Neve calda

di Senul
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Il primo trasloco ***
Capitolo 2: *** Inizia la scuola! ***
Capitolo 3: *** L'incredibile partita ***
Capitolo 4: *** Il pattinaggio su ghiaccio ***
Capitolo 5: *** La brutta notizia ***
Capitolo 6: *** L'addio ***
Capitolo 7: *** L'incidente ***
Capitolo 8: *** Un nuovo amico ***
Capitolo 9: *** Lezioni di nuoto ***
Capitolo 10: *** Il calcio ***
Capitolo 11: *** Il compleanno ***
Capitolo 12: *** Cloud? ***
Capitolo 13: *** Dubbi ***
Capitolo 14: *** La Raimon! ***
Capitolo 15: *** Felicità! ***
Capitolo 16: *** Fuoco ***



Capitolo 1
*** Il primo trasloco ***


Da piccola mi sono trasferita spesso, perché il mio papà aveva un lavoro che gli imponeva di viaggiare molto. Io e la mamma non lo volevamo lasciare, volevamo cenare assieme ogni sera, come tutte le famiglie normali. Per questo lo seguivamo sempre.

Il primo trasloco che ricordo bene è stato quello di Hokkaido. Avevo all’incirca 6 anni, dovevo incominciare la prima elementare ed ero un po’ nervosa. Ricordo che fu un viaggio molto lungo e faticoso, perché prima abitavamo a Fukuoka. Dovemmo prendere alcuni traghetti e il papà era irrequieto per la paura di perderli. Spesso rispondeva male alla mamma, perciò non fu favoloso. Però devo ammettere che mi piacque molto salire su quelle imbarcazioni e vedere il mare sotto di me. Mi chiedevo come facessimo a galleggiare sull’enorme distesa d’acqua.
Passammo la prima notte a bordo e l’indomani mattina prendemmo la macchina e partimmo alla volta di Hokkaido, la nostra reale meta. Da quel momento pensai solo all’incombente inizio della scuola. Ero contenta, perché avrei imparato tante cose nuove, ma avevo paura di non piacere ai miei compagni di classe. E se avessi deluso gl’insegnanti? Ma soprattutto volevo dimostrare ai miei genitori che ero una bambina brava e intelligente. Pensai e pensai e giunse la seconda notte. Mi addormentai in fretta, perché con tutto quel via vai ero stanchissima. Mi svegliai solo quando arrivammo.

Me lo ricordo come se fosse ieri.

Sentii freddo e guardando fuori dal finestrino dell’auto vidi nelle prime luci dell’alba un’immensa distesa bianca. Fiocchi candidi cadevano dal cielo posandosi a terra aumentando mano a mano il volume del tappeto di neve. Era meraviglioso. Non vedevo l’ora di uscire dalla macchina e buttarmi a fare un gigantesco pupazzo. Ormai mancava poco e saremmo arrivati alla mia nuova casa.

Che bello.

 
La mamma sbrigò velocemente le pratiche per la casa con la proprietaria mentre papà scaricava tutti i mobili e li portava dentro. Non era una grande abitazione. Aveva due piani più una mansarda. Al primo piano c’erano la sala e la cucina, al secondo il bagno e una camera da letto matrimoniale. Infine la mia camera sarebbe stata in cima, nella calda mansarda. Ci impiegammo alcune ore per sistemare tutto e quando finalmente mi stesi sul mio letto mi sentii felice. Era molto meglio di quello che mi ero aspettata. Era una specie di mondo incantato per principi e principesse. Abbracciai stretto il mio orsacchiotto di peluche e mi addormentai pensando che dopo qualche giorno avrei finalmente iniziato ad andare a scuola.

Il weekend passò fin troppo velocemente, con le ultime sistemazioni e le corse nella neve.
Feci un pupazzo  con la mamma. Non era un gran che, ma gli mettemmo una bella carota come naso e una mascherina di carnevale per dargli un po’ di allegria. Infine mi tolsi la sciarpa e gliela legai al collo.
-Lo chiameremo Pallino! Ti piace mamma?- dissi piena di entusiasmo.
-E' un nome perfetto, Luna.- e mi sorrise dolcemente.

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Capitolo 2
*** Inizia la scuola! ***


La mamma entrò dalla porta e spalancò la finestra. La luce di prima mattina invase la mia cameretta raggiungendo i miei occhi e costringendoli ad aprirsi.
-E’ ora di alzarsi, oggi cominci la scuola tesoro.-.
Appena sentii quelle parole balzai giù dal letto e corsi a fare colazione.
Finalmente!
Trangugiai velocemente qualche biscotto pucciato nel latte.
-Mamma mi hai fatto la merenda??- chiesi in preda all’eccitazione.
-Certo. E ti ho messo dentro lo zaino un paio di quaderni e l’astuccio. Ora andiamo.-.
Corsi fuori e balzai in macchina pronta per andare alla mia nuova scuola, l’Alpine Jr. High. Fu un viaggio breve, dopo 5 minuti ero davanti al portone.
Miriadi di bambini erano lì come me, alcuni felici, alcuni timorosi, alcuni addirittura in lacrime. Appena sentii suonare la campanella diedi un bacio alla mamma e corsi insieme agli altri all’interno dell’edificio. La mia classe era la prima A.
Mi sedetti a uno dei banchi in penultima fila e ascoltai attentamente il benvenuto della maestra seguito da alcune rapide raccomandazioni.
Non facemmo quasi lezione, passammo il tempo a conoscerci. Io in realtà mi misi a disegnare. Era una passione che avevo sin da piccola piccola. Appena completai gli occhioni del mio gattino, un paio di bambine si avvicinarono e con aria d’ammirazione iniziarono a farmi molti complimenti.
-Wow! Sei troppo brava a disegnare!! Come fai?!-
-Cavoli, me ne disegni uno anche a me?? Ti preego!-
-Com’è che ti chiami? Luna, vero? Sei super brava!!-
Ero un po’ imbarazzata, ma estremamente felice. Iniziai a sorridere senza nemmeno accorgermene e insegnai a quelle bambine come fare la testa di un bel micino.
Fu in quel momento che lo vidi per la prima volta.
Un bambino dai capelli argentati, lunghi sino alle spalle, apparve dietro di me.
-Ehi Luna, sei davvero bravissima!-
Mi voltai. Aveva gli occhi verdi scuro, uno sguardo gentile.
Mi sorrise.
E io mi innamorai di quel sorriso.
 
-Oh, grazie mille!- farfugliai arrossendo. Era la mia prima cotta.
Dopo qualche secondo arrivò un altro bambino, capelli rossi, occhi verdi-grigiastri e una sciarpa al collo.
-Ma piantala Shawn! Un disegno così lo sanno fare tutti!-.
Mi sentii offesa. Shawn però lo inquadrò con aria di sfida.
-Provaci allora, Aiden.-
Una bimba mi disse all’orecchio che erano fratelli e in effetti notai una certa somiglianza. Però il carattere era completamente diverso!
Aiden guardò il fratello, accettando la sfida. Prese un foglio e cominciò il suo disegno.
Quello che ne uscì tradì di molto le mie ingenue aspettative. Più che un gatto, sembrava un maiale.
Tutti scoppiarono a ridere e Aiden arrossì.
-SMETTETELA!-
Non so come, mi fece pietà.
-Aiden, se vuoi ti insegno.-
Gli sorrisi. In fondo forse si era sentito agitato come me per i nuovi compagni e avrebbe voluto apparire al meglio.
Mi sedetti accanto a lui e gli feci vedere come fare.
Mi guardò sorpreso e poi abbassando la voce mi chiese scusa.
Era bravo anche lui in fondo!
Gli sorrisi, -Non è niente-.

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Capitolo 3
*** L'incredibile partita ***


 I giorni passavano veloci e io ero sempre più cotta di Shawn. Qualunque cosa facesse, era meraviglioso.
Ricordo una volta che stavamo facendo matematica, imparavamo le operazioni in colonna.
Ad un certo punto la maestra alzò la voce, rivolgendosi a qualcuno.
-Aiden Froste!!-
Il chiamato trasalì, risvegliandosi da chissà quali pensieri.
-Stai ascoltando?? Mi sembri un po’ tra le nuvole oggi. Vieni alla lavagna e vediamo se hai capito.- continuò l’insegnante.
Aiden si alzò controvoglia, camminando a testa bassa verso la cattedra. La maestra gli aveva scritto un’operazione alla lavagna. “12-4=…” Bisognava farla in colonna, ma il mio amico usò semplicemente le dita e sbagliò anche. Scrisse “7”. Guardò la maestra, ma lei fece no con la testa.
-Vedi di stare più attento e vai al posto.-
Abbattuto tornò a sedersi e mentre lo faceva mi guardò. Forse me lo immaginai soltanto, ma sembrava imbarazzato.
Qualche secondo dopo la voce dell’insegnante proruppe bloccando le mie sensazioni.
-Shawn, vieni a far vedere a tuo fratello come si fa per piacere.-
Lo vidi alzarsi in silenzio. Lo sguardo sicuro e fermo avanti a se. Il cuore prese a battermi più forte. Era così bello…
Risolse rapidamente e correttamente l’operazione. Per sino il modo in cui scrisse “8” mi sembrava perfetto e armonioso.
Dopo i complimenti della maestra, si voltò per tornare al posto e proprio in quell’istante mi guardò.
Ebbi un sussulto quando gli angoli della sua bocca si alzarono in un dolce sorriso. Arrossii bruscamente e abbassai la testa. Quella non era una cotta, ma una SUPER cotta!
Aiden invece lo guardò in cagnesco.

Alla fine delle lezioni si avvicinò a me e senza incrociare il mio sguardo mi disse:
-Domani pomeriggio abbiamo la partita di calcio contro un’altra scuola…vuoi venire a vedermi?- arrossì lievemente.
-Giochi a calcio Aiden? Scommetto che sei un attaccante!!- dissi ridacchiando.
Poi arrivò suo fratello.
-Hai indovinato e io sono in difesa invece! Saremmo contenti se venissi, Luna.-
A quel punto non potevo rifiutare.
-Ci sarò!- sorrisi.
 
