Ritorno al mondo

di a rainy day
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Le apparenze. ***
Capitolo 2: *** Tempo? ***



Capitolo 1
*** Le apparenze. ***


Amo passeggiare in luoghi solitari, isolata da tutto e da tutti e sentire soltanto la voce dei miei pensieri sussurrarmi e rimbombarmi nella testa.
Mi faccio spazio tra l’erba incolta sperando di non trovar anima viva. La gente, con me, ha chiuso, e questa volta in modo definitivo. Continuo a passeggiare e distrattamente guardo l’orizzonte che pare allontanarsi ad ogni mio passo. Ad un tratto un alito di vento si alza, il cappello vola via e i capelli mi si scompigliano. Dannazione, sono appena andata dalla parrucchiera. Oh, questa cosa mi fa venire in mente che dovrò presto andare ad una noiosa e affollata festa in maschera organizzata da mia cugina. Dice che così posso fare nuove conoscenze, ma il fatto è che io non voglio conoscere nessuno di nuovo! Credo che le persone siano tutte uguali, tutte false, ipocrite, doppiogiochiste, la gente è in grado di farti star male con una semplice parola.
Tento di riordinare la mia mente, i miei pensieri, provo a liberare la testa dai mille pensieri ma non ci riesco. Il mio cervello continua la sua attenta e dettagliata analisi di persone, quasi tutte inutili, e le classifica tutte sotto la stessa categoria: star lontano da questi elementi.
Proseguo lentamente nel mio cammino sfiorando con i polpastrelli delle dita i fili d’erba troppo trascurata, d’altra parte è un campo abbandonato, non c’è mai anima viva e lì passo i miei interi pomeriggi. Gli unici esseri viventi che si vedono ogni tanto sono gli uccellini, che cercano cibo in un posto come quello.
Continuo a passeggiare e accidentalmente inciampo in qualcosa, forse qualcuno.
 
