?” le domandò scioccamente. Avrebbe fatto di
tutto per trattenere un pezzo di Lils legato a sé, anche se questo voleva dire
costringerla come fantasma su quella terra.
Era
crudele ed egoistico, ma non le avrebbe permesso di andare da nessuna parte, in
nessuna forma.
“E'
così importante saperlo?”
“Se
tutto questo fosse reale, tu saresti morta”
La
voce rise, divertita, leggera, come se stessero prendendo un tè e Loki avesse
detto chissà quale amenità.
“Non
sono morta, non ancora, ma questo non vuol dire che non stia succedendo
davvero. Sono un frutto della tua mente, Loki, sono te”
Poi
ci fu solo silenzio, presto sostituito dall'attività brulicante della sua mente
alla ricerca febbrile di un piano.
In
tutto quel trambusto non aveva cessato di combattere e nel frattempo cercò tra
le tante letture qualcosa che facesse al caso suo.
Ripensò
ai libri letti ad Asgard, ai trattati di Magia Oscura, a ciò che aveva appreso
nei suoi lunghi pellegrinaggi nell'universo.
E
sì, Lila aveva ragione: c'era un modo, un incantesimo che avrebbe potuto mutare la natura di
qualunque creatura, mortale o immortale che fosse, un incanto così potente da
assottigliare la linea di demarcazione tra un dio e un uomo.
Avrebbe
richiesto un dispendio enorme di energia e una concentrazione smisurata, ma
Loki sapeva di potercela fare.
Ma
avrebbe avuto bisogno di aiuto, qualcuno che occupasse Thanos a sufficienza da permettergli
di racimolare l'energia necessaria.
Si
guardò intorno con la coda dell'occhio e scorse a poca distanza suo fratello.
Per
un attimo, mentre ne incontrava lo sguardo, gli sembrò di essere tornato ai
vecchi tempi in cui combattevano l'uno al fianco dell'altro, pronti a
difendersi e ad aiutarsi.
Aveva
pensato che mai sarebbe tornati quei giorni, ma a quanto pareva il destino
aveva altri piani per loro e Loki decise che era il momento di dimostrare a suo
fratello che poteva fidarsi.
Che
non si trincerava dietro parole, che era cambiato davvero.
Indietreggiò
fino a che non furono vicini, abbastanza da potergli comunicare le sue
intenzioni.
“Fratello”
lo chiamò e Thor si voltò verso di lui mentre, schiena contro schiena,
cercavano di combattere contro i loro avversari.
“C'è
un modo per distruggere Thanos”
“Quale?”
“Un
incantesimo che lo renderà mortale. Solo allora potremo distruggerlo, non
prima”
Con
la coda dell'occhio Loki vide il volto di Thor illuminarsi.
“Puoi
farlo?” gli domandò mentre schivava un fendente e distruggeva colui che lo
aveva menato.
Loki
annuì “Avrò bisogno che teniate a bada Thanos e il suo esercito mentre mi
concentro”
Thor
gli rivolse un sorriso “A loro pensiamo noi, tu fai quel che devi fare”
Detto
ciò si parò di fronte a lui e lo spinse in lato, in modo che non fosse più
coinvolto nello scontro. A quel punto iniziò a muovere le mani a disegnare
forme astruse, cercando di concentrare ogni suo pensiero in direzione del
compito che doveva adempiere, ma scoprì diverse difficoltà in questo.
La
sua mente volava sempre a Lila e la vista di Capitan America che stringeva a sé
un corpo apparentemente senza vita non era certo d'aiuto.
Se
non l'avesse rivista mai più? Se l'unico modo per averla accanto da quel
momento fosse stato il suo ricordo?
No,
si disse, non doveva pensarci. Loro avrebbero distrutto Thanos e Lila sarebbe
stata bene, ecco tutto.
Tornò
a concentrarsi e sentì l'energia scorrere nelle suo corpo, giungere alle mani e
continuare a circolare.
Era
una sensazione inebriante, afrodisiaca, ma non vi badò a lungo, giusto il tempo
di assaporarla, prima di cercare di convogliare tutta quella magia negli arti,
laddove sarebbe stato più facile maneggiarla.
Non
aveva mai provato quel tipo di incanto, ma sapeva di non avere che un tentativo
per distruggere il loro avversario: se avesse fallito sarebbero morti tutti.
Piano,
lasciò che l'energia raccolta fluisse al di fuori di lui e formasse una sfera
luminosa, iridescente, tra le sue mani.
A
quel punto non era più sicuro di chi comandasse cosa. Sentiva che la sfera gli
ubbidiva, ma era come se avesse una sua volontà, come se si sottomettesse a lui
per sua scelta.
Era
strano, ma piacevole e avrebbe voluto avere più tempo per assaporare quella
sensazione così dolce, ma sapeva anche di non poterlo fare.