Appena giunta a casa chiesi il permesso alla mamma che acconsentì. Ero molto felice, perché io adoravo ammirare Shawn ed ero proprio curiosa di guardarlo giocare.
L’indomani pomeriggio fui una delle prime ad arrivare al campo. Il calcio non mi era mai interessato più di tanto, non che non mi piacesse, semplicemente non avevo mai avuto occasione di conoscerlo meglio. Giocare a tirare una palla con i piedi potrebbe suonare noioso, ma sapere che hai una squadra su cui contare, con cui ti puoi divertire un mondo, quello sì che mi pareva magnifico.
Ben presto intorno al campo si raggrupparono altri genitori, venuti a vedere i propri figli giocare. Mi chiesi come fosse la mamma di Shawn. La immaginavo dolce e comprensiva, proprio come lui. Mi guardai un attimo intorno per cercare di riconoscerla, ma non ci riuscii.
-Ehi Luna, comincia!- mi disse la mamma.
Mi girai e vidi che i giocatori stavano entrando in campo. Il primo dell’Alpine era Aiden. Sorrideva gioioso e salutava con la mano alcuni amici. Poi mi vide e il suo sorriso s’ingigantì ancora di più. Ci teneva così tanto?
Non rimasi a rimuginare molto su quell’idea, perché appena vidi Shawn i miei pensieri furono subito concentrati su di lui. Sorrideva e sembrava tranquillo. Quanto avrei voluto che si girasse e mi notasse, ma la partita incominciò.
Nonostante non fossi un’intenditrice di calcio, l’abisso che separava le due squadre mi era evidente. Gli avversari non riuscivano a rubare la palla ai nostri e quando riuscivano, in difesa c’era Shawn a bloccarli.
Mi sembrava così fantastico che lui riuscisse in due semplici mosse a farsi beffa dei giocatori.
Ad un certo punto un bambino che sembrava più un armadio si diresse verso di lui con la palla.
-NON MI FERMERAI!!- gridò nervosamente.
Shawn si limitò a sorridere e poi fu tutto in un attimo.
Fece una piroetta, come se fosse su una pista di pattinaggio e poi quando poggiò il piede a terra si formò una scia di ghiaccio che congelò l’avversario.
Tutte le persone che erano lì con me scoppiarono in un fragoroso “OOOOOOOH!”.
Poi cominciarono a fischiare, a urlargli complimenti, ad applaudire.
Io ero semplicemente stupefatta. Com’era possibile una cosa del genere? Nel calcio esistevano davvero tecniche del genere?
Il gioco intanto proseguiva. Shawn passò la palla rubata dritta a Aiden, che era l’unica punta della squadra. Prese abilmente la palla di petto e mi sembrò di vedere il suo sguardo irritato. Avevo notato che provava una certa invidia nei confronti del fratello. Poi i suoi occhi penetrarono i miei come se volessero dirmi “Sta’ a guardare.”.
Corse velocissimo verso la porta avversaria riuscendo a dribblare tutti con una facilità estrema e una volta davanti alla porta fece roteare la palla con i piedi, facendola alzare in aria e infine la colpì con forza, ghiacciandola.
Il colpo generò un freddo spostamento d’aria e intorno ai giocatori nacque una bufera di neve.
Io non sapevo più che dire. Ero strabiliata. Quei due erano fantastici!
Il portiere non tentò nemmeno di pararla e fu subito goal.
1-0. 
Il resto della partita fu un continuo passaggio di palla da Shawn a Aiden.
Erano una squadra perfetta.

La partita finì 5-0. Appena vidi Shawn uscire dagli spogliatoi mi precipitai da lui.
-Ehi! Shawn, cavolo ma sei bravissimo!! Come hai fatto a fare quella mossa bellissima??- esclamai piena di eccitazione.
-L’ho imparata pattinando. Mi è venuta l’ispirazione e mi sono allenato fino a perfezionarla. L’ho chiamata Difesa Di Ghiaccio.- mi sorrise.
Io arrossii. -Sei fantastico..-
Lui mi guardò un po’ sorpreso, poi arrossì lievemente e mi sorrise di nuovo. -Grazie.-
In quel momento uscì Aiden. Aveva un’espressione compiaciuta sul volto.
-Salve!- salutò glorioso.
-Aiden! E’ fortissimo il tuo tiro! Il portiere non ti stava dietro!!- risi.
Lui diventò rosso, ma conservò l’espressione soddisfatta.
-Beh, non so come mi sia venuto un tiro del genere, sta di fatto che sono troppo forte!-
-Vuoi dire che non l’avevi mai provato prima?- chiesi stupita.
-No, è stata la prima volta. Vediamo…come lo potrei chiamare?- si mise a riflettere.
Lo interruppi dopo qualche secondo.
-Io un nome ce l’avrei! Posso?-
-Sentiamo.-
-Tormenta Glaciale.-

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Capitolo 4
*** Il pattinaggio su ghiaccio ***


I mesi passavano velocemente e a Hokkaido mi trovavo veramente bene.
Passai il mio settimo compleanno a casa con la febbre, ma fu bello comunque, perché il papà restò a casa dal lavoro apposta per me.
Dopo la partita che avevo visto quella volta, mi appassionai al calcio e divenni un’assidua frequentatrice del club. Andavo a vedere quasi ogni match.
Per questo al compleanno mi feci regalare un pallone da calcio. In realtà non lo usavo molto. Lo tenevo in camera e di sera lo prendevo in mano e gli raccontavo la giornata.
Quel pallone divenne un amico speciale.
 
Un pomeriggio andai assieme ad alcuni compagni di classe a pattinare sul ghiaccio.
Non l’avevo mai fatto prima, non vedevo l’ora di provare.
Mi misi i pattini con un po’ di fatica, con l’aiuto delle mie amichette e poi andai all’entrata della pista.
-Davvero non hai mai pattinato prima, Luna? Qui è così normale farlo sin da piccoli che sembra strano!- mi disse una.
-Beh, a Fukuoka non ne ho mai viste di piste così grandi! E poi non importa, vedrai che imparo!- le sorrisi.
In realtà avevo paura di cadere e fare pessime figure. Oltretutto c’era anche Shawn, non volevo che pensasse che fossi un’imbranata.
Lo vidi subito. Spiccava tra gli altri perché era bravissimo. Pattinava con una naturalezza impressionante, tanto che molte persone smettevano per guardare lui.
-Luna!! Vieni dai! Non incantarti davanti a lui come al solito!- le mie amiche risero.
Io arrossii. -Uffa, non prendetemi in giro!!-
Misi un piede sul ghiaccio, controllai che reggesse e poi misi anche l’altro. Era piuttosto strano. Mi aggrappai forte al bordo e provai a muovere un passo, ma scivolai in avanti troppo bruscamente andando a sbattere contro Aiden.
-Ehi! Sta’ attenta!- disse lui.
-Scusami!!- esclamai io, aggrappandomi al suo giubbotto.
-Oh, sei tu Luna! Ehi ma..non ti attaccare così, mi fai cadereee!!- sbraitò Aiden, che non reggeva il mio peso.
Mi staccò le mani dalla giacca bruscamente. -Almeno appoggiati piano!- sembrava volesse lamentarsi, ma in realtà arrossì. Voleva aiutarmi.
-Scusami..- abbassai la testa e strinsi piano la sua spalla.
Lui si voltò dall’altra parte. Prese a pattinare lentamente.
-Pianoo pianooo!!- urlavo io.
-Ma sto andando a passo di lumacaa!!- urlava lui.
Involontariamente mi aggrappai più forte e lui cadde in avanti. Io mi bloccai, sul punto di cadere all’indietro.
Chiusi gli occhi, pronta a sentire il dolore del colpo.
E invece mi sentii afferrare saldamente da dietro. Voltai la testa e vidi il sorriso gentile di Shawn.
-E’ la prima volta che pattini, eh?-
Arrossii bruscamente e mi rimisi in piedi. -S-Sì..- Evitai di incrociare il suo sguardo.
-Ehiiii qualcuno mi aiuta per favoreeee???- Aiden era steso sul ghiaccio.
-Oddio, scusami Aiden!!- gli tesi la mano e lo aiutai ad alzarsi, rischiando di cadere di nuovo.
-Aah, che botta. Non importa dai, vado un attimo a sedermi fuori.- e si allontanò dolorante.
-Ahah povero fratellino mio, che volo gli hai fatto fare!- rise Shawn.
Poi mi disse: -Se vuoi ti insegno io a pattinare sul ghiaccio.-
I miei occhi si illuminarono e arrossendo annuii.
In quel momento lui mi prese la mano. Il mio cuore sembrò balzare fuori dal petto.
Diventai tutta rossa e lo guardai. -Vieni, lasciati andare.- mi sorrise.
Io cominciai a muovere qualche passo incerto, ma mi sentivo rassicurata dall’aiuto di Shawn. Non avrei mai dimenticato quel giorno.
La sua mano era calda, così calda che sentivo bruciare tutto il corpo.
Caddi un po’ di volte, pattinai anche con Aiden quando tornò dentro e imparai un pochino.
Alla fine della giornata ero stanchissima. Ringraziai i miei amici e mi buttai sui sedili dietro della macchina.
-Allora, ti sei divertita tesoro?- mi chiese dolcemente la mamma.
-Moltissimo!! E poi Shawn mi ha aiutata tanto!! Anche Aiden. Sono felice mamma, non trasferiamoci più.-
Lei mi guardò con un sorriso malinconico, stava per dire qualcosa, ma io mi addormentai.

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Capitolo 5
*** La brutta notizia ***


Ricordo che nei giorni seguenti sentii i miei genitori litigare molto.
Che si scambiassero qualche occhiataccia o che non parlassero per un po’ di tempo succedeva, ma che discutessero in modo così animato era raro. Avevo un po’ paura che si lasciassero, perché avevo sentito che una mia compagna di scuola aveva i genitori divisi e che vedeva il papà solo un paio di volte al mese. Io volevo molto bene ad entrambi i miei genitori e non volevo assolutamente separarmi da uno dei due.
In ogni caso quando chiedevo alla mamma cos’era successo lei mi rispondeva -Nulla, tesoro.- e mi sorrideva. Il suo sorriso mi rassicurava sempre, quindi speravo davvero non fosse nulla di grave. Abbracciavo il mio pallone e mi addormentavo.

Intanto passò un altro mese e a scuola mi divertivo come al solito.
Shawn era sempre bellissimo e gentile e Aiden il solito rompiscatole un po’ burbero, ma in fondo dolce.
-Luna, domenica prossima abbiamo la semifinale!! Devi esserci e tifare per noi come al solito, intesi?- mi disse un giorno.
-Ma certo!! Distruggili tutti con la tua Tormenta Glaciale!!- lo incoraggiai io.
Erano migliorati tantissimo entrambi e io ero sempre più estasiata.

