In rotta verso l'amore

di A r l i e
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Lista capitoli:
Capitolo 1: *** Prologo ***
Capitolo 2: *** Affronta le tue paure! ***
Capitolo 3: *** Il dolce (?) risveglio ***
Capitolo 4: *** Quando succede qualcosa.... ***
Capitolo 5: *** La vendetta di Serafina ***
Capitolo 6: *** A rischio -raffreddore- ***



Capitolo 1
*** Prologo ***


In rotta verso l'amore
« Navigano a migliaia
Oltre l'Oceano occidentale
Verso una terra di opportunità
Che qualcuno di loro mai vedrà
Con buona sorte
Oltre l'Oceano occidentale
Le loro pance piene
I loro spiriti liberi
Spezzeranno le catene della povertà  »
10 maggio 1846

-Non piangere, Sol!- la mano fredda, di una donna priva di forze, stesa sul duro pavimento in legno della nave, si allungò verso il viso pallido di una ragazza chinata al suo fianco, per accarezzarla.-Prometti che non piangerai più!- disse
-Te lo prometto, mamma-
Un sorriso misto ad una smorfia di dolore, comparve sul volto scavato della donna. –Abbi cura di Erin! È ancora molto piccola, ha bisogno di te!- digrignò a fatica.
-Non sono piccola!- rispose una bambina gonfiando le guance, seduta accanto a Sol. –Io ho questi anni!-disse portando in avanti la manina, con quattro dita alzate.
Gli occhi della donna cominciarono a chiudersi lentamente, mentre il suo viso contorto al dolore cominciava a rilassarsi.
-La mamma si è addormentata! Ma c’è ancora il sole!- notò Erin, crucciando la fronte e socchiudendo gli occhi smeraldini -A quest’ora non si dorme!-
Sol, prese la bambina, e la strinse al suo petto –Lasciala dormire- sussurrò, affondando il volto, nei riccioli rossi della più piccola. “Lasciare l’Irlanda è stato solo uno sbaglio! Adesso anche la mamma ci ha abbandonate”

17 maggio 1846

La nave, in rotta verso il “nuovo mondo” ovvero l’America, era ricolma di ammalati e cadaveri, in pochi erano riusciti a preservare la propria salute, ma se avrebbero passato un giorno in più su quel cimitero galleggiante, nessuno si sarebbe salvato.
Tra i pochi superstiti, c’erano anche Sol ed Erin, che dopo aver assistito alla lenta morte della madre, si erano appartate in un piccolo angolino, cercando di evitare ogni contatto con i malati.
-Sorellona, ho fame!- si lamentò la bambina, strattonando la veste mal ridotta di Sol.
-Stingi i denti Erin, non abbiamo più cibo!- esclamò la ragazza.
La piccola Erin, sbuffò sonoramente e si accovacciò a terra, mettendo le paffute manine sotto il mento. -Ho voglia del Colcannon, che prepara la mamma ogni domenica-
Sol, preferì non rispondere, limitandosi ad osservare, l’abitino della sorella, sporco ancora  di fuliggine.
Purtroppo la piccola, nonostante avesse solo quattro anni, a Dublino, lavorava come spazzacamino, in cambio di qualche moneta, con il rischio che potesse rimanerci incastrata. Anche Sol, quando era bambina, puliva i camini, e ricordava benissimo che una volta  rimase incastrata in una canna fumaria per più di due ore! Da quel giorno infatti, cominciò a soffrire di claustrofobia.
-Ehi Sol! Guarda cosa ho trovato- la voce squillante della bambina, la destò dai suoi pensieri –Un pezzetto di pane! L’ho rubato ad un topo!- esclamò allegramente, mostrando quel torso di pane raffermo, con soddisfazione.
Gli occhi ambrati di Sol, si spalancarono, e colta d’istinto, tolse rapidamente il pane dalle mani della sorella, e lo gettò a terra, poi si chinò alla stessa altezza della bambina e le mollò una piccola sberla –Non.Farlo.Mai.Più. Chiaro?!- disse, scandendo la frase, parola per parola, con un tono di voce più serio del solito.
Erin, si toccò il punto dolente, senza spiccicare parola. Quando la sorella le parlava in quel modo, era meglio non reagire e annuire, da brava bambina obbediente.
-Lo so, cha hai fame, ma se mangi questa roba rischieresti di ammalarti! E io non posso perdere anche te!- disse prendendo il visino della piccola, tra le mani –Perché non lo capisci, eh?! È così difficile per te?-
Erin, scosse la testa, tenendo lo sguardo fisso nelle iridi scure di Sol. Per lei era strano vederla costantemente abbattuta. Ricordava che, prima che salissero su quell’enorme nave, la sua sorellona, affrontava tutto con ottimismo. L’allegria che la caratterizzava era un pregio che aveva preso dal padre, a detta di Isabel, ma in quei giorni, sembrava essere scomparsa nel nulla, cedendo il posto alla malinconia.
Sol, si alzò lentamente, per poi voltarsi dal lato opposto.
Cominciò a giocherellare, con le sue lunghe ciocche more di capelli, mentre pensava al detistino che attendevaa lei e la sorella.
Dinanzi a lei, una lunga e immensa distesa d'acqua veniva interrotta da qualcosa...era la terra.-Guardate! Siamo arrivati! Quella è l’America!- 

Colcannon: è un piatto tipico Irlandese
 

ANGOLO DI UN'AUTRICE CHE STA CERCANDO DI SCAPPARE DAL MOMENTO DI FURIA OMICIDA DI SOL:
  *Usa Ultimodrago come scudo protettivo*
(Ehi, ma perché proprio io?! NdUltimodrago)
(Perchè ancora non ti ho perdonato...e tu sai per cosa NdCharlie)

Prima che Sol e Sery, arrivano armate di Ascia di Danimarca e Spada falsa di Trunks, avvolte entrambe dall'aura violacea di Bielorussia, volevo precisare che questo era solo un capitolo per presentare i nuovi personaggi e che dal prossimo subentreranno quelli di Hetalia.
Ok, detto questo, lanciatemi tutti i pomodori che Spagna si è offerto gentilmente di prestarvi, per poterli lanciare contro me, mentre sventolo la bandiera bianca che Veneziano mi ha regalato,capendo che ne avrò bisogno.

Per Sol: Ti aspettavi l'Oc Argentina vero?! Era solo una piccola bugia che avevo inventato per farti stare tranquilla! *Ultimodrago la salva dall'ascia di Danimarca*


 
 

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Capitolo 2
*** Affronta le tue paure! ***


Affronta le tue paure

L’enorme imbarcazione, attraccò al porto di New York, dopo sei ore dall’avvistamento, pronta per sbarcare il triste carico che essa trasportava.
I passeggeri erano più morti che vivi, e la maggior parte di quest’ultimi erano affetti dal tifo. I pochi fortunati, che erano riusciti ad arrivare in America senza contrarre nessuna malattia, ora venivano abbandonati al proprio destino.
-Benvenuti in America- ironizzò Sol, osservando il caos che la circondava, mentre Erin, impaurita si nascondeva dietro la veste di quest’ultima.
-Dove si trova la nostra nuova casa?- chiese l’irlandese più piccola.
Sol si passò una mano tra i lunghi capelli mori, per poi cominciare a grattarsi il capo insistentemente “Perfetto! Ho i pidocchi!” –La nuova casa dobbiamo trovarcela da sole!- disse, abbozzando un amaro sorriso –Ma non credo che per oggi riusciremo a trovarne una!- aggiunse, scuotendo la testa.
La piccola Erin, aggrottò la fronte contrariata –Ma dove dormiremo questa notte?!- domandò perplessa.
La ragazza, scompigliò i capelli color tramonto della sorella –Non lo so…- mormorò.