-           Ehi, sta’ attenta a dove metti i piedi! – Mi dice la voce acida di un ragazzo.
-          Sì, perdonami! Stavo osservando il cielo… - Dico io sospirando e dando un ultimo sguardo all’immensa estensione azzurra e limpida che c’è sopra di me.
-           È bello qui, è un posto perfetto per rilassarsi – Diciamo io e lui in coro. Dopo aver notato di aver detto la stessa cosa nel medesimo momento, ci mettiamo a ridere e io mi siedo accanto a lui.
-           Anche tu una tipa solitaria, eh? - Mi chiede lui guardandomi meglio. Io annuisco e non attacco discorso.
-           Forse troppo solitaria - Aggiunge lui alzandosi dal terreno e voltandosi per andar via, come se non volesse crearmi disturbo.
-           Resta - Gli dico io, stupendomi di me stessa. Non è da me fare una cosa così, cioè, io non avevo mai gradito la compagnia, perché dovevo iniziare a farlo ora? Non fa parte di me chiacchierare allegramente con qualcuno e raccontare i miei peggiori timori ad un’altra persona.
Il ragazzo rapidamente si siede dove era seduto pochi minuti prima e inizia a parlarmi.
-           Mi hai detto di restare, giusto? Ed è ciò che farò - Io mi limito a sorridere, poi lui mi porge la mano e si presenta.
-          Gianluca, piacere! - Gli stringo la mano, ma qualcosa mi blocca e non mi fa uscire neppure una sillaba dalla bocca.
-           E tu? – continua.
- Rebecca, ma puoi chiamarmi Reb – non mi ero mai sentita così disinvolta come in quel momento.
- Devo ammettere che mi mancava parlare con qualcuno – Dice lui, sorridendo. Io dondolo un po’ la testa e poi mi metto a leggere il mio bellissimo e avvincente libro.
Ho sempre pensato e sostenuto che per entrare a far parte della vita di qualcuno si dovesse chiedere il permesso al diretto interessato. Ogni persona che fa parte della nostra vita viene scelta da noi.
-           Beh, io vado. Ci si vede, ciao, Reb! - Mi dice lui entusiasta. Faccio un cenno con la mano per salutarlo e spero che non si sia offeso quando non ho continuato il discorso che precedentemente stavamo affrontando. Lo vedo scomparire tra i fili d’erba col suo zaino in spalla e la sua camicia a scacchi azzurra e blu, della tonalità del mare. È un ragazzo carino. Sembra un bravo ragazzo, non pare affatto “montato”, è umile, semplice, un po’ come me, sembra “Rebecca la solitaria” al maschile. Ritorno nei miei pensieri e sento vibrare la tasca del mio zaino: è il mio cellulare con un nuovo messaggio. Chi può cercarmi? Nessuno! Non mi aveva mai cercato alcuna persona, chi può essere? Mi faccio mille domande alle quali non ho neanche una risposta. Il testo del messaggio dice così: “Questo è il mio numero, salvalo!”. Nessuno ha il mio numero, che io sappia, quindi istintivamente rispondo con: “Hai sbagliato numero”. Dopo neanche un minuto mi arriva un altro messaggio sempre dalla stessa persona: “Ma come? Reb, sono io, Gianluca!”. Sul mio viso spunta un sorriso e poi ritorno seria. Decido di non rispondere, non mi va. Ma dopo pochi minuti ci ripenso; non a caso mi chiamano “Eternamente indecisa”.
Mi alzo da terra, mi guardo un po’ intorno, pulisco la gonna sporca di terra ed erba e inizio a digitare qualcosa sullo schermo del cellulare. C’era un non so che dentro di me che mi spingeva a scrivere a quello sconosciuto, a scrivergli.
“Ah, sì!”. Mi blocco, guardo un punto fisso avanti a me, pensando a cosa poter scrivere di altro prima di inviare. Non mi salta in mente nulla, niente, il vuoto totale mi assale i pensieri.