Alla fine delle lezioni presi il pulmino, che avevo incominciato a usare come mezzo a partire dalla seconda elementare. Mi piaceva, mi faceva sentire indipendente. E poi il viaggio durava 5 minuti, quindi non c’era da ricordarsi troppi punti di riferimento. Salutai con la mano i fratelli Froste, che stavano per salire in macchina e vidi la loro mamma. Somigliava moltissimo a Shawn, come avevo immaginato. Capelli più scuri, ma stessa espressione dolce sul volto.
Quando vide che i figli agitavano la mano, si girò dalla mia parte e mi vide.
Poi sorrise e disse qualcosa rivolto a Aiden. Lui sembrò arrossire, mentre Shawn rideva.                                                               
Il pulmino partì. Ero davvero felice di avere degli amici come loro.
Però la mia allegria si spense quando aprii la porta di casa.
Il papà era rimasto a casa dal lavoro ed era insieme alla mamma seduto al tavolo. Sembrava mi stessero aspettando.
-Bentornata Luna. Tutto bene a scuola?- mi chiese la mamma. Io annuii e posai la cartella vicino al divano.
-Tesoro ti dobbiamo dire una cosa importante. Siediti qui con noi.- mi disse papà.
Riluttante e intimorita scostai una sedia e mi misi davanti a loro. Avevo un bruttissimo presentimento.
-Il papà ha avuto una promozione al lavoro.- cominciò mamma.
-Ma è fantastico!- esclamai senza pensarci troppo.
-Nella sua nuova posizione non avrà più bisogno di trasferirsi, avremo una casa fissa, per sempre.- continuò, senza lasciar trasparire alcun tipo di felicità.
Io deglutii. Sembrava una notizia fantastica, avrei potuto stare lì per sempre, con Shawn. chiesi sorridendo.
-La ditta si trova a Okinawa. Andremo là a vivere.- concluse papà, smorzando il mio sorriso.
-C..come?- non riuscivo a crederci. Era un brutto sogno.
-Ci dispiace molto, piccola. So che avevi trovato amichetti simpatici qui. Ma siamo sicuri che anche là ne troverai tanti. E poi avremo la casa vicino al mare, potremo fare il bagno quando vogliamo.- la mamma iniziò a sorridere, ma io non ci riuscivo.
-Io..io volevo restare qui per sempre..- dissi con un fil di voce. Il cuore mi batteva forte.
-Tesoro..vedrai che ti troverai bene a Okinawa. Pensa che poi non ci dovremo più spostare.- disse papà.
Una lacrima mi rigò la guancia. Mi alzai di scatto facendo cadere la sedia e corsi in camera mia.
“Non è giusto!” pensai in preda alla tristezza.
Dapprima mi stesi sul letto e piansi.
Non riuscivo a smettere, non volevo andarmene da lì.
Rimasi così per una buona mezz’ora, poi mi calmai un pochino.
Alzai la testa dal cuscino bagnato fradicio e il mio sguardo si fermò sul pallone da calcio.
Il calcio. Quello sport che mi aveva appassionata per tutto quel tempo. Ora mi accingevo ad abbandonare pure quello.
Mi alzai e mi avvicinai al pallone. Stetti ferma qualche minuto, a fissarlo e a pensare alle belle emozioni che mi aveva regalato.
Poi in preda alla rabbia, lo calciai. Lo calciai così forte che ruppi la mia lampada da notte. Ma non mi interessava.
Mi accucciai mentre le lacrime riprendevano a scorrere sul mio viso.
Sentendo il forte rumore i miei corsero su e spalancarono la porta.
Quando mi vide in quelle condizioni, la mamma mi abbracciò forte e mi accarezzò la testa dolcemente.
-Vedrai che andrà tutto bene.- mi sussurrò.
-E poi hai ancora un paio di giorni. Partiamo domenica mattina.- aggiunse papà.
Il giorno della partita.
Ormai non aveva senso discutere e annuii.

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Capitolo 6
*** L'addio ***


Il giorno dopo a scuola non dissi niente a nessuno.                                                                                                         
Non me la sentivo. O forse, semplicemente, non volevo.
Quando arrivarono Aiden e Shawn però, cominciai a piangere.
-Luna, che succede?- mi chiese Shawn avvicinandosi.
-Lunaaa perché piangi?! Qualcuno ti ha dato fastidio? Dimmelo che lo picchio.- urlò Aiden.
-E’..è tutto a posto. Solo che non posso venire alla partita domenica..- risposi.
-Oh, tutto qui? Ma non piangere per questo, stai tranquilla! Ci hai fatti preoccupare..- disse Shawn, tirando un sospiro di sollievo.
Poi mi asciugò le lacrime. E questo mi fece arrossire davanti ai suoi occhi gentili.
In quel momento successe una cosa strana.
Aiden mi abbracciò all’improvviso. Mi strinse forte.                                                             
Io ero tutta rossa, non piangevo più.
-A..Aiden!!- balbettai.
-Non mi piace vederti piangere. Non farlo più, ok?- poi si staccò e mi guardò con aria di rimprovero.
Era imbarazzato, ma pensai che fosse stato dolcissimo. Non avrei mai immaginato fosse un tipo così.
-Scusami Aiden..grazie.- mi asciugai le guance bagnate.
Lui sorrise. Uno di quei sorrisi che ti riempiono di gioia.
-Aiden, ti voglio bene.- dissi e gli diedi un bacio sulla guancia.
Lui avvampò, si portò una mano dove l’avevo baciato e cominciò a balbettare freneticamente.
-Che-che-che... cosa fai?!?!?-  sbraitò.
-Scusa. E’ che volevo dirtelo, perché la verità è che mi devo trasferire. Domenica parto.- confessai, abbassando lo sguardo.
Ammutolì.
-Non starai dicendo sul serio..vero?- mi chiese Shawn.
Lo guardai. Non l’avevo mai visto così. Era sempre sorridente e ora invece…
Mi avvicinai e gli presi un lembo della maglietta.
-Mi..mi mancherai, Shawn.- sussurrai, arrossendo.
Lui mi abbracciò dolcemente. Il mio cuore batté più forte.
-Anche tu, Luna.- disse in un sussurro.
Aiden venne a separarci.
-Ok, ora smettila Shawn.- e lo guardò male.
Lui si staccò, ma prima mi accarezzò il viso, sorridendo.
Io avvampai.
Sarebbe stata l’ultima volta che avrei provato quella sensazione.

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Capitolo 7
*** L'incidente ***


Il viaggio di domenica fu tranquillo. Prendemmo un traghetto che impiegò quasi un giorno ad arrivare.
Okinawa era praticamente il contrario di Hokkaido.
Calda e allegra.
La nostra casa era a 500 metri dal mare. Mi affacciavo alla finestra della mia stanza e vedevo all’orizzonte la linea blu dell’oceano.
Era bellissimo, ma già mi mancavano i miei amici.
La casa era grande quanto quella di Hokkaido. Tranne che non c’era la mansarda, ma una stanza in più al piano di sopra. Non era male.
Ci impiegammo tutto il resto della giornata per sistemare le cose e alla sera ci potemmo permettere di accendere la televisione.
Non avrei mai potuto immaginare quello che sentii.
Mio padre mise sul telegiornale. Dopo qualche minuto di notizie sulla politica, si sentì una voce femminile che iniziava un altro servizio.

“Tragedia ieri sera ad Hokkaido. Sulla crina innevata una famiglia perde la vita. Secondo le testimonianze ottenute,  stava tornando da una partita di calcio appena svoltasi alla scuola dei figli. La famigliola tranquilla e felice per la vittoria, stava percorrendo la crina innevata in macchina, sulla via di casa, ma viene sorpresa da una valanga. L’auto viene travolta in pieno. La famiglia Froste...”

Mio padre spense, alla parola “Froste” perché io urlai.

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Capitolo 8
*** Un nuovo amico ***


Non so quanto piansi, ma mi sembrò un’eternità. 
Stetti chiusa in camera mia per due giorni interi. 
Non avevo appetito, non avevo nemmeno la forza di parlare.
Quando smisi di piangere pensai solo di aver finito le lacrime, perché la tristezza persisteva.
Una volta mia mamma entrò in camera e si sedette sul mio letto, mentre io giocherellavo annoiata e triste col mio orsacchiotto.
-Luna, non puoi continuare così.- incominciò.
Io la ignorai e continuai a far ballare l’orsetto.
-So che è stato un trauma davvero terribile, ma hai appena 7 anni, devi essere forte e vivere la tua vita. I tuoi amici non ti vorrebbero così in pena.- continuò decisa.
Mi fermai per un attimo.
-Non supererò mai tutto ciò.- dissi a bassa voce.
La mamma sembrò rassegnarsi, ma mi incitò un’ultima volta:
-Almeno esci di casa, prendi una boccata d’aria, magari ti farà stare meglio. Dietro casa c’è un parco giochi, ci sono tanti bambini della tua età. Fatti dei nuovi amici..-
Ci pensai un attimo. In fondo avrei potuto almeno cambiare aria. Pensare un po’ meglio.
-Va bene...- acconsentii.
 