**Hetalia**

Tra le buie, e silenziose strade di New York,  illuminate dalla luce bianca e flebile della luna piena, che nel cielo costellato di stelle, ergeva in tutta la sua bellezza, Sol e Erin, vagavano senza una meta precisa.
-Ho fame…- brontolava la piccola, ma le sue parole, non arrivarono all’orecchi della più grande.
La ragazza infatti, era intenta a massaggiarsi la fronte, e ad asciugare il sudore che da essa colava. Inoltre si sentiva molto debole e indolenzita –Erin…-mugolò.
-Sei stanca…Vero?- chiese la bambina dai capelli rossi.
Sol, sentiva che qualcosa non andava, cominciava ad avere la vista appannata e le gambe la reggevano a fatica.
Cosa le stava succedendo?
Questo non lo sapeva neanche lei, ma molti dubbi e sospetti le tormentavano la mente.
Socchiuse gli occhi scuri, per cercare di allievare il dolore, poi li riaprì di scatto.
“tifo…” pensò, osservando le sue mani tremanti.
Non sapeva quali fossero i sintomi, ma poteva essere stata infettata sulla nave.
Il primo pensiero andò alla sorella “Erin non può rimanere con me”
La strada era ancora deserta, il silenzio veniva interrotto dal fruscio delle foglie mosse dal vento, mentre le due irlandesi, una di fronte all’altro, si osservavano a vicenda. Una lo faceva perché non capiva cosa stesse succedendo all’allegra e solare sorellona e l’altra perché pensava al destino che…ha deciso di dividerle.
-Erin! Vai via!- le ordinò con voce tremante, ma non per il dolore fisico, ma per quello che stava provando, nel vedere la sorella così piccola senza più nessuno al mondo–Stai lontana da me…vattene-
-Sol! Non voglio!-urlò, con le lacrime agli occhi –Ho paura! Non voglio rimanere da sola!- disse, abbracciandosi alle gambe della sorella.
“Erin…non farmi piangere! Lo promesso alla mamma”
Posò una mano sulla testa della rossa, e cominciò ad accarezzarle i capelli, quando notò di avere una piccola lesione attorno violacea.
-Affronta le tue paure Erin! Stai lontana da me, e cerca un lavoro decente- tolse la mano, si voltò dal lato opposto, e si allontanò.
Era solo per il suo bene, che la stava abbandonando. A quattro anni, era dura vivere soli, ma non poteva permettere che sua sorella morisse di tifo.
Si voltò, per guardare per l’ultima volta il volto paffuto, nonostante non mangiava da molti giorni, della sorellina –Ti voglio bene, Erin!- sussurrò.
Erin, invece, osservava la sorella allontanarsi in un silenzio che fu subito interrotto –Non è giusto! Io ti odio! Tu non vuoi più stare con me!- urlò in lacrime.
La mora, continuò a camminare per alcuni metri.
Non ci capiva più niente. Sentiva freddo poi caldo, poi di nuovo freddo e le forze man mano la stavano abbandonando.
Cominciò a barcollare, per poi sbattere contro qualcuno…-Ehi! Tutto bene?!- le chiese una voce squillante ma leggermente preoccupata.
-Mi…scusi..io…- le parole le morirono in gola, riusci solo ad intravedere due occhi azzurri e poi…il buio.

**Hetalia**

La soffice luce dell’alba, penetrò tra le persiane il legno, illuminando fastidiosamente il pallido viso di Sol.
La ragazza, adesso, si trovava in un morbido letto a due piazze, coperta da calde lenzuola bianche, con un asciugamano bagnata sulla fronte.
Accanto al letto, un giovane ragazzo, da tutti conosciuto con il nome di Alfred F. Jones, dormiva su una sedia, con la testa poggiata su un polso.
Probabilmente aveva passato l’intera notte, a vegliare sull’irlandese
Qualcuno però bussò alla porta.
-America-san! Posso entrare?- chiese una voce, prettamente femminile.
Nessuna risposta.
-America-San?!- la porta si aprì lentamente, e da essa sbucò la testa di una ragazza dai capelli biondo cenere, e gli occhi verdi.
Il suo nome era Serafina una ragazza di diciassette anni, proveniente dall’Italia del Sud, che da circa qualche mese, lavorava come cameriera in casa di Alfred.
Come Sol, anche lei aveva lasciato il suo paese d’origine, per trovare opportunità nel “nuovo mondo”.
In punta di piedi, entrò nella stanza,e si avvicino a Sol.
Cercando di non svegliare nessuno, prese l’asciugamano dalla fronte dell’Irlandese, la bagnò nella ciotola posta sul comodino, la strizzo per bene, e prima di rimetterla nuovamente sulla fronte della ragazza, le toccò la fronte con la mano “Menomale…la febbre si è abbassata”
Si asciugò le mani, fece per uscire dalla stanza quando la voce strozzata di Sol, richiamò la sua attenzione –Voglio tornare in Irlanda…-
Serafina si bloccò sull’uscio della porta, e osservò la mora, stringere con forza i lembi del lenzuolo.
Sospirò dispiaciuta e si diresse verso la cucina, ripensando alle ultime parole di Sol.
Prese una padella e cominciò a preparare la colazione mentre le lacrime presero a scorrere copiosamente –Perdonami Romano…un giorn tornerò!-





Angolo di un'autrice che sta per essere uccisa da due autrici più una lettrice incavolate...

*Pensa a Sery vestita da cameriera*
Ahahahahahahahahah ma io sono un genioooooo...
(Vieni quaaaaaa! Adesso ti stacco la testa ndSery che comincia a ricorrere Charlie)
(Io la dividerò in due! NdSol con l'ascia di suo cugino Dan)
(*lancia coltelli* questo capitolo fa schifoooo NdSary_Chan)
TT_TT Lo so!  *si misura la febbre* non c'è nulla di demenziale....secondo me sto maleeeeee...

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Capitolo 3
*** Il dolce (?) risveglio ***


Il dolce (?)risveglio
La sera precedente…
La porta dell’ingresso della casa di America si spalancò, sbattendo violentemente contro la parete, rilevandone la figura di quest’ultimo.
Serafina, a quel rumore, si destò dalle faccende domestiche, prestando attenzione alla figura appena irrotta nella stanza.
-Santo cielo, Ma cosa le è successo??! E soprattutto chi è?!- domandò l’italiana, notando la ragazza dai capelli mori che la nazione, stringeva tra le braccia.
Con la voce rotta dall’affanno, Alfred, riuscì solo a dare l’ordine di rimandare le pulizie, e di seguirlo nella sua camera da letto.

*****

Entrato nella camera, America, adagiò sul letto, il corpo privo di sensi di Sol, e cominciò ad osservarla con fare pensoso e preoccupato-Non capisco…Ma che cos’ha?-chiese.
-All’apparenza può sembrare tifo…-rispose Serafina, accorgendosi della piccola lesione violacea, che  Sol aveva sul braccio.
-Capisco…- ribatté America, che di consueto, in realtà non aveva capito niente.
La bionda, infatti lo sapeva, ma si affrettò comunque a smentire la prima ipotesi -…ma non è quello fortunatamente! Credo che sia influenza, il che mi preoccupa ugualmente.- disse toccandole la fronte. “è bollente!”
-So come farla riprendere!- esclamò, la nazione, dopo due buoni minuti di silenzio e riflessione, per poi uscire di corsa dalla camera.
“Chissà cosa si inventerà” pensò Sery, scuotendo la testa. Ormai era abituata alle trovate strane di America, anche se ogni volta la sorprendeva sempre di più.
Dopo neanche trenta secondi, Alfred tornò nella stanza, e posò un hamburger sulla fronte di Sol -Ecco!!-
L’italiana si sbatte violentemente, una mano sul viso “Idiota…è solo un’idiota…” –Mi scusi, America-San, ma cosa crede di risolvere con quel hamburger, sulla testa di questa povera ragazza?! Non le farà abbassare la temperatura- chiese, cercando di essere il più cortese possibile.
-Mhmmm…hai ragione! Ci vuole qualcosa di più fresco!-
E così America, lasciò nuovamente la stanza, per poi rientrare di nuovo con una coca cola con il ghiaccio.
-America-San!!!! Useremo i metodi italiani per farle scendere la febbre…Ok?!- intervenne, una Serafina stufa.
-Se insisti tanto-

****

Assorta tra i pensieri, Serafina preparava la colazione, per il suo padrone.
Sbadatamente però, fece rovesciare a terra una bottiglia d’olio, facendone uscire il contenuto.
-Maledizione- Imprecò, inginocchiandosi a terra, per poi cominciare a sfrecare con insistenza il pavimento con uno straccio che aveva trovato il vicino.
L’olio era una delle macchie più difficili da togliere, e considerando che aveva cominciato a lavare quella vasta dimora dal giorno precedente, l’italiana non faceva altro che imprecare, mentre ripuliva il disastro.
-Se in questo momento Romano mi sentisse, comincerebbe a ridere….- Già, Romano  ecco che pensava di nuovo a lui.
Era un pensiero costante nella sua mente, anche non volendo, lo pensava ventiquattro ore su ventiquattro.
All’apparenza appariva burbero e arrogante, ma  in realtà nascondeva anche lui un cuore tenero.
Ne aveva dato la prova quel giorno in cui….