Decido di incamminarmi verso casa mentre sorseggio la bottiglietta d’acqua frizzante ormai riscaldata dal sole e penso a come poter rispondere al suo messaggio.
Dopo un po’ mi viene in mente la riposta più banale di tutte, forse troppo ovvia e scontata: “Come hai avuto il mio numero?”. Faccio qualche ultimo passo e poi finalmente invio il messaggio. Non ricevo alcuna risposta.
Tornata a casa porto la borsa in camera mia e aiuto un po’ mia mamma a preparare la cena. Una volta terminato di cenare corro dritta in camera mia, a pensare a chissà cosa, a chissà chi.
Mi sdraio sul letto a riflettere e qualcosa mi distoglie, attirando la mia attenzione: il mio cellulare. Sbloccata la tastiera noto – un nuovo messaggio – stampato sul display illuminato.
È Gianluca che mi ha scritto: “Per magia, ahah! No, dai, sto scherzando… Dovresti stare bene attenta a dove metti il cellulare. La prossima volta tienilo in tasca, non si sa mai”.
Cosa voleva significare la sua risposta? Pensierosa e stanca mi addormento.
La mattina qualcuno mi sveglia. Dallo spavento salto e mi ritrovo seduta sul letto a gambe incrociate e con gli occhi ancora chiusi: è mia cugina Sara, quella della festa in maschera che è venuta appositamente per svegliarmi. Continua a salterellare di qua e di là, sprizza felicità da tutti i pori, ripentendo: “Oggi c’è la mia festa”, canticchiando per la stanza e scandendo bene le sillabe tra di loro.
La interrompo con un forte sbadiglio, lei mi saluta con un “Buongiorno” gridato nelle orecchie e la sua solita frase, che ormai mi rimbombava rumorosamente nella testa: “Oggi c’è la mia festa”.
-        Sara, basta! – urlo io, completamente stanca di quella situazione.
Ho la sensazione di non aver chiuso occhio stanotte, mi sono svegliata con un gran mal di testa e il cuore a mille battiti al secondo: devo aver fatto un brutto sogno.
Butto nuovamente la testa sul cuscino, esausta. Mi faccio forza e scendo a fare colazione, mi aspetta una giornata intensa, tra shopping e festa.
Mi vesto e io e mia cugina usciamo, dirigendoci verso un negozio di vestiti da carnevale, o comunque che venda travestimenti: dovevamo scegliere l’abito giusto per la festa, che si avvicinava sempre di più.
Io scelgo un abito da principessa azzurro e bianco, ornato di fiori e brillantini e una maschera dal bordo oro bianca e azzurra anch’essa. Mi sento un po’ una bambina ad indossarlo, però fa niente, alla fine mi serve per andare ad una festa in maschera, che sarà mai?
Uscite dal negozio, quasi volando, andiamo a casa di mia cugina Sara, dove si terrà la festa.
Iniziamo a preparare le varie cose per la festa, addobbiamo la casa: manca solo un’ora all’inizio.
Appoggio le ultime cose sulla tavola, accendo la musica e suonano alla porta, iniziano ad arrivare gli invitati e la sala si riempie di gente. Nel giro di qualche minuto si creano le varie coppiette, che iniziano a ballare un lento, abbracciati.
Io mi siedo pensierosa su una della tante sedie di cui la sala è piena quando, d’un tratto, arriva un ragazzo vestito da cavaliere che mi porge la mano invitandomi a ballare. Imbarazzata (seppur non si notasse) mi alzo dalla sedia e inizio a ballare.
Il ragazzo mi avvicina a sé, i nostri corpi combaciano perfettamente e ci lasciamo trasportare dalla musica. Mi sento completamente a mio agio tra le braccia di quello sconosciuto.
Improvvisamente mi stampa un bacio sulle labbra, e istintivamente io chiudo gli occhi.
In quel momento non mi viene nemmeno in mente di mollargli uno schiaffo, è come se tutte le mie forze vengano risucchiate da un vortice, rendendomi incapace di reagire.