Il parco era davvero vicino, anche volendo non potevo perdermi.
Era più grande di quel che pensassi. C’erano un paio di scivoli, uniti da un ponticello, delle altalene, una sabbiera e uno di quei cosi che girano e ti fanno venire il vomito. 
A un lato c’era pure un campetto da calcio. Lì c’erano dei bambini che schiamazzavano e si divertivano, replicavano per i falli ingiusti e insultavano l’arbitro. Distolsi lo sguardo.
Mi sedetti su una delle altalene e iniziai a dondolarmi lentamente.
Non avevo voglia di giocare con nessuno, volevo solo pensare e calmarmi.
Ad un certo punto una palla da calcio molto rovinata arrivò vicino ai miei piedi. Era grigiastra, sporca e alcuni pezzi si stavano staccando.
Sentii una voce.
-PALLAA!!!- era uno dei bambini.
Io non avevo alcuna voglia di alzarmi e passargliela, non ne avevo neanche la forza.
Quindi lo ignorai.
-PALLAAA!! EHI TU!!- continuò lui.
Feci finta di nulla.
Alla fine il bambino arrivò correndo. 
Invece di prendere la palla però, si piazzò di fronte a me con aria minacciosa.
-Ma sei sorda?! Ti avevo chiesto di passarmi la palla!- disse.
Non avrei retto a lungo.
-Tsk. Non hai il coraggio di rispondermi, eh?! Sei solo una stupida, ecco cosa.-
-Non..non avevo sentito..- cercai di rispondere, ma la voce mi tremava.
-Almeno guardami in faccia quando ti parlo!!-
Alzai lo sguardo. Aveva i capelli rossi, tutti spettinati ed uno strano ciuffo in testa.
Non riuscii a vedere altro, perché la vista venne offuscata dalle lacrime.
-E-ehi!! Che fai, piangi?!- sembrò spiazzarsi.
-D-dai scusa!! Non è il caso che reagisci così!!- arrossì lievemente. 
Non voleva ferirmi sul serio con quelle parole.
Pensai di scusarmi se non gli avevo passato la palla.
Lui però si incamminò verso di essa e la prese in mano.
Non so perché, sperai non se ne andasse.
Abbassai la testa, capendo di aver fallito anche il mio primo approccio con i nuovi amici.
Il ragazzino però calciò il pallone verso gli altri bambini.
-NON GIOCO PIU’!!!- urlò.
Poi si sedette sull’altalena di fianco alla mia.
-…Mi dispiace di averti dato della stupida.- disse.
Mi asciugai le lacrime.
-Tranquillo, anzi scusami tu se non ti ho passato la palla..- risposi.
Lui mi guardò.
-Allora avevi sentito!!- 
Abbassai lo sguardo e annuii.
-Perché non l’hai fatto allora?- chiese.
-Non ne avevo la forza.- risposi, il più sinceramente possibile.
-Che ti è successo? Ti sei fatta male?!- si sporse dall’altalena, preoccupato.
Ci pensai un attimo.
-Sì..ho una profonda ferita al cuore.- 
Lui intese male e si spaventò.
-STAI PER MORIRE?!- quasi cadde.
Feci no con la testa.
-No, scusa. E’ che prima abitavo ad Hokkaido e i miei migliori amici sono morti in un incidente il giorno del mio trasloco…- gli occhi mi si bagnarono di lacrime.
Il ragazzino si alzò e si accucciò davanti a me.
Sembrava un po’ impacciato e mi ricordava terribilmente Aiden.
-Mi dispiace tanto…- disse con un fil di voce.
Poi sembrò impensierirsi.
-Se ti va, possiamo essere amici noi due.- e mi sorrise.
Io non potevo crederci.
Avevo un nuovo amico? 
Riuscii a vedere che aveva gli occhi gialli.
-S-sì..- risposi, felice. 
Ero felice, sì. Anche se avevo ancora le lacrime agli occhi e non riuscivo a farle finire. Il dolore della perdita di Shawn e Aiden non sarebbe stato riempito così facilmente. Ma era un inizio.
Lui si alzò.
-Mi chiamo Cloud e tu?-
-Luna.-
-Hai un bel nome!- sorrise. -So io come far finire quelle lacrime. Attaccati forte!-
Corse dietro di me e iniziò a spingere l’altalena. 
Prima piano, poi sempre più veloce.
Il vento mi asciugò il viso e mi regalò una nuova sensazione.
La speranza.
Potevo ricominciare a vivere, con Cloud al mio fianco. Potevo farmi una nuova vita e cercare di dimenticare Shawn e Aiden. 
Guardai il cielo limpido.
Avrei pregato per loro ogni sera, perché fossero felici lassù.
Iniziai a ridere, finalmente.
Era un bellissimo inizio.

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Capitolo 9
*** Lezioni di nuoto ***


Nella mia nuova classe mi trovavo bene e, come era normale ad Hokkaido saper pattinare sul ghiaccio, lì ad Okinawa era normale saper nuotare.
In quel primo anno però mi limitai a giocare sulla riva e dove toccavo.
Perché io non ero capace, ancora una volta.
I miei otto anni li festeggiai facendo una festa a casa mia. Caccia al tesoro, ballate di gruppo, torte e salatini. Insomma, un gran divertimento.
Ovviamente venne anche Cloud.
Io e lui eravamo diventati ottimi amici.
Un giorno andammo in spiaggia. Di solito giocavamo con la sabbia, facendo enormi castelli e qualunque tipo di scultura oppure ci divertivamo a schizzarci con l’acqua.
Quel giorno però, volevo imparare a nuotare.
-Cloud, tu sai nuotare non è vero??- gli chiesi entusiasta.
-Certo, che domande.- rispose lui, orgoglioso come al solito.
-Mi insegni?-
La mia domanda lo fece scoppiare a ridere. Io non lo trovavo così divertente.
-Ahahah davvero non sai nuotare?!- mi prese in giro per una buona mezz’ora.
Alla fine entrò in acqua.
-Vieni dai.- e mi porse una mano.
Era strano. Con Shawn mi ero sentita terribilmente in imbarazzo, ma con lui era diverso.
Shawn sembrava irraggiungibile, Cloud era al mio fianco.
Presi la sua mano. Era calda bollente, e ricordai la sensazione che avevo provato prendendo quella del piccolo Froste. Era diversa, ma nonostante tutto arrossii.
Il mio amico iniziò a farmi lezione.
-Devi sempre muovere braccia e piedi, per rimanere a galla. E poi spingi l’acqua indietro per portarti avanti, capito?- sembrava confuso anche lui.
Mi misi a ridere.
-Basta che mi stai vicino.- e mi staccai.
Cominciai muovendo i piedi, però così non mi spostavo, allora usai le braccia, ma non sapevo in che modo muoverle.
In men che non si dica ero nel panico totale.                                                                                                                 
Quando cercai di toccare il fondo sabbioso con i piedi, non ci riuscii. Andai sott’acqua. Riemersi e tossii. Com’era possibile? Toccavo prima! Probabilmente i miei movimenti convulsi mi avevano fatta avanzare di qualche metro. Ero stanca, non ce la facevo a stare a galla. Andai sotto un’altra volta. Riemersi. Gli occhi mi bruciavano. Cercai di trovare un appiglio, uno qualsiasi, ma non ci vedevo. Alla fine, stremata, mi lasciai andare. Affondai, piano. Dopo poco avevo finito il fiato, ma non avevo forza per risalire.
Poi mi sentii afferrare e portare a galla.
Tossii.
Cloud mi stava portando a riva.
Avrei voluto baciare la terra, ma lui non mi lasciò scampo e cominciò a rimproverarmi.
-Sei fuori di testa?! Cosa ti sei staccata a fare da me?! Non sai nuotare, scema!!-
Ero seduta sulla sabbia e lui mi stava tenendo il busto alzato con le braccia.
-Avresti potuto affogare, morire!! Ti rendi conto?! Per fortuna sei leggera e sono riuscito a venirti a prendere, ma se per caso finivi più a largo non avrei fatto in tempo a trovare un aiuto!!-
Era una parlantina continua quando si arrabbiava e non voleva sentir ragioni. L’ultima parola doveva esser la sua, ormai l’avevo capito.
Così lo abbracciai.
Lui si zittì.
-Scusa, Cloud.- dissi semplicemente.
Si scostò da me, tutto rosso.
-Scema.-
Io ridacchiai. -Sei carino quando ti preoccupi!- e gli feci gli occhi dolci.
Lui mi guardò imbarazzato, poi si alzò.
-E..e chi si preoccupa?!- e ritornò in acqua.
-E ora, se vuoi imparare a nuotare, non staccarti da me!- raccomandò, minaccioso.
Io corsi  verso di lui e lo buttai in acqua.
-Avanti, Maestro, sono pronta!- dissi mentre si rialzava.
Mi rincorse per mezza spiaggia, e alla fine mi rovesciò un secchiello colmo d’acqua in testa.
Scoppiai in un finto pianto e lui non seppe più cosa fare.
Visto che aveva abbassato la guardia, mi lanciai addosso a lui con un attacco fulmineo e lo feci cadere di schiena. Mi sedetti su di lui per bloccarlo.
Quando aprì gli occhi mi guardò malissimo e cerco di liberarsi. Io ridevo come una matta.
Alla fine mi spinse via e si mise carponi su di me.
-Ora non ridi più, eh?- mi guardò con gli occhi dorati.
Non avevo mai notato quanto fosse carino.
Arrossii per un momento e poi gli tirai un calcio che lo fece rotolare via.
-Sei scorretta!!- mi urlò.
Gli volevo già un mondo di bene.tor di EFP.

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Capitolo 10
*** Il calcio ***