“Forza,
piccolo cervo. Siamo nelle tue mani” lo incitò la voce distorta dal metallo di
Tony e Loki storse il naso nel sentirsi chiamare in quel modo, ma non protestò.
In
quel momento Thanos era nella posizione perfetta, esattamente di fronte a lui.
Ora
o mai più.
“Fallo,
Loki!” gli urlò Thor e il dio non se lo fece ripetere due volte. Senza
attendere oltre, lanciò con tutta l'energia residua la sfera e poi trattenne il
fiato.
Sembrò
che il tempo si fosse congelato e che tutto si muovesse a rallentatore. Da un
certo punto di vista avrebbe anche potuto essere buffo, chissà, ma se anche lo
fosse stato loro erano troppo tesi per rendersene conto.
Da
quel singolo momento dipendevano le loro vite, la sopravvivenza di un intero
pianeta e tutti ne erano ben consapevoli.
Tutti
rimasero immobili e sentirono ogni speranza crollare quando Thanos scansò
l'attacco all'ultimo secondo.
Ma
Loki non si diede per vinto. Aveva sentito quanto fosse malleabile quella sfera
d'energia, quanto fosse docile e decise di provare a giocare l'ultimissima
carta.
Mosse
le mani e la palla copiò i suoi movimenti come se fosse uno specchio. Thanos
sorrideva come se avesse già la vittoria in mano e alzò lo scettro, pronto a
colpire.
Lo
vide brillare con maggior forza, proprio mentre alle sue spalle la sfera si
avvicinava, veloce come la luce e silenziosa.
Quando
lo colpì, l'espressione di Thanos variò dal sorpreso al furioso, ma non ebbe
tempo di mutare ancora.
Come
pietrificato, la sua pelle scolorì e passò dall'azzurro al grigio spento. Era
il momento, si disse Loki, l'unico che mai avrebbero avuto per mettere fino a
quello spettacolo di morte e devastazione.
“Colpitelo!”
urlò lasciandosi cadere a terra, allo stremo. Non aveva più forze, oramai, ma
d'altronde lui la sua parte l'aveva fatta.
Ci
avrebbero pensato gli altri Vendicatori a Thanos, si disse. Provò sollievo,
gioia, un'enorme sensazione di libertà quando vide il corpo di quel mostro
andare in frantumi e disperdersi in mille pezzi.
Chissà,
forse non era davvero morto, forse non era realmente sconfitto, ma per il
momento andava bene così.
C'era
pace, la guerra era finita. Forse solo temporaneamente, ma era finita e
sembrava persino troppo bello per essere vero.
Dopo
i rumori della battaglia, quella quiete – benché relativa, visto il rumore
delle macerie che cadevano e della gente che gridava ancora- era più piacevole
che mai.
Loki
vide Thor avvicinarsi e sollevarlo in piedi, tenendolo ben saldo per le spalle.
Gli occhi del dio del tuono scintillavano per lo sforzo e la soddisfazione.
“Sei
stato grande, fratello”
Era
la prima volta che suo fratello ammetteva l'utilità della sua magia in
battaglia e Loki ne fu felice, anche senza darlo a vedere.
“Mi
duole interrompere questo delizioso quadretto” li interruppe Iron Man senza
nessuna traccia di ironia nella voce “ma abbiamo ancora un problema”
*
Morire
era uno schifo, ecco la dura realtà.
Non
solo per la questione delle faccende irrisolte, l'addio ai cari, il paradiso,
l'inferno e tutte quelle cose in cui, peraltro, Lila nemmeno credeva.
Il
problema era l'atroce e insopportabile dolore che torturava ogni parte di lei.
Sentiva che piano piano stava prendendo di nuovo il controllo del proprio
corpo, ma non era sicura che fosse una cosa buona perché ogni parte con cui
entrava in contatto faceva male.
Un
male terribile, come se le avessero versato dell'acido nelle vene e sulla pelle
viva.
Cercò
di ragionare e mettere ordine tra i propri pensieri. Se sentiva dolore voleva
dire che era ancora viva. Quindi era una cosa positiva, giusto?
Forse,
chissà, non sarebbe morta. Forse c'era ancora una possibilità per lei.
Cercò
di aprire gli occhi e si rese conto con stupore di non riuscire a comandare i
propri muscoli. Era come quando era molto stanca e le palpebre erano pesanti,
tanto da non riuscire a tenerle aperte.
Solo
che stavolta non era solo sonno.
Alla
fine, dopo innumerevoli tentativi, riuscì ad aprire appena gli occhi.
Pensava
che una volta che fosse riemersa dalle tenebre opprimenti tutto sarebbe andato
meglio, ma si sbagliava di grosso.
Il
dolore la sommerse come un'onda, tanto intenso da mozzarle il fiato. E dire che
pensava che non potesse peggiorare!