Balliamo varie canzoni, poi mi invita a scoprirmi la faccia, togliendomi la maschera e a seguirlo in giardino, dove anche lui avrebbe scoperto il viso.
Decido di accettare, non so nemmeno il motivo.
Usciamo fuori, all’aria aperta, c’è un gran ventaccio.
Contemporaneamente, nemmeno ci fossimo messi d’accordo, ci togliamo la maschera, io abbasso il viso, prima che lui possa incrociare il mio sguardo.
Con voce dolce mi dice:
-           Rebecca, sei tu! – con l’indice mi alza il mento e mi costringe così a guardarlo negli occhi.
È Gianluca, il ragazzo che ho incontrato ieri. Mi avrà forse baciata per sbaglio?
-         Ti ho riconosciuta dai capelli, sai? –
Mi scappa un sorrisetto, poi ritorno seria e lui mi sorprende ancora: mi bacia nuovamente a stampo sulla bocca.
No, non era stato uno sbaglio quel bacio in maschera, a quanto pare.
Perché anche ora che sapeva chi fossi, mi ha baciata comunque? Inizio a farmi mille domande, ho una voglia matta di chiedergli un sacco di cose ma la timidezza mi blocca completamente, non una sillaba fuoriesce dalla mia bocca.
Venendo la mia faccia completamente stranita tenta di giustificarsi, di dare una spiegazione logica a quel bacio, a patto che ce ne sia una, ma io lo zittisco, mettendogli l’indice sulla bocca e sussurrando: “Shhh”.
Gli prendo la mano, le nostre dita si uniscono perfettamente e continuiamo a ballare, questa volta all’aperto, lontani da tutti, proprio come piace a me, a lui. Ci copriamo di nuovo il viso con le maschere, anche se ormai non servono più a nulla.
Lui con una scusa si allontana da me, forse per prendere da bere, non lo so. Lo vedo scomparire tra la folla di persone che riempie ogni angolo della stanza da ballo. Aspetto per interminabili minuti il suo arrivo, senza nessun risultato.
Mi ha forse abbandonata, anche lui?
Le lacrime iniziano a rigare il mio viso, ma decido di farmi forza, mi alzo dalla sedia, mi asciugo la faccia e cerco mia cugina tra le tante persone.
Quando finalmente la trovo le dico che devo andare a casa e, correndo, seppure avessi l’ingombro insopportabile di quel vestito enorme, vado verso casa, continuando però a piangere. Mi sento tirare da un braccio e poco dopo mi ritrovo faccia a faccia con un ragazzo. Intontita e con la testa che gira e mi fa male e la vista annebbiata tento di capire chi sia. Faccio chiarezza e riconosco Gianluca in quella sagoma opaca. Mi parla. Sì, è proprio lui, ho riconosciuto la voce.
Mi lascio completamente andare tra le sue braccia, lui mi stringe in un caldo e sentito abbraccio.
La paura di non poterlo più incontrare mi assillava, mi lasciava un vuoto dentro che solo lui poteva colmare.
-         Ho temuto di non poterti più vedere. Ho avuto paura che non tornassi - quelle parole mi escono spontanee dalla bocca, tutte d’un fiato.
Sono sempre stretta tra le sue braccia, mentre sento il suo cuore battere allo stesso ritmo del mio: insieme formano una melodia assai dolce e gradevole.
-           Gianluca! - lo chiama una voce maschile in lontananza.
-           Scusami, devo andare. Ti prometto che ci rivedremo, te lo giuro, parola di principe – sorrise e si guardò l’abito che indossava. Corse via, lasciando la mia mano e con una promessa che chissà se manterrà. Lo spero.
Non mi restava che piangere, ma non ne avevo neppure più la forza.
Mi ha promesso che ci rincontreremo, sì, ma quanto ci potrebbe volere prima di rivederci? Ore, giorni, mesi che passeranno interminabili, seguendo rigorosamente il ticchettio dell’orologio.
Aspetterò, anche se odio aspettare.

