Io
sono qui
Pansy Parkinson sedeva, per una
volta, in ultima fila. Quel
giorno, infatti, non aveva la minima intenzione di seguire la lezione,
o di
essere, in ogni caso, subito sotto lo sguardo attendo
dell’insegnante.
Era per Pansy una di quelle giornate
in cui non si sarebbe
neanche voluta alzare dal letto, ma vi era stata costretta da forze
superiori.
Così, sedeva lontano da sguardi indiscreti, già
immersa nei suoi pensieri, con
l’intenzione di rilassarsi, di passare inosservata.
La settimana terminata da poco era
stata pesante per tutti,
ma lei aveva sofferto un poco più degli altri: Draco Malfoy,
il ragazzo di cui
era (non troppo) segretamente innamorata dal primo anno, era stato
colpito da
Salvo-il-mondo Potter con un qualche incantesimo oscuro, e ora si
trovava in
Infermeria, ma non aveva permesso a nessuno di venirlo a trovare.
Ovvero, lei
non lo vedeva da giorni ormai, e stava cominciando a preoccuparsi.
Era infatti a lui che ora la giovane
Serpeverde stava
pensando, seduta fra gli ultimi banchi dell’aula di
Trasfigurazione.
A sentir chiamare il suo nome durante
l’appello, notando che
la professoressa non era riuscita a vederla fra le prime file,
alzò la mano,
esclamando con un’improvvisa voce stridula
“Qua!”.
Risatine varie si diffusero
immediatamente a questa
esclamazione, ma la McGrannitt impose rapida il silenzio, facendo
scorrere il
temibile sguardo glaciale sugli alunni della sua classe.
A fine lezione, però, il
primo sussurro la raggiunse lesto
dopo il suono della campanella.
“Qua! Qua!”
facevano il verso quei puri Grifondoro. “Non sei
altro che una stupida ochetta Parkinson.”, diceva qualcun
altro.
“Sei
fortunata, se solo fossi meno oca saresti già in compagnia
di Malfoy!”
Si voltò da una parte e
dall’altra, cercando di capire chi
le avesse riso alle spalle. Vide solo visi ostili, visi che su
confondevano
dietro al velo di lacrime che aveva già cominciato a
formarsi.
Riusciva però a percepire
distintamente lo scherno in quelle
voci crudeli.
Sospirò, facendosi
coraggio, e abbandonò l’aula a testa
alta, il morale basso, mentre quelle risate si spegnevano lentamente
dietro di
lei, che cercava di dare l'impressione che nulla la turbasse.
Ma quelle parole che lei sperava
scivolassero via
lasciandola intonsa in realtà incidevano solchi sanguigni
sulla sua pelle
pallida, la sua anima; tuttavia, nessuno li avrebbe mai visti, se non
lei.
Giunse infine nella sua stanza e
lì le sue difese caddero,
lasciandola sfinita a sfogarsi con lagrime calde, che avrebbero
lasciato segni
visibili, se solo qualcuno si fosse dato pena di guardarla veramente.
Note:
Magari 'oca’
è più adatto a Lav-lav, ma non mi andava di
parlare di Grifoni... ancora... c'è già troppa
gente che lo fa anche per me! :)
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