Nelle
sue intenzioni c'era un sorriso, magari l'ultimo – sperava proprio di no-
affinché tutti la ricordassero così, serena e allegra. Ma, per quanto tentasse,
non riuscì a stirare i muscoli del viso e l'unico risultato del suo magro
tentativo fu un rantolo di dolore e una smorfia.
Se
fosse morta ora, sul campo di battaglia, la gente l'avrebbe ricordata come
un'eroina. Probabilmente le avrebbero dedicato canzoni strappalacrime sparata a
diecimila decibel e la gente che l'aveva conosciuta avrebbe parlato di lei tra
le lacrime.
Ma
Lila non voleva niente di tutto ciò: voleva solo vivere, nulla più.
Voleva
continuare a cantare, a ridere, magari piangere qualche volta in più per la
gioia, a dire cattiverie e fare tutte quelle cose che la rendevano Lila.
Ma
quei pensieri vennero spazzati via quando vide il volto di Steve, una maschera
pallidissima di panico che si aprì in un sorriso stiracchiato.
“Abbiamo
vinto, sai?” le disse e Lila sbuffò una risata, seguita da colpi di tosse. Si
accorse degli altri Vendicatori solo quando Bruce cercò di far spostare Steve
per controllare le sue condizioni.
Fu
Lila a rifiutare.
Non
era un medico, ma non le serviva esserlo per sapere che era in fin di vita e
non sarebbe sopravvissuta. Tanto valeva godere degli ultimi minuti con le
persone che amava, così cercò con lo sguardo Loki e quando lo trovò, appoggiato
al fratello, gli sorrise.
Il
dio si lasciò cadere di fianco a lei e le prese una mano. Era il massimo che
potesse ottenere di fronte a tutti, Lila lo sapeva. Eppure era ancora conscia
del fatto che quel gesto valeva tanto quanto un bacio.
“Starai
bene” le disse ancora Steve.
“Lo
dici per consolare me o te?” riuscì a sussurrare e a quella domanda Steve non
seppe cosa rispondere, così tacque e le posò le labbra tremanti sulla fronte.
Lila
chiuse gli occhi per nascondere le lacrime.
Quello
le
sarebbe mancato, a prescindere da dove sarebbe andata. Steve e Loki le
sarebbero mancati, proprio come tutti gli altri Vendicatori. E Kurt. E Jackson.
E poi lui, Simon.
Quando
realizzò che mai più avrebbe rivisto suo fratello non poté più trattenere le
lacrime e i singhiozzi.
Il
suo corpo era scosso e le doleva così tanto da farle perdere il contatto con la
realtà, ma intanto non sarebbe riuscita a ragionare lucidamente comunque.
Il
solo pensiero di non rivedere mai più Simon le faceva accartocciare il cuore
nel petto. Non credeva nella possibilità di una seconda vita o di un paradiso
da cui vegliare protettiva su suo fratello.
Lei
era una scienziata, voleva agire ed essere lì, nel pieno dell'azione, quando
Simon si sarebbe diplomato o quando avrebbe preso la laurea o ancora quando si
sarebbe sposato e infine avesse visto nascere il suo primo figlio. Lei non ci
sarebbe stata e avrebbe perso tutti quei momenti.
Era
così persa nel suo mare di tristezza da metterci un po' a capire che qualcosa
era cambiato.
La
realtà si fece di nuovo sfuocata e i rumori ovattati, come se una coltre di
nebbia fosse calata sui suoi sensi.
Non
vide la famosa luce bianca, ma non ne aveva bisogno per capire che era quasi
finita.
Prese
un respiro tremulo e decise che sarebbe morta proprio come era vissuta: fiera,
orgogliosa e forte.
“Lils?”
la chiamò Steve quando vide che le sue palpebre cominciavano a farsi più
pesanti.
“Lila!”
la richiamò ancora.
“A-alla
fine” sussurrò lei con un mezzo sorriso “non s-sono riuscita a-a scegliere.
A-amo entrambi” tossì, ma doveva finire il suo discorso prima che fosse troppo
tardi. Dovevano capire entrambi perché non poteva andarsene con il dubbio che
la stessero odiando “ e f-fino a quando l'universo non collasserà su se stesso,
fino a q-quando io non smetterò di esistere -in qualunque forma io mi
manifesti- vi a-amerò. Sarò sempre con voi, anche quando non mi sentirete. Fino
alla fine dei tempi, vi amerò”
Una
lacrima le solcò la guancia e alla fine si lasciò andare al vuoto che
l'attendeva. Che dietro alle tenebre che la accolsero ci fosse il paradiso,
l'inferno o il nulla non le importava.
Non
sapeva dove stesse andando o da chi. Sapeva solo chi si stava lasciando alle
spalle.
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