Come se non bastasse, inizia a piovere a dirotto, il vestito si bagna e mi riparo dentro il primo bar che trovo, completamente bagnata da capo a piedi. 






Ecco finito il primo capitolo della mia storia. Spero sia di vostro gradimento. Lasciate sotto un vostro parere! 

Come continuerà? Rebecca riuscirà a rincontrare Gianluca? Non vi resta che aspettare il secondo capitolo! 

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Capitolo 2
*** Tempo? ***


Mi siedo ad un tavolo e ordino una Coca-Cola. La bevo lentamente, sorseggiandola piano e di tanto in tanto fermandomi con lo sguardo fisso nel vuoto a pensare ai pochi attimi passati con Gianluca.
Percorro l’intero locale per dirigermi verso la cassa per pagare la bibita, con gli occhi puntati addosso e la gente che mi ride dietro per via del mio vestito totalmente fuori luogo in quel locale. Non do nemmeno conto a ciò che mi succede intorno. Ora ho solo un obiettivo: tornare a casa.
Ha smesso di piovere, finalmente, ma il suolo è completamente ricoperto di gocce d’acqua, pozzanghere ovunque.
Arrivo a casa, distrutta, con i capelli scombinati. Saluto velocemente i miei genitori che sono appena rientrati da lavoro e con passo felpato mi dirigo verso la mia camera.
Appena posso mi tolgo quell’ingombrante vestito e lo butto a terra, sul parquet.
Faccio una doccia veloce, indosso il pigiama e mi metto nel letto a riposare un po’: è l’unica cosa di cui ho bisogno in questo momento, voglio che la mia mente si liberi da ogni pensiero negativo.
Mi addormento singhiozzando e poi vengo svegliata dalla suoneria del mio cellulare. Spero soltanto che sia Gianluca, che mi dica dove rivederci.
Perdo ogni speranza quando vedo che il mittente del messaggio è la Vodafone, la mia compagnia telefonica. E dopo quella scoperta inizia un nuovo pianto, l’ennesimo nelle ultime ore. Affondo la testa nel cuscino con una voglia matta ti rivedere Gianluca.
Mi stavo forse innamorando? Bando alla ciance, devo pensare ad altro. Devo togliermi completamente dalla testa che ci potrebbe essere una speranza e un’occasione per rincontrarlo, perché così non sarà.
Mi addormento di nuovo, con questi pensieri che mi colmano la mente e che mi svuotano il cuore.
L’indomani mi sveglio con le occhiaie per il troppo piangere e gli occhi arrossati dalle lacrime salate che hanno rigato il mio volto la sera prima.
Con le idee alquanto confuse, un mal di testa atroce e poche forze, decido di andare al grande prato di erba incolta dove ho incontrato Gianluca per la prima volta.
Mi siedo sul prato e aspetto, attendo invano che Gianluca arrivi, ma nessuno compare dal ciglio della strada.
Torno a casa sconsolata. Non so nemmeno se scrivergli un messaggio. Se non mi scrive lui perché dovrei farlo io?
Ho un mare di cose da chiedergli, ma voglio che sia lui a contattarmi per primo.
Sicuramente ora non starà nemmeno pensando minimamente a me, a quello che è successo tra di noi, degli innocenti baci che per lui non contano e mai conteranno nulla.
Esausta mi addormento nuovamente, pensare mi porta un terribile sonno.
Sogno Gianluca, sogno di essere fra le sue braccia, in quel prato abbandonato che entrambi amiamo molto, sogno una dolce canzone a fare da sottofondo alle nostre carezze, ai nostri dolci abbracci, poi lui scappa, sparisce e realizzo di averlo perso, forse per sempre e inizio a piangere interrottamente.
Mi sveglio di soprassalto per via della voce di mia mamma, sento una leggera pressione sul materasso e capisco che è lei che si è seduta accanto a me, mi accarezza il volto e attende che io apra gli occhi. Lentamente e a fatica le mie palpebre, appesantite dal pianto, si aprono alla visione di mia mamma che con fretta si appresta a dirmi:
-           Rebecca, so che magari non ti va di parlarne, ma io ci provo. Perché stai così male? –
Scuoto più volte la testa e la affondo nel cuscino, che presto viene coperto dalle mie lacrime. Tiro un lungo sospiro, mi alzo, gli occhi gonfi e le dico:
-           I-i-io sto bene – sto ancora singhiozzando.
-           È per un ragazzo che stai così, vero? – annuisco, tuffandomi quasi tra le sue braccia per abbracciarla e, soprattutto, farmi abbracciare.