I giorni passavano in fretta in compagnia di Cloud e dei miei nuovi compagni di classe.
Mi sentivo felice, la mia vita proseguiva bene.
Ma non ci fu un solo giorno in cui non sentii la mancanza di Shawn e Aiden, non una sera in cui non pregai per loro.
Avevo accantonato il calcio, perché me li ricordava.
Ma non fu una scelta giusta, perché io amavo quello sport.
Nonostante ciò il tempo passò senza che io toccassi un pallone. Per sino quello che mi aveva regalato papà l’avevo nascosto nell’armadio.
Quando ero al parco e Cloud giocava a calcio io me ne andavo in spiaggia a piangere. Stavo male tutte le volte, perché ogni singolo movimento mi ricordava le partite giocate con passione dai miei amici e le loro inconfondibili tecniche speciali.
Passò un altro anno senza che affrontassi questo problema.
Ma poi Cloud mi risvegliò da questo incubo.
Un pomeriggio come tanti venne in spiaggia, si sedette accanto a me e con aria abbattuta incominciò il discorso.
-Sai, stamattina il pallone che usavamo per giocare è scoppiato.-
Lo guardai e lui continuò.
-Sono stato io. Ho imparato una tecnica fortissima, ma quel pallone era vecchio e non ha retto il colpo. Ora non sappiamo con cosa giocare però..- guardò l’orizzonte.
Sembrava triste. Per lui il calcio doveva essere speciale. Come per me, in fondo.
-Se ti va, io ho un pallone a casa nuovo di pacca.- dissi e mi pentii subito.
Lui si voltò a guardarmi, gli occhi gli scintillavano.
-Dici sul serio?! Ma...Luna, ti piace il calcio?!- mi chiese, tutto d’un botto.
Diamine.
-Beh...quando ero ad Hokkaido..- deglutii.
Era il momento di affrontare tutto ciò.
-I miei amici, Shawn e Aiden, giocavano nella squadra della scuola e io…io andavo sempre a vederli giocare…- continuai, mi tremava la voce.
-Non me l’avevi mai detto prima!!- si sorprese.
Abbassai lo sguardo. Eccole, stavano arrivando.
Le lacrime.
-Luna..?-
Cloud si sporse verso di me e capì immediatamente.
-E-ehi! Non piangere dai!!- esclamò in preda al panico.
-Scusami non avrei dovuto toccare questo argomento, non piangere, ti prego..-
Io non riuscivo a smettere, però riuscii a dire qualcosa tra i singhiozzi.
-N-non…è colpa tua…- mi asciugai le lacrime.
-Piangi perché il calcio ti ricorda i tuoi amici?- mi chiese.
Aveva capito perfettamente. Era per questo che lo adoravo, mi capiva sempre e sapeva come farmi stare bene in qualsiasi situazione.
Annuii.
-Sai, se il calcio ti piaceva prima, ti deve piacere anche ora. A maggior ragione non lo puoi abbandonare quando ti fa pensare a delle persone importanti. Capisci? E’ parte dei tuoi ricordi, come lo sono Shawn e Aiden. E tu non vuoi dimenticare, dico bene?-
Dio. Era così vero quello che mi aveva detto.
Lo abbracciai di slancio.
“Grazie, Cloud. Grazie che mi stai accanto quando sono triste, sempre. Ti voglio bene.” Pensai, ma non riuscii a dirglielo, forse non trovavo le parole giuste.
Lui arrossì e mi strinse forte.
-Ti prometto che ti starò sempre vicino.-
Quelle parole mi colpirono come un fulmine a ciel sereno.
Si alzò e mi prese per mano.
-Ora vieni a giocare con me a calcio, Luna.- suonava un ordine, ma sapevo che lo faceva per me.
Passammo da casa mia a prendere il pallone tutto impolverato, poi ci dirigemmo al parco.
-Prova a rubarmi la palla!- mi sfidò.
Era ovvio che non sarei mai riuscita, ma ero una tipetta orgogliosa.
Gli corsi incontro puntando alla palla, ma all’ultimo momento lui la passò all’altro piede e mi superò.
-Ahah non credere sia così semplice!- rise.
La cosa lo divertiva da matti, lo sapevo.
Gli avrei fatto rimangiare quel sorriso.
Corsi di nuovo, questa volta prestai attenzione ai suoi movimenti. Come la volta precedente, passò la palla all’altro piede. Io frenai e mi girai da quella parte. Lui dapprima si sorprese, poi sorrise e fece una giravolta tenendo la palla fuori dalla mia portata.
Cavolo se era bravo.
-Devo ammettere che impari in fretta.- rise di nuovo.
-Tsk.- lo guardai male. -Me la paghi.-
Corsi di nuovo, ma prima che potesse fare la giravolta ne feci una anche io, finendogli davanti. Si bloccò per un attimo, meravigliato, ma poi mi dribblò di nuovo.
-Ad acrobazie te la cavi.- sorrise malignamente.
Io gli feci la linguaccia.
Continuammo così per un sacco di tempo, non so dire quanto.
So solo che ad un certo punto caddi, sfinita.
-Stanca, eh?- mi sorrise, stavolta gentilmente.
Risposi solo ansimando.
-Ti faccio vedere il mio tiro ora.- divenne serio.
Colpì la palla, facendola balzare in aria con una scia infuocata, poi saltò anche lui e facendo una rovesciata, la colpì in un mare di fuoco.
-Goaaaaal!!- urlò, correndo per il campo e levandosi la maglietta.
-Uooaaah!!- si portò le mani a coppa davanti alla bocca e imitò le urla dei tifosi.
Era gasatissimo. E faceva bene.
-Cavoli Cloud!! Sei bravissimo!! Come hai fatto?!- urlai io.
Lui rise e si buttò seduto al mio fianco.
-A dire il vero non lo so, ma è da un po’ che ho questa carica e provando e riprovando ce l’ho fatta.-
-E’ una palla di fuoco!- esclamai.
-Palla di fuoco...ecco, lo chiamerò così il mio formidabile tiro!- scattò in piedi.
Poi si girò a guardarmi.
-Se vuoi puoi riprovare a rubarmi la palla.-
-E’ una sfida?-
-Può darsi.-
Mi alzai e stetti ferma ad osservarlo.
Ormai avevo capito la sua tattica.
Cambio piede, giravolta, dribbling.
Ma non m’incantava.
Gli corsi incontro, feci anche io la giravolta, ma stavolta dall’altra parte. Poi mossi un piede verso la palla.
Era fatta, non poteva più fare nulla.
Lo guardai e lui mi sorrise, gli occhi luminosi di sicurezza. Non so perché, il mio cuore ebbe un sussulto.       Lui spiccò un balzo e mi oltrepassò, con una facilità disarmante.
Rimasi immobile. Com’era possibile?
-Mi arrendo, sei troppo bravo.- dichiarai, stupefatta.
-Peccato, mi stavo divertendo.- rispose.
Si avvicinò, ancora con il pallone tra i piedi.
Era distratto.
Mi si presentava un’occasione su un piatto d’oro, non d’argento!
Scattai e gli rubai la palla da sotto il naso.
-Sìììììììììììì!!!! Ce l’ho fattaaaa!!!- esultai, ridendo.
Lui era rimasto spiazzato.
-A-aspetta un momento, non è valido!!! Avevi detto di esserti arresa!!!- protestò lui.
-Mai abbassare la guardia, Cloud.- dissi con aria di chi la sa lunga.
Mise il broncio e io continuai ridere.
La paura del calcio mi era passata, grazie a lui.

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Capitolo 11
*** Il compleanno ***


Gli anni passarono veloci, tra le nuotate e le partite con Cloud ero riuscita a mettere a parte la tristezza e a godermi le giornate.
Ho tanti ricordi legati a quel periodo, troppi. Se ve li raccontassi vi annoiereste.
Riprenderò a la mia storia dal giorno in cui compii i miei 13 anni.
Posso dire che sarebbe cominciato il periodo più assurdo e complicato della mia vita.
 
Erano già iniziate le medie, quasi non ci credevo. Ormai ero una ragazza….. Ragazzina dai.
Cloud era sempre stato al mio fianco in tutti i miei momenti di debolezza, ma anche in quelli di gioia.          Era diventato il mio migliore amico.
Non faceva la mia scuola però ci vedevamo praticamente tutti i giorni, al mare, al parco.
Ma poi qualcosa cambiò.
Un giorno andai in spiaggia perché mi aveva dato appuntamento lì.
-Cloud!- chiamai il suo nome, quando lo vidi seduto sulla riva poco più in là.
Lui si voltò e non mi sorrise come faceva di solito. Pensai che fosse strano.
Mi sedetti accanto a lui.
-Perché mi hai fatta venire?- chiesi sorridendo.
Lui abbassò lo sguardo.
-Non posso venire alla tua festa quest’anno.- lo disse con un fil di voce.
Pensai che stava reagendo esageratamente. Anche se per una volta non veniva al mio compleanno non era certo la fine del mondo.
-Ma di che ti preoccupi? Non importa Cloud, stai tranquillo.- gli sorrisi ancora.
Lui mi guardò dritto negli occhi, sembrava malinconico sebbene stesse sorridendo anche lui.
-Per fortuna non ti sei arrabbiata. Temevo il peggio.- rise.
Non sembrava naturale, avevo l’impressione che si stesse sforzando di essere felice.
Qualcosa non andava.
Per quel giorno lasciai correre, in fondo chiunque può avere giornate no.
 
Alla mia festa ci divertimmo tutti moltissimo. La feci in una pizzeria. Ormai  ero cresciuta per i compleanni a casa. Mangiammo tanto, ridemmo e poi uscimmo a passeggiare.
Avevo ricevuto un sacco di regali bellissimi. Vestiti, braccialetti, profumi.
Chissà se nonostante tutto Cloud mi aveva comprato qualcosa.
L’anno prima mi aveva regalato un pendente per il cellulare a forma di palla da calcio. L’avevo appeso subito e da quel giorno era sempre rimasto attaccato.
Tirai fuori il telefono e iniziai a giocherellarci.
Mi mancava Cloud. Forse gli avrei dovuto mandare un messaggio per chiedergli se si era liberato e poteva raggiungerci.
Però avevo paura di disturbarlo, mi aveva detto di avere un impegno molto importante.
-Luna, che ti prende?- una mia amica mi risvegliò dai miei pensieri.
-Già, sei diventata all’improvviso silenziosa.- fece un’altra.
-Oh scusate..Non è nulla, davvero!- cercai di sorridere.
-Secondo me alla festeggiata manca una persona…- un mio amico mi diede una gomitata.
-Ma che dici Josh!- lo spinsi via.
Aveva indovinato.
-Già.- proruppe Tom -Una persona che inizia per C e finisce per loud!!- urlò.
Io avvampai.
-Ma che diavolo stai dicendo?! Non è assolutamente vero!!- cominciai a prenderlo a pugni.
Non so perché, ma i miei amici pensavano che tra me e Cloud ci fosse più di una semplice amicizia.
Non so nemmeno perché me la prendessi così a cuore. In fondo era una bugia, no?
Mi calmai.
-In effetti è sempre venuto al tuo compleanno, che fine ha fatto quest’anno?- mi chiese Marie.
Abbassai lo sguardo sul cellulare.
-Io..non lo so.- risposi.
Fu in quel momento che mi arrivo un suo messaggio.
-Oooh! Leggi ad alta voce su!- urlò Josh.
Io gli diedi un pugno nello stomaco.
Aprii il messaggio.
“Mi dispiace un casino di non essere venuto. Spero mi perdonerai! >.<  P.s: Ti ho preso un regalino ;)”
Sorrisi. Per fortuna sembrava sereno.
-Che c’è scrittoooooo???- urlò Tom, travolgendomi.
-Ma piantala!!- gli diedi una gomitata in faccia.
Ero felice.

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Capitolo 12
*** Cloud? ***


Passarono due giorni senza che Cloud si facesse vivo.
Mi chiedevo cosa stesse succedendo, in quel periodo si comportava in modo strano.
Non era da lui non farsi nemmeno sentire. Eravamo pur sempre migliori amici.
Io dal canto mio non avevo alcuna intenzione di fare il primo passo. Ero diventata ancora più orgogliosa negli anni.
Finalmente la sera del terzo giorno ricevetti un messaggio che mi diceva di andare al parco.
Erano più o meno le sette.
Beh, meglio tardi che mai, pensai ed uscii.
L’aria era calda, ormai l’estate era alle porte. Anche se lì ad Okinawa era praticamente sempre estate. Il mare, i turisti, i gabbiani…e poi anche in inverno la temperatura non era mai sotto lo zero. Esattamente il contrario di Hokkaido, già. Ormai i freddi e gelidi inverni in quella terra magica erano un lontano ricordo.
Avevo sempre amato molto l’inverno. La sensazione di torbida sicurezza, la voglia di stare a letto nel calduccio delle coperte con in mano una bella tazza di cioccolata calda. I pomeriggi passati a leggere un libro sulla poltrona davanti al camino scoppiettante.
L’inverno era un sogno. E poi mi ricordava Shawn. Freddo ma dolce.
Oh, quanto mi mancava il suo sorriso.
Questi pensieri furono scacciati dalla voce di Cloud.
-Luna! Sei arrivata.- si avvicinò.
-Mi dispiace molto di non essermi fatto sentire…avevo delle cose molto importanti da fare.- si giustificò.
Io lo guardai, non riuscivo a sorridere. Forse erano stati i pensieri di poco prima o forse solo la sensazione che da un po’ di tempo a quella parte provavo a stare accanto a Cloud.
Ma probabilmente ero solo offesa inconsciamente perché mi trascurava.
Ci sedemmo sulle altalene.
Ci eravamo conosciuti lì. Mi ricordavo benissimo.
-Luna, come promesso, eccoti un regalo!- mi sfoderò un enorme sorriso, porgendomi un pacchetto.
Chissà cos’era stavolta.
La carta verde era sovrastata da un fiocco rosso.
Cloud mi conosceva fin troppo bene, quelli erano i miei colori preferiti.
-Spero ti piaccia, non è niente di che..- disse, arrossendo lievemente.
Aprii senza fare complimenti. Poi rimasi a bocca aperta.
Era una cornice fatta a mano, decorata da mille colori e sul bordo superiore c’erano delle lettere fatte di cartone e attaccate con la colla.
C’era scritto “Ti voglio bene”.
All’interno c’era una foto mia e di Cloud che ci aveva scattato la mamma in spiaggia. Risaliva all’estate prima. Il mio amico, con il pallone da calcio sotto un piede, mi cingeva una spalla, facendo una boccaccia. Io lo guardavo male.
Finalmente sorrisi.
-E’ bellissima. Grazie infinite Cloud.- dissi, voltandomi a guardarlo.
-Sono contento che ti piaccia, ci ho messo un giorno intero a farla e non sono tanto bravo in queste cose…Beh, mi sono tolto un peso.- rispose, un po’ impacciato.
Lo guardai.
Sembrava dispettoso e prepotente all’esterno, ma in realtà aveva un cuore dolce e gentile.
-Cloud…- lo chiamai.
Lui mi rivolse il suo sguardo color miele. -Sì?-
-Anche io ti voglio bene.- sussurrai, mentre lo abbracciavo.
Lui non disse nulla, ma sentivo il suo cuore battere forte.
Dopo qualche secondo d’incertezza mi strinse a se.
Non so bene cosa provai, fu strano. Il mio cuore batteva forte e sentivo tanto caldo. Mi mancava il respiro, non sapevo cosa dire. In più mi sentivo così bene che non avevo il coraggio di staccarmi.
Perciò rimanemmo così, almeno un minuto.
Quando finalmente mi lasciò, esitò un momento e mi sorrise.
-Come mai in questi giorni non riesci a trovare tempo per me?- chiesi, per riprendere un argomento e alleviare l’imbarazzo.
-Capisco che hai molti impegni, ma così, tutto d’un botto? Prima eri sempre libero..- continuai.
Lui sembrò innervosirsi.
-Lo so e ti ho già chiesto scusa. Ma sono cose più grandi di me, non posso farci nulla. Se disobbedisco…- si bloccò.
Io lo guardai per incitarlo a finire la frase, ma lui cambiò discorso.
-Ora…ora devo andare. Scusa. Spero di poterti rivedere presto.- e corse via senza che io potessi dire nulla per fermarlo.
Che diavolo stava succedendo?

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Capitolo 13
*** Dubbi ***


Quella sera tornai a casa parecchio nervosa.
Cloud non me la raccontava giusta, mi stava nascondendo qualcosa.
Appena arrivata, la mamma mi venne incontro dicendomi che era pronta la cena. Non parlammo molto a tavola, perché papà accese la tv. Al telegiornale c’era l’ennesimo servizio sugli alieni.
Sì esatto, alieni.
Ad Okinawa non erano ancora arrivati, ma si diceva che avessero colpito molte scuole, usando come arma delle partite a calcio. Se volevi salvarti dovevi batterli.
Lo trovavo semplicemente assurdo, come se uno sport potesse decidere il destino di un pianeta.
Ma che volevano quei tizi?
Ero abbastanza tranquilla soltanto perché non avevano ancora raggiunto la nostra città, ma mi chiedevo cosa sarebbe successo quando si fossero decisi a farci visita.
Avrebbero distrutto la mia scuola?
E dopo che tutte le scuole del Giappone sarebbero sparite? Cos’avrebbero fatto?
Rabbrividii.
Però avevo sentito che non molto tempo prima una delle squadre di alieni era stata sconfitta da una squadra terrestre! Era la Raimon Jr.High, vincitrice del football frontier. Una scuola a Tokio, molto lontano da dove vivevo io.
Quando avevo udito quella notizia, un’ondata di speranza aveva fatto breccia in me.
Ma quanto avrebbe resistito la Raimon? Non era stato appurato il numero esatto delle squadre extraterrestri, speravo non fossero troppe, ma il dubbio mi incupiva ancora di più. Sembravano essere una più forte dell’altra.
Comunque preferivo non seguire i servizi che riguardavano gli alieni, per il semplice fatto che mi mettevano ansia e preoccupazione.
Proprio in questo periodo doveva sparire il mio migliore amico?
Cloud era sempre stato con me nei momenti peggiori della mia vita, ad aiutarmi e consolarmi. A rendermi felice.
Ma ora gli stava succedendo qualcosa di strano. Che non mi volesse più bene come un tempo? Che avessi fatto qualcosa di male senza accorgermene?
Avrei tanto voluto saperlo.
 
Intanto i giorni passavano e lui non si faceva sentire.
Neanche un misero messaggio di buonanotte, nulla.
Una sera mi buttai sul letto con il cellulare in mano, sperando che vibrasse. In quel momento mi balenò in testa un’idea.
Che Cloud si fosse trovato una ragazza?
Appena quel pensiero attraversò la mia mente, sentii come una morsa che mi stringeva lo stomaco e il mio battito cardiaco accelerò.
Mi misi a sedere, come per pensare meglio.
In fondo non era poi così strano. Insomma, il mio migliore amico si trovava la ragazza e quindi aveva meno tempo per stare con me..logico, no? Ma perché non me ne aveva parlato? E soprattutto perché mi sentivo così male a pensarci?
Ogni secondo che passava mi convincevo che fosse quella la ragione di tutto.
Ogni secondo che passava mi accorgevo che questa convinzione mi faceva male.
Ogni secondo che passava scendeva un’altra lacrima dai miei occhi.
Abbracciai il mio pallone, quello che Cloud usava per giocare.
Avevo bisogno di spiegazioni, avevo bisogno di sapere che non mi avrebbe abbandonata, che era solo un periodo così.
Avevo bisogno di vederlo.
Presi il cellulare e gli scrissi un messaggio dopo quasi dieci giorni senza sentirci.
“Domani pomeriggio vieni in spiaggia, dobbiamo parlare.”
Avevo bisogno di lui.

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Capitolo 14
*** La Raimon! ***


Arrivai sul lungomare un po’ prima di quello che avevamo stabilito io e Cloud per messaggio, ma non m’importava. Almeno potevo riflettere con calma su quello che avevo da dirgli.
Mi sedetti sulla sabbia calda di quella giornata soleggiata e perfetta. Gli schiamazzi dei bambini che si rincorrevano, il rumore delle onde infrante sulla riva, il verso dei gabbiani che volavano in quel cielo così azzurro e sereno. Tutto era in perfetta armonia. Avevo voglia di dimenticare tutto, di stare lì, chiudere gli occhi e non pensare più a nulla.
“Se solo i problemi si potessero risolvere con uno schiocco di dita. Di certo sarebbe tutto molto più semplice. Di certo non sarei incavolata con il mio migliore amico e soprattutto non mi sentirei così sola senza di lui. Forse non sentirei nemmeno la mancanza di … Shawn e Aiden.”
Deglutii. Ancora pensare a loro mi provocava una fitta al cuore, ma ormai non piangevo più. Ero cresciuta e diventata forte.
Vidi un traghetto all’orizzonte. Probabilmente sarebbe approdato pieno di turisti. Spensierati turisti che cercano di sfuggire alla routine di tutti i giorni. O forse scappavano dagli alieni. In fondo ad Okinawa non avevano ancora colpito. Isola pacifica e di benessere, forse pensavano che fosse inattaccabile tanto era bella. A dirla tutta, lo speravo anche io.
Ad un tratto sentii un fruscio dietro di me e un corpo caldo che si sedeva affianco al mio.
-Ciao Cloud.
-Ehi.
La voglia di discutere mi era passata, facendo spazio a uno strano desiderio di serenità. E Cloud era la persona perfetta in quei casi. Emanava un’aura protettiva che mi faceva sentire sempre al sicuro, mi faceva tranquillizzare.
Senza pensarci poggiai la testa sulla sua spalla, senza dire una parola.
Lui subito sussultò, poi mi cinse la spalla.
-Luna, mi sei mancata. Dico davvero.. Mi dispiace tantissimo che non riusciamo a stare insieme come un tempo..
-Se hai una fidanzata devi dirmelo, Cloud.
Lui si staccò e mi fissò sbigottito.
-Che.. Che stai dicendo?!- era leggermente rosso in viso.
-Ho pensato che fosse questo il motivo della tua lontananza. Se ti sei trovato una ragazza è normale che hai meno tempo per me.. però perché non me l’hai detto?
Cloud mi fissò a lungo, ancora stupito.
-Credi davvero che potrei essermi fidanzato?
-Perché no?- voltai lo sguardo, imbarazzata.
-In fondo non sei male..- arrossii.  -C-cioè no! Volevo dire che sei simpatico e probabilmente a qualcuna piaci!- urlai tutto d’un fiato, correggendomi.
Lui di tutta risposta continuava a fissarmi, come se fosse indeciso sul da farsi.
Prese a grattarsi la testa.
Poi si alzò.
-Aaah. Spiegati quando parli, che cavolo! Non farmi fraintendere.. è frustrante!- si era voltato dall’altra parte, imbarazzato.
-Scusa. Ciò che intendevo è che vorrei che tu condividessi con me anche queste cose..- abbassai la testa.
Lui mi guardò e si chinò, voltandomi il mento verso il suo viso.
Il mio cuore prese a battere più forte. Così, all’improvviso. Non capivo che succedeva, sapevo solo che non riuscivo a distogliermi. I suoi occhi mi avevano catturata ed io volevo solo abbandonarmi ad essi.
-Luna..- pronunciò il mio nome con una tale serietà, da farmi sussultare.
-Non ho nessuna ragazza.
Non so perché, ma dopo quelle parole mi sentii prendere dalla gioia. Volevo ridere, abbracciarlo.
Ma poi mi incupii nuovamente.
Allora perché non aveva tempo per stare con me?
All’improvviso si sentì il fischio di una nave.
Cloud si allontanò, guardando verso il porto. Il traghetto che avevo visto era appena approdato e una schiera di ragazzini in divisa da calcio stavano scendendo.
L’espressione di Cloud si fece sprezzante.
Riconobbi lo stemma sulle loro felpe.
-Cloud! Ma quella non è la Raimon? Quella della televisione, che sta lottando contro gli alieni!
Ne ero quasi certa. Benché non avessi mai visto in un servizio i volti dei ragazzi, lo stemma l’avevo notato torreggiante sulla loro scuola, a Tokyo.
Mi voltai verso di lui, ma era scomparso. E non avevamo finito il discorso.
Sospirai, delusa. Mi ero lasciata prendere troppo dalle emozioni. Anche quello era un bel mistero però. Forse mi stavo innamorando di lui? Scossi la testa, come per scacciare il pensiero.
Impossibile.
Ritornai a concentrarmi sulla squadra.
Cominciai ad avvicinarmi, curiosa di conoscerli.
-Ehi ragazzi!- chiamai, ancora lontana.
Uno di loro si voltò. Aveva i capelli castani e portava una fascia arancione in testa.
-Voi siete la Raimon, giusto?- continuai, mentre salutando, li raggiungevo.
-Sì, siamo noi!- rispose -Siamo famosi persino ad Okinawa, fantastico!- disse poi, rivolto ai suoi compagni. Appena lo raggiunsi mi fece un sorriso enorme che contagiò il mio umore.
-Mi chiamo Luna.- dissi, sorridendo a mia volta, sorpresa da quanto fosse raggiante quel ragazzino.
-Io sono Mark Evans e loro..
Non riuscì a finire la frase che una voce lo interruppe.
-Luna, hai detto?- era calda e soffice.
Dietro Mark sbucò un ragazzo dai capelli candidi come la neve.
Appena mi vide sgranò gli occhi.
Nello stesso momento i miei si riempirono di lacrime e il mio cuore si fermò.
Cominciai a tremare, mentre mi si avvicinava.
-Sei.. Sei proprio tu?- mi chiese, sfiorandomi i capelli.
Gli occhi verdi penetrarono i miei.
Shawn.
Presa da un impeto di felicità e incredulità, lo abbracciai di slancio e cominciai a singhiozzare.
-Sei.. sei vivo!! Non ci posso credere!! Alla tele.. Avevano detto che eravate morti! Quel giorno, quando ho traslocato.. Non sai quanto sono stata male.. Shawn!!
Strinsi la sua felpa, quasi per essere sicura che fosse vero.
Lui prese ad accarezzarmi la testa.
-Luna.. sono felice di rivederti..- la voce tranquilla, come la ricordavo, solo più cresciuta.
Mi staccai, gli occhi rossi. Lui mi asciugò l’ultima lacrima che stava cadendo, proprio come quel giorno.
Io lo guardai negli occhi e gli accarezzai una guancia.
-Non..non posso crederci..
Mi sorrise.
Mi sorrise dopo anni e fu proprio come la prima volta. Il cuore ebbe un sobbalzo e io arrossii.
-Sei proprio tu.
E gli sorrisi anche io.

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Capitolo 15
*** Felicità! ***


Mi ci volle un po’ per calmarmi.
Tutti i compagni di squadra di Shawn lo inondarono di domande, anche maliziose.
C’erano anche alcune ragazze insieme a loro, senza la divisa. Capii che erano le menagers della Raimon.
Una di loro si sedette accanto a me.
-Ciao, io sono Silvia!- mi sorrise.
Era una ragazza molto carina, si capiva subito che aveva un carattere dolce e responsabile, ma forte nel momento del bisogno.
-Piacere, Luna.- dissi, sorridendo con gli occhi ancora rossi.
-Hai proprio un bel nome!- esclamò un’altra ragazza dai capelli celesti e dagli occhi curiosi. Sembrava molto simpatica. -Io sono Celia!- mi porse una bottiglietta d’acqua fresca. -Dopo aver perso tutte quelle lacrime, avrai bisogno di riassumere i liquidi perduti!-
Presi la bottiglietta e bevvi avidamente. Avevo davvero sete.
-E ora dicci: che rapporto hai con il nostro Shawn?- mi chiese poi, avvicinandosi al mio viso. Sembrava una giornalista in cerca di scoop.
Io arrossii. -Beh.. Eravamo in classe insieme alle elementari. Cioè, solo per due anni. Poi mi sono trasferita qui.-
-Eravate molto amici, vero?- mi chiese Silvia, sempre sorridente.
Sembrava quasi capirmi, forse aveva sofferto anche lei per qualcosa di simile?
Continuai. -Sì. Io, lui e suo fratello.. Aiden.- in quel momento fu come se cadessi dalle nuvole.
Aiden.
Mi alzai di scatto e corsi verso Shawn.
Perché Aiden non era con lui?
Se faceva parte di una squadra di calcio non poteva essersi separato dal fratello. Loro due erano una coppia perfetta. Mi ricordavo benissimo il loro gioco di squadra che sbaragliava ogni avversario. Quel gioco che ammiravo tanto e che mai avrei dimenticato.
Afferrai un lembo della manica di Shawn.
Ero ancora un po’ in imbarazzo. Era come se i miei sentimenti per lui si fossero nascosti dentro me, superando la barriera del tempo e perdurando fino al momento in cui il suo sorriso li risvegliò. Era come sei anni prima. Il cuore mi batteva all’impazzata soltanto avendolo accanto.
Si voltò verso di me con aria interrogativa. Arrossii per un attimo, ma poi mi riscossi e mi concentrai su ciò che era veramente importante.
-Dov’è Aiden?-
Tutti si zittirono. Shawn mi guardò malinconico e solo allora notai la sciarpa che portava al collo. La sciarpa di suo fratello.
-Aiden.. lui è..-
Dannazione.
-Non dirlo!- lo interruppi. -Non dirlo... Ho capito.- lasciai la sua manica mentre le lacrime mi bagnavano il viso.
-Soltanto io mi sono salvato dall’incidente. Sono riuscito a riavere solo questa.. è l’unico suo ricordo che ho.- disse poi, stringendo la sciarpa.
Alzai gli occhi bagnati verso i suoi, all’improvviso vuoti e malinconici.
Non dovevo piangere. Lui aveva senz’altro sofferto più di me. Non potevo farglielo pesare così.
Mi asciugai le lacrime, poi mi alzai in punta di piedi e diedi un bacio a quella sciarpa.
“Addio Aiden.”
Prima che potessi allontanarmi da Shawn, le sue braccia mi avvolsero in un abbraccio colmo di gratitudine.
Arrossii di botto, mentre si levava un ‘OOOH’ generale.
-S..Shawn?- balbettai.
Lui mi strinse più forte e io capii. Capii quanto avesse sofferto e quanto si sentisse solo. Capii che forse ero l’unica con cui ora poteva parlare dei brutti momenti. Capii che aveva bisogno di me, come io di lui.
Allora lo strinsi anche io.



Passate ulteriori raffiche di domande super maliziose dopo che ci fummo staccati, una donna dai capelli corvini si avvicinò a me.
-Luna, scusami. Sono Lina Shiller, l’allenatrice. Per caso hai sentito parlare di un cosiddetto ‘bomber di fuoco’ che dovrebbe vivere qui ad Okinawa?-
A Mark si illuminarono gli occhi. Interruppe i suoi discorsi con gli altri e si avvicinò a me.
-Già, è vero! Me ne ero quasi dimenticato!- esclamò, guardandomi speranzoso.
Tutti si fecero più curiosi, ma a me non veniva in mente nessuno.
-Mi spiace non saprei..-
La signorina Shiller non mi degnò più di uno sguardo. Ma poco m’importava.
-Accidenti, che peccato.- sospirò Mark.
Si levò un mormorio da parte dei membri della squadra. Erano tutti agitati.
Pensai che avevano bisogno di rilassarsi un pochino.
Era ormai pomeriggio inoltrato, ma il caldo del sole era ancora incredibile.
-Fa sempre così caldo qui?- Shawn si avvicinò a me.
-Sì. Ben diverso da Hokkaido, vero?- sorrisi.
-Ragazzi perché non ci facciamo un bel bagno?!- propose Erik, un ragazzo che sembrava molto sicuro di se.
Mi aveva letto nel pensiero.
Susette, una ragazza della squadra dalla carnagione scura e capelli turchesi, s’intromise urlando. -Amorino!! Perché non me l’hai detto subito che volevi vedermi in costume da bagno?! Che timidone che seiii!-
Erik cercò aiuto nello sguardo di Silvia, che però si limitò a ridacchiare con un’alzata di spalle.
-In effetti abbiamo bisogno di sfogarci un po’, di divertirci!- commentò Victoria, un’altra ragazzina dai capelli rosa.
Tutti sembravano essere molto d’accordo. Gli sguardi si posarono su Mark, il capitano, che si vide costretto a ritardare le ricerche del ‘bomber di fuoco’.
Li portai a cambiarsi verso le cabine in fondo alla spiaggia. Si sarebbero sicuramente divertiti molto.
Susette fu la prima a tuffarsi in acqua, trascinando per un braccio il povero Erik. Poi uno dopo l’altro tutti si buttarono a giocare. Ne avevano bisogno. Decisi di raggiungerli, togliendomi pantaloncini e maglietta. Tenevo sempre sotto il costume per le evenienze.
L’acqua non era mai ne troppo fredda, perché lì c’era sempre il sole, però io con gli anni ero diventata abbastanza freddolosa. Mi bastava una mezz’ora di bagno ed ero a posto.
Solo quando c’era Cloud rimanevo dentro di più,  perché lui mi trascinava sempre in giochi assurdi e  alla fine almeno un’ora la impiegavo in acqua.
E poi Cloud era caldo.
Una volta eravamo andati al largo, senza accorgercene. C’erano le onde e avevamo fatto una fatica assurda per tornare a riva. In più avevo tanto freddo. Usciti dall’acqua mi avvolsi con un asciugamano e mi misi a sedere sulla sabbia bollente. Avevo il cuore che batteva forte per lo spavento e la paura che avevo avuto di non riuscire a tornare nell’acqua bassa. Tremavo come una foglia, non riuscivo a scaldarmi con il vento che c’era quel giorno. Alla fine Cloud si sedette accanto a me e mi chiese scusa per avermi fatto correre un pericolo. Poi mi abbracciò e lì mi accorsi di quanto calore emanasse il suo corpo. Smisi subito di battere i denti e mi accoccolai tra le sue braccia.
Sì, Cloud era il fuoco in persona.
Uno schizzo d’acqua mi arrivò in faccia, distogliendomi dai miei pensieri.
-Che fai lì imbambolata? Vieni a giocare!-  era Mark.
-Ahah! Hai ragione, scusa!- cominciai a schizzarlo anche io.
Ben presto il tutto si trasformò in una vera e propria battaglia a colpi d’acqua. Erano tutti davvero simpatici e divertenti.
Solo dopo un po’ mi accorsi che alcuni non erano entrati in mare. E tra questi c’era Shawn.
Volsi lo sguardo verso la spiaggia e lo vidi sotto un ombrellone, che mi guardava.
Arrossii. Volevo stare con lui.
Uscii dall’acqua tra sospiri di delusione degli altri e mi andai ad asciugare vicino a quel ragazzo di ghiaccio.
-Ehi, come mai non fai il bagno? Non hai caldo?- gli chiesi.
-In effetti sì, però non ho voglia di bagnarmi.- sorrise.
Mi sedetti accanto a lui.
-Sono tutti molto simpatici, non è vero?-
-Hai ragione. Sono stato fortunato a trovare dei compagni come loro.-
-Ti fanno sentire..meno solo?- glielo chiesi con titubanza, non volevo parlare troppo di Aiden.
Lui si limitò ad annuire, con un sorriso malinconico stampato in volto.
“Ecco lo sapevo che non dovevo chiederglielo!” pensai, dandomi un pugno in testa.
-Beh..Chi è questo bomber di fuoco che state cercando?- cambiai discorso.
-Oh, si chiama Axel. Ma io non l’ho mai conosciuto. Era in squadra prima che arrivassi io. Dovrei essere il suo ‘sostituto’ se non ho capito male..-
Ci pensai un attimo. ‘Bomber di fuoco’..chi poteva esserci ad Okinawa con un soprannome simile?
Poi mi balenò un’idea. Cloud. Era senz’altro lui! Con il suo tiro ‘palla di fuoco’ era l’unico che corrispondeva alla descrizione. Però non era Axel.
-Ragazzi!- la voce della signorina Shiller interruppe il mio pensare.
-Uscite dall’acqua, forza. E’ il momento di iniziare le ricerche.-
Loro cercavano Axel, non Cloud. Non sarebbe cambiato nulla se gliel’avessi presentato. Non era ciò che stavano cercando.
Shawn si alzò e io con lui. Non so perché mi dimenticai subito di quello che avevo pensato poco prima. Solo guardare quel ragazzo che avevo finalmente ritrovato, cancellava qualsiasi altra cosa intorno a me. C’era solo lui. Ci incamminammo fianco a fianco, come un tempo e mi sembrò non fosse passato nemmeno un minuto. Era sempre il solito Shawn. Dolce, gentile, bello.. proprio quello di cui ero stra-cotta da piccola.
Il mio Shawn.

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Capitolo 16
*** Fuoco ***


Durante la nostra ricerca incontrammo un ragazzo che veniva a scuola con me, di qualche anno più grande. Thor Stautberg. Era un colosso, alto e imponente, ma aveva un cuore d’oro. Si occupava praticamente da solo di tutti i suoi fratellini, piccoli e pestiferi.
Non ci avevo mai parlato tanto, ma lo incrociavo spesso nei corridoi durante l’intervallo. Rideva sempre sguaiatamente. Lo trovavo simpatico.
Scoprii che giocava a calcio, in difesa. Mark gli chiese di unirsi alla squadra, ma purtroppo fu costretto a rifiutare dato il suo impegno con i piccoli.
-Per caso conosci un certo ‘bomber di fuoco’ che vive da queste parti, Thor?- chiese Jude, un ragazzo particolare che portava occhiali da aviatore e un lungo mantello blu, oltre che dei capelli strani, simili a dred, legati in una coda alta. Era il fratello maggiore di Celia.
Alla domanda Thor rispose un po’ troppo in fretta per i miei gusti.
-No, non ho mai sentito nessuno con questo soprannome!- sorrise. -Ma se trovassi qualcuno non esiterò a dirvelo!
Decise di unirsi a noi nelle ricerche. Ci dividemmo in gruppi, per setacciare meglio la città. Io finii con Shawn e Bobby, un ragazzo alto e magro, che sembrava essere molto amico di Erik e Silvia.
Ci incamminammo verso la spiaggia.
Ripresi a pensare se fosse giusto informarli di Cloud. In fondo magari stavano cercando Axel per niente, quando il ‘bomber di fuoco’ poteva essere benissimo il mio amico.
Decisi di andare prima a trovarlo e parlare con lui.
-Ragazzi, io devo andare un attimo a casa! Vi raggiungo più tardi, ok?- li fermai.
Shawn mi sorrise. -Non fare tardi.
Arrossii. -Sì!
Corsi via, diretta a casa del mio migliore amico.
Anche perché dovevo chiedergli che fine aveva fatto quel pomeriggio, mentre stavamo parlando.
Se ne era andato appena aveva visto la Raimon..chissà perché.
Mentre correvo, lo intravidi mentre giocava a calcio da solo nel campetto del parco.
-Cloud!!- lo chiamai mentre mi avvicinavo.
-Cloud! Che ci fai qui?
-Ti stavo aspettando. Volevo vedere quanto ci mettevi a ricordarti di me.- rispose.
Sembrava arrabbiato.
-Va tutto bene?- chiesi allora, esitante.
-Come potrebbe andare bene?! La mia migliore amica passa tutto il giorno insieme a dei ragazzi che nemmeno conosco, dimenticandosi di me! E soprattutto con QUEL ragazzo!
Era davvero furioso. Ma non era mica colpa mia se lui se n’era andato all’improvviso! Si aspettava che gli sarei corsa dietro come una bambina col palloncino?! Mi irritava quando si comportava così. E poi cosa significava il modo in cui aveva alluso a Shawn?
-Tu te ne sei andato mentre stavamo parlando, senza dirmi niente! Cosa pretendi da me?! E’ colpa tua!
-Me ne sono andato perché mi sono ricordato di una cosa importante, ma mi aspettavo che mi avresti seguito! Invece te ne sei fregata e ti sei trovata nuovi amici!
-Cloud, lo sai chi c’era in quella squadra? Lo sai?!
Ammutolì.
Lui non sapeva che aspetto avesse Shawn. Non poteva sapere che lo avevo ritrovato.
-Quel ragazzo, quello che hai nominato con così tanta furia, è Shawn.- gli dissi, calmandomi.
Cloud mi guardò negli occhi. Sentii il suo sguardo penetrare nel profondo della mia anima. Era una sensazione che non provavo da tempo. Non la provavo più da quando Cloud era diventato così misterioso.
-Shawn..quel tuo amico d’infanzia? Allora.. Sono contento per te..- finalmente sorrise, ma quel sorriso svanì quasi subito.
-Alludevi a lui prima? Che c’è che ti ha dato fastidio, Cloud?
-Siete stati tutto il tempo attaccati a parlare. Vi ho visti quando ero tornato in spiaggia per cercarti. Ho visto che sei uscita dall’acqua apposta per stare con lui. Se è Shawn riesco a capire meglio.. ma non so perché, mi da’ comunque fastidio.- strinse i pugni.
-Cloud..
-Da come mi hai sempre parlato di Shawn e Aiden.. Ma soprattutto di Shawn, avevo capito che eri stata innamorata di lui.
Trasalii. Aveva capito tutto dei miei sentimenti per Shawn.. li aveva colti sin da quando gli avevo parlato di lui la prima volta..
-Ora dimmi.. ti piace ancora?- concluse poi, riprendendo a guardarmi negli occhi, serio e deciso.
Aveva capito tutto anche ora, quando avevo finalmente ritrovato il mio amico.
Arrossii.
In quel momento mi sentii con le spalle al muro. Mi sentii come se la risposta che mi accingevo a dare a Cloud avrebbe cambiato per sempre il nostro rapporto.
Mi sentii come se stesse per finire il mondo, impaurita e confusa con quegli occhi dorati che non la smettevano di scavarmi nell’anima.. e nel cuore.
-Cloud, io..- balbettavo, la voce tremante mi tradiva.
Lui non mi lasciò finire. Sorrise triste e rassegnato.
-Luna, mi dispiace..
Poi si avvicinò a me, all’improvviso.

Sentii la sua mano rovente sulla mia guancia.
Vidi  i suoi occhi color miele, vicini, socchiusi, dolci.  
E in un attimo un tocco lieve, caldo, sulle labbra.
Come il sole, quando posa i suoi raggi color tramonto sulla superficie del mare.

Lui era come il fuoco, che quando cresce rischia di distruggere tutto ciò che ha creato..
Ed io ero come l’aria, che con un soffio può spegnerlo o con un soffio può alimentarlo.

Tutto dipendeva da quanto era grande e forte quel fuoco.
Dopo quel bacio se ne andò, senza aggiungere una sola parola. Mi lasciò lì. Le labbra calde e il cuore confuso.

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