24 aprile 1846
Italia

Appoggiato alla colonna di un muro, un ragazzo, dall’aria crucciata, osservava di nascosto, Serafina, concentrata a non far cadere il tea dal vassoio che stava portando -Te ne andrai anche tu…non è così?!-
A sentire quella  voce, la bionda sobbalzò su se stessa, e con essa anche le tazzine, che con un gesto rapido, tornarono nuovamente sul vassoio, senza far cadere niente..
-Romano, mi hai fatto prendere un colpo- gli urlò contro la ragazza, avvicinandosi alla nazione dai capelli mori.
-Lascerai l’Italia, anche tu?! Rispondi- chiese imperterrito
-uh?-
-Hai capito benissimo! Non fare la stupida è rispondi-
Questa volta Serafina, balzò indietro, ma con estrema abilità (Brava Sery, ti assumo io come cameriera! NdAutrice) riuscì nuovamente a non far cadere il contenuto delle tazze. -Ehi stupida, a chi?!- chiese, alzando notevolmente il tono di voce, e mettendosi in punta di piedi, per guadare meglio negli occhi, a quel tempo il Regno delle due  Sicilie (*_* Due sicilie! NdSery)
-A chi rinnega la propria patria!- urlò ancora più forte la nazione.
-Perché dovrei rinnegare la mia patria?!- più che una discussione, sembrava una gara a chi urlava più forte. (Vincerò io…*prende il megafono*NdCampania) (Vai via tu! Questa non è la tua storia! NdAutrice)
-Perché vuoi andartene in America- adesso, però,  il tono di voce, era più basso,e questo per Serafina non era buon segno. -Allora rispondi…te ne andrai?!- chiese per l’ennesima volta.
La ragazza, non riuscì più a reggere lo sguardo di Romano, così abbassò il voltò e si limitò a sillabale un si, mentre osservava le sue scarpe malridotte.
Il silenzio perse ad aleggiare tra i due, che in quel momento non trovavano parole, per esprimere il proprio stato d’animo.
Ma si sa, avvolte il linguaggio gestuale e ancora più efficace, infatti Serafina, sorpresa dal gesto del ragazzo, questa volta fece cadere il vassoio, causando il rumore di ceramiche rotte, che avrebbero potuto attirare l’attenzione Feliciano (Licenziata U_U Hai fatto cadere il vassoio NdAutrice)
-Cosa diavolo ti salta in mente, Romano?- chiese l’italiana, ritrovandosi incastrata tra la parete e il corpo della nazione, che abbassò il capo, sentendo le sue guancia avvampare.
Non ricevette una risposta chiara, sentiva solo farfugliare qualcosa come “che domande..” o “Non è difficile da capire…” ma poi si fece coraggio è  la guardo negli occhi -Maledizione…- imprecò sbattendo un pugno, accanto alla testa della bionda, che lo guardava perplessa, non capendo cosa gli stesse succedendo.
-Romano…non è una mia decisione!- si affretto a spiegare  -Io e la mia famiglia non riusciamo a portare il cibo a tavola neanche per un pasto al giorno! Questa è un esigenza de…-
-Stai zitta! Non mi interessa- borbottò, ritraendo il pugno –Piuttosto…tornerai?- chiese in un sussurro.

Serafina annui goffamente –Te lo prometto- disse, prima che la mano di Romano, non poggiasse una mano dietro la nuca, in modo da spingere il viso dell’italiana verso il suo, per poi far combaciare le loro labbra.

Al solo pensiero, Serafina ancora arrossiva per via di quel bacio, così passionale. Ma d'altronde, una nazione cresciuta dalla caliente Spagna (Non sai proprio cosa invertarti?! Non credo che Spagna ha insegnato a romano come baciare una ragazza NdLettore) (Dame un Beso! NdChibiRomano) (*soddisfatta* ^_^ NdAutrice) era più che logico ricevere un bacio del genere.
Avrebbe continuato a pensarlo per ore e ore, se non fosse stato per quel rumoroso tonfo, proveniente dalla stanza di America

**Hetalia**
Serafina, accorse subito nella camera, lasciando la colazione sul fuoco.
 (*con un innaffiatoio in mano* io preferisco prendere precauzioni, volete vedere che va a finire che la cucina di America si incendia? U_U NdAutrice)
(*annuiscono* NdLettori)
 (Io qui posso far accadere di tutto Muahahahahahah *aura violacea, occhi bianchi e striscette blu sulla fronte* NdAutrice)

Senza pensarci due volte, l’italiana entrò nella stanza, allarmata più che mai, ma alla vista di America, la sua preoccupazione andò man mano scemando lasciando posto ad un’allegra risata.
La nazione infatti, era caduta dalla sedia, rimanendo a piedi in aria. Evidentemente, mentre dormiva aveva fatto qualche strana manovra ritrovandosi improvvisamente ad abbracciare il pavimento. Questi sono i rischi che si corrono quando si dorme su una sedia. (esperienza personale)
-Good morning, America-San!- enfatizzò Serafina aiutandolo a rialzarsi.
Ancora stonato dal sonno, Alfred si stropiccio gli occhi, e assunse un’aria da eroe assonnato (?)
-Good Moring, Serafina!- esclamò.
In tutto quel trambusto, Sol, aveva aperto già da un po’ gli occhi, per grande sfortuna da parte dei due, che per augurare la giornata in bellezza, furono stonati da un urlo perfora timpani da parte dell’irlandese.
Perché?! Ehmmm…piccolo dettaglio insignificante, che mi era sfuggito: Il giorno precedente, Serafina, preferì togliere i vesti “probabilmente infetti” a Sol, naturalmente senza la presenza di America, rimanendo solo in intimo, e coperta solo  dalle lenzuola.
Era più che prevedibile, allora, sentirla urlare in quel modo.
-Eh?! Si è svegliata!- esclamò America, avvicinandosi ai piedi del  letto –I metodi Italiani, sono serviti a qualcosa!-disse, mentre una Sol rossa come un pomodoro di Spagna, nascondeva il viso tra le lenzuola.
-Oh mo dhia! Dove mi trovo?!- chiese l’irlandese, osservando le due persone che le stavano davanti.
Un sorriso a trentadue denti, comparve sul volto di  America, il quale, si avvicinò ingenuamente a Sol, chinandosi accanto a lei, per scrutare meglio i suoi lineamenti delicati –Sei a casa dell’ eroe!- esclamò.
Data la vicinanza, Sol, prima di dare un cazzotto sul naso dell’ingenua nazione, riconobbe quegli occhi azzurri. Era più che difficile dimenticarli, erano color acquamarina precisamente, e trasparivano allegria e ingenuità –Non sapevo che in America, esistono eroi che rapiscono ragazze!- mugolò impaurita.
-In America, esistono eroi che rapiscono le ragazze?!- si chiese perplesso, rivolgendosi a Serafina, la quale fece spallucce.-Provvederò io a farli fuori! Because I’m a Heroooo!- esclamò, alzandosi in piedi, mentre l’atmosfera si tingeva di strisce rosse e bianche, con tanto di stelline, su uno sfondo blu.
Un enorme gocciolone scese tra i capelli delle due ragazze. Una ovvero Serafina, perché era abituata ormai a quell’atmosfera che si creava ogni volta che America si proclamava eroe, mentre l’altra, Sol, perché non sapeva se essere impaurita o meno da quello strano individuo, che l’aveva portata a casa.
-Il mio nome è Alfred F. Jones! È sono il rappresentante dell’America- continuò, mentre l’atmosfera tornava normale –Tu invece?! Chi sei?!-
Venire a sapere, che il suo rapitore in realtà era il rappresentante dell’America che tutto aveva in mente tranne che rapirla, tranquillizzò la ragazza -Sol Miller…e…e rappresento me stessa- disse, porgendogli una mano.
-Me stessa?!- chiese cacciando una cartina con sopra scritto “Il mondo di America” –Ma non esiste!-
“Si, un ingenuotto come lui, non potrebbe mai farmi del male” pensò.
**Hetalia**
Era da più di un’ora che quella bambina, lo osservava con insistenza. La cosa gli faceva anche piacere da un certo punto di vista…nessuno si accorgeva mai di lui.
Un po’ titubante, però, decise di avvicinarsi alla piccola dai lunghi riccioli rossi.
-Ciao!- salutò gentilmente, chinandosi all’altezza della bambina.
-Chi sei?!- chiese quest’ultima,attratta dall’orsetto che l’interlocutore stringeva tra le braccia.
Ormai era abituato a rispondere sempre alla stessa domanda, e quasi meccanicamente ripetè quelle due parole che pronunciava ogni volta che qualcuno (animale, persona o nazione che sia…) glielo chiedeva –Sono Canada!-
-Come la nazione?-
Mattew strabuzzò gli occhi fuori dalle orbite, mentre con una mano cominciò a pizzicarsi il braccio “è un sogno forse?!”
Era raro trovare qualcuno che si ricordasse del Canada, quindi era più che plausibile che la nazione, cominciò a darsi pizzichi da tutte le parti. –Si…-Balbettò
-Io sono Erin! Erin Miller!- disse allungando una mano verso, l’orsetto, per accarezzarlo –Lui invece?! Come si chiama?!-
-Lui è Komajirou!-
Erin sorrise, socchiudendo un po’ gli occhi –Che nome buffo Komajirou!-disse, accarezzandogli la testolina, mentre Mattew ancora incredulo, si guardava intorno cercando di capire se la bambina fosse in compagnia.
–Cosa ci fai qui sola?- chiese, traendo la propria conclusione.
Il dolce sorriso della bambina, si spense di colpo -Cerco un lavoro decente- mugolò, ritraendo la mano.
-Posso offrirtelo io, un lavoro decente!- esclamò la nazione, trionfante. In fondo quella bambina gli stava già simpatica!
-Davvero?! Allora, potresti offrirmi anche qualcosa da mangiare?-
Mattew annuì, stringendo la mano della piccola Erin –Ti piacciono le frittelle con lo sciroppo d’acero?!-

**Hetalia**
-Cosa significa questo?- chiese con tono atono, mentre America e Serafina, l’avevano costretta a guardarsi allo specchio, con i nuovi abiti che indossava.
-America-San! Ha avuto un’idea magnifica!- esclamò l’italiana, a cui luccicavano gli occhi, dalla felicità.
-Nahahaha, lo so!-
Sol, ancora non aveva capito, in cosa consistesse la magnifica idea di America –Perché mi avete fatto vestire in questo modo?!- chiese con aria visibilmente disorientata.
Anche se...era più che evidente che fossero vestiti di una...
-è semplice- disse alzando un indice verso l’alto –Perché da oggi diventerai una delle mie cameriere!- la informò Alfred
...cameriera
-Cosa?!-
Serafina, visibilmente felice, non poté far altro che urlare: -Ahhhhhwwwwww, diventeremo collegheeeeee!-




Angolo di un'autrice in crisi esistenziali:

(Niente paura niente paura, c'è sempre un Alfred per ogni bambino! Niente paura niente paura, niente paura c'è Alfred, AlfredNiente paura niente paura
c'è sempre un Alfred che insegna il cammino! Niente paura niente paura! niente paura c'è Alfred, Alfred NdCharlie che sclera a più non posso)

Cosa ne pensate, gente!? 
*Pomodori alla riscossa*

Eheheheheheh...premetto che la scena tra Sery e Lovi, l'ho scritta mentre ascoltavo l'Hatta futte Paredo di Russia! Quando sento la sua voce mi...mi sciolgo *sclera, sclera, sclera, sclera*
Kesesesesesese ^_^ è magnifica quella scena vero?!
(*Vomitano* NdLettori)

beh...non so cosa scrivere ancora...quindi....Au revoir!