Come faceva lei a capire sempre tutto, ad indovinare ogni minima cosa? Le bastava guardarmi per qualche secondo e subito intuiva se c’era qualcosa che non andava, non potevo nasconderle niente.
-           Ora calmati, respira profondamente e non ci pensare - mi dice.
I giorni passano, sono due mesi che non ho sue notizie, ormai ho quasi perso le speranze, ma mai arrendersi, perché quando meno te lo aspetti le cose si realizzano.
Decido di uscire a fare quattro passi e, perché no, magari passare anche in libreria, a dare un’occhiata agli ultimi arrivi.
Velocemente mi vesto, dei leggins e la prima maglietta che mi capitano sotto mano. Esco di casa e vado dritta verso il mio obiettivo: la libreria.
Varco la porta d’entrata, saluto cordialmente i commessi e mi metto a guardare gli scaffali uno per uno. Sento una voce a me nota, alzo lo sguardo dal libro che stavo osservando e vedo Gianluca, più bello che mai e, involontariamente, arrossisco, diventando del colore di un pomodoro.
-           Gianluca… - lo chiamo sottovoce. Lui se ne accorge, mi guarda fisso nei miei occhi verdi e poi chiude i suoi, portandosi l’indice alla bocca e increspando le labbra perplesso.
-           Scusami, chi sei? –
Con tre semplici parole il mondo mi crolla addosso, quella voce che prima mi faceva tanto star bene adesso, magicamente, è diventata più prepotente di un martello pneumatico sulla testa. Ho voglia di scappare da questa situazione, ma non è fuggendo che si evita il destino. In ogni caso, il mio istinto prevale su tutto e inizio a correre, esco dalla libreria in lacrime, con una meta ben precisa nella mente: il prato, il nostro (purtroppo) prato.
Come mi era potuto saltare in mente che lui potesse essere interessato a me? Come potevo sperare in un suo ritorno dopo due mesi senza avere sue notizie?
Mi volto istintivamente alle mie spalle, forse sperando che lui mi stia seguendo. E infatti è così. Perché diamine mi sta rincorrendo se non si ricorda neppure chi sono?
L’unica cosa che riesce a distogliermi dai miei pensieri e dalle mie domande senza una risposta è la sua mano che prende violentemente il mio braccio e mi obbliga a girarmi verso di lui.
-           Dove vai? – mi chiede. Tento di dimenarmi, ma non c’è nulla che mi possa sottrarre a quella morsa prepotente.
-           Questo non ti riguarda – provo ad asciugare quanto meglio posso le lacrime, che salate continuano interrottamente a scendere e a rigare il mio volto. Giro il viso per non fargli notare il pianto, però lui mi sfiora dolcemente il mento con l’indice e lo ruota verso di lui, guardandomi dritto negli occhi.
-           Rebecca… -
Resto in silenzio, un silenzio imbarazzante, fin troppo. Si era finalmente ricordato di me. Urlo mentalmente di gioia anche se sono distrutta da tutto quel piangere.
-           Scusami, davvero. Non ti avevo riconosciuta – interrompe il silenzio con una voce tremolante, insicura, triste. Abbasso lo sguardo, i miei occhi non possono resistere ai suoi, non riesco a reggere quel contatto con lui, quelle sue due porte color della pece sul viso mi fanno venire i brividi. Lui mi alza di nuovo il volto con le dita, sento un brivido percorrermi per tutta la schiena e si sporge in avanti, con il viso verso di me, i nostri respiri suonano all’unisono.
-           Scusami – mi sussurra nuovamente.
“L’unica cosa che aspetto è un bacio da te, perché non me lo dai?”, penso tra me e me, più sicura che mai. Quel ragazzo mi dava davvero alla testa, era diventato inevitabile pensare a lui e a quel suo bacio che mi aveva dato due mesi prima. Lentamente vedo i suoi occhi chiudersi, le palpebre rilassate, noi due sempre più vicini, sempre più a contatto. Le sue labbra sfiorano la mia guancia, istintivamente chiudo gli occhi e dopo poco sento una leggera pressione sulla bocca. Mi sento invadere da un mare di emozioni, le guance prendono rapidamente colore e pian piano quel bacio a stampo si trasforma in un bacio sentito, un bacio passionale, le nostre lingue pian piano si rincorrono tra di loro, giocano, timide, proprio come noi.