*scompare dalla visuale, grazie ad un'incantesimo di Arthur*


 

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Capitolo 4
*** Quando succede qualcosa.... ***


Quando succede qualcosa...

E così, Sol, anche se di mala voglia, appena si riprese del tutto dalla sua influenza, cominciò a lavorare, come cameriera per America!
Non le era mai piaciuto ricevere ordini dagli altri, e questo chi la conosceva lo sapeva bene, ma in quel periodo, non poteva di certo rinunciare ad un lavoro offerto da una nazione, solo perché odiava essere comandata.
Si deve precisare  però, che Alfred, era pur sempre il rappresentante dell’America, ovvero la nazione della giustizia e della libertà, raramente dava ordini, e avvolte si rimboccava le maniche, e aiutava il personale domestico. Infatti un giorno…
-Ehi! Sol!-  America, richiamò la nuova arrivata, destandola da una conversazione con la sua “collega” Serafina.
Al sentire la voce della nazione,  l’irlandese si voltò di scatto -Cosa c’è?!-  chiese leggermente allarmata, notando che nel tono dell’americano, traspariva una lieve nota di tristezza.
-Volevo sistemare il mio sgabuzzino , magari potresti darmi una mano…-
Serafina, che in quel momento stava sorseggiando il suo caffè, prettamente italiano, lo sputò tutto mandando a  far benedire, la sua finta compostezza -Non ci posso credere!- sibilò.
-Tutto bene Sery?!- chiese la ragazza dai capelli mori,  notando la reazione dell’italiana.
-Benissimo…non badare a me- rispose, cominciando a ripulire uno dei suoi tanti disastri.
In realtà le sembrava strano che Alfred, avesse chiesto a Sol di aiutarlo a sistemare il famoso sgabuzzino, il luogo in cui nessuno poteva accedere! Inoltre lei era nuova in quella casa, perché avrebbe dovuto scegliere proprio lei, per questo prezioso incarico?!
Beh, forse un motivo c’era! Tra i due scorreva un certo feeling , si capivano al volo, e avevano molti aspetti dei propri caratteri in comune.
Nonostante ciò…Serafina, li osservava ancora stupita, allontanarsi insieme, verso la stanza dei misteri…ehmmm volevo dire il ripostidio delle scope….ahhhhh non è giornata….il luogo occulto…o meglio
quel luogo a tutti sconosciuto.
La servitù, amava però fantasticarci sopra…il maggiordomo di casa infatti, narrava strambe leggende su quel luogo, che alla giovane Serafina mettevano i brividi, solo a pensarci. In quei momenti, un Romano portatile, le sarebbe stato molto comodo…ok, sto sparando cavolate…meglio cancellare quest’ultimo pezzo.

**Hetalia**

Polvere, ragnatele, muffa, odore stagnante,  buio erano queste le prime parole che venirono in mente a Sol, alla vista dello sgabuzzino di America.
-Ho deciso di darci una bella ripulita…vorrei sbarazzarmi di tutte queste cianfrusaglie- le spiegò, Alfred, accendendo una candela, per far luce.
-Capisco…- commentò l’irlandese, inoltrandosi nell’oscurità, con l’accortezza di tastare tutto ciò che le capitava sotto il naso –Ci metteremo almeno due giorni per sistemare tutto! Da dove cominciamo?!-
Con il suo solito sorriso rassicurante ed allegro, la nazione, sollevo un enorme baule, e lo poggiò “delicatamente” su di un vecchio tavolo in legno, aizzando un enorme nuvola polvere –Cominceremo da questo!- tossicchiò, coprendosi il naso e la bocca con la mano.
Sol, incuriosita, aprì il baule e vi curioso dentro, affondando le mani, tra le miriadi di oggetti avvolte soffici, alcuni duri, altri spigolosi e altri ancora tondeggianti , mentre America la osservava perplesso. La conosceva da poco, ma sembra essere più curiosa dell’autrice alle volte.
-Wow! Che carino!- esclamò entusiasta, cacciando dall’enorme contenitore, un fucile per poi puntarlo proprio contro Alfred, che (non più perplesso) indietreggiò di qualche passo. –Cosa vogliamo fare con questo?!Lo buttiamo?! -
America, osservò crucciato l’arma che impugnava l’irlandese –Risale alla guerra d’indipendenza…- pensò ad alta voce con lo sguardo perso nel vuoto, mentre la voce di Arthur, risuonava nei suoi pensieri.
Era lì, inginocchiato davanti  a lui, con il viso coperto da una mano. Singhiozzava, Inghilterra. Stava male. Stava male per lui.
 -Qui è un po’ graffiato…- notò  Sol.
La pioggia che bagnava entrambi,  rendeva tutto più triste, anche se l’America aveva fatto un  grande passo avanti, Alfred, alla vista della nazione che l’aveva cresciuto, in quello stato, gli si formò un groppo alla gola. Tutti avrebbero ricordato quel giorno come la liberazione dal dominio  inglese persino America, e di questo ne era convinto, ma sapeva che anche che da quel giorno in poi, non avrebbe più visto arrivare il suo fratellone, nella sua nazione.
-Buttalo!-ordinò secco.
Il tono utilizzato, non piacque affatto a Sol, che con fare arrogante, butto il fucile a terra,  tenendo lo sguardo fisso nelle iridi azzurre della nazione –Agli ordini padrone! Detto fatto!- ringhiò, indicando orgogliosamente il punto in cui, aveva fatto lasciare cadere l’arma.
-Hai frainteso Sol! Io ho detto di buttarlo, ma non a terra!- cercò di spiegargli America, che come al solito, non aveva capito la reazione della ragazza, che a quelle parole, prese nuovamente il fucile e lo lanciò su una poltrona mal ridotta, lì vicino.
-Contento adesso?!- chiese continuando a non distogliere lo sguardo dagli occhi di Alfred, che stavolta  la guardavano confusi.
-Forse non hai capito…-continuò imperterrito ridacchiando, facendo confondere anche Sol.
L’espressione della ragazza, infatti, tramutò da crucciata a confusa o quasi sbalordita “Ma ci fa, o ci è?!” si chiese tra se e se –“coff coff” vuoi buttarlo, allora?!- chiese addolcendo il tono di voce.
Sul  volto d’America, comparve nuovamente quel sottile velo di tristezza, che in un certo senso cambiava l’aspetto della nazione - Non so che farmene, risale alla guerra d’indipendenza  è un po’ vecchiotto, non credi?- domandò, avvicinandosi  alla poltrona.
-Ma è pur sempre un ricordo, giusto?!Quel giorno è stato speciale per te, vero?!-
La nazione dai capelli color grano, prese il fucile e si sedette sul pavimento, iniziando a fissarlo -Lo terrò!- disse sorridendo
- In realtà non volevi neanche buttarlo…vero?!- gli chiese, Sol, sedendosi accanto.
-In realtà non voglio buttare via niente, ogni volta che ci provo…non ce la faccio-
La situazione stava prendendo  una piega malinconica. Erano seduti  vicini, sul freddo pavimento di quella  stanza, piena di ricordi, dove Sol aveva scoperto un lato più maturo dell’ingenuo America. Dove la scintilla schioccò, facendo avvicinare la mano della a quella posata sull’arma della nazione.
A quel tocco gli occhi chiari della nazione si spalancarono, per poi posarsi sulla sua mano,che prese a stringere leggermente quella dell’irlandese.
Poteva sembrare  un semplice gesto, ma all’interno di esso era rinchiuso qualcosa di molto più forte e profondo.
Sol, ritirò subito la mano, arrossendo lievemente –Adesso…adesso cosa facciamo?!- balbettò.
Ed ecco che l’America che tutti conosciamo comparve nuovamente, insieme a quel sorriso raggiante e allegro, che tanto piaceva a Sol -Adesso , lasciamoci il passato alle spalle! Come avevo previsto, non ho buttato niente, sono troppo legato a questi ricordi…Poi ho molta fame! Andiamo a mettere qualcosa sotto i denti?!- chiese, alzandosi porgendo la  mano alla mora per aiutarla a farla alzare.
-Certo!- esclamò, afferrando la mano della nazione, per poi darsi un piccolo slancio per alzarsi, ma…non aveva calcolato la forza di America, che non dosò la sua forza.
E quale fu il risultato?! Semplice! Entrambi si ritrovarono a terra. Alfred steso e Sol a sopra lui, a cavalcioni.
Era più che logico, quindi che ambi due, arrossirono nuovamente.

**Hetalia**

Allarmata più che mai, Serafina, corse verso Sol appena tornata dallo sgabuzzino , per poi stritolarla in un abbraccio –Cosa ti è successo?! Hai visto il fantasma di Cristoforo Colombo! Vero?!-chiese, stringendola più forte che poteva.
“Fantasma?!” – Ehi,ma come ti viene in mente una cosa del genere?!- chiese alquanto confusa Sol, cercando di liberarsi dalla morsa ferrea dell’amica.
Quasi con le lacrime agli occhi, si stacco dall’irlandese –Il maggiordomo mi ha raccontato tutto! Nello sgabuzzino c’è il fantasma di Cristoforo Colombo! Ti ha fatto del male?!- chiese imperterrito.
-Sto benissimo!-
-Davvero?!-
-Meglio di così!- rispose, sorridendo allegramente, facendo una giravolta su se stessa.
La bionda osservo la ragazza, con fare sospettoso –Adesso ho capito, cara la mia Sol!  È successo qualcosa con America, nello sgabuzzino!- ipotizzò maliziosa, destando Sol dalle sue giravolte.
-Cosa intendi dire?!-
Con uno sguardo alla Francis Bonnefoy, Serafina (Sery mi ucciderà dopo questa paragone), cominciò a dare delle piccole pacche sulle spalle della mora –Lo sai benissimo cosa intendo dire- gli intimò.
Dal canto suo,  l’irlandese prese a grattarsi la nuca pensosa – No, non lo so!-
La ragazza, sospirò spazientita –Ok, non vuoi dirmelo! Posso capirlo! Ma siccome ti considero un’amica, sarò io a raccontarti cosa è successo a me tempo fa- disse, portando fieramente le mani alla vita.
-Ehmm…ok!- rispose confusa più di prima, la mora, che prese posto su una sedia, accavallando le gambe.
Serafina si schiarì la voce è cominciò a raccontare –Quella sera…-


…L’unico rumore percepibile, era il fruscio del vento che spostava le foglie lentamente,…o almeno finché non si udì il cigolio della porta che pian piano si apriva.
Naturale allora, la reazione di Serafina, che rannicchiata tra le soffici coperte, si subito izzo a sedere.
-Chi diavolo sei?!- chiese, osservando impaurita, la sagoma di un ragazzo che si avvicinava man mano al suo letto, lacerando l’oscurità.
Niente, non rispondeva.
Il cuore dell’italiana cominciò a battere freneticamente, mentre la figura continuava ad avanzare silenziosamente, fino a fermarsi accanto al letto per poi buttarsi sopra a peso morto, affondando la testa tra i cuscini.
-Buonanotte- borbottò.
Quella era la voce di Lovino, ma cosa ci faceva nella stanza di Serafina alle due del mattino?!
-Lovino Romano Vargas! Sei impazzito?! Mi hai fatto prendere un colpo! Per poco non mi veniva un infarto!- gli urlò contro la bionda, scendendo dal letto, su cui si era appena stesa la nazione.
-Buonanotte- ripeté imperterrito il castano, rimanendo con il viso nascosto tra i cuscini.
-Stai scherzando vero?!-
-Buonanotte-
Imbarazzata, Serafina salì nuovamente sul letto, inginocchiandosi al lato di Romano-Chiariamo un concetto: Io e te non possiamo dormire insieme!-spiegò, mentre sentiva le sue gote andare a fuoco.
-Buonanotte- fu la risposta che ricevette in cambio.
Da dolce e gentile, il tono dell’italiana diventò scontroso e irritato -Scendi dal mio letto- gli ordinò spazientita, stuzzicandolo ticchettando l’indice con pressione, sulla schiena della nazione, che convinto più che mai, rispose con un NO secco.
“Perché non capisce” rassegnata, Serafina, con un filo di voce, cominciò a parlare del problema che si sarebbe venuto a creare se quella notte avrebbero condiviso lo stesso letto -Sai che se dormiamo insieme…beh ecco…potrebbe succedere qualcosa…soprattutto dopo quel bacio!-
Romano, alzò il viso, e si voltò verso la ragazza, mettendosi supino,  facendo pressione sui gomiti-Infatti io dormirò sul letto, e tu ti trovi un altro posto! - rispose
Ma l’italiana era fin troppo orgogliosa per accettare un simile compromesso -Cosa?! Credi che mi farò mettere i piedi in testa da te solo perché sei una nazione?!-  gli chiese, socchiudendo gli occhi, avvicinando  il suo viso a quello  del moro.
-S-se è questo quello che vuoi…- balbettò, cercando di mantenere il classico tono scontroso e cinico, ma con quella ragazza,  gli veniva  più che difficile.
-No, non è questo!- e con un rapido gesto, afferrò il famoso ciuffo della nazione, ancora attontita , dalla poca  distanza che li separava! –Scendi o sai già cosa ti farò…-
-No, non puoi farlo!- pigolò afferrando il polso della bionda. –Scendo solo se tu lasci questo benedetto ciuffo! Maledizione!-
Serafina, ghignò soddisfatta,  mollando il ciuffo,  ma non si era accorta che in tutto ciò, era arrivata a mettersi a cavalcioni su Romano.
Entrambi arrossirono,  dimenticando il battibecco appena concluso.
“Dannazione, potevo stare più attenta!” pensò, togliendosi immediatamente da sopra il ragazzo, ancora ammutolito.
-Non dovevi scendere?!- chiese rannicchiandosi ad un angolino del letto.
Romano rimase in silenzio per qualche istante, ascoltando il battito accelerato del suo cuore  “Cosa cazzo mi prende?!” si chiese –Il fatto è…che non voglio-
-Neanche io…- confessò la ragazza.

**Hetalia**

Il  cinguettio degli uccelli, che svolazzavano da un ramo all’altro, fuori dalla dimora dei Vargas,fece svegliare Serafina, che rannicchiata su di un lato, godeva della soffice e delicata luce mattutina.  (Ma quale ciguettio! Qui ci vuole il mio megafono! NdCampania) (Vedi di tornartene nella tua storia!!!!Ora!!! NdAutrice)
Accanto a lei, Romano, le aveva cinto la vita con un braccio, mentre aveva affondato il viso tra i sui capelli biondi.
“Ne è valsa la pena…” ridacchio tra se e se, accarezzando la mano della nazione, poggiata sul suo ventre.


Tutto era perfetto,  era tutto fantastico , ma una voce femminile interrupe i suoi pensieri:-Maledizione! Ho finito i pop corn!-  seguita a sua volta da una maschile : -Tieni questi!-
Ricordare quei momenti,  metteva sempre di buon umore Serafina, il problema però era che la trasportavano in un universo parallelo, sembrava quasi assente, mentre ne parlava, infatti non si era resa conto che Sol e America, la osservavano, pendenti dalle sue labbra con tanto di pop corn e coca cola in mano.
-E poi cosa è successo?!- chiese ingenuamente Alfred, mentre si tracannava la sua coca cola!
Sol scosse leggermente il capo –E ovvio no?! Si sono alzati e sono andati a fare colazione- ipotizzò, sfoggiando un ingenuità pari a quella della nazione.
Le guancie di Serafina, presero a colorarsi pesantemente “perché sono sempre così distratta” pensò, afferrando l’enorme scopone appoggiato al muro.
-Bene, Sol! Adesso, perché non riprendiamo le pulizie eh?!- disse sforzando un sorriso, mentre lanciava occhiate verso America, sperando che l’irlandese capisse che davanti a lui, non le andava di parlare.
Dal canto suo, Sol, si alzò, e la seguì nella stanza di fianco, dove…
-Ma come ti salta in mente! Perché non mi hai avvisata che accanto a te c’era anche Alfred?!- chiese, scuotendola combulsivamente per le spalle.
-Ehi! Calmati! Credevo che te ne eri resa conto! Scusa ma avevi gli occhi aperti! Lo tenevi sotto il naso!- si  giustificò Sol, oramai abituata alle scotolate della sua collega.
Serafina, si calmò prendendo un profondo respiro , seguito da una risatina imbarazzata  -Devo lavare le tende…già, già- e fece per allontanarsi, lasciando una perplessa Sol, con lo scopone in mano.

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Capitolo 5
*** La vendetta di Serafina ***


La vendetta di Serafina

Passare del tempo con la sua sorellina, metteva sempre di buon umore Sol. Grazie ad una nazione di cui adesso non ricordo il nome…ehmmm… se non erro Canada, Erin, era riuscita a stabilirsi in una casa dove aveva a disposizione tutto ciò che ad una bambina della sua età occorreva, e di questo Sol, ne era estremamente contenta.
Quel giorno, mentre tornava a casa di America, il sole sembrava essere decisamente più fastidioso, rispetto agli altri giorni.
-Il quindici agosto si fa sentire…- brontolò l’irlandese, passandosi una mano sulla fronte, per asciugare le piccole gocce di sudore, che la bagnavano.
Eh già…  (…io sono ancora qua NdVasco Rossi) (O_o Cosa ci fa nella mia storia? *indica Vasco Rossi * NdAutrice)(*ride* ndAntonella amica di Charlie) (*esasperata*l’ha invitato lei..NdAutrice)… erano passati ben quattro mesi da quando, quella nave, l’aveva lasciata in  questo nuovo territorio dove fortunatamente si trovava bene, grazie a Serafina, ma soprattutto ad America che con il suo carattere allegro e solare, la metteva sempre su di morale.
Immersa tra i pensieri e i ricordi, quasi non faceva più caso al caldo soffocante che, a mezzogiorno, era ancora più fastidioso.
La sua attenzione, però, fu attirata da un bellisimo fiore bianco, che tra gli altri predominava in tutta la sua bellezza.
Incuriosità, si accovacciò a terra e prese ad esminarlo -è bellissimo questo fiore, chissà come si chiama…- disse tra se e se, sfiorando con le dita, i petali bianchi del fiore.
-Narciso…- la informò, una voce alle sue spalle.
Presa si sorpresa, Sol si voltò di scatto  verso l’interlocutore, quasi spaventata, ma scoprendo il volto sorridente di America si tranquillizzò.
-...è un fiore molto delicato- continuò la nazione, accovacciandosi accanto a Sol –Si narra che, in principio il narciso, era un ragazzo molto vanitoso famoso per la sua bellezza. Tutti se ne innamoravano, ma lui li respingeva fino a farli desistere. Però  un giovane , di nome Amnia non si dava per vinto, tanto che Narciso gli donò una spada perchè si uccidesse. Amnia , obbedendo a Naricisio, si trafisse, avendo però prima invocato gli dei per ottenere la giusta vendetta, ovvero far innamorare Narcisio della sua stessa figura. Il giovane, pentito, prese la spada con la quale Amnia si era era trafitto e si uccise. Sul terreno dove si versò il suo sangue nacque questo bellissimo fiore.- raccontò, preso dalla bellezza del bocciolo.
Sol lo guardò interdetta “mi ha dato della vanitosa, o sbaglio?!” pensò, mentre America distoglieva lo sguardo dal fiore agli occhi ambrati dell’irlandese.
Notando lo sguardo crucciato della ragazza, Alfred, preferì continuare, cercando di allentare la tensione –Arthur, me la raccontò da bambino-
Ma Sol, che non riusciva a tenersi nulla dentro, disse subito qual’erano i suoi sospetti -Mi hai dato della vanitosa, vero?!- chiese.
-Cosa?! No! Assolutamente, non era quella la mia intensione!- si giustificò la bionda nazione, scotendo energicamente una mano in avanti.
-Si…certo, come no- ribatté sarcasticamente, l’irlandese, voltandosi verso la distesa d’acqua e chiudendo gli occhi.
“come posso rimediare?!” America, era super preoccupato, non erano quelle le sue intenzioni, eppure quella testa dura di Sol ne era fermamente convinta.
Era difficile trovare qualcosa di efficace…non aveva mai avuto a che fare con una ragazza offesa, ma una cosa era certa, doveva farcela.
Super imbarazzato, cominciò a balbettare qualcosa, ma averla davanti glie lo impediva.
Questo non lo sapeva nessuno, ma avvolte amava contemplare Sol di nascosto, perdendosi in mille pensieri….(sarà che gli italiani sono contagiosi?! È colpa di Sery, che America fa così!?!)
Certo, Sol era una bellissima ragazza, ma in lei c’era qualcosa di più speciale…
Preso d’istinto, non poté far altro che porgere le sue scuse con un metodo molto più efficace, ovvero un bacio.
Colta i sorpresa, l’irlandese, rimase inizialmente paralizzata, poi ricambiò fregandosene altamente dei suoi complessi.

**Hetalia**

Bacio. Narciso. Fiume. Alfred. Le uniche parole che frullavano nel cervello di Sol, quel pomeriggio.
Adesso capiva come di sentiva Serafina, quando pensava al famosissimo Lovino. Si sentiva in paradiso e avvolte anche un po’ stupida, notando che spesso le scappavano sorrisi ingiustificati.
-Solluccia!!!- la richiamò la voce allegra dell’italiana.
-Cosa c’è?!-
La sua voce era troppo allegra, questo insospettiva un po’ la mora . Le ipotesi erano le seguenti:
·         Aveva appena finito di fantasticare su Lovino
·         Il maggiordomo le aveva raccontato una barzelletta
·         Aveva bevuto marsala
·         Stava per combinare qualche macello
·         Il mal tempo la metteva di buon umore
Sta a voi lettori scegliere! Avanti con le scommesse, chi ha azzeccato avrà in regalo Hostel4 “il simulatore tedesco offerto da Ludvic in persona”per chi perde…premio di consolazione: scones offerti da Arthur.
Bando alle ciance, pensiamo ai fatti!
La bionda, corse verso Sol, con una pila di asciugamani tra le braccia –Porta queste in bagno, picciotta!- ordinò, posandole tra quelle dell’irlandese che quasi perse l’equilibrio.
-Ringrazia che oggi sono di buon umore, biondina!- sbottò la mora, voltando le spalle, incamminandosi lungo il lungo corri doglio che le si prospettava davanti.
E Serafina?! Bhé…non potè far altro che ridersela sonoramente, mentre i lampi ei tuoni illuminavano la casa.
Terrificante la ragazza.

**Hetalia**

Dopo aver vagato a vuoto per l’enorme dimora, Sol trovò finalmente la tanto attesa e cercata porta del bagno. Nonostante fossero mesi che viveva in quella casa, ancora si perdeva tra i corridoi.
Senza nemmeno bussare aprì la famosa porta, e vi si inoltrò dentro, con il volto coperto dalla montagna di asciugamani, che posò su una panca lì vicino.
Esausta, ne approfittò per sedersi, poggiano i gomiti sulle ginocchia, e tenendo il viso coperto tra le mani.
Tutto normale no?!
Muahahahahahahah….no, perché appena alzò lo sguardo, si ritrovò davanti un America imbarazzatissimo, tutto bagnato che si copriva alla meno peggio.-Sol! Che ci fai qui?!-
-A…A…A…A…A…America?!-
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-
Nello stesso momento, nel lato opposto della casa, Serafina…
-Bene bene, ecco la mia vendetta Sol! Servita su un piatto di…doccia!-
No, ancora non le aveva perdonato quella volta in cui, anche America ascoltò i suoi scleri romantici, quotidiani
-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-.-

La situazione era abbastanza imbarazzante.
Specie per Alfred, che rosso come il sugo della pasta di Feliciano, balbettava qualcosa di incomprensibile, mentre Sol andava letteralmente a fuoco, ma solo dopo alcuni minuti, preferì mettersi le mani davanti il volto -America copriti!!- urlò.
Il tempo che Alfred prese l’asciugamano accanto a Sol, e se la avvolse alla vita, la porta si chiuse improvvisamente.
Chi sarà stato?! Il fantasma di Cristoforo Colombo?
Chiunque sia stato, in quel momento non importava ne a Sol ne America.
L’una perché soffriva di claustrofobia, l’altro perché più agitato di prima, voleva solo uscire da quella stanza fin troppo piccola e soffocante per prendere un po’ d’aria, e per allontanare la sua mente da pensieri strani, fin troppo strani.
Precipitatasi davanti la porta, Sol, afferrò la maniglia  e la spinse verso il basso, ma questa non si apriva, causando l’elevata tensione dell’irlandese, che cominciò a sferrare pugni su di essa.
-Cosa succede?!- chiese spaesato, Alfred.
-La porta….la porta…la porta è…CHIUSAAAAAAAAAAAA!-

**Hetalia**

-Su su ragazzi! Oggi giorno libero per tutti!- annunciò Serafina, destando ogni membro della servitù dal proprio lavoro.
-Cosa?!- chiese incredulo il maggiordomo, di cui non so il nome…anzi….lo so Pino il pinguino Oronzo.
L’italiana, cerco di nascondere il suo ghigno, con scarsi risultati -America mi ha chiesto esplicitamente di avvertirvi! Giorno libero ragazzi!- ridacchiò.
In men che non si dica,  tutto il personale domestico compresa Serafina, sgombrò la casa, lasciando soli le due povere vittime di quest’ultima.
“Bene, Sol! Serafina si sta vendicando!”

**Hetalia**

Giorni e giorni, passati su quella nave insieme agli abitanti della nazione che loro stessi rappresentavano, e finalmente erano arrivati a destinazione.
Toccare terra dava quasi un senso di sicurezza a Lovino, che perennemente scocciato, cominciò a sbuffare, e a borbottare qualcosa come “perché l’ho seguito” “ Maledetto fratello cretino!”
Ma a farlo smettere di borbottare fu proprio Feliciano, che con uno dei suoi dolci sorrisi disse:-Vehhhh….fratellone!Qui è il posto dove tutti  gli italiani stanno venendo!-
-Già! E adesso mi spieghi perché ci siamo venuti anche noi…idiota!-
A far innervosire l’italiano, ci si era messa anche quella maledetta pioggerellina che man mano mutava in acquazzone
-Per andare a trovare Serafina, ni-chan!-
Il cuore di Romano saltò un battito -Co…cosa?!- balbettò imbarazzato.
-Quando è partita, gli ho promesso che un giorno sarei venuta a trovarla...vheee-
-Se…Serafina?!-
Italia del Nord, annui sorridendo. Dopo tutto anche lui era molto affezionato alla biondina, che con lui si dimostrava sempre dolce e gentile.
Romano, rimase in silenzio per un tempo che parve infinito.
-Sai, fratellone…ho voglia di Pasta!-
E la pioggia continuava a cadere copiosamente.

**Hetalia**

Due ore! Erano due ore che in quel bagno Sol e Alfred erano rinchiusi -Serafina! Serafina! Apri la porta! Per favore!-  urlava l’irlandese ignara di tutto
-Sol, se non ci hanno sentito  fin ora significa che in casa non c’è nessuno!- ipotizzò America, che stranamente tranquillo, fissava la ragazza, con le braccia conserte. Evidentemente aveva un piano, ma le urla disperate di Sol non gli permettevano di esprimere la sua opinione.
E purtroppo, a peggiorare la situazione, ci si mise anche la cera delle candele, che lasciando cadere nel buio la stanza.
Le urla della ragazza, cessarono immediatamente,facendo preoccupare Alfred, che a tastoni, percorse la distanza che li divideva –Sol?!-
-Ho paura Alfred!-
Un lampo illuminò la stanza, dando anche la possibilità alla nazione di scorgere la figura impaurita di Sol, che accovacciata a terra, teneva la testa nascosta tra le braccia.
-Ci sono io qui…-la rassicurò porgendogli una mano.
Sol alzò il viso, e afferrò la mano, per poi alzarsi e stringersi al petto di Alfred, dimenticandosi delle condizioni in cui si trovava la nazione.
-Una ragazza forte e dinamica come te, non dovrebbe aver paura dei temporali…- cercò di spiegare America, in moda da infonderle coraggio.
-Non ho paura  dei temporali…- disse, ma un rombo, quasi simile ad un boato, fece spaventare ancora di più la ragazza, che strinse con più forza la sua presa.
Con una mano, la nazione, prese ad accarezzare i capelli marroni della ragazza, che a quel tocco,  sembrava tranquillizzarsi. –Ascoltami, adesso usciremo da qui! Te lo prometto!- cercò di staccarsi, ma Sol non lo fece muovere.
-No, rimaniamo qui!Ti prego…non lasciarmi sola!-
-Non lo farò…io voglio solo aprire la porta!-
Era più forte di lui. Voleva aprire quella porta (Non aprire quella porta *aura violacea* NdAutrice) (non ha resistito *indica l’autrice* NdAnto) solo perché non sopportava sentire tremare tra le sue braccia quella ragazza così speciale per lui…
-Da piccola un fulmine ha colpito un albero davanti casa mia…- spiegò la mora –Non riuscirai a tranquillizzarmi…-
Adesso, però, l’imbarazzò, andò a farsi benedire, lasciando posto all’istinto.
-Questo…questo, potrebbe tranquillizzarti?!- chiese alzando il volto dell’irlandese, stringendole tra l’indice e il pollice il suo mento.
“Di nuovo?!” bhé effettivamente, adesso non pensava più al temporale ma alla distanza che li separava. Quella distanza che man mano si riduceva, fino a far unire le loro bocche in un bacio lungo e intenso, custode di un legame speciale.
Adesso non aveva paura!
Quel bacio però, stava sfociando in qualcosa che andava oltre, lo si notava dall’insistenza con cui Alfred,  spingeva Sol, verso la parete.
Cosa stava succedendo?!

Note di un'autrice che non sa dove nascondersi:
Premessa: Capitolo scritto in combutta con Sery e Anto, infatti si vede, che è uscito troppo romantico...non è da me...
Detto questo...*schiva un pomodoro*...vi saluto...*si nasconde sotto il mantello di Arthur* 
P.S: Per il prossimo capitolo succederà qualcosa di.....uhhhhhhhhhh
(cosa?! NdLettori)
*guarda Sery e Sol con l'aria di chi la sa lunga*
...e chi lo sa...
(Io lo so...NdRomano rosso come un tomato)
(^^ Lo so anche io...NdAmerica)
*tappa la bocca alle due nazioni*
 
Ciriciaoooooooo *scompare*

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Capitolo 6
*** A rischio -raffreddore- ***


A rischio "raffreddore"

Con una mano, la nazione, prese ad accarezzare i capelli marroni della ragazza, che a quel tocco,  sembrava tranquillizzarsi. –Ascoltami, adesso usciremo da qui! Te lo prometto!- cercò di staccarsi, ma Sol non lo fece muovere.
-No, rimaniamo qui!Ti prego…non lasciarmi sola!-
-Non lo farò…io voglio solo aprire la porta!-
Era più forte di lui. Voleva aprire quella porta solo perché non sopportava sentire tremare tra le sue braccia quella ragazza così speciale per lui…
-Da piccola un fulmine ha colpito un albero davanti casa mia…- spiegò la mora –Non riuscirai a tranquillizzarmi…-
Adesso, però, l’imbarazzò, andò a farsi benedire, lasciando posto all’istinto.
-Questo…questo, potrebbe tranquillizzarti?!- chiese alzando il volto dell’irlandese, stringendole tra l’indice e il pollice il suo mento.
“Di nuovo?!” bhé effettivamente, adesso non pensava più al temporale ma alla distanza che li separava. Quella distanza che man mano si riduceva, fino a far unire le loro bocche in un bacio lungo e intenso, custode di un legame speciale.
Adesso non aveva paura!
Quel bacio però, stava sfociando in qualcosa che andava oltre, lo si notava dall’insistenza con cui Alfred,  spingeva Sol verso la parete.
Cosa stava succedendo?!
Semplice, Alfred stava perdendo l’equilibrio.
Forse è meglio cambiare versione!
Secondo alcune ricerche scientifiche, chimiche, zoologiche e fisiche, dopo un gesto del genere si passa alla parte hot, ma siccome non amo la scienza, non scriverò nulla del genere…però pensandoci…amo la zoologia…ma scommetto che a voi lettori questo non interessa (o forse non interessa tutta la storia), quindi sarà meglio proseguire la narrazione…
Il dolce e rilassante rumore della pioggia, intervallato dai rumorosi boati dei tuoni sembrava non aver voglia di cessare in quel momento, ma questo era passato in secondo piano per Sol e Alfred (e chiunque si sarebbe trovato lì… insomma non è da tutti i giorni vedere…oh…meglio che sto zitta) che stretti in un abbraccio, si scambiavano un bacio infinito, il loro terzo bacio, decisamente più ardente e carico di desiderio.(forse perché vedere America mezzo nudo…mi devo tappare questa maledetta boccaccia)
L’irlandese, si stacco per riprendere fiato –C-cosa hai…fatto?!- chiese affannata, indietreggiando di qualche passo, ritrovandosi con le spalle poggiate alla parete.
Con lo sguardo perso negli occhi ambrati della ragazza, America sembrava non rispondere più delle proprie azioni –Eh?! Ti sto tranquillizzando…- balbettò, mentre Sol, scoppiò in una risatina imbarazzata.
-Che metodo assurdo…mi chiedo se ci stai prendendo gusto-disse portandosi una mano dietro la nuca –è la terza volta che mi baci…-
Forse in quel momento chi si era tranquillizzato era Alfred, che accertatosi che la ragazza non avesse più paura tirò un sospiro di sollievo.
-Nahahahahah… un eroe sa sempre come agire!- rispose allegramente, facendo attenzione a coprirsi per benino –E questo era il metodo adatto…tutto qui!-
Da imbarazzata Sol, diventò furiosa “tutto qui?!” pensò dopo aver fantasticato una giornata intera sul loro primo bacio –Tu baci le ragazze per…-
-…per salvarle- concluse l’americano sfoggiando uno dei suoi sorrisi luccicanti –grazie a te ho scoperto questo me….hughcc-
E così Alfred si ritrovò a terra piegato in due dal dolore, mentre Sol, stringendo i pugni per la rabbia lo fissava delusa –Che razza di idiota- mormorò
Ma cosa aveva fatto l’irlandese?!
In tre semplici parole: Ginocchiata nei kiwi (vocabolo appreso da mio cugino di cinque anni.Quando si dice “arricchire il proprio lessico”)

Infondo si sa…quello è il punto debole di tutti gli uomini, anche di un eroe come america, quindi se un giorno spiderman si presenta a casa vostra con l’intenzione di riempirvi la casa di ragnatele, usate questa mossa per difendervi (ammesso che spiderman sia un uomo)

**Hetalia**

Aveva architettato tutto alla perfezione! Aveva mandato via la servitù, aveva richiuso Sol e Alfred in un bagno, ma le era sfuggito un particolare: Cosa avrebbe fatto lei nel frattempo?!
A differenza degli altri membri del personale domestico, Serafina, non aveva una casa, infatti viveva in quella di America, e adesso, giustamente, non sapeva proprio dove andare.
Naturale, quindi, che si ritrovò a girovagare per i quartieri di New York sotto la pioggia scrosciante senza né ombrello e né impermeabile.
“etciù” e i primi sintomi del raffreddore cominciarono a farsi sentire, insieme ai ripensamenti sulla sua vendetta “forse sono stata un po’ drastica” pensò mentre il rumore di un cavallo che batteva i ferri sulla strada , risuonava nello stretto vicolo.
Incuriosita, l’italiana, si voltò verso la fonte del rumore, scoprendo che il cavallo trainava una piccola carrozza, guidata da un elegante cocchiere, il quale fece fermare l’animale proprio davanti a lei.
“cosa vorrà da me?!” si chiese, squadrando da cima a fondo il raffinato veicolo, ma una voce calda e sensuale distolse la sua attenzione.
-Salut mademoiselle!-  la salutò il passeggerò –Je m’appelle Francis…et vous?!-

**Hetalia**

In quel bagno l’aria stava diventando davvero pesante, e la tensione era alle stelle.
-…Perché mi hai dato quel calcio?!- chiese un’America confuso dopo aver ripreso conoscenza.
-Perché te lo meritavi!- rispose secca Sol, continuando a giostrare con la maniglia della porta.
-Non capisco…-continuò Alfred –Cosa ho fatto di male?!- chiedeva perplesso.
Questa volta la mora non rispose, ma mormorò con voce tremante qualcosa tipo “mi hai spezzato il cuore deficiente!”  e di questo l’ingenua nazione non se ne era neanche accorto.
-Dimmi almeno come posso rimediare…-
E magicamente la porta si aprì. Ma non era stata Sol a farlo, ma il fantasma di Cristoforo Colombo (Oronzo aveva ragione) che stufo di sentire l’irlandese urlare andò ad aprirla, per poi tornare nel ripostiglio di America a conversare con Marco Polo.
Sorpresa, la ragazza, non esitò a catapultarsi fuori dalla stanza, lasciando però un piccolo consiglio alla nazione -Un modo c’è per rimediare… vestiti!- e subito corse via, rimanendo solo nel bagno Alfred.
“non capisco…”

**Hetalia**

Francis. Quel nome aveva un ché di familiare, all’orecchio dell’italiana, ma al momento non riusciva a collegare.
Perplessa, rimase ammutolita ammirando la maestosa bellezza dell’uomo che si era affacciato alla piccola apertura della carrozza aggrottando la fronte e arricciando il naso.
-Mademoiselle, non vorrà restare sotto la pioggia…salga-
Adesso ne era più che convinta! Lo conosceva, ma non ricordava chi diamine era! Sicuramente quel ghigno stampato sul volto non lo rendeva molto affidabile, ma questo particolare poteva essere messo in secondo piano rispetto al sorriso malizioso.
-Preferisco rimanere sotto la pioggia!- rispose, voltandogli le spalle –Inoltre sono quasi…- il rumore della portiera che si apriva, la bloccò.
-Ma Cherie, prenda almeno questo…- la pregò, poggiandole un impermeabile blu sulle spalle –…o prenderà un raffreddore…-
-Gra…grazie-
-De rien- disse, per poi risalire sulla carrozza, e partire nuovamente.
Serafina, osservò il veicolo allontanarsi,indossando l’impermeabile “Almeno è stato gentile” pensò infilando le mani nelle tasche, dove trovò un bigliettino.

“Ma Cherie, ti aspetto questa sera al numero quattordici della -Fifth avenue-.
Francis Bonnefoy alias France”

-Maledetto! È il pervertito!- imprecò accartocciando la carta, che butto il più lontano possibile
Grazie a Lovino, conosceva molto bene Francia, e molte volte si era ritrovata ad assestargli uno scopone in testa, a causa delle sue continue avance, e avere il suo impermeabile indosso le faceva venire il ribrezzo, tanto che, nonostante avesse freddo lo buttò in un cassonetto lì vicino.
-Dannazione, gli ho detto anche grazie- farfugliò se e se, poggiandosi vicino ad una parete.
-E questo non è da te…- commentò qualcuno accanto a lei.
Serafina  si voltò con una lentezza che avrebbe fatto invidia a Grecia, ritrovandosi davanti il viso crucciato di Romano.
-Ro..Romano?!- chiese incredula e allo stesso momento felice, aspettando questo incontro da mesi.
Ma questo sembrava essere tutt’altro che contento –Cercavi consolazione, vero?- chiese con tono arrogante, mentre la bionda lo guardava con un’aria vagamente confusa.
-E poi…guarda come sei ridotta, sei venuta in America e non puoi permetterti neanche un ombrello?! maledizione!- Sbraitò strattonando Serafina  per un braccio, in modo da spingerla verso lui. –Prenderai un raffreddore…-mormorò stringendola a se.
La ragazza rise -Vuoi riscaldarmi?-
-Lo faccio solo perché non voglio averti sulla coscienza…- mentì Lovino. –Comunque…SONO FELICE DI RIVEDERTI-
-Hai detto qualcosa, Lovino?-

**Hetalia**

Era scappata da quel bagno con le lacrime che le rigavano il volto.Aveva chiuso la porta della sua camera, lasciandosi tutto alle spalle. Si era buttata sul quel morbido letto, affondando la testa tra i cuscini per soffocare i singhiozzi del pianto.
C’era rimasta davvero male, forse doveva aspettarselo da un tipo come Alfred, poco maturo per capire cosa significasse la parola amore.
-Sol, stai piangendo?!-
Ma cosa ci faceva America seduto ai piedi del letto? Non aveva chiuso la porta chiave?! Come era riuscito ad entrare nella  sua stanza?!
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Nello stesso momento, nello sgabuzzino di America…
-E così ho deciso di aiutare Serafina, a portare al termine la sua vendetta!- Concluse in fantasma di Cristoforo Colombo, mentre quello di Marco Polo annuiva preso dal racconto, accarezzando il Mochi America che dormiva sulle sue gambe (Mochi Americaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaaa XD)
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Sol, essendo orgogliosa, si asciugò subito le lacrime e con la voce rotta da piccoli singhiozzi disse:- Non sto piangendo…- poi si alzò, e si mise a sedere accanto ad Alfred -…ancora non ti sei vestito…- notò, arrossendo lievemente.
-Ero preoccupato per te… e il mio primo pensiero era sapere cosa ti sta succedendo-
E qui sorge il dubbio: Era  il suo istinto da eroe che lo spingeva a comportarsi così o qualcosa legato ad un sentimento speciale?!
-Non sopporto vederti soffrire…-
Nella stanza calò un imbarazzante silenzio. Sol, che  solitamente  aveva sempre la risposta pronta, appena cercava di aprire bocca, veniva bloccata dalla nazione che prendeva l’iniziativa, con il risultato che alla fine nessuno dei due spiccava parola.
Ma quel silenzio doveva pur romperlo qualcuno. –Secondo me dovresti indossare qualcosa…- cominciò la mora, riferendosi all’asciugamano che copriva a mala pena la nazione –Rischi di prendere un raffreddore!-
America fece spallucce –è Agosto, un po’ d’aria fresca mi farà solo bene- borbottò stranamente serio.
Sol sospirò affranta -capisco…- ma in realtà non ci stava capendo più niente…

**Hetalia**

Dopo circa un quarto d’ora…
Quel maledetto tempaccio, sembrava essersi stabilizzato definitivamente a New York. I lampi, illuminavano la stanza a giorno, ma Sol non aveva paura.
Con lei c’era America, che per tranquillizzarla aveva adottato un altro metodo, ancora più efficace del primo.
Io lo chiamerei “metodo francese”. Perché?!
Ecco una piccola spiegazione.
Secondo alcune fonti scritte, moooolto attentibili, dopo la famosa scintilla, in questo caso causata dalla poca, pochissima distanza, i soggetti in questione, vengono sopraffatti da un specie di istinto che li spinge ad andare oltre, e Sol e Alfred ne sentivano davvero il bisogno.
Il bisogno di sentire qualcosa di più profondo.
A cavalcioni sopra l’irlandese, America, posava dei delicati baci sul collo di quest’ultima che imbarazzata, sembrava non dispiacerle avere quel contatto che via via si faceva sempre più intenso, causandole il rossore della pelle.
Se ci pensava, non riusciva neanche a ricordare come si era ritrovata stesa sotto lui, ma questo non più di tanto non le importava, preferiva godersi il momento, azzerando il cervello in modo da pensare solo a lui, Alfred, che con foga accarezzava ogni suo centimetro di pelle, facendo separare le loro labbra solo ed unicamente per prendere fiato.
Entrambi erano inesperti e imbarazzati, ma nonostante tutto il resto venne naturale e spontaneo.
Il mattino seguente, la casa era ancora vuota.
Stranamente Serafina, non era tornata ancora a casa, ma di questo Sol non se ne era accorta, naturalmente.
In quel momento, l’unica cosa che le interessava era godere della vista che le si prospettava  davanti, ovvero il suo Alfred che dormiva beatamente accanto a lei.
Sembrava un innocente bambino. Ma  tutti sanno che l’apparenza inganna, anche un ragazzo come lui sapeva dimostrare il proprio  affetto con tecnica francese.

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