“Promettimi che non te ne andrai più, che non sparirai per mesi, che non mi abbandonerai, che non farai di me soltanto un brutto ricordo”, pensavo e sapevo che col cuore lui mi rispondeva, sentivo il suo battito accelerato, che batteva allo stesso ritmo del mio, una melodia dolce e perfetta che solo io riesco ad udire.
Il bacio finisce, noi siamo ancora a stretto contatto, i nostri corpi si toccano, i nostri respiri si sfiorano l’un l’altro e nei suoi occhi vedo una voglia immensa di avere un altro bacio, quasi come se si volesse nutrire di miei baci.
Accontento quelle labbra vogliose e gli stampo ripetutamente dei baci sulla bocca, uno dopo l’altro, senza mai stancarmi.
Mi sento un uragano dentro, una tempesta di emozioni mi assale, il mio cuore batte all’impazzata, non riesco a controllarlo, non riesco controllarmi, non capisco più niente, vorrei che questo attimo non finisse mai, ma purtroppo vengo interrotta troppo presto dallo squillare di un cellulare, quello di Gianluca.
-           Scusa, è mia mamma, devo rispondere – annuisco con la testa. Nei suoi occhi vedo un lampo di insicurezza ed incertezza quando pronuncia la parola “mamma”. E se non fosse davvero lei? Un sacco di dubbi mi assalgono, mi lascio accompagnare dalle mie solite e noiosissime paranoie. E se fosse la sua ragazza, invece? E se mi avesse mentito? Oh, Rebecca, viviti il momento, diamine!  
-           Sì, sì, mamma. A dopo, arrivo -  chiude la chiamata e lo vedo contento.
-           Io – fa un a piccola pausa, quasi come se volesse riflettere su qualcosa – devo andare – conclude. Gira su se stesso, fa per andarsene ma lo fermo io questa volta, prendendolo a mia volta per il braccio.
-           Che ne sarà di noi? – gli chiedo a bruciapelo, stupendomi di me stessa e di quanto appena detto.
Mi fissa dritto negli occhi e io, seppur imbarazzata, questa volta non tento di sfuggire al suo sguardo.
-           Ci sarà tempo – mi risponde, sorridendo. Con tre semplici parole mi crolla il mondo addosso, ho una voglia matta di spaccare tutto, spaccargli anche la faccia, se necessario. Tempo? TEMPO? Io non posso aspettare più, ho già aspettato abbastanza, l’ho già aspettato abbastanza e lui mi chiede del tempo? Ancora? Quanto devo aspettare per averlo? Quanta pazienza devo avere? Non sono pronta ad aspettare ancora. Che poi, per quanto? Quanto ancora mi toccherà vivere in un mare di lacrime e tristezza, giorno dopo giorno andare avanti, sorvolando su ogni cosa? Pensando solo e soltanto a lui.
Mi sentivo bene e male allo stesso tempo. È possibile?
Come posso essere felice e triste nello stesso momento? Perché lui non capisce che ci tengo a lui?
Mollo la presa e lui mi volta le spalle. Mi sento invadere da un senso di vuoto, la voglia di urlare è molta, ma l’unica sillaba che mi esce dalla bocca è:
-           No! – l’ho immaginato o l’ho detto davvero? Devo averlo urlato talmente tanto che gli uccelli poggiati sui fili dell’alta tensione si sono spaventati, volando via.
Lui si gira verso di me, torna quattro passi indietro e tenta di parlarmi, ma prima che lui possa dire una qualsiasi cosa lo precedo, deglutendo prima, aprendo la bocca poi per parlare:
- Indossare una maschera mi faceva sentire a mio agio, era come se ci fosse un muro tra me e gli altri, che era capace di proteggermi e tu sei stato l’unico capace di distruggerlo quel muro -
Mi guarda stranito, incapace di dire qualsiasi cosa.
-           L’unico – ripeto io, sottovoce.

 

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Ciao a tutti!
Come va? Piaciuto questo nuovo capitolo? Cosa ne pensate? Dopo un bel po' di tempo che non aggiornavo, eccomi qui. Mi scuso veramente per il ritardo, spero con questo capitolo di potermi far perdonare in una qualche maniera. 
Spero vivamente che vi piaccia. Vorrei vedere delle recensioni qui sotto, ma purtroppo non è mai così :'( e questa cosa mi rattrista. Vorrei davvero sapere cosa ne pensate, se ne vale la pena che io continui o meno a pubblicare questa storia. 
Va beh... 
Sperando che vi piaccia, vi auguro una buona Pasqua e un buon proseguimento. 

Alla prossima!